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Faculteit Letteren en Wijsbegeerte Thomas Belligh La frase presentativa in italiano: aspetti funzionali e cognitivi dell'alternanza tra il c'è presentativo e la struttura con inversione verbo-soggetto. Masterproef voorgelegd tot het behalen van de graad van Master in de Taal-en Letterkunde: Twee Talen Afstudeerrichting Engels-Italiaans 2015 Promotor: professor doctor Claudia Crocco Co-promotor: professor doctor Renata Enghels

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Faculteit Letteren en Wijsbegeerte

Thomas Belligh

La frase presentativa in italiano: aspetti funzionali e

cognitivi dell'alternanza tra il c'è presentativo e la

struttura con inversione verbo-soggetto.

Masterproef voorgelegd tot het behalen van de graad van

Master in de Taal-en Letterkunde: Twee Talen

Afstudeerrichting Engels-Italiaans

2015

Promotor: professor doctor Claudia Crocco

Co-promotor: professor doctor Renata Enghels

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III

Ringraziamenti

Mi sembra che ogni ringraziamento di tesi cominci col ringraziare del relatore di tesi e

pertanto è diventato quasi un obbligo formale. Però vorrei prendere il tempo qui a dire che

sono proprio sinceramente grato alla mia relatrice di tesi, la professoressa Claudia Crocco, per

tutto il suo sostegno durante il progetto completo di stesura della mia tesi. Non mi posso

imaginare che ci sono dei relatori di tesi che sono più disponibili per consiglio e aiuto, sia via

comunicazione mail che in ufficio. Nonostante le numerose errori di distrazione da parte mia,

mi ha sempre sostenuto con tutta la sua gentilezza. Non so quante volte che ho bussato sulla

porta del suo ufficio per chiedere qualche consiglio e ogni volta ne sono uscito arrichito da

una conversazione ispirante. Perfino durante il suo periodo di vacanza era disponibile a

aiutarmi con questo progetto. Vorrei inoltre menzionare che sono stati tra l’altro i suoi tre

corsi di linguistica italiana che mi hanno fatto innamorare con il campo di linguistica in

generale e più specificamente con lo studio della sintassi italiana.

Anche alla mia corelatrice di tesi, la professoressa Renata Enghels, sono molto grato. Sono

state le sue lezioni affascinanti di linguistica contrastiva romanza che mi hanno portato a

interessarmi per le costruzioni presentative e esistenziali. Attraverso le sue lezioni sono anche

stati ampliati gli orrizonti della mia tesi: la scelta di considerare anche due altre lingue

romanze in questa tesi è dovuta a gran parte alle sue ottime lezioni. Durante tutto il processo

della stesura della tesi la professoressa Enghels era disponibile a coreggere testi, dare

commenti e consigliarmi letteratura rilevante, insomma è stata una corelatrice di tesi

stupenda.

Poi vorrei ringraziare alcuni altri professori per le loro lezioni indimenticabili che mi sono

stati risulti molti utili anche nello scrivere di questa tesi. Si tratta delle lezioni di Liliane

Haegeman per quanto riguarda la grammatica generativa e dei corsi di linguistica generale di

Klaas Willems, che erano una fonte d’ispirazione quasi inesauribile. Per quanto riguarda il

capitolo della mia tesi a proposito della struttura informativa devo ringraziare Linda Badan

per i suoi consigli e per il suo corso a proposito di questo tema al quale sono anche molto

riconoscente. Infine, benché si tratti di lezioni di letteratura, devo anche molto alle lezioni di

Mara Santi, che mi hanno aiutato a osare a pensare in modo creativo e autonomo.

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IV

Per quanto riguarda la revisione linguistica della mia tesi vorrei esprimere la mia gratitudine

soprattutto a Costanza Asnaghi e Claudia Crocco che hanno fatto una revisione linguistica di

diversi capitoli. Ringrazio anche i miei amici italiani Alice Ricciardi, Elisa Cionchi e Giulio

Montini per fare un’ulteriore revisione di diversi capitoli della mia tesi.

Inoltre vorrei anche ringraziare i miei genitori per tuto il loro sostengo che mi hanno dato, sia

per quanto riguarda i miei studi che in ogni altro dominio della vita.

Vorrei ancora ringraziare i miei amici per tutti i momenti indimenticabili durante il nostro

periodo di studio a Gent. Ringrazio in particolare i miei cari amici Jasper Vangaever e Marc

Antony Hullebus per tutti i dibattiti vivaci a proposito di temi linguistici e altri temi filosofici

che hanno arrichito il mio modo di pensare più che posso descrivere.

Infine vorrei ringraziare la mia fidanzata per essere la persona che è e per sostenermi in ogni

campo della vita.

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Indice Ringraziamenti III Indice V 1. Introduzione 1 2. La struttura informativa 5

2.1. Introduzione e definizione 5 2.2. Approcci teorici 7

2.2.1. Grammatica generativa: la cartografia sintattica 7 2.2.2. Grammatica funzionalista 9 2.2.3. Quadro teorico di questa tesi 10

2.3. Concetti di base 10 2.3.1. Common ground 11 2.3.2. Topic 11 2.3.3. Comment 13 2.3.4. Informazione data e nuova 13 2.3.5. Informazione al livello del referente: la novità dei referenti 14 2.3.6. Informazione al livello della proposizione: asserzione e presupposizione 15 2.3.7. Focus 15 2.3.8. La frase tetica 18

3. Le frasi esistenziali e presentative 22 3.1. Introduzione e definizione 22

3.1.1. Frasi presentative 22 3.1.2. Frasi esistenziali 26 3.1.3. Relazione tra i due gruppi di frasi 31

3.2. Le frasi presentative e esistenziali nelle lingue romanze 33 3.3. Le frasi presentative in francese 35 3.4. Le frasi presentative in spagnolo 37 3.5. Le frasi presentative in italiano 39

4. Il c’è presentativo 41 4.1. Introduzione 41 4.2. Tassonomia delle frasi esistenziali italiane 42 4.3. La struttura informativa del c’è presentativo 49 4.4. Conclusione 52

5. La struttura con inversione verbo-soggetto 54 5.1. Definizione 54 5.2. La struttura informativa della frase con inversione 57 5.3. L’ordine V(O)S legato alla transitività del verbo? 60

5.3.1. L’inversione legata alla transitività? 60 5.3.2. Il tipo di focus legato alla transitività? 65 5.3.3. Conclusione provvisoria 66

5.4. La semantica e l’ordine V(O)S 66 5.5. Limitazione a l’inversione: la quantità dell’informazione 67 5.6. Conclusione 70

6. L’alternanza tra il c’è presentativo e la frase con inversione verbo-soggetto 71

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6.0. Introduzione 71 6.1. La transitività 71 6.2. La quantità dell’informazione 75 6.3. Differenze di struttura informativa tra il c’è presentativo e la struttura con inversione verbo-soggetto 78

7. L’alternanza tra le due costruzioni presentative italiane più diffuse: il c’è presentativo versus la struttura con inversione verbo–soggetto: ricerca empirica 80

7.1. Domanda di ricerca 80 7.2. Metodologia 81 7.3. Risultati 82 7.4. Interpretazione dei risultati: ipotesi I: la quantità dell’informazione 82

7.4.1. Introduzione 82 7.4.2. I verbi transitivi e la quantità dell’informazione 83 7.4.3. I verbi inaccusativi e la quantità dell’informazione 86 7.4.4. I verbi inergativi e la quantità dell’informazione 89 7.4.5. Conclusione 90

7.5. Interpretazione dei risultati: ipotesi II: il grado di transitività del verbo 92 7.5.1. I verbi transitivi 92 7.5.2. I verbi inaccusativi 92 7.5.3. I Verbi inergativi 92 7.5.4. Conclusione 93

7.6. Interpretazione: ipotesi I a confronto con ipotesi II 94 7.6.1. Argomenti a favore e argomenti contro le due ipotesi 94 7.6.2. Il peso cognitivo dei diversi costituenti frasali 96

7.7. Conclusione 100 8. Conclusioni 101 9. Bibliografia 105 Appendice A 112 Appendice B 126

( 34.149 parole)

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1. Introduzione

In contrasto con una teoria intuitiva della comunicazione si ritiene nella linguistica che le

proposizioni attraverso le quali comunichiamo normalmente non sono composte da

esclusivamente informazione nuova. In una proposizione del linguaggio comune si crea infatti

un legame tra quello che è già conosciuto e atteso e la parte nuova del messaggio che il

parlante vuole trasmettere (Lambrecht 1994, Krifka 2007, Féry e Krifka 2008). Tuttavia

esistono alcune costruzioni, ossia le cosiddette frasi presentative, che formano un’eccezione

interessante rispetto a questo principio generale (Lambrecht 1994, Beretta 1995, Venier 2002,

Sasse 2006). Queste frasi hanno come tratto comune quello di presentare un’entità o un

evento nuovo nel discorso e pertanto vengono generalmente considerate come frasi

completamente rematiche e come frasi con sentence focus (Lambrecht 1994, Berretta 1995,

Venier 2002, Sasse 2006, Cruschina 2012).

In ogni lingua esistono alcune strutture sintattiche e/o prosodiche che possono assumere

questa funzione presentativa (Sasse 2006). Anche l’italiano ha a sua disposizione un certo

numero di costruzioni presentative (Berretta 1995, Venier 2002, De Cesare 2007). Questa tesi

si propone di esaminare l’alternanza tra le due costruzioni presentative italiane più diffuse,

ossia il cosiddetto c’è presentativo e la costruzione con inversione verbo–soggetto (Berretta

1995, Venier 2002, De Cesare 2007, Meulleman 2010). Per spiegare l’alternanza tra queste

due strutture, in letteratura sono stati proposti alcuni parametri. In primo luogo è stato

ipotizzato che l’alternanza tra le due strutture sia da ricondurre al grado di transitività del

verbo coinvolto. Secondo questa ipotesi, i verbi transitivi e inergativi preferiscono il c’è

presentativo, mentre i verbi inaccusativi selezionerebbero di preferenza la struttura con

inversione. Come ipotesi alternativa, ricordiamo in secondo luogo, quella della quantità

dell’informazione. Secondo tale ipotesi sarebbe cognitivamente svantaggioso accumulare

troppo informazione nuova in un solo blocco sintattico poiché questo impedirebbe

un’interpretazione agevole del messaggio da parte dell’ascoltatore (Du Bois 1987, Lambrecht

1994). Di conseguenza le costruzioni presentative con una grande quantità di referenti nuovi,

spesso nella forma di costituenti aggiuntivi, sarebbero di preferenza realizzate con il c’è

presentativo, dato che la struttura scissa di questa costruzione permette di spezzare

l’informazione nuova in due blocchi (Lambrecht 1994, Berretta 1995, De Cesare 2007). Le

costruzioni presentative senza costituenti aggiuntivi invece preferirebbero la struttura con

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inversione verbo–soggetto, poiché in questi casi la scissione dell’informazione non

risulterebbe necessaria.

La tesi presenta i risultati di una ricerca volta a testare queste due ipotesi attraverso un

questionario del tipo 100-split task. Alla luce dei risultati ottenuti della ricerca empirica svolta

in questa tesi verrà argomentato che l’ipotesi della quantità dell’informazione abbia un

maggior potere esplicativo e che, pertanto, possa considerarsi superiore all’ipotesi della

transitività verbale. In aggiunta, verrà argomentato in favore della necessità di distinguere

diversi gradi di pesantezza cognitiva per i diversi costituenti frasali, poiché non ogni

costituente sembra di richiedere la stessa quantità d’attenzione e sforzo cognitivo da parte

dell’ascoltatore per la sua interpretazione. La scala di pesantezza cognitiva presentato in

questa tesi verrà infine collegata ad altre scale e gerarchie cognitive proposte in precedenza

per spiegare altri fenomeni linguistici.

La tesi comincia (capitolo 2) presentando la cornice teorica per la ricerca, fornendo una

definizione della nozione di struttura informativa e presentando i framework teorici più

importanti attualmente usati per trattare di questa struttura. Poiché esiste una grande varietà di

approcci e terminologie nel campo di studio riguardante la struttura informativa, verrà prestata

maggior attenzione alla definizione di quei termini e concetti-chiave che verranno

effettivamente usati anche nella tesi.

Il capitolo seguente (capitolo 3) discute le nozioni di frase presentativa e frase esistenziale

provando a fornire una definizione di tali nozioni, in merito alle quali esiste in letteratura una

grande confusione terminologica e concettuale. La definizione delle due nozioni e la rassegna

delle caratteristiche fondamentali di questi tipi di frasi è svolta in termini generali, in modo da

inserire le caratteristiche delle costruzioni presentative italiane in un quadro più ampio. Dopo

questa breve introduzione alle caratteristiche delle frasi presentative in generale, si descrive la

situazione delle frasi presentative in tre lingue romanze, ossia il francese, lo spagnolo e

l’italiano. In tal modo ci si propone di evidenziare le specificità della situazione italiana, che

rappresenta l’oggetto di studio principale di questa tesi. Discutendo della situazione italiana,

si farà quindi un elenco delle strutture ritenute presentative per l’italiano. Successivamente si

tratta più specificamente dell’alternanza tra le due costruzioni più diffuse di questo gruppo,

ossia la costruzione del c’è presentativo e la frase con inversione verbo-soggetto.

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Nel quarto capitolo si discute la costruzione del c’è presentativo. Dopo una rassegna dello

stato dell’arte delle definizioni finora usate si arriva alla formulazione dei criteri più

importanti per distinguere la costruzione delle altre frasi esistenziali italiane. Poi viene

presentato lo stato dell’arte per quanto riguarda la ricerca a proposito della struttura

informativa del c’è presentativo per verificare la natura presentativa della costruzione.

Il quinto capitolo è dedicato alla struttura con inversione verbo-soggetto. Anche qui si

comincia fornendo una definizione della costruzione. In seguito viene quindi descritta la

struttura informativa della costruzione con inversione nonché le sue limitazioni d’uso. Sembra

infatti che l’uso della costruzione come frase presentativa presenti limitazione di tipo

sintattico, semantico e informativo.

Il sesto capitolo presenta un confronto tra la costruzione del c’è presentativo e quella della

frase con inversione verbo–soggetto basato sulla letteratura attualmente disponibile. Verranno

presentati i parametri che guidano la scelta tra le due costruzioni che sono stati proposti nella

letteratura linguistica esistente. Più nello specifico, si presenteranno le ipotesi avanzate in

letteratura per rendere conto dell’alternanza tra costruzioni presentative con c’è e con

inversione verbo-soggetto: quella secondo la quale la scelta tra le due costruzioni

dipenderebbe dalla transitività della costruzione, intesa nel senso di Hopper e Thompson

(1980) o dalla transitività verbale nel senso tradizionale (Venier 2002), quella che motiva

l’alternanza ipotizzando una struttura informativa lievemente diversa per le due costruzioni e

quella che assume come parametro fondamentale la quantità di informazione condivisa dai

parlanti (Berretta 1995, De Cesare 2007).

Nel capitolo 7 verrà presentata la ricerca empirica svolta in questa tesi per analizzare

l’alternanza tra le due costruzioni. La ricerca si basa su un questionario che è stato presentato

a 68 parlanti nativi di italiano, nel quale i participanti hanno dovuto scegliere la struttura

presentativa adeguata in un contesto specifico eseguendo un 100 split task. I dati ricavati dal

questionario sono stati quindi interpretati alla luce di due ipotesi diverse, ossia quella della

transitività verbale e quella della quantità dell’informazione. Sulla base dei risultati

dell’analisi verrà argomentato che la ipotesi della quantità dell’informazione sia l’ipotesi con

il maggior potere esplicativo e che l’ipotesi della transitività verbale presenta invece minori

punti di forza e può essere pertanto abbandonata. Il capitolo si conclude con la proposta di una

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scala di pesantezza cognitiva basata sull’ipotesi che l’interpretazione di argomenti e aggiunti

richieda uno sforzo cognitivo di grado diverso.

Nel capitolo 8 sono presentate le conclusioni generali del lavoro e alcuni indirizzi per

l’avanzamento della ricerca suggeriti dai risultati dell’analisi presentata in queste pagine.

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2. La struttura informativa

2.1. Introduzione e definizione

Come è stato detto nell’introduzione, in questa tesi si vuole trattare di alcuni aspetti della

struttura informativa del gruppo delle frasi presentative. Per poter arrivare alla discussione

specifica delle frasi presentative, occorre innanzitutto presentare il concetto generale della

struttura informativa e stabilire il framework teorico che verrà usato per discutere questa

struttura. In questo secondo capitolo ci si propone di fornire una definizione della nozione

struttura informativa, di presentare il framework teorico che verrà usato per analizzare la

struttura informativa e di definire i concetti chiave usati nel campo di ricerca relativo.

Si comincia col presentare, in modo esemplificativo, due definizioni possibili del termine

struttura informativa (information structure in inglese):

Following Chafe we understand it to refer to the packaging of information that meets the

immediate communicative needs of the interlocutors, i.e. the techniques that optimize the form

of the message with the goal that it be well understood by the addressee in the current

attentional state (Féry e Krifka, 2008: 123).

INFORMATION STRUCTURE: That component of sentence grammar in which propositions

as conceptual representations of states of affairs are paired with lexicogrammatical structures

in accordance with the mental states of interlocutors who use and interpret these structures as

units of information in given discourse contexts (Lambrecht, 1994: 5).

Da queste definizioni si può inferire che la struttura informativa può essere descritta come una

struttura della grammatica (component of sentence grammar) che collega due livelli diversi. Il

primo livello è quello di sintassi, morfologia, lessico e prosodia (form of the message/

lexicogrammatical structures); il secondo quello dello stato cognitivo del parlante e

soprattutto dell’ascoltatore a proposito dell’informazione condivisa in un discorso (current

attentional state/ mental states of interlocutors).

Lo studio della struttura informativa è dunque un campo della linguistica che cerca di

indagare le diverse strutture sintattiche, prosodiche e morfologiche che esistono e di spiegarne

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la presenza. Esso prova a spiegare la presenza di queste strutture non attraverso meccanismi

formali o ricorrendo alla struttura semantica che si troverebbe alla base delle costruzioni, ma

stabilendo un legame tra la presenza di queste costruzioni e le esigenze comunicative dei

parlanti (communicative needs of the interlocutors). Queste esigenze comunicative hanno a

che fare con lo stato cognitivo dei partecipanti in una conversazione specifica per quanto

riguarda l’informazione condivisa nel discorso. Come parlante si deve adeguare il messaggio

a quello che l’ascoltatore sa o non sa; si deve dunque adattare il modo di trasferimento del

messaggio alla situazione. Accanto alla morfosintassi, alla fonologia e alla semantica, la

struttura informativa viene dunque spesso considerata come un ulteriore livello

nell’architettura completa della grammatica.

Poiché si tratta dello studio del modo in cui il contenuto generale viene presentato nel

discorso, gli studi sulla struttura informativa normalmente non si focalizzano sul contenuto di

un messaggio, ma sulla forma nella quale questo contenuto viene impacchettato (information

packaging)1.2 Per questo motivo l’oggetto d’analisi forma spesso le cosiddette allofrasi, ossia

frasi che trasferiscono lo stesso contenuto semantico, ma che sono formalmente e

pragmaticamente molto diverse e che si usano in contesti comunicativi diversi (Lambrecht

1994). Si considerino per esempio le frasi:

(1) C’è Marco che arriva.

(2) È Marco che arriva.

Ambedue le frasi contengono lo stesso contenuto semantico: una persona chiamata Marco

arriva in un determinato posto. Ricorrendo alla semantica non si può spiegare la forma diversa

di queste frasi. Una spiegazione sintattica invece offre soltanto una descrizione che tratterà la

differenza per esempio in termini di rapporti tra verbo e costituenti e/o di movimenti dei

costituenti, senza però fornire una motivazione funzionale più profonda riguardo al perché tali

enunciati occorrano in questa forma.

Guardando alla struttura informativa ci si può invece rendere conto della presenza di queste

due strutture diverse: per quanto riguarda l’aspetto dell’informazione condivisa e

1 Per una riflessione su questo processo, si vede Vallduvi (1993). 2 Ci sono, come sempre, alcune eccezioni. Come esempio si possono notare alcuni usi di focus che possono, oltre a cambiare la forma, cambiare anche il contenuto semantico di una frase (Krifka 2007).

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dell’adeguatezza alla situazione comunicativa infatti ci sono differenze significative tra le due

frasi. La prima frase è completamente composta da asserzione, in altre parole non si deve

ricorrere ad informazione presupposta per capire questa frase, ossia si tratta di un enunciato

che può venire pronunciato in un contesto dove non si è ancora parlato di Marco né del suo

arrivo. La frase introduce Marco e l’atto di arrivare nel discorso, pertanto può essere

considerata presentativa (cf. infra: 3.1). Nella seconda frase invece soltanto il sintagma

nominale (SN) Marco può essere interpretato come informativamente nuovo: l’informazione

espressa dal resto della frase in cui si afferma che qualcuno arriva, deve essere già

presupposta nella conversazione. Questa frase quindi può essere utilizzata per indicare che è

Marco ad arrivare e, per esempio, non Matteo. Lo studio della struttura informativa prova così

ad indagare come i parlanti trasferiscono informazione, tenendo conto dello stato della mente

dell’altro parlante, e come questa informazione condivisa viene impacchettata nel sistema

grammaticale della lingua.

Vista l’importanza della struttura informativa per la linguistica, essa è stata studiata in modo

abbastanza esteso e da diverse teorie linguistiche. Queste portano in campo approcci diversi,

non soltanto per quanto riguarda le definizioni dei concetti usati (cf. infra: 2.3), ma anche per

quanto riguarda la natura e la posizione della struttura informativa nell’architettura della

grammatica completa. Qui sotto verranno brevemente discusse le due teorie principali della

linguistica moderna, che si sono occupate della struttura informativa, ossia da una parte la

grammatica generativa, in particolare l’approccio detto cartografico, e dall’altra parte quella

funzionalista.

2.2. Approcci teorici

2.2.1. Grammatica generativa: la cartografia sintattica

La grammatica generativa (GG) può essere storicamente situata come quella linguistica che è

nata come reazione allo strutturalismo Bloomfieldiano e alla cornice teorica della psicologia

comportamentale ad esso connessa. La GG afferma che lo scopo principale della linguistica è

di scoprire che cosa è grammaticale e non grammaticale in una lingua data e di esaminare la

competenza cognitiva dei parlanti di questa lingua che fa sì che essi siano in grado di

giudicare tale grammaticalità, nonché di produrre nuove frasi grammaticali (creatività

linguistica). La GG si interessa dunque in primo piano della competenza linguistica di ogni

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parlante e del sistema cognitivo che genera tale competenza. La GG concentra la propria

analisi soprattutto sulle strutture sintattiche e sul sistema cognitivo che genera la sintassi

(Graffi 2010).

Per quanto riguarda la struttura informativa, la GG si è disinteressata per un lungo tempo a

questo campo di studio. È prevalsa piuttosto l’analisi rigorosa della sintassi formale e

l’interesse per la sua relazione con la competenza del parlante. La semantica e la pragmatica

sono state considerate soltanto come interpretazioni della sintassi, che veniva vista come un

sistema formale e autonomo, prodotto da un modulo linguistico a sé stante. Le allofrasi, per

esempio, venivano studiate per via della loro generazione sintattica diversa, ma non per via

delle loro funzioni pragmatiche diverse (Lambrecht 1994). Negli sviluppi successivi della

teoria, tuttavia, questo approccio interamente incentrato sugli aspetti formali della sintassi è

andato incontro a numerose revisioni, per cui attualmente il paradigma generativo si interessa

molto di più anche di semantica e soprattutto della struttura informativa. Quest’apporto è stato

realizzato soprattutto dal cosiddetto approccio cartografico (Rizzi 1997), che può essere

considerato uno degli sviluppi più recenti del paradigma generativo.

La cartografia ha contribuito fortemente allo studio della struttura informativa, tra l’altro

integrando due concetti chiave della struttura informativa, ossia topic e focus (cf. infra, 2.3.2 e

2.3.7), nell’analisi sintattica. Dentro il quadro teorico della cartografia è stata affermata

l’esistenza di una periferia funzionale a sinistra della frase. Questa periferia include diverse

teste funzionali, tra le quali quelle di topic e focus, che proiettano sintagmi indicati come

TopPhrase e FocPhrase, oltre a teste usate in modo più esteso come quella del

ComplementizerPhrase. Come altre teste funzionali, per esempio quella dell’inflessione,

ovvero IPhrase, queste hanno una posizione ben determinata nella struttura completa e sono

una posizione alla quale si può spostare sintagmi provenienti da altre parti della frase

(Haegeman 2012).

In sintesi, con l’introduzione di questi concetti nella sua analisi sintattica, la grammatica

generativa ha aperto la porta per accogliere la struttura informativa nella sua analisi. Tuttavia

anche l’approccio cartografico rimane fondamentalmente legato all’idea che il livello

sintattico rappresenti il cuore della grammatica. Le teste funzionali delle proiezioni discorsive

vengono studiate soltanto perché hanno un effetto sulla struttura sintattica, perciò si trovano

nella struttura sintattica, e/o sulla struttura prosodica/fonologica, che nel modello comunica

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con la sintassi attraverso la cosiddetta interfaccia. Il livello pragmatico viene dunque sempre

studiato per via della sua influenza sulla sintassi e sulla prosodia, non come campo di studio

autonomo (Sornicola 1999). Quindi questo livello viene considerato come un livello

strutturale, ma non autonomo, in quanto è inserito nella struttura sintattica e, attraverso questa,

comunica con la prosodia.

2.2.2. Grammatica funzionalista

Benché siano già presenti tendenze in teorie linguistiche degli inizi del Novecento3, è

soprattutto come reazione contro il generativismo formale degli anni ‘70 che si è formata la

grammatica cosiddetta funzionalista. La grammatica funzionalista è una grammatica che

vuole studiare la lingua nel suo contesto e uso reale, come un mezzo di comunicazione tra

parlanti e non come una struttura cognitiva formale e indipendente. La linguistica

funzionalista ha criticato l’atteggiamento della grammatica generativa per via della sua

rigidità formale e per non aver tenuto conto della pragmatica in modo sufficiente. Ad esempio

la critica di Lambrecht (1994) in forma di un’analogia mostra chiaramente il problema del

concentrarsi troppo o soltanto sul piano formale:

To use an analogy, claiming total independence of grammatical form from discourse function

is like claiming independence of the form of the automobile from its locomotive purpose on

the grounds that the form is determined by the law of mechanics only and not by the desire to

get from one place to another. While the reasoning is sound, it obscures the crucial fact that

there would be no automobile and hence no form, if people didn’t have the need to travel

(Lambrecht, 1994: 28).

Nelle teorie funzionaliste si ritiene dunque di massima importanza che la relazione tra

struttura linguistica e funzioni pragmatiche di una lingua non sia per niente casuale:

The fundamental hypothesis of FG is that there is a largely non-arbitrary relation between the

instrumentality of language use (hence Functional) and the systematicity of language structure

(hence Grammar). In other words, FG aims to explain regularities in and across languages in

terms of recurrent aspects of the circumstances under which people enter into verbal

interaction (MacKenzie, 1992: 95).

3 Si può per esempio pensare al circolo linguistico di Praga (Graffi 2010).

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Dentro questo quadro funzionalista si considera la pragmatica come un terzo livello molto

importante e perfino predominante, accanto alla sintassi e alla semantica, che ha un’influenza

profonda sulla struttura della frase. I concetti della struttura informativa hanno un grande

valore per quest’approccio, sebbene non abbiano una posizione molto specifica e ben

determinata nella sintassi, come nella grammatica generativa/cartografica. Dentro il

paradigma funzionalista c’è un dibattito a proposito del grado dell’influenza della struttura

informativa e la pragmatica in generale sulla forma delle frasi. Ci sono funzionalisti radicali

che affermano che tutta la grammatica nasce dentro la pragmatica, altri che accettano

l’indipendenza parziale della forma, con un’influenza abbastanza forte della pragmatica

(Lambrecht 1994).

2.2.3. Quadro teorico di questa tesi

Questa tesi si collocherà piuttosto dentro il paradigma funzionalista, poiché ci si vuole

concentrare soprattutto sulla funzione comunicativa e cognitiva delle costruzioni prese in

considerazione e non troppo sui dettagli della loro struttura sintattica e la posizione esatta dei

costituenti in queste frasi in relazione con la loro struttura informativa. Tuttavia non si eviterà

di fare riferimento, come accade troppo spesso, agli studi generativi quando le loro

osservazioni sono pertinenti alla ricerca che si intende svolgere.

2.3. Concetti di base

È importantissimo definire in modo chiaro i concetti usati in una ricerca. Quest’affermazione

generale vale a maggior ragione in un campo di studio come la struttura informativa, nel quale

esistono grandi problemi di terminologia (Levinson 1983). Una definizione universalmente

accettata e chiara dei concetti chiave come topic, comment, presupposizione e focus non

esiste. Si potrebbe quasi parlare di un idioletto per ciascun autore che si è occupato di

problemi in questo campo di studio (Lambrecht 1994). Allora occorre provare a definire i

termini di base nel modo in cui verranno usati nel quadro di questa tesi. Il campo di studi

riguardanti la struttura informativa normalmente fa ricorso ad alcuni concetti di base che

ritornano in quasi tutte le ricerche: si tratta dei concetti di common ground, topic, comment,

dato, nuovo, presupposizione, asserzione e focus (Krifka 2007). Qui sotto vengono

rappresentati questi concetti e le definizioni come verranno usate in questa tesi.

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2.3.1. Common ground

Poiché la struttura informativa tratta tra l’altro del trasferimento di informazione tra due

parlanti, è necessario avere un modello per questo trasferimento che ha luogo durante una

conversazione. Un termine spesso usato in quest’ambito è quello del common ground (CG).

Con common ground si intende l’informazione esplicitamente comune a tutti e due i parlanti

durante una conversazione. Una conversazione può dunque essere considerata come un

arricchimento continuo del CG. Il modo in cui si formano le strutture frasali in un discorso

dipende dal contenuto del CG al momento della formulazione della frase. Un parlante deve

costruire delle frasi che informativamente rispecchiano la situazione del CG per poter

comunicare in modo efficiente con l’ascoltatore (Krifka 2007). Tutti gli altri concetti della

struttura informativa, in effetti, si trovano in relazione con quella fondamentale del CG.

2.3.2. Topic

Il secondo termine qui discusso è quello di topic, spesso anche chiamato tema4, il quale è uno

dei termini forse meno problematici del campo della struttura informativa. La nozione di topic

ha alla base l’idea che il modo in cui si parla non avviene semplicemente attraverso

l’affermazione d’informazione nuova. Quasi sempre si afferma qualcosa a proposito di

qualcos’altro, che era già spesso un tema nel discorso, che era già dunque presente nel CG

(Krifka 2007). Questo principio crea una struttura di aboutness nel discorso, che ci porta ad

alcune definizioni possibili della nozione di topic:

The topic constituent identifies the entity or set of entities under which the information

expressed in the comment constituent should be stored in the Common Ground content (Féry e

Krifka, 2008: 126).

TOPIC: A referent is interpreted as the topic of a proposition if in a given situation the

proposition is construed as being about this referent, i.e. as expressing information which is

relevant to and which increases the addressee’s knowledge of this referent

(Lambrecht, 1994: 131).

4 Tuttavia i termini non sono sinonomi, provengono da approcci diversi che portano in campo qualche implicazione diversa. Il termine tema (spesso) implica che il consituente topicale è anche informazione data (Krifka 2007), il quale non è sempre il caso (cf. infra).

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Topic: An entity, E, is the topic of a sentence, S, if, in using S, the speaker intends to increase

the addressee’s knowledge about, request information about or otherwise get the addressee to

act with respect to E (Gundel, 1988: 210).

Il topic di una frase è dunque per Lambrecht e Gundel l’entità o il referente a proposito del

quale viene predicato qualcosa dal resto della frase. La definizione di Krifka e Féry è a grandi

linee simile a quelle proposte da Lambrecht e Gundel, ma si riferisce a un framework più

preciso, nel senso che fa riferimento in modo esplicito alla nozione del CG. Per Krifka e Fery

il resto della frase fornisce delle informazioni a proposito di questo referente topicale e fa sì

che il CG condiviso tra il parlante l’ascoltatore venga arricchito per quanto riguarda il topic.

Dunque mentre nelle definizioni di Lambrecht e Gundel si tratta di una relazione orizzontale,

una relazione di aboutness, nella definizione di Krifka e Féry si usa una relazione verticale,

una relazione di under which. Benché la definizione di Krifka e Féry possa essere considerata

più accurata delle altre presentate sopra, in quanto come si è detto aggiunge una dimensione

ulteriore a quella dell’aboutness, per la presente discussione è centrale che il topic rappresenti

“la cosa di cui si parla” (aboutness) e che non venga identificato con l’informazione data. A

titolo di esempio si considera la seguente frase:

(3) Che lavoro fanno i tuoi fratelli?

Marco fa l’ingegnere.

In questo contesto il sintagma nominale Marco è interpretabile come il topic, poiché ad esso

va riferita la successiva predicazione, mentre il resto della frase, ossia fa l’ingegnere è

interpretabile come il comment.

Si noti che in letteratura si distinguono diversi tipi di topic tramite i quali la distinzione tra

aboutness topic (Lambrecht 1994) e contrastive topic (Kuno 1976). Poiché tutti questi tipi di

topic sono in vario modo legati alla definizione generale data sopra, per le esigenze di questa

tesi è sufficiente identificarli in modo globale sulla base delle caratteristiche condivise.

È inoltre opportuno sottolineare che, dal punto di vista morfosintattico, la realizzazione del

costituente topicale può variare. Esso infatti può presentarsi come sintagma nominale pieno,

semplice o complesso, o perfino come un elemento zero foneticamente nullo, facilmente

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recuperabile dal discorso precedente. Questo è spesso il caso nelle lingue pro drop in cui un

topic pronominale può essere cancellato quando il topic è ricavabile dal contesto discorsivo e

dal cotesto precedente.

2.3.3. Comment

Il terzo termine, quello di comment, spesso anche chiamato rema5 è il termine che

accompagna quello di topic. È la parte dell’enunciato che qui sopra veniva indicata come “il

resto della frase”. Costituisce la predicazione, la cosa che viene detta a proposito del topic. In

questa tesi viene ripresa la definizione di Gundel:

Comment: A predication, P, is the comment of a sentence, S, if, in using S the speaker intends

P to be assessed relative to the topic of S (Gundel, 1988: 210).

Benché si tratti della relazione frasale più comune, non ogni frase ha una struttura topic-

comment. Ci sono delle frasi dove non è presente un topic, ma in cui si danno delle

informazioni senza collegarle a un punto fisso e stabilito nel discorso. Frasi come “Piove” o

“È scoppiata una bomba” sono esempi di questo tipo di frasi (Lambrecht 1994). Queste frasi

possono essere considerate completamente composte da comment o completamente rematiche

e vengono anche spesso chiamate delle frasi tetiche (cf. infra: 2.3.8).

2.3.4. Informazione data e nuova

I due concetti dato e nuovo (given e new) sono stati introdotti nel campo linguistico dal

linguista funzionalista M.A.K. Halliday. Halliday (1967) individua due tipi di struttura

comunicativa: una struttura tematica e una struttura propriamente informativa. La struttura

tematica è quella discussa qui sopra, ossia quella della relazione topic-comment, che parla

dunque di una relazione di aboutness presente nel discorso. La struttura informativa invece

parla della novità dei referenti e dell’informazione condivisa nel discorso, usando

originariamente la coppia di termini dato-nuovo.

Mentre l’idea delle due strutture rimane pertinente e utile, la coppia di informazione data-

nuova risulta una coppia di termini abbastanza vaga. Non è chiaro se si debba interpretare

5 Anche per il termine rema vale l’osservazione che non è un sinonimo esatto della nozione di comment.

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nuovo come nuovo per il discorso o nuovo per l’ascoltatore6, e nemmeno se questi termini

abbiano un’influenza profonda sul discorso. Inoltre i termini nuovo e dato invocano un

riferimento ai referenti specifici di una frase, un referente è nuovo o è dato, e non alla

relazione tra i referenti diversi che formano le proposizioni. Questi sono due livelli diversi per

quanto riguarda l’informazione data-nuova che vanno distinti e ambedue presi in

considerazione.

2.3.5. Informazione al livello del referente: la novità dei referenti

Per quanto riguarda la novità dei referenti è utile fare ulteriori distinzioni di quella tra

referenti nuovi e referenti dati, che è una distinzione troppo semplicistica. Una distinzione più

raffinata come quella di Lambrecht (1994) sembra molto pertinente. Secondo questo studioso

vanno distinti cinque diversi stati informativi/cognitivi in cui un referente si può trovare ad un

momento specifico.

Da questo punto di vista i primi tre stati cognitivi sono stati in cui un referente è identificabile

in una certa misura. Un referente attivo (active) è un referente che si trova nel focus della

coscienza dei partecipanti durante una conversazione. Un referente accessibile (accessible) è

presente nella coscienza periferica dei partecipanti, ma non si trova nel focus della

conversazione. Un referente inattivo (inactive) è un referente identificabile presente nella

memoria dei partecipanti ma che non è presente nella coscienza centrale o periferica durante

la conversazione. I due ultimi stati, ossia brand new anchored e brand new unanchored sono

stati in cui il referente non è identificabile poiché è completamente nuovo. La differenza tra i

due stati specifici viene fatta osservando se il referente viene introdotto con o senza

informazione extra che può aiutare ad identificare il referente (Lambrecht 1994).

Il fatto che un referente è dato, dunque con lo stato attivo, accessibile o inattivo, si manifesta

normalmente nella grammatica per via dell’uso di pronomi personali, clitici, dimostrativi e

articoli determinativi o per via di mezzi prosodici come deaccentuazione, cancellazione e

spostamento (Krifka 2007). In questo quadro si parla spesso del concetto di givenness, il quale

indica quali elementi sono già attivi, accessibili o inattivi e di conseguenza presenti nel CG:

6 Una distinzione rilevante introdotta da Prince nel 1992 (Ward 1999).

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Definition of givenness: A feature X of an expression α is a Givenness feature if X

indicates whether the denotation of α is present in the CG or not, and/or indicates the degree to

which it is present in the immediate CG (Féry e Krifka, 2008: 125).

2.3.6. Informazione al livello della proposizione: asserzione e presupposizione

Soltanto parlare della novità dei referenti tuttavia non permette di descrivere l’informatività di

una proposizione in modo adeguato. In una frase come “L’ha fatto.” tutti i referenti, ossia il

soggetto, l’oggetto diretto e il verbo, possono essere già menzionati nel discorso precedente e

dunque essere dati tuttavia la frase può ancora apportare informazione nuova. La nozione

dell’informatività dunque non è riducibile allo stato di novità degli elementi (Lambrecht

1994). Per questo motivo alcuni studiosi hanno proposto altri termini più adeguati per

discutere l’informatività di una proposizione, come la coppia asserzione-presupposizione in

Lambrecht (1994):

PRAGMATIC PRESUPPOSITION: The set of propositions lexicogrammatically evoked in a

sentence which the speaker assumes the hearer already knows or is ready to take for granted at

the time the sentence is uttered (Lambrecht, 1994: 52).

PRAGMATIC ASSERTION: The proposition expressed by a sentence which the hearer is

expected to know or take for granted as a result of hearing the sentence uttered

(Lambrecht, 1994: 52).

Questa coppia ci permette di descrivere la struttura informativa della frase in modo più

dettagliato e adeguato, partendo da quello che viene asserto e presupposto. In questa tesi ci si

propone dunque di anche usare questa coppia di termini. In termini del concetto del CG la

presupposizione fa parte del CG, mentre l’asserzione cambia il contenuto del CG.

2.3.7. Focus

Il quarto termine chiave della struttura informativa è quello di focus. Questo è, insieme alla

discussione a proposito del concetto della frase tetica (cf. infra: 2.3.8), probabilmente il

termine più problematico usato nella letteratura linguistica informativa, poiché viene usato

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dalle diverse teorie per indicare dei concetti molto diversi. A grandi linee si possono

distinguere tre approcci a proposito del concetto di focus:

i) il primo approccio considera focus come l’elemento complementare alla presupposizione,

i.e. focus come l’informazione non presupposta che viene espressa da una frase.

FOCUS: The semantic component of a pragmatically structured proposition whereby the

assertion differs from the presupposition (Lambrecht, 1994: 213).

ii) il secondo approccio è più o meno simile al primo, ma qui focus è la parte saliente di un

enunciato che pone in evidenza l’informazione nuova che si vuole fornire con una frase. La

differenza dal primo approccio è che si introduce un’ulteriore nozione, quella di salienza

comunicativa. Il focus, infatti, per essere tale ha bisogno anche di essere saliente, cioè per la

sua identificazione non è sufficiente che esso si distingua dalla presupposizione.

Si definisce focus la porzione dell’enunciato che ha il maggior grado di dinamismo

comunicativo, ciò che costituisce l’obiettivo comunicativo del messaggio (Andorno: 2003,

53) (grasetto mio).

iii) il terzo approccio del concetto di focus è assai diverso: qui viene definito come

l’indicatore della presenza di un set di alternative. Questa definizione di focus, proveniente dal

campo della semantica formale, viene usata da autori come Krifka:

Definition of focus: Focus indicates the presence of alternatives that are

relevant for the interpretation of linguistic expressions (Féry e Krifka, 2008: 125).

In questa tesi si userà il termine focus nella tradizione funzionalista, adottando in particolare

la definizione sopracitata di Lambrecht. Tale definizione, infatti, appare maggiormente

adeguata a descrivere il gruppo di frasi che si vuole discutere in questa tesi, ossia il gruppo

delle frasi presentative, per il quale i concetti di presupposizione e asserzione sono molto

rilevanti. Per contro, le nozioni di salienza e set di alternative, benché siano più adeguate ad

un livello descrittivo generale, cioè nella definizione del focus come categoria pragmatica,

indipendentemente dal tipo di frase considerata, sono di fatto meno centrali rispetto al

problema trattato in queste pagine. In altri termini, definendo il focus (anche) in termini di

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salienza e set di alternative è possibile catturare aspetti molto rilevanti di tale nozione,

soprattutto nello studio per esempio delle frasi scisse o degli enunciati con enfasi prosodica

contrastiva, poiché in questi casi il focus appare particolarmente saliente e il contrasto

semantico evocato è ben descritto come identificazione di un certo membro di un set in

opposizione agli altri possibili:

(4) È FRANCESCO che vuole parlarti. (non Chiara)

(5) Vuole parlarti FRANCESCO. (non Chiara)

Nel caso delle frasi presentative, invece, questi aspetti appaiono meno rilevanti, poiché si

tratta di enunciati che apportano informazione integralmente nuova, senza aprire chiaramente

un contrasto o set di alternativi e senza che si possa identificare un elemento in modo evidente

come maggiormente saliente rispetto al resto. In altre parole, mentre la definizione i) si

attaglia bene al cosiddetto focus informativo, la definizione iii) coglie meglio le caratteristiche

del cosiddetto focus contrastivo. Infine va ricordato che il termine complementare a quello di

focus è background, con cui si indica quella parte dell’enunciato che non è informativa, ma

conosciuta e attesa.

Anche dentro il quadro della grammatica generativa/cartografica si fa una distinzione tra due

tipi di focus. Per quanto riguarda la posizione del focus nell’analisi sintattica è stato

argomentato da Beletti che esista anche una seconda posizione per il FocPhrase: non nella

periferia a sinistra ma dentro la clausola. La prima posizione nella periferia sinistra sarebbe

usata per un focus contrastivo (come si è detto, corrispondente più o meno alla definizione

iii), mentre la seconda posizione per un focus informativo, cf. la definizione i) (Belletti 2004).

Il concetto di focus viene anche spesso classificato per quanto riguarda la sua estensione. In

questo ambito si trovano i termini broad focus/ focus esteso e narrow focus/ focus ristretto.

Questa classificazione è basata sulla portata del dominio focale, i.e. la risposta alla domanda

quanti costituenti frasali si trovano in posizione focale. Una classificazione che viene spesso

usata nella letteratura linguistica per questo è quella proposta da Lambrecht (1994). Nella sua

terminologia esistono tre tipi della portata del focus. Una frase con sentence focus è

completamente composta da asserzione, in contrasto con frasi del tipo predicate focus e

argument focus. Nelle frasi con predicate focus la nuova informazione si trova nel predicato e

per le frasi del tipo argument focus la nuova informazione si trova nel argomento a proposito

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del quale viene predicata qualcosa. Si può esemplificare questa classificazione attraverso tre

risposte diverse alla domanda “Why did not Mary come to work today?” (Lambrecht 2000b:

614):

(6) She had an ACCIDENT. (predicate focus)

(7) Her HUSBAND is to blame. (argument focus)

(8) Her HUSBAND is SICK. (sentence focus)

2.3.8. La frase tetica

Un termine che viene spesso usato per definire una frase completamente composta da

asserzione, nella quale dunque niente viene presupposto7 è la frase tetica. Questo però è un

termine assai problematico che viene usato in modi molto diversi da diversi autori. È

soprattutto un termine pericoloso perché, a parere di chi scrive, crea confusione tra tre livelli

interrelati ma distinti: il livello delle relazioni logiche, il livello topic-comment e il livello

della novità dell’informazione.

Il termine frase tetica ha le sue radici nel campo della filosofia e della logica, più in

particolare nel lavoro di Brentano, poi sviluppato da Marty (1918). In questo campo si parla

del termine giudizio tetico che sta in opposizione con il termine giudizio categorico e in

questo contesto si tratta dunque di due tipi di giudizi diversi. Un giudizio categorico stabilisce

l’esistenza di un’entità A e la attribuisce il predicato B (A è B o A non è B). Si tratta dunque

di un atto di predicare, ossia attribuire qualcosa a qualcos’altro. Un giudizio tetico invece

soltanto stabilisce l’esistenza, o non esistenza, di un’entità o evento A (A è o A non è). Questa

distinzione si situa dunque a livello della struttura logica. Come esempi si possono citare

come giudizio categorico:

(9) Platone è stato il filosofo più importante dell’antichità greca.

e come giudizio tetico:

(10) Dio esiste.

7 Dunque una frase con sentence focus nella terminologia di questa tesi.

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Ci sono fiori gialli.

Piove. (Venier, 2002: 16)

Nel campo della linguistica il termine frase tetica è stato recuperato8 e usato in due modi: per

fare riferimento ad una frase completamente rematica9 (per esempio in Krifka 2007) o per

fare riferimento ad una frase composta completamente da asserzione (per esempio in

Meulleman 2010).

Si potrebbe argomentare sulla validità del primo uso, poiché i concetti di topic e comment o

soltanto comment possono essere considerati in un certo modo come gli equivalenti degli

elementi A e B o soltanto A dei giudizi nella logica (Lambrecht 1994). Attraverso questo uso

il termine frase tetica si userebbe dunque per indicare delle frasi senza topic. Tuttavia anche

quest’uso del termine è filosoficamente scorretto, come ha mostrato Venier (2002). La

struttura sintattica della frase, infatti, non si indentifica necessariamente con il giudizio logico

che contiene. Non c’è una corrispondenza uno a uno tra frasi logicamente tetiche e frasi

linguisticamente tetiche. Si consideri per esempio la frase:

(11) Tutti i triangoli hanno come somma degli angoli interni due angoli retti (Venier,

2002: 17).

Questa frase contiene una proposizione filosoficamente tetica, poiché non viene aggiunta

nessuna informazione che non è già contenuta nella nozione di triangolo. Dal punto di vista

informativo invece si è di fronte ad una frase che ha una struttura topic–comment (Venier

2002).

Per quanto riguarda la seconda interpretazione, quella di frase tetica come frase con sentence

focus, la situazione è problematica, poiché non si stanno mescolando soltanto i due livelli di

giudizio logico e struttura topic-comment, ma anche i livelli di struttura topic-comment e

struttura nuovo-dato. Il punto di vista della seconda interpretazione presuppone che ci sia una

relazione univoca tra topic e comment ed elementi nuovi e dati, ossia che il topic sia sempre

dato e il comment sempre nuovo. Però esiste una differenza fondamentale tra i concetti di

8 Soprattutto a partire da Kuroda (1973) che voleva usare le categorie per spiegare l’occorenza del –wa e –ga giapponese (Venier 2002). 9 Dunque senza la presenza di un costituente topicale.

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topic e comment e quelli di dato e nuovo (Lambrecht 1994). Si ricordi anche che Halliday

(1967), che ha introdotto i concetti di dato e nuovo, ha individuato una differenza tra struttura

informativa e struttura tematica. La prima struttura ha a che fare con la novità

dell’informazione mentre la seconda ha a che fare con la struttura pragmatica delle relazioni

di topic e comment (Lambrecht 1994). Una frase del tipo sentence focus non è

necessariamente una frase senza topic, ossia la categoria delle frasi con sentence focus è più

estesa di quella delle frasi rematiche. Si può illustrare tutto questo problema con l’esempio

seguente:

(12) A: Come sta Maria?

B: Sta bene. Sua zia Gina è finalmente partita.

Il referente sua zia Gina è chiaramente il costituente topicale della seconda frase, ma l’unica

informazione presupposta è qui contenuta nel possessivo sua, che ha come antecedente

Maria, già nominata in precedenza. Si tratta dunque di un caso di un referente topicale con lo

stato cognitivo di brand new anchored (cf. supra). In altre parole, il costituente topicale “sua

zia Gina” è in massima parte composto da informazione non presupposta e nuova. Anche il

resto della frase, a partire dal SN zia Gina, non è presupposto e pertanto è asserito. Si è

dunque di fronte ad una frase con sentence focus con anche un costituente topicale. Ciò indica

che non è possibile identificare topic e informazione data10. Siccome topic e comment non

hanno direttamente a che vedere con la novità, ma hanno a che vedere con la struttura della

predicazione, le due strutture non possono essere sovrapposte e considerate equivalenti.

Inoltre questa frase contiene chiaramente un giudizio categorico: A (sua zia Gina) è B

(finalmente partita). La frase è dunque dal punto di vista logico e tematico chiaramente una

frase categorica. Ma se si usasse il termine frase tetica come viene spesso usato, cioè per

indicare una frase completamente composta da asserzione, questa frase sarebbe considerata

come una frase tetica. È dunque molto problematico usare il termine perché in questo tipo di

frase per la prima e per la seconda interpretazione del termine non è per niente tetica, mentre

per la terza interpretazione è completamente tetica. I livelli delle relazioni logiche, tematiche e

informative vengono allora confusi, causando non poca confusione.

10 Ciò non toglie che il topic possa tendenzialmente essere presupposto/dato. L’associazione preferenziale tra topic e informazione presupposta o data non equivale alla loro identità (Lambrecht 1994).

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Vista la problematicità per quanto riguarda il termine frase tetica in ambedue le

interpretazioni linguistiche usate, questa tesi userà il termine soltanto per indicare il giudizio

logico. Invece verrà usato il termine frase completamente rematica per indicare una frase

senza la presenza di un topic e il termine frase con sentence focus per indicare una frase

completamente composta da asserzione, ossia senza la presenza di presupposizione.

Avendo definito i termini di base della struttura informativa come verranno usati in questa

ricerca ora è possibile trattare della struttura informativa del gruppo specifico preso in

considerazione per questa tesi, ossia il gruppo delle frasi presentative.

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3. Le frasi esistenziali e presentative

3.1. Introduzione e definizione

Prima di iniziare la ricerca a proposito delle cosiddette frasi presentative, ci si deve

innanzitutto rendere conto del fatto che sono in gioco due nozioni: quella della frase

presentativa e quella della frase esistenziale. Oltre al problema che queste due nozioni sono

già state definite in modi diversi, c’è da notare che vengono spesso usate in modo

intercambiabile (Lambrecht 1994, Givón 2001). Tuttavia, nell’ambito di questa tesi si vuole

proporre di usare una terminologia specifica e riservare i termini per due nozioni specifiche e

diverse. Qui le frasi esistenziali verranno considerate come un gruppo sintattico-pragmatico di

frasi, mentre le frasi presentative verranno considerate come un gruppo basato su criteri

soltanto pragmatici nella linea di autori come Venier (2002) e Sasse (2006). Dal punto di vista

di quest’approccio le due categorie saranno considerate come parzialmente sovrapposte, ma

non completamente. In questa sezione della tesi verrà fornita una definizione di ambedue i

termini alla base dei lavori di alcuni linguisti che se ne sono occupati.

3.1.1. Frasi presentative

Nel suo libro dedicato alla nozione della presentatività, che è la nozione centrale che unisce

tutte le frasi che si trovano in questo gruppo pragmatico, Venier (2002) prova a definire le

frasi presentative attraverso due caratteristiche fondamentali:

(i) Come prima caratteristica comune c’è da notare che servono a introdurre o

presentare un nuovo referente o un nuovo evento nel discorso, ecco perché il nome

presentativo.

(ii) Per quanto riguarda la loro struttura informativa Venier (2002, 13) afferma che

“Questi enuniciati privi di parti pressuposte vengono ritenuti anche privi di un

tema, costituiti esclusivamente da un rema.”. Si tratta dunque di frasi

completamente rematiche e con sentence focus.

Come esempi l’autrice menziona tra l’altro frasi come:

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(1) È arrivato il treno (Venier, 2002: 19).

(2) E soltato il collegamento (Venier, 2002: 20).

A base di queste caratteristiche al lettore attento non sfuggirà che le frasi presentative sono

quelle frasi che spesso vengono chiamate frasi tetiche nella letteratura esistente (Sasse 2006,

Krifka 2007, Meulleman 2010). Per la problematicità di questa nozione si veda sopra, nella

sezione 2.3.8. Mentre autori come Sasse (2006), pur riconoscendo i problemi collegati al

termine, continuano a studiare queste frasi come frasi tetiche, questa tesi seguirà la linea di

Venier (2002) che ha sostituito il termine frase tetica con quello di frase presentativa.11

Per quanto riguarda le funzioni di questo tipo di frasi, Sasse (2006) ne menziona quattro.

Queste quattro funzioni possono essere considerate come una versione più dettagliata della

funzione generale attribuita a questa struttura da Venier (2002), ossia quella di introdurre un

nuovo referente o un nuovo evento nel discorso:

(i) La funzione annunziativa: si tratta della funzione di poter apportare informazione

nuova in contesti come esclamazioni e annunci.

(ii) La funzione introduttiva: questa è la funzione fondamentale della costruzione, ossia

quella dell’introduzione di referenti nuovi nel discorso.

(iii) La funzione interrottiva: la struttura presentativa si può anche usare per descrivere

eventi inaspettati che rompono la struttura del discorso.

(iv) La funzione descrittiva, che permette di descrivere uno stato in modo completo,

più nello specifico si tratta spesso della descrizione di eventi meteorologici.

La frase presentativa viene anche spesso definita attraverso un confronto con quella canonica

e predicativa. Mentra la frase predicativa è composta da un “soggetto e un predicato” (Salvi

1988), inteso come una relazione topic-comment, la frase presentativa contiene solo un

predicato o comment (Salvi 1988). Si considerano le frasi seguenti:

(3) La bomba è scoppiata.

(4) È scoppiata una bomba.

11 Ancora altri termini alternativamente usati nella letteratura sono event reporting sentences e neutral descriptions (Lambrecht 1994).

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Mentre la frase (3) sarebbe un esempio di una frase predicativa, si predica qualcosa a

proposita di una bomba, la frase (4) invece può essere considerata come una frase

presentativa; si descrive un evento nuovo senza di collegarlo ad un topic.

È possibile effettuare un controllo per distinguire i due tipi di frasi attraverso un test della

negazione. Nella frase predicativa la negazione nega delle proprietà del soggetto, ma non

intacca l’esistenza stessa del soggetto, mentre nella frase presentativa la negazione tocca

anche l’esistenza del soggetto (Venier 2002). Per applicare questo test agli esempi citati qui

sopra:

(5) La bomba non è scoppiata.

(6) Non è scoppiata una bomba.

Frase (5) afferma che la bomba non è scoppiata, ma la presenza della bomba stessa non viene

negata, viene perfino confermata, poiché in questo caso se non ci fosse una bomba non si

potrebbe dire che non è scoppiata. La frase (6) invece cancella anche l’esistenza della bomba

stessa. Nelle frasi presentative non si tratta dunque di un atto di predicare B (è scoppiata) ad A

(la bomba), ma di presentare C (lo scoppiare di una bomba). Questo viene anche affermato da

Lambrecht (1994, 39) nella tradizione anglosassone: “... is called presentational because its

communicative function is not to predicate a property of a given entity but to introduce a new

entity into a discourse.”

Poiché le frasi presentative formano, in contrasto con le frasi esistenziali, un gruppo basato su

criteri pragmatici e non sintattici, non sono riducibili ad alcune costruzioni sintattiche ben

delineate. Nelle varie lingue del mondo esistono diverse strutture che permettono di

presentare una proposizione come presentativa. Sasse (2006) menziona, accanto ad altri tipi

meno diffusi12, quattro tipi di costruzioni che vengono spesso usate come presentative nelle

diverse lingue del mondo:

(i) Frasi con marcatura prosodica sul soggetto. Esempi di questa costruzione si possono

trovare tra l’altro in inglese e in tedesco:

12 Trammite questi tipi meno diffusi si possono notare la nominalizzazione del verbo, l’uso di particelli, come nel giapponese, e l’uso di una morfologia specifica.

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(7) JOHN has entered the building (Lambrecht 1994).

Questa frase può essere usata in un contesto nel quale non si è ancora parlato dell’atto di

entrare nell’edificio né di John.

(8) Das TELEFON klingelt (Sasse, 2006: 257).

La marcatura prosidica sul soggetto rimane tuttavia una struttura ambigua tra sentence focus e

argument focus (Lambrecht 1994) e la sua interpretazione dipende dunque anche dal contesto.

(ii) Frasi con inversione verbo-soggetto. In questa costruzione l’ordine non marcato del

soggetto e del verbo viene capovolto. In pratica si tratta molto spesso di una struttura VS,

poiché in molte lingue la struttura SV è predominante come ordine non marcato.13 Esempi si

possono trovare tra l’altro nel serbocroato, nel russo e in diverse lingue romanze (cf. infra

3.3):

(9) Poginuo britanski vojnik.

È morto britannico soldato

(È morto un soldato britannico) (Sasse: 2006, 285)

(10) Umer matematik Andrej Tixonov.

È morto matematico Andrej Tixonov

(È morto il matematico Andrej Tixonov) (Sasse: 2006, 284)

(iii) Costruzioni bipartite di diversi tipi che nella prima parte introducono un’entità che poi

nella seconda parte venga elaborata attraverso una coda. In questo gruppo si trova anche una

grande parte delle frasi esistenziali (cf. infra: 3.1.2). Esempi si possono trovare in inglese,

nelle frasi introdotte da there, in tedesco e in diverse lingue romanze (cf. infra: 3.3).

(11) There is a man coming up (Lambrecht 1994).

(12) Es findet ein Mark statt (Sasse, 2006: 263).

13 Si veda il capitolo 5 di questa tesi per una riflessione elaborata sulla costruzione presentativa con inversione.

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(iv) Frasi che incorporano il soggetto nel verbo. Il soggetto che in frasi non marcate e

predicative è un’entità autonoma perde (una parte) della sua autonomia e viene (parzialmente)

incorporato nel verbo. Questo fenomeno è soprattutto attestato in alcune lingue americane e

africane come il boni ma anche in una lingua europea come il danese.

(13) Áddigée-juudi.

padre:1sPOSS-morire:3smPERF

(È morto mio padre) (Sasse, 2006: 268)

(14) Der kom-nogle-fremmede til byen.

Ci sono venuti-alcuni-stranieri alla città

(Ci sono alcuni stranieri che sono venuti alla città) (Sasse, 2006: 269)

3.1.2. Frasi esistenziali

Esistono notoriamente molti problemi teorici e domande aperte a proposito del gruppo delle

frasi esistenziali, che hanno dato luogo ad una bibliografia molto ricca. Come afferma

Cruschina:

Due to their distinctive structural and interpretive characteristics, existential

sentences represent a rich ground (and indeed a minefield) on which numerous

linguistic studies have offered diverse, and often conflicting, theories concerning the

semantics, the syntax, and the pragmatics of this construction (Cruschina, 2012: 79).

Questi problemi hanno tra l’altro a che fare con (a) la definizione esatta del gruppo, (b)

l’elemento locativo e la relazione delle frasi presentative con le frasi locative, (c) il cosiddetto

definiteness restriction e (d) la pragmatica della costruzione. Tuttavia qui non si vuole entrare

in modo dettagliato in questa discussione molto ampia poiché questa tesi vuole trattare delle

frasi presentative (cf. sopra). Per questo percorso basta stabilire una definizione della frase

esistenziale per poter capire le sue particolarità e la sua relazione con la frase presentativa.

Per quanto riguarda il termine frase esistenziale esistono, in grandi linee, due definizioni. La

prima è quella più vecchia che risale al linguista che ha introdotto il termine: Jespersen nel

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1924. Per Jespersen le esistenziali sono delle frasi che affermano o negano l’esistenza di

qualcosa, che vengono eventualmente introdotte da una parola del tipo there e nelle quali il

verbo precede il soggetto, il quale non si comporta come un soggetto prototipico:

Sentences corresponding to English sentences with there is or there are, in which the existence

of something is asserted or denied —if we want a term for them, we may call them existential

sentences— present some striking peculiarities in many languages.Whether or not a word like

there is used to introduce them, the verb precedes the subject, and the latter is hardly treated

grammatically like a real subject (Jespersen, 1924: 155).

Si noti che questa definizione è composta da diversi parametri correlati: (i) l’esistenza, (ii) la

presenza eventuale di una parola del tipo there e (iii) il verbo che precede il soggetto, che

verranno discussi brevemente qui sotto.

(i) Come il nome della costruzione già rivela, si tratta innanzitutto di una costruzione che

afferma o nega l’esistenza di qualcosa. Tuttavia questo parametro semantico deve essere

interpretato cautamente, poiché porta allo stesso tempo ad una definizione troppo ampia e

troppo ristretta (Meulleman 2010). Per via di esempio si considerano le frasi seguenti:

(15) Dio esiste.

(16) C’è Giorgio che ti vuole parlare.

Frasi come (15) normalmente non vengono considerate come frasi esistenziali, nonostante

questa frase chiaramente affermi l’esistenza di un’entità. Allo stesso tempo normalmente si

considerano frasi come (16) come parte del gruppo delle frasi esistenziali, nonostante questa

frase non affermi l’esistenza di qualcuno, ma piuttosto presenti Giorgio, del quale l’esistenza

non è un fatto completamente nuovo per l’ascoltatore, nel discorso14. La nozione esistenziale

deve dunque essere interpretata in modo cauto. Questa definizione della frase esistenziale

sembra finora molto simile a quella presentativa, ma deve ancora essere combinata con due

altri parametri sintattici.

14 Questo fatto ha portato alcuni autori a sostituire il termine frase esistenziale per il termine frase esistenziale/presentativa (Givon 2001) o semplicemente frase presentativa (Lambrecht 1994). In questa tesi si continua a usare il termine frase esistenziale poiché rimane ancora il termine più diffuso e per poter mettere in rilievo la differenza con il termine frase presentativa che qui è stata usata per indicare un gruppo di frasi diverse (cf. sopra).

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(ii) La presenza della parola del tipo there fa sì che ci sia una situazione definita, una specie di

scena nella quale si può facilmente introdurre il nuovo referente nel discorso (Meulleman

2010). Tuttavia Jespersen (1924) argomenta che esistono anche costruzioni esistenziali senza

la presenza di una parola del genere. Per quest’autore non si tratta dunque della condizione

più imporante per definire una costruzione come esistenziale. Maggiormente importante

secondo l’autore è che l’ordine del verbo e del soggetto viene invertito.

(iii) La posizione postverbale del soggetto è dunque secondo Jespersen (1924) e Meulleman

(2010), insieme alla funzione discorsiva di introdurre un referente nuovo, la condizione

principale per definire una costruzione come esistenziale. La funzione pragmatica marcata,

i.e. quella di presentare un referente o un evento nuovo nel discorso, di questo tipo di frase

sarebbe realizzata attraverso questo spostamento, che crea il contrasto con la frase

sintatticamente e pragmaticamente canonica, nella quale il soggetto precede il verbo. Inoltre

questo spostamento del soggetto fa spesso sì che il soggetto perda delle caratteristiche tipiche,

come l’accordo con il verbo principale (Meulleman 2010).

La definizione originaria jesperiana di una frase esistenziale è dunque una definizione

innanzitutto pragmatica, che viene combinata con un criterio sintattico principale, ossia

l’inversione, e un criterio facoltativo, ossia la presenza di una parola del tipo there. Questo

modo di definire in modo soprattutto pragmatico dà facilmente luogo alla confusione

terminologica tra frase esistenziale e frase presentativa, poiché le due definizioni sono

sostanzialmente identiche. Poiché in questa tesi si vuole dinstinguire più nettamente la frase

presentativa di quella esistenziale, si userà il termine frase esistenziale come intesa nella

definizione alternativa, che è anche quella più diffusa nella letteratura linguistica moderna.

Se si fa il confronto con gli articoli linguistici più recenti che ripresentano la definizione

alternativa, va innanzittuto notato che una definizione simile a quella prima di Jespersen viene

ancora usata. Si cita in ambito di questa tesi una definizione spesso usata, proveniente dal

lavoro di Mc Nally (2012):

The term ‘existential sentence’ is used to refer to a specialized or non-canonical

construction which expresses a proposition about the existence or the presence of someone

or something (Mc Nally, 2012: 1829).

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Anche qui si fa riferimento al parametro dell’esistenza, viene inoltre aggiunto il termine

presenza per evidenziarne meglio il carattere pragmatico (cf. sopra). Il fatto che la costruzione

deve essere specializzata è un’espressione generale per formulare i due altri parametri

sintattici di Jespersen. Ma inoltre Mc Nally propone cinque caratteristiche sintattiche diverse

per definire la frase esistenziale in modo più dettagliato. Queste caratteristiche sono

normalmente presenti ma non tutte e 5 devono essere necessariamente presenti.

(i) Un soggetto espletivo. Questo è l’equivalente della “parola del tipo there” nella

definizione di Jespersen. La presenza di questo soggetto dipende della lingua presa

in considerazione e soprattutto dal parametro del pro-drop, che determina se si può

fare a meno del soggetto senza che questo renda agrammaticale la frase. Per

esempio in inglese deve essere presente, in italiano, che è una lingua pro-drop non

è presente un tale soggetto nelle frasi esistenziali.

(ii) Il verbo usato è spesso essere o avere. Come esempi si possono notare l’inglese e

il neerlandese che usano ambedue il verbo essere (to be e zijn) nelle loro

costruzioni esistenziali.

(iii) La presenza di un sintagma nominale pivot. Con questo sintagma si intende il

referente di cui viene affermata o negata l’esistenza. Per esempio nella frase

“There’s a man waiting for you.” il SN a man sarebbe interpretato come il SN

pivot.

(iv) La presenza di una coda. La presenza di questa coda che segue il sintagma

nominale e lo elabora è opzionale. Nell’esempio precedente la coda consisteva

della parte waiting for you, ma ci sono esempi di frasi esistenziali anche senza una

coda, come “There are cockroaches.” (Lambrecht 1994).

(v) Come ultima caratteristica c’è da notare la presenza di un’espressione locativa,

spesso senza contenuto semantico, dovuto al processo di semantic bleaching. Per

esempio in italiano si tratta dell’elemento ci che si trova all’inizio della frase. Non

è sempre facile dinstinguere questo elemento dal soggetto espletivo. Una lingua in

cui la dinstinzione è molto chiara è il francese, poiché sono presenti due elementi:

il come soggetto espletivo e y come elemento locativo.

Poiché in questa tesi si vuole riservare il termine frase esistenziale ad un gruppo

sintatticamente ben definito di frasi e dunque sottolineare anche le caratteristiche sintattiche

della costruzione, verranno usati anche questi 5 parametri di Mc Nally per definire la frase

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esistenziale. La definizione usata qui per frase esistenziale è dunque sintatticamente più rigida

di quella prima proposta da Jespersen (1924). Il gruppo che corrisponde alla definizione di

frasi esistenziale di Jespersen si trova a cavallo tra i due termini usati in questa tesi, ossia tra

frase presentativa, che è un termine più ampio poiché contiene anche frasi che non hanno una

inversione del verbo e del soggetto, e frase esistenziale, che è un termine più ristretto (cf.

sopra).

Tuttavia anche gli studiosi che seguono la definizione di Jespersen, come Meulleman,

amettono che si tratta un gruppo molto grande:

Si on admet que les constructions existentielles se définissent avant tout par leur fonction

discursive présentationelle ..., cela donne lieu à une conception très large des constructions

existentielles (Meulleman 2010: 44).

Per questo motivo viene spesso fatta, dentro la categoria delle frasi esistenziali in senso

ampio, una suddivisione tra due gruppi. Il primo gruppo viene chiamato il gruppo delle frasi

esistenziali pure (le frasi esistenziali di questa tesi) e il secondo gruppo quello delle frasi

esistenziali derivate (corrispondenti ad una parte delle frasi definite presentative in questa

tesi). Attraverso l’uso di questa terminologia è chiaro che anche questi studiosi riconoscono le

differenze tra le due categorie di frasi esistenziali. Per quanto riguarda l’altro tipo di

costruzione esistenziale descritta da Meulleman, ossia la frase esistenziale derivata, l’autrice

afferma:

Les constructions existentielles dérivées sont des constructions sans verbe existentiel au sens

strict, mais qui partagent avec les constructions existentielles pures la fonction

présentationelle, le positionnement postverbal du SN unique et la présence éventuelle d’une

expression locative en position préverbale. Ce sont des constructions dites à inversion du sujet

nominal (Meulleman, 2010: 53).

Si tratta dunque di una struttura con inversione verbo-soggetto. Questa struttura, spesso

ritenuta come una delle frasi presentative per eccellenza (Venier 2002, Sasse 2006), verrà

discussa più in dettaglio (cf. infra: capitolo 5) in questa tesi.

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Per quanto riguarda la struttura informativa delle frasi esistenziali viene spesso ritenuta che

sono frasi con sentence focus e completamente rematiche (Meulleman 2010, McNally 2012).

Nonostante questo sia il caso per un gran numero di frasi esistenziali, questa rimane una

generalizzazione; nelle ricerche dettagliate a proposito dell’estensione del focus nelle frasi

esistenziali vengono dinstinti diversi tipi informativi di frasi. Per esempio in una ricerca

recente per le frasi esistenziali italiane venivano distinti quattro tipi diversi di focus nelle frasi

esistenziali (Cruschina 2012). Dunque non si può considerare tutte le frasi esistenziali come

frasi con sentence focus.

3.1.3. Relazione tra i due gruppi di frasi

Se si fa il confronto tra le due nozioni in gioco come sono state usate in questa tesi si arriva

alla situazione in cui il gruppo delle frasi presentative comprende alcuni tipi di frasi

esistenziali, oltre ad altri costrutti, dependenti della lingua specifica presa in considerazione15.

Si noti che, benché le frasi esistenziali siano spesso presentative, tale corrispondenza non

costituisce una regola, in quanto per essere considerata presentativa una frase non deve

soltanto introdurre un referente ma anche essere completamente rematica e con sentence

focus (cf. sopra 3.1.1). Questa seconda condizione non viene sempre soddisfatta da una frase

esistenziale, della quale esistono diversi sottotipi informativi, con anche frasi che hanno una

struttura focale di argument focus, come avviene spesso nelle frasi esistenziali locative, e

predicate focus (Cruschina 2012). L’illustrazione riportata di seguito (Fig.1) presenta

graficamente l’intersezione tra i costrutti presentativi e quelli esistenziali:

15 Tramite questi costrutti si trova molto spesso anche la construction existentielle dérivée (Meulleman 2010), ossia la struttura con inversione verbo-soggetto. Si veda anche i quattro tipi predominanti secondo Sasse (2006) (cf. supra: 3.1.1).

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Figura 1. Intersezione tra costrutti esistenziali e costrutti presentativi.

Definite le frasi presentative ed esistenziali in modo generale dal punto di vista delle loro

caratterestiche informative e sintattiche, ci si propone ora di entrare nella situazione romanza

e vedere che costruzioni presentative sono presenti.

Frasi presentative

Frasi esistenziali

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3.2. Le frasi presentative e esistenziali nelle lingue romanze

Nelle tre lingue romanze prese in considerazione in questa tesi, ossia il francese, lo spagnolo e

l’italiano, sono presenti diverse costruzioni presentative. Nella discussione specifica di ogni

lingua si indagherà in modo più dettagliato quali costruzioni sono presenti per lingua, ma

innanzitutto occorre dire quali costruzioni sono presenti in tutte e tre le lingue. Si tratta della

costruzione esistenziale, introdotta da il y a per il francese, hay per lo spagnolo e c’è per

l’italiano e la struttura con inversione verbo-soggetto, che però è molto rara in francese

(Meulleman 2010). Prima di trattare della situazione specifica per lingua si vuole fare il

confronto tra queste costruzioni che sono comuni a tutte e tre le lingue.

Tra gli autori che si sono occupati del confronto tra le frasi presentative nelle lingue romanze,

c’è soprattutto da notare la ricerca svolta da Meulleman, che ha contribuito all’argomento con

la sua tesi di dottorato “Les localisateurs dans les constructions existentielles” (2010).

L’autrice afferma che si tratta di un campo di studio non anora messo a frutto16:

A l’exception du travail de Blasco Ferrer (2004), qui étudie la grammaticalisation du

morphème dans les trois langues romanes, le regard porté sur la comparaison des présentatifs

reste très général (Meulleman: 2010, 5).

Di particolare rilevanza per questa tesi è stata la riflessione di Meulleman a proposito delle

caratteristiche pragmatiche delle diverse costruzioni esistenziali in francese, italiano e

spagnolo. Si ricordi che per definire le frasi esistenziali Meulleman fa ricorso alla definizione

di Jespersen, dunque si tratta di una definizione abbastanza ampia che incorpora sia le frasi

esistenziali che le frasi con inversione verbo-soggetto (cf. sopra). Per quanto riguarda la loro

struttura informativa, l’autrice argomenta che sono delle frasi completamente rematiche e

frasi delle quali il contenuto è completamento asserito. Per fare riferimento ad un tipo di frase

completamente rematica e con sentence focus, Meulleman usa il termine frase tetica.17 Nella

sua monografia poi Meulleman fa una distinzione semantica tra due tipi di frasi presentative:

i) Frasi presentative che esprimono soltanto l’esistenza di un referente, di ora in poi

frasi presentative del tipo entity-central. 16 Nel frattempo è stato pubblicato anche un lavoro di Cruschina (2015) che fa il confronto delle diverse costruzioni esistenziali romanze. 17 Cf. la discussione in paragrafo 2.3.8 a proposito del termine tetica.

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ii) Frasi presentative che esprimono un evento, di ora in poi frasi presentative del tipo

event-reporting.

Pare opportuno citare il passo, poiché si trova direttamente alla base della ricerca che si

propone di svolgere in questa tesi:

Traditionnellement on distingue deux types de constructions thétiques: les constructions

existentielles (daseinssetzend/ entity-central/ presentational) qui introduisent une entité

nouvelle dans le discours comme les exemples (32) à (34) e les constructions événementielles

(ereignisbezogen/ event-central/ event-reporting) qui introduisent un événement comme dans

les exemples (35) a (38).

(32) Il y a des gens qui n’aiment pas les films d’horreur.

(33) Hay gente a quienes no les gustan las películas de horror.

(34) C’è gente a cui non piacciono i film dell’orrore.

(35) Il y a ton frère qui a téléphoné.

(36) Llamó tu hermano.

(37) Ha chiamato tuo fratello

(38) C’è tuo fratello che ha chiamato.

Les exemples précédents montrent qu’en français, il y a apparait autant dans la construction

thétique existentielle (32) qu’événementielle (35), alors qu’en espagnol hay ne peut s’utiliser

que dans le premier type (33), les constructions thétiques événementielles s’exprimant par

l’inversion du sujet nominal (36). L’italien présente une configuration intéressante: c’è

peut apparaitre tant dans les constructions thétiques existentielles (34), que dans les

constructions thétiques événementielles (38), mais dans cette dernière construction la

formule existentielle entre en concurrence avec l’inversion (37) (Meulleman: 2010, 50)

(grassetto mio).

Allora pare che la situazione romanza presentativa sia interessante da indagare; la situazione

spagnola e francese sarebbe meno complicata di quella italiana. In francese, una lingua che ha

dei constraint forti sulle possibilità dell’inversione del soggetto e del verbo, verrebbe usata

soltanto la costruzione esistenziale, ovvero quella del tipo Il y a X, in ambedue i tipi di frasi

presentative. In spagnolo invece verrebbe usata una frase esistenziale introdotta da hay per la

frase presentativa del tipo entity-central, mentre verrebbe usata un’altra costruzione, ossia la

frase con inversione verbo-soggetto, per i contesti presentativi del tipo event-reporting. In

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italiano si userebbe per la frase presentativa del tipo entity-central una frase esistenziale

introdotta da c’è, ma per una frase del tipo event-reporting ci sarebbero due costruzioni

sintattiche presentavive da usare: la frase esistenziale e quella con inversione verbo-soggetto

(Meulleman 2010).

Partendo di queste affermazioni di Meulleman questa tesi vorrebbe esaminare la situazione

romanza per quanto riguarda le frasi presentative. Propone di descrivere brevemente la

situazione delle frasi presentative in francese e in spagnolo per poi trattare dell’italiano in

modo più dettagliato, descrivendo le frasi presentative italiane che esistono per poi indagare

in dettaglio l’alternanza tra le due strutture menzioniate da Meulleman attraverso una ricerca

empirica.

3.3. Le frasi presentative in francese

Apparantemente il francese ha la struttura più semplice; la frase esistenziale francese del tipo

Il y a X que può essere usata per ambedue i tipi di frasi presentative. La struttura con

inversione esiste in francese ma viene pocco usata, poiché il francese moderno è una lingua

con una sintassi piuttosto rigida per una lingua romanza, dove un soggetto deve sempre essere

presente e spesso in posizione fissa (Lamiroy e Lahousse 2012). Dunque, nonostante che

esista anche in francese la struttura con inversione verbo-soggetto come nelle altre due lingue

romanze, è di carattere troppo marginale per essere considerata come una alternativa vera per

la frase esistenziale (Meulleman 2010).

Sull’affermazione che la costruzione esistenziale può essere usata in ambedue i contesti

presentativi menzoniati da Meulleman sembra esserci accordo in letteratura. La letteratura

esistente non problematizza quest’affermazione. Neanche viene difesa la struttura con

inversione come alternativa possibile per la frase esistenziale, vista la sua scarsa presenza.

Tuttavia va detto che la frase esistenziale non è l’unica costruzione presentativa francese,

esiste anzi un gran numero di costruzioni alternative che possono entrare in concorrenza con

la frase esistenziale. Meulleman (2010) stessa meziona un’altra costruzione francese con una

struttura inversa, ossia quella impersonale il+VS anche conosciuta come l’inversion explétive.

Per esempio:

(17) Il manque un bouton à ton veston (Meulleman, 2010: 60).

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Lambrecht (1988) e Ashby (1995) trattano di un altro tipo di frase presentativa spesso usata in

francese che sembra una versione più personale della frase esistenziale. Si tratta della

costruzione J’ai X qui, che può anche apparire nella forma di On a X qui e Vous avez X qui.

(18) J’ai les yeux qui me font mal (Lambrecht, 1988: 137).

Questa costruzione presentativa sembra di avere la stessa funzione come quella esistenziale.

Tuttavia ulteriori approfondimenti potrebbero chiarire se esistono delle differenze

comunicative e informative tra queste due strutture.

Lambrecht (2000a) aggiunge ancora un gruppo eterogeneo al gruppo delle frasi presentative

francesi. Si tratta di frasi con un verbo di percezione seguite da una frase relativa non

ristrettiva. Come esempio c’è da citare una frase come (19):

(19) Je vois le facteur qui arrive (Lambrecht, 2000a: 172).

Secondo Lambrecht queste frasi possono essere usate come presentative in alcuni contesti.

Include questo gruppo di frasi, insieme agli altri casi menzionati qui (frasi con il y a, il + VS,

j’ai X qui, voici) in un gruppo più grande che ha come caratteristica comune che le sue frasi

sono costituite da una frase principale presentativa, seguita da una frase relativa speciale, la

quale viene chiamata la costruzione presentativa relativa (presentational relative

construction)18.

L’esistenza di questa struttura biclausale è possibilmente dovuta all’esigenza funzionale di

poter formulare facilmente una frase presentativa del tipo event-reporting; l’evento stesso può

essere rappresentato nella frase relativa mentre la frase principale ha una funzione introduttiva

e presentativa. Dal punto di vista di questa ipotesi sarebbe logico che la frase principale è

soltanto composta dal referente introdotto e da un’elemente semanticamente abbastanza

vuoto, tipo voici, il y a, j’ai. In tal modo viene presentato il referente nuovo in una clausola,

mentre viene predicata qualcosa a proposito di esso in un’altra clausola. Per una discussione

sui vantaggi cognitivi di usare due clausole in una frase presentativa, si veda 5.5 e 6.2.

18 Per una discussione recente di questa costruzione, si veda Duffield, Hwang e Michaelis (2010).

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Rabatel (2001) menziona ancora alcuni altri tipi di frasi presentative meno diffuse in francese.

Si tratta di frasi introdotte da voici o voila o frasi introdotte da c’est.

(20) Voici Pablito qui arrive (Rabatel, 2001: 111).

(21) Voilà Paul qui arrive (Rabatel, 2001: 111).

(22) C’était cette mauvaise heure crépusculaire, où, avant la nuit aveugle, on voit

mal, on voit faux (Rabatel, 2001: 118).

Rabatel critica la poco attenzione che il fenomeno finora ha suscitato nella linguistica francese

e argomenta che anche queste costruzioni presentative meritano una ricerca. In breve, sembra

che ci sono ancora parecchie opportunità per ulteriori approfondimenti nel gruppo delle

presentative francesi meno conosciute.

3.4. Le frasi presentative in spagnolo

Secondo Meulleman (2010) lo spagnolo userebbe una frase esistenziale soltanto per le frasi

presentative del tipo entity-central, mentre non sarebbe possibile usare questa costruzione

spagnola per una frase del tipo event-reporting. Quest’affermazione non sembra essere

controversa. Il problema invece è legato alle costruzioni che lo spagnolo usa per esprimere

delle proposizioni del tipo event-reporting. Per questo tipo di frase lo spagnolo userebbe la

struttura con inversione verbo-soggetto, con cui si intende una frase che segue l’ordine verbo–

soggetto invece di quello canonico soggetto-verbo. Sembra una situazione chiara, però

emergono due problemi:

i) La struttura con ordine verbo-soggetto può anche essere del tipo argument focus, invece del

tipo sentence focus e in questi casi dunque non si tratta più di una frase presentativa. Si

consideri per esempio la frase seguente con inversione:

(23) Llegó Juan.

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La frase (23) può essere la risposta sia alla domanda Qué ocurrió?, in questo caso si tratta di

una frase presentativa, che alla domanda Quién llegó?, in questo caso si è di fronte a una frase

ad argument focus e dunque non a una frase presentativa. Tuttavia questo problema è

soprattutto un problema di interpretazione e di contesto, non problematizza la possibilità di

usare la struttura con inversione come struttura presentativa. Mostra soltanto che questa

struttura non è sempre dedicata a una funzione presentativa.

ii) Un problema di grande relevanza è invece che cosa succede quando si è di fronte ad una

frase presentativa del tipo event-reporting con un verbo transitivo. Non è possibile usare la

frase esistenziale spagnola in questo caso (cf. sopra), ma usare la struttura con inversione del

soggetto, verbo e oggetto in una frase con un verbo transitivo neanche è possibile se si vuole

mantenere l’interpretazione presentativa. Si ritiene infatti nelle grammatiche spagnole che la

costruzione con inversione con un verbo transitivo fa normalmente sì che soltanto il soggetto

venga focalizzato19 (Zubizaretta 1999). Lamiroy e Lahousse (2012) citano per esempio la

frase:

(24) Ayer ganó la lotería Juan.

Questa frase può essere soltanto una risposta alla domanda ¿Quién ganó la lotería ayer?, e

dunque essere una frase con argument focus, e non alla domanda ¿Qué pasó?, che è una

domanda alla quale la risposta è una frase presentativa.20 L’ordine VSO, unicamente presente

nello spagnolo e non in francese e in italiano potrebbe essere una soluzione a questo

problema. Tuttavia la natura propriamente presentativa dell’ordine è incerta, poiché la

costruzione viene soprattutto usata nella presenza di un costituente topicale non soggetto

(Zubizarreta 2007). Per esempio:

(25) Todos los días compra Juan el diario.

(26) A María le regaló su abuelo un caballo de pura raza.

19 Si è dunque di fronte a una frase con argument focus e non con sentence focus. 20 Lamiroy e Lahousse fanno riferimento ad alcuni casi dove, accanto al soggetto, anche il verbo può essere in focus, ma si tratta di casi molto specifici, come Siempre me ha producido la mayor admiración ese que se declara de modo tan explícito y enfáticorabiosamente español.

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Indagare questo problema per lo spagnolo in modo estesto ci porterebbe troppo lontanto nei

limiti di questa tesi, ma verrà discusso più in dettaglio per quanto riguarda l’italiano, dove

esiste un problema simile (cf. infra: 5.3). Per quanto riguarda lo spagnolo, si può ipotizzare

che in questi casi problematici si faccia ricorso a costruzioni sintattiche diverse,

probabilmente con frasi con subordinazione, come esistono anche in francese nel gruppo della

costruzione presentativa relativa. È anche possibile che lo spagnolo faccia ricorso alla

prosodia, che è anche una strategia spesso usata per indicare la presentatività (Sasse 2006).

3.5. Le frasi presentative in italiano

Secondo Meulleman ci sarebbero due costruzioni presentative italiane fondamentali, ossia la

frase esistenziale e la struttura con inversione verbo-soggetto. Qui sotto si trova una rassegna

dei punti di vista di alcuni autori italiani famosi che si sono occupati delle presentative italiane

per vedere se le affermazioni di Meulleman vengono confermate.

Berretta (1995) parla principalmente di due strutture che fanno parte del gruppo degli

enunciati che presentano qualcosa o qualcuno nel discorso e che sono esclusivamente

composti da nuova informazione, ossia la frase con inversione verbo-soggetto e un sottotipo

della frase esistenziale italiana, ossia il c’è presentativo (cf. infra: capitolo 4). Tuttavia

aggiunge che esistono anche altre varianti, tra le quali una costruzione abbastanza saliente con

il verbo avere21:

Una variante un po’ più importante della struttura presentativa con esserci, benché sempre con

utilizzo più ristretto, è dato dal verbo avere, in genere alla prima persona singolare ho (per

esempio “Ho la testa che mi fa male, ho mio padre che non sta bene”) ma anche alla prima

plurale (abbiamo con valore generico “si ha”) per esempio nei monologhi espositivi. La

seconda parte della frase sarà nuovamente una pseudorelativa, introdotto dal subordinatore

generico che (Berretta, 1995: 216).

Anche altri costrutti pocco frequenti come l’oggetto preverbale che anticipa una spiegazione,

forme miste fra frasi presentative e scisse, chiamate pseudoscisse presentative, costruzioni del

tipo ecco che, e costruzioni con alcuni verbi percettivi vengono considerati come frasi

presentative. Tutte queste frasi hanno come tratto sintattico comune la presenza del

21 Si noti anche l’esistenza di questa struttura in francese. (cf. sopra)

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subordinatore generico che. (Berretta 1995). Si tratta dunque di frasi che usano la costruzione

presentativa relativa, come descritta da Lambrecht (2000a), come è anche il caso in francese

e in spagnolo (cf. sopra).

Il trattato di Venier (2002) si concentra sulle frasi presentative e si occupa della struttura con

inversione verbo-soggetto, che viene indicata come la frase presentativa per eccellenza:

“L’enunciato presentativo più tipico è, in letteratura, un enunciato della forma VS, del tipo ‘È

arrivato il treno.’” (Venier: 2002, 19). Come altri costrutti che possono essere definiti come

frasi presentative l’autrice include anche il c’è presentativo e la costruzione del tipo ho + SN

+ che, qui sopra definita da Berretta.

De Cesare (2007) parla della classe semantico-pragmatica delle frasi presentative e vi include

almeno due costruzioni: il c’è presentativo e la costruzione che presenta il soggetto in

posizione postverbale, la quale viene di nuovo chiamata “la forma ritenuta presentativa per

eccellenza” (De Cesare 2007).

Riassumendo, si può dire che, secondo la letteratura linguistica esistente, nel gruppo delle

frasi presentative italiane si trovano le seguenti costruzioni:

i) la frase con inversione verbo-soggetto

ii) il c’è presentativo

iii) la costruzione ho + SN che

iv) un gruppo di costrutti pocco frequenti, caratterazzati dalla presenza del

subordinatore generico che.

Per quanto riguarda questo gruppo di frasi presentative la letteratura linguistica appena citata

è univoca nell’affermare che le prime due categorie sono le categorie più salienti e più

diffuse. Finora viene dunque confermata la tesi di Meulleman. Nei capitoli seguenti si

propone di fare il confronto tra queste due costruzioni presentative italiane più diffuse,

esaminando le differenze e i problemi specifici. I problemi collegati a queste strutture non

sono ancora stati discussi, in contrasto con il francese e lo spagnolo, poiché sono al centro di

questa tesi e dunque si vuole discuterli in modo più esteso. Nel capitolo 4 verrà descritto in

modo dettagliato il c’è presentativo come sottotipo della frase esistenziale italiana e poi nel

capitolo 5 verrà descritta la frase con inversione verbo-soggetto. Dopo queste descrizioni

verrà fatto un confronto tra le due costruzioni nel capitolo 6.

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4. Il c’è presentativo

4.1. Introduzione

In questo capitolo verrà discusso il primo tipo delle frasi presentative italiane, ossia un

sottotipo di frasi esistenziali italiane. Si ricordi l’imagine che rappresenta la relazione tra le

frasi esistenziali e quelle presentative:

Figura 1. Intersezione tra costrutti esistenziali e costrutti presentativi

Come è stato gia detto (cf. sopra: 3.1) le due classi sono parzialmente sovrapposte. Questa tesi

tratta specificamente delle frasi presentative, dunque non tutte le frasi esistenziali italiane

sono da considerare, ma soltanto quelle che si trovano in ambedue le classi, ossia le frasi

esistenziali che sono anche frasi presentative.

Dentro questo gruppo si fa ancora una distinzione tra quelle frasi che appertengono al gruppo

delle presentative del tipo entity-central e quelle che appertengono al gruppo delle

presentative del tipo event-reporting (Meulleman 2010). Si identificano dunque due tipi di

strutture che si trovano ambedue nell’intersezione dei due gruppi. Di queste due strutture ci si

vuole concentrare soprattutto sulla costruzione presentativa esistenziale del tipo event-

reporting: la domanda di ricerca principale di questa tesi tratta infatti dell’alternanza tra

questa struttura del tipo event-reporting e quella dell’inversione verbo-soggetto (cf. infra:

capitolo 6). In effetti la struttura presentativa esistenziale del tipo entity-central non contiene

Frasi presentative

Frasi esistenziali

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un verbo extra che può essere usato nella struttura con inversione, dunque soltanto il tipo

event-reporting entra in concorrenza con la struttura con inversione (Meulleman 2010):

(1) C’è Marco che arriva (frase presentativa del tipo event-reporting).

Arriva Marco.

(2) C’è la Provvidenza (frase presentativa del tipo entity-central).

* [...] la Provvidenza (manca un verbo)22

In questo capitolo si propone di presentare la costruzione del c’è presentativo, ossia un

sottotipo specifico della frase esistenziale italiana, come candidato per la struttura che esprime

una frase presentativa del tipo event-reporting e dunque come uno dei due tipi di frasi che si

trovano nella parte sovrapposta nell’immagine descritta qui sopra. Si tratta di una struttura che

si può esemplificare attraverso gli esempi seguenti:

(3) C’è Maria che canta.

(4) C’è un signore che ti vuole parlare.

Nel paragrafo 4.2. di questo capitolo verrà descritta la posizione del c’è presentativo

nell’archittetura completa delle frasi esistenziali italiane e nel paragrafo 4.3. verrà controllato

il carattere presentativo del c’è presentativo tramite una rassegna dei punti di vista di alcuni

autori.

4.2. Tassonomia delle frasi esistenziali italiane

Come il nome del c’è presentativo già rivela, la costruzione fa parte del gruppo di frasi

introdotte da c’è, ossia le esistenziali italiane. La terminologia usata nella letteratura

linguistica per descrivere le frasi introdotte da c’è non è chiara: quasi ogni autore tende a

usare termini e divisioni personalizzati. Ma al di là delle scelte terminologiche, una

bipartizione viene stabilita nelle frasi introdotte da c’è tra un gruppo iperonimo e generale di

22 Si potrebbe argomentare che una frase del tipo “La Provvidenza esiste” sia un’alternativa valida e dal punto di vista semantico sembra esserlo, ma in effetti non è un’alternativa perfetta. Si aggiunge un verbo, cosa che non avviene nella frase del tipo (1), dove il verbo è già presente.

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frasi e alcuni sottogruppi più specifici (Cruschina 2012). Nella terminologia usata in questa

tesi il gruppo iperonimo è stato chiamato il gruppo delle frasi esistenziali (cf. supra: 3.1.2) e il

sottogruppo specifico che verrà preso in considerazione qui verrà chiamato il gruppo del c’è

presentativo, seguendo Cruschina:

Although I am now using the term existential sentences in a broad sense, it will soon become

clear during the discussion that, at least for italian, this is simply a cover term for different

structures, and that no less than four types of existential sentences or more appropriately of ci-

sentences, must be identified (Cruschina: 2012, 79).

Definito il gruppo iperonimo e generale delle frasi esistenziali (cf. supra, 3.1.2), occorre ora

definire il sottogruppo specifico. Alcuni criteri verranno presentati per distinguere il c’è

presentativo da altre frasi esistenziali italiane. Verrà fatto riferimento, in modo non esaustivo,

alle ricerche degli autori più noti che si sono occupati del problema delle frasi introdotto da

c’è, vale a dire: Berruto, Berretta, De Cesare, Ward, Venier, Cruschina e Crocco e Marzo.

Innanzitutto va fatta una distinzione tra autori che usano il termine c’è presentativo con una

portata ampia e autori che lo usano per definire una struttura molto specifica23. Mentre autori

come Berretta (1995), Ward (1999) e De Cesare (2007) assegnano una portata più ampia al

termine c’è presentativo, il termine viene usato per indicare una costruzione più specifica da

altri autori come Berruto (1986), Cruschina (2012) e Crocco e Marzo (2015).

Le grammatiche e i manuali di linguistica italiani finora non hanno dedicato molta attenzione

alla costruzione del c’è presentativo. A parte alcuni cenni all’esistenza di questa costruzione,

“sono quasi inesistenti gli approfondimenti sull’uso o sulle sue proprietà linguistiche e le

funzioni testuali proprie del costrutto” (Crocco e Marzo 2015, 31). La letteratura si limita per

esempio all’affermazione che la costruzione del c’è presentativo è tipica per il parlato o a

qualche riferimento al c’è presentativo in senso generale. Si veda per esempio Dardano

(1994). Alla luce di questa scarsa attenzione nelle grammatiche, questa tesi si concentrerà

soprattutto sugli studi linguistici che hanno esaminato la struttura del c’è presentativo.

La classificazione lessicale dei diversi tipi di costruzioni che sono introdotte da c’è proposta

da Berruto (1986) è una classificazione nota in letteratura. Per Berruto il c’è presentativo

constituisce il terzo sottotipo della categoria più ampia costituita dalle frasi introdotte da c’è.

23 Questa tesi, come già detto, segue la linea che usa il termine c’è presentativo per il sottogruppo specifico.

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Tipi di c’è e parafrasi:

I. il ‘c’è esistenziale’24 = ‘esiste’, e.g. ‘C’è la provvidenza.’

II. il ‘c’è locativo-deittico’ = ‘sta/si trova/è qua/ e la’, e.g. ‘A pol nord ci sono gli orsi bianchi.’

III. il ‘c’è presentativo’ = ‘ecco/ti dico che/guarda/senti’, e.g. ‘C’è un signore che vuole

parlare con te’

IV. il ‘c’è eventivo’ = ‘accade/succede/avviene/ha luogo’, e.g. ‘Ci fu una disgrazia’

V. il ‘c’è di presenza, datità = ‘si dà/abbiamo/ è presente’, e.g. ‘Ci sono due nuovi professori

di romanistica’

(Berruto 1986: 66-67).

Partendo da questa classificazione, diversi studiosi hanno proposto criteri per distinguere il

c’è presentativo dalle altre costruzioni introdotte da c’è.

Berretta (1995) indaga sulla costruzione del c’è presentativo da un punto di vista legato alla

struttura informativa. Nella sua definizione del c’è presentativo gli elementi importanti sono

la presenza di

un predicato semanticamente vuoto, che serve da presentativo dell’elemento nominale, e una

frase successiva, formalmente una subordinata, che contiene il vero predicato (Berretta, 1995:

215).

Berretta tuttavia non stabilisce una classificazione dei vari tipi di frasi introdotte da c’è così

dettagliata come quella di Berruto. Include nella sua definizione tutte le frasi introdotte da c’è

seguito da un SN, seguito poi da una frase subordinata introdotta da che. Allora anche

costruzioni che appertengono ad altre categorie individuate da Berutto, se sono seguite da una

frase subordinata, potrebbero essere considerate come esempi di c’è presentativo secondo

questa definizione, poiché la caratteristica distintiva indicata dall’autrice, ossia la presenza di

una subordinata che “contiene il vero predicato”, non è un criterio molto chiaro. Però Berretta

aggiunge che la “formula presentativa tipica” richiede che la frase subordinata sia una

pseudorelativa (Berretta, 1995: 215).

24 Berruto usa il termine frase esistenziale in modo diverso da come viene usata in questa tesi. In questa tesi si usa il termine frase esisenziale per il gruppo di tutte le frasi introdotte da c’è, mentre in Berruto viene soltanto usata per indicare il primo sottotipo di questo gruppo.

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Ward (1999) mette enfassi sul carattere non locativo/deittico del c’è presentativo, cf. il tipo II

di Berruto, ma anche per questo studioso si tratta di una struttura a portata ampia che contiene

ambedue i tipi di frasi presentative descritti qui sopra. Questi dunque non fa delle distinzioni

specifiche che aiutano a distinguere in modo chiaro il c’è presentativo.

Venier (2002) tratta del c’è presentativo dentro il quadro del suo libro dedicato alla nozione

della presentatività. A proposito del costrutto specifico preso in considerazione qui, questi fa

riferimento a Berretta (1995) e si limita ad aggiungere che la costruzione del c’è presentativo

va distinta delle alte forme sintattiche di scissione, come la frase scissa standard è X che Y,

che ha una struttura informativa assai diversa (cf. infra: 2.1).

Una ricerca estesa dedicata alle proprietà che distinguono il c’è presentativo dalle altre frasi

esistenziali italiane è quella di De Cesare (2007). L’autrice fa riferimento alla classificazione

di Berruto per quanto riguarda la suddivisione dei diversi tipi di frasi introdotte da c’è, ma

preferisce definire il terzo tipo come c’è focalizzante invece di c’è presentativo. Il termine

alternativo viene proposto per evitare fraintidementi, poiché, dal suo punto di vista, tutti i tipi

di frasi introdotte da c’è in effetti presentano un’entità nel discorso. Secondo l’autrice

l’etichetta alternativa permette di mettere in evidenza il carattere pragmatico della costruzione

(cf. infra: 4.3) Usa il termine c’è presentativo poi in senso generico per fare riferimento al

gruppo iperonimo che contiene tutte le frasi introdotte da c’è. Poi De Cesare distingue il c’è

focalizzante dalle altre categorie attraverso alcuni parametri: (i) differenze lessicali, (ii)

differenze morfosintattiche, (iii) presenza della relativa e (iv) prosodia.

(i) Mentre le altre categorie delle frasi introdotte da c’è sono caratterizzate da un impiego

lessicalmente pieno delle forma c’è, il c’è nel c’è focalizzante è un c’è semanticamente più

astratto, al quale risulta più difficile assegnare un valore lessicale specifico. Si ricordi anche la

definizione di Berretta (1995) nella quale il c’è era considerato come “semanticamente

vuoto”.

(ii) De Cesare dimostra che sono presenti alcune proprietà che distinguono

morfosintatticamente il c’è focalizzante dagli altri tipi di c’è. In primo luogo ritiene che sia

soltanto possibile usare la costruzione in forma isolata per una delle forme del c’è pieno, i.e.

per le alte categorie delle frasi introdotte da c’è. La stessa osservazione vale anche per quanto

riguarda la possibilità di negare o interrogare la costruzione. Anche la possibilità di invertire

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l’ordine dei constituenti differenzia il c’è focalizzante dagli altri tipi di c’è, poiché

quest’operazione non è possibile per il c’è focalizzante.

(iii) De Cesare sottolinea poi l’importanza della presenza di una pseudorelativa per

distinguere il c’è focalizzante dagli altri tipi di frasi introdotte da c’è : soltanto per la categoria

del c’è focalizzante è obbligatoria la presenza di una frase subordinata. Nelle altre categorie la

presenza di una frase subordinata non è obbligatoria e se è presente una relativa si tratta

spesso di una relativa restrittiva o appositiva. Questa è tra le caratteristiche più importanti per

definire il c’è presentativo e viene usata anche per frasi presentative in altre lingue, si veda

per esempio il lavoro di Michaelis et al. (2010) per quanto riguarda la frase esistenziale e

presentativa inglese.

Una pseudorelativa come frase subordinata è caratterizzata dalla sua funzione predicativa

piuttosto che modificativa e dal fatto che contiene la predicazione principale a proposito del

sintagma nominale introdotto. Una relativa restrittiva invece non contiene una predicazione

ma aiuta a definire in modo chiaro il sintagma nominale (De Cesare 2007). Allora la presenza

della subordinazione da sola non basta per categorizzare una frase come una presentativa, ma

si deve trattare specificamente di una pseudorelativa. La pseudorelativa si può facilmente

distinguere dalla frase relativa restrittiva, se il SN introdotto è già definito nel contesto

dell’enunciazione. Questo si vede nella forma linguistica se un articolo determinativo è

presente oppure se viene usato un nome proprio. Per distinguere la pseudorelativa della frase

relativa appositiva si può usare il testo di sostiuzione con il quale o la quale, che nel caso

della pseudorelativa non funziona.

(iv) come ultima caratteristica che distingue il c’è focalizzante dagli altri tipi di c’è De Cesare

menziona la struttura prosodica. Mentre una frase del tipo c’è focalizzante viene

prosodicamente presentata come un blocco, frasi degli altri tipi vengono spesso realizzate con

una pausa nella struttura prosodica, che dà luogo alla presenza di due unità intonative.

Tuttavia questa caratteristica non è sempre adeguata, poiché anche gli altri tipi di c’è possono

a volte essere pronunciati in una sola unità prosodica.

Un’altra ricerca dedicata alle differenze tra le diverse strutture esistenziali è quella di

Cruschina (2012). Qui il c’è presentativo viene considerato come uno dei quattro tipi della

categoria più grande delle frasi esistenziali. L’autore distingue tra:

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(I) frasi esistenziali

(II) locativi inversi

(III) locativi deittici

(IV) frasi presentative

Cruschina si concentra soprattutto sulle differenze tra il tipo (i), ossia il c’è esistenziale e i tipi

(ii) e (iii), ossia i casi di c’è con valore locativo. Distingue le due costruzioni attraverso la loro

struttura informativa diversa e attraverso la definitezza del SN introdotto. Le frasi esistenziali

normalmente non contengono un referente definito, ma ne introducono uno nuovo nel

discorso, del quale affermano o negano l’esistenza. Le frasi locative invece spesso parlano di

un referente già noto, ossia un referente con uno stato cognitivo del tipo attivo, non attivo o

accessibile (cf. sopra: 2.3.5) e lo situano in una locazione specifica. Per indentificare la

struttura del c’è presentativo nella sua classificazione di definitezza, Cruschina la situa tra i

due estremi delle frasi esistenziali e dei locativi. Le frasi presentative (nel senso del tipo (iv)

di Cruschina) si trovano a cavallo tra le altre due costruzioni: il referente introdotto può essere

conosciuto e per conseguenza marcato come definito ma può anche essere non ancora

conosciuto. Queste frasi dunque non sono sottoposte a restrizione di definitezza (defiteness

restriction).

L’autore sottolinea poi che la presenza di un elemento locativo in una frase introdotta da c’è

non è sufficiente a renderla automaticamente locativa. Una frase presentativa può contenere

un elemento locativo se questo elemento locativo non è saliente nel contesto specifico. In quel

caso la frase sarebbe meglio identificata come una frase locativa. Cruschina confronta gli

esempi:

(5) C’è il cane che abbaia in giardino.

(6) C’è il cane in giardino che abbaia.

Mentre l’interpretazione della prima frase come un caso di c’è presentativo sembra la più

naturale, la seconda frase andrebbe meglio interpretata come un caso di c’è locativo.

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Cruschina argomenta ancora che il c’è presentativo è una costruzione ben dinstinta delle altre

tre costruzioni che egli individua, poiché nella costruzione presentativa l’elemento ci non fa

riferimento a un referente extralinguistico o a parametri contestuali spazio-temporali, ma ha

invece una funzione discorsiva: indica una nuova proposizione come rilevante e pertinente per

il discorso. Cruschina aggiunge che una frase presentativa non può essere negata.

Sostanzialmente Cruschina concorda dunque con le asserzioni di De Cesare (2007).

Nonostanche che i parametri proposti da De Cesare (2007) e Cruschina (2012) siano per la

maggior parte efficaci, non aiutano a distinguere in modo assoluto il c’è presentativo dalle

altre frasi introdotte da c’è. Questa è l’affermazione di una delle ricerche più recenti (Crocco e

Marzo 2015) sulla costruzione del c’è presentativo nella prospettiva della variazione

sociolinguistica. Crocco e Marzo descrivono il c’è presentativo come punto di partenza come

il costrutto introdotto da c’è (o al plurale ci sono) seguito da un gruppo nominale o un

pronome e da una pseudorelativa introdotta da che non flesso.(Crocco e Marzo: 2015, 32).

L’articolo riprende in sintesi le caratteristiche più importanti della costruzione, come decritte

nella letteratura linguistica esistente e ne discute i problemi. Un esempio di questi problemi è

il fatto che non è sempre facile distinguere tra una pseudorelativa e una relativa restrittiva nel

caso che il SN introdotto da c’è compare con un articolo indefinito. In questi casi dipende

soltanto dal contesto se la frase può essere considerata come un caso di c’è presentativo. I

criteri sintattici e morfologici dunque non permettono di stabilire una definizione

completamente adeguata per distinguere il c’è presentativo dagli altri tipi di c’è. Per ovviare a

questi problemi di identificazione, la ricerca di Crocco e Marzo distingue le costruzioni

presentative da altri costrutti formalmente simili per via di proprietà informative e funzionali.

Poiché in questa tesi le proprietà informative vengono discusse nella sezione 4.3, verrà

discussa la loro definzione nella sezione 4.3.

In questa tesi si userà allora il termine c’è presentativo in senso stretto, in linea delle ricerche

di Berruto (1986), De Cesare (2007) e Cruschina (2012). I parametri proposti da De Cesare

(2007) e Cruschina (2012) verranno usati per selezionare i casi adeguati di frasi introdotte da

c’è nella ricerca empirica di questa tesi (cf. infra: 7.1). Tuttavia va ricordato che questi

parametri non sono perfetti e che per identificare il c’è presentativo si deve tenere conto delle

proprietà informative (Crocco e Marzo 2015), che verranno discusse nella sezione seguente.

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4.3. La struttura informativa del c’è presentativo

Qui sotto verrà verificata la natura presentativa del c’è presentativo attraverso un elenco dei

punti di vista di alcuni autori per quanto riguarda la struttura informativa della costruzione.25

Per Berretta (1995) il c’è presentativo è tetico26:

Quando tutta l’informazione portata della frase è nuova, non c’è parte temica (allora enunciati

tetici), e vi è l’esigenza di segnalare il suo carattare nuovo, sono frequenti strutture di frase

superficialmente più complesse, costituito da un predicato semanticamente vuoto, che serve da

presentativo dell’elemento nominale, e una frase successiva, formalmente una subordinata, che

contiene il vero predicato (Berretta: 1995, 215).

Berretta arriva alla definizione della costruzione del c’è presentativo attraverso il criterio della

novità dell’informazione portata della frase. Questo indica che per questa studiosa è molto

importante l’aspetto informativo per definire la costruzione. L’autrice aggiunge che

l’elemento X, introdotto dal c’è presentativo, che è del tipo C’è X che, viene marcato

fortemente come un elemento nuovo nel discorso.

Venier (2002) considera il c’è presentativo non soltanto come composto interamente da

informazione nuova ma anche come completamente rematico, i.e. senza la presenza di un

topic (Fiorentino 2005).

Secondo De Cesare (2007) il c’è presentativo ha tre funzioni comunicative diverse, si

tratterebbe di a) una funzione presentativa, b) una funzione focalizzante c) e una funzione

frammentante. L’autrice sviluppa poi soltanto le prime due funzioni:

a) La funzione fondomentale del c’è presentativo è quella di introdurre nel discorso un

elemento nuovo. Quest’elemento introdotto dal c’è presentativo avrebbe la funzione

pragmatica di topic nel dicorso che segue. Oppure, seguendo Lambrecht (1994), il topic

25 Viene rappresentata la loro terminologia originale per descrivere la struttura informativa. Se la loro terminologia è diversa da quella usata in questa tesi (cf. 2.2) verrà aggiunta una nota. 26 Cf. la discussione in paragrafo 2.3.8 a proposito del termine tetica. Berretta intende completamente composta da informazione nuova, dunque una frase a sentence focus nella terminologia di questa tesi.

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sarebbe già presente nella frase subordinata nella forma della ripresa prononimale che. Nella

visione di Lambrecht la prima parte della frase presentativa, ossia la parte c’è SN, ha la

funzione pragmatica di comment e in seguito appare il topic nella forma pronominale che, che

viene poi seguito da un comment. Nell’altra visione, seguita da De Cesare, il c’è presentativo

ha come funzione l’introduzione di un topic a venire: il SN avrà la funzione del topic nel

discorso che segue ma non ancora nella frase subordinata.

b) La funzione presentativa è legata ad’un altra funzione della frase presentativa: quella

focalizzante, ossia il mettere in rilievo di un elemento della frase. De Cesare argomenta che il

SN introdotto dal c’è focalizzante viene messo in focus:

il c’è focalizzante assegna la funzione di fuoco al nominale seguente e che è a partire da questa

particolare configurazione semantico-informativa che discende poi, come corollario, la

salienza che il referente del SN acquista nel contesto linguistico e extralinguistico successivo

(esso è promesso a Topic o identifica il locutore a cui spetta il turno di parola) (De Cesare,

2007: 140).

De Cesare distingue tra i concetti nucleo informativo e fuoco27, argomentando che il nucleo

informativo del c’è focalizzante si estende per tutta la frase, in contrasto con altre frasi

introdotto da c’è, come per esempio quella locativa. Il fuoco nel c’è focalizzzante invece si

limita al SN introdotto nella frase o alla parte della frase c’è SN28. Secondo De Cesare il fuoco

del c’è focalizzante sarebbe un fuoco più marcato di quello delle altri frasi introdotto da c’è.

Questa marcatezza ha come corollario che il c’è focalizzante è una costruzione molto

adeguata per stabilire il topic a venire, mentre le altre frasi, dove si verifica una marcatezza

focale minore, non sono in grado di presentare un topic.

Cruschina (2012), parlando del c’è presentativo argomenta che si tratti di una frase

completamente composta da asserzione:

From a pragmatic perspective, the main property of presentational sentences is that they introduce

a new proposition into the discourse. The whole clause is thus presented as sentence-focus

(Cruschina 2012: 97).

27 Una distinzione che non viene fatta in questa tesi, nucleo informativo equivale più o meno il concetto di focus. 28 In contrasto con il suo punto di vista espresso nell’articolo del 2006, nel quale argomentava che anche la frase dopo che era di natura focale.

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Poiché si tratta di una frase a sentence focus non viene usata la posizione FocP (cf. supra:

capitolo II) dentro la frase, che si usa soltanto per casi di argument focus. Le prime due

categorie delle frasi esistenziali individuate da Cruschina (cf. supra) sono del tipo argument

focus e queste usano per conseguenza il FocP interno, ma dunque non è il caso per il c’è

presentativo. L’autore poi anche discute la presenza di un topic nel c’è presentativo:

The DP referent is first introduced in a manner similar, if not entirely identical, to ci-sentence

types I and II. This postverbal DP then functions as the topic of the predication expressed

either by an adjectival predicate or, more frequently, by a pseudo-relative clause (Cruschina

2012: 98).

Per Cruschina allora la caratteristica informativa fondamentale del c’è presentativo è che

viene introdotta un SN in posizione postverbale in una frase a sentence focus, che funziona

poi come il topic di una frase subordinata, più precisamente una pseudorelativa.

Crocco e Marzo (2015) discutono la struttura informativa del c’è presentativo in un tentativo

di distinguerla dalle altre costruzioni esistenziali introdotte da c’è:

È stato quindi considerato presentativo un enunciato biclausale, in cui la prima clausola, aperta

da c’è, introduce un SN, definito o indefinito, che viene presentato in posizione post-verbale

focale ma che funziona come topic della predicazione espressa dalla clausola (pseudo)relativa

seguente (Crocco e Marzo, 2015: 34).

Crocco e Marzo riconoscono anche la presenza di un topic nella costruzione del c’è

presentativo e il fatto che il SN viene messo in focus ma non discutono in modo esplicito

l’estensione della nuova informazione nel costrutto.

In conclusione si può dire che secondo la letterura linguistica esistente due caratteristiche

della struttura informativa del c’è presentativo sono fondamentali:

(i) la frase completa ha una struttura informativa del tipo sentence focus, ossia queste frasi

contengono un’asserzione e non includono elementi presupposti. Questa caratteristica sembra

essere univocamente accettata dai linguisti che finora se ne sono occupati. Rimane ancora

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incerta l’estensione esatta dal focus (De Cesare 2007 vs. Cruschina 2012), ma questo sembra,

al parere di chi scrive, dipendere più dalla definizione specifica del focus (cf. supra capitolo 2

per i problemi legati alla nozione di focus) usata dagli autori, che da opinioni diverse;

(ii) la presenza di un costituente con la funzione di topic rimane tuttavia oggetto di dibattito. È

chiaro che nel c’è presentativo un referente X viene introdotto in posizione postverbale e

focale: c’è X, e che questo referente viene poi ripreso nel discorso seguente come un topic. La

domanda aperta è se il referente viene già ripreso come topic dal pronome che, il quale fa

riferimento al SN introdotto e che funziona poi come topic nella frase subordinata o se diventa

soltanto un topic nel discorso seguente. Mentre Berretta (1995), De Cesare (2007) e Venier

(2002) propendono per la seconda ipotesi, Lambrecht (1994), Cruchina (2012) e Crocco e

Marzo (2014) optano per la presenza di un topic nella frase pseudorelativa.

4.4. Conclusione

Ora che è definito il c’è presentativo e che è stata descritta la sua struttura informativa ci si

può chiedere se il c’è presentativo della tradizione linguistica italiana sia la stessa costruzione

che intende Meulleman nella sua descrizione delle frasi presentative italiane. Meulleman

(2010) parla di una costruzione esistenziale che fa parte delle frasi presentative del tipo event-

reporting, dunque il c’è presentativo deve essere presentativo e deve rappresentare un evento

per essere considerato come l’equivalente della costruzione intesa da Meulleman.

Per quanto riguarda l’aspetto presentativo della costruzione del c’è presentativo c’è una

concordanza: le costruzioni del tipo c’è presentativo sono frasi del tipo sentence focus, con

una presenza (discussa) del topic (cf. supra). Nemmeno la presenza di un evento è

problematica alla luce dei criteri proposti per descrivere la struttura del c’è presentativo.

Questi criteri hanno messo in evidenza che la relativa usata deve essere una pseudorelativa,

che esprime un predicato. Questo predicato porta in sé un elemento di azione, dunque anche la

seconda condizione è soddisfatta. Anche Cruschina (2012) afferma in modo esplicito la

presenza di un evento:

An important difference between existential and presentational sentences is that while the former

introduces a new referent into the discourse, to which further material, such as an additional

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predicate may or may not be added, the latter serves the purpose of introducing a whole

predication or a new event (Cruschina, 2012: 97) (grassetto mio).

Alla luce di come la costruzione del c’è presentativo è stata definita in questo capitolo,

sembra poter essere considerata allora come l’equivalente della costruzione presentativa

esistenziale del tipo event-reporting nella terminologia di Meulleman. Per questa costruzione

del c’è presentativo ci sarebbe la possibilità di usare come alternativa la frase con inversione

soggetto–verbo, ossia la costruzione che verrà esaminata nel capitolo seguente.

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5. La struttura con inversione verbo - soggetto

5.1. Definizione

Con il termine inversione in linguistica si intende una struttura che inverte l’ordine sintattico

canonico e non marcato di una lingua. Occorre pertanto prima stabilire cosa sia quest’ordine

canonico e non marcato. Con una frase con ordine sintattico non marcato29 si intende:

Una frase in cui l’ordine dei costituenti corrisponde all’ordine che essi hanno nella

struttura della lingua che viene ricostruita dalla teoria linguistica (Benincà, 1988: 115).

L’ordine sintattico dei costituenti in una frase viene definito a partire della posizione che il

soggetto (S) e l’oggetto diretto o indiretto (O) occupano rispetto al nucleo verbale (V). I

costituenti con funzione di S, O e V possono essere combinati tra di loro in vari modi, dando

luogo a diversi ordini, ossia SOV, SVO, OSV, OVS, VSO e VOS. Secondo un grande numero

di studiosi (Benincà 1988, Berretta 1995, Belletti 1999, Venier 2002, Bentley 2006) l’ordine

non marcato italiano sarebbe l’ordine SVO30. Tuttavia per alcuni verbi intransitivi la

posizione di base del soggetto sembra essere quella postverbale e non quella preverbale, come

nel caso dei verbi transitivi. Questo è per esempio il caso per verbi come arrivare e morire:

(1) Arriva il treno.

(2) È morto il re.

In questi casi l’ordine non marcato sarebbe l’ordine VS e non l’ordine SV. Per verbi di questo

tipo quindi non avrebbe senso parlare di inversione quando il soggetto segue il verbo, poiché

questa sequenza sarebbe appunto quella di base o non marcata. Di queste differenze legate

alla transitività del verbo si discuterà nel paragrafo 5.3. Per il momento è interessante fermarsi

per un attimo sull’ordine SVO come ordine non marcato italiano per i verbi biargomentali e

riflettere sulla motivazione pragmatica e tipologica per quest’ordine.

29 Con il termine marcatezza di una frase, non si fa automaticamente riferimento alla marcatezza sintattica, una frase può anche essere considerata marcata prosidicamente o pragmaticamente (Benincà 1988). 30 Nel caso di verbi bivalenti.

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Berretta (1995) osserva una tendenza molto generale nelle lingue del mondo per un’ordine in

cui il soggetto precede l’oggetto. L’idea di questa tendenza viene in effetti confermata anche

da molte altre ricerche linguistiche. Si vede come esempio molto noto il primo universale

individuato da Greenberg (1963), che era in linea con la ipotesi che l’ordine S-O sia una

tendenza molto generale:

In declarative sentences with nominal subject and object, the dominant order is almost

always one in which the subject precedes the object (Greenberg 1963: 110).

L’ipotesi viene anche confermata da ricerche tipologiche che prendono in considerazione una

grande quantità di dati di diverse lingue, come il progetto del World Atlas of Language

Structures online (Dryer, Matthew, Haspelmath, Martin 2013). Anche qui gli ordini sintattici

più difussi sono quelli in cui il soggetto precede l’oggetto (Dryer 2013):

Subject-object-verb (SOV) 565

Subject-verb-object (SVO) 488

Verb-subject-object (VSO) 95

Verb-object-subject (VOS) 25

Object-verb-subject (OVS) 11

Object-subject-verb (OSV) 4

Figura 2: Gli ordini sintattici delle lingue prese in considerazione dal WALS online

(Dryer 2013)

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Secondo Berretta (1995) questa preferenza per l’ordine S-O potrebbe essere legata al fatto che

il soggetto è molto spesso un referente dato, ossia un referente con lo stato cognitivo di attivo,

accessibile o inattivo (cf. supra: 2.3.5) e anche molto spesso il costituente topicale della frase,

e al fatto che l’oggetto è molto spesso un referente nuovo, che fa parte del comment.

Quest’idea è ampiamante condivisa nella letteratura (per esempio Lambrecht 1994,

Meulleman 2010) ed è stata anche empiricamente confermata da alcune ricerche, si veda tra

l’altro quelle di Francis, Gregory e Michaelis (1999) e Michaelis e Francis (2007). Poiché

l’informazione data e/o topicale si trova normalmente all’inizio di una frase, seguita dalla

parte nuova e rematica (Bentley 2006) sarebbbe dunque logico che questo si realizzi in una

preferenza per l’ordine sintattico del tipo S-O. Poiché la struttura topic-comment è la struttura

più difussa e non marcata informativamente è logico che questo sia correlato con l’ordine S-O

come ordine sintattico più diffuso e non marcato. Per questo motivo si può considerare

l’ordine di base della lingua italiana, SVO, come un’ordine funzionalmente motivato.

Tuttavia anche altri ordini sintattici, ossia SOV31 e VSO32 corrispondono perfettamente alle

esigenze funzionali formulate qui sopra. È noto infatti che con una ricerca sulle motivazioni

funzionali di una struttura si può soltanto cercare di motivare delle costruzioni esistenti e non

predire a priori quale costruzione verrà usata (Lambrecht 1994). Il fatto che nell’italiano si usi

specificamente l’ordine SVO e non gli ordini SOV e VSO si può spiegare, nello specifico,

sulla base del tipo linguistico cui appartiene tale lingua e guardando al suo sviluppo storico a

partire dal latino.

Ora che è stabilito che l’italiano ha come ordine sintattico canonico SVO, si riprende il

concetto dell’inversione. Una struttura con inversione altera l’ordine canonico e fa sì che la

frase diventi una frase marcata, ossia una frase

in cui i constituenti non occupano le loro posizioni canoniche, previste dalla struttura della

lingua, ma sono stati spostati per esprimere un particolare significato, in aggiunta al contenuto

proposizionale della frase stessa (Benincà 1988, 115).

L’ordine sintattico italiano V(O)S viene dunque considerato come un caso di inversione,

poiché il verbo e l’oggetto, se è presente, precedono il soggetto in un’ordine considerato non

31 Anche un ordine molto difusso, si veda per esempio il latino classico, il turco e il giapponese (Berretta 1995). 32 Anche un ordine molto difusso, si veda per esempio l’arabo classico e le lingue celtiche (Berretta 1995).

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canonico. Altri ordini sintattici che in principio possono essere considerati come un caso

d’inversione come OVS, OSV e VSO tuttavia non vengono interpretati come tale. L’ordine

VSO non viene considerato per il motivo semplice che esso non è un’ordine accettabile in

italiano. (Sornicola 1999, Belletti 1999, Lamiroy e Lahousse 2012).

(3) *Aveva fatto il capitano un discorso simile anche a Natale (Lamiroy e Lahousse

2012: 394).

Gli ordini sintattici OVS33 e OSV invece sono ordini italiani esistenti e sono dunque candidati

per essere considerati come strutture con inversione verbo – soggetto:

(4) Un braccialetto ha regalato a Maria Giorgio per il suo compleanno (Lamiroy e

Lahousse 2012: 394).

(5) Un discorso simile il capitano aveva fatto anche a Natale (Lamiroy e Lahousse

2012: 394).

Tuttavia tali ordini non sono da considerare nell’ambito di questa tesi poiché questi ordini

normalmente non vengono usati con una funzione presentativa, ossia con il “particolare

significato” (Benincà: 1988, 115) che si vuole indagare in questa tesi. La struttura V(O)S

invece viene spesso considerata come la struttura presentativa per eccellenza (Venier 2002,

De Cesare 2007). Nei paragrafi seguenti verrà indagato se questa struttura V(O)S in effetti

possa essere considerata come una struttura presentativa.

5.2. La struttura informativa della frase con inversione

Una volta definita la struttura con inversione ora si vuole indagare la sua struttura informativa

per poter verificare la sua natura presentativa. Tuttavia, prima di entrare nella discussione a

proposito della natura presentativa della costruzione con inversione V(O)S, va detto che la

presenza di un’ordine sintattico marcato in una lingua non può essere spiegato riferendosi

esclusivamente al livello sintattico, semantico o pragmatico. I tre livelli, infatti, concorrono

nell’influenzare l’ordine, dando luogo a diverse spiegazioni possibili per uno stesso ordine

33 OVS è tuttavia un’ordine italiano che viene soltanto usato in uno stile elevato e antico (Lamiroy e Lahousse 2012).

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(Lambrecht 1994, Sornicola 1999). In questa tesi ci si concentrerà sulla motivazione

pragmatica della costruzione con inversione (cf. 5.2 e 5.5), ma verranno prese anche in

considerazioni alcune motivazioni sintattiche (cf. 5.3) e semantiche (cf. 5.4).

In molte ricerche (per esempio Venier 2002, De Cesare 2007) la struttura sintattica con

inversione viene spesso considerata come la struttura per eccellenza di una frase

completamente rematica con sentence focus. Come afferma anche Meulleman:

.., il est tout à fait logique que l’ordre V-SN soit considéré comme l’ordre non marqué par la

totalité des constructions présentationelles, contrairement à l’ordre SN-V qui est l’ordre non

marqué pour les constructions non présentationelles (Meulleman: 2010, 38).

En espagnol et en italien, la construction la plus fréquente dans ce contexte est sans doute celle

à inversion du sujet nominal (Meulleman: 2010, 48).

Tuttavia queste rimangono delle osservazioni generali, che possono avere delle eccezioni,

soprattutto per quanto riguarda alcuni tipi di verbi (cf. infra: 5.3).

Secondo Sasse (2006) la struttura con inversione è uno dei quattro tipi principali di strutture

presentative presenti nelle lingue del mondo (cf. supra: 3.1.1). Tuttavia l’autore osserva che

l’ordine V(O)S viene anche usato per due altri tipi di focus, ossia focus soltanto sul verbo e

argument focus. L’esistenza di questo problema dei diversi tipi di focus per la struttura con

inversione è stata notata in molte lingue, si veda per esempio anche la discussione della

situazione spagnola (cf. supra: 3.4). Dunque l’ordine V(O)S non è senz’altro un ordine

sintattico che indica una funzione presentativa. Mentre l’idea della possibilità del focus

soltanto sul verbo non è ampiamente condivisa nella letteratura, rispetto all’idea della

presenza di argument focus c’è ampio accordo.

Meulleman (2010), a proposito della costruzione con inversione, fa una distinzione tra due tipi

d’inversione, ossia inversion absolue e inversion présentative. L’inversione assoluta viene

usata come una risposta a una domanda del tipo “Chi?”, dando luogo ad una struttura con

argument focus:

(6) Chi ha mangiato la mela?

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L’ha mangiata MARIA. (argument focus sul sintagma nominale Maria)

(7) Chi è arrivato?

È arrivato GIOVANNI. (argument focus sul sintagma nominale Giovanni)

L’inversione presentativa invece viene usata come risposta ad una domanda del tipo “Che

cosa è successo?”e da luogo ad una struttura con sentence focus:

(8) Che cosa è successo?

È scoppiata una bomba. (sentence focus)

(9) Che cosa è successo?

??? Ha avuto una promozione Paolo. (sentence focus)

In diverse tradizioni linguistiche ci si è resi conto dell’esistenza dei due tipi di focus nelle frasi

con inversione. Nella linguistica italiana si notino Benincà (1988) e Berretta (1995) che

individuano due strutture informative possibili per la struttura con inversione: una struttura

con un soggetto rematico (argument focus), che porta in sé il nucleo dell’informazione, e una

struttura dove il soggetto fa parte da una frase completamente composta da informazione

nuova (sentence focus). Nella tradizione generativa la struttura con inversione viene

considerata come una struttura che usa una testa funzionale focale dentro la frase e non quella

focale più standard nella periferia sinistra della frase. Dal punto di vista generativo

l’operazione dell’inversione dà luogo ad un soggetto focale, confermando l’idea che

l’inversione possa essere usata anche per una struttura del tipo argument focus (Belletti 1999).

Pertanto la costruzione V(O)S può essere considerata come una struttura presentativa, benché

essa possa anche avere una interpretazione del tipo argument focus. Tuttavia, come è stato

detto anche per lo spagnolo (cf. supra: 3.4), questo non è un problema fondamentale. Il tipo

della struttura informativa di una frase è sempre legato al contesto, dunque non è sorprendente

che la struttura sintattica V(O)S non corrisponda univocamente ad un solo tipo di focus.

Tuttavia la distinzione tra i due tipi di focus non sembra di dipendere soltanto dal contesto e

dai fattori inerenti alla struttura informativa, ma anche dal tipo di verbo presente. Con alcuni

verbi sarebbe soltanto possibile l’interpretazione del tipo argument focus, mentre con gli altri

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verbi sarebbero possibili ambedue le interpretazioni. Questi problemi legati alla transitività

del verbo verranno discussi nel paragrafo seguente.

5.3. L’ordine V(O)S legato alla transitività del verbo?

Due questioni sono da considerare a proposito del legame tra la costruzione V(O)S e la

transitività del verbo. Si può ipotizzare che la possibilità di avere l’inversione sia legata solo

al tipo di verbo presente nella frase, oppure che sia legata non solo al tipo di verbo ma anche

al tipo di focus. La prima ipotesi è che la presenza della costruzione V(O)S sia semplicemente

dovuta alla transitività del verbo. La seconda ipotesi stabilisce una relazione tra il tipo del

focus (argument focus o sentence focus) e la transitività del verbo.

5.3.1. L’inversione legata alla transitività?

Un problema legato al considerare l’ordine V(O)S come l’ordine usato tipicamente per

indicare una funzione presentativa è legato all’ipotesi che tale ordine sia quello canonico (e

dunque non marcato) per una particolare classe di verbi, vale a dire gli inaccusativi. I verbi

inaccusativi sono un sottogruppo dei verbi intransitivi (cf. infra). Da questo punto di vista

l’ordine SVO sarebbe l’ordine canonico per i verbi transitivi, SV quella per i verbi inergativi e

VS quella per i verbi inaccusativi (Berretta 1995, Venier 2002). Tale visione problematizza

l’interpretazione dell’ordine V(O)S come un’inversione che dà luogo a un’interpretazione

presentativa, poiché la sua presenza sarebbe soltanto dovuta alla natura inaccusativa del

verbo34:

Ora se la realtà fosse che tutti gli enunciati VS sono costituiti da predicati inaccusativi,

l’ipotesi che si possano distinguere enunciati tetici, o presentativi, varebbe a cadere.

Tali enunciati sarebbero infatti la mera conseguenza di una caratteristica sintattica, per

cui tutti i verbi con ausiliare essere che nella loro realizzazione sono monovalenti,

avrebbero un soggetto che ha come posizione di base la posizione postverbale (Venier:

2002, 44).

34 Tuttavia si potrebbe ancora argomentare che un evento o un referente nuovo potrebbe soltanto essere rappresentato in modo adeguato attraverso i verbi inaccusativi. (Venier 2002) In questo caso l’esistenza di questa classe di verbi potrebbe essere interpretata come una grammaticalizzazione del fatto che sono esattamente questi verbi che vengono normalmente usati in un contesto presentativo.

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Prima di poter trattare di questo problema, ci si deve domandare che cosa siano esattamente i

verbi inaccusativi. Parlando di una classificazione dei verbi, la prima distinzione che viene

spesso fatta, anche nelle grammatiche di base, è quella tra i verbi transitivi e i verbi non

transitivi. Questa distinzione viene fatta alla base del numero dei argomenti verbali: i verbi

transitivi sono quelli verbi che richiedono nella loro struttura verbale due argomenti, ossia un

soggetto e un oggetto diretto. Per esempio:

(10) Paolo ha scritto la lettera.

I verbi intransitivi invece hanno soltanto uno argomento nella loro valenza verbale, ossia il

soggetto. Per esempio:

(11) Francesco ha telefonato.

Poiché tale categorizzazione appare netta ci si può domandare perché si parli di tre guppi. La

risposta sta nel fatto che viene riconosciuta una divisione, all’interno del gruppo degli

intransitivi, che contrappone due sottogruppi caratterizzati da proporietà diverse. Tale

suddivisione della classe degli intransitivi è nota come split intransitivity (intransitività

scissa; per l’italiano si veda Bentley 2006). Dopo che Perlmutter nel 1978 ha proposto l’idea

che i verbi intransitivi si dividano in due sottogruppi, l’intransitività scissa è diventata un’idea

fondomentale nella linguistica moderna, che è stata studiata in modo esteso nel quadro di

varie teorie linguistiche (Bentley 2006, Sorace 2011).

Secondo il modello di Perlmutter la classe dei verbi intransitivi non è omogenea ma è

composta da due gruppi: gli inergativi e gli inaccusativi. La distinzione tra i due gruppi è stata

originariamente stabilita nel quadro della grammatica relazionale. Questa teoria linguistica fa

una distinzione tra due livelli, un livello iniziale che contiene i primitivi e un livello finale che

contiene i costituenti come si manifestano nell’uso linguistico empiricamente verificabile. I

verbi inergativi sono i verbi dei quali il soggetto è un soggetto prototipico e non ambiguo,

ossia sia al livello dei primitivi che al livello finale il soggetto si comporta come soggetto. Per

i verbi inaccusativi invece soltanto al livello empirico sarebbe presente un soggetto, mentre al

livello iniziale e primitivo si tratterebbe di un oggetto (Bentley 2006, Sorace 2011).

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I verbi inaccusativi sono dunque i verbi dei quali i soggetti sono considerati ad avere

caratteristiche sia dei soggetti che degli oggetti. In italiano si può illustare questa ambiguità

attraverso alcune carattertistiche. Per quanto riguarda le proprietà dei soggetti c’è da dire che

il soggetto dei verbi inaccusativi si accorda con il verbo di modo definito, come i soggetti dei

verbi transitivi e inergativi (Salvi 1988):

(12) Paolo mangia la mela. (verbo transitivo)

(13) Paolo mangia. (verbo inergativo)

(14) Paolo arriva. (verbo inaccusativo)

Per quanto riguarda gli oggetti, si può notare che gli oggetti dei verbi transitivi e i soggetti dei

verbi inaccusativi condividono la possibilità di entrare in una costruzione partitiva con ne,

mentre tale possibilità è preclusa ai soggetti dei verbi transitivi e a quelli dei verbi inergativi

(Salvi 1988, Bentley 2006).

(15) Ne ho visti molti. (Salvi: 1988, 49) (ne partitivo per l’oggetto diretto di un verbo

transitivo)

(16) Ne sono affondati molti. (Salvi: 1988, 50) (ne partivo per il soggetto di un verbo

inaccusativo)

(17) * Ne hanno telefonato gli autori (Salvi: 1988, 50) (ne partitivo per il soggetto di

un verbo inergativo)

Analogamente, il participio passato dei verbi transitivi e inaccusativi può può essere usato

come attributo del complemento oggetto nei transitivi o del soggetto negli inaccusativi,

mentre questo non è possibile con il soggetto degli inergativi (Salvi 1988, Bentley 2006).

(18) Uno studente presentatogli di recente (studente = oggetto diretto di un verbo

transitivo)

(19) Uno studente laureatosi da molto (studente = soggetto di un verbo inaccusativo)

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(20) * Uno studente telefonato poco fa (studente = soggetto di un verbo inergativo)

Una volta individuata almeno nelle sue linee generali la classe dei verbi inaccusativi35, ci si

può chiedere se la struttura V(O)S sia tipica soltanto ai verbi inaccusativi mentre non venga

utilizzata con gli altri verbi. Andrebbe infatti in questa direzione un’altra proprietà spesso

citata dei verbi inaccusativi, cioè che il soggetto di questi verbi si può trovare in posizione

postverbale, che è la posizione canonica per gli oggetti nell’ordine SVO (Salvi 1988). A

partire dall’osservazione di questa proprietà è stata formulata l’ipotesi che la posizione

postverbale del soggetto sia propria degli inaccusativi e non degli altri tipi di verbi. A

proposito di questo legame esiste tuttavia un dibattito molto ampio, che non può essere

descritto in modo esteso nei limiti di questa tesi. Ci si limita qui a presentare alcuni tra i punti

di vista più rilevanti ai fini di questa discussione.

Diversi studiosi, come ad esempio Perlmutter (1983) hanno sostenuto l’ipotesi che

l’inversione sia limitata dalla natura del verbo. Dall’altro lato invece ci sono studiosi che

hanno argomentato che l’inversione sia una struttura (abbastanza) libera, aperta a molti tipi di

verbi. Burzio (1986) afferma che per quasi ogni frase con un soggeto preverbale esiste anche

la possibilità di una costruzione alternativa con un soggetto postverbale. La sua idea è

conosciuta come l’inversione libera italiana. Secondo questo punto di vista è la pragmatica e

non la sintassi a determinare la presenza della costruzione con inversione (Bentley 2006).

I lavori più recenti su questa problema sembrano prendere una posizione intermedia tra quella

che afferma che l’inversione è motivata solo in termini sintattici e quella che la motiva

puramente in termini pragmatici. Questi studi affermano che esiste un legame tra i due

fenomeni ma che questo non si dà in termini assoluti. Benincà (1988) e Berretta (1995)

affermano che l’ordine postverbale è più normale con i verbi inaccusativi, ma che può

occorrere anche con alcuni verbi inergativi. Pinto (1997) osserva che la struttura con

inversione può funzionare con alcuni verbi inergativi (e.g. telefonare), mentre non è possibile

usare la costruzione VS con alcuni verbi inaccusativi (e.g. impallidire e stufarsi):

35 Nel gruppo dei verbi inaccusativi si trovano diversi sottotipi, ossia i verbi ergativi, i verbi inerentemente riflessivi, i verbi intransitivi che si coniugano con l’ausiliare essere, tutti i verbi usati nella forma passiva e tutti i verbi usati con il si passivo (Salvi 1988).

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(21) Che cosa è successo?

Ha telefonato Dante (Meulleman 2010: 56).

(22) Che cosa è successo?

* È impallidito Berlusconi (Meulleman 2010: 56).

Bentley (2006) afferma che l’ordine delle parole non sia una caratteristica valida per

distinguire gli inaccusativi dagli inergativi. L’autrice ritiene inoltre che la posizione

postverbale del soggetto sia possibile per ambedue i tipi di verbi. Ad ogni modo Bentley

ritiene che l’inversione, con una lettura informativa del tipo sentence focus, non sia possibile

con i verbi transitivi, affermando anche che la frase con inversione sia al primo posto legata

alla funzione presentativa:

I have developed an account of non-contrastive bare VS order which is based on the idea that

this order encodes primarily the introduction of new events into discourse (Bentley 2006:

395).

Anche Venier (2002), che ha dedicato una ricerca estesa al problema della relazione tra la

struttura con inversione verbo - soggetto e la nozione di inaccusatività, conclude che esiste un

legame forte, ma non assoluto, tra di esse. A questo proposito si può ricordare la sua

affermazione secondo cui se non fosse così, non sarebbe più possibile interpretare la struttura

con inversione come una struttura pragmaticamente marcata, poiché la sua esistenza sarebbe

semplicemente dovuta alla sintassi dei verbi inaccusativi.

Meulleman (2010) afferma che vari studiosi hanno provato a stabilire un legame tra

l’inaccusatività e l’inversione presentativa, ma che questo legame si dà soltanto come

preferenza e non come correlazione assoluta:

Toutes les tentatives d’isoler une propriété de nature lexicale ou syntaxique comune à

l’ensemble des verbes qui admettent l’inversion présentative ont échoué (Meulleman, 2010:

55).

Pertanto sembra che esista una preferenza per i verbi inaccusativi nelle strutture con

inversione ma che questa preferenza non sia assoluta. Il fatto che non è possibile fare la

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distinzione in termini assoluti, rientra nelle conclusioni di ricerche recenti come Sorace (2011)

che argomenta in favore della necessità di rivedere l’idea dell’intransitività scissa come un

continuo e non come una divisione netta. La studiosa ha proposto una gerarchia basata su

criteri semantici tra due estremi di completamentente inergativo e completamente

inaccusativo, senza quindi scartare la nozione sintattica dell’intransitività scissa ma

inquadrandola in modo più ampio.

In conclusione si può dire che nella letteratura attuale non si sostiene più una divisione netta

che permette agli inaccusativi di usare la struttura con l’inversione, mentre questo non sarebbe

possibile per gli inergativi e i transitivi.

5.3.2. Il tipo di focus legato alla transitività?

Un’ipotesi meno forte è che la transitività del verbo non condizioni completamente la

possibilità di usare l’inversione, ma che anche il tipo di focus abbia un ruolo in questo senso.

L’inversione assoluta potrebbe essere legata ai verbi transitivi e l’inversione presentativa

legata ai verbi intransitivi (Meulleman 2010). Vale a dire che secondo questo punto di vista i

verbi intransitivi possono andare bene con ambedue tipi di focus, mentre i verbi transitivi

soltanto accettano l’argument focus.

Tuttavia anche quest’idea è l’oggetto di dibattito. Secondo Lamiroy e Lahousse (2012) una

lettura del tipo sentence focus è tuttavia possibile con i verbi transitivi in una struttura

d’inversione, dando luogo all’ordine VOS. Tuttavia dall’unico esempio da loro citato si vede

chiaramente che questo può soltanto avvenire in contesti molto specifici:

Prende la parola Jean Todt in un fluente italiano. Dice che «le parole servono a poco, meglio

badare ai fatti». Non promette niente salvo una cosa: «Lavoriamo per vincere, se ci riusciremo

lo diranno i risultati». Bravo, un basso profilo sincero e onesto. Dopo due anni di proclami e di

beffe tremende all’ultima gara, meglio aspettare i risultati. E poi altre sorprese. Prende il

microfono il direttore tecnico Ross Brown, da un anno a Maranello. Parla in italiano, con

accento in inglese ma in un buon italiano.[on-line corpus La Repubblica] (Lamiroy e Lahouse

2012: 400)

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La costruzione citata proviene da un giornale, dunque si tratta di un linguaggio specializzato.

Per altre forme di linguaggio la costruzione V(O)S con una lettura di sentence focus spesso

non è scontata.

In quale misura l’estensione del focus sia correlata con il tipo di verbo nelle strutture con

inversione rimane dunque oggetto di dibatito. Questo fenomeno verrà preso in considerazione

nella ricerca empirica presentata nel capitolo 7.

5.3.3. Conclusione provvisoria

In conclusione si può affermare che la struttura con inversione verbo-soggetto sia

generalmente analizzata come una struttura informativa del tipo sentence focus. Ma allo stesso

tempo si deve tenere conto dell’influenza cruciale della transitività del verbo, ossia la

costruzione in forma presentativa sembra apparire facilmente con i verbi inaccusativi, meno

facilmente con i verbi inergativi e quasi mai appare con i verbi transitivi. Per l’ultima

categoria di verbi è inoltre molto probabile che, se la struttura appare, si tratti piuttosto di una

struttura con argument focus. I problemi citati qui verranno ripresi nella ricerca empirica

presentata nel capitolo 7.

5.4. La semantica e l’ordine V(O)S

È stata inoltre proposta l’idea che la possibilità di usare l’ordine V(O)S possa essere legata ad

alcune proprietà semantiche dei verbi invece di proprietà sintattiche. Alcuni esempi a

sostegno di questa ipotesi sono i seguenti: verbi che rappresentano un cambiamento di stato e

verbi puntuali hanno molto maggiori probabilità di occorrere con l’ordine V(O)S. I verbi

durativi invece preferiscono normalmente l’ordine S(O)V (Sornicola 1999).

Secondo Lambrecht (1994) e Sornicola (1999) un fattore determinante sarebbe il criterio di

animatezza o non animatezza del soggetto. Un soggetto animato richiederebbe l’ordine

S(O)V, mentre un soggetto non animato andrebbe bene con l’ordine V(O)S.

Quest’osservazione rientra anche nella motivazione pragmatica presentativa della costruzione,

secondo cui, come si è detto, la costruzione avrebbe la fondamentale funzione di esprimere

presentatività. Una costruzione presentativa serve spesso a introdurre un nuovo evento. Se si

rappresenta un evento, normalmente non si fa ricorso a un agente attivo che fa qualcosa.

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Invece, rappresentando un evento come un’imagine totale, si favoriscono strutture con

soggetti poco animati.

Si ricordi che Sorace (2011) ha proposto alcuni parametri semantici per creare una gerarchia

tra gli estremi dell’inaccusitività completa e dell’inergatività completa. Questi parametri

potrebbero condizionare anche la possibilità di usare la struttura con inversione. I verbi che si

trovano in basso nella gerarchia, che sono dunque più inergative, sembrerebbero anche non

andare bene con la struttura con inversione.

CHANGE OF LOCATION > categorically unaccusative

CHANGE OF STATE >

CONTINUATION OF STATE >

EXISTENCE OF STATE >

UNCONTROLLED PROCESS >

CONTROLLED MOTIONAL PROCESS >

CONTROLLED NON-MOTIONAL PROCESS categorically unergative

Figura 3: The Split Intransitivity Hierarchy (Sorace, 2011: 69)

5.5. Limitazione a l’inversione: la quantità dell’informazione

Oltre ai problemi legati alla transitività e alla semantica, e possibilmente connessi a questi, c’è

un altro aspetto che può limitare la possibilità di usare la costruzione presentativa con

inversione. Si tratta della quantità di informazione che può essere condivisa attraverso tale

struttura. La struttura con inversione viene considerata come una frase presentativa (cf. supra),

dunque una frase che è completamente composta da informazione nuova. Tuttavia si può

dubitare se la costruzione V(O)S sia “in grado” di trasmettere una grande quantità di

informazione nuova.

In generale si può dire che ogni struttura o frase è limitata cognitivamente per quanto riguarda

la quantità di referenti nuovi e informazione nuova che essa può trasmettere. Per stabilire una

comunicazione efficiente l’ascoltatore deve essere in grado di gestire l’informazione

condivisa e se troppa informazione è accumalata in una frase sola, il compito interpretativo

diventa più difficile. Diversi studiosi, come Givón (1975 e 1983), Du Bois (1980 e 1987),

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Chafe (1987 e 1994) e Lambrecht (1994) hanno contribuito al campo di studio riconoscendo

l’importanza della limitazione cognitiva (Kuzar e Netz 2010). Gli studiosi citati sottolineano

in particolare le difficoltà poste dall’introduzione di altri referenti nuovi se il soggetto stesso è

già un referente nuovo: si tratto appunto del caso delle presentative, in cui il soggetto non è

l’unico referente nuovo introdotto dalla frase. Come esempi di affermazioni formulate nella

cornice di questa teoria si citano qui di seguito alcuni passi:

...the presence of some sort of upper-bound phenomenon constraining the number of

arguments or potential bits of information, and this upper-bound constraint seems to depend

on the status of the least dispensable argument of the proposition, its subject, i.e., whether it is

itself new or old information (Givón, 1975: 203).

The One New Argument Constraint:

Avoid more than one new argument per clause (Du Bois, 1987: 826).

There is a natural restriction on the number of unidentifiable or inaccessible non-topical

referents which can be introduced within one sentence or a clause (Lambrecht 1994: 170).

Do not introduce a referent and talk about it in the same clause (Lambrecht, 1994:185).

Tuttavia non ogni struttura sintattica è limitata nella stessa misura: sembra in particolare che

la struttura con inversione presenti notevoli limitazioni d’uso. Benincà (1988) afferma che la

costruzione con inversione diventa più difficile da usare se viene aggiunto un costituente

aggiuntivo. A titolo di esempio l’autrice cita le frasi del tipo (i), che sono composte soltanto

dal verbo e dal soggetto e che non presentano particolari problemi di accettabilità.

(i) È arrivato Piero.

È stato arrestato mio fratello.

È affondata la nave.

Per contro, se viene aggiunto un costituente, le frasi risultati diventano meno facilmente

accettabili e necessitano di contesti particolari o di intonazioni marcate per risultare naturali.

(ii) È arrivato Piero a Roma.

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È stato arrestato mio fratello a Libano.

È affondata la nave alla cinque.

Lambrecht (1994) afferma specificamente che nella costruzione con inversione italiana non si

può avere un altro referente lessicale nuovo oltre al soggetto. Secondo lo studioso questo dà

luogo alla preferenza della struttura con inversione per i verbi intransitivi. Da questo punto di

vista ci potrebbe essere una motivazione funzionale per il fatto grammaticale che sono

soprattutto i verbi intransitivi, ossia i verbi che sono presenti in strutture senza la presenza

d’un oggetto lessicale, a preferire l’ordine verbo-soggetto come struttura presentativa.

Quest’idea che presenta interessanti implicazioni verrà esaminata in modo esteso nella ricerca

empirica nel capitolo 7.

Sornicola (1999) ritiene che, oltre alla natura transitiva o non transitiva del verbo, la presenza

di due costituenti36 faccia sì che la struttura sintattica diventi meno libera. Vale a dire che se

c’è soltanto un argomento, sia l’ordine SV che l’ordine VS sono ugualmente possibili, mentre

se ci sono presenti due costitueni, la preferenza va chiaramente all’ordine fisso SVO. La

studiosa poi spiega il fenomeno ricorrendo ad una nozione astratta di ordine.

In questa tesi si vorrebbe argomentare che questo fenomeno può anche essere interpretato dal

punto di vista delle limitazioni cognitive. Se sono presenti due costituenti, un costituente sarà

normalmente dato e l’altro nuovo per via delle limitazioni cognitive già citate. Questo dà

logicamente luogo all’ordine SVO, seguendo il principio che l’informazione data si trova

all’inizio della frase e l’informazione nuova alla fine. Se è invece presente soltanto un

costituente, questo può essere più facilmente nuovo, dando luogo alla possibilità di usare

l’ordine presentativo VS. Il fatto che l’ordine VOS si usa così difficile, almeno nella versione

sentence focus, può essere legato al suo peso cognitivo: presentare due costituenti nuovi in un

blocco non è cognitivamente vantaggioso. Inoltre la natura del secondo argomento, ossia,

essendo un oggetto diretto, nel caso dei verbi transitivi, o un altro costituente, nel caso dei

verbi intransitivi, potrebbe essere non di primaria importanza. Soltanto il fatto che è presente

un costituente nuovo oltre al soggetto potrebbe determinare la possibilità di usare la

costruzione con inversione. Quest’idea verrà ulteriormente sviluppata nella ricerca empirica

proposta nel capitolo 7.

36 Si tratta del soggetto e dell’oggetto nel caso dei verbi transitivi e del soggetto e un costituente aggiuntivo per i verbi intransitivi.

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5.6. Conclusione

Sembra che la struttura con inversione verbo-soggetto possa essere considerata come una

struttura presentativa che tuttavia porti in campo numerosi problemi e limitazioni sul piano

della sintassi, della semantica e della struttura informativa. Questi possono condizionare il suo

uso e l’alternanza con la costruzione del c’è presentativo, di cui si discuterà nel capitolo

seguente.

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6. L’alternanza tra il c’è presentativo e la frase con inversione verbo-soggetto

6.0. Introduzione

Dopo aver indagato la struttura informativa delle due costruzioni presentative italiane più

diffuse e aver concluso che secondo la letteratura linguistica esistente ambedue le costruzioni

in effetti hanno una struttura informativa completamente rematica e con focus sull’intera frase

(sentence focus)37, rimane ancora da chiarire se le due strutture siano completamente

equivalenti. Questa domanda, e il tentativo di fornire ad essa una risposta, rappresentano il

cuore della ricerca presentata in questa tesi. Prima di passare alla ricerca empirica (capitolo

7), si ripercorrerranno qui i punti di vista degli autori che hanno elaborato spunti interpretativi

in merito al problema dell’alternanza tra le due costruzioni.

Nella prima sezione di questo capitolo (6.1) si tratterà della possibile differenza tra le due

costruzioni per quanto riguarda il grado di transitività del verbo coinvolto. Nella seconda

sezione (6.2) saranno riassunte le ipotesi che spiegano la differenza tra le due struttture in

relazione alla quantità di informazione trasmessa dall’enunciato. Nell’ultima sezione (6.3.)

verrà discussa la possibilità che la differenza tra le due costruzioni riguardi la struttura

informativa, prestando attenzione particolare alla presenza di un eventuale constituente

topicale nella costruzione introdotta dal c’è. Si noti che i due primi spunti interpretativi vanno

nella stessa direzione individuata da quanti ipotizzano restrizioni sull’uso della costruzione

con inversione discussa nel capitolo precedente (cf. supra: capitolo 5). È possibile che queste

restrizioni sulla costruzione dell’inversione possono essere superate attraverso l’uso della

costruzione del c’è presentativo, la quale potrebbe spiegare la necessità funzionale di avere

ambedue le costruzioni presentative nell’archittetura della lingua.

6.1. La transitività

Dopo la pubblicazione dell’articolo “Transitivity in grammar and discourse” di Hopper e

Thompson (1980) (d’ora in poi H&T) le idee sulla nozione della transitività nel campo della

linguistica sono fondamentalmente cambiate, e tale nozione ha acquisito grande importanza in

studi linguistici di diverso tipo. A partire da H&T, infatti, la nozione di transitività non è stata

37 Tuttavia le strutture non hanno sempre il focus sull’intera costruzione. Per i casi i cui le strutture non sono del tipo sentence focus, cf. supra: 4.1 e 5.2.

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più intesa come la semplice presenza o assenza di un secondo participante

all’azione/evento/stato descritto dal verbo nella frase, ma come una nozione multifattoriale, in

cui la presenza del secondo participante rappresenta solo uno dei fattori in gioco. Secondo

questa visione una frase non è in modo assoluto transitiva o intransitiva, ma può presentare

gradi di maggiore o minore transitiva, in base alla presenza di una o più caratteristiche tipiche

della costruzione propriamente transitiva:

CRITERIUM HIGH LOW

A. Participants 2 or more participants 1 participant

B. Kinesis Action non-action

C. Aspect Telic Atelic

D. Punctuality Punctual non-punctual

E. Volitionality Volitional non-volitional

F. Affirmation Affirmative Negative

G. Mode Realis Irrealis

H. Agency A high in potency A low in potency

I. Affectedness of O O totally affected O not affected

J. Individuation of O O highly individuated O non-individuated

(Hopper e Thompson: 1980, 252)

Applicando la nozione di transitività di H&T alle frasi presentative, Venier (2002) afferma

che ambedue le costruzioni presentative di cui si discute in questa tesi hanno un grado di

transitività basso. Questa proposta è in linea con le idee originali di H&T, che offrono come

esempio di una frase con basso grado di transitività proprio una frase presentativa inglese:

Again, consider: (5) There were no stars in the sky. This would, of course, be much lower in

Transitivity than either 3a [Jerry likes beer.] or 3b [Jerry knocked Sam down.], since it has no

features in the 'high' column except realis (Hopper e Thompson, 1980: 253).

Inoltre, Venier (2002) individua un legame tra le frasi presentative e le frasi contenenti verbi

performativi. Tale legame si fonda sul fatto che ambedue presentano un basso grado di

transitività: in ambedue i casi, infatti, si tratta di frasi di tipo non predicativo, pertanto non

corrispondenti al prototipo di frase.

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È interessante notare che H&T, nel concludere il loro articolo, affermano l’esistenza di una

motivazione più profonda a livello pragmatico per i fenomeni raccolti sotto l’etichetta di

transitività. Secondo la visione funzionalista sotenuta dagli autori, non si può considerare la

nozione astratta di transitività – necessaria a spiegare alcuni tratti sintattici della frase - come

un concetto autonomo. Bisogna invece collegare i fenomeni osservati alla funzione

comunicativa e pragmatica cui servono:

The pervasiveness of these devices and their similarity across languages seem to demand an

explanation in a higher-level, functional framework. In other words, we assume that a

linguistic universal originates in a general pragmatic function, and that the universal is not

explained until this function has been isolated and related to the universal. Without the

connection to a communicative function, the separate components of the Transitivity

relationship have only an arbitrary relationship to each other; we lack a reason why these

semantic-grammatical components, rather than others, should be selected (Hopper e

Thompson, 1980: 280).

H&T (1980) stabiliscono poi un legame tra la nozione di transitività e quella di importanza

informativa di una frase nell’architettura completa del discorso. Per descrivere la struttura del

del discorso è possibile ricorrere a due categorie fondamentali, ossia il background e il

foreground. Il foreground del testo contiene i punti più importanti del messaggio che si sta

trasmettendo. Il background invece è composto dall’informazione non indispensabile per il

messaggio, che ha piuttosto valore ausiliario e che accompagna, amplifica o commenta il

messaggio fondamentale.

Per via della loro transitività bassa le frasi presentative dovrebbero fare parte del cosiddetto

background del testo. Questo fatto non è, secondo Venier (2002), in contrasto con la struttura

informativa interna alle frasi presentative, che come abbiamo detto hanno una struttura

informativa sentence focus. Il livello del testo, infatti, va distinto dal livello frasale, per cui le

frasi presentative potrebbero essere molto informative pur stando sullo sfondo del discorso: i

due livelli infatti, non sono in contraddizione tra di loro:

Il motivo per cui gli enunciati presentativi sono talvolta stati considerati strumenti del

foregrounding dipende dal fatto che essi introducono “new and focal material” (Luraghi 1995:

381), e cioè da una confusione tra struttura dell’enunciato e struttura del discorso, tra ciò che

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rappresenta il focus di un enunciato e ciò che rappresenta il nucleo di un discorso (Venier,

2002: 106).

Tuttavia, le ragioni per cui le frasi presentative dovrebbero appartenere al background del

discorso non appaiono, nel lavoro di Venier, sufficientemente esplicitate. Non è infatti chiaro

perché frasi come (1), considerate come delle frasi presentative tipiche, non possano

rappresentare uno dei punti salienti del messaggio che si vuole trasmettere. Questo punto non

sarà ulterioremente approfondito in questa tesi, ma di certo meriterebbe maggiore attenzione

al fine di chiarire questo aspetto del problema.

(1) Arriva il treno.

Sebbene Venier (2002) dedichi un capitolo al grado della transitività delle due costruzioni,

l’autrice non presenta un confronto sistematico tra le due costruzioni, ma si limita a

considerarle ambedue come casi di frasi a bassa transitività, senza ipotizzare possibili

differenze di grado tra le due. A giudizio di chi scrive, però, una tale differenza di grado non

può essere esclusa. Se la costruzione con inversione sembra essere di grado basso per quasi

tutti i criteri proposti da H&T (cf. supra), il c’è presentativo non sembra presentare un grado

analogamente basso di transitività, dal momento che, per alcuni parametri, può avere anche

caratteristiche tipiche delle costruzioni altamente transitive. Pertanto, non sembra illogico

supporre che le due costruzioni possano avere gradi di transitività diversi.

Per quanto una ricerca sul differente grado di transititivà (nel senso di H&T) delle frasi

presentative potrebbe probabilmente dare risultati non privi di utilità, i limiti di questa tesi ci

impongono di limitarci a considerare la nozione di transitività nel senso tradizionale, ossia

focalizzando l’attenzione solo sulla presenza o assenza di un secondo argomento nella frase.38

La problematicità legata all’uso di un verbo transitivo nella struttura presentativa con

inversione (cf. supra: 5.3), spinge a chiedersi se la costruzione introdotta da c’è non possa

trovare la sua specificità nel fatto di offrire la possibilità di usare un verbo transitivo in una

frase presentativa. Questa è l’opinione espressa da Venier (2002) in merito:

38 Tuttavia nella ricerca empirica di questa tesi verrà fatto riferimento alla nozione di transitività intesa nel senso di H&T per poter rendere conto di alcuni risultati in contrasto con le tendenze generali (cf. infra: 7.3).

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Sembra infatti che, quando il verbo che si ha di fronte non è intransitivo, si debba ricorrere ad

altre strategie proprio perché la postposizione del soggetto non è piu possibile o comunque è

resa piu difficle. Questi costrutti marcati servirebbero a porre qualcosa di nuovo nel discorso

(Venier 2002: 25).

Per verificare la validità di questa pista interpretativa, questa ipotesi verrà sottoposta alla

prova dei fatti nella ricerca empirica, che sarà descritta nel capitolo seguente.

6.2. La quantità dell’informazione

Berretta (1995) afferma l’esistenza di una stretta relazione tra il c’è presentativo e la struttura

con inversione verbo - soggetto. Per quanto riguarda la differenza tra le due strutture, l’autrice

offre alcune interessanti ipotesi interpretative. In una frase del tipo sentence focus tutta la

frase è composta da informazione non presupposta. Se è presente un oggetto rematico, se si è

dunque di fronte ad una costruzione transitiva, o un altro costituente nuovo, nel caso di un

verbo intransitivo, in combinazione con un costituente aggiuntivo, il peso dell’informazione

può diventare troppo grande per poter essere gestito in modo cognitavemente vantaggioso. In

questo caso sarebbe quindi preferibile, dal punto di vista cognitivo, spezzare l’informazione in

due parti. Tale suddivisione del carico informativo darebbe luogo alla costruzione C’è S che

VO invece di quella di VOS, nella quale l’informazione viene presentata in un solo blocco

sintattico. È dunque cognitivamente preferibile usare la costruzione con c’è rispetto a quella

con inversione verbo-soggetto:

Questo c’è presentativo nel caso di verbi transitivi 39 (ovvero di compresenza di più elementi

nuovi nella medesima frase) sembra rispondere all’esigenza di spezzare l’enunciato in due

parti, in modo da non accumulare su uno stesso predicato un eccesso di informazione nuova

(Berretta: 1995, 215).

Ad un livello più generale una limitazione cognitiva simile è stato affermato da alcuni

linguisti (cf. supra: 5.5). Una ipotesi più specifica è quella di Lambrecht (1994) che per

39 Il fatto che il c’è presentativo compaia anche con predicati con una sola valenza verbale, per esempio “C’è Maria che dorme”, viene spiegato da Berretta come conseguenza di un’altra funzione della costruzione: la messa in evidenza del rema come tale.

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giustificare l’esistenza di alcune costruzioni, tra cui proprio40 quella presentativa del tipo C’è

X che, ha formulato il Principio della Separazione della Referenza e del Ruolo (PSRR):

I will call the grammatical principle whereby the lexical representation of a topic referent

takes place separately from the designation of the referent’s role as an argument in a

proposition the PRINCIPLE OF THE SEPARATION OF REFERENCE AND ROLE (PSRR)

for topic expressions (Lambrecht, 1994: 185).

Il PSRR afferma che è cognitavamente e comunicativamente vantaggioso, sia per il parlante

che per l’ascoltatore, spezzare l’informazione nuova in due parti, prima stabilendo l’esistenza

di un referente e poi predicando qualcosa a proposito di questo referente in un’altra clausola.

Lambrecht esprime il principio in una massima pragmatica: “Do not introduce a referent and

talk about in the same clause.” (Lambrecht, 1994: 185).

La costruzione presentativa introdotta da c’è potrebbe dunque rappresentare un’opzione

alternativa cui ricorrere nel caso in cui, a causa di una quantità eccessiva di informazione, non

si possa usare la struttura con inversione per indicare il carattere sentence focus di una frase.

Va notato però che secondo Lambrecht il PSRR si applica solo alle topic expressions, in

conformità con la visione dell’autore secondo la quale nella frase con c’è presentativo è

presente un topic, realizzato dal pronome che (cf. supra: 4.3). La presenza di tale espressione

topicale, tutttavia, implicherebbe che la costruzione in questione non abbia un valore

presentativo puro, dal momento che queste costruzioni sono considerate prive di topic. Su

questo aspetto si ritornerà nel paragrafo seguente.

Si ricordi che anche De Cesare (2007) afferma che le frasi introdotte da c’è e le frasi con

inversione del soggetto e del verbo appartengono alla stessa classe di frasi:

Il cosidetto ‘c’è presentativo’... rientra nella classe semantico-pragmatica delle frasi

‘presentative’. All’interno di questa classe troviamo vari altri costrutti, più o meno noti,

frequenti e marcati: la forma ritenuta presentativa per eccellenza – si tratta della forma più

comune e stilisticamente meno marcata- è quella che presenta il soggetto in posizione

postverbale (d’ora in poi VS): ‘Arriva Maria’ (De Cesare, 2007: 127).

40 Anche il tema sospeso e la dislocazione a sinistra vengono considerate come strutture che seguono questo principio.

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De Cesare aggiunge, facendo riferimento anche a Berretta 1995, che la frase presentativa ha

una funzione frammentante, i.e. il suddividere il contenuto dell’enunciato in due segmenti

distinti, evitando così di concentrare troppo informazione in un’unica proposizione. L’autrice

tuttavia non elabora la relazione tra le due strutture in modo dettagliato.

Nella ricerca di Crocco e Marzo (2015) non si esamina il gruppo delle frasi presentative della

sua totalità. Tuttavia, a proposito delle costruzioni del tipo c’è presentativo, anche in questo

lavoro si fa riferimento al PSRR di Lambrecht (1994):

L’introduzione di un referente nuovo nel discorso e la sua promozione a topic non possono

però avvenire mantenendo il sintagma referenziale nella posizione che esso avrebbe nella frase

canonica: esso deve essere invece isolato in posizione periferica o in una clausola a sé stante....

La struttura biclausale, infatti, consente di separare la funzione referenziale dal ruolo

relazionale o grammaticale che il denotato ha come argomento della proposizione (Crocco e

Marzo: 2015, 40).

Si noti, inoltre, che nei corpora indagati da Crocco e Marzo (2015) la costruzione ha una

distribuzione diamesica diversa, ossia un numero di occorrenze più alto del parlato rispetto

allo scritto. Questo dato avvalora l’analisi della costruzione con c’è proposta da Lambrecht,

che infatti ritiene la necessità di obbedire alle esigenze comunicative e cognitive più

stringente nel parlato che nello scritto, poiché lo scritto è maggiormente pianificato.

In conclusione si può dire, che nella letteratura esistente sia generalmente condivisa l’idea che

sia cognitivamente preferibile spezzare l’informazione di un enunciato in piccoli blocchi, e

che questo possa essere uno dei principali motivi per usare la costruzione con c’è presentativo

in luogo di quella con inversione verbo-soggetto. Tuttavia tale ipotesi interpretativa non è

stata finora oggetto di specifiche analisi empiriche. Questa tesi, pertanto, vorrebbe contribuire

al dibattito presentando proprio dati empirici su questo punto.

In modo cursorio notiamo ancora che anche un altro aspetto, oltre alla struttura sintattica

scissa, potrebbe cognitivamente favorire l’uso della costruzione del c’è presentativo. Si tratta

del fatto che il ci semanticamente vuoto del c'è presentativo (cf. infra: 4.1) potrebbe essere

interpretato come un accessibility marker. Un tale marker avverte l’ascoltatore che la frase

che segue è una frase presentativa nella quale si trovano dei referenti nuovi, ossia referenti

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con lo stato cognitivo di brand new (Lambrecht 1994). Almeno per il caso del er nella frase

presentativa nel neerlandese belgico esistono dati empirici che sostengono questa ipotesi

(Grondelaers, Brysbaert, Speelman & Geeraerts 2002). Se questo fosse anche il caso per il ci

del c'è presentativo italiano potrebbe essere un ulteriore argomento per affermare che il c’è

presentativo è una costruzione della quale il contenuto viene cognitivamente interpretato in

modo più agevole. In effetti se l'ascoltatore viene avvertito che l'informazione che segue sarà

nuova, è più facile per esso di interpretare questa informazione. La frase presentativa con

inversione invece non possiede un tale marker. Sarebbe interessante prendere in

considerazione anche questo tratto del c’è presentativo. Tuttavia, per la portata limitata di

questo lavoro di tesi, dobbiamo rimandare un tale approfondimento ad un’altra sede; qui ci si

concentrerà sopratutto sul effetto cognitivo della struttura scissa.

6.3. Differenze di struttura informativa tra il c’è presentativo e la struttura con inversione

verbo-soggetto

Prima di passare alla ricerca empirica, pare opportuno aggiungere ancora un’ultima

osservazione sulle due strutture in esame. Come si ricorderà, ambedue le costruzioni

presentative discusse in queste pagine sono spesso state considerate come frasi

completamente rematiche e con sentence focus:

The former utterance is made up by a locative particle ci followed by the verb essere in the

third person, followed by a pseudorelative clause introduced by che: c’e` Giovanni che arriva

[‘there’s Giovanni who’s arriving’]. Unlike the ‘classic’ case of presentative utterances, here

the subject of V becomes the post-posed subject of esserci and at the same time also the pre-

posed subject of the verb of the pseudorelative subordinate. Otherwise the semantic and

informational properties are the same as those for the construction with the VS order:

the value of the utterance is rhematic and assertive, and it is a thetic, non-predicative,

type structure (Fiorentino 2005: 1136) (grassetto mio).

Inoltre, che un filone di studi (Lambrecht 1994, Cruschina 2012, Crocco e Marzo 2015)

afferma la presenza di un topic nella costruzione del c’è presentativo (cf. supra: 4.3). A

partire da queste premesse, non si può escludere che la possibile presenza di un topic nella

costruzione con c’è possa avere un’influenza sull’alternanza tra struttura con c’è e struttura

con inversione verbo-soggetto. Infatti, se il c’è presentativo contenesse effettivamente un

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costituente topicale, mentre la costruzione con inversione fosse completamente rematica, le

due costruzioni non sarabbero completamente uguali dal punto di vista informativo e,

pertanto, sarebbe ipotizzabile per esse un’uso diverso.

Per quanto ci è stato possibile vedere, allo stato attuale nessuna ricerca ha evidenziato una

simile differenziazione.Un approfondimento di tale aspetto del problema, pertanto, sarebbe

senz’altro auspicabile. Tuttavia, per la portata limitata di questo lavoro di tesi, dobbiamo

rimandare tale approfondimento ad un’altra sede; qui ci si concentrerà sugli altri parametri (la

transitività verbale e la quantità dell’informazione) che influenzano l’alternanza tra le due

strutture.

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7. L’alternanza tra le due costruzioni presentative italiane più diffuse: il c’è

presentativo versus la struttura con inversione verbo–soggetto: ricerca empirica

7.1. Domanda di ricerca

In questa tesi si svolge una ricerca sulle costruzioni presentative italiane, esaminando nello

specifico l’alternanza tra le due costruzioni presentative italiane più diffuse, ossia il c’è

presentativo e la struttura con inversione verbo-soggetto. Attraverso questa ricerca si

vorrebbero esaminare le differenze specifiche tra le due costruzioni e scoprire quali parametri

guidano il parlante a scegliere l’una o l’altra costruzione. Nel capitolo precedente sono stati

proposti alcuni parametri che, secondo la letteratura, possono governare questa alternanza:

i) Il grado della transitività della costruzione, ossia la transitività intesa secondo i parametri

proposti da Hopper e Thompson (1980).

ii) La transitività del verbo, ossia la transitività intesa nel senso tradizionale, focalizzando

l’attenzione solo sulla presenza o assenza di un secondo argomento nella frase.

iii) La quantità dell’informazione.

iv) Le differenze di struttura informativa tra le due costruzioni.

I limiti di questa tesi impongono di prendere in considerazione soltanto due dei quattro

parametri, ossia ii) la transitività del verbo e iii) la quantità dell’ informazione41.

La ricerca empirica che si svolge in questa tesi ha, nello specifico, uno scopo duplice.

Innanzitutto si vuole verificare se i parametri proposti dalla letteratura giochino effettivamente

un ruolo nell’alternanza, dato che finora tali parametri non sono stati oggetto di ricerche

empiriche specifiche in questo senso. Lo studio, inoltre, si propone anche di confrontrare le

due ipotesi proposte, esaminando in particolare la possibilità che l’alternanza possa essere

41 Tuttavia verrà presa in considerazione in modo indiretto anche la ipotesi i) nel tentativo di motivare alcune percentuali eccezionali.

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spiegata in modo sufficiente dall’ipotesi della quantità dell’informazione, rendendo così

inutile il ricorso al parametro della transitività.

7.2. Metodologia

Per indagare l’alternanza tra le due strutture presentative è stato creato un questionario42 del

tipo 100-split task. Questo compito consente di elicitare giudizi di preferenza da parte di

parlanti ed è largamente utilizzato negli studi linguistici (Bresnan 2007, Ford e Bresnan 2013,

Baten e De Cuypere 2014). Il questionario 100-split contiene una serie di brani, in cui si

presentano due possibili realizzazioni di una specifica struttura. Nel presente studio, il

questionario presentava ai soggetti due varianti di una frase presentativa in un contesto

specifico. Il compito dei partecipanti consisteva nell’esprimere la propria preferenza rispetto

alle due strutture, indicando quale delle due “suonasse meglio”. Il nome di 100-split task con

cui si indica questo metodo di raccolta dati, fa riferimento al fatto che la preferenza viene

espressa dividendotra le due possibilità proposte un totale del 100% .

A titolo di esempio si riporta di seguito la prima domanda del questionario:

Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a

ciascuna frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo

piacimento fra le due possibilità.

[Contesto: lezione in classe] Maestro: “Traendo spunto da un fatto di cronaca,

accaduto nella nostra zona, i ragazzi della quinta faranno una conversazione sulla

delinquenza e sui fatti che succedono oggigiorno. Molti ragazzi hanno da dire qualche

cosa. Vediamo un po'; chi per primo vuole parlare? Intanto faccio una precisa

domanda. Che spinge certi individui a diventare ladri, cioè a diventare delinquenti.

Cosa è che può spingere questa gente a fare queste cose? Chi è che parla per primo?

ECCO, C'È GIUSI CHE ALZA LA MANO. // ECCO, ALZA LA MANO GIUSI.

Sentiamo un po’, avvicinati.”

Il questionario consisteva di 30 domande, delle quali 20 erano domande target e 10 erano

domande filler , inserite per evitare che i parlanti si rendessero conto dello scopo specifico

42 Si può trovare il questionario nell’appendice di questa tesi.

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della ricerca. I contesti filler contenevano alternanze di tipo diverso da quella proposta nei

contesti target, ad esempio tra costruzioni con tema sospeso e dislocazione a sinistra.

I brani contenenti frasi target sono stati ripartiti in modo uguale tra contesti originariamente

attestati nella forma inversione verbo–soggetto (10 casi) e contesti originariamente attestati

nella forma c’è presentativo (10 casi). I contesti e le costruzioni originali usati nelle domande

del questionario sono stati tratti da fonti autentiche di vario tipo. Le costruzioni che erano

originariamente del tipo c’è presentativo provengono in massima parte dal corpus LIP (De

Mauro, Mancini, Vedovelli, Voghera, 1993) usato nella ricerca di Crocco e Marzo (2015); a

queste si aggiungono due frasi prese da esempi citati in un articolo sul c’è presentativo di De

Cesare (2007). Le costruzioni che erano originariamente del tipo inversione verbo–soggetto

sono provenienti di esempi citati in alcuni articoli linguistici, ossia Ward (1999) e Lahousse e

Lamiroy (2012), e da alcuni libri italiani reperiti attraverso Google Books.

Al questionario, che è stato messo online sul sito web www.survio.com, hanno partecipato 68

parlanti nativi italiani. Il gruppo dei partecipanti conteneva sia uomini che donne e i

partecipanti erano di diverse età, da 23 a 69 anni. Si è voluto creare un gruppo omogeneo di

partecipanti dal punto di vista del grado di istruzione, ossia è stato richiesto che tutti i

partecipanti avessero un grado d’istruzione universitario. Un solo parlante è stato pertanto

eliminato poiché egli non aveva il grado d’istruzione richiesto. Dal punto di vista diatopico il

gruppo non era omogeneo, i partecipanti infatti provengono da diverse regioni italiane e

alcuni attualmente non risiedono in Italia.

7.3. Risultati

Tutti i risultati del questionario si possono trovare in forma dettagliata nell’appendice di

questa tesi (cf. infra).

7.4. Interpretazione dei risultati: ipotesi I: la quantità dell’informazione

7.4.1. Introduzione

Lo scopo di questa sezione è verificare se i dati ottenuti dal questionario possano essere

spiegati attraverso la ipotesi della quantità dell’informazione. Questa ipotesi, che assume la

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presenza di limitazioni cognitive nell’interpretazione dell’ informazione nuova da parte

dell’ascoltatore, è stata descritta in forma estesa nei capitoli precedenti (cf. supra 5.5. e 6.2.) e

viene riassunta qui per comodità del lettore:

L’ipotesi afferma che la presenza di una grande quantità di referenti nuovi sia difficile a

gestire per l’ascoltatore. Di conseguenza, l’uso della costruzione del c’è presentativo sarebbe

preferibile in quanto cognitivamente più vantaggioso, poiché la struttura scissa di questa

costruzione consentirebbe di presentare all’ascoltatore l’informazione nuova in due blocchi

distinti. Per contro, non sarebbe cognitivamente vantaggioso presentare tali referenti nuovi in

un blocco unico, come avverrebbe utilizzando una struttura con inversione verbo-soggetto. Di

seguito sono presentati i risultati del questionario esaminando le preferenze dei parlanti nel

caso in cui le strutture proposte contenessero un verbo transitivo, intransitivo inaccusativo e

intransitivo inergativo.

7.4.2. I verbi transitivi e la quantità dell’informazione

Le percentuali che emergono per i verbi transitivi testimoniano di una preferenza chiara per la

costruzione del c’è presentativo. Per queste costruzioni si registra una media di preferenze (Σ

X i / n) del 72,2 % per il c’è presentativo, contro un 27,8 % per la costruzione con inversione.

Questi dati sono in linea con l’ipotesi della quantità dell’informazione: una frase presentativa

con un verbo transitivo contiene infatti due argomenti nuovi ed è di conseguenza

cognitivamente più pesante per es. di una struttura intransitiva; pertanto la struttura con

inversione risulta sfavorita, mentre emerge una preferenza per la costruzione del c’è

presentativo. Gli esempi riportati di seguito illustrano tale preferenza:

(1) Ecco, c’è Giusi che alza la mano. // Ecco, alza la mano Giusi.

65,3 % vs. 34,7 %

(2) Ci sono altre persone che fanno dei sacrifici. // Fanno dei sacrifici altre persone.

91,0 % vs. 9,0 %

(3) C’è stata una mia ragazza che ha portato delle cose di colori stranissimi. // Ha

portato delle cose di colori stranissimi una mia ragazza.

90,4 % vs. 9,6 %

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(4) C’era un capitano che diceva qualcosa a proposito della mancanza dei materiali. //

Diceva qualcosa a proposito della mancanza dei materiali un capitano.

94,0 % vs. 6,0 %

Un caso particolare proveniente dai dati riguardanti i verbi transitivi è costituito dalla coppia

di frasi seguente:

(5) C’è Jean Todt che prende la parola in un fluente italiano. // Prende la parola Jean

Todt in un fluente italiano.

20,1 % vs. 79,9 %

I risultati per l’alternanza tra le costruzioni in (5) non sono in accordo con gli altri dati, nel

senso che in questo caso c’è una preferenza chiara per la struttura con inversione. Questa

differenza non può essere spiegata attraverso la ipotesi della quantità dell’informazione,

rispetto alla quale la frase in esame sembra rappresentare anzi un controesempio. In questa

frase, infatti, oltre ai due argomenti selezionati dal verbo è presente un costituente aggiuntivo,

ossia in un fluente italiano, che non è presente negli altri contesti in cui, per contro, la

costruzione con c’è risulta preferita. Ad un primo sguardo questa frase dunque sembra

contraddire l’ipotesi della quantità dell’informazione.

Tuttavia è forse possibile spiegare questa eccezione prendendo in considerazione il contesto

originario della frase, ossia un articolo giornalistico. Questa frase era l’unico esempio43 di una

struttura di forma orginariamente VOS con sentence focus trovato nelle fonti usate per trovare

le costruzioni del questionario. È stato preso da un articolo di Lahousse e Lamiroy (2012) ed

era tratto dal corpus giornalistico La Repubblica 44. Le costruzioni attestate nell’articolo

sembrano, a parere di chi scrive, tipiche per questo genere di testo e dunque non permettono

di trarre conclusioni per altre forme di linguaggio.

43 Notiamo qui in modo cursorio che la scarsa presenza di strutture con inversione verbo–soggetto del tipo VOS con sentence focus nelle fonti consultate per creare il questionario conferma indirettamente l’ipotesi della quantità dell’informazione. 44 Prende la parola Jean Todt in un fluente italiano. Dice che «le paroleservono a poco, meglio badare ai fatti». Non promette niente salvo una cosa: «Lavoriamo per vincere, se ci riusciremo lo diranno i risultati». Bravo, un basso profilo sincero e onesto. Dopo due anni di proclami e di beffe tremende all’ultima gara, meglio aspettare i risultati. E poi altre sorprese. Prende il microfono il direttore tecnico Ross Brown, da un anno a Maranello. Parla in italiano, con accento in inglese ma in un buon italiano. [on-line corpus La Repubblica] (Lahousse e Lamiroy 2012: 400)

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Si noti inoltre che le percentuali diverse potrebbero essere legate anche al fatto che prendere

la parola potrebbe essere considerato come un verbo polirematico. Lessemi polirematici sono

quelli lessemi che sono composti da più di una sola parola, a titolo di esempio si considerano

lessemi come luna di miele e ferro da stiro. Prendendo in considerazione i test normalmente

usati45 per testare il carattere polirematico di un gruppo di parole, sembra che si possa

concludere che prendere la parola in effetti ha delle caratteristiche polirematiche. Se i

partecipanti infatti considerassero prendere la parola come una parola sola, non si tratterebbe

in (5) di una costruzione transitiva con un argomento vero e autonomo. Alla luce dell’assenza

di un vero argomento autonomo e nuovo non è sorprendente che appare meno stringente la

necessità di spezzare l’informazione nuova in due blocchi e di dunque usare il c’è

presentativo. Inoltre si può legare l’assenza di un vero oggetto autonomo alle caratteristiche

tipiche della bassa transitività nel senso di H&T. In effetti uno dei parametri proposti da H&T

(1980) è proprio il grado in cui l’oggetto diretto è individuato. Nel caso della frase (5) sembra

di essere un oggetto non individuato; secondo la ipotesi monorematica fa perfino parte del

verbo, il quale secondo H&T (1980) può essere considerato come una caratteristica di bassa

transitività. Seguendo la ipotesi proposta nel capitolo 6 a proposito del grado di transitività più

basso della costruzione con inversione verbo-soggetto rispetto a quella del c’è presentativo e

vista la transitività bassa della costruzione prendere la parola si possa spiegare le percentuali

più alte di preferenza per la costruzione con inversione. Dal punto di vista di queste

affermazioni emergerebbe probabilmente una percentuale diversa per una costruzione del tipo

prende la penna Jean Todt con un fluido movimento in cui non è presente una tale costruzione

polirematica.

Si noti tuttavia che, lasciando fuori d’analisi questa caso anomalo le tendenze descritte qui

sopra emergono in modo ancora più chiaro, con una media (Σ Xi / n) dell’ 85,2 % di

preferenza per il c’è presentativo vs. una media del 14,8 % per la costruzione con inversione.

45 Esistono alcuni test per testare la natura polirematica di un gruppo di parole. Un lessema è completamente polirematico se non consente nessuna delle opzioni proposte dai test. Un sintagma, che è una composizione sintattica e non lessicale, consente invece tutte queste possibilità. A titolo di esempio si presentano tre test diversi e si applica questi al gruppo di parole prendere la parola.

i) interrobilità con un avverbio: prendere brevemente la parola funziona. Ma * prendere bene la parola non funziona. ii) flessione interna: * prendere le parole non funziona. iii) aggettivazione: * prendere la poetica parola non funziona.

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7.4.3. I verbi inaccusativi e la quantità dell’informazione

Nelle frasi presentative con un verbo inaccusativo senza la presenza di costituenti aggiuntivi,

ossia frasi costituite da soltanto un verbo e un soggetto, emergono i percentuali seguenti: una

media (Σ Xi / n) del 15,1 % di preferenze per il c’è presentativo e dell’84,9 % per la

costruzione con inversione. Anche queste percentuali confermano la ipotesi della quantità

dell’informazione. In questo tipo di frasi, infatti, è presente soltanto un costituente nuovo oltre

al verbo, ossia il soggetto, con il risultato che la costruzione è in questo caso cognitivamente

non troppo pesante. Pertanto, il ricorso alla costruzione scissa con c’è presentativo non

sarebbe necessario dal punto di vista cognitivo e i parlanti possono usare la costruzione con

inversione verbo - soggetto. Come esempi di questa tendenza si possono citare le seguenti

frasi tratte dal questionario:

(6) C’è Mario che è morto. // È morto Mario.

3,0 vs. 97,0

(7) Sì infatti, c’erano tua sorella e tuo fratello che sono saliti. // Sono saliti tua sorella e

tuo fratello.

12,3 vs. 87,8

(8) Poi c’è la passione per la musica che è arrivata. // Poi è arrivata la passione per la

musica.

3,0 vs. 97,0

(9) C’è qualcosa che è caduto. // È caduto qualcosa.

10,1 vs. 89,9

(10) C’è qualcuno che interviene. // Interviene qualcuno.

47,2 vs. 52,8

Si noti che la frase (10) contiene un percentuale più alto (47,2%) di preferenza per il c’è

presentativo, mentre non è presente un costituente aggiuntivo in più. Tuttavia questa

percentuale non sorprende se si prende in considerazione anche la semantica (cf. supra: 5.4.)

del verbo intervenire. Alla luce dei parametri di H&T, intervenire è un verbo più transitivo

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degli altri presenti nei contesti citati, ossia cadere, arrivare, salire e morire. La maggiore

transitività di intervenire è da ricollegarsi ai parametri di kinesis, punctuality e volitionality.

Facendo il confronto tra intervenire e gli altri verbi in effetti si vede che intervenire è un

verbo più attivo (kinesis) dagli altri verbi: intervenire è un’azione, mentre gli altri verbi

possedono caratteristiche sia di azione che di stato. Per quanto riguarda il criterio del

punctuality viene confermata la tedenza: si interviene a un certo punto, mentre si può salire,

cadere o morire per un periodo più lungo di tempo. Inoltre viene mostrata la differenza in

modo chiaro dal criterio del volitionality: si interviene proprio volentariamente mentre

normalmente non si muore, cade, sale o arriva con lo stesso grado di volontà. Inoltre

intervenire è anche un verbo che è più inergativo degli altri verbi secondo il continuo

proposto da Sorace (2011). In effetti intervenire rientra nella categoria controlled non-

motional process, che si trova completamente in basso della hierachia, ossia verso i verbi

inergativi. Gli altri verbi rientrano invece in categorie come change of location e change of

state che si trovano completamento in alto della hierachia, ossia verso i verbi inaccusativi. Di

conseguenza risulta più difficile usare la costruzione con inversione per il verbo intervenire,

poiché la costruzione con inversione è una costruzione di bassa transitività (Venier 2002).

Questo si manifesta poi nel percentuale più alto di preferenza per la costruzione del c’è

presentativo. A base di questa eccezione e di quella menzionata più in altro per i verbi

transitivi sembra che oltre alla quantità dell’informazione anche il grado di transitività, inteso

nel senso di H&T può influenzare l’alternanza. Questa è nella linea della ipotesi proposta nel

capitolo 6 che la struttura del c’è presentativo potrebbe essere più transitiva di quella con

l’inversione verbo-soggetto.

Se si tiene fuori dell’analisi questa frase con il verbo intervenire, le cui caratteristiche sono

come si è visto piuttosto diverse da quelle degli altri verbi utilizzati nel questionario, la

tendenza di preferenza per la struttura con inversione emerge ancora più chiaramente, con una

media (Σ Xi / n) del 7,1 % di preferenze per il c’è presentativo contro il 92,9 % per la

costruzione con inversione.

Nelle frasi presentative con un verbo inaccusativo con costituenti aggiuntivi oltre al verbo e al

soggetto, emergono invece le seguenti percentuali: una media (Σ Xi / n) del 58,8 % di

preferenze per il c’è presentativo e del 41,2 % per la costruzione con inversione. Come

esempio si possono citare le frasi seguenti:

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(11) C’è una lettera che è arrivata dall’America stamattina. // È arrivata una lettera

stamattina dall’America.

23,6 vs 76,4

(12) C’è un’intera letteratura che è apparsa sull’argomento. // È apparsa

sull’argomento un’intera letteratura.

45,1 vs. 54,9

(13) C’è Letizia che è andata via a Parigi per dieci giorni. // È andata via a Parigi per

dieci giorni Letizia.

79,2 vs. 20,8

(14) C’è qualcheduno di voi che è andato in un bosco con il proprio papà. // È andato

in un bosco con il proprio papà qualcheduno di voi.

87,3 vs. 12,7

Facendo il confronto tra i dati relativi alle frasi con e senza costituenti aggiuntivi emerge una

correlazione tra la quantità dei costituenti nuovi e la preferenza per la struttura del c’è

presentativo. Si osserva infatti una differenza tra il 15,1 % di preferenza per il c’è

presentativo nelle costruzioni senza costituenti aggiuntivi e il 58,8 % nelle costruzioni con

costituenti aggiuntivi. Tra i due tipi emerge dunque una differenza molto chiara che conferma

l’ipotesi della quantità dell’informazione. Tuttavia la differenza risulta essere statisticamente

non significativa46 (p = 0,22, p > 0,05), ma questo potrebbe essere dovuto al fatto che sono

presenti soltanto 9 percentuali da comparare47. Soltanto la differenza tra i percentuali per

l’alternanza (14) e i percentuali per le costruzioni senza aggiunti è significativa (p = 0,0495, p

< 0,05).

46 Il valore di significatività è stato ottenuto attraverso il test Z, ossia calcolando il valore standardizzato z dei dati e inserendo questo nella tabella del valore p per una distribuzione dei dati normale. 47 Si potrebbe pensare che in questa ricerca sia presente un numero abbastanza grande di dati, nel senso delle 67 persone che hanno participato. Però vanno distinti due livelli d’analisi. Il fatto che in questa ricerca sono stati usati 67 dati fa sì che le percentuali per domanda del questionario siano affidabili. Tuttavia esaminando l’influenza della presenza di un costituente aggiuntivo, si trova ad un livello diverso: qui si sta confrontando i dati delle diverse domande. Poiché erano presenti nel questionario soltanto 9 costruzioni con verbi inaccusativi, sono soltanto 9 dati da comparare. In un campione di dati così piccolo è difficile raggiungere dati significativi poiché la deviazione standard è spesso grande, come anche in questo caso.

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Inoltre appare anche una differenza tra le costruzioni con soltanto un aggiunto (12) e le

costruzioni con due aggiunti (11, 13 e 14). Si tratta di una differenza tra 45,1 % di preferenza

per il c’è presentativo nelle costruzioni con uno costituente aggiuntivo e 63,4 % nelle

costruzioni con due due costituenti aggiuntivi. Emerge di nuovo una differenza molto chiara

che conferma la ipotesi della quantità dell’informazione. La differenza è statisticamente non

significativa (p = 0,46, p > 0,05), ma questo è di nuovo non molto soprendente poiché sono

presenti soltanto 4 percentuali da comparare.

7.4.4. I verbi inergativi e la quantità dell’informazione

Nelle frasi presentative con i verbi inergativi senza costituenti aggiuntivi, ossia frasi composte

soltanto da un verbo e un soggetto, emergono i percentuali seguenti: una media (Σ Xi / n) di

10,9 % di preferenza per il c’è presentativo e 89,1 % per la struttura con inversione. Le

percentuali basse di preferenza per il c’è presentativo confermano l’ipotesi della quantità

dell’informazione: in queste frasi infatti è presente solo un argomento e pertanto la

costruzione del c’è presentativo non risulta favorita, ma si può usare semplicemente la

costruzione con inversione. Come esempi si possono indicare i seguenti:

(15) C’è un uomo che ha telefonato. // Ha telefonato un uomo.

13,5 vs. 86,5

(16) C’è il telefono che squilla. // Squilla il telefono.

8,4 vs. 91,6

Nelle frasi presentative con i verbi inergativi con costituenti aggiuntivi oltre al verbo e al

soggetto, emergono invece le seguenti percentuali: una media (Σ Xi / n) di 63,9 % di

preferenze per il c’è presentativo contro una percentuale del 36,1 % per la struttura con

inversione. Come esempi si possono citare:

(17) C’è il sole che sorge sulla vecchia casa. // Sorge il sole sulla vecchia casa.

11,7 vs. 88,3

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(18) Ci sono alcuni architetti che stanno lavorando per rendere piacevoli questi luoghi.

// Stanno lavorando alcuni architetti per rendere piacevoli questi luoghi.

87,1 vs. 12,9

(19) C’è una persona che telefona per la nostra serata musicale // Telefona una persona

per la nostra serata musicale

83,8 vs. 16,2

(20) C’è un artista moderno, Paolo Piroli che lavora con una macchina del genere e

con la pellicola con materiale sensibile. // Lavora con una macchina del genere e con

la pellicola con materiale sensibile un artista moderno, Paolo Piroli.

73,0 vs. 27,0

Facendo il confronto tra i dati relativi ai due gruppi di frasi senza e con costituenti aggiuntivi,

emerge una correlazione tra la quantità dell’informazione e la preferenza per la costruzione

con c’è presentativo. Nel complesso si registra di 10,9 % di preferenza per il c’è presentativo

nella frasi senza costituenti aggiuntivi e 63,9 % di preferenza per il c’è presentativo nelle frasi

con costituenti aggiuntivi. Emerge dunque una differenza molto chiara che conferma la ipotesi

della quantità dell’informazione. Tuttavia la differenza è statisticamente non significativa ( p

> 0,05), ma questo non è molto sorprendente poiché sono presenti soltanto 6 percentuali da

comparare.

7.4.5. Conclusione

Alla luce dei risultati ottenuti da questa ricerca sembra che la ipotesi della quantità

dell’informazione sia valida. Le frasi presentative con i verbi transitivi mostrano una

preferenza chiara per la struttura del c’è presentativo e questo dato è compatibile con l’ipotesi

che la presenza di due argomenti nuovi, e quindi la pesantezza cognitiva della costruzione

abbia un ruolo importante nel determinare la struttura sintattica della frase . Sia le frasi

presentative con i verbi inaccusativi che quelle con i verbi inergativi senza costituenti

aggiuntivi preferiscono la struttura con inversione. Anche questo fatto è in linea con l’ipotesi

qui discussa, poiché, se non è presente una grande quantità di costituenti nuovi, non risulta

necessario usare la costruzione scissa del c’è presentativo ma si può semplicemente usare la

costruzione con inversione verbo – soggetto. Nelle frasi presentative con verbi inaccusativi e

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inergativi con costituenti aggiuntivi invece emerge una chiara preferenza per il c’è

presentativo, poiché i costituenti aggiuntivi fanno crescere la pesantezza cognitiva della

costruzione, dando luogo alla necessità di spezzare l’informazione in due blocchi.

Un’argomento ulteriore per la validità dell’ipotesi della quantità dell’informazione proviene

della ricerca alle costruzioni presentative che sono state usate nel questionario. Mentre il

reperimento di costruzioni con inversione verbo–soggetto con verbi inergativi e inaccusativi

senza costituenti aggiuntivi è stato relativamente semplice, le costruzioni di questo tipo per i

verbi transitivi o per i verbi inergativi e inaccusativi con costituenti aggiuntivi erano

estremamente rare. Ciò rafforza l’ipotesi che nelle produzioni dei parlanti esista una

correlazione tra la scarsa presenza di costituenti nuovi e la costruzione con inversione verbo –

soggetto.

Tuttavia per poter arrivare a delle conclusioni più fondate si dovrebbe svolgere una ricerca più

ampia con un numero più alto di costruzioni per poter fare un’analisi statistica più

significativa.

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7.5. Interpretazione dei dati: ipotesi II: il grado di transitività del verbo

7.5.1. I verbi transitivi

In questa sezione i dati presentati nei paragrafi precedenti saranno reinterpretati alla luce del

grado di transitività del verbo coinvolto nella costruzione. Per comodità del lettore si

ricordano qui i risultati emersi dall’analisi per quanto riguarda i verbi transitivi. Per questi

verbi, le risposte al questionario mostrano in media (Σ Xi / n) una preferenza del 72,2 % per il

c’è presentativo e del 27,8 % per la costruzione con inversione. Benché questi dati siano in

accordo con l’ipotesi della quantità dell’informazione (cf. supra), essi potrebbero essere

ugualmente portati a sostegno dell’ipotesi del grado della transitività del verbo. Ricordiamo

qui che, secondo questa ipotesi, le percentuali osservate mostrerebbero l’incompatibilità dei

verbi transitivi con la struttura con inversione verbo - soggetto, e la loro preferenza per la

costruzione del c’è presentativo. Nonostante che ambedue le ipotesi possano spiegare

ugualmente bene i dati, verrà argomentato nella sezione 7.6. di questo capitolo che è più

economico basarsi soltanto sulla ipotesi della quantità dell’informazione.

7.5.2. I verbi inaccusativi

Per quanto riguarda i verbi inaccusativi i dati hanno indicato in media (Σ Xi / n) una

preferenza del 15,1 % per il c’è presentativo contro una preferenza del 84,9 % per la

costruzione con inversione nelle frasi senza costituenti aggiuntivi. L’ipotesi della transitività

del verbo, secondo la quale i verbi inaccusativi preferirebbero o addirittura richiederebbero la

struttura con inversione, funziona benissimo in questi casi e rende conto dei dati nelle frasi

senza aggiunti. Tuttavia nelle frasi con costituenti aggiuntivi emergono percentuali diverse,

ossia una media (Σ Xi / n) del 58,8 % di preferenze per il c’è presentativo e una media del 41,

2 % di preferenze per la costruzione con inversione. In questi casi l’ipotesi della transitività

del verbo non è in grado di spiegare le percentuali diverse che emergono nelle frasi con i

costituenti aggiuntivi poiché questa ipotesi non tiene conto della quantità dei costituenti.

7.5.3. I Verbi inergativi

Infine, si ricordano qui i risultati riguardanti le costruzioni con i verbi inergativi: dai dati è

emersa una media (Σ Xi / n) del 10,9 % di preferenze per il c’è presentativo e del 89,1 % per

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la frase con inversione nelle frasi senza costituenti aggiuntivi e 63,9 % e 37,1 % nelle frasi

con costituenti aggiuntivi. I risultati provenienti del questionario qui non concordano con

l’ipotesi del grado della transitività verbale, né per le frasi senza cosituenti aggiuntivi, né per

le frasi con costituenti aggiuntivi.

La ipotesi infatti non rende conto dei dati relativi alle frasi con costituenti aggiuntivi poiché

non è in grado di spiegare la differenza nei risultati tra le frasi senza e con costituenti

aggiuntivi. Per quanto riguarda le frasi senza costituenti aggiuntivi, l’ipotesi non sembra

riuscire a rendere conto dei dati. In letteratura (cf. supra: capitolo V) si afferma che i verbi

inergativi tendano a non comparire nelle strutture con inversione verbo–soggetto. Tuttavia i

risultati del questionario non supportano tali affermazioni, indicando, al contrario, una chiara

preferenza nelle costruzioni con i verbi inergativi senza costituenti aggiuntivi per la struttura

con inversione.

Prima di passare alla discussione e al confronto delle due ipotesi, è necessario comunque

sottolineare che nel questionario è stato incluso solo di un numero molto limitato di verbi

inergativi. È possibile quindi che emergano risultati diversi una volta che si consideri un

numero più alto di verbi inergativi. Questo aspetto rappresenterebbe quindi uno dei possibili

ampliamenti che auspicabilmente potrebbero fare seguito alla presente ricerca.

7.5.4. Conclusione

Riassumendo quanto detto fino a questo punto, ricordiamo che l’ipotesi del grado di

transitività dei verbi concorda con alcuni dati di questa ricerca, vale a dire con quelli per i

verbi transitivi e con quelli per i verbi inaccusativi in costruzioni senza costituenti aggiuntivi,

mentre non in è grado di spiegare gli altri dati della ricerca. Per quanto riguarda i verbi

inaccusativi l’ipotesi non può spiegare la preferenza per la struttura del c’è presentativo nel

caso delle frasi con costituenti aggiuntivi. Per i verbi inergativi, l’ipotesi della transitività non

rende conto della differenza tra i due tipi di frasi senza e con costituenti aggiuntivi, e non

spiega la preferenza per la struttura con inversione nelle frasi senza costituenti aggiuntivi.

Inoltre si pone la questione se sia economico mantenere l’ipotesi anche per i dati che la

supportano, se questi stessi dati possono essere spiegati ugualmente bene attraverso l’ipotesi

della quantità dell’informazione. Questo problema verrà trattato nella sezione seguente.

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7.6. Interpretazione: ipotesi I a confronto con ipotesi II

7.6.1. Argomenti a favore e argomenti contro le due ipotesi

A questo punto dell’indagine, uno dei due scopi di questa ricerca (cf. supra) è stato raggiunto,

cioè quello riguardante l’effettiva influenza dei parametri proposti della letteratura

sull’alternanza esaminata. A questa prima domanda di ricerca si può rispondere

affermativamente: i dati, infatti, sono compatibili con un’interpretazione basata tanto sulla

quantità di informazione, quanto sul grado di transitività del verbo presente nella frase.

Ora si pone quindi la seconda domanda fondomentale di questa ricerca, ossia se sia possibile

che l’ipotesi della quantità dell’informazione possa sostituire in toto l’ ipotesi della transitività

del verbo. La questione che si pone qui è, in altre parole, la seguente il fatto che le frasi

presentative con i verbi transitivi preferiscano la struttura del c’è presentativo e non la

struttura con inversione può semplicemente essere dovuto alla presenza di un secondo

argomento nuovo in questo tipo di frasi? Se così fosse, l’ipotesi della transitività non avrebbe

ragion d’essere, in quanto potrebbe essere sussunta sotto un’ipotesi più ampia. L’eliminazione

dell’ipotesi della transitività consentirebbe così di proporre soltanto una ipotesi per spiegare

tutti i fenomeni invece di formulare due ipotesi diverse, secondo il principio della lex

parsimoniae.

Per testare questa ipotesi è stato effettuato un confronto tra i risultati per le frasi presentative

con un verbo transitivo e le frasi presentative con un verbo inergativo e inaccusativo con un

costituente aggiuntivo. In ambedue i casi si tratta dunque di frasi presentative con un

costituente nuovo oltre al soggetto e al verbo: nel caso dei verbi transitivi si tratta di un

argomento obbligatorio, nel caso dei verbi inaccusativi e i verbi inergati si tratta di un

costituente aggiuntivo. Innanzitutto si riprendono di seguito le percentuali del questionario:

Risultati per i verbi transitivi:

Media: 72,2 % (c’è presentativo) // 27,8 % (inversione)

Risultati per i verbi inaccusativi con costituenti aggiuntivi:

Media: 58,8 % (c’è presentativo) // 41, 2 % (inversione)

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Risulati per i verbi inergativi con costituenti aggiuntivi:

Media: 63,9 % (c’è presentativo) // 36,1 % (inversione)

Risulati per i verbi inaccusativi senza costituenti aggiuntivi:

Media: 15,1 % (c’è presentativo) // 84,9 % (inversione)

Risulati per i verbi inergativi senza costituenti aggiuntivi:

Media: 10,9 % (c’è presentativo) // 89,1 % (inversione)

I risultati per le costruzioni presentative con i verbi inergativi e inaccusativi con costituenti

aggiuntivi, con una media rispettivamente del 58,8 % e del 63,9 % di preferenza per il c’è

presentativo, sono molto più vicini ai risultati dei verbi transitivi (72,2 % di preferenza per il

c’è presentativo), che ai risultati dei verbi inergativi e inaccusativi senza costituenti aggiuntivi

(15,1 % e 10,9 %). Questi dati rafforzano l’ipotesi appena proposta: da una parte, le

percentuali per i verbi intransitivi non si mantengono costanti al variare del numero dei

costituenti presenti nella frase e, dall’altra ambedue le costruzione con un costituente in più

mostrano una percentuale (più) alta di preferenza per il c’è presentativo, mentre questo non

avviene nelle costruzioni senza costituenti aggiuntivi.

Tuttavia tra i risultati per i verbi transitivi e i risultati per i verbi inaccusativi e inergativi con

costituenti aggiuntivi esiste ancora una differenza abbastanza profonda in termini percentuali

(13,4 % vs. 8,3 %), che non può essere spiegata direttamente dall’ipotesi della quantità di

informazione. Un ulteriore punto problematico è rappresentato da alcune disomogeneità tra i

dati che potrebbero avere un peso nei risultati ottenuti. In particolare, tra le frasi con i verbi

inergativi e inaccusativi con costituenti aggiuntivi sono incluse anche alcune costruzioni nelle

quali erano presenti due costituenti aggiuntivi. In alcuni casi quindi si è confrontata una frase

transitiva con un solo argomento in più con una frase intransitiva con due costituenti

aggiuntivi. Benché, ad un’analisi più accurata, la differenza percentuale tra le due categorie

potrebbe rivelarsi ancora più grande di quella attestata dai dati qui riportati, gli aspetti citati

costituiscono punti potenzialmente deboli delle ipotesti proposta qui sopra.

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7.6.2. Il peso cognitivo dei diversi costituenti frasali

Finora si è dato per assunto che ogni costituente frasale abbia lo stesso peso cognitivo, ossia è

stato pressuposto che l’interpretazione di ogni costituente frasale richieda la stessa quantità

d’attenzione e sforzo cognitivo da parte dell’ascoltatore. Nella critica formulata qui sopra si è

per esempio presupposto che l’oggetto diretto dei verbi transitivi abbia lo stesso peso

cognitivo di un sintagma preposizionale aggiunto con un valore spaziale o temporale. Tale

presuposizione è però, a parere di chi scrive, tutt’altro che pacifica. Un oggetto diretto è un

costituente con lo status di argomento e rappresenta dunque un elemento frasale

fondamentale, diversamente da quanto avviene ad es. per un sintagma preposizionale

aggiunto. Non sembra illegittimo quindi ipotizzare che un costituente argomentale sia

cognitivamente anche più saliente e più pesante. L’interpretazione di costituenti argomentali

potrebbe richiedere di conseguenza uno sforzo cognitivo più grande; il maggior peso

cognitivo, a sua volta, potrebbe risultare in una necessità più stringente di spezzare

l’informazione in due blocchi, come avviene nel caso del c’è presentativo.

Se i costituenti frasali avessero effettivamente un peso cognitivo diverso, si potrebbe

mantenere la ipotesi della quantità dell’informazione come l’unica spiagazione per i fenomeni

indagati in questa ricerca empirica. Pertanto si dovrebbe presentare un’ordine di pesantezza

cognitiva. Qui sotto si può trovare una proposta di un’ordine di pesantezza cognitiva di base:

S > OD > SP agente/compagnia > SP scopo > SP mezzo/modo > SP tempo/spazio

Questa proposta per un’ordine di pesantezza cognitiva si basa non solo sui fenomeni osservati

in questa tesi, ma riprende diversi aspetti di proposte di ordini linguistico-cognitivi elaborate

in letteratura per spiegare diversi altri fenomeni. Qui sotto si trova una rassegna di altri

modelli che in parte o completamente sono simili all’ordine qui sopra.

La proposta di considerare gli argomenti frasali, ossia il soggetto e l’oggetto diretto, come i

costituenti cognitivamente più pesanti è derivata da un’analisi della storia della ricerca sulle

limitazioni cognitive riguardanti la quantità dell’informazione. Mentre Lambrecht nel 1994

prende in considerazione la nozione più generale di referenti nuovi, i suoi predecessori

trattavano soltanto l’influenza dei referenti più salienti, ossia gli argomenti. Si veda per

esempio la formulazione del principio della limitazione cognitiva di Du Bois:

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The One New Argument Constraint:

Avoid more than one new argument per clause (Du Bois, 1987: 826) (grasetto mio).

Nel quadro della linguistica cognitiva moderna viene anche confermata l’idea del livello alto

di salienza degli argomenti del soggetto e dell’oggetto:

Subject and objects are seen as focal participants (Langacker 1991: 301), which are accorded

the highest level of prominence in the clause (Schmid: 2007, 131).

Il livello alto di prominenza di questi due argomenti potrebbe quindi renderli cognitivamente

più pesanti, in accordo con l’idea che gli argomenti siano più pesanti che gli aggiunti. Il fatto

che l’oggetto diretto sia un argomento mentre i costituenti aggiuntivi non abbiano uno stato

argomentale potrebbe dunque spiegare la differenza tra i dati percentuali menzionati qui

sopra.

La gerarchia di pesantezza cognitiva qui proposta si riallaccia anche ad altre gerarchie

cognitive elaborate in passato per i costituenti frasali, come per esempio quella proposta da

Keenan e Comrie (1977). Questa gerarchia concerne la possibilità di costruire una frase

relativa avendo i diversi costituenti frasali come antecedente:

Accessibility Hierarchy (AH)

SU > DO > LO > OBL > GEN > OCOMP

(Keenan e Comrie: 1977, 66)

Anche qui si usa la nozione cognitiva di salienza per spiegare un altro concetto, ossia

l’accessibilità del costituente che funge da antecedente di una frase relativa.

Per quanto riguarda i costituenti non argomentali sono anche state proposte gerarchie che si

trovano in linea di quella presentata in questa tesi; in particolare sono state elaborate scale per

rendere conto della distinzione tra argomenti e aggiunti. Si veda in merito quella di Forker

(2014):

Obligatoriness Latency Co-occurrence Iterability

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Semantic Syntactic restrictions

Spatial / temporal / manner No No No No yes

Purpose No No No yes? no

Price Yes? No No Yes ?

Name Yes no? Yes Yes no

Doubt Yes No Yes Yes no

Addressee / recipiënt Yes No Yes Yes no

Temporary possessor Yes Yes # Yes no

Non-canonical agent Yes Yes #/yes Yes no

I costituenti in alto sono gli aggiunti più prototipici, mentre quelli in basso sono i costituenti

più vicini agli argomenti.

Sulla base dell’ipotesi di una differenza di peso cognitivo tra argomenti e aggiunti, e della

relativa scala proposta sopra, possiamo ora fare alcune osservazioni sui risultati del 100 split

task.

Se gli argomenti frasali avessero una salienza cognitiva più grande e di conseguenza anche un

peso cognitivo più grande, sarebbe logico che anche gli aggiunti più vicini agli argomenti

avessero anche un peso cognitivo più grande. Esaminando i risultati del task in questa luce, è

possibile vedere alcune indicazioni in questo senso: i risultati provenienti del questionario,

infatti, offrono argomenti a sostegno della necessità di distinguire vari gradi di pesantezza

cognitiva supportando anche il tipo di scala proposta in precedenza. Si considerino i risultati

per i verbi inergativi con costituenti aggiuntivi:

(17) C’è il sole che sorge sulla vecchia casa. // Sorge il sole sulla vecchia casa.

11,7 vs. 88,3

(18) Ci sono alcuni architetti che stanno lavorando per rendere piacevoli questi luoghi.

// Stanno lavorando alcuni architetti per rendere piacevoli questi luoghi.

87,1 vs. 12,9

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99

(19) C’è una persona che telefona per la nostra serata musicale // Telefona una persona

per la nostra serata musicale

83,8 vs. 16,2

(20) C’è un artista moderno, Paolo Piroli che lavora con una macchina del genere e

con la pellicola con materiale sensibile. // Lavora con una macchina del genere e con

la pellicola con materiale sensibile un artista moderno, Paolo Piroli.

73,0 vs. 27,0

Benché i dati del questionario non possano che fornire primissime indicazioni che andrebbero

successivamente approfondite con un apposito studio, si può notare che il sintagma

preposizionale di spazio nella frase (17) sembra di essere cognitivamente molto leggero: il

confronto tra le percentuali assegnate dai parlanti in questo caso e quelle date alle costruzioni

senza costituenti aggiuntivi suggerisce che il sintagma locativo non influenzi la preferenza

nell’alternanza tra il c’è presentativo e struttura con inversione. I sintagmi preposizionali di

mezzo/modo nella frase (20), per contro, sembrano già molto in più pesanti cognitivamente,

viste le percentuali più alte (73,0 %) di prefererenza per il c’è presentativo in questa frase.

Queste percentuali alte potrebbero esere spiegate attraverso la presenza di due costituenti

aggiuntivi di mezzo che sembrano cognitivamente più pesanti di quello di spazio nella frase

(17), prendendo in considerazione le percentuali basse in questa frase. Più pesanti ancora

sembrano essere i sintagmi preposizionali di scopo nelle frasi (18) e (19): in questi casi si

tratta di una preferenza oltre all’ 83 % di preferenza per il c’è presentativo.

Anche i risultati per i verbi inaccusativi con costituenti aggiuntivi danno indicazioni che

vanno in questa direzione:

(14) C’è Letizia che è andata via a Parigi per dieci giorni. // È andata via a Parigi per

dieci giorni Letizia.

79,2 vs. 20,8

(15) C’è qualcheduno di voi che è andato in un bosco con il proprio papà. // È andato

in un bosco con il proprio papà qualcheduno di voi.

87,3 vs. 12,7

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Ambedue le costruzioni contengono due costituenti aggiuntivi e lo stesso verbo andare, ma

tuttavia esiste una differenza tra le percentuali di preferenza dei parlanti48. Questo potrebbe

essere dovuto alla differenza in peso cognitivo tra i costituenti “con il proprio papà”

(complemento di compagnia) e “per dieci giorni” (complemento di tempo). Mentre il

sintagma preposizionale di tempo nella frase (15) si trova in basso sulla gerarchia proposta, il

sintagma preposizionale di compagnia si trova più in alto.

7.7. Conclusione

Basandosi sui risultati del questionario si potrebbe concludere che la ipotesi della quantità

dell’informazione è una ipotesi con un grande potere esplicativo che potrebbe anche sostituire

la ipotesi della transitività verbale. Dal questo punto di vista la preferenza dei verbi transitivi

per la struttura del c’è presentativo e non presenza nella struttura con inversione potrebbe

essere considerata come una forma di grammaticalizzazione: i verbi transitivi richiedono due

costituenti cognitivemente pesanti che non possono essere presentati in un solo blocco di

informazione in un modo che sia cognitivamente vantaggioso.

L’ipotesi della quantità di informazione, benché renda conto dei dati in modo

complessivamente più accurato rispetto a quella della transitività richiede un’ulteriore

elaborazione. La letteratura cognitivista infatti, suggerisce che costituenti con funzioni frasali

diverse abbiano anche un peso cognitivo differente. Pertanto è stata proposta una gerarchia di

pesantezza cognitiva per cercare di rendere conto di tali differenze. La gerarchia è stata quindi

applicata per illustrare alcuni dei dati ricavati dal questionario. Per quanto sia necessario

naturalmente mettere alla prova la gerarchia anche su dati diversi, i dati empirici esaminati in

questa tesi danno indicazioni che incoraggiano a preseguire nella direzione indicata in questo

capitolo.

Tuttavia occorre svolgere ulteriore ricerca per verificare i dati ottenuti del questionario in un

campione di dati più grande per arrivare a risultati più significativi. Anche la necessità di

testare la ipotesi con un numero più alto di verbi inergativi sembra pertinente.

48 Tuttavia questa differenza potrebbe essere anche una differenza casuale, poiché si sta confrontando soltanto due percentuali.

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101

8. Conclusioni

In queste pagine è stato indagato il gruppo delle frasi presentative italiane, più nello specifico

è stata studiata in una prospettiva funzionale e cognitiva l’alternanza tra le due costruzioni

presentative italiane più diffuse, ossia il c’è presentativo e la costruzione con inversione

verbo-soggetto.

Dopo una introduzione teorica alla nozione struttura informativa e una rassegna delle

definizioni dei concetti chiave del campo di ricerca relativo (capitolo 2), la tesi si è

concentrata sulle frasi presentative (capitolo 3). Innanzitutto è stata messa in rilievo la

confusione terminologica tra i termini frase presentativa e frase esistenziale e la necessità di

distinguere i due termini. Avendo definito la frase presentativa alla base di alcuni criteri

informativi-pragmatici la tesi si è poi concentrata sulla situazione delle presentative in tre

lingue romanze, ossia il francese, lo spagnolo e l’italiano. Le diverse strutture presentative

francesi e spagnole e i problemi legati ad esse sono state discusse in modo sintetico. Per

quanto riguarda l’italiano si è innanzitutto mostrato che esistono diversi tipi di frasi

presentative. Di seguito la tesi si è concentrata sulle due costruzioni presentative italiane più

diffuse, ossia il c’è presentativo e la struttura con inversione.

Ambedue le strutture presentative sono state descritte in un capitolo esclusivamente a loro

dedicato (capitoli 4 e 5). Le due strutture sono state definite in modo sintattico-pragmatico e

la loro struttura informativa è stata discussa per verificare la loro natura presentativa.

Ambedue le strutture sembravano in effetti presentare un nuovo referente o un nuovo evento

nel discorso e avere una struttura informativa completamente rematica e con sentence focus.

Tuttavia, la struttura con inversione verbo-soggetto sembra essere sottoposta ad alcune

limitazioni d’uso sul piano sintattico, semantico e pragmatico. In primo luogo si tratta di

limitazioni riguardanti il tipo di verbi che si può usare nella costruzione: i verbi transitivi

infatti non sembrano compatibili con la struttura con inversione, almeno in una

interpretazione del tipo sentence focus. In secondo luogo è stato esaminato il problema del

grado di transitività, intesa nel senso di H&T, mostrando che la costruzione con inversione è

una costruzione di bassa transitività che non è aperta ai verbi o alle costruzioni che

possiedono un grado alto di transitività. In terzo luogo sono state discusse alcune limitazioni

semantiche; a titolo di esempio si può menzionare quella riguardante il soggetto animato, che

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non può facilmente comparire nella struttura con inversione. Infine è stata presentata l’ipotesi

secondo cui la costruzione con inversione può difficilmente essere usata in presenza di una

grande quantità di referenti nuovi, poiché tale struttura li presenta in un solo blocco sintattico,

sfavorendo una interpretazione agevole da parte dell’ascoltatore.

Nel capitolo 6, facendo il confronto tra le due costruzioni si è illustrata la possibilità che la

costruzione con c’è presentativo potesse superare alcune delle limitazioni appena menzionate.

Pertanto sono state proposte quattro ipotesi, formulate in base della letteratura esistente, per

rendere conto dei fattori che possono governare l’alternanza tra le due strutture presentative.

Le ipotesi avanzate sono le seguenti: i) l’ipotesi del grado della transitività della costruzione,

intesa come i parametri proposti da H&T, ii) l’ipotesi della transitività del verbo, ossia

transitività nel senso tradizionale, iii) quella della quantità dell’informazione e iv) l’ipotesi di

una differenza lieva in struttura informativa. Per via dello spazio limitato di questa tesi è stato

deciso di concentrarsi soltanto sulle ipotesi ii) e iii) e di sottoporle ad un confronto.

Il capitolo 7 della tesi ha presentato i risultati provenienti di una ricerca empirica svolta nella

forma di un questionario del tipo 100-split task a proposito dell’alternanza tra le due

costruzioni. Alla luce dei risultati ottenuti della ricerca empirica svolta in questa tesi è stato

argomentato che l’ipotesi della quantità dell’informazione abbia un maggior potere

esplicativo e che, pertanto, possa considerarsi superiore all’ipotesi della transitività verbale. In

aggiunta, è stato argomentato in favore della necessità di distinguere diversi gradi di

pesantezza cognitiva per i diversi costituenti frasali, poiché non ogni costituente sembra

richiedere la stessa quantità d’attenzione e sforzo cognitivo da parte dell’ascoltatore per la sua

interpretazione. La scala di pesantezza cognitiva presentata in questa tesi è stata infine

collegata ad altre scale e gerarchie cognitive proposte in precedenza per spiegare altri

fenomeni linguistici. Per quanto riguarda possibili direzioni future di ricerca, potrebbe essere

interessante indagare se l’ipotesi del diverso grado di pesantezza cognitiva possa essere usata

per spiegare altri fenomeni oltre a quelli indagati in queste pagine.

Nel tirare le somme del presente lavoro vanno tenute in considerazione da un lato le

limitazioni della ricerca presentata in queste pagine e, dall’latro, le opportunità che esse

creano per svolgere ulteriore ricerca. Innanzitutto, un limite considerevole è rappresentato dal

ristretto numero di verbi e costruzioni che è stato possibile esaminare. Per ovviare a tale

limite, potrebbe essere interessante sottoporre le ipotesi proposte in questa tesi al vaglio

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utilizzando in un campione più grande di dati, al fine di ottenere dei dati dotati di più ampia

significatività. Un simile progetto di ricerca si scontraperò con la difficoltà pratica di creare

questionari con una grande quantità di domande (tali questionari risultano infatti molto lunghi

da svolgere e spingono i potenziali soggetti a non partecipare alla ricerca), sembra utile

combinare una ulteriore ricerca nella forma di un questionario del tipo 100-split task con una

ricerca su corpus. Soprattutto per quanto riguarda i verbi inergativi occorre fare ulteriore

ricerca in un campione più grande di dati per poter ottenere dei risultati più significativi.

Un’ulteriore limitazione di questa tesi deriva dalla scelta di concentrarsi esclusivamente sul

piano sintattico, trascurando in tal modo il piano prosodico. Come ha affermato Sasse (2006)

anche la prosodia può giocare un ruolo fondamentale nell’esprimere della presentatività. Per

esempio non è stato considerato se in italiano si possa usare anche una costruzione prosodica

non canonica per poter indicare il carattere sentence focus di una frase. Un ulteriore fronte di

ricerca, pertanto, potrebbe consistere nel considerare anche il ruolo della prosodia, e nel

verificare se, su questo livello dell’organizzazione enunciativa, le esigenze cognitive

concernenti la necessità di spezzare informazione in caso di una grande quantità di referenti

nuovi, si manifestino con vincoli altrettanto stringenti di quelli che paiono governare le scelte

per le costruzioni sintattiche.

Si ricordi inoltre che delle quattro ipotesi proposte nel capitolo 6 soltanto due sono state

considerate nella ricerca empirica. Una nuova ricerca potrebbe verificare se gli altri due

parametri abbiano, accanto a quello della quantità dell’informazione, anche un’influenza

sull’alternanza. I dati empirici esaminati in questa tesi danno indicazioni che incoraggiano a

preseguire in quella direzione. Infatti, nell’argomentare a favore della ipotesi della quantità

dell’informazione e contro quella della transitività verbale, per poter rendere conto di alcuni

risultati in contrasto con le tendenze generali (ad esempio quelli relativi ai casi di prendere la

parola e intervenire), in questa tesi si è fatto riferimento alla nozione di transitività intesa nel

senso di H&T. Infatti, il grado della transitività nel senso di H&T sembra almeno in qualche

misura poter influenzare anche l’alternanza. Pertanto, effettuare ulteriori ricerche in tal senso

potrebbe contribuire ad elaborare un modello che integri il relativo grado di influenza dei due

parametri.

Infine, dal punto di vista della linguistica contrastiva, sarebbe di grande interesse effettuare

una ricerca simile a quella presentata in queste pagine per un’altra lingua, con lo scopo di

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confrontare i dati ottenuti con quelli già disponibili per l’italiano. In tal modo sarebbe infatti

possibile valutare come, e in quale misura diverse lingue rispondano a esigenze cognitive

universali riguardanti l’interpretazione di una grande quantità d’informazione nuova. Non

tutte le lingue, per esempio, disporrebbero di una costruzione biclausale del tipo del c’è

presentativo e sarebbe dunque molto interessante verificare a quali costruzioni sintattiche e/o

prosodiche le diverse lingue possano fare ricorso nel caso di frasi presentative con una grande

quantità di referenti nuovi.

In conclusione, con questa ricerca si è cercato di fornire un contributo allo studio delle frasi

presentative, prendendo in considerazione soprattutto le esigenze cognitive che abbiano un

ruolo nel determinare dell’alternanza tra le diverse costruzioni presentative, e presentando, in

aggiunta, alcuni spunti per ulteriori ricerche, sia nel campo di studio della presentatività che

nel campo di studio delle alternanze strutturali.

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Appendice A: Questionario

Questionario linguistico Università di Gent

PRIVACY:

Le informazioni raccolte durante l’esperimento sono intese a mero scopo di ricerca e saranno

trattate in forma anonima e confidenziale dai soli ricercatori coinvolti nel progetto, in

ottemperanza alla normativa italiana sulla “Privacy” (n. 675 del 31/12/96 sulla tutela dei dati

personali). I risultati della ricerca saranno resi pubblici garantendo sempre l’anonimato dei

partecipanti e in modo che le informazioni fornite non siano riconducibili a persone

riconoscibili.

IL QUESTIONARIO

Nel questionario si trova una serie di brani. In ogni brano si presentano due possibili

realizzazioni di una certa frase. Il tuo compito consiste nello scegliere la realizzazione che

secondo te “suona meglio”.

Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

Ad esempio:

-Se dai il 70% all’opzione (a) e il 30% all’opzione (b), vuol dire che preferisci (a) ma che

comunque (b) non è inaccettabile.

-Se dai il 100% ad una delle due opzioni e lo 0% all’altra, vuol dire che useresti sempre

quest’opzione e mai l’altra.

-Se entrambe le opzioni ti sembrano altrettanto adeguate, puoi dividere il 100% come 50% -

50%.

Ogni altra divisione del 100% è possibile.

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Ti preghiamo di non consultare altre persone mentre svolgi il compito. È possibile che le tue

scelte differiscano di quelle di altre persone: è normale, poiché nessuna risposta è “corretta” o

“scorretta”. Per attribuire le percentuali tieni conto solo del contesto e della tua opinione.

Il compito richiede circa 15 minuti.

GRAZIE!

1. Nome

2. Sesso

3. Luogo di nascita

4. Luogo di residenza

5. Età

6. Istruzione universitaria: (rispondere sì anche se si deve ancora completare il corso di studi

7. Madrelingua: (può dare più di una risposta; come madrelingua può indicare anche un

dialetto)

8. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: lezione in classe]

Maestro: “Traendo spunto da un fatto di cronaca, accaduto nella nostra zona, i ragazzi della

quinta faranno una conversazione sulla delinquenza e sui fatti che succedono oggigiorno.

Molti ragazzi hanno da dire qualche cosa. Vediamo un po'; chi per primo vuole parlare?

Intanto faccio una precisa domanda. Che spinge certi individui a diventare ladri, cioè a

diventare delinquenti. Cosa è che può spingere questa gente a fare queste cose? Chi è che

parla per primo? ECCO, C'È GIUSI CHE ALZA LA MANO. // ECCO, ALZA LA MANO

GIUSI. Sentiamo un po’, avvicinati.”

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9. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: romanzo]

- La manderemo a cercar subito, - disse la buona donna, la quale non sapeva che la cosa era

già fatta.

- Sì, sì; che Dio ve ne renda merito... E voi, chi siete? Come siete venuta...

- M'ha mandata il nostro curato, - disse la buona donna: - perché QUESTO SIGNORE, DIO

GLI HA TOCCATO IL CUORE // A QUESTO SIGNORE, DIO GLI HA TOCCATO IL

CUORE (sia benedetto!), ed è venuto al nostro paese, per parlare al signor cardinale

arcivescovo (che l'abbiamo là in visita, quel sant'uomo), e s’è pentito dei suoi peccatacci, e

vuol mutar vita; e ha detto al cardinale che aveva fatta rubare una povera innocente, che siete

voi, d’intesa con un altro senza timor di Dio, che il curato non m'ha detto chi possa essere.

Lucia alzò gli occhi al cielo.

10. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: B entra piangendo]

A: Dai, che cosa c’è?

B: Non lo sai?

A: Ma no, dimmi!

B: C'È MARIO CHE È MORTO! // È MORTO MARIO!

11. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: romanzo]

Deve sapere, reverenda madre... - incominciava Agnese; ma il guardiano le troncò, con

un'occhiata, le parole in bocca, e rispose: - questa giovine, signora illustrissima, mi vien

raccomandata, come le ho detto, da un mio confratello. Essa ha dovuto partir di nascosto dal

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suo paese, per sottrarsi a de' gravi pericoli; e ha bisogno, per qualche tempo, d'un asilo nel

quale possa vivere sconosciuta, e dove nessuno ardisca venire a disturbarla, quand'anche...

- Quali pericoli? - interruppe la signora. - Di grazia, padre guardiano, non mi dica la

cosa così in enimma. LEI SA CHE NOI ALTRE MONACHE, CI PIACE DI SENTIR LE

STORIE PER MINUTO. // LEI SA CHE A NOI ALTRE MONACHE, CI PIACE DI

SENTIRE LE STORIE PER MINUTO

- Sono pericoli, - rispose il guardiano, - che all'orecchie purissime della reverenda madre

devon essere appena leggermente accennati.

12. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: conversazione privata]

Figlio: Ciao papà! come va? Tutto bene oggi?

Papà: Ciao Carlo. Sì tutto bene, sono stato molto occupato in ufficio ma comunque tutto bene.

Tu?

Figlio: Anche a me tutto bene, ho studiato per il test di domani sull’arte rinascimentale e poi

sono andato in palestra. Ah sì poi ti dovevo anche dire un’altra cosa: C'È UNA LETTERA

CHE È ARRIVATA DALL'AMERICA STAMATTINA. // È ARRIVA TA UNA LETTERA

STAMATTINA DALL'AMERICA.

13. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: omelia in chiesa]

Prete: Noi mercanteggiamo molto con Dio. Noi veniamo qui e diciamo: “Signore, fammi una

grazia e io, guarda, andrò in pellegrinaggio fino a Lourdes. Signore, guarda, fammi questa

grazia, lo vedi, vengo tutte le domeniche qui. Alcune persone dicono che questo è comunque

un modo religioso di pensare, che non è un modo cattivo questo di pensare. Ma invece è un

modo che ci porta a non servire Dio e a prendere invece Dio al nostro servizio. Seguiamo

tanto Dio, ma in realtà tutto quello che Gli diamo è superfluo. Per esempio, CI SONO ALTRE

PERSONE CHE FANNO DEI SACRIFICI // FANNO DEI SACRIFICI ALTRE PERSONE,

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perché così il Signore chiede, perché ti fanno diventare più buono e allora “farò questo

sacrificio quest'altro sacrificio” ma guarda caso ci scegliamo sempre i sacrifici più facili.

14. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: conversazione privata]

B: Tu sai per caso di qualche lezione all'università di un ricevimento di professori? A cui tu

potresti partecipare con un registratorino?

D: Cosa?

B: Allora rispiego da capo

D: meglio [RIDE] non ho mica tanto capito

B: Dunque c'è lunedì o martedì un ricevimento di professori dove tu potresti andare?

D: Ma che tipo di ricevimento?

B: Ricevimento studenti, scusa gli studenti che ricevono i professori [RIDE]

D: Non ho mica capito perche gli studenti ricevono i professori?

B: Ma Anna, SONO I PROFESSORI CHE RICEVONO GLI STUDENTI. // SONO I

PROFESSORI A RICEVERE GLI STUDENTI

D: ho capito.

15. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: corso di fotografia: come utilizzare una vecchia tecnica di stampa a colori]

A: Allora c'è la carta salata di base, poi la soluzione nitrato d'argento di quattro grammi in

quaranta centimetri cubici di acqua possibilmente distillata. Se non usiamo l'acqua distillata,

come colori possiamo avere anche delle cose stranissime perché il risultato dipende dall'acqua

che stiamo usando, se è ricca di altri sali o se è ricca di minerali. Quindi con l’acqua non

distillata possiamo avere anche delle sorprese incredibili e in effetti l' abbiamo anche avute.

C'È STATA UNA MIA RAGAZZA CHE HA PORTATO DELLE COSE DI COLORI

STRANISSIMI // HA PORTATO DELLE COSE DI COLORI STRANISSIMI UNA MIA

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RAGAZZA. Cioè non ha usato l' acqua distillata, invece ha usato l'acqua di casa e quest'acqua

di casa è di tutti i colori.

16. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[contesto: A e B si trovano sul bus]

A: Mi sono addormentato, ma mi è sembrato di sentirti parlare con qualcuno.

B: Sì, INFATTI SONO SALITI TUA SORELLA E TUO FRATELLO. // C'ERANO TUA

SORELLA E TUO FRATELLO CHE SONO SALITI.

A: E dove sono andati ora?

B: Sono scesi a fare spese in centro.

17. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

C'È JEAN TODT CHE PRENDE LA PAROLA IN UN FLUENTE ITALIANO // PRENDE

LA PAROLA JEAN TODT IN UN FLUENTE ITALIANO. Dice che «le parole servono a

poco, meglio badare ai fatti». Non promette niente salvo una cosa: «Lavoriamo per vincere, se

ci riusciremo lo diranno i risultati». Bravo, un basso profilo sincero e onesto. Dopo due anni

di proclami e di beffe tremende all’ultima gara, meglio aspettare i risultati. E poi altre

sorprese.

18. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: romanzo]

Don Eligio Pellegrinotto mi ha detto, ad esempio, che ha stentato non poco a staccare da un

trattato molto licenzioso “Dell'arte di amar le donne libri tre" di Anton Muzio Porro, dell'anno

1571, una "Vita e morte" di Faustino Materucci, Benedettino di Polirone, che taluni chiamano

beato, biografia edita a Mantova nel 1625. LIBRI // MOLTI LIBRI curiosi e piacevolissimi

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don Eligio Pellegrinotto, arrampicato tutto il giorno su una scala da lampionaio, NE HA

PESCATI MOLTI NEGLI SCAFFALI DELLA BIBLIOTECA // LI HA PESCATI NEGLI

SCAFFALI DELLA BIBLIOTECA.

19. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: opera di teatro]

Il direttore di scena: Oh! Che fai?

Il macchinista: Che faccio? Inchiodo.

Il direttore di scena: A quest'ora?

[Guardando l'orologio].

Sono già le dieci e mezzo. A MOMENTI SARÀ QUI IL DIRETTORE PER LA PROVA //

A MOMENTI IL DIRETTORE SARÀ QUI PER LA PROVA.

20. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: articolo giornalistico ]

Quando andiamo a trovarlo nella sua casa di Milano, ci accoglie con entusiasmo. Emilio è una

vera forza della natura e inizia subito a raccontarci: “Celentano era un ragazzino sporco ma

libero, come tutti noi in via Gluck; sì con lui si giocava insieme da bambini, lui era uno

scavezzacollo. Si giocava e si litigava e la strada era la nostra casa. POI È ARRIVATA LA

PASSIONE PER LA MUSICA. // POI C’È LA PASSIONE PER LA MUSICA CHE È

ARRIVATA.

21. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: racconto di un soldato]

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A: Quella volta lì mi hanno portato giù ferito, mi hanno messo sopra ad un tavolone. C’ERA

UN CAPITANO CHE DICEVA QUALCOSA A PROPOSITO DELLA MANCANZA DEI

MATERIALI // DICEVA QUALCOSA A PROPOSITO DELLA MANCANZA DEI

MATERIALI UN CAPITANO . Allora mi ha dato uno spintone in una spalla, i due portaferiti

mi hanno alzato su, mi è venuto caldo, mi sono rivenuto un po’ che ero dentro un camerino

che era due metri per uno e mezzo.

22. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: trasmissione radiofonica di intrattenimento musicale]

B: Andiamo avanti con la nostra bellissima serata musicale, una serata sulle ali del

romanticismo, musica scelta con molta acutezza dal nostro regista Pino, non prima di

ricordarvi i telefoni che sono sei otto zero tre due zero sei otto zero tre tre tre. Quindi stasera

abbiamo sentito Francesco e Chiara, che si sono incontrati in prima serata, stranamente,

perchè di solito le vostre comunicazioni arrivano in un secondo tempo, ma adesso invece la

nottata va verso la chiusura, manca ancora poco più di un'ora circa, cioè un'ora abbondante

però aspetta, ecco, C'È UNA PERSONA CHE TELEFONA PER LA NOSTRA SERATA

MUSICALE // TELEFONA UNA PERSONA PER LA NOSTRA SERATA MUSICALE,

pronto.

23. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: corso di fotografia]

I negativi sono su carta e sono stampati a contatto sempre su carta ovviamente. Si può usare il

materiale sensibile che è il negativo, la pellicola negativa e per avere un risultato positivo

diretto è possibile impiegare il cibachrome. C'È UN ARTISTA MODERNO, PAOLO

PIROLI CHE LAVORA CON UNA MACCHINA DEL GENERE E CON LA PELLICOLA

CON MATERIALE SENSIBILE // LAVORA CON UNA MACCHINA DEL GENERE E

CON LA PELLICOLA CON MATERIALE SENSIBILE UN ARTISTA MODERNO,

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PAOLO PIROLI. Piroli impiega questa macchina per fare le sue performance “artistiche” se

così le vogliamo chiamare.

24. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: opera di teatro]

Il capocomico (battendo le mani): Su, su, cominciamo.

Al Direttore di scena: Manca qualcuno?

Il direttore di scena: Sì, LA PRIMA ATTRICE MANCA // MANCA LA PRIMA ATTRICE.

Il capocomico: Al solito!

25. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

A: Stai male?

B: Sono solamente un po’ stanca. Novità?

A: HA TELEFONATO UN UOMO // C'È UN UOMO CHE HA TELEFONATO, chiedendo

di te. Ha detto: Sono Guido Montini. Può dire a Lula di chiamarmi.

26. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: inicipit di un articolo giornalistico]

Un semplice studente scrive una lettera al Vaticano e il Pontefice lo chiama a casa:

«Un'esperienza fantastica»

PADOVA - SQUILLA IL TELEFONO // C’È IL TELEFONO CHE SQUILLA, lui, 19 anni

di Camin, è a casa, e risponde: dall'altro capo della cornetta c'è Papa Francesco. È accaduto

davvero ad un ragazzo padovano,Stefano Cabizza,...

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27. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: discussione radiofonica sui mercati rionali ambulanti]

B: Una cosa stranissima, scusami, dovrebbe essere il contrario

A: Sì, infatti, è una cosa stranissima, e per questo che noi insistiamo sulle aree attrezzate. Noi

formiamo i mercati rionali ambulanti all’interno di mercati attrezzati con un minimo di

strumenti di lavoro, che sono per esempio la corrente elettrica, o ad esempio anche i gabinetti.

B: Strumenti che poi resterebbero al parco.

A: Che poi resterebbero, certo, che rimangono appunto al parco. Purtroppo devo dire che per

adesso le pubbliche amministrazioni, anche in nord Italia, sono insensibili a questa proposta, a

queste esigenze, mentre altrove in tutti i paesi europei c'è un grosso movimento. CI SONO

ALCUNI ARCHITETTI CHE STANNO LAVORANDO PER RENDERE PIACEVOLI

QUESTI LUOGHI // STANNO LAVORANDO ALCUNI ARCHITETTI PER RENDERE

PIACEVOLI QUESTI LUOGHI. Va detto comunque che resterebbero sempre luoghi per

mercati ambulanti, non è che diventano supermercati.

28. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

A: Ciao, come va?

B: Bene te?

A: Bene, ma senti che fai oggi?

B: Vado in discoteca

A: Ah a che ora?

B: Alle tre e mezzo

A: Ahah allora niente.

B: Scuola bene?

A: sì sì

B: ahah LA PAGELLA, NON TE LA DANNO? // ahah NON TE LA DANNO, LA

PAGELLA?

A: Me l’hanno già data

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B: ah com'era?

A: insomma.

29. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[contesto: dibattito della Confcommercio]

A: Abbiamo anche un ufficio che si occupa sempre gratuitamente dei rapporti con la camera

di commercio e molti consulenti tramite il nostro ufficio piano piano stanno regolarizzando la

loro posizione nei confronti dell' ente camerale, e quindi si stanno iscrivendo al ruolo di periti,

presso la camera di commercio. Credo che queste siano delle cose a volte scontate ovvie ma

poi in realtà non sono così scontate e ovvie, perchè dietro c'è un impegno organizzativo non

indifferente e... INTERVIENE QUALCUNO // C'È QUALCUNO CHE INTERVIENE, un

attimo solo.

30. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: conversazione privata in un romanzo]

A: “io non sono peloso” protesta ridendo. Smette di farmi il solletico, poi, per evitare di

schiacciarmi sotto il suo peso, si sposta di lato e si accorge del foglio piegato. L’avevo infilato

in fondo all’album ma è scivolato sul tappetto quando ha iniziato a farmi il solletico. “È

CADUTO QUALCOSA.” // "C'È QUALCOSA CHE È CADUTO."

“Leggilo” ansimo cercando di riprendere fiato.

“Cos’è?” Prende il foglio e lo apre.

31. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

A: Pronto?

B: C'è Paolo?

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A: No Paolo è uscito, HA DETTO CHE SAREBBE TORNATO VERSO LE SEI. // HA

DETTO CHE TORNAVA VERSO LE SEI.

B: Va bene grazie

A: Cosa devo dire?

B: Sono Tiziana magari richiamo verso le sei e mezzo.

A: Ah va bene

B: Grazie

A: Niente arrivederci

32. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: telefonata privata]

A: Ci sta Claudio?

B: Claudio, no è andato via.

A: Senti ma quando me li dà, i soldi?

B: Quando ci vediamo

A: E quando ci vediamo?

B: Appena che si fa questa riunione per sciogliere la società.

A: E quando si scioglie 'sta società'?

B: e che ne so quando, mandiamo le lettere a Mario, perché Mario non è più rintracciabile.

A: QUANDO LE MANDI A MARIO, LE LETTERE? // QUANDO GLIELE MANDI, LE

LETTERE, A MARIO?

B: Quando tu non ci rompi le palle.

33. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

Si è ampiamente discusso, senza peraltro giungere a conclusioni soddisfacenti,

sull’inadeguatezza delle teorie economiche tradizionali nell’affrontare i problemi principali

dei paesi sottosviluppati. C’È UN'INTERA LETTERATURA CHE È APPARSA

SULL'ARGOMENTO // È APPARSA SULL'ARGOMENTO UN'INTERA

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LETTERATURA, da quando Prebish denunziò la falsità del concetto di universalità della

scienza economica, fino alla formulazione da parte di Dudley Seers, della teoria della

condizione particolare.

34. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: conversazione privata]

A: Della serie ve lo cuccate così come Dio ve l'ha mandato e C'È LETIZIA CHE È ANDATA

VIA A PARIGI PER DIECI GIORNI // È ANDATA VIA A PARIGI PER DIECI GIORNI

LETIZIA , perché s'è comprata una casa. Allora ci dovrebbe lasciare Brigitte come insegnante

e poi rimaniamo io e Monica o spesso io solamente con lei e questo Claudio.

B: e Fabio

A: lei ha detto be' veramente sono un po' preoccupata di lasciarvi solo con lui perché è uno un

po' è un po' strano in un senso eh

B: non si sa quello che potrebbe fare

A: ma no non quello però eh è una persona strana

B: fa senso

A: A parte che ci ha un odore terribile.

35. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: articolo giornalistico]

Nella giornata di oggi Papa Francesco ha incontrato un un gruppo di Suore del Rosario e

religiose carmelitane, giunte a Roma dal Medio Oriente e da Betlemme per la Canonizzazione

di Alfonsina Danil Ghattas e Miriam di Gesù Crocifisso.Durante il breve incontro il Santo

Padre ha ribadito l’impegno di tutta la Chiesa per la pace in Terra Santa così come per porre

fine alla persecuzione verso i cristiani: il Medio Oriente è assetato di preghiera, ha spiegato

Bergoglio, il quale ha poi invitato a “pregare le due nuove sante per la pace nella vostra terra,

PERCHÉ FINISCA QUESTA GUERRA INTERMINABILE E CI SIA LA PACE FRA I

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POPOLI // AFFINCHÉ FINISCA QUESTA GUERRA INTERMINABILE E CI SIA PACE

FRA I POPOLI."

36. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[contesto: inizio di un romanzo]

C’È IL SOLE CHE SORGE SULLA VECCHIA CASA // SORGE IL SOLE SULLA

VECCHIA CASA, le cui mura non chiedono altro che d’essere scaldate dai tiepidi raggi

autunnali, dopo che i primi rigori stagionali le hanno del tutto private del moderato effetto del

timido focolare.

37. Per scegliere tra le due possibilità devi attribuire una percentuale di gradimento a ciascuna

frase. A questo scopo hai a disposizione un totale del 100% da dividere a tuo piacimento fra le

due possibilità.

[Contesto: lezione scolastica]

A: Questo è un brano tratto da un libro, il cui titolo è “Il taglio del bosco di Cassola”. Allora

vi volevo dire questo: probabilmente il protagonista racconta un fatto realmente accaduto

quando era bambino... Probabilmente C'È QUALCHEDUNO DI VOI CHE È ANDATO IN

UN BOSCO CON IL PROPRIO PAPÀ? // È ANDATO IN UN BOSCO CON IL PROPRIO

PAPÀ QUALCHEDUNO DI VOI?

C: io

A: a cercare funghi

H: io in campagna.

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Appendice B: risultati

0. Introduzione

I risultati che si trovano qui sotto sono quelli usati nella ricerca presentata nel capitolo 7. Si

tratta delle medie dei percentuali attribuiti dai 67 participanti per le 20 domande target. I dati

individuali per participante non sono inclusi qui in forma cartacea per motivi ecologici, ma si

possono trovare sulla Micro-chiavetta USB che accompagna questa tesi.

1. Verbi transitivi: risultati

8) Ecco, c’è Giusi che alza la mano. // Ecco, alza la mano Giusi.

65,3 vs. 34,7

13) Ci sono altre persone che fanno dei sacrifici. // Fanno dei sacrifici altre persone.

91,0 vs. 9,0

15) C’è stata una mia ragazza che ha portato delle cose di colori stranissimi. // Ha portato

delle cose di colori stranissimi una mia ragazza.

90,4 vs. 9,6

21) C’era un capitano che diceva qualcosa a proposito della mancanza dei materiali. // Diceva

qualcosa a proposito della mancanza dei materiali un capitano.

94,0 vs. 6,0

17) C’è Jean Todt che prende la parola in un fluente italiano. // Prende la parola Jean Todt in

un fluente italiano.

20,1 vs. 79,9

2. Verbi inergativi: risultati

25) C’è un uomo che ha telefonato. // Ha telefonato un uomo.

13,5 vs. 86,5

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26) C’è il telefono che squilla. // Squilla il telefono.

8,4 vs. 91,6

36) C’è il sole che sorge sulla vecchia casa. // Sorge il sole sulla vecchia casa.

11,7 vs. 88,3

27) Ci sono alcuni architetti che stanno lavorando per rendere piacevoli questi luoghi. //

Stanno lavorando alcuni architetti per rendere piacevoli questi luoghi.

87,1 vs. 12,9

22) C’è una persona che telefona per la nostra serata musicale // Telefona una persona per la

nostra serata musicale.

83,8 vs. 16,2

23) C’è un artista moderno, Paolo Piroli che lavora con una macchina del genere e con la

pellicola con materiale sensibile. // Lavora con una macchina del genere e con la pellicola con

materiale sensibile un artista moderno, Paolo Piroli.

73,0 vs. 27,0

3. Verbi inaccusativi: risultati

10) C’è Mario che è morto. // È morto Mario.

3,0 vs. 97,0

16) Sì infatti, c’erano tua sorella e tuo fratello che sono saliti. // Sono saliti tua sorella e tuo

fratello.

12,3 vs. 87,8

20) Poi c’è la passione per la musica che è arrivata. // Poi è arrivata la passione per la musica.

3,0 vs. 97,0

29) C’è qualcuno che interviene. // Interviene qualcuno.

47,2 vs. 52,8

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30) C’è qualcosa che è caduto. // È caduto qualcosa.

10,1 vs. 89,9

12) C’è una lettera che è arrivata dall’America stamattina. // È arrivata una lettera stamattina

dall’America.

23,59 vs 76,41

33) C’è un’intera letteratura che è apparsa sull’argomento. // È apparsa sull’argomento

un’intera letteratura.

45,1 vs. 54,9

34) C’è Letizia che è andata via a Parigi per dieci giorni. // È andata via a Parigi per dieci

giorni Letizia.

79,2 vs. 20,8

37) C’è qualcheduno di voi che è andato in un bosco con il proprio papà. // È andato in un

bosco con il proprio papà qualcheduno di voi.

87,3 vs. 12,7