TRE BOZZETTI DI G. L. BERNINI ERMITAGE DI LENINGRADO D · FIG. I - LENINGRADO, ERMITAGE - G. L....

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GIANNETTA MA TZULEVITSCH TRE BOZZETTI DI G. L. BERNINI ALL t ERMITAGE DI LENINGRADO D URANTE gli anni della rivoluzione furono scoperte e riconosciute, tra i numerosi tesori dell'Ermitage, dopo tenaci ricerche di studiosi sovietici, parecchie opere di prim' ordine, che erano state inizialmente catalogate nel museo come lavori anonimi. Di recente si è notevolmente arricchito, con la scoperta di monumenti, anche il reparto della scultura europea occidentale dell'Ermitage, che si trova nella grandiosa sezione dell'arte dell' Europa occidentale, e che per la qualità e la quantità delle sue collezioni potrebbe costi- tuire già di per un museo molto ragguardevole. Nell'Ermitage imperiale, che fu museo di corte, non esisteva un reparto dedicato alla scultura europea occi- dentale e le opere di scultura erano utilizzate e disposte a complemento decorativo dell' esposizione dell' antica galleria di quadri. Soltanto durante la trasformazione dell' Ermitage, nel 1917, da tesoro imperiale privato in museo popolare, che supera attualmente i due milioni di visitatori all'anno, tutte le sezioni del museo, e tra queste anche un reparto della scultura moderna dei paesi dell'Europa occidentale, hanno avuto la possibi- lità di veder sistemati, completati, catalogati ed esposti i propri monumenti a parità di diritti con la pittura. Nel contempo ebbe inizio un'impetuosa affluenza nei magazzini dell'Ermitage di migliaia e migliaia di ope- re, scoperte nelle te che e negli studi privati di colle- zionisti e prima di allora inaccessibili, sia al pubblico che ai ricercatori e agli studiosi. Tra le opere entrate all'Ermitage arrivò una ricca collezione di terrecotte italiane, di cui una ragguarde- vole parte proveniva da palazzo San Luca, dove, nel XVIII secolo, era situato il celebre museo di un ama- tore d'arte veneziano, mecenate e collezionista noto ai suoi giorni, l'abate Filippo Farsetti. Questa collezione era soprattutto interessantissima per i cultori del pe- riodo barocco. All'abate Farsetti nel 1764 fu persino dedicata una dotta poesia latina "De Museo Filippi Farsetti epistola" , che celebrava i suoi tesori artistici. La sorte di questo museo, che era stato un tempo par- te integrante della prima Accademia d'Arte Veneziana e che era servito da luogo di esercitazioni e di apprendi- stato ad allievi su numerosi modelli delle migliori statue antiche e su esemplari di prim'ordine di artisti mo- derni/) fu abbastanza comune a tutte le grandi collezioni del XVIII secolo: i discendenti, dopo aver sperperato tutto ed essersi impoveriti, vendettero ogni cosa all'asta. Le collezioni di Filippo Farsetti - che egli, in virtù di un' enorme ricchezza, potè completare con preziosi originali sia di artisti suoi contemporanei sia dei maestri dell'appena trascorso XVII secolo - riunirono effetti- vamente una grande quantità non solo di opere eseguite in marmo o in bronzo, ma anche di disegni e di ab- bozzi in terracotta o di bozzetti-modello preparati per future opere. Il valore artistico dei bozzetti e il loro significato per la comprensione del processo crea- tivo degli artisti del XVII secolo è già stato puntualiz- zato da tempo nella letteratura dell'arte, e qui non è il caso di ritornarci sopra. Evidentemente l'interesse di Farsetti verso tali mo- delli, che egli potè raccogliere presso gli allievi e i più prossimi eredi dei grandi maestri del periodo barocco, o anche avendo probabilmente acquistato i bozzetti direttamente nelle loro botteghe abbandonate, deter- minò la quantità e la qualità di queste piccole opere di terracotta nella sua collezione. Ne è prova la parte della sua collezione che è pervenuta all'Ermitage. Qui vi sono oltre centotrenta oggetti, senza contare il con- siderevole numero di grandi busti ritratto di personaggi. Tra questi l'autrice del presente articolo ha anche sco- perto e riconosciuto l'autoritratto di Gian Lorenzo Ber- nini 2) in una testa di terracotta, che si presenta come frammento di un grosso busto, destinato dall'artista al suo sepolcro, come dimostra il disegno fatto di sua mano, che si trova alla Galleria Nazionale di Roma ed è stato pubblicato da S. Fraschetti. 3) La collezione veneziana fu portata in Russia dal nipote del primo collezionista, Antonio Francesco Farsetti, il quale, dopo la caduta della Repubblica vene- ziana, riparò a Pietroburgo e offrì in dono all'imperatore Paolo I la parte della famosa collezione di suo zio por- tata con sè, 4) probabilmente nella speranza di pro- curarsi un adeguato impiego presso la corte russa. Ciò avvenne nell'anno 1800. Essendo seguito poco dopo un rivolgimento a corte 5) è probabile che tutte le speranze di Antonio Farsetti siano andate in fumo, poichè della sua successiva sorte in Russia non sap- piamo più nulla. Ma il problema della collezione Far- setti sorge di nuovo quando, due anni dopo, per di- sposizione dell'Imperatore Alessandro I, essa fu do- nata all' Accademia di Belle Arti ed entrò a far parte delle collezioni del museo con le riproduzioni in gesso delle antiche opere famose. I bozzetti e i busti in ter- ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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GIANNETTA MA TZULEVITSCH

TRE BOZZETTI DI G. L. BERNINI ALL t ERMITAGE DI LENINGRADO

D URANTE gli anni della rivoluzione furono scoperte e riconosciute, tra i numerosi tesori dell'Ermitage, dopo tenaci ricerche di studiosi

sovietici, parecchie opere di prim' ordine, che erano state inizialmente catalogate nel museo come lavori anonimi. Di recente si è notevolmente arricchito, con la scoperta di monumenti, anche il reparto della scultura europea occidentale dell'Ermitage, che si trova nella grandiosa sezione dell'arte dell'Europa occidentale, e che per la qualità e la quantità delle sue collezioni potrebbe costi­tuire già di per sè un museo molto ragguardevole.

Nell'Ermitage imperiale, che fu museo di corte, non esisteva un reparto dedicato alla scultura europea occi­dentale e le opere di scultura erano utilizzate e disposte a complemento decorativo dell' esposizione dell' antica galleria di quadri. Soltanto durante la trasformazione dell' Ermitage, nel 1917, da tesoro imperiale privato in museo popolare, che supera attualmente i due milioni di visitatori all'anno, tutte le sezioni del museo, e tra queste anche un reparto della scultura moderna dei paesi dell'Europa occidentale, hanno avuto la possibi­lità di veder sistemati, completati, catalogati ed esposti i propri monumenti a parità di diritti con la pittura. Nel contempo ebbe inizio un'impetuosa affluenza nei magazzini dell'Ermitage di migliaia e migliaia di ope­re, scoperte nelle te che e negli studi privati di colle­zionisti e prima di allora inaccessibili, sia al pubblico che ai ricercatori e agli studiosi.

Tra le opere entrate all'Ermitage arrivò una ricca collezione di terrecotte italiane, di cui una ragguarde­vole parte proveniva da palazzo San Luca, dove, nel XVIII secolo, era situato il celebre museo di un ama­tore d'arte veneziano, mecenate e collezionista noto ai suoi giorni, l'abate Filippo Farsetti. Questa collezione era soprattutto interessantissima per i cultori del pe­riodo barocco. All'abate Farsetti nel 1764 fu persino dedicata una dotta poesia latina "De Museo Filippi Farsetti epistola" , che celebrava i suoi tesori artistici.

La sorte di questo museo, che era stato un tempo par­te integrante della prima Accademia d'Arte Veneziana e che era servito da luogo di esercitazioni e di apprendi­stato ad allievi su numerosi modelli delle migliori statue antiche e su esemplari di prim'ordine di artisti mo­derni/) fu abbastanza comune a tutte le grandi collezioni del XVIII secolo: i discendenti, dopo aver sperperato tutto ed essersi impoveriti, vendettero ogni cosa all 'asta.

Le collezioni di Filippo Farsetti - che egli, in virtù di un' enorme ricchezza, potè completare con preziosi originali sia di artisti suoi contemporanei sia dei maestri dell'appena trascorso XVII secolo - riunirono effetti­vamente una grande quantità non solo di opere eseguite in marmo o in bronzo, ma anche di disegni e di ab­bozzi in terracotta o di bozzetti-modello preparati per future opere. Il valore artistico dei bozzetti e il loro significato per la comprensione del processo crea­tivo degli artisti del XVII secolo è già stato puntualiz­zato da tempo nella letteratura dell 'arte, e qui non è il caso di ritornarci sopra.

Evidentemente l'interesse di Farsetti verso tali mo­delli, che egli potè raccogliere presso gli allievi e i più prossimi eredi dei grandi maestri del periodo barocco, o anche avendo probabilmente acquistato i bozzetti direttamente nelle loro botteghe abbandonate, deter­minò la quantità e la qualità di queste piccole opere di terracotta nella sua collezione. Ne è prova la parte della sua collezione che è pervenuta all'Ermitage. Qui vi sono oltre centotrenta oggetti, senza contare il con­siderevole numero di grandi busti ritratto di personaggi. Tra questi l'autrice del presente articolo ha anche sco­perto e riconosciuto l'autoritratto di Gian Lorenzo Ber­nini 2) in una testa di terracotta, che si presenta come frammento di un grosso busto, destinato dall'artista al suo sepolcro, come dimostra il disegno fatto di sua mano, che si trova alla Galleria Nazionale di Roma ed è stato pubblicato da S. Fraschetti. 3)

La collezione veneziana fu portata in Russia dal nipote del primo collezionista, Antonio Francesco Farsetti, il quale, dopo la caduta della Repubblica vene­ziana, riparò a Pietroburgo e offrì in dono all'imperatore Paolo I la parte della famosa collezione di suo zio por­tata con sè, 4) probabilmente nella speranza di pro­curarsi un adeguato impiego presso la corte russa.

Ciò avvenne nell'anno 1800. Essendo seguito poco dopo un rivolgimento a corte 5) è probabile che tutte le speranze di Antonio Farsetti siano andate in fumo, poichè della sua successiva sorte in Russia non sap­piamo più nulla. Ma il problema della collezione Far­setti sorge di nuovo quando, due anni dopo, per di­sposizione dell'Imperatore Alessandro I, essa fu do­nata all' Accademia di Belle Arti ed entrò a far parte delle collezioni del museo con le riproduzioni in gesso delle antiche opere famose. I bozzetti e i busti in ter-

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neggiati molto gravemente e le parti staccate un po' alla volta si persero.

Soltanto dopo la grande Rivolu­zione socialista d'Ottobre, quando fu effettuata la nuova sistemazione dei musei dell'Unione Sovietica, la col­lezione Farsetti fu tolta dal museo did3.tùo dell' Accademia delle Belle Arti, perchè là non serviva a nessuno e non era soggetta a studio, e fu donata nel 1919 al Museo di Stato dell'Ermitage.

Al suo ingresso il primo problema fu l'analisi e la stessa sistemazione ge­nerale di tutta la collezione e, princi­palmente, l'inizio dei lavori di restau­ro; la qual cosa richiese sia la com­petenza degli studiosi sia un'attenta analisi di ogni pezzo, così che ogni operazione di restauro fu accompa­gnata da studi storico-artistici.

Primo risultato di questo minu­zioso lavoro fu la constatazione del­l'esistenza di un pregevolissimo nu­cleo fondamentale della collezione Farsetti : lavori autentici di Gian Lorenzo Bernini e di suoi allievi e seguaci, i quali nei secoli XVII e XVIII hanno costituito larga parte della scultura italiana.

FIG. I - LENINGRADO, ERMITAGE - G. L. BERNINI: BOZZETTO PER L' 'ESTASI DI S. TERESA'

Oltre a questo importante nucleo, nel complesso della collezione furono scoperte anche opere di altri grandi scultori di questo periodo, tra le

racotta che costituiscono la parte prevalente delh col­lezione Farsetti furono considerati nel corso del XIX secolo esattamente come modelli o copie di esemplari famosi di epoca moderna. Per l'appunto così furono descritti in un catalogo del museo delle sculture del­l'Accademia imperiale delle Belle Arti, compilato da G . Trej e pubblicato a San Pietroburgo nel 1871. Ecco ciò che egli scrive nella Presentazione : " Oltre ad alcune forme e modelli ispirati agli antichi o derivati da opere di arte moderna, la collezione Farsetti racchiude in sè un notevole numero di abbozzi di statuette e di busti di ter­racotta, derivati da esemplari del XVII e XVIII secolo ".

In conformità con questo giudizio la raccolta delle terrecotte della collezione Farsetti rimase per lunghi anni completamente estranea all'attenzione degli stu­diosi. Per tutto questo lungo periodo, che era iniziato dal trasporto dei delicati e fragili oggetti dall ' Italia in Russia, i traslochi da un deposito all'altro, senza avere alcun riguardo di riparare e rafforzare le parti e i pezzi staccati, portarono di conseguenza che essi furono dan-

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quali vi sono anche esemplari con firma e data ; questi ultimi tolgono ogni dubbio in merito alla loro autenticità.

È nota a tutti la grande quantità di disegni, modelli e schizzi preparatori ai suoi grandiosi complessi vuoi architettonici vuoi scultorei, lasciati da Gian Lorenzo Bernini, che possedeva una mirabile abilità e un'ine­sauribile fantasia creativa. Si hanno documentate indi­cazioni circa la sua esecuzione personale del grande modello in terracotta del monumento equestre del re francese Luigi XIV, che si trova nella Galleria Bor­ghese; il Sandrart nella" Teutsche Akademie " riferi­sce meravigliato che, per la figura di S. Longino, lo stesso scultore gli aveva mostrato ben 22 modelli, della grandezza di circa 60 cm. ognuno; lo Chantelou men­ziona più d'una volta i numerosi piccoli schizzi per il busto di Luigi XIV; si hanno sette modelli per gli an­geli sul ponte di S. Angelo; nove per le figure inginoc­chiate della Cappella del Sacramento e, infine, è noto il racconto del figlio dello scultore, Domenico, nella sua "Vita del Cavalier Bernino " (p. 161) : " ... e era

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tanto universale ancora appresso tutti questa medesima stima de' suoi Disegni, e Modelli, che un servi do re di sua Casa confessò essersi esso, e sua famiglia man­tenuto in Roma, per lo spazio di vent'anni con il prezzo, che ricavò dalla vendita di alcuni di essi (boz.zetti), de' quali si era destramente e a sufficienza provveduto, quando al di lui servizio si ritrovava ... ".

Per questo motivo non deve esistere più alcun dubbio che nella collezione Farsetti siano capitati disegni e mo­delli autentici del grande maestro e a noi resta solo da dimostrare che i bozzetti che sono entrati all'Ermitage hanno realmente un' origine attendibile e degna di fede .

La prima testimonianza a stampa è il già menzionato catalogo di G. Trej,6) dove a pagina VI è narrata la storia dell'ingresso nell' Accademia di Belle Arti di questa "importante collezione", portata nel 1800 dal Cavalier Antonio Francesco Farsetti. Poi, comin­ciando dal n. 550 si dà l'indicazione: "copia di ter­racotta" e si annota "dal catalogo della collezione Farsetti, eseguita ... " dal tale artista. E quanto più procede nell'elencazione degli oggetti, tanto più spesso si ripete questa postilla. A partire dal n . 690 comin­ciano le " copie di opere di Lorenzo Bernini" e qui, sotto il n. 703, "S. Teresa, sulle nuvole, e vicino a lei un angelo", sotto il n. 709 "S. Bibiana, copia del Bernini". Uno degli ultimi, il n. 752, è pure con la postiÌla "dal catalogo della collezione Farsetti".

Oltre a ciò, sui basamenti di alcuni oggetti si hanno dei numeri dipinti con scrittura a mano con inchiostro di China (per esempio sul basamento del gruppo di Costantino il Grande c'è il 96), e tali numeri corri­spondono a quelli di un vecchio catalogo Farsetti, scritto a mano in italiano nel XVIII secolo, che si trova nel­l' Archivio dell'Accademia di Belle Arti a Leningrado.

Un lungo e attento esame dei bozzetti della colle­zione Farsetti, che sono direttamente legati alla produ­zione di Gian Lorenzo Bernini, consente adesso di presentare alcuni di essi nelle primissime file dei preten­denti all'alta qualificazione di lavori eseguiti di sua mano dal grande maestro. Sottolineo "adesso" sulla base di una seria analisi e di ricerche; eppure, di primo acchito, alla prima impressione, questi oggetti si di­stinguevano per una stupefacente espressività artistica e per la forza comunicativa di emozioni, malgrado il loro stato, talora cattivo, di conservazione.

Al primo posto bisogna mettere il bozzetto autentico dell' 'Estasi di S. Teresa', di G. L. Bernini, per essere, sinora, l'unico sicuro (figg. 1-2). Egli lo creò in un periodo di grande tensione spirituale, in un momento in cui la sua anima, oppressa dagli intrighi degli av­versari, aveva sete di un miracolo della giustizia. Uomo di temperamento straordinariamente vivace: " ... tenace nel lavoro, ardente nell'ira, la cui sfrenatezza lo attiz­zava ancor più", come scrive suo figlio, egli trasfon­deva i suoi sentimenti nei modelli che creava, ed

essi s'accendevano del fuoco di un' autentica paSSIOne umana.

È interessante notare come, immedesimatosi dei sentimenti di una giovane monaca spagnola, che aveva lasciato una descrizione delle sue visioni con parole vivaci e ricche d 'immagini, lo scultore le abbia rico­struite quasi alla lettera. Se si legge un brano di " Las Obras " di S. Teresa vie n fatto di pensare che esso sia stato ispirato dal gruppo del Bernini, tanto è per­suasiva e scrupolosamente esatta la realistica raffigura­zione, da lui creata, di questo avvenimento irreale .

Disse il vero il grande poeta russo V. A. Zukovskij, maestro di Puskin:

Schiavo colui che in prosa traduce, competitore il traduttore in versi.

Nonostante l'esatta aderenza alla descrizione let­teraria, Bernini non crea nè un' anemica copia, nè un' illu­strazione al testo, ma con geniale visione fa la traspo­sizione delle peculiarità di un'arte in un'altra. Dal­l'espressione letteraria figurata egli procede al modello plastico e in esso, seguendo la sua natura, con linguaggio realistico (volume tridimensionale, esistente nello spazio) crea una nuova opera, indipendente, completa, estetica­mente autorevole, assolutamente autonoma e molto più forte del corrispondente prototipo letterario. 7)

Bernini stesso considerava il gruppo dell" Estasi di S. Teresa' come la sua opera migliore e nel boz­zetto dell'Ermitage si avverte tutta la finezza artistica della sua esecuzione. 8) L'effetto generale di una in­tensa espressività, della sicurezz;a nella composizione e nelle mosse, di un modellato virtuoso e ricco di temperamento, ci convince che di fronte a noi c'è un

FIG. 2 - G. L. BERNINI: PARTICOLARE DELLA S. TERESA

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bozzetto autentico del grande maestro, mago della pla­stica, che ha saputo raggiungere " ... la trasmissione sensuale del soprasensibile ... Nel volto stupefacente di Teresa l'artista seppe scolpire l'attimo della piena dedizione di sè, il cui breve istante, rinnovandosi, riem­pie l'eternità". Non potevo fare a meno di citare queste penetranti righe del Benkard 9) poichè esse trovano piena e brillante conferma nel bozzetto del­l'Ermitage.

Parla della sua autenticità anche il fatto che esso si differenzia dall'opera eseguita in marmo per una più intensa espressività, per l'impetuosità di movi­mento dell'angelo e per lo splendore decorativo. Nella terracotta ancora si avverte una premeditata differenza nel modo di trattare la superficie: così le nuvole sono coperte da una increspatura (tracce longitudinali della parete), l'arruffio delle tenere ali piuma te è ottenuto con minute filettature, tracciate con incisioni rapide e decise e perciò disposte senza ordine, conformemente alla natura delle piumette. Confrontandole con il trat­tamento delle ali negli altri bozzetti, appartenenti a maestri secondari, questa sicurezza plastica di mo­dellato nel bozzetto di S. Teresa è particolarmente evidente. La sottile diversità di lavorazione si fa ancor più manifesta nel trattamento delle vesti e delle parti del corpo scoperte, che si fanno notare per una certa palpitante morbidezza della carne.

È straordinaria la vibrante espressività del viso e delle mani della santa. La mano stretta, con le dita lunghe e affilate, che pende con trascuratezza dalla larga e pesante manica della tonaca monacale, ha le risonanze della strofe di una dichiarazione d'amore. È piena di senso lirico. Con infinita cautela e delicatezza l'artista la presenta su un ruvido fondo di nuvole che si am­massano formando volute, e l'accompagna, per con­trasto, con pesanti pieghe di drappeggiamento, con ombre scure. Stupenda è la finezza del modellato delle articolazioni delle dita e delle unghie a mandorla.

La disposizione delle pieghe e il loro disegno si dif­ferenzia dall'originale in marmo: è rimarchevole parti­colarmente nel confronto del piede pendente della gamba sinistra di Teresa con la diritta e larga piega della veste. Nel marmo il piede esce esattamente da sotto a questa piega, così che il calcagno si trova anche più a destra dell' orlo della piega. In conseguenza di ciò la tibia risulta eccessivamente allungata e nel marmo il ginocchio scompare totalmente tra le pieghe della pesante tonaca. Nel bozzetto dell'Ermitage questa gamba (di cui è rimasto soltanto il tallone) si trova più in basso ed esce da sotto un orlo piatto della veste, per cui tutta la sua forma si riconosce chiaramente sotto la delicata stoffa tesa sul ginocchio.

Non meno espressivo anche il modellato della mano destra, convulsivamente stretta, della santa. E inoltre, perfino in questo movimento spasmodico delle dita, il

nostro bozzetto si distingue dal marmo, dove il dito indice si distende, mostrando che il più alto punto della tensione estatica è già stato superato, che soprag­giunge la distensione delle emozioni. Nel bozzetto dell'Ermitage questo dito, come pure tutti gli altri, è contratto in un solo movimento spasmodico, che corri­sponde pienamente dal lato emotivo al più alto limite di una tesa aspettativa dell'attimo sublime, quando la frec­cia di fuoco trafiggerà il cuore della santa. Precisamente questo aspetto "della trafittura" di lei con la freccia dell' amore divino fu messo in particolare evidenza dalla bolla pontificia per la canonizzazione di S. Teresa. " ... e io sentii il ferro trafiggere le mie viscere", dice in " Las Obras " la spagnola, nella sua passione.

Infine, anche nel viso della monaca giovinetta, pie­gato in un tormento d'amore, si hanno notevoli dif­ferenze dall'originale in marmo. Per di più le diffe­renze non sono soltanto nella forma e nella disposi­zione dei particolari, ma nella sostanza della trattazione del modello. Anche qui, rispetto al bozzetto, si ha una maggiore pienezza e unità d'attuazione del primo concetto.

Nel marmo gli occhi della vergine sono girati in alto, sotto le palpebre superiori, sicchè essa non vede più; nella terracotta, da sotto le palpebre strette lo sguardo trepidante, in aspettazione, pieno di brama si può dire, è fisso sulla punta della freccia che la col­pisce. Qui si riallaccia perciò quel nodo emotivo che è così caratteristico della maestria compositiva del Ber­nini. (Basta ricordare i gruppi del 'Ratto di Proser­pina', di 'Apollo e Dafne', di 'Abacuc e l'angelo', della 'Verità scoperta dal Tempo '). L'efficacia del morbido modellato dei nobili tratti del viso di Teresa è insolita e realistica: fronte pura, naso sottile, un poco appuntito, labbra carnose, dalle quali sfugge il respiro, e occhi dove, sotto le palpebre frementi, è visibile l'iride sporgente e il punto incavato della pupilla. E tutto ese­guito con quella precisione e completezza, accessibili soltanto a un grande scultore, dotato in sommo grado di maestria professionale.

Bisogna ancor parlare del trattamento della pesante tonaca e del velo del capo di Teresa, i quali sono stati modellati in modo levigato e opaco, mentre agli orli e alle fratture delle pieghe essi brillano come se fossero stati lucidati. Nel contempo il sottile lino, che le in­cornicia il volto, è raffigurato con morbide incavature ondulate, in contrasto con le guance lisce e col mento tondeggiante della santa.

È caratteristica la diversità tra la composizione in marmo e quella in terracotta del movimento e delle vesti dell'angelo. Nel bozzetto il suo movimento è più impetuoso, la gamba sinistra è scostata più in là e meno coperta dalle pieghe della tonaca di Teresa, tutto il suo torso è un po' più inclinato in avanti. L'estremità dell'ala destra, quasi fosse ancora distesa in volo, è

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più discosta dal torso e nplegata con più forza all'infuori. Tutto ciò crea un effetto più dinamico che nel marmo, dove l'angelo non vola verso la santa, ma le sta accanto col suo sorriso un po' ambiguo. Anche nella composizione delle pieghe fluenti del­la sua veste leggera, attraverso la qua­le si avverte benissimo un corpo slan­ciato, vi è molto più " fugato " che nel marmo, ove si è acquietato.

Il nostro gruppo di terracotta è quel modello dell'autore che precedette immediatamente il lavoro in mar­mo dello scultore, poichè Domenico Bernini ricorda in modo particolare la preghiera del committente Fede­rico Cornaro al maestro, di fare di sua mano la statua della santa " e Bernini - prosegue Domenico - la compì con tale perfezione, che lui stesso disse che era l'opera meno brutta di tutte quelle ch' egli avea fatte" (p. 83)·

Purtroppo, all'autrice di questo ar­ticolo non è toccata la sorte di vedere il bozzetto di terracotta di S. Teresa che si trova a Palazzo Venezia, a Roma, che secondo l'illuminata opi­nione di R. Wittkower " non ha al­cuna relazione col Bernini" IO). I dise­gni dello scultore fatti proprio da lui, secondo G. Brauer e R. Wittkower, sono abbozzi di parti separate della primitiva composizione del gruppo dove, come essi dimostrarono in mo­do sicuro, l'angelo sosteneva legger­mente con la mano sinistra la testa della santa reclinata per 10 sfinimento. Cosicchè neppure questi disegni sono legati al bozzetto dell' Ermitage ed

FIG. 3 - LENINGRADO, ERMITAGE - G. L . BERNINI: BOZZETTO PER' COSTANTINO IL GRANDE'

esso è l'unico autentico modello del famoso capolavoro del Bernini nel periodo della sua più alta e rigogliosa attività creativa.

Un'altra sua opera ransslma, ma, ahimè, assai mal conservata, attrae subito l'attenzione su di sè per il brio della composizione, della maniera libera e larga del mo­dellato e per un singolare dinamismo: il bozzetto della colossale statua equestre dell'imperatore Costantino il Grande, che si trova ai piedi della Scala Regia in Vati­cano (figg. 3-4). II) Per quanto ci consta, un analogo bozzetto di terracotta non è stato mai pubblicato.

Poichè la testa del cavaliere manca, poteva sor­gere il dubbio che la terracotta dell'Ermitage fosse

invece il modello del monumento equestre di Luigi XIV, dalla composizione simile a quella di Costantino il Grande. Ma il confronto del nostro bozzetto con quello celebre, eseguito proprio dal maestro, della statua di Luigi XIV (alla Galleria Borghese) consente di determinare subito il soggetto del bozzetto. Il fatto che esso non potè servire di modello a quest'ultimo 10 dicono la posizione a cavallo del cavaliere col mo­vimento quasi verticale del torso e - altro signifi­cativo particolare - il mantello della figura, pendente dalla spalla sinistra, che si stende con larghe pieghe sul collo del cavallo, celando la mano sinistra; Luigi XIV ha invece la mano sinistra stretta a pugno e ben visibile, tra il busto del cavaliere e il collo del cavallo.

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FIG. 4 - G. L. BERNINI: PARTICOLARE DEL CAVALLO DI COSTANTINO IL GRANDE

Oltre a ciò, la caratteristica generale della figura del cavallo, corto e tozzo, indica anch'essa che si tratta del gruppo di Costantino, a differenza del cavallo lungo con la schiena quasi incurvata, su cui cavalca Luigi XIV, che fu soggetto a una critica beffarda da parte degli avversari di G. L. Bernini.

Che la terracotta dell'Ermitage rappresenti l'abbozzo di un gruppo da appoggiare a una parete lo conferma il lato posteriore piatto, lasciato assolutamente informe, sebbene la testa e il petto del cavallo con le zampe ante­riori siano stati lavorati totalmente, come una scultura a tutto tondo. Sul davanti sotto la pancia, fino alla base delle zampe anteriori del cavallo, la compatta massa di terracotta costituisce il basamento di tutto il gruppo. Le zampe posteriori sono fuse con questo basamento.

La figura del cavaliere è stata abbozzata più som­mariamente di quella del cavallo. L'ampia piega del mantello dalla spalla sinistra attraversa la figura e, passando sotto il braccio destro (che si è conservato sino a metà dell'avambraccio), cade sulla groppa del caval­lo, come già fu detto. Sulla spalla destra, seriamente danneggiata, sono visibili le tracce delle cinghie dello spallaccio di un'armatura romana e pure sull'anca è visibile un abbozzo di cinghie e sotto di esse una corta camicia, un lembo della quale è più alto del ginocchio. Parte della gamba, dal ginocchio al piede, è mingherlina, ed è stata pure modellata in modo generico. Essa è danneggiata e consumata dagli sfregamenti, poichè è la parte del gruppo più sporgente in avanti.

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Nel bozzetto dell'Ermitage colpisce a prima vista la compiutezza decorativa e l'energia della soluzione compositiva. È una specie di forza impetuosa. Il cava­liere e il cavallo sono fusi in unità organica. La figura è meno piegata che nel marmo, il torso si rizza quasi eretto in alto e perciò ha un contatto più imme­diato col collo del cavallo, e le pieghe del mantello si congiungono con i ciuffi svolazzanti della criniera. Le proporzioni generali del cavallo si differenziano notevolmente dal marmo nel senso di una maggiore potenza e compostezza. La testa, col muso dalla bocca spalancata, è bruscamente piegata verso il collo, così che il labbro inferiore è unito al petto con una piccola protuberanza di argilla. Tutto il petto del cavallo è più girato verso la gamba destra del cavaliere e perciò il suo ginocchio si spinge molto più in avanti, sicchè non resta qui quella grande superficie piana della spalla del cavallo, che richiama la nostra attenzione nel marmo. Al contrario, i muscoli del petto, nella terracotta, sono modellati in maniera perfetta, nella sintesi di un energico sforzo in relazione alle zampe anteriori alzate nel galoppo. La medesima composizione raccolta è stata conferita anche alla groppa del cavallo, dove le pieghe del mantello svolazzante di Costantino si pro­tendono lontano verso la coda e qui di bel nuovo manca quella grande superficie piana, che nel marmo crea l'ef­fetto che il corpo del cavallo sia leggermente allungato.

Nella terracotta, a creare questo caratteristico ef­fetto della vigorosa tensione della groppa del cavallo contribuisce anche la disposizione delle pieghe attor­cigliate dell' estremità del mantello (risolte, si può dire, in modo molto più massiccio e più forte delle sminuz­zate, rotte increspature del tessuto nel marmo), che ricoprono a metà l'anca destra del destriero.

Tutte le citate particolarità di composizione del bozzetto e l'effetto generale della sua linea poderosa, slanciata verso l'alto, induce a supporre di aver qui uno dei primi abbozzi del Bernini, che risale a una fase iniziale del lavoro alla statua di Costantino il Gran­de, commissionata allo scultore dal papa Innocenzo X, per far coppia con la monumentale figura in piedi della marchesa Matilde di Toscana e destinata ad esser messa in posa nell'interno della basilica. 12) I disegni dello stesso Bernini, pubblicati dai summenzionati autori, non possono essere chiamati qui a confronto, poichè essi si riferiscono alla successiva variante della composi­zione del r66r e, inoltre, rappresentano in sostanza la figura di Costantino, il suo atteggiamento e la testa, che non sono rimasti nel bozzetto dell' Ermitage.

Tuttavia si è perfettamente conservata qui la splen­dida testa e tutta la parte anteriore del cavallo. Attra­verso di essa ci rendiamo conto del forte e sicuro modellato, dell'ardire del grande artista, con cui è stato modellato il muso dalla bocca spalancata, le froge frementi e focose e il sottile labbro scostato. Sul muso

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Page 7: TRE BOZZETTI DI G. L. BERNINI ERMITAGE DI LENINGRADO D · FIG. I - LENINGRADO, ERMITAGE - G. L. BERNINI: BOZZETTO PER L' 'ESTASI DI S. TERESA' Oltre a questo importante nucleo, nel

palpita una finissima rete di vasi sanguigni, e gli occhi spalancati sotto le sporgenti arcate sopraccigliari sono quasi scintillanti. Con straordinario dinamismo e, ciò che è caratteristico del Bernini, quasi malignamente, penetrano nella fronte del cavallo corte ciocche di ciuffi terminanti a punta, e la criniera, cadendo più distante a grosse ondulazioni, scende con sottili cioc­che fluenti sul petto. Così tutto questo produce un effetto molto più realistico e plastico rispetto alle pro­fonde ombre interpretate decorativamente, molto tra­forate e frastagliate, dell' opera monumentale che Si

trova in Vaticano, eseguita in marmo nel 1670.

Attrae l'attenzione per le sue alte qualità artistiche anche un terzo grande bozzetto di G. L. Bernini per un lavoro del suo periodo giovanile: "la vergine" Santa Bibiana della chiesa che porta il suo nome, nel solitario borgo "ad Ursum pileatum". lo mi sento un po' imbarazzata nella difesa della nostra " vergine santa" perchè mi lascia sconcertata il breve e grave verdetto di R. Wittkower. I3) Dicendo della terracotta di S. Bibiana al Louvre, che "era errato considerare questa copia quale bozzetto originale della statua", egli aggiunge: "L'altra copia in terracotta si trova all'Ermitage, a Leningrado".

E tuttavia bisogna tentare di scuotere questa opi­nione, e può darsi mi riesca di avvolorare la mia con­vinzione dei pregi altissimi di questa terracotta.

Se si ricorda che il Bernini ricevette dal Papa Urba­no VIII nel 16241' ordine di fare la statua di S. Bibiana, in coincidenza con la solenne traslazione delle sue reli­quie e con la restaurazione della chiesa a lei dedicata, diventa allora pienamente comprensibile che proprio in quegli anni, di compimento dei suoi maggiori gruppi plastici per il cardinal Borghese, egli potè iniziare il lavoro al modello per la statua della vergine santa. È molto interessante osservare la somiglianza della Santa nel bozzetto dell'Ermitage (fig. 5) - e non nella statua in marmo - con i volti femminili di di questi gruppi. Nel bozzetto è più viva quell'an­tica tradizione che anche il Sandrart notò nelle pri­me opere del Bernini il quale aveva occupato molto tempo nello studio de11e più be11e statue classiche. La validità del canone traspare nel viso: una soave riservatezza, che ne11a statua finita cede il posto a una chiara espressione di beatitudine ne110 sguardo e nel sorriso che le fiorisce su11e labbra carnose. Ne11a statuetta di terracotta,'4) in confronto al marmo, l'ovale del viso è più allungato, i capelli, eseguiti in maniera più generica, scoprono il triangolo alto e acuto de11a fronte, il naso è più lungo e più sottile, la bocca più piccola, le labbra appena dischiuse, il mento più tondeggiante e più sporgente in avanti. In conseguenza di tutto ciò il viso reca un' espressione piuttosto di afflizione che non di beatitudine, quale si nota nel

marmo. Gli occhi nella terracotta sono fatti grafica­mente con l'iride bordata all'intorno, ma non a basso­rilievo, e il loro sguardo è pieno di sentimentalismo. Davanti, sul co11etto de11'abito, è stata finemente in­cisa una guarnizione, lievemente accennata. Il suo disegno è appena abbozzato e assolutamente dissimile dal ricamo a bassorilievo di ste11ine e roselline ben

FIG. 5 - LENINGRADO, ERMITAGE - G. L. BERNINI: BOZZETTO PER LA ' s. BIBIANA'

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preClse che sono sul colletto dell'abito della statua di marmo. Ancor più marcatamente si differenzia la fibula sulla spalla sinistra della santa. Qui la grande fibbia è sporgente ; nella terracotta, invece, il fermaglio è impercettibile, a forma di piramide a quattro facce, schiacciata da sopra.

È diversa inoltre nel bozzetto la larga trattazione delle pieghe tondeggianti del mantello, che circondano il fian­co sinistro della Santa: nel marmo esse appaiono molto più angolose, per il fatto che le increspature della stoffa sono rotte e sminuzzate. Pure in modo diverso è stata foggiata l'altra estremità del mantello, che pende dal ca­pitello, giù giù lungo la colonna: in terracotta essa è stata eseguita con la struttura elicoidale di tre grosse pieghe con profondo chiaroscuro, tipica del Bernini. È molto diverso anche l'arbusto d'alloro presso il basamento della colonna : pare un fitto fascio di foglie, stretta­mente aderenti l'una all'altra, che dànno l'impressione di una massa di verde, tra la quale non si vedono ra­moscelJ.i. Nel marmo, invece, sono nettamente visibili i ramoscelli, con dure foglie su ambo i lati.

Nella mano sinistra della Santa, che con mossa gen­tile delle dita stese sostiene le pieghe del mantello più in alto del ginocchio della gamba destra, sollevata sulla pietra, non c'è il ramoscello di palma che, tra l'altro, nella statua di marmo è fatto di bronzo. Tuttavia, nella terracotta la stessa composizione è compiuta a tal punto e conclusa dal movimento d'incontro di questa mano col ginocchio destro girato verso di essa, che nessun altro elemento che sporga è necessario. Al contrario, sembrerebbe infranta l'integrità della figura della statuetta, legata ancora alle classiche tra­dizioni delle prime opere di Michelangelo. Soltanto la generale compiutezza decorativa della figura, la sua voluminosità plastica fanno sentire che una nuova éra sopraggiunge nell' arte.

La finezza del modellato delle mani femminili, ca­ratteristica del Bernini, si nota nella mossa che è stata resa con sicurezza e nella delicatezza della morbida flessione della mano sinistra della Santa. 15) La natura­lezza interpretativa dell'articolazione delle dita e il disegno delle unghie sono resi nei particolari, mal­grado le dita affondino nelle pieghe dello spesso tessuto del mantello. Questo effetto, come riconosce anche A. Michel, 16) non si avverte assolutamente nella terracotta del Louvre, che ripete quasi del tutto l'originale in marmo e doveva effettivamente essere riconosciuta come una copia in piccolo di terracotta, e non il boz­zetto originale del Bernini, per il quale noi proponiamo l'esemplare della statuetta di S. Bibiana dell'Ermitage.

I tre bozzetti di terracotta qui raffrontati rappresen­tano quasi tre tappe dell'attività artistica di Gian Lo­renzo Bernini. Il gruppo dell" Estasi di S. Teresa' ri­specchia il fiorire della sua maniera espressiva e ricca di emotività, luminosa e convincente, che sa trasmettere

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allo spettatore con forza contagiosa autentiche sensa­zioni ed emozioni. Il bozzetto della statua equestre dell 'imperatore Costantino è caratteristico della tappa dell' " alto barocco" con tutta l'enfasi di contenuto e di decoratività impetuosa di una composizione dina­mica. Infine la riservata, semplice e un poco ingenua immagine di S. Bibiana, in cui si avverte il contatto con le tradizioni classiche, è un monumento che risale all'inizio dell' attività creativa del grande maestro.

(Trad. dal russo di G. FOSSATI) .

I ) Cfr. Museo della casa eccellentissima Farsetti in Venez ia, 1788, p . 5·

2) Cfr. G. MATZULEVIc, Autoritratto di Lorenzo Bernini, in Iskusstvo, n. I , Ig61, pp. 6g-73, con 8 iII. (in russo) .

3) S. FRASCHETTI, Il Bernini, Milano Ig00, p. 257. 4) La rimanente parte di questa collezione fu acquistata nel

1805 dall'imperatore d'Austria Francesco II. Cfr. P . MOLMENTI, La peinture venitienne, Firenze Ig04, p . 145 ; C. A. LEVI, Le col­lezioni Veneziane, Venezia Ig00, p. CXCII.

5) La notte dal 23 al 24 marzo 1801 l'imperatore Paolo fu stran­golato da congiurati, capeggiati da suo figlio Alessandro (N.d. T.) .

6) G. TREJ, Indice del Museo di Scultura dell 'Accademia Impe­riale delle Belle Arti, San Pietroburgo 1871 (in russo) .

7) Già in una fase molto precedente della sua attività Bernini aveva rivelato talento di vero scultore, creando nel gruppo di • Apollo e Dafne " pur esso tratto, con stupenda precisione, dal racconto delle Metamorfosi di Ovidio, una meravigliosa raffigura­zione, cosÌ viva e convincente, della magica trasformazione della giovinetta, sotto gli occhi dello spettatore, in una pianta d 'alloro.

8) Il gruppo • Estasi di S. Teresa ' misura 47 X 42 cm., ter­racotta giallo chiaro. Molti danni : l'angelo è privo di testa, del braccio destro fino alla spalla, delle dita della mano sinistra, della parte superiore e inferiore dell'ala sinistra ; alla Santa manca metà del piede pendente della gamba sinistra, il terzo dito nella mano destra e il mignolo nella sinistra. In tutto il gruppo vi sono incri­nature dipendenti dalla cottura. Il gruppo era destinato ad esser visto da tre lati, la parte posteriore infatti è stata lasciata informe, e in basso nell'argilla è stata fatta una profonda incavatura, quasi triangolare.

9) Bernini, Frankfurt am Main Ig26, p. Ig. IO) A. SANTANGELO, Museo di Palo Venez ia - Catalogo delle

sculture, Roma Ig54, p. go; R. WITTKOWER, Bernini, London Ig55, p. 20g.

II) Il gruppo, di terracotta giallo-chiaro, misura 45 X 28 cm. Gravemente lesionato, mancano: la testa, la mano destra, il piede della gamba destra del cavaliere la cui spalla destra è danneggiata; il cavallo è privo delle zampe anteriori, dell'orecchio sinistro e della coda ; della zampa posteriore destra si è conservato solo lo zoccolo.

12) R. WITTKOWER (Bernini, cit., p. 234) ha dimostrato esaurien­temente che già il 2g ottobre 1654 nella bottega del Bernini fu consegnato un blocco di marmo, che per le sue dimensioni e peso rispondeva alle proporzioni d!.'l gruppo equestre di Costantino.

13) Bernini, cit., p. 187. 14) La statuetta, di terracotta giallo chiaro, misura cm. 55 X 23.

Non gravi i danni: sono rotte tutte le dita della mano destra, la metà dell'arbusto d'alloro e l'estremità delle pieghe del mantello nella base della colonna. Mancano le dita e la punta del sandalo del piede sinistro, che sporgono da sotto le pieghe della veste. La figura è stata lavorata da tre lati, e dietro, per tutta l'altezza, è stata praticata una profonda incavatura triangolare.

15) Della mano destra rialzata della statuetta, il cui palmo è stato modellato egregiamente, è difficile parlare, poiché essa è stata certamente già restaurata: alla base delle dita, ora di nuovo spezza­te, sporge il filo di ferro. Forse il restauro deturpò tutta la mano.

16) Per quanto si può giudicare dalla riproduzione nella Gaz. d. Beaux-Arts, Ig17, voI. XII-XIII, p. 62.

I bozzetti della I S. Teresa ' e della I S. Bibiana' sono stati pub­blicati nel Catalogo delle Sculture dell'Ermitage, Ig60 (in russo), tavv. 21, 22 con una brevissima notizia nel testo. (N. d. R.).

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