Tribunale Di Udine, G.I. Dott.francesco VENIER

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Tribunale di Udine, G.I. Dott.Francesco VENIER - R.A.C.C. n.xxxx Ctu: Prof.M. Rutigliano – Causa: Fallimento A vs Banca B 1 Udine, Tribunale di Udine Giudice Istruttore Dott.Francesco Venier N.xxxx R.A.C.C. Relazione del C.T.U. alla causa civile promossa da: Fallimento A (avv. Francesco Gabassi) contro Banca B S.p.A. (avv. xxxx) c.t.u.: Prof. Michele Rutigliano – Dottore commercialista e Revisore Contabile Ordinario di «Tecnica Bancaria», Università di Verona Studio: Via S.Ampellio, 5 - 20141 Milano Tel./Fax 02-8463309 Cell. 0347-8871120

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Ctu: Prof.M. Rutigliano – Causa: Fallimento A vs Banca B

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Udine,

Tribunale di Udine Giudice Istruttore Dott.Francesco Venier

N.xxxx R.A.C.C.

Relazione del C.T.U.

alla causa civile promossa da:

Fallimento A

(avv. Francesco Gabassi)

contro

Banca B S.p.A. (avv. xxxx)

c.t.u.: Prof. Michele Rutigliano – Dottore commercialista e Revisore Contabile Ordinario di «Tecnica Bancaria», Università di Verona Studio: Via S.Ampellio, 5 - 20141 Milano Tel./Fax 02-8463309 Cell. 0347-8871120

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Ctu: Prof.M. Rutigliano – Causa: Fallimento A vs Banca B

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Premesso

- che all’udienza del 3 ottobre 2000 il sottoscritto Prof. Michele Rutigliano,

nato a Milano il 6 ottobre 1953, veniva nominato CTU alla causa indicata in

epigrafe;

- che, dopo il giuramento di rito, veniva posto al CTU il seguente quesito:

«Il C.T.U., esaminati gli atti e i documenti di causa, eseguito ogni necessario

accertamento, quantifichi le rimesse aventi carattere solutorio effettuate dalla

società A. sul conto corrente n° x acceso presso la filiale di Udine della

Banca B nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, ricostruendo il

saldo disponibile ed illustrando i criteri adottati per tale ricostruzione, tenuto

conto delle causali dei singoli accrediti nonché indicando, ove possibile, i

saldi infragiornalieri ed indicando i criteri adottati a questo fine ed accerti se

talune delle operazioni eseguite sul conto possano costituire partite c.d.

bilanciate e se alle stesse debba attribuirsi natura solutoria.»

- che il Giudice ha concesso termine al CTU, per il deposito della relazione

peritale, di 90 giorni a partire dall’inizio delle operazioni peritali;

- che l’inizio delle operazioni peritali è stato fissato per il giorno 17 ottobre

2xxx, presso il dipartimento di Finanza, Università di Udine, Via Tomadini,

30/A

- che in tale data hanno avuto regolare inizio le operazioni peritali alla

presenza, oltrechè del c.t.u., del rag.xxxx, c.t.p. per il Fallimento, e del

rag.xxxx, c.t.p. per Banca BSpa.

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ciò premesso

il c.t.u., esaminati gli atti ed i documenti di causa ed avendo sentito le parti,

presenta la propria

RELAZIONE DI CONSULENZA TECNICA

Il consulente tecnico d’ufficio, con la presente relazione che si

compone di 37 pagine di testo e 22 pagine di tabelle (più n.14 documenti

“fuori testo” allegati), ritiene di avere assolto l’incarico ricevuto e rimane a

disposizione dell’ill.mo Giudice per qualsiasi chiarimento.

La presente relazione viene depositata in Cancelleria del Tribunale

unitamente ai fascicoli di causa delle parti, per i quali era stato autorizzato

dal.Giudice il prelievo.

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1. La risposta sintetica al quesito

2. Lo sviluppo analitico della consulenza tecnica

2.1. Svolgimento dei lavori

2.2. Criteri per la ricostruzione del “saldo disponibile”

2.3. Natura solutoria delle rimesse in conto corrente bancario:

l’impostazione consolidata da costante giurisprudenza della

Suprema Corte

2.4. Saldo infragiornaliero e “partite bilanciate”

2.5. Il funzionamento tecnico del c.d.“conto unico” e il problema degli

insoluti a fronte di accreditamenti di effetti

2.6. La risposta al quesito

2.6.1. Rimesse solutorie secondo lo sviluppo dei saldi giornalieri

2.6.2. Rimesse solutorie secondo lo sviluppo dei saldi

infragiornalieri

2.6.3. Altre considerazioni finali

Tabella 1. C/corrente ordinario n. xxxx. Sviluppo del saldo contabile e

specificazione del criterio di disponibilità

Tabella 2. C/corrente ordinario n. xxxxx. Sviluppo del saldo disponibile e

computo delle rimesse astrattamente revocabili (saldi giornalieri)

Tabella 3. C/corrente ordinario n. xxxxx. Sviluppo del saldo disponibile e

p. 6

p.12

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p.14

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computo delle rimesse astrattamente revocabili (saldi infragiornalieri)

Allegati

Allegato 1. - Verbale di inizio delle operazioni peritali (17/10/00)

Allegato 2 – Fax del Ctp per il Fallimento del 24/10/00

Allegato 3 – Fax del Ctp per Banca BSpa del 26/10/00

Allegato 4 – Operatività del Conto unico (documento elaborato dal Ctp

per Banca BSpa)

Allegato 5. – Fax del Ctp per Banca Bdel 20/11/00

Allegato 6. – E-mail inviata dal Ctp per Banca Bil 13/12/00

Allegato 7. – Fax + e-mail del Ctu in data 15/12/00

Allegato 8. – e-mail del Ctu ai Ctp il 16/12/00

Allegato 9 – fax del Ctp per Banca B al Ctu il 18/12/00

Allegato 10 – fax del Ctu ai Ctp, il 18/12/00

Allegato 11 – fax del Ctp per il fallimento al Ctu, il 18/12/00

Allegato 12- lettera del Ctp per Banca B, in data 20/12/00

Allegato 13 – verbale di operazioni peritali (20/12/00)

Allegato 14 – fax del Ctp per il Fallimento al Ctu e al Ctp per Banca B

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1. La risposta sintetica al quesito

Tenuto conto che la pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento

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porta la data del 22 dicembre xxxx, l’inizio del “periodo sospetto”, ai fini

della revocatoria ex-art.67, 2° comma, L.F., è stato fissato al 23 dicembre

xxxy.

Il quesito dell’ill.mo Giudice si compone di due parti.

• Nella prima parte del quesito si chiede di computare le rimesse sul conto

corrente aventi carattere solutorio secondo lo sviluppo del saldo giornaliero.

• Nella seconda parte del quesito si chiede di computare le rimesse sul

conto corrente aventi carattere solutorio secondo lo sviluppo del saldo

INFRAgiornaliero, ove possibile.

• In entrambi i casi, si chiede di accertare se talune delle operazioni eseguite

sul conto possano costituire partite c.d. bilanciate e se alle stesse debba

attribuirsi natura solutoria.

• Nel corso delle operazioni peritali è poi emersa la necessità di assumere una

posizione a proposito degli insoluti a fronte di accreditamenti in c/corrente di

effetti.

* * *

Si comprende che la risposta ad entrambe le parti del quesito richiede

preliminarmente proprio l’accertamento dell’esistenza di eventuali partite

“bilanciate” aventi natura solutoria, nonché l’adozione di una modalità

tecnicamente corretta per il trattamento degli effetti insoluti, segnatamente

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alla luce del particolare funzionamento del fido in c/corrente utilizzabile

mediante la formula operativa del c.d. “conto unico”.

* * *

Quanto alla problematica delle “partite bilanciate”, parte convenuta

ne identifica alcune con fax del 20 novembre xxxx (allegato 5). A mio avviso,

però, non vi sono nella fattispecie evidenze sicure di operazioni che

rispondano al criterio del bilanciamento, anche in considerazione che

l’alternanza delle scritture a debito e a credito in sé può semplicemente essere

considerata la caratteristica della movimentazione di qualsiasi conto corrente.

Pertanto, il bilanciamento delle partite andrebbe documentato in via specifica.

Si riconosce, d’altra parte, che l’accertamento della presenza di partite

bilanciate presenta margini di soggettività non trascurabili.

* * *

Si rileva invece dalla tabella 1 in questa consulenza tecnica, tabella

contenente lo sviluppo del saldo contabile, la presenza di scritturazioni di

dare-avere in conto corrente, a titolo di “giroconto”, per lo stesso importo di

lire 26 milioni nelle date del 21 e del 24 maggio xxxx. Ho pertanto ritenuto

che dette scritturazioni dovessero essere escluse, nelle tabelle 2 e 3, dal

computo del saldo disponibile ai fini dell’accertamento sulle rimesse

astrattamente revocabili.

* * *

Quanto alla questione degli insoluti, il Ctp per Banca B ha prodotto

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una rielaborazione dei movimenti del conto corrente nel corso del periodo

sospetto (allegato 6). Ciò al fine di depurare degli insoluti gli importi

risultanti a credito in c/corrente per “maturazione disponibilità” - o altre simili

denominazioni (causale 26 nelle codifiche informatiche della banca)-, in

relazione all’accreditamento di effetti s.b.f. secondo la tecnica del c.d. “conto

unico”. In tal modo si considerano quindi solo gli accreditamenti di effetti al

netto degli insoluti, il che risulta - anche a mio parere - tecnicamente più

corretto.

* * *

• Per la risposta alla prima parte del quesito si è dunque fatto riferimento

alla nozione di saldo disponibile, così come precisata in termini generali dalla

Corte di Cassazione (n.2744 del 22/3/1994) sulla base di un approccio in

seguito più volte confermato dalla stessa S.C. e quindi da ritenersi ormai

consolidato. Il criterio di disponibilità è comunque dettagliato – con

riferimento al caso di specie - nella parte analitica di questa consulenza

tecnica e condiviso da entrambi i consulenti tecnici di parte (cfr. verbale di

inizio delle operazioni peritali del 17/10/xxxx in allegato 1).

• La natura solutoria delle rimesse in conto corrente bancario è stata

identificata sulla base dei criteri forniti dalla Corte di Cassazione (18 ottobre

1982, n.5413), secondo una giurisprudenza ormai consolidata. Detti criteri

prevedono la distinzione fra saldo passivo e saldo scoperto: quest’ultimo si

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qualifica come un saldo debitore per il correntista, extra fido o in assenza di

un fido in conto corrente, quindi espressione di un debito liquido ed esigibile.

Le sole rimesse su un conto scoperto rivestono natura solutoria, posto che gli

accreditamenti in conto riflettano rimesse di denaro che integrino dei

pagamenti. Nel nostro caso, si è fatto riferimento ad un fido in c/corrente di

lire 310 milioni, utilizzabile secondo la tecnica del c.d. “conto unico”,

sinteticamente descritta al § 2.5, in base ad un documento prodotto da parte

convenuta (allegato 4).

• Sulla base delle premesse metodologiche esplicitate, nonché delle

elaborazioni contabili da me effettuate, le rimesse cui può essere attribuita

natura solutoria possono essere quantificate (in base ai saldi giornalieri)

in lire 415.561.575.=

* * *

• Per la risposta alla seconda parte del quesito si chiede di computare le

rimesse sul conto corrente aventi carattere solutorio secondo lo sviluppo del

saldo INFRAgiornaliero, ove possibile.

• In presenza degli estratti del conto corrente bancario intestato al fallendo, la

dinamica del saldo infragiornaliero può sempre essere descritta, quanto meno

sulla base di un criterio convenzionale suggerito dalla Suprema Corte, criterio

che prevede di riportare prima gli accreditamenti e successivamente gli

addebitamenti, secondo l’impostazione più favorevole alla banca (Corte di

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Cassazione, 17/12/1994, n.10869).

• Sulla base delle premesse metodologiche più sopra esplicitate, nonché delle

elaborazioni contabili da me effettuate, le rimesse cui può essere attribuita

natura solutoria possono essere quantificate (in base ai saldi

INFRAgiornalieri) in lire 463.053.236.=

* * *

• Si osserva che i risultati da me ottenuti sono accettati dal Ctp per il

Fallimento, mentre sono ritenuti non corrretti da parte del Ctp per Banca B

Banca. Quest’ultimo infatti (oltre all’esistenza di “partite bilanciate” di cui si

è già detto) eccepisce che:

1. gli accreditamenti in c/corrente a fronte di “maturazione di

disponibilità” per effetti presentati al s.b.f. dovrebbero essere anticipati

al momento della presentazione, che costituirebbe la data di effettiva

“disponibilità”;

…in alternativa

2. la natura solutoria delle rimesse andrebbe accertata in relazione alla

diminuzione del debordo (extrafido), misurata secondo una modalità

proposta dallo stesso Ctp per Banca B Banca.

In questa relazione di C.t.u. il commento alle obiezioni del Ctp per Banca

B è sviluppato ampiamente nel paragrafo 2.5. Nessuno degli argomenti

proposti dalla Banca, comunque, risulta accolto in questa relazione di Ctu.

Quelli di cui al punto 1, sono respinti in quanto al momento della

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presentazione del foglio non si verifica alcuna rimessa di denaro, quindi non

può parlarsi di disponibilità in senso monetario.

Quelli di cui al punto 2, sono respinti in quanto la soluzione proposta dal

Ctp per Banca B produrrebbe il risultato, a mio avviso fuorviante ed erroneo,

di non consentire mai l’identificazione di rimesse solutorie al momento della

maturazione di disponibilità degli effetti precedentemente presentati. Infatti la

contestuale diminuzione degli utilizzi (saldi negativi in c/corrente) e del fido

in essere, a seguito della suddetta maturazione, darebbe sempre luogo ad una

costanza del debordo (utilizzi extrafido), anziché ad una diminuzione, oppure

addirittura ad un aumento del debordo se si è in presenza di insoluti.

• Si osserva, inoltre, che la movimentazione del conto corrente mostra un

saldo debitore massimo di lire 498.933.921, in data 4/2/xx, ed un saldo

debitore finale di lire 305.432.328, in data 22/12/xx, sia nel caso dello

sviluppo dei saldi giornalieri, sia nel caso dello sviluppo dei saldi

infragiornalieri. Ne consegue che, a partire dalla data del 4/2/xx, la banca ha

beneficiato di un rientro dall’esposizione del cliente per lire 193.501.593.

Secondo una parte della dottrina e secondo una giurisprudenza di merito non

recente e comunque apparentemente superata da una costante giurisprudenza

contraria della Suprema Corte, l’azione revocatoria ex-art.67, 2° comma, LF,

dovrebbe colpire detta differenza fra massima esposizione ed esposizione

finale. La personale opinione del Ctu è coerente con questa impostazione,

anche se i conteggi riportati in questa relazione di consulenza tecnica sono

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invece svolti secondo le indicazioni consolidate della Corte di Cassazione

riassunte al paragrafo 2.3.

• Si osserva da ultimo che, dagli atti di causa, risulta che parte attrice

identifica rimesse astrattamente revocabili per lire 220.069.586, con

metodologia in linea con quella adottata in questa c.t.u. e secondo lo sviluppo

dei soli saldi giornalieri. Detto importo è significativamente inferiore agli

importi determinati in questa c.t.u. Nel computo di parte attrice, infatti, e per

ragioni non esplicitate, non si tiene mai conto di accreditamenti in c/corrente

per “maturazione di disponibilità” - o altre simili denominazioni (causale 26

nelle codifiche informatiche della banca)-, in relazione all’accreditamento di

effetti s.b.f. secondo la tecnica del c.d. “conto unico”.

2. Lo sviluppo analitico della consulenza tecnica

2.1. Svolgimento dei lavori

In data 17 ottobre 2xxx hanno avuto regolarmente inizio le operazioni

peritali alla presenza del c.t.p. per Banca B Spa, Rag.xxxx, e del c.t.p. per il

Fallimento A Srl, rag. xxxx (allegato 1). In quella sede il c.t.u. presentava alle

parti una bozza dei “criteri di attribuzione della data di disponibilità”, ai fini

del riordino dei movimenti del c/corrente n. xxxxx secondo il criterio del saldo

disponibile. Detta bozza veniva approvata seduta stante da entrambi i

consulenti di parte. Di seguito il c.t.u. proponeva alcune modalità

organizzative per lo svolgimento dei lavori peritali. In particolare

preannunciava l’invio ai c.t.p.: (a) dapprima dell’estratto conto della fallita

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integrato con l’esplicitazione del criterio di disponibilità in riferimento alle

singole operazioni di conto corrente; (b) successivamente, ottenuta

l’approvazione del documento precedente, del computo delle rimesse

revocabili in base ai saldi giornalieri e infragionalieri. In tal modo ci si

proponeva di giungere ad un risultato finale, se possibile, condiviso da

entrambi i c.t.p.

In data 24/10 e in data 26/10 rispettivamente il ctp per il fallimento e il

ctp per Banca B confermavano la correttezza della mia attribuzione della data

di disponibilità a tutte le singole operazioni che hanno movimentato il conto

corrente nel corso del periodo sospetto.

Dopo un successivo intenso scambio di fax e di e-mail fra i consulenti

(d’ufficio e di parte), solo in parte allegati a questa relazione, in data 15

dicembre 2xxx inviavo ai ctp le tabelle n.2 e n.3 qui allegate, per informarli

sulle conclusioni raggiunte.

Essendoci questioni ancora da discutere, soprattutto in base ad

obiezioni sollevate dal Ctp per Banca B, in data 20 dicembre si svolgeva un

incontro conclusivo presso il Dipartimento di Finanza dell’Università di

Udine (cfr. allegato 13). In quella sede i consulenti tecnici di parte fornivano

le loro interpretazioni tecniche – non conciliabili – sulle questioni controverse

esposte al paragrafo 2.5.

Non essendoci altri argomenti da approfondire, ritenevo quindi chiuse

le operazioni peritali e procedevo, in data odierna 09/1/2xxx, al deposito della

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mia relazione, che conferma i risultati numerici già trasmessi ai Ctp fin dal

15/12/2xxx.

2.2. Criteri per la ricostruzione del “saldo disponibile”

Tenuto conto che la data di pubblicazione della sentenza dichiarativa di

fallimento porta la data del 22 dicembre xxxx, l’inizio del “periodo sospetto”,

ai fini della revocatoria ex-art.67, 2° comma, L.F., è stato fissato al 23

dicembre xxxx.

Quanto al saldo del conto corrente, è noto che nella prassi bancaria sono

conosciuti tre tipi di saldo: (a) “contabile”, (b) “liquido”, o “per valuta” e (c)

“disponibile”.

Il saldo contabile tiene conto dell’insieme delle operazioni già

contabilizzate a debito o a credito del correntista; la sua dinamica riflette

dunque i momenti (giorni) in cui le singole operazioni sono materialmente

imputate al conto corrente con una scrittura posta in essere dall’operatore di

banca incaricato di azionare la rilevazione contabile. Il saldo in esame non

contiene alcun elemento di discrezionalità, né di convenzionalità.

Il saldo liquido, o per valuta, riflette invece il riordino dei movimenti sul

conto corrente in base alle date (c.d. valuta di accreditamento o valuta di

addebitamento) a partire dalle quali i versamenti costituiscono importi

fruttiferi per il correntista (o tali da ridurre il debito oneroso verso la banca)

ed i prelevamenti costituiscono importi onerosi per il medesimo (o tali da

ridurre il credito fruttifero del correntista nei confronti della banca stessa). Su

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un tipico conto corrente di deposito che presenta saldi a credito del cliente, la

dinamica dei saldi liquidi tende a presentare di regola punte meno elevate

rispetto alla dinamica dei saldi contabili, e comunque dette punte appaiono

traslate in avanti nel tempo rispetto alle date di registrazione contabile delle

operazioni. Ne consegue che la giacenza media di periodo liquida, quindi

fruttifera per il correntista, risulta, a parità di altre condizioni, più modesta,

comportando una minore remunerazione per il correntista rispetto a quella che

si sarebbe ottenuta su una nozione di giacenza media contabile. Per contro, su

un conto che per lo più presenta saldi a debito del cliente, la dinamica dei

saldi per valuta tende a presentare punte più elevate rispetto a quella dei saldi

contabili, sicchè anche il saldo debitore medio di periodo, per valuta, quindi

oneroso per il correntista, risulta, a parità di altre condizioni, più elevato,

comportando più elevati oneri finanziari a carico del correntista stesso. In

sede di azione revocatoria fallimentare delle rimesse in conto corrente, quindi,

il computo degli eventuali scoperti in base alla nozione di saldo per valuta

darebbe luogo di regola alla determinazione di importi accreditati revocabili

di entità superiore a quelli che si potrebbero accertare sulla base della nozione

di saldo contabile.

Gli effetti accennati di sfasamento temporale fra saldi contabili e saldi

per valuta si determinano essenzialmente in ragione del fatto che ben di rado

può verificarsi che la valuta di addebitamento segua la data di

contabilizzazione dell’operazione (talora si verifica invece proprio il

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contrario), mentre è frequente che la valuta di accreditamento segua la data di

registrazione dell’operazione stessa. Poiché le valute di addebitamento e di

accreditamento sono in parte frutto di norme di legge, in parte riflettono gli

usi bancari e i contratti standard ed in parte sono oggetto di negoziazione fra

le parti e quindi di specifiche pattuizioni contrattuali, si può ben dire che il

saldo in discussione è computato in base a regole parzialmente convenzionali

e parzialmente discrezionali. D’altra parte la piena trasparenza nei confronti

del correntista, circa le valute di addebitamento e accreditamento, è assicurata

dalla specificazione della “data di valuta” nelle singole lettere contabili di

addebito-accredito sul conto del cliente inviate dalla banca all’indirizzo del

medesimo. Va infine rimarcato che – per quanto può desumersi dalle

considerazioni svolte – la dinamica dei saldi per valuta non può dirsi che

meglio rifletta l’andamento del rapporto di conto corrente intrattenuto dalla

banca col cliente; piuttosto riflette una specifica prospettiva di analisi del

medesimo rapporto, quella di interesse ai fini del computo dei proventi o degli

oneri finanziari a favore o a carico del correntista.

Per la determinazione del saldo disponibile si tiene invece conto dei

soli movimenti sul conto corrente di cui la banca conosca l’esito con

sicurezza; è evidente che il problema si pone per lo più in riferimento a taluni

versamenti in conto corrente da parte del cliente (si pensi ad esempio al

versamento di assegni), rispetto alle operazioni che comportano invece

addebitamenti sul conto intestato al correntista stesso.

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Nel quesito dell’ill.mo Giudice Istruttore si fa riferimento al saldo

disponibile, secondo la ormai consolidata impostazione della Suprema Corte

(cfr. sentenza n.2744 del 22/3/1994). Detto saldo, però, non è direttamente

osservabile ex-post, sicchè va ricostruito su base convenzionale e presuntiva

e/o alla luce di precise informazioni circa lo svolgimento delle operazioni

poste in essere.

Nel caso qui in esame, per la ricostruzione del saldo disponibile si sono

adottati i criteri esposti in allegato al verbale di inizio delle operazioni peritali

(allegato 1), che consistono nel considerare convenzionalmente a questi fini la

data contabile o la data valuta, secondo la natura dell’operazione, tenuto conto

che le parti non hanno prodotto documenti volti a consentire l’attribuzione di

una diversa data di disponibilità.

Si noti che i criteri “convenzionali” adottati in questa CTU sono

comunque da considerarsi condivisi dai consulenti di parte, in quanto

approvati nel corso della seduta di inizio delle operazioni peritali.

2.3. Natura solutoria delle rimesse in conto corrente bancario:

l’impostazione consolidata da costante giurisprudenza della Suprema

Corte

L’art.67 della legge fallimentare, 2° comma, enuncia l’elemento oggettivo

facendo riferimento a “pagamenti di debiti liquidi ed esigibili”, sicché deve

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ritenersi che la norma risulti applicabile a condizione che gli accreditamenti

su un conto corrente bancario con saldo negativo, conto intestato al soggetto

poi dichiarato insolvente, corrispondano a rimesse di denaro e purché queste

rimesse di denaro abbiano integrato dei pagamenti che hanno ridotto detto

saldo negativo. E ancora, a condizione che il saldo negativo in argomento sia

rappresentativo di un debito liquido ed esigibile del fallito nei confronti della

banca ed inoltre che detti pagamenti provengano dal soggetto insolvente

stesso o da debitori di quest’ultimo. La citata provenienza risulta necessaria,

l’azione revocatoria mirando a restituire, alla capacità di soddisfacimento

delle ragioni creditorie della massa, liquidità del soggetto insolvente o crediti

vantati dallo stesso nei confronti degli ordinanti le rimesse in argomento; in

tali circostanze, infatti, le rimesse di conto corrente darebbero luogo a quel

depauperamento del patrimonio del soggetto insolvente, la cui ricostituzione

costituisce notoriamente l’obiettivo stesso della revocatoria.

La presenza di alcuni fra gli elementi oggettivi citati può essere

facilmente accertata. Ci si riferisce alla verifica che gli accreditamenti sul

conto derivino da rimesse di denaro, al realizzarsi delle rimesse proprio nel

corso del “periodo sospetto”, alla provenienza delle medesime, agli effetti in

termini di diminuzione del saldo negativo del conto corrente bancario. Per

contro, l’attenzione della dottrina e della giurisprudenza sembra essersi

concentrata innanzitutto sulla nozione di “pagamento” di un “debito liquido

ed esigibile”, quindi sulla eventuale natura solutoria delle rimesse in

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discussione.

La ben nota sentenza della Corte di Cassazione del 18 ottobre 1982,

n.5413, fissa il principio – sempre in seguito confermato - secondo il quale al

fine dell’individuazione della natura giuridica dei versamenti effettuati a

favore di una banca nell’esecuzione di un contratto di conto corrente, occorre

distinguere tra queste due fattispecie:

a) il fallito risulti beneficiario di una apertura di credito in conto corrente ed il

saldo debitore si mantenga entro il fido;

b) il citato soggetto non goda di un fido in conto corrente, o comunque il

limite massimo di fido sia stato superato.

Nella prima ipotesi il conto corrente assume la configurazione di

«conto passivo» e le rimesse, che non hanno natura solutoria, hanno l’effetto

di ricostituire la provvista messa a disposizione dell’affidato per effetto

dell’apertura di credito in conto corrente, senza dar luogo ad alcun pagamento

di un debito liquido ed esigibile (rimesse con funzione ripristinatoria). Nella

seconda ipotesi il conto corrente si configura come «conto scoperto» e le

rimesse costituiscono pagamenti che riducono il debito liquido ed esigibile nei

confronti della banca.

Nel caso di specie, pertanto, ai fini di questa consulenza tecnica sarà

attribuita natura solutoria alle rimesse extrafido, vale a dire quelle a credito

del conto corrente in presenza di saldi debitori superiori in valore assoluto a

310 milioni di lire, che costituisce il fido in conto corrente. Detto fido –

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strutturato secondo la tecnica del c.d. “conto unico” di cui si dirà in seguito -

risulta dagli atti di causa e non è contestato dalle parti.

2.4. Saldo infragiornaliero e “partite bilanciate”

Il quesito formulato dall’ill.mo Giudice Istruttore chiede che il c.t.u., ove

possibile, indichi altresì i c.d. saldi infragiornalieri, precisando i criteri

adottati a tal fine. Com’è noto, l’applicazione dell’impostazione consolidata

all’identificazione delle rimesse aventi natura solutoria, di cui si è detto in

precedenza, conduce a diversi risultati secondo che si considerino i saldi

giornalieri o infragiornalieri. Nel secondo caso, occorre esporre la sequenza

dei movimenti caratterizzati dalla medesima data di disponibilità secondo un

ordine cronologico; di fatto, nella materiale impossibilità di seguire il criterio

cronologico per mancanza delle necessarie informazioni, si segue un criterio

convenzionale che consiste nel ricostruire la sequenza in parola anteponendo

gli accreditamenti agli addebitamenti, secondo l’ipotesi più favorevole alla

banca (Cassazione, 17/12/1994, n.10869)

In generale, l’utilizzo dei saldi infragiornalieri, rispetto a quelli giornalieri,

risulta di regola penalizzante per la banca. Infatti, coi saldi giornalieri la

pluralità di operazioni caratterizzate dalla medesima data di disponibilità è

sintetizzata in un importo ottenuto per somma algebrica dei diversi movimenti

infragiornalieri, i quali perdono ai fini in esame la propria autonomia.

Con riferimento al quesito dell’ill.mo Giudice Istruttore, occorre

considerare che la ricostruzione del saldo infragiornaliero è sempre possibile,

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quando – come di norma – sia disponibile l’estratto conto per il periodo di

interesse. Sicchè il c.t.u. ha effettuato le proprie elaborazioni riscostruendo i

saldi disponibili su base infragiornaliera.

Quanto ad eventuali cosiddette “partite bilanciate”, vale a dire rimesse a

credito del conto corrente destinate a consentire specifici pagamenti disposti

dal correntista scoperto, e come tali rimesse cui potrebbe negarsi la natura

solutoria, il riferimento giurisprudenziale per l’ammissibilità di tale ipotesi è

dato – per quanto mi consta - da due sentenze della Corte di Cassazione

(n.6557 del 17/7/97 e n.686 del 26/1/99). Nella fattispecie si poneva il

problema dell’attribuzione della qualificazione di “partite bilanciate” ad

alcune operazioni segnalate dal ctp per Banca Bcon fax del 20/11/00 (allegato

5). Nelle tabelle 2 e 3 le partite bilanciate (secondo parte convenuta) sono

evidenziate in dare e avere con il medesimo colore (ad esempio, in azzurro

lire 9.751.900 [dare] e lire 9.185.912 [avere] il 15/1/93). Per comodità di

lettura da parte dell’ill.mo Giudice si riportano di seguito dette presunte

“partite bilanciate”, così come descritte dal ctp per Banca B Banca.

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addebitamento Accreditamento Spiegazione motivi

15/1/93 9.751.900 9.185.912 Versamento effettuato con contestuale richiesta di rilascio di assegno circolare

21/1/93 10.518.756 22.822.486 Contestualmente all’accreditamento del bonifico è stato richiesto il pagamento di effetti e di assegni

4/2/93 assegni vari

31.000.000

30.000.000 Il versamento è stato effettuato a copertura degli assegni pervenuti

10/2/93 n.2 assegni

22.104.012

20.000.000 Versamento effettuato a copertura degli assegni pervenuti.

A parere del c.t.u., però, non siamo qui in presenza di operazioni che

potrebbero considerarsi “bilanciate”, se consideriamo che la citata sentenza

della Suprema Corte (n.686 del 26/1/99, in “Il Fallimento”, n.12/1999) così si

esprime: “I versamenti in conto corrente di corrispondenza che il correntista

abbia effettuato allo specifico scopo di consentire alla banca di adempiere un

ordine di pagamento a terzi contestualmente conferito non sono soggetti a

revocatoria fallimentare anche quando il conto sul quale avviene l’accredito

sia scoperto”.

Nel nostro caso non vi sono evidenze sicure di operazioni che

rispondano al criterio del bilanciamento, anche in considerazione che

l’alternanza dei movimenti a debito e a credito in sé può semplicemente

essere considerata la caratteristica della movimentazione di qualsiasi conto

corrente. Pertanto, il bilanciamento delle partite andrebbe a mio avviso

documentato in via specifica (ad esempio mediante copia della

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corrispondenza tra banca e soggetto fallendo), a meno che esso non risulti

assolutamente evidente (o almeno ragionevolmente presumibile) in base

all’esame delle operazioni interessate, delle causali, degli importi, delle date

di effettuazione. Va tra l’altro rilevato come le presunte operazioni bilanciate,

segnalate da parte convenuta, si concentrino curiosamente nel corso di meno

di un mese, precisamente nel periodo 15/1 – 10/2/93. Ciò accentua

l’impressione dell’esistenza di una certa casualità, in quel periodo,

nell’alternanza dei movimenti a debito e a credito, che non riflette quindi una

precisa modalità operativa (sia pure adottata “per eccezione” ed in via

straordinaria) accolta dalla banca nello sviluppo della relazione con la società

poi fallita.

Mi sia infine consentito di osservare, in termini più generali, come la

logica del “bilanciamento” di operazioni a debito con operazioni a credito

(concettualmente, se non temporalmente, precedenti) debba comunque, a mio

parere e come anche sopra accennato, trovare riflesso in circostanze

relativamente eccezionali che giustifichino la sottrazione di accreditamenti

(rimesse) alla revocatoria in quanto dette rimesse risultino con sicurezza

caratterizzate da specifica destinazione, e quindi in ogni caso prive di quella

natura solutoria che si richiede per l’azione revocatoria ex-art.67 L.F.,2°

comma. In altri termini, l’esame della dinamica dei saldi (disponibili) di un

conto corrente non di rado evidenzia operazioni a credito che precedono

(concettualmente) specifiche operazioni a debito. Ma ciò non mi pare che di

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per sé possa integrare la fattispecie del “bilanciamento di partite”, accolta

dalla Suprema Corte (a mio sommesso parere) al fine di attenuare il rigore

dell’impostazione voluta dalla stessa S.C. in tema di rimesse di conto

corrente, ma soltanto in circostanze davvero speciali.

Si riconosce, d’altra parte e conclusivamente, che l’accertamento della

presenza di partite bilanciate presenta margini di soggettività non trascurabili.

Tanto nelle valutazioni del tecnico di banca, affinché l’ill.mo Giudice

possa esprimersi in punto di diritto.

* * *

Si rileva invece dalla tabella 1 in questa consulenza tecnica, tabella

contenente lo sviluppo del saldo contabile, la presenza di scritturazioni di

dare-avere in conto corrente, a titolo di “giroconto”, per lo stesso importo di

lire 26 milioni nelle date del 21 e del 24 maggio 1993. Ho in tal caso ritenuto

che dette scritturazioni dovessero essere escluse, nelle tabelle 2 e 3, dal

computo del saldo disponibile ai fini dell’accertamento sulle rimesse

astrattamente revocabili.

2.5. Il funzionamento tecnico del c.d. “conto unico” e il problema degli

insoluti a fronte di accreditamenti di effetti

� In data 21/11/00 il ctp per Banca Bmi inviava via fax un documento

tecnico di carattere generale (quindi non riferibile specificamente ed

esclusivamente alla controversia in corso) utile a chiarire il funzionamento

operativo della linea di credito in conto corrente secondo la struttura del c.d.

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“conto unico” e in base alla speciale modalità applicativa adottata da Banca

B.

Sembra emergere dal citato documento che il “conto unico” ottimizza –

dal punto di vista del cliente affidato - gli utilizzi delle linee di credito in

conto corrente e per castelletto salvo buon fine, consentendo di “utilizzare” il

castelletto (con i relativi oneri finanziari a carico dell’impresa cliente) solo

nella misura necessaria ai fini dell’utilizzo in via prioritaria della linea di fido

meno onerosa per il cliente (appunto quella per castelletto s.b.f.).

Tale obiettivo si consegue mediante una procedura che vede

materialmente accreditare il conto corrente del cliente, con gli importi relativi

agli effetti presentati nell’ambito del castelletto s.b.f., non alla presentazione,

bensì in concomitanza con le scadenze degli effetti stessi, per “maturazione di

disponibilità” (o altre causale di identico significato). Alla presentazione,

invece, detti effetti andranno idealmente a “coprire” in tutto o in parte il

complessivo saldo debitore in conto corrente, attribuendo carattere di

residualità agli eventuali utilizzi relativamente alla componente della linea di

credito complessiva utilizzabile senza la condizione della “copertura”

costituita dalla presentazione di effetti.

Quanto agli eventuali insoluti, questi sono addebitati in conto corrente

con qualche giorno di ritardo (o talvolta perfino di anticipo) rispetto

all’accreditamento degli effetti in questione, accreditamento che avviene in

via automatica in base ad una procedura informatizzata e indipendentemente

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dall’esito degli effetti (regolarmente ritirati dai debitori finali o restituiti

impagati). Ne consegue - a mio parere – che, a maggior ragione in presenza

della fattispecie del “conto unico”, gli importi a debito del conto corrente

relativi a effetti risultati insoluti debbano essere sottratti dai precedenti

accreditamenti per “maturazione disponibilità”, al fine di ricostruire

quell’accreditamento “netto” che solo può risultare espressione di una rimessa

eventualmente revocabile, in presenza delle altre condizioni di legge.

� Quanto alla data di disponibilità in conto corrente degli effetti presentati

dal fallendo, nel corso delle operazioni peritali (cfr.verbale del 20/12/00 in

allegato 13) il ctp per Banca Bha sottolineato che si debba fare riferimento

alla data di presentazione degli effetti, anzichè alla data di maturazione della

disponibilità (con la conseguenza, peraltro, di vedere anticipare i momenti di

alimentazione del saldo disponibile e quindi far uscire dal periodo sospetto un

certo numero di accreditamenti). La data di presentazione non si desume

dall’estratto conto, ma da altra documentazione (messa a disposizione del Ctu

e del Ctp per il fallimento, in allegato 15) che dà atto del carico/scarico degli

effetti presentati.

Tale impostazione, contestata dal Ctp per il Fallimento (allegato 14),

risulta in effetti non accettabile, non potendosi configurare una “rimessa di

denaro” al momento della presentazione degli effetti (presentazione del

foglio, nel linguaggio operativo di Banca B) e quindi non concretandosi la

fattispecie (pagamento) che costituisce un presupposto fondamentale

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dell’azione revocatoria ex-art.67, 2° comma. Alla presentazione del foglio,

infatti, viene soltanto a costituirsi una sorta di “garanzia” impropria a fronte

dei futuri utilizzi dell’apertura di credito in c/corrente, i quali daranno quindi

luogo – se del caso – a saldi negativi di conto corrente nell’ambito di un conto

che potrebbe qualificarsi come “passivo”, o eventualmente anche come

“scoperto”, utilizzando la nota classificazione della Suprema Corte. Detta

“garanzia” (o più semplicemente “maggior tranquillità” per la banca)

deriverebbe – com’è ben noto - dalla natura di operazione autoliquidantesi

degli utilizzi, nei limiti degli importi degli effetti presentati al s.b.f. e

sempreché i debitori finali (controparti dell’affidato) si rivelino a loro volta

solvibili.

� Il problema tecnicamente più rilevante è costituito, però, proprio dalla

corretta definizione di “conto passivo” e di “conto scoperto” nel caso

dell’affidamento secondo la tecnica del “conto unico”, considerato che il fido

accordato dalla banca risulta operativamente soggetto a continue variazioni in

funzione della dinamica del carico/scarico del foglio.

� Per inquadrare correttamente la problematica, è necessario ricordare che,

nel funzionamento della tradizionale apertura di credito in conto corrente, il

fido accordato dalla banca è definito da un importo preciso: il saldo può

quindi risultare passivo per ammontari fino al citato importo. Il fido concesso,

quindi, è da ritenersi già “operativo” per quell’importo e l’affidato potrà

liberamente procedere ad utilizzi entro il limite del fido in c/corrente.

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� Al contrario, nel funzionamento dell’apertura di credito secondo la tecnica

del “conto unico”, si distinguono:

(a) un fido operativo in conto corrente, contrattualmente definito e pari nel

nostro caso a lire 10 milioni; si tratta della componente che possiamo

definire “non sottoposta a condizione”;

(b) un fido potenziale in conto corrente su presentazione di effetti s.b.f., di

importo contrattualmente definito e pari nel nostro caso a lire 300

milioni; è però una componente, appunto, potenziale, in quanto

sottoposta alla condizione che siano presentati effetti al s.b.f.;

(c) un fido operativo in conto corrente, in base agli effetti presentati al

s.b.f. – o meglio, presentati e ancora non giunti a maturazione - , e

come tale di importo continuamente variabile nel tempo, in funzione

del carico/scarico del foglio.

Il fido complessivo “operativo” è quindi dato dalla somma delle

componenti di cui ai punti (a) e (c) – importo, come detto, variabile a causa

della variabilità di (c) -, sicchè gli sconfinamenti (scoperture) sono misurati

mediante un confronto fra l’utilizzo effettivo ed il suddetto fido operativo

complessivo. Analogamente, le rimesse in conto corrente possono avere

eventualmente natura solutoria se danno luogo ad una riduzione del saldo

scoperto, dove la scopertura, come si è detto, è misurata rispetto ad un fido

operativo in continua evoluzione. Naturalmente, l’entità del fido operativo

non è desumibile dagli estratti conto del c/corrente, sicché si deve fare

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riferimento ad altra documentazione interna alla banca, che dà conto della

movimentazione del foglio.

� Nella fattispecie, come sappiamo, il fallendo godeva di un fido

complessivo in conto corrente di lire 310 milioni, di cui lire 10 milioni come

componente non sottoposta a condizione (fido operativo) e lire 300 milioni

sotto la condizione della presentazione di effetti s.b.f. (fido potenziale).

� Una possibile soluzione proposta dal Ctp per Banca B Banca1 per

l’identificazione delle rimesse solutorie consiste nell’evidenziare le variazioni

in diminuzione dei debordi (scoperture extrafido) a fronte di accreditamenti in

conto corrente. La variazione dei debordi andrebbe misurata – secondo il Ctp

per Banca B – confrontando il debordo prima e dopo l’accreditamento

(rimessa). Il debordo in un dato istante sarebbe dato dalla differenza –

secondo il Ctp per Banca B - fra saldo negativo (in extrafido) e fido

“operativo” complessivo (continuamente variabile per le ragioni ricordate).

Un elaborato, prodotto dal Ctp per Banca B, che rifletterebbe la dinamica dei

saldi disponibili secondo questo approccio è stato messo a disposizione del

1 Si tratta di una soluzione alternativa rispetto ad altra già commentata – sempre

proposta dal Ctp per Cariverona – che consiste nell’attribuire agli accreditamenti di

effetti presentati s.b.f. una data di disponibilità coincidente con la data di

presentazione degli effetti stessi, anziché con la data di maturazione. Detta

soluzione è stata però già respinta in questa relazione di Ctu, per le ragioni esposte

nel testo.

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Ctu e del Ctp per il Fallimento (allegato 6).

� Questa impostazione appare suggestiva e ragionevole, ma non è corretta.

In tal modo, infatti, gli accreditamenti per maturazione di disponibilità

darebbero sempre luogo contemporaneamente sia ad una diminuzione del

saldo negativo in conto corrente, sia ad una diminuzione di pari importo del

fido operativo in essere, lasciando invariato il debordo e quindi non

consentendo di identificare rimesse solutorie. Ad esempio, si supponga che

il saldo negativo di conto corrente ammonti in un dato istante a lire 350

milioni, a fronte di effetti presentati al s.b.f. per lire 300 milioni (pari al fido

potenziale per questa componente della linea di credito): considerato che la

componente non condizionata del fido in c/corrente ammonta a lire 10

milioni, possiamo dire che vi è un debordo di lire 40 milioni. Si supponga poi

che si riscontri una “maturazione di disponibilità” per lire 60 milioni, in

ipotesi senza alcun insoluto: in tal caso è evidente che si è in presenza di una

«rimessa di denaro» e che questa potrebbe considerarsi – per lire 40 milioni -

come avente natura solutoria secondo l’impostazione della Suprema Corte.

Seguendo invece l’impostazione proposta dal Ctp per Banca B,

avremmo un debordo inziale pari – come già detto - a lire 40 milioni [= 350-

310], ed un debordo dopo l’accreditamento ancora pari a lire 40 milioni, vale

a dire pari alla differenza fra il nuovo saldo debitore di lire 290 milioni e il

nuovo fido operativo complesivo in essere pari a lire 250 milioni [240

milioni per fido su effetti al s.b.f. e 10 milioni per fido non condizionato]. Se

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poi si ipotizza la presenza di alcuni insoluti, ad esempio per lire 5 milioni,

otteniamo il risultato di riscontrare una rimessa di denaro in presenza di un

aumento – anziché una diminuzione – del debordo. Infatti, in tal caso, il

debordo iniziale sarebbe sempre pari a lire 40 milioni, mentre il debordo dopo

l’accreditamento netto di lire 55 milioni ammonterebbe a lire 45 milioni:

differenza fra lire 295 milioni (saldo debitore in c/c = 350-55) e lire 250

milioni per fido operativo in essere (300-60+10).

Le risultanze di tale approccio sono quindi palesemente erronee, poiché

– come già detto – vedremmo sistematicamente la presenza di rimesse per

“maturazione disponibilità” in concomitanza con una costanza del debordo, o

addirittura un aumento dello stesso.

Per risultare ancora più chiari, si può estremizzare ulteriormente il

concetto, ipotizzzando la presenza del solo fido per accreditamenti di effetti

s.b.f. per lire 300 milioni. Si ipotizzi, dunque, che il fallendo presenti effetti al

s.b.f. proprio per lire 300 milioni, rendendo così “operativo” quel fido che

risultava soltanto “potenziale”. De seguito l’affidato emette un assegno per

lire 350 milioni che viene regolarmente pagato dalla banca, determinandosi

così un saldo negativo di c/corrente di lire 350 milioni ed una scopertura di

lire 50 milioni. Si ipotizzi infine che tutti gli effetti siano poi debitamente

pagati (senza alcun insoluto) dai clienti del fallendo e accreditati dalla banca

sul c/corrente del fallendo stesso. Ebbene, seguendo l’approccio del ctp per

Banca B Banca, non avremmo alcuna rimessa solutoria dal momento che la

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scopertura, dopo l’accreditamento in questione, ammonterebbe ancora a lire

50 milioni, vale a dire pari alla differenza fra il saldo debitore in c/corrente ed

il fido operativo in essere pari a “0” (zero).

� Una soluzione al problema potrebbe forse consistere nell’accogliere una

diminuzione del fido operativo in essere, a fronte di accreditamenti per

maturazione di disponibilità, soltanto dopo la rilevazione dell’accreditamento

e non contestualmente. Facendo riferimento all’ultimo esempio numerico,

avremmo ancora una contrazione del saldo debitore da lire 350 milioni a lire

50 milioni, senza tuttavia rilevare contestualmente una diminuzione del fido

operativo in essere. In tal modo, si evidenzierebbe una rimessa extrafido per

lire 50 milioni, aggiornando di seguito il fido operativo in essere e portandolo

a “0” (zero).

Anche questa soluzione, però, non soddisfa completamente. Ci si deve

infatti anche domandare – come richiesto dalla costante giurisprudenza di

legittimità - se la rimessa ha natura “solutoria, e quindi risulta soggetta a

revocatoria, oppure “ripristinatoria” della provvista, e come tale non in

violazione della par condicio creditorum.

Nel nostro esempio, non può affermarsi che la rimessa abbia - in senso

stretto - natura ripristinatoria. Quindi essa potrebbe anche considerarsi

soggetta a revocatoria per l’intero importo di lire 300 milioni. In effetti, la

maturazione di disponibilità (o anche il vero e proprio incasso degli effetti

precedentemente presentati al s.b.f. con la tecnica del conto unico) non

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rispristina automaticamente una provvista, risultando l’operatività del fido

sottoposta alla decisiva condizione di disporre di altra carta (foglio) da

presentare alla banca a copertura del fido per s.b.f.

� Come si vede, tutti i problemi discussi derivano, in fondo, dal tentativo di

affrontare – ai fini della identificazione delle rimesse solutorie e quindi

astrattamente revocabili - la problematica del “conto unico” con il modello

“standard” di riferimento imposto dalla Suprema Corte per la revocatoria a

fronte di rimesse su un conto corrente che risulti eventualmente affidato

secondo l’approccio tradizionale e ben noto.

� Una soluzione pratica – a mio avviso anche ragionevole e caratterizzata da

un buon equilibrio rispetto all’orientamento della Suprema Corte in tema di

rimesse di conto corrente – consiste nel trattare, ai fini qui in discussione,

l’affidamento in conto corrente, secondo la tecnica del conto unico, in modo

non diverso rispetto all’impostazione generale voluta per le rimesse in conto

corrente (detta soluzione pratica risulterebbe quindi anche la più semplice) .

In altri termini, il fido in conto corrente ammonterebbe ad un importo

pari alla sommatoria del fido operativo in conto corrente non condizionato

(lire 10 milioni nel nostro caso) e del fido potenziale in conto corrente su

presentazione di effetti (lire 300 milioni nel nostro caso), quindi a lire 310

milioni complessivamente. La presentazione e movimentazione del foglio

(effetti presentati al s.b.f. e successivamente maturati/incassati/insoluti)

costituirebbe quindi una sorta di “garanzia”, parziale e di entità variabile, a

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fronte dei saldi debitori nel conto corrente. Qualsiasi rimessa di denaro

(pagamento) in presenza di una situazione di utilizzi extrafido avrebbe così la

natura di rimessa solutoria e quindi astrattamente revocabile, per un importo

pari alla rimessa stessa, ovviamente col vincolo di non poter risultare

revocabile per importi superiori al debordo (extrafido).

Si comprende che, anche seguendo questa soluzione, la natura

ripristinatoria di rimesse entro il fido accordato viene ad assumere un

significato parzialmente diverso rispetto a quello codificato dalla Corte di

Cassazione. Infatti, come anche più sopra si è accennato, il ripristino della

provvista potrebbe risultare condizionato alla presentazione di nuovo foglio al

s.b.f.. Si potrà pertanto far riferimento convenzionalmnete a rimesse aventi

natura solutoria, se extrafido, e rimesse aventi natura ripristinatoria, se entro il

fido, per quanto il ripristino della provvista possa risultare soggetto alla citata

condizione. Detta condizione – si è già precisato - consiste nella costituzione

a favore della banca non di una garanzia in senso giuridico, ma almeno di un

presidio aggiuntivo rappresentato dalla natura tendenzialmente

autoliquidantesi degli utilizzi a fronte di precedenti affidamenti per

presentazione di foglio commerciale.

In base a tutti gli argomenti svolti, in questa relazione di C.t.u. si è

quindi ritenuto di dover procedere al computo delle rimesse astrattamente

revocabili seguendo la “via ordinaria”.

� Questa soluzione, comunque, non risulta penalizzante per la banca

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destinataria dell’azione revocatoria, rispetto alla situazione nella quale si

verrebbe a trovare la banca che non avesse operato mediante la tecnica del

“conto unico”, bensì avesse utilizzato la tecnica ordinaria dei due conti

separati (conto effetti e conto corrente, eventualmente distintamente affidati).

Certamente, però, non coincidono le dinamiche dei saldi disponibili nei

due casi. Infatti, la disponibilità in conto degli importi degli effetti presentati

al s.b.f. è di regola immediata secondo la tecnica tradizionale, mentre è

differita al momento della maturazione di disponibilità secondo la tecnica del

conto unico. Quale di queste due tecniche produca le conseguenze più onerose

per la banca non può tuttavia essere detto a priori, dipendendo dal modo in cui

le due tecniche interagiscono con il complesso dello sviluppo del conto

secondo il saldo disponibile.

� Nelle tabelle 2 e 3 in questa c.t.u, rispettivamente nel caso dello sviluppo

dei saldi infragiornalieri e dei saldi giornalieri, sono evidenziati in colore rosa

gli accreditamenti per “maturazioni di disponibilità” (e altre causali analoghe:

“crediti maturati e resi disponibili in c/c sbf”; “maturazione valore

aperfoglio”), già riportati al netto degli insoluti, in base alle informazioni

fornite dal ctp per Banca B Banca. Per questa ragione, la voce “vs. effetti

impagati già scontati sbf” (e altra causale simile: “effetto insoluto”) di fatto

quasi scompare dalle citate tabelle 2 e 3, evidenziando (in colore violetto)

soltanto importi singolarmente molto modesti (poche migliaia di lire) dovuti a

piccole differenze negative (probabilmente per “spese bancarie”) fra

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accreditamenti per maturazioni di disponibilità e addebitamenti per insoluti.

2.6. La risposta al quesito

2.6.1. Rimesse solutorie secondo lo sviluppo dei saldi giornalieri

Sulla base delle premesse metodologiche esplicitate, nonché delle

elaborazioni contabili da me effettuate, le rimesse cui può essere attribuita

natura solutoria possono essere quantificate (in base ai saldi giornalieri)

in lire 415.561.575.=

2.6.2. Rimesse solutorie secondo lo sviluppo dei saldi infragiornalieri

Sulla base delle premesse metodologiche più sopra esplicitate, nonché

delle elaborazioni contabili da me effettuate, le rimesse cui può essere

attribuita natura solutoria possono essere quantificate (in base ai saldi

INFRAgiornalieri) in lire 463.053.236.=

* * *

Non sono stati identificati movimenti in c/corrente che integrino la

fattispecie delle “partite bilanciate”.

2.6.3. Altre considerazioni finali

Si osserva che la movimentazione del conto corrente mostra un saldo

debitore massimo di lire 498.933.921, in data 4/2/93, ed un saldo debitore

finale di lire 305.432.328, in data 22/12/93, sia nel caso dello sviluppo dei

saldi giornalieri, sia nel caso dello sviluppo dei saldi infragiornalieri. Ne

consegue che, a partire dalla data del 4/2/93, la banca ha beneficiato di un

rientro dall’esposizione del cliente per lire 193.501.593. Secondo una parte

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della dottrina e secondo una giurisprudenza di merito non recente e comunque

apparentemente superata da una costante giurisprudenza contraria della

Suprema Corte, l’azione revocatoria ex-art.67, 2° comma, LF, dovrebbe

colpire detta differenza fra massima esposizione ed esposizione finale. La

personale opinione del Ctu è coerente con questa impostazione, anche se i

conteggi riportati in questa relazione di consulenza tecnica sono invece svolti

secondo le indicazioni consolidate della Corte di Cassazione riassunte al

precedente paragrafo 2.3.

Si osserva infine che, dagli atti di causa, risulta che parte attrice

identifica rimesse astrattamente revocabili per lire 220.069.586, con

metodologia in linea con quella adottata in questa c.t.u. e secondo lo sviluppo

dei soli saldi giornalieri. Detto importo è significativamente inferiore agli

importi determinati in questa c.t.u. Nel computo di parte attrice, infatti, e per

ragioni non esplicitate, non si tiene mai conto di accreditamenti in conto

corrente per “maturazione di disponibilità” - o altre simili denominazioni

(causale 26 nelle codifiche informatiche della banca)-, in relazione

all’accreditamento di effetti s.b.f. secondo la tecnica del c.d. “conto unico”.

Il c.t.u.

Prof. Michele Rutigliano