Tribunale di Palmi. Sentenza Cacciola

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    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    TRIBUNALE DI PALMI PRIMA SEZIONE DI CORTE DI ASSISE

    Composta dai signori:

    dott.ssa Silvia CAPONE PRESIDENTE

    dott.ssa Maria Laura CIOLLARO GIUDICE A LATERE

    sig. M. Fortunata Gargano GIUDICE POPOLARE

    sig. M. Rosa Borrello GIUDICE POPOLARE

    sig. Ferruccio Demaria GIUDICE POPOLARE

    sig. Teresa Cosoli GIUDICE POPOLARE

    sig. Graziella Scidone GIUDICE POPOLARE

    sig. Natalina Cammareri GIUDICE POPOLARE

    Con lintervento dei Pubblici Ministeri dott. G. CREAZZO Procuratore della

    Repubblica, dott.ssa G. MASCI Sostituto, dott. F. PONZETTA Sostituto

    ha pronunciato la seguente

    S E N T E N Z A

    Nei confronti di:

    1) CACCIOLA Giuseppe, n. il 12.3.1981 a Cinquefrondi residente in Rosarno via Sicilia, n. 7, detenuto presente

    Assistito e difeso di fiducia dallavv. Antonio Cimino del foro di Palmi e dallavv. Gianfranco Giunta del foro di Reggio Calabria.

    2) CACCIOLA Michele n. il 16.12.1958 a Rosarno ivi residente in via Don Gregorio Varr 26, detenuto presente

    N. REG.SENT. 2/2013

    N. R.G.N.R. 3469/2011

    N. R.G.Assise 3/2012

    __________________________

    SENTENZA

    In data 13.7.2013

    depositata in cancelleria il

    Il Cancelliere

    __________________________

    __________________________

    Fatto avviso deposito sentenza

    L .

    Il Cancelliere

    __________________________

    Add

    Estratti esecutivi ...

    .

    Questura

    Art. Camp. Pen.

    Add

    Redatt sched.. Casellario.

    e com. elettorale . ...

    Il Cancelliere

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    Assistito e difeso di fiducia dallavv. Antonio Cimino del foro di Palmi e dallavv. Carlo Morace

    del foro di Reggio Calabria

    3) LAZZARO Anna Rosalba, n. il 10.7.1964 a Taurianova residente in Rosarno via Don Gregorio Varr 26, detenuta agli arresti domiciliari presente

    Assistita e difesa di fiducia dallavv. Antonio Cimino del foro di Palmi

    IMPUTATI

    a) del reato di cui allart. 110, 572 comma 2 c.p. perch, in concorso morale e materiale tra loro,

    attraverso reiterati atti di violenza fisica, consistenti nel malmenarla in pi occasioni nonch mediante vessazioni

    psicologiche, attuati nel corso di un lungo periodo di tempo, maltrattavano la figlia e sorella Maria Concetta

    Cacciola la quale, in conseguenza dei gravi e reiterati maltrattamenti, si determinava alfine a togliersi la vita

    ingerendo acido muriatico.

    In particolare ponevano in essere le seguenti condotte:

    1. le impedivano di uscire liberamente di casa e di avere amicizie, in particolare da quando il marito Salvatore

    Figliuzzi era detenuto in carcere, malmenandola e comunque vessandola ad ogni violazione delle regole da essi

    imposte;

    2. intorno al mese di giugno del 2010 Cacciola Michele e Cacciola Giuseppe, avendo appreso da lettere anonime

    che la loro congiunta intratteneva una relazione extraconiugale, la picchiavano violentemente, cagionandole la

    frattura ovvero lincrinatura di una costola, quindi le impedivano di recarsi in ospedale per ricevere le cure,

    costringendola a rimanere chiusa in casa ove la facevano clandestinamente curare da sanitario di loro fiducia per

    circa tre mesi;

    3. a partire dal giugno 2010, in conseguenza dellarrivo delle predette lettere anonime, Giuseppe Cacciola insieme

    ai cugini (figli di Domenico Cacciola) la sottoponeva a continui pedinamenti;

    4. dal 27.7.2011 all8.8.2011, periodo in cui Maria Concetta Cacciola si trovava in localit protetta a

    Genova, in conseguenza della sua scelta di collaborare con la giustizia, Lazzaro Anna Rosalba e Michele

    Cacciola effettuavano continue pressioni psicologiche consistenti, tra laltro, nella minaccia di allontanare per

    sempre i figli da lei - per costringerla a fare ritorno a Rosarno e ritrattare le dichiarazioni rese allAutorit

    giudiziaria;

    Con la recidiva reiterata ex art. 99 comma 4 c.p. per Cacciola Michele

    Con la recidiva ex art. 99 comma 1 c.p. per Cacciola Giuseppe

    In Rosarno fino al 20.8.2011 (giorno della morte della Cacciola mediante ingestione di

    acido muriatico).

    b) del reato di cui agli artt. 81, 110, 611 c.p. perch con pi azioni esecutive di un medesimo disegno

    criminoso, in concorso morale e materiale tra loro, usavano violenza e minacce per costringere Maria Concetta

    Cacciola a commettere fatti costituenti reato. In particolare, mediante violenze psicologiche e minacce di non farle

    pi vedere i figli, la costringevano a registrare unaudiocassetta, destinata ad essere portata a conoscenza

    dellAutorit Giudiziaria, contenente la ritrattazione di tutte le dichiarazioni precedentemente rese agli

    inquirenti riguardanti responsabilit del padre Cacciola Michele e del fratello Cacciola Giuseppe, e la

    responsabilit di ulteriori soggetti dalla stessa indicati da Cacciola Giuseppe e Cacciola Michele quali autori di

    episodi di omicidio fra cui quello di Macr Palmiro.

    Condotta finalizzata a far commettere a Maria Concetta Cacciola i delitti di:

    - falsa testimonianza, avendo costei nella registrazione falsamente affermato di aver reso dichiarazioni allAG

    perch spinta dalla rabbia nei confronti del padre Michele Cacciola e del fratello Giuseppe Cacciola e perch

    voleva andare via di casa;

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    - favoreggiamento personale, poich, essendo la stessa obbligata a deporre in quanto parte offesa del delitto di cui

    allart. 572 c.p., con la ritrattazione aiutava i suoi familiari ad eludere le investigazioni dellAutorit;

    - autocalunnia, essendosi nella registrazione falsamente incolpata del delitto di calunnia nei confronti del padre

    Michele Cacciola e del fratello Giuseppe Cacciola, nonch di ulteriori soggetti indicati quali autori di episodi di

    omicidio fra cui quello di Macr Palmiro.

    (capo di imputazione cos modificato alludienza del 31.5.2013)

    Con la recidiva reiterata ex art. 99 comma 4 c.p. per Cacciola Michele

    Con la recidiva ex art. 99 comma 1 c.p. per Cacciola Giuseppe

    In Rosarno fino al 12.8.2011

    PPOO: Figliuzzi Salvatore, Figliuzzi Carmela (in qualit di tutrice esercente la potest sui

    minori Figliuzzi Alfonso, Figliuzzi Gaetana e Figliuzzi Rosalba).

    CONCLUSIONI DELLE PARTI

    Il Pubblico Ministero:

    ritenuta la responsabilit di CACCIOLA Giuseppe, CACCIOLA Michele e LAZZARO Anna Rosalba in ordine

    a tutti i reati loro ascritti, chiede la condanna per tutti gli imputati alla pena complessiva di 21 anni di reclusione, di cui

    18 per il capo a) e 3 per il capo b) previo riconoscimento del vincolo della continuazione; chiede altres disporsi

    linterdizione perpetua dai pubblici uffici, la sospensione della potest genitoriale, nonch la trasmissione degli atti per

    quanto di competenza in ordine alle deposizioni di Gentile Emanuela, Figliuzzi Alfonso e Ceravolo Michele.

    LAvv. Antonio Cimino in difesa di tutti gli imputati:

    assoluzione da tutti i reati ascritti perch il fatto non sussiste. In subordine lapplicazione del minimo della pena e la

    concessione dei benefici di legge.

    LAvv. Gianfranco Giunta in difesa dellimputato CACCIOLA Giuseppe:

    assoluzione da tutti i reati ascritti perch il fatto non sussiste. Lavv. Carlo Morace in difesa dellimputato CACCIOLA Michele: assoluzione da tutti i reati ascritti perch il fatto non sussiste.

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con decreto del 20-07-2012 il Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Palmi

    disponeva il giudizio immediato nei confronti di CACCIOLA Michele, CACCIOLA Giuseppe e LAZZARO

    Anna Rosalba, chiamati a rispondere dei delitti meglio specificati nei capi di imputazione trascritti in

    epigrafe.

    All'udienza del 29 novembre 2012, il Presidente della Corte insediava i giudici popolari

    procedendo allappello nominativo nellordine di estrazione e dichiarava che i giudici popolari titolari e i

    giudici popolari supplenti Martino Grazia e Pataffio Laura avevano prestato giuramento nella sessione

    del 28-09-2012, mentre gli ulteriori supplenti nella sessione del 4-10-2012.

    La Corte, rilevata la sussistenza dei presupposti di cui allart. 147 comma 2 disp. att. c.p.p.,

    autorizzava le riprese audiovisive e la divulgazione televisiva del dibattimento, vietando la sola ripresa

    delle immagini degli imputati per non avervi gli stessi acconsentito.

    Le Difese eccepivano preliminarmente la nullit del decreto di giudizio immediato per

    violazione dellart. 453 comma 1 ter c.p.p., essendo stato emesso prima che il provvedimento cautelare

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    diventasse definitivo; nonch per violazione dellart. 454 comma 2 c.p.p. sotto il profilo della violazione

    del diritto di difesa, adducendo la mancata trasmissione dei verbali completi delle dichiarazioni rese da

    Maria Concetta Cacciola nellambito di altro procedimento penale. Il P.M. si opponeva e la Corte, a

    seguito della camera di consiglio, pronunciava lordinanza di seguito trascritta: La Corte, a scioglimento

    della riserva sulle questioni preliminari, osserva: la Difesa di CACCIOLA Giuseppe ha sollevato eccezione di nullit del

    decreto di giudizio immediato per violazione dellart. 453 comma 1 ter c.p.p., sostenendo che il G.I.P. presso il Tribunale

    di Palmi non avrebbe potuto emettere, in seguito allordinanza del Tribunale del Riesame di RC emessa in data

    17.5.2012 (depositata in data 17.7.2012), decreto di giudizio immediato stante la non definitivit del provvedimento

    cautelare. La giurisprudenza addotta a sostegno della tesi, e meglio indicata a verbale, non risponde allarresto

    giurisprudenziale pi recente e consolidato, a tenore del quale, sulla possibilit di chiedere il giudizio immediato nei

    confronti dellimputato in stato di custodia cautelare dopo la decisione del Tribunale del Riesame e prima della definitivit

    di tale pronuncia, si affermata la correttezza dellopzione in quanto coerente sia con la lettera dellart. 453 c.p.p comma

    1 ter, che parla di definizione del procedimento di riesame anzich di definitivit del suo provvedimento conclusivo, sia con

    la sentita necessit di accelerare i procedimenti con imputati detenuti, finalit questultima che sarebbe frustrata se il

    ricorso al rito immediato fosse subordinato allimponderabile durata del giudizio di legittimit e delle possibili fasi

    rescissorie (Cass. Sez. 1, 3310 del 21.12.2011; sez. 2, 6 aprile 2011 n. 17362; sez. 1, n. 42305 dell11.11.2010).

    appena il caso di aggiungere a tale proposito che il precedente giurisprudenziale costituito dallordinanza di nullit

    del decreto di giudizio immediato emesso da questo Tribunale in composizione collegiale in data 14.12.2010, stato

    oggetto di sentenza di annullamento senza rinvio da parte della Corte di Cassazione in data 28.6.2011. Leccezione va

    pertanto rigettata nei termini appena esposti. Quanto allulteriore questione sollevata dallavv. Morace cui si sono

    associate anche le altre Difese relativa alla violazione dellart. 454 comma 2 c.p.p. sotto il profilo della mancata

    trasmissione dei verbali completi delle dichiarazioni rese da Maria Concetta Cacciola nellambito del procedimento penale

    nr. 1351/11 R.G. Atti D.D.A. si deve in questa sede rilevare come, per pacifica giurisprudenza di legittimit, una

    volta disposto il giudizio immediato il Giudice del dibattimento non pu sindacare la sussistenza delle condizioni

    necessarie alla sua adozione, poich non previsto dalla disciplina processuale un controllo ulteriore rispetto a quello tipico

    (ai sensi dellart. 455 c.p.p.), attribuito al giudice per le indagini preliminari al momento della decisione sulla richiesta di

    giudizio immediato. Invero il riconoscimento della possibilit del giudice del merito di sindacare il provvedimento del g.i.p.

    che abbia accolto la richiesta di giudizio immediato avanzata dal p.m. risulterebbe in contrasto con quelle esigenze di

    celerit e di risparmio di risorse processuali che caratterizzano il rito (Cass. Sez. 6, 6989 del 10.1.2011; sez. 4,

    46761 del 25.10.2007; Corte Cost. ordinanza 371 del 2002). Senza recedere dalla superiore valutazione di

    inammissibilit delleccezione, osserva la Corte nel merito che alcuna omissione ha compiuto il p.m. avendo in effetti, per

    pacifica ammissione delle parti, trasmesso tutti gli atti di indagine in suo possesso. Nessun rilievo pu essere mosso

    allUfficio di Procura in ordine alla mancata ostensione delle parti del verbale di s.i.t. omissate trattandosi di atto di

    indagine secretato per esigenze investigative della Procura Distrettuale. Per questi motivi rigetta tutte le eccezioni proposte

    dalle Difese.

    Dichiarata aperta listruttoria dibattimentale, le parti avanzavano le rispettive richieste di prova e

    la Corte decideva con ordinanza pronunciata in udienza ed allegata al verbale, da intendersi in questa

    sede integralmente richiamata, con la quale ammetteva le prove richieste dal P.M. e dalla Difesa (ad

    eccezione delle relazioni di servizio del 21.8.2011, del 23.8.2011, del 24.8.2011 e del 29.8.2011 prodotte

    dal P.M. non costituendo le stesse atti irripetibili), ammetteva tutte le intercettazioni telefoniche e

    ambientali richieste dal P.M. (rigettando leccezione di inutilizzabilit sollevata dalla Difesa di Cacciola

    Michele per i motivi meglio indicati nella citata ordinanza), e disponeva perizia trascrittiva.

    Si procedeva infine allesame del teste Ratt Francesco.

    Alla successiva udienza del 14-12-2012, lavv. Angela Gaetano in rappresentanza dellavv.

    Panuccio Dattola, nominato curatore speciale dei minori Figliuzzi Alfonso, Figliuzzi Gaetana e Figliuzzi

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    Rosalba con provvedimento del 6.3.2012, chiedeva di essere rimessa in termini per la costituzione di

    Parte Civile e per lesercizio di tutte le facolt conseguenti adducendo di non aver ricevuto notifica del

    decreto di giudizio immediato. Il P.M. si opponeva rilevando la carenza di legittimazione sostanziale e

    processuale del richiedente in seguito allintervenuta nomina del tutore da parte del Giudice Tutelare

    presso il Tribunale di Palmi, e le Difese si associavano rilevando altres lintempestivit della richiesta ai

    sensi dellart. 491 c.p.p.; la Corte, a seguito di camera di consiglio, rigettava listanza per difetto di

    legittimazione attiva, pronunciando lordinanza a verbale di seguito trascritta: a scioglimento della riserva,

    letto il Decreto del Tribunale per i Minorenni, allegato allatto di costituzione di PC per documentare la legittimazione

    dellodierno istante, rilevato che la nomina dellavv. Francesca Panuccio Dattola stata effettuata nellambito del

    procedimento per la dichiarazione di decadenza di Figliuzzi Salvatore dalla potest genitoriale ai sensi dellart. 78 comma

    2 c.p.p., a tenore del quale si procede alla nomina del Curatore Speciale quando vi conflitto di interessi tra il

    rappresentante ed i minori dallo stesso rappresentati. Tuttavia la norma appena citata al comma 1 limita efficacia della

    nomina finch subentri colui al quale spetta la rappresentanza o assistenza, rilevato pertanto che, per effetto della

    sopravvenuta nomina da parte del Giudice Tutelare presso il Tribunale di Palmi del tutore per le due bambine e del tutore

    provvisorio per Figliuzzi Alfonso, ai sensi dellart. 77 comma 2 c.p.p. lesercizio dei diritti civili e ai sensi dellart. 77

    comma 1 c.p.p. delle stesse rappresentanze del procedimento nel processo penale compete alle figure tutorie nominate dal

    Giudice Tutelare regolarmente citate nellambito di questo procedimento giusto decreto di questo Presidente del

    25.10.2012 con cui su richiesta dellUfficio di Procura veniva differita la prima udienza al fine della regolare vocatio in

    ius anche dei rappresentanti legali delle Persone Offese. Tutto ci premesso dichiara inammissibile, per difetto di

    legittimazione attiva, listanza proposta dal difensore del curatore speciale nominato dal Tribunale per i minorenni e

    dispone procedersi oltre.

    Lavv. Giunta, per la difesa di CACCIOLA Giuseppe, eccepiva poi linutilizzabilit

    dellintercettazione telefonica del 13.8.2011 ore 13.20, in uscita dalla Casa Circondariale di Larino, per

    difetto della specifica autorizzazione prevista ai sensi dellart. 18 ter ord. pen.; il P.M. si opponeva

    rilevando come il colloquio fosse legittimamente registrato nei confronti di un soggetto consapevole di

    essere captato ai sensi dellart. 4 bis ord. pen. La Corte, allesito della camera di consiglio, accoglieva

    leccezione sollevata dichiarando inutilizzabile la conversazione in argomento con ordinanza dettata a

    verbale, cui in questa sede ci si riporta integralmente.

    Veniva dunque conferito incarico di trascrizione delle intercettazioni telefoniche (eccetto quella

    del 13.8.2011 c/o la Casa Circondariale di Larino) e ambientali richieste dal P.M. al perito Antonino

    Noto, concedendo allo stesso il termine di 60 giorni per il deposito dellelaborato.

    Si procedeva poi allescussione del teste Carli Carlo; durante la sua deposizione lavv. Morace,

    per la difesa di CACCIOLA Michele, eccepiva linutilizzabilit della testimonianza nella parte in cui

    venivano riferite le dichiarazioni apprese dalla persona offesa per violazione dellart. 195 comma 4

    c.p.p.; la Corte, a scioglimento della riserva assunta, rigettava leccezione pronunciando la seguente

    ordinanza allegata al verbale dudienza: la questione posta allattenzione della Corte stata oggetto di approfondita

    trattazione da parte della giurisprudenza di legittimit che ha delineato i limiti del divieto di testimonianza sancito

    dallart.195 c.p.p. nella citata sentenza Sez.Unite n.28-05-2003 Torcasio. Come noto l'art. 195/4 c.p.p., nella

    vigente formulazione, vieta la testimonianza del funzionario di polizia "sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da

    testimoni con le modalit di cui agli art. 351 e 357/2 lett. a e b". Si voluto circoscrivere il divieto della testimonianza

    indiretta, in attuazione della nuova formulazione dell'art. 111 Cost. soltanto agli atti tipici di contenuto dichiarativo

    compiuti dalla p.g., i quali devono essere documentati mediante la redazione di un apposito verbale.

    Ne consegue che gli "altri casi per i quali l'art. 195/4 legittima la testimonianza de auditu del funzionario di polizia si

    riducono alle sole ipotesi in cui dichiarazioni di contenuto narrativo siano state rese da terzi e percepite dal funzionario "al

    di fuori di uno specifico contesto procedimentale di acquisizione delle medesime", in una situazione operativa eccezionale o

    di straordinaria urgenza e, quindi, al di fuori di un "dialogo tra teste e ufficiale o agente di p.g., ciascuno nella propria

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    qualit".

    Pertanto il riferimento alle "modalit di cui agli art. 351 e 357 c.p.p." contenuto nell'art. 195/4 c.p.p. non pu essere

    interpretato nel senso di rendere legittima la testimonianza di secondo grado del funzionario di polizia in caso di mancata

    verbalizzazione dell'atto di acquisizione delle informazioni ricevute solo ove ne sussisteva lobbligo. Per dare un senso

    alleccezione prevista dallart.195 comma 4 c.p.p. linterpretazione aderente ai principi ordinamentali che gli altri casi

    quindi riguardino le dichiarazioni percepite dal funzionario di polizia al di fuori del suo compito istituzionale di soggetto

    destinato a raccoglierle, compito al quale precisamente intende alludere il rinvio agli artt.351 e 357 c.p.p.. A queste

    condizioni, la testimonianza dellufficiale o dellagente di p.g. non si differenzia da quelle di qualunque cittadino perch le

    informazioni non sono state ricevute nellesercizio di un potere ad hoc, funzionalmente rivolto allaccertamento del fatto, e

    dunque il divieto non potrebbe essere applicato. Rispondono a tali requisiti le dichiarazioni raccolte nel corso di una

    diversa attivit di indagine (portate incidentalmente a conoscenza degli organi di P.G. e vertenti su circostanze diverse da

    quelle oggetto di indagine) o nel corso di attivit anche atipica (quale, come nel caso di specie, la notifica dellatto garantito

    nei confronti della persona offesa quale rappresentante legale del figlio minore Figliuzzi Alfonso). La sopravvenuta

    irripetibilit della dichiarazione oggetto di testimonianza, in ragione dellintervenuto decesso della dichiarante, rende

    utilizzabile la testimonianza in applicazione della deroga espressa di cui allart.195 comma 3 c.p.p.. La testimonianza

    pertanto ammissibile.

    Nel corso della medesima deposizione veniva ordinato lallontanamento dallaula dellimputato

    Michele CACCIOLA il quale, nonostante i ripetuti ammonimenti, proferiva parole ingiuriose nei

    confronti del teste.

    Venivano infine escussi i testi Boracchia Ivan e Ceccagnoli Gianluca.

    Alludienza del 17 dicembre 2012, veniva completata lescussione del teste Gianluca Ceccagnoli;

    veniva quindi acquisita, nulla opponendo le Difese, la documentazione prodotta dal P.M., e

    specificamente listanza di differimento presentata in sede di indagini preliminari da LAZZARO Anna

    Rosalba con allegata certificazione sanitaria, a firma del dott. Michele Ceravolo, attestante le precarie

    condizioni di salute dellimputata.

    Alludienza del 31 gennaio 2013, veniva sentito il teste Curr Francesca; allesito della sua

    deposizione il P.M. chiedeva lacquisizione quale documento del colloquio del 13.8.2011 delle ore

    13.30 tra Figliuzzi Salvatore, allepoca detenuto presso la Casa Circondariale di Larino, la figlia Gaetana

    e la sorella Giorgia, depositando memoria a sostegno della propria istanza. La Difesa si opponeva

    riportandosi alleccezione gi sollevata in sede di ammissione dei mezzi di prova. La Corte riservava la

    decisione.

    Venivano di seguito escussi gli ulteriori testi Esposito Salvatore, Lucia Fortunato, Orsino

    Enrico, Coco Ilenia.

    Introdotto lisp. Priteso Pasquale, il P.M. chiedeva che si procedesse allascolto in aula della

    cassetta contenente la voce di Maria Concetta Cacciola in quanto funzionale allesame del teste; la

    Difesa si opponeva rilevando come la richiesta fosse da qualificarsi come integrazione probatoria ai

    sensi dellart. 507 c.p.p. ed invitando nel contempo la Corte a disporre eventualmente perizia sul

    contenuto del nastro. La Corte, allesito della camera di consiglio, pronunciava la seguente ordinanza

    trascritta a verbale: a scioglimento della riserva, rilevato che dalle indicazioni delladdetto al servizio di registrazione

    dellattivit di udienza risulta che il testo del supporto audio ascoltato in aula costituir oggetto di trascrizione in quanto

    registrato, ritenuto che la prova sia rappresentata proprio dal supporto audio e che la perizia trascrittiva solo uno

    strumento eventuale per consentire la traduzione in forma grafica del testo, ritenuto che nel caso di specie, stante lunicit

    del colloquio possibile procedere allascolto con trascrizione rimessa al tecnico, accoglie le richiesta del P.M..

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    Si procedeva dunque allapertura del plico sigillato, gi allegato al fascicolo del P.M., ed

    allapertura della busta contenente la cassetta; in seguito allascolto di questultima venivano escussi i

    testi Pasquale Priteso, Garruzzo Salvatore, Trunfio Antonino e Teatino Alessandro. Venivano poi

    acquisite le consulenze tecniche redatte, rispettivamente, dagli ultimi tre testi.

    La Corte disponeva, ai sensi dellart. 507 c.p.p., perizia fonico-trascrittiva sullaudiocassetta al

    fine di accertare eventuali anomalie nella registrazione. Su rinuncia del P.M. non opposta dalle Difese

    veniva revocata lordinanza di ammissione dellesame dei testimoni Cuiuli, Surace, Bus e Gugliandro,

    stante la sopravvenuta superfluit della prova.

    Alludienza del 7 febbraio 2013, a scioglimento della riserva assunta in data 31-01-2013 sulla

    richiesta di acquisizione del colloquio telefonico di Figliuzzi Salvatore del 13.8.2011, la Corte

    pronunciava la seguente ordinanza: allega il richiedente che la registrazione del colloquio telefonico effettuata ai

    sensi degli artt. 18 dellOrdinamento Penitenziario e 39 comma VII del reg. esecutivo, disposta ex lege nei confronti dei

    detenuti ex 4 bis della legge penitenziaria, costituisce un documento fonografico in quanto tale utilizzabile nel processo

    anche a fini probatori.

    Non condivide questa Corte la distinzione per categorie tra atti processuali e documenti prospettata dallUfficio di

    Procura che ancora la definizione di documento alla sua formazione extraprocessuale e per fini diversi da quelli probatori:

    documento, ai sensi dellart. 234 c.p.p., qualunque supporto rappresentativo di fatti, persone o cose mediante fotografia,

    cinematografia, fonografia o qualsiasi altro mezzo. Piuttosto il codice di procedura penale disciplina lacquisizione dei

    suddetti mezzi rappresentativi in maniera diversa, a seconda che si siano gi formati fuori dal processo o che invece il

    mezzo di prova si cristallizzi nellambito del procedimento.

    Ci premesso non corre dubbio che la registrazione del colloquio telefonico, richiesto dal detenuto condannato con

    sentenza definitiva per uno dei reati di cui allart. 4 bis della legge penitenziaria, rappresenti un documento fonografico.

    Ma anche il supporto fonico su cui impresso il colloquio intercettato un documento fonografico, costituente prova nel

    processo, solo eventualmente accompagnato dalla perizia trascrittiva che ne agevola la intelligibilit mediante la traduzione

    in forma grafica.

    Diverso tuttavia il regime di utilizzabilit processuale del colloquio captato clandestinamente in forza del

    decreto intercettivo e del colloquio telefonico autorizzato nei confronti del detenuto o internato per i reati di cui allart. 4 bis

    dellord. penit.

    Per la individuazione della disciplina applicabile nei due casi soccorre la definizione di intercettazione telefonica

    effettuata dalla sentenza Sez. Un. 28 maggio 2003 n. 36747/3 Torcasio.

    Secondo la citata sentenza le intercettazioni regolate dagli artt. 266 e segg. c.p.p. consistono nella captazione

    occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o pi soggetti che agiscano con lintenzion di escludere

    altri e con modalit oggettivamente idonee allo scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di

    percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato. Ne consegue che la

    registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto

    che ne sia o partecipe o comunque ammesso ad assistervi, non riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla

    nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale pu disporsi

    legittimamente anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dellart. 234 c.p.p., e fatti salvi gli eventuali

    divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualit rivestita

    dalla persona che vi partecipa.

    Pertanto la registrazione fonografica di conversazioni o comunicazioni realizzata, anche clandestinamente, da

    soggetto partecipe di dette comunicazioni o comunque autorizzato ad assistervi, costituisce sempre che non si tratti della

    riproduzione di atti processuali prova documentale secondo la disciplina dellart. 234.

    Non vi dubbio che la registrazione del colloquio telefonico dei detenuti per i reati di cui allart. 4 bis della legge

    penitenziaria autorizzata ex lege.

  • 8

    In merito si rileva che il d.l. 187/93 intervenuto sulla norma regolamentare (successivamente sostituita dal 7

    co. Dellart. 39 reg. esec.) articolando la disciplina sulla distinzione tra detenuti ed internati per i reati di cui allart. 4 bis

    ord. penit. e tutti gli altri ristretti: per questi ultimi lautorit competente a disporre il visto di controllo sula

    corrispondenza (oggi individuata dallart. 18 ter comma 3 ord. pen.) pu stabilire che le conversazioni telefoniche

    vengono ascoltate e registrate, mentre per i primi sempre disposta la registrazione. In tal modo nei confronti dei

    detenuti sottoposti a regime ordinario costituisce uneccezione lascolto e la registrazione delle comunicazioni telefoniche,

    subordinandola ad un espresso provvedimento giudiziario accessorio a quello di accoglimento dellistanza, corredato di una

    congrua motivazione; per i detenuti considerati dal legislatore maggiormente pericolosi invece la legge stessa a statuire in

    ogni caso la limitazione della libert di comunicazione, con esclusione di qualsiasi discrezionalit da parte della.g. Per

    questa categoria di detenuti, quindi, il provvedimento dellautorit giudiziaria volto ad autorizzare le conversazioni

    telefoniche costituisce ipso iure anche la fonte autorizzativa della registrazione delle medesime conversazioni.

    Ne consegue che il detenuto per uno dei reati di cui allart. 4 bis della legge penitenziaria gi nel richiedere

    lautorizzazione al colloquio telefonico rinuncia implicitamente alla riservatezza del colloquio ben sapendo che la stessa

    legge esecutiva impone la registrazione della comunicazione, che verr effettuata da un dipendente dellamministrazione

    penitenziaria deputato anche allascolto.

    La compressione a monte effettuata dal legislatore del diritto alla riservatezza del colloquio del detenuto per uno

    dei reati ex art. 4 bis in favore della esigenza di prevenzione dei reati rende superflua lapplicazione della disciplina delle

    intercettazioni, che finirebbe per inutilmente sovrapporsi alla captazione gi autorizzata per legge.

    Ne consegue che, in costanza di specifico provvedimento autorizzativo emesso dallautorit giudiziaria competente,

    la registrazione dei colloqui dei detenuti per i reati di cui allart. 4 bis della legge penitenziaria, in quanto strumento

    captativo non clandestino ed eventuale ma certo e noto anche ai conversanti, processualmente utilizzabile. Per questi

    motivi acquisisce il colloquio telefonico di cui alla richiesta del P.M. e dispone sin da adesso perizia trascrittiva dello stesso,

    riservando il conferimento dellincarico al perito Noto Antonino alla prossima udienza.

    Si procedeva dunque allescussione della teste Pesce Giuseppina; la Difesa insisteva per sentirla

    ai sensi dellart. 210 c.p.p., il P.M. si opponeva rilevando lassenza di qualsiasi profilo di connessione tra

    i reati ascritti alla collaboratrice di giustizia e quelli oggetto del presente procedimento. La Corte,

    ritenendo condivisibili le osservazioni del P.M., rigettava la richiesta con ordinanza trascritta a verbale

    cui, in questa sede, ci si riporta integralmente.

    Allesito della deposizione limputata LAZZARO Anna Rosalba rendeva spontanee dichiarazioni

    e, su richiesta del P.M., la Corte acquisiva una missiva del 24.6.2011, inviata dal detenuto Palaia Rocco

    alla moglie Pesce Giuseppina, in quanto oggetto della deposizione della teste e dalla stessa consegnata

    spontaneamente allA.G.

    Venivano poi sentiti i testi Leonardo La Vigna e lavv. Morace si opponeva acch il teste

    riferisse sulle dichiarazioni rese da Maria Concetta Cacciola nel corso del procediemnto per la

    sottoposizione al programma di protezione, in quanto acquisite in forma diversa da quelle previste dal

    codice di procedura penale ed in quanto non oggetto di percezione diretta del teste. Il P.M. insisteva

    nellesame del teste cos come articolato nel capitolato di prova rilevando che lacquisizione delle

    dichiarazioni era intervenuta nel corso di un procedimento amministrativo e che, dunque, non

    necessitava del rispetto delle norme procedurali previste dal codice; il Presidente, condividendo le

    ragioni esposte dal P.M., disponeva procedersi regolarmente allesame.

    Veniva quindi introdotta la minore Figliuzzi Gaetana; la Corte disponeva che lesame di

    questultima avvenisse a porte chiuse ex art. 472 comma 4 c.p.p. e che, ai sensi dellart. 498 comma 4

    bis c.p.p., lo stesso fosse condotto con le modalit di cui allart. 398 comma 5 bis c.p.p. al fine di

    assicurare la serenit della testimone. Allesito della deposizione, su richiesta dellavv. Cimino veniva

    acquisita corrispondenza epistolare tra la teste e limputato Michele CACCIOLA.

  • 9

    Il P.M. produceva documentazione indicizzata; la Difesa chiedeva termine sino alludienza di

    rinvio per interloquire in merito.

    Alludienza del 25 febbraio 2013, il perito Antonino Noto confermava lelaborato peritale

    depositato in atti ed assumeva lincarico di trascrivere le ulteriori conversazioni intercettate di cui

    allelenco integrativo depositato dal P.M., chiedendo termine di 15 giorni per lespletamento dello

    stesso.

    Veniva quindi conferita perizia fonico-trascrittiva sulla microcassetta ascoltata alludienza del

    31.1.2013 al prof. Luciano Romito, concedendogli termine di 30 giorni per il deposito dellelaborato.

    Si procedeva poi allescussione dei testi La Camera Domenico e Gentile Emanuela.

    La Difesa chiedeva lacquisizione della documentazione meglio specificata nella richiesta scritta

    che depositava e contestualmente si opponeva alla richiesta di produzione documentale formulata dal

    P.M. alludienza del 7.2.2013. La Corte riservava la decisione.

    Alludienza del 7 marzo 2013 il processo veniva rinviato per precaria composizione della

    Corte.

    Alludienza del 24 marzo 2013, si procedeva allescussione dei testi Improta Pasquale,

    Shevelova Nataliya e Lombardi Vincenzo.

    Limputato Michele CACCIOLA rendeva spontanee dichiarazioni.

    Alludienza dell8 aprile 2013, veniva esaminato il perito Noto in merito agli esiti dellattivit

    di trascrizione di cui era stato incaricato e che era stata espletata con deposito dellelaborato in atti, e si

    procedeva, ai sensi dellart. 210 c.p.p., allesame degli Avvocati Gregorio Cacciola e Vittorio indagati in

    procedimento connesso; allesito delle deposizioni veniva acquisita la documentazione sottoposta in

    visione agli stessi nel corso delle rispettive deposizioni, nonch di copia fotostatica dellagenda dellavv.

    Cacciola.

    Alludienza del 13 maggio 2013, alla quale limputato CACCIOLA Michele era rinunciante, con

    il consenso delle parti allinversione dellordine di assunzione delle prove, veniva sentito prima il teste

    Figliuzzi Alfonso (indotto dalla Difesa) ai sensi dellart. 472 comma 4 c.p.p. stante la minore et dello

    stesso e poi il teste del P.M. Dodaro Stefano.

    Su richiesta della Difesa si procedeva alla comparazione tra loriginale dellagenda depositata in

    cancelleria dallavvocato Cacciola e le fotocopie della stessa (acquisita alludienza dell8.4.2013)

    verificandone nel contraddittorio tra le parti la corrispondenza.

    Veniva esaminato il perito Luciano Romito il quale confermava il contenuto dellelaborato

    peritale depositato in atti.

    Il P.M. chiedeva produrre tabulati telefonici ed elaborati della P.G., epurati delle parti valutative,

    su supporto informatico e su copia cartacea; la Corte, nulla opponendo le Difesa, acquisiva la

    documentazione richiesta.

    Gli imputati CACCIOLA Giuseppe e LAZZARO Anna Rosalba dichiaravano di non voler rendere

    esame e su richiesta del P.M., nulla opponendo le Difese, venivano acquisiti ai sensi dellart. 513 c.p.p. i

    verbali di interrogatorio resi dalla LAZZARO e da CACCIOLA Michele dinanzi al G.I.P. di Palmi in data

    13.2.2012.

    Si procedeva infine allescussione dei testi della Difesa Mammoliti Giuseppina, Pep Maria

    Carmela, Fazzari Teresa e Cacciola Gregorio.

  • 10

    Su rinuncia dellavv. Cimino, nulla opponendo le altre parti, veniva revocata lordinanza di

    ammissione dellesame dei testimoni Figliuzzi Anna Rosalba, Gentile Maria Concetta, Grasso Desiree e

    Fazzari Dorette, stante la sopravvenuta superfluit della prova.

    Alludienza del 31 maggio 2013, venivano sentiti i testi (indotti dalla Difesa) Montagnese

    Anna Carmela, Fazio Patrizia, Tutino Maria Concetta, Ceravolo Michele, Fazio Alessandra, Berrica

    Alessandra (la cui consulenza tecnica di parte veniva acquisita dufficio dalla Corte), Cacciola Rocco e

    Tirintino Morena.

    Lavv. Cimino rinunciava allesame del teste di lista Ventre Domenico e del consulente fonico

    Crocitta Roberto e, nulla opponendo le altre parti, la Corte ne revocava lordinanza ammissiva.

    Su richiesta della medesima Difesa veniva acquisita copia a colori del quadretto regalato da

    Cacciola Maria Concetta alla madre, oggetto della deposizione di Pep Maria Carmela.

    Il P.M. formulava avviso di deposito di attivit integrativa di indagine ai sensi dellart. 430 c.p.p.,

    ed in particolare ordinanza di custodia cautelare emessa nellambito delloperazione cd. Califfo su

    supporto informatico e decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dal P.M. presso la Procura

    Distrettuale di Reggio Calabria del 5.4.2013 nellambito delloperazione cd. Tramonto; nota del

    29.5.2013 con allegati verbali di s.i.t. rese da Cacciola Maria Concetta in data 25.5.2011 e 28.6.2011,

    trasmessa dalla D.D.A. di Reggio Calabria alla Procura di Palmi.

    Il P.M. procedeva infine alla modifica del capo b) dellimputazione come da nota scritta allegata

    al verbale dudienza, di cui dava lettura.

    A questo punto il Presidente avvisava gli imputati della facolt di chiedere termine a difesa e gli

    stessi tramite i loro difensori dichiaravano di volersene avvalere.

    Alludienza del 25 giugno 2013, lavv. Cimino rinunciava ai residui testi della propria lista e la

    Corte, nulla opponendo le altre parti, ne revocava lordinanza ammissiva.

    Il P.M. chiedeva lacquisizione del decreto di fermo emesso dalla Procura Distrettuale presso il

    Tribunale di Reggio Calabria nellambito del procedimento n. 9762/11 R.G.N.R. D.D.A. a carico di

    Pesce Giuseppe+altri, meglio conosciuto come operazione Califfo, e del decreto di fermo e relativa

    ordinanza di convalida emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Palmi nellambito del procedimento n.

    891/12 R.G.N.R. D.D.A. nei confronti di Span Aurora+altri, meglio conosciuto come operazione

    Tramonto, al solo fine di documentare il dato storico dellemissione di provvedimenti cautelari in

    seguito alle dichiarazioni di Maria Concetta Cacciola.

    Chiedeva altres lacquisizione del verbale di sommarie informazioni testimoniali rese dalla p.o.

    in data 25.5.2011, in forma pi estesa rispetto a quello gi acquisito, in forma omissata, alludienza del

    29.11.2012; nonch verbale di sommarie informazioni reso da Maria Concetta Cacciola in data 28

    giugno 2011 con allegato fascicolo fotografico sottoposto in visione alla testimone di giustizia per la

    ricognizione.

    Le Difese si opponevano a tutte le richieste del P.M. reiterando leccezione di nullit del decreto

    di giudizio immediato e della modifica del capo di imputazione, in quanto lazione penale risultava cos

    esercitata sulla scorta di atti solo parzialmente ostesi alla Difesa; in subordine chiedeva che la Corte

    dAssise di Palmi interloquisse formalmente con la Procura Distrettuale presso il Tribunale di Reggio

    Calabria in ordine allattualit delle esigenze di mantenimento, almeno parziale, del segreto istruttorio

    sulle dichiarazioni rese dalla Cacciola.

    Le Difese chiedevano altres, nellinteresse dei propri assistiti, lammissione al rito abbreviato sia

    in relazione al capo b) dellimputazione, formalmente oggetto di modifica, sia in relazione al capo a),

  • 11

    evidenziando i rapporti di stretta connessione tra le due fattispecie; invocavano a tale proposito una

    lettura allargata della sentenza della Corte Costituzionale del 22.10.2012.

    La Corte, allesito della camera di consiglio, acquisiva la documentazione prodotta dal P.M. e

    rigettava le richieste delle Difese pronunciando la seguente ordinanza: La Corte, sentite le Parti, a

    scioglimento della riserva osserva. A seguito di attivit integrativa di indagine, svolta dal P.M. durante la celebrazione del

    dibattimento, e pertanto dopo il decreto di giudizio immediato, stata chiesta dallo stesso requirente lallargamento della

    piattaforma probatoria mediante la produzione della documentazione di cui oggi stata richiesta lacquisizione.

    A fronte delle questioni sollevate dalle Difese, non ultroneo precisare che le indagini integrative si caratterizzano per il

    fatto che il loro obiettivo, a differenza delle indagini preliminari che sono funzionali allesercizio dellazione penale,

    quello di formulare per mezzo di esse, richieste al giudice del dibattimento, come recita testualmente lart.430 comma I

    c.p.p.. Tra le attivit dibattimentali a cui sono finalizzate le indagini integrative rientrano certamente anche tutte quelle

    volte a meglio definire lesercizio dellazione penale attraverso gli istituti della modifica del capo di imputazione mediante

    descrizione di un fatto diverso da quello in origine contestato, o della contestazione suppletiva ai sensi dellart.12 lett.b)

    c.p. o di circostanza aggravante.

    La disciplina in questione espressione del principio di continuit delle investigazioni, come affermato dalla Corte Cost.

    con pronunzia del 3 febbraio 1994 n.16.

    Deve pertanto essere fugato il campo da ogni questione adombrata dalle difese in punto di patologia dellevoluzione

    dibattimentale conseguita.

    In primo luogo, stante il rapporto funzionale sopra evidenziato tra le investigazioni integrative e le richieste del P.M. al

    giudice del dibattimento, non si ritiene che lacquisizione dei nuovi elementi al dibattimento costituisca un antefatto

    necessario ed indispensabile alla modifica del capo di imputazione. Tale accezione ancor pi sostenibile alla luce della

    giurisprudenza di legittimit che consente che la modifica dellimputazione o la contestazione del reato concorrente possano

    essere effettuate dopo lavvenuta apertura del dibattimento e prima dellespletamento dellistruzione dibattimentale, e

    dunque anche sulla sola base degli atti gi acquisiti dal P.M. nella fase delle indagini preliminari (Cass. Sez.Unite 28

    ottobre 1998; Sez.IV 19-02-2004).

    In secondo luogo la produzione, sotto forma di verbali di s.i.t. delle dichiarazioni rese da persona ormai deceduta, non pu

    essere negata in ragione degli omissis apposti a parte dei verbali stessi.

    Sul punto occorre ribadire il distinguo tra il vaglio di attendibilit che della propalatrice dovr effettuarsi nei procedimenti

    scaturiti dalle dichiarazioni accusatorie rese nei confronti di terzi, nellambito dei quali la CACCIOLA ove in vita

    avrebbe assunto la qualifica di testimone di giustizia, dalla valutazione della sua attendibilit nel presente procedimento,

    in cui la CACCIOLA persona offesa rispetto ai reati oggetto di cognizione. Nei primi infatti la CACCIOLA, in

    quanto soggetto portatore di accuse del tutto estraneo ai fatti narrati, deve essere ritenuta attendibile a seguito di rigoroso

    vaglio attraverso un giudizio di attendibilit intrinseca ed estrinseca; nel presente procedimento la CACCIOLA invece

    conoscitrice diretta dei fatti da lei narrati in quanto vissuti in prima persona, e pertanto la sua attendibilit va vagliata

    secondo i canoni definiti dalla giurisprudenza in merito alle dichiarazioni rese dalla persona offesa.

    Ne consegue che la presenza delle parti omissate non ostativa allacquisizione delle parti degli stessi atti gi ostese.

    Non altres sindacabile da parte di questa A.G. la scelta del P.M. distrettuale di mantenere la copertura investigativa a

    tutela delle indagini in corso ai sensi dellart.329 c.p.p., con conseguente dichiarazione di inammissibilit della richiesta

    formulata dalle difese sul punto.

    Nulla quaestio sullacquisibilit dei provvedimenti cautelari nei limiti probatori richiesti dal P.M., e ritenuta la rilevanza

    degli stessi.

    Tutto ci premesso acquisisce tutta la documentazione oggi prodotta dal P.M.

    Quanto alleccezione sollevata dallAvv. Giunta, vertente sulla richiesta di restituzione degli atti al P.M. per effetto della

    modifica dellimputazione in relazione a reato per cui prevista la celebrazione delludienza preliminare, la Corte osserva

    che la modifica effettuata dal P.M. ha riguardato un segmento della condotta gi insito nella contestazione originaria, non

    essendo mutata la qualificazione del reato, ed essendosi il P.M. limitato a specificare la portata delle dichiarazioni

  • 12

    precedentemente rese agli inquirenti dalla CACCIOLA.

    Persistono pertanto i presupposti di cui allart.453 c.p.p. per limmediato cautelare, non concretandosi la modifica dell

    imputazione in un mutamento del titolo da reato a citazione diretta a reato per cui prevista ludienza preliminare, ed

    essendo stati comunque gli imputati in condizione di difendersi gi in sede di interrogatorio ex art.294 c.p.p..

    Infine deve essere dichiarata inammissibile la richiesta degli imputati di definizione del procedimento con le forme del rito

    abbreviato con riguardo a tutti i reati loro contestati.

    A seguito delle pronunce della Corte Costituzionale la disciplina dei riti alternativi in seguito alla modifica del capo di

    imputazione cos sinteticamente rappresentabile:

    a) Alla modifica dellimputazione mediante la descrizione di fatto diverso ai sensi dellart.516 c.p.p. e/o

    contestazione suppletiva ai sensi dellart.517 c.p.p. per effetto della sopravvenienza processuale c.d. patologica

    (esercitata sulla base di elementi gi presenti agli atti del P.M. nella fase delle indagini preliminari) consegue la

    facolt dellimputato di chiedere la definizione con riti alternativi (Corte Cost.333 del 18-12-2009);

    b) Alla contestazione suppletiva ai sensi dellart.517 c.p.p. a seguito di emergenze dibattimentali c.d. fisiologiche

    (esercitata sulla base di elementi probatori sopravvenuti nel corso del dibattimento) consegue la facolt

    dellimputato di chiedere la definizione con le forme del rito abbreviato (Corte Cost.237 del 22-10-2012).

    Dalla lettura delle norme citate come interpretate dalla Corte Costituzionale nelle sentenze richiamate, si desume pertanto

    che a seguito di modifica del capo di imputazione, per descrizione di fatto diverso ricompreso nellalveo della condotta

    originariamente contestata, non gi per effetto di elementi investigativi presenti agli atti del P.M., bens sopravvenuti per

    effetto dellintegrazione probatoria (e pertanto nellambito della fisiologia del processo per quanto sopra gi motivato), come

    verificatosi nel caso in esame, allimputato, che non esercitando tempestivamente la facolt di chiedere riti alternativi ha

    accettato il rischio dellevoluzione del processo, garantito il diritto di difesa unicamente mediante larticolazione di nuove

    richieste istruttorie.

    Tale ultimo diritto trova il suo fondamento giuridico non solo nellart.493 c.p.p. quale effetto dellallargamento dei mezzi

    di prova nel caso di specie operato dal P.M., ma anche nellart.519 comma II ultimo periodo come modificato dalla

    sentenza della Corte Costituzionale n.241 del 3 giugno 1992 che non subordina pi lammissione delle nuove prove alla

    ricorrenza dei presupposti di cui allart.507 c.p.p..

    In seguito alla pronunzia sopra riportata lavv. Morace sollevava questione di legittimit

    costituzionale dellart. 516 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non

    consente la definizione con il rito abbreviato a seguito della modifica del capo di imputazione per

    effetto dellevoluzione fisiologica del dibattimento; ed in particolare per violazione dellart. 3 Cost. nella

    misura in cui si verifica una disparit di trattamento e una violazione del principio di uguaglianza

    rispetto allipotesi in cui consentita la definizione con il rito abbreviato a seguito di contestazione

    suppletiva per effetto della cosiddetta evoluzione fisiologica del dibattimento; e per violazione dellart.

    24 Cost. perch si limiterebbe la scelta dellimputato nellaccesso ai riti alternativi.

    Il P.M. chiedeva termine per poter interloquire depositando in Cancelleria memoria scritta e la

    Corte aggiornava il processo ad altra data.

    Alludienza del 3 luglio 2013, la Corte scioglieva la riserva assunta il 25 giugno dando lettura

    della seguente ordinanza allegata al verbale di udienza: A scioglimento della riserva sulla questione di

    legittimit costituzionale proposta dalle difese alludienza del 25 giugno 2013 dellart.516 c.p.p., in riferimento agli artt.

    3 e 24 secondo comma della Costituzione nella parte in cui non prevede la facolt dellimputato di richiedere al giudice

    del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al processo concernente il reato la cui contestazione modificata in

    dibattimento, quando la modifica deriva da fatti emersi solo nel corso dellistruzione dibattimentale osserva: appare utile

    ai fini della soluzione della questione sollevata ripercorrere brevemente levoluzione della giurisprudenza costituzionale in

    materia di riti speciali e garanzie dellimputato.

    Con la sentenza n.237 del 22-10-2012 stata dichiarata lillegittimit costituzionale dellart.517 c.p.p., nella parte in

  • 13

    cui non prevede la facolt dellimputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al

    reato concorrente emerso nel corso dellistruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione.

    La Corte ha ripercorso la propria articolata giurisprudenza sulla questione, gi posta al suo esame nei primi anni

    successivi allentrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, ed allepoca risolta negativamente sulla base di una

    duplice considerazione: per un verso la circostanza che linteresse dellimputato ai riti alternativi trovasse tutela solo in

    quanto la sua condotta processuale risultasse effettivamente foriera di una deflazione dibattimentale, scopo proprio del rito

    speciale (sentenze n.129 del 1993, n.316 del 1992 e n.593 del 1990; ordinanze n.107 del 1993 e n.213 del 1992);

    per altro verso la circostanza che modifica dellimputazione e nuova contestazione di reato concorrente costituissero

    eventualit non infrequenti in un sistema imperniato sulla formazione della prova in dibattimento e, pertanto, non

    imprevedibili in astratto, laddove, per contro, in base alla disciplina dellepoca, la variazione del tema dellaccusa rimaneva

    preclusa nel caso di accesso ai riti alternativi, ivi compreso il giudizio abbreviato, sicch si disse il rischio della nuova

    contestazione dibattimentale rientrava nel calcolo in base al quale limputato si determinava a chiedere o meno tale rito

    (sentenze n.129 del 1993 e n.316 del 1992; in prospettiva analoga sentenza n.593 del 1990; ordinanze n.107 del

    1993 e n.213 del 1992).

    Punto di evoluzione rappresentato nella successiva sentenza n.265 del 1994 con la quale fu dichiarata lillegittimit

    costituzionale degli artt.516 e 517 c.p.p., nella parte in cui non consentivano allimputato di richiedere il

    patteggiamento relativamente al fatto diverso e al reato concorrente contestato in dibattimento, allorch la nuova

    contestazione concernesse un fatto gi risultante dagli atti di indagine al momento dellesercizio dellazione penale e con

    la omologa sentenza n.333 del 14-12-2009, di illegittimit costituzionale dei medesimi articoli nella parte in cui essi

    non prevedevano la facolt dellimputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente

    sempre a contestazioni dibattimentali c.d. patologiche: vale a dire al reato concorrente ed al fatto diverso oggetto d

    contestazione dibattimentale, quando la nuova contestazione traeva origine da un fatto gi risultante dagli atti dindagine

    al momento dellesercizio dellazione penale.

    Ulteriore fattore di evoluzione storica stato individuato dalla Corte nella riforma del rito abbreviato in esito alle radicali

    modifiche apportate dalla L.479 del 16-12-1999.

    Limmodificabilit dellimputazione non rappresenta pi uno dei vantaggi del rito prescelto a cui era collegato leffetto

    premiale della riduzione della pena- come si coglie dal meccanismo dellintegrazione probatoria riconosciuta alle parti, che

    consente a che il P.M. proceda alle contestazioni previste dallart.423 comma 1 c.p.p. (fatto diverso, reato connesso e

    circostanza aggravante) con corrispettivo riconoscimento allimputato gi ammesso alla definizione del processo con il rito

    abbreviato, della facolt di chiedere che il procedimento prosegua nella forme ordinarie.

    Alla reversibilit dal rito speciale a quello ordinario test citata corrisponde daltra parte la soluzione non univoca,

    rimessa alla mera occasionalit, della regressione del procedimento, con conseguente rimessione in termini dellimputato

    nella facolt di chiedere la definizione con rito abbreviato nei casi esemplificativi evocati dalla Corte: nellipotesi in cui, per

    decisione del pubblico ministero, limputazione connessa venga esercitata separatamente, con autonoma azione penale fuori

    dal processo; oppure nellipotesi in cui, a seguito di modifica della contestazione o di contestazione connessa per cui non vi

    stata la celebrazione delludienza preliminare invece prevista in relazione al reato non a citazione a diretta ai sensi

    dellart.521 bis c.p.p. il giudice disponga con ordinanza la trasmissione degli atti al P.M. con conseguente regressione del

    procedimento.

    Alla luce di tale nuovo panorama ordina mentale la Corte ha rilevato in conseguenza come limputato che subisce una

    contestazione suppletiva dibattimentale venga a trovarsi in posizione diversa e deteriore quanto alla facolt di accesso ai

    riti alternativi e alla fruizione della correlata diminuzione di pena rispetto a chi, della stessa imputazione, fosse

    chiamato a rispondere sin dallinizio, con la soluzione secondo la quale, se alloriginaria accusa ne viene aggiunta unaltra,

    sia pure connessa, non possono non essere restituiti allimputato termini e condizioni per esprimere le proprie opzioni. Da

    qui la declaratoria di illegittimit costituzionale dellart.517 c.p.p. nella parte in cui non prevede

    la facolt dellimputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato

    relativamente al reato concorrente emerso nel corso dellistruzione dibattimentale, che forma

  • 14

    oggetto della nuova contestazione.

    Cos descritta levoluzione della normativa attraverso le pronunce della Corte Costituzionale, non appare superfluo

    premettere la natura indefettibile del rapporto di pregiudizialit che deve sussistere tra il prospettato quesito di

    costituzionalit e la definizione del giudizio a quo: soltanto una questione rilevante nel processo a quo pu costituire

    oggetto del giudizio di costituzionalit.

    E nella valutazione della rilevanza non pu non richiamarsi la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale

    secondo la quale il giudice del rinvio legittimato a sollevare dubbi di costituzionalit concernenti linterpretazione

    della norma, quale risultante dal principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione: e ci in

    quanto essendo vincolato al rispetto di tale principio egli non ha altro mezzo per contestare la regula iuris di cui

    chiamato a fare applicazione che quello di sollevare lincidente di costituzionalit (sentenza n.204 del 2013).

    Nel caso che ci occupa, per quanto di seguito si esporr, per questo giudice linterpretazione della norma nellelaborazione

    apportata dalla Corte di Cassazione assume rilievo risolutivo sotto un duplice profilo.

    In primo luogo non ci si pu discostare dal principio elaborato dalla giurisprudenza di legittimit della

    inammissibilit della domanda di definizione parziale nei procedimenti oggettivamente

    cumulativi (sul punto si veda ordinanza della Corte Costituzionale n.67 del 2008 che ha dichiarato la manifesta

    inammissibilit della questione relativa allart.516 c.p.p. sollevata nel procedimento in cui vi era stata la richiesta di

    abbreviato parziale, proposta solo con riguardo al titolo di reato modificato).

    Di tale principio ben mostra di essere a conoscenza la parte proponente che ha esteso la richiesta di giudizio abbreviato,

    oltre che al capo B), in relazione al quale il P.M. ha operato la modifica della contestazione, anche al capo A) della

    rubrica, allegando la stretta connessione tra i due reati ed il riverbero della modifica del capo B) anche al reato connesso di

    cui al capo A).

    E ci in quanto non ammessa la richiesta di giudizio abbreviato parziale (riferita cio ad una parte soltanto delle

    imputazioni cumulativamente formulate contro la stessa persona) in base allorientamento costante della Corte di

    Cassazione, sul rilievo che, nel caso di richiesta parziale il processo non verrebbe definito nella sua interezza, onde

    rimarrebbe ingiustificato leffetto premiale derivante dal rito speciale, che stato voluto dal legislatore soltanto al fine di

    deflazionare il ricorso alla fase dibattimentale per ciascun processo, e non per ciascun reato, come esplicitamente previsto

    dallart.438 c.p.p., laddove si riferisce alla richiesta di definizione nelludienza preliminare del proceso riguardante

    limputato (ex pluriuso Cass. Sez.IV 5 luglio 2006, n.30096, Arcari).

    La richiesta di definizione con il rito abbreviato pertanto ammissibile nella misura in cui essa riguardi tutti i reati

    contestati. Nel processo oggetto di cognizione, soggettivamente ed oggettivamente cumulativo, la domanda stata proposta

    nellinteresse di tutti gli imputati e per la definizione di tutti i reati loro contestati, sia quello modificato al capo B), sia

    quello nella formula originariamente contestata al capo A).

    Superato questo primo controllo di ammissibilit in senso positivo occorre adesso verificare se ricorre lantefatto storico,

    presupposto indefettibile perch gli imputati possano invocare la remissione in termini: la variazione sostanziale

    dellimputazione per effetto della modifica apportata dal P.M. sulla scorta degli esiti dellistruzione dibattimentale.

    Sostiene il proponente che la modifica del capo B) dellimputazione assume natura sostanziale, ipotizzando persino che,

    sia pure con la tecnica della modifica della contestazione originaria, in effetti il P.M. abbia effettuato una vera e propria

    contestazione di ipotesi suppletiva ai sensi dellart.517 c.p.p.. Cos testualmente la difesa Non vi dubbio che la

    contestazione suppletiva abbia ad oggetto un fatto non marginale rispetto al capo A (maltrattamenti aggravati dalla morte

    per suicidio). Anzi il capo A) contiene quale scopo dei maltrattamenti la ritrattazione, temporalmente vicina al suicidio e

    che tale da integrare una serie di autonomi reati.

    Ed proprio questa la questione da valutare in punto di rilevanza: assume la modifica effettuata dal P.M. del reato di

    cui al capo B) della rubrica gli estremi di quella variazione sostanziale per entrambi i capi di imputazione, per i quali

    stata proposta la richiesta di giudizio abbreviato, ed in relazione alla quale limputato deve essere rimesso in termini per

    compiere le valutazioni di convenienza del rito alternativo al dibattimento, pena la violazione tanto del diritto di difesa che

    del principio di eguaglianza?

  • 15

    E necessario soffermarsi a questo punto sul concetto di variazione sostanziale, gi affermato dalla Corte Costituzionale

    nella sentenza n.333 del 2009, e mutuato nella 237 del 2012 relativamente alla contestazione suppletiva, laddove la

    stessa Corte ad affermare che sarebbe, per converso, illogico e comunque non costituzionalmente necessario che a

    fronte della contestazione suppletiva di un reato concorrente (magari di rilievo marginale rispetto ai temi di accusa),

    limputato possa recuperare a dibattimento inoltrato, gli effetti premiali del rito alternativo anche in rapporto allintera

    platea delle imputazioni originarie, rispetto alle quali ha consapevolmente lasciato spirare il termine utile per la richiesta.

    Soccorre a tal punto la giurisprudenza della Corte di Cassazione alla quale peraltro il giudice del rinvio per quanto

    sopra detto deve attingere - formatasi in tema di modifica del capo di imputazione ai sensi dellart.516 c.p.p., e sulla

    enucleazione dei concetti di fatto diverso e fatto nuovo di cui agli artt.516 e 518 c.p.p..

    Secondo la Cassazione per fatto diverso che comporta la necessit della modifica ai sensi dellart.516 c.p.p. (pena la

    violazione del principio della correlazione tra accusa e sentenza di cui allart.521 c.p.p.) deve intendersi non solo un fatto

    storico che integri una diversa imputazione restando invariato talch la modifica non riguarda gli elementi ontologici

    dellaccadimento reale - ma anche un fatto che abbia connotati materiali difformi da quelli descritti nel decreto che dispone

    il giudizio, mentre la locuzione fatto nuovo concerne un accadimento del tutto difforme per le modalit essenziali

    dellazione o per levento ovvero del tutto diverso da quello contestato (Cass. 14 marzo 1994 Mangiapia).

    Si osservato altres che sul piano logico non sempre possibile una precisa distinzione tra fatto diverso e fatto nuovo,

    poich si tratta di una linea di demarcazione convenzionale, da riscontrare caso per caso: deve comunque tenersi presente,

    come criterio orientativo, che il fatto nuovo pu coesistere con quello per cui si procede, mentre il fatto diverso risulta

    incompatibile.

    Si affermato inoltre che il fatto non che il complesso di quegli accadimenti che integrano il reato nella sua giuridica

    configurazione di elementi costitutivi e circostanziali di cui esso consta, di tal che, quando si operi non una modifica di tali

    elementi (nel senso sopra menzionato della ontologica incompatibilit dei secondi rispetto ai primi in origine contestati), ma

    soltanto una diversa loro valutazione, si al di fuori della ipotesi in cui si rende necessaria, ai sensi dellart.516 c.p.p. la

    modifica del capo di imputazione (Cass. 14 novembre 1991, Casanova).

    Si procede pertanto allenucleazione degli elementi costitutivi del reato di cui allart.611 c.p. lunico direttamente

    interessato dalla modifica - attraverso il processo della sussunzione dalla fattispecie concreta, (nei suoi connotati oggettivi

    riscontrati attraverso la modifica della contestazione effettuata dal P.M.) in quella astratta, per affermare se di modifica ai

    sensi dellart.516 c.p.p., e pertanto di variazione sostanziale come definita dalla Corte Costituzionale quale presupposto

    per la remissione in termini per i riti speciali, si trattato o piuttosto di modifica marginale.

    Orbene loriginaria contestazione del delitto di cui al capo B) consiste nella ipotesi delluso della violenza (psicologica) e

    della minaccia (di non far vedere alla CACCIOLA i figli), finalizzato alla consumazione di diversi reati-scopo (falsa

    testimonianza, favoreggiamento personale, autocalunnia), questi ultimi tutti ipotizzati consumati dallunica condotta posta

    in essere dal soggetto passivo, descritta ed individuata nella registrazione dellaudio-cassetta contenente la ritrattazione di

    tutte le dichiarazioni in precedenza rese agli inquirenti.

    La condotta in origine contestata appare pertanto descritta compiutamente nellelemento oggettivo violenza e minaccia -,

    nellelemento soggettivo il dolo specifico - ovvero il fine di costringere la donna a commettere fatti costituenti reato. Non

    pu non rilevarsi che con la modifica dellimputazione il P.M. si limitato ad integrare il profilo descrittivo della

    medesima condotta in punto di elementi diversi da quelli costitutivi, aggiungendo ai soggetti incolpati dalle propalazioni

    della CACCIOLA, e poi favoriti dai reati scopo (CACCIOLA Giuseppe e CACCIOLA Michele), terzi soggetti

    (non identificati), incolpati dalla CACCIOLA di uno specifico delitto (lomicidio di Macr Palmiro).

    Ad opinione del giudicante, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, lelemento di novit, aggiunto a seguito della

    modifica della rubrica da parte del P.M., non innova o varia alcuno degli elementi costitutivi della fattispecie, tutti gi

    compiutamente descritti nella formulazione originaria, e rimasti immutati nella loro essenza ontologica, anche a seguito

    della modifica della imputazione apportata dal P.M..

    Questultima pertanto ha determinato una variazione della condotta in elementi assolutamente marginali, al punto non

    solo da non consentire di ipotizzare il fatto diverso secondo laccezione della giurisprudenza di legittimit sopra richiamata

  • 16

    atteso che non ha inciso n sulla qualificazione giuridica n su elementi costitutivi e circostanziali del reato, tutti gi

    compiutamente definiti nella contestazione originaria del delitto di cui al capo B) ma da escludere con certezza di poter

    affermare la ricorrenza della variazione sostanziale.

    Ne consegue che deve escludersi variazione sostanziale anche con riferimento al delitto di cui al capo A), la cui condotta

    non stata attinta da alcuna modifica, e rispetto alla quale la variazione apportata al capo B) tuttal pi rappresenta gli

    estremi dellintegrazione di elementi rilevanti sotto il profilo del nesso teleologico di una parte della condotta, neppure

    contestato dal P.M. in origine (o successivamente).

    Difetta pertanto ad opinione della Corte il presupposto della variazione sostanziale di entrambe le imputazioni contestate,

    per cui gli imputati possano invocare di essere rimessi in termini per compiere le valutazioni di convenienza del rito

    alternativo al dibattimento.

    La richiesta di sollevare la questione di legittimit costituzionale deve essere pertanto rigettata per difetto di rilevanza nel

    presente giudizio, non ricorrendo la variazione sostanziale dei capi di imputazione per poter valutare lammissibilit della

    richiesta di abbreviato da parte degli imputati.

    A questo punto, ai sensi dellart. 468 c.p.p., si procedeva con la richiesta dei nuovi mezzi di

    prova; su richiesta del P.M. veniva acquisita, nulla opponendo le Difese, sentenza della Corte di

    Cassazione relativa alla posizione cautelare di LAZZARO Anna Rosalba e missiva del 24.4.2013

    costituente oggetto di deposito ex art. 430 c.p.p.

    Lavv. Cimino chiedeva, ai sensi dellart. 507 c.p.p., leffettuazione di accertamenti medico legali

    ed esame radiologico sul cadavere di Maria Concetta Cacciola previa riesumazione dello stesso al fine di

    verificare linesistenza di tracce di lesioni alle costole; nuovo esame del teste Pasquale Improta anche

    per consentire di valutare lattendibilit dello stesso in relazione a quanto da lui dichiarato in merito agli

    ultimi contatti telefonici avuto con la vittima e quanto emerge dai tabulati, nonch la trascrizione delle

    intercettazioni telefoniche delle ore 00,16 e 11,56 del 20.8.2011; lesame del teste ingegnere Corsaro,

    consulente di parte nominato dalla Difesa, affinch riferisca in ordine ai bunker di cui aveva parlato

    Maria Concetta Cacciola al fine di valutare lattendibilit; il P.M. si opponeva.

    La Corte rigettava tutte le richieste non ritenendo le stesse integrazioni istruttorie assolutamente

    necessaria ai fini della decisione e riservandosi lascolto diretto in camera di consiglio, secondo il

    parametro della rilevanza e non dellassoluta necessit, delle intercettazioni richieste dalla Difesa.

    Dichiarava infine chiusa listruttoria dibattimentale e utilizzabili tutti gli atti legittimamenti

    acquisiti, rinviando il processo per la discussione.

    Alludienza del 10 luglio 2012 lavv. Morace chiedeva lacquisizione di alcune conversazioni

    telefoniche, ricomprese nel materiale intercettivo gi presente in atti, evidenziando come si trattasse di

    mera trascrizione di prova gi acquisita al fascicolo per il dibattimento effettuata su incarico della Difesa

    al consulente di parte Roberto Teti.

    Il P.M. non si opponeva.

    La Corte, allesito della camera di consiglio, acquisiva la consulenza di parte con la seguente

    ordinanza: rilevato che sino alleffettivo inizio della discussione le parti possono prospettare lacquisizione di documenti

    di cui il Giudice acquisisce le risultanze mediante lettura; rilevato che nel caso di specie si chiede lacquisizione di

    consulenza di parte che non rientra tra gli atti di cui pu essere disposta la lettura ove non ci sia laccordo delle parti;

    rilevato che nel caso di specie il P.M. si limitato a non opporsi allacquisizione non raggiungendo laccordo ex art. 493

    comma 3 c.p.p.; ritenuto che lacquisizione mediante lettura della relazione di consulenza tecnica di parte, in assenza della

    previa audizione del suo autore, integra una nullit di ordine generale a regime intermedio ex art. 178 comma 1 lett. c)

    c.p.p. soggetta ai limiti di deducibilit di cui allart. 182 c.p.p. e alla sanatoria di cui allart. 183 comma 1 lett. a) c.p.p.,

    nel senso che la parte presente al compimento di detta nullit deve dolersene immediatamente nelle forme prescritta pena

    decadenza e la conseguente sanatoria dovuta allaccettazione delleffetto dellatto. Ritenuto che alla non opposizione del

  • 17

    P.M. allacquisizione della consulenza vada attribuito significato di comportamento concludente di rinuncia a sollevare la

    nullit e di manifestazione di volont ad accettare gli effetti dellatto, per questi motivi acquisice la relazione di consulenza

    di parte.

    Ascoltate le richieste conclusive rispettivamente formulate dalle parti alle udienze del 10

    dell11 e del 13 luglio 2013, allesito della discussione la Corte, nella composizione esclusiva con i

    giudici popolari titolari si ritirava in camera di consiglio, e deliberava la sentenza come da dispositivo in

    atti di cui si dava lettura in pubblica udienza.

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1. Premessa

    Vorrei stare sola per mettere un po di tranquillit nella mia mente non ho nulla, se almeno ci fossi tu, anche

    per svagarmi, invece, esco se devo prendere qualcosa altrimenti la vita monotona, pagherei cosa pur di avere un po di

    tranquillit, invece chiss quante ancora ne devo passare.

    Cos si esprimeva Maria Concetta Cacciola il 15 luglio 2007, in una lettera inviata al marito

    detenuto (n. 44 acquisita in atti); ci che successe nei quattro anni successivi dimostra quanta verit vi

    fosse in quelle sue amare parole.

    Il presente processo ha infatti ad oggetto la ricostruzione degli ultimi mesi di vita di una giovane

    donna di Rosarno che poco pi che trentenne si era determinata a collaborare con la giustizia per

    ribellarsi alla vita che sin da bambina le era stata imposta, in cui non si riconosceva e di cui si sentiva

    prigioniera; una vita spentasi improvvisamente e prematuramente la sera del 20 agosto 2011.

    Maria Concetta Cacciola non era una persona qualsiasi per le Forze dellOrdine e per lAutorit

    Giudiziaria, cui nel maggio 2011 aveva deciso di rivolgersi.

    Lei stessa come si vedr aveva confermato ai suoi interlocutori di provenire da una nota

    famiglia mafiosa di Rosarno, da sempre gravitante nellorbita della cosca Bellocco cui era peraltro legata

    anche da vincoli di parentela; ed infatti la zia Cacciola Teresa sorella del padre CACCIOLA Michele

    aveva sposato il boss Bellocco Gregorio cl. 55, mentre il marito Salvatore Figliuzzi era stato condannato

    in via definitiva nel processo cd. Bosco Selvaggio per il delitto di cui allart. 416 bis c.p., quale

    soggetto affiliato proprio ai Bellocco.

    La storica esistenza di tale cosca e loperativit della stessa sul territorio di Rosarno sul quale

    esercitava il proprio potere mafioso dividendolo con la famiglia Pesce era stata del resto accertata da

    una serie di sentenze passate in giudicato, specificamente quelle relative ai processi De Stefano

    Paolo+59, Pesce Giuseppe+altri (cd. Mafia delle Tre Province), Tirreno, Porto,

    Conchiglia, Tallone dAchille ed in ultimo proprio Bosco Selvaggio.

    Questa premessa doverosa in quanto listruttoria dibattimentale svolta ha dimostrato come la

    vicenda di cui ci si occupa non possa in alcun modo essere letta al di fuori del contesto di ndrangheta

    in cui nata ed in cui si tragicamente conclusa; circostanza che ha portato questa Corte a ritenere che

    molti dei reati contestati siano in realt aggravati sia dal metodo mafioso sia dalla finalit di agevolare la

    ndrangheta, in particolare il gruppo costituito dalle famiglie Bellocco-Cacciola.

    ***********

  • 18

    Ebbene, in data 11 maggio 2011 Maria Concetta Cacciola, figlia di Michele CACCIOLA e Anna

    Rosalba LAZZARO e sorella di Giuseppe CACCIOLA, si era presentata presso la Tenenza dei Carabinieri

    di Rosarno.

    Qui la donna, approfittando della convocazione ricevuta per la notifica di uninformazione di

    garanzia nei confronti del figlio Alfonso Figliuzzi (indagato per il reato di guida senza patente), aveva

    manifestato ai militari presenti i marescialli Carlo Carli e Francesca Curr lintenzione di parlare di

    questioni riguardanti la sua famiglia, e pi specificamente della condizione personale che viveva

    allinterno della stessa; in quel contesto, tuttavia, aveva anche rappresentato lesigenza di andare via dalla

    Caserma al pi presto in quanto a suo dire se i suoi parenti avessero saputo che si stava

    intrattenendo l a rendere dichiarazioni lavrebbero di certo ammazzata.

    Nella specifica circostanza la Cacciola aveva solo potuto accennare alla natura dei problemi che

    aveva in famiglia; nel corso dellanno precedente (dunque nel 2010) erano state infatti recapitate presso

    la sua abitazione delle lettere anonime che laccusavano di intrattenere una relazione extraconiugale

    mentre il marito era in carcere. A dire della giovane tali missive avevano scatenato i sospetti del fratello

    Giuseppe, il quale aveva cominciato a pedinarla insieme ai cugini, figli di Cacciola Domenico (cfr. sul

    punto deposizione del teste Carli, pag. 39 trascrizione udienza 14.12.2012), per trovare le prove del suo

    tradimento.

    A conferma del controllo che i familiari esercitavano su di lei, i militari avevano potuto

    riscontrare personalmente come la Cacciola, mentre parlava con loro, venisse raggiunta telefonicamente

    dalla madre, che le chiedeva insistentemente dove fosse.

    La donna si era quindi congedata rappresentando limpossibilit di muoversi liberamente e, di

    conseguenza, di potersi ripresentare spontaneamente nei giorni successivi; aveva infatti lasciato

    intendere che in quelloccasione aveva avuto modo di raggiungere la Caserma solo in quanto le era stato

    notificato un invito scritto.

    I Carabinieri avevano dunque deciso di invitarla oralmente a ripresentarsi il successivo 19

    maggio, giorno in cui era fissato linterrogatorio di garanzia del figlio.

    In tale data Maria Concetta Cacciola si era nuovamente recata al cospetto dei due militari e

    aveva confermato le dichiarazioni rese in precedenza arricchendole di ulteriori particolari; aveva infatti

    riferito di intrattenere effettivamente da circa due anni una relazione extraconiugale con un soggetto

    originario di Reggio Calabria che lavorava in Germania. Quanto al suo matrimonio, aveva rivelato che

    non era pi felice da tempo, gi da prima della detenzione di suo marito, ricordando che in una

    circostanza, dopo un litigio avvenuto per futili motivi, il coniuge le aveva addirittura puntato contro una

    pistola. Aveva anche raccontato di quellepisodio in famiglia, esprimendo gi in passato la volont di

    separarsi; il padre tuttavia, per tutta risposta, le aveva detto questo il tuo matrimonio, questa la tua vita e

    cos te la tieni (cfr. deposizione mar. Curr, pag. 9 trascrizioni udienza 31.1.2013).

    Aveva poi riferito di una serie di episodi rivelatori delle vessazioni e violenze che asseriva di

    subire in casa.

    Ad esempio aveva detto che una volta, lanno precedente, si era recata a Reggio Calabria con

    unamica di cui non aveva voluto fare il nome. Quando erano rientrate, ritardando a causa del

    maltempo il ritorno normalmente previsto per le 12.30, il padre le aveva dato uno schiaffo.

    In unaltra occasione era stata picchiata dal padre e dal fratello ed aveva riportato la lesione di

    una costola; in relazione a tale episodio aveva specificato di essere rimasta tre mesi a casa, di non essere

    stata portata in ospedale n sottoposta ad alcun esame radiologico in quanto i familiari si erano limitati

    a chiamare un medico amico di famiglia, tale dottor Ceravolo, zio di Michele Bellocco, il quale non

  • 19

    aveva prodotto nemmeno un referto. Aveva ricondotto la causa di tali aggressioni sempre al contenuto

    delle lettere anonime recapitatele.

    Aveva poi anche pensato di andare via, di scappare di casa; ma non appena comprati i biglietti

    per partire (avrebbe voluto raggiungere unamica al nord Italia) li aveva dovuti strappare in quanto una

    sua conoscente aveva visto un suo familiare recarsi presso lagenzia di viaggi per chiedere cosa avesse

    acquistato. Lei a quel punto aveva dovuto inventare una scusa per giustificare la sua presenza l.

    La Cacciola, in questo contesto, aveva anche manifestato di nutrire pi timore nei confronti del

    fratello Giuseppe che del padre; riteneva infatti che le ire di questultimo potessero essere pi

    facilmente placate da sua madre, mentre invece aveva descritto Giuseppe come un soggetto

    particolarmente testardo, che era riuscito a guadagnarsi rapidamente il rispetto della popolazione. Aveva

    detto chiaramente che, ovemai il fratello fosse riuscito a procurarsi le prove della sua relazione

    extraconiugale, non avrebbe esitato ad uccidere lei ed il suo amante. La donna mostrava di sapere

    addirittura come sarebbe successo, parlava continuamente del fatto che lavrebbe fatta sparire e diceva

    agli operanti un giorno ho paura che si presenti mio fratello e mi dica vieni con me, vieni via (cfr. deposizione del

    teste mar. Carli, pag. 47 trascrizione udienza 14.12.2012).

    Aveva inoltre riferito di poter godere di tanto in tanto della complicit della cognata, la quale,

    per garantirle un po pi di libert, la informava circa gli spostamenti del fratello; aveva infatti rivelato

    che costui era solito recarsi spesso al nord Italia e ricordava che in unoccasione era partito in seguito ad

    un omicidio. Anche luomo che frequentava, del resto, le aveva detto di aver visto Giuseppe in un

    autogrill vicino Milano, mentre era in compagnia del figlio di Gregorio Bellocco.

    La stessa cognata laveva poi messa in guardia dal parlare sia in casa che al cellulare, lasciandole

    intendere che Giuseppe potesse aver installato qualche dispositivo atto a captarne le conversazioni.

    Loppressione che i parenti esercitavano su di lei si ripercuoteva, in maniera estremamente

    negativa, anche sulla sua vita sociale.

    Le amiche che aveva, infatti, si dovevano confrontare con la gelosia dei suoi familiari sicch si

    erano gradualmente allontanate; lei stessa temeva per la loro incolumit e addirittura per quella dei loro

    figli ritenendo possibile che, qualora ne avesse chiesto e ricevuto in qualche modo laiuto anche solo

    economico , avrebbe potuto esporle al rischio di gravi ritorsioni.

    In conclusione, la donna aveva chiesto aiuto, dichiarandosi pronta a parlare con qualsiasi

    autorit pur di poter andare via di casa e ricevere protezione.

    Dopo questi primi due incontri i militari, resisi conto della delicata situazione in cui versava la

    persona che avevano dinanzi, avevano provveduto ad informare i propri superiori.

    Ed infatti il 23 maggio successivo il tenente Gianluca Ceccagnoli, unitamente al capitano Ivan

    Boracchia allepoca comandante della Compagnia di Gioia Tauro aveva proceduto a sentire

    personalmente Maria Concetta Cacciola su impulso della D.D.A. di Reggio Calabria, al fine di fornire

    alla magistratura maggiori ragguagli in ordine al tenore delle dichiarazioni che la donna intendeva

    rendere.

    Gli investigatori hanno riferito di essersi trovati di fronte ad una donna terrorizzata, ma allo

    stesso tempo determinata. Terrorizzata in quanto anche in quelloccasione non aveva esitato a

    manifestare apertamente la propria paura di morire, di essere uccisa; determinata in quanto si mostrava

    fermamente decisa a rivelare i dettagli della propria vita trascorsa a Rosarno e ad abbandonare

    quellambiente familiare.

    Il tenente Ceccagnoli, in particolare, ha proceduto ad illustrare le prime dichiarazioni raccolte da

    Maria Concetta Cacciola inquadrandole nellambito del patrimonio conoscitivo gi noto ai Carabinieri

    di Rosarno.

  • 20

    Il teste ha ribadito che il motivo principale che aveva portato la Cacciola presso la Tenenza era

    stata la volont di allontanarsi da un contesto familiare che la voleva ancora legata ad un matrimonio

    che lei considerava finito; il marito si trovava infatti detenuto da diversi anni per reati associativi e lei

    aveva intrapreso una relazione extraconiugale con un uomo di cui in quel contesto non aveva

    voluto fornire le generalit.

    Nel momento in cui la famiglia era venuta a conoscenza della situazione, tuttavia, la donna

    aveva cominciato a temere per la propria incolumit fisica. Anche in quelloccasione, aveva confidato di

    avere paura soprattutto del fratello Giuseppe, il quale a suo dire lavrebbe potuta far scomparire,

    espressione con la quale aveva inteso fare esplicito riferimento agli omicidi di lupara bianca.

    Le sue preoccupazioni erano tanto pi fondate in quanto aveva detto di appartenere ad una

    famiglia di ndrangheta, dalla quale voleva allontanarsi dichiarandosi pronta a rivelare quanto a sua

    conoscenza in ordine al contesto associativo di riferimento e anche ad alcuni omicidi.

    Tali primissime dichiarazioni si inserivano perfettamente nel quadro delineatosi in seguito alle

    varie attivit di indagine svolte nel corso degli anni sul territorio di Rosarno; la famiglia Cacciola, infatti,

    era gi nota agli inquirenti, non solo per i numerosi precedenti di cui erano gravati i suoi componenti

    (ivi compresi gli odierni imputati CACCIOLA Michele e CACCIOLA Giuseppe), ma anche e soprattutto

    per la sua conclamata contiguit alla potente famiglia mafiosa dei Bellocco di Rosarno, con cui aveva

    intrecciato anche rapporti di parentela; il teste ha in particolare specificato che Cacciola Teresa, zia di

    Maria Concetta per essere sorella del padre Michele, era sposata con Gregorio Bellocco cl. 55, soggetto

    attinto da varie sentenze di condanna (passate in cosa giudicata) che ne avevano evidenziato il ruolo di

    vertice nellorganigramma della cosca Bellocco.

    In data 25 maggio 2011, Maria Concetta Cacciola era stata portata al cospetto dei magistrati

    della D.D.A. di Reggio Calabria ed in seguito a tale incontro, ritenuta la delicatezza della sua situazione

    personale in ragione della gravit delle dichiarazioni rese, ne era stato deliberato il trasferimento in una

    localit protetta; nella notte tra il 29 e il 30 maggio, infatti, la donna era stata prelevata da Rosarno e

    portata in una struttura di Cassano sullo Jonio, dove aveva trascorso i primi giorni della sua nuova vita.

    Sui dettagli delliter amministrativo afferente al programma di protezione disposto nei confronti

    di Maria Concetta Cacciola ha deposto il teste Leonardo La Vigna, allepoca dei fatti Direttore del

    Servizio Centrale di Protezione.

    Costui ha avuto modo di riferire che, in seguito alla proposta della D.D.A. di Reggio Calabria

    datata 26 maggio 2011, erano state immediatamente attivate nei confronti della donna ai sensi dellart.

    17 L. 88/91 le misure economiche del trasferimento in una localit che, per il momento, era

    conosciuta solo dallinquirente e non dallorgano di protezione.

    Il 20 luglio la proposta era sfociata in piano provvisorio di protezione, momento a partire dal

    quale la gestione della collaboratrice era passata a tutti gli effetti al Servizio Centrale. A questo

    proposito il teste ha anche riferito che, mentre la proposta riguardava lammissione della Cacciola al

    programma come testimone di giustizia, la Commissione laveva poi approvato come collaboratrice.

    Giova sin dora evidenziare come lesatta qualifica assunta dalla donna nellambito del

    programma di protezione non ha particolare rilevanza ai fini che ci occupano; la deposizione del La

    Vigna sul punto infatti rimasta generica e poco circostanziata, anche in considerazione del fatto che

    nellunico documento ritualmente acquisito al fascicolo del dibattimento (il verbale di s.i.t. del

    25.5.2011) la Cacciola risulta essere stata escussa come semplice persona informata sui fatti e nulla

    mai emerso in ordine alla possibilit che la stessa fosse stata nel frattempo indagata. Il riferimento ad un

    presunto malcontento manifestato dalla giovane in relazione alla sua condizione cui la Difesa ha pure

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    fatto ripetutamente cenno nel corso dellattivit istruttoria poi rimasto parimenti del tutto

    indimostrato dal momento che come si avr modo di vedere pi avanti la Cacciola, in quel periodo

    sottoposta ad attivit tecnica, non ha mai confidato nulla del genere alle persone che le erano accanto e

    che ben conoscevano la sua situazione.

    Si precisa dunque che, quando nel corso della presente trattazione si parler di Maria Concetta

    Cacciola come di una collaboratrice, il termine verr utilizzato nel suo generi