Tremiti: un MARE di Storia

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Tremiti: un Mare di Storia

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Libro - Giannini Editore - Marlintremiti

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Tremiti: un Mare di Storia

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Adelmo Sorci

Tremiti: un Mare di Storia

Progetto editoriale: Adelmo Sorci in collaborazione con Giannini EditoreRealizzazione editoriale: Giannini Editore

Progetto grafico: ADPhoto

foto diPippo Cappellano

Adelmo SorciGiorgio Mesturini

Paolo Fossati

GIANNINI EDITORE

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Tremiti: un Mare di Storia

Tra fotografie e parole riemergono

come da un’ immersione lunga 2000

anni, preziose testimonianze

di antiche navigazioni

custodite gelosamente dal mare

delle Tremiti.

Conoscere il nostro patrimonio

è il primo passo per poterlo proteggere.

11 sono le aree di interesse

storico archeologico che regalano

alle Tremiti un grande primato.

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Un libro non scritto, ove le parole lasciano il posto solo adimmagini con brevi didascalie, potrebbe apparire, ragionevol-mente, muto, svuotato cioè di un qualsiasi messaggio, inca-pace di comunicare alcunché. Ma non è questo il caso del belvolume ora edito dalla Giannini Editore.Non lo è perché le fotografie di Pippo Cappellano, regista dasempre avvezzo a spiare la natura e gli uomini con unainconsueta attenzione e curiosità, non sono solo “belleimmagini” che ritraggono spazi e dimensioni spesso nonaccessibili ai più, ma vogliono riflettere l’atteggiamento e ilrapporto che l’autore mantiene nei confronti del mare e diquello che esso cela e conserva.Ed è così che le sue fotografie portano alla nostra attenzio-ne angoli segreti del mare, spesso illuminati da luce artificia-le che squarcia il buio naturale dei fondali e allarma i piccoli,colorati abitanti; coglie sabbie movimentate dalle correnti;rocce perforate in cui trovano rifugio pesci, molluschi e cro-stacei, o sulle quali si abbarbicano spugne tenaci e alghe. Un mondo fatto di colori, che cangiano in rapporto alla capa-cità della luce solare di penetrare la profondità dell’acqua e digrandi intensi silenzi che bene conosce chi è avvezzo alleimmersioni; un mondo “diverso” dal nostro, nel quale il verosub, esperto e maturo, si cala con rispetto e circospezione,con la consapevolezza che ciò che non ci è strettamentefamiliare può offrire motivi di piacevole stupore ma anchegrandi dolori. Come testimoniano i miseri resti di tragedieumane che nel corso del tempo si sono consumate in quelleprofondità. Carichi di navi naufragate, resti lignei di imbarca-zioni inghiottite dalle acque e distrutte dalla vorace teredorappresentano oggi importanti documenti che gli archeologiricercano e, se possibile, recuperano per ricostruire il rappor-to che si è sviluppato nel tempo tra l’uomo e il mare, ma checomunque, sempre, sono il frutto di eventi nefasti conclusisiinfelicemente, con un danno economico o, più tragicamente,con la perdita di vite umane.

Prefazione

Dott. Arcangelo Alessio

ResponsabileSoprintendenza per i beni Archeologici per la Puglia

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Di tali significati si fanno carico le fotografie di Pippo Cappellano e Adelmo Sorci, scelte e raccolte perquesto volume: dico scelte, perché le evidenti difficoltà tecniche di ripresa nell’ambiente marino, impon-gono numerosi scatti tra i quali selezionare poi le immagini che il fotografo ritiene non tanto e non solotecnicamente riuscite, quanto meglio di altre capaci di comunicare i sentimenti e lo stato d’animo presen-ti al momento della ripresa. Immagini che fotografano il silenzio, che fermano il tempo - qui nei fondali marini più di quanto sia pos-sibile sulla terra emersa - che riescono a ritrarre il contrasto tra il momento presente e l’evento umanotrascorso: flora e fauna marina che vivono e prosperano sopra o nelle immediate adiacenze delle ruotee della biella del piroscafo chiamato Lombardo o delle piastre di rame rettangolari, ancora di dubbia fun-zione, identificate nella zona di mare non lungi da Capraia, oppure sui blocchi di granito una volta tra-sportati da una lapidaria romana, o sulle anfore che ancora costellano il relitto delle Tre Senghe.Queste fotografie diventano così anche un atto d’amore verso il mare e la terra, delle Tremiti. Sulla scia di quell’amore che altri, come il mitico Arturo Santoro, hanno dimostrato in anni e anni di fre-quentazione di queste acque.Perché il mare delle Tremiti è, diciamolo, diverso dagli altri. Sarà perché Diomede - che abbandonò il trono di Argo per fondare, tra l’altro, queste isole - e i suoi com-pagni trasformati in uccelli dalla dea Venere, usciti dalla leggenda, appaiono ancora profondamente radi-cati da queste parti; sarà perché la verde San Domino, con la particolare configurazione della sua costa,interrotta dalle tante cale e calette dai nomi suggestivi (Cala Tramontana, Cala degli Inglesi, ecc), resti-tuisce un paesaggio di una bellezza primigenia, antica e sconvolgente; sarà perché il complesso abba-ziale che domina dall’altura di San Nicola le limpide acque circostanti, con la chiesa di Santa Maria,evoca ancora sofferte prigionie, rumori di battaglia, incursioni turche e stragi di pirati dalmati; ma anchela solitudine degli eremiti Benedettini, e le litanie e i cori di monaci Cistercensi e Lateranensi; tra sordiechi di mare in tempesta e il sibilare del vento; tra forti odori di salsedine e intensi profumi di lentisco,cisto e reseda, in giornate assolate di una intensità che solo qui pare accadere.Una terra e un mare ricchi quindi di bellezze e di suggestioni, di quel fascino non ancora, per il momen-to, troppo inquinato dal turismo di massa, che le fotografie qui raccolte intendono restituire e comunica-re.Un atto d’amore, si diceva, una testimonianza del rapporto consapevole, maturo e responsabile con ilmare e con quello che esso contiene, che è poi lo stesso che Adelmo Sorci insegna da anni al MARLIN-TREMITI alle centinaia di appassionati sub che da tutta Italia giungono in queste isole richiamati dallebellezze del posto.A loro, interpreti e custodi di questo straordinario patrimonio, vada il nostro ringraziamento.

Arcangelo Alessio

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“La lengua no basta para decir, ni la mano para escribir todaslas maravillas del mar”, così scriveva un grande navigatore,Cristoforo Colombo, e in questa frase è racchiuso il fascinoprofondo che il mare ha sempre suscitato sugli uomini di ogniepoca e civiltà.Il mare crea la storia degli uomini e la storia, sul mare, siintreccia sempre con la leggenda. Per millenni la conoscen-za del mare si è limitata alla sua superficie: così l’uomo hapopolato le vaste distese d’acqua di una folla di misteri. Daquesto senso di ignoto sono nati i culti del mare, che ancoraoggi sopravvivono in molte civiltà, e le leggende su isole econtinenti scomparsi, su mostri marini incredibili e spavento-si.Poi la scienza ha incominciato a gettare una luce sui misteridi questo vasto elemento del nostro pianeta. Dalla primagrande spedizione oceanografica, condotta dal vascello diSua Maestà Britannica Challenger, sono passati poco più dicent’anni, ma da allora la conoscenza degli oceani e di ogniloro aspetto ha registrato enormi progressi. Per non parlaredello sviluppo delle attrezzature: era il 1893 quando LouisBoutan, professore di zoologia alla Sorbona, ebbe per primola geniale idea di immergersi con uno scafandro da palomba-ro e usare una macchina fotografica racchiusa in una scato-la di rame con comandi esterni e lastra da impressionare. Strumenti sempre più sofisticati hanno permesso all’uomo diaffrancarsi, almeno in parte, dalla sua condizione di “animaleterrestre” e di spingersi con crescente determinazione aesplorare il mistero del mondo subacqueo.Quei mostri marini, immortalati nei bestiari che fino al ‘700rappresentavano una buona parte delle conoscenze biologi-che sul mare, hanno quindi cominciato ad assumere contor-ni più reali.Sotto l’occhio attento e sempre più esperto di generazioni discienziati, le creature del mare hanno rivelato una loro storianaturale non meno affascinante della leggenda e del mito.

Premessa

Pippo Cappellano

Giornalista, regista e fotografo.Autore di numerosi documentari dedicati al mare eall’archeologia subacquea

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Non tutto, naturalmente, è stato svelato e l’esplorazione biologica del mare riserva ancora sorprese cheriguardano anche gli animali più comuni.Oggi il nostro approccio verso il mare è sempre più tecnologico. L’esplorazione del pianeta Terra si èspinta, sott’acqua, a profondità impensabili solo pochi decenni fa. Batiscafi e veicoli filoguidati hanno por-tato l’uomo negli abissi o inviato alla superficie le immagini di un’oscurità squarciata per la prima volta dauna luce artificiale. Anche un subacqueo con una buona preparazione tecnica e con l’uso di miscele digas può spingersi molto oltre quelli che si ritenevano limiti invalicabili. Oggi siamo in grado di fotografa-re e filmare ad alta profondità, di datare reperti mediante tecniche sempre più accurate, di confrontarecon facilità dati e informazioni attraverso una veloce rete telematica. Eppure, le leggende e i misteri rimangono. L’archeologia subacquea è una delle scienze che più di ogni altra si misura con il mistero. Possiamo immergerci nei mari ad osservare le tracce dell’uomo che questi custodiscono, ma la sfida piùimpegnativa è ricostruire quelle pagine di storia che gli elementi della natura, e talvolta la mano dell’uo-mo, hanno cancellato prima ancora che qualcuno potesse scriverle. Sott’acqua, anche un minimo indiziopuò rappresentare un tesoro, non per il valore intrinseco dell’oggetto ma per quello che può regalare alnostro sapere. Ed è sott’acqua che l’indagine degli archeologi compie lo sforzo maggiore, nel ricompor-re un prezioso mosaico attraverso gli oggetti ritrovati e, ancor più, cercando di immaginare con metodoscientifico ciò che è andato perduto. Per questa ragione recuperi incauti o atti vandalici sono un danno ingente alla nostra storia, poiché sot-traggono al loro contesto oggetti che tratti fuori dall’acqua perdono ogni significato.

Il mare, talvolta, è il migliore custode dei propri misteri, anche di quelli svelati, quando per tante ragionisi ritiene più corretto lasciarli dove gli eventi li hanno trascinati. Le Isole Tremiti, in questo senso, sonoun vero museo sottomarino, dove si possono osservare relitti di naufragi noti e reperti ancora avvolti nelmistero. Avvicinato con il dovuto rispetto e con una guida esperta, è un museo in grado di regalare emo-zioni intense. Le acque cristalline concedono spesso una visione straordinaria dell’insieme del sito, lapresenza del parco assicura un’abbondanza di vita marina ad arricchire ogni scenario, la profondità noneccessiva di alcuni siti consente al visitatore di godere con calma di ogni dettaglio. Osservando gli oggetti che giacciono sui fondali, riprendono vita sotto i nostri occhi storie di navi e di nau-fragi, di navigatori esperti traditi dalle insidie di un mare ancora sconosciuto, di tempeste che hannostrappato all’uomo carichi preziosi e forse la vita stessa, di battaglie condotte con un’audacia più poten-te delle armi. Storie che hanno avuto come teatro le vie immaginarie del nostro mare.

Pippo Cappellano

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Il relitto delle Tre Senghe

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Una Civiltà passata a pochi metri di profondità

Il relitto delle “Tre Senghe” riguarda un’imbarcazione lunga circa 20-24 metrie larga 5, con uno stivaggio di circa 900 anfore.

La nave naufragata alle Tremiti, impegnata in commerci lungo le rotte adria-tiche, trasportava anche alcune anfore vinarie nord-adriatiche, di formaDressel 2-4 e 6A, oltre a qualche anforetta utilizzata verosimilmente per con-tenere vini di migliore qualità. Sulla base degli oggetti del carico e delle sup-pellettili di bordo è possibile datare il naufragio alla fine del I secolo a.C.

- 25 metri

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All’inizio degli anni Ottanta si sono svolte nelle

acque delle Isole Tremiti alcune campagne di scavo sul relitto romano delleTre Senghe, volute dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia, dopo un

sopralluogo effettuato nel settembre del 1980.

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Foto archivio Giorgio Mesturini

pag. 17-17-18-19

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Il relitto delle Tre Senghe può esse-re collocato nel contesto dei commerci che sisvolgevano nel Mediterraneo tra il II e il I seco-lo a.C.Il luogo dell’affondamento prende nome dauna roccia spaccata da tre fessure all’estremi-tà sud-occidentale di San Domino, pressoPunta di Ponente.Il relitto è situato su un pianoro sabbioso aduna profondità di circa 25 metri, a meno di 100metri dalla riva.

L’affondamento è stato probabilmente causatodal maltempo e dovuto ad un urto contro lascogliera rocciosa, visto che questo braccio dimare è aperto ai venti e assai pericoloso perla navigazione. La campagna di scavi ha per-messo di portare alla luce numerose anfore.Molte di queste recavano impresso sull’orlo ilbollo rettangolare con la sigla M.FVS, timbroanforario documentato per la prima volta sulleanfore di questo relitto, oltre a numerosi tappifittili di chiusura.

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Le Anforedelle TremitiLe anfore sono contenitori usati per trasporti marittimi,fabbricate e vendute come contenitori per prodottiquali olio, vino, frutta, salsa di pesce, pesce salato.Una volta riempita l’anfora veniva sigillata con tappi diterracotta.Sul collo, sulle anse, sull’ orlo e sui puntali sono fre-quenti bolli con indicazione del nome del fabbricante,del commerciante, del contenuto, delle quantità e delpeso.Riempite e sigillate le anfore erano imbarcate nellestive delle navi, impilate con cura in file, sfalsate esovrapposte, per rendere il carico stabile e il più capa-ce possibile.Le anfore del relitto delle “Tre Senghe” appartengonoal tipo Lamboglia 2 che veniva fabbricato lungo il ver-sante adriatico dell’Italia e originariamente destinatoal trasporto del vino.Le Lamboglia 2, sono considerate le anfore adriati-che dell’età repubblicana: hanno grossa pancia, collocorto, breve orlo a fascia ribattuta, anse diritte e paral-lele al collo con il puntale lungo e stretto.

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ControlloMonitoraggioCensimento

per la tutela del patrimonio archeologico subacqueoda tempo il Laboratorio del Mare MARLINTREMITIesegue, con l’autorizzazione della Soprintendenzaper i Beni Archeologici per la Puglia, studi e ricerchesu nuove tecniche di rilievo e censimento.Spesso queste vengono seguite anche dal NucleoSubacqueo dei Carabinieri di Bari.

Tre Senghe Oggi

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I relitti e l’archeologiasubacqueaL’archeologia subacquea, uno dei più recenti e pro-mettenti settori della moderna ricerca archeologica,consente l’acquisizione di moltissimi dati sui com-merci, che nel mondo antico si effettuavano princi-palmente per via marittima, durante la buona sta-gione, nonostante le difficoltà della navigazione(tempeste, pirateria, naufragi). I relitti di navi affon-date costituiscono un documento storico particolar-mente importante per la ricostruzione dei commer-ci antichi. Ricostruire la composizione del carico diuna nave, definirne la provenienza, seguirne l’itine-rario, stabilirne la possibile destinazione, fissarne lacronologia consente infatti di ricostruire le anticherotte commerciali e di valutare i flussi di merci traluoghi di produzione e mercati.

Il Laboratorio del Mare

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Il Laboratorio del Mare

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Robot eArcheologia

La robotica marina trova oggi vasteapplicazioni nello studio del mondo mari-no, in attività di monitoraggio ambientale,nella sicurezza dei traffici marittimi, nel-l’organizzazione tecnologica della cantie-ristica, nonché nell’ambito delle ripara-zioni navali, della logistica portuale e del-l’archeologia subacquea. Robot vengono inoltre impiegati in areeoffshore per la costruzione e manuten-zione di oleodotti e gasdotti, deposito difibre ottiche, esplorazione dei fondali allaricerca di materie prime o in attività diecotomografia marina.

Alle Isole Tremiti, la collaborazione siner-gica tra MARLINTREMITI e UniversitàPolitecnica delle Marche - DipartimentoRobotico, (nata nel 2006) ha consentitol’utilizzo dei Robot sottomarini sia nelcampo dell’archeologia subacquea chenel campo della biologia marina.Molti i progetti di ricerca e documentazio-ne portati a termine con importanti risul-tati e che hanno visto la partecipazione ecollaborazione della Soprintendenza peri Beni Archeologici per la Puglia e deiCarabinieri Subacquei di Bari.

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Relitto delle “Tegole”Isola di San Nicola

Una nave di epoca Romana con un carico di tegole e anfore. Situato sul lato suddi San Nicola ad una profondità di 55 metri è stata oggetto di studio da parte delLaboratorio del Mare in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marchee del nucleo dei subacquei dei Vigili del Fuoco con la supervisione delleSoprintendenza per i Beni Archeologici per la Puglia.Il progetto ha consentito di realizzare un censimento dei reperti molto accuratocon un vero e proprio cantiere realizzato a 55 metri. Le tecnologie robotiche uti-lizzate hanno permesso la mappatura dell’area attraverso un fotomosaico adalta definizione che ne ha consentito successivamente una riproduzione in 3D.

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Nelle immagini, affioranti dal fondo di sedimento e sabbia

a sx: cumuli di tegole romane;

a dx: anfore e anforette in parte integre ed in parte in frammenti.

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Alcune immagini di foto-mosaico digitale di alcuni sitiarcheologici alle Isole Tremiti ela-borate dal dipartimento DIIdell’Università Politecnica delleMarche.Le immagini finali sono state rica-vate attraverso centinaia di fotoscattate da fotocamere applicatesul ROV (Remotely Operated Vehicle).

Da queste rappresentazioni bidi-mensionali, con programmi speci-fici si può passare a rappresenta-zioni digitali tridimensionali.

sx: relitto di nave con carico ditegole romane. Isola di San Nicola

dx: relitto di nave con carico diblocchi di pietra, “lastroni”. Isola di San Domino

Il fotomosaico digitale

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Il Laboratorio Subacqueo Marlintremitinasce dalla convinzione che subacquei ricreativi

grazie all'evoluzione della tecnica dell'immersione

sportiva e delle relative attrezzature possono aiuta-

re e/o affiancare Enti di ricerca, di studio e di con-

trollo sulla segnalazione e la valorizzazione di aree

archeologiche subacquee.

Parte integrante e fondamentale dei progetti di

documentazione saranno quindi tutti quei subac-

quei che parteciperanno e/o usufruiranno dei servi-

zi del MARLINTREMITI.

Questi potranno partecipare ai progetti di docu-

mentazione e ricerche senza alcun obbligo ma

comunque previa preparazione specifica che verrà

fornita dai responsabili del Laboratorio Subacqueo

in forma gratuita.

Va sottolineato che i progetti privilegiano la docu-

mentazione dell'ambiente marino e costiero delle

Isole Tremiti.

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Isole Tremiti

La leggenda le fa risalire a Diomede, l’eroe omerico di straordina-

ria forza e coraggio, che un giorno ebbe l'ardire di contraddire

l’orgogliosa Venere. Ferita dalla sua arroganza, la dea gli fece tro-

vare la moglie, Egialea, tra le braccia dell’amante e Diomede,

disonorato, fuggì dalla Tracia.

Sbarcò sulla costa del Gargano, e qui si accinse a segnare i con-

fini della Daunia, il suo nuovo regno, servendosi delle pietre por-

tate dalla patria. Del carico rimasero inutilizzati tre enormi massi

che, gettati nell’Adriatico, emersero con la cima sopra la superfi-

cie del mare.

Ebbero così origine le Tremiti, ovvero i Sassi di Diomede, come

anticamente si chiamava l’arcipelago. Leggenda o storia che sia,

i massi sono sempre lì, San Domino, San Nicola e Capraia a cui

si sono aggiunti nel tempo, Cretaccio e la più lontana Pianosa.

Cinque isolotti di color smeraldo e oro, sospesi nel blu, continua-

mente modellati dalle onde e che sembrano in cammino verso il

cuore dell’Adriatico.

Si trascinano dietro una storia orgogliosa di cui è simbolo, sopra

gli alti dirupi di San Nicola, l’Abbazia di Santa Maria a Mare.

Una presenza che ha fatto delle Isole Tremiti, almeno nei secoli tra

il X e il XVI, uno dei centri di cultura e di influenza civile e morale

più importanti del Mare Adriatico, meta di numerosi pellegrinaggi

e tappa obbligata sulla via di Gerusalemme.

A 12 miglia dalla costa garganica e a 24 da quella molisana, nelle

acque più limpide che l’Adriatico abbia conservato, si specchia

l’Arcipelago delle Tremiti, un autentico concentrato di bellezze

naturali e di monumenti storici sospeso nell’azzurro di cielo e

mare.

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La Storia delle Isole Tremiti

dal 1000 al 1932

Scarsa la documentazione sull'Arcipelago agli inizi dell'era

Cristiana; tale mancanza viene, però sostituita dal fiorire della leg-

genda del Santo Eremita che, in seguito a successive apparizio-

ni della Vergine, riuscì a rinvenire sull'Isola di San Nicola un teso-

ro ed a costruire, grazie ad esso, la chiesa di Santa Maria, desti-

nata a divenire in breve tempo meta di numerosi pellegrinaggi.

Per questo motivo, agli inizi dell’anno Mille, la cura del Santuario

fu affidata dal Papa ai Benedettini, fondatori della celebre

Abbazia, e in seguito, intorno al 1236, ai Cistercensi i quali, nella

prima metà del XIV secolo subirono, però, una grave incursione

di pirati che, dopo aver fatto strage di loro, distrussero la chiesa

e buona parte delle fortificazioni.

Con l'inizio del nuovo millennio le fonti documentarie indicano un

primo centro religioso affidato ai monaci Benedettini Cassinesi. Ai

primi anni dell'XI secolo si pensa sia riconducibile la costruzione

del monastero e della Chiesa di S. Maria. Quel che è certo è che

nel corso dell'XI secolo l'Abbazia di Tremiti visse un periodo di

vero splendore, aumentando significativamente i propri possedi-

menti in terraferma. L'importanza assunta dall'Abbazia di Tremiti

generò presto tensioni con l'Abbazia di Montecassino da cui i

monaci tremitesi rivendicavano l'indipendenza.

L'autonomia e il potere segnarono l'inizio di una decadenza mora-

le e materiale dell'ordine e nel 1237 il Cardinale Raniero da

Viterbo incaricò il Vescovo di Termoli di sostituire l'ordine dei

Benedettini con l'ordine dei Cistercensi del Monastero di

Casanova presso Parma.

Le fonti storico documentarie e i rilievi architettonici attribuiscono

al periodo Cistercense opere di ricostruzione e di ampliamento

della chiesa di S. Maria e del Monastero nonché la trasformazio-

ne dell'Abbazia in fortezza.

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Le frequenti incursioni dei pirati slavi portarono nel

1334 alla completa scomparsa dell'ordine e alla distru-

zione di gran parte del complesso monastico. I pirati

dalmati di Almissa, infatti, riescono ad entrare nella

abbazia-fortezza grazie ad uno stratagemma: fingono

che il loro capo sia morto e chiedono per lui una sepol-

tura sull'isola. La sua bara viene portata in spalle nella

chiesa di S. Nicola dai pirati slavi disarmati ma, duran-

te la funzione sacra, la bara si apre e ne viene fuori il

capo dei pirati con le spade per i suoi uomini.

Nessun frate cistercense viene risparmiato e a seguito

di ciò l'isola rimane disabitata per decine di anni.

In seguito all'eccidio dei monaci Cistercensi, diversi

ordini religiosi rifiutarono di trasferirsi a Tremiti fin quan-

do, dopo molte pressioni, nel 1412 Papa Gregorio XII

inviò una congregazione di canonici Lateranensi.

Questi monaci, come quelli che li avevano preceduti,

vissero un primo periodo di rapida ascesa

dell'Abbazia a cui seguì un periodo di lenta decaden-

za. Nel corso del primo periodo la fama dell'Abbazia

richiamava moltissimi fedeli.

Il complesso monastico fu completato e fortificato e

nell'agosto del 1567 resistette all'attacco di 150 navi

turche. I possedimenti in terraferma furono ampliati e

consolidati. A questo, seguì un lungo periodo di decli-

no dovuto alle frequenti invasioni turche e ad una pro-

fonda crisi economica.

Il declino delle fortune dei monaci tremitesi si accentuò

a tal punto che nel 1674, con l'assenso del pontefice

Clemente X, i Padri superiori Lateranensi di Roma pen-

sarono di vendere ai Padri Celestini l'intero monastero

per pagare i debiti. Questa proposta incontrò l'opposi-

zione della Regia Camera.

Durante il periodo borbonico, il Re di Napoli Carlo III di

Borbone espresse pesanti riserve sulle proprietà dei

Lateranensi a Tremiti e in special modo per la Fortezza,

della quale i monaci dovevano considerarsi solo

custodi.

Ferdinando IV, successo a Carlo III, nel 1782 soppres-

se l'Abbazia, bene del Regio Demanio.

Nel 1792 istituì a Tremiti una colonia penale che rima-

se attiva fino al 1926.

Nel 1932 Tremiti divenne comune autonomo. Abolita la

colonia penale l'Amministrazione delle Isole si è rivolta

negli ultimi decenni alla valorizzazione e allo sviluppo

turistico delle stesse.

Dagli anni '60 ad oggi numerosi interventi di consolida-

mento e restauro sono stati finanziati con fondi nazio-

nali.

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il mistero del relitto delle “Piastre”

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Il sito archeologico è sul lato

Nord dell'Isola di San Nicola e tra

le Isole di San Domino e Caprara

nelle vicinanze di una secca ad

una profondità di 33 metri.

Sul fondo sono presenti numero-

se ancore e due cumuli di centi-

naia di "piastre" di materiale non

ancora ben identificato ed ele-

menti lignei semi-affioranti dal

fondo.

Particolare delle piastre.

Tutte perfettamente uguali nelle

dimensioni e nello spessore,

41 cm x 27 cm per 0,4 di spessore.

Per ora un mistero sul loro utilizzo e sulla

loro destinazione che probabilmente non

era Tremiti.

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Subacquei del Laboratorio del Mare durante

le operazioni di rilievo fotografico.

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In queste immagini i due cumuli di “piastre” individuati

ai piedi di una secca a 33 metri di profondità.

Centinaia e centinaia, delle dimensioni di 41 cm x 27 cm

per 0,4 di spessore.

I due cumuli distano circa 16 metri l’uno dall’altro.

Sotto la sabbia e ghiaia ancora piastre, vasellame e il

fasciame della nave.

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Ai piedi della secca quattro gigantesche ancore di tipo

"ammiragliato", molto vicine fra loro, due addirittura

sovrapposte e a pochi metri dal primo cumulo di piastre.

Le ancore sono segnalate con una tabella recante un

numero di identificazione e le caratteristiche.

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Alle Tremiti, a cacciadi testimonianze del passato

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Il Nucleo dei Carabinieri Subacquei di Bari durante le fasi

di monitoraggio e rilievo del sito archeologico denominato

dei “Lastroni”.

Isola di San Domino

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In alcuni siti archeologici il continuo movimento del sedi-

mento e sabbia del fondale, dovuto principalmente alle

correnti, può portare alla luce nuovi frammenti di storia

come in questa sequenza di immagini.

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Vasellame, ancore, fasciamedi navi antiche... le Tremiti non finiscono mai di stupire

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Vasellame, ancore, fasciamedi navi antiche... le Tremiti non finiscono mai di stupire

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Molte ancore, anche di grandi dimensioni, possono essere

ammirate nei fondali delle Isole Tremiti.

In questa pagina alcune ancore di un “pielago barlettano”.

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Spesso la sabbia conserva e nasconde il

“fasciame” di antiche navi.

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Le “mani” sulla StoriaConoscere, proteggere e stupirsi

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Le “mani” sulla StoriaConoscere, proteggere e stupirsi

In primio piano un tappo di anfora.

Appena sotto pochi centimetri di

sabbia la pancia di un anfora

riportata alla luce.

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“Chiodi” utilizzati per la chiodatura delle ordinate dello scafo.

Frammenti di una nave del 1800.

Nella mano sinistra del sub un frammento di un “foglio di rame”

che rivestiva le murate del “Lombardo”.

Un preziosa bottiglia con ancora il suo

contenuto ritrovata nelle vicinanze del

relitto il “Lombardo”.

Il fasciame di una nave di tipo “Pielago barettano”.

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Un preziosa bottiglia con ancora il suo

contenuto ritrovata nelle vicinanze del

relitto il “Lombardo”.

Il fasciame di una nave di tipo “Pielago barettano”.

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L’Anima sacra delle Tremiti

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L'arte è il mezzo con cui l'uomo cerca diraggiungere il sacro che è perfezione, per-ciò bellezza, armonia, verità, bontà, giusti-zia, e di renderlo sensibile, percepibile, atutti.

Nelle chiese cristiane per esempio c'èsempre l'arte, sia pittorica che scultorea,ma anche c'è l'organo. Esso allude al fattoche il sacro presente in quel luogo non èseparato in modo assoluto dal mondo pro-fano, non è irraggiungibile, intoccabile.Sicuramente il sacro è separato dal mondoprofano e deve essere rispettato, ma èanche passibile di contatto e il modo uni-versale per mettersi in contatto è il lin-guaggio dell'arte, soprattutto la musica.

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Dal bel libro “Vademecum delle Tremiti“ di Lanfranco Tavasci

... ”A San Nicola ti sorprenderà il complesso della for-tezza. Si riconoscono le stratificazioni costruttiveattraverso i secoli; è bene salirci a piedi, anche se c’èun ascensore. Così ti troverai nell’Abbazia, e ti sem-brerà una piccola Mont Saint Michel. Sosta a lungonella chiesa cercando di assimilare questo spaziocomposito: forse è nato cubico, poi ha avuto aggiun-te, e un forte segno ‘francese’: il presbiterio cistecen-se, senza abside. Cercherai di interpretare l’insieme del mosaico pavi-mentale, un po’ frammentato, in cui fiorisce l’immagi-nario di artefici della prima metà del Mille: animali

conosciuti, come i cervi e le aquile; animali racconta-ti, come gli elefanti; esseri immaginati come il grandegrifone che domina il cerchio centrale del mandala edè l’ombelico dell’edificio. Un grifone persiano, islami-co, che come tanti altri simboli si è clonato dall’Orientea tutto l’Occidente trasferendo metafore che noi nonsiamo più in grado di ascoltare (leggere, però, JurgisBaltruˇsaitis, come Marija Gimbutas per il Paleoliticogarganico: due Lituani che ci aiutano a comprenderela Daunia). Vedrai che nei quattro cerchi angolari delmandala sono raffigurate le diomedee: questi uccelligià mille anni fa erano il marchio dell’isola tremitese enon suonavano affatto come entità paganeggianti(oggi non si potrebbero effigiare uccelli mitici nel cen-tro di una chiesa).f

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Entrando nel tempio sarai già stato attratto dalla gran-de croce dipinta, a sinistra. Un giovane Cristo vivente,con due ricciolini sulla fronte; la Madonna e SanGiovanni ai lati. Didietro, il simbolo dell’agnello misti-co. È un documento enigmatico. La leggenda affermache è stato fatto a Costantinopoli, e c’è anche un’iscri-zione che dice più o meno: il legno della croce era lanave, e il nocchiero io stesso; cioè: la croce ha attra-versato il mare da sola ed è arrivata alle Tremiti gui-data da Gesù. Se hai qualche familiarità con la pittura italiana delleorigini ti verranno in mente delle croci simili fatte inItalia centrale: nel Duomo di Spoleto e, in particolare,nell’area pisano-lucchese. Io ho una teoria: che l’ab-biano portata con sé i Canonici Lateranensi di San

Frediano di Lucca, i quali nel 1412 ripopolarono ilsacro luogo dove i Cistercensi erano stati massacratidai pirati slavi. A Lucca ci sono infatti delle effigi diCristo che richiamano questo delle Tremiti. Il venera-bile Pietro da Carate, comandato qui dal Papa, nonpotrebbe aver fatto come don Camillo che, esiliato esolo nella chiesa di montagna, si portò dietro il croci-fisso amico dalla parrocchia di pianura? Ancora aiCanonici Lateranensi si deve il retablo veneziano inlegno, sul fondo della chiesa, che è un’opera vertigi-nosa e richiama le chiese di area alpina. E, fuori, ilbellissimo chiostro rinascimentale: ridotto dai napo-leonici a un solo lato, ma da reggere il confronto con ipiù celebrati cortili delle dimore quattrocentesche”...

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IL PIANORO DETTO DEGLI ASINI

Ma se tu sei un pellegrino dello spirito rimarrai soggiogato dalPianoro che sta dietro all’abbazia fortezza. Lì veramente, nellanudità di una piattaforma battuta dal vento e abitata solo daerba e da ligustri, senti formicolare la vita, i millenni, le esisten-ze che si sono accavallate. Resti di ville romane, di cisternemedievali; le tombe rettangolari perfettamente scavate nellaroccia per un giacimento rannicchiato; due tombe più eloquen-ti: il tholos di Diomede o comunque di un signore greco, e quel-la di Giulia Augusta, la nipote di Augusto imperatore; e, infondo, altri due cimiteri: quello dei prigionieri libici del 1912 equello dei Tremitesi (se hai curiosità demografiche vedrai che icognomi dei defunti sono quasi tutti napoletani, così come lalingua che si sente parlare più di frequente; raccontano dellestorielle stupide su come una comunità di coatti tendenzial-mente maschi abbia potuto far famiglia e popolare l’arcipelagofino ad oggi). Da San Nicola l’ultima barca rientra a SanDomino a metà pomeriggio. Vi è una suggestione in questoextra omnes che restituisce l’abbazia alla sua austera solitudi-ne, trasformandola in un fantasma di pietra illuminata. Di sera ti accorgi che sei al centro di una insenatura vigilatadalle luci del Gargano: Rodi, Peschici, Ischitella.

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La Facciata della

Chiesa di Santa Maria

Nel 1473 il priore tremitese, PadreAmbrogio da Milano, affidò l’incarico dicostruire la nuova facciata della chiesa,al posto di quella ormai cadente del XIsecolo (fatta erigere dai Benedettini),all’Architetto e scultore Andrea De Alexioda Durazzo ed allo scultore fiorentinoNiccolò di Giovanni Cocari. Gli ideatori ecostruttori dell’opera, che avevano giàlavorato insieme a Spalato ed aSebenico, pattuirono col committente uncompenso di “ducati trenta oto d’oro veni-tiani”. I lavori furono eseguiti in breve tempo,anche perché fu usata la pietra da taglioperlinata di Risceglie, la pietra nobile dimolte costruzioni sveve, ma troppo tene-ra per un monumento vicinissimo almare: ciò spiega il cattivo stato di conser-vazione di alcune sculture del pregevolis-simo portale. La vasta e levigata superfi-cie della facciata colpisce per il ritmo eper la solenne semplicità delle sue lineearchitettoniche, che riflettono la ripartizio-ne interna del tempio; essa è tripartita daquattro lesene (più alte le due centrali),che danno maggiore slancio alla costru-zione con gli agili pinnacoli che le sor-montano, su cui sono scolpite bifore cie-che. La parte centrale della facciata, la

più ampia, è triparita a sua volta da corni-ci orizzontali con aggetto e termina acuspide con vertice decorato. La cuspidecentrale e le falde inclinate delle due partilaterali (più basse e strette queste, per-ché coincidenti con le piccole navatelaterali) sono delimitate da cornici chefanno da base, piegandosi, ai quattro pin-nacoli scolpiti, di chiaro influsso veneto.Lo stesso influsso, assieme a quello deimaestri toscani del Quattrocento, si notanel portale, ripartito anch’esso in trescomparti sovrapposti, che sormontanol’architrave della porta d’ingresso e ledue coppie di colonne corinzie che lafiancheggiano. Nel primo scomparto(molto rovinato), tra due nicchie con sta-tue di santi (una delle quali è decapitata),scolpite a tutto tondo, è posta una lunet-ta in bassorilievo, in cui è rappresentatoS. Agostino che dà la Regola ai CanoniciLateranensi. Nel secondo scomparto,pure tra due nicchie con statue di Santi,campeggia in altorilievo l’Assunta tra gliApostoli inginocchiati, ad uno dei qualiporge la corona, mentre i cherubini la sol-levano al cielo in un guscio di mandorla.

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Nel 1844 le Isole Tremiti erano unite da un ponte in legno

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Sul fondo del mare la prova

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Un tempo le Isole Tremiti erano unite da un

ponte in legno.San Nicola, Cretaccio e San Domino erano le isolecollegate e si potevano raggiungere “camminandosopra il mare”.La distanza limitata e a quel tempo il livello del maredecisamente più basso, (stimato oggi in circa -2 metririspetto al livello attuale), avevano spinto FerdinandoII di Borbone a realizzare un’opera così importanteper quei tempi.Un’opera ingegneristica di tutto rispetto, che nontrova eguali nella documentazione storico-tecnica eche poneva il ponte delle Tremiti come il più lungo alivello mondiale realizzato sul mare.

in questa foto aerea viene riportato graficamente quale

era la posizione del ponte fatto realizzare da

Ferdinando II di Borbone.

Circa 400 metri la lunghezza e un cantiere seguitopersonalmente dallo stesso Ferdinando II, come te-stimoniano alcuni documenti storici rinvenuti dopouna ricerca lunga e complessa eseguita dall’Ing.Michelangelo De Meo.

La costruzione è del 1844 quando le isole eranoancora colonia penale ed i lavori iniziarono in con-comitanza con la costruzione dei primi “Casoni” all’in-terno delle mura di San Nicola.

Un’opera veramente importante che se pur studiatanei minimi particolari non ebbe una lunga vita tant’èche venne fatta smantellare per motivi economici emilitari dal Re nel 1853.

nel XIX secolo era il ponte in legno sul mare,più lungo del mondo

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Le intenzioni del Re e perchè fece

costruire il ponte

Ferdinando II di Borbone, discendente in linea diret-ta del Re Sole, nacque a Palermo il 12 gennaio 1810,primogenito di Francesco I delle Due Sicilie e dellasua seconda moglie, Maria Isabella di Borbone-Spagna. Nelle vene di Ferdinando scorreva il sanguedelle più importanti dinastie europee, i Borboni diFrancia, Spagna e Napoli e gli Asburgo-Lorena.Ricevette un'educazione umanistica in ambientiecclesiastici ed una solida preparazione politica emilitare nelle accademie dove trascorse gran partedella giovinezza. Salito al trono del Regno delle Due Sicilie l'8 novem-bre 1830, ad appena vent'anni, diede immediataprova di decisione e di un chiaro disegno di governomirato alla riorganizzazione dello Stato, alla riduzionedel debito pubblico e alla pacificazione delle partisociali ancora in tumulto dopo il periodo napoleonicoe al miglioramento delle prigioni.Sono proprio questi aspetti che fecero entrare nelpiano riorganizzativo anche la Colonia penale delleTremiti.

Obiettivo era di rendere indipendente sotto il profilologistico e degli approvvigionamenti le isole e i “coat-ti residenti”.San Domino diventava così l’isola ideale per esseresfruttata in coltivazioni diventando produttiva e SanNicola l’isola fortezza.Bastava far si che i coatti riuscissero a passare daun’isola all’altra e far si che su una, San Domino lavo-rassero e sull’altra San Nicola, tornassero perdormire.Le condizioni morfologiche ed ambientali, con l’Isoladel Cretaccio di mezzo suggerirono all’intrapendenteFerdinando II la realizzazione di un ponte che lepotesse collegare.Ma non solo, Il ponte se pur più impegnativo risulta-va il mezzo migliore e più sicuro a scongiurare fugheche invece si sarebbero potute organizzare se si fos-sero utilizzate barche per i trasferimenti. FerdinandoII non voleva barche o imbarcazioni sulle isole.

Il progetto ed i lavori iniziarono intorno al 1844 conl’ausilio degli stessi prigionieri, (poco inclini al lavoro)e costò al Re 40.000 ducati.

Il ponte era costituito da una passerella di circa 5metri di larghezza che poggiava su una struttura ver-ticale costituita di pali portanti in legno di quercia con-ficcati sul fondo e del diametro di 22 cm. (3/4 di

palmi)In realtà due solide passerelle, una che univa SanNicola al Cretaccio e l’altra che univa il Cretaccio aSan Domino.

<< essa era dell'altezza di palmi dieci ( 2,65 m), dalla

cima dell'acqua, è di palmi dieci ( 2,65 m ) a dodici (

3,18 m) nella profondità delle acque, a consimile pro-

fondità si conficcano i travi, che lo compongono;

Essa è solido a segno tale da potervi far transitare

pezzi di artiglieria tanti sono i contrasti dai quali viene

corroborato.>>

il Ponte richiedeva comunque continua manuten-zione. La struttura non molto alta rispetto al livellodel mare veniva spesso danneggiata dal motoondoso e le operazioni di manutenzione che dove-vano essere svolte dai coatti della colonia venivanospesso eseguite non correttamente se non addirit-tura sabotate.Alla fine, vuoi la situazione generale del regno e ladifficoltà a garantire la perfetta efficienza dell’operaportò Ferdinado II alla decisione di smontare il pontenel 1853 e vendere buona parte della strutturaall’asta.

Dopo pochi anni Ferdinando II, morì e gli successeil figlio Francesco I, I’ultimo Re di Napoli il qualeconcesse le isole in feudo a Santangelo, suo min-istro dell'interno, che lo conservò fino al 1861 conl’annessione del Regno di Napoli alla corona sabau-da. Dopo questa data i relegati furono rimessi in libertà.

Sono passati 167 anni ma molti pali che costituivanola struttura principale del ponte sono ancora li sulfondo, conficcati nella roccia.Resistono ancora al mare, ai traghetti che con leloro manovre per l’attracco continuamente muovonoil fondale.

Ancora una volta una tangibile testimonianza di unpassato che colloca le Tremiti fra le località più bellee ricche di storia del Mediterraneo.

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Ferdinando II di Borbone e le Tremiti

stralcio di un documento ufficialerecuperato dall’Ing. Michelangelo De Meo nella sua ampia ricerca storica sul Ponte delle Tremiti

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Molti pali che costituivano la struttura principale

del ponte sono ancora lì sul fondo, conficcati

nella roccia.

Resistono ancora al mare, ai traghetti che con

le loro manovre per l’attracco continuamente

muovono il fondale.

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il “Lombardo”

Un frammento della storia

d’Italia che il destino ha

regalato

ai fondali delle Isole Tremiti

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19 marzo 1864 la collisione con una secca e il successivo affondamento vede ancora oggi la struttura principale del

“Lombardo” a 9 metri di profondità sul fondo del mare delle Tremiti.

Le grandi ruote di dritta e di sinistra che caratterizzavano

il piroscafo sul fondo a 9 metri di profondità.

Isola di San Domino

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Il Pirotrasporto Lombardo

Varato a Venezia (Austria) il 1° maggio 1841 per conto dell’I.I.R.R. Amministrazione deiPiroscafi Privilegiati, società anonima per l’esercizio della navigazione fluviale e lacuale consede in Milano, galleria De Cristoforis.

-Dislocamento: 729 tonn.-Stazza: 239 tonn. registro nette.-Scafo: in legno con un ponte di coperta.-Due alberi: trinchetto a vele quadre, maestra a vele auriche, bompresso.-Due macchine a vapore Maudsley & Field da 220 cavalli nominali.-Propulsione a ruote (articolate).-Armamento nel 1860: due cannoni da 80 di ferro liscio ad avancarica.

Provenienza: 1° Armamento - Acquisto da estero

Direzione Marittima d’iscrizione: Genova.Data di costruzione: varato 10 maggio 1841 (Radogna)Luogo di costruzione: Venezia (Radogna) sulla Clyde (Gropallo)Costruttore: non notoCaratteristiche: in legno a ruote; un ponte e due alberiDimensioni: 48,35 x 7,40 x 4,23 m.Portata in tonn: 238,96Apparato motore: 208 cav., costruito dalla Maudsley di LondraProprietari: Raffaele Rubattino & c., GenovaAcquistato al pubblico incanto a Trieste nel giugno 1846

5/5/1860, ceduto dalla Rubattino a Giuseppe Garibaldi.

06/5/1860 responsabilità di Nino Bixio e (Comandante Andrea Rossi).11/5/1860 sbarca truppe di Garibaldi a Marsala; si arena per agevolare lo sbarco e

non fu possibile disincagliarlo; colpito dal fuoco borbonico.11/7/1860 recuperato e rimorchiato a Palermo dal costruttore navale Santocanale

(inviato da Castiglia a Marsala con tecnici e 200 uomini).Incorporato nella Marina Dittatoriale Siciliana.

17/11/1860 entra a far parte della Marina da Guerra Sarda.17/3/1861 classificato come trasporto a ruote entra a far parte della Marina del

Regno D'Italia.

18/11/1863 da Ancona con detenuti per Tremiti; poi Trani e Manfredonia.16/12/1863 ad Ancona.18/12/1863 partenza per Termoli con rientro ad Ancona il 23/12.10/2/1864 (passa al comando dell'L.T.V. Giuseppe Deista).03/3/1864 partenza da Ancona con truppe e detenuti per Manfredonia ed Isole

Tremiti.

notte 12/13 marzo 1864, urta ed incaglia in una delle secche dell'Isola di San Domino delle Tremiti.

19/3/1864 la nave è distrutta; affonda ed è perdita totale.

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Tra i grandi elementi strutturali e di propulsione

del “Lombardo” si possono rinvenire frammenti

lignei, chiodi e bulloni.

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La maggior parte delle strutture metalliche del

“Lombardo” sono oggi concrezionate e ricoperte di

spugne e alghe che gli donano colori sgargianti.

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Una “Fortezza volante” in fondo al mare

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Una “Fortezza volante” in fondo al mare

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Il relitto dell’Aereo, imbrigliato in una grande

rete a strascico, giace a 52 metri di profondità.

Nelle immagini alcuni particolari della struttura

dell’ala e del serbatoio.

Isola di San Domino

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Uno dei tanti relitti che il mare delle Tremiti custodi-

sce, una delle tante aree di interesse storico ed archeologico

inserite nella Riserva Marina, una stupenda immersione.

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Alcune immagini dei resti dell’aereo scattate durante una immersione notturna

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Anche una “Pescaccia”

in fondo al Mare delle Tremiti

Anni ’70, periodo di mitiche avventure subacquee e parlando di mare non possiamo

non ricordare alcuni fuoriclasse di pesca sub e tra questi… Arturo Santoro.

Già, proprio Arturo Santoro, ex Campione del mondo e Italiano di pesca subacquea

tra il ’69 ed il ’74, ex attore di fotoromanzi e mitico personaggio da sempre delle Isole

Tremiti che diventa l’artefice di una curiosa e divertente storia che vede oggi la sua

vecchia auto nel mare di Tremiti a 30 metri di profondità.

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della Pescaccia, neanche l’ombra.

“Aro stà a machina ?! …..chiste manna fa venì a raggjall’uocchie”.“Dove stà la macchina ?!...... questi mi devono far

arrabbiare”.

Molla le valige e si incammina alla ricerca della suamacchina. La trova, si siede, mette in moto e viaverso Punta Secca di San Domino.Punto perfetto. Posiziona la sua “Pescaccia” nelpunto più alto, scende e raccoglie una pesante pietra.Guarda il suo mare, posiziona la pietra sull’accelera-tore, ingrana la marcia e via il freno a mano….Pochi istanti e la Pescaccia salta in mare, galleggiaper qualche minuto sotto gli occhi di Arturo ma poi siinabissa.

Mo vojjo verè cum’a vann a pijà a sott..!!!(Adesso voglio vedere se la vanno a prendere lag-giù..!!!)

Oggi la Pescaccia di Arturo è ancora lì, a 30 metri diprofondità su un fondale sabbioso che declina dolce-mente verso il blu profondo circondata da alcuniagglomerati rocciosi ricchi di spaccature ed anfratti.A distanza di 37 anni ora gronghi e murene ne hannopreso possesso regalando agli ospiti sub un incon-sueto punto d’immersione.Non sarà certo un reperto archeologico, ma di sicurouna curiosa testimonianza di un periodo “anni ‘70”delle Isole Tremiti.

La storia della “Pescaccia” di Arturo Santoro

Siamo intorno agli anni ’70, da poco Arturo Santoro siè classificato 3° ai campionati mondiali di pesca suballe Isole Eolie e le giornate alternano allenamenti,impegni pubblicitari e la realizzazione di fotoromanzi.

Ed è proprio in una di queste occasioni che Arturoconosce a Roma un alto dirigente della Volkswagenche gli propone la partecipazione a degli spot pubbli-citari per il nuovo pulmino VW T2. E’ un momento d’oro per Arturo, successi sportivi efama lo premiano con impegni continui in Italia e nelmondo. Nel frattempo partono le registrazioni per laVolkswagen e Arturo conosce un po’ più approfondi-tamente la casa tedesca e le proposte auto.Si innamora di un duetto VW-Porsche (prototipo) infase di produzione e ne conferma subito l’acquistocon un acconto.

Nello stesso tempo rendendosi conto di poter dareuna mano ai suoi amici Tremitesi che, chi con alber-ghi o pensioni, si affacciavano all’attività del turismo,cerca di far avere loro quei Pulmini che tanto cerca-vano ad un prezzo speciale.Alla fine, grazie al buon Arturo, ben 10 pulmini sbar-cano alle Isole Tremiti.

Del duetto niente…, slitta la consegna per problemi diproduzione.

Nel frattempo viene contattato anche per collaudareuna VW Typ 181 modello Pescaccia adattata a veico-lo anfibio e da immettere nel mercato.Tutte le prove e il collaudo finale nel lago si trasforma-no in un flop e la macchina viene trasformata in unveicolo d’attrazione ed esposto a Foggia presso laconcessionaria VW Crugniale.

Arturo scalpita, vuole il duetto. Passano alcuni mesi ealla fine gli comunicano che l’auto non verrà più pro-dotta.L’acconto era stato versato… e la soluzione a questopunto la trova nel ritiro di quella “Pescaccia” che tantoaveva provato e guidato e che ben si adattava allestrada sterrate di San Domino.Sbarca a Tremiti con la sua nuova auto che comun-que lì lascia, per essere utilizzata solo per fare su egiù dal porticciolo tutte le volte che tornava a casa.O meglio, questo doveva essere il suo scopo. In real-tà diventa la macchina di tutti e tutte le volte che rien-trava alle Isole Tremiti mai la macchina era dovel’aveva lasciata, costringendolo tutte le volte a muo-versi e salire verso casa a piedi.La storiella andò avanti comunque per molto, nono-stante le “Arturo” raccomandazioni, tanto i suoi amiciTremitesi sapevano, che dopo la sfuriata dei primiminuti ci si sarebbe ritrovati tutti a chiacchierare e afarsi raccontare le nuove avventure del campione.

Ennesima gara, ennesimo viaggio e ritorno conattrezzatura sub, borse e valige al seguito. Il tempo dimettere piede sull’Isola sotto un sole forte e accecan-te a cui però aveva posto rimedio con un grande cap-pello e dei ray-ban, guardarsi intorno e scoprire che

VOLKSWAGEN TYPE 181 PESCACCIA 1969

Giocando sulla somiglianza con la Kübelwagen, Volkswagen produsse in pic-cola serie tra il 1969 e il 1979 un mezzo, sempre su base Käfer, per il fuori-strada leggero : la "Pescaccia", apparsa anche in alcuni film di guerra come"controfigura" delle ormai introvabili Kübelwagen. Nel suo breve periodo divendita, metà produzione fu acquistata dall'esercito tedesco. Dotata del moto-re da 1493cc, aveva una carrozzeria in lamierati stampati e un tetto in telacome l'illustre progenitrice.CARATTERISTICHE TECNICHE :Cilindrata 1498cc, 44 cavalli a 4000 giri/minuto, RC 7.5:1, trazione posteriore,differenziale autobloccante a richiesta, freni idraulici, pneumatici 165 SR15M+S, peso 900kg, velocità 115km/h, consumo 12l/100km

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Subacquei durante una immersione sulla

“Pescaccia”.

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L’altro Tesoro delle TremitiFranate, secche, grotte e pareti che si spingono giù nel bluprofondo ricche di vita, colore e frequentate da ogni speciedi vita pelagica.

Le Isole Tremiti sono state dichiarate riserva marina con D.M. del 14 luglio 1989. Dal 1996 l’area è parte del Parco Nazionale del Gargano che ne è anche gestore. La riserva non limita in maniera significativa le immersioni nella zona.

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Gerardia savaglia (Savalia savaglia)comunemente chiamato “Falso corallo nero”

Le Isole Tremitinon finiscono di stupireTrovato un “corallo”di 2500 anni

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Un Arcipelago poco conosciuto, manon c’è dubbio… per i subacqueiun vero paradiso.

Le Tremiti sono un sito spettacolare per tutti quelli cheamano il mare.Al fascino tipico delle isole si aggiunge un’atmosferada luogo di confine, dovuto forse alla loro posizione allimite tra le acquee più profonde del sud dell’Adriaticoe quelle più a nord dove questo si avvia ad acquista-re le caratteristiche forse più usuali e conosciute, fattesoprattutto di bassi fondali sabbiosi.Un luogo magico, quasi un punto d'incontro per tuttele forme di vita che popolano i fondali di questa por-zione di mare che in determinate ore o periodi sem-brano proprio darsi appuntamento qui, con il soloscopo di regalare emozioni ai subacquei.Ogni Isola si caratterizza per la sua morfologiaambientale, regalando una grande varietà e un grannumero di immersioni che si adattano perfettamente atutti i livelli di esperienza e preparazione subacquea.

L’Isola di San Domino per esempio, è caratterizzatada fondali e percorsi subacquei che si sviluppanomaggiormente sotto costa e all’interno di cale. Quasitutta l’isola e nella Zona C della Riserva Marina e sulversante sud-est, il fodale scivola fino ad una profon-dità massima di 25 metri con ambienti ricchi di alghe,posidonia, agglomerati rocciosi, ghiaia e sabbia, idea-li per osservare polpi, nudibranchi, negli anfrattimagnose, gamberi, aragostine, groghi e scorfani. Sulfondo ghiaioso triglie, rombi, pesci prete, quest’ultimiveri maestri di mimetismo. Nella Posidonia non man-cano splendide pinne nobilis, tordi e nel blu, alzandolo sguardo, saraghi, donzelle, castagnole e salpe.Solo sul versante sud dell’Isola, quella denominataPunta Secca, e zona B della Riserva, il fondale modi-fica la sua caratteristica aprendosi a una dorsale roc-ciosa che precipita da subito a profondità notevoli eanche oltre i 45 metri, regalando la possibilità diosservare (per i sub più esperti) anche pelagici dimole come dentici, barracuda e ricciole.

L’Isola di San Nicola, invece si presenta con un fon-dale ricco di agglomerati e grandi massi tali da rende-re i percorsi subacquei articolati e divertenti. Anchequi sicuramente il versante più interessante è quellosud-est. A differenza dell’Isola di San Domino su que-sto versante la batimetrica dei 25 metri determina ilnetto passaggio da un ambiente ricco di spaccatureed anfratti ad un ambiente sedimentoso che declina aprofondità notevoli con alcune secche interesanti mamolto impegnative.Di queste quella del Ferraio è sicuramente l’immersio-ne che può regalare incontri speciali. Unico concen-trato di grandi massi in una zona pressoché desertica,questa si presenta come valido riparo, nascondiglio ezona di caccia per molte forme di vita stanziali, bento-niche e pelagiche. Per questo è facile qui incontraregrandi scorfani, polpi, gronghi di mole, murene, astici,

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Cicala grande di mare o magnosa (Scyllarides latus Latreille, 1802)

Janolus cristatus (Delle Chiaje, 1841)

Alghe e donzelle

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Corallo Nero(Anthipahes subpinnata)

Il Corallo Nero ha una struttura molto ramificata, con rami similia folti ciuffi bianchi con sfumature color cenere.Presenta polipi grandi qualche millimetro aventi 6 tentacoli cortie non pinnati, e questo la classifica tra gli esacoralli.Alle isole Tremiti questa colonia è tra le più superficiali delMediterraneo

Gorgonie(Paramuricea clavata)

Tra le gorgonie del Mediterraneo la Paramuricea è sicuramentela più bella, la più appariscente e anche la più grande. Spoettacolari quelle bicolore delle Tremiti.Il colore dominante della specie è il rosso carminio con tendenzaoccasionale al violetto, ma in alcuni luoghi del Mediterraneo ealle Tremiti, le estremità di alcune ramificazioni assumono unacolorazione gialla molto intensa, con il risultato che la gorgonia sipresenta praticamente bicolore.

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musdee e notevoli, per numero e dimensioni, arago-ste ed in periodi particolari, pescatrici giganti.Anche se solo questi avvistamenti sarebbero suffi-cienti a soddisfare subacquei esigenti, non passeran-no di sicuro inosservati, alcionari, nudibranchi, gaste-ropodi, spugne che colorano in maniera impeccabilegli agglomerati rocciosi. In un ambiente così ricco nonpotevano mancare i predatori. Infatti dentici, orate epalamiti qui sembrano quasi pattugliare tutta la zonain maniera ossessiva e regolare, consentendo osser-vazioni anche a distanza ravvicinata.

Regina delle Isole per spettacolarità di ambiente èsicuramente Caprara.Qui veramente la natura non ha accettato nessuncompromesso. Le immersioni sono straordinarie e traqueste quella denominata la Secca di Punta Secca, aragione considerata una delle 10 più belle delMediterraneo, lascia a bocca aperta chiunque. Unadorsale rocciosa con una parete completamente colo-nizzata da spettacolari gorgonie (Paramuricea clava-ta), bicolore, rosse e gialle, di grandi dimensioni , con-tinuamente trafficata da banchi di ogni specie: casta-gnole, mennole, saraghi,salpe, occhiate, tanute cheogni giorno ogni momento sfidano l’agilità e aggressi-vità di dentici, barracuda, palamiti e tonni. Ma Caprara non è solo questo…. Il pianoro delle cernie, la secca del corallo nero, calacaffè, cala dei turchi, i picchi di Elena o la secca dellaVedova sono solo alcune delle immersioni che leTremiti sono in grado di offrire e che difficilmente siposso dimenticare.

Insomma una Riserva Marina spettacolare e una bio-diversità unica da conoscere e conservare.

Tremiti: un MARE di vitaè il nuovo volume che vi consentirà di ammirare escoprire le meraviglie del suo mondo sottomarino.

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Pesce prete (Uranoscopus scaber)

Granchio facchino (Dromia personata)

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si ringrazia per la collaborazione alla stesura di questo volume

Dott. Arcangelo AlessioSoprintendenza per i Beni Archeologici per la Puglia

Taranto

Carabinieri Subacquei di Bari

si ringrazia inoltre

Università Politecnica delle Marche - DII Prof. Giuseppe Conte

Dott. Ing. Davide ScaradozziAncona

Ing. Michelangelo De Meo Manfredonia

Lanfranco TavasciFoggia

Foto di

Pippo CappellanoAdelmo Sorci

Giorgio MesturiniPaolo Fossati

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