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Titolo

Il burnout nella scuola. Strumenti per la valutazione del rischio e la sorveglianza sanitaria

***

Autori

Francesco Chirico, Giuseppe Ferrari

***

ISBN 978-88-6763-096-7

Edizioni FerrariSinibaldi è il marchio editoriale di

SIPISS - Società Italiana di Psicoterapia Integrata per lo Sviluppo Sociale

Direttore Editoriale: Giuseppe Ferrari

© 2014 Sipiss S.n.c. Tutti i diritti riservati, è vietata qualsiasi riproduzione anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, anche ad uso interno e didattico, non autorizzata.

2014 - Edizioni FerrariSinibaldiVia Menotti, 9 - 20129 Milanowww.edizioniferrarisinibaldi.com

Prima edizione: agosto 2014Finito di stampare nel mese di agosto 2014da DigitalPrint S.r.l. - Segrate (Milano)

A mia moglie Gabriellaed ai miei figli Luca e Francesca

perché questo libro è stato scrittoanche grazie al loro Amore.

Ai miei Cari che sono in Cielo.

Francesco Chirico

Il burnout nella scuolaStrumenti per la valutazione del rischio e la sorve-glianza sanitariaFrancesco Chierico, Giuseppe Ferrari

Introduzione ..........................................................................11

CAPITOLO 1La storia del burnout: dalle origini ai giorni nostri ..........151.1 Lo stress ..........................................................................161.2 Burnout: dall’inglese all’italiano .................................181.3 Introduzione e spiegazione del fenomeno ................191.4 Il burnout e le sue definizioni .....................................261.5 Modelli interpretativi ...................................................351.6 Gli orientamenti di studio al fenomeno ....................41

CAPITOLO 2Il burnout negli ambienti di lavoro ....................................472.1 Il job burnout ................................................................472.2 Il burnout nelle attività lavorative ..............................50

CAPITOLO 3Il burnout come forma di stress lavoro correlato .............613.1 I rischi psicosociali .......................................................613.2 Stress lavoro correlato ..................................................633.3 Il burnout .......................................................................67

CAPITOLO 4Il burnout nella scuola ..........................................................73

Il burnout nella scuola

4.1 Dal burnout degli insegnanti a quello degli studenti ..73

4.2 L’insegnamento come “helping professions” ...........754.3 L’insegnamento come attività lavorativa “high touch”

764.4 Il burnout e lo stress lavoro correlato negli insegnanti:

quale rischio psicosociale? ...........................................764.5 Il burnout negli insegnanti: la letteratura scientifica...

794.6 Il burnout e il grado scolastico ....................................814.7 Il “prezzo” del burnout sull’insegnante, gli studenti e

l’organizzazione scolastica ...........................................834.8 I fattori di rischio per il burnout negli insegnanti ...854.9 Una review sulle cause di stress e di burnout negli in-

segnanti: dall’organizzazione del lavoro alle variabili socio-culturali e individuali ........................................88

CAPITOLO 5La normativa prevenzionistica nella scuola tra stress lavo-

ro-correlato e burnout .......................................... 1095.1 La normativa in materia di salute e sicurezza nella

scuola ........................................................................... 1095.2 I rischi psicosociali: dallo stress lavoro-correlato al

burnout ....................................................................... 1215.3 Lo stress lavoro-correlato ......................................... 1275.4 Il disagio psico-sociale da burnout .......................... 141

CAPITOLO 6Gli strumenti diagnostici per il burnout: i questionari . 1536.1 I Questionari per la misura individuale del burnout:

da Maslach ai giorni nostri ....................................... 1536.2 Il Maslach Burnout Inventory (MBI): criteri generali e

modalità di applicazione ........................................... 158

Indice

6.3 L’Organizational Check-Up (OC) e l’Organizational Check-Up System (OCS) per la valutazione del bur-nout a livello organizzativo ...................................... 171

6.4 I nuovi questionari per il burnout: il Burnout Clinical Subtype Questionnaire (BCSQ) ............................... 173

6.5 Quale questionario di misurazione per il burnout ne-gli insegnanti? ............................................................. 175

CAPITOLO 7School Burnout Inventory ................................................ 1837.1 Perché uno strumento per gli insegnanti ............... 1837.2 Da dove nasce lo School Burnout Inventory ......... 1857.3 Item e fattori ............................................................... 186

CAPITOLO 8La valutazione del rischio burnout .............................. 1918.1 I principi del metodo VA.RI.BO. La valutazione del

rischio burnout negli insegnanti ............................. 1918.2 La valutazione del rischio burnout VA.RI.BO. ..... 198

CAPITOLO 9Le misure di prevenzione primaria e secondaria del rischio

burnout ....................................................................... 2039.1 Misure di prevenzione primaria .............................. 2049.2 Misure di prevenzione secondaria .......................... 216

CAPITOLO 10La sorveglianza sanitaria .................................................. 22510.1 Aspetti generali sulla sorveglianza sanitaria .......... 22510.2 La sorveglianza sanitaria per lo stress lavoro-correlato

e il burnout ................................................................. 23310.3 Proposta di un protocollo sanitario specifico per il

rischio burnout .......................................................... 238

Il burnout nella scuola

10.4 Il giudizio di idoneità alla mansione del medico com-petente ......................................................................... 243

10.5 Altri giudizi di idoneità alla mansione formulati dal medico competente in casi particolare ................... 250

10.6 Proposta di un protocollo sanitario per i rischi igieni-co-sanitari dell’insegnante ........................................ 263

CAPITOLO 11Aspetti clinici e diagnostici del burnout ......................... 27311.1 Dalle helping profession al job burnout: quale model-

lo eziopatogenetico per il burnout? ......................... 27311.2 Le cause della sindrome del burnout ...................... 28011.3 La sintomatologia ...................................................... 28711.4 Aspetti diagnostici del burnout ............................... 29711.5 Proposta di una check-list per la rilevazione dei sinto-

mi di burnout: la Check-list stress and burnout symp-toms (CSBS) di F. Chirico ........................................ 308

CAPITOLO 12Aspetti medico-legali della sindrome del burnout ....... 31312.1 La malattia professionale ......................................... 31312.2 Il giudizio di idoneità medico-legale nell’insegnante .

345

CAPITOLO 13L’obbligo di informazione e formazione degli insegnanti:

aspetti giuridico-normativi ...................................... 36913.1 L’informazione e la formazione come misura di pre-

venzione nei luoghi di lavoro ................................... 36913.2 I riferimenti normativi relativi all’attività di informa-

zione e formazione .................................................... 37213.3 I principi fondamentali della formazione .............. 37513.4 Aspetti particolari definiti dall’Accordo del 21 Dicem-

Indice

bre 2011 e dalle Linee applicative del 25 Luglio 2012 .376

ALLEGATI1. Check-list Stress and Burnout Symptoms di F. Chirico

3932. School Burnout Inventory ............................................ 4003. School Burnout risk Questionnaire ............................. 405

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Introduzione

Lo stress lavoro correlato, normato per la prima volta in modo esplicito con il D. Lgs. 81/08, contrariamente a quello che una lettura superficiale del dettato normativo potrebbe far credere, non rappresenta l’unico rischio di natura psicosocia-le esistente in ambito lavorativo. L’art. 28 del D. Lgs. 81/08, infatti, nel riaffermare il principio secondo cui tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori devono essere valutati, evidenzia come tra i rischi oggetto di valutazione obbligatoria debbano essere compresi “…anche quelli collegati allo stress lavoro correlato secondo i contenuti dell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004”. La congiunzione “anche” e un’attenta lettura di tale Accordo che esplicitamente esclude dal concet-to di stress lavoro correlato sia le violenze e le molestie sul luogo di lavoro (oggetto di specifico accordo) sia lo stress post traumatico - così come ribadito dall’Accordo italiano di recepimento del 2008 - rappresentano indirettamente la conferma che oltre allo stress lavoro correlato, esistono anche altri fattori di rischio di natura psicosociale in ambito lavora-tivo1, che dovrebbero pertanto essere oggetto di valutazione 1 I rischi di natura psicosociale secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nascono dall’interazione tra il contenuto del lavoro, il modo in cui esso è organizzato, le domande tecnologiche e ambientali che esprime da un lato e le competenze, le risorse e i bisogni dei lavoratori dall’altro. Tali ri-schi hanno la peculiarità di impattare primariamente sulla sfera psicologica della persona esercitando un effetto peggiorativo sulla salute e sulla sicu-rezza attraverso il fenomeno dello stress (cfr. Psychosocial factors at work. Recognition and control, Report of the Joint ILO/WHO Committee on

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obbligatoria da parte del datore di lavoro, così come previsto dall’art. 28 del D.Lgs. 81/08.

Perché un libro proprio sul burnout?

Le Indicazioni del Coordinamento Tecnico Interregionale del 2012, forse cercando di rimediare al silenzio del legislatore, sostengono che il burnout debba essere valutato nell’ambito dello stress lavoro correlato, in quanto “forma particolarmen-te esasperata di stress lavorativo che può beneficiare degli in-terventi preventivi attuati a livello organizzativo per lo stress lavoro-correlato”. Tuttavia rimaniamo convinti che il bur-nout, pur essendo una forma di “stress lavorativo cronico”, sia un fattore di rischio psicosociale che richiede comunque una valutazione specifica. Infatti, in quarant’anni di ricerche scientifiche, esso è stato descritto da un punto di vista feno-menologico in modo del tutto peculiare, come una sindrome multidimensionale caratteristica soprattutto delle helping profession e delle professioni high touch, ben differente dallo stress lavoro correlato descritto invece come un rischio mul-tifattoriale e trasversale, riguardante qualunque ambiente di lavoro e potenzialmente causa di effetti negativi per la salute dell’individuo. La voglia di scrivere questo libro nasce dall’ur-genza di fare chiarezza in un ambito come quello del disagio psicosociale da burnout, dove sono molti gli aspetti su cui è necessario far luce e anche per fornire al consulente che si occupa di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, strumenti di lavoro specifici, in quanto quelli comunemente utilizzati per lo stress lavoro correlato sono generici e non possono,

Occupational Health, Ninth Session, Geneva, 18-24 September 1984, Oc-cupational Safety and Health Series, 1986, n. 56). Nella categoria dei rischi psicosociali possiamo comprendere non solo lo stress lavoro-correlato ma anche le violenze e le molestie sul luogo di lavoro (tra cui il mobbing nelle sue varie forme), lo stress post traumatico (per esempio gli eventi critici in ambito lavorativo) e il burnout considerando quest’ultimo come una forma di disagio psicosociale di tipo lavorativo che, seppure simile allo stress la-voro correlato, ha delle peculiarità specifiche. Esso, infatti, studiato da circa 40 anni come fenomeno, sindrome o costrutto, a partire dalle ricerche con-dotte in USA soprattutto (ma non solo) da Maslach è stato comunemente descritto come una forma di stress cronico tipica delle helping profession soprattutto del settore socio-sanitario ed educativo.

Introduzione

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a nostro avviso, essere utilizzati anche per il burnout senza alterarne profondamente il suo significato. Infatti, solo per fare un esempio, i fattori di contenuto e di contesto dell’orga-nizzazione lavorativa indicati dalla Commissione Consultiva Permanente (vedi Lettera Circolare Ministero del Lavoro del 2010) come livello minimo obbligatorio per il processo va-lutativo dello stress lavoro correlato corrispondono solo in parte alle sei aree di vita organizzativa lavorativa (“Areas of worklife”) descritte da Leiter e Maslach nel 2000, che sono alla base del famoso sistema valutativo messo a punto in USA, l’Organizational Check-Up (OC), poi tradotto anche in Italia nel 2005 da Borgogni e collaboratori per la Giunti O.S. Edito-re (Organizational Chek-Up System). Così, partendo soprattutto da quanto pubblicato in letteratu-ra in questi ultimi anni e dagli spunti offerti dal sistema di valutazione americano OC e cercando di attualizzarli secondo i criteri generali della valutazione del rischio previsti dal re-cente D. Lgs. 81/08 che nasce nell’ambito di direttive europee, e considerando anche, per quanto possibile, i criteri generali definiti dalla Commissione Consultiva Permanente per la valutazione dello stress lavoro correlato, abbiamo realizzato una metodologia di valutazione specifica per il burnout che abbiamo denominato VA.RI.BO. (VAlutazione del RIschio Burn-Out) applicabile in modo particolare a un ambiente di lavoro come quello della scuola italiana dei nostri giorni. Oggi, infatti, la categoria degli insegnanti è forse tra le più esposte al rischio di burnout, soprattutto a causa dei profondi cam-biamenti socio-culturali subiti dalla nostra società in questi ultimi anni. Infatti, come evidenziato da un’indagine OCSE del 2013 pubblicata sul sito del Ministero dell’Istruzione, gli insegnanti, anche se soddisfatti del proprio lavoro, credono che esso non sia sufficientemente valorizzato dalla società, che vi siano bassi livelli di sostegno e scarsi incentivi allo svilup-po e alla crescita professionale. Per compiere questa difficile ricerca abbiamo dovuto percorrere un lungo viaggio, spesso tortuoso, in quanto, nonostante quarant’anni di ricerca sul burnout, ancora oggi devono essere chiariti aspetti piuttosto

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oscuri e controversi che crediamo potranno essere oggetto di successivi studi e approfondimenti sia dal punto di vista nor-mativo sia dal punto di vista scientifico. Abbiamo però cerca-to di offrire al lettore un punto di vista originale rispetto alle ultime pubblicazioni italiane sul tema, fornendo strumenti di lavoro specifici per il medico competente, per il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e per ogni altra figura interessata alla salute e alla sicurezza dei lavoratori nell’ambi-to della scuola. In questo libro, infatti, presentiamo il rischio psicosociale da burnout a trecentosessanta gradi: dall’epide-miologia alla clinica, dagli aspetti diagnostici a quelli relativi ai principali adempimenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro come la sorveglianza sanitaria, la valutazione del rischio, le misure di prevenzione e protezione, l’infor-mazione e la formazione dei lavoratori, fornendo check-list e questionari specifici nonché un metodo di valutazione del rischio burnout applicabile in modo particolare alla categoria degli insegnanti, senza dimenticare infine gli aspetti medico legali quali, per esempio, quelli relativi al giudizio di idoneità, alla denuncia di malattia professionale o al risarcimento del danno biologico nel caso di un lavoratore in burnout. In que-sto viaggio ho fortemente cercato la collaborazione del Dott. Giuseppe Ferrari che ringrazio per aver messo a disposizione di questo progetto la sua ricca esperienza e la sua profonda conoscenza nella ricerca sui sistemi valutativi per lo stress la-voro correlato, che in questi anni hanno portato all’originale e innovativo WSRQpro (Edizioni FerrariSinibaldi). Probabil-mente è anche una scelta simbolica per suggellare lo spirito di collaborazione che dovrebbe guidare il medico competente e lo psicologo del lavoro nel percorso condiviso di valutazione e di gestione del rischio psicosociale in azienda, come necessa-ria garanzia di qualità per lo stesso processo valutativo.

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CAPITOLO 1La storia del burnout: dalle origini ai giorni nostri

Già da molti anni gli psicologi del lavoro hanno evidenziato che nell’uomo moderno il contesto sociale e lavorativo è quel-lo maggiormente in grado di attivare risposte di stress, sia dal punto di vista comportamentale sia da quello fisiopatologico.I lavoratori, sebbene stimolati dai mutamenti e dalle evoluzio-ni del mercato, sembrano oggi più facilmente vittime del di-sagio, dello stress, del burnout e forse meno in grado rispetto al passato di riconoscere nel lavoro una meta da raggiungere, un traguardo sicuro e stabile o una fonte di gratificazione per la propria esistenza, trovandosi così costretti a ridefinire in tempi sempre più brevi piani, obiettivi, azioni efficaci in un ambiente dai confini labili, imprevedibile e scarsamente affi-dabile. Le organizzazioni moderne hanno verosimilmente l’esigen-za di tutelare e proteggere il proprio patrimonio di risorse umane, sostenendo le persone nel fronteggiare lo stress che può ripercuotersi sulla prestazione lavorativa, ma anche sulla qualità della vita personale e nel rapporto con i colleghi e con i clienti. Diventa così fondamentale pianificare e realizzare altre stra-tegie di prevenzione del disagio e della disaffezione al lavoro e all’organizzazione, intervenendo su ciò che può essere fonte di benessere e di accrescimento del coinvolgimento.

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1.1 Lo stress

Hans Selye, definiva lo stress come “una risposta aspecifica dell’organismo per ogni richiesta effettuata su di esso dall’am-biente esterno” (Selye, 1936). Lo stress è quindi la risposta dell’organismo a qualsiasi situazione (fisica, biologica o psico-sociale) che deve affrontare. Un errore che spesso si commette è quello di utilizzare il termine stress per definire lo stimolo invece della reazione. Visto in quest’ottica, lo stress assume anche connotati positi-vi: è grazie a questa risposta da stress che l’individuo riesce ad affrontare qualsiasi cambiamento e le difficoltà che quotidia-namente si presentano. Il concetto di stress è stato in seguito articolato in tre fasi di-stinte:

• una prima fase di allarme, nella quale l’organismo reagi-sce agli stressors (fisici, biologici e psicosociali);

• un secondo momento – fase di resistenza – caratteriz-zato dal precario equilibrio delle difese allertate prece-dentemente;

• l’ultima fase, in cui, con il perdurare degli agenti stres-santi, vengono meno le difese e si verifica la tendenza a sviluppare uno stato di “esaurimento funzionale”.

Una definizione più moderna (Lazarus, 1984) ha evidenzia-to che gli stimoli esterni, soprattutto se di lieve intensità e di tipo psicosociale, vengono valutati e soppesati dall’individuo: esiste, dunque, un’elevata variabilità individuale, sia nell’ela-borazione cognitiva ed emotiva dello stressor, che nella con-seguente modalità di risposta. Ogni agente stressante che colpisce un individuo può pro-vocare due reazioni, una positiva (eustress) ed una negativa (distress), e quest’ultima in certe condizioni può sfociare in patologie psicosomatiche, anche in relazione alle capacità individuali di trovare dentro di sé le risorse necessarie ad af-frontare una situazione di emergenza. Lo stress non è altro che la risposta ad uno stato in cui l’indi-viduo sperimenta una discrepanza tra le domande che l’am-

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biente esterno gli pone e le sue possibilità di risposta. Il soggetto “stressato” avverte la necessità di impiegare risorse ed energie superiori a quelle che utilizza normalmente. Lo stress, in senso fisiologico di adattamento, è quindi inelimina-bile e soprattutto “vitale”. Ciò che va evitato, quindi, è lo stress intensivo e cronico. Una richiesta dell’ambiente troppo forte, ripetuta o prolun-gata nel tempo, può determinare una “cronicizzazione” della risposta biologica dell’organismo. Lo stress lavorativo è un particolare tipo di stress causato da stimoli che hanno origine nel contesto lavorativo; in partico-lare possono definirsi come possibili cause di stress: i trasferi-menti e le riconversioni, il sovraccarico di lavoro, il conflitto e l’ambiguità di ruolo, l’inadeguatezza delle opportunità di svi-luppo della carriera, l’assenza di feedback e il mancato ricono-scimento dei meriti. Dover affrontare una situazione difficile può infatti indurre una reazione di adattamento nel soggetto coinvolto (stress) e quest’ultima può cristallizzarsi in una vera e propria sindrome (burnout). Per questo motivo il burnout deve essere considerata una malattia correlata principalmente all’attività lavorativa e, come tale, da prevenire.Rispetto allo stress il burnout si differenzia principalmente per i seguenti aspetti:

• lo stress presenta sempre uno specifico quadro psico-fi-sico, il burnout (anche se può dare origine a manifesta-zioni psicosomatiche) si caratterizza maggiormente per le dimensioni psicologiche ed emotive che lo connotano,

• lo stress costituisce in genere una reazione momentanea di adattamento, che può in seguito rientrare facilmente nella norma, il burnout è una sindrome che presuppo-ne un processo a lungo termine: in effetti esso è spesso considerato un tipo di stress lavorativo prolungato nel tempo e cronicizzato, che difficilmente rientra sponta-neamente (Schaufeli e Enzmann, 1998);

• lo stress può essere legato a diversi aspetti della vita lavorativa, poiché fa riferimento ad un generico disa-dattamento, il burnout comprende necessariamente un

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aspetto legato alla dimensione interpersonale (la deper-sonalizzazione); il logoramento delle relazioni sembra invece essere una conseguenza dello stress, piuttosto che una sua caratteristica intrinseca (Caprara e Borgogni, 1988).

Il burnout è la sindrome “di chi si esaurisce “a tutto campo” senza una precisa sintomatologia psicosomatica, ma in ma-niera più sottile, quasi impercettibile, e soprattutto con tempi molto più lunghi” (Rossati e Magro, 1999, p. 45). Quindi, se da un lato questi costrutti hanno molti aspetti in comune (in particolare la dimensione dell’esaurimento risulta essere una componente tradizionale dello stress lavorativo), d’altra par-te il burnout sembra connotarsi ad un livello specificamente interpersonale, in particolare per quanto riguarda la compo-nente di depersonalizzazione, che è stata più volte interpreta-ta come meccanismo di difesa dalla relazione emotivamente troppo coinvolgente con l’utente.

1.2 Burnout: dall’inglese all’italiano

II termine inglese “burnout” può essere tradotto letteral-mente in “bruciato”, “fuso”, significa bruciare fino in fondo, estinguersi e indica una condizione di esaurimento emotivo derivante dallo stress dovuto alle condizioni di lavoro e a fat-tori della sfera personale e ambientale.Il termine “burnout” comparve in lingua inglese negli anni ’30 nel gergo dell’atletica sportiva, per designare quel fenomeno per cui, dopo alcuni successi, un atleta promettente si esauriva e finiva per dare delle prestazioni al di sotto delle aspettative. Successivamente, il concetto di burnout iniziò a diffondersi negli Stati Uniti, in riferimento a situazioni di calo del rendi-mento dovuto al venir meno di stimoli motivazionali.Questo termine viene utilizzato per indicare una serie di fe-nomeni di affaticamento, logoramento e improduttività lavo-rativa registrati nei lavoratori inseriti in attività professionali a carattere sociale. “Burnout” rende l’idea della spinta iniziale che si esaurisce e lascia in qualche modo vuoti gli operatori.

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1.3 Introduzione e spiegazione del fenomeno

Il burnout, nella sua revisione (Maslach e Leiter, 2000), è un fe-nomeno caratterizzato da esaurimento (stanchezza psicofisica e sensazione di essere emotivamente svuotato), disaffezione lavorativa (atteggiamento negativo e di distacco verso l’atti-vità lavorativa) e ridotta efficacia professionale (sensazione di diminuzione o perdita sia della propria competenza profes-sionale, che del proprio desiderio di successo). Il burnout non rappresenta un fenomeno unicamente legato ad un disagio individuale, ma al contrario è il segnale di un malessere dif-fuso, che si esprime attraverso uno o più individui e che può essere compreso ed affrontato solo se lo si considera come un problema che coinvolge l’intera organizzazione in cui si manifesta. Infine il burnout, sempre in riferimento agli studi più recenti (Maslach e Leiter, 2000), è stato meglio articolato concettualmente identificando, al suo estremo opposto in un ipotetico continuum, la dimensione del job engagement, ovve-ro la propensione dell’individuo a lavorare con grande ener-gia, ad essere emozionalmente coinvolto e a sentirsi efficace nel proprio lavoro. L’approfondimento del costrutto nella direzione introdotta, le ricerche ed i piani di intervento per la prevenzione del burnout e la promozione del job engagement sono di interesse e di attualità per contribuire ad affrontare le problematiche poste dalle organizzazioni moderne.

1.3.1 Il termine

Burnout è un termine utilizzato per descrivere un fenome-no che si basa sullo stesso meccanismo che regola lo stress lavorativo, cioè l’eccesso di stimolazioni esterne, che incide negativamente sull’abilità adattiva della persona. Tale fenomeno venne descritto per la prima volta all’inizio del ’900 da Kraeplin, che mise in evidenza come le scarse risorse pubbliche della psichiatria e le condizioni della vita professionale degli operatori di questo settore potessero ta-lora comportare delle conseguenze negative sull’attività e il comportamento del personale quale, per esempio, il rapido

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“esaurimento” del medico.L’uso del termine burnout, nella sua eccezione clinica, risale al 1961 quando lo scrittore Green, in uno dei suoi romanzi, pre-senta un caso di burnout in cui un architetto spiritualmente tormentato e disilluso abbandona il suo lavoro per rifugiarsi in una località esotica. I primi scritti che trattano tale argomento, siano romanzi o pubblicazioni scientifiche, descrivono fenomeni simili che includono un affaticamento, una perdita di idealismo e della passione per il lavoro. Il termine burnout presenta un forte potere evocativo di catturare la realtà dell’esperienza delle persone nei luoghi di lavoro. Rispetto alle altre ricerche in ambito lavorativo che seguivano un approccio “top-down” in quanto guidate da una teoria di riferimento, le ricerche sul burnout inizialmente utilizzarono un approccio “bottom-up” fondato sull’esperienza delle per-sone sul luogo di lavoro.Ciò che emerse da queste prime ricerche sul campo fu la con-cettualizzazione del fenomeno come una sindrome psicologi-ca in risposta ai fattori di stress interpersonali cronici presenti sul luogo di lavoro. Le tre dimensioni chiave di questa rispo-sta erano un esaurimento travolgente, sentimenti di cinismo e distacco dal lavoro, un senso di inefficacia e la mancanza di realizzazioneFreudenberger, nel 1974, fu il primo ricercatore ad offrire un contributo scientifico allo studio del fenomeno indicando come burnout un determinato quadro sintomatologico indi-viduato in operatori di servizi sanitari particolarmente esposti agli stress con un rapporto diretto e continuativo con un’u-tenza particolare e fortemente disagiata. Egli definì il burnout come “lo stato di esaurimento determinato dall’avere a che fare con altri in situazioni impegnative sotto il profilo emo-tivo, il burnout è come fallire, logorarsi, consumarsi, o essere esaurito dal porre eccessive richieste alle proprie energie, for-ze o risorse”.Le prime osservazioni del fenomeno avvennero negli Stati Uniti in persone che svolgevano diverse professioni di aiuto

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come infermieri, medici, poliziotti: essi mostravano una con-dizione di esaurimento emotivo derivante dallo stress dovuto alle condizioni di lavoro e a fattori ambientali. Il burnout si riferisce, quindi, ad un insuccesso nel processo di adattamen-to, accompagnato a malfunzionamento cronico.Il termine è stato poi ripreso dalla psichiatra americana Chri-stina Maslach nel 1975, la quale lo ha utilizzato per defini-re una sindrome i cui sintomi evidenziavano una patologia comportamentale a carico di tutte le professioni ad elevata implicazione relazionale. Così, nei decenni successivi, si sono moltiplicati gli studi che associavano il burnout alle “helping professions”, attività nelle quali la “pressione deriverebbe non soltanto dalla necessità dell’aiuto ma, il più delle volte, dall’urgenza di fornire risposte immediate e puntuali ai biso-gni dell’utenza”: gli operatori dell’aiuto, in tale visione, si cari-cherebbero di una duplice fonte di stress: sia quello personale che quello della persona aiutata e “la relazione tra l’operatore e l’utente è così diretta che le capacità personali sono impli-cate più delle abilità professionali e tecniche” quindi ineren-temente alle attività lavorative “high touch” per il “contatto continuo e diretto con persone in difficoltà”.Sarebbero però a rischio soprattutto le professioni “altruiste”, in cui non sempre l’attenzione per l’altro è riconosciuta e premiata con la gratitudine di chi si assiste, educa o cura; in cui è necessario attingere a piene mani alle risorse emotive e mettere in gioco complesse capacità relazionali. Risorse e capacità che facilmente si logorano, lasciando l’operatore, oltre che sofferente nel fisico e nello spirito, prosciugato, de-motivato, indifferente e cinico nei confronti della professione e delle persone a cui in precedenza aveva riservato dedizione ed impegno.

1.3.2 La sindrome

Secondo un approccio specificamente psicologico il burnout è definito come un processo nel quale lo stress si trasforma in un meccanismo di difesa e una strategia di risposta alla ten-sione, con conseguenti comportamenti di distacco emoziona-

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le ed evitamento. Negli ultimi anni molti ricercatori hanno attribuito alla sindrome diversi significati che possono però essere sintetizzati in un’unica definizione: la sindrome del burnout è un insieme di sintomi che testimoniano l’evenienza di una patologia del comportamento, ed è tipica di tutte le professioni ad elevato investimento relazionale. La sindrome è provocata, dunque, prevalentemente dal contatto continuo con persone portatrici di sofferenza, sia fisica che sociale. Lo stress deriva proprio dall’interazione sociale tra l’operatore ed il destinatario dell’aiuto. Il rapporto operatore-paziente è caratterizzato da investimenti emotivi molto forti, va avanti per periodi prolungati ed impegna gli operatori sul piano per-sonale e umano, oltre che su quello professionale ed influisce sulla qualità del trattamento stesso.La sindrome da burnout (o più semplicemente burnout) è quindi l’esito patologico di un processo stressogeno che colpisce quando persone che lavorano in ambiti ad elevata implicazione relazionale non rispondono in maniera adegua-ta ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere.Risulta quindi identificabile con lo stress lavorativo specifico di queste professioni, anche se vi sono studiosi, come abbia-mo visto, che affermano che il burnout si discosta dallo stress a causa della presenza tra i suoi fattori caratterizzanti della depersonalizzazione, che è definita da un atteggiamento di in-differenza, malevolenza e di cinismo verso i destinatari della propria attività lavorativa.Per Cherniss (1983) il burnout coinciderebbe con una “malat-tia da eccesso di impegno”, “una ritirata psicologica dal lavoro in risposta ad un eccessivo stress o insoddisfazione”. L’opera-tore colpito da burnout, si convincerebbe così di non poter fare nulla per eliminare l’incongruenza tra ciò che ritiene che l’utente si aspetti e ciò che è in grado di offrire, evolvendo verso un progressivo esaurimento di energie che può avere molteplici manifestazioni a livello fisico, mentale, ma anche relazionale.Concludendo si può dire che il burnout, a differenza dello

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stress che riguarda solo la sfera individuale, è un fenomeno fondamentalmente psico-sociale di portata internazionale, per il quale sono stati identificati fattori di rischio personali, relazionali e ambientali sui quali intervenire. Si tratta di una sindrome complessa, multi dimensionale che merita di essere attentamente considerata per la sua rilevanza sociale, in quan-to implica dei costi elevati per tutti i soggetti coinvolti nella gestione, erogazione e fruizione dei servizi.

1.3.3 La storia degli studi sul burnout

Nella prima fase di ricerca sull’argomento gli studi erano esplorativi e avevano lo scopo di articolare il fenomeno del burnout. Il contributo dei ricercatori degli anni ’70 era quello di descrivere le basi della sindrome, dargli un nome e mo-strare che era una risposta comune. Questi primi scritti erano basati sull’esperienza dei lavoratori dei servizi socio assisten-ziali e di quelli sanitari; tali occupazioni infatti hanno lo scopo di fornire aiuto e servizi alle persone che ne hanno bisogno e per questo i lavoratori possono essere sottoposti a stressor emotivi e interpersonali.La prospettiva clinica e psico-sociale dei primi articoli ha influenzato la natura della prima fase delle ricerche sul tema del burnout. Dal lato clinico l’attenzione era sui sintomi del burnout e sui problemi di salute mentale. Dal punto di vista sociale l’attenzione era sulla relazione tra lavoratore e utente e sul contesto situazionale delle occupazioni di servizio. La gran parte delle ricerche iniziali erano di natura descrittiva e qualitativa e utilizzavano tecniche quali le interviste, i casi studio e l’osservazione sul campo.Freudenberger fornì testimonianze dirette del processo at-traverso il quale i lavoratori sperimentarono esaurimento emotivo e una perdita di motivazione e impegno, che lui eti-chettò con un termine usato per riferirsi agli effetti d’abuso di droga: burnout. Maslach intervistò molti lavoratori di diversi servizi alla persona sul tema dello stress emozionale nel loro lavoro e scoprì che le strategie di coping hanno importanti implicazioni per l’identità professionale delle persone e il loro

Il burnout nella scuola

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comportamento sul luogo di lavoro.Quindi le ricerche sul burnout hanno le loro radici nelle oc-cupazioni di servizio e di cura della persona, in cui il cuore del lavoro è la relazione tra lavoratore e utente.Questo contesto interpersonale del lavoro vuol dire che fin dalle origini il burnout è stato studiato non tanto come una risposta soggettiva allo stress ma in termini di transizioni relazionali che un individuo ha sul posto di lavoro. Inoltre questo contesto interpersonale concentra l’attenzione sulle emozioni degli individui, sulle motivazioni e valori che sono alla base del lavoro con gli altri.Grazie a questi primi studi è stato possibile identificare alcune regolarità del fenomeno del burnout.La prestazione di servizi o di cure risultava essere una pro-fessione molto impegnativa e coinvolgente e l’esaurimento emotivo non era una condizione rara così come non lo era il sovraccarico di lavoro. La componente di depersonalizza-zione (cinismo) emergeva anche dalle interviste quando le persone descrivevano il modo in cui cercavano di far fronte agli stressor ambientali provenienti dal loro ambiente. La moderazione della compassione per i clienti attraverso una distanza emozionale da essi era percepita come un modo per proteggersi dall’intensa attivazione emotiva che poteva interferire con il funzionamento efficace sul posto di lavoro. Tuttavia un mancato equilibrio tra l’eccessivo distaccamento e la poca attenzione sembrava portare lo staff a rispondere ai clienti in modo negativo, disumanizzante e insensibile.Alle interviste si aggiungevano anche le osservazioni sul cam-po. Con cui era possibile vedere alcuni dei fattori del lavoro descritti in precedenza nelle interviste come per esempio il grande numero dei clienti, la prevalenza di feedback negativi dagli utenti e la scarsità di risorse.Si potevano osservare anche altri aspetti, non riportati in precedenza, relativi alle interazioni tra il lavoratore e l’utenza, come per esempio i comportamenti non verbali di “allonta-namento”.Questi primi lavori avevano come focus centrale le relazioni:

La storia del burnout: dalle origini ai giorni nostri

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solitamente tra lavoratore e utente ma anche tra colleghi o i membri della famiglia. Questi rapporti risultavano essere la fonte sia delle tensioni emozionali sia delle ricompense e talvolta funzionavano come una risorsa per far fronte allo stress. La centralità di queste interazioni per le esperienze che venivano descritte rende-vano chiaro che l’analisi contestuale di tutto il fenomeno era il modo migliore per comprendere a fondo in fenomeno del burnout.Negli anni ’80 le ricerche sul burnout passarono alla ricerca empirica sistematica. Questi studi erano di natura quantita-tiva e utilizzavano questionari e metodologie di indagine e di analisi con campioni molto ampi di popolazione. Lo scopo di queste ricerche era quello di valutare il burnout e furono sviluppati diversi strumenti di misura. Il burnout veniva visto come una forma di stress legato al lavoro, con collegamenti ai concetti di soddisfazione lavorativa, al commitment per l’organizzazione e al turnover. La scala che risultava avere le migliori proprietà psicometriche e che continua ad essere uti-lizzata dai ricercatori è il Maslach Burnout Inventory. Negli anni ’90 continuò l’approccio empirico ma con nuove direzioni: il concetto di burnout fu esteso ai lavori diversi da quelli dei servizi assistenziali e sociali; le ricerche furono am-pliate grazie a metodologie sofisticate e a strumenti statistici; in quel periodo alcuni studi longitudinali iniziarono a valu-tare i collegamenti tra l’ambiente di lavoro e i sentimenti e i pensieri delle persone.La relazione complessa tra i fattori organizzativi e le tre com-ponenti del burnout portarono a utilizzare nella maggior parte delle ricerche il modello strutturale. Questo approccio permetteva ai ricercatori di esaminare in modo simultaneo il contributo delle varie influenze potenziali e delle conse-guenze, separando quelli che risultavano essere i fattori unici nella nascita del burnout da quelli che venivano a identificarsi come ridondanti.