TRASPARENZA E PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE...della corruzione, riguarda interpretazione del concetto...
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TRASPARENZA E PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
Sonia Moi, PhD
L’Aquila 15/11/2019
AGENDA
Una premessa: corruzione e dintorni
L’evoluzione della normativa
Il Piano Nazionale Anticorruzione
Come predisporre il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione alla luce del PNA 2019
ALCUNE PREMESSE SUL CONCETTO DI CORRUZIONE (I)
Uno dei problemi dell’applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione, riguarda interpretazione del concetto stesso di corruzione. Erroneamente, il fenomeno corruttivo è stato sempre (e solo) associato allo scambio di denaro (tangente) in cambio di favori illeciti o, comunque, le fattispecie di reato disciplinate negli artt. 318, 319 e 319 ter del codice penale (ipotesi di corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e corruzione in atti giudiziari).
ALCUNE PREMESSE SUL CONCETTO DI CORRUZIONE (II)
Con la legge 190/2012, e stata delineata una nozione ampia di “prevenzione della corruzione”, che comprende una vasta serie di misure con cui si creano le condizioni per rendere sempre più difficile l’adozione di comportamenti di corruzione nelle amministrazioni pubbliche e nei soggetti, anche privati, considerati dalla legge 190/2012.
* Tratto dal PNA 2019, pag. 12
IL PROCESSO DI GESTIONE DEL RISCHIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
ALCUNE PREMESSE SUL CONCETTO DI CORRUZIONE (III)
Secondo un recente studio dell’ANAC*, infatti, lo scambio di denaro rappresenta solo una parte (anche se significativa) delle utilità conseguibili dall’accordo corruttivo. Tra le ulteriori fattispecie, sono state rilevate: l’assunzione di coniugi, congiunti o soggetti comunque legati al corrotto (13% dei casi), l’assegnazione di prestazioni professionali (11%) e regalie (7% dei casi). Tra le altre utilità, ancora, il rapporto cita benefit quali benzina, pasti, pernotti, ristrutturazioni edilizie, riparazioni, servizi di pulizia, etc.
* La corruzione in Italia 2016-2019. Numeri, luoghi e contropartite del malaffare
IL PROCESSO DI GESTIONE DEL RISCHIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
ALCUNE PREMESSE SUL CONCETTO DI CORRUZIONE (IV)
L’Autorità ritiene opportuno precisare, pertanto, che naturalmente con la legge 190/2012 non si modifica il contenuto tipico della nozione di corruzione ma per la prima volta in modo organico si introducono e, laddove già esistenti, si mettono a sistema misure che incidono laddove si configurano condotte, situazioni, condizioni, organizzative ed individuali - riconducibili anche a forme di cattiva amministrazione - che potrebbero essere prodromiche ovvero costituire un ambiente favorevole alla commissione di fatti corruttivi in senso proprio.
* Tratto dal PNA 2019, pag. 13
ALCUNE PREMESSE SUL CONCETTO DI CORRUZIONE (IV)
Secondo il rapporto precedentemente citato, il fenomeno corruttivo è, dunque, così articolato da richiedere la necessità di un’azione combinata di strumenti preventivi e repressivi, in cui lo strumento preventivo risulta indispensabile, anche vista la predominanza dell’apparato burocratico negli episodi di corruzione, che comprova l’assoluta utilità di prevedere adeguate misure organizzative che riducano a monte i fattori di rischio*.
* La corruzione in Italia 2016-2019. Numeri, luoghi e contropartite del malaffare
IL PROCESSO DI GESTIONE DEL RISCHIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
I PILASTRI DEL SISTEMA DI PREVENZIONE
Stante il profilo di natura preventiva della normativa e in considerazione del concetto di corruzione che è necessario considerare, i pilastri su cui ogni organizzazione deve basare il sistema di prevenzione della corruzione sono i seguenti
IL PROCESSO DI GESTIONE DEL RISCHIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
I PILASTRI DEL SISTEMA DI PREVENZIONE: ORGANIZZAZIONE
Inefficienza e corruzione sono spesso un binomio vincente.
La prevenzione della corruzione passa, dunque, anche da una migliore della qualità dell’azione amministrativa attraverso il miglioramento dei processi organizzativi e il contrasto di fenomeni di inefficiente e cattiva amministrazione
IL PROCESSO DI GESTIONE DEL RISCHIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
I PILASTRI DEL SISTEMA DI PREVENZIONE: TRASPARENZA
L’opacità dell’azione amministrativa è fonte di inefficienze e cattiva amministrazione. Migliorarne la trasparenza, sia attraverso la tracciabilità dei processi sia attraverso la qualità dei dati e delle informazioni fornite ai cittadini, rappresentano un importante strumento di prevenzione della corruzione.
IL PROCESSO DI GESTIONE DEL RISCHIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
I PILASTRI DEL SISTEMA DI PREVENZIONE: CONFLITTO DI INTERESSI
La tutela anticipatoria di fenomeni corruttivi si realizza anche attraverso la individuazione e la gestione del conflitto di interessi. La situazione di conflitto di interessi si configura laddove la cura dell’interesse pubblico cui e preposto il funzionario potrebbe essere deviata per favorire il soddisfacimento di interessi contrapposti di cui sia titolare il medesimo funzionario direttamente o indirettamente. Si tratta dunque di una condizione che determina il rischio di comportamenti dannosi per l’amministrazione, a prescindere che ad essa segua o meno una condotta impropria.
* Tratto dal PNA 2019, pag. 47
IL PROCESSO DI GESTIONE DEL RISCHIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
EVOLUZIONE DEL QUADRO NORMATIVO
INQUADRAMENTO GENERALE – IL DISEGNO NORMATIVO: LE ORIGINI
LEGGE 6 novembre 2012, n. 190
Disposizioni per la prevenzione e la
repressione della corruzione e
dell'illegalità nella pubblica
amministrazione
DECRETO LEGISLATIVO 14 marzo 2013, n. 33
Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità,
trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni.
DECRETO LEGISLATIVO 8 aprile 2013, n. 39
Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi
presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo
pubblico
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 aprile 2013, n. 62
Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici.
LEGGE 6 novembre 2012, n. 190
Disposizioni per la prevenzione e la
repressione della corruzione e
dell'illegalità nella pubblica
amministrazione
DECRETO LEGISLATIVO 14 marzo 2013, n. 33
Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità,
trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni.
DECRETO LEGISLATIVO 8 aprile 2013, n. 39
Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi
presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo
pubblico
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 aprile 2013, n. 62
Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici.
DECRETO-LEGGE 24 giugno 2014, n. 90, convertito con
modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114
Art. 19 - Soppressione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture e definizione delle funzioni
dell'Autorità nazionale anticorruzione
INQUADRAMENTO GENERALE – AGGIORNAMENTI LEGGE 124/2015
Deleghe al Governo in materia di
riorganizzazione delle amministrazioni
pubbliche.
D.LGS. 97/2016
Revisione e semplificazione delle
disposizioni in materia di prevenzione
della corruzione, pubblicità e trasparenza,
correttivo della legge 6 novembre 2012,
n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo
2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della
legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia
di riorganizzazione delle amministrazioni
pubbliche.
LEGGE 179/2017
La legge modifica l'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia
di tutela del dipendente o collaboratore che segnala illeciti (c.d. whistleblowing) e l'articolo 6
del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
IL SISTEMA DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
IL PROCESSO DI GESTIONE DEL RISCHIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
La norma delinea un Sistema organico di prevenzione della corruzione, articolato su 2 livelli
NAZIONALE
DECENTRATO
LIVELLO STRUMENTO FINALITA’
Piano Nazionale
Anticorruzione
Piano Triennale di
Prevenzione della
Corruzione
Garantire la coerenza
complessiva del sistema di
prevenzione della corruzione
Garantire l’autonomia delle
singole amministrazioni e
l’efficacia di soluzioni
personalizzate
ATTORI
ANAC
SNA
PREFETTURE
RPCT
ORGANO DI INDIRIZZO
DIRIGENTI
DIPENDENTI
GLI ATTORI A LIVELLO NAZIONALE
ANAC
SNA
PREFETTI
Tra gli altri compiti:
• Preparazione e adozione del piano nazionale anticorruzione ai sensi dell'articolo 1, comma 2-bis (legge n. 190/2012)
• analizza le cause e i fattori della corruzione e individua gli interventi che ne possono favorire la prevenzione e il
contrasto;
• esercita la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche
amministrazioni Richiesta di informazioni, dati, atti e documenti dalle pubbliche amministrazioni.
• riferisce al Parlamento sull'attività di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e
sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia;
Tra gli altri compiti:
• Preparazione di corsi di formazione in materia di etica e integrità, per i dipendenti delle pubbliche
amministrazioni;
• Formazione dei dipendenti della pubblica amministrazione che lavorano in settori "a più alto rischio", come
definito dai relativi PTPC.
Tra gli altri compiti:
• Garantire il supporto metodologico alle amministrazioni pubbliche locali.
FOCUS SUL PNA – PIANO NAZIONALE ANTICORRUZIONE
PIANO NAZIONALE ANTICORRUZIONE - PNA
Secondo quanto contenuto nel PNA 2013, “Il sistema deve garantire che le strategie nazionali si sviluppino e si modifichino a seconda delle esigenze e del feedback ricevuto dalle amministrazioni, in modo da mettere via via a punto degli strumenti di prevenzione mirati e sempre più incisivi.
In questa logica, l’adozione del P.N.A. non si configura come un’attività una tantum, bensì come un processo ciclico in cui le strategie e gli strumenti vengono via via affinati, modificati o sostituiti in relazione al feedback ottenuto dalla loro applicazione.
Inoltre, l’adozione del P.N.A. tiene conto dell’esigenza di uno sviluppo graduale e progressivo del sistema di prevenzione, nella consapevolezza che il successo degli interventi dipende in larga misura dal consenso sulle politiche di prevenzione, dalla loro accettazione e dalla concreta promozione delle stesse da parte di tutti gli attori coinvolti’’
Obiettivo: assicurare l’attuazione coordinata
delle strategie di prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione,
2013
2015
2016
2017
2018
2019
PNA 2013 - STRUTTURA
2013
PNA 2013
Parte 1
espone gli obiettivi strategici e
le azioni previste, da
implementare a livello nazionale
nel triennio 2013-2015.
Parte 3
Contiene indicazioni
circa le comunicazioni dei dati
e delle informazioni al D.F.P.
Allegato 1
Indicazioni per la
predisposizione del P.T.P.C.
Tavole delle misure
Parte 2
Illustra la strategia di prevenzione a livello
di ciascuna PA e contiene le direttive per
l'applicazione delle misure di prevenzione,
tra cui quelle obbligatorie per legge
Allegato n. 2 – Individuazione delle Aree di rischio comuni
ed obbligatorie per tutte le PA
Allegato n. 3 – Elenco esemplificativo delle tipologie di
rischio
Allegato n. 4 – Elenco esemplificativo delle misure ulteriori
Allegato n. 5 – La valutazione del rischio
Allegato n. 6 – I Principi di gestione del rischi
PNA 2015 - STRUTTURA
PNA 2015
FOCUS SUL PROCUREMENT FOCUS SUL SSN
Parte Generale
1. Stato dell'arte
dell'implementazione di PTPC
2. Attori e responsabilità
3. Miglioramento del processo di
gestione del rischio
2015
PNA 2016 - STRUTTURA
PNA 2016
Focus sui piccoli comuni
Parte Generale
1. Orientamenti internazionali
2. Stato dell'arte dell'implementazione dei
PTPC
3. Attori e responsabilità
4. Misure: focus su trasparenza, rotazione
del personale e whistleblowing
2016
Focus sulle Città
Metropolitane Focus sul Governo del
Territorio
Focus sulle istituzioni
scolastiche
Focus sulla protezione e
valorizzazione del
patrimonio culturale
Focus sugli ordini
professionali Focus sul SSN
PNA 2017 - STRUTTURA
PNA 2017
Focus sulle Autorità portuali
Parte Generale
1. Stato dell'arte dell'implementazione dei
PTPC
2. Attori e responsabilità
3. Misure: focus su rotazione del personale
e conflitto di interessi
Focus sulle Università Focus sui Commissari
Straordinari nominati dal
Governo
2017
PNA 2018 - STRUTTURA
PNA 2018
Focus sulle Agenzie fiscali
Parte Generale
1. Stato dell'arte dell'implementazione dei
PTPC (PA e Società)
2. Focus su RPCT
3. Trasparenza e nuovo regolamento UE
protezione dati
4. Misure: focus su codice di
comportamento, pantouflage e
rotazione del personale
Focus sulle procedure di
gestione dei fondi strutturali e
dei fondi nazionali per le
politiche di coesione
2018
Focus sulla GESTIONE DEI
RIFIUTI
Focus sulla semplificazione
per i piccoli comuni
FOCUS SUL PNA 2019
LE PRINCIPALI NOVITÀ
Rafforzamento delle indicazioni dell’Autorità in relazione a:
Soggetti, ruoli e responsabilità;
Misure per la prevenzione della corruzione;
Metodologia per la predisposizione del PTPC
IL PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
LEGGE 6 NOVEMBRE 2012, N. 190
La norma delinea un Sistema organico di prevenzione della corruzione, articolato su 2 livelli
NAZIONALE
DECENTRATO
LIVELLO STRUMENTO FINALITA’
Piano Nazionale
Anticorruzione
Piano Triennale di
Prevenzione della
Corruzione
Garantire la coerenza
complessiva del sistema di
prevenzione della corruzione
Garantire l’autonomia delle
singole amministrazioni e
l’efficacia di soluzioni
personalizzate
ATTORI
ANAC
SNA
PREFETTURE
RPCT
ORGANO DI INDIRIZZO
DIRIGENTI
DIPENDENTI
IL PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE - PTPC
Legge 190/2012, Art. 1 comma 5
Le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica:
a) un piano di prevenzione della corruzione che fornisce una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e indica gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio;
FINALITÀ DEL PTPC
Finalità del PTPCT è quella di identificare le misure organizzative volte a contenere il rischio di assunzione di decisioni non imparziali. A tal riguardo spetta alle amministrazioni di valutare e gestire il rischio corruttivo, secondo una metodologia che comprende l’analisi del contesto (interno ed esterno), la valutazione del rischio (identificazione, analisi e ponderazione del rischio) e il trattamento del rischio (identificazione e programmazione delle misure di prevenzione).
* Tratto dal PNA 2019, pag. 17
I PRINCIPI DA SEGUIRE NELLA DEFINIZIONE DEL PTPC
Principi strategici
Coinvolgimento dell’organo di indirizzo politico-amministrativo
Cultura organizzativa diffusa di gestione del rischio
Collaborazione tra amministrazioni
I PRINCIPI DA SEGUIRE NELLA DEFINIZIONE DEL PTPC
Principi metodologici
Prevalenza della sostanza sulla forma
Gradualità
Selettività
Integrazione
Miglioramento e apprendimento continuo
I PRINCIPI DA SEGUIRE NELLA DEFINIZIONE DEL PTPC
Principi finalistici
Effettività
Orizzonte del valore pubblico
DALLA GESTIONE DEL RISCHIO ALLA GESTIONE DEL RISCHIO CORRUTTIVO IN PA
ISO 31000 PIANO NAZIONALE ANTICORRUZIONE
GLI ATTORI A LIVELLO DECENTRATO COMPITI E RESPONSABILITÀ NELLA MESSA IN ATTO DEL PROCESSO DI GESTIONE DE RISCHIO
Organo di Indirizzo
Politico/
Amministrativo
RPCT
Referenti /
Dirigenti /
Dipendenti
OIV
Tra gli altri:
• Nominare il responsabile per la prevenzione della corruzione e trasparenza (RPCT);
• ordinare le eventuali modifiche organizzative necessarie a garantire adeguati poteri e funzioni per
l'esecuzione del mandato del RPCT in completa autonomia ed efficacia
• Adottare il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione
Tra gli altri:
• Coordinamento generale dell'intera strategia a livello decentrato
• Proposta PTPC all'organo di indirizzo politico
• Segnalazione delle anomalie inerenti all'attuazione delle misure
Tra gli altri:
• Fornire informazioni e partecipare al processo di gestione dei rischi
• Proporre misure anticorruzione
• Allineare il comportamento con le disposizioni del piano anticorruzione e del codice di comportamento
Tra gli altri:
• Verificare la coerenza del PTPC con il PP
• Verifica l’adempimento degli obblighi di trasparenza
INDICAZIONI DEL PNA 2019 (I)
La legge 190/2012 precisa che l’attività di elaborazione del Piano, nonché delle misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del d.lgs. 231/2001, non può essere affidata a soggetti estranei all’amministrazione (art. 1, co. 8), ma spetta al RPCT. Le modifiche introdotte dal d.lgs. 97/2016 (art. 41, co. 1, lett. g)) hanno confermato tale disposizione.
Lo scopo della norma è quello di considerare la predisposizione del PTPCT un’attività da svolgere necessariamente da parte di chi opera esclusivamente all’interno dell’amministrazione o dell’ente interessato, sia perche presuppone una profonda conoscenza della struttura organizzativa, di come si configurano i processi decisionali (siano o meno procedimenti amministrativi) e della possibilita di conoscere quali profili di rischio siano coinvolti; sia perche e finalizzato all’individuazione delle misure di prevenzione che piu si attagliano alla fisionomia dell’ente e dei singoli uffici e al loro migliore funzionamento.
*Tratto dal PNA 2019, pag. 21
INDICAZIONI DEL PNA 2019 (II)
Le analisi dei PTPCT condotte dall’Autorita hanno evidenziato come la non chiara configurazione dei compiti e delle responsabilita dei soggetti interni alle amministrazioni e agli enti costituisca spesso causa di scarsa qualita dei Piani. Invece, l’interlocuzione e la condivisione degli obiettivi di prevenzione della corruzione e da ritenersi fondamentale ai fini del buon successo dell’intera politica di anticorruzione.
*Tratto dal PNA 2019, pag. 22
INDICAZIONI DEL PNA 2019 - RESPONSABILI DEGLI UFFICI
Dalle valutazioni dei PTPCT svolte dall’Autorità è risultato che la carente mappatura dei processi elaborata dalle amministrazioni è dipesa anche dalla resistenza dei responsabili degli uffici a partecipare, per le parti di rispettiva competenza, alla rilevazione e alle successive fasi di identificazione e valutazione dei rischi.
Si rammenta che l’art. 1, co. 9, l. 190/2012 prevede alla lettera a) che il PTPCT individui le attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione, e le relative misure di contrasto, anche raccogliendo le proposte dei dirigenti, elaborate nell’esercizio delle competenze previste dall’art. 16, co. 1, lett. a-bis), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165. Dispone, inoltre, alla successiva lettera c) obblighi di informazione nei confronti del RPCT chiamato a vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del Piano.
*Tratto dal PNA 2019, pag. 25
INDICAZIONI DEL PNA 2019 - DIPENDENTI
Il coinvolgimento di tutto il personale in servizio (ivi inclusi gli eventuali collaboratori a tempo determinato o i collaboratori esterni) è decisivo per la qualità del PTPCT e delle relative misure, così come un’ampia condivisione dell’obiettivo di fondo della prevenzione della corruzione e dei valori che sono alla base del Codice di comportamento dell’amministrazione.
Il coinvolgimento dei dipendenti va assicurato in termini di partecipazione attiva al processo di autoanalisi organizzativa e di mappatura dei processi, nonché in sede di definizione delle misure di prevenzione e di attuazione delle stesse.
Si rammenta che l’art. 8 del D.P.R. 62/2013 contiene il dovere per i dipendenti di prestare la loro collaborazione al RPCT e di rispettare le prescrizioni contenute nel PTPCT. La violazione da parte dei dipendenti dell’amministrazione delle misure di prevenzione previste dal Piano costituisce illecito disciplinare (legge 190/2012, art. 1, co. 14).
*Tratto dal PNA 2019, pag. 26
LA MESSA IN ATTO DEL PROCESSO DI GESTIONE DEL RISCHIO: COME?
1. ANALISI DEL CONTESTO
• Caratteristiche del territorio o del settore di riferimento
• Relazioni con gli stakeholderEsterno
• Struttura organizzativa
• “Mappatura” dei processiInterno
1.1 ANALISI DEL CONTESTO ESTERNO SCOPO
evidenziare come le caratteristiche strutturali e congiunturali dell’ambiente nel quale l’amministrazione si trova ad operare possano favorire il verificarsi di fenomeni corruttivi e
condizionare la valutazione del rischio corruttivo e il monitoraggio dell’idoneità delle misure di prevenzione.
1.1 ANALISI DEL CONTESTO ESTERNO OGGETTO
individuazione e descrizione delle caratteristiche culturali, sociali ed economiche del territorio o del settore specifico di intervento (ad esempio, cluster o comparto)
relazioni esistenti con gli stakeholder,
1.1 ANALISI DEL CONTESTO ESTERNO COME?
Acquisizione dei dati rilevanti
Interpretazione dei dati
Estrazione elementi utili
Ø aree di rischio da esaminare prioritariamente,
Ø identificazione di nuovi eventi rischiosi
Ø elaborazione di misure di
prevenzione specifiche
Ø Fonti esterneØ Fonti interne
1.1 ANALISI DEL CONTESTO ESTERNO FONTI DATI
Fonti esterne ISTAT, Università e Centri di ricerca, ecc. Particolare importanza rivestono i dati giudiziari indagini relative agli stakeholder di riferimento attraverso questionari on-line o altre
metodologie idonee (es. focus group, interviste etc.).
Fonti interne interviste con l’organo di indirizzo o con i responsabili delle strutture; segnalazioni ricevute tramite il canale del whistleblowing o altre modalità; risultati dall’azione di monitoraggio del RPCT; informazioni raccolte nel corso di incontri e/o attività congiunte con altre
amministrazioni che operano nello stesso territorio o settore.
IL PARAGRAFO “ANALISI DEL CONTESTO ESTERNO”
Esemplificazione
IL PARAGRAFO “ANALISI DEL CONTESTO ESTERNO”
Possibile indice:
Introduzione;
Dinamiche demografiche;
Dinamiche economiche;
Dinamiche sociali/culturali;
Criminalità e corruzione;
INTRODUZIONE L’analisi del contesto esterno rappresenta una importante fase del processo di gestione del rischio; in tal senso, appare opportuna la ricerca, raccolta e valutazione delle informazioni relative al contesto esterno, in termini di dinamiche territoriali, caratteristiche socio-economiche del territorio, dati sulla criminalità organizzata, al fine di identificare gli elementi che possono influenzare l’attività amministrativa in termini di esposizione al rischio corruttivo.
Per questa ragione, i dati non saranno esclusivamente riportati, ma commentati in ragione della possibile influenza nelle attività dell’amministrazione in esame.
49
DINAMICHE DEMOGRAFICHE (1)
Al 31/12/2016, il Comune di Preventìno conta 151.983 abitanti, distribuiti su una superficie di 85,01 km², con densità abitativa pari a circa 1 817,52 ab./km².
Il dato, scorporato, indica una prevalenza di residenti del Comune della categoria degli over 65 rispetto a tutte le altre fasce d’età.
0-14 15-24 25-39 40-49 50-64 65+ TOTALE
Comune di
Preventìno 21.260 15.850 26.930 26.976 30.240 30.727 151.983
DINAMICHE DEMOGRAFICHE (2)
A ciò si aggiunge un elevato indice di vecchiaia, come emerge dalla tabella che segue.
In altre parole, il valore indica la presenza di 173 anziani (over 65) ogni 100 giovani (under 14).
Indice di vecchiaia
Comune di Preventìno Italia
173,6 154
DINAMICHE DEMOGRAFICHE (3)
Il territorio italiano è teatro, da tempo, di un notevole flusso migratorio. Il Comune di Preventìno, in linea con tale tendenza, fa registrare al 31/12/2016 una popolazione straniera pari a 7.216 individui pari a circa il 5% della popolazione totale, che stenta a trovare un’occupazione.
Ciò incide con una maggiore richiesta di servizi di carattere sociale, in cui l’esposizione al rischio corruttivo potrebbe manifestarsi nell’equità di accesso alle risorse destinate alla riduzione del disagio sociale.
DINAMICHE ECONOMICHE (1)
Il sistema imprenditoriale del Comune è composto prevalentemente da aziende del settore terziario (82%), seguito dal settore secondario (15%) e primario (3%).
Complice la crisi degli ultimi anni, dal 2010 il numero delle imprese registrate cresce sempre meno. Nel dettaglio, seppure i valori registrati siano sempre positivi il valore, dal 2010 è via via minore (2007: +3%; 2015: +1%).
A ciò si aggiunge un tasso di occupazione che, seppure al di sopra della media nazionale, si è ridotto di 2 punti percentuali rispetto al 2009.
Il Reddito medio imponibile, nell’anno 2016, dei residenti di Preventìno è pari a 26.461; rispetto a tale valore medio, Preventìno ha una percentuale di disagio reddituale (incidenza % contribuenti con reddito inferiore ai 10.000 Euro) pari al 28,8%, e di agio reddituale (incidenza % contribuenti con reddito superiore ai 75.000 Euro) pari al 4,9%.
DINAMICHE ECONOMICHE (2)
Il Comune di Preventìno, è situato sul golfo Pinco. La storia e la presenza del mare hanno reso la città un’attrazione turistica in tutte le stagioni dell’anno, seppur con una maggiore concentrazione nei periodi estivi.
Preventìno è tra le prime città italiane per numero di turisti. Nella stagione invernale, mediamente la città è visitata da circa 10.000 turisti, numero che raddoppia nella stagione estiva.
Il turismo e il suo indotto, è la principale fonte di reddito della Città: nella stagione estiva si regista una incidenza di richieste di autorizzazioni all’utilizzo di suolo pubblico, all’apertura di esercizi commerciali, di ristorazione e di esercizi alberghieri piuttosto elevata.
Nel 2014 gli arrivi complessivi di italiani e stranieri negli esercizi alberghieri di Preventìno hanno fatto registrare un incremento di +7% rispetto al 2013 (trend complessivo in aumento già dal 2008).
DINAMICHE ECONOMICHE (3)
Il dato relativo all’economia, letto in maniera integrata con le dinamiche demografiche in atto, lascia emergere un quadro non particolarmente positivo. La riduzione dell’occupazione, il crescente disagio reddituale, la prevalenza di cittadini di età superiore ai 65 anni e l’elevata presenza del fenomeno migratorio, induce a pensare che il settore delle politiche sociali possa essere largamente influenzato da tali dinamiche: da una parte, la scarsità di risorse da destinare ad un numero sempre maggiore di soggetti, dall’altra la possibile discrezionalità nell’attribuzione di tali risorse.
DINAMICHE ECONOMICHE (4)
Appare, dunque, opportuno, vincolare a criteri chiari e trasparenti l’assegnazione di risorse (intese come l’attribuzione di fondi, case di edilizia popolare, contributi economici, contributi per cure domiciliari, etc.).
Inoltre, poiché il turismo e il suo indotto rappresentano la principale fonte di reddito del comune, la sua gestione (specie con riferimento al rilascio di autorizzazioni all’apertura di esercizi commerciali nel litorale, etc.) rappresenta una delle aree maggiormente esposte al rischio corruttivo, la cui gestione trasparente rappresenta la priorità dell’ente.
CRIMINALITÀ E SICUREZZA NEL TERRITORIO (1)
CRIMINALITÀ E SICUREZZA NEL TERRITORIO (2)
Anno 2015
Preventìno Prov. Pinco Italia
Peculato 18 40 250
Indebita
percezione di
erogazioni 15 20 235
Concussione 20 22 120
Corruzione 50 65 350
Abuso di ufficio 80 110 850
Omissione o rifiuto
atti d’ufficio 105 150 980
Totale 288 407 2.785
CRIMINALITÀ E SICUREZZA NEL TERRITORIO (3)
Le più recenti relazioni della Polizia di Stato, fanno registrare un aumento del numero delle estorsioni (+22% rispetto al 2015).
Gli atti intimidatori nei confronti di amministratori di Enti locali, ma anche avverso imprenditori e titolari di esercizi commerciali, costituiscono una fenomenologia delittuosa ancora molto diffusa nel territorio di Preventìno. Il “modus operandi” con il quale vengono perpetrati gli atti intimidatori è prevalentemente legato: incendi dolosi, esplosioni di colpi d’arma da fuoco, collocazione di ordigni, ecc.. Con spiccato riferimento a condotte criminose commesse in pregiudizio dei pubblici amministratori, risulta indubbio come essi siano sostanzialmente ascrivibili ad una distorta e consolidata interpretazione dei diritti del cittadino, ossia ad un’impropria rappresentazione delle prerogative e delle attribuzioni dei gestori la “cosa pubblica”.
CRIMINALITÀ E SICUREZZA NEL TERRITORIO (4)
Permane l’attualità degli atti intimidatori rivolti nei confronti di amministratori pubblici, ma anche rappresentanti istituzionali, imprenditori ed esercizi commerciali. Solitamente i medesimi vengono attuati con modalità non tipicamente “professionali”, utilizzando ordigni rudimentali, ovvero indirizzando colpi di arma da fuoco a beni di proprietà dei destinatari.
CRIMINALITÀ E SICUREZZA NEL TERRITORIO (5)
Il dato relativo alla criminalità nel territorio in esame lascia evidenziare una situazione critica. Per ciascuna delle variabili analizzate, il dato risulta sempre superiore alla media italiana, per tutti gli anni in esame.
Non solo è elevata la percezione di insicurezza delle famiglie, ma è confermata dall’elevato numero di furti e rapine denunciate.
Inoltre, per quanto concerne il lato pubblico, si evidenziano un elevato numero di reati contro la PA, specie con riferimento ai fenomeni di abuso d’ufficio e omissione o rifiuto atti d’ufficio.
In linea con i dati precedentemente analizzati, si evidenzia la maggiore criticità con le attività del comune che implicano le relazioni con l’esterno (rilascio di autorizzazioni e concessioni, contributi, gestione degli appalti, etc.) per i quali l’abuso d’ufficio e omissione o rifiuto atti d’ufficio risultano compatibili.
-FINE APPROFONDIMENTO-
1.2 ANALISI DEL CONTESTO INTERNO
L’analisi del contesto interno riguarda gli aspetti legati all’organizzazione e la gestione per processi che influenzano la sensibilità della struttura al rischio corruttivo
o sistema delle responsabilità
o livello di complessità dell’amministrazione.
1.2 ANALISI DEL CONTESTO INTERNO OGGETTO
ANALISI STRUTTURA
ORGANIZZATIVA
MAPPATURA DEI PROCESSI
ANALISI DEL
CONTESTO INTERNO
1.2 ANALISI DEL CONTESTO INTERNO LA MAPPATURA DEI PROCESSI
L’aspetto centrale e più importante dell’analisi del contesto interno, oltre alla rilevazione dei dati generali relativi alla struttura e alla dimensione organizzativa, è la cosiddetta mappatura dei processi, consistente nella individuazione e analisi dei processi organizzativi.
L’obiettivo è che l’intera attività svolta dall’amministrazione venga gradualmente esaminata al fine di identificare aree che, in ragione della natura e delle peculiarità dell’attività stessa, risultino potenzialmente esposte a rischi corruttivi.
La definizione di «processo»
Un processo può essere definito come una sequenza di attività interrelate ed interagenti che trasformano delle risorse in un output destinato ad un soggetto interno o esterno all'amministrazione (utente).
Si tratta di un concetto organizzativo che -ai fini dell’analisi del rischio- ha il vantaggio di essere più flessibile, gestibile, completo e concreto nella descrizione delle attività rispetto al procedimento amministrativo.
1.2 ANALISI DEL CONTESTO INTERNO LA MAPPATURA DEI PROCESSI
P.N.A. 2019 – ALL. 1:
«…Una mappatura dei processi adeguata consente all’organizzazione di evidenziare duplicazioni, ridondanze e inefficienze e quindi di poter migliorare l’efficienza allocativa e finanziaria, l’efficacia, la produttività, la qualità dei servizi erogati, e di porre le basi per una corretta attuazione del processo di gestione del rischio corruttivo. È, inoltre, indispensabile che la mappatura del rischio sia integrata con i sistemi di gestione spesso già presenti nelle organizzazioni (controlli di gestione, sistema di auditing e sistemi di gestione per la qualità, sistemi di performance management), secondo il principio guida della “integrazione”, in modo da generare sinergie di tipo organizzativo e gestionale. Ad esempio, laddove, una mappatura dei processi sia stata già realizzata anche per altre finalità (es. revisione organizzativa per processi o sistema di performance management), si suggerisce di considerarla come un punto di partenza, in modo da evitare duplicazioni e favorire sinergie, finalizzandola alla gestione del rischio di corruzione».
1.2 ANALISI DEL CONTESTO INTERNO LA MAPPATURA DEI PROCESSI
Le fasi della mappatura dei processi
1.2 ANALISI DEL CONTESTO INTERNO LA MAPPATURA DEI PROCESSI
1.2 ANALISI DEL CONTESTO INTERNO LA MAPPATURA DEI PROCESSI E GRADUALITÀ (I)
Identificazione
Descrizione
Rappresentazione
Fasi Risultato
Elenco dei
processi
Scheda di
descrizione
Tabella (o
diagramma) dei
processi
Gradualità
Elenco completo dei processi – tutta
l’attività dell’amministrazione
Solo alcuni processi Tutti processi
Solo alcuni elementi
descrittiviTutti gli elementi
descrittivi
1.2 ANALISI DEL CONTESTO INTERNO LA MAPPATURA DEI PROCESSI E GRADUALITÀ (II)
Livello di
maturità 2
Solo alcuni processi
descritti in maniera
analitica
Livello di
maturità 4
Tutti i processi
descritti in maniera
analitica
Livello di
maturità 1
Solo alcuni processi
descritti in maniera
semplificata
Livello di
maturità 3
Tutti i processi
descritti in maniera
almeno semplificata
- Copertura delle aree di rischio/processi +
-D
etta
glio
del
la d
escr
izio
ne
+
La gradualità di approfondimento, per tenere conto delle esigenze delle amministrazioni di piccole dimensioni o caratterizzate da criticità organizzative (scarse risorse e/o competenze), può riguardare:
gli elementi funzionali alla descrizione dei processi
gli ambiti di attività (aree di rischio) da destinare all’approfondimento;
LA MAPPATURA DEI PROCESSI – ESEMPLIFICAZIONE OUTPUT
AREA DI RISCHIO Provvedimenti Ampliativi della Sfera Giuridica del Destinatario privi di effetto economico diretto ed immediato PROCESSO Concessione di Suolo Pubblico DESCRIZIONE DEL PROCESSO Il processo è finalizzato all’assegnazione di spazi pubblici per l’esercizio di attività commerciali INPUT DEL PROCESSO Istanza di parte OUTPUT Concessione o diniego FASI DEL PROCESSO ATTIVITÀ DEL PROCESSO SOGGETTO CHE SVOLGE L’ATTIVITÀ Ricezione e protocollazione Ricezione dell’istanza tramite: Funzionario UO SUAP, Mercati, Attività Produttive e
Turismo a. Plico consegnato a mano
a. Plico ricevuto mezzo posta
a. Richiesta ricevuta mezzo posta elettronica
a. Richiesta ricevuta mezzo fax
Consegna all’Ufficio protocollo Funzionario UO SUAP, Mercati, Attività Produttive e
Turismo Protocollazione e assegnazione numero di pratica Funzionario Ufficio Protocollo Consegna all’Ufficio competente Funzionario Ufficio Protocollo
Istruttoria della Pratica Verifica della corrispondenza dei requisiti: Funzionario UO SUAP, Mercati, Attività Produttive e
Turismo a. Possesso della licenza/requisiti soggettivi professionali per il
settore per il quale è stata fatta la richiesta;
a. regolarità contributiva e fiscale dell'impresa
Rilascio concessione o diniego Emanazione del provvedimento Dirigente UO SUAP, Mercati, Attività Produttive e
Turismo
LA VALUTAZIONE NEL PROCESSO DI GESTIONE DEL RISCHIO
2. VALUTAZIONE DEL RISCHIO
La valutazione del rischio è la macro-fase del processo di gestione del rischio in cui lo stesso è identificato, analizzato e confrontato con gli altri rischi al fine di individuare le priorità di intervento e le possibili misure correttive/preventive (trattamento del rischio).
La valutazione del rischio si articola in tre fasi:
1. identificazione
2. analisi
3. ponderazione
2. VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Identificazione dei rischi
a)Definizione dell’oggetto di analisi (processo o attività del processo)
b)Tecniche di identificazione e fonti informative;
c) Identificazione e formalizzazione dei rischi (registro dei rischi)
Analisi dei rischi
1.Analisi dei fattori abilitanti
2.Stima del livello di esposizione al rischio
a) scegliere l’approccio valutativo,b) individuare i criteri di valutazione,
c) rilevare i dati e le informazioni,d)formulare un giudizio sintetico, adeguatamente motivato.
Ponderazione dei rischi
a)azioni da intraprendere per ridurre l’esposizione al rischio;
b)priorità di trattamento dei rischi
2.1 GLI EVENTI RISCHIOSI DEL PROCESSO
L’identificazione del rischio, o meglio degli eventi rischiosi, ha l’obiettivo di individuare quei comportamenti o fatti che possono verificarsi in relazione ai processi di pertinenza dell’amministrazione, tramite cui si concretizza il fenomeno corruttivo.
Questa fase è cruciale perché un evento rischioso non identificato non potrà essere gestito e la mancata individuazione potrebbe compromettere l’attuazione di una strategia efficace di prevenzione della corruzione.
L’identificazione dei rischi deve includere tutti gli eventi rischiosi che, anche solo ipoteticamente, potrebbero verificarsi. Anche in questa fase, il coinvolgimento della struttura organizzativa e fondamentale poiché i responsabili degli uffici (o processi), avendo una conoscenza approfondita delle attività svolte dall’amministrazione, possono facilitare l’identificazione degli eventi rischiosi.
2.1 GLI EVENTI RISCHIOSI DEL PROCESSO
2.1 GLI EVENTI RISCHIOSI DEL PROCESSO
Definizione oggetto di analisi
Tecniche e fonti informative
Formalizzazione dei rischi
Fasi
Processo
- Livello di maturità/dettaglio +
Singole attività del
processo
Una o poche
tecniche
Uso combinato
di più tecniche
Numero ridotto
di fonti
Pluralità di fonti
(interne/ esterne)
Registro dei rischi
per processo
Registro dei rischi per
attivitàdel processo
2.1 GLI EVENTI RISCHIOSI DEL PROCESSO LE FONTI INFORMATIVE
i. le risultanze dell’analisi del contesto interno e esterno realizzate nelle fasi precedenti;
ii. le risultanze dell’analisi della mappatura dei processi;
iii. l’analisi di eventuali casi giudiziari e di altri episodi di corruzione o cattiva gestione accaduti in passato nell’amministrazione oppure in altre amministrazioni o enti che possono emergere dal confronto con realtà simili;
iv. incontri (o altre forme di interazione) con i responsabili degli uffici o il personale dell’amministrazione che abbia conoscenza diretta sui processi e quindi delle relative criticità;
v. le risultanze dell’attività di monitoraggio svolta dal RPCT e delle attività svolte da altre strutture di controllo interno (es. internal audit) laddove presenti;
vi. le segnalazioni ricevute tramite il canale del whistleblowing o tramite altra modalità (es. segnalazioni raccolte dal RUP);
vii. le esemplificazioni eventualmente elaborate dall’Autorità per il comparto di riferimento;
viii. il registro di rischi realizzato da altre amministrazioni, simili per tipologia e complessità organizzativa, analizzati nel corso di momenti di confronto e collaborazione.
2.1 GLI EVENTI RISCHIOSI DEL PROCESSO LE FONTI INFORMATIVE - BENCHMARKING
http://www.comune.modena.it/il-comune/amministrazione-trasparente/altri-contenuti/altri-contenuti-anticorruzione/documenti-
anticorruzione/allegatoa_piano-triennale-di-prevenzione-della-corruzione_2016-2018.pdf
2.1 GLI EVENTI RISCHIOSI DEL PROCESSO LE FONTI INFORMATIVE - BENCHMARKING
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http://www.comune.modena.it/il-comune/amministrazione-trasparente/altri-contenuti/altri-contenuti-anticorruzione/documenti-
anticorruzione/allegatoa_piano-triennale-di-prevenzione-della-corruzione_2016-2018.pdf
2.1 GLI EVENTI RISCHIOSI DEL PROCESSO LE FONTI INFORMATIVE – ANALISI DEL PROCESSO
AREA DI RISCHIO Provvedimenti Ampliativi della Sfera Giuridica del Destinatario privi di effetto economico
diretto ed immediato
PROCESSO Concessione di Suolo Pubblico
DESCRIZIONE DEL PROCESSO Il processo è finalizzato all’assegnazione di spazi pubblici per l’esercizio di attività
commerciali INPUT DEL PROCESSO Istanza di parte
OUTPUT Concessione o diniego
FASI DEL PROCESSO ATTIVITÀ DEL PROCESSO SOGGETTO CHE SVOLGE L’ATTIVITÀ
Ricezione e protocollazione Ricezione dell’istanza tramite: Funzionario UO SUAP, Mercati, Attività
Produttive e Turismo
a. Plico consegnato a mano
a. Plico ricevuto mezzo posta
a. Richiesta ricevuta mezzo posta elettronica
a. Richiesta ricevuta mezzo fax
Consegna all’Ufficio protocollo Funzionario UO SUAP, Mercati, Attività
Produttive e Turismo
Protocollazione e assegnazione numero di
pratica Funzionario Ufficio Protocollo
Consegna all’Ufficio competente Funzionario Ufficio Protocollo
Istruttoria della Pratica Verifica della corrispondenza dei requisiti: Funzionario UO SUAP, Mercati, Attività
Produttive e Turismo
a. Possesso della licenza/requisiti soggettivi
professionali per il settore per il quale è
stata fatta la richiesta;
a. regolarità contributiva e fiscale
dell'impresa
Rilascio concessione o diniego Emanazione del provvedimento Dirigente UO SUAP, Mercati, Attività
Produttive e Turismo
Ragionamento:
Quali sono i punti critici del
processo, per effetto delle
specifiche modalità di
svolgimento dello stesso?
2.1 GLI EVENTI RISCHIOSI DEL PROCESSO OUTPUT
AREA DI RISCHIO Provvedimenti Ampliativi della Sfera Giuridica del Destinatario privi di effetto economico diretto ed immediato PROCESSO Concessione di Suolo Pubblico DESCRIZIONE DEL
PROCESSO Il processo è finalizzato all’assegnazione di spazi pubblici per l’esercizio di attività commerciali
INPUT DEL PROCESSO Istanza di parte OUTPUT Concessione o diniego
FASI DEL PROCESSO ATTIVITÀ DEL PROCESSO SOGGETTO CHE SVOLGE
L’ATTIVITÀ EVENTI RISCHIOSI
Ricezione e
protocollazione
Ricezione dell’istanza tramite: Funzionario UO SUAP, Mercati, Attività
Produttive e Turismo Creazione discrezionale di condizioni di accesso agevolato al servizio
pubblico. Ad esempio con l’individuazione di un percorso preferenziale della
pratica rispetto ad altre
Richiesta e/o accettazione impropria di regali, compensi o altre utilità in
connessione con l’espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati
a. Plico consegnato a mano “Smarrimento” del plico/ collocazione inesatta / possibilità di modificare
l’integrità degli atti conseguiti anche al fine di modificare l’ordine di priorità
nella lavorazione delle pratiche a. Plico ricevuto mezzo posta
a. Richiesta ricevuta mezzo posta elettronica
a. Richiesta ricevuta mezzo fax
Consegna all’Ufficio protocollo Funzionario UO SUAP, Mercati, Attività
Produttive e Turismo Ritardo nella consegna
Protocollazione e assegnazione numero di pratica Funzionario Ufficio Protocollo “Smarrimento” del plico/ collocazione inesatta al fine di modificare l’ordine di
priorità nella lavorazione delle pratiche Consegna all’Ufficio competente Funzionario Ufficio Protocollo Ritardo nella consegna
Istruttoria della Pratica Verifica della corrispondenza dei requisiti: Funzionario UO SUAP, Mercati, Attività
Produttive e Turismo Omissione di controllo/ manipolazione esiti del controllo
a. Possesso della licenza/requisiti soggettivi
professionali per il settore per il quale è stata
fatta la richiesta;
a. regolarità contributiva e fiscale dell'impresa
Rilascio concessione o
diniego
Emanazione del provvedimento Dirigente UO SUAP, Mercati, Attività
Produttive e Turismo Rilascio concessione indebita/ diniego concessione dovuta
2.2 ANALISI DEL RISCHIO
L’analisi del rischio ha un duplice obiettivo:
comprensione più approfondita degli eventi rischiosi identificati nella fase precedente, attraverso l’analisi dei cosiddetti fattori abilitanti della corruzione.
stimare il livello di esposizione dei processi e delle relative attività al rischio
2.2 ANALISI DEL RISCHIO ANALISI DEI FATTORI ABILITANTI
L’analisi è essenziale al fine
di comprendere i fattori abilitanti degli eventi corruttivi, ossia i fattori di contesto che agevolano il verificarsi di comportamenti o fatti di corruzione
di individuare le misure specifiche di trattamento più efficaci, ossia le azioni di risposta più appropriate e indicate per prevenire i rischi
2.2 ANALISI DEL RISCHIO ANALISI DEI FATTORI ABILITANTI
a) mancanza di misure di trattamento del rischio e/o controlli: in fase di analisi andrà verificato se presso l’amministrazione siano già stati predisposti – ma soprattutto efficacemente attuati – strumenti di controllo relativi agli eventi rischiosi;
b) mancanza di trasparenza;
c) eccessiva regolamentazione, complessità e scarsa chiarezza della normativa di riferimento;
d) esercizio prolungato ed esclusivo della responsabilità di un processo da parte di pochi o di un unico soggetto;
e) scarsa responsabilizzazione interna;
f) inadeguatezza o assenza di competenze del personale addetto ai processi;
g) inadeguata diffusione della cultura della legalità;
h) mancata attuazione del principio di distinzione tra politica e amministrazione.
2.2 ANALISI DEL RISCHIO AREA DI RISCHIO Provvedimenti Ampliativi della Sfera Giuridica del Destinatario privi di effetto economico diretto ed immediato PROCESSO Concessione di Suolo Pubblico DESCRIZIONE DEL PROCESSO Il processo è finalizzato all’assegnazione di spazi pubblici per l’esercizio di attività commerciali INPUT DEL PROCESSO Istanza di parte OUTPUT Concessione o diniego
FASI DEL PROCESSO ATTIVITÀ DEL PROCESSO SOGGETTO CHE SVOLGE
L’ATTIVITÀ EVENTI RISCHIOSI ANALISI DELLE CAUSE
Ricezione e protocollazione Ricezione dell’istanza tramite: Funzionario UO SUAP, Mercati, Attività
Produttive e Turismo a. Plico consegnato a mano Creazione discrezionale di condizioni di accesso agevolato al
servizio pubblico. Ad esempio con l’individuazione di un
percorso preferenziale della pratica rispetto ad altre
Mancanza di trasparenza
Esercizio prolungato ed
esclusivo della responsabilità di
un processo da parte di pochi o
di un unico soggetto
Inadeguata diffusione della
cultura della legalità
Richiesta e/o accettazione impropria di regali, compensi o
altre utilità in connessione con l’espletamento delle proprie
funzioni o dei compiti affidati
“Smarrimento” del plico/ collocazione inesatta / possibilità di
modificare l’integrità degli atti conseguiti anche al fine di
modificare l’ordine di priorità nella lavorazione delle pratiche a. Plico ricevuto mezzo posta
a. Richiesta ricevuta mezzo posta elettronica
a. Richiesta ricevuta mezzo fax Consegna all’Ufficio protocollo Funzionario UO SUAP, Mercati, Attività
Produttive e Turismo Ritardo nella consegna Mancanza di trasparenza (intesa
come “tracciabilità del processo”) Protocollazione e assegnazione numero di
pratica Funzionario Ufficio Protocollo “Smarrimento” del plico/ collocazione inesatta al fine di
modificare l’ordine di priorità nella lavorazione delle pratiche Consegna all’Ufficio competente Funzionario Ufficio Protocollo Ritardo nella consegna
Istruttoria della Pratica Verifica della corrispondenza dei requisiti: Funzionario UO SUAP, Mercati, Attività
Produttive e Turismo Omissione di controllo/ manipolazione esiti del controllo Mancanza di trasparenza
esercizio prolungato ed esclusivo
della responsabilità di un
processo da parte di pochi o di
un unico soggetto a. Possesso della licenza/requisiti soggettivi
professionali per il settore per il quale è
stata fatta la richiesta;
a. regolarità contributiva e fiscale
dell'impresa
Rilascio concessione o diniego Emanazione del provvedimento Dirigente UO SUAP, Mercati, Attività
Produttive e Turismo Rilascio concessione indebita/ diniego concessione dovuta Carenza di controlli
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO
Novità PNA 2019:
Superamento totale dell’allegato 5 PNA 2013 (riferimento non più valido)
Gradualità: il grado di semplificazione sarà proporzionale al livello di dettaglio scelto in fase di semplificazione (meno elementi da analizzare se si è scelto il livello di processo; più elementi se si è scelto il livello di attività).
Di conseguenza la qualità dell’analisi sarà inversamente proporzionale al grado di dettaglio
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO
approccio valutativo
criteri di valutazione
rilevazione dei dati
formulazione giudizio sintetico
• Quantitativo
• Qualitativo suggerito
• livellodi interesse“esterno
• gradodi discrezionalitàdel decisoreinternoallaPA
• manifestazione di eventi corruttivi in passato nel processo/ attività
esaminata
• opacitàdel processodecisionale
• livellodi collaborazionedel responsabiledel processoodell’attivitànella
costruzione, aggiornamentoemonitoraggiodel piano
• gradodi attuazionedellemisuredi trattamento:
• Key risk indicators• Autovalutazioni
• Dati oggettivi
con
sig
lia
to
Processo/attività/fase o evento rischioso
Indicatore 1 Indicatore 2 Indicatore n Giudizio sintetico
Dati, evidenze e motivazione della misurazione applicata
alto medio basso Alto ---
• Qualitativo
• Motivato
• prudente
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO CRITERI DI VALUTAZIONE (I)
LIVELLO DI INTERESSE ESTERNO
La presenza di interessi, anche economici, rilevanti e di benefici per i destinatari del processo determina un incremento del rischio.
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO CRITERI DI VALUTAZIONE (II)
GRADO DI DISCREZIONALITÀ DEL DECISORE INTERNO ALLA PA
La presenza di un processo decisionale altamente discrezionale determina un incremento del rischio rispetto ad un processo decisionale altamente vincolato
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO CRITERI DI VALUTAZIONE (III)
MANIFESTAZIONE DI EVENTI CORRUTTIVI IN PASSATO NEL PROCESSO/ATTIVITÀ ESAMINATA
Se l’attività è stata già oggetto di eventi corruttivi in passato nell’amministrazione o in altre realtà simili, il rischio aumenta poiché quella attività ha delle caratteristiche che rendono attuabili gli eventi corruttivi.
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO CRITERI DI VALUTAZIONE (IV)
OPACITÀ DEL PROCESSO DECISIONALE
L’adozione di strumenti di trasparenza sostanziale, e non solo formale, riduce il rischio.
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO CRITERI DI VALUTAZIONE (V)
GRADO DI ATTUAZIONE DELLE MISURE DI TRATTAMENTO
L’attuazione di misure di trattamento si associa ad una minore possibilità di accadimento di fatti corruttivi.
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO CRITERI DI VALUTAZIONE (VI)
LIVELLO DI COLLABORAZIONE DEL RESPONSABILE DEL PROCESSO O DELL’ATTIVITA NELLA COSTRUZIONE, AGGIORNAMENTO E MONITORAGGIO DEL PIANO
La scarsa collaborazione può segnalare un deficit di attenzione al tema della prevenzione della corruzione o comunque risultare in una opacità sul reale grado di rischiosità;
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO CRITERI DI VALUTAZIONE (VII)
GRADO DI ATTUAZIONE DELLE MISURE DI TRATTAMENTO
L’attuazione di misure di trattamento si associa ad una minore possibilità di accadimento di fatti corruttivi
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO CRITERI DI VALUTAZIONE – DATI OGGETTIVI (I)
DATI SUI PRECEDENTI GIUDIZIARI E/O SUI PROCEDIMENTI DISCIPLINARI A CARICO DEI DIPENDENTI DELL’AMMINISTRAZIONE.
Le fattispecie che possono essere considerate sono le sentenze passate in giudicato, i procedimenti in corso, e i decreti di citazione a giudizio riguardanti:
i reati contro la PA;
il falso e la truffa, con particolare riferimento alle truffe aggravate all'amministrazione (artt. 640 e 640 bis c.p.);
i procedimenti aperti per responsabilità amministrativo/contabile (Corte dei Conti);
i ricorsi amministrativi in tema di affidamento di contratti pubblici.
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO CRITERI DI VALUTAZIONE – DATI OGGETTIVI (II)
LE SEGNALAZIONI PERVENUTE
Nel cui ambito rientrano certamente le segnalazioni ricevute tramite apposite procedure di Whistleblowing, ma anche quelle pervenute dall’esterno dell’amministrazione o pervenute in altre modalitaà Altro dato da considerare e quello relativo ai reclami e alle risultanze di indagini di customer satisfaction, che possono indirizzare l’attenzione su possibili malfunzionamenti o sulla malagestione di taluni processi organizzativi.
ULTERIORI DATI IN POSSESSO DELL’AMMINISTRAZIONE
Rassegne stampa…
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO CRITERI DI VALUTAZIONE – DATI OGGETTIVI (II)
Processo/atti
vità/fase o
evento
rischioso
Indicatore 1 Indicatore 2 Indicatore n Giudizio
sintetico
Dati,
evidenze e
motivazione
della
misurazione
applicata
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO SCHEMA ESEMPLIFICATIVO
PROCESSO CONCESSIONE DI SUOLO PUBBLICO
Attività Ricezione dell’istanza tramite PLICO CONSEGNATO A MANO
Indicatori Evidenze Valore
dell’indicatore (Alto
/medio /basso)
Valore complessivo
di esposizione al
rischio
(Alto/medio/basso)
Motivazione
• Segnalazioni pervenute
N. 2 Segnalazioni pervenute (mezzo Whistleblowing). Le
segnalazioni riguarderebbero il favorimento di alcune pratiche
piuttosto che altre;
N. 5 reclami all’URP
ALTO
ALTO
Il processo, con riferimento alla fase
di ricezione del Plico a mano, risulta
particolarmente critico.
Sebbene non risultino procedimenti penali in corso, sono diverse le segnalazioni ed i procedimenti disciplinari a carico dei dipendenti del settore. Anche le notizie riportate dai quotidiani (seppure locali), così come le opinioni degli utenti e dei dipendenti del servizio sembrano evidenziare la scarsa trasparenza della fase di ricezione del plico tramite consegna a mano, a causa della possibilità di manomissione della documentazione, alterazione della data di ricezione etc., al fine di favorire determinati soggetti.
• Procedimenti disciplinari N. 3 procedimenti disciplinari a carico dei dipendenti del
settore ALTO
• Procedimenti penali, civili o
amministrativi 0 BASSO
• Notizie apparse sulla stampa
locale o nazionale
N. 3 notizie apparse nel quotidiano locale, con oggetto la
presunta manomissione del Plico ed il favorimento di alcuni
soggetti nella lavorazione della pratica, specie con riferimento
a quelle consegnate a mano senza la restituzione di una
ricevuta di consegna
ALTO
• DATI ULTERIORI ESTERNI
• Dati percettivi relativi a statistiche
sulla qualità del servizio derivanti
da soggetti esterni e/o utenti
Giudizio negativo ottenuto nell’indagine di customer satisfaction
commissionato dall’Ente. I cittadini lamentano ritardi e disservizi,
nel 40% dei casi con riferimento alle incongruenze tra la data
di consegna del plico e l’effettiva lavorazione della pratica.
ALTO
• DATI ULTERIORI INTERNI
• Dati percettivi che derivano dalla
conoscenza del processo
Dall’analisi del processo risulta che l’attività in esame manca di
trasparenza. Non vi è una procedura chiara per la corretta
ricezione e conservazione della documentazione prima del
passaggio al protocollo e relativa assegnazione.
ALTO
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO POSSIBILE UTILIZZO
PROCESSO CONCESSIONE DI SUOLO PUBBLICO
Attività Ricezione dell’istanza tramite PEC
Indicatori Evidenze
Valore
dell’indicatore
(Alto /medio
/basso)
Valore complessivo
di esposizione al
rischio
(Alto/medio/basso)
Motivazione
• Segnalazioni pervenute 1. Segnalazione per mancata ricezione della ricevuta di lettura
BASSO
BASSO
Al contrario della precedente fase, la ricezione mezzo PEC garantirebbe il corretto avvio del processo. Anche dai giudizi di customer satisfaction, non emergono delle situazioni critiche relativamente all’attività in esame.
• Procedimenti disciplinari 0 BASSO
• Procedimenti penali, civili o
amministrativi 0 BASSO
• Notizie apparse sulla stampa
locale o nazionale 0 BASSO
• DATI ULTERIORI ESTERNI
- Dati percettivi relativi a
statistiche sulla qualità del
servizio derivanti da soggetti
esterni e/o utenti
Il Giudizio sul processo resta negativo, ma l’utenza sottolinea il più corretto funzionamento con riferimento all’attività in esame.
BASSO
• DATI ULTERIORI INTERNI
- Dati percettivi che derivano
dalla conoscenza del processo 0 BASSO
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO POSSIBILE UTILIZZO
AREA DI RISCHIO Provvedimenti Ampliativi della Sfera Giuridica del Destinatario privi di effetto economico diretto ed immediato PROCESSO Concessione di Suolo Pubblico DESCRIZIONE DEL
PROCESSO Il processo è finalizzato all’assegnazione di spazi pubblici per l’esercizio di attività commerciali
INPUT DEL PROCESSO Istanza di parte OUTPUT Concessione o diniego
FASI DEL PROCESSO ATTIVITÀ DEL PROCESSO SOGGETTO CHE SVOLGE
L’ATTIVITÀ EVENTI RISCHIOSI ANALISI DELLE CAUSE
LIVELLO ESPOSIZIONE AL RISCHIO
Ricezione e
protocollazione
Ricezione dell’istanza tramite:
a. Plico consegnato a mano Funzionario UO SUAP, Mercati,
Attività Produttive e Turismo Creazione discrezionale di condizioni di accesso agevolato al
servizio pubblico. Ad esempio con l’individuazione di un
percorso preferenziale della pratica rispetto ad altre
Mancanza di trasparenza
Esercizio prolungato ed
esclusivo della
responsabilità di un
processo da parte di pochi
o di un unico soggetto
Inadeguata diffusione della
cultura della legalità
ALTO
Richiesta e/o accettazione impropria di regali, compensi o
altre utilità in connessione con l’espletamento delle proprie
funzioni o dei compiti affidati
“Smarrimento” del plico/ collocazione inesatta / possibilità di
modificare l’integrità degli atti conseguiti anche al fine di
modificare l’ordine di priorità nella lavorazione delle pratiche a. Plico ricevuto mezzo posta BASSO
a. Richiesta ricevuta mezzo posta
elettronica/PEC BASSO
a. Richiesta ricevuta mezzo fax BASSO
Consegna all’Ufficio protocollo Funzionario UO SUAP, Mercati,
Attività Produttive e Turismo Ritardo nella consegna Mancanza di trasparenza
(intesa come “tracciabilità
del processo”) MEDIO
Protocollazione e assegnazione numero
di pratica Funzionario Ufficio Protocollo “Smarrimento” del plico/ collocazione inesatta al fine di
modificare l’ordine di priorità nella lavorazione delle pratiche Consegna all’Ufficio competente Funzionario Ufficio Protocollo Ritardo nella consegna MEDIO
Istruttoria della Pratica Verifica della corrispondenza dei
requisiti: Funzionario UO SUAP, Mercati,
Attività Produttive e Turismo Omissione di controllo/ manipolazione esiti del controllo Mancanza di trasparenza
esercizio prolungato ed
esclusivo della responsabilità
di un processo da parte di
pochi o di un unico soggetto ALTO a. Possesso della licenza/requisiti
soggettivi professionali per il
settore per il quale è stata fatta
la richiesta;
a. regolarità contributiva e fiscale
dell'impresa
Rilascio concessione o
diniego
Emanazione del provvedimento Dirigente UO SUAP, Mercati,
Attività Produttive e Turismo Rilascio concessione indebita/ diniego concessione dovuta Carenza di controlli
MEDIO
2.3 STIMA DELL’ESPOSIZIONE AL RISCHIO - L’OUTPUT
102 FABIO MONTEDURO
L’obiettivo della ponderazione del rischio è di «agevolare, sulla base degli esiti dell’analisi del rischio, i processi decisionali riguardo a quali rischi necessitano un trattamento e le relative priorità di attuazione»
Nel definire le azioni da intraprendere si dovrà tener conto in primis delle misure già attuate e valutare come migliorare quelli già esistenti, anche per evitare di appesantire l’attività amministrava con l’inserimento di nuovi controlli.
2.4 PONDERAZIONE DEL RISCHIO
3. TRATTAMENTO DEL RISCHIO
individuare i correttivi e le modalità più idonee a prevenire i rischi, sulla base delle priorità emerse in sede di valutazione degli eventi rischiosi.
le amministrazioni non devono limitarsi a proporre delle misure astratte o generali, ma devono progettare l’attuazione di misure specifiche e puntuali e prevedere scadenze ragionevoli in base alle priorità rilevate e alle risorse disponibili
3.1 INDIVIDUAZIONE DELLE MISURE
1. controllo; 2. trasparenza; 3. definizione e promozione dell’etica e di standard di comportamento; 4. regolamentazione; 5. semplificazione; 6. formazione; 7. sensibilizzazione e partecipazione; 8. rotazione; 9. segnalazione e protezione; 10. disciplina del conflitto di interessi; 11. regolazione dei rapporti con i “rappresentanti di interessi particolari” (lobbies). Ciascuna categoria di misura può dare luogo, in funzione delle esigenze dell’organizzazione, a misure sia “generali” che “specifiche”.
3.1 INDIVIDUAZIONE DELLE MISURE
MISURA x Descrizione misura
Fasi perl’attuazione
Tempidirealizzazione
UfficioResponsabile
Indicatori dimonitoraggio
Fase 1Entro il
__/__/____ Ufficio x Es. nr. __/___
Fase nEntro il
__/__/____Ufficio y Es. nr. di __
Presenza ed efficacia di misure e di controlli specifici pre-esistenti
Efficacia nella neutralizzazione dei fattori abilitanti
Sostenibilità economica e organizzativa
Adattamento alle caratteristiche specifiche dell’organizzazione
٧
٧
٧
٧
OUTPUT (I): ABBINAMENTO DELLE MISURE AL RISCHIO RILEVATO
PROCESSI ATTIVITA’ UNITA’
ORGANIZZATIVE
EVENTI
RISCHIOSI
Cause RATING MISURA
PROCESSO A
A1 UO1 – UO2 EVENTO 1 M
rilevante Misure di
Rotazione EVENTO 2 D
EVENTO 3 A
A2 UO2 EVENTO 4 A trascurabile Misure di
trasparenza
PROCESSO B
B1 UO2 – UO3 – UO4 EVENTO 5 A
rilevante Whistleblowing
EVENTO 3 A
B2 UO4- UO1 EVENTO 2 D critico Procedura di
controllo
3.2 PROGETTAZIONE DELLE MISURE
Tutte le misure individuate devono essere adeguatamente programmate. La programmazione delle misure rappresenta un contenuto fondamentale del PTPC. Per ogni misura e opportuno siano chiaramente descritti almeno i seguenti elementi:
la tempistica, con l’indicazione delle fasi per l’attuazione;
i responsabili;
gli indicatori di monitoraggio e i valori attesi.
3.2 PROGETTAZIONE DELLE MISURE
Misura 1
Attività Tempi Uffici responsabile indicatori
Attività 1 gg/mm/aa Ufficio A ….
Attività 2 gg/mm/aa Ufficio B …..
Attività 3 gg/mm/aa Ufficio C ….
Attività 4 gg/mm/aa Ufficio D …
4. MONITORAGGIO E RIESAME
Scopo: verificare l’attuazione e l’adeguatezza delle misure di prevenzione nonché il complessivo funzionamento del processo stesso e consentire in tal modo di apportare tempestivamente le modifiche necessarie.
ISO 31000 E MONITORAGGIO
IL SISTEMA DI MONITORAGGIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
Secondo lo standard ISO 31000, la
fase del monitoraggio e riesame è
molto importante, poiché consente
di verificare ogni fase del processo
di gestione del rischio ed i suoi
risultati, al fine di assicurare e
migliorare la qualità e l’efficacia
della progettazione, attuazione e
risultati stessi.
ISO 31000 E MONITORAGGIO
La fase del monitoraggio e riesame dovrebbe comprendere le seguenti attività:
o pianificazione;
o raccolta e analisi delle informazioni:
o registrazione dei risultati ed elaborazione di una risposta.
In tal senso, assumono grande importanza, per la loro funzione informativa interna ed esterna, i sistemi di reporting su tali risultati.
IL SISTEMA DI MONITORAGGIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
IL MONITORAGGIO E RIESAME NEL PNA 2019
Il monitoraggio e il riesame periodico costituiscono una fase fondamentale del processo di gestione del rischio attraverso cui verificare l’attuazione e l’adeguatezza delle misure di prevenzione nonché il complessivo funzionamento del processo stesso e consentire in tal modo di apportare tempestivamente le modifiche necessarie.
IL SISTEMA DI MONITORAGGIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
MONITORAGGIO E RIESAME
IL MONITORAGGIO E RIESAME
Monitoraggio è un’attività continuativa di verifica dell’attuazione e dell’idoneità delle singole misure di trattamento del rischio
Riesame è un’attività svolta ad intervalli programmati che riguarda il funzionamento del sistema nel suo complesso.
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IL MONITORAGGIO
Il PNA 2019 segnala due sotto-fasi del monitoraggio
monitoraggio sull’attuazione delle misure di trattamento del rischio;
il monitoraggio sull’idoneità delle misure di trattamento del rischio.
IL SISTEMA DI MONITORAGGIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
MONITORAGGIO SULL’ATTUAZIONE DELLE MISURE
Il PTPCT è un documento di programmazione e, in quanto tale, deve essere effettuato un adeguato monitoraggio e controllo della corretta e continua attuazione delle misure.
La responsabilità del monitoraggio è del RPCT.
In amministrazioni di grandi dimensioni o con un elevato livello di complessità si possono prevedere sistemi di monitoraggio su più livelli, in cui il primo e in capo alla struttura organizzativa che e chiamata ad adottare le misure e il secondo livello in capo al RPCT.
IL SISTEMA DI MONITORAGGIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
MONITORAGGIO DI PRIMO LIVELLO
Il monitoraggio di primo livello, dunque, può essere attuato in autovalutazione da parte dei referenti (se previsti) o dai responsabili degli uffici e dei servizi della struttura organizzativa che ha la responsabilità di attuare le misure oggetto del monitoraggio
Il responsabile del monitoraggio di primo livello sarà chiamato a fornire al RPCT evidenze concrete dell’effettiva adozione della misura.
IL SISTEMA DI MONITORAGGIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
MONITORAGGIO DI SECONDO LIVELLO
Il monitoraggio di secondo livello, dunque, dovrà essere attuato dal RPCT, coadiuvato da una struttura di supporto e/o dagli altri organi con funzioni di controllo interno, laddove presenti.
Il monitoraggio del RPCT consiste nel verificare l’osservanza delle misure di prevenzione del rischio previste nel PTPCT da parte delle unità organizzative in cui si articola l’amministrazione.
IL SISTEMA DI MONITORAGGIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
MODALITÀ DI VERIFICA (I)
Il RPCT dovrà verificare la veridicità delle informazioni rese in autovalutazione attraverso il controllo degli indicatori previsti per l’attuazione delle misure all’interno del Piano e attraverso la richiesta di documenti, informazioni e/o qualsiasi “prova” dell’effettiva azione svolta. Questo sarà tanto più agevole quanto più saranno state correttamente programmate le misure all’interno dei Piani anche con indicatori ben definiti e puntuali (si veda il paragrafo sul Trattamento del rischio).
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MODALITÀ DI VERIFICA (II)
l RPCT dovrà svolgere degli audit specifici, con verifiche sul campo che consentono il più agevole reperimento delle informazioni, evidenze e documenti necessari al miglior svolgimento del monitoraggio di secondo livello.
Tali momenti di confronto sono utili anche ai fini della migliore comprensione dello stato di attuazione delle misure e di eventuali criticità riscontrate, in un’ottica di dialogo e miglioramento continuo.
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MONITORAGGIO SULL’IDONEITÀ
E opportuno che il monitoraggio delle misure non si limiti alla sola attuazione delle stesse ma contempli anche una valutazione della loro idoneita , intesa come effettiva capacita di riduzione del rischio corruttivo, secondo il principio guida della “effettivita ”.
Monitoraggio in capo al RPCT (aiutato, dal pv metodologico, da OIV, strutture di vigilanza e audit interno).
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IDONEITÀ VS INIDONEITÀ
L’inidoneità di una misura può dipendere da diversi fattori tra cui:
• l’erronea associazione della misura di trattamento all’evento rischioso dovuta ad una non corretta comprensione dei fattori abilitanti;
• una sopravvenuta modificazione dei presupposti della valutazione (es. modifica delle caratteristiche del processo o degli attori dello stesso);
• una definizione approssimativa della misura o un’attuazione meramente formale della stessa.
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RIESAME PERIODICO
Il processo di gestione del rischio, le cui risultanze confluiscono nel PTPCT, deve essere organizzato e realizzato in maniera tale da consentire un costante flusso di informazioni e feedback in ogni sua fase e deve essere svolto secondo il principio guida del “miglioramento progressivo e continuo”.
È un momento di confronto e dialogo tra i soggetti coinvolti nella programmazione dell’amministrazione affinché vengano riesaminati i principali passaggi e risultati al fine di potenziare gli strumenti in atto ed eventualmente promuoverne di nuovi
IL SISTEMA DI MONITORAGGIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
Il SISTEMA DI MONITORAGGIO e l’applicazione nella Regione Campania
FOCUS: IL MONITORAGGIO SULL’ATTUAZIONE
DELLE MISURE
IL MONITORAGGIO: GLI ELEMENTI ESSENZIALI
1. Il punto di partenza: le misure
2. L’impostazione del sistema di monitoraggio
3. Strumenti per il monitoraggio
4. Responsabilità
5. Tempi
6. Indicatori
IL SISTEMA DI MONITORAGGIO E L’APPLICAZIONE NELLA REGIONE CAMPANIA
1. IL PUNTO DI PARTENZA: LA PROGRAMMAZIONE DELLA MISURA
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MISURA x Descrizione misura
Fasi per l’attuazione Tempi di
realizzazione Ufficio Responsabile
Indicatori di
monitoraggio
Fase 1 Entro il
__/__/____ Ufficio x Es. nr. __/___
Fase n Entro il
__/__/____ Ufficio y Es. nr. di __
2. L’IMPOSTAZIONE DEL SISTEMA DI MONITORAGGIO
Riguarda la scelta di:
• Tempistiche del monitoraggio (annuale? Semestrale? …?)
• Centralizzazione, decentralizzazione, sistemi misti;
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3. GLI STRUMENTI PER IL MONITORAGGIO
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Gli strumenti possono essere più o meno ”sofisticati”:
APPLICATIVI GESTIONALI
DELL’AMMINISTRAZIONE
SCHEDE DI
MONITORAGGIO
NUOVO SISTEMA
INFORMATIVO ANAC
3.1 GLI STRUMENTI PER IL MONITORAGGIO – LE SCHEDE (EXCEL)
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Misura Fase
Uffic (specificare
gli uffici competenti)
Indicatori di monitoraggio
Scadenza prevista
Esito (utilizzare l'apposito menù a
tendina) Note Calcolo
Codice di comportamento
Adeguamento degli atti organizzativi e delle procedure interne alle previsioni del Codice
Atti/procedure adeguate
Entro dicembre 2015
attuata (specificare in nota l'evidenza relativa)
100 Raccolta dati per il monitoraggio sull'attuazione del Codice
Trasmissione dati richiesti su attuazione del Codice
Entro il 30 novembre di ogni anno
attuata (specificare in nota l'evidenza relativa)
100
Rotazione del personale addetto alle aree a rischio di corruzione
Identificazione degli uffici/servizi/procedimenti ai quali, sulla base dei risultati dell’analisi del rischio e di un’analisi organizzativa, si può applicare efficacemente la rotazione
Redazione Atto organizzativo interno
entro dicembre 2016
attuata (specificare in nota l'evidenza relativa)
100
Il SISTEMA DI MONITORAGGIO e l’applicazione nella Regione Campania
ESEMPIO
Dal PTPC INAIL
3.2 GLI STRUMENTI PER IL MONITORAGGIO – IL SISTEMA INFORMATIVO ANAC
L’ANAC ha sviluppato una piattaforma per la rilevazione delle informazioni sulla predisposizione dei PTPCT e sulla loro attuazione che potrà diventare un utile strumento di monitoraggio per il RPCT sul proprio Piano.
La piattaforma compone di 3 sezioni:
ANAGRAFICA (rilasciata il 1 luglio)
SEZIONE PROGRAMMAZIONE PTPC (rilasciata il 1 luglio)
SEZIONE MONITORAGGIO ATTUAZIONE (rilascio a novembre)
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3.2 GLI STRUMENTI PER IL MONITORAGGIO – IL SISTEMA INFORMATIVO ANAC SCOPO
Tale strumento di rilevazione consente agli RPCT di segnalare (e verificare a monte!) la presenza/assenza nel PTPC dei requisiti metodologi minimi:
relativi al processo di gestione del rischio,
richiesti dall’Autorità nei Piani Nazionali Anticorruzione,
Nonché lo stato di attuazione dello stesso PTPC.
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4-5 TEMPI E RESPONSABILITÀ
Responsabilità
In funzione della decisione presa in fase di impostazione!
Tempi
La durata del PTPC è triennale (con aggiornamento annuale).
Dunque, al fine di verificare correttamente l’attuazione delle misure occorre pianificare almeno semestralmente il controllo sull’attuazione delle stesse.
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5. CONSULTAZIONE E COMUNICAZIONE
Attività di coinvolgimento dei soggetti interni (personale, organo politico, etc.) ed esterni (cittadini, associazioni, altre istituzioni, etc.) ai fini del reperimento delle informazioni necessarie alla migliore personalizzazione della strategia di prevenzione della corruzione dell’amministrazione;
Attività di comunicazione (interna ed esterna) delle azioni intraprese e da intraprendere, dei compiti e delle responsabilità di ciascuno e dei risultati attesi.
Raccolta, esame e condivisione di
tutte le informazioni
Feedback ad ogni contributo
Accoglimento delle buone proposte
5. CONSULTAZIONE E COMUNICAZIONE