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PANORAMA della SANITÀ • n°30 • agosto 2010 18 Dossier Tra Medicina clinica e Medicina di Sanità pubblica… La “ cortina di garza di Armando Muzzi*, Augusto Panà** L a storia recente ha mo- strato la nascita e il crollo di rigide divisioni geopolitiche, note col nome di “cortina di ferro” e “corti- na di bambù” 1 . Si è trattato di rigide separazioni territoriali su base ideologica, motivate cioè da una contrapposta visione del mondo, e che si accompagnavano a soluzio- ni diverse dei problemi politici, sociali ed economici. Queste divi- sioni, anche se non sono mai ces- sate le dispute sui loro vantaggi e svantaggi, non hanno mai apporta- to grandi benefici al benessere del- le popolazioni interessate. Questi macroscopici esempi, di cui si riconoscono tracce negli attuali sistemi sanitari 2 , introdu- cono un ragionamento sulla sepa- razione che si è creata tra Medici- na clinica e Medicina di Sanità pubblica, pur essendo rami di un unico tronco culturale. Il distac- co – che per analogia si potrebbe chiamare “cortina di garza” 3 – si è manifestato da lungo tempo e si ingrandisce sempre più profonda- mente. Questa divisione non è tanto di natura tecnico-professio- nale in quanto le Scienze medi- che annoverano un numero cre- scente di specializzazioni (uffi- cialmente una cinquantina) mano a mano che si ampliano e si approfondiscono le conoscenze. La divisione è attribuibile invece ai diversi ideali che ispirano i professionisti ad agire, e alle di- verse modalità pratiche dell’azio- ne (con linguaggio aziendale, ad una diversa visione e missione da perseguire 4 ). Visione in quanto la Medicina clinica si interessa del- l’individuo e la Medicina di Sani- tà pubblica si rivolge alla collet- tività/popolazione, e missione in quanto la prima privilegia il recu- pero della salute, e la seconda la tutela della salute. La Medicina clinica si interessa della diagnosi dei malesseri, del trattamento delle malattie, del mantenimento della funzionalità, di alleviare i dolori e angosce dei singoli pazienti; la Medicina di Sanità pubblica si interessa della promozione della salute e della riduzione delle di- suguaglianze di salute della po- polazione/comunità. Nell’ambito del Servizio sanita- rio nazionale (Ssn) ambedue for- niscono un servizio pubblico ov- vero l’attività con cui, mediante l’esercizio di un potere autoritati- vo (più caratteristico della Medi- cina di Sanità pubblica) o l’eroga- zione di una prestazione (più tipi- ca della Medicina clinica), un’am- Elio Guzzanti

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Tra Medicina clinica e Medicina di Sanità pubblica…

La “cortina di garza”di Armando Muzzi*, Augusto Panà**

La storia recente ha mo-strato la nascita e il crollo di rigidedivisioni geopolitiche, note colnome di “cortina di ferro” e “corti-na di bambù”1. Si è trattato dirigide separazioni territoriali su baseideologica, motivate cioè da unacontrapposta visione del mondo, eche si accompagnavano a soluzio-ni diverse dei problemi politici,sociali ed economici. Queste divi-sioni, anche se non sono mai ces-

sate le dispute sui loro vantaggi esvantaggi, non hanno mai apporta-to grandi benefici al benessere del-le popolazioni interessate.Questi macroscopici esempi, dicui si riconoscono tracce negliattuali sistemi sanitari2, introdu-cono un ragionamento sulla sepa-razione che si è creata tra Medici-na clinica e Medicina di Sanitàpubblica, pur essendo rami di ununico tronco culturale. Il distac-

co – che per analogia si potrebbechiamare “cortina di garza”3 – si èmanifestato da lungo tempo e siingrandisce sempre più profonda-mente. Questa divisione non ètanto di natura tecnico-professio-nale in quanto le Scienze medi-che annoverano un numero cre-scente di specializzazioni (uffi-cialmente una cinquantina) manoa mano che si ampliano e siapprofondiscono le conoscenze.La divisione è attribuibile inveceai diversi ideali che ispirano iprofessionisti ad agire, e alle di-verse modalità pratiche dell’azio-ne (con linguaggio aziendale, aduna diversa visione e missione daperseguire4). Visione in quanto laMedicina clinica si interessa del-l’individuo e la Medicina di Sani-tà pubblica si rivolge alla collet-tività/popolazione, e missione inquanto la prima privilegia il recu-pero della salute, e la seconda latutela della salute. La Medicinaclinica si interessa della diagnosidei malesseri, del trattamento dellemalattie, del mantenimento dellafunzionalità, di alleviare i dolorie angosce dei singoli pazienti; laMedicina di Sanità pubblica siinteressa della promozione dellasalute e della riduzione delle di-suguaglianze di salute della po-polazione/comunità.Nell’ambito del Servizio sanita-rio nazionale (Ssn) ambedue for-niscono un servizio pubblico ov-vero l’attività con cui, mediantel’esercizio di un potere autoritati-vo (più caratteristico della Medi-cina di Sanità pubblica) o l’eroga-zione di una prestazione (più tipi-ca della Medicina clinica), un’am-Elio Guzzanti

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ministrazione pubblica (=azien-de sanitarie) rende un servizio aicittadini, e soddisfa un interessegiuridicamente rilevante, diretta-mente riferibile ad un singolosoggetto (Medicina personale) oad una collettività differenziatadi utenti (Medicina collettiva).L’elenco dei buoni risultati con-seguiti dalla Medicina clinica edalla Medicina di Sanità pubblicanel proprio campo d’azione è trop-po lungo, ma non vi è dubbio chela risonanza e popolarità dei suc-cessi della prima sono state digran lunga superiori a quelli dellaseconda. É questo uno dei motivi,se non il principale, che ha reso laMedicina di Sanità pubblica la“sorella povera”, e coloro che lapraticano una categoria di profes-sionisti con pochi segni distintivied identificativi.Ma ora la situazione si sta rapida-mente modificando. La Medicinaclinica si trova ad affrontare lapandemia di patologie cronichenon infettive mostrando difficol-tà a fornire prove dei suoi successi(ad esempio rapide e completeguarigioni) ed a cambiare i para-digmi a cui si rifà ancora la forma-zione dei medici. Analogamentela Medicina di Sanità pubblica sitrova nella condizione di impo-tenza nel trattare i determinantisocio-economici, diventati sem-pre più importanti per tutelare epromuovere la salute, non riu-scendo ad esprimere la stessa ener-gia ed efficacia con cui avevaridotto se non eliminato i deter-minanti socio-ambientali, ed inparte, socio-comportamentali.Non meraviglia che i medici clini-ci diano segno di una insoddisfa-zione e frustrazione al limite dellosfinimento (burnout) per le preoc-cupazioni medico-legali, l’ecces-so di lavoro “cartaceo”, continuidilemmi etici, rapidi cambiamen-ti direzionali, eccesso di informa-zioni scientifiche, manifestazionidi mancanza di rispetto. Per i me-dici particolarmente scrupolosi,

ancora più grave è la delusioneprofessionale che si manifesta quan-do è evidente una divergenza tra ciòche sarebbe opportuno fare e ciòche si può effettivamente fare, oquando appare giustificata l’insod-disfazione dei pazienti nei con-fronti dei risultati ottenuti o del-l’assistenza ricevuta. Inoltre hannodovuto prendere atto, più o menoconsapevolmente, che la relazionemedico-paziente, per secoli l’es-senza stessa della Medicina, si èprofondamente modificata negli ul-timi decenni del 20° secolo, inquanto è cambiato il contesto nellaquale si svolge. Un contesto nelquale hanno voce in capitolo ungran numero di attori, ognuno deiquali può interferire nella relazionee influenzare l’esito della stessa.Quello che tradizionalmente eraun rapporto “uno a uno” ora richie-de un rapporto “uno con molti”,alcuni dei quali non sono personefisiche ma anonimi uffici.Motivi analoghi alimentano lo scon-forto dei medici di Sanità pubblica,spesso isolati nell’ambito dei Di-partimenti di prevenzione e vistidalla popolazione più come rappre-sentanti dell’autorità statale e custo-di di vincoli e divieti che comepromotori di salute. Nell’ambitodei servizi sanitari clinici, ad esem-pio le direzioni sanitarie ospedalie-re o le direzioni di Distretto, i medi-ci di Sanità pubblica si trovano inuna scabrosa situazione, pressati dauna parte dalla volontà del persona-le politico e/o amministrativo, spes-so arrogante e prepotente, e dall’al-tra dai desideri di alcuni colleghiclinici, talvolta presuntuosi ed in-sensibili.A questi motivi “interiori” si ag-giungono quelli “esterni” alla pro-fessione. Si stenta a comprendere imotivi del paradosso per cui lapopolazione, pur non essendo statamai tanto sana come oggi, e purdisponendo di servizi sanitari so-stanzialmente di qualità, si rivelacosì ostile ai medici ed al sistemadi servizi sanitari. Oltre al com-

prensibile rifiuto di qualsiasi for-ma di “paternalismo”, i cittadinisono spinti ad avanzare critiche,anche quando non vi sono motiviplausibili, mettono costantemen-te in dubbio le capacità dei pro-fessionisti per problemi spessoesorbitanti, e soprattutto hannosempre meno fiducia nei medici enei servizi sanitari.Ma non sono solo questi i motiviche consigliano, o addirittura ob-bligano, a riunire tutte le forzeinterne alla Medicina per fare fron-te comune in una situazione dievidente crisi, eliminando, primadi tutto, la “cortina di garza” cheancora divide la Medicina clinicae la Medicina di Sanità pubblica.Non si tratta del “solito” appello alavorare in collaborazione con tut-ti i professionisti sanitari, ma ditrovare una visione organica eduna missione congiunta tra le duebranche delle Scienze mediche. Lavisione di un sistema sanitariogovernato a tutti i livelli (dall’inte-ro sistema alla più periferica unitàoperativa, compreso uno studiomedico) sulla base di solide provescientifiche5; ed una missione attaa fornire tutte le prove scientifichenecessarie per organizzare, gestireed erogare servizi sanitari efficacied efficienti, come pure per fornireprestazioni efficaci e appropriate.Si deve condividere il concetto diorganizzazioni sanitarie, piccole egrandi, “responsabilizzate” dei ri-sultati prodotti, cioè strutture or-ganizzative nelle quali tutti coloroche vi lavorano, ed in primis imedici, siano motivati a migliora-re la performance (qualità e costi).Occorre innanzitutto prendere attoche stanno andando in frantumi iparadigmi tradizionali ovvero chela Medicina clinica si interessa

* Direttore Editorialedi “Igiene e Sanità Pubblica”

** Professore Ordinario,Dipartimento di Sanità Pubblica,

Università di Roma Tor Vergata

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solo di individui e la Medicina diSanità pubblica si rivolge solo allacollettività/popolazione, comepure che la prima privilegia ilrecupero della salute, e la secondala tutela della salute.Nella classica concezione dellamedicina come professione, lapratica clinica si rivela fortemen-te uniforme basata com’è su uncorpo condiviso di conoscenze(almeno teoriche). Le variazioninascono dalla necessità di appli-care queste conoscenze teoricheai singoli pazienti. Comunque,quando vengono prese in consi-derazione le variabili cliniche e lecaratteristiche dei pazienti questevariazioni si riducono di molto.Ed è singolare constatare che levariazioni si rendono visibili dipiù a livello aggregato, operandodei confronti tra paesi, regioni,ospedali o strutture sanitarie. Ilperseguimento della riduzionedelle variazioni diagnostico-tera-peutiche mediante la divulgazio-ne di raccomandazioni e lineeguida, uno dei capisaldi del mi-glioramento della qualità, tendea trasformare il trattamento delsingolo a modelli diagnostico te-rapeutici per l’intera popolazione(almeno di tutti i casi che presen-tano analoghe patologie). Non èun caso che lo sviluppo delleraccomandazioni/linee guida siafatto da medici clinici esperti del-l’argomento, ma stimolato e gui-dato da medici di Sanità pubbli-ca, con la ovvia partecipazione dialtre categorie di interessati (grup-pi di pazienti, economisti, rap-presentanti politici).Occorre sfatare anche il secondoparadigma che vorrebbe la Medi-cina clinica privilegiare il recupe-ro, e la Medicina di Sanità pubbli-ca la tutela della salute. Entrambehanno trovato nella Medicina pre-ventiva un comune campo di atti-vità6. Si tratta infatti di azionibasate su programmi di prevenzio-ne, diretti a gruppi più o menonumerosi di popolazione target,

preparati e sviluppati da Medici disanità pubblica che si attuano,almeno in parte, con prestazionisu singoli soggetti, affidati quasisempre a medici clinici.Inoltre, ormai tutti i temi più attua-li della Medicina quali, ad esem-pio, la ricerca sanitaria, la riduzio-ne del rischio clinico, la sostenibi-lità economica del sistema e laformazione continua, richiedonouna visione organica ed una mis-sione congiunta tra le due branchedelle Scienze mediche.In questo contesto viene, ad esem-pio, coinvolta la ricerca sanitariaaffidata, per tradizione, alla mis-sione istituzionale dell’organiz-zazione sanitaria. Tutte le azien-de che erogano assistenza hannoin questo senso il dovere moraledi pianificare, eseguire e pubbli-care sia ricerca clinica – in parti-colare nelle aree grigie dove leprove scientifiche mancano o sonocontraddittorie – sia ricerca suiservizi sanitari – per dimostrareche gli interventi di documentataefficacia e/o le migliori praticheassistenziali vengano utilizzati inmaniera appropriata e/o migliori-no gli esiti clinici.Nel caso della riduzione del ri-schio clinico, senza una decisaazione congiunta di tutti i medici,il risk management non solo vienepresidiato da non medici (mana-ger, economisti, legali/assicurato-ri, politici), ma i medici vengonodi fatto sottoposti a scrutinio inve-ce che essere “personale docente”.Allargando il discorso, le divisio-ni, o addirittura i dissidi, tra le duecategorie di medici hanno minatol’autorevolezza che possedevanosenza opposizione, tanto che sitratta ora di guadagnare la leader-ship dell’intero sistema sanitario,quasi totalmente e saldamente nellemani di non sanitari.La visione condivisa di tutti iprofessionisti della sanità dovreb-be diventare la sostenibilità delsistema sanitario, sostenibilità chepuò agire su uno o più dei seguen-

ti fattori di cambiamento sistemi-co: una migliore distribuzione deiservizi sanitari, una razionalizza-zione dei consumi sanitari, unamodifica delle tecnologie sanita-rie. Infatti la peggiore disfatta at-tribuita alle due categorie di me-dici è il mancato contenimentodella spesa sanitaria. A torto o aragione, la società richiede, tra-mite i suoi rappresentanti politi-ci, un freno alla spesa sanitaria,ed ha affidato a “soggetti terzi” lasoluzione di questo problema.Ma un sistema come l’odiernoSsn che indirizza la popolazioneverso ospedali ad alto costo edelevato volume di prestazioni èperdente in partenza sul proble-ma dei costi. Ci deve essere unprofondo e durevole cambiamen-to, una vera occasione per i medi-ci i quali potrebbero stringere undiretto e tacito patto con l’autori-tà politica di ridurre la spesa agen-do sulla appropriatezza sia nel-l’uso delle risorse (medici di sani-tà pubblica) e sia nei comporta-menti diagnostico-terapeutici (me-dici clinici) a fronte di una mag-giore autonomia decisionale.Oltre all’applicazione nella prati-ca quotidiana dei principi e delleprocedure dell’Evidence-basedPractice (Ebm, Ebn, Ebp), tutte leventinove “aree di riferimento perl’accreditamento dell’offerta for-mativa Ecm” del Nuovo Sistema diFormazione Continua in Medici-na si possono e anzi si devonotrattare in comune dai medici cli-nici e da quelli di Sanità pubblica.In caso contrario sarà difficile rag-giungere gli obiettivi delle tre di-mensioni della formazione (obiet-tivi formativi tecnico-professiona-li, di processo, di sistema).Stante che gli sforzi, pochi per laverità, di stabilire più strette rela-zioni tra Medicina clinica e Me-dicina di Sanità pubblica nonhanno dato visibili frutti (e nonsolo in Italia)7, cosa occorre fare?La risposta più semplice è quella dicreare una cultura di Sanità pubbli-

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ca iniziando dal percorso formati-vo di base, in modo che tutti i futurimedici siano edotti dei principidella disciplina. Per i medici giàformati si potrebbe approfittare del-l’offerta formativa Ecm per trattaregli argomenti elencati, esponendosempre i due punti di vista. Sipotrebbe anche assicurare la co-stante presenza, almeno nelle gran-di e medie organizzazioni sanita-rie, di un medico di sanità pubblicacon le caratteristiche di “epidemio-logo dell’assistenza sanitaria” (me-dical care epidemiologists, Mces)8.Quest’ultimo, secondo Harrison,dovrebbe perseguire l’implicitoobiettivo di cambiare la culturaorganizzativa (agente di cambia-mento), con compiti espliciti comepromuovere l’efficacia clinica; svol-gere specifiche valutazioni dellaqualità dell’assistenza sanitaria; cre-are una cultura favorevole alla valu-tazione nel modo più ampio ediffuso possibile; moltiplicare mi-sure di esiti (outcomes) e determi-

nare metodi per monitorarli; svi-luppare sistemi informativi a sup-porto del monitoraggio degli esiti,della efficacia clinica, dell’auditclinico; stimolare l’adozione dellemigliori pratiche cliniche; indiriz-zare appropriate ricerche sulle pro-ve di efficacia; verificare i beneficidelle nuove tecnologie nell’eroga-zione dei servizi; organizzare laformazione dei professionisti sani-tari nell’apprezzamento critico (cri-tical appraisal) e nelle tecniche divalutazione.La Medicina clinica e la Medici-na di Sanità pubblica stanno fun-zionando come corpi separati,virtualmente indipendenti, nelvasto sistema sanitario. La loroauspicabile fusione porterebbeeffetti benefici alla categoria deimedici ma, soprattutto, alla mas-sa di cittadini, sani e malati,che potrebbero avvantaggiarsi delmiglioramento dell’assistenzaindividuale e collettiva.Non vi è branca della sanità

Note1 “Cortina di ferro” è il termineutilizzato ad occidente per indicarela linea di confine che divise l’Europain due zone separate di influenzapolitica, dalla fine della secondaguerra mondiale alla fine della guer-ra fredda. Durante questo periodo,l’Europa orientale era sotto il con-trollo politico e/o l’influenza del-l’Unione Sovietica, mentre l’Europaoccidentale ricadeva sotto l’influen-za degli USA. Una variante, la “cor-tina di bambù”, venne coniata conriferimento alla Cina comunista.2 L’esaltazione dell’autonomia e deidiritti individuali che è stata intro-dotta nel Servizio sanitario nazionale(il Piano sanitario nazionale 1998-2000 assume come idea forte il raf-forzamento dell’autonomia decisio-nale degli utenti) può essere riguar-data come una reazione agli abusi dipotere delle dittature totalitarie chehanno usato i movimenti di massaper conquistare l’egemonia e terro-

rizzare gli individui in nome dellasocietà (Chantler C. Reinventingdoctors. Will move doctors from thiswinter of discontent to a position ofleadership. BMJ 1998; 317: 1670-1)3 L’espressione non solo appare piùconsona alle Scienze mediche ma,metaforicamente, non è completa-mente opaca ma lascia intravederecosa si svolge dietro la cortinastessa, sia da una parte che dall’al-tra.4 l termini visione (vision) e missio-ne (mission) sono di origine azien-dale, con riferimento cioè ad im-prese, ma possono essere utilizzatianche con riferimento ad associa-zioni o ad organizzazioni in genere,nonché anche ai singoli individui.Con visione si indica la proiezionedi uno scenario futuro che rispec-chia gli ideali, i valori e le aspirazio-ni di chi fissa gli obiettivi e incentivaall’azione. La missione di qualsiasiorganizzazione è il suo scopo ultimoe costituisce una guida pratica al-l’azione dell’organizzazione stessa.

5 La visione deve ispirare la direzionedel cammino. É però erroneo immagi-nare un mondo utopico, un futuroalternativo e disegnare in dettagliocome muoversi dall’attuale difficilesituazione. La storia suggerisce che ilfuturo è sempre indeterminabile e lacapacità di predirlo in dettaglio cosìlimitato da non essere utile. Ciò che ènecessario è una visione di ciò che èdesiderabile e una azione che spingeverso una nuova direzione, anche se idettagli della destinazione finale pos-sono essere imprevisti.6 Muzzi A, Panà A. La Sanità pubblicae la Medicina preventiva. Ig. SanitàPubbl. 2008; 64: 678-6847 Davis RM. Marriage counseling forMedicine and Public Health. Stren-gthening the bond between these twoHealth Sectors. Am J Prev Med 2005;29: 154-57.8 Harrison S, Keen S. Public Healthpractitioners in NHS hospital trusts:the impact of ‘medical care epidemio-logist’. J Public Health Medicine 2002;24: 16-20

Pubblica che Elio Guzzanti nonabbia analizzato e indirizzatocon immensa cultura e compe-tenza associata a chiarezza e lu-cidità di pensiero senza pari.Basti pensare a quello che oggisi chiama governo clinico, al-l’organizzazione dell’assistenzaospedaliera all’enfasi posta nelproporre il ruolo fondamentaledel territorio, alla valorizzazio-ne della professione infermieri-stica etc.Quanto detto in questa breve notatroverebbe sicuramente la sua ap-provazione sia perché la sua vitaprofessionale è un chiaro esempiodi quanto affermato, sia perché siè sempre battuto nelle sue variefunzioni nell’ambito del Ssn perun avvicinamento delle due bran-che delle scienze medicheLa grande famiglia dell’IgieneItaliana è orgogliosa di annove-rarlo tra i suoi più illustri com-ponenti e formula i più sinceried affettuosi auguri

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L’impegno per la lottacontro l’Aids in Italiadi Giuseppe Ippolito*

Un modello di intervento per contrastare una patologia ad elevato impatto sociale

L’Aids, e più in genera-le l’infezione da Hiv, rappre-senta un modello di interventomesso in atto dal Paese per af-frontare in maniera tempestiva,coordinata e su basi scientificheuna patologia grave, in prece-denza sconosciuta, e con un ele-vato impatto sociale. Alla co-struzione di questo modello, edall’attuazione con successo diesso, il Professor Elio Guzzantiha lavorato per molti anni contenacia, determinazione e pas-sione portando a termine un si-stema di rete che è stato preso amodello da altri Paesi e cheancora oggi costituisce la strut-tura portante della risposta delPaese alle malattie infettive sia“classiche” che “emergenti”.Era l’anno 1987, a 5 anni dalprimo caso segnalato in Italianel 1982 e nel Paese erano statigià registrati oltre 1.000 casiquando, con un decreto del 9gennaio, il Ministro della Sani-tà del tempo, Carlo Donat Cat-tin, istituì una apposita Com-missione Nazionale per la lottacontro l’Aids (Cnla). Un attocoraggioso per formulare propo-ste ed effettuare un coordina-mento generale delle attività edi singolare lungimiranza, dalmomento che anticipava le in-

dicazioni dell’OrganizzazioneMondiale della Sanità per i pro-grammi nazionali. In questocontesto di grande novità fu af-fidata al Professor Guzzanti laredazione dell’ormai mitico“Documento 7”, dedicato alleproblematiche assistenziali del-le persone con infezione da Hiv.Con questo documento, cheanalizzava la situazione esisten-te delle strutture di malattie in-fettive del Paese e proponevasoluzioni pratiche e fattibili,nacque la strategia Italiana perfar fronte all’epidemia di Aids.Il principio, come ribadito inpiù sedi dal Professor Guzzanti,era quello che gli interventi do-vessero essere al tempo stessoglobali ed articolati, partendodal concetto che gli aspetti bio-logici, clinici, assistenziali, diricerca e di sanità pubblica postida una infezione emergente, siintrecciavano con problemi psi-cologici, sociali, morali, legali,finanziari e politici. Solo unavisione d’insieme dei diversiaspetti, che fosse basata su undisegno concettualmente moltorobusto, aperto alle esigenzedelle persone infette e/o malate,con contenuti credibili, chetenesse conto delle criticità ope-rative e di applicazione, che

apparisse autorevole ed al con-tempo rispettosa dei diversi ruo-li istituzionali, che evitasse ogniforma di discriminazione o stig-matizzazione, poteva rappresen-tare una strategia in grado didare una risposta sia alle singolepersone che alla società nel suocomplesso e nelle sue diversearticolazioni.Sono stati anni di grande impe-gno e di grande entusiasmo, incui tutti riconoscevano ad ElioGuzzanti il ruolo di leader per lasua capacità di affrontare i di-versi aspetti fornendo risposteconcrete, adoperandosi per ri-solvere i conflitti, applicandosoluzioni pratiche e praticabili,valutando sul campo le diverserealtà. Fu grazie a questo “mix”di situazioni che un gruppo dipersone, di cui mi onoro di averfatto parte, si impegnò con spi-rito di servizio in un program-ma caratterizzato dai seguenticriteri guida, tracciati da ElioGuzzanti:• la tempestività e rapidità diintervento, per fronteggiarel’emergenza, ma anche per dareal programma un respiro di me-dio e lungo periodo;• la globalità, per l’esigenza diattivare simultaneamente le ini-ziative di informazione, educa-

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zione, prevenzione, assistenza ecura, aggiornamento e forma-zione continua del personale,ricerca;• il coordinamento con il Mini-stero della Sanità, l’Istituto Su-periore di Sanità e le Regioni,oltre con altri Ministeri e con ilvolontariato;• il finanziamento, per l’esigen-za di istituire una organizzazio-ne in gran parte innovativa intempi brevi.Fu grazie a questa chiarezza dipercorso, quasi un binario, edalla garbata, ma ferrea guida delProfessor Guzzanti che fu possi-bile arrivare a gennaio 1989 al-l’approvazione del documento“Proposte per il piano nazionaledi prevenzione e di lotta control’Aids”, che vennero approvatedal Parlamento come progettoobiettivo Aids 1990-1992, e con-fluirono in tempi brevi, grazieall’impegno del Ministro Fran-co De Lorenzo, nella legge 5giugno 1990, n. 135: “Program-ma di interventi urgenti per laprevenzione e la lotta control’Aids”.Ancora una volta l'Italia arriva-va prima nella definizione diuno strumento normativo conmisure programmatorie e previ-sioni finanziarie chiare, che co-privano concretamente i diversiaspetti del problema, quali:• la prevenzione, l'informazio-ne, la ricerca, la sorveglianzaepidemiologica e il sostegnodelle attività del volontariato;• la ristrutturazione e la gradua-le realizzazione di unità di de-genza per le malattie infettive;• la costituzione ufficiale deiposti di assistenza a ciclo diur-no e dell'ospedalizzazione adomicilio;• l'istituzione o il potenziamen-to dei laboratori di virologia,microbiologia e immunologia,e dei servizi di diagnostica perimmagini ad elevata tecnologia;• la individuazione dei principi,

criteri e finanziamenti per il trat-tamento dei pazienti a domici-lio, o in residenze collettive ocase alloggio;• la integrazione degli organicidelle unità di degenza e deiservizi partecipanti al program-ma;• lo svolgimento di corsi di for-mazione e di aggiornamento pro-fessionale del personale, conobbligo di frequenza.Con l'Atto di intesa tra Stato eRegioni, del 7 novembre 1991,per la definizione di "indirizziai fini di una organica distribu-zione dei compiti tra le struttureospedaliere e i servizi territoria-li nelle attività di prevenzione eassistenza delle persone con in-fezioni da Hiv", venne normatala continuità della presa in cari-co e gestione delle persone coninfezione da Hiv/Aids, e defini-te le modalità chiare del coordi-namento operativo tra le diverseistituzioni e strutture. Nascevacosì una rete assistenziale e diprevenzione su tre livelli, costi-tuita da servizi territoriali e pre-sidi ospedalieri tra loro differen-ziati per funzioni e gerarchica-mente organizzati, con il coor-dinamento di Centri di Riferi-mento Aids. Un approccio, maiapplicato in precedenza in Ita-lia, che rappresenta un precur-sore sia dei modelli di diseasemanagement, che dei sistemi direte fondati sul criterio di spokee hub.Il modello, che ha dimostratosulla distanza di funzionare egre-giamente, era basato sulle unitàdi malattie infettive per la con-vinzione che occorreva affidare ipazienti con Aids a personaleesperto nella diagnostica, tera-pia ed assistenza delle malattieinfettive. Grazie agli interventirealizzati con la legge 135/90 ilPaese dispone oggi di una retecapillare sul territorio di repartidi malattie infettive dotati dizone filtro, di impianti per il

trattamento dell'aria, e della di-sponibilità di stanze di degenzaad un posto letto o, al massimo,a due posti letto, che sono ingrado di mettere in atto misure diisolamento per pazienti affettida patologie contagiose e che siè dimostrata in grado di gestireeventi infettivi inattesi che sisono verificati nel corso deglianni. Tale rete con il ridursi dellapressione dei ricoveri per le per-sone con Aids, grazie allo svilup-po di strategie terapeutiche effi-caci, è stata essenziale per farfronte alla patologia da micobat-terio della tubercolosi, comeanche alla presa in carico pressoi reparti di malattie infettive dipazienti con infezioni gravi oaffetti da immunodepressionenaturale o iatrogena.In pratica venne pianificato erealizzato un sistema flessibiledi unità ospedaliere dotate dellenecessarie caratteristiche am-bientali e tecnologiche per tute-lare i pazienti rispetto al rischiodelle infezioni ospedaliere, ga-rantendo elevate condizioni dicomfort, che disponessero diservizi di diagnostica per imma-gini, di laboratori di microbio-logia e virologia, nonché di uni-tà di terapia intensiva.La realizzazione nel Paese diuna rete capillare di strutture dimalattie infettive e la definizio-ne di un modello coordinatohanno permesso, grazie al pro-gramma per la lotta all'Aids, direalizzare un intervento globaleper la gestione delle malattieinfettive.Un modello vincente che rap-presenta un successo di una stra-tegia lungimirante di cui il Pro-fessor Guzzanti è stato uno deiprincipali, se non il principale,artefice.

*Direttore ScientificoIstituto Nazionale

per le Malattie InfettiveLazzaro Spallanzani

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La testimonianza di un allievo

Come Liedholm…di Fabrizio Mastrilli*

La mia avventura profes-sionale accanto al Prof. Guzzantiha avuto inizio nel 1986. Guar-dando indietro, penso siano stati25 anni ricchi di lavoro ad altissi-mo livello e di esperienze impor-tanti effettuate grazie alla grandefortuna di avere un “maestro” vero,una persona instancabile, deter-minata e capace di trasferire neglialtri l’entusiasmo che ogni giornoha sempre messo nel proprio la-voro.Calcisticamente parlando ho sem-pre paragonato il Professore Guz-zanti a Nils Liedholm, svedeseamante del nostro Paese, anchelui grande organizzatore, innova-tore nel suo campo, persona dalnotevole carisma, capace di otte-nere da tutti il massimo nei limitidelle possibilità di ciascuno, ingrado così di raggiungere grandirisultati attraverso il gioco di squa-dra, l’entusiasmo, la concretez-za, la praticità delle proprie idee.Quando ho conosciuto il profes-sore, ero un “giovane” medicopediatra che ignorava completa-mente l’esistenza di attività di-verse da quelle cliniche e tantomeno di una disciplina alla qualeavrei ben presto dedicato il restodella mia carriera. Il professore,invece, aveva già alle spalle unalunga carriera di clinico internistae quindi di Sovrintendente sanita-rio del Pio Istituto di Santo Spiritoed era già il punto di riferimentoper quanti (non molti allora), sioccupavano di organizzazione sa-

nitaria, di programmazione e diricerca sui servizi sanitari, attivi-tà, quest’ultima, la cui introdu-zione, diffusione e promozionenel nostro Paese, molto deve allasua opera ed al suo impegno.Mi fa sempre riflettere il pensieroche quando ho iniziato a lavorarecon il Professore Guzzanti egli ave-va già 65 anni, età in genere definitapensionabile e da molti attesa, senon per “appendere le scarpe alchiodo”, almeno per vivere dellarendita di una vita (se ben spesa).Questo non è invece mai stato ilsuo pensiero e questa è la suaprincipale e contagiosa forza.

Difficile non riconoscere al Pro-fessor Guzzanti un ruolo di primopiano nella sanità italiana deldopoguerra, capace, con le sueidee, di contribuire allo sviluppodi un sistema sanitario non cen-trato solo sulla clinica e sull’igie-ne, ma sull’organizzazione e laprogrammazione. La sua attivitàha mirato ad innovare l’assisten-za sanitaria ed ospedaliera inparticolare, sottolineando la ne-cessità di una stretta collabora-zione tra esperti di discipline di-verse e sullo “sforzo dell’ospeda-le di protendersi fuori delle pro-prie mura”. È stato capace di guar-

Allievi ed ex collaboratori di Guzzanti all’Assr. Da sinistra: Americo Cicchetti,Fabrizio Mastrilli, Elio Guzzanti, Raffaela Bucci, Mario Braga e Marino Nonis

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dare oltre i nostri confini, evitan-do però, come spesso avviene, ditrasferire modelli ed esperienzealtrui, senza prima averne studia-to le caratteristiche, le modalitàapplicative, le possibili conse-guenze su un sistema sanitario,sociale ed economico differente.Con questa visione, ha contribu-ito a diffondere in Italia, un me-todo di ricerca che è anche unmetodo di lavoro ed un modo, amio avviso, di pensare ed agire: laHealth services research che daglianni ’70, in altri Paesi ma soprat-tutto negli Stati Uniti, impegnastudiosi di varie discipline attor-no alla individuazione dei biso-gni della comunità in tema diassistenza sanitaria ed allo stu-dio dei relativi servizi in terminidi organizzazione, dislocazione,dotazioni, utilizzazione e capa-cità di rendere le prestazioni ne-cessarie alle popolazioni di rife-rimento.In questo modo, i tradizionaliproblemi clinici e di sanità pub-blica, trattati secondo una meto-dologia scientifica, vengono po-sti in un quadro più ampio, assu-mono connotazioni di interessesociale, finanziario ed etico inmodo tale che quanti dovrannoadottare decisioni di politica sa-nitaria, a vari livelli, potrannofondare le proprie scelte non suopinioni, ma su fatti concreti,documentati e di respiro ancheinternazionale.Secondo queste linee ha sviluppa-to il proprio operato, in qualità diDirettore sanitario, Direttorescientifico, Direttore dell’Agen-zia per i Servizi Sanitari Regionalie di Ministro della Sanità, edattraverso questo metodo, ho avu-to io stesso la possibilità, sotto lasua guida, di studiare, sperimen-tare e proporre nuovi modelli or-ganizzativi che oggi fanno partedella struttura portante del nostroSsn.Dal 1986, subito dopo il ricono-scimento di Irccs dell’Ospedale

Bambino Gesù, cui il professorediede, in qualità di Sovrintenden-te sanitario e quindi di Direttorescientifico, un apporto ed un im-pulso determinante, furono da luiproposte e quindi approvate efinanziate dal Ministero della Sa-nità, una serie di ricerche suiservizi sanitari inerenti, in parti-colare, nuovi modelli organizza-tivi e di lavoro all’interno degliospedali, alternativi al ricoverotradizionale, che lasceranno unalunga traccia di sé negli anni avenire e di cui il Professore Guz-zanti è padre indiscusso e ricono-sciuto, in particolare vorrei ricor-dare i seguenti studi:• il day hospital, con la ricerca:“Day hospital: definizione deimodelli organizzativi e gestionalie dei criteri di valutazione”, ap-provata nel 1986 e svolta tra il1988 ed il 1991, un cui “prodot-to” è stato il Dpr 20 ottobre 1992“Atto di indirizzo e coordina-mento alle Regioni per l’attiva-zione dei posti di assistenza aciclo diurno negli ospedali”• i Drgs : con il progetto: “Possi-bilità di applicazione dei Drgs incampo pediatrico” finanziato nel1987 e sviluppato tra il 1989 ed il1992• la day surgery: con la ricerca“Day surgery: identificazione diun modello funzionale organiz-zativo e gestionale”, approvatanel 1988 e svolta nel periodo1990-1992• l’ospedalizzazione a domicilio:con il progetto “Ospedalizzazio-ne a domicilio: un modello diassistenza alternativa al ricoverotradizionale”, approvato nel 1989e sviluppato nel periodo 1991-1993• il dipartimento: con le ricerche“Nuovi modelli organizzativi delleattività dei medici in Ospedale”ed “Attuazione delle Aree funzio-nali omogenee e dei Dipartimen-ti”, aprovate nel 1990 e svolte trail 1992 ed il 1994.Nel 1994, il Professore Guzzanti

lasciò la direzione scientifica del-l’Ospedale Bambino Gesù (Obg)per approdare al Ministero dellaSanità e da qui all’Assr. In unadelle sue tante interviste dichia-rò: “Ho confidato ai miei colla-boratori di avere vissuto la profes-sione medica veramente in modoglobale: da militare all’inizio, daospedaliero puro a docente. Ora,ripercorrendo a ritroso questo tem-po devo dire che era stato unerrore di presunzione: mancava ilraggiungimento della vetta dellamontagna da dove si realizza unavisione a 360 gradi. Una espe-rienza inebriante e fortemente ar-ricchente dal punto di vista uma-no”.Quella della visione a 360 gradidella sanità, legata ad una noncomune lungimiranza, è un’altradelle caratteristiche che hannoreso inconfondibile il lavoro delprofessore e che hanno caratteriz-zato gli anni del Ministero e del-l’Agenzia.Per quanti hanno avuto la fortu-na, come me, di lavorargli accan-to in quegli anni, si è trattato diun periodo indimenticabile, pie-no di grande fervore, di importan-ti iniziative, di tanto impegnoma di altrettanta soddisfazione,professionale ed umana.Erano tempi diversi, dove il Mini-stero, attraverso l’Assr, lavorava afianco delle Regioni. Così il Pro-fessore Guzzanti riassumeva gliobiettivi, gli scopi ed i traguardiraggiunti dalla sua Agenzia:“l’Agenzia per i Servizi SanitariRegionali, nasce con compiti pre-cisi in ambito sanitario, in primoluogo di sperimentazione, cioè diricerca, quindi di innovazione edinfine come modello di primoimpianto e trasferimento dei ri-sultati a livello globale nell’am-

*Direzione ScientificaUnità Operativa Pianificazione

e controllo, Ospedale PediatricoBambino Gesù di Roma

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bito di una sanità che tuteli da unlato in modo omogeneo i diversiprofili e le esigenze delle 19 re-gioni e delle due province auto-nome e dall’altro utilizzi in modopiù appropriato ed accurato lerisorse specifiche, progetto ambi-zioso anche per il difficile mo-mento economico che stiamo at-traversando…”.Innumerevoli le attività svolte inquegli anni, alcune per conto diRegioni quali la Liguria, la Sarde-gna, la Lombardia, il Friuli, ilMolise, la Campania, la Valled’Aosta, la P.a. di Bolzano, altrea più ampio respiro di cui ricorde-rò per brevità solo alcune allequali ho avuto modo direttamen-te di partecipare, quali in partico-lare:• la proposta di linee guida perl’applicazione del modello dipar-timentale nelle strutture ospeda-liere. Di questo modello, il profGuzzanti è promotore indiscussoe riconosciuto in Italia sin dal1977, allorché in una specificaCommissione del Ministero dellaSanità istituita allo scopo di pro-grammare, a livello nazionale, lestrutture nel settore cardiochirur-gico, veniva sostenuto il modellodipartimentale “quale modalitàper assicurare una soddisfacentefunzionalità di tali strutture”. Nel1982 Guzzanti riuscì ad avviare ilprimo dipartimento, in Italia, dicardiochirurgia pediatrica pressol’Obg, struttura che da subito haoperato secondo specifiche rego-le che, successivamente, verran-no approfondite da una secondaCommissione ministeriale all’in-terno della quale si sosteneva(Guzzanti, 1984) che “sebbenedifficoltà obiettive (per lo piùstrutturali, strumentali ed orga-nizzative), rendano spesso diffi-cile l’attuazione del modello di-partimentale(...), in ogni caso sidovrebbe promuovere l’unità fun-zionale del contesto dipartimen-tale se non è possibile realizzarel’unità topografica, poiché il di-

partimento non è necessariamen-te una struttura edilizia unitaria,ma un modo di pensare ed opera-re, nel quadro di una idonea rego-lamentazione che ne definiscecompiti e responsabilità dellevarie componenti”.• la proposta di regolamentazionedegli interventi chirurgici e delleprocedure interventistiche e/o te-rapeutiche da effettuare in regimedi assistenza chirurgica a ciclodiurno, che ha aperto la strada adun accordo Stato-Regioni per l’av-vio formale della day surgery inItalia• le linee guida n.1/1995 relativealle “tariffe delle prestazioni diassistenza ospedaliera”, con rife-rimento alla riorganizzazione del-la rete ospedaliera ed alle suerelazioni con i presidi e serviziextra ospedalieri• le linee guida n.1/1996 sul si-stema di emergenza/urgenza, inapplicazione del Dpr 27 marzo1992, approvate poi con Atto diintesa Stato-Regioni• la proposta di riorganizzazionee finanziamento delle attività diriabilitazione• la proposta di linee guida suicriteri di applicazione del processodi accreditamento delle strutturesanitarie e dei professionisti di cuial D.Lgs 502/92 e s.m.i.• i requisiti minimi strutturali,tecnologici ed organizzativi perle strutture di ricovero e cura pub-bliche e private che, con le lineeguida per l’accreditamento, han-no rappresentato la base di svi-luppo del processo, a livello na-zionale e regionale, negli anni avenire.Come Ministro, il Professor Guz-zanti ha dato grande impulso amolti altri temi che si affiancanoa quelli sopra ricordati quali, adesempio:• la riorganizzazione della reteospedaliera• la fissazione dei criteri di clas-sificazione degli ospedali specia-lizzati

• l’aziendalizzazione del Ssn• le linee guida per la chiusura deimanicomi• la disciplina per il buon uso delsangue, attraverso linee guida edindicazioni specifiche su: i rap-porti tra le strutture pubblicheprovviste dei servizi trasfusionalie quelle private; le attività diinformazione e promozione del-la donazione; l’istituzione e com-piti dei comitati per il buon usodel sangue presso i presidi ospe-dalieri• studi ed analisi sull’impatto esull’applicazione del nuovo si-stema di finanziamento a tariffedelle prestazioni ospedaliere.È sicuramente quello che sto piùtralasciando quanto su riportato,ma voglio ricordare e sottolinearealtri due settori:• gli studi sulla tutela degli anzia-ni, dalla ricerca “l’assistenza aglianziani e la regione Lazio” del1981 alle prime innovative pro-poste sulle Residenze sanitarieassistenziali• la lotta all’Aids, che il ProfessorGuzzanti ha coordinato negli annipiù caldi dell’epidemia, qualevicepresidente della Commissio-ne nazionale, come in altra partedella rivista verrà ricordato.Questo mio pensiero non vuoleessere l’esposizione del vastissi-mo curriculum del Professore mapiuttosto il ricordo di anni intensie ricchi di grandi soddisfazionisul piano professionale, caratte-rizzati dalla coinvolgente relazio-ne umana con il professore che hasempre avuto l’obiettivo di for-mare e veder crescere i propricollaboratori, stimolandoli alconfronto quotidiano, all’appro-fondimento culturale, allo svi-luppo del senso di responsabilitànei confronti della sanità pubbli-ca, vero obiettivo di tutta la suavita. Per questo, ancora oggi, ilProfessore, in piena attività, è ilpunto di riferimento mio, di mol-ti colleghi e di tante istituzioni.Auguri Professore!

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Il percorso di vita del Prof.Elio Guzzanti - protagonista diuna grande stagione del Ssn etestimone oggi di un cambiamen-to epocale i cui esiti non sonoscontati - attraversa un periodostorico importante della sanitàitaliana: dalla riforma ospedalie-ra del 1968 alla legge 833 del1978, dal decreto legislativo 502/1992 alla riforma Bindi del 1998,fino ad arrivare alla riforma deltitolo V della Costituzione che,con la prepotente entrata in scenadelle regioni, rappresenta un de-cisivo spartiacque nella storia delnostro Paese.La grande competenza acquisitanell’organizzazione e gestioneospedaliera, la direzione del-l’agenzia regionale per i servizisanitari nella metà degli anni ’90,l’esperienza politica di Ministrodella salute e di senatore, l’intel-ligenza critica, l’arguzia e l’ine-sauribile capacità di lavoro fannodel Prof. Elio Guzzanti uno deipiù autorevoli rappresentanti delmondo della sanità italiana.Il suo sguardo affronta e analizzala storia del nostro servizi sanitaria partire dalla riforma “Mariotti”,che alla fine degli anni ’60 delsecolo scorso avviò un grandeprocesso di adeguamento qualita-tivo e quantitativo della reteospedaliera. Sono decisamenteesaltanti per la sanità, i primianni settanta, pur all’interno diuna crisi economica internazio-nale, per diversi motivi: il proces-so di aziendalizzazione (già allo-

*Segretario NazionaleSindacato medici italiani (Smi)

ra di aziendalizzazione) degliospedali italiani, produceva inbuona parte del nostro Paese ladiffusione di una cultura sanitariasegnata da strutture ospedalierearchitettonicamente moderne efunzionalmente efficienti, all’in-terno delle quali si andava con-centrando un’adeguata strumen-tazione tecnologica e una offertadi servizi non soltanto ai cittadinibisognosi di ricovero, bensì este-sa alla collettività. Ma anche per-ché il dibattito sulla riforma sani-taria, avviato già dagli anni ’50,giungeva a maturazione e portavanel 1978 all’emanazione dellalegge 833 di riforma sanitaria.Legge che ha reso pienamenteesigibile un diritto, quello allasalute, sancito dall’art. 132 dellaCostituzione e che si iscrive nelsolco della legislazione europeapiù avanzata, all’interno delle po-litiche sociali che affondano leloro radici culturali nei principidella rivoluzione francese. Ma glianni ’70 sono anche gli anni deldecentramento amministrativo edell’istituzione delle regioni, in-cunabolo dell’attuale deriva re-gionalista. Se i principi fonda-mentali della Costituzione, chefanno della salute un diritto delsingolo cittadino e interesse del-la collettività, hanno trovato nel-la riforma sanitaria del 1978 illoro coronamento, non sempre edovunque questo diritto è statoomogeneamente esigibile. La fo-tografia dell’organizzazione sani-taria mostra impietosamente an-

cora oggi lo scarto esistente tra lediverse aree del Paese. Nonchél’annoso ritardo nell’organizza-zione della rete assistenziale ter-ritoriale e delle cure primarie acompletamento dell’offerta ospe-daliera, sempre più urgente allaluce dei profondi mutamenti de-mografici ed epidemiologici cherivoluzionano necessariamente lemodalità di approccio sanitario.Se la crisi economica degli annisettanta si leggeva all’interno diequilibri internazionali tutto som-mato stabili, quella attuale sem-bra ridefinire quegli equilibri,mentre all’orizzonte della storiadell’umanità si affacciano nuoviprotagonisti e si disegnano nuovegerarchie. In questo scenario, ilpatto di solidarietà che ha unitoper oltre 150 anni questo paese ene ha consentito, con squilibri econtraddizioni, una vigorosa cre-scita, è sempre più scricchiolan-te. La vocazione regionalista, par-don federalista, è anche figlia diquesto mutato scenario interna-zionale, che mette in dubbio cer-tezze acquisite, ridisegna la di-stribuzione della ricchezza inter-nazionale, nazionale e regionale,deposita negli animi nuovi egoi-smi, pregiudica un modello disviluppo che ha accompagnatomezzo secolo di storia, coniu-gando la produzione di ricchezzaal miglioramento dei livelli di

Servono oggi, più che mai…

Esperienza e sapienzadi Salvo Calì*

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Gli auguri di un giornalista di settore

25 anni fa…le Aziende…il Territorio…di Cesare Fassari*

Medico, docente univer-sitario, dirigente dei più grandiospedali romani, per anni mem-bro del Consiglio superiore disanità, ministro della Sanità, di-rettore dell’Agenzia dei servizisanitari, senatore della Repubbli-ca e, infine, alla vigilia dei suoi

“primi” 90 anni, la nomina aCommissario straordinario per lasanità più indebitata del Paese,quella laziale, per la quale hascritto il progetto per rimettere incarreggiata conti e servizi sanitaridella regione, poi ereditato dallaneo presidente Renata Polverini.

Il ruolo dell’AssistenzaTerritoriale

Alla luce del nuovopatto per la salutedi Elio Guzzanti

Il 3 dicembre 2009 tra lo Stato,le Regioni e le Province Auto-nome di Trento e di Bolzano èstata sancita l’intesa concernen-te il nuovo Patto per la saluteper gli anni 2010-2012.Molte, profonde e significativesono le novità contenute neldocumento, alcune delle qualichiariscono quanto si è scrittosulla rivista dell’OSA nel luglio

2009, circa il significato e il ruolodelle Cooperative sociali. Nelnuovo Patto, infatti, all’articolo 6si dispone una ulteriore riduzionedei posti letto ospedalieri a 4posti letto per mille abitanti, com-prensivi di 0,7 posti letto permille abitanti per la riabilitazio-ne e la lungodegenza post-acuzie,riduzione che è finalizzata a pro-muovere il passaggio dal ricoveroordinario al ricovero diurno e dalricovero diurno all’assistenza inregime ambulatoriale e a favorirel’assistenza residenziale e domi-ciliare.Se si considera che al 31 dicem-bre 2008 la popolazione italianacontava 60.045.068 residenti, deiquali 12.082.019 persone di 65anni e oltre (20,1% del totale), sipuò immaginare quale possa es-sere la operatività di circa 250.000posti letto ospedalieri, sempre piùgravati da persone con patologiecomplesse e critiche, in gran par-te costituite da anziani.L’ospedale per acuti, infatti, non

benessere attraverso l’esigibilitàdi diritti comuni, individuali ecollettivi.In questo contesto il Servizio sa-nitario nazionale, la conquistasociale più emblematica di unaciviltà evoluta, rischia di dissol-versi. Forse non ha senso resisterea questo dissolvimento, quantopiuttosto affrettarsi a ridisegnaregli spazi e i confini di un modelloal tramonto, perché dal crepusco-lo serale possa intravedersi quelloaurorale di una nuova storia.Qui sovviene l’esperienza. Ades-so è quanto mai necessaria lasapienza e la competenza operati-va di uomini di buon senso ebuona volontà. Ancora, caro Pro-fessore Guzzanti, è necessario ilsuo impegno.

Riportiamo in questa pagina uno degli ultimi articoli di Elio Guzzanti. Si trattadell’editoriale dell’ultimo numero della rivista dell’Osa (Operatori SanitariAssociati), Cooperativa di assistenza sanitaria che lo stesso Guzzanti ha moltoseguito e che rappresenta, oggi, uno dei paradigmi professionali più interes-santi per l’assistenza sul territorio, in ospedale e in termini di collaborazionetra professioni diverse. Editoriale emblematico del pensiero strategico del prof.Guzzanti.

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Basterebbero queste brevissimenote biografiche a far capire cheElio Guzzanti è un gran personag-gio. Se poi aggiungiamo che haanche un carattere frizzante e dotiinvidiabili di cortesia e amabili-tà, il quadro è quello di unapersona straordinaria.Ho avuto l’onore di conoscerloall’inizio della mia attività gior-nalistica, a metà anni ’80, quan-do mi concesse un’intervista inqualità di Sovraintendente sanita-rio del Bambino Gesù di Roma.Era una delle mie prime interviste“importanti”. Avevo 29 anni edero appena diventato giornalistaprofessionista. Il Professor Guz-zanti, invece, era già riferimentoassoluto per la sanità italiana.Autorevole, dinamico, con unagrande cultura scientifica, unita auna capacità innata di guardare

avanti, di anticipare il futuro. E inquesto caso il futuro della sanitàe delle sue dinamiche evolutive.A partire dalla convinzione che lasanità, anche se diversa per mis-sion e contesti, dovesse comun-que essere considerata come unagrande azienda e come tale gesti-ta e governata. A partire dai medi-ci per i quali si stava per aprire unnuovo capitolo della loro storia:quella del medico-manager.Nel gennaio 1985, quando fa-cemmo quella nostra conversa-zione (poi pubblicata sul settima-nale Isis n.3/1985), parlare diazienda, riferendosi alla salute,era roba per avanguardisti. PerGuzzanti, al contrario, le simili-tudini erano evidenti. «Esistononumerose analogie fra le aziendee le organizzazioni sanitarie –sottolineava – perché in ambedue

i casi si valutano le risorse impie-gate in rapporto alla quantità diprodotto, al suo costo e alla suaqualità». Anche se, avvertiva, «èsu quest’ultimo punto che inter-viene la vera grande differenza,perché nell’azienda sanitaria l’ele-mento dominante è, e deve esse-re, la qualità dell’assistenza pro-dotta, che precede, anche se nondeve ignorarli, i relativi costi».La qualità delle cure e dell’assi-stenza al primo posto con unagrande responsabilità del medi-co, perché «quando si ha a chefare con la vita umana e con tuttii valori, le speranze e le ansie chesi concentrano intorno ad ogniindividuo che soffre o è in perico-lo, quando si rifletterà sui risvolti

può operare nel vuoto assisten-ziale, ma necessità di attività eservizi che sul territorio operinoper prevenire i ricoveri e per con-tinuare l’assistenza delle personedimesse dall’ospedale.Consapevole di ciò, il Patto per lasalute dedica l’articolo 9 alla “Ra-zionalizzazione dell’assistenza aipazienti anziani e agli altri sog-getti non autosufficienti” stabi-lendo che:a) anche al fine di agevolare iprocessi di deospedalizzazione,nelle singole regioni e provinceautonome la dotazione di postiletto di residenzialità e delle strut-ture di semiresidenzialità e l’or-ganizzazione dell’assistenza do-miciliare per i pazienti anziani egli altri soggetti non autosuffi-cienti sono oggetto di uno speci-fico atto di programmazione inte-grata, in coerenza con le lineeprestazionali previste nel vigenteDpcm di fissazione dei Lea;b) l’ammissione alle varie formedi assistenza residenziale e domi-

ciliare è subordinata alla effettua-zione di una valutazione multidi-mensionale effettuata con gli tru-menti valutativi già concordatidalle Regioni con il Ministerocompetente.La metodologia adottata dalle sin-gole Regioni è comunicata al Co-mitato permanente per la verificadei Livelli Essenziali di Assisten-za di cui all’articolo 9 dell’IntesaStato Regioni del 23 marzo 2005,che ne verifica la corrispondenzacon gli strumenti valutativi soprarichiamati;c) con le modalità concordate insede di Cabina di regia del Nsissono definitivamente attivati i flus-si informativi relativi alle presta-zioni di assistenza domiciliare edi assistenza residenziale afferen-ti al Nsis. La valorizzazione delleprestazioni registrate in detti flus-si informativi deve coincidere coni valori riportati nel modello Larelativi all’assistenza residenzia-le e domiciliare.Ciò che si scriveva riguardo alle

*Direttore di Quotidiano Sanità

Cooperative sanitarie appena unanno orsono e che poteva apparireallora avveniristico, e per talunicriticabile, appare oggi indispen-sabile e indifferibile. Circa l’assi-stenza domiciliare integrata, in-fatti, secondo l’Annuario statisti-co del Servizio sanitario naziona-le nel 2007 ne hanno fruito474.567 persone, di cui l’81,2%anziani, pari a 358.348 unità e al3,2% del totale degli anziani cheè già un valore assai lontano dal10-12% che caratterizza i Paesisviluppati come l’Italia, ma conuna popolazione anziana menonumerosa.Leggendo ulteriormente l’Annua-rio si legge che ciascun assistitoha ricevuto 20 ore di assistenza,delle quali 15 (il 75%) da parte diinfermieri. Il tutto sta a significa-re che di fatto la vera assistenzadomiciliare integrata in Italia ap-pare del tutto carente. Non mino-re è la carenza di posti residenzia-

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anche economici che la malattiaproduce sui singoli e sulla socie-tà, allora si capirà meglio come laformazione medica sia indispen-sabile per una parte consistente diquelle forze direttive cui si chiededi condurre le cose con piglio piùmanageriale».A rileggere oggi queste parole, adistanza di 25 anni, non si puònon ritrovare l’essenza del pen-siero di Elio Guzzanti e di quan-to ha fatto, proposto e ideato perconiugare qualità, efficienza eumanità nell’assistenza sanita-ria. In ogni livello e articolazio-ne del sistema.

Un sistema che inquesti 25 anni hadato vita al proces-so di aziendalizza-zione, ha coinvol-to i medici nellagestione, ha sapu-to far proprie le co-noscenze del ma-nagement per ren-dere più funziona-li e dinamici i ser-vizi sanitari.Compreso il pas-saggio da una sani-tà ospedalocentri-ca a una sanità ca-pace di utilizzaretutto il potenzialedi una rete territo-riale capillare in

grado di sostenere più adeguata-mente i nuovi bisogni di assi-stenza, prodotti dai grandi cam-biamenti demografici ed epide-miologici.Di questo processo Elio Guzzan-ti è stato senz’altro uno dei prin-cipali artefici. Con idee, progettie scenari da lui avanzati nellediverse sedi e nei diversi ruoli viavia ricoperti, mantenendo sem-pre inalterata la capacità di farce-li concretamente immaginarenella loro potenzialità, anchemolto prima della loro effettivarealizzazione.Un’attenzione al territorio che lo

ha portato nei tempi più recentia farsi promotore di un processoformativo per la medicina terri-toriale in grado di valorizzaremedici di famiglia e specialistiterritoriali, senza dimenticarel’importanza delle professionisanitarie non mediche, e in par-ticolare gli infermieri, conside-rati quali veri professionisti del-la salute con responsabilità fortie dirette nei confronti del citta-dino.Ma Guzzanti non ha mai dimen-ticato l’ospedale e la necessità dirinnovare il suo profilo, puntan-do da subito sulla dipartimenta-lizzazione dell’assistenza che saràproprio lui, nel maggio 1996come ministro della Sanità nelGoverno Dini, a ribadire comeriferimento primario per la rior-ganizzazione della rete ospeda-liera italiana (legge 382/1996).La sanità italiana è oggi moltodiversa da quella nella quale Guz-zanti ha iniziato la sua attività dimedico. Ma è indubbio che nellegrandi architetture che si è data,prima con la riforma del 1978che ha istituito il Ssn e poi conl’aziendalizzazione di Asl e ospe-dali dei primi anni ’90, fino aigrandi progetti di sviluppo dellereti integrate ospedale-territoriodegli ultimi anni, è una sanitàche deve molto alle sue idee e alsuo impegno.

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li nei presidi socio-assistenziali,che nel 2005 secondo l’Istat ospi-tavano circa 229.000 anziani, paria circa il 2% di tale gruppo dipopolazione, rispetto al 4,5%della Germania, il 4.7% degliStati Uniti e il 5,4% dell’Inghil-terra.È arrivato quindi il momento diserrare le file e creare modelliorganizzativi integrati di assi-stenza territoriale, tra i medici -libero professionisti convenzio-

nati, i farmacisti convenzionatiche si avviano a rappresentareimportanti punti di riferimentoper l’assistenza territoriale, lemutue e le assicurazioni inte-grative, che offrono alle personela possibilità di comparteciparealle prestazioni a carattere so-ciale così come è richiesto dalleleggi in materia, e le cooperati-ve sociali e socio-sanitarie, cheformano il tessuto connettivodi un sistema integrato diretto a

garantire alle persone quel mo-dello di assistenza “ a casa ovicino a casa” che è il più gradi-to e necessario. Tutto ciò richie-de un forte impegno, organizza-tivo, di ricerca, di formazioneprofessionale e di cultura del“lavorare in squadra” ma, so-prattutto, impegna alla massi-ma trasparenza, per rendere con-to, alle persone assistite e alleistituzioni, del proprio operato,dei risultati e dei costi.

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Esattamente un anno fa a Roma, alla presenza del Ministro del WelfareMaurizio Sacconi e dell’allora Viceministro Ferruccio Fazio veniva presenta-to lo studio forse più completo sulla storia, le problematiche e leprospettive dell’Assistenza primaria in Italia.

Studiare sul “Guzzanti”Edito da Iniziative Sanitarie, il corposo volume “L’Assistenza primaria in Italia, dallecondotte mediche al lavoro di squadra”, è il frutto di circa due anni di lavoro che ElioGuzzanti ha condotto, insieme ad un gruppo di studio, avvalendosi anche del contributodi numerosi esperti e professionisti del settore

La cornice era quellapiù autorevole oltre che conso-na: l’Auditorium della nuovasede del Ministero della Salutea Roma Eur. Alla presenza delMinistro del Welfare MaurizioSacconi, dell’allora Vicemini-stro alla Salute, Ferruccio Fa-zio e di una folta e autorevoleplatea di esponenti del mondoprofessionale, istituzionale, in-dustriale e accademico, esatta-mente un anno fa veniva pre-sentato a Roma il corposo vo-lume “L’Assistenza primariain Italia, dalle condotte medi-che al lavoro di squadra” cheporta il sigillo di Elio Guzzan-ti e che, a buon diritto, pos-siamo definire come la suaopera più difficile, completae per molti versi anche strate-gica su una materia, l’organiz-zazione e le prospettive del-l’Assistenza primaria, che tan-ta importanza ha per la soste-nibilità del Servizio sanitario

nazionale e per la qualitàdell’offerta ai cittadini.Il Volume targato Guz-zanti, in quasi mille pagi-ne, racconta la storia, ana-lizza l’attualità e traguar-da il futuro dell’assisten-za sul territorio nel nostroPaese. Il terzo fondamen-tale pilastro del nostroSsn, come lo ha definitolo stesso Guzzanti, Diret-tore scientifico dell’ope-ra. “Considerato che at-tualmente non esiste unmodello di Assistenza Pri-maria quale viene propo-sto nel volume” spiegaGuzzanti nell’introduzio-ne “e che pertanto per ilfuturo i criteri di ripartoper la determinazione del fab-bisogno finanziario delle sin-gole Regioni e, al loro interno,tra le diverse attività e servizi,saranno necessariamente diver-si, e che esistono elementi fi-

nora non adeguatamente valu-tati per quanto riguarda le dif-ferenze esistenti in Italia circai cosiddetti determinanti dellasalute, il volume contiene an-che considerazioni, dati e pro-

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poste relative alle condizionidi equità da realizzare per lasoddisfazione dei bisogni rile-vati nelle diverse aree geografi-che del Paese”.Poiché la sfida massima, in talsenso, oltre alla sostenibilitàcomplessiva del sistema è pro-prio quella dell’equità e uni-versalità del sistema sanitario,fiore all’occhiello di un Paeseche spesso dimentica qualeenorme contributo al benesseresociale e quali garanzie offra aicittadini questa complessa ar-chitettura nata, sulla carta, nel1978 con la legge 833 istituti-va del servizio sanitario nazio-nale.“Il volume” scrive ancora Guz-zanti nella sua intorduzione “in-tende delineare perché e comesia oramai indifferibile dare unanuova fisionomia, concettualeed operativa, a tutti i professio-nisti che sono convenzionaticon il Servizio Sanitario Nazio-nale per svolgere la loro attività

nell’ambito dei Distretti, quin-di negli spazi geografici in cuisi articolano le Regioni e leProvince Autonome di Trento eBolzano.Per ambiti ben delimitati e de-lineati di popolazione occorro-no team multiprofessionali checollaborano con i medici per lapromozione della salute e laprevenzione delle malattie, altempo stesso risolvendo unavasta gamma di problemi disalute, siano essi tali effettiva-mente o così percepiti dallepersone assistite, le quali han-no accordato la loro fiducia alsingolo medico e con lo stessorafforzano nel corso degli anniun rapporto reciproco di cono-scenza e comprensione, il chenon solo facilita i rapporti in-terpersonali, ma si estende an-che alle dinamiche familiari,quelle attuali e quelle relativealla storia passata, mai comeoggi rilevanti nelle prospettivedella genetica e della genomi-

I Ministri della Salute, Ferruccio Fazio e del Lavoro, Maurizio Sacconi,alla presentazione del volume di Guzzanti

ca. Sia le persone assistite, siail medico e l’intero team sannoche non tutti i problemi posso-no essere risolti in questo con-testo, per questo l’AssistenzaPrimaria diventa anche un hubda cui gli assistiti sono guidatie seguiti nella complessità diun sistema che comprende l’as-sistenza specialistica, il ricove-ro ospedaliero, l’assistenza do-miciliare, ma anche i program-mi di sanità pubblica e i servizisociali.Non si tratta, quindi, di con-trapporre l’Assistenza Primariacon l’Assistenza Ospedaliera econ la Sanità Pubblica, ma didefinire meglio i percorsi dicomunicazione, collaborazionee continuità tra i tre ambiti, perfar sì che veramente la personaassistita sia al centro del siste-ma.Al tempo stesso, si è consape-voli che l’Assistenza Primaria èuna condizione necessaria manon sufficiente per garantire allacomunità la tutela della salutein condizioni di equità, perchéi cosiddetti determinanti dellasalute comprendono tanti fat-tori che spaziano dalla demo-grafia ai comportamenti indivi-duali, dall’ambiente fisico esociale alle condizioni dell’eco-nomia, tutti aspetti che soloparzialmente possono essere in-fluenzati dalla Assistenza Pri-maria.La politica, invece, può affron-tare questi problemi, in parti-colare la politica sanitaria, chedi fronte alla limitazione dellerisorse deve saperle allocare conla consapevolezza del perché,per che cosa e a chi devonoessere destinate per rispondereai bisogni delle persone da assi-stere”.

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Le prime volte su Panorama della Sanità

Ieri, come oggiL’attualità (disarmante…) del pensiero di Guzzanti

“La trasformazione deigrandi ospedali e delle Usl in azien-de, entro aprile, segnerà l’avvio diun processo di modernizzazionedell’intero Ssn. I criteri per il “nuo-vo” sono la regionalizzazione e laresponsabilizzazione ed il loro ban-co di prova sarà non solo la selezio-ne, basata sul merito, di una classedirigente più professionalizzata ecapace, ma anche l’introduzione dimetodi di finanziamento vincolatialla produttività delle strutture”. Éun breve estratto dell’editoriale

del primo numero del settimana-le. Era il 7 gennaio 1994 e Panora-ma della Sanità, che sino ad alloraera un organo interno all’IstitutoSuperiore di Studi Sanitari fondatodal prof. Giuseppe Cannarella, di-venta una rivista settimanale e silancia nel mercato dell’editoria disettore. Appena 12 settimane dopo,il 25 marzo 1994, tra le pagine diPanorama della Sanità compare perla priva volta Elio Guzzanti, inter-vistato in qualità di Direttore Scien-tifico del Bambin Gesù. Il Consi-

glio dei ministri aveva appena ap-provato il riordino degli Ircss equalche polemica l’aveva suscitataUmberto Veronesi, allora Direttoredell’Istituto tumori di Milano, se-condo cui non più di dieci istitutifanno veramente ricerca. «Secondola Cassazione», ricordava alloraGuzzanti, «gli Irccs sono istituzioniaventi come finalità primarie laricerca. In essi l’attività assistenzia-le è strumentale alla prima». Eancora: «Le istituzioni di ricovero ecura a carattere scientifico, braccio

*Presidente del Collegio Ipasvi di Roma

Gli auguri degli infermieri

La lungimiranzadi Gennaro Rocco*

La figura di un professionista dell’as-sistenza a tutto tondo è il fruttorecente di un’idea antica: garantireprotezione sociale attraverso un si-stema sanitario pubblico, completo esolidale.Dopo decenni di impegno e sacrifici,spesso ben poco valorizzati, gli infer-mieri sono oggi divenuti a pienotitolo gli artefici primari dell’assi-stenza. È stato un percorso lungo edisseminato di ostacoli, anche cultu-rali. Tuttavia negli ultimi anni laprofessione infermieristica ha se-gnato in Italia uno sviluppo davverostraordinario, trasformandosi radi-calmente a suon di conoscenze ecompetenze, fino a meritare sul cam-po il riconoscimento giuridico di pro-fessione intellettuale dotata di pienaautonomia e responsabilità.Oggi gli infermieri sono laureati,esprimono capacità professionaliesclusive in campo socio-sanitario,hanno una formazione di alto livelloe competenze sviluppate nelle uni-versità, nella ricerca, nella didattica.

Si sono dotati di un moderno Codicedeontologico che raccoglie le difficilisfide etico-professionali dei nostritempi. E da ultimo è nato a Roma ilprimo “Centro di Eccellenza per laCultura e la Ricerca Infermieristica”,un progetto che lancia la professioneall’avanguardia dello scenario sani-tario internazionale, per migliorarele performance degli operatori e deigruppi professionali in campo assi-stenziale con un sistema rigoroso dicertificazione delle competenze.La vecchia figura dell’infermiere pro-fessionale è archiviata dalla Storia,evoluta ormai in una figura speciali-stica, autonoma, con capacità mana-geriali e organizzative, di riferimen-to per l’esercizio clinico e il coordina-mento dei servizi. La nuova naturaprofessionale dell’infermiere è lega-ta anche allo sviluppo della liberaprofessione, sempre meno correlataall’ambiente ospedaliero e semprepiù integrata sul territorio, laddove icittadini vivono e chiedono di essereassistiti.A ben guardare, è la storia di uncoraggioso percorso professionale cheil Professor Elio Guzzanti ha intravi-sto già molto tempo fa, indicandonella centralità dell’assistenza e nel-

la sua continuità attraverso lo svilup-po dei servizi territoriali la chiave divolta di una sanità moderna, piùefficace e vicina alle esigenze dellapopolazione.Su questa strada, non senza affron-tare a viso aperto resistenze anacro-nistiche e spesso interessate, il Pro-fessor Guzzanti ha sempre incorag-giato e stimolato gli infermieri. Lui,insigne medico, ha spinto costante-mente per lo sviluppo e la valorizza-zione della professione infermieristi-ca quale componente assistenzialeprimaria del processo complessivo dicura, dalla sala operatoria fino al-l’assistenza domiciliare.È una sintonia totale quella che legagli infermieri italiani al ProfessorGuzzanti e al suo concetto dellasanità pubblica, un afflato ideale chelui stesso rinverdisce con il suo ulti-mo studio su L’Assistenza primaria inItalia che mette in luce, fra gli altri,l’aspetto fondamentale del lavoro disquadra fra le professioni sanitarieper rispondere ai principi di equità,universalità e sostenibilità del Servi-zio Sanitario Nazionale.

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armato del Ssn, hanno fondamen-talmente lo scopo di fare anchericerca di base, quando questa siafunzionale alla ricerca clinica ap-plicata, la quale serve a renderesempre più preciso, corretto ade-guato e di qualità il trattamento dipazienti con maggiori problemi”.“Se non si tiene a mente e a cuoreil principio degli Irccs capita quelloche Veronesi lamenta: stai sempli-cemente disciplinando queste cosecome un ospedale con una crocettain più, magari questa crocetta èstata ambita solo per eventualestatus symbol a cui si accompagnauna piccola dote finanziaria”. Sullachiarezza, nulla da eccepire…

L’Agenzia nazionaleIn quell’anno seguirono altri in-terventi di Guzzanti ma in questasede vale la pena ricordarne uno,in particolare, che è datato 7 no-vembre 1994. Si stava dunque perchiudere il primo anno di pubbli-cazione di Panorama della Sanitàcome settimanale e Guzzanti, sem-pre con un’intervista, intervieneancora, stavolta come primo Di-rettore designato della neo-nataAgenzia per i servizi sanitari na-zionali voluta da Mariapia Gara-vaglia. “Tutti si aspettano” affer-mava Guzzanti “che il Serviziosanitario nazionale risponda alleproprie esigenze di salute. Sta anoi individuare ed apprestare iservizi. Questi sono gli scopi, gliimpegni, la forza e la responsabi-lità dell’Agenzia che naturalmen-te dovrà lavorare con grande equi-librio, coordinando le attività cen-trali, di governo, del Ministerodella Sanità e delle Regioni a cui,non va dimenticato, spetta la ge-stione dei servizi. Dobbiamo in-dividuare insieme i modelli diorganizzazione che rispondanoalle varie realtà regionali. Poichéogni regione è diversa dall’altra,ci sarà la necessità di adattarequegli schemi che pur bisognavarare a livello nazionale”. E oggi,come ieri, siamo ancora a discute-

re di Lea, equità, modelli regionalie quant’altro…

Guzzanti MinistroNel 1995 sulla copertina di Pano-rama della Sanità compaiono lefotografie. E nel n.4 del 28 gennaio1995 in copertina c’è il nuovoMinistro della Sanità, Elio Guz-zanti. Il titolo: “Buon lavoro! ElioGuzzanti: un Ministro che vienedalla sanità pubblica”.“La parola d’ordine del nuovo Mi-nistro” disse Guzzanti il giornodel suo giuramento al Quirinale«sarà: “Cooperazione”…Nel n. 6 dell’11 febbraio 1995, larivista rende conto della primaConferenza Stampa di GuzzantiMinistro: “L’Azienda sanitaria, sucui si articolerà l’intera riforma,non avrà come principale e unicoobiettivo l’efficienza di risparmio,ma dovrà razionalizzare l’uso del-le risorse umane, finanziarie e stru-mentali in vista del raggiungimen-to di importantissimi traguardi sulversante dell’efficacia delle pre-stazioni”. Credendo, dunque, sindall’inizio, nell’aziendalizzazione“sana” della sanità.

Ipse dixitNell’aprile del 1995, per chiuderequeste poche righe, Panorama dellaSanità organizza il suo primo Con-vegno nazionale dal titolo: “Pubbli-co e privato in sanità, competizioneo integrazione?”. Il che la dice lungasu uno dei temi forti di quel periodo.Al convegno, con grande soddisfa-zione di tutta la redazione, partecipaanche Guzzanti, come Ministro dellaSanità. “(…) Abbiamo sempre con-siderato il fatto che deve esserci lacompetizione in antitesi all’integra-zione”, disse Guzzanti nella suointervento “ma se il mercato sanita-rio non può essere altro che unmercato regolato, la competizione èall’interno di un disegno generale diintegrazione dei servizi. (…) Certo èche se l’ospedale italiano seguiterà alavorare fermandosi ogni pomerig-gio alle 14.00, noi saremo sempre

fuori dall’occidente. L’ospedale ita-liano lavora sei settimane menodell’ospedale medio europeo e seun industriale qualsiasi facesse unacosa del genere lo caccerebbero viail giorno dopo. Allora i nodi verivengono quando si parla delle in-compatibilità, in quanto fino a que-sto momento c’è stato un condizio-namento preciso sulle strutture ospe-daliere da parte di un determinatomodo di aver concepito la professio-ne: la mentalità e l’organizzazioneper cui il privato di cui tanto si parlaè troppo spesso un privato che utiliz-zato fondamentalmente come manod’opera il Know How pubblico, aldi fuori del’orario pubblico, condi-zionandone appunto l’attività. Oc-correrà fare delle scelte e dovremoprobabilmente uscire dalla logicadella dipendenza del tipo: “Mi haisposato, adesso mi mantieni fino a65 anni” e dell’orario, quanto piut-tosto andare verso nuove forme chepermetteranno alle persone di inse-rirsi secondo criteri diversi nei mon-di del pubblico e del privato. Tuttigli operatori devono rimettere l’oro-logio e ripartire dal 1° gennaio 1995con gradualità e, probabilmente,tutti dovremo cedere qualche cosa”.

C.D.R.R.