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Tra ricerca qualitativa e Quantitativa Esiste attualmente un’amplissima letteratura sulla ricerca qualitativa: effettuando una ricerca in una grande libreria online come Amazon.com troviamo oltre 800 libri che riportano nel titolo qualitative research, e cercando su un motore di ricerca come Google lo stesso testo, vengono riportati oltre un milione di risultati.

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Tra ricerca qualitativa e Quantitativa

  Esiste attualmente un’amplissima letteratura sulla ricerca qualitativa: effettuando una ricerca in una grande libreria online come Amazon.com troviamo oltre 800 libri che riportano nel titolo qualitative research, e cercando su un motore di ricerca come Google lo stesso testo, vengono riportati oltre un milione di risultati.

Ma cos’è la ricerca qualitativa?   Nonostante la proliferazione di scritti e di strumenti per la

ricerca qualitativa, tuttora, «definire che cosa essa sia e che cosa escluda non è cosa facile»

  Molti autori per individuare le peculiarità della ricerca qualitativa, la mettono a confronto con la ricerca quantitativa.

  Sebbene ad un primo sguardo possa sembrare intuitivo individuare con il termine quantitativo un approccio dove è previsto un maggior utilizzo dei numeri e con qualitativo un tipo di ricerca basato più sulle parole e sulle descrizioni, in letteratura esiste uno scarso accordo su quali siano le rispettive specificità e la legittimità di tale differenziazione.

Uno sguardo d’insieme

Diversi riferimenti epistemologici ?   Realismo/Idealismo: la ricerca quantitativa sarebbe legata a una

prospettiva realista per cui i risultati corrispondono a come le cose sono realmente nel mondo, mentre la ricerca qualitativa rimanda a una visione idealista, che sostiene che non esiste un’unica realtà ma “mondi” diversi per persone diverse.

  Molti “qualititativisti” sono anche un po’ realisti. Miles e Huberman [1994] nel loro libro interamente dedicato all’analisi di dati qualitativi si autodefiniscono realisti: “riteniamo che i fenomeni sociali non esistano soltanto nella mente ma anche nel mondo oggettivo

  Molti “quantitativisti” sono anche un po’ idealisti Lundberg parlando della teoria copernicana dell’universo che subentra a quella tolemaica asserisce: «Dire che non è cambiato l’universo, ma la nostra concezione di esso è semplicemente un trucco linguistico escogitato per condurre gli sprovveduti nelle paludi del realismo platonico, perché ovviamente l’unico universo con cui la scienza può rapportarsi è la nostra concezione di esso»

Il rigore metodologico   E’ riconosciuto, all’interno della ricerca qualitativa [Denzin e

Lincon, 2000], che essa è stata ed è ampiamente influenzata dall’epistemologia positivista e postpositivista (attribuita tradizionalmente alla ricerca quantitativa) partendo dalle sue origini e passando per la concezione di ricerca qualitativa più rigorosa sostenuta da Strauss e Corbin, due degli autori più citati in questo ambito.

  In sintesi, un punto di vista esclusivamente epistemologico sembra quindi inutilizzabile per distinguere pienamente tra ricerca qualitativa e quantitativa, riportando il problema, per entrambe, a se accettare o meno una qualche confutabilità empirica dei propri asserti.

Ricerca qualitativa e quantitiva studiano cose diverse?

Le definizioni che prevedono per la ricerca qualitativa un oggetto di studio diverso da quello dalla ricerca quantitativa, sono frequentemente riconducibili a due tipologie. Mentre l’oggetto di studio delle ricerche quantitative potrebbe essere, seppur semplicisticamente, definito nei termini della misura di un fenomeno, la definizione dell’oggetto di studio delle ricerche qualitative ha assunto almeno due direzioni. Nella prima, lo studio della qualità è inteso come indagine sulla natura o essenza delle cose. Nella seconda, l’analisi della qualità è stata riferita allo studio del “significato” di un fenomeno.

Quantitiva= La Quantità delle cose Qualitiva=l’”essenza” delle cose?

Molti pensatori e scienziati da Aristotele in poi si sono chiesti se esistono veramente le essenze, se esiste una “vera” natura di un qualunque fenomeno. Se la risposta a questa domanda fosse affermativa, avremmo una possibilità di conoscenza della realtà dei fenomeni che potremmo considerare definitiva e un oggetto di studio molto affascinante per la ricerca qualitativa.

Sfortunatamente.. «o noi vogliamo specolando tentar di penetrar l'essenza vera ed intrinseca delle sustanze naturali; o noi vogliamo contentarci di venire in notizia d'alcune loro affezioni. Il tentar l'essenza, l'ho per impresa non meno impossibile e per fatica non meno vana nelle prossime sustanze elementari che nelle remotissime e celesti... »

[Galileo Galilei, “Terza lettera a Marco Welser sulle macchie solari” ]

I progressi scientifici ci mostrano ogni giorno che

  Ogni oggetto di studio presenta moltissimi aspetti o proprietà, che sono collegati alla molteplicità dei punti di vista da cui possiamo esaminarlo.

  Considerare uno di questi aspetti essenziale significa elevare al di sopra degli altri, arbitrariamente, il punto di vista che abbiamo scelto in quel momento.

  Si tratta, in buona misura, di un atteggiamento dogmatico che induce a pensare che esista un punto di vista (magari proprio il nostro) capace di cogliere l’essenza delle cose, o, in altri termini, la verità.

  Se vogliamo rimanere nell’ambito della ricerca empirica, anche quella qualitativa, bisognerà essere più umili e rinunciare alla qualità-essenza.

Quantitiva= La Quantità delle cose Qualitiva=Il Significato delle cose?

«…i metodi qualitativi si occupano di quegli aspetti .. che la ricerca quantitativa non è adatta a studiare, vale a dire, il mondo dei significati e delle azioni vissuti» Fischer [2006]

D’altra parte: 1) la maggior parte delle ricerche qualitative non si propone solo di descrivere la prospettiva dei soggetti studiati, ma anche di analizzarne la struttura in modo da ricavarne un senso più generale. 2) lo studio dei significati non è certamente appannaggio esclusivo della ricerca qualitativa, infatti, molti ricercatori quantitativi potrebbero affermare che essi studiano continuamente i significati.

Differenze negli obiettivi di ricerca? Induzione (ricerca-esplorativa)/Deduzione (ricerca-ipotetica)

Spesso la ricerca esplorativa è assimilata al ragionamento induttivo in cui, partendo da dati empirici, si arriva alla formulazione di una regola universale, mentre la ricerca ipotetico-deduttiva viene, come suggerisce il nome, identificata con il procedimento deduttivo in cui, date delle premesse generali (Teorie o Ipotesi) vengono ricavate conclusioni logicamente necessarie. Entrambi i percorsi sono fondamentali: senza induzione il ragionamento ipotetico deduttivo non potrebbe scoprire cose nuove, ma l’induzione, da sola, si affiderebbe esclusivamente alla scoperta casuale.

Ricerca qualitativa=induttiva Ricerca quantitativa=deduttiva?

No, perché: a)  l’esplorazione è abbondantemente presente anche in molta

ricerca considerata quantitativa. Si pensi a come moltissime inchieste condotte tramite questionari con risposte chiuse,, siano eminentemente descrittive, impegnate, come scopo esplicito, ad esplorare un fenomeno poco conosciuto.

b)  Sul versante della ricerca qualitativa diversi autori consigliano di esplicitare le idee pregresse che si hanno su un fenomeno da studiare per testarle durante lo studio. Qualunque tipo di ricerca utilizza continuamente entrambi i metodi, facendo delle deduzioni, nel senso che si va dalle idee ai dati e facendo delle induzioni, vale a dire, passando dai dati alle idee.

Non bisogna però trascurare che Negli approcci quantitativi l’esplorazione sia presente soprattutto all’inizio per fenomeni poco conosciuti, lasciando il posto alla deduzione quanto meglio è conosciuto l’oggetto di studio. Negli approcci qualitativi invece l’esplorazione è presente anche nel caso di fenomeni parzialmente conosciuti.

Inoltre Rimangono delle diferenze importanti anche rispetto al come viene attuata l’esplorazione. Negli approcci quantitativi essa è affidata a risposte a domande standardizzate oppure, in sede di analisi dati, ad approcci induttivi, ma di tipo formalizzato (i.e. statistico). Negli approcci qualitativi l’esplorazione comincia con l’individuazione delle unità di significato, di quelli che sono i concetti o le categorie in cui è possibile classificare i dati raccolti ed è principalmente affidata al ragionamento (comunque replicabile) del ricercatore.

Qualitativa=ideografica Quantitativa= nomotetica?

La ricerca ideografica ha per oggetto casi particolari e evita le generalizzazioni (p.e. la ricerca storica) La ricerca nomotetica si propone la determinazione di leggi generali (p.e la ricerca in fisica)

Inoltre:

La ricerca qualitativa non è sempre ideografica:a che cosa servirebbe una ricca presentazione di un caso singolo se non pensiamo che essa possa essere generalizzata, almeno parzialmente, ad altri casi? La ricerca quantitativa non è sempre nomotetica: è frequentissimo l’uso di strumenti di natura altamente metrica per la definizione del punteggio del singolo soggetto, si pensi ad esempio all’uso dei test standardizzati nelle valutazioni di tipo clinico. «dovrebbe essere utilizzata cautela nel trattare le due tradizioni di ricerca (qualitativa e quantitativa) come strettamente associate con risultati nomotetici e idiografici». Una certa generalizzazione è necessaria in qualunque spiegazione o in qualunque descrizione che voglia avere una utilità applicativa. Si capisce allora perché «i ricercatori qualitativi stiano ideando delle strategie per aumentare la generalizzabilità della loro ricerca»

  Ricerca qualitativa in un setting naturale   Ricerca quantitativa in un setting artificiale?   Non tutta la ricerca quantitativa si svolge in laboratorio   La diversità risiede nel modo in cui il ricercatore

costruisce i dati: nella ricerca quantitativa si utilizzano dati costruiti secondo regole standardizzate ed espressi in forma numerica e possiamo parlare quindi di dati strutturati. Nella ricerca qualitativa, invece, non esiste un percorso completamente standardizzato per arrivare a delle unità di significato

Differenze nelle tecniche d’indagine e nella tipologia dei dati.

Tipi di dati

  Nella ricerca qualitativa non esiste un percorso completamente standardizzato per arrivare a delle unità di significato, a quelle che nella ricerca quantitativa sono le variabili.

  Nella ricerca quantitativa si arriva sempre a una matrice Soggetto x variabile costruita assegnando numeri alle risposte dei soggetti secondo regole largamente condivise, dall’altra testi, documenti, osservazioni o, più raramente, immagini fotografiche, registrazioni video, registrazioni audio.

Il modo di esprimere i risultati   Molti autori evidenziano che la distinzione fra ricerca

qualitativa, nel descrivere i risultati utilizza le parole, la ricerca quantitativa usa i numeri. Ma questo è un criterio di contrapposizione efficace?

  “ Un’impressionante illustrazione da un libro recente di un importante sociologo renderà chiaro il punto. Dopo una discussione delle limitazioni dei metodi statistici, l’autore aggiunge: “Dovunque i metodi statistici avranno la predominanza, il numero degli studenti di elevato livello intellettuale che sono attratti dalla sociologia tenderà a diminuire considerevolmente” .

  In breve questo autore, alla fine, torna ad una prova statistica dei deplorevoli effetti delle statistiche”

Attendibilità e Validità nella ricerca quantitativa

Lo stesso obiettivo, problemi diversi

a) La ricerca qualitativa tratta dati destrutturati, che assumono un significato sia in rapporto al contesto da cui sono tratti, sia rispetto delle analisi effettuate dal ricercatore, mentre nella costruzione di test e questionari si cerca la standardizzazione del significato degli stimoli proposti. b) I dati e i risultati nella ricerca qualitativa non si riferiscono sempre ad un’unità di analisi omogenea (gli individui, i gruppi, ecc.), ma si tratta di testi, filmati, immagini, ecc., che possono riferirsi a individui, gruppi e oggetti in maniera spesso intricata e disomogenea.

Verifica della attendibilità nella ricerca quantitativa: alcuni metodi

 Split-Half  Forme Parallele  Test-Retest

 Alpha di Cronbach

L’attendibilità di un’analisi qualitativa

•  Definiamo l’attendibilità di un’analisi come il grado in cui ricercatori diversi da quelli originari giungerebbero alle stesse conclusioni originarie analizzando i dati di una stessa ricerca.

•  In termini generali una codifica non è attendibile se può essere fatta solo una volta dalla stessa persona o solo da una particolare persona.

•  Esistono due forme di attendibilità: quella interna (il grado con cui due codificatori, sullo stesso materiale, giungerebbero alle medesime conclusioni) e quella esterna che si riferisce alla replicabilità dello studio.

•  Sulla base di come viene valutata l’attendibilità interna è possibile distinguerne tre tipi: la stabilità, la riproducibilità e l’accuratezza.

L’attendibilità come riproducibilità

•  La riproducibilità è il grado in cui la stessa operazione di interpretazione/codifica viene effettuata allo stesso modo da diversi analisti. Il modo in cui viene misurata consiste nel far codificare lo stesso materiale, sulla base di un medesimo codebook, a due o più analisti indipendenti. Questo tipo di attendibilità viene definita attendibilità intercodificatore, e viene considerata più rilevante di quella intracodificatore [Krippendorff, 2004].

Coefficienti di attendibilità intercodificatori

•  Uno dei più diffusi coefficienti di attendibilità fra codificatori [Hughes & Garret, 1990] è quello di accordo. Il metodo classico per misurarlo prevede che due codificatori analizzino le stesso materiale, per cui ogni elemento è un accordo (quando entrambi lo codificano allo stesso modo) o un disaccordo (quando l’elemento ha ricevuto due codifiche diverse) [Neuendorf 2002].

PAo= A/n * 100

Alpha di Krippendorff

•  La misura più generale di accordo che prende in considerazione l’accordo dovuto al caso, il numero dei disaccordi e il livello di misurazione della variabile codificata è l’alpha (α) di Krippendorff. La formula per calcolarla è la seguente:

Alpha= 1- Do / DE

Attendibilità esterna

  Si basa sugli studi di replica.   Si definisce in funzione della capacità de

ricercatore di fornire un resoconto capace di permettere di replicare le procedure

  Questo è spesso una difficoltà insormontabile, (si veda Mead vs. Freeman) anche se alcuni elementi (p.e. le note suò campo) possono favorire la trasparenza dei resoconti

VALIDITA’ NELLA RICERCA QUANTITATIVA Cook e Campbell (1979) hanno definito la validità

come: “la migliore approssimazione disponibile alla verità delle proposizioni, incluse quelle circa la causalità” e hanno tentato di distinguere fra 4 tipi di validità delle ricerche sperimentali:

1)  validità di costrutto (della teoria e delle variabili); 2)  validità interna (delle procedure e delle misure); 3)  validità esterna (delle generalizzazioni); 4)  validità delle conclusioni statistiche.

Come si declina nella ricerca quantitativa

  La validità interna si declina perfettamente nelle condizioni di controllo che caratterizzano gli studi sperimentali, specialmente se condotti in laboratorio

  La validità esterna fa riferimento principalmente (ma non esclusivamente) agli aspetti di campionamento

  La validità delle conclusioni statistiche si declina in riferimento alla corretta applicazione delle corrette procedure di analisi statistiche

  La validità di costrutto fa prevalentemente riferimento alla validità delle misure usate (i.e. test, questionari, ecc)

La validità nella ricerca qualitativa

La validità semantica

  Kirk e Miller [1986], parlando di questo tipo di validità, fanno un parallelo con quella che, nella ricerca quantitativa, è chiamata validità di contenuto ed indica il grado in cui uno strumento contiene tutte le caratteristiche che definiscono il concetto che si intende misurare. In termini generali, la validità di contenuto indica semplicemente se lo strumento, ad un esame da parte di uno o più esperti, valuta le qualità che dice di voler misurare.

Come si traduce nella ricerca qualitativa

  La validità semantica indica la corrispondenza fra le categorie con cui viene analizzato un testo (o frutto dell’analisi di un testo) e i significati che ha quel testo nell’ambito studiato. In senso più esteso, considereremo la validità semantica nella ricerca qualitativa il grado di coerenza fra le categorie dell’analisi e il significato che esse hanno rispetto all’uso che ne viene fatto dai soggetti studiati o, comunque, in un determinato codice linguistico.

La convalida del rispondente   La convalida del rispondente poggia sul postulato di

adeguatezza di Scultz [1970]:   “un modello scientifico dell’azione umana deve essere

costruito in modo tale che un comportamento agito nel mondo reale da un attore individuale risulti comprensibile, cosi come è indicato dal costrutto rappresentativo, sia dall’attore stesso, sia dai suoi compagni nei termini di un’interpretazione basata su senso comune della vita quotidiana” .

  Nel corso del tempo la procedura ha avuto diverse formulazioni, ma la pratica più utilizzata nella ricerca qualitativa consiste nel chiedere l’opinione dei soggetti coinvolti su una parte o sulla globalità dei risultati di uno studio.

Un esempio   «Un giorno nel 1974 spiegai il modello antropologico

dello scambio a un vecchio Ilongot chiamato Insan. Chiesi cosa pensasse dell’idea che l’andare a caccia di teste derivasse dal fatto che una morte (quella della vittima decapitata) ne cancellasse un’altra (quella di un parente prossimo). Sembrò disorientato, così continuai, dicendo che la vittima di una decapitazione veniva scambiata con la morte di un proprio parente (…). Insan rifletté un momento e rispose che poteva anche immaginare che qualcuno potesse pensare una cosa del genere (una scommessa sicura, giacché io lo avevo appena fatto), ma che lui e gli altri Ilongots non pensavano nulla del genere”

Limiti della convalida del rispondente   Non sempre però l’opinione del soggetto agente risulta essere

decisiva per giudicare un concetto esterno al suo mondo, introdotto dal ricercatore su un piano di astrazione teorica. Si pensi ad esempio a tutte le astrazioni o spiegazioni teoriche di un comportamento basate sulle dimensioni inconsapevoli a chi agisce.

  Rispetto a questo problema Fielding e Fielding [1986] si esprimono così: «Non c’è alcuna ragione per supporre che gli attori sociali abbiano uno status privilegiato in quanto commentatori delle loro azioni (...).

  Quando la descrizione è ad alto tasso di inferenza questo feedback non si può ritenere una convalida o una smentita diretta delle inferenze dell’osservatore»

La Validità Strumentale   la validità strumentale consiste nella

concordanza fra i risultati trovati utilizzando una determinata procedura con quelli ottenuti utilizzando modalità alternative considerate valide.

  E’ possibile un esplicito parallelo con quella che nella ricerca qualitativa è chiamata validità di criterio, ed è normalmente espressa dalla correlazione dello strumento con precedenti e valide misure della stessa cosa o di cose diverse (esempio tipico: la matrice multitratto-multimetodo).

La Triangolazione   La validità strumentale nella ricerca qualitativa è stata

tradizionalmente interpretata in termini di concordanza fra i risultati di metodi diversi di raccogliere i dati e di analizzarli attraverso la triangolazione, parola mutuata dalla navigazione dove indica il modo in cui calcolare la propria posizione su una mappa utilizzando due punti di riferimento. L’idea alla base di questa procedura è che se alcuni aspetti di fenomeni e/o relazioni fra fenomeni sono evidenziati da più metodi, questi siano più validi.

  Il termine triangolazione è stato esteso [Janesick, 2000] all’utilizzo di diverse fonti di dati, di diversi ricercatori, di diversi metodi per analizzare i dati e alla concordanza fra i risultati ottenuti con queste diverse procedure.

I limiti della triangolazione

  Può risultare difficile comparare i dati ottenuti con diversi metodi e, soprattutto, se un risultato non viene replicato con una metodologia diversa, questo non significa che esso non debba essere considerato. Come affermano Hammersley e Atkinson [1983] «differenti insiemi e tipi di risultati possono essere ugualmente importanti e illuminanti» .

  Questo è ulteriormente rafforzato dalla difficoltà ad identificare “gold standard”

La validità Teorica

  La validità teorica è simile a quella che nell’ambito della ticerca quantitativa viene chiamata validità di costrutto.

  Nella ricerca qualitativa, però, spesso non è disponibile a priori una teoria e l’attenzione alla validità teorica si manifesta nel cercare di mettere alla prova le ipotesi che progressivamente vengono fatte sulla base delle relazioni empiriche rintracciabili nei dati.

Come fare?   Attraverso 3 modalità che definiscono la confutazione:

1) La comparazione continua. ll ricercatore dovrebbe controllare un’ipotesi sulla base di un caso diverso da quello su cui è stata sviluppata l’ipotesi stessa. Se questo non è possibile, almeno dovrebbe analizzare e valutare la coerenza di tutti i dati che si presentano in uno stesso caso [Glaser, Strauss, 1967]. 2) La comparazione è alla base anche alla seconda modalità, che è quella dell’analisi globale dei dati, per cui le ipotesi sviluppate analizzando una porzione dei dati più o meno piccola devono essere generalizzabili a tutti i dati disponibili per la ricerca.

L’analisi dei casi devianti

Rappresenta la terza modalità e può essere descritta così:

  «la tecnica parte con una piccola quantità di dati. Si produce uno schema analitico provvisorio. Poi si confronta lo schema con altri dati e, se necessario, si apportano modifiche allo schema. Lo schema analitico provvisorio va confrontato costantemente con i casi “negativi” o “discrepanti” finché il ricercatore non ha ottenuto un piccolo insieme di regole ricorrenti che incorporano tutti i dati sotto esame» [Sivermann, 2002].

Esiste un problema di validità esterna?

  Bryman [1999] afferma che la ricerca qualitativa, se vuole avere una qualunque utilità applicativa, ha l’esigenza di generalizzare le descrizioni o le spiegazioni che fa di un certo fenomeno.

  Questa posizione non è univocamente condivisa, ma spesso si pone un’esigenza di generalizzabilità.

Generalizzazione per induzione analitica   L’induzione analitica, procede selezionando

casi che chiariscono aspetti di una teoria generale e la generalizzabilità è legata alla solidità del ragionamento teorico.

  Il criterio di generalizzazione è costituito da un qualche tipo di ragionamento logico anche nel concetto di generalizzazione teorica per cui «inferiamo che le caratteristiche presenti in un caso siano riferibili a una popolazione più ampia non a causa del fatto che il caso sia rappresentativo, ma perché le nostre analisi sono inattaccabili»

La generalizzazione basata sulla frequenza

  Seale [1999] mette in guardia contro l’utilizzo esclusivo di criteri logici per generalizzare: le conclusioni generate da un singolo caso, per quanto ferrea la logica che le lega al contesto in cui sono generate, dovrebbero essere sempre accompagnate dallo studio di altri casi con caratteristiche comuni.

  Anche nella ricerca qualitativa, va riconosciuta l’importanza della generalizzazione basata sulla frequenza sfruttando il potenziale dei numeri, ponendo particolare attenzione alla combinazione e all’integrazione di studi qualitativi con inchieste di tipo campionario.

  Questo apre la strada ai modelli di ricerca misti

Le strategie per raccogliere i dati

  L’osservazione   Le Interviste   I focus Group   La raccolta documentaria

L’osservazione   E’ la sistematica registrazione di eventi, comportamenti,

artefatti in un particolare setting sociale studiato allo scopo di   1. Comprendere e conoscere il contesto osservativo.   2. Sviluppare relazioni con le persone osservate

(individuare persone di riferimento e informatori).   3. Seguire una pista, osservare, ascoltare e fare

domande.   4. Identificare dei sottogruppi e dei personaggi centrali

nella vita dei gruppi.

Per Comprendere e conoscere il contesto osservativo

  fare un sopralluogo   delineare una mappa del posto   entrare in contatto con chi lo frequenta

abitualmente

Per Sviluppare relazioni con le persone osservate   Identificare delle possibili “guide”   Presentarsi e renderli consapevoli dell’importanza dello studio e

poi..

“pedinare” le guide nelle loro routine quotidiane, osservando le attività svolte e le persone con cui interagiscono. Infine ..

..Identificare dei sottogruppi e dei personaggi centrali Servendosi per la registrazione di note, registrazioni audio, fotografie, videoregistrazioni.

..Per Seguire una pista

I Focus Group   NASCE IN AMBITO MARKETING   SOLO RECENTEMENTE DIVIENE STRUMENTO DI

ANALISI DELLA DISCUSSIONE IN AMBITO PSICO-SOCIALE

  1 MODERATORE   CIRCA 7 PARTECIPANTI   POSSIBILITA’ DI GENERARE UNA DISCUSSIONE

DINAMICA   MAI USARLO PER STABILIRE LE POSIZIONI

INDIVIDUALI DEI PARTECIPANTI   DA POCO SI COMINCIANO A USARE CHAT O

VIDEOCONFERENZE

La raccolta documentaria

  Testi, video, materiale audio, ecc. di tipo “naturale”

  Pubblici (riviste, giornali, atti presenti negli archivi, di comuni, scuole, ospedali, altre organizzazioni)

  Privati Diari, lettere, autobiografie, foto, video ecc di carattere personale (Es. il Contadino Polacco) disponibili anche in rete.

Lo studio di caso

  Rappresenta l’analisi di un singolo esempio di una classe di fenomeni (rappresentativo?)

  Investe il fenomeno nel suo contesto reale, tanto che il fenomeno e il contesto hanno ampi margini di sovrapposizione. Usa strategie multiple e poi triangola i risultati, per questo è molto costoso.

  Quali casi meritano uno studio tanto approfondito?

Studi di caso descrittivi e esplicativi

  Descrittivi: Si vuole descrivere una sequenza di eventi e/o dei fenomeni sociali senza necessariamente generalizzare. Il caso è così importante da meritare attenzione propria

  Esplicativi: Si cerca di chiarire, attraverso il caso le ragioni di un fenomeno o di generalizzare le modalità emerse

  In ogni caso il ricercatore deve chiarire: le domande di ricerca, le asserzioni dello studio, l’unità di analisi, il collegamento tra dati e ipotesi

Le domande di ricerca

  Descrittivi: come, quando si manifesta un fenomeno

  Esplicativi: perché si manifesta un fenomeno

Le asserzioni dello studio

  Corrispondono alle scelte su cosa, operativamente, indagare ovvero alle “lenti” con cui si osserva un fenomeno, o in altri termini alle ipotesi dello studio.

  La scelta è spesso empirica negli studi descrittivi, teorica negli studi esplicativi

L’unità di analisi ovvero: qual è il mio caso?

  Quello da cui posso imparare di più   Quello che meglio risponde alle domande di

ricerca   Se l’individuo è parte di un caso

organizzativo, la riflessione è sull’organizzazione.

Il collegamento tra dati e ipotesi

  Triangolazione!!!

Diffusione dei dati qualitativi

•  L’80% dell’informazione nel mondo è costituita da dati non strutturati, da dati qualitativi, spesso sotto forma di testi (Feldman, 2006).

«Polonio (Forte) Monsignore,

posso sapere che state leggendo? Amleto: Parole, parole, parole.»

(Amleto di William Shakespeare, atto II, scena I)

Le specificità dei dati qualitativi e della loro analisi

AMBITO DELLE DIFFERENZE

ELEMENTI DI DIFFERENZA

RICERCA QUALITATIVA RICERCA QUANTITATIVA

Tipologia dei dati

-Tecniche di raccolta aperte -Dati non strutturati I dati

provengono da situazioni in cui il ricercatore utilizza metodi d’indagine aperti [osservazione, interviste o strumenti con domande aperte, testi e documenti preesistenti all’indagine].

-Tecniche di raccolta chiuse -Dati strutturati I dati provengono da

situazioni in cui gli stimoli sono standardizzati [setting sperimentali o strumenti con domande chiuse].

Analisi dei dati

-Codifica -Statistica testuale -Text mining -Statistica non parametrica [dopo

la codifica] -Data Mining [dopo la codifica]

-Statistica parametrica -Statistica non parametrica -Data mining