TRASFORMAZIONE E CONVERSIONE DELL’ENERGIA ......Cap. IV – Trasformazione e conversione...
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Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.1
CAP.IV
TRASFORMAZIONE E CONVERSIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA
§IV.1 Richiami sul trasformatore ideale
Nel §II.19 si è introdotto il trasformatore ideale, doppio bipolo caratterizzato dalle
relazioni
)(1
)(
)()()(
21
221
tia
ti
teatvatv
(IV.1.1)
(il coefficiente a - detto rapporto di trasformazione- è numero reale diverso da zero). Tale
doppio bipolo può essere letto quindi come trasformatore di tensione e/o di corrente.
Fig.IV.1.1 – Il trasformatore ideale
Nella definizione di trasformatore ideale, non interessa l’evoluzione temporale delle
tensioni e delle correnti. In particolare, esse possono essere costanti (regime stazionario)
oppure variabili in modo qualsiasi nel tempo (condizione quasi stazionaria); quindi, in
generale,
)()()()()()1
()()()()( 222222111 tptptitvtia
tavtitvtp erassass (IV.1.2)
Possiamo quindi affermare che il trasformatore ideale è trasparente alla potenza istantanea.
Il trasformatore ideale è convenzionalmente rappresentato come in fig.IV.1.1. Avuto
riguardo alla proprietà di trasparenza alle potenze, è diffuso l’uso di considerare la
convenzione dell’utilizzatore alla porta 1 e quella del generatore alla porta 2.
Il trasformatore ideale è anche un trasformatore di resistenze; infatti se si collega (fig.IV.1.2)
un resistore di resistenza R alla porta 2, la resistenza equivalente alla porta 1 vale:
1
1’
2
2’
i1 i2 a
v1 v2
1
1’
2
2’
i1 i2 a
v1 e2
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.2
ueq Rai
ea
i
va
a
i
av
i
vR 2
2
22
2
22
2
2
1
11
(IV.1.3)
Fig.IV.1.2 – Trasformazione di resistenze
Dalle (IV.1.3) si nota che, qualunque sia il valore ed il segno di a, la resistenza vista dal
primario si ottiene moltiplicando semplicemente il valore della resistenza collegata al
secondario per un numero positivo, pari al quadrato del rapporto di trasformazione.
In questo modo si può realizzare, con una scelta opportuna di a, la condizione di
adattamento per il massimo trasferimento di potenza sul carico. Considerata la resistenza
interna (equivalente) R* del generatore collegato al primario, dovrà essere
uR
Ra
* (IV.2.4)
La costruzione di un componente con le caratteristiche del trasformatore ideale non è
semplice; si pongono tuttavia numerose soluzioni di interesse ingegneristico per la
realizzazione di trasformatori di tensione, trasformatori di corrente, adattatori che possono
avvicinarsi alle condizioni di funzionamento da trasformatore ideale nel caso di grandezze
variabili (in condizioni quasi-stazionarie).
La realizzazione di tali componenti per il funzionamento anche in regime stazionario
comporta l’uso di amplificatori operazionali (a loro volta realizzabili attraverso dispositivi
elettronici) (§II.22).
In condizioni dinamiche, in particolare in regime sinusoidale, possono essere utilizzati
circuiti magneticamente accoppiati per la realizzazione di trasformatori reali il cui
funzionamento è collegabile al modello del trasformatore ideale (vedi §IV.1.2). Come si
vedrà nei prossimi paragrafi, opportune condizioni ed ipotesi permettono di considerare
praticamente realizzato un trasformatore ideale.
In regime sinusoidale, le caratteristiche del trasformatore ideali si riscrivono
21
21
1I
aI
VaV
(IV.2.5);
oltre alla ”trasparenza” alla potenza istantanea, è verificata anche la trasparenza alla potenza
complessa:
erass PIVIa
VaIVP 22222111
~~1~
(IV.2.6);
1
1’
2
2’
i1 i2 a
v1 v2 Ru
1
1’
2
2’
i1 i2 a
v1 e2 Ru
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.3
e quindi la trasparenza alla potenza media ed alla potenza reattiva; ancora, un’impedenza
Ż=R+jX posta al secondario è vista al primario come
ZaZ eq
2
1 (IV.2.7)(1);
la condizione di adattamento si ottiene considerando la (IV.2.4) e la condizione
complementare
X
X
R
RaXaX
**;* 2 (IV.2.7) (2).
Il trasformatore ideale è un doppio bipolo adinamico.
IV.2 Doppi bipoli dinamici – Circuiti magneticamente accoppiati
Si è considerato al §II.20 il doppio bipolo caratterizzato dalle seguenti relazioni
dt
diL
dt
diMv
dt
diM
dt
diLv
22
1212
212
111
(IV.2.1)
Tale relazione è tipica del mutuo induttore ideale; si è visto che in tale componente possono
essere considerati i flussi di campo magnetico concatenati con due circuiti: il flusso
concatenato con un circuito avrà un contributo collegato alla corrente del primo circuito
(flusso di autoinduzione) ed un contributo legato alla corrente dell’altro circuito (flusso di
mutua induzione):
221212
212111
iLiM
iMiL
(IV.2.2)
Si è dimostrato che i due coefficienti di mutua sono uguali.
L’accoppiamento magnetico tra due circuiti di coefficienti di autoinduzione L1, L2 e mutua
induzione M è valutato dal coefficiente di accoppiamento k=M/√ L1L2. Tale coefficiente è in
valore assoluto non superiore all’unità, dovendo essere non negativa l’energia magnetica,
funzione quadratica delle correnti, con parametri L1, L2,M .
Nel caso sia 21
2 LLM (condizione di accoppiamento perfetto, k=±1) l’energia magnetica
1 Nell’impedenza “vista” dal primario si deve tener conto quindi di una variazione del modulo, ma non dell’argomento
(quindi, ad esempio, una impedenza ohmico-induttiva sarà vista a monte del trasformatore ideale, ancora come una
impedenza ohmico-induttiva) 2 Per questa ragione si è usato spesso tale connessione per realizzare (in elettronica) un adattamento dell’impedenza.
Caso tipico è un altoparlante che per funzionare con la massima potenza deve essere adattato all’amplificatore (come ben
sanno gli appassionati di audio ad alta fedeltà).
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.4
21
2
22
2
11212
1
2
1),( iMiiLiLiiwm
(IV.2.3)
diventa un quadrato perfetto di un binomio 2
22
11
21
2
22
2
11222
1
2
1
i
Lki
LiMiiLiLWm (IV.2.4)
in tal caso, per infinite coppie di valori delle intensità di corrente non nulle
2
1
21 i
L
Lki (IV.2.5)
l’energia magnetica totale risulta nulla, ossia il campo magnetico è nullo in tutto lo spazio;
tale condizione può essere praticamente realizzata con due solenoidi lunghi e sottili
addossati, separati da un sottile strato di isolante o meglio ancora con due avvolgimenti
con elevato numero di spire sottili ed intercalate tra di loro su un supporto ad anello.
Si vedrà più avanti che il mutuo induttore ideale è un doppio bipolo dinamico del secondo
ordine, riducibile ad uno del primo ordine nel caso di accoppiamento perfetto.
Due circuiti accoppiati possono essere studiati in regime sinusoidale con il modello del
doppio bipolo, matrice Z
2
1
2212
2111
LjMj
MjLjZ
ILjIMjV
IMjILjV
(IV.2.6)
Nel caso di accoppiamento perfetto, il doppio bipolo è equivalente ad un trasformatore
ideale con un induttore L1 [L2] in parallelo sulla prima [seconda] porta.
Infatti dalle (IV.2.6) si ricava
22
1
2
1
1
1
221
211
221
211
2
1
IM
LI
IL
MI
M
L
ILIM
IMIL
ILjIMj
IMjILj
V
V
(IV.2.7)
Se risulta 21
2 LLM (accoppiamento magnetico perfetto) dalle (IV.2.6)-(IV.2.7) si ha
'IIa
III
Lj
V
atv
tvjaj
M
L
V
V
112
10
1
1
1
11
2
1 000
(IV.2.8)
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.5
Le tensioni alle porte sono in rapporto “reale” (ossia in fase od in opposizione a seconda
del segno di a) come nel trasformatore ideale; le intensità di corrente non rispettano la
corrispondente caratteristica del trasformatore ideale, ma si mette in evidenza un termine
dipendente dalla tensione alla porta 1 che può essere interpretato come “intensità di
corrente a vuoto” quando cioè la seconda porta è “aperta”. 3
Fig.IV.2.1 – Rete equivalente in caso di accoppiamento perfetto (a=L1/M)
La (IV.2.8) suggerisce l’adozione della rete equivalente di fig. IV.2.1.
Un doppio bipolo ad accoppiamento magnetico perfetto è quindi equivalente in regime
sinusoidale ad un trasformatore di tensione; esso non è trasparente alla potenza reattiva; per
quanto riguarda le correnti, rispetto ad un trasformatore ideale, è presente la corrente a
vuoto alla prima [seconda] porta. Tale corrente a vuoto è nulla se alla seconda [prima]
porta è collegato un bipolo cortocircuito: in tal caso il doppio bipolo si comporta come un
trasformatore (ideale) di corrente, ma ambedue le tensioni sono nulle.
Il diagramma vettoriale simbolico relativo al funzionamento di tale doppio bipolo a vuoto
è rappresentato in fig. IV.2.2, quello in condizioni di carico generico in fig. IV.2.3. Sarà
precisato nel seguito il significato del vettore simbolico associato al flusso d’induzione Φ.
Fig.IV.2.2 – Rete equivalente in caso di accoppiamento perfetto a vuoto (a>1)
3 Vale qui e nel seguito che le due porte sono del tutto interscambiabili (basta scambiare tutti i pedici).
1
1’
2
2’
i’1
i2 a
v1 v2
i1
L1
i0
1
1’
2
2’
i’1=0
i2=0 a
v1 v2
i1
L1
i0=i1
1V
2V
10 II
1
1’
2
2’
'I1
2Ia
1I
L1
0I
2V1VuZ
1V
2V
0I
2I
'I1
2I
1I
u
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.6
Fig.IV.2.3 – Rete equivalente in caso di accoppiamento perfetto sotto carico (a>1; carico ohmico-
induttivo: angolo di potenza u compreso tra 0 e
2 )
L’intensità della corrente a vuoto è tanto più piccola (rispetto ad i1 ed i2 ) quanto più
grande è la reattanza ωL1 rispetto al modulo di Z1eq=a2Zu. Per realizzare valori elevati di L1
si possono realizzare avvolgimenti con elevato numero di spire e disponendoli intorno a
nuclei di materiale ferromagnetico (vedi §IV.3).
Se l’accoppiamento non è perfetto si può considerare la scomposizione (a valori non
negativi) L1=L1‘+L1” e L2= L2‘+L2“ tali che tra L1 “ e L2“ vi sia la condizione di
accoppiamento perfetto. Una delle due induttanze L’ può essere scelta ad arbitrio (ad
esempio nulla, ma più spesso pari alla induttanza di dispersione di cui avanti in questo
paragrafo). Quindi la scomposizione ha un grado di libertà.
Le (IV.2.6) possono essere riscritte come
2212222
2111111
ILjIMjVILjV
IMjILjVILjV
"*'
"*'
(IV.2.9)
La rete equivalente diventa quella di fig.IV.2.4.
Fig.IV.2.4 – Rete equivalente generica in caso di accoppiamento non perfetto (M
La
"
1 )
Un doppio bipolo circuito accoppiato ad accoppiamento non perfetto è del secondo ordine
(4), ad accoppiamento perfetto del primo ordine (5).
Per valutare la condizione di accoppiamento magnetico nel caso ad esempio di
trasformatori reali, costituiti ad esempio da due avvolgimenti di N1 e N2 spire, si
definiscono i flussi medi di auto e mutua induzione
4 Anche se in fig.IV.2.4 compaiono tre induttanze, esse non sono indipendenti tra loro e possono essere
ridotte a due indipendenti (ad es. ponendo L’1=0). 5 La grandezza di stato in questo caso è la intensità della corrente a vuoto, proporzionale al flusso Φ.
1
1*’
2*
2*’
'I1
2Ia
1I
0I
*V2 1VuZ
2
2’
2V*V1
1*
1’
'L1
"L1
'L2
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.7
1
2
01
1212
2
1
02
2121
2
22
02
222
1
11
01
111
12
12
N
iM
NN
iM
N
N
iL
NN
iL
N
i
m
i
m
i
N
i
N
(IV.2.10)
,
i coefficienti di dispersione magnetica
12
2
2
22
1
2
2
22
22
12222
21
1
1
11
2
1
1
11
11
21111
1
1
NL
NM
N
iL
N
iM
N
iL
NL
NM
N
iL
N
iM
N
iL
md
md
(IV.2.11)
e le induttanza di dispersione
1
2
2222
2
1
1111
N
NMLLL
N
NMLLL
dd
dd
(IV.2.12)
Si ricava anche che
2
21
2
21 11 kLL
Mdd (IV.2.13)
La condizione di accoppiamento perfetto si realizza quando i due coefficienti di
dispersione sono nulli, oppure quando sono di segno opposto e di valore opportuno (ad
esempio se il primo avvolgimento ha una spira, la seconda ha due spire di cui una copre la
metà della spira del primo avvolgimento: i coefficienti di dispersione valgono 0,5 e -1). Se
nello schema equivalente di fig. IV.2.4, relativo all’accoppiamento non perfetto, si sceglie
come L’ il valore dell’induttanza di dispersione, si ottiene lo schema ed il diagramma
vettoriale simbolico di fig. IV.2.5, in quanto, per la (IV.2.13)
ddd
d
dd
d
ddd
LLLLLLL
LL
L
M
L
ML
M
M
N
N
M
La
N
NMLL
N
NMLLLL
222
"
22
'
222
11
2121
11
2
"
1
2"
2
2
1
"
1
2
1
11
"
1
2
1
1111
'
1
;11
11
1
;1;
(IV.2.14)
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.8
Fig.IV.2.5 – Rete equivalente con induttanze di dispersione
L’introduzione delle induttanze di dispersione è molto diffusa in quanto, come si può
notare, il rapporto di trasformazione del trasformatore ideale introdotto nello schema di
fig. IV.2.5 è, in valore assoluto, pari al rapporto spire.
§IV.3 I circuiti magnetici – Il trasformatore reale
La soluzione del problema generale della magnetostatica, in presenza di correnti
libere e materiali ferromagnetici, risulta particolarmente complessa. Fortunatamente, in
molti casi di interesse applicativo, si ottengono ottime soluzioni, attraverso un'analisi
simile a quella sviluppata per i circuiti elettrici in condizioni stazionarie e quasi
stazionarie. E' possibile, cioè, condurre lo studio facendo riferimento a parametri globali,
analoghi a quelli che, nel caso del campo di corrente stazionario (tensioni, correnti,
resistenze, ecc.), consentono una notevole semplificazione del modello e una valutazione
più immediata delle grandezze di interesse. I principi sui quali tale analogia si basa e le
limitazioni del modello saranno illustrati nel seguito.
Si ricorda che la circuitazione del campo d’induzione magnetica B vale
S
oo dSt
dl nE
JtB (legge di Ampère-Maxwell) (IV.3.1)
Si considerino condizioni quasi-stazionarie magnetiche (modello QSM), in cui si
trascura la densità di corrente di spostamento, la (IV.3.1) diventa
S
o dSdl nJtB (IV.3.2)
E’ opportuno separare i contributi al campo d’induzione magnetica B delle correnti
nei conduttori o delle correnti di convezione ( densità di corrente “libera” JL ) dalle correnti
equivalenti al moto degli elettroni negli atomi e nelle molecole (densità di
corrente”vincolata” Jv) e quindi introdurre l’intensità del campo magnetico H (collegabile
1
1*’
2*
2*’
'I1
2Ia
1I
0I
*V2 1VuZ
2
2’
2V*V1
1*
1’
dL1
dL 11 1
dL2 *V1
2V
0I
'I1
2I
1I u
22 ILj d
*V2
2I
11 ILj d
1V
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.9
A
r0
r2
r1
B
I
alle sole correnti libere) e la intensità di magnetizzazione M (collegabile alle sole correnti
vincolate). M risulta essere il momento risultante di dipolo magnetico per unità di volume.
S
v
S
L
o
S
vLo
dSdl
dSdl
dldSdl
nJtM
nJtH
tMHnJJtB
(IV.3.3)
§IV.3.1 Legge di Hopkinson per i circuiti magnetici
Consideriamo un avvolgimento di N spire “compatte e serrate” distribuite uniformemente su
un supporto a forma di anello (toro) (fig. IV.3.1.1)
Applicando la seconda delle (IV.3.3) si verifica subito (vedi anche in appendice §A9.4) che il
campo H ha struttura circolare ed è nullo all’esterno dell’anello, mentre all’interno vale
r
NI)r(H
rrr 221
(IV.3.1.1)
se il toro è sottile, possiamo considerare il campo praticamente uniforme all’interno e pari al
campo sull’asse di lunghezza l0
002)(
21
NI
r
NIrH
rrr
(IV.3.1.2)
Fig. IV.3.1.1 – Avvolgimento toroidale di N spire
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.10
Si supponga che il supporto non sia di materiale ferromagnetico (ossia si considerino
trascurabili gli effetti delle correnti vincolate).
Il toro costituisce chiaramente un tubo di flusso del vettore B; il flusso di questo tubo di
flusso può essere considerato pari al flusso Φ concatenato con la singola spira. Il flusso di B
concatenato con le N spire ed il coefficiente di autoinduzione valgono
0
2
0
0
2
022 r
SNL
r
SINNN
(IV.3.1.3)
Se in un avvolgimento toroidale si volesse tener conto della variazione del campo con il
raggio di una spira quadrata di altezza b, il coefficiente di autoinduzione potrebbe essere
calcolato nel modo seguente (fig.IV.3.1.2):
Fig. IV.3.1.2 – Sezione trasversale rettangolare del toro
1
2
2
0001 ln22
2
1r
rbNdr
r
bNI
I
NHdS
I
N
I
NL
r
rS
(IV.3.1.4)
Dalla (IV.3.3) si ricava
S
dldl
S
SNIdl
00
tB
tH (IV.3.1.5)
Un tubo di flusso del vettore B viene anche definito come circuito magnetico; la (IV.3.1.5)
prende il nome di legge (di Hopkinson) per i circuiti magnetici semplici: la circuitazione del
campo H (forza magnetomotrice) è pari al flusso di B per la riluttanza del tubo di flusso (6).
L’analogia con un circuito elettrico semplice è immediata
IRedlNIdl
tEtH
(IV.3.1.6)
Analogamente cioè a quanto avviene per il campo densità di corrente J in un conduttore
immerso in un mezzo isolante in condizioni stazionarie (per cui definiamo circuiti elettrici
elementari interessati da un’intensità di corrente i pari al flusso di J attraverso una sezione
6 La riluttanza dell’anello toroidale in materiale amagnetico (omogeneo) vale.
b
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.11
e, più in generale, reti elettriche), si possono considerare i tubi di flusso del campo
magnetico B interessati dal flusso , come circuiti magnetici elementari, ovvero se
riconosciamo una più ampia distribuzione di B, come reti magnetiche.
La riluttanza magnetica va quindi attribuita al circuito magnetico o ad un tratto (ramo) di
circuito magnetico; il suo reciproco viene denominato permeanza. Si comprende a questo
punto, come nelle situazioni del tipo descritto, le due leggi fondamentali della
magnetostatica possono essere presentate in forma "circuitale", in cui le forze magnetomotrici
Ni prendono il posto delle f.e.m., i flussi prendono il posto delle intensità di corrente e le
riluttanze R prendono il posto delle resistenze. Alla luce di questa analogia la (IV.3.1.6)
viene spesso indicata come legge di Ohm per i circuiti magnetici.
Ai circuiti magnetici possono essere estese per analogia gli elementi delle reti elettriche (nodi,
maglie, ….) e le proprietà “circuitali” (scomposizione, equivalenza, …).
Per chiarire meglio tale analogia si può far riferimento allo schema mostrato in fig.
IV.3.1.3, dove compaiono due tratti in aria (traferri) di spessore δ1 e δ2. Il circuito magnetico
può essere studiato, in prima approssimazione, trascurando le riluttanze dei tratti in ferro,
considerando il circuito elettrico associato (corrispondenze in tab. IV.1):
Tab. IV.1
E Ni
R1 1 =
1/µ
0S
1
R2 2 =
2/µ
0S
2
I
i1
1
i2
2
avendo indicato rispettivamente con il flusso che interessa la colonna sulla quale sono
avvolte le N spire e 1 2 i flussi nelle due colonne verticali.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.12
fig. IV.3.1.3 – Analogia tra circuiti magnetici e circuiti elettrici
Le considerazioni sviluppate in precedenza consentono in prima approssimazione di
affrontare l'analisi dei circuiti magnetici tipici di alcune macchine elettriche quali i
trasformatori.
Dalla legge di Hopkinson si ricava anche che considerando i flussi medi di due circuiti
accoppiati, si può stabilire una relazione tra coefficienti di auto e mutua induzione e
riluttanze “equivalenti”
1
12
11
112
1
212
02
2
2
0
2
1
2
1
11
111
1
11
0
1
21
2
12
2
21
1
NN
i
iNN
i
N
iM;
N
iL;
N
i
iNN
i
N
iL m
i
N
i
N
i
N (IV.3.1.7)
Il flusso medio di mutua induzione viene anche chiamato flusso principale. La differenza tra
il flusso medio di autoinduzione e del flusso principale viene classificato come flusso
disperso e, come si è visto, ad esso è associata l’ induttanza di dispersione.
§IV.3.2 Comportamento dei materiali ferromagnetici
Nel caso dei materiali ferromagnetici (tra i più comuni: ferro, nickel, cobalto, loro leghe e
composti) assumono rilevanza il comportamento collettivo (allineamento magnetico) degli
atomi di materiali in regioni significative (detti domini di Weiss, delle dimensioni anche
superiori al decimo di millimetro).
Si consideri nuovamente un anello di materiale ferromagnetico su cui è predisposto un
avvolgimento di N spire (fig. IV.3.1.1). Il campo H all’interno dell’anello vale ancora
l
NI
r
NI)r(H
rrr
0221
(IV.3.2.1)
N
i
S
1
1
µ -> •
µ0
a)
b)
E R R
i i1
1
2
2
i
S
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.13
mentre all’esterno è nullo. Alimentando l’avvolgimento con intensità di corrente I
(proporzionale ad H), ad una variazione di corrente in un certo intervallo di tempo
corrisponderà una variazione del flusso di B e quindi una tensione valutabile ai morsetti A-B;
integrando nel tempo per valori di I crescenti fino ad un valore Imax si può ricavare una
relazione tra B ed H del tipo in fig. IV.3.2.1 (7).
Fig.IV. 3.2.1 Caratteristica B-H di un materiale ferromagnetico
Il modulo del campo di induzione può essere letto come
)Ml
NI()MH(B oo (IV.3.2.2)
con M (intensità di magnetizzazione) crescente fino al valore Ms di saturazione corrispondente
al miglior allineamento degli atomi nei domini di Weiss (il valore di B al “ginocchio” della
saturazione è nell’intervallo 1.5-2 T, vedi tab.IV.2).
La circuitazione del campo lungo l’asse del toro (nel ferro) del campo d’induzione
magnetica risulta
MlNIdlo
tB
(IV.3.2.3)
Il termine Ml assume il significato di totale corrente molecolare equivalente concatenata
con la linea . Con tale linea saranno concatenate le correnti elementari determinate dalle
particelle (di raggio medio r0) poste a distanza non superiore ad r0 dalla linea . Se la
densità di particelle è n, il numero totale di particelle coinvolte è (n r02l); detta im
l’intensità di corrente elementare, per la totale corrente molecolare equivalente vale la
relazione
7 In realtà la curva (B,H) non è continua, ma frammentata dal meccanismo “a scatto” dell’allineamento,
corrispondente al rumore acustico noto come “effetto Barkhausen”( Barkhausen ,1919).
H=NI/l
B
Hmax
saturazione
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.14
MllmnilrnlJ
m 2
0
0
(IV.3.2.4)
dove m è il momento elementare; pertanto M è il momento magnetico risultante per unità
di volume (detto anche intensità di magnetizzazione).
I valori di saturazione per alcuni materiali sono riportati nella tab.IV.2
TAB.IV.2 – Saturazione di materiali ferromagnetici
Materiale Intensità di Magnetizzazione Ms [A/m] μ 0Ms [T]
Ferro 1.7 106 2.1
Ferro-cobalto 1.9 106 2.4
Acciaio temprato 1.4 106 1.7
Cobalto 1.4 106 1.7
Nickel 0.48 106 0.6
Magnetite 0.50 106 0.6
Se vi fosse linearità tra M e B , si potrebbe scrivere
HμHμμHβ1
μBβBHμB 0r
oo
(IV.3.2.5)
con permeabilità magnetica assoluta e r permeabilità relativa potrebbe.
In realtà il meccanismo di allineamento degli atomi nei domini è tutt’altro che “lineare” e
presenta una saturazione. Per questo motivo è necessario ricavare sulla caratteristica B-H la
permeabilità differenziale
0 rdddH
dBH (IV.3.2.6)
La permeabilità differenziale relativa varia da circa 250 per bassi valori di H (permeabilità
iniziale) ad un massimo di diverse migliaia (tab. IV.3) (può raggiungere anche le centinaia
di magliaia per materiali speciali anisotropi a grani orientati) per poi tornare a valori
unitari in saturazione.
.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.15
TAB. IV.III – Permeabilità relativa differenziale massima
Materiale μr H [A/m] B [T]
Ferro elettrolitico 100000
Permalloy (21.8% Fe-
78,2% Ni)
90000 4,8 0,54
Acciaio (1%C) 350 1600 0,7
Acciaio temprato 98 8000 1
Mu-metal 30000
Oltre a questa marcata non linearità, l’allineamento del magneti per azione del campo non
ha natura elastica, per cui si ha il fenomeno dell’ isteresi magnetica: al diminuire delle
intensità di corrente cioè di H fino ad annullarsi, il campo B descrive un’altra traiettoria ed
il materiale esibisce una induzione residua Br (se Br risulta superiore a 0,4T il materiale
viene classificato come magnete permanente o “duro”). Per un ciclo completo di H, non si ha
un ciclo di isteresi chiuso (fig. IV.3.2.2); il ciclo di isteresi si assesta dopo numerosi cicli di
H (fig. IV.3.2.3). L’area del ciclo di isteresi assestato rappresenta la perdita (in calore) per
unità di volume del materiale ferromagnetico.
La potenza dissipata per isteresi per unità di volume può essere valutata con la
espressione semi-empirica (di Steinmetz)
613
,
M]m/W[Bp (IV.3.2.7)
Nelle forniture di materiale ferromagnetico viene usualmente fornita la cifra di perdita,
intendendosi con questa indicare la perdita per isteresi per unità di peso (per lamierini di
macchine rotanti tale cifra è circa 4 W/kg per l’induzione massima di 1 T a 50 Hz)
Per i materiali a bassa induzione residua (“dolci”) si definisce una curva di
magnetizzazione “normale” (convenzionale) rappresentata dal luogo dei vertici dei cicli di
isteresi assestati decrescenti. Su tale curva si definisce una permeabilità differenziale
“normale”.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.16
Fig.IV. 3.2.2 Ciclo di isteresi non assestato
H=NI/l
B
Hmax
saturazione
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.17
Fig. IV. 3.2.3 Ciclo di isteresi assestato
Nella fig. IV.3.2.4 è riportata, in scala semilogaritmica, la curva di magnetizzazione
normale di una lega industriale al ferro silicio a grani orientati.
Fig.IV. 3.2.4 Caratteristica di magnetizzazione normale
H=NI/l
B
Hmax
saturazione
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.18
A
In campo elettronico, considerando un punto di lavoro base tra quelli rappresentati nella
curva “normale” di fig. IV.3.2.4, ha interesse considerare un comportamento prevedibile
analiticamente da parte del ferro rispetto a piccole variazioni di H e di B (piccoli segnali);
ha interesse cioè considerare variazioni così piccole dei campi che il ciclo si chiude
“subito” cioè il ferro ha un comportamento reversibile (fig.IV.3.2.5). Si definisce quindi la
permeabilità reversibile come
rev
revH
BH
Fig.IV. 3.2.5 Permeabilità reversibile
§IV.3.3 Elettromagneti
Se si pratica nell’anello un taglio sottile di spessore δ (fig. IV.3.9) si crea un “traferro”
accessibile, in cui il campo magnetico può essere di valore notevole.
Fig.IV. 3.9 Anello ferromagnetico con traferro
Infatti, in presenza di taglio la struttura rappresenta ancora ragionevolmente un tubo di
flusso; le linee di B sono praticamente normali e continue alla superficie di separazione
r0
r2
r1
B
I
δ
H=NI/l
B
ΔH
Curva
“normale”
ΔB Ciclo
reversibile
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.19
ferro-aria al traferro . Ne consegue che il campo H è trascurabile nel ferro e quindi
discontinuo al traferro. Per rendersene conto basta considerare la legge di Hopkinson
NIBHHdldldlNIdl traferrotraferro
Fe traferro traferro
00 tHtHtH (IV.3.17)
Si può ottenere quindi (in prima approssimazione) il valore desiderato di B al traferro
alimentando l’avvolgimento su ferro (8).
In realtà gli elettromagneti si realizzano con strutture componibili quale quella mostrata in
fig. IV.3.10. In prima approssimazione, se il ferro lavora ad elevata permeabilità
differenziale (lontano dalla saturazione) e se trascuriamo gli effetti degli spigoli, trattasi
ancora di un tubo di flusso di B, per cui tali strutture vengono nella pratica chiamati
“circuiti magnetici” .
fig. IV.3.10 – Struttura di un elettromagnete
La mappa del campo magnetico dimostra la consistenza di tale approssimazione (fig.
IV.3.11)
fig. IV.3.11 – Elettromagnete reale
8 La distribuzione di campo magnetico nel ferro (lontano dalla saturazione) non varia quasi per niente se le N spire
sono concentrato in un tratto limitato della periferia dell’anello.
i
N
1
L
x
x
x
Ni
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.20
Si può comunque osservare che, se il traferro ha dimensioni trascurabili rispetto alla
lunghezza della colonna (e, quindi, rispetto allo sviluppo complessivo della struttura in
ferro), il campo nell'aria, al di fuori del traferro, è trascurabile rispetto al valore che esso
assume nel traferro. Questa considerazione induce, allora, a trattare i sistemi del tipo in
esame, introducendo un'ulteriore approssimazione che consiste nel trascurare del tutto il
campo in aria (al di fuori del traferro). Ci si riconduce, cioè, ad una situazione nella quale
il campo B è “incanalato” nel ferro e prolungato nel traferro, il quale costituisce,
sostanzialmente un tubo di flusso (circuito magnetico). Si osservi, in particolare, che mentre
H è quasi nullo nel ferro, B si mantiene ivi limitato.
Una analisi più approfondita dei campi in presenza materiale ferromagnetico, con
particolare riguardo alle interfacce, è presentata nel paragrafo successivo.
§IV.3.3.1 Comportamento del campo magnetico alla superficie di separazione fra un
mezzo a permeabilità molto elevata e l'aria (*)
Sia la superficie di separazione fra un materiale (1) caratterizzato da una
permeabilità µ1 ed un mezzo (2) di permeabilità µ2 come schematicamente indicato in fig.
IV.3.3.1.1. Supponiamo che le due permeabilità siano legate da una relazione del tipo µ1>>
µ2 , come avviene, ad esempio, quando il materiale 1 è costituito da un materiale
ferromagnetico e il mezzo 2 è l'aria (µ2=µ0) L’approssimazione consiste nel considerare
µ1/µ2 -> ∞: tale ipotesi evidentemente non corrisponde ad alcuna situazione fisicamente
realizzabile, ma può costituire una prima approssimazione per sistemi fisici di notevole
interesse applicativo che comprendano materiali ferromagnetici. Si noterà inoltre che tale
ipotesi di consentirà di separare con successo lo studio del problema della soluzione del
campo all'interno e all'esterno del materiale ferromagnetico.
n
1
2
12
fig. IV.3.3.1.1
Per studiare il comportamento del campo nel passaggio dal mezzo 1 al mezzo 2,
cominciamo ad esaminare le due configurazioni di principio rappresentate in fig.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.21
IV.3.3.1.2a e fig. IV.3.3.1.2b: in esse, O è la traccia di un conduttore filiforme rettilineo
perpendicolare al piano del foglio, percorso da una corrente i. Nel caso (a), il mezzo a
permeabilità infinita (che nel seguito per brevità sarà denominato "ferro") è costituito da
una struttura toroidale interrotta in corrispondenza di un traferro di spessore ; nel caso
(b), invece, si ha un toro che si concatena con il conduttore interessato dalla corrente i.
Prima di esaminare il comportamento dei campi H e B in corrispondenza della superficie
di separazione fra ferro e aria, si ricorda che, per due mezzi a permeabilità diversa, in
generale risulta:
n . [B(2)-B(1)] = Bn2- Bn1 = 0
n x [H(2)-H(1)] = Ht2-Ht1 = K
Si suppone, inoltre, che in questo caso sulla superficie di separazione non sia localizzata
alcuna corrente superficiale libera K, ovvero K=0.
Le relazioni suddette possono essere riscritte nella forma seguente:
µ1Hn1 - µ2Hn2 = 0
(Bt1/µ1) - (Bt2/µ2) = 0
Per studiare le due situazioni sopra schematizzate imponiamo, inoltre, la condizione di
regolarità all'infinito.
b)
µ1
->•
µ 0µ
0
1 2
2
O
a)
µ1->•
12
µ0
O
fig. IV.3.3.1.2
Caso (a)
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.22
Nell'aria il campo di induzione B sarà senz'altro limitato; ne consegue che la
componente normale di B, Bn2, risulta limitata (e quindi anche Hn2); per la (1), anche la
Bn1 risulterà limitata e, data la caratteristica B-H del ferro, ne consegue che Hn1=0. In
questa situazione osserviamo dunque che nel ferro il problema può essere studiato sulla
base del seguente modello:
rot H = 0 ; divH = 0
D'altra parte il ferro costituisce un dominio semplicemente connesso nel quale l'ipotesi di
irrotazionalità di H consente di introdurre un potenziale scalare, dal quale far discendere
tale campo. Avremo cioé H = grad e all'interno del ferro il problema risulta descritto da:
= 0
Hn1= ∂/∂n=0
Si tratta dunque di risolvere un problema di Neumann la cui soluzione risulta peraltro
banale. Infatti, su risulta = cost che implica = costante all'interno e, di conseguenza,
H= grad= 0 nel ferro. L'ipotesi µ -> ∞ dà, dunque, origine ad un problema che risulta
formalmente simile a quello relativo alla determinazione del campo elettrico E all'interno
di un conduttore perfetto ( ->∞).
La soluzione di questo problema consente inoltre di affrontare anche il problema esterno.
Infatti, per la (2), Ht1=Ht2=0 e poichè Bt2=µ0Ht2 anche la componente tangente di B
nell'aria risulterà nulla. Ciò implica che il campo B emerge perpendicolarmente da
nell'aria, dove le equazioni risultano:
divB = 0 ; rot B = µ0Jlib
con la condizione al contorno del tipo Bt2=0.
Resta a questo punto da determinare l'andamento di B all'interno del ferro. Tale ultimo
problema può essere affrontato sulla base della conoscenza di B ottenuto dalla soluzione
di del problema esterno:
divB = 0 ; rot B = 0
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.23
con la condizione al contorno del tipo Bn1=G(P), con G(P) funzione di punto, ricavabile
dalla soluzione del problema esterno. Bt1 risulterà indeterminata (in ogni caso limitata o
nulla) dovendo essere nulla la Ht1.
Una tabella riassuntiva servirà a chiarire gli andamenti delle componenti tangenti e
normali di H e B per la configurazione in esame (Tabella I).
Un disegno qualitativo delle linee di B all'interfaccia è quello rappresentato in fig.
IV.3.3.1.3.
Tabella I
Ferro (1) Aria (2)
Ht 0 0
Hn 0 limitata
Bt indeterminata 0
Bn limitata limitata
B
B
1 Ferro
2 Aria
fig. IV.3.3.1.3
Caso b)
Si osserva che in questa configurazione, essendo il dominio non semplicemente
connesso, non è possibile introdurre un potenziale scalare per il campo magnetico.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.24
Notiamo, peraltro, che in applicazioni di notevole rilievo, come ad esempio nel caso del
trasformatore, il dominio toroidale concatena una corrente quasi nulla. Ciò consente di
ritornare ad una situazione simile a quella descritta nel caso a). Una valutazione delle
componenti dei campi B ed H può peraltro essere ottenuta sulla base delle seguenti
considerazioni.
La componente tangente di H nell'aria, Ht2, si mantiene limitata su dovendo soddisfare
la legge di Ampère; si avrà, quindi che anche Ht1, per la (2), si manterrà limitata. Poichè
µ1 -> ∞, essendo Ht1 limitata, ne consegue che Bt1 risulterà illimitata. La componente
tangente di B nell'aria, Bt2, risulterà, invece, limitata (Bt2=µ0Ht2). Essendo B limitato
nell'aria si mantiene limitata la sua componente normale Bn2 che è continua all'interfaccia
(Bn2=Bn1): per la (3), risulta, dunque, nulla la componente normale Hn1 nel ferro. Da
queste posizioni discende, inoltre, che Hn2 deve risultare limitata (Hn2=Bn2/µ0). Le
singole componenti dei campi H e B possono pertanto essere valutate secondo lo schema
sintetico riportato nella Tabella II.
Tabella II
Ht limitata limitata
Hn 0 limitata
Bt illimitata limitata
Bn limitata limitata
Un disegnoo qualitativo delle linee di H all'interfaccia è quello rappresentato in fig.
IV.3.3.1.4.
H
H
1
2
Ferro
Aria
Ferro (1) Aria (2)
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.25
fig. IV.3.3.1.4
La configurazione di fig. 2a) è tipica delle applicazioni nelle quali è necessario poter
disporre di un assegnato valore di campo di induzione magnetica nella regione del
traferro (ad esempio negli elettromagneti).
La configurazione in cui il ferro ha struttura toroidale (del tipo di fig. 2b) risulta, come già
accennato, di notevole interesse nei casi in cui esso è concatenato con correnti uguali e
opposte. In tali casi (si pensi ad esempio al caso del trasformatore in cortocircuito), pur
essendo il ferro completamente chiuso, in esso, il campo magnetico si mantiene nullo,
dovendo rispettare la legge di Ampère.
§IV.3.4 Le correnti parassite nel ferro
Si consideri un cilindro di materiale conduttore di lunghezza Δz, di raggio r* e di
resistività η, immerso in un campo uniforme B(t)=B sen ωt diretto lungo l’asse del
conduttore (fig. IV.3.4.1). Considerata una generica circonferenza coassiale γ di raggio r, il
flusso concatenato con tale linea ed il valore efficace della relativa f.e.m. indotta valgono
fig. IV.3.4.1 – Cilindro metallico (correnti indotte)
22
22
2
rBEEtcosrB
dt
dte
tsinrBr
MMM
M
Ad ogni linea γ si può associare un conduttore elementare di spessore infinitesimo dr, la
cui conduttanza equivalente (per conduzione “azimutale”) vale
r
drzrd
2
1
r*
dr
γ
r
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.26
cui si può associare una dissipazione elementare
drrzB
r
drzrBrdEdP MM 3
222
22
422
1
La potenza dissipata totale vale
1622
1 422
0
22
0
*rzB
r
drzrBdPP M
*r
M
*r
quella per unità di volume
16
222
2
*rB
zR
Pp M
Le correnti indotte vengono dette correnti di Focault (se non volute, come nel ferro dei
trasformatori, vengono dette parassite) producono quindi delle perdite proporzionali al
quadrato della frequenza, al quadrato dell’induzione massima, al quadrato del raggio (o,
in generale, di una larghezza equivalente) ed inversamente proporzionale alla resistività
del materiale.
Per ridurre quindi tali perdite si procede quindi a costruire il nucleo di ferro attraverso
lamierini isolati tra di loro, in modo da presentare una larghezza d (collegabile ad r*)
molto limitata. Per l’impiego ad alta frequenza (es antenne) si preferisce usare ferro ad
elevata resistività quali ossidi di ferro sinterizzati (ferriti) che presentano tuttavia bassa
induzione limite e elevata perdita per isteresi.
Si è visto quindi che le perdite nel ferro per isteresi (formula di Steinmetz) sono
proporzionali ad una potenza dell’induzione massima nel ferro pari a 1.6, mentre le
perdite per correnti parassite sono proporzionali al quadrato dell’induzione massima nel
ferro. In una struttura ferromagnetica semplice possiamo far riferimento al flusso di
induzione principale e quindi possiamo schematizzare con accettabile approssimazione le
perdite nel ferro con un resistore RFe sottoposto alla tensione V*1, dando luogo allo schema
di fig. IV.3.4.2
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.27
Fig. IV.3.4.2 – Schematizzazione delle perdite nel ferro
In tale schema individuiamo la “corrente di magnetizzazione” Iμ (collegata al flusso
principale) e la corrente IFe (collegata alle perdite nel ferro).
E’ chiaramente da sottolineare che, oltre all’approssimazione introdotta, vi sarebbe anche
da tener conto della consistente non-linearità della caratteristica magnetica, che porta a
tensioni e correnti distorte, di cui gli schemi “lineari” proposti non possono tener conto; si
dovrà quindi procedere ad una opportuna analisi armonica nel dominio del tempo
(scomposizione in serie di Fourier) delle grandezze in esame, che esula dai limiti di questo
corso.
§IV.3.5 Le perdite nel rame
Nel trasformatore reale gli avvolgimenti in rame danno luogo a perdite, schematizzabili
come in fig. IV.3.5.1, 2
22
2
11 IRIRPCu
Fig. IV.3.5.1 Schematizzazione perdite nel rame
A vuoto le perdite nel rame valgono
2
1010 IRPCu
1
R1
'I1
2Ia
1I
0I
*V2 1VuZ
2
2’
2V*V1
1’
dL1
dL 11 1
dL2
R2
*V1
2V
0I
'I1
2I
1I
u
11 ILj d22 ILj d
*V2
2I
1V 11IR
dL 11 1
FeII
1
'I1
2Ia
1I
0I
*V2 1V
uZ
2
2’
2V *V1
1’
dL1
dL2
RFe
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.28
L’intensità di corrente a vuoto è molto minore di quella nominale o di funzionamento
ordinario del trasformatore (eccetto i TV o trasformatori voltmetrici, che funzionano
praticamente a vuoto) per cui si può parlare di una resistenza equivalente
2
122
2
2
11
2
22
2
11
a
RRR
RaRR
IRIRP
e
e
eeCu
La resistività dei materiali impiegati negli avvolgimenti (in genere, rame) dipende dalla
temperatura di lavoro. Questa dipende sia dalle condizioni ambientali che dalle condizioni
di funzionamento; inoltre non è uniforme. Può essere assunta una temperatura di
riferimento o fattori correttivi (vedi Norme CEI-CENELEC) per la valutazione dei
parametri equivalenti in prove mirate (vedi prova di corto circuito).
Considerando che i coefficienti di dispersione sono in genere molto inferiori all’unità, si
usano frequentemente gli schemi equivalente semplificati di fig. IV.3.5.2, in cui vengono
riportati anche i parametri corrispondenti alle perdite nel ferro.
a) b)
Fig. IV.3.5.2 – Schemi semplificati: a) parametri longitudinali da un lato, parametri trasversali
dall’altro; b) tutti i parametri da un lato
§ IV.3.6 Le perdite addizionali - L’effetto pelle
Oltre alle perdite nel ferro e nel rame, occorre spesso valutare che nel trasformatore
possono venire richieste oppure possono verificarsi ulteriori perdite che vengono appunto
chiamate genericamente addizionali. Ad esempio nei trasformatori di notevole potenza
può essere richiesto di mantenere le temperature massime al disotto di certi limiti (es. 60-
80 °C); potrebbe quindi occorrere l’impiego di ventilatori per i trasformatori a secco e/o di
pompe per trasformatori con isolamento in olio.
1
R1
'I1
2Ia
1I
0I
1VuZ
2
2’
2V
1’
"L1
21
2 a
LL d
d
R2+R1/a2
1
2I*V2
1V
2
2’
2V
1’
21
2 a
LL d
d
R2+R1/a2
02I
"L2
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.29
Un’altra perdita addizionale deriva da correnti indotte in cassoni od altri involucri
metallici.
Tra le perdite addizionali si suole riportare anche l’effetto pelle o skin effect, consistente
nell’aumento della resistenza dei conduttori per effetto della non uniformità del campo di
corrente sulla sezione dei conduttori degli avvolgimento; tale effetto viene marcatamente
sentito ad alta frequenza, ma anche nelle reti di potenza a 50 Hz in caso di conduttori di
sezione notevole.
Per una breve presentazione dell’effetto pelle, consideriamo la sezione (cilindrica) di un
conduttore interessato da una intensità di corrente I.
.
Il campo B è azimutale, a simmetria di rotazione; considerato il raggio esterno r del
conduttore ed un raggio generico z, si ottiene
Il conduttore può essere suddiviso in conduttori elementari coassiali di spessore dx. Il
generico conduttore elementare può essere visto come anima di un cavo coassiale il cui
schermo è costituito dal conduttore elementare più esterno (x=r); a tale conduttore si può
associare il flusso concatenato
rz
r
z
zzr
Br
zB
r
z
B
B
zJ
z
zJ
z
IB;r
J
r
rJ
r
IB
222222
22
)zr(r
Bx
r
Bdxx
r
BdxnB r
r
z
r
r
z
r
r
z
xcz
222
22
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.30
Il flusso concatenato con ogni singolo conduttore elementare varia quindi con la distanza
dall'asse del conduttore stesso; esso è massimo per il conduttore centrale e minimo per i
conduttori più esterni. Dalla definizione di flusso di autoinduzione (interno) si ha:
dove Iz è la corrente nel conduttore elementare di raggio z e sezione infinitesima: per z =r,
Lr = 0 e per z = 0 si ha L0 = Lmax
L'induttanza diminuisce passando dai conduttori elementari situati vicino all'asse ai
conduttori elementari situati alla periferia del conduttore cilindrico; i conduttori
elementari sono tutti elettricamente in parallelo. Se l’alimentazione è sinusoidale, la
densità di corrente J non può essere costante all’interno del conduttore, come accadeva in
condizioni stazionarie ma minima nella zona centrale. Per frequenze elevate il campo
densità di corrente è significativo solo in periferia (“pelle”).
Tutto ciò è equivalente ad un aumento della resistenza equivalente del conduttore rispetto
alle condizioni stazionarie.
L’effetto pelle dipende dai seguenti fattori:
dalla frequenza f; infatti al crescere di f aumenta il peso della reattanza induttiva X
rispetto alla resistenza RDC e quindi cresce la disuniformità di J.
dalla resistività ; Infatti con il crescere di aumenta il peso di RDC rispetto ad X, e
quindi l'effetto pelle diminuisce.
dalla permeabilità magnetica μ; al crescere di μ cresce il flusso concatenato, quindi
cresce l'induttanza L e pertanto aumenta l'effetto pelle, che sarà particolarmente
elevato nel caso di conduttori ferromagnetici o inseriti in materiali ferromagnetici.
A frequenza molto alta, per cui il campo di corrente è significativo in uno strato
superficiale sottile, la resistenza di un conduttore è uguale a quella che si può calcolare
pensando che la corrente sia distribuita uniformemente (J=cost) in una corona circolare di
spessore δ che parte dalla superficie esterna del conduttore.
Il coefficiente δ è detto di penetrazione .
fμμ
2
22
z
r
z
czz
Ir
)zr(B
IL
2
22
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.31
Per il rame si ha μ = μo e quindi a 50 Hz δ = 9,33 mm; per frequenze diverse si hanno i
valori in tabella
f (Hz) δ (mm) RA C/RD C
50 9,33 1,0016
100 6,6 1,0045
250 4,17 1,028
500 2,95 1,032
1.000 2,08 1,045
2.500 1,32 3,81
5.000 0,93 12,4
10.000 0,66 46
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.32
§ IV.3.7 Prova a vuoto sui trasformatori
Nella prova a vuoto di un trasformatore T (in fig. IV.3.7.1 è riportata la rete equivalente [a] e
una rappresentazione semplificata con l’indicazione degli strumenti di misura [b]), una
delle due porte (es. ai morsetti 1-1’) viene alimentata con la tensione nominale (è il valore
cautelativo previsto di funzionamento a lungo termine di un trasformatore) controllata
attraverso un voltmetro a valore efficace (V1 =V1n); si misura la tensione sull’altra porta
(V2) e si valuta così se il rapporto2
10
V
Va di trasformazione è pari (in valore assoluto) a
quello nominale che in tale forma (rapporto di tensioni n
n
V
V
2
1 ) è riportato sulla targa del
trasformatore.
[a] [b]
Fig. IV.3.7.1 – Prova a vuoto di un trasformatore
Nella prova a vuoto, oltre ai due voltmetri, si dispone, sulla porta alimentata, un
amperometro per misurare il valore efficace della corrente a vuoto (I1 =I0); sulla stessa
porta si inserisce un wattmetro elettrodinamico (9) per la misura della potenza a vuoto P0.
Per quanto si vedrà appresso, tale potenza corrisponde significativamente alle perdite nel
ferro (10). Conoscendo il valore efficace della tensione di alimentazione (nominale) ed il
valore efficace della corrente a vuoto, si valuta quindi il fattore di potenza a vuoto, la
potenza reattiva a vuoto ed il valore ben approssimato della induttanza primaria L1. Se si
dispone di un generatore a frequenza variabile (es. 50-150 Hz) e di un frequenzimetro di
controllo, si può ripetere la prova a frequenza diversa e separare le perdite per isteresi
9 Un wattmetro elettrodinamico è uno strumento analogico a due coppie ordinate di morsetti, due per la misura della
tensione (morsetti voltmetrici) e due per la misura dell’intensità di corrente (morsetti amperometrici); l’indicazione
dello strumento è proporzionale al valore medio del prodotto tensione-corrente e quindi, nel caso di figura, alla potenza
media assorbita dalla porta 1-1’ del trasformatore. Vedi §V. 10
Occorre considerare infatti che le perdite nel rame dell’avvolgimento alimentato sono legate alla corrente a vuoto nel
primo avvolgimento, di intensità molto piccola rispetto a quella nominale.
V1 V2
W
f
A1 T
1
1’
2
2’
*
*
2V
1
R1
01 'I
a 1I
0I
*V2 1V
2
2’ 1’
dL1
dL 11 1
dL2
R2
*V1 R0
02 I
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.33
(proporzionali alla frequenza) dalle perdite per correnti parassite (proporzionali al
quadrato della frequenza).
§ IV.3.8 Prova in cortocircuito sui trasformatori
Nella prova in cortocircuito di un trasformatore T (in fig. IV.3.7.2 è riportata la rete
equivalente [a] e una rappresentazione semplificata con l’indicazione degli strumenti di
misura [b]), una delle due porte (es. la porta 2-2’) viene connessa ad un bipolo
cortocircuito (11), mentre l’altra porta (1-1’) viene alimentata con tensione ridotta via via
crescente fino a quando una delle due correnti non raggiunge il valore nominale (12) controllata
attraverso gli amperometri a valore efficace; si misura il rapporto tra le correnti e si
valuta così se il rapporto1
2
I
Iacc di trasformazione è pari (in valore assoluto) a quello
nominale (n
n
V
Va
2
1 ) riportato sulla targa del trasformatore. La tensione applicata
corrispondente viene denominata tensione di cortocircuito e riportata sulla targa del
trasformatore in genere come percentuale della tensione nominale.
[a] [b]
Fig. IV.3.7.2 – Prova in cortocircuito di un trasformatore
Nella prova a vuoto, oltre ai due voltmetri, si dispone, sulla porta alimentata, un
wattmetro elettrodinamico per la misura della potenza di cortocircuito Pcc. Per quanto si
vedrà appresso, tale potenza corrisponde significativamente alle perdite nel rame (13), ossia
11
Tale bipolo viene realizzato in pratica con un cavo di rame di notevole sezione. 12
Il valore nominale delle correnti si ottiene dividendo la potenza nominale del trasformatore (indicata sulla targa) per il
valore delle tensioni nominali (che, come si è detto, compaiono sulla targa). 13
Occorre considerare infatti che la tensione è ridotta e quindi le perdite nel ferro sono ridotte rispetto alla prova a
vuoto.
1
R1
'I1
a 1I
0I
*V2 ccV1
2
2’ 1’
dL1
dL 11 1
dL2
R2
*V1 R0 2I
V1 A2
W A1 T
1
1’
2
2’
*
*
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.34
il valore della resistenza equivalente riportata al primario. Conoscendo il valore efficace
della tensione di cortocircuito ed il valore efficace della corrente nominale, si valuta quindi
il fattore di potenza di cortocircuito (14), la potenza reattiva in cortocircuito ed il valore ben
approssimato della reattanza di dispersione equivalente al primario.
Si rimarca specificamente l’importanza della tensione di cortocircuito: se accidentalmente
o per avaria i morsetti del secondario si trovano in contatto, le correnti tendono a
raggiungere intensità di valore notevole, pari al valore nominale per il rapporto tra la
tensione nominale e la tensione di cortocircuito. Se per esempio la tensione di cortocircuito
è il 5%, le correnti di guasto potrebbero raggiungere una intensità pari a venti volte il
valore nominale. Tale situazione è di grave pericolo, perché le sollecitazioni meccaniche
sulla macchina (e subito dopo l’eccessivo riscaldamento) potrebbero avere conseguenze
disastrose; occorre disporre di un interruttore automatico validamente proporzionato (di
opportuno potere di interruzione), ma anche con questo dispositivo si possono avere danni
irreparabili.
Per tali ragioni le tensioni di cortocircuito dei trasformatori di distribuzione dell’energia
elettrica ricadono nell’intervallo 4-12 %.
§ IV.3.9 Rendimento dei trasformatori
Il rendimento di un trasformatore si potrebbe definire, come per una qualsiasi macchina,
pari al rapporto tra la potenza in uscita (es. valutata alla porta 2-2’) rispetto alla potenza in
entrata (alla porta 1-1’). Poiché il trasformatore ha un rendimento elevatissimo (superiore a
0,95) tale definizione è inapplicabile per i possibili errori di misura.
Conviene quindi considerare a parte le perdite PJ per effetto Joule nel rame e PFe nel ferro);
si avrà quindi
2
2222
22
ueFeuu
uu
JFeout
out
in
out
IRPcosIV
cosIV
PPP
P
P
P
dove si è fatto riferimento ad un carico secondario con fattore di potenza ϕu.
Tale rendimento è nullo se il trasformatore funziona a vuoto o in cortocircuito; presenta un
massimo al variare del carico
14
Anche il fattore di potenza di cortocircuito viene riportato sulla targa del trasformatore.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.35
e
Feu
Feu
umaxueFe
ueuuueFeuu
ueFeuu
ueuuuueFeuuu
u
R
PI
PcosV
cosVIRP
IRcosVIIRPcosIV
IRPcosIV
IRcosVcosIVIRPcosIVcosV
I
max
2
2
2
22
22
2222
2
2222
22
2222
22222
2
22222
2
20
02
02
0
Si ha quindi che in un trasformatore (fissata per semplicità la tensione al valore nominale)
il rendimento è massimo quando l’intensità di corrente è tale che le perdite nel rame
uguagliano le perdite nel ferro. Quindi un trasformatore per servizio continuativo viene
progettato in modo che tale condizione sia significativamente soddisfatta. Un tale
trasformatore presenterà quindi nella prova a vuoto perdite nel rame trascurabili rispetto
alle perdite nel ferro; il contrario nella prova di cortocircuito.
Tuttavia un trasformatore può funzionare per destinazione a vuoto in permanenza, ad
esempio i trasformatori per la misura di elevate tensioni (trasformatori voltmetrici TV)
oppure per intervalli di tempo considerevoli (es. trasformatori per carico di punta, di
emergenza o a carico intermittente). In tal caso andranno limitate le perdite nel ferro con
opportuna scelta dei materiali e disegno dei magneti.
Analogamente un trasformatore può funzionare per destinazione in cortocircuito in
permanenza, ad esempio i trasformatori per la misura di correnti di elevate intensità
(trasformatori amperometrici o TA) oppure per applicazioni specifiche quali saldature. In
tal caso andranno limitate le perdite nel rame con spire di notevole sezione.
§ IV.3.10 Caduta di tensione nei trasformatori
Nella fornitura di energia elettrica viene indicata una tensione nominale di fornitura, con
un possibile limitato scostamento (es. nelle abitazioni civili la tensione nominale è di 230V,
con una tolleranza del 5%).
Nel caso di stabilimento industriale, la fornitura è tipicamente in media tensione (MT,
20kV) e lo stabilimento è proprietario di cabina con trasformatore. Possono esserci carichi
fortemente variabili e quindi il soggetto proprietario dello stabilimento, prima di
acquistare il trasformatore, deve anche tener conto delle diverse condizioni di lavoro.
Si definisce caduta (relativa o percentuale ) di tensione in un trasformatore la variazione del
valore efficace della tensione disponibile al secondario da vuoto a carico
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.36
%V
VV%V u
20
220
Per una valutazione approssimata della caduta di tensione si può far riferimento allo
schema semplificato di fig. IV.3.10.1, da cui si ricava
Fig. IV. 3.10.1
*
udeue
**
u
*
u
V
senLcosRI
V
BCAB
V
VV
V
VVV
2
222
22
22
20
220
La caduta di tensione quindi dipende sia dalle caratteristiche del carico che dai parametri
equivalenti del trasformatore. In particolare, la caduta di tensione risulta nulla per un
angolo di potenza del carico (ohmico-capacitivo) pari a
ed
eu
L
R
2
2
negativo per ed
eu
L
R
2
2
ossia inserendo carichi capacitivi la tensione può aumentare (questa non è una novità,
basta considerare i casi di risonanza). Attenzione quindi all’inserimento di carichi
capacitivi.
§ IV.3.11 Autotrasformatori (cenni) (*)
Gli autotrasformatori sono trasformatori con un solo avvolgimento (morsetti 1-1’); un
morsetto (2’) del secondario è collegato con il corrispondente del primario (1’), mentre il
morsetto 2 è quello di un contatto strisciante sull’avvolgimento; in tal modo si ottiene un
rapporto di trasformazione variabile (l’autotrasformatore viene spesso usato come
regolatore o compensatore sulla tensione, con rapporto molto prossimo all’unità).
1
2I*V2
1V
2
2’
uV2
1’
deL2
R2e
02I
"L2
ϕu
ϕu ϕu A
u 2I
22 IR e
uV2
*V2
22 ILj de
C
u
B
u
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.37
E’ evidente il risparmio sul rame ed anche sulle perdite in rame nell’unico avvolgimento.
Tuttavia il morsetto comune può comportare gravi problemi di sicurezza per gli operatori.
(per ulteriori dettagli vedasi §2.12 della dispensa “il trasformatore” disponibile tra il
materiale didattico degli anni scorsi)
§ IV.3.12 Trasformatori trifase (cenni) (*)
I trasformatori trifase (in genere polifase) per linee alta/media/bassa tensione, per
l'importanza strategica del loro funzionamento, in ordine soprattutto alla funzionalità ed
alla sicurezza, sono oggetto di ampi e dettagliati studi nei corsi di Costruzioni
Elettromeccanica; vi sono numerose soluzioni per il circuito "magnetico" (numero di
colonne, flusso "libero" o "vincolato") e numerosi abbinamenti tra gli avvolgimenti primari
e secondari (possiamo avere al primario e/o al secondario collegamenti a stella, a triangolo,
misti stella-triangolo detti a zig zag, da scegliere in base alle esigenze di funzionamento e
gestione della rete, per il controllo e la limitazione delle distorsioni (armoniche) dovute
alla presenza di componenti non lineare, alla gestione dei guasti).
In questa sede è opportuno sottolineare che con Gruppo di un trasformatore si intende la
relazione di fase tra le tensioni primaria e secondaria degli avvolgimenti posti sulla stessa
colonna del nucleo ferromagnetico, in corrispondenza alla configurazione adottata per gli
avvolgimenti stessi. Tale relazione si "legge" convenzionalmente come da un orologio: si
avrà ad esempio il Gruppo "0" se le tensioni primarie e secondarie sono in fase, Gruppo "6"
se le dette tensioni sono in opposizione di fase, Gruppo "2" o "10" se sono sfasate di 30° e
così via.
( per approfondimenti vedasi ad esempio il §2.15 della dispensa “il trasformatore”
disponibile tra il materiale didattico degli anni scorsi)
§ IV.3.13 Parallelo trasformatori (cenni) (*)
In ogni cabina di trasformazione è opportuno che siano installati almeno due trasformatori
opportunamente in parallelo, anche di differente taglia. Infatti occorre:
a) prevedere un aumento della potenza nominale negli intervalli di punta giornalieri dei
carichi (normalmente al mattino ad inizio turno lavorativo e all'imbrunire specie in
inverno)
b) prevedere una possibile avaria e fuori servizio di un trasformatore;
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.38
c) effettuare una manutenzione ordinaria dei trasformatori senza interruzione del servizio.
Il parallelo va effettuato stabilendo con rigore le opportune connessioni e verificando le
seguenti condizioni:
1) il rapporto tra le tensioni nominali deve essere lo stesso (15); in caso contrario si può
controllare che anche a vuoto gli avvolgimenti possono essere interessati da intensità di
corrente elevate; i trasformatori trifase devono appartenere allo stesso gruppo
2) i trasformatori devono avere la stessa tensione di cortocircuito, in modo da lavorare con
la stessa percentuale di potenza trasmessa (se uno lavora a pieno carico, anche gli altri è
opportuno che lavorino a pieno carico);
3) i trasformatori devono avere possibilmente lo stesso fattore di potenza di cortocircuito,
in modo che i valori efficaci delle correnti di linea corrispondano alla somma dei valori
efficace delle intensità di corrente dei singoli avvolgimenti
(per approfondimenti vedasi ad esempio §2.11 della dispensa “il trasformatore”
disponibile tra il materiale didattico degli anni scorsi)
§ IV.3.14 Impiego dei trasformatori (*)
I trasformatori vengono classificati anche in relazione al loro impiego, con notevoli
conseguenze anche sulla loro progettazione ed utilizzazione:
a) trasformatori di potenza, impiegati nelle cabine AT/MT/bt per la trasmissione,
distribuzione ed utilizzazione dell'energia elettrica;
b) trasformatori di misura: TV o trasformatore voltmetrico, collegato al secondario bt ad
un voltmetro e quindi con funzionamento molto vicino al caso "a vuoto"; TA o
trasformatore amperometrico, collegato al secondario con un amperometro
(funzionamento assimilabile al caso "corto circuito") e con il primario inserito in linea;
c) trasformatore di isolamento, per garantire la separazione elettrica con ambienti speciali
in cui occorre garantire la sicurezza delle persone (es. sale chirurgiche)
d) trasformatori di adattamento, laddove occorra adattare i carichi per avere il massimo
trasferimento di potenza (es. impianti acustici).
(per approfondimenti vedasi il §2.14 della dispensa “il trasformatore” disponibile tra il
materiale didattico degli anni scorsi)
15
le tensioni di esercizio devono essere uguali o di poco inferiori alle tensioni nominali
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.39
IV.4 Generalità sulla conversione elettromeccanica
In questo capitolo verranno descritte alcune delle principali ricadute applicative e
procedurali direttamente collegate alla teoria delle reti sviluppata precedentemente.
Ovviamente il percorso storico che ha portato alla realizzazione di apparecchiature e
sistemi elettrici di interesse sociale e strategico (basta pensare alle pressanti richieste
dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione tipica del fine Ottocento o lo sforzo
tecnologico legato alla partecipazione alle due Guerre Mondiali) ha visto sì importanti
realizzazione ma anche continui “ritorni” sull’impostazione dello studio di problematiche
elettriche e dei modelli generali con ulteriori ricadute applicative.
Con una visione estremamente rapida possiamo così sintetizzare tale percorso storico:
a) nella seconda metà del Settecento (non solo per l’impulso dell’Illuminismo) e nella
prima metà dell’Ottocento sono state poste le basi per un raccordo tra la
presentazione semi-empirica dei fenomeni elettrici ed un inquadramento degli
stessi in modelli matematici di profonda validità e portata; tale percorso è stato
agevolato senz’altro dalla presenza (spesso tormentata) di personalità scientifiche
di impareggiabile rilievo, anche in assenza di qualsiasi supporto, incentivo o mezzo
di comunicazione(16); le applicazioni “elettriche” si limitarono allo studio dei
processi elettrostatici ed elettrochimici ed alla realizzazione di un limitato numero
di dispositivi isolati.
b) nella seconda metà dell’Ottocento si sentì prepotentemente da un lato la necessità
di dotare le fabbriche di macchinari che consentissero tassi di produzione più
elevata e minori ingombri, dall’altro di fornire energia ed illuminazione alle stesse
fabbriche ed ai centri abitati con alimentazione elettrica diffusa e quindi con
interconnessioni a largo raggio; è del 1892 la prima linea ad Alta Tensione in Italia
(Roma-Tivoli 75 kV a tensione stazionaria) parallela alla linea tranviaria a 550 V. Da
un lato si svilupparono le grandi macchine rotanti e statiche per la generazione, la
trasmissione, la distribuzione e l’utilizzazione dell’energia elettrica, dall’altro si
assestano in modo decisivo i modelli generali della Fisica Matematica, in particolare
dell’Elettromagnetismo (James Clerk Maxwell, 1873).
16 Si potrebbero portare numerosissimi esempi; mi limiterò a citare – anche perché poco conosciuta – la vita
disagiata di Michael Faraday (1791-1867), i cui studi e le cui intuizioni a tutto campo nel mondo della
Chimica e della Fisica sono fondamentali e di attualissimo interesse. E’ forse più nota la vicenda politica di
Benjamin Franklin che fu costretto – quasi profugo presso la Corte decadente del Re di Francia intorno al
1780 – a proporre in inglese ed francese le sue idee scientifiche ed il suo laboratorio elettrico.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.40
La conversione elettromeccanica si basa sulla espressione della forza di Lorentz (17) già
menzionata ne l §I.2:
BvEF qq
Se consideriamo una carica q in un conduttore filiforme perfetto (all’interno del quale in
campo elettrico E=0), e supponiamo di muovere, con un’azione esterna, il conduttore stesso
in un campo magnetico, ogni carica sarà soggetta a una forza ortogonale alla direzione del
moto ed al campo magnetico (tale forza sarà nulla se il moto avviene nella direzione del
campo magnetico). Le cariche potranno muoversi nel volume occupato dal conduttore
(immaginando per semplicità che non possano abbandonare lo stesso). Potremo quindi, a
seconda dei casi, fare diverse considerazioni:
1) Nel caso di una barretta rettilinea AB di conduttore che si muova di moto uniforme
“trasversalmente” (cioè su un piano ortogonale) ad un campo magnetico B
uniforme, tutte le particelle libere del conduttore sono soggette a forze che le
spingono verso gli estremi, dove si accumuleranno fino al raggiungimento di una
situazione di equilibrio tra il campo di repulsione coulombiano e il campo della
forza di Lorentz. Nella situazione di fig.IV.4.1 viene evidenziata la separazione
delle cariche. Da notare esplicitamente che la forza di Lorentz agisce sulle cariche
nel conduttore, mentre il campo coulombiano generato dalla separazione delle
cariche può essere “sentito” e misurato in tutto lo spazio. Quindi si può valutare la
tensione prodotta per effetto del moto dltBvdltq
F B
A
B
A
q lungo la barretta
attraverso la misura della tensione lungo un percorso esterno alla barretta AB ,
solidale con la stessa:
AB
B
A
ABAB
B
A
qdltEVdlt
q
F
,
. Nell’intervallo di
tempo dt la barretta avrà coperto una “superficie” di larghezza vdt, “tagliando”
idealmente le linee di flusso di B. Per tale ragione si parla in gergo di tensione
indotta da flusso tagliato:
AB
B
A
AB
tagliatoLvBdltBvLdtBv
dt
d
dt
d
;)(
17
In questa espressione non sono considerate forze di natura diversa (chimica, termica, ..)
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.41
++++++++++++++++
++++++++++++++++
++++++++++++++++
++++++++++++++++
++++++++++++++++
++++++++++++++++
+++++++++
B
v
Fq
++
++
-
A
B
B
v
++
++ ++
++
++
++
Fig.IV.4.1 Fig.IV.4.2
2) Consideriamo ora (fig.IV.4.2) una spira rettangolare (percorso chiuso) immersa in
un campo magnetico uniforme e ruotante con velocità angolare costante Ω ad es. in
senso orario attorno ad un asse ortogonale al piano del foglio. Sulle cariche della
spira agirà, a seconda del tratto della spira e della sua posizione, una forza di
Lorentz variabile in modulo e verso; se la spira si trova in posizione “orizzontale”,
la forza di Lorentz è nulla dappertutto in quanto v e B sono paralleli; in posizione
verticale la forza è massima ed è diretta verso l’osservatore per i punti della
porzione superiore della spira, in verso opposto nella porzione inferiore. Con forza
di intensità variabile le cariche saranno quindi spinte ad una migrazione nella spira
(18). Il tutto è riconducibile alla valutazione della forza elettromotrice indotta (legge
di Faraday-Neumann) dt
ddlt
q
FdltE
q
i
. Infatti, quando il flusso Φ
concatenato con la spira è massimo o minimo, la forza è nulla; nel tempo il flusso
varia con legge cosinusoidale. La spira chiusa consente una migrazione di cariche,
ossia una corrente elettrica che, con il riferimento fissato in fig.IV.4.2, è positiva
quando il flusso decresce, cioè per mezzo giro. In tale intervallo, il suo effetto è la
creazione di un campo magnetico di “rinforzo”, ovverosia essa tende a
“mantenere” il flusso concatenato.
3) Per avere ovunque ortogonalità tra campo di velocità e campo magnetico, si può
modificare la distribuzione del campo magnetico avvolgendo la spira su supporto
ferromagnetico e facendola ruotare in un traferro tra espansioni o “scarpe” polari
magnetiche (Nord e Sud), sagomate in modo tale che il campo magnetico risulti
praticamente radiale. In tal caso la forza di Lorentz risulta praticamente costante nel
passaggio sotto una scarpa polare, inverte il senso passando sotto l’altra. I due lati
della spira ortogonali al foglio danno luogo ad una tensione indotta lungo il loro
18
In realtà nei due tratti di spira ortogonali all’asse di rotazione le cariche sono spinte temporaneamente verso le pareti.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.42
asse non nulla, per cui si dicono attivi; si sottolinea che sugli altri due lati la forza di
Lorentz non è nulla, ma tensione lungo gli stessi è nulla. Questo è il principio di un
possibile alternatore elettrico o generatore (trasforma energia meccanica in energia
elettrica).
4) Se la spira ferma, con il riferimento fissato in fig.IV.4.2, è interessata da una corrente
di intensità i(t), possiamo immaginare che il campo di velocità nella espressione di
Lorentz sia quello di migrazione delle cariche all’interno del conduttore; quindi le
stesse sono soggetta ad una forza ortogonale al conduttore attivo e quindi ad una
coppia motrice. Se la spira è libera di ruotare, si mette in movimento (principio del
motore elettrico) (19).
5) Se il campo B è un campo stazionario (di un magnete permanente o di un
elettromagnete) ed i è costante, siamo nel caso del motore a corrente continua;
6) Se il campo B è variabile con legge sinusoidale, la corrente i(t) può essere ottenuta
per induzione elettromagnetica; è possibile far sì da avere una coppia motrice
significativa ed avremo il motore in corrente alternata;
7) Possiamo ottenere una corrente indotta in una spira libera di ruotare (rotore)
attraverso un campo rotante (motore asincrono); per ottenere un campo rotante basta
considerare l’effetto di tre solenoidi disposti simmetricamente (con assi a 120°) sulla
periferia di uno statore (parte fissa della macchina), alimentati da una terna di
correnti simmetriche (sfasate nel tempo di 120°) a pulsazione Ω. Ogni solenoide
produce in ogni punto del traferro un campo sinusoidale a pulsazione Ω diretto
lungo l’asse geometrico del solenoide (z1,z2,z3); tale campo può essere scomposto in
due campi rotanti (diretto ed inverso) con velocità angolare +Ω e - Ω, di intensità
costante pari alla metà del valore massimo del campo. Il contributo al campo del
secondo solenoide può a sua volta essere scomposto un campo rotante diretto ed
uno inverso, ma la posizione spaziale e del secondo avvolgimento e la fase della
seconda corrente fanno sì che la componente diretta sia allineata alla prima e la
componente inversa sia sfasata di 120° rispetto alla prima; ripetendo il discorso per
il terzo solenoide si può riconoscere che le tre componenti dirette si sommano
dando luogo ad un campo risultante di valore pari a 3/2 rispetto a quello del
singolo avvolgimento, mentre le componenti inverse danno istante per istante
somma nulla (in fig.IV.4.3, la situazione per t=0).
8) Per quanto detto al punto 7), una terna di avvolgimenti disposti simmetricamente
lungo la periferia interna dello statore, alimentata da una terna simmetrica di
tensioni, equivale ad un magnete rotante (Nord-Sud) e pertanto viene definito
coppia di poli. Se gli avvolgimenti non vengono distribuiti sull’intera circonferenza,
ma su una parte 1/p dell’angolo giro, avrò una macchina a p coppie di poli.
Disponendo in modo regolare gli avvolgimenti sulla periferia interna di statore, si
19 Sui due lati non attivi ha luogo una separazione di cariche che si attestano sulle pareti. Vi sono sonde di misura del
campo magnetico che si basano su questo principio (effetto Hall).
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.43
avrà alternanza di poli Nord e poli Sud; il passo polare (differenza angolare tra due
Nord consecutivi) è pari a 2π/p. La velocità di rotazione equivalente del campo
rotante è ω=Ω/p e quindi la velocità di sincronismo della macchina è p volte più
bassa (per p=1 e f=50 Hz la velocità è di 50 giri/s ossia 3000 giri al minuto, per p=4 la
velocità è 750 giri al minuto).
Fig.IV.4.3 Campo rotante
B1=BM cosΩt 1z1
B1d B1i
B2=BM cos(Ωt-2π/3) 1z2
B2d
B2i
B3=BM cos(Ωt+2π/3)
1z3
B3d
B3i 1z2 1z3
1z1
Ω
-Ω
MB2
3BBB B B B 3d2d1d321
Ω
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.44
IV.5 Cenni sulla macchina sincrona
La macchina sincrona si presenta come in fig.IV.5.1:
- sul rotore è generalmente installato l’induttore, che con il suo movimento può
creare un campo magnetico rotante e quindi indurre tre tensioni simmetriche in tre
avvolgimenti disposti simmetricamente sullo statore (generatore sincrono o
alternatore); l’induttore può essere a coppie di poli salienti o liscio: le coppie polari
equivalenti sono ottenute mediante avvolgimenti avvolti su nuclei ferromagnetici
ben evidenziati ed opportunamente sagomati, oppure con gruppi di spire paralleli
disposte in cave di rotore, costituenti una sorta di solenoide corto; l’induttore può
essere anche costituito da magneti permanenti;
- sulla periferia interna dello statore (indotto) sono ricavate delle cave per
l’alloggiamento dei conduttori di fase terminanti all’esterno;
- l’induttore a poli salienti è sagomato in modo che il profilo del campo al traferro
sia quasi sinusoidale sul periodo pari a doppio del passo polare
- sistemando lungo la periferia interna dello statore, in modo simmetrico, i
conduttori di tre avvolgimenti, dal moto del rotore si può ottenere, a vuoto, una
terna simmetrica di tensioni (funzionamento da alternatore sincrono trifase) .
- alimentando gli avvolgimenti di statore con una terna simmetrica di correnti,
possiamo avere il funzionamento da motore sincrono, in cui, fissata la frequenza di
alimentazione, è fissato il numero di giri n=60f/p dove f è la frequenza di
alimentazione e p il numero delle coppie polari; è molto meno diffuso del motore
asincrono di cui nel seguito. Ovviamente il motore sincrono va inizialmente portato
a velocità molto prossima al sincronismo (ad esempio, viene fatto partire “a folle”
come motore asincrono oppure a mezzo di un motore ausiliario di lancio). In
fig.IV.5.2 è riportata la macchina a traferro “linearizzato”; si mette in evidenza la
distanza lungo il traferro tra due espansione N-S adiacenti (semipasso polare τ)
Fig. IV.5.1 – Configurazione del rotore della macchina sincrona (induttore) a poli salienti (e: espansioni
polari; n: nuclei ferromagnetici) e a “poli lisci”.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.45
Fig. IV.5.2 – Configurazione del rotore della macchina sincrona (induttore) a poli salienti; è possibile sagomare le
scarpe polari in modo da avere una quasi forma sinusoidale del campo magnetico al traferro (induzione radiale).
In fig. IV.5.3 è riportata la caratteristica d’indotto (valore efficace della tensione
concatenata sui tre avvolgimenti di statore) in funzione della intensità di corrente di
eccitazione che genera il campo di rotore; in realtà, a seconda del tipo di carico, si
avranno intensità di corrente diverse per fase e quindi occorrerà considerare la
composizione del campo di rotore con quello generato dall’indotto; per carico ohmico-
induttivi la reazione d’indotto provoca una diminuzione del flusso per polo e quindi
una diminuzione delle tensione ai morsetti; nel caso ohmico-capacitivo tale tensione
aumenta.
In fig.IV.5.4 si riporta qualitativamente la caratteristica “esterna” dell’alternatore,
ovvero la variazione della tensione di uscita al variare dell’intensità della corrente
erogata. Anche in questo caso si nota l’influenza del tipo di carico. Considerazioni più
circostanziate portano alla individuazione di un circuito equivalente all’alternatore ed
alla definizione di una impedenza sincrona.
fig.IV.5.3 Caratteristica di carico fig.IV.5.4 Caratteristica esterna
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.46
IV.6 La macchina asincrona
(vedasi per file sulla macchina asincrona – versione “estesa” -sul “materiale didattico” degli a.a.
precedenti)
Si riportano come traccia le trasparenze mostrate a lezione
- Campo rotante creato dalle correnti di statore di pulsazione ω con p terne di bobine
(coppie polari) p
s
- Scorrimento tra campo rotante e rotore s
rss
: s=1 : rotore fermo; s=0 : rotore al
sincronismo ; s<0 : rotore lanciato oltre il sincronismo; s>1 : rotore fatto girare in senso
opposto al campo rotante
- Funzionamento da motore (s compreso tra 0 e 1) oppure da generatore (s<0 o s>1)
- A rotore bloccato, rete equivalente simile a quella di un trasformatore, con possibilità
di variare la posizione del rotore e quindi lo sfasamento tra tensione primaria e
tensione secondaria (trasformatore sfasatore a rapporto di trasformazione non più
reale ma complesso)
- A rotore in moto, si considera una rete equivalente riferita alle grandezze di statore a
pulsazione (ω) diversa da quella di rotore (s ω); considerando un puro bilancio
energetico, si può fare riferimento a una rete fittizia statorica che ha in comune con
la rete reale il valore efficace della intensità di corrente rotorica
s
sRR
s
R
Xs
R
E
LsR
sE
LsR
EI
d
dd
ss
1
)()()(
222
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
22
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.47
Bilancio energetico
P1 potenza assorbita ai morsetti primari
PCu1 perdita per effetto Joule nello statore
PFe1 perdita nel ferro di statore
Ps potenza di sincronismo, “trasferita” dallo statore al rotore
05.01econversiondirendimento
)1(;
1
2
2
2
22
2
2222
111
nom
s
m
smsCu
mCuFes
sFeCu
ssP
P
PsPsPP
Is
sRIRPPPP
PPPP
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.48
CARATTERISTICHE MECCANICHE
Coppia motrice
d
M
d
Mddd
dds
m
r
mm
L
VC
X
RsssXXsRsXRR
ds
dC
sXR
VsR
sXR
spER
sp
Is
sR
s
PPC
2
2
2
1
2
2222
2
2
2
22
2
2
2
2
2
12
2
2
2
2
2
22
2
22
*0)(2)(0
)(
1
)()1(
1
)1(
-
Per l’avviamento possiamo considerare una variazione di R2 (avviamento reostatico) o una
variazione della reattanza di dispersione (motore a doppia gabbia).
La regolazione di velocità non è ampia; possiamo considerare variazioni limitate dello
scorrimento. Altrimenti occorrerà variare il numero delle coppie polari.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.49
ROTORE A DOPPIA GABBIA
Motore asincrono monofase
Si costruisce un secondo avvolgimento interessato da corrente sfasata rispetto alla
corrente dell’avvolgimento principale. In questo modo si potrà creare un campo rotante
sufficiente a far avviare il rotore che sarà soggetto ad una coppia significativa.
Basterà quindi creare un circuito ausiliario prevalentemente capacitivo (condensatore
di avviamento). Per piccole potenze.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.50
IV.7 Cenni sulla macchina a corrente continua (*)
In tale macchina esiste un campo (creato da un magnete o da un
elettromagnete) fisso di statore (eccitazione) ; sul rotore sono allocate spire
(indotto) che fanno capo al collettore su cui scorrono (a rotore in movimento)
le spazzole in carbone consumabile che riportano all'esterno una tensione
praticamente costante (con una ondulazione o ripple che dipende dalla
commutazione tra spira e spira)
Principio della commutazione - Collettore
Tensione unidirezionale
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.51
La macchina presenta notevole flessibilità nel funzionamento da generatore (dinamo) e/o
da motore, con larghe possibilità di regolazione e controllo. Esiste ampia flessibilità dei
sistemi di eccitazione: indipendente, parallelo, serie
Nel funzionamento da generatore sotto carico occorre considerare il campo magnetico di
indotto (reazione d’armatura) che si sovrappone al campo di statore
L'ampia flessibilità della caratteristica meccanica ha portato al suo storico ampio uso nella
trazione ferroviaria, in gran parte superato dal più "economico" motore asincrono,
considerando la criticità a lungo termine del collettore ed i progressi dell'elettronica di
potenza (vedi § IV.8).
Persiste comunque grandissimo interesse per le piccole-medie potenze (motori passo-
passo e senza spazzole (brushless).
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.52
IV.8 FONDAMENTI DI ELETTRONICA DI POTENZA
IV.8.1 Circuiti raddrizzatori
Tra i bipoli fondamentali si è già accennato (§I.17) al diodo ideale e reale20
(fig.IV.8.1): si hanno fenomeni significativi di conduzione (con caratteristica
non lineare) se la tensione tra anodo A è catodo C è positiva (tratto © di
“conduzione”), non si hanno praticamente fenomeni di conduzione se tale
tensione è negativa (tratto ® di “interdizione”, a meno di non raggiungere valori di
tensione eccessivi che determinano il collasso (breadown) del componente) .
fig.IV.8.1 fig.IV.8.2
La caratteristica è fortemente asimmetrica; quindi, imponendo una tensione vAC variabile
(ad esempio sinusoidale) , l’intensità di corrente risulterà fortemente distorta e viceversa.
Se si alimenta con un generatore sinusoidale una serie diodo-resistore (fig.IV.8.2), la
caratteristica di fig. IV.8.1 andrà confrontata con quella del bipolo “visto” dal diodo
R
tvteiiRtetv AC
uAC
)()()(
(IV.6.1)
Tale caratteristica è una retta che intercetta la zona di conduzione se e(t)>0, quella di
interdizione se e(t)<0 (fig. IV.8.3) 20
Un diodo reale viene realizzato attraverso una “giunzione P-N” di due strati di un materiale tetravalente
puro, semiconduttore intrinseco come il Silicio, uno drogato con materiale trivalente (come il boro) che
quindi rende lo strato ricco di “lacune elettroniche” (P è l’anodo) e l’altro drogato con materiale pentavalente
(quale l’antimonio) che quindi rende lo strato ricco di elettroni disponibili per la conduzione (N è il catodo).
Applicando una tensione positiva si avrà una agevole migrazione o diffusione di elettroni verso l’anodo e
“lacune” verso il catodo; la migrazione inversa è evidentemente molto difficile.
VAC
A
anodo
catodo
C
VAC
I
I diodo ideale
diodo reale ©
®
vu
i
+ e(t) Ru
vAC
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.53
fig.IV.8.3 fig.IV.8.4
La tensione sul diodo risulterà trascurabile se e(t)>0, per cui la tensione sul resistore v2
risulterà praticamente coincidente con e(t); se e(t) è minore di zero, risulterà invece piccola
l’intensità di corrente e quindi trascurabile la v2 (fig.IV.8.4, raddrizzamento ad una semionda).
La tensione di uscita risulta quindi periodica con lo stesso periodo della e(t) – se questa è
periodica -, ma con un valore medio significativo; nel caso e(t) sia sinusoidale di valore
massimo EM e periodo T
MM
Tt
t
AC EEdttvT
V 318,011
*1
1
Anche l’intensità di corrente presenterà quindi un valore medio non nullo. Nel caso
(frequente) in cui la e(t) sia fornita attraverso un trasformatore su ferro (fig.IV.5.5), questa
circostanza potrebbe comportare saturazione del ferro e conseguente cattivo
funzionamento del trasformatore. Per tensioni non elevate si può ricorrere ad una
alimentazione “doppia” del resistore Ru considerando un trasformatore con secondario a
presa centrale (fig.IV.8.6), circuito a doppia semionda). Le due tensioni v2 e v2* sono di
uguale ampiezza ed in opposizione di fase; a vuoto (Ru infinita) le correnti al secondario
sono praticamente nulle perché i due diodi sono in antiserie; per R finita,, il diodo D
conduce per il semiperiodo in cui v è positiva (mentre v* è negativa e quindi il diodo D*
interdetto); per l’altro semiperiodo D* conduce e D è interdetto. In tale caso, a parità di
valore massimo EM della tensione di alimentazione il valore medio nel periodo T
raddoppia
MM
Tt
t
AC EEdttvT
V 636,021
*1
1
;
Tale valore risulta abbastanza prossimo al valore efficace della tensione di ingresso
sinusoidale (=0,707 EM) (fig.IV.8.7)
diodo reale ©
VAC
I diodo ideale
®
iRtetv uAC )(
t
e
v2
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.54
fig.IV.8.5 fig.IV.8.6
fig.IV.8.7
vAC
vu
i
Ru e=v2
+
v2*
D
D*
vu
i
Ru
vAC
e=v
2
+
v2
vu
v*2
t
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.55
Con questa soluzione si avranno correnti a valor medio non nullo nei due
avvolgimenti, significative in semiperiodi diversi; con opportune disposizioni
(ravvicinate) dei due avvolgimenti si potrà creare un campo magnetico
praticamente alternativo dovunque.
Per tensioni più elevate si potrà utilizzare il circuito di fig. IV.8\.8 (ponte di
Graetz) con unico avvolgimento interessato da correnti alternative
fig. IV.6.8
e=v2
+
vu
Ru
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.56
Una versione polifase del circuito ad una semionda è presentata in fig.IV.8.9;
la tensione sul carico è rappresentata in fig. IV.8.10 nel caso trifase. Come si
nota, all’aumentare del numero delle fasi il valore medio della tensione di
uscita diventa sempre più prossima al valore massimo e si riduce sempre più
il fattore di ondulazione.
Fig. IV.6.9
Fig.IV.6.10
t
e
1
vu
e2
e3
+ e1(t)
+ e2(t)
+ e3(t)
1
2
i2(t)
i1(t)
i3(t) 0 vu
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.57
IV.8.2 Tiristori o SCR (Silicon Controlled Rectifier) – Il TRIAC (triode for
alternating current)
Il tiristore o SCR è un diodo controllato. La effettiva conduzione del diodo, se
ammessa, avviene solo se si invia un opportuno comando (anche un
“impulso”) di tensione sul terminale di controllo (gate G) (fig.IV.8.11)
fig.IV.8.11- Caratteristica di un tiristore
Il tiristore si comporta quindi come un interruttore a stato solido (in
chiusura); inoltre esso si interdice se l’intensità di corrente scende al disotto
di un valore di soglia; in caso di grandezze variabili, si interdice sempre (e
non si riaccende fino ad un nuovo comando sull’elettrodo di controllo) se la
intensità di corrente passa per lo zero. Il tempo di “accensione” è di 1-4 μs,
quello di “spegnimento” di 10-25 μs
Il TRIAC è costituito sostanzialmente da due SCR in antiparallelo, che hanno
l’elettrodo di controllo in comune. La conduzione può essere attivata sia per
tensioni positive che negative (con impulsi positivi e negativi). In fig. IV.8.12
è rappresentata la caratteristica reale e quella ideale
VAC
A
anodo
catodo
G gate
C
C
VAC
I
I SCR ideale
SCR reale ©
®
VAC
I
VGC
A
G
C
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.58
fig.IV.6.12- Caratteristica di un triac
Come si vede si possono parzializzare i fenomeni di conduzione; il triac
quindi può funzionare come un regolatore di corrente sinusoidale
(alternata).
Per elevate correnti e tensioni si preferisce usare due tiristori separati in
antiparallelo, per meglio dissipare le perdite sul componente.
Costruttivamente il tiristore è costituito da un quadruplo strato
di semiconduttori p-n-p-n (fig. IV.8.13), con l'anodo collegato allo
stato p esterno, il catodo allo strato n opposto ed il gate al p intermedio.
L’iniezione di elettroni attraverso l’elettrodo di controllo consente la
conduzione anche attraverso la giunzione inversa.
fig.IV.8.13
L'impiego tipico si ha nei raddrizzatori di tensione controllabili, in grado di
fornire tensioni continue regolabili da una tensione alternata fissa. Altri
impieghi si hanno negli inverter e nei convertitori di tensione alternata. Il
circuito di innesco degli SCR fa si che questo si trova in ritardo rispetto alla
VAC
I TRIAC ideale
TRIAC reale ©
®
vAC
VGC
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.59
tensione anodo-catodo; questo provoca un frazionamento della tensione
raddrizzata (il cosiddetto Controllo di fase)..
Altri fondamentali componenti dei circuiti di potenza sono alcuni tipi di
transistori. Nel caso di tali componenti (funzionalmente simili a quelli
impiegati nei circuiti elettronici di segnale) si è in presenza di giunzioni
multiple PNP o NPN in cui i due strati esterni sono indicati come emettitore
e collettore, lo strato centrale (base) regola il meccanismo di conduzione
collettore-emettitore.
Si rinvia ad altra occasione la descrizione del funzionamento dei transistori di
segnale e di potenza. Tra questi ultimi preme tuttavia, segnalare gli IGBT
(Insulated Gate Bipolar Transistor) di recentissima introduzione per le
applicazioni nel campo della trazione ferroviaria, interessati da correnti di
intensità superiori a 1000 A e tensioni superiori a 6000 V (fig. IV.8.14)
fig. IV.8.14 – IGBT
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.60
IV.8.3 LA PROPULSIONE ELETTRICA NAVALE (*)
L’impiego delle tecnologie elettriche non è nuovo nella catena di propulsione delle
navi essendo noti fin dall’inizio del secolo scorso i vantaggi in termini di efficienza e
manutenzione di soluzioni elettriche alternative al tradizionale riduttore meccanico per
ricondurre la velocità di rotazione dei motori diesel o a turbina al più basso numero di giri
delle eliche. L’introduzione dei convertitori elettronici ed in generale dei componenti
elettronici di potenza ha consentito soluzioni “ad hoc” di sistema a bordo delle navi.
Vengono adottate soluzioni “miste” (sistemi diesel-elettrici) o “integrali” (AES, “all electric
ships”). L’impiego integrale delle tecnologie elettriche dell’impiantistica di bordo assicura
importanti vantaggi, quali incremento del comfort a bordo per la riduzione di vibrazioni e
rumore, maggiore spazio a disposizione, superiori prestazioni dinamiche della nave (ivi
compresa la regolazione della velocità, il controllo locale e generale, i sistemi di
registrazione ed allarme, la gestione di emergenze), riduzione di consumi ed emissioni,
integrazione tecnologica e di automazione, manutenzione meno onerosa.
Il campo di applicazione della propulsione elettrica navale è stato sicuramente
quello delle navi di grande taglia (21), con particolare riguardo alle navi da crociera che
negli ultimi anni hanno assunto dimensioni impensabilmente elevate. Le positive
esperienze in termini di prestazioni, sicurezza e comfort stanno favorendo un rapido
processo di trasferimento di tali soluzioni innovative ad altri comparti della navigazione
commerciale e militare.
Risulta oggi sempre più frequente il ricorso ad un sistema elettrico,in cui la potenza
elettrica necessaria a bordo viene fornita da una centrale di generazione che alimenta i
diversi carichi, propulsori compresi,attraverso un unico schema di distribuzione.
Precedentemente, i blocchi dei motori e della trasmissione erano separati dai servizi
ausiliari per l’illuminazione e impianti elevatori e dal servizio elettrico per cucine ed
accoglienza alberghiera. Ne risulta una maggiore efficienza strutturale complessiva
21 Ad esempio a bordo della nave da crociera “Costa Fortuna” (varata nel 2004) è installato un sistema di
generazione della ABB –Asea Brown Boveri, comprendente 6 alternatori per complessivi 90 MVA; esso è
collegati ad un quadro di distribuzione in media tensione da 6,6 kV, per alimentare i servizi di hotel e di
propulsione della nave. La propulsione è realizzata con due motori elettrici sincroni ciascuno da 20 MW di
potenza a 140 giri, in grado di conferire all’unità una velocità di 23 nodi. Il numero di giri dei motori elettrici
viene controllato da azionamenti statici a frequenza variabile (cicloconvertitori) che consentono una
regolazione accurata nell’intera gamma di velocità, sia in marcia avanti che indietro. La nave Queen Mary
con i suoi 86 MW di propulsione elettrica su quattro eliche e 112 MVA di alternatori detiene allo stato (2010)
il primato quanto a potenze elettriche installate. La propulsione è stata adottata anche su navi traghetto, navi
oceanografiche, posacavi/tubi, navi rompighiaccio.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.61
dovuta alla possibilità di regolare il regime dei generatori all’andamento dei carichi
elettrici.
Le moderne navi “all-electric” in servizio o in costruzione forniscono già elevati
standard di qualità e sicurezza che comunque vanno sempre migliorando nelle nuove
unità in fase di progetto attraverso l’ulteriore implementazione di tecniche avanzate e di
tecnologie innovative. Particolare attenzione e sviluppo hanno riguardato i processori di
controllo, la rete informatica di gestione, i problemi legati ad disturbi elettromagnetici di
origine interna ed esterna (“compatibilità elettromagnetica”), la diagnostica e l’affidabilità
dei componenti e dei sistemi, l’ esercizio in sicurezza.
IV.8.3.1 Sistemi per la produzione di energia elettrica a bordo di navi.
Ogni nave è dotata di impianto autonomo in grado di produrre l’energia elettrica
richiesta durante la navigazione e in manovra. Può essere tuttavia prevista alimentazione
da terra durante la permanenza in porto, anche per limitare al massimo i prodotti di
combustione.
Fino agli anni 70 gli impianti di propulsione erano costituiti o da turbine a vapore o
da motori diesel a due o a quattro tempi; l’alimentazione elettrica veniva fornita a mezzo
di turboalternatori di adeguata potenza alimentati da vapore delle stesse caratteristiche
termodinamiche del vapore che alimentava la turbina principale di propulsione. I
turboalternatori dovevano essere affiancati da uno o più diesel alternatori detti
comunemente “gen-sets” che provvedevano a soddisfare le esigenze di energia elettrica
quando era limitata la disponibilità di vapore, e cioè quando la nave è in porto a motore di
propulsione fermo (fig.IV.8.3.1)
Dopo gli anni ’70 la propulsione navale tradizionale ebbe un crollo a vantaggio dei
motori diesel e agli inizi degli anni ’80, per la riduzione dei costi di esercizio della nave si
passò agli impianti detti “unifuel”. Sulle navi dotate di motori a due tempi, fu introdotto il
concetto di generatore-asse azionando direttamente il generatore per mezzo del motore di
propulsione. Tra le possibili soluzioni si prevedeva l’alternatore rotante alla stessa velocità
dell’elica quando il generatore è inserito lungo la linea d’assi o all’estremità del motore
opposta a quella che aziona l’albero portaelica. Per una disposizione diversa si prevede un
moltiplicatore di giri per far ruotare il generatore asse ad una velocità di rotazione
superiore a quella dell’elica. Altre soluzioni (meccaniche o elettroniche) consentono di
“scollegare” la rotazione dell’alternatore da quella dell’elica.
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.62
fig.IV.8.3.1
Schema di impianto per la produzione di energia elettrica a bordo mediante generatore asse a
numero di giri costante: 1 motore principale di propulsione, 2 generatore – asse, 3 gen-sets
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.63
IV.8.3.2 Propulsione navale elettrica
Il motore principale della nave può azionare un generatore elettrico che comanda
un motore elettrico di propulsione. I primi impianti furono realizzati in “corrente
continua” (dinamo); tale tipo viene ancora oggi impiegato in impianti particolari per la
elasticità di regolazione di tali motori(22). La propulsione in “corrente alternata” si è
diffusa per i vantaggi dell’alternatore sulla dinamo; inoltre, per gli sviluppi riscontrati nel
campo dell’elettronica di potenza si è passati dall’uso motore asincrono al motore sincrono
per potenza superiori a 10 MW. Le moderne navi da crociera sono a propulsione elettrica
con due assi azionati da motori sincroni a tensione elevata (tipicamente 6-11 kV) ed eliche
a pale orientabili o fisse a seconda del tipo di convertitore statico adottato oppure con
propulsori di tipo azimutale (“azipod”).
Nella fig.IV.8.3.2 è presentato uno schema semplificato unifilare di una centrale per
la propulsione elettrica per nave da crociera
fig.IV.8.3.2.
Schema generale di propulsione elettrica: a) alternatori collegati a motori diesel, b) sbarra a 6 kV , c) Motore
di propulsione alimentato alla tensione di 3 kV, d) Gruppi di condizionamento ed eliche di manovra, e)
alimentazione dei carichi essenziali (macchina del timone, servizi generali, pompe dei circuiti di
raffreddamento del motore, ...), circuiti luce.
(
22) in alcuni casi (ad. es. sommergibili) l’energia elettrica viene fornita da batterie di accumulatori di notevoli
dimensioni, a loro volta ricaricati a mezzo di gruppi elettrogeni.
a)
a)
b)
c)
d)
e)
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.64
La potenza richiesta dalla propulsione elettrica comporta una radicale rivisitazione
dell’impianto elettrico di bordo, il quale deve assicurare le necessarie capacità di
generazione, regolazione e distribuzione dell’energia elettrica a tutti gli utilizzatori. La
suddetta architettura di tipo “tutto elettrico” AES è fondata sul cosiddetto sistema elettrico
integrato (IPS Integrated Power System).
L’IPS racchiude la centrale elettrica di bordo, basata sull’insieme di generatori
connessi ad una sbarra principale: da essa vengono alimentati, direttamente oppure
tramite trasformatori o convertitori elettronici, tutti i carichi di bordo.
I vantaggi offerti dal sistema AES sono notevoli: basti pensare alle superiori
dinamiche dei motori elettrici rispetto ai diesel; la possibilità (avendo eliminato il vincolo
della linea d’asse) di allocare pesi ed ingombri in modo più razionale (offrendo un’elevata
flessibilità in termini di compartimentazione degli spazi e quindi di continuità del servizio
in caso di guasti) la riduzione dei fumi e dei consumi di combustibile dovute alla possibilità
di modulare il numero di motori primi (termici) in servizio al fine di esercirli nell’intorno
del punto di minimo consumo specifico; la conseguente riduzione di manutenzione ed il
prolungamento della vita operativa del macchinario; maggior comfort dovuta alle assenze
di vibrazioni; l’utilizzo di supporti rotanti fuoribordo per alloggiare i motori elettrici (con il
conseguente recupero di spazi a bordo della nave); l’eliminazione del timone dei relativi
attuatori e una manovrabilità di gran lunga superiore rispetto ai timoni
tradizionali;l’elevato grado di automazione degli apparati elettrici di centrale e di
regolazione del moto dell’elica con conseguente riduzione del personale addetto
fig.IV.8.3.3
Cap. IV – Trasformazione e conversione dell’energia elettrica - pag.65
La fig. IV.8.3.3 rappresenta il layout dell’impianto in MT dell’IPS di una tipica nave da
crociera (si nota la doppia sbarra a 11 kV, due trasformatori di servizio hotel, 2x2 macchine
di condizionamento, 2x2 macchine per la spinta direzionale bow thruster, due motori da
17.4 MW per la propulsione, alimentati ciascuno tramite un cicloconvertitore23).
23
Trattasi di un sistema trifase raddrizzatore-inverter per conversione di tensione sinusoidale a frequenza ed ampiezza
fissa in tensione sinusoidale a frequenza ed ampiezza variabile.