The Architectural Review elenco progetti...

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e Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1980 a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini O. Arup & Partners, Arts Fa- culty Extension, Universuty of Bristol, UK tratto dal numero di gennaio R. Matthew, Johnson-Marshall, University of Bath, Bath, UK tratto dal numero di gennaio H. Hertzberger, Music Centre, Utrecht, Olanda tratto dal numero di febbraio J. G. de Paredes, Manuel De Falla Centre, Granada, Spagna tratto dal numero di marzo N. Westwood, New Buildings for London University, Blo- omsbury, UK tratto dal numero di marzo D. Lausdun & Partners, Pla- netarium, Stuttgart, Germania, 1977 tratto dal numero di marzo W. Beck-Erlang, Cultural Cen- tre, Juba, Sudan, tratto dal numero di aprile L. Kahn, Parlamento, Dacca, Bangladesh, 1962/83 tratto dal numero di maggio B. Myers & R. L. Wilkin, Cita- del theatre, Edmonton, Canada, 1978 tratto dal numero di maggio R. Schulr & U. Schuler-Witte, International Congress Centre, Berlino, Germania, 1970/79 tratto dal numero digiugno A. Erickson Architects, Law Courts and Provincial Gover- , Vancouver, Canada, 1973 tratto dal numero di giugno E. Asmussen, Study Centre, Jarna, Svezia, 1968 tratto dal numero di luglio H. Larsen’s Tegnestue, Univer- sity of Trondheim, Norvegia, 1971 tratto dal numero di settembre M. Giurgola Thorp, Parlament of Australia, Canberra, Austra- lia, 1988 tratto dal numero di dicembre Taniguchi & Takamiya Asso- ciates, Art Museum, Kakegawa, Giappone, 1978 tratto dal numero di dicembre P. Portoghesi, Moschea e Isla- mic Cultrure Centre, Roma, Italia, 1975 tratto dal numero di dicembre

Transcript of The Architectural Review elenco progetti...

The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1980

a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini

O. Arup & Partners, Arts Fa-culty Extension, Universuty of Bristol, UK

tratto dal numero di gennaio

R. Matthew, Johnson-Marshall, University of Bath, Bath, UK

tratto dal numero di gennaio

H. Hertzberger, Music Centre,Utrecht, Olanda

tratto dal numero di febbraio

J. G. de Paredes, Manuel De Falla Centre, Granada, Spagna

tratto dal numero di marzo

N. Westwood, New Buildings for London University, Blo-omsbury, UK

tratto dal numero di marzo

D. Lausdun & Partners, Pla-netarium, Stuttgart, Germania, 1977

tratto dal numero di marzo

W. Beck-Erlang, Cultural Cen-tre, Juba, Sudan,

tratto dal numero di aprile

L. Kahn, Parlamento, Dacca, Bangladesh, 1962/83

tratto dal numero di maggio

B. Myers & R. L. Wilkin, Cita-del theatre, Edmonton, Canada, 1978

tratto dal numero di maggio

R. Schulr & U. Schuler-Witte, International Congress Centre,Berlino, Germania, 1970/79

tratto dal numero digiugno

A. Erickson Architects, LawCourts and Provincial Gover-

, Vancouver, Canada, 1973

tratto dal numero di giugno

E. Asmussen, Study Centre, Jarna, Svezia, 1968

tratto dal numero di luglio

H. Larsen’s Tegnestue, Univer-sity of Trondheim, Norvegia, 1971

tratto dal numero di settembre

M. Giurgola Thorp, Parlament of Australia, Canberra, Austra-lia, 1988

tratto dal numero di dicembre

Taniguchi & Takamiya Asso-ciates, Art Museum, Kakegawa, Giappone, 1978

tratto dal numero di dicembre

P. Portoghesi, Moschea e Isla-mic Cultrure Centre, Roma, Italia, 1975

tratto dal numero di dicembre

The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1981

a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini

W. Kessler, Science Centre,Detroit, Michigan, USA

tratto dal numero di maggio

A. von Branca, Art gallery,Munich, Germania, 1966

tratto dal numero di giugno

J. P. Kleihues, Museum Com-plex, Solingen, near Dusseldorf, Germania

tratto dal numero di luglio

Maki & Associates, Museum,Kyushu, Giappone,

tratto dal numero di luglio

R. Meier & Partners, Museum,Frankfurt, Germania

tratto dal numero di luglio

G. Kidd & Coia, Robinson col-lege, Cambridge, UK,

tratto dal numero di agosto

Kallamann, Mc Kinnell &Wood, American accademy of Arts and Sciences, Cambridge,

tratto dal numero di ottobre

Chamberlin Powell & Bon,Barbican arts centre, London, UK, 1981

tratto dal numero di ottobre

R. Erskine, Student Centre, University of Stoclholm, Swe-den

tratto dal numero di ottobre

The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1982

a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini

J. Stirling, School of Architec-ture, Rice university, Houston, Taxas, USA

tratto dal numero di febbraio

W. Kessler, Recreation Centre,Michigan, USA, 1976

tratto dal numero di marzo

K. Schattner, University Libra-ry Eichstatt, Germania

tratto dal numero di marzo

Behisch & Partner, Study Cen-tre, Stuttgart-Birkach, Germa-nia

tratto dal numero di aprile

K. Humpert, Leisure Centre,Badenweiler, Germania

tratto dal numero di aprile

R. Meier & Partners, Seminary, Hartford, Connecticut, USA

tratto dal numero di maggio

Helin & Siitonen, Conference and Training Centre, Teisko, Finlandia

tratto dal numero di maggio

Frii & Moltke, Conference Centre, Princeston, New Jesey, USA

tratto dal numero di agosto

Faulkner/Brown, Civic Centre,Chester-le-street, Co Durham

tratto dal numero di agosto

H. K. Partridge & Amis, Com-munity Centre, Deptford, Lon-don, UK

tratto dal numero di settembre

Farrell Partnership, Gallery St. James’ , London, UK

tratto dal numero di settembre

M. Graves, Public Services Bu-ilding, Portlenad, Oregon, USA

tratto dal numero di novembre

H. Hollein, Museum Monchen-gladbach, Germania

tratto dal numero di dicembre

The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1983

a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini

H. Kjaerholm, Museum, Holste-bro, Danimarca

tratto dal numero di gennaio

J. Nuovel, Institute of Arab World, Paris, France

tratto dal numero di febbraio

J. Stilring, Neue Stadtgallerie,Stockholm, Sweden

tratto dal numero di marzo

Bawa, Parlament Building, Sri Lanka

tratto dal numero di maggio

M. Botta, Culture Centre,Chambery, Francia

tratto dal numero di maggio

F. Gehry, Amphitheatre Louisia-na World Expo, New Orleans, USA

tratto dal numero di giugno

Foster Associated, Renault Cen-tre, Swindon, Wilts, USA

tratto dal numero di luglio

E. Cullinan, A. Peake, M. Beed-le, A. Short, Training and Con-ference Centre, High Wycombe, Bucks, UK

tratto dal numero di settembre

E. Cullinan, M. Beedle, A. Scìhort, Rebuioding of the C urch of St. Mary, Barnes, Lon-don, UK

tratto dal numero di settembre

The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1984

a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini

R. Meier, High Museum, Atlan-ta, Georgia, USA

tratto dal numero di febbraio

B. Gasson Architects, Burrell Museum, Glasgow, UK

tratto dal numero di febbraio

W. Kucker & W. Golling, Mu-seum Aachen, Germania

tratto dal numero di febbraio

P. Wilson, Museum of Modern Art, Frankfurt, Germania

tratto dal numero di febbraio

G. Murcutt, Museum and Touri-, Kempsey, New south

Wales, Australia

tratto dal numero di febbraio

J. Stirling, M. Wilford & Asso-ciates, Performing Arts Centre, Cornell university Ithica, New York State, USA

tratto dal numero di aprile

R. Howard Wood Levin Part-nership, Derngate Centre,Northamton, UK

tratto dal numero di aprile

McCormac Jamieson & Pri-chard, Faculty of Arts, BristolUniversity, UK

tratto dal numero di maggio

H. Obata & Kassabaum, Ridg-way Centre, St Louis, Missouri, USA

tratto dal numero di luglio

Deaf Persons’Cultural Centre and Housing, Friedrichstrasse, Berlin, Germania

tratto dal numero di

J. Stirling, M. Wilford & As-sociates, Neue Staatsgarlerie,Stuttgart, Germania

tratto dal numero di dicembre

The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1985

a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini

A. van Eyck, New Amsterdam School, Amsterdam, Olanda

tratto dal numero di gennaio

M. Bhigas & Mackay, LibraryConversions, Catalogna, Spa-gna

tratto dal numero di febbraio

Property Services Agency Project Architects, NationalGallery of Modern Art, Edin-burgh, UK

tratto dal numero di febbraio

Esherick, Homsey, Dodge & Davis, Aquarium and Museum,Montery, California, USA

tratto dal numero di marzo

N. Foster, Mediatheque, Nimes, Francia

tratto dal numero di maggio

H. Scharoun, Musical Research Institute and Museum, Berlin, Germania

tratto dal numero di giugno

E. Cullian Architects, Trainingand Conference Centre, High Wycombe, Bucks, UK

tratto dal numero di luglio

Martin, Richards, CalousteGulbenkian Cultural Centre,Lisbona, Portogallo

tratto dal numero di settembre

R. Moneo, Museum Merida,Spagna

tratto dal numero di novembre

R. Meier, Crafts Museum, Fran-kfurt, Germania

tratto dal numero di novembre

Colquhoun & Miller, Art Gal-lery Extension, Whitechapel, London, UK

tratto dal numero di novembre

L. Nield, High School near Canberra, Australia

tratto dal numero di dicembre

The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1986

a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini

C. de Portzamparc, MusicalCity, la Villette, Parigi, Francia

tratto dal numero di marzo

G. Bawa, University of Ruhunu,Matara, Sri Lanka

tratto dal numero di novembre

A. Fainsilber, La Villette, Pari-gi, Francia

tratto dal numero di dicembre

The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1987

a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini

Architetti vari, AR Heuga Doc-klands Museum Competition,Docklands, London, UK

tratto dal numero di febbraio

R. Piano, Art Museum Houston,Texas, USA

tratto dal numero di marzo

R. Piano, Civic and Cultural Centre, Rehabilitation of Basi-lica, Vicenza, Italia

tratto dal numero di marzo

J. Stirling, M. Wilford & Associates, Science Centre,Berlino,Germania

tratto dal numero di aprile

B. Johns, Advanced Technolo-gy Centre, Edmonton, Alberta, Canada

tratto dal numero di maggio

C. St. John Wilson & Partners, School Library Chelmsford,Essex, UK

tratto dal numero di giugno

Stein, Doshi & Bhalla, Gan-dhi Institute of Labour Studies Ahmedabad, India

tratto dal numero di settembre

Busmann & Haberer, ConcertHall and Museum, Cologne, Germania

tratto dal numero di ottobre

J. Nouvel, Arab Cultural Cen-tre, Paris, Francia

tratto dal numero di ottobre

Bach & Mora, Cultural Centre, Madrid, Spagna

tratto dal numero di ottobre

The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1988

a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini

E. Cullinan, R. Gooden, S. Bhavan, Music School Harrow,Middlesex, UK

tratto dal numero di febbraio

H. Scharoun, Chamber Music Hall, Berlino, Germania

tratto dal numero di marzo

Arup Associates, Imperial War Museum, Lambeth, London, UK

tratto dal numero di aprile

G. Canali, Museum Pilotta,Parma, Italia

tratto dal numero di aprile

OMA, Dance Theatre The Ha-gue, Olanda

tratto dal numero di settembre

K. Kurokawa, Art museum Na-goya, Giappone

tratto dal numero di settembre

Edmond & Corrigan, Commu-nity Centre, Canberra, Australia

tratto dal numero di ottobre

The Architectural Review: elenco progetti gennaio/dicembre 1989

a cura di Michele Marchetti, Giulia Perini

N. Torp, Airline Headquarters,Stoccolma, Svezia

tratto dal numero di marzo

Alvar Aalto, Opera Hause,Essen, Germania,

tratto dal numero di giugno

J. Andrews International, Convention Centre, Sydney, Australia

tratto dal numero di giugno

Josè Garcia De Paredes, Manuel de Falla Centre, Granada, Spagana, 1962

Nel 1962, il consilio cittadino di Granada comprò l’edificio vicino al quale Manuel de Falla visse dal 1921 al 1939 per trasformar-lo in un museo dedicato al compositore. Questa casa però era troppo piccola per ospitare tutto il materiale, fu quindi deciso di costruire un centro e una sala concer-ti nelle vicinanze che, al tempo stesso, avrebbero ospitato archivi, spazi espositivi, una libreria e sale conferenza. L’area della casa di de Falla e del centro resta isolata rispetto al tipico giro turistico di Granada, circa a metà del fianco della collina che ospita l’Alhambra, dove per arrivarvi si pas-sa attraverso i giardini “Metamoros” dove si può udire solo il suono delle fontane.Il complesso si divide in tre parti: l’esitente abitazione di de Falla, un centro studi e un auditorium. Il centro è progettato sia per la musica che per le conferenze: l’auditorium è equipaggiato sia per rappresentazioni temporanee che per produzioni teatrali. nella Philarmonie di Berlino, nell’Opera House di Sidney e nel Concertgebouw di Amsterdam.

1. 2. Aerofotogrammetrico dell’Alhambra3. Planimetria 4. Sezione Longitudinale5. Vista esterna6. Vista interna del palco con i musicisti7. Particolare del foyer con i pilastri8. Sezione trasversale9. Vista del complesso da lontano

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

Josè Garcia De Paredes, Manuel de Falla Centre, Granada, Spagna, 1962

Vista la eccezionalità del sito (nessun edifi-cio pubblico è stato costruito in quest’area dal palazzo di Carlo V nel 1527) la prima volontà dell’architetto è stata quella di fon-dere il centro con il paesaggio. L’edificio è lungo e basso con un profilo a diverse altezze che di poco si alzano rispetto all’al-tezza degli alberi. Una consistente parte della costruzione infatti è interrata. I muri sono ricoperti con mattoni colorati chiari, il tetto con tegole chiare, entrambi danno l’impressione di essere consumati dal tem-po. Per questo progetto non è stato rimos-so alcun albero e i muri di mattoni saranno presto ricoperti da rampicanti.L’auditorium può essere diviso in due parti diseguali. Una passeggiata pubblica, che inizia dal pPaseo de los Martires sovra-stante, passa sopra la scena fino ad una terrazza poligonale e piana che da una vista panoramica della Vega e della Sierra Nevada. Il teatro conta 1311 posti a sedere e si divide in due hall da 897 e 414 sedute. Questa soluzione che si sviluppa dietro l’orchestra è già stata usata da Scharoun

1.2.3.4. Piante5. Vista del teatro6. Vista del teatro, affaccio sul parco

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

bibliografia

The Architectural Review, numero di marzo 1980

Klaus Humper, Leisure Centre, Badenweiler, Germania, 1962-67

1. Assonometria2. Vista esterna dell’atrio3. Viste interne teatro4. Pianta livello inferiore5. 6. Viste fotografiche7. 8. Piante livelli superiori

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

bibliografia

The Architectural Review, numero di aprile 1982

All’interno della tradizione architettonica tedesca, con caratteristiche provenienti dal lavoro organico ed espressionista di Rudolf Steiner, Hugo Haring e Hans Scha-roun, c’è un edificio eccezionale. Prende l’umanesimo trovato nel lavoro contempo-raneo di di Gutbrod e Bemisch portandolo ad un livello più poetico di quanto loro non siano mai arrivati. Questo edificio è la Kurhaus di Badenweiler, progettato da Klaus Humper tra il 1662 e 1967.Nonostante la sua età è un edificio che pochi al di fuori della Germania sembrano conoscere, e questo è un peccato, per la sua forma o per la sua apparente mancan-za di forma, non ha catturato l’attenzione di alcuni architetti, l’esperienza di stare dentro o camminare intorno è senza alcun dubbio esaltante. Costruito sulla penden-za più bassa della collina di un castello, ai margini di una piccola città termale nel sud della Germania, è un edificio notevolmen-te gioioso. Le funzioni (caffè, ristorante, grande sala concerti, spazio esterno per la banda e terrazzamenti) sono assemblati in una pianta dalle forme libere che si dispo-ne attorno ad un atrio su più livelli. I volu-mi sono determinati sia dalle esigenze di progetto che dalla morfologia del terreno. I percorsi si snodano tutt’intorno all’edificio in un piacevole susseguirsi di vie. L’atrio centrale di tre piani d’altezza, si innalza sulla collina. La copertura è una lanterna ricurva di vetro che proietta ombre e luci dentro al cuore dell’edificio. La forma del-la pianta si mostra come un incontro tra il lavoro di Aalto e di Scharoun con le terraz-ze che ricordano dormienti memorie della Schminke House, Lobau 1933. Ma nono-stante riferimenti ed origini siano facilmen-te riconoscibili, le innovazioni di Humper hanno prodotto uno straordinario edificio del tutto originale. La modellazione di forme e figure è così personale che non si può fare riferimento a qualche opera del passato o concetto precostituito. Di tutti gli edifici organici te-deschi questo è quello che più si avvicina all’espressione di Hugo Haring “gli interni/ i significati/ le sensazioni... oppure alle paro-le di Kahn:” il sole non ha mai conosciuto la sua grandezza finchè non colpì il lato di un edificio”.

Paolo Portoghesi e altri, Moschea di Roma, Roma, Italia, 1975

Tra i quattro finalisti di una concorso ar-chitettonico del 1975 per la Moschea e il centro culturale islamico a Roma, vin-seun’architetto islamico Mosauwi e secon-di arrivarono Paolo Portoghesi con Vittorio Gigliotti. Il progetto vincente fu giudicato il più appropriato, ma gli assessori rimasero impressionati dagli interni di Portoghesi, quindi chiesero una collaborazione frai i tre progettisti.Su un’area ai piedi del monte Antenne, una piccola collina coperta di pini sopra il Tiber, gli elemnti principali sono disposti a T, uno schema tradizionale sia per l’archi-tettura sacra islamica che per quella roma-na. Il lato più corto della T è rivolto verso la Mecca ed è costituito dalla Moschea e dalla corte aperta destinata alla preghiera davanti ad essa, nella quale i due assi si incrociano. Tutti il basamento racciude il centro culturale, sopra di esso dei porti-cati racchiudono la corte di preghiera e si estendono come quattro braccia formando un’H. Tra queste braccia ed intorno alla Moschea sorgono i giardini con rigogliosa vegetazione, fontane e vasche che creano un’ordine sereno che simboleggia il para-diso. Attraverso la Moschea e le arcate vi è una foresta di colonne in calcestruzzo rinforzato, ognuna delle quali ha sezione composta da quattro colonne a base qua-drata che in cima si aprono come mani in preghiera, dove sono strette da un’anello.Nella struttura, colpiscono il mix tra pen-siero moderno della struttura e linee curve onnipresenti (la grande sala di preghiera richiama indubbiamente una foresta - o un’oasi, con le sue colonne a tre steli), l’uso della luce per creare un clima medi-tativo, e l’utilizzo di materiali che generano colori tipicamente romani, come il traverti-no e il cotto rosato. L’apparato decorativo, assai discreto nell’ampiezza dello spazio che lo contiene, è costituito da ceramiche invetriate di colori delicati. Il tema coranico ripetuto è Allah è luce.

1. Pianta;2. Aerofotogrammetrico;3. Foto del plastico;4. Sezione della moschea;5. La moschea ;6. Disegno dei pilastri;7. Fotografia dei pilastri;8. Vista interna alla moschea;9. Vista interna alla moschea;

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

bibliografia

The Architectural Review, numero di dicembre 1980

Norman Westwater, Centro Culturale, Juba, Sudan, 1975

Disposto su di una collina a Juba, capita-le di una regione del Sudan, si presenta come un largo, lungo e basso tetto, al di sotto del quale si trovano un anfiteatro per mille persone, con un palco di terra battu-ta, e una serie di spazi secondari racciusi da muri autoportanti. Il tetto permette di proteggere le strutture dal sole, lasciando che l’aria possa penetrare. Vi si trovano aule per la musica e per le arti, uffici am-ministrativi e un rostorante-bar disposto attorno ad un giardino e ad un’area pavi-mentata. Vi su trova inoltre una biblioteca, un’aula proiezioni e due piani dove si tro-vano i camerini che sono disposti in ma-niera tale da formare sia la scena del teatro che uno schermo per il cinema. Questa semplice ma generosa struttura è un cen-tro culturale donato da Adnan Kashoggi, direttore del gruppo di finanziatori Triad. L’architetto inglese Norman Westwater in-contrò il problema di trovare una soluzione che fosse in armonia con la cultura localee ovviasse alle dificoltà edilizie e di repe-rimento di materiali. La tradizionale danza tribale e la musica si svolgono all’aperto: predisporre un teatro chiuso e con un sistema sofisticato di illuminaziione sareb-be stato in contrasto con la cultura locale e impossibile da costruire e mantenere. Il maggiore elemento strutturale è un portale d’acciaio, incorniciato da un tetto isolante prodotto in USA, trasportato a Monbasa in nave e poi tramite trasporto via terra, attra-verso Kenya e Uganda. Tutto ciò ha richie-sto solamente l’assemblaggio in loco dei blocchi di fondazione, e la natura del luogo ha richesto per la cstruzione della platea del teatro il minimo spostamento di terra. Il tetto è bianco nella parte superiore, con travi nere e fogli di plastica neri sottostanti. I muri bassi sono bianchi e costruiti in can-niccio tradizionale e aperti con moderne porte e finestre d’acciaio. Questi muri sono illuminati di notte da tubi fluorescenti.

1. Inquadramento territoriale del Sudan2. Inquadramento territoriale di Juba nel Sudan3. Aerofotogrammetrico della città4. Pianta del centro5. Vista fotografica6. Vista fotografica

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

bibliografia

The Architectural Review, numero di marzo 1980

Juba è una città del Sudan, capitale regionale del Sudan meridionale e capitale dello Stato sudanese dell’Equatoria centrale. Nel 2005 la popolazione di Juba era di 163.442 abitanti. Era una città focale per il commercio nell’est dell’Africa prima della guerra civile iniziata negli anni 70. é una città con una storia difficile come la maggior parte dei territori africani.

Scharoun, Kultur Forum, Berlino, Germania, 1972

Dei suoi ultimi edifici, Hans Scharoun vide completata solo la Filrmonica. La Filarmo-nica fu la prima di quegli edifici che dove-vano formare il Culture Forum, costruito su un’area devastata vicino al muro. Sarebbe dovuto diventare punto focale della Berlino riunita. La grande sala da concerti infatti non era pensata da Scharoun come ele-mento isolato, venne invece accompagna-ta da numerose piante e planimetrie che non sono stati resi pubblici prima. L’ag-giunta di un Istituto per la Ricerca Musicale e il Museo degli Strumenti Musicali sugge-rita nel 1968 fu accettata da Scharoun e pianificata prima del 1972, anno della sua morte. L’edificio fu eseguito dal suo part-ner, Edgar Wisniewski.La Filarmonica oltre a questi edifici doveva essere inserita in un contesto più ampio in cui c’erano anche la Sala per la Musica da Camera. La Filarmonica era il primo pezzo della ricostruzione. Era impossibile allora trovare delle imprese finanziatrici che costruissero negozi, ristoranti... nell’area vicino a Kemperplatz, e fu provvidenziale che la Prussian Cultural Heritage Founda-tion suggerì di incorporare l’Istituto di Ri-cerca Musicale e il Museo degli Strumenti Musicali alla Filarmonica. Scharoun inoltre si occupò della parte est del sito anche se l’intenzione originaria era quella di dare un aspetto più unitario all’assetto planime-trico. La Filarmonica provvede a dare un naturale fuoco per tutto il complesso che è stato pianificato per includere non solo l’Istituo e il Museo ma anche la Sala della Musica da Camera del xxxx e L’Archivio della Musica Tedesca e L’Audio Visual Centre.

1. Vista esterna della Philarmonie2. Vista esterna della Sala della Musica da Camera3. Planimetria generale4.5. Viste interne della Philarmonie6. Prospetto dell’istituto di Ricerca7.8. Viste dell’Istituto di Ricerca della Musica9. Sezione dell’Istituto di Ricerca della Musica

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

Scharoun, Kultur Forum, Berlino, Germania, 1972

L’obiettivo fu quello di un interazione cre-ativa in modo da determinare gli assetti internazionali della musica, anche solo per l’importanza della Filarmonica. L’Istituto di Ricerca della Musica è particolarmente im-portante per le ricerche accademiche che possono dare nuovo impeto alla musica, gli esperimenti nel laboratorio di elettronica musicale all’interno dell’istituto dovrebbero dare risalto alle performance del centro. La continuità del museo con il foyer della Filarmonie invita gli spettatori dei concer-ti alle visite. Gli strumenti della moderna orchestra sinfonica possono essere para-gonati con i suoi predecessori e faranno ricordare ai visitatori i cambiamenti nel loro suono. A parte la funzione educativa il mu-seo è progettato per mostrare gli strumenti nel loro contesto artistico, sociale e storico. Questa organizzazione programmatica riflette l’impegno di Scharoun con la vi-tale domanda di cambiare struttura nello spazio e nel tempo , sempre suo punto di partenza nel concepire un edificio o uno spazio urbano. L’obiettivo non era quello di dividere lo spazio in piccole e specializzate aule per le esibizioni ma lasciarlo continuo con un lungo e dominante volume centra-le. La lunghezza e la centralità possono sembrare due concetti contraddittori so-prattutto perchè lo spazio è stretto. L’assetto dell’istituto è ortogonale e sim-boleggia la forza della ragione, a parte la libreria e un gruppo di spazi annessi alla sala di lettura, le altre stanze dell’istituto affacciano tutte sul cortile interno della Filarmonica.

1. 2. 3. Viste interne dell’Isti-tuto di Ricerca della Musica e del Museo degli Sturmenti Musicali4. 5. 6. Piante dell’Istituto di Ricerca della Musica e del Museo degli Sturmenti Musicali

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

bibliografia

The Architectural Review, numero di giugno 1985

Chamberlin, Powell e Bon, Barbican Centre, Londra, UK, 1981

Londra propone molti istituti artistico-culturali, divenuti nel tempo centri d’avan-guardia della società britannica; tra questi troviamo il più grande centro multi-artistico di tutta Europa: il Barbican Centre. Uno dei più importanti quotidiani al mondo, The Guardian, definisce il centro come “un luogo dove c’è sempre qualcosa di ricco e strano che accade” e tutto questo accade nel cuore e nel centro della città, a portata di tutti. Nasce nel 1982, nel celebre complesso architettonico conosciuto con il nome di Barbican House Estate (situato nella zona della City di Londra), progettato negli anni sessanta dagli architetti Cham-berlin, Powell e Bon. La sua struttura si concentra nella Barbican Hall, una sala concerti di quasi 2000 posti e residenza stabile delle celebri orchestre londinesi London Symphony Orchestra e BBC Sym-phony Orchestra, nel Teatro Barbican con 1166 posti, nell’Auditorium ‘The Pit’ di 200 posti, nella Galleria d’Arte Barbican, sede di importanti eventi espositivi, nel Cinema Barbican che comprende tre sale, per un totale di circa 700 posti. Non finisce qui, al Barbican luoghi d’arte informale diventa-no, all’occasione, luoghi adatti ad ospitare piccole performance artistiche. Completa-no l’intrattenimento i diversi bar, ristoranti, una terrazza all’aperto (Lakeside Terrace), due spazi fiera, sette sale congressi, alcu-ne librerie e un conservatorio, conosciuto come il Roof-Top tropical conservatory. Il Barbican House Estate, elencato nel 2001 tra gli edifici di Grade II listed building, nasce come un edificio complesso, carat-terizzato da un’intricata struttura architetto-nica:

1.2.3. Viste interne teatro4. Sezione5. Piante

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

James Stirling, Neue Staatsgalerie, Stoccarda, Germania, 1984

Museo a forte connotazione urbana costruito per dare una più appropriata collocazione alla sezione moderna e con-temporanea (dalle avanguardie storiche degli inizi del Novecento alle opere degli artisti concettuali americani) delle collezioni municipali. Viene realizzato in adiacenza al nucleo originario del museo, un edificio ottocentesco in stile neoclassico, a cui è collegato mediante un ponte. Una delle sollecitazioni esterne di cui gli architetti devono tener conto è data dalla penden-za del lotto, risolta realizzando un sistema di rampe che conducono dal piano della strada al livello della terrazza dove si trova il foyer d’ingresso. Questa organizzazio-ne del versante collinare per piani inclinati ricorda il sistema ipotattico di Praenestre, dove una serie di rampe conduce al Tem-pio della Fortuna Primigenia. In questo caso il percorso porta alla Rotonda, a cui si riconosce la stessa centralità assegna-ta all’edificio sacro. Ma la differenza fra l’impianto romano e questo stirlinghiano sta nel fatto che malgrado l’impianto pla-nimetrico abbia una struttura simmetrica, in alzato ogni centralità è perduta a causa di una composizione complessa e fram-mentaria dei vari volumi che costituiscono l’insieme. Inoltre, a negare ogni assialità concorre la collocazione fuori centro della hall di ingresso, ospitata in un corpo vetra-to dall’andamento sinuoso. La caratteri-stica dominante di questo museo è la sua dimensione urbana. Quest’ultima non si manifesta solo nella riproposizione a scala architettonica della complessità tipica dello scenario metropolitano.

1.2.3. Viste interne teatro4. Sezione5. Piante

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

James Stirling, Neue Staatsgalerie, Stoccarda, Germania, 1984

Osservando la planimetria si può notare che il centro ideale del complesso muse-ale, la Rotonda ipetrale, non si configura come il cuore sacrale dell’itinerario espo-sitivo, ma piuttosto come il nucleo centrale da cui si irradiano tutti i volumi verso le zone perimetrali, come se fossero sog-getti a una forza centrifuga che sembra voler suggerire il dissolvimento dei confini museali nello spazio della città. Pertan-to la Rotonda, nella tradizione tipologica ottocentesca considerata il centro nevral-gico dell’itinerario espositivo, qui sembra ribaltarsi in un’assenza piuttosto che in una presenza. Con questo “svuotamento” la sacralità dell’opera d’arte invece che es-sere celebrata nel museo viene proiettata nella città. Unitamente alla Rotonda, altri ambiti esterni al museo subiscono una connotazione tale da far sì che la sociali-tà sia esterna allo spazio museale e non preservata al suo interno. Percorsi sinuosi, volumi stravaganti, coloratissimi dettagli pop, sono tutti “ammiccamenti” collocati all’esterno per attrarre una vivace vita so-ciale, che popola e anima questo luogo anche senza accedervi al suo interno. Ri-spetto al carattere ludico e chiassoso degli ambienti esterni, l’interno appare ordinato, quasi ortodosso per il modo in cui qui si trova riproposta, immodificata, la tradizio-nale tipologia a galleria.

1.2.3. Viste interne teatro4. Sezione5. Piante

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

bibliografia

The Architectural Review, numero di marzo 1983

Chamberlin, Powell e Bon, Barbican Centre, Londra, UK, 1981

numerose entrate d’accesso, lunghi cor-ridoi multi-livello di difficile orientamento, imponente uso del cemento; nel comples-so, una struttura tipica dell’architettura brutalista britannica. Nel corso degli anni, in particolare negli anni novanta, il centro subì diverse miglioramenti ‘cosmetici’ men-tre recentemente, negli anni 2005-2006, vennero introdotte alcune migliorie atte a donare una maggiore praticità alla struttura intera, soprattutto in relazione all’accesso della circolazione pedonale. Come la leg-gendaria fenice, anche il Barbican risorse dalle ceneri, in questo caso causate dai bombardamenti avvenuti nella Seconda Guerra Mondiale. Nel dopoguerra prese corpo una sorta di rinnovamento artisti-co e l’idea di creare un centro adatto alla esigenze artistiche dell’epoca. Il Barbican Centre ospita le mostre d’arte più in voga di tutta Europa, dai capolavori fotografici di Sebastião Salgado al Museo Marziano dell’Arte Terrestre, dalla musica soul africa-na ai concerti di musica classica della Lon-don Symphony Orchestra, a musical che celebrano la nascita della musica reggae.Non si dimentichi inoltre delle sale cinema-tografiche, sempre pronte ad accogliere i numerosi film di circolazione internaziona-le, dai film d’autore del cinema francese, italiano o asiatico, ai grossi film del cinema hollywoodiano o bollywoodiano. In poche parole, il Barbican rappresenta la storia di Londra nel suo complesso, dall’antico difficile cammino urbanistico e sociale, al sacrificio e alla rigenerazione; il continuo ri-sorgere della città, dei suoi quartieri e della sua popolazione nella storia.

1. Piante2.3.4. Viste interno

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

bibliografia

The Architectural Review, numero di ottobre 1981

Hans Hollein, Städtisches Museum Abteiberg , 1977-82

Lo Städtisches Museum Abteiberg di Mön-chengladbach è il museo di arte moderna e contemporanea della città di Mönchen-gladbach, realizzato tra il 1977 e il 1982.Prende il nome dall’Abteiberg, la collina su cui sorge l’antica abbazia benedettina, oggi duomo. Il museo è situato sul fianco della collina, nei pressi della chiesa. Archi-tettura espositiva che propone la dispersio-ne della soglia museale nello spazio della città. Progettato dall’architetto austriaco Hans Hollein e vincitore del famoso “Prit-zker Award” nel 1985, l’Abteiberg Museum di Mönchengladbach oltre ad offrire spazi espositivi e attività di servizio funzionali alla vita di un museo, delinea nuove aree ur-bane, una piazza e un crocevia che vanno ad arricchire il sistema dei percorsi e degli spazi di sosta della città.Il contesto in cui Hollein è chiamato ad intervenire risulta ricco di suggestioni che affiorano tutte nel progetto. Si tratta del ripido fianco di un colle su cui campeggia-no un’abbazia benedettina trecentesca, un monastero settecentesco e più in alto una cattedrale gotica. L’idea progettuale è quella di sviluppare il complesso museale attraverso una serie di elementi formalmente e funzionalmente distinti, disseminati su quote differenti del terreno. L’organizzazione volumetrica pre-senta pertanto una tripartizione: sulla parte alta della collina l’architettura svetta come forma turrita, nella parte mediana digrada in elementi più bassi che si immergono nella collina fino ad assumere la dimensio-ne ipogea di architettura sottrattiva e infine, nella parte più bassa, gli elementi costruiti si dissolvono completamente nella natura.

1.Viste esterno2. Pianta3.4.5.6.7. Viste esterno

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

Hans Hollein, Städtisches Museum Abteiberg , Mönchengladbach, 1982

Nel rispetto di questa logica di dissolvi-mento spaziale sottesa al progetto, Hollein studia un sistema di accessi molto versa-tile che consente la percorribilità totale del complesso e ripropone la stessa tortuosità dei tracciati medievali tipici della città, nella finalità di incoraggiare la fruizione dell’area da parte di un pubblico allargato, che non è tenuto ad accedere alle sale espositi-ve, ma può anche sostare nella piazza o nell’antico giardino, o semplicemente percorrere questa promenade architectural come fosse un attraversamento urbano. Assecondando tale intento il nuovo museo arricchisce il sistema di percorsi pedonali del vicino centro storico, generando un gioco di contaminazioni in cui se da un lato il museo si insinua nella città, dall’altro la città entra con le sue dinamiche a far parte del museo. La medesima varietà secondo la quale si articolano i volumi esterni si ritrova interna-mente, dove ogni ambito è caratterizzato in maniera specifica, al punto che ciascuna delle sale espositive viene trasformata in un avvenimento irripetibile. Lo spazio mu-seale è plasmato come fosse esso stesso un’opera d’arte, secondo un ideale di Ge-samtkunstwerk, ovvero di artisticità totale che lascia immaginare come l’esperienza artistica condotta in questo genere di mu-sei così autoreferenziali riesca benissimo a prescindere dall’esistenza di una collezio-ne d’arte. La collezione che ospita è molto vasta. Spazia dall’espressionismo tedesco all’arte contemporanea internazionale.

1.Viste esterno2. Sezione e prospetto3. Planivolumetria4.5.6. Viste esterno

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

bibliografia

The Architectural Review, numero di dicembre 1982

Jean Nouvel, Istituto del Mondo Arabo, Parigi, 1980-1987

Nel dicembre del 1987 apre le porte a Parigi l’Institut du Monde Arabe, situato nel cuore della Parigi storica, nel V arron-dissement, progettato da Jean Nouvel, Pierre Soria, Gilbert Lezénés e Architecture Studio, vincitori del concorso bandito dal Comune di Parigi nel 1981 a cui partecipa-rono sette gruppi di architetti francesi. La sfida di Nouvel era duplice: contenere una grande complessità di elementi in una forma semplice e unire in una sintesi la cultura araba e quella cultura occidentale. La costruzione di questo edificio, giusta-mente iscritto nella politica delle grandi opere voluta da François Mitterrand, è stata decisa sotto il settennato di Valéry Gi-scard d’Estaing nel 1973, con l’intenzione di migliorare le relazioni diplomatiche tra la Francia e i Paesi arabi. L’edificio dell’In-stitut è costituito sostanzialmente di due grossi corpi uno rettangolare che affaccia su una grande piazza e uno fortemente ap-puntito con un profilo rettilineo e uno curvo verso la Senna. In realtà l’IMA non è solo un’istituto di cul-tura araba: è un luogo dove si incontrano i parigini, è un museo e una biblioteca, è un incredibile belvedere ma è anche un caffè dove conversare e rilassarsi, è un luogo di studio e di confronto tra le due culture più rappresentate a Parigi, quella occidentale e quella islamica. Il sito in cui sorge l’edifi-cio è molto ricco di suggestioni: siamo nel cuore della città, sul lungosenna di fronte al pont de Sully, che unisce la riva sinistra all’île St-Louis. La pianta dell’IMA è quindi legata al contesto: si tratta di una realizza-zione molto urbana che tiene conto dello sviluppo della zona che la ospita.

1. 2. 3. Inquadramento territoriale 4. Assonometria planimetrica5. Assonometria dell’Istituto6. 7. 8. 9. Piante10. Pianta del piano terra10. 11. Sezioni

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

Jean Nouvel, Istituto del Mondo Arabo, Parigi, 1980-1987Dalla terrazza superiore si ha una splendi-da vista sulla città: a Nord la Parigi medie-vale e Haussmaniana, (la facciata Nord, completamente vetrata, riflette la cattedrale di Notre Dame sull’île de la cité ), ad Est c’è la Parigi del XX° secolo con l’imponente Université de Jussieu, caratteristica archi-tettura anni ’50-’60 in cemento e metallo con un fronte su pilastri di oltre 400 metri verso la Senna. La forte relazione con il luogo è uno dei punti di partenza del la-voro di Nouvel - “ciò che mi interessa è la pertinenza di una risposta rispetto ad un contesto specifico” ha affermato il celebre architetto – che non ama gli architetti che adottano soluzioni formali sempre uguali in ogni luogo di progetto. Ma un buon progetto per Jean Nouvel nasce non solo da un’attenta analisi del luogo ma anche dall’uso di nuovi materia-li e tecnologie. L’edificio di Jean Nouvel, interamente in metallo e vetro, ha la sua forza proprio nella coerenza data dal rigo-re geometrico e dall’armonia dei materiali utilizzati.Qui utilizza un dispositivo dichiaratamen-te “high tech” nel trattare il fronte verso la piazza: le finestre infatti sono pensate come diaframmi mobili di una macchina fotografica. La luce filtra nell’edificio in quantità inversamente proporzionale alla sua intensità, grazie a speciali dispositi-vi che reagiscono al calore, modificando di fatto l’immagine del prospetto esterno durante tutto l’arco della giornata. Que-sto gli permette di rendere omaggio alla cultura araba realizzando una facciata che nella trama astratta e geometrica ri-chiama in qualche modo gli “arabeschi” e ottenendo un suggestivo spazio interno in cui la luce non è diffusa né concentrata in poche aperture ma entra negli ambienti attraverso piccoli e numerosi fasci lumi-nosi che conferiscono un carattere quasi sacrale allo spazio. Il museo e disposto su 3 piani e propone ai visitatori il mondo arabo prima dell’Egira al 7° piano, il mondo arabo-islamico al 5° piano mentre propone l’espansione dell’Islàm -India, Iran, Turchia- al 4° piano. Le esposizioni temporanee presentano al grande pubblico il patrimo-nio dei Paesi arabi, dalla preistoria ai nostri giorni. una grande esposizione è inaugura-ta ogni anno in autunno e delle esposizioni tematiche (arte contemporanea, attualità, fotografia...) costellano l’anno culturale. l’obiettivo della direzione è far conoscere la cultura e la civiltà araba dal lato delle loro realizzazioni artistiche.

1. Vista fotografica2. Vista del modello3. 4. Foto della facciata sud dell’Istituto5. 6. Foto del particolare del meccanismo della facciata chiuso e 7. Foto della facciata sud dell’Istituto

a cura di Michele Marchetti e Giulia Perini

bibliografia

The Architectural Review, numero di febbraio 1983