Tredici mestieri

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La biografia professionale di Giulio Vannucci. Prefazione di Alessio Antonelli, sindaco di Cascina. Postfazione di Alberto Vannucci. Pubblicato nel marzo 2012.

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PresentazioneII senso non sta nell'opera in s ma in noi. Credo che il giorno stesso che nato questo racconto nata la consapevolezza di leggerlo tutto dun fiato e di immedesimarmi nello scrittore, amico e maestro di vita. Chiaro il bisogno d raccontarsi agli altri e di farli partecipi delle sue vicende. Il suo racconto pura testimonianza di atti vissuti che vanno girando dal passato al presente. Questa scrittura frutto di ricordi e una illuminazione momentanea dei fatti vissuti. Di questi nulla stato inventato, di sicuro. Giulio Vannucci ha dato a questi brani tutta la sua attenzione e verit. Con il passare degli anni sono cambiati i suoi pensieri che emergono dalla memoria come dei flash di un film. La storia di ciascuno di noi non casuale, sacra. E' straordinario come abbia conservato questo prezioso materiale documentale che porter molti a ricordare il passato lontano, a guardare indietro e a tanti giovani a comprendere un po' di pi il presente. Attraverso le immagini raccontate noi tutti possiamo essere partecipi di una narrazione silenziosa di tanti mutamenti avvenuti. Riportare alla memoria eventi che altrimenti andrebbero perduti, fermarli per sempre per poterli conservare e ricordare e trasportare nel futuro un obbligo morale per l'amministrazione comunale. Ringrazio Giulio per aver scritto queste sue pagine di vita che contraddistingue un passato dal quale possiamo solo imparare. Al lettore l'augurio di trovare in questa biografia un insegnamento perch senza memoria 2

del passato non pu essere/ piena consapevolezza del presente e del futuro.

Il Sindaco di Cascina Alessio AntonelliFebbraio 2012

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Nel caso in cui qualcuno Nel caso in cui qualcuno volesse avvicinarsi alla lettura di queste pagine desidero sappia che non un romanzo, non un saggio di qualche tipo, non una autobiografia. E semplicemente un racconto sul lavoro che indubbiamente uno degli aspetti pi importanti, insieme alla famiglia, della vita di un essere umano. Lo stimolo a cimentarmi con un obiettivo di una certa complessit mi stato offerto dalla lettura di un quotidiano dove ho trovato, con un certo moto di sorpresa, un articolo di Goffredo Fofi sul mondo delle tecniche Freinet. Come si pu arguire dalla definizione le Teniche Freinet sono un sistema di insegnamento apprendimento, applicato per primo da un maestro francese, Celestin Freinet che sviluppa e motiva il lavoro scolastico aiutato da una vasta serie di procedure che esaltano un sistema di profonda responsabilizzazione degli allievi. Il sistema molto complesso e presuppone una vasta gamma di procedure. Poi, nella quasi normale definizione del sistema, viene chiamato il metodo della stamperia a scuola perch, effettivamente in buona misura il percorso di autoapprendimento degli alunni

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incentrato principalmente, ma non esclusivamente, sulla stampa a scuola. Larticolo mi ha richiamato il mondo che stata la mia vita, che ho perduto, ma che ho ancora intera dentro di me. Vorrei tratteggiarla in poche parole, cosa che credo sia impossibile. E certo che l'articolo stato uno spunto molto forte per ripensare a quelli che sono stati i passaggi che mi hanno formato e che hanno contribuito a costruire il carattere che mi riconosco e che si definito attraverso esperienze di vita e di lavoro che penso siano abbastanza significative.

Partirei da un episodio Partirei da un episodio che credo abbia non poco condizionato la mia vita. Dopo che ebbi ottenuto il diploma di maestro che raggiunsi facendo, durante le vacanze estive, il falegname nella piccola bottega artigiana di mio padre, feci domanda alla Direzione Didattica di Cascina e, visto il mio voto di diploma, risultavo primo nella graduatoria per le supplenze nelle classi maschili che allora erano una situazione normale nelle sedi pi grandi. Fui chiamato per un paio di supplenze di pochi giorni e poi con un giochetto (forse architettato ad arte!) mi assegnarono una supplenza di due giorni e il secondo giorno fu assegnata una supplenza di oltre un mese al secondo in graduatoria che, guarda caso, era figlio di un maestro. La conseguenza fu che per i punteggi acquisiti non ero pi primo in graduatoria e quindi l'anno dopo non feci neanche un giorno di supplenza.

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Mio padre mi raccapezz un lavoro di "ragioniere" in una ditta di vendita di legname, ma in effetti il pi del lavoro era quello di caricare e scaricare i tavoloni di legno sia quando venivano i clienti sia, ancor peggio, quando arrivavano i camion carichi di tavole con tutti quanti mobilitati a scaricare e a portare sulle spalle le tavole da stivare nei magazzini (a quei tempi non usavano i muletti!!). Nel frattempo mi ero iscritto alla facolt di lingue dell'Universit di Pisa e a pezzi e a bocconi arrivai in qualche anno a dare 17 esami sui venti della laurea in Lingue. Anche in precedenza, come ho fatto cenno pocanzi, nel corso degli studi allIstituto Magistrale di Via Sant Anna di Pisa cercai di attenuare i sacrifici che la mia famiglia doveva sostenere per far ottenere un diploma al figlio maschio. Per loro era una specie di riscatto sociale anzi, specialmente da parte di mio padre, diventava una forma di affrancamento dai vincoli della prepotenza del padrone e quindi con un significato di natura prettamente politica. E questo tentativo di temperare il peso dei sacrifici che avrei imposto alle famiglia cominci fin dalla scelta del tipo di Istituto che avrei frequentato. Mi sarebbe piaciuto divenire geometra, cos come molti dei miei compagni della terza media, diversi dei quali sono poi divenuti importanti impresari nel campo delle costruzioni. Mio cugino Alvaro mi illustrava la situazione di un suo amico che, raggiunto il diploma di maestro, aveva fatto il concorso nella provincia di Trento e quando tornava a Cascina per le vacanze magnificava il lavoro e le condizioni di vita che aveva incontrato in quella parte dItalia.

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Infine, una mattina, con il denaro per liscrizione alla scuola superiore e carico di tanta incertezza, mi avviai alla stazioncina di San Benedetto del trammino che correva lungo la Via Tosco Romagnola da Pisa a Pontedera. Alla stazione incontrai una mia compagna di scuola, la Emilia, di un anno maggiore di me. Aveva frequentato la prima magistrale e magnificava una scuola con tutta una serie di aspetti positivi, ed uno in particolare: a differenza di tutte le altre scuole superiori aveva la durata di quattro anni e non di cinque. Anzi insisteva nel dire che lanno scolastico che cominciava il primo giorno dottobre sarebbe stato lultimo con la durata di quattro anni, perch dal successivo sarebbe passato anchesso al quinquennio. Cosa che in effetti avvenuta, non lanno successivo bens dopo una ventina danni. Certamente la scelta non fu guidata dal necessario percorso di indagine e di convinzione. Debbo tuttavia constatare che tanto il percorso, quanto, poi, gli esiti che ho raggiunto e realizzato nel corso della vita hanno corrisposto in misura elevata alle mie aspirazioni.

Ho percorso gli anni di studio Ho percorso gli anni di studio senza difficolt, fino al raggiungimento dellesito finale con una votazione ben superiore alla sufficienza. E devo dire che non dovetti affrontare situazioni critiche, salvo una dalla quale uscii con un colpo di teatro. Eravamo alla fine del secondo anno e, scioccamente, ebbi un vivace diverbio con la

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professoressa di Disegno (la quale poi allesame di licenza mi attribu un bel 9). Temevo di essere rimandato ad ottobre e dopo molto riflettere decisi di affrontare la questione con Matilde! Era la moglie del Preside, docente di Lettere, severa quanto possibile, inflessibile nel pretendere correttezza e totale adempimento dei compiti. Per farla breve, eravamo agli ultimi giorni di scuola, laspettai per strada, la raggiunsi, la salutai, le chiesi se voleva che le portassi i voluminosi pacchi di compiti e di registri e lei acconsent. Poi le raccontai la sciocchezza che avevo fatto nel contestare la professoressa di Disegno e le chiesi se poteva intercedere in mio favore. Ovviamente non so cosa Matilde abbia detto o fatto, per sul tabellone degli scrutini finali a disegno avevo una belle sufficienza. E lepisodio ebbe anche un seguito che mi gratific non poco. Nei rimanenti due anni Matilde ebbe un atteggiamento nei miei confronti che a dir poco talvolta mi metteva a disagio per certe situazioni e comportamenti di evidente e imbarazzante favoritismo. Quelli del Magistrale furono anni molto positivi per tanti motivi fra cui certamente lacquisto di numerosissime amicizie che si sono mantenute nel tempo. Una di queste ebbe un ruolo molto importante: Giuliana, conosciuta nel tragitto in treno Cascina-Pisa e legata negli anni della scuola da profonda amicizia, dopo un po di anni, divenne mia moglie!

Fin da ragazzo passavo

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Fin da ragazzo passavo ogni momento libero nella bottega da falegname di mio padre, che aveva due apprendisti, miei coetanei, con i quali oltre al lavoro condividevo i giochi e talvolta gli scherzi anche abbastanza cattivelli con i quali giovani e adulti erano soliti alleggerire il peso del lavoro. E il peso cominciai a provarlo anchio perch, in modo del tutto autonomo da mio padre cominciai a lavorare e a produrre tanto da mettere insieme il denaro che mi avrebbe permesso di non essere di peso alla famiglia. Unestate realizzai due camere da letto di tipo ponsacchino composte da armadio a 4 ante, letto, com, due comodini e la toelette che poi mio padre vendette in bianco, cio prive di lucidatura, e incass una cifra abbastanza elevata da essere pi che sufficiente per il mio mantenimento allo studio. Lestate successivo esplose un lavoro, svolto prevalentemente da donne che, su un telaio di legno con file di chiodini senza testa, distanziati di un centimetro luno dallaltro, incrociavano il filo di lana che poi fermavano con nodi fatti in tutti gli incroci dei fili, fin quasi a creare, una volta tolti dal telaio, una specie di tessuto a maglie larghe. Normalmente i telai erano di forma geometrica: rettangolare per le sciarpe, triangolare per il copricapo. Ma poi qualche piccolo genio invent una forma complessa, un rettangolo di un paio di metri di lunghezza e un metro e mezzo di larghezza con i quattro angoli svuotati di uno spicchio rotondeggiante e, dal centro di uno dei lati pi lunghi un piccolo rettangolo vuoto fino quasi alla met del rettangolone. Completava lo strumento la solita fila di chiodini senza testa che si disponevano su tutto il contorno

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perimetrale. Una volta incrociato il solito filo di lana e effettuato il lavoro di annodatura veniva fuori una forma che, piegata in due e cucita in quelle che sarebbero divenute le maniche, era una lisese, cio una maglia da letto. Venivano persone anche da Pisa e da Pontedera, oltre che da tutte le frazioni del comune di Cascina, a cercare il giovane che costruiva questo tipo di telaio e io ne facevo anche due o tre al giorno ed ebbi un risultato economico assolutamente positivo. Poca la spesa di materiale, in pratica quella di un foglio di legno compensato e poi per sostenere la struttura gli scorci del cantone della bottega: quindi a costo zero. Ma ancor pi interessante fu il lavoro delle vacanze dellultimo anno di scuola. A Pisa in Corso Italia cera un grande emporio dal nome PTB (Per Tutte le Borse); venne acquistato dalla UPIM e una importante Ditta di Cascina ebbe lappalto dei lavori di trasformazione totale degli scaffali e dei banconi. La grossa ditta che ottenne lincarico, impegnata quasi costantemente in lavori di grande pregio per ricchi privati, ma anche per Ministeri e Vaticano, pensava forse che quello fosse un lavoro non adatto per lei; si ritagli certamente un suo profitto e affid il lavoro in subappalto a mio zio Tosello, anche lui falegname con piccola bottega, e a mio padre. Il lavoro che dovevamo fare era quello di riadattare tutti i banchi di vendita e gli scaffali allo stile della nuova catena di vendita. Il lavoro consisteva nello smontaggio di tutto larredo e, in particolare, dei banchi di vendita che avevano il fronte obliquo dallalto verso linterno e dovevano invece essere trasformati con un apposito riporto con il fronte obliquo verso lesterno.

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La prima fase del lavoro fu quella di smontare tutti i banchi di vendita e, mentre ero al lavoro con le porte aperte verso Corso Italia e unica protezione una serranda a maglie larghe, vedevo passare compagni e compagne di scuola che facevano il classico struscio nella strada principale della citt. Confesso che se potevo evitavo di farmi vedere, anche se a ben pensare doveva essere motivo di orgoglio da parte mia il fatto che mi dessi da fare per aiutare la famiglia. Lavorammo praticamente lintera estate, portammo tutti i banchi in una corte di Marciana occupandola interamente e cominciammo il lavoro di trasformazione. Allaperto, sotto il sole, cera una decina di persone che pialla, sega e martello a portata di mano trasformavano i banchi e gli scaffali secondo la richiesta. E finito il lavoro a Marciana cominciammo il montaggio nei locali del negozio. Ridipinti con i colori della nuova ditta sembrava che fossero del tutto nuovi, e, per la verit avevamo fatto un bel lavoro che, questo fu molto importante, mi consenti di riscuotere come fossi un falegname provetto. Beh, in effetti ho poi esercitato il lavoro di legnaiolo ogniqualvolta si rendesse necessario e in tali occasioni approfittavo della grande bottega di mio cognato Silvano il quale, quando mi guardava al lavoro spesso mi apostrofava: che peccato! Saresti stato un artista nella lavorazione del legno. Una frase che mi faceva piacere, per sono del tutto soddisfatto della variet e delle caratteristiche dei lavori che ho fatto.

Uno di questi rappresent

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Uno di questi rappresent unesperienza abbastanza singolare. Infatti mio padre rilev un negozio di mobili a Villafranca Lunigiana e io fui destinato a fare il venditore di mobili, facile stabilire l'anno, il 1958, perch era quello della vittoria di "Volare" a Sanremo e rimasi molto colpito da quel canto sublime che sentivo canticchiare da tanti,. Il negozio era vicino alla stazione ferroviaria e in un locale adiacente funzionava un centro sociale frequentato da un gruppo di giovani con i quali feci subito amicizia e alleviarono non poco il senso di solitudine che provavo tanto lontano da casa. C un episodio che mi piace ricordare, eravamo nel febbraio 1959 quando ricevetti una telefonata (al posto pubblico) da mio padre che mi informava che la Scuola media di Cascina mi proponeva una supplenza di educazione fisica (allora i maestri potevano aspirare a incarichi di educazione fisica) ma avrei dovuto prendere servizio alle 4 del pomeriggio dello stesso giorno. Treni utili non ce ne erano e lunico mezzo che avevo per muovermi era un motorino Zundapp. LAndreina (una signorina di una 40na danni che gestiva una bottega di generi alimentari) mi prest una cuffietta da pilota dauto, una sciarpa e un paio di guanti e, coperto al massimo possibile, saltai sullo Zundapp e verso le 11 partii per fare i 100 e passa chilometri per arrivare a Cascina. Il freddo era assolutamente feroce e quando arrivai alla bottega di mio padre ero cos stecchito che infilai mani e piedi dentro il fuoco della stufa dove veniva tenuta in caldo la colla da falegname. Ma alle 4 del pomeriggio ero alla scuola e feci, credo positivamente, il mio breve lavoro se anche ora

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quando incontro qualcuno dei ragazzi di allora mi saluta con affetto e mi ricorda alcuni episodi di quel tempo, forse perch avevo portato la novit di un rapporto con loro molto aperto e attivit impostate a novit e considerazione della persona. Finita la supplenza tornai a Villafranca e vi rimasi fino al Settembre 59 quando affittammo una casa e parte della famiglia si trasfer laggi. Tra laltro mia sorella si fidanz e poi si sposata con un villafranchese.

Ritornato di nuovo Ritornato di nuovo a Cascina, con laiuto di un amico di mio padre, direttore di Banca, trovai da lavorare in una ditta di prodotti ortofrutticoli a San Frediano a Settimo dove, conoscendo un po di inglese e un po di tedesco avrei dovuto fare il Corrispondente, insieme a molte altre cose sempre per dufficio. La cosa che risultava ossessiva era lorario di lavoro: dalle 8.30 la mattina fino alle 13, poi dalle 14.30 fino a le 10, le 10,30 le 11 della notte, chiss?, comunque sia fino alla fine della dettatura dei telegrammi che informavano le ditte straniere del numero e dei documenti doganali dei vagoni che erano stati spediti nella giornata. Arrivammo alla vigilia di Natale e non avevo visto neanche una lira. Finalmente mi chiam il figlio del titolare e qui avvenne il seguente dialogo: beh, Giulio, quando che sei venuto qui da noi? Risposta: allinizio del mese di settembre. Di nuovo il figlio del titolare: Va be, via! settembre non conta. Si parte da ottobre. E con

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queste parole prese il blocchetto degli assegni e mi mise in mano un assegno. Guardai subito limporto e mi vennero le lacrime agli occhi: 45.000 lire. 15.000 lire al mese per una vera e propria schiavit. In compenso mi dette una gabbia da cavolfiori piena di carciofi, un panettone, due bottiglie e altre cianfrusaglie. Arrivai a casa e le lacrime divennero pianto tanto che avevo in mano la gabbia che gettai a terra rompendo le due bottiglie e procacciando una puzza da ubriaco che aleggi per la casa per due o tre giorni.

Poi, quasi per un meritato compenso Poi, quasi per un meritato compenso, arriv una lettera da una ditta Svedese che era in rapporti commerciali con la ditta dove lavoravo. Nella lettera si richiedeva una persona che conoscesse lInglese per svolgere il lavoro di interprete. Non ci pensai molto, quasi lo stesso giorno risposi dando la mia disponibilit a trasferirmi in Svezia. La cosa curiosa che dopo qualche giorno arriv unanaloga lettera dallInghilterra in cui si faceva una richiesta analoga alla prima. Non fu facile la scelta, anche perch in famiglia mi spingevano ad annullare la disponibilit per la ditta svedese e scegliere lInghilterra dove, peraltro, vivevano dei lontani parenti che per loro sembrava potessero rappresentare un punto di appoggio per eventuali necessit. Supposizione sbagliata perch questi parenti vivevano a Nairn nel nord della Scozia, quindi quasi lontani come lItalia..

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Prevalse un modo di essere che proveniva da mio padre: data la parola dobbiamo essere fedeli e rispettarla. E la rispettai! A met gennaio del 1960, una domenica pomeriggio verso le 4 arriv a casa mia la donna di servizio del titolare della ditta di San Frediano e mi disse che cera un signore che cercava Julio. Andai in ditta e incontrai Hans Norlin, titolare della Ditta di import di frutta e verdura Fruktnorlin, Kungsgatan,76 Stockholm, il quale mi chiese se ero pronto a partire con lui per la Svezia. Gli spiegai che non potevo partire immediatamente perch non avevo il passaporto ed ero vincolato dagli obblighi militari, quindi mi occorreva un po di tempo. Rimanemmo daccordo che avrei telefonato quando ero pronto. In tempi brevi ebbi il passaporto per motivi di studio e per la validit di tre mesi. E quindi potevo prevedere di partire nella prima decade di febbraio. Nei contatti telefonici, dalla sede della Ditta (il telefono in casa era cosa da signori!), mi arriv la proposta di incontrarci a Milano Linate il giorno 12, possibilmente con la disponibilit di unauto per poter far visita ad alcune ditte della Romagna. Lunico patentato era mio cognato Vando, Noleggiammo una Fiat 1100 e partimmo; facemmo una sosta a Villafranca per salutare la mia sorella e la mia mamma e poi proseguimmo sulla strada della Cisa in mezzo a una forte nevicata. Ce la facemmo con una certa difficolt, ma finalmente arrivammo alla pianura e verso lora di pranzo eravamo davanti alla stazione centrale di Milano. Lincontro con Hans non fu affatto semplice perch invece che a Linate laereo fece scalo a Malpensa e quindi mediante i comunicati sapemmo

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che i passeggeri in arrivo a Milano sarebbero arrivati alla Stazione Centrale. A pomeriggio inoltrato incontrammo Hans Norlin a Milano Centrale e partimmo subito per le visite che Hans aveva programmato nella zona frutticola dellEmilia Romagna. Visitammo un paio di ditte di cui ricordo ancora il nome Coop Cotignola e Ditta Manuzzi e capii che quello non era altro che lesame per vedere se ero idoneo al compito per cui venivo reclutato. Nei rapporti con le Ditte Italiane di esportazione mi imbattei in un episodio particolare che credo debba essere ricordato. Al ritorno dallEmilia andammo infatti al mercato ortofrutticolo di Milano dove aveva sede una delle Ditte che era in rapporti daffari con Fruktnorlin. Dopo il colloquio i titolari della ditta italiana ci offrirono il pranzo in quello che era considerato allora uno dei migliori ristoranti di Milano, la Trattoria da Giannino. Nel corso del pranzo uno dei titolari mi disse: Naturalmente per ogni vagone di merce avrai la stessa percentuale che davamo al tuo predecessore. Risposi che ricevevo la paga dalla Fruktnorlin e tanto mi bastava. Va detto che io non sapevo ancora quanto la Fruktnorlin mi avrebbe dato di retribuzione. Hans si fece accompagnare ad una agenzia di viaggio per prenotare il biglietto aereo anche per me. Non cera disponibilit e di conseguenza decidemmo che avrei fatto il viaggio in treno. Fu un modo di mettermi alla prova come viaggiatore in Europa: la prima volta di un viaggio tanto lungo, la prima volta che attraversavo una frontiera, lincognita circa le mie capacit di

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comunicazione con persone di lingua diversa. Credo di essermela cavata abbastanza bene! Partii la sera in treno. Lorario di partenza era verso le sei del pomeriggio, e allinizio il treno era affollato di persone dirette nelle citt a Nord di Milano con il forte brusio dei pendolari di ritorno dal lavoro. Poi, dopo un po avvenne il mio primo passaggio di una frontiera: passaporto, verifica valigia e controllo destinazione finale.

Non so sinceramente Non so sinceramente che effetto visivo proponessi: indossavo il miglior vestito che possedevo, completato da un cappotto di lana Casentino grigio con la rattinatura nera e, al collo, una meravigliosa pelliccetta di agnello nero. Il tutto era completato da una coppola in puro stile siciliano. Dopo il passaggio della frontiera il clima nel treno cambi sensibilmente. Il brusio si attenu e nello scompartimento in cui ero seduto si sistemarono dei signori ben pasciuti che, parlando in tedesco avevano una musicalit sorprendentemente dolce, considerato che il tedesco che conoscevamo era quello dei film di guerra con i tipici urli gutturali. Il tempo passava e, arrivati verso le otto/otto e mezzo, vi fu nel treno un specie di deflusso nella stessa direzione: le persone andavano nel vagone ristorante. Anchio avevo fame, ma anche tanta incertezza perch avevo in tasca 30 mila lire, che erano tante per lepoca, ma che sarebbero presto finite senza qualche sacrificio. Alla fine andai al ristorante. Presi il menu e scelsi la cosa che costava di meno. Una

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omelette ripiena di una specie di salsa besciamella con un po di funghi. Accompagnai lomelette con una buona quantit di pane e quindi salvai il portafoglio spendendo poco pi di mille lire. Inoltrandosi nella notte, pian piano il treno diveniva meno affollato, specialmente dopo il nodo ferroviario di Basilea, con le persone che si dirigevano in direzioni diverse, la Francia, linterno della Svizzera e, per quanto mi riguardava verso la Germania, con un nuovo pesante controllo doganale. Eravamo ormai verso la mezzanotte e il mio scompartimento si era quasi interamente svuotato, tanto che, insieme ad un altro passeggero, potemmo sistemarci per dormire un po. Non molto, per la verit, ai primi albori mi svegliai, avevamo viaggiato abbastanza e il paesaggio che si presentava ai miei occhi era ben diverso da quello che avevo lasciato. Avevamo infatti davanti agli occhi zone di dolci colline, prevalentemente con coltivazioni estensive, punteggiate da vaste aree a bosco. Rari erano i borghi, lindi, curati, cos come le stazioni ferroviarie. Il viaggio prosegu per tutta la mattina, incontrando nomi che avevo trovato nelle mie letture come Hannover, Amburgo, Lubecca ecc. Verso mezzogiorno il treno raggiunse uno scalo marittimo, Grossenbrode-Kai, dove il treno fu immesso su una nave-traghetto che, dopo un paio di ore arrivava a Gedser, gi Danimarca. Appena il treno si ferm nel corpo della nave, i passeggeri si affrettarono tutti verso una direzione ed io seguii un po lo sciame che alla fine raggiunse un grandissimo salone con un numero incredibile di tavoli riccamente apparecchiati e caratterizzato da un lunghissimo tavolo centrale pieno delle pi raffinate ricercatezze della cucina tedesca e danese. Io e pochi

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altri rimanemmo fuori, avevo paura che un pranzo in quel paradiso mi portasse via quasi tutti i soldi che avevo. Mentre traccheggiavo sulla tolda mi si avvicin un giovane pi o meno della mia et che mi chiese se ero spagnolo. Lui lo era e seppi poi che era un marinaio di un mercantile che aveva avuto un guasto vicino alle coste norvegesi. Il guasto era stato riparato nel porto di Bergen e lui stava raggiungendolo per riprendere la navigazione. Aveva il mio stesso problema, soldi contati per il viaggio e quindi insieme decidemmo di pranzare con un enorme wurstel con senape e ketchap. Peraltro solo dopo poco tempo seppi che la folla accorreva a quella tavola perch i prezzi erano assolutamente bassi grazie al fatto che partiti dal porto scattava un convenientissimo sistema di free shop per il pasto e per molte altre cose che in seguito ho sistematicamente utilizzato, in occasione dei quattro o cinque viaggi in Italia che ho fatto nel corso del tempo in cui ho lavorato alla Fruktnorlin. Con lamico spagnolo facemmo insieme il viaggio fino a Copenhagen dove lui prendeva un treno diretto a Bergen ed io dovevo prendere un treno diretto ad Halsingr. Confesso che ero un po in ansia per ricercare il binario del treno, quando mi si avvicin un signore di una eleganza straordinaria quasi in vestito da cerimonia, il quale mi apostrof in modo deciso: Tu sei italiano! Non era una domanda, era una sentenza! Prendemmo il treno per Halsingr e qui cominci una serie di affermazioni senza replica. Ad esempio: Tu vieni in Svezia per le donne o quante bottiglie di liquore hai portato ? Ed altre tutte legate ad aspetti che per me erano veramente sconosciuti. Quando gli dissi che andavo a lavorare alla ditta

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Fruktnorlin di Kungsgatan rimase assolutamente sorpreso che un pischello comero io andasse a lavorare come corrispondente estero commerciale in una ditta molto conosciuta con sede nella strada principale della Citt di Stoccolma, la Strada del Re. A questo punto mi sentii autorizzato a chiedergli cosa facesse lui in Svezia, mi dette alcuni flash di cose che l per l non afferrai. Capii solo che proveniva da Bordighera, aveva conosciuto delle turiste svedesi e con una aveva gi da tempo, non so bene se un rapporto matrimoniale o cosaltro. Lambiguit del linguaggio non mi permise di capire bene la realt. Sta di fatto che fosse un soggetto particolare dimostrato da altri episodi. Il treno si ferm alla stazione danese di Halsingr e noi dovevamo prendere il treno dalla stazione svedese della stessa citt. Per il passaggio chiam un taxi, salimmo, il taxi si mise in moto e fatti 50 metri si ferm davanti alla stazione svedese, che era semplicemente dalla parte opposta di una piazza. Mi permisi di ricompensarlo per gli aiuti pagando la spesa del taxi, ma la storia non era ancora finita. Entrati nella stazione mi chiese di andare in un angolo con le valigie. Qui apr le sue e dimprovviso apparvero sei o sette bottiglie di liquori vari. Due o tre di queste furono infilate nella mia valigia e la rigida perlustrazione della severa dogana svedese attribu ad entrambi una quantit tollerabile di bevande alcooliche. Sul treno per Stoccolma, dopo lattraversamento del Sund, forse sentendosi a casa, mostr maggiore riguardo nei miei confronti. Riprese le sue bottiglie, volle aprirne una e brindare con me allarrivo in Svezia. Il viaggio dur tutta la notte. La mattina,

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allarrivo a Stoccolma trovai ad aspettarmi il figlio di Hans Norlin, Pergunnar. Salutai lamico senza nome che ho poi rivisto ununica volta dopo diversi mesi in un rapido incontro proprio nel passeggio di Kungsgatan. Per prima cosa Pergunnar, a nome del padre, mi dette mille Corone, che a quel tempo, al cambio di 120 lire per corona, corrispondevano a 120 mila lire. In pratica tale somma rappresent il salario anticipato di quanto avrei percepito per tutto il tempo in cui rimasi alle dipendenze della Fruktnorlin ed era una retribuzione cospicua, se rapportiamo la somma a quanto prendeva un lavoratore in Italia, pi o meno intorno alle 30.000 lire. Poi Pergunnar mi fece vedere dove era esattamente la sede della ditta, mi indic un piccolo ristorante francese dove poter mangiare cibi mediterranei e, prima di lasciarmi, mi accompagn al FrlsningsarmenHotel in pieno centro della citt, dove mi era stata prenotata una camera, a spese della Ditta, e dove rimasi per un paio di mesi fino a quando la ditta affitt per me un piccolo appartamento nel quartiere di Bromma, vicino al vecchio aeroporto della citt.

In breve tempo mi resi conto In breve tempo mi resi conto di una circostanza abbastanza curiosa. Nel tempo libero, in centro citt, per non vegetare nella camera dalbergo, cercavo di socializzare con giovani della mia et, anche nei locali dellUniversit o nei locali tipo bar nei quali si incontravano persone della pi varia provenienza. Quando casualmente mi veniva richiesto dove abitavo

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e dicevo il nome dellalbergo accadeva talvolta che vi fosse da parte dellinterlocutore un accenno di sorriso. Solo successivamente, quando cominciai a conoscere qualche parola di svedese, mi resi conto che ero alloggiato nellalbergo dellEsercito della Salvezza. E mi resi ragione dei sorrisetti. Accennavo al notevole tempo libero. Lorario di lavoro e le stesse condizioni di lavoro furono per me una assoluta sorpresa. Cera unabissale differenza con lorario sanfredianese: infatti entravo al lavoro verso le 8,30, facevamo la pausa pasto dalle 11,30 alle 13 e alle 17 liberi e libera era anche lintera giornata del Sabato. Unaltra piacevole sorpresa fu quando, gi il primo giorno di lavoro, udii la voce dellinterfono che diceva Vnligen, caffet r frdig che tradotto vuol dire prego, il caff pronto. Infatti alle 9.30 e alle 15,30 tutto il personale della ditta si riuniva in una saletta per bere un caff accompagnato da pasticcini e Wienerbrd.

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Le centraliniste da cui proveniva il gradito invito

I colleghi erano semplicemente straordinari, uno in particolare: Julevi, che aveva, direi, il carattere di un italiano, estroverso e giocherellone. Poi ebbi modo di conoscere anche la famiglia infatti, come soggetto giovane e diverso credo di essere assurto al ruolo di mascotte della brigata. E per tale ragione venivo abbastanza spesso invitato a passare il week end nelle case di campagna che quasi tutti possedevano nelle numerosissime isole e isolotti di fronte a Stoccolma o nei piccoli paesi spersi in mezzo alle estesissime foreste di betulle e di pini che ricoprono la Svezia. Per questo particolare aspetto della mia vita svedese, ricordo un fine settimana in cui Hans Norlin volle avermi ospite nella sua stuga nel paese di origine dei suoi genitori. Partimmo in macchina, una Chevrolet Impala di misura chilometrica, la mattina di un Venerd.

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Percorremmo la strada principale verso il nord ben oltre Upsala fino ad arrivare a Kranfors da qui in direzione delle Alpi Scandinave fino ad arrivare a Norrker, un paesino sulla riva di un lago con vista sulle vicine Alpi. La stuga era veramente graziosa ed era molto spaziosa per essere una casa di campagna.

Sullo sfondo il lago e l'Impala di Hans Norlin

Astrid, la moglie di Norlin, in omaggio allospite italiano, prepar una enorme pizza, su cui aveva depositato una grande quantit delle verdure della ditta.

I tre mesi passarono

di

validit

del

passaporto

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I tre mesi di validit del passaporto passarono in un volo e di conseguenza andai al Consolato Italiano in Sveavgen con il timore che mi facessero delle osservazioni dato che sul passaporto era gi stampato un vistoso timbro con la dicitura tlandcorrispondent e il nome della ditta presso la quale lavoravo. Entrai nellufficio del Consolato e fui ricevuto da un signore piccolo di statura, di movimenti veloci e agitati, tanto che ebbi il timore che di l a poco sarebbe successo qualcosa per me molto spiacevole. Gli spiegai la mia situazione e il Console, perch tale era il signore con il quale parlavo, mi chiese di dargli il passaporto, lo apr ed ebbe un gesto di piacevole sorpresa. E poi sempre con fare espansivo esclam. Cascina! Cascina! Io ho studiato a Pisa e ho molti amici a Cascina. uno di loro, Savino, ha ancora un mio accendisigari e un mio revolver. Mi convalid il passaporto fino alla fine dellanno e mi assicur che non avrei avuto problemi per i futuri rinnovi. Vidi la firma e il timbro del Console: si chiamava Mario Orano. Dopo diversi anni, leggendo Kaputt di Curzio Malaparte incontrai il nome di Mario Orano, allora Console a Helsinki, negli anni in cui la Finlandia era in guerra contro LURSS, al quale Malaparte, passeggiando per le gelate strade della citt illustrava le sue idee sulla crudelt della guerra contro gli uomini e gli animali. Unaltra sorpresa la incontrai allorquando mi presentai alla sede dellICE (Istituto per il Commercio Estero) a Stoccolma. Aveva la sede in Htorget allaltezza del Palazzo dei Concerti. Salii le scale della sede fino allufficio del titolare, mi presentai e nel breve e freddo colloquio che avemmo venne comunque in luce che il titolare, un certo Attalla, era originario di Marciana di Cascina, dove il padre aveva una segheria per legno. Come solitamente facevo in Italia, mantenni labitudine di comprare il giornale che arrivava in serata nelledicola della stazione centrale di Stoccolma.

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Prendevo quasi sempre il Giorno, talvolta il Corriere della Sera o anche lUnit.

Una sera nellatrio della stazione Una sera nellatrio della stazione centrale mi si avvicin un giovane pi o meno della mia et che mi rivolse la consueta domanda sei italiano?. Alla risposta affermativa disse che anche lui era italiano, con la famiglia proveniente dalla Sicilia ma ormai da diverse generazioni stabilita a Roma. Passeggiammo e parlammo molto, prima di rifugiarci in un locale pubblico. Le notizie reciproche sicuramente generarono una forma di sorpresa e di desiderio di approfondire la conoscenza. Walter, questo era il suo nome, rimase stupefatto della definizione di tlandkorrespondent (corrispondente estero) marchiata a timbro sul passaporto e molto diversa da quella di plattdiskare (lavapiatti) che normalmente i giovani italiani si ritrovavano sul passaporto. Devo dire che anchio rimasi molto sorpreso quando conobbi il motivo della sua presenza a Stoccolma. Era arrivato da un po di tempo e, per lassenza di pi di un mese dal lavoro che aveva in Italia, aveva ricevuto lavviso di licenziamento. Era impiegato allAlitalia con un incarico molto singolare: faceva laccompagnatore dei facoltosi petrolieri americani, in modo particolare dei texani, poich era uno dei pochissimi che capiva e parlava il dialetto di quella terra. Aveva preso un periodo di ferie, aveva fatto sosta a Berlino e poi dallaeroporto berlinese, invece di

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partire per Roma, per riprendere il lavoro, prese il volo per Stoccolma. E di sicuro cera un valido motivo, infatti in uno dei suoi precedenti numerosissimi viaggi nei pi svariati paesi era giunto anche a Stoccolma dove aveva conosciuto una ragazza, Siv, da cui aveva avuto un figlio, Peter. Il nuovo incontro con Siv e la realt del piccolo Peter, port naturalmente Walter a fare il tentativo di fare famiglia. Ma la cosa cozz con il suo carattere assolutamente bizzarro. Tanto che, come era successo una prima volta, si vide messo alla porta da Siv che, ferma nel suo razionalismo scandinavo, non tollerava il modo di fare fantasioso e stravagante di Walter. Nella realt svedese del tempo non cerano tante difficolt a trovare un lavoro, basti pensare che non molti anni prima un buon numero di emigranti bresciani e bergamaschi, ingaggiati da una fabbrica siderurgica furono accolti alla stazione di Stoccolma con la banda. Walter trov un lavoro alla ditta di macchine da scrivere Facit dove aveva il compito di limare le sbavature dei corpi in alluminio usciti dalla fonderia. Non dur molto. Il suo carattere, la sua irrequietezza non si confacevano alla rigidit di unattivit statica e ripetitiva. Si licenzi e continu a vivere a Stoccolma grazie a un assegno mensile che gli inviava il padre, medico benestante nel quartiere Centocelle di Roma. Era anche orgoglioso; talvolta, alla fine del mese rimaneva senza una soldo, ma rifiutava decisamente che gli offrissi almeno qualcosa da mangiare. Magari, sfruttando il sistema svedese che al piatto unico ordinario veniva aggiunta una vaschetta di pommes frites che potevano essere

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ripetutamente riprese, Walter prendeva la mia vaschetta e si saziava facendosela riempire per due o tre volte. Devo dire che lamicizia di Walter, in un rapporto di assoluta contrapposizione culturale e anche ideologica favor enormemente la maturazione della mia personalit, formatasi, fino a quel momento, nel ristretto ambito della provincia pisana. Walter aveva un criterio del tutto puntato sul presente, tanto che solo da spezzoni di informazioni frammentate potei arrivare a capire alcuni aspetti della sua vita. Aveva seguito il normale corso di studi fino ai 16/17 anni e poi aveva abbandonato la famiglia e si era tuffato interamente nel mondo. Tra laltro, di intelligenza pronta e vivace e grazie ad una naturale particolare predisposizione in ogni luogo in cui si trovava riusciva in un tempo abbastanza breve ad impossessarsi della lingua. Parlava correntemente inglese e americano anche nel dialetto texano; il tedesco lo aveva appreso nelle bettole della Berlino anni 50 in specie quelle dove si riunivano i reduci dello sconfitto esercito nazista. Con simili maestri aveva maturato una concezione di spiccato razzismo per cui manifestava ammirazione per i popoli nordici e una specie di odio per i popoli mediterranei tanto che solo dopo molto tempo venni a sapere che la lingua che conosceva meglio era lo spagnolo che per si rifiutava di usare anche con spagnoli o latino americani. Ovviamente questi erano argomenti che ci facevano discutere animatamente, perch la formazione sicuramente meno cosmopolita che io avevo maturato mi portava al rispetto assoluto del

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prossimo, chiunque esso fosse. La mia formazione si era costruita infatti in ambito paesano dove ognuno conosceva, viveva e condivideva il bene e il male degli altri. Ed a proposito del paese si verific un episodio molto curioso che a posteriori veniva a testimoniare lo sviluppo che stava godendo la nostra Italia. Una mattina di normale lavoro mi chiam Lisbeth, la centralinista che normalmente mi passava .le telefonate dellItalia. Era tutta agitata e quasi non riusciva ad emettere alcun suono. Le dissi di stare calma e di passarmi la telefonata. E la telefonata arriv con questa espressione: al mio pronto segu una voce agitata con queste parole: Giulio, porcaccia m. ho dovuto sudare per poter parlare con te. Sono Cirano der Cecchetti e sono a Stoccolma. Superato lo stupore della novit, gli chiesi dove era e allorch mi rispose che era al Grand Hotel sullo Strand gli dissi di non muoversi, di aspettarmi che lo avrei raggiunto in un battibaleno. Cirano abitava a Marciana a pochi passi dove abitavo anchio. Seppi il motivo della sua presenza a Stoccolma: Cirano era un operaio di primissimo livello della ditta Bacci di Cascina, dove venivano prodotte delle modernissime macchine per la lavorazione del legno. Era stato inviato dalla ditta per una verifica sul funzionamento delle macchine vendute dalla Bacci in tutta la Scandinavia. Cirano fece base nel mio appartamento e per quasi un mese fu un vai e vieni per le principali citt della Svezia e poi anche della Norvegia e della Finlandia. Il Venerd sera Cirano arrivava regolarmente a Stoccolma e con Walter facevamo un terzetto molto affiatato.

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Dopo il mio definitivo ritorno Dopo il mio definitivo ritorno in Italia ho rivisto Walter due o tre volte. Lo invitai al mio matrimonio. Arriv il giorno prima, vide la cinta muraria di Cascina e volle percorrerla tutta punteggiando con assoluta competenza le caratteristiche militari del manufatto. Poi, disgraziatamente per me, alz gli occhi e vide la Verruca (la fortezza pisana, sul culmine del monte proprio davanti a Cascina) e immediatamente scatt la pretesa: io devo andarci. Giulio tu mi ci devi portare. Le mie osservazioni sul molto da fare alla vigilia del matrimonio non valsero a niente. Presi la macchina, arrivammo un bel tratto in alto verso la Verruca e poi, dopo una discreta scarpinata entrammo allinterno del forte. Anche qui Walter dette prova di una competenza storica di livello elevato.

Cirano esce dal portoncino della casa dove abitavo

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La cosa ebbe tuttavia un curioso codicillo: discesi dalla Verruca mi fermai dal parrucchiere per sistemarmi i capelli. Il locale era letteralmente pieno di clienti e, come usava in quei tempi, era in corso un animato dibattito che, guarda caso, aveva per tema le stupidaggini. Esempi di sciocchezze, idiozie, balordaggini, fioccavano una dietro laltra. Ad un certo punto un omino da un angolo della stanza chiese di essere ascoltato e, nel silenzio, sentenzi: di bischerate se ne fanno due sole nella vita, una quella di andare in Verruca e la seconda quella di prendere moglie. Rimasi quasi scioccato, come se avesse letto nella sfera di cristallo. Poi feci la riflessione: bene, in quattro e quattrotto mi sono tolto il pensiero. Diverse altre volte, senza alcun preavviso, Walter appariva a Cascina e si tratteneva da noi per vari giorni avendo come soggetto dei suoi insegnamenti il piccolo Alberto che, grazie a lui, divenne un convinto sostenitore degli indiani contro i soldati blu. Poi, dopo un lungo periodo di silenzio seppi che si era trasferito negli States, in particolare a Minneapolis dove pare si guadagnasse la pagnotta facendo l estate agent (lagente immobiliare). Passarono un po di anni, poi un comune amico, un certo Enzo, mi invi gli auguri di Natale e, in coda aggiunse che Walter era ritornato in Italia. Pochi mesi dopo, nella primavera 1992, avevo un corso di formazione a Roma e ne approfittai per fare la classica rimpatriata. Con Enzo ci demmo un appuntamento dalle parti del Circo massimo e insieme andammo a Castelporziano, dove Walter abitava in una palazzina

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del padre e dove ci aspettava. Salimmo tutti in macchina e decidemmo di intrattenerci in un ristorante del Lido di Ostia.

Walter sul terrazzo del mio appartamento di Stoccolma - Bromma

Tutti eravamo molto cambiati dai primi anni 60 e dal periodo svedese. Ma Walter aveva avuto un cambiamento anche psicologico e di condizione fisica. Aveva preso a bere in misura sregolata e gi accusava i sintomi della cirrosi. Lincontro non fu molto

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felice; Walter ed Enzo cominciarono una antipatica disputa sul niente, fino al punto in cui, con la scusa dellimpegno che mi attendeva, ed evitando ulteriori bisticci su chi avrebbe pagato il conto, andai a pagare e invitai gli amici a incamminarci sulla strada del ritorno. Non passarono molti mesi finch non giunse una lettera di Enzo che mi comunicava la morte di Walter. Volli ricordarlo e continuo tuttora a ricordarlo per le scarpinate nelle strade di Stoccolma, con Walter che incedeva in un modo alla Marlon Brando, di cui era una grande ammiratore e del quale cercava di imitare certi atteggiamenti e certe pose.

Poi la parentesi svedese si concluse Poi la parentesi svedese si concluse. Le insistenze dei familiari e di Giuliana riuscirono alla fine a convincermi per il ritorno a casa.

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Il ritorno - Gedser, la nave inghiotte il treno per Grossenbrode Kai

Mi era stato detto che a Cascina avrei trovato un lavoro presso una ditta di prodotti alimentari. Ma, una volta arrivato e presi i contatti con il titolare della ditta notai da parte sua un atteggiamento abbastanza sfuggente. Sta di fatto che parlando con un amico e accennatagli la questione, questo usc con una espressione assolutamente sconvolgente: ma che fai?

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Ti imbarchi su una nave che affonda? La ditta sullorlo del fallimento! Mi croll il mondo addosso! E ora che faccio? Furono giorni abbastanza tempestosi poi, non ricordo bene come avvenne, ricevetti linvito per un colloquio allhotel Palazzo di Livorno dove un signore dallatteggiamento manageriale dopo alcune domande mi propose di entrare nel sistema di vendita di Corsi linguistici. Ho svolto lattivit per circa due mesi, macinando chilometri e chilometri con la Bianchina usata che avevo nel frattempo comprato con i risparmi che avevo accumulato in Svezia. Il lavoro si svolgeva anche con risultati discreti nonostante la mia scarsa capacit di venditore e per la remunerazione legata al numero dei contratti acquisiti. Ben presto mi resi conto che in qualche misura provavo un senso di malessere perch ero diventato una specie di ingranaggio di un sistema dal quale non mi sentivo garantito di svolgere unattivit assolutamente utile ed eticamente corretta verso i clienti. E ci avveniva specialmente rispetto alle aspettative che padri e madri mostravano di avere per il futuro dei figli. Compravano il Corso come se una superficiale conoscenza dellinglese o del francese avesse avuto il potere di aprire tutte le porte di un ben remunerato lavoro. Risolsi il dubbio che mi angustiava; riconsegnai il pacco dei materiali dimostrativi e mi misi alla ricerca di una attivit pi normale e pi aderente anche ai miei principi, ispirati da mio padre, rigoroso anarcocomunista, che aveva guidato i figli a comportamenti

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sempre e comunque rispettosi delluomo e dei suoi reali bisogni. Attraverso un percorso di passa parola ebbi loccasione di mettermi in contatto con una ditta che produceva mobili in piccole serie. Nella laboriosa realt produttiva di Cascina, insieme a poche altre, la ditta presso la quale mi sarei occupato rappresentava un tentativo assolutamente apprezzabile perch aveva intuito che, alla realt italiana che si stava trasformando radicalmente, doveva corrispondere anche un sistema produttivo pi dinamico e rivolto ad un target pi popolare. Si trattava assolutamente di un tentativo che precorreva i tempi, o per lo meno di una coraggiosa scommessa di modificare la struttura produttiva del mobile cascinese che operava quasi esclusivamente nella realizzazione di pezzi unici di elevatissime caratteristiche artistiche.

Fui assunto ancora come ragioniere Fui assunto ancora come ragioniere e, debbo dire che, pur lontano dal tipo di lavoro e di trattamento alla svedese, rimasi nella ditta per pi di tre anni. Non solo, ma considerata la quasi raggiunta tranquillit per il lavoro e per la retribuzione, fui portato a riflettere sul possibile esito del rapporto di fidanzamento ufficiale che ormai da 6/7 anni mi legava con Giuliana. Una certa tranquillit economica, con Giuliana insegnante di ruolo nella scuola elementare ed io con

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un lavoro che appariva sicuro, ci indusse a pensare al matrimonio. Laccelerazione verso tale esito fu notevolmente stimolata da una imprevista ed inaspettata ma altrettanto benvenuta circostanza. Infatti, ricevemmo una inattesa visita a Cascina da parte di Hans Norlin, il quale arriv con la Fiat 600 targata AA 6392. Era la macchina dislocata in Italia e che io stesso avevo usato frequentemente utilizzato per motivi di lavoro con viaggi ancora in Romagna, e poi a Iesi, a Francavilla a Mare e a Ortona fino a Fiumicino, dove avevamo produttori ed esportatori di carote. Hans si trattenne pochissimo tempo a Cascina, mi chiese di accompagnarlo allaeroporto e mi dette in affido la macchina, invitandomi a farne luso pi ampio. Eravamo nel novembre del 61 e fino al febbraio del 62 non ebbi alcuna notizia dalla Svezia. La AA6392 era diventata abbastanza popolare nella zona grazie anche alla grossa S che campeggiava sul lunotto posteriore. La novit del febbraio, giunta tramite telefonata al posto pubblico di Cascina era costituita dalla richiesta di Hans Norlin di portargli la macchina a Stoccolma. Chiesi un po di tempo per verificare la possibilit del viaggio; ne parlai con Giuliana e decidemmo di avvalerci dellopportunit che ci veniva offerta per sposarci e fare il viaggio di nozze a Stoccolma, in unepoca in cui nelle usanze consolidate il viaggio di nozze aveva come meta Napoli, Pompei, o Venezia o, per chi aveva pi coraggio e pi denaro, la Svizzera o la Francia.

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Mio padre inizi immediatamente a fare i mobili per arredare la stanza che ci avrebbe ospitato una volta ritornati dal viaggio di nozze, ed ebbe laiuto di mio cugino Alvaro e dei titolari della ditta dove lavoravo.

Fissammo la data alla Domenica 18 marzo.. Fissammo la data alla Domenica 18 marzo, in piena quaresima tanto che dovemmo richiedere la dispensa vescovile. Considerate le convenzioni del tempo era abbastanza naturale che vi fossero delle illazioni di alcuni che pensavano ad un matrimonio riparatore.

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La AA6392 insieme alla favolosa "bianchina

Dopo i consueti festeggiamenti del matrimonio partimmo, con la AA6392, per la Svezia. Facemmo sosta a Bologna, cercammo un albergo ma cera la mostra della calzatura e quindi rien da fer. Idem a Modena dove cera una esposizione canina a carattere nazionale. Insomma dopo altro pellegrinare arrivammo in una cittadina dove potemmo finalmente passare la nostra prima notte di matrimonio. Il luogo e il nome

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venivano a significare simbolicamente il corso futuro del nostro matrimonio, come aggregato di meccanismi delicatissimi e perfetti che, messi insieme, venivano a produrre un sistema assolutamente perfetto: eravamo infatti arrivati al Gatto Verde di Maranello, a tre passi dalla Ferrari. Il resto del viaggio fu un lento avvicinamento alla meta con soste a Innbruck, Heidelberg, Amburgo, Hssleholm e, finalmente, a Stoccolma. Innumerevoli gli episodi molto curiosi, specialmente con Giuliana che per la prima volta usciva del nido di Cascina. A Stoccolma fummo ospiti per una decina di giorni nella casa di Hans Norlin, spersa nei boschi del quartiere residenziale di Liding, in una delle numerose isole dellarcipelago. Pian piano emerse il disegno che Hans aveva in anima, quello di impegnarmi di nuovo nella Fruktnorlin e a tal fine illustr a me e a Giuliana quale sarebbe stato il trattamento economico e i benefit che ci avrebbe garantiti, quali un appartamento, e un paio di viaggi in Italia ogni anno. Era sicuramente una proposta allettante, per Giuliana si mostr decisamente contraria, principalmente per il fatto che lei godeva di una situazione di assoluta sicurezza nel lavoro. Per la verit non cera bisogno di convincermi; anchio ero pienamente daccordo di costruire la nostra famiglia in Italia e quindi dopo i dieci giorni a Stoccolma prendemmo il treno per fare ritorno a Cascina. Un curioso episodio accadde nella traversata tra Gedser e Grossenbrode Kai. Eravamo, io e Giuliana, comodamente seduti a uno di quei tavoli pieni di ogni ben di dio quando ci avvicinarono due giovani pi o

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meno della mia stessa et che mi rivolsero la domanda ormai rituale: Sei italiano?. Alla risposta positiva, chiesero se potevano sedersi al nostro stesso tavolo e immediatamente cominciarono a fare dei commenti e delle valutazioni sulla Svezia, sugli svedesi e, ancor pi, sulle svedesi. Erano tutte considerazioni molto negative, sia sul modo di vita, sia sulle relazioni sociali, sprezzanti da parte degli uomini e fortemente volubili da parte delle donne. La cosa and avanti per un bel po in un affannoso crescendo di evidente gioia per un ritorno in Italia, dovuto, forse, alle prossime festivit pasquali. Io non feci molti commenti al diluvio di critiche che i due sentenziavano in continuazione e ancor pi taciturno fu latteggiamento di Giuliana che, certamente, rimaneva abbastanza sconcertata da giudizi tanto negativi rispetto ad uno dei paesi considerati al top della civilt. Il mutismo di Giuliana apparse forse ad uno di loro come sintomo di incomprensione della lingua, tanto che usc con une battuta: ma, che!, tua moglie svedese? Gli anelli matrimoniali lucentissimi testimoniavano che eravamo freschi sposini e i capelli castano chiaro, unito ad una altezza poco italiana, fece venire loro il dubbio di avere fatto una gran bella gaffe. Li rassicurai, Giuliana era italiana, anche se manifestai lopinione che quando si ospiti di un paese, forse giusto sforzarci di capire un po meglio usi e costumi degli ospitanti. Continuammo il viaggio facendo ben attenzione a non avvicinarci troppo a quei due signori.

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Trascorsi un paio di anni Trascorsi un paio di anni abbastanza tranquilli punteggiati da rapporti molto affabili da parte del titolare della ditta presso la quale mi ero impiegato a Cascina ed anche da parte della moglie del titolare che, in realt, era il cervello pensante dellimpresa. Entrambi mi circondavano di attenzioni, a cui era talvolta interessata anche Giuliana, con la partecipazione a pranzi e cene di lavoro e con frequenti cadeaux anche abbastanza preziosi. La ditta aveva una organizzazione a squadre di lavoro e la produzione procedeva con assoluta regolarit con i rappresentanti regionali che procuravano le ordinazioni e il grosso camion della ditta che percorreva lItalia dalla Sicilia al Piemonte, alla Sardegna per la consegna dei mobili. Purtroppo uno di limiti cronici della societ era la frequente crisi di liquidit e il ricorso ai fidi bancari comportava un aumento di costo del prodotto. Nel mio ruolo di ragioniere mi prendevo cura anche di verificare con la massima possibile scientificit il costo reale dei vari mobili in catalogo in modo tale da applicare il giusto utile economico per la solidit della ditta. A un certo punto per avvenne un primo episodio che dette lavvio ad un indirizzo di vendita a blocchi di dieci, con sconti di tale misura da produrre un progressivo indebolimento finanziario. Questo port la ditta ad essere strettamente vincolata dalla disponibilit delle banche e dalle crescenti pretese di alcuni rappresentanti regionali. Mi resi conto che la situazione andava rapidamente deteriorandosi tanto che, anche grazie

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alle sollecitazioni di Giuliana, cominciai e pensare di riprendere in mano i libri di pedagogia e prepararmi a sostenere il concorso per maestro elementare. Da una collega di Giuliana mi fu suggerito di fare una preparazione assistita da un maestro di grande esperienza. Lo conobbi e devo dire che entrai in contatto con una persona assolutamente eccezionale: si chiamava Francesco Deri, era dotato di una vastissima cultura pedagogica sempre correlata a notizie e informazioni che gli provenivano da una memoria straordinaria sulla storia, la letteratura, la politica, che lui, socialista convinto, riteneva elemento significativo di riferimento per un fare scuola con un elevato livello di umanit e di assoluto rispetto dei ragazzi, come persone in formazione. Fu proprio grazie a Francesco che ebbi lopportunit di conoscere prima in chiave teorica le tecniche Freinet e poi, successivamente, anche nella applicazione concreta da parte di uno dei maestri, Bruno Ciari di Certaldo, che insieme ad altri rappresentava la punta avanzata di un attivismo scolastico che faceva leva, tra laltro, su un livello elevato di auto responsabilizzazione degli alunni. Facemmo visita alcune volte alla scuola di Bruno Ciari a Certaldo, anche di domenica, e Bruno invitava un buon numero di alunni e insieme a loro ci mostrava in concreto quali erano le modalit operative adottate. Fra le innumerevoli attivit che ci venivano illustrate mi piace ricordarne almeno due: la Cooperativa di Classe con un preciso libro contabile e il romanzo di fantascienza di 500 pagine scritto da un ragazzo di 5a elementare.

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Il maestro Deri faceva lezione Il maestro Deri faceva lezione, per la preparazione al concorso magistrale, a un piccolo gruppo di allievi verso met pomeriggio in coincidenza con lorario di lavoro della Ditta di mobili. Riuscii a partecipare ad alcuni incontri, ma la cosa stava diventando difficile anche perch non avrei voluto andare avanti con scuse fittizie. Comprai un grosso registratore di voce e, con laccordo del maestro, Giuliana andava e registrava le lezioni. Per la verit la cosa non funzionava troppo bene perch potevo riascoltare le lezioni quasi soltanto la domenica, dato che alla sera ero sfinito di stanchezza e mi addormentavo ascoltando la voce di Francesco. Arrivammo finalmente al giorno della prova scritta e, dopo una quindicina di giorni, avemmo il risultato: ero stato ammesso alla prova orale. Non fu difficile sostenere la seconda prova; il maestro Deri mi propose di completare la preparazione alla sera dopo cena. E cos fu; dalle nove fino alle 11, 11 e mezzo, non cera una vera e propria lezione, o per meglio dire era un tipo di lezione particolare, perch si trattava di una lunga conversazione a due, in cui certamente cera la traccia del maestro, ma si completavano le argomentazioni con tutta una serie di mie considerazioni, valutazioni e ipotesi operative che prefiguravano le risposte alle domande della commissione desame. Ottenni una discreta valutazione, superiore a tutti i candidati che avevano fino ad allora sostenuto le prove. Di conseguenza avevo maturato la quasi certezza di essere ormai inserito nel novero dei vincitori e quindi potevo predispormi ad iniziare

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lennesimo nuovo lavoro. Un brivido di panico lo subii negli ultimi giorni delle prove orali perch gli ultimi candidati esaminati avevano tutti ottenuto delle ottime valutazioni.

Poi arriv ufficialmente la buona notizia Poi arriv ufficialmente la buona notizia. Ero rientrato nel numero dei posti di ruolo disponibili con lassegnazione delle sede provvisoria a Tartaglia nel Comune di Casciana Terme. Io e Giuliana andammo a vedere il luogo e la sede. Tartaglia era un grande masseria allinterno della tenuta di Gello Mattaccino dei Conti Giuli. La scuola era un piccolo edificio di nuovissima costruzione, costituito da unaula, un grande ingresso e, sulla parte frontale alla strada. un piccolo appartamento per il maestro. Non usai mai lopportunit dellospitalit che mi era offerta. Feci il tragitto di 30 chilometri in andata e nel ritorno con la macchina anche perch intendevo curare la famiglia che da oltre un anno si era arricchita di un nuovo componente, Alberto. Il primo giorno di scuola fu unesperienza irripetibile, anche se per la verit tutti i primi contatti con nuove realt scolastiche producono un certo senso di ansia. Si presentarono 10 alunni, 4 di prima, 2 di seconda, 3 di terza e 1 di quarta. Cominciai a disporre gli alunni per isole di livello. I quattro bambini di prima, due femmine (sorelle) e due maschi, furono invitati a prendere posto vicini alla cattedra in quattro

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banchini due a due uno di fronte allaltro con un bimbo e una bimba affiancati.

Tartaglia - I bimbi di prima. Assente Bruna

Fornii loro della carta da zucchero, scrissi alla lavagna un paio di parole corredate dalla illustrazione e invitai i bimbi a cercare di riprodurre quanto meglio possibile i segni che avevo tracciato. Mi resi conto che erano in difficolt, salvo una delle bimbe, ripetente, che rispose abbastanza bene alla sollecitazione. Uno dei bimbi, Paolo; prese il foglio, il lapis e con un atteggiamento assolutamente spigliato e dottorale, aveva riempito quasi met del foglio. Con aria soddisfatta mi si avvicin e mi fece vedere il foglio dove erano tracciate una serie di onde. Bravo Paolo dissi per incoraggiarlo, cosa sono queste cose che hai scritto? Il bimbo, con assoluta spigliatezza mi rispose

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biacchini, mastro che per chi non lo sapesse sono i serpentelli. Cosa del tutto naturale per quei bimbi di campagna che avevano sicuramente un rapporto di conoscenza diretta di tutti gli animali presenti nella zona. Con i ragazzi pi grandi le cose procedevano in modo abbastanza soddisfacente, grazie anche agli stimoli che pian piano introducevo nella classe, creando un settore dove avevamo un piccolo orto, un altro dove tenevamo dei piccoli animali, con il risultato che losservazione guidata delle caratteristiche di crescita delle piantine dellorto o di alcuni atteggiamenti dei piccoli animali producevano negli alunni un accentuato moto di sorpresa. Forse la piena confidenza che avevano con gli animali e il consueto lavoro dei genitori contadini, faceva s che non approfondissero quello che tutti i giorni passava loro sotto gli occhi. Losservazione divenne quindi una risorsa importante per far nascere e crescere in loro la voglia di raccontare, la voglia di scrivere. Con i bambini della prima classe provavo invece delle serie preoccupazioni perch nonostante le sollecitazioni non riuscivo a fare in modo che cominciassero pian piano a produrre dei segni comprensibili. Ci si avvicinava al Natale ed io esprimevo a Giuliana i miei timori di aver sbagliato tutto e che forse era il caso che ricominciassi da capo con le paginate di pali e tondi e linee oblique come premessa alla scrittura di paginate di a, b, c ecc. Poi il solito Paolo mi fece uscire dalle ambasce, infatti una mattina, eravamo verso la fine di novembre lo vedevo tutto preso a scrivere qualcosa sul foglio, pensavo che facesse un disegno, invece dopo un po

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con lo stesso atteggiamento un po scanzonato di quando port i biacchini, mi port il quaderno dove era scritta una frase intera che mi fece quasi balzare sulla sedia: Paolo aveva scritto le sue prime parole: la Gina cia la topina (Gina era la bimba seduta di fronte a lui). Paolo era certamente il bimbo pi sveglio e riusc prima degli altri a formulare unintera frase (e che frase!!). Per fortuna uno dopo laltro si aprirono alla formulazione di parole e di piccole frasi tanto che, dopo le vacanze natalizie tutti e quattro cominciarono a lavorare sulla base di proposte tese a raccontare esperienze personali e dopo un po di tempo tutti e quattro raggiunsero la piena padronanza delle lettere e dei numeri, anche se, per la verit, non sempre la scrittura era della precisione dei calligrafi. Tutte le famiglie degli alunni erano di recente migrazione dalle Marche. A Tartaglia, ma pi ancora a Gello Mattaccino cera un vero e proprio paese di origine medievale abitato da famiglie di mezzadri e di braccianti che avevano abbandonato la terra per trasferirsi nella pianura dove si impiegarono nel lavoro di fabbrica. Le famiglie marchigiane si sostituirono ai vecchi contadini in genere con una forma di affitto dei terreni per cui non cera il rapporto mezzadrile e, di conseguenza avevano un impegno totale nel produrre il pi alto reddito possibile. Quasi sempre i ragazzi, specie quelli pi grandicelli, arrivavano a scuola con i segni inequivocabili del lavoro fatto nelle stalle fino a pochi minuti prima. Erano passati un bel po di anni, penso una ventina, quando un pomeriggio sentii suonare il campanello di casa e si present un bel ragazzo

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accompagnato da una ragazza veramente carina. Il ragazzo si present, era il Paolo dei biacchini che voleva presentare la fidanzata al suo maestro.

I bimbi di Tartaglia in una accanita partita di Basket

C un vecchio modo di dire che sostiene che lomicida torna sempre sul luogo del delitto. Bene, cominciai il mio lavoro come insegnante nel comune di Casciana Terme; ventitre anni dopo ho iniziato la mia funzione di Preside nella Scuola media di Casciana Terme. Curioso, no! Avevo a scuola anche alcuni figli dei miei vecchi alunni e ho avuto modo di incontrare alcune delle alunne e degli alunni di Tartaglia che avevano trovato lavoro come impiegati in Comune o alla Societ delle Terme.

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Dopo non molti anni la scuola fu alienata a uno degli alunni il quale, divenuto impresario edile, ne ha fatto una villetta con i fiocchi.

Ho esercitato il ruolo di maestro Ho esercitato il ruolo di maestro per otto anni e gli episodi singolari si sono succeduti con assoluta frequenza. Il secondo anno fui assegnato alla scuola di Legoli, allestremo confine con la provincia di Firenze, nel Comune di Peccioli. Eravamo due maestri, io e Durando, e decidemmo in pieno accordo che lui avrebbe avuto la prima e la seconda classe e io avrei avuto terza, quarta e quinta. Potei un po sfogare il mio desiderio di operare in modo tale da sollecitare le capacit dei ragazzi e delle bimbe di lavorare in modo operativo. La prima operazione che programmai per il secondo giorno di scuola fu quello di riorganizzare la disposizione dellaula. Aiutato dai bimbi pi grandicelli spostammo la cattedra; poi abbiamo preso la pedana e llabbiamo collocata sopra due banchi inutilizzati. Abbiamo cos realizzato un grande banco di lavoro che divenne rapidamente il centro nevralgico della classe. In pochi giorni laula divenne una piccola officina con molti strumenti di lavoro e tutti, ragazzi e bambine, venivano indirizzati a misurarsi con la costruzione di semplici oggetti in legno, in prevalenza utili per una migliore comprensione della geometria.

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Gi lanno precedente avevo acquistato un canestro da basket che, fissato alla bene meglio ad una certa altezza, era divenuto lo strumento di vivace competitivit fra i ragazzi di Tartaglia. Tuttavia era anche lo strumento grazie al quale i bimbi venivano indirizzati al movimento, con il preciso obiettivo di avere la massima attenzione a non procurare danni ai compagni. Anche a Legoli usai la stessa procedura ed i risultati furono assolutamente soddisfacenti.

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Due immagini della classe di Legol

Leducazione al rispetto delle cose mi obblig ad intervenire per un brutto episodio di cui furono autori alcuni alunni della classe. Speravo non dover mai intervenire con provvedimenti punitivi ma il fattaccio era troppo evidente e meritava una punizione. Da pochi giorni era stata tinteggiato di un bel giallo di Siena lesterno della chiesa del paese e alcuni dei miei ragazzi avevano scritto delle brutte parole con vernice nera sulla parete laterale della chiesa. Venuto a conoscenza del fattaccio ne discutemmo a lungo fino al punto in cui i ragazzi riconobbero lerrore che avevano compiuto ed espressero la volont di rimediare. Quindi preparammo un recipiente adatto allo scopo, utilizzammo le tempere che erano state acquistate per i disegni liberi, le mescolammo fino a creare un

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colore giallo di Siena e poi raggiungemmo la chiesa e un po per ciascuno, con i pennelli che dovevano essere usati per il lavoro di scuola, coprimmo le scritte che avevano imbrattato la parete della chiesa. Oggi Legoli il luogo dove locata la pi grossa discarica della Toscana, gestita in modo intelligente, perch i rilevanti profitti che vengono prodotti sono usati anche per rendere servizi diretti nei confronti degli abitanti del paese Non ricordo come avvenne quello che accadde una mattina di primavera. Uno dei bimbi - parlavamo della pittura e degli artisti che avevano creato dei veri e propri capolavori - disse anche a Legoli c una pittura, se vuole possiamo andare a vederla. Vinto dalla curiosit ci incamminammo tutti verso il paese, oltrepassammo le ultime case dellabitato e arrivammo ad un rialzo del terreno e sullalto dalla strada era visibile un Chiesino, come ne vediamo moltissimi nella campagna pisana. Salii insieme ai ragazzi; uno di loro dette una spinta alla porta che si spalanc. Entrai e rimasi a bocca aperta a vedere immagini del quattrocento opera di Benozzo Gozzoli e poi la vera sorpresa: nella parte posteriore della parete dietro laltare, una deposizione con il colore bianco che prevaleva nella descrizione della sofferenza della morte. Fu un anno molto positivo Fu un anno molto positivo. Come da prassi al secondo anno era prevista la visita ispettiva che confermava o rinviava lassunzione in ruolo. Ebbi la visita dellispettore Baccino il quale fu positivamente sorpreso dallorganizzazione della classe.

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Mi fece solo poche domande sui procedimenti didattici che usavo e poi si trattenne a lungo in una conversazione che, alla fine, sfoci nei reciproci ricordi del tempo di guerra, io non ancora decenne e quindi con immagini abbastanza sfocate, ma ricche grazie ai racconti di mio padre che era stato responsabile militare del CLN per la zona di San Benedetto e Marciana. E Baccino si apr alla confidenza relativamente alla sua partecipazione alla resistenza nel genovese e alla sua presenza agli atti di resa del generale Gnther Meinhold, e di tutte le truppe tedesche in Liguria nelle mani di Remo Scappini. Nel corso dellanno ebbi numerose occasioni di incontro con lui, e in ogni circostanza mi dimostr stima, considerazione e apprezzamento per il lavoro che stavo facendo. Nel terzo anno di lavoro da maestro mi fu assegnata una prima classe a San Giovanni alla Vena, erano trenta piccoli fanciullini con i quali usai metodi un po pi tradizionali, mai aste o altri artifici, adottai un sistema di induzione alla scrittura mediante la visualizzazione di semplici, piccole parole. Ad esempio pane, sole, luna. La cosa funzion a meraviglia e nel giro di poco pi di un mese i bambini erano in grado di scrivere frasi intere e gi a Natale era possibile fare dei brevi semplici dettati. Sempre per il Natale approntammo un meraviglioso presepe con un cielo pieno di stelle sulla carta azzurra retta da sostegni di legno curvato per avere il cielo sopra lintero presepe. Insegnai anche ai bambini alcuni canti natalizi come adeste fideles, e altri in inglese Jingle bells e White Christmas.

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Il mio rapporto con i bimbi, sebbene sempre nellambito di una precisa cautela per lincolumit degli stessi, era comunque improntato a ricercare spunti di osservazione di ogni cosa, piante, edifici, botteghe ed ogni altro elemento che rappresentasse una motivazione per riflettere e di conseguenza raccontare per scritto. Facevamo delle frequenti uscite, spesso solo allinterno del cortile della scuola e talvolta anche nel paese e sulle prime pendici del monte che sovrasta San Giovanni alla Vena Questultimo aspetto stato oggetto di un curioso ricordo qualche mese fa. Il fratello di unalunna, di un anno pi grande e quindi alunno di seconda, mi esprimeva con vivacit la rabbia e linvidia che gli procuravano queste uscite che erano una prerogativa solo delle prima classe, visto che tutte le altre classi restavano rigorosamente in aula durante tutta la mattinata.

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I 30 piccoli alunni della 1 classe di San Giovanni alla Vena

Le canzoni natalizie in inglese ebbero poi un seguito per me molto positivo una trentina di anni dopo. Vale forse la pena di raccontarlo. Come di consueto, in qualit di Preside della Scuola Media di Buti, tutti gli anni organizzavo una riunione informativa per i bimbi e per i genitori

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degli alunni delle classi quinte per illustrare le caratteristiche della scuola media, la qualit della formazione didattica e le opportunit formative aggiuntive di modo che liscrizione alla scuola avvenisse con la piena cognizione del nuovo ambiente che i ragazzi avrebbero trovato. Ad un certo punto esplose una questione legata alla lingua straniera insegnata nella scuola. La maggior parte dei genitori chiedeva a gran voce linsegnamento dellinglese; ma la scuola aveva in organico anche una insegnante di Francese e quindi doveva essere insegnata anche tale lingua. Cercavo di spiegare che forse i ragazzi della classe di francese sarebbero stati avvantaggiati rispetto agli altri perch, con risorse gi preventivate in bilancio, avremmo potuto far studiare anche linglese agli alunni che fossero inseriti nella classe di francese. Il dubbio di alcuni su tale opportunit continuava e si manifestava anche in forme alquanto vivaci. Sembrava che il preside avesse un pregiudizio per linglese e il bailamme continuava fino al punto che una mamma timidamente chiese di parlare e in poche parole certific che il preside non era un nemico dellinglese, perch lei era stata sua alunna in prima elementare a San Giovanni alla Vena e gi allora insegnava ai bimbi linglese usando le canzoncine. Riconobbi subito in quella mamma la Barbara, bimba con le treccine bionde della prima di San Giovanni. Sempre dagli alunni di San Giovanni ho avuto delle piacevoli sorprese. Nel 2000 i bimbi che nel 66 avevano sei anni, nel 2000 facevano 40 anni. Mi hanno cercato e dopo non poche ricerche mi hanno trovato e

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invitato ad una cena alla quale erano presenti una quindicina di ex alunni. Nel settembre 2010 facevano 50 anni e i miei ex alunni hanno fatto lo stesso incontro invitando ancora il loro primo maestro.

Tornando al 1967 Tornando al 1967, dopo i tre anni di scuola nel ruolo soprannumerario (cos era definito) fui nominato nel ruolo ordinario e assegnato alla scuola di Canneto nel Comune di Monteverdi Marittimo, nellestremo Sud della Provincia di Pisa. Mi accingevo a partire per Canneto e per puro caso una mattina andai alla Direzione Didattica di Cascina per alcune informazioni. Mentre parlavo con la segretaria usc dalla sua stanza il Direttore Didattico Celso Cosimini il quale mi chiese dove ero stato assegnato. Alla mia risposta fece un gesto di compassione, poi con piglio molto deciso disse Se la sentirebbe di fare il Segretario alla nuova Direzione Didattica che stata istituita nel Comune con sede a Casciavola? Gli risposi che ci avrei pensato, ma la proposta era troppo allettante e la decisione assolutamente scontata, anche perch diversamente avrei dovuto stare tutta la settimana lontano da Giuliana e dal mio frugolotto Alberto che, a quattro anni, era un vero e proprio oggetto di godimento. La mattina successiva detti la mia risposta di disponibilit a fare il segretario di Direzione. Celso, con poche parole, mi disse di andare subito a Casciavola per vedere, insieme al fiduciario Maestro Terrosi, quali

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locali adibire a Segreteria e quale a Ufficio del Direttore. Scelta quasi scontata perch vi erano due stanze in un ala delledificio abbastanza isolata dalle aule della scuola. Cosimini mi aveva informato che al pi presto sarebbe stato nominato il Direttore Didattico, nellattesa del nuovo Direttore avrei dovuto portargli i documenti a Cascina per la firma del reggente. Nel frattempo, a valanga, cominciarono ad arrivare arredi, mobili, macchine da scrivere, calcolatrice per la segreteria, mobili per la presidenza e tutta una serie di altri mobili e banchi per una sezione speciale a Titignano per gli alunni handicappati (a quei tempi era accettato il termine e lesistenza di scuole speciali per bambini con gravi difficolt di apprendimento). Con laiuto di un bidello misi tutto a posto e in poco tempo le due stanze semivuote acquistarono un immagine di vero ufficio, con il vantaggio di avere tutto nuovo. E dopo 15 giorni arriv il nuovo Direttore. Veniva da Livorno e aveva parenti proprio nella zona di Casciavola. Aveva sostenuto il concorso per Direttore, non era rientrato nel numero dei vincitori, ma, insieme a molti altri, che avevano conseguito labilitazione a Direttore, ebbe lincarico in un momento successivo. Non rimase molto tempo a Casciavola. Mi sembra che fosse il mese di dicembre, arriv una raccomandata personale e notai, dopo che lebbe letta, che aveva cambiato radicalmente umore, da allegro e scherzoso come era a cupo e pensieroso. Poi si aggiust alquanto e mi chiamo per comunicarmi che gli avevano assegnato la sede definitiva: a Orani, in Sardegna.

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Passarono solo pochi giorni e arriv il nuovo Direttore, Leo Citi, Maestro a Cascina per molti anni e assolutamente benvoluto dai suoi alunni (un po meno da alcuni colleghi!) per la sua capacita di capire profondamente i loro bisogni, anche psicologici, e di trovare per ciascuno il modo di riportarli a condizioni di normalit. Era un disegnatore formidabile e una buona parte delle sue lezioni venivano illustrate alla lavagna, con i gessetti colorati, con raffigurazioni di vera arte. Aveva vinto il concorso per Direttore Didattico e aveva avuto la sede a Varallo Sesia dove, con moglie e due figli, si trattenne un anno pi i pochi mesi dallottobre 67al gennaio 68, allorquando fu trasferito a Casciavola. Per certi aspetti Leo lasci Varallo con un forte senso di dispiacere perch con il suo carattere estroverso e cordiale aveva creato una rete di amicizie che lasciava con rammarico. Nel periodo che gli sono stato vicino si doleva spesso per la perdita delle amicizie della Valsesia. Ricordava con rimpianto le lunghe ore che aveva passato con Cino Moscatelli, comandante partigiano nella Valdossola protagonista di azioni eccezionali contro le truppe naziste e Leo, narratore instancabile e brillante, mi coinvolgeva nel rivivere queste azioni. Ma la vicinanza della vecchia madre, la possibilit di far frequentare ai figli la scuola superiore nella vicina Pisa consentivano a Leo di potersi dedicare con il massimo impegno alla gestione delle 6 scuole elementari che ricadevano sotto la sua direzione. E dire poco affermare che mi trovai bene con Leo; direi piuttosto che formammo un team di grande efficacia operativa e non guastava che avessi avuto esperienze di tipo amministrativo, fatto questo che

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faceva stare Leo molto tranquillo per la correttezza del lavoro, fino al punto di affidarsi ciecamente alle mie scelte. Firmava tutti i documenti senza verifiche e, grazie al tempo che si liberava poteva dedicarsi pi intensamente allaspetto didattico. Questo clima cos fattivo e efficace si proiettava in un rapporto di profonda amicizia a cui, nel tempo, si aggiunsero altri due maestri: il Perni e il Paoli, con i quali erano frequenti le uscite pomeridiane alla scoperta di buoni ristoranti o in un bar di Vicarello dove si facevano delle lunghissime partite a carte a tre sette o a scopone, e chi perdeva pagava le consumazioni di toast e bibite.

Nacque un sodalizio Nacque un sodalizio di grande importanza, specialmente per me, perch ricevevo continuamente da Leo tutta una serie di valutazioni sulle questioni della scuola che mi aprivano orizzonti ancor pi larghi di quelli che, nonostante il mio sperimentalismo pedagogico non avevo ancora interiorizzato. Ed erano aspetti che facevano riferimento ad un criterio semplice quanto molto importante: quello del buonsenso nelloperare a scuola, ma anche in tutte le vicende della vita, della societ, della politica. Ricordo il giorno in cui andammo a comprare il giornale e Leo lesse la locandina che informava dellinvasione sovietica di Praga. Per lui, comunista convinto, rappresentava una errore madornale linvasione della Cecoslovacchia e lannullamento delle trasformazioni democratiche messe in atto da Dubcek.

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Fuori dalledicola, con il giornale in mano, era letteralmente infuriato contro gli eserciti del Patto di Varsavia e, nella rabbia che lo rodeva, infarciva le sue espressioni di assoluto dissenso con una serie di sacramenti. Poi, verso la fine dellanno scolastico arriv un decreto del Ministero della Pubblica Istruzione con il quale si istituiva il ruolo dei Segretari di Direzione, con la conseguenza che i segretari in servizio dovevano optare o entrare nel nuovo ruolo o tornare allinsegnamento. Ci fu tutta una serie di riunioni fra i segretari per valutare lopportunit o meno di rientrare nel nuovo ruolo. Per la verit la maggior parte era favorevole al passaggio, in particolar modo quei segretari che svolgevano quel compito da molto tempo. Io avevo avuto una breve esperienza come insegnante e una ancor pi breve come segretario. Forse le mie precedenti esperienze di ragioniere mi avrebbero indotto a fare la scelta del segretario, ma i tre anni di scuola e quella specie di contratto con il maestro Deri e con lo stesso Leo Citi, mi portarono a fare la scelta di rimanere nella scuola come insegnante. Il sodalizio con il gruppo del Citi invece di sciogliersi si allarg ancora di pi con larrivo di Avio Balducci, nuovo segretario a Casciavola. Nellassegnazione della sede di insegnamento mi destinarono a San Frediano a Settimo, Scuola di discrete dimensioni a una paio di chilometri dalla mia abitazione e a poche centinaia di metri dalla piccola frazione dove ero nato: le Galere (cos chiamata perch nel periodo napoleonico in un paio di celle in un

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palazzo mediceo del 600 venivano costretti i renitenti alla leva).

La classe assegnatami La classe assegnatami era una quinta esclusivamente maschile, composta da 34 alunni. Il primo giorno di scuola feci accomodare gli alunni nellaula e poi entrai io e che cosa trovai? Unaula grande, la pi grande della scuola, una cattedra con la relativa poltroncina e poi.. niente; neanche un banco. Chiamo un bidello e vado a telefonare alla direzione didattica per manifestare il mio stupore. Il direttore, Celso Cosimini, mi dice che una forma di punizione e di chiedere i dettagli al fiduciario. Questo mi informa che lultimo giorno del precedente anno scolastico gli insegnanti si riunirono per pochi minuti per un brindisi e per scambiarsi reciprocamente i saluti per le vacanze. In questo breve lasso di tempo i ragazzi dellallora classe quarta avevano preso tutti i vecchi banchi con la ribaltina, il sedile in legno e il calamaio di vetro spesso e li avevano scaraventati gi dal secondo piano nel cortile sottostante. Il motivo della bravata era dovuta al fatto che quella era lunica classe che era rimasta priva dei banchi con la struttura in ferro e il piano in formica verde. Mi affacciai alla finestra e vidi infatti il cumulo di banchi ormai ridotti a informi rottami. Ironia della sorte: oggi nei mercatini dantiquariato si trovano pochi di quei banchi a prezzi abbastanza elevati.

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Dopo pochi giorni di scuola pomeridiana in unaltra classe, arrivarono i banchi di ferro e plastica e alunni e genitori furono soddisfatti e liberati dal senso di discriminazione che avevano patito. La classe era veramente molto vivace, alcuni alunni sembrava che non riuscissero ad avere un atteggiamento positivo e collaborativo. Cera particolarmente un ragazzo, Graziano, o meglio Grazianino secondo il modo di appellarlo da parte di tutti, il quale aveva una caratteristica straordinaria: lo vedevi calmo e tranquillo nel suo banco e poi, senza che alcuno si accorgesse di nulla in un batter di ciglio era da tuttaltra parte dellaula, magari a molestare un compagno. Lo stress del lavoro, unito alla incertezza se fossi riuscito a indirizzare la classe secondo il mio desiderio, mi fece optare per un aiuto esterno: per la prima volta nella vita feci una serie di iniezioni di ricostituente. In effetti vi fu tutta una serie di fattori che pian piano portarono i ragazzi ad un rapporto molto amichevole e rispettoso anche nei miei confronti. Si stava veramente formando una piccola comunit solidale, e questo dato ebbe una conferma molto concreta. Lalunno Rofi, ritenuto fino ad allora uno dei pi disinteressati al lavoro, risult vincitore del concorso provinciale sul risparmio, bandito dallallora Cassa di Risparmio di Pisa. E abbastanza scontato che certi risultati, trattandosi di ragazzi in formazione, possono esser conseguiti senza essere pungolati dalla fretta. E quindi episodi di eccessiva vivacit si verificavano ancora anche se non frequentemente.

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Uno di questi, se vogliamo un po particolare, avvenne una mattina abbastanza tranquilla per la maggior parte dei ragazzi, mentre invece un gruppetto si mostrava piuttosto agitato. Individuai la fonte dellagitazione che proveniva dal banco di Massimiliano. Mi resi conto anche che cerano delle cose che scatenavano laccentuato brusio. Con la massima pacatezza dissi: Massimiliano, portami le cose che hai in mano. Cadde un silenzio assoluto, quasi certamente tutti sapevano tutto, salvo naturalmente il maestro. Massimiliano comincio a balbettare delle scuse e delle azioni di smarcamento ed io insistetti sulla richiesta, affinch Massimiliano si decidesse a portarmi il corpo del reato. Se avessi saputo di cosa si trattava avrei, forse, lasciato perdere. Ma ormai era in gioco la mia autorevolezza nei confronti di tutti quanti e quindi insistetti fino al punto che il ragazzo, con molta titubanza mi port il corpo del reato. Si trattava di un bel pacco di riviste pornografiche. Nel 1968 era una merce abbastanza rara, proveniente in genere da paesi come la Francia la Danimarca, la Germania. Si pu immaginare quale fosse la mia apparente indignazione nel vedere il pacco di riviste. Ma poi era divenuto necessario mettere in atto una ciambella di salvataggio che non poteva essere altra che quella di scaricare la patata bollente nelle mani del fiduciario. Giovanni, carissimo amico, oltre quarantenne era ancora scapolo. Aveva un ampio prestigio come maestro e come responsabile di plesso e quindi era

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naturale che lo investissi di una questione oggettivamente allepoca molto delicata. Gli portai il pacco e Giovanni cominci a prenderne visione, emettendo contemporaneamente delle espressioni di pesante censura nei confronti dellautore del fattaccio. Sfogliava le riviste e progressivamente aumentavano le sue espressioni di riprovazione. Poi, sempre sfogliando, arriv a una pagina sulla quale si sofferm, esclamando infine con una sorta di gaudio mal trattenuto: oh Dio! come sono eccitanti queste!!. Le riviste furono sequestrate e per quanto mi riguarda non so che fine abbiano fatto. Nel corso dellanno Nel corso dellanno, fino alla conclusione, le cose andarono progressivamente migliorando fino al punto di avere di fronte un gruppo fortemente coeso, largamente responsabilizzato, giustamente impegnato nel lavoro scolastico e contemporaneamente capace di esprimere senza timore pensieri, idee, estro e abilit personali.

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La foto della classe

Una mattina, non ricordo bene come avvenne, decidemmo di fare una specie di piccolo spettacolo spontaneo, ciascuno avrebbe proposto ai compagni un saggio di prosa, una poesia o altro. Ad un certo punto un ragazzo molto tranquillo ma piuttosto carente nellimpegno, il Balduini Claudio, si propose per cantare una canzone. Apparve a tutti, anche a me, una proposta abbastanza bizzarra. Ma ben presto ci rendemmo conto che avevamo di fronte una proposta molto bella. Claudio inizi a cantare e fin dallinizio ascoltammo una canto divino. Una voce assolutamente penetrante inton Azzurro di Paolo Conte con una vocalit che produceva contemporaneamente turbamento, emozione e un brivido di vera gioia.

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Chiedemmo varie volte a Claudio, durante lanno scolastico di farci sentire di nuovo la canzone cosa che egli faceva con una intensa partecipazione da parte di tutti. E chiesi a Claudio, cosa questa abbastanza fuori dal normale, di cantare Azzurro anche a giugno agli orali degli esami, di fronte alla commissione. I miei colleghi rimasero molto stupiti e commossi come accadde a me quando lo ascoltai la prima volta. Tra laltro circa un paio di anni fa ero fermo ad un distributore della nostra zona quando accanto alla mia macchina si affianc un enorme Tir. Ne scese un uomo ben in carne che si rivolse a me con fare del tutto affettuoso e si present come il Balduini, e mi invit ad andare a fargli visita per presentarmi la famiglia. Credo di poter dire con assoluta sincerit che gli episodi di questo genere producono una gioia enorme da parte di chi li vive. Altri episodi abbastanza interessanti si succedettero nel corso dellanno. Destava meraviglia e curiosit, anche da parte delle persone che passavano davanti alla scuola per una iniziativa di attivit sportiva con cui impegnai i ragazzi. Uno dei principi di base del mio modo di intendere la scuola era quello di ricercare stimoli al lavoro intercalando momenti di comune impegno fisico, per essere ripagato con un analogo impegno nel lavoro e nello studio. Avevo acquistato da tempo una struttura mobile per il gioco del badminton. La montai nel cortile della scuola e rinforzai montanti e rete per utilizzarla per la pallavolo.

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Ne cortile il rudimentale campo per il gioco della pallavolo

I ragazzi si entusiasmarono alla grande. Le varie partite si succedevano luna allaltra per far giocare tutti o quasi gli alunni. Alcuni di loro mostrarono anche una particolare attitudine. Ho saputo poi che uno di loro, Stefano Barsotti, si appassion tanto da far parte, prima di una scuola di pallavolo e poi di una squadra raggiungendo progressivamente il traguardo di giocare in serie A.

La domanda di trasferimento La domanda di trasferimento presentate a suo tempo dette un esito del tutto soddisfacente. Fui destinato alla scuola di Latignano, frazione del comune di Cascina a circa 2 chilometri nella campagna a sud del capoluogo.

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Mi fu assegnata una classe terza di 13/15 alunni, il numero cambiava a seconda delle nuove entrate e di coloro che lasciavano per trasferimento della famiglia in altro luogo. Le circostanze erano assolutamente favorevoli al mio progetto didattico, quello di attuare al meglio gli indirizzi pedagogici di Celestin Freinet. Naturalmente a tale scopo era necessario dotarci di sussidi e strumentazioni adeguate. Ne parlai con il Direttore Celso Cosimini il quale, forse stimolato dalla prospettiva di avere