Tezon dei squadradori (Arsenale di Venezia)

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Il Tezon dei squadradori all’Arsenale di Venezia Appunti per una visita guidata da un testo di Cesare Peris Liceo Artistico Statale di Venezia nno scolastico 2013-14 Classe terza D – Laboratorio di Architettura e Ambiente

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Preparazione alla visita dell'Arsenale. L'analisi di un particolare manufatto.

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Il Tezon dei squadradori all’Arsenale di Venezia

Appunti per una visita guidatada un testo di Cesare Peris

Liceo Artistico Statale di VeneziaAnno scolastico 2013-14

Classe terza D – Laboratorio di Architettura e Ambiente

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L’arsenale nella veduta prospettica di Jacopo De Barbari (1500)

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L’Arsenale nella pianta prospettica di G.M. Maffioletti, 1798

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Evoluzione nei secoli dell’Arsenaledal sito di Arsenale S.p.a

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Localizzazione dell’edificio degli Squadratori, detto anche Sala a tracciare

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Trasformazioni dell’area dove sorge l’edificio degli squadratori

Nel corso del 1557 venne annesso all’Arsenale circa la metà del vasto orto delle monache della Celestia, area che venne subito isolata lungo il lato ovest con la costruzione delle nuove mura di confine.

Successivamente, la nuova area venne prontamente sbancata per ricavarne il canal de le galeazze, opera idraulica che venne completata nel 1564 e che mise in comunicazione diretta la vasca de le galeazze con la darsena dell'Arsenal vecio , come risulta dalla mappa di Antonio Di Natale (sec. XVII) esposta al Museo Correr.

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L’area delle Galeazze dalla mappa di Antonio di Natale (sec. XVII) museo Correr - Venezia

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Destinazione d’uso del preesistente edificio

Per ricoverare il legname a stagionare una volta esaurita la fase di purificazione a mollo nell’acqua salmastra del canal de le galeazze, nel periodo immediatamente successivo lungo la sua riva est fu costruito in legno un lungo tezon che venne chiamato gran fabricato a le sieghe, dove stavano ordinatamente accatastati per la loro altezza i tronchi messi a stagionare, assieme alle tavole già segate a misura e pronte per l'utilizzo.

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L’edificio degli Squadratori

Divenuto ormai vetusto, il gran fabbricato de le sieghe fu completamente demolito ed al suo posto (sulla base di un progetto forse preparato prima del 1738 da Giuseppe Scalfarotto, (Proto dell'Arsenale dal 1711 e il 1754) nel 1750 iniziarono i lavori per la realizzazione di un nuovo edificio in muratura, destinato allo stesso scopo, che fu detto degli squadradori, lavori che alfine terminarono nel 1778.

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Mappa dell’area della guida Casoni (1829)

L’edificio degli Squadratori figura con il numero 20

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Descrizione dell’edificio data dal Casoni nel 1829

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L’edificio in una foto dell’800 prima degli interventi di modifica avvenuti dopo l’unificazione del Veneto all’Italia (1866)

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L’edificio originario

La teoria delle arcate, in origine affacciate direttamente sull'acqua, era conclusa alle estremità da due testate recanti una porta arcuata sottostante una finestra a occhio circolare e concluso da una semplice trabeazione. Di tutto l'Arsenale il tezon dei squadradori costituisce l'unico sistema bifronte, affacciato cioè su bacini contrapposti, ed anche l'unico che integri con una fabbrica trasversale una serie di scali disposti ortogonalmente al bacino.

Prima della parziale demolizione e rimaneggiamenti subiti nel corso dell'Ottocento, il tezon dei squadradori costituiva sicuramente la più imponente costruzione di tutto l'Arsenale: lungo metri 147, largo metri 28, alto metri 16,80 alla gronda e metri 22 al colmo. Esso consisteva in un unico, grandioso vano limitato sul fronte ovest da tredici arcate, ritmate da pilastri riquadrati da un sottosquadro che pare continuare anche sul timpano, fra arco e arco, con la stessa larghezza che ha del pilastro.

In questa vecchia fotografia, l’edificio originario prima

degli interventi di demolizione e manomissione

interna.

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Gli squadradori

Al suo interno vi lavoravano gli squadradori, ovvero gli arsenalotti specializzati nello squadro delle tavole che venivano segate dai tronchi di rovere, acacia, abete, larice, faggio e noce, tutte essenze arboree che servivano alla costruzione delle navi. Per lavorare adoperavano una grande sega fissata al centro di un telaio. La tecnica consisteva nell'operare sul tronco posto su due alti cavalletti e gli uomini, sempre in coppia uno sopra e l'altro sotto il pezzo da lavorare, applicavano all'arnese un movimento alterato, mantenendo con una notevole abilità lo spessore regolare.

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LA RISTRUTTURAZIONE OTTOCENTESCA

Tezon dei SquadradoriLa linea rossa indica l’estensione dell’edifico prima della demolizione delle cinque arcate, la linea blu il sito occupato dal demolito tezon de le galeazze, la linea gialla l’area occupata dai cinque tezoni demoliti della Novissimetta.

Tezon dei SquadradoriLa linea rossa indica l’originaria estensione dell’edifico prima della demolizione, quella blu l’ampiezza originaria del canal de le galeazze su cui si affaccia l’edificio.

Unito il Veneto al Regno d’Italia nel 1866, in ottemperanza al progetto per il riordino e potenziamento dell’Arsenale predisposto da Felice Martini per conto della Regia Marina, nel corso del 1880 il tezon degli squadradori subì profondi rimaneggiamenti che ne alterarono irrimediabilmente l'aspetto e l'assetto originario.

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da: «Progetti e lavori pel riordinamento ed ingrandimento dell’Arsenale marittimo di Venezia – Memoria del generale Felice Martini redatta per incarico del Ministero della Marina, Roma 1897»

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da: «Progetti e lavori pel riordinamento ed ingrandimento dell’Arsenale marittimo di Venezia – Memoria del generale Felice Martini redatta per incarico del Ministero della Marina, Roma 1897».

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«Progetti e lavori pel riordinamento ed ingrandimento dell’Arsenale marittimo di Venezia Memoria del generale Felice Martini redatta per incarico del Ministero della Marina, Roma 1897».

La foto (realizzata nel giugno del 1877) mostra il nuovo scalo in costruzione e la nuova fisionomia che va assumendo l’edificio degli Squadratori che ora si articola in due piani.

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Dall’edificio originario a quello attuale

In questa vecchia fotografia, l’edificio originario prima degli interventi di demolizione e manomissione interna.

L’edificio attuale, privo delle ultime cinque arcate, si specchia sul canal de le galeazze

Venne ridotta la lunghezza complessiva dai 150 metri originari a 86,50 mediante l'abbattimento della fronte nord e di cinque arcate successive (con l'ultima arcata e la fronte nord ricostruite ex-novo). Pare inoltre lecito ritenere che il nuovo aspetto esterno impresso al lato ad ovest sia stato suggerito dal motivo ornamentale presente sulla testata: una fascia continua di bianca pietra d'Istria che sottolinea l'imposta degli archi, a loro volta trasformati in finestre a lunetta di tipo basilicale, e l'apertura su ogni campata di una porta arcuata alta metri 6,40 e larga metri 2,90.

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La facciata settentrionale, ricostruita dopo la demolizione dell’originaria, e reinterpretata con l’aggiunta di alcuni particolari decorativi prima inesistenti, come la trifora sul timpano e le cornici marcapiano in pietra d’Istria.

La facciata originaria meridionale ed il fianco verso levante addossato alla novissimetta

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Seguì l’alterazione dello spazio interno, che ne comportò il dimezzamento all'altezza dell'imposta degli archi, ad opera di un poderoso solaio formato da grandi tavole di larice e sostenuto all'interno da una doppia fila di pilastri cruciformi. Venne così ricavata al primo piano una grande sala da disegno di metri 26 per metri 85 con le finestre a lunetta poste a filo di pavimento. Questo enorme vano è servito solo da una scaletta esterna in ferro, addossata in lunghezza alla facciata; dall'aspetto precario, essa è divisa in tre rampe e raggiunge la finestra centrale. A proposito di scale, va osservato che anche l’antica scala di servizio (o almeno ciò che oggi resta di essa), non era meno scomoda, situata com'è fra il secondo e il terzo tezon alto a la scafeta facenti parte della Novissimetta, in mezzeria dell'edificio, ma perpendicolarmente ad esso.

I volti in muratura ottocenteschi che sostengono il primo solér (primo piano)

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Al pian terreno erano visibili fino a poco tempo fa i resti, ormai fatiscenti, di una parchettatura di blocchetti di larice, tessuta a spina di pesce, che formava una superficie perfettamente orizzontale da servire come piano di lavoro agli squadradori nel taglio delle sagome ma anche ai tracciatori per disegnarle, e proprio in parte quale sala a tracciare venne riutilizzato l'edificio quando, ancora viva la Repubblica, venne dichiarata conclusa la sperimentazione del nuovo sistema di essicazione del legname all'asciutto, che non aveva sortito i risultati sperati.

Interno al pé pian (piano terra)

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Infine, lungo tutto il fronte che guardava il canal de le galeazze venne creata una fondamenta-banchina che privò definitivamente l'edificio della fondamentale caratteristica di avere la facciata utile a filo d’acqua.

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I SISTEMI E GLI ELEMENTI COSTRUTTIVI: LE FONDAZIONI

A Venezia il metodo tradizionale di costruzione prevedeva l’infissione di pali nel terreno, allo scopo di costipare il terreno aumentandone la densità e quindi rendere più stabili le fondazioni dei palazzi. Solitamente, per ogni metro quadrato, erano piantati otto-nove pali in legno con lunghezza tra 1,50 e 3 mt. e 10 -20 centimetri di diametro. I pali solitamente erano di ontano, olmo, rovere, larice, pino.Sulle teste dei pali, dopo averle pareggiate e rese complanari, venivano stesi uno o due ordini di tavoloni dello spessore di cinque centimetri; da questo zatterone spiccavano i muri di fondazione. Il legno, immerso nel fango umido che ne impediva il contatto con l’aria, si conservava in ottime condizioni, garantendo la funzionalità della parte più profonda dell’apparato di fondazione.Tuttavia – recenti ricerche – hanno dimostrato che, dopo secoli, il legno sottoposto a costante imbibizione, in condizioni di quasi anossia, potrebbe essere deteriorato da batteri anaerobici, quindi non trova fondamento il luogo comune che “il palo di legno immerso nel fango dura per sempre”.

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I SISTEMI E GLI ELEMENTI COSTRUTTIVI: come si vede dal fotopiano il tetto è a due falde, con manto di copertura in coppi, mentre nell’edificio originario cinquecentesco era a padiglione.

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Il tetto è retto da capriate del tipo palladiano; sono distanziate fra loro di circa due metri, oggi purtroppo celate alla vista dall'Ottocentesco controsoffitto.

Per luci comprese tra i 25 m e i 28 m si utilizza la capriata denominata palladiana "composta" che è costituita da due puntoni, tre monaci, una catena e una sottocatena e sei saette. Si sottolinea in ultimo l'estrema importanza del corretto dimensionamento ed esecuzione delle calettature ed in particolare quelle tra puntone e catena e tra puntone e monaco.

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Oggi l'edificio, unitamente ai contigui tezoni superstiti che formavano la Novissimetta, in aderenza lungo il suo lato est, costituiscono insieme un grande complesso ancora fortemente suggestivo per dimensioni ed architettura.Uno spazio che potrebbe essere recuperato, come tutta l’area dell’Arsenale di Venezia.

Le Norme Tecniche d’Attuazione della V.P.R.G. stabiliscono le prescrizioni per gli interventi edilizi di trasformazione e le destinazioni d’uso compatibili. (Vedi scheda 26 delle N.T.A.)

La Variante al Piano Regolatore Generale per la Città Antica classifica l’unità edilizia quale: Unità edilizia speciale preottocentesca ad impianto singolare o non ripetuto (tipo P).

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S C H E D A 26 Unità edilizia speciale preottocentesca ad impianto singolare o non ripetuto (tipo P). Parte I - DescrizionePer unità edilizia speciale preottocentesca ad impianto singolare o non ripetuto si intende l’unitàedilizia speciale preottocentesca originaria che, stanti le sue caratteristiche strutturali, distributivee compositive, non è riconducibile ad alcun tipo edilizio codificato (impianto singolare) ovveroripetutamente riscontrabile nel tessuto edilizio veneziano (impianto non ripetuto).

Parte II - Prescrizioni relative alle trasformazioni fisiche(1) Mantenimento o ripristino del volume edificato e dell’organizzazione distributiva dell’unitàedilizia.(2) Mantenimento o ripristino dell’unità delle cellule, con facoltà di modificarne l’organizzazioneinterna, di norma solamente di quelle che costituiscono vani accessori, mediante strutture,amovibili, quali tramezzi e soppalchi, che ne consentano comunque la riconoscibilità, nonché aifini dell’inserimento, o del riordino, di servizi interni, quali impianti igienico-sanitari (anche inblocchi unificati) e simili, essendo prescritto l’uso di elementi leggeri prefabbricati. Se del caso, edove occorra per rispettare ogni altra prescrizione, i predetti servizi interni devono essere dotati diimpianti di condizionamento d’aria o di ventilazione spinta.

(3) Possibilità di inserimento di ulteriori collegamenti verticali esterni, installati quali arredi fissi inadiacenza ai fronti interni, ove esistenti e scarsamente caratterizzati, ovvero a quelli esterni difondo o laterali, ove liberi e scarsamente caratterizzati, purché possibile nell’integrale rispetto diogni prescrizione afferente sia l’unità edilizia che l’unità di spazio scoperto che verrebberointeressate, sempreché sia assolutamente indispensabile per l’efficiente esplicazionedell’utilizzazione prevista.(4) Mantenimento o ripristino dei prospetti secondo i modelli di partitura riconoscibile.

Parte III - Destinazioni d’uso compatibiliUffici direzionali; musei; sedi espositive; biblioteche; archivi; attrezzature associative.