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PROGETTO LATTE MATERNO E LATTI FORMULATI

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P R O G E T T O

LATTE MATERNO E LATTI FORMULATI

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SOMMARIO Latte umano. Nutrienti e componenti biologicamente attivi 3 Colostro 4 Latte maturo 5 Conclusioni 15

Latti formulati. Differenti categorie di latti formulati alternativi al latte materno 16

Latti destinati a lattanti sani (Latti di inizio) 18

Latti destinati a soggetti sani dopo il sesto mese di vita (Latti di proseguimento) 23

Latti destinati a neonati di basso peso o pretermine (dopo dimissione dall’ospedale) 23

Latti destinati a neonati con patologie transitorie 24 • Neonati affetti da rigurgito gastroesfageo non complicato 24 • Neonati affetti da diarrea 25

Latti destinati a bambini con allergie alimentari 27

Latti destinati a fini medici speciali 29

Criteri di scelta e Parametri per la creazione delle Indicazioni INTESA 30

Bibliografia 31

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LATTE UMANO Nutrienti e componenti biologicamente attivi

Il latte è il primo alimento per i mammiferi e contiene tutti i nutrienti necessari per la crescita dell’organismo e per lo sviluppo neuro-psichico del neonato della specie. Composizione: Il latte è costituito da acqua, lipidi, proteine, carboidrati, sali minerali, vitamine e da almeno altri 200 costituenti privi di valore nutritivo ma molto importanti per le proprietà biologiche e funzionali o per le caratteristiche chimico-fisiche che conferiscono alla bevanda (1). Alcuni componenti del latte sono fondamentali per il normale sviluppo del neonato e per la sua salute futura, altri sono invece importanti per la conservazione o per l’integrità di alcune particolari sostanze contenute. Il latte materno costituisce l’unico alimento in grado di soddisfare al meglio tutte le esigenze del neonato (2-3) e non solo quelle di tipo nutrizionale. Pertanto il latte di una specie rappresenta l’alimento migliore per l’ottimale sviluppo del neonato di quella specie in ogni fase della crescita. Un latte denso di nutrienti, quali proteine e grassi, è necessario per il neonato di una specie che si sviluppa rapidamente, mentre nell’uomo, dove la crescita corporea è più lenta, il latte risulta relativamente scarso di proteine e grassi, ma molto ricco di lattosio. Quest’ultimo è infatti necessario per lo sviluppo del sistema nervoso che nell’uomo è più complesso rispetto a tutti gli altri esseri viventi. Possiamo quindi affermare che il latte materno è un alimento specie-specifico. Questa proprietà è determinata dalla presenza di particolari componenti che per le loro diverse caratteristiche di specificità possono essere distinti in tre gruppi: 1. Costituenti specifici per un organo ma non per una specie (lattosio specifico per il

sistema nervoso di tutte le specie di mammiferi); 2. Costituenti specifici per una specie ma non per un organo (albumine,

immunoglobuline); 3. Costituenti specifici sia per gli organi che per la specie (gran parte delle proteine e

dei lipidi). Il latte umano ha una composizione molto variabile che dipende da diversi fattori tra i quali molto importante è il periodo di lattazione. La composizione del latte infatti cambia a seconda delle esigenze del neonato che mutano fortemente e velocemente nei primi periodi di vita, tant’è che la denominazione del secreto è diversa a seconda della fase di lattazione. La composizione del colostro, il secreto dei primi 4-5 giorni dal parto, particolarmente ricco di proteine, anticorpi e sali minerali, è diversa rispetto a quella del latte di transizione, che a sua volta differisce rispetto al latte maturo secreto a circa dieci giorni dal parto. Col variare della composizione cambiano anche le proprietà fisico-chimiche tra le quali sono oggi ritenute molto importanti (benché ancora oggetto di studio) l’osmolarità ed il pH per quanto riguarda la fisiologia dell’intestino del neonato. La composizione del latte può essere influenzata anche dalla dieta della madre, tuttavia il latte materno è raccomandato per tutti i neonati anche quando l’alimentazione materna non è adeguata. (Committee on Nutrition during Pregnancy and Lactation of the Institute of Medicine).

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La lattazione si sviluppa in due fasi: 1. Fase iniziale di limitata secrezione verso la fine della gravidanza. 2. Fase di induzione vera 32-40 ore dopo il parto. Per l’inizio della lattazione non è quindi necessaria la suzione che è invece essenziale per la continuazione della stessa. Prelievi di latte in donne che non allattano può determinare un prolungamento del periodo di produzione.

Tabella 1. Composizione media dei diversi tipi di latte materno e di latte vaccino

Tipo di latte Proteine Lipidi Zuccheri Sodio (g/100g) (g/100g) (g/100g) (mEq/100g)

Colostro 2,7 2,0 5,0 2,1 Latte di transizione 1,6 2,8 6,5 0,6 Latte maturo 0,9 3,8 7,0 0,7 Latte vaccino 3,2 3,7 4,8 2,2 Latte di coniglia 10,5 16 2,0 *

COLOSTRO E’ il secreto della ghiandola mammaria dei primi 4-5 giorni post-partum e si presenta come un liquido denso e giallognolo per l’abbondante presenza di ß-carotene. Contiene elevate quantità di proteine, sali minerali e antiossidanti e una relativamente bassa quantità di zuccheri e grassi. Tra le proteine sono particolarmente rappresentate le immunoglobuline A (IgA) che proteggono il neonato dagli agenti infettivi e dall’azione degli allergeni. L’abbondanza di sali minerali permette di limitare la tendenza a perdere liquidi sempre elevata subito dopo la nascita. Il potere calorico (67 Kcal/dl) del colostro è inferiore rispetto a quello del latte maturo (75 Kcal/dl) e il volume secreto varia da 2 a 20ml per pasto nei primi 3 giorni. E’ bene sottolineare che anche la composizione del colostro cambia enormemente di giorno in giorno. Infatti alcuni componenti, quali per esempio il glucosio, vedono la loro concentrazione raddoppiata nell’arco di una giornata. I composti sintetizzati dalla ghiandola mammaria aumentano in genere maggiormente rispetto a quelli che derivano dal siero. Già dal quinto, sesto giorno dopo il parto il secreto viene definito latte di transizione e dopo dieci giorni latte maturo.

Tabella 2. Distribuzione percentuale delle varie classi lipidiche nel latte vaccino e materno

Classe lipidica Colostro Latte Latte Latte transizione maturo vaccino

Lipidi totali(% nel latte) 2,04 ± 1,32 2,89 ± 0,31 3,19 ± 0,43 3,7 Fosfolipidi 1,1 0,8 0,6 0,2 - 1,0 Colesterolo 1,3 0,7 0,5 0,42 - 0,46 Trigliceridi 97,6 98,5 98,9 95,8 - 98,0

Nel colostro i componenti di membrana, quali fosfolipidi e colesterolo, necessari, in particolare il colesterolo, per lo sviluppo del tessuto cerebrale e la mielinizzazione dei nervi, sono presenti in elevate quantità. Il colostro può essere considerato un concentrato di antiossidanti. Rispetto al latte maturo è molto più ricco di vitamina A, carotenoidi e vitamina E ed è inoltre ricco di

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acido ascorbico. La capacità antiossidante del colostro-latte è particolarmente importante per i bambini nati pretermine nei quali il sistema di difesa antiossidante è immaturo e pertanto non è in grado di difendere l’organismo dallo stress ossidativi (4-6). Lo stato di stress ossidativo è determinato dall’accumulo di radicali liberi che oggi sappiamo essere coinvolti nello sviluppo delle malattie considerate critiche per i prematuri (emorragia intraventricolare, displasia broncopolmonare, retinopatia, enterocolite necrotizzante). Il colostro protegge il neonato dai microrganismi patogeni perchè molto ricco di: immunoglobuline, in particolare di IgA secretorie, di cellule mononucleate immunocompetenti, di anticorpi attivi contro virus e batteri presenti nel canale ombelicale o che derivano dai primi contatti umani. Al colostro sono attribuite proprietà antinfiammatorie (importanti nelle reazioni all’infiammazione acuta) poiché è in grado di interferire con le attività dei leucociti. Le immunoglobuline sono proteine molto stabili anche a bassi valori di pH e resistenti all’azione degli enzimi proteolitici. Esse pertanto arrivano inalterate nell’intestino dei neonati alimentati al seno e forniscono loro una difesa protettiva contro le infezioni impedendo l’invasione della mucosa da parte di virus e batteri. Inoltre nei primi giorni di vita le immunoglobuline possono superare la barriera intestinale fornendo immunità passiva al neonato anche a livello sistemico. Il colostro favorisce l’insediamento nell’intestino della flora eubiotica in quanto costituisce il primo mezzo di coltura nel lume intestinale sterile del neonato e facilita il passaggio del meconio (materiale viscoso di colore verdastro, costituito da bile, cellule epiteliali e muco, contenuto nel canale intestinale del feto ed espulso entro le prime 24 ore di vita) che contiene fattori essenziali per la crescita dei bifido-batteri. LATTE MATURO Il latte maturo è il latte prodotto successivamente al decimo giorno di lattazione. Il latte umano presenta valori di pH compresi tra 6,7-7,4 con un valore medio intorno a 7,1, diversamente dal latte bovino che presenta un valore medio di pH intorno a 6,8. Il contenuto di calorie è uguale per entrambi i latti e corrisponde a 65 Kcal/dl. La densità del latte umano è 1,031 e quella del latte vaccino è 1,032. Acqua - L’acqua è il costituente più rappresentato dal punto di vista ponderale e costituisce il veicolo di tutti gli altri componenti del latte che a seconda delle loro caratteristiche chimico-fisiche sono presenti come soluzione (zuccheri, sali solubili), pseudosoluzione (albumine), dispersione colloidale (caseina) ed emulsione (lipidi). L’acqua inoltre contribuisce al meccanismo di termoregolazione dei neonati (25% della perdita di calore dipende dall’evaporazione dell’acqua dalla pelle e dai polmoni). Le donne durante la lattazione devono obbligatoriamente aumentare l’assunzione di acqua. Se l’assunzione non è adeguata l’organismo diminuisce le perdite di acqua per mantenere, per quanto possibile, una lattazione normale. Lipidi - La frazione lipidica (3-5%) del latte che costituisce la maggiore fonte di energia (30-55%), è il veicolo delle vitamine A, D, K, E e di altri componenti liposolubili quali il colesterolo. I lipidi assolvono numerose funzioni essenziali per la crescita e lo sviluppo; oltre a costituire una importante fonte di energia ben tollerata dal lattante, forniscono e favoriscono l’assorbimento intestinale di acidi grassi, tra cui gli acidi grassi essenziali (EFAs) ed altri acidi grassi polinsaturi a lunga catena (LCPUFA)(7).

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La dieta materna condiziona la composizione dei lipidi del latte ma non ne influenza il contenuto totale. Infatti quando la madre ha una alimentazione ipocalorica, vengono mobilizzati i grassi di deposito, diversamente quando la dieta è ricca di acidi grassi polinsaturi si determina un aumento percentuale di questi ultimi nei lipidi del latte senza che ne sia alterato il contenuto totale.

Tabella 3. Contenuto percentuale in acidi grassi della frazione lipidica del latte umano e vaccino

Acido grasso Atomi di carbonio Latte umano Latte vaccino e insaturazioni

Acido butirrico C4 fino a 0,40 3 Acido capronico C6 fino a 0,15 2,4 Acido caprilico C8 fino a 0,46 1,4 Acido caprinico C0 1,5 2,6 Acido 9-decenoico C10:1 fino a 0,10 1 Acido laurico C12 6,5 3,6 Acido lauroleico C12:1 fino a 0,10 0,2 Acido miristico C14 7,3 12 Acido miristoleico C14:1 0,5 2,5 Acido palmitico C16 22,5 25 Acido palmitoleico C16:1 3,1 3,7 Acido stearico C18 7,2 13,9 Acido oleico C18:1 34,5 32 Acido linoleico (ω6) C18:2 9 2,5 Acido linolenico (w3) C18:3 0,57 0,5 Acido arachidonico (ARA) C20:4 0,68 0,2 Acido eicosapentaenoico (EPA) C20:5 0,16 ⎯ Acido docosaesaenoico (DHA) C22:6 0,3 ⎯

Particolarmente importante è il contenuto di acidi grassi essenziali (PUFA) e di acidi grassi polinsaturi a lunga catena (LCPUFA) da essi derivati. L’acido linoleico (C18:2, ω6) e linolenico (C18:3, ω3) sono acidi grassi essenziali e vanno pertanto necessariamente assunti con la dieta. Nell’organismo questi acidi vengono normalmente utilizzati per produrre gli acidi grassi polinsaturi a lunga catena, quali l’arachidonico (C20:4), il docosapentaenoico (DHA C22;6) e l’eicosapentaenoico (EPA C20;5). Nel latte sono inoltre presenti altri LCPUFA: C20:2, C20:3, C24:1 e C22:3 (da alcuni studiosi ritenuti anch’essi essenziali per il bambino) presenti nei lipidi strutturali del cervello e del tessuto nervoso. Oltre che nel tessuto nervoso, sono abbondanti nelle gonadi, nello sperma e nelle cellule della retina e pertanto sono fondamentali anche per l’ottimale sviluppo di questi organi. Il sistema nervoso centrale (SNC) è composto per il 50-60% da lipidi ricchi di fosfolipidi (fosfatidilcoline, etanolammina e serina) che sono anche costituenti del sistema vascolare da cui dipende l’irrorazione del cervello. La crescita del cervello, che nell’uomo è molto elevata (da 350 a 1100g nel primo anno di vita), richiede l’incorporazione di PUFA nei fosfolipidi della corteccia cerebrale. Il latte umano è ricco sia di DHA che di AA e, in particolare, il latte delle madri che partoriscono pretermine è più ricco di PUFA rispetto a quello delle madri che partoriscono a termine. E’ stato possibile verificare che gli allattati al seno presentano una maggiore concentrazione di DHA nei fosfolipidi cerebrocorticali rispetto agli allattati artificialmente. Questo significa che i bambini allattati al seno continuano ad accumulare DHA nella corteccia, mentre in quelli allattati artificialmente rimane la quantità presente alla nascita. I prematuri hanno livelli più bassi di DHA dei nati a termine e la maturazione neuronale dei nati pretermine è più veloce quando sono alimentati al seno.

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Il DHA è essenziale anche per lo sviluppo della retina nella quale viene accumulato per la gran parte prima del termine della gestazione (36-38° settimana di gestazione). Pertanto è particolarmente importante la presenza di DHA nella dieta dei prematuri ed è anche per questo che si ritiene che i nati pretermine possano trarre particolari vantaggi dal latte della propria madre. Dopo la nascita, il DHA fornito col latte materno è integrato con quello prodotto dal neonato attraverso la sintesi epatica a partire dal precursore acido linolenico che pertanto deve essere fornito al bambino in quantità adeguata con la dieta. La quantità di DHA prodotta potrebbe tuttavia essere limitata qualora gli enzimi coinvolti nella sua sintesi non fossero attivati o fossero impegnati dalla presenza di un eccesso di ω-6. L’evidenza dimostra che un’adeguata assunzione di ω-3 con la dieta non è essenziale per la vita, la crescita o la riproduzione ma è sicuramente molto importante per un normale sviluppo biochimico e funzionale nonché per la salute futura dell’individuo. Infatti studi epidemiologici e numerose ricerche di base indicano i PUFA come fondamentali per la qualità delle membrane del SNC, per lo sviluppo della retina nei bambini e per la possibile influenza sullo sviluppo di malattie coronariche ed altre malattie nell’età adulta. Colesterolo - E’ un componente essenziale di tutte le membrane ed è richiesto per la crescita, la moltiplicazione e il mantenimento di tessuti ed organi. Alla nascita i livelli plasmatici di colesterolo variano da 50 a 100mg/dl con uguale distribuzione LDL e HDL. Nei primi giorni di vita il colesterolo plasmatico aumenta rapidamente, e le LDL diventano predominanti indipendentemente dal tipo di alimentazione del neonato. I bambini alimentati al seno hanno più elevati livelli plasmatici di colesterolo, in particolare di colesterolo-LDL, di quelli alimentati artificialmente. Diversi studi, tuttavia, indicano che gli allattati al seno nell’età adulta presentano in genere minori livelli plasmatici di tale fattore di rischio di patologia cardiovascolare. Proteine - Il contenuto di proteine del latte umano è relativamente basso (0,9%). Il latte contiene caseina e proteine del siero: albumina, α-lattalbumine, ß-lattoglobuline, immunoglobuline, altre glicoproteine. Nelle proteine del latte sono presenti tutti gli amminoacidi utilizzati nella sintesi proteica compresi quelli essenziali. L’epitelio alveolare mammario sintetizza infatti alcuni amminoacidi non essenziali, mentre quelli essenziali provengono dal plasma materno. La caseina ha una composizione amminoacidica specie-specifica, pertanto la caseina umana è diversa da quella vaccina non solo per la sequenza amminoacidica ma anche per le proprietà chimico-fisiche. Questo comporta che il pattern plasmatico di amminoacidi sia diverso nei bambini allattati al seno rispetto a quelli allattati artificialmente. Il termine caseina comprende un gruppo di proteine specifiche del latte caratterizzate da legami esterei con l’anione fosfato, da un alto contenuto in prolina e da bassa solubilità a pH 4-5. La caseina forma micelle costituite da complessi solubili di calcio caseinato e calcio fosfato. Per riscaldamento, per opera di enzimi o per diminuzione di pH del latte, tali complessi diventano insolubili e la caseina precipita. Il siero, che si separa dal coagulo dopo flocculazione della caseina, è una soluzione chiara che contiene elettroliti e proteine quali α-lattalbumina, lattoferrina e ß-lattoglobulina. Quest’ultima proteina è molto scarsa nel latte umano mentre è la principale proteina del latte vaccino. La sintesi della caseina è scarsa o assente nella prima lattazione umana, quindi

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aumenta rapidamente. Al contrario, la concentrazione delle proteine del siero, più leggere, diminuisce con l’aumentare del periodo di lattazione. Pertanto il rapporto proteine del siero/caseina cambia da 90/10 nella prima lattazione a 60/40 nel latte maturo fino a 50/50 nella tarda lattazione. Il latte umano, per la scarsa presenza di caseina in ambiente gastrico, non forma il coagulo ma una sospensione leggera che permette un più facile attacco alla componente proteica da parte degli enzimi proteolitici. Diversamente, il latte vaccino che contiene l’80% di caseina e il 20% di albumina, forma un coagulo pesante e compatto difficilmente digeribile. Il latte umano è ricco di α-lattalbumina, costituente della lattosio-sintetasi, che permette la sintesi del disaccaride ed inoltre contiene lattoferrina. Questa lega parte del ferro presente nel latte umano rendendolo così non disponibile per i batteri Fe-dipendenti che si sviluppano nel tratto gastrointestinale e la cui crescita risulta pertanto inibita. Il latte bovino ha un contenuto di tale proteina inferiore rispetto al latte umano. Tra le proteine del latte vanno ancora ricordate le immunoglobuline, in particolare le IgA e le IgG, la cui concentrazione e il cui rapporto varia fortemente durante i diversi periodi di lattazione. Le IgA e le IgG del latte umano sono prodotte per sintesi nella ghiandola mammaria o derivano dal siero materno. Altre proteine sono le cosiddette “non immunoglobuline”, quali mucine e glicoproteine, che sembrano in grado di inibire la replicazione del rotavirus e di favorire lo sviluppo neurologico del neonato. Componenti azotati di natura non proteica - L’azoto non proteico (NPN) costituisce il 18-30% dell’azoto totale del latte umano contro il 3-5% del latte bovino. Alcuni composti azotati contribuiscono al pool disponibile per la sintesi degli amminoacidi non essenziali nel neonato, altri hanno ruoli più specializzati. Ricordiamo gli amminoacidi liberi, i peptidi ormonali, i fattori di crescita epidermica, gli amminozuccheri di oligosaccaridi, gli amminoalcoli di fosfolipidi, acidi nucleici, nucleotidi e carnitina. Metionina - Cisterna - Due caratteristiche significative del latte umano sono il basso rapporto tra gli amminoacidi solforati metionina e cisteina (più elevato nel latte bovino) e il basso contenuto di amminoacidi aromatici tirosina e fenilalanina. I neonati e soprattutto i prematuri possono utilizzare solo parzialmente questi amminoacidi per il basso livello di enzimi specifici necessari alla loro metabolizzazione. Taurina - E’ il terzo amminoacido solforato del latte umano mentre risulta praticamente assente nel latte bovino. La taurina non è utilizzata per la sintesi proteica ma nei neonati è particolarmente importante perché viene utilizzata per la coniugazione degli acidi biliari. La taurina ha anche un ruolo importante nel proteggere le terminazioni nervose soprattutto a livello dell’occhio e dell’orecchio. Alcuni autori ritengono che la taurina possa svolgere funzioni di neurotrasmettitore nel cervello e nella retina ed abbia inoltre un ruolo biologico generale nello sviluppo e nella stabilità delle membrane, nell’osmoregolazione, nella modulazione del calcio ed interagisca con fosfolipidi, proteine e zinco. Nucleotidi - Sono considerati semiessenziali per il neonato mentre negli adulti possono venire sintetizzati ex novo. Il contenuto totale di N nucleotidico rimane costante nel latte umano durante la lattazione mentre variano i livelli dei singoli nucleotidi.

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I nucleotidi influenzano l’attività di alcuni enzimi, svolgono diverse funzioni nei sistemi cardiovascolare, neurologico ed immunitario di cui sono considerati parte integrante in quanto sono attivi contro batteri, virus e parassiti. Gli effetti biologici dei nucleotidi riguardano anche il microambiente intestinale, l’assorbimento e il metabolismo di alcuni nutrienti, infatti sono importanti come coenzimi nelle reazioni coinvolte nel metabolismo di lipidi, carboidrati e proteine. In particolare è stato verificato che la sintesi delle proteine aumenta nei neonati quando la dieta è supplementata con nucleotidi. Si ritiene che i nucleotidi aiutino la normale crescita degli allattati al seno nonostante la relativamente scarsa concentrazione di proteine nel latte materno. Non sono stati messi in luce disturbi dovuti a carenza di nucleotidi negli allattati artificialmente, tuttavia, considerando la loro scarsa concentrazione nel latte bovino, viene consigliata la supplementazione nella preparazione dei latti formulati. Le funzioni dei nucleotidi in vivo sono tuttora oggetto di studio. Carnicina - E’ essenziale nel primo periodo di vita postnatale e successivamente è sintetizzata nell’organismo a partire dagli amminoacidi essenziali lisina e metionina. La carnitina è indispensabile per il trasporto dei gruppi acilici attraverso la membrana mitocondriale verso i siti di ossidazione. Il colostro è particolarmente ricco di carnitina e questo permette che gli acidi grassi, la cui concentrazione aumenta fortemente nel siero nelle prime ore di vita, possano essere utilizzati come carburante alternativo al glucosio, in particolare nel cuore, nel cervello e nei tessuti che richiedono un forte apporto energetico. Se non viene fornita carnitina esogena, dopo l’interruzione della circolazione feto-placentare, nel neonato i livelli plasmatici di carnitina libera e di acilcarnitina diminuiscono molto rapidamente. La somministrazione di carnitina determina un aumento di chetogenesi e lipolisi. La carnitina serica è presente in minore concentrazione negli alimentati artificialmente rispetto agli alimentati al seno probabilmente per la maggiore biodisponibilità della carnitina del latte umano. I livelli di carnitina nel latte delle madri latte-ovo-vegetariane sono sempre più bassi che nelle onnivore probabilmente a motivo della minore concentrazione serica di lisina in queste donne. Carboidrati - Il più rappresentato è il lattosio o zucchero di latte, disaccaride costituito da glucosio e galattosio e sintetizzato nella ghiandola mammaria in presenza di α-lattalbumina. E’ bene sottolineare che la sintesi di un composto da parte della ghiandola mammaria è ritenuta indicativa della sua particolare importanza e che il latte umano è il più ricco di lattosio. La sua concentrazione aumenta col periodo di lattazione dal 5% nel colostro fino a raggiungere circa il 7% nel latte maturo mentre nel latte bovino non supera il 5%. Il lattosio è idrolizzato selettivamente dalla lattasi, enzima dell’orletto a spazzola localizzata all’apice dei villi intestinali che rende possibile l’assorbimento di glucosio e galattosio. I prematuri producono meno lattasi dei nati a termine, ma la produzione di enzima aumenta in seguito all’assunzione di lattosio. Il lattosio è necessario per la crescita del neonato nel quale svolge numerose funzioni. Aumenta la biodisponibilità del calcio migliorandone l’assorbimento e questo è importante per evitare stati di rachitismo che potrebbero instaurarsi considerando il relativamente basso contenuto di calcio nel latte umano. Inoltre il lattosio costituisce una fonte facilmente disponibile di galattosio, essenziale per la produzione di galattolipidi, tra i quali sono particolarmente importanti i cerebrosidi essenziali per lo sviluppo del SNC.

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L’importanza del lattosio è indicata anche dal fatto che la sua concentrazione nel latte viene mantenuta costante anche quando la madre si trova in uno stato di malnutrizione. La sintesi del lattosio durante la lattazione richiede un’adeguata fonte di carboidrati e per questo è sconsigliabile per le nutrici un uso eccessivo di sostituti dello zucchero in questo periodo. Nel latte sono inoltre presenti in piccole quantità i monosaccaridi glucosio e galattosio e il fucosio (assente nel latte bovino) ed oligosaccaridi in concentrazione circa 10 volte superiore rispetto a quella del latte bovino. Sono inoltre presenti carboidrati legati a proteine, peptidi ed amminoacidi tra cui N-acetilglicosammina. Tutti questi composti possiedono attività di bifido-fattori, sono cioè importanti per il primo insediamento e il successivo sviluppo del L. bifidus come flora eubiotica intestinale. Gli oligosaccaridi sono i terzi componenti solidi del latte dopo il lattosio e i trigliceridi e nell’intestino del lattante svolgono differenti funzioni. Rappresentano infatti una bassa fonte osmolare di calorie, stimolano la crescita della flora bifidus, inibiscono l’adesione batterica alla superficie epiteliale e pertanto ostacolano l’azione degli agenti patogeni poichè competono con essi nel legame con i recettori cellulari dell’epitelio. La loro concentrazione nel latte diminuisce col periodo di lattazione. Enzimi Nel latte sono stati trovati oltre 40 enzimi che hanno diverse funzioni. In tabella sono riportati i pricipali enzimi presenti nel latte e la loro funzione.

Enzima Funzione Fosfoglucomutasi Catalizzano la: sintesi di componenti il latte Lattosio sintetasi nella ghiandola mammaria

Acido grasso sintetasi Tioesterasi

Lipoproteine lipasi Amilasi Funzione digestiva nei lattanti Lipasi

Proteasi Xantina ossidasi Trasporto

Glutatione perossidasi Fosfatasi alcalina

Antiproteasi Conservazione componenti il latte

Sulfidril ossidasi Lisozima Agenti antiinfettivi

Perossidasi Lipasi

Lisozima - E’ un enzima di natura proteica specie-specifico presente nel latte umano in elevata concentrazione (0,2mg/ml), fino a 3000 volte superiore a quella del latte bovino. Viene considerato un fattore antimicrobico non specifico in grado di agire contro i batteri Gram positivi patogeni e le Enterobacteriacee. Grazie alla sua stabilità al calore ed al pH acido raggiunge in forma attiva l’intestino dove influisce sullo sviluppo della flora microbica intestinale specifica dell’allattato al seno. Enzimi digestivi - Sono costituiti da molecole stabili a pH basso e poco sensibili alla tripsina, pertanto raggiungono il duodeno nelle forme attive. Nel latte materno sono presenti quantità rilevanti di enzimi digestivi che possono aiutare gli allattati al seno nella digestione dei nutrienti subito dopo la nascita (i più rappresentati sono le amilasi, le lipasi e le proteasi a cui è tra l’altro attributita la responsabilità della presenza delle

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ß-casomorfine, piccoli peptidi del gruppo della caseina, associati con il profilo del sonno del neonato). Nel latte sono presenti anche inibitori delle proteasi, il cui ruolo pricipale sarebbe quello di proteggere la ghiandola mammaria dall’attività delle proteasi ed evitare la degradazione dei componenti proteici del latte stesso. Ormoni - Nel latte sono presenti numerosi ormoni di natura proteica quali prolattina, peptidi tipo oppiacei, ormoni di diversa natura quali derivati steroidei (gestageni, estrogeni, corticoidi, androgeni) e ormoni tiroidei, che sembrano avere la capacità di proteggere i neonati ipotiroidei. E’ stato accertato che la risposta endocrina è diversa per gli allattati al seno rispetto ai bambini alimentati con latti formulati. Prostaglandine (PG) - Sono sostanze fisiologicamente attive presenti in molti tessuti. Nel latte sono presenti livelli molto elevati di prostaglandine (100 volte quelli del plasma adulto). Sono componenti importanti per l’integrità e la motilità intestinale e gastrica. Si ritiene che la differenza riscontrata tra le feci dei bambini alimentati con latte materno o con latte formulato possa essere almeno parzialmente attribuibile alla mancanza di prostaglandine nei latti formulati. L’azione citoprotettiva di queste sostanze a livello intestinale sembra confermata dal fatto che l’uso di inibitori della sintesi delle prostaglandine è associato con l’enterocolite necrotizzante. E’ allo studio anche il ruolo delle PG nella patogenesi delle intolleranze alimentari. Sali biliari - Il neonato presenta una bassa concentrazione dei sali biliari necessari per attivare la lipasi nel duodeno. Nel latte e nel colostro sono stati trovati il colato e il chenodeoxicolato.

Vitamine I dati più frequentemente riportati in letteratura relative al contenuto di vitamine del latte umano e vaccino sono riportati in tabella ed espressi in mg/100ml o μg/100ml).

Vitamina Latte umano Latte vaccino Vitamine liposolubili Vitamina A 0,045 mg 0,030 mg Carotenoidi 0,027 mg 0,039 mg Vitamina D 0,031 μg 0,020 μg Vitamina E 0,670 mg 0,070 mg Vitamina K 0,380 μg 0,900 μg Vitamine idrosolubili Vitamina B1 0,020 mg 0,048 mg Vitamina B2 0,052 mg 0,159 μg Vitamina B6 0,018 mg 0,056 mg Vitamina B12 0,049 μg 0,400 μg Vitamina C 4,800 mg 0,900 mg Acido folico 9,000 μg 5,580 μg Acido pantotenico 0,230 mg 0,335 mg Biotina 0,670 μg 2,900 μg Niacina 0,170 mg 0,092 mg

Vitamina A - Il colostro contiene circa il doppio di vitamina A del latte maturo umano il quale risulta a sua volta più ricco di vitamina A del latte vaccino. La concentrazione di vitamina A del latte dipende dall’assunzione della vitamina con la dieta materna.

Vitamina D - E’ presente sia nella frazione lipidica (0,05mg/100ml) che in quella acquo-sa del latte. Il contenuto di vitamina D aumenta nel latte con l’esposizione al sole della madre, pertanto, nelle regioni a clima freddo, nei periodi invernali e per gli individui di pelle scura, il contenuto nel latte potrebbe non essere adeguato. Il colostro contiene livelli più alti di vitamina D del latte maturo.

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Vitamina E - Il suo contenuto è più elevato nel colostro (1,5mg/100ml) rispetto al latte maturo (0,25 mg/100ml). La vitamina E è indispensabile per l’integrità muscolare, la resistenza degli eritrociti all’emolisi e per importanti funzioni biochimiche e fisiologiche. Il fabbisogno di vitamina E è correlato al contenuto di PUFA delle strutture cellulari e della dieta. Vitamina K - Sia il colostro che il latte maturo forniscono una quantità giornaliera inferiore rispetto a quella raccomandata. La vitamina K è prodotta dalla flora microbica intestinale, tuttavia nel neonato non risulta immediatamente biodisponibile pertanto viene raccomandata la somministrazione di vitamina K alla nascita al fine di prevenire eventuali problemi di coagulazione dovuti alla sua carenza nei primi giorni di vita. Alcuni autori ritengono opportuna una integrazione di questa vitamina anche per le madri durante l’allattamento. Vitamina C - E’ un componente di diversi sistemi enzimatici ed ormonali, è essenziale per la sintesi del collagene ed inoltre prende parte a numerose reazioni chimiche intracellulari. Il latte umano contiene circa 43mg/100ml di vit. C, contenuto che può subire solo limitati incrementi con l’integrazione della dieta della madre durante l’allattamento.

Vitamine del gruppo B B1 - E’ essenziale per l’utilizzo dei carboidrati nel metabolismo del piruvato e per la sintesi dei lipidi. Il suo contenuto nel latte aumenta durante la lattazione e risulta più basso nel latte umano (160mg/100ml) rispetto al latte vaccino (440mg/100ml). L’integrazione della dieta della madre con tale vitamina non sembra determinarne significativi aumenti nel latte materno. B2 - E’ coinvolta nei sistemi ossidativi intracellulari e deve essere fornita ai lattanti nei quali la sintesi batterica intestinale è minima. E’ contenuta in quantità pari a 36mg/100ml nel latte umano ed in quantità molto superiore nel latte vaccino (175mg/100ml). Niacina - E’ più abbondante nel latte umano (147mg/100ml) rispetto al latte vaccino (94mg/100ml). La concentrazione di niacina nel latte umano aumenta in seguito a supplementazione con la dieta. B6 - E’ presente negli enzimi decarbossilasi e transaminasi coinvolti nel metabolismo del tessuto nervoso. Il suo contenuto nel latte umano è inferiore (12-15mg/100ml) rispetto a quello del latte vaccino (64mg/100ml). Nel latte umano la vitamina B6 è presente come piridossale, mentre nei latti formulati prevale la piridossina. Riserve di vitamina B6 accumulate durante la gravidanza sembrano importanti per mantenere uno status adeguato nei neonati durante i primi mesi di allattamento. E’ stato riscontrato che l’utilizzo prolungato di contraccettivi orali porta a bassi livelli di vitamina B6 sia nel siero materno durante la gravidanza che successivamente nel latte. Acido pantotenico - Agisce come catalizzatore delle reazioni di acetilazione. E’ presente nel latte in concentrazione pari a 670mg/100ml. L’assunzione di acido pantotenico con la dieta materna influenza il suo contenuto nel latte. Folacina - E’ essenziale per l’eritropoiesi pertanto è molto importante una sua adeguata assunzione durante la gravidanza per la formazione del feto. Il contenuto in folato del latte umano di donne che assumono una dieta adeguata è compreso tra 80 e 130mg/l. La concentrazione di folato nel latte di solito aumenta con il prolungarsi dell’allattamento e si mantiene alta anche quando le riserve materne iniziano a diminuire.

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B12 - Svolge funzioni di transmetilazione, è coinvolta nel metabolismo di pirimidine e purine e interferisce con il metabolismo dell’acido folico. Il contenuto nel latte umano è decisamente inferiore (0,3mg/100ml) rispetto al latte vaccino (4,0mg/100ml) nel quale tuttavia sembra essere meno biodisponibile.

Minerali I minerali arrivano al latte o per semplice diffusione passiva o grazie a un meccanismo di pompa sia positivo che negativo. Nel latte materno i minerali sono presenti in concentrazioni relativamente basse, tuttavia durante i primi 4 mesi di vita la crescita del lattante risulta soddisfacente. Il contenuto medio di sali minerali riscontrato nel latte umano e vaccino è riportato in tabella ed espresso in mg/100ml o μg/100ml.

Minerale Latte umano Latte vaccino Macroelementi (mg) Calcio 32 130 Cloro 45 105 Fosforo 16 95 Magnesio 4 12 Potassio 60 140 Sodio 18 51 Zolfo 15 35 Microelementi (μg) Allumino 65 75 Cobalto / 0,07 Ferro 75 35 Fluoro / 15 Iodio 8 3 Manganese 4 4 Rame 30 9 Silicio 100 425 Zinco 400 350

Il contenuto di ceneri totali del latte dipende dalla specie ed è legato alla velocità di crescita ed alla struttura corporea del neonato.

Macroelementi I macroelementi contenuti nel latte sono i cationi di Sodio, Potassio, Calcio e Magnesio. Fosfati e cloruri, con i citrati, sono gli anioni più rappresentati. L’assunzione giornaliera di Fosforo, Zinco, Potassio, Sodio, Ferro e Rame diminuisce significativamente, mentre aumenta quella di Magnesio durante la lattazione. Sodio e Potassio sono i cationi prevalenti e contribuiscono per 1/10 all’osmolarità totale del latte. Il potassio è presente in quantità molto più elevata rispetto al sodio e il loro rapporto è simile a quello dei fluidi intracellulari. Il latte materno soddisfa le necessità per l’accrescimento del lattante e ne compensa le perdite che avvengono attraverso la pelle e le urine. I livelli di sodio nel latte bovino sono 3,6 volte maggiori rispetto al latte umano, pertanto l’alimentazione con latte vaccino può portare a deidratazione per ipernatremia. E’ importante mantenere sempre adeguato il rapporto Na/K ai fini dell’ottimale risposta fisiologica del bambino, tenendo conto che il livello di ioni nel latte varia col periodo di lattazione (sodio e potassio diminuiscono anche più del 25% mentre il calcio aumenta oltre il 10% nei primi 6 mesi). Cloruri - In generale l’assunzione di cloruri con la dieta risulta adeguata. Eventuali carenze sembrano associate con un rallentamento dello sviluppo corporeo per alcalosi metabolica dovuta ipocloremia e ipocalemia. Calcio e Fosforo - E’ importante il rapporto Ca/P che è più elevato nel latte materno rispetto al latte vaccino. I livelli plasmatici di calcio diminuiscono mentre quelli di fosforo

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aumentano nei primi giorni di vita postnatale. E’ stata dimostrata una diminuzione del calcio più elevata nei bambini allattati artificialmente. Le concentrazioni di calcio e fosforo diminuiscono con il prolungarsi del periodo di lattazione. Nel latte la maggior parte del calcio si trova nella fase acquosa, legato per meno del 4% sotto forma di complesso con la caseina e per il 34% legato ad una frazione a basso PM che lo rende più biodisponibile. Quantità significative del catione sono state trovate anche nella fase lipidica. Benchè la concentrazione totale di calcio, come peraltro quella di numerosi altri componenti, sia relativamente bassa nel latte materno, non sono stati registrati casi di rachitismo quando la madre assume una dieta adeguata. L’importanza di assunzioni adeguate di calcio da parte del neonato è sottolineata dal fatto che la biodisponibilità di tale catione, nel duodeno materno, è più elevata durante la lattazione ed inoltre dal fatto che nello stesso periodo la madre perde massa ossea che recupera solo dopo lo svezzamento. E’ interessante sottolineare che la supplementazione con calcio della dieta materna non previene la perdita di massa ossea e ne favorisce solo leggermente il recupero dopo lo svezzamento. E’ stato trovato che un eccesso di proteine della dieta delle nutrici diminuisce la biodisponibilità del calcio. Magnesio - Il magnesio è tre volte più abbondante nel latte vaccino rispetto al latte umano. Come il calcio, la gran parte del magnesio si trova nella fase acquosa legato per meno del 4% alla caseina. Il rimanente magnesio è legato ad una proteina a basso peso molecolare il che ne migliora la biodisponibiltà.

Microelementi Ferro - Nonostante le basse concentrazioni di ferro nel latte materno, che possono sembrare insufficienti considerando il fabbisogno del bambino nel primo anno di vita, gli allattati al seno si sviluppano normalmente quando la madre si alimenta adeguatamente. Questo potrebbe essere imputabile all’elevata biodisponibilità del ferro, vicina al 50% nel latte materno, che diversamente arriva al 10% nel latte vaccino e del 4% nei latti formulati. Le elevate concentrazioni di vitamina C, la cui presenza contribuisce a mantenere il ferro nella sua forma ridotta, più biodisponibile, e di lattosio che, permettendo la formazione di microambienti acidi nell’intestino, favorisce l’assorbimento del catione e, diversamente, la bassa concentrazione di proteine, che inibiscono il suo assorbimento, sono tutti fattori che concorrono a giustificare l’elevata biodisponibilità del ferro nel latte umano. Sembra ormai certo che tutti i mammiferi producono latte con relativamente basse concentrazioni di ferro e che nei neonati dei mammiferi si verifica alla nascita una caduta di emoglobina che in seguito gradualmente si porta ai livelli presenti nell’individuo adulto. E’ evidente che quanto sopra riportato pone molti interrogativi riguardo l’opportunità di supplementare gli allattati al seno con ferro. Zinco - E’ importante in quanto presente nel gruppo prostetico di molti enzimi. La biodisponibilità di questo catione è del 41% nel latte umano, del 28% nel latte vaccino, del 31% nei formulati e del 14% nel latte di soia. La sua concentrazione nel latte rimane costante durante tutto il periodo di lattazione. Anche lo zinco, come calcio e magnesio, si trova per la gran parte nella fase acquosa legato solo per il 4% alla caseina. Tuttavia quantità considerevoli si trovano legate alle membrane dei globuli di grasso che costituiscono la fase lipidica. La carenza di zinco limita la crescita corporea e determina lesioni della pelle sia nei nati a termine che pretermine quando sottoposti a dieta non equilibrata o molto raramente per scarso apporto con latte materno.

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CONCLUSIONI Tutte le associazioni pediatriche sono concordi negli sforzi per promuovere l’allattamento al seno (8-9). Il latte materno è senza dubbio riconosciuto come il migliore alimento per il neonato poiché gli fornisce una combinazione unica di proteine, carboidrati, lipidi, minerali, vitamine e di particolari componenti bioattivi.. E’ ormai accertato che l’allattamento al seno produce effetti positivi non solo a breve termine sulla salute del neonato e del bambino ma anche a lungo termine importanti per la salute dell’individuo adulto (10). Il più importante effetto a breve termine dell’allattamento al seno per il neonato consiste nella protezione contro le malattie infettive determinata dalla assunzione di immuno-fattori tra i quali particolarmente importanti sembrano essere le Immunoglobuline secretorie. L’allattamento al seno influenza positivamente anche lo sviluppo del sistema immunitario del bambino infatti alcune malattie immunitarie quali le malattie infiammatorie dell’intestino, il cancro nell’adolescenza e il diabete di tipo 1 risultano essere meno frequenti nei bambini allattati al seno che sembrano protetti anche contro lo sviluppo del morbo celiaco (11). Non sono del tutto chiari gli effetti sulle malattie atopiche. Sembra che vi sia un effetto protettivo contro l’asma, mentre meno definito è l’effetto sulla dermatite atopica soprattutto nei bambini che non presentano una storia di familiarità. Si può considerare accertato l’effetto positivo sui test di intelligenza. L’allattamento al seno è infatti associato con un migliore sviluppo delle funzioni cognitive registrabile già a sei mesi e persistente anche nell’adolescenza. Gli incrementi nello sviluppo delle funzioni cognitive sembrano correlabili con la durata del periodo di allattamento. Un meccanismo plausibile per questo effetto è la migliore o ottimale assunzione di LCPUFA col latte materno in particolare per quanto riguarda il DHA. Considerando le malattie non trasmissibili, sembra essere rilevabile un leggero effetto protettivo contro sovrappeso e obesità. Tale effetto pur debole a livello individuale, può risultare importante a livello di popolazione. Per quanto riguarda la pressione sanguigna ed il colesterolo circolante, questi parametri sembrano essere più bassi negli individui che hanno goduto dell’allattamento al seno, tuttavia gli studi che hanno preso in considerazione la morbilità e la mortalità per malattie cardiovascolari non hanno evidenziato chiari effetti protettivi. Pertanto, da quanto sopra esposto, risulta evidente che il latte materno va considerato ben più di un alimento. Esso costituisce infatti deve essere considerato come un sistema biologico in grado di soddisfare in modo ottimale tutte le esigenze del neonato non solo per quanto riguarda il fabbisogno di nutrienti che per l’apporto di fattori funzionali, ma anche per la capacità che solo l’allattamento al seno presenta di soddisfare i bisogni psico-emotivi del lattante.

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LATTI FORMULATI Differenti categorie di latti formulati,

alternativi al latte materno L'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l'allattamento esclusivo al seno almeno per i primi 6 mesi di vita e l'allattamento, complementare ad altri alimenti, oltre il primo anno di vita del bambino. Il latte materno è infatti l’unico alimento in grado di soddisfare in modo ottimale tutte le esigenze del neonato, non solo per quanto riguarda il fabbisogno di nutrienti, ma anche per l’apporto di fattori funzionali, quali per esempio anticorpi ed ormoni (12). L’allattamento al seno è pertanto sempre fortemente consigliato ed i casi in cui è controindicato sono esclusivamente fondati su basi genetiche o mediche. L'allattamento al seno è controindicato in caso di:

• malattie contagiose gravi (infezione da HIV), nei casi di psicosi post-partum e nelle situazioni in cui la donna risulti severamente debilitata a seguito di cancro, insufficienza cardiaca, epatica, renale, respiratoria e stati morbosi in cui si voglia evitare qualsiasi tipo di sovraffaticamento metabolico;

• assunzione di farmaci che costituiscono una controindicazione all’allattamento; • alcoolismo e tossicodipendenza; • tabagismo. Il consumo di più di 30 sigarette al dì espone il bambino agli effetti

farmacologici della nicotina, fra cui tachicardia e nervosismo.

Oltre alle patologie della madre anche le patologie congenite del metabolismo del neonato (galattosemia) possono rappresentare una controindicazione all’allattamento al seno. Quando si presentano le controindicazioni sopra riportate, diventa indispensabile far ricorso ai latti formulati, nonostante non siano in grado di rispondere in modo ottimale alle esigenze del neonato in ogni fase della crescita. A tutt’oggi infatti i latti artificiali non sono in grado di seguire la variabilità che il latte materno presenta nel corso della lattazione non solo per il contenuto di nutrienti, ma soprattutto per il contenuto di componenti funzionali. Il Codex Alimentarius per la prima volta nel 1981 ha elaborato linee-giuda e raccomandazioni riguardo la composizione del latte formulato basate sulle conoscenze scientifiche disponibili negli anni ’70. Nel 2005 è stata proposta una revisione degli standards di qualità e sicurezza di questi prodotti alimentari che tenesse conto delle nuove conoscenze riguardo il latte umano e i latti formulati. Ciò ha determinato un forte aumento del numero di formule a differente composizione poste in commercio negli ultimi decenni (13). Il comitato internazionale di esperti nominato dall’ESPGHAN (Società Scientifica Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica) ha tenuto conto nella stesura delle nuove linee-guida, delle sempre crescenti evidenze che associano alla malnutrizione e alla crescita limitata o troppo rapida durante la prima fase della vita, l’incremento del rischio di insorgenza in età adulta di malattie croniche, quali malattie cardiovascolari, diabete di tipo II, obesità ed osteoporosi. Nelle nuove linee guida sono riportati i valori mimini e massimi con cui i principali macro e micronutrienti devono essere presenti nelle formule. Tali valori sono stati calcolati,

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quando possibile, sulla base delle nuove conoscenze scientifiche o, in mancanza di dati sicuri, tenendo conto della composizione del latte materno. In particolare, i valori massimi ammessi, che nelle linee guida del 1981 erano riportati solo per proteine, grassi, vitamine A ed E, sodio, cloro e potassio, nella nuova stesura sono stati indicati per tutti i nutrienti ad eccezione dell’acido α-linolenico e della carnitina e sono stati determinati sulla base dell’assenza di effetti avversi per la salute verificata in studi clinici e tossicologici. Tabella 7. Livelli minimi e massimi dei nutrienti dei latti formulati

Nutriente Unità di misura

Livello minimo

Livello massimo

Energia Kcal/100ml 60 70

Proteine: Proteine latte vaccino g/100Kcal 1,8 3,0 Proteine isolate dalla soia g/100Kcal 2,25 3,0 Proteine di latte vaccino idrolizzate g/100Kcal 1,8 3,0 Lipidi: Grassi totali g/100Kcal 4,4 6,0 Acido linoleico g/100Kcal 0,3 1,2 Acido α-linolenico mg/100Kcal 50 NS Rapporto a.linoleico/α-linolenico 5/1 15/1 Acido laurico+ acido miristico % di grasso NS 20 Acidi grassi trans % di grasso NS 3 Acido erucico % di grasso NS 1 Carboidrati: Carboidrati totali g/100Kcal 9,0 14,0 Vitamine: Vitamina A μgRE/100Kcal 60 180 Vitamina D3 μg/100Kcal 1,0 2,5 Vitamina E μgα-TE/100Kcal 0,5 5,0 Vitamina K μg/100Kcal 4 25 Tiamina μg/100Kcal 60 300 Riboflavina μg/100Kcal 80 400 Niacina μg/100Kcal 300 1500 Vitamina B6 μg/100Kcal 35 175 Vitamina B12 μg/100Kcal 0,1 0,5 Acido pantotenico μg/100Kcal 400 2000

Acido folico μg/100Kcal 10 50

Vitamina C mg/100Kcal 10 30 Biotina μg/100Kcal 1,5 7,5 Minerali: Ferro (in formule a base di latte vaccino o idrolisati proteici) mg/100Kcal 0,3 1,3 Ferro (in formule a base di latte di soia) mg/100Kcal 0,45 2,0 Calcio mg/100Kcal 50 140 Fosforo (in formule a base di latte vaccino o idrolisati proteici) mg/100Kcal 25 90 Fosforo (in formule a base di latte di soia) mg/100Kcal 30 100 Rapporto calcio/fosforo mg/mg 1/1 2/1 Magnesio mg/100Kcal 5 15 Sodio mg/100Kcal 20 60 Cloro mg/100Kcal 50 160 Potassio mg/100Kcal 60 160 Manganese μg/100Kcal 1 50 Fluoro μg/100Kcal NS 60 Iodio μg/100Kcal 10 50 Selenio μg/100Kcal 1 9 Rame μg/100Kcal 35 80 Zinco mg/100Kcal 0,5 1,5 Altre sostanze: Colina mg/100Kcal 7 50 Mio-inositolo mg/100Kcal 4 40 L-carnitina mg/100Kcal 1,2 NS

*NS: non specificata. 17

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LATTI DESTINATI A LATTANTI SANI

(LATTI DI INIZIO) La gran parte dei latti formulati destinati a lattanti sani ha come componente di base il latte vaccino al quale vengono apportate modifiche soprattutto per quanto riguarda la frazione proteica. Vengono inoltre addizionati o sottratti nutrienti e componenti minori per rendere la composizione del formulato il più possibile simile a quella del latte umano di cui risulta una valida alternativa. Lipidi - E’ noto che la frazione lipidica del latte è molto complessa. Nonostante il contenuto percentuale di grassi nel latte vaccino sia molto vicino a quello del latte materno maturo (3,8% vaccino e 3,7% umano), la composizione in trigliceridi e acidi grassi risulta molto diversa. In particolare nel latte vaccino: 1) il contenuto di acidi grassi saturi è più elevato rispetto al latte umano, al contrario gli

acidi grassi insaturi essenziali sia della serie ω3 che ω6, sono presenti nel latte vaccino in concentrazioni nettamente inferiori rispetto al latte materno (circa 20%) e gli acidi grassi a lunga catena polinsaturi (LCPUFA), quali acido arachidonico (AA) e acido docosaesanoico (DHA), sono praticamente assenti;

2) l’acido palmitico occupa le posizioni iniziale o finale (α o γ) del trigliceride, fatto che rende più facile la formazione di sali di calcio che essendo insolubili diminuiscono la biodisponibilità sia dell’acido grasso che del catione. Diversamente nel latte umano, all’interno del trigliceride, l’acido palmitico occupa in genere la posizione centrale (ß): questa caratteristica determina una maggiore solubilità del trigliceride con conseguente maggior assorbimento di acido palmitico;

3) l’acido butirrico è presente in quantità comprese tra il 2 e il 4% mentre nel latte umano tale acido grasso è praticamente assente. La presenza di acido butirrico potrebbe essere la causa della maggiore incidenza di rigurgito, che può essere stimolato dall’azione irritante dell’acido butirrico, che si registra nel neonato allattato artificialmente.

Considerando le differenze nella composizione del latte umano e vaccino, la gran parte dei nutrizionisti sono oggi concordi nel raccomandare l’addizione ai latti formulati di DHA e AA, in modo che il loro contenuto percentuale sia rispettivamente almeno dello 0,2% e 0,35 %. L’ESPGHAN inoltre, per motivi di sicurezza, raccomanda di ridurre al minimo nei latti formulati il contenuto degli acidi grassi saturi miristico e laurico, dell’acido erucico e di acidi grassi insaturi nella forma trans (14-16). Protidi - La composizione proteica del latte umano è profondamente differente rispetto a quella del latte vaccino sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. La concentrazione di proteine nel latte umano è infatti circa un terzo rispetto a quella del latte vaccino e di altri mammiferi filogeneticamente simili. E’ noto infatti che il contenuto di proteine del latte di un mammifero, per rispondere adeguatamente al fabbisogno plastico dell’organismo del neonato, è tanto più elevato quanto maggiore è la velocità di crescita nel primo periodo di vita.

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Tabella 8: Contenuto proteico e tempo di raddoppio del peso cororeo rispetto alla nascita di alcuni mammiferi

Mammifero Contenuto proteico (%) Tempo di raddoppio del peso corporeo

rispetto alla nascita (g) Capra 4,3 22 Cavalla 2,0 60 Coniglia 10,4 6 Donna 1,1 180 Pecora 4,9 15 Scrofa 5,8 14 Vacca 3,2 47

Oltre ad una differenza a livello quantitativo vi sono anche differenze a livello qualitativo nelle due principali classi di proteine: caseine e sieroproteine. Il latte vaccino presenta un contenuto di caseine circa sette volte superiore rispetto al latte umano maturo (25,0 g/litro-vaccino e 3,7g/litro-umano). L’elevato contenuto caseinico lo rende meno digeribile del latte umano per il fatto che le caseine al pH dello stomaco formano un coagulo pesante e compatto. Il latte materno è invece molto più ricco di siero proteine (5,6g/litro-vaccino e 7,0g/litro-umano) che a pH acido non coagulano ma danno un precipitato leggero facilmente aggredibile dagli enzimi proteolitici. Tuttavia la maggiore differenza riguarda i tipi di siero proteine presenti, in quanto il latte vaccino contiene in quantità significative solo α-lattalbumina e ß-lattoglobulina, mentre nel latte materno è presente (in quantità elevata soprattutto nel colostro) la lattoferrina. Quest’ultima svolge due importanti funzioni: aumenta la biodisponibilità di ferro per il neonato e realizza un’azione batteriostatica inibendo la moltiplicazione di funghi e batteri. Un’altra importante differenza è che il latte materno, in particolare il colostro, è ricco di sieroproteine corrispondenti alle catene leggera e pesante delle immunoglobuline. Nella formulazione dei latti artificiali si dovrebbe inoltre tener conto della composizione aminoacidica del latte umano e dell’aminogramma plasmatico dei neonati e bambini allattati esclusivamente al seno fino a 6 mesi di età. Le raccomandazioni attuali indicano di ridurre il contenuto proteico (1,8g/100ml) ed aumentare quello di sieroproteine (rapporto sieroproteine/caseine 60/40) eliminando tuttavia dalla frazione di sieroproteine i glicomacropeptidi, responsabili dell’incremento a livello plasmatico della treonina, fenomeno questo che si riscontra nei soggetti allattati con formule ad elevato contenuto di sieroproteine. Carboidrati - Il contenuto di lattosio del latte vaccino è inferiore rispetto a quello del latte umano (4,8g/100ml vaccino e 6,0g/100ml umano), pertanto i latti formulati devono essere addizionati di lattosio che, oltre a fornire galattosio per lo sviluppo del sistema nervoso del neonato, svolge importanti funzioni a livello intestinale, dove influisce positivamente sullo sviluppo della microflora, sull’assorbimento di acqua, contribuisce alla giusta consistenza delle feci e agisce sulla diffusione passiva di sodio e calcio. Per quanto riguarda glucosio, fruttosio e saccarosio l’ESPGHAN, per motivi di sicurezza raccomanda di evitarne l’addizione ai latti formulati. L’addizione di glucosio (presente in minima quantità nel latte materno) è sconsigliata poiché questo zucchero, durante il trattamento termico a cui vengono comunemente sottoposte le formule durante il processo di preparazione industriale, può facilmente reagire con le proteine riducendone il valore nutrizionale e dando origine ai prodotti della reazione di Maillard, tra cui sono annoverate numerose sostanze tossiche. Inoltre, la presenza di glucosio in concentrazioni elevate determina un sensibile aumento

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dell’osmolarità del latte. Per quanto riguarda fruttosio e saccarosio (disaccaride contenente fruttosio), la raccomandazione di evitare la loro addizione alle formule è determinata dal fatto che il fruttosio può dare origine (incidenza in numerose popolazioni pari a 1:20000) a fenomeni di intolleranza dovuta a fattori genetici, che può risultare così grave da portare alla morte del neonato. L’addizione ai latti formulati di carboidrati quali amidi precotti o gelatinizzati è ammessa ma in quantità inferiore al 30% del contenuto di carboidrati totali (<2g/100ml). Vitamine - Il contenuto vitaminico del latte è strettamente correlato alla dieta materna, pertanto, nel caso del latte vaccino, il contenuto di vitamine dipende dal foraggio assunto dall’animale e dal periodo stagionale. Il latte vaccino ha un contenuto notevolmente inferiore di vitamina C, mentre risulta più ricco di vitamina K e di biotina rispetto a quello del latte umano. Nei latti formulati, in genere, si tende ad incrementare il contenuto di vitamine, nutrienti essenziali per i processi metabolici particolarmente nel periodo dello sviluppo. Tuttavia studi recenti hanno fatto emergere nuove problematiche relativamente ad un eccessivo apporto di talune vitamine con i latti formulati, che potrebbe portare all’insorgenza di numerose patologie a breve e medio termine.

Vitamine liposolubili Vitamina A - Il contenuto di vitamina A del latte bovino è simile a quello del latte umano, tuttavia la vitamina del latte materno sembra essere più biodisponibile di quella presente nelle formule. Il contenuto di vitamina A (retinolo o retinil-esteri), raccomandato nelle formule e calcolato tenendo conto del fabbisogno del lattante e del valore massimo tollerabile di assunzione, deve essere compreso tra 60 e 180 μgRE/100Kcal. Vitamina D - Le ultime linee guida, raccomandano di utilizzare nella preparazione delle formule la vitamina D3, il cui contenuto, tenendo conto del fabbisogno del lattante, deve essere compreso tra 1 e 2,5μg/100Kcal. E’ sconsigliato l’uso della vitamina D2, poiché sussistono tuttora dubbi riguardo la sua attività biologica nei lattanti. Vitamina K: la concentrazione di vitamina K raccomandata nelle formule è compresa tra 4 e 25μg/100Kcal. Queste quantità dovrebbero assicurare protezione al lattante contro la carenza di tale vitamina e d’altro canto essere sicure in quanto non sono stati registrati effetti tossici conseguenti all’assunzione di formule contenenti 25μg/100Kcal. Vitamina E: il contenuto di vitamina E raccomandato per le formule è compreso tra 0,5 e 5 mg di α-tocoferolo equivalente (TE)/100Kcal e comunque non inferiore a 0,5mg α-TE/g di acido linoleico, in considerazione dell’effetto protettivo della vitamina E nei confronti della reazione di perossidazione lipidica a cui sono particolarmente soggetti gli acidi grassi a lunga catena.

Vitamine idrosolubili Le vitamine idrosolubili se assunte in eccesso con la dieta, a differenza delle vitamine liposolubili che si accumulano nel tessuto adiposo, vengono eliminate tramite l’emuntorio renale, e pertanto raramente danno luogo a fenomeni di sovra-dosaggio. Nonostante ciò, le raccomandazioni delle attuali linee guida relative al contenuto di vitamine idrosolubili dei latti formulati, indicano, anche per tali vitamine, sia il contenuto minimo, che deve assicurare un adeguato apporto che permetta la crescita ed il normale sviluppo del lattante, sia la concentrazione massima per assicurare che anche i lattanti in particolari condizioni di stress, quali febbre e diarrea, non siano esposti a rischi di sovra-dosaggio.

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Pertanto, sulla base della considerazione che nessun nutriente deve essere somministrato in quantità eccessive senza che vi sia uno scopo nutrizionale definito o siano stati scientificamente dimostrati effettivi vantaggi per la salute, si raccomanda che il livello massimo di ogni vitamina idrosolubile non ecceda le 5 volte il livello minimo previsto. Minerali - Il latte vaccino presenta un contenuto totale di sali minerali superiore rispetto a quello del latte umano (0,7 g/100ml-vaccino e 0,2 g/100ml-umano). In particolare nel latte vaccino risultano più elevate le concentrazioni di macroelementi, mentre, per i microelementi, ed in particolare per gli ioni di ferro (Fe), rame (Cu) e zinco (Zn), le differenze di concentrazione tra latte vaccino e latte umano sono minori. Poiché l’elevato tenore salino del latte vaccino può causare un affaticamento per il neonato a livello renale, i latti formulati sono sottoposti a trattamenti tecnologici che ne riducono la concentrazione salina totale. La biodisponibilità nel latte vaccino ed umano di alcuni minerali è molto diversa e, per far fronte ai fabbisogni del neonato, ai latti formulati vengono addizionati sali di calcio, fosforo e ferro e ciò comporta che il contenuto di alcuni minerali, sia maggiore nei latti formulati rispetto a quello del latte materno (17). Tuttavia, in particolare per il Fe, le ultime linee-guida da un lato non citano più la possibilità che vi siano in commercio formule non arricchite di Fe, e, dall’altro, hanno ridotto il valore minimo raccomandato da 1,0 mg/100Kcal a 0,3 mg/100Kcal. Le ragioni di questa diminuzione del valore minimo, si fondano su recenti osservazioni che indicano possibili effetti negativi di una elevata assunzione di Fe quando la mucosa intestinale manca della capacità di regolarne l’assorbimento. Questa raccomandazione è stata, per altro, oggetto di critiche da parte di una minoranza di esperti che ritengono che un apporto troppo basso di Fe possa portare, nelle regioni a più alto pericolo di carenza, ad un maggior rischio di anemia ferro-priva nei bambini tra 6 e 12 mesi. E’ stato quindi proposto che in tali casi venga eseguita una supplementazione con integratori a base di Fe. Ingredienti facoltativi Sono considerati ingredienti opzionali i seguenti composti: taurina, nucleotidi, fosfolipidi ed acido docosaesanoico (di cui è già stato fatto cenno). Per tali ingredienti le linee-guida indicano i livelli massimi consentiti nei latti formulati ma non i livelli minimi, ad evidenziare che la loro aggiunta alle formule non è obbligatoria ma solo consigliata.

Tabella 9. Ingredienti facoltativi e livelli massimi consentiti nei latti formulati

Ingredienti facoltativi Unità di misura

Livello minimo

Livello massimo

Taurina mg/100Kcal 0 12 Nucleotidi totali mg/100Kcal 0 5,0 Citidina 5’-monofosfato (CMP) mg/100Kcal 0 2,5 Uridina 5’-monofosfato (UMP) mg/100Kcal 0 1,75 Adenosina 5’-monofosfato AMP) mg/100Kcal 0 1,5 Guanosina 5’-monofosfato (GMP) mg/100Kcal 0 0,5 Inosina 5’-monofosfato (IMP) mg/100Kcal 0 1,0 Fosfolipidi mg/100Kcal 0 300 Acido docosaesanoico (DHA)* % di grasso 0 0,5

* Se al latte formulato viene addizionato acido docosaesanoico, il contenuto di acido arachidonico deve essere almeno uguale a quello di DHA e il contenuto di acido eicosapentanoico (EPA) non deve essere superiore a quello di DHA.

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Nucleotidi - I nucleotidi sono annoverati tra gli ingredienti facoltativi. Tra gli effetti biologici riconosciuti a tali componenti vi sono quelli relativi allo sviluppo e maturazione funzionale del sistema immunitario, il miglioramento del trofismo e azione di riparazione dell’epitelio intestinale accompagnato da un migliore assorbimento dei nutrienti. Poiché il latte vaccino è praticamente privo di nucleotidi la loro supplementazione nei latti formulati è consigliata in quantità non superiore a 5mg/100Kcal. Potenziali nuovi ingredienti Sono reperibili in commercio latti formulati che oltre ai nutrienti sopra citati e raccomandati, contengono altri ingredienti, quali probiotici, prebiotici (oligosaccaridi non digeribili), proteine (quali la lattoferrina), enzimi (ad es. lipasi), ormoni (ad es. insulina), fattori di crescita, ecc.. Tali ingredienti non sono menzionati dalle ultime linee-guida in quanto non sono ancora stati scientificamente provati né gli effetti positivi sulla salute e la crescita del neonato, né la sicurezza di assunzione a breve e a lungo termine (18). E’ bene sottolineare che l’ESPGHAN raccomanda di non utilizzare latti formulati addizionati di altre sostanze diverse da quelle indicate (vedi Tabella 7), per le quali non è stato ancora possibile accertare un preciso fine nutrizionale o sicuri effetti positivi per la salute dell’organismo. Precisa inoltre che: “L’evidenza scientifica per supportare modifiche di composizione delle formule oltre gli standard raccomandati, deve essere sempre monitorata e valutata da Istituzioni Scientifiche indipendenti, prima che venga accettata l’immissione di nuove formule sul mercato” e conclude sostenendo che “il traguardo finale è che tutti i neonati vengano allattati al seno, anche se gli attuali standards di composizione delle formule dovrebbero garantire la miglior nutrizione possibile, una crescita ottimale e uno stato di salute anche a lungo termine, per i neonati che, si auspica in numero sempre minore, non possono essere allattati naturalmente”. Prebiotici - Un cenno particolare meritano i prebiotici soprattutto per quanto riguarda la frazione oligosaccaridica che nel latte vaccino risulta praticamente assente (0,1g/100ml-vaccino e 1,1g/100ml-umano), mentre nel latte materno è abbondante e complessa. Il latte materno contiene infatti circa 130 composti di varia complessità a base di glucosio, galattosio e fucosio che presentano funzioni bifidogene ed antiinfettive a livello intestinale. Nell’intestino infatti, con un meccanismo competitivo per i siti di adesione dei microrganismi patogeni, limitano la loro capacità di aderire alla mucosa intestinale ed inoltre, agiscono come falsi recettori per le enterotossine. Tra i prebiotici del latte umano a struttura chimica nota vi sono frutto- e galatto-oligosaccaridi, che non sono digeriti nel piccolo intestino e arrivano inalterati nell’intestino ceco, dove vengono utilizzati selettivamente dai microrganismi della flora intestinale (19). Da circa 40 anni i latti formulati sono addizionati di lattulosio, anche se, a tutt’oggi, la specificità di questo substrato nel favorire selettivamente lo sviluppo di bifidobatteri non è stata dimostrata in via definitiva. Per quanto riguarda i frutto-oligosaccaridi (di origine vegetale) e i galatto-oligosaccaridi (prodotti per sintesi) addizionati ai latti formulati, gli studi clinici sia su bambini pretermine che a termine sono ancora limitati. Tuttavia i risultati preliminari oggi disponibili indicano che questi composti stimolano la crescita di bifidobatteri e lactobacilli con un effetto che sembra essere dose-dipendente. Si è osservata anche una regolarizzazione della frequenza dell’evacuazione ed una modificazione della consistenza delle feci, che risultano più soffici. E’ bene precisare che le formule addizionate di prebiotici risultano in genere ben

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tollerate e che non sono riportati effetti collaterali legati alla loro assunzione. Tuttavia, in considerazione del fatto che i dati disponibili sull’utilizzo dei prebiotici nelle formule sono ancora limitati, non si ritiene ancora opportuno formulare raccomandazioni generali sull’uso di molecole prebiotiche a scopo preventivo e terapeutico nel corso della prima infanzia, in attesa che vengano definiti i tipi da utilizzare, il loro dosaggio e il periodo di assunzione, nonché gli aspetti relativi alla sicurezza e i potenziali effetti a breve e lungo termine. LATTI DESTINATI A SOGGETTI SANI DOPO IL SESTO MESE DI VITA

(LATTI DI PROSEGUIMENTO) I latti destinati a bambini sani di oltre sei mesi, vengono somministrati contem-poraneamente ad altri alimenti sia di origine vegetale che di origine animale destinati allo svezzamento. Secondo le attuali raccomandazioni (20) il contenuto energetico e di proteine dei latti di proseguimento deve essere uguale a quello dei latti di inizio (60-70 Kcal/100ml e 1,8g/100Kcal, rispettivamente). Per quanto riguarda i carboidrati, il contenuto di lattosio deve essere maggiore di 4,5g/100Kcal e la somma di saccarosio, fruttosio e miele deve essere inferiore al 20% dei carboidrati totali. Anche per queste formule si raccomanda di non addizionare intenzionalmente glucosio e per quanto riguarda l’amido viene specificato che non deve contenere glutine. Il contenuto di lipidi deve essere compreso tra 4 e 6g/100Kcal e le raccomandazioni sulla loro qualità sono analoghe a quelle fatte per i latti di inizio. Anche per taurina, nucleotidi e fosfolipidi le indicazioni sono analoghe a quelle dei latti di inizio mentre per carnitina, colina e inositolo non sono riportate indicazioni.

LATTI DESTINATI A NEONATI DI BASSO PESO O PRETERMINE (DOPO DIMISSIONE DALL’OSPEDALE)

I neonati vengono classificati in base a due parametri: l’età gestazionale e il peso alla nascita. Sono considerati pretermine o a basso peso i neonati nati prima della 37° settimana di gestazione e con peso inferiore a 2,5Kg (cioè inferiore al 10° percentile della corrispondente età gestazionale). I latti formulati destinati a neonati sottopeso o pretermine devono soddisfare particolari esigenze nutrizionali e caloriche (21). Per questo l’ESPGHAN si è pronunciata con raccomandazioni che riguardano sia la densità calorica che la composizione: Densità calorica - 72-74Kcal/100ml Lipidi - A motivo delle carenze di lipasi pancreatica e sali biliari dei nati pretermine, nella preparazione dei latti ad essi destinati, è preferibile utilizzare trigliceridi contenenti acidi grassi a media catena (MCT) poiché sono più facilmente digeribili e favoriscono l’assorbimento di calcio e magnesio (30% dei lipidi totali). La frazione lipidica di questi latti deve contenere DHA e AA.

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Protidi - 2,5g/100Kcal. Nei latti formulati destinati a neonati sottopeso o pretermine:

• le proteine debbono presentare un profilo aminoacidico simile a quello del latte materno;

• il rapporto sieroproteine/caseine deve essere pari a 78/22, con preponderanza quindi di sieroproteine che hanno una composizione aminoacidica che meglio risponde alle necessità dei prematuri essendo più ricche di aminoacidi essenziali e cisteina rispetto alle caseine. Diversamente la fenilalanina e la tirosina, il cui metabolismo richiede un processo ossidativo non completamente attivo nei prematuri, sono presenti in quantità più contenuta;

• la frazione proteica deve essere parzialmente idrolizzata perché questo trattamento la rende digeribile anche da un organismo immaturo nel quale l’attività degli enzimi epatici coinvolti nel metabolismo degli aminoacidi è ancora ridotta. Inoltre tale trattamento, migliora l’utilizzazione proteica e ne riduce il potenziale allergenico.

Calcio - 70-80mg/100ml Vitamine - Le formule destinate a neonati di basso peso o pretermine sono addizionate di vitamine antiossidanti (vitamine E, A, C) in quantità superiori rispetto a quelle contenute nel latte materno. Tuttavia alcuni studi indicano che il latte materno ha una capacità protettiva, contro le patologie nelle quali risulta coinvolto lo stress ossidativo, superiore rispetto al latte vaccino e alle formule addizionate di vitamine antiossidanti. Si ritiene che la capacità antiossidante particolarmente elevata presentata dal latte materno non sia attribuibile solo agli enzimi con attività antiossidante in esso presenti, bensì anche ad altri fattori a tutt’oggi non identificati. E’ stato dimostrato infatti che le proprietà protettive del latte materno permangono anche dopo pastorizzazione, processo che determina l’inattivazione per denaturazione degli enzimi antiossidanti. E’ molto significativo il fatto che il latte materno prodotto nelle prime due settimane da madri di neonati pretermine ha una maggiore capacità antiossidante del latte prodotto nel medesimo periodo di lattazione da madri di bimbi nati a termine. Diversamente i latti maturi (prodotti dopo 12 settimane di lattazione) di madri di neonati pretermine ha capacità antiossidanti simili a quello delle madri che hanno partorito a termine.

LATTI DESTINATI A NEONATI CON PATOLOGIE TRANSITORIE 1) Neonati affetti da rigurgito gastroesofageo non complicato (RGE) Il rigurgito è un disturbo frequente nei bambini nel primo anno di vita e si manifesta durante o dopo la poppata. Quando, come solitamente accade, è lieve o moderato, va considerato come un fenomeno transitorio, privo di conseguenze dannose, che scompare con la crescita. Nei lattanti infatti, a causa della ridotta lunghezza dell’esofago e dell’immaturità degli sfinteri di contenimento del tratto gastroesofageo, anche un leggero reflusso può portare al rigurgito del latte assunto durante la poppata. Pertanto, in assenza di altri sintomi, il RGE non complicato non richiede un approfondimento diagnostico né un particolare trattamento terapeutico, bensì semplici provvedimenti comportamentali, quali la terapia posturale che consiste nel mantenere il bambino con la testa ed il tronco sollevati di 30° rispetto all’orizzontale. I risultati di molti

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studi hanno dimostrato che la terapia posturale risulta efficace in un’alta percentuale di lattanti (fino al 75%). Le formule antirigurgito ed antireflusso per lattanti e bambini nella prima infanzia sono disponibili in numerosi paesi europei. Tali formulazioni possono essere vendute anche da comuni negozi al dettaglio. Questi latti sono in genere addensati con amido di mais, amido di riso, gomma di guar, farina di semi di carrube, polisaccaridi della soia. Latti addensati Tali latti formulati sono addizionati (in quantità pari a circa 1g/100ml) di agenti ispessenti per aumentarne la viscosità. Le ricerche condotte su latti addensati con amido di riso hanno dimostrato una diminuzione del fenomeno del rigurgito e del pianto con un aumento del tempo di sonno, anche se il numero di episodi di reflusso (documentati con scintigrafia) non è diminuito. Questi risultati sono stati spiegati con una maggiore tranquillità nel comportamento del neonato, determinata dal più elevato contenuto energetico del latte, che, unitamente alla sua maggior densità, contribuisce alla diminuzione del numero di episodi di rigurgito, cui consegue una minor perdita di nutrienti. D’altro canto studi condotti su vari agenti addensanti, tra cui la gomma di guar, la farina di semi di carrube e polisaccaridi di soia, indicano la possibilità che questi agenti determinino una diminuzione dell’assorbimento intestinale di carboidrati, lipidi, calcio, ferro, zinco e rame. Altri studi condotti su bambini alimentati con latti ispessiti con farina di semi di carrube hanno dimostrato un aumento delle reazioni allergiche. In relazione alla limitata disponibilità di informazioni, l’European Commission Scientific Commiteee on Food ha concluso che non esistono certezze sulla necessità di somministrare formule addensate a neonati in buono stato di salute e che i latti formulati addensati non devono essere indiscriminatamente utilizzati nei bambini sani che non presentano ritardo nella crescita causato dalla frequente perdita di nutrienti conseguente al rigurgito. E’ stato inoltre sottolineato che la pratica corrente di vendere latti ispessiti nei comuni negozi al dettaglio, con l’indicazione di essere latti che portano benefici ai lattanti con RGE frequente, conduce ad un uso eccessivo e non corretto. 2) Neonati affetti da diarrea La patologia diarroica del neonato è molto frequente e può presentare diversa origine. Può essere determinata da infezioni intestinali di origine virale o batterica, da intolleranze alimentari, malnutrizione e terapia antibiotica protratta nel tempo. I latti formulati destinati a neonati con diarrea devono: 1. avere composizione tale da determinare caratteristiche ipotoniche che inducono

l’effetto clinico positivo di un latte a ridotta osmolarità; 2. avere basso contenuto di lattosio in considerazione del fatto che, in seguito alla

patologia diarroica, può verificarsi un deficit di lattasi cui consegue una intolleranza secondaria al lattosio;

3. essere addizionati di probiotici. Latti delattosati (formule destinate a soggetti con deficit di lattasi) La lattasi è l’enzima, localizzato nell’orletto a spazzola degli enterociti, che catalizza la scissione del lattosio nei due monosaccaridi costituenti (glucosio e galattosio) che possono così essere assorbiti a livello intestinale. Una scarsa produzione di lattasi non

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permette la completa digestione del lattosio che pertanto raggiunge il colon dove può venire metabolizzato dai batteri della flora intestinale. I sintomi dell’intolleranza al lattosio si manifestano soprattutto come diarrea e dolori addominali. L’intolleranza primaria congenita è estremamente rara. L’intolleranza primaria acquisita è strettamente correlata con l’età e solitamente si presenta dopo la prima infanzia. L’intolleranza secondaria è determinata da una insufficiente produzione di lattasi che si verifica in presenza di malattie intestinali che determinano il danneggiamento dei villi dell'orletto a spazzola. L’intolleranza secondaria transitoria è frequente nei neonati il cui intestino è ancora immaturo e la cui capacità di resistenza alle infezioni batteriche risulta alquanto scarsa. Una intolleranza transitoria si manifesta frequentemente nei nati pretemine caratterizzati da una maggiore immaturità dei sistemi enzimatici. Mentre negli adulti il problema dell’intolleranza al lattosio può essere risolto eliminando dalla dieta latte e latticini, nel caso dei neonati, la cui dieta è costituita di solo latte, si deve procedere somministrando latte delattosato. L’eliminazione del lattosio si ottiene trattando il latte con l’enzima che lo scinde prima della somministrazione al neonato. Nel caso delle infezioni batteriche o virali, l’assunzione di latte delattosato viene sospesa non appena l’infezione guarisce e i villi intestinali possono riprendere la normale produzione di lattasi. Latti addizionati di probiotici Ai latti formulati sono spesso addizionati microorganismi tipici della flora eubiotica quali bifidobatteri e lattobacilli. E’ noto che la capacità di sopravvivenza di tali microorganismi, quando somministrati per via orale, risulta limitata dall’ambiente acido dello stomaco e dall’azione dei sali biliari. E’ stata inoltre riscontrata una forte variabilità individuale, infatti neonati allattati con medesimi latti formulati addizionati degli stessi probiotici, alle stesse dosi giornaliere, mostrano un differente recupero a livello fecale dei microrganismi somministrati. Tuttavia il numero di microrganismi sopravvissuti risulta in genere tale da incrementare sensibilmente la microflora intestinale. L’effetto terapeutico dei probiotici è dovuto, almeno in parte, alla loro capacità di aderire agli enterociti limitando di conseguenza la possibilità dei batteri patogeni di aderire alla mucosa attraverso un meccanismo di esclusione competitiva. Inoltre i batteri probiotici stimolano la produzione di acido lattico e batteriocine che inibiscono la crescita dei microrganismi patogeni. Altri probiotici stimolano la sintesi di acido butirrico che possiede azione trofica nei confronti della mucosa intestinale in quanto promuove la crescita, la proliferazione e la differenziazione cellulare che influenza il turnover degli enterociti. E’ stato proposto l’uso dei probiotici nelle formulazioni destinate a neonati affetti da diarrea di origine virale e batterica (Clostridium difficile diarreha) o dovuta all’assunzione di antibiotici. In particolare viene utilizzato il Lactobacillus GG (LGG) che si è dimostrato in grado di ridurre la durata e la gravità della gastroenterite acuta e di diminuire il rischio di decorso prolungato della malattia in particolare nelle diarree provocate da rotavirus. L’efficacia del LGG nelle diarree batteriche non è dimostrata in modo conclusivo, tuttavia i risultati di molti studi indicano un suo effetto positivo. L’effetto dei probiotici è dose-dipendente, infatti la durata della diarrea risulta ridotta in modo proporzionale alla carica batterica somministrata. Per quanto riguarda la diarrea da antibiotici, la somministrazione di probiotici in associazione all’antibiotico, determina un’azione protettiva contro l’insorgere della diarrea dovuta all’assunzione del farmaco. Il Comitato di Nutrizione dell’ESPGHAN relativamente all’introduzione dei probiotici nei prodotti per l’infanzia si è espresso riportando alcune considerazioni e raccomandazioni

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a seguito riportate (22): 1) Vi sono dati ancora limitati sulla sicurezza e gli effetti, soprattutto a lungo termine, di

probiotici aggiunti a formule di inizio e di proseguimento. Alcuni dati suggeriscono un beneficio a breve termine di alcuni ceppi probiotici nei lattanti e nei bambini piccoli con diarrea infettiva.

2) Devono essere utilizzati solo ceppi batterici con dimostrata identità e stabilità genetica, valutata attraverso metodiche culturali e molecolari.

3) Sono necessarie ulteriori valutazioni sulla sicurezza e l’efficacia (dose minima e massima, possibile trasferimento di resistenza antibiotica, effetti a breve e a lungo termine sul sitema immunitario e rischio di infezione).

4) La sicurezza dei probiotici deve essere dimostrata nei gruppi di neonati a rischio, quali prematuri, immunocompromessi, lattanti affetti da cardiopatie congenite, ecc.

5) Le formule di inizio probiotiche devono essere commercializzate solo dopo attenta valutazione dei benefici e sicurezza.

6) E’ stata riconosciuta l’evidenza di alcune formule con probiotico che mostrano benefici relativamente alla gravità della diarrea ed effetti preventivi sugli episodi diarroici.

LATTI DESTINATI A BAMBINI CON ALLERGIE ALIMENTARI E’ possibile che un neonato allattato artificialmente manifesti reazioni allergiche alle comuni formulazioni a base di latte vaccino. In questi casi si rende necessario individuare una corretta alternativa dietetica. I componenti del latte vaccino che più comunemente sono responsabili delle manifestazioni di sensibilizzazione sono le proteine ed in particolare le caseine, la ß-lattoglobulina, la seiroalbumina e le immunoglobuline. Sono disponibili diverse formulazioni per l’alimentazione dei neonati allergici che costituiscono valide alternative dietetiche al latte vaccino quali:

• Formulazioni a base di idrolisati di proteine animali

• Formulazioni a base di proteine di origine vegetale (latte di soia, idrolisati di riso)

• Miscele di aminoacidi liberi. Formule con idrolisati di proteine del latte vaccino In commercio esistono due tipi di latti formulati a base di latte vaccino contenenti: A) proteine parzialmente idrolizzate e B) proteine fortemente idrolizzate. Queste formulazioni in genere sono costituite da idrolizzati di sieroproteine, ma sono reperibili anche idrolizzati di caseine. L’idrolisi delle proteine viene condotta per via enzimatica e il prodotto ottenuto è in genere sottoposto ad altri trattamenti quali termico, ultrafiltrazione, passaggio su carbone attivo. A) Le formulazioni a base di proteine parzialmente idrolizzate contengono peptidi a medio-alto peso molecolare e sono consigliate per prevenire l’insorgenza dell’allergia nei soggetti considerati a rischio perché presentano una predisposizione genetica alla

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malattia. Prodotti di questo tipo sono consigliati sulla base di studi dai quali risulta che i neonati, allattati esclusivamente con formule parzialmente idrolizzate per almeno 4 mesi, vedono diminuito il rischio di sviluppare alcune allergie atopiche. Questi risultati hanno portato a formulare la teoria secondo la quale i peptidi a medio PM sono in grado di stimolare il sistema immunitario di un organismo aumentandone la capacità di tolleranza (23). B) Le formulazioni fortemente idrolizzate sono prodotte mediante idrolisi enzimatica spinta. I peptidi presenti hanno un peso molecolare inferiore a 1500 Da e quindi non contengono le sequenze epitopiche responsabili del legame con gli anticorpi. Sono consigliati ai lattanti per i quali sono state accertate manifestazioni allergiche. Formule a base di proteine vegetali Tra i vegetali, i legumi sono quelli che forniscono proteine a maggior valore biologico nutrizionale. Per questo i latti formulati ottenuti a partire da proteine vegetali sono spesso a base di proteine di soia. Le formulazioni a base di soia sono ormai state somministrate a due generazioni di neonati che non hanno mostrato effetti negativi nella crescita che è risultata essere nella norma. Tuttavia il latte di soia è tuttora oggetto di studi che riguardano possibili effetti negativi derivanti dall’elevato contenuto di fitoestrogeni. I neonati alimentati con latte di soia assumono infatti gli isoflavoni genisteina e daidzeina in quantità nettamente superiori rispetto a quelli allattati al seno o con formulati a base di latte vaccino. In tabella è riportato il contenuto di fitoestrogeni nei vari tipi di latte e l’esposizione giornaliera stimata di neonati di differente età (24).

Tabella 10: Livelli di fitoestrogeni contenuti nei vari tipi di latte e esposizione giornaliera stimata per neonati di differente età.

Esposizione stimata a isoflavoni mg/m2 superficie corporea

Formula Isoflavoni totali 14 - 28 2 - 4 5 - 12 mg/100ml giorni di età mesi di età mesi di età

Formule a base di latte di soia

A 2,1400 14,05 13,75 8,27 B 2,1900 13,88 13,57 8,17 C 1,7200 11,42 11,17 6,72 D 1,7500 11,25 10,9 6,62

Formule a base di latte vaccino

A 0,0001 0,00064 0,00062 0,00038 B 0,0030 0,00190 0,00190 0,01100 C 0,0001 0,00054 0,00052 0,00031

Latte vaccino 0,0100 0,10 0,31 0,062 I timori per i possibili effetti negativi riguardano soprattutto il sistema riproduttivo e la fertilità in età adulta, il sistema immunitario e la funzione tiroidea; tuttavia, nonostante i numerosi studi condotti al riguardo su animali da esperimento, individui adulti e lattanti, a tutt’oggi non vi sono chiare evidenze che gli isoflavoni assunti con la dieta possano avere effetti avversi sulla salute (25). In attesa di risultati che chiariscano le implicazioni del consumo di latte di soia per la salute dell’individuo adulto, le principali scuole pediatriche, tra le quali quella europea, canadese, ed australiana, consigliano che il latte di soia venga somministrato a soggetti

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con intolleranza al lattosio di tipo ereditario e a neonati galattosemici, solo quando non è possibile l’assunzione di latti delattosati o di formule fortemente idrolizzate. Negli anni più recenti, l’incremento dell’allattamento al seno e lo sviluppo di formule a base di latte vaccino idrolizzate e/o delattosate, hanno fortemente ridotto il consumo di formule a base di proteine di soia. Formule a base di proteine di riso Recentemente sono stati immessi sul mercato latti a base di proteine di riso idrolizzate. Questi preparati sembrano avere un bassissimo potere allergizzante e un valore nutrizionale sufficiente a soddisfare i fabbisogni del neonato. Formule destinate a lattanti con allergie alle proteine del latte vaccino gravi ed intrattabili Sono state sviluppate formule costituite da idrolizzati di collagene, destinate a neonati con gravissimi problemi allergici. Inizialmente veniva utilizzato collagene bovino ma successivamente con l’estendersi del morbo della mucca pazza (BSE- encefalopatia spongiforme bovina), è stato necessario ricorrere a fonti di collagene alternative ai bovini. Per i neonati che manifestano allergie anche in seguito all’assunzione di tali preparati, sono disponibili formule a base di aminoacidi liberi che richiedono una minima attività digestiva pur permettendo un rapido accrescimento. Tali formule presentano le seguenti caratteristiche:

• il 100% degli aminoacidi è di sintesi

• il profilo aminoacidico e lipidico è simile a quello del latte materno

• non contengono proteine di latte vaccino, lattosio, saccarosio, fruttosio, e glutine

• sono privi di carica antigenica. In commercio sono attualmente disponibili anche formule a base di latte diverso dal latte vaccino. E’ importante sottolineare che tali latti, preparati utilizzando latte di capra o di pecora, non sono indicati per soggetti allergici alle proteine del latte vaccino. E’ infatti ben documentata, sia in vitro che in vivo, l’esistenza di cross-reattività tra proteine antigeniche di latte vaccino, ovino e caprino, dovuta all’elevata omologia della sequenza amminoacidica (26).

LATTI DESTINATI A FINI MEDICI SPECIALI Le malattie metaboliche ereditarie, che colpiscono complessivamente un neonato su 500, costituiscono una parte importante delle malattie rare e rappresentano una delle grandi sfide della ricerca scientifica di questo millennio. Si stima che vi siano circa 500 malattie metaboliche ereditarie, molte delle quali tuttora poco conosciute. Tali malattie si presentano con eventi acuti, crisi potenzialmente mortali, che richiedono un intervento d’urgenza. Lo sviluppo e la prognosi dei bambini affetti da tali malattie dipendono spesso da un trattamento precoce ed efficace. La nutrizione di questi lattanti e bambini richiede l’impiego di latti formulati in modo particolare, che rientrano nella categoria dei latti destinati a fini medici speciali e, pertanto, sono interamente a carico del Sistema Sanitario Nazionale (27).

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CRITERI DI SCELTA E PARAMETRI

PER LA CREAZIONE DELLE INDICAZIONI INTESA Le “indicazioni intesa”, approntate per i latti presenti in commercio, sono state formulate tenendo conto nei diversi tipi di latte del contenuto di: LATTI DI INIZIO INGREDIENTI INDICATI ESSENZIALI dalla direttiva 2006/141/CE e che diverranno obbligatori dal 1 gennaio 2010: • Colina • Mio-inositolo LATTI DI INIZIO E DI PROSEGUIMENTO INGREDIENTI FACOLTATIVI previsti dalla direttiva 2006/141/CE: • Taurina* • Fosfolipidi* • Acido docosaesenoico (DHA)* • Acido arachidonico (AA)* • Fruttoligosaccaridi e galattoligosaccaridi • Nucleotidi*

* CONSIGLIATO DALL’ESPGHAN LATTI DI INIZIO E DI PROSEGUIMENTO INGREDIENTI GENERALMENTE CONSIDERATI UTILI PER LO SVILUPPO E LA SALUTE DEI LATTANTI, ma non specificamente citati nella direttiva 2006/141/CE: • Trigliceridi a media catena (MCT) • Acido palmitico in posizione • Rapporto sieroproteine/caseine

* * * Questo lavoro è stato realizzato con la consulenza di: Prof. Gabriella Gazzani: docente di Chimica degli Alimenti presso la Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Pavia. Dott.ssa Maria Daglia: docente di Prodotti Dietetici presso la Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Pavia. Dott.ssa Adele Papetti: docente di Alimenti e Dietetici presso la Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Pavia. Coordinamento scientifico a cura di Unifarm S.p.A.

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Finito di stampare Ottobre 2008