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Tra le fine del III e la metà del II secolo a.C. la letteratura latina conobbe un notevole sviluppo, sia legato a un autonomo processo di maturazione culturale sia al contatto più intenso con il mondo greco. Fa la sua prima comparsa la storiografia e fra gli autori dobbiamo ricordare Ennio e Catone, oltre a Terenzio in ambito teatrale, i quali impressero un segno personale e duraturo rispettivamente alla poesia e alla prosa latine.

ENNIO

Ennio è il primo poeta latino a scrivere un poema in esametri: il suo poema fu tra i principali modelli stilistici del De rerum natura di Lucrezio e dell'Eneide di Virgilio. Ennio fu considerato in età augustea il vero fondatore e padre della letteratura latina.

La vita

Ennio fu originario della Magna Grecia, nacque nel 239 a.C. a Rudiae in Puglia, non lontano da Taranto. Diceva di avere tre cuori perché conosceva perfettamente tre lingue: il greco, il latino e l'osco (lingua italica molto diffusa nell'Italia meridionale). Durante la seconda guerra punica combatté in Sardegna tra le truppe ausiliarie e da qui giunse a Roma nel 204 a.C. A Roma Ennio conquistò il favore di illustri personaggi fautori del processo di ellenizzazione della cultura e della letteratura romane, a cui il dotto poeta avrebbe portato con le sue opere un notevolissimo contributo. Sappiamo che fu legato da profonda amicizia con Scipione l'Africano, l'eroe della seconda guerra punica, di cui celebrò le imprese sia nel grande poema epico-storico Annales, sia in un poemetto intitolato Scipio; ebbe inoltre tra i suoi protettori Marco Fulvio Nobiliore, importante uomo politico e promotore della cultura greca a Roma, il quale lo volle con sé nella campagna militare contro gli Etòli, culminta anella presa della città di Ambracia (189 a.C.). Ennio celebrò l'impresa negli Annales e anche in un'opera intitolata Ambracia, probabilmente una tragedia pretesta.

Gli sviluppi dell'epica: gli Annales

L'opera principale di Ennio è un poema epico in diciotto libri intitolato Annales, di cui si conservano frammenti, per la maggior parte costituiti da un solo verso per un totale di circa seicento versi. Ennio prosegue il filone, inaugurato da Nevio, del poema epico-storico d'argomento romano; il poeta sceglie un titolo Annales che indica l'ordine cronologico della narrazione e insieme l'intenzione di non raccontare soltanto un episodio della storia romana (come aveva fatto Nevio, incentrando il suo poema sulla prima guerra punica), ma tutta la storia di Roma, dalle origini all'età contemporanea.

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Il titolo rimanda infatti sia ai documenti ufficiali in cui i pontefici registravano, anno per anno, i principali avvenimenti politico-militari sia alle prime opere storiografiche, iniziate a Roma negli anni della seconda guerra punica. Poema nazionalista dunque, quello neviano, ma esteso all'intera storia romana e con un'innovazione, rispetto al predecessore, fondamentale: Ennio per primo abbandona il saturnio per adottare l'esametro, il metro dell'epos greco. La sua intenzione d'inserirsi risolutamente e senza riserve nella tradizione dell'epica greca, pur scrivendo un'opera totalmente nuova e diversa nei contenuti, risultava dal proemio del poema il cui primo verso suonava così:

O Muse, che con i piedi il grande Olimpo battete...

Ennio invoca non più le Camene latine, come aveva fatto Andronico, ma le divinità greche della poesia, le Muse. Nel seguito del proemio il poeta riprendeva i motivi del sogno e dell'investitura poetica dalle opere di due celebri autori greci, Esiodo e Callimaco. Ennio narrava infatti un sogno in cui gli era apparso Omero che dopo avergli esposto la dottrina pitagorica della metempsicosi, gli aveva rivelato che proprio in lui, Ennio, viveva, reincarnata, la sua anima: in questo modo il poeta latino presentava se stesso come un Omero redivivo, l'erede spirituale del più grande autore greco. L'orgoglioso consapevolezza del suo valore era ribadita in un nuovo proemio posto all'inizio del VII libro: in esso Ennio affermava la propria superiorità linguistica e letteraria sui poeti epici anteriori, che avevano usato il saturnio, e in particolare sul suo diretto predecessore Nevio. La narrazione della storia di Roma aveva inizio dalla caduta di Troia (il poeta collegava così, come del resto aveva già fatto Nevio, il racconto delle origini di Roma con la saga troiana) e dall'arrivo di Enea nel Lazio. Il I libro presentava la storia della figlia di Enea, madre di Romolo e Remo, il salvataggio miracoloso dei due gemelli dalle acque del fiume Tevere, il loro conflitto per la fondazione di Roma e il regno di Romolo fino alla sua morte e divinizzazione. I libri II e III raccontavano la storia degli altri re fino alla caduta della monarchia. Seguivano, nei libri successivi, le vicende dell'età repubblicana, con la progressiva espansione di Roma. Il racconto giungeva fino al 171 a.C. (due anni prima della morte del poeta). Lo stato frammentario del testo non permette di valutare la struttura compositiva del poema e le tecniche di narrazione. La lingua e lo stile appaiono come una geniale unione di tratti tipicamente latini e audaci innovazioni grecizzanti. Ennio forgia uno stile elevato e solenne ricorrendo spesso ad arcaismi intenzionali che danno ai suoi versi una patina di preziosa antichità. Il poeta punta molto anche sulle figure di suono, specialmente sull'allitterazione di cui fa un uso esagerato. La tendenza alla sperimentazione stilistica si vede anche nell'uso di parole puramente onomatopeiche.

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Ennio è originale anche per quel che riguarda la formularità: il poeta usa infatti espressioni formulari da lui stesso create simili a quelle di Omero, ma senza precisi riscontri nel modello, dando prova di vivo senso artistico. Nei frammenti desunti da episodi di guerra si nota un certo gusto del macabro e del raccapricciante. Uno dei frammenti più lunghi deriva dal primo libro, in esso Ilia, figlia di Enea e della sua sposa latina, racconta alla sorella uno sogno profetico allusivo alla seduzione di Ilia stessa da parte del dio Marte, alle persecuzioni successive e alla salvezza che il Tevere avrebbe apportato a lei e ai gemelli Romolo e Remo, nati dalla sua unione con il dio. La presenza di una giovane donna che confida le proprie pene alla sorella sarà ripresa da Virgilio nell'episodio in cui Didone apre il suo cuore alla sorella Anna. Il tono dominante del passo è patetico e ricorre il motivo del pianto. L'importanza degli Annales fino all'epoca di Virgilio dipesero non solo dalle caratteristiche dello stile e della lingua, ma anche e soprattutto dal fatto che l'opera costituiva una grandiosa ed entusiastica celebrazione della potenza e della gloria romane. L'egemonia di Roma sugli altri popoli trovava il suo fondamento nelle virtù tradizionali, impersonate dai grandi condottieri e uomini politici. Proprio l'esaltazione di nobili e valorosi (come Scipione l'Africano, suo amico e protettore) doveva caratterizzare il racconto enniano, secondo una concezione della storia spiccatamente individualistica e dunque del tutto opposta rispetto all'impostazione che, più o meno negli stessi anni, Catone dava alle sue Origines.

Le opere teatrali

Della produzione comica di Ennio si conservano solo due titoli e cinque versi in tutto. Egli eccelleva non nella commedia ma nella tragedia. Le tragedie enniane, di cui conserviamo una ventina di titoli e circa duecento frammenti, ebbero vivo successo non soltanto ai tempi del poeta, erano infatti ancora rappresentate nell'età d Cicerone. Anche Ennio come Nevio, scrisse due preteste (tragedie di ambientazione romana): Sabinae (Sabine), in cui si rievocava il ratto compiuto da Romolo e dai suoi compagni, e Ambracia, ispirata a un evento di storia contemporanea a cui si è già accennato. Tratto saliente dello stile tragico di Ennio è il massiccio uso degli artifici linguistici e retorici propri dello stile sublime, al fine di ottenere forti effetti drammatici e patetici. Oltre alle interrogative retoriche ricordiamo, tra i procedimenti stilistici che mirano all'intensificazione del pathos, ancora una volta, le figure di suono: allitterazioni, omoteleuti, paronomasie (cioè accostamenti di parole di suono simile ma di significato diverso) come auxilio exili e urbe orba. Un altro aspetto tipico della tragedia presente in Ennio è la sentenziosità: numerosi sono i frammenti che contengono massime di carattere generale.

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Le tragedie di Ennio, come poi quelle dei suoi continuatori, Pacuvio e Accio, recavano sulla scena e proponevano alla riflessione importanti problemi politici, morali e religiosi.

La produzione minore

Accanto agli Annales e alla produzione teatrale, si ricordano di Ennio numerose altre opere di cui restano tracce piuttosto esigue, ma che attestano la ricchezza e la varietà dei suoi interessi culturali. Un'opera in prosa, intitolata Evemero, era ispirata alle idee di Evemero di Messina (scrittore greco vissuto tra il IV e il III secolo a.C.), secondo cui gli dei sarebbero stati grandi uomini, benefattori dell'umanità, fatti oggetto di culti divini dopo la morte. Anche nel poemetto intitolato Epicharmus (derivato probabilmente da un testo greco attribuito a Epicarmo di Siracusa, vissuto nel V secolo a.C.) Ennio toccava il problema religioso; in un frammento si afferma che gli dei sarebbero personificazioni di elementi e di forze naturali. Ennio scrisse anche satire (Saturae). Dai pochi frammenti superstiti risulta una notevole varietà di metri e di temi: erano presenti accenni personali e autobiografici, spunti moralistici e di critica del costume, sentenze, favole, proverbi, giochi di parole, mancavano invece quelli che diventeranno i caratteri tipici del genere e cioè l'aggressività e l'attacco personale.