Tesseramento Cgil 2018 · Tesseramento Cgil 2018 ... Toscana, Lombardia e Lazio, rispettivamente...

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Redazione: Via Altobelli, 5 46100-Mantova . Responsabile Salvatore Altabella del Direttivo provinciale Spi Cgil Mantova. Tel. 0376/ 2021/ 202221, fax 0376-320453 , e-mail [email protected] - sito nazionale http://www.spi.cgil.it/ sito regionale www.spicgillombardia.it Questa newsletter viene trasmessa per posta elettronica , di norma, il 21 di ogni mese. Viene pubblicata anche sul sito provinciale www.cgil.mantova.it\SPI\ Tesseramento Cgil 2018 Come vedi, non mettiamo il punto interrogativo. Perché siamo convinti che iscriversi sia la scelta giusta per chiunque abbia a cuore la democrazia e la dignità della persona. Si, della persona prima ancora che della lavoratrice o del lavoratore, della pensionata o del pensionato; perché la Cgil è un soggetto di rappresentanza generale, non solo del mondo del lavoro comunemente inteso. Dunque, anche di quanti il lavoro lo cercano o che hanno attività non tipicamente classificabili di dipendenza lavorativa. La vera domanda a cui dare una risposta è: il mondo del lavoro, nel suo complesso, starebbe meglio o peggio senza il sindacato? Senza la Cgil? Siamo consapevoli di quanto sia difficile, soprattutto per le nuove generazioni che non hanno esperienze lavorative o che operano in realtà in cui il sindacato, per varie ragioni, non è presente, addirittura conoscere le attività che esso svolge in favore delle tutele dei diritti delle persone. Molti possono pensare che esso sia finanziato dalle istituzioni; che esiste perché è una specie di organizzazione ‘parastatale’. Che nei suoi uffici operino dipendenti pagati dallo stato, visto che buona parte dei servizi forniti sono svolti in sostituzione o comunque ad integrazione di quelli pubblici. Niente di tutto questo: in realtà il sindacato sei tu. La Cgil sei tu. Senza il tuo contributo non esisterebbe. I contratti collettivi nazionali di lavoro, la contrattazione nel posto di lavoro e nel territorio, i servizi di tutela delle persone; la presenza nel territorio dove la Cgil è punto di riferimento, le tantissime iniziative nazionali e locali. Il protagonismo e la valorizzazione del mondo del lavoro e di chi il lavoro lo cerca, le mobilitazioni per un fisco più giusto e per leggi più avanzate in tema di mercato e rapporto di lavoro. 1 La newsletter La newsletter dello Spi di dello Spi di Mantova Mantova n.° 01 n.° 01 05/01/2018 05/01/2018

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Redazione: Via Altobelli, 5 46100-Mantova . Responsabile Salvatore Altabella del Direttivo provinciale Spi Cgil Mantova.Tel. 0376/ 2021/ 202221, fax 0376-320453 , e-mail [email protected] - sito nazionale http://www.spi.cgil.it/sito regionale www.spicgillombardia.it Questa newsletter viene trasmessa per posta elettronica , di norma, il 21 di ogni mese.Viene pubblicata anche sul sito provinciale www.cgil.mantova.it\SPI\ Tesseramento Cgil 2018Come vedi, non mettiamo il punto interrogativo. Perché siamo convinti cheiscriversi sia la scelta giusta per chiunque abbia a cuore la democrazia e la dignitàdella persona. Si, della persona prima ancora che della lavoratrice o del lavoratore,della pensionata o del pensionato; perché la Cgil è un soggetto di rappresentanzagenerale, non solo del mondo del lavoro comunemente inteso. Dunque, anche diquanti il lavoro lo cercano o che hanno attività non tipicamente classificabili didipendenza lavorativa.La vera domanda a cui dare una risposta è: il mondo del lavoro, nel suo complesso,starebbe meglio o peggio senza il sindacato? Senza la Cgil?Siamo consapevoli di quanto sia difficile, soprattutto per le nuove generazioni chenon hanno esperienze lavorative o che operano in realtà in cui il sindacato, pervarie ragioni, non è presente, addirittura conoscere le attività che esso svolge infavore delle tutele dei diritti delle persone.Molti possono pensare che esso sia finanziato dalle istituzioni; che esiste perché èuna specie di organizzazione ‘parastatale’. Che nei suoi uffici operino dipendentipagati dallo stato, visto che buona parte dei servizi forniti sono svolti in sostituzioneo comunque ad integrazione di quelli pubblici.Niente di tutto questo: in realtà il sindacato sei tu. La Cgil sei tu. Senza il tuocontributo non esisterebbe.I contratti collettivi nazionali di lavoro, la contrattazione nel posto di lavoro e nelterritorio, i servizi di tutela delle persone; la presenza nel territorio dove la Cgil èpunto di riferimento, le tantissime iniziative nazionali e locali. Il protagonismo e lavalorizzazione del mondo del lavoro e di chi il lavoro lo cerca, le mobilitazioni per unfisco più giusto e per leggi più avanzate in tema di mercato e rapporto di lavoro. 1

La newsletterLa newsletterdello Spi didello Spi diMantovaMantovan.° 01n.° 0105/01/201805/01/2018

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Le lotte per una sanità diffusa e di qualità, per la legalità, per uno stato socialefinalizzato ad una sempre più forte coesione sociale.Sono soltanto alcune delle cose che cerchiamo di fare nel miglior modo possibile.Senza il tuo contributo, senza la tua iscrizione e di quanti hanno fatto e fannoquesta scelta, senza la forza e la determinazione che ne derivano, tutta questaattività sarebbe impossibile. E questo avrebbe come conseguenza un risultatodisastroso: ognuno sarebbe più solo, i diritti arretrerebbero fino ad essere ritenutiuna concessione che si può negare in qualsiasi momento. La stessa legislazione sullavoro deriva molto dalla forza che il sindacato può mettere in campo.Una Cgil più forte e rappresentativa, rende più forte te.Non siamo tra coloro che promettono di risolvere tutti i problemi, ma con te e conquanti intendano iscriversi facciamo un patto: noi proveremo sempre, fino in fondo,a rendere più giusta, più equa e più coesa la società in cui viviamo e a fare dellavoro lo strumento fondamentale per la libertà delle persone. La tessera 2018 Le convenzioni per gli iscritti Dati storici

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Contrasto alla povertà: 75mila domande per ReIOltre 75 mila sono le domande del Reddito di inclusione contro la povertà,pervenute all’Inps dal 1° dicembre al 2 gennaio; due su tre sono famiglie residentinelle regioni del Mezzogiorno. Sono i primi dati diffusi dall’Inps e rilanciati dalleagenzie di stampa di ieri.Nello specifico, le domande arrivate all’Istituto fra il primo dicembre, giorno in cui sipoteva fare richiesta, e il 2 gennaio sono state 75.885. A svettare è la Campania,con 16.686 domande pari al 22% del totale: seguono la Sicilia con 16.366 (21,4%)e la Calabria con 10.606 richieste (14%). Contando anche i moduli arrivati dallaBasilicata (1.535 pari al 2%) e dalla Sardegna (2.905, pari al 3,8%), emerge che daqueste cinque regioni sono pervenute oltre 48mila richieste, vale a dire il 64% deltotale.A fare eccezione, in questo scenario, è la Puglia, regione dalla quale non è arrivatanessuna richiesta. Intorno alle 5.000 sono invece le domande trasmesse daToscana, Lombardia e Lazio, rispettivamente 4.130, 5.338 e 5.237. Il Piemonteconta 3.138 domande, il Veneto 2.715 e l’Abruzzo 2.636, mentre al di sotto diquota mille si situano invece Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche,Molise, Umbria e Valle d’Aosta. Da Bolzano, infine, le richieste arrivate sonosolamente 8.La nuova misura permanente di contrasto alla povertà viene riconosciuta ai nucleifamiliari che hanno un Isee non superiore a 6.000 euro e un valore del patrimonioimmobiliare (escludendo la casa di abitazione) non superiore a 20.000 euro.In prima battuta, l’aiuto economico, doveva riguardare 490 mila famiglie, ma aregime, dopo luglio, sarà ampliata a 700.000 nuclei per circa 2,5 milioni di persone.Il ReI che prevede anche un progetto personalizzato per aiutare il nucleo ad usciredallo stato di bisogno, prevede un beneficio fino a 187 euro per i nuclei compostida un unico componente e un tetto di 485 euro al mese nel caso di famiglia indifficoltà con almeno cinque persone. Le prime carte Rei potranno esserericonosciute a partire dal 2018. Il progetto viene predisposto con la regia dei servizisociali del Comune che operano in rete con gli altri servizi territoriali come Asl,scuole, centri per l’impiego.«Mai più fascismi», appello alle istituzioni democratiche 04 gennaio 2018 ore 09.01 Un ampio fronte di associazioni, sindacati, partiti e movimenti chiede di "fermare ilvirus della violenza, della discriminazione, dell’odio". "Serve giustizia sociale controdegrado e povertà che sono oggi il brodo di coltura che alimenta questi fenomeni "Attenzione: qui ed ora c’è una minaccia per la democrazia. Si stannomoltiplicando nel nostro Paese sotto varie sigle organizzazioni neofasciste oneonaziste presenti in modo crescente nella realtà sociale e sul web". Inizia cosìl'appello rivolto a tutte le istituzioni democratiche da un lungo elenco diassociazioni, sindacati e movimenti politici, sotto il titolo "Mai più fascismi". Le sigleche lo hanno sottoscritto sono in tutto 24: c'è naturalmente l'Anpi, ci sono leAcli, Libera, l'Arci, Libertà e Giustizia, e ci sono i sindacati, Cgil, Cisl e Uil,insieme a molte altre realtà della società civile e della politica (da Rifondazione alPd). 3

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L'appello mette in guardia prima di tutto dai "virus della violenza, delladiscriminazione, dell’odio verso chi è bollato come diverso, del razzismo e dellaxenofobia, a ottant’anni da uno dei provvedimenti più odiosi del fascismo: lapromulgazione delle leggi razziali". I firmatari sottolineano come "fenomenianaloghi stiano avvenendo nel mondo e in Europa, in particolare nell’est, e simanifestino specialmente attraverso risorgenti chiusure nazionalistiche e xenofobe,con cortei e iniziative di stampo oscurantista o nazista, come recentementeavvenuto a Varsavia, persino con atti di repressione e di persecuzione verso leopposizioni"."Per questo - continua l'appello - uniti, vogliamo dare una risposta umana atali idee disumane affermando un’altra visione delle realtà che metta al centro ilvalore della persona, della vita, della solidarietà, della democrazia come strumentodi partecipazione e di riscatto sociale. Per questo, uniti, sollecitiamo ogni poterepubblico e privato a promuovere una nuova stagione di giustizia socialecontrastando il degrado, l’abbandono e la povertà che sono oggi il brodo dicoltura che alimenta tutti i neofascismi".Di qui l'invito alle istituzioni "a operare perché lo Stato manifesti pienamente lasua natura antifascista in ogni sua articolazione, impegnandosi in particolaresul terreno della formazione, della memoria, della conoscenza e dell’attuazionedella Costituzione". Ma anche "richiamando alle proprie responsabilità tutti i livellidelle Istituzioni affinché si attui pienamente la XII Disposizione della Costituzione(“E` vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”)e si applichino integralmente le leggi Scelba e Mancino che puniscono ogni forma difascismo e di razzismo".L'appello prosegue poi con un'esortazione "a vietare nelle competizionielettorali la presentazione di liste direttamente o indirettamente legate aorganizzazioni, associazioni o partiti che si richiamino al fascismo o alnazismo, come sostanzialmente previsto dagli attuali regolamenti, ma non sempreapplicato, e a proibire nei Comuni e nelle Regioni iniziative promosse da taliorganismi, comunque camuffati, prendendo esempio dalle buone pratiche di diverseIstituzioni locali"."Per questo, uniti, chiediamo - si legge ancora nell'appello - che le organizzazionineofasciste o neonaziste siano messe nella condizione di non nuoceresciogliendole per legge, come già avvenuto in alcuni casi negli anni 70 e comeimposto dalla XII Disposizione della Costituzione". Il testo si chiude con la richiestaa cittadine e cittadini, associazioni democratiche sociali, civili, politiche e culturalidi sottoscrivere l'appello come "primo impegno verso una più vasta mobilitazionepopolare e nazionale". "L’esperienza della Resistenza - si legge ancora - ci insegnache i fascismi si sconfiggono con la conoscenza, con l’unità democratica, con lafermezza delle Istituzioni"."Nel nostro Paese - conclude l'appello "Mai più fascismi" - già un’altra volta ladebolezza dello Stato rese possibile l’avventura fascista che portosangue, guerra e rovina come mai si era visto nella storia dell’umanità. L’Italia,l’Europa e il mondo intero pagarono un prezzo altissimo. Dicemmo “Mai più!”; oggi,ancora più forte, gridiamo “Mai più!”. Fonte: http://www.rassegna.it/articoli/mai-piu-fascismi-appello-alle-istituzioni-democratiche 4

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Assegno sociale. Adeguamento età per il diritto. Nel 2018, ilrequisito anagrafico sale a 66 anni e 7 mesiA decorrere dal 1° gennaio 2018, il requisito anagrafico per il riconoscimento dell’assegno sociale sarà aumentato a 66 anni e 7 mesi. Lo comunica l’Inps nel messaggio n. 4920 del 7 dicembre scorso, sottolineando che questo è il risultato di una serie di adeguamenti all’indice di speranza di vita che sono stati applicati nel corso degli anni, il primo dei quali di un anno (da 65 a 66) c’è stato in applicazione dell’articolo 24, comma 8, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, a cui sono seguiti altri due ulteriori incrementi (2013 e 2016), legati all’aumento della speranza di vita, in attuazione dell’articolo 12 del D.L. n. 78/2010, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, richiamato dall’articolo 24, commi 12 e 13, del D.L. 201/2011. Per effetto di questi adeguamenti, precisa l’Inps, a decorrere dal 1° gennaio 2018, la pensione d’inabilità civile e l’assegno mensile di assistenza agli invalidi parziali di cui agli articoli 12 e 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118, nonché la pensione non reversibile ai sordi, di cui alla legge 26 maggio 1970, n. 381, saranno concesse, a seguito del riconoscimento sanitario e sussistendo le altre condizioni socio economiche previste, a soggetti di età non inferiore al diciottesimo anno e fino al compimento di 66 anni sette mesi d’età.Nel messaggio, l’Inps precisa inoltre che resta confermato il previgente requisito anagrafico per coloro che compiono sessantacinque anni e sette mesi prima del 1° gennaio 2018, a prescindere dalla data della domanda di assegno sociale. Costoro, pertanto, qualora presentino richiesta successivamente al 1° gennaio 2018, in caso di accoglimento, avranno diritto all’assegno con decorrenza dal mese successivo a quello della domanda (art. 26, comma 12, L. 153/1969).Fonte: http://www.inca.it/Archivionews/News/TabId/1351/ArtMID/1981/ArticleID/1412/Assegno-sociale-Adeguamento-et224-per-il-diritto.aspx 5

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Lotta alla mafia. Cgil, serve impegno di tutti.Camusso, caporali nuova forma di criminalità organizzata"La mafia oggi è cambiata. Non è più controllo del latifondo o della manodoperaagricola, è entrata nel sistema degli appalti e gestisce attività finanziarie. I suoiinteressi si sono moltiplicati e, in parte, internazionalizzati. Sono cambiate le logichedi controllo del territorio, ma restano 'filoni' di continuità, basti pensare ai caporaliche sono esattamente una nuova forma di criminalità organizzata". A dirlo è stata ilsegretario generale della Cgil Susanna Camusso, a Palermo per partecipare allacommemorazione al Giardino della Memoria di Accursio Miraglia, il sindacalista dellaCgil ucciso dalla mafia il 4 gennaio del 1947 a Sciacca in provincia di Agrigento."E' indubbio che sono stati inferti, a partire dal maxi processo, colpi importanti aCosa nostra e non c'è più quel livello di controllo del territorio, ma molto c'è ancorada fare - ha aggiunto Camusso -. Serve lo straordinario lavoro della forze dell'ordinee della magistratura, penso per esempio ai risultati ottenuti con la legge sulcaporalato, ma anche alle azioni di contrasto alla criminalità che si svolgono lontanodalla Sicilia, nel Nord Italia dove si sono scoperte tutte le infiltrazioni e si è smessodi pensare che la mafia fosse solo una questione territoriale". Ma per il segretariogenerale della Cgil "accanto al lavoro delle forze dell'ordine e della magistrature,serve l'impegno di tutti, nessuno può ritenersi esente dalla lotta. La legalità nellavoro è una delle condizioni che determina un clima positivo di contrasto".Fonte http://www.inca.it/Archivionews/News/TabId/1351/ArtMID/1981/ArticleID/1429/Lotta-alla-mafia-Cgil-serve-impegno-di-tutti.aspx Pedretti (Spi), in agenda 2018 lavoro e pensioni "Si apre un nuovo anno in cui dovremo riconfrontarci con chi andrà agovernare il paese. I temi sono sul tavolo: lavoro e pensioni". A dirlo è ilsegretario generale dello Spi Cgil Ivan Pedretti, oggi (giovedì 21 dicembre) aCeparana (La Spezia), parlando dell'agenda del sindacato pensionati per il2018: "Vorremmo che la riforma Fornero desse più dignità alle persone, più diritti,per quello va modificata". Altro tema importante è quello del precariato e delladisoccupazione giovanile: "Vorremmo che i giovani avessero un salario dignitoso,non un salario da fame e che non fossero precari. Solo se lavorano si potrà avereun futuro previdenziale. La battaglia vera è conquistare un lavoro stabile,qualificato, ben pagato, e che contrasti questa idea di precarizzazione continuadella vita. Non possiamo dire a un giovane di guardare al futuro se non è in gradodi farsi una famiglia, costruirsi la casa e avere una prospettiva. Bisogna migliorarele condizioni dei giovani e dare più diritti".Fonte: http://www.rassegna.it/articoli/pedretti-spi-in-agenda-2018-lavoro-e-pensioni 7

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Lavoro badanti. Riposo giornaliero di 11 ore.Multata onlus per sfruttamento di personaleLe badanti che assistono persone anziane, malati, o le famiglie bisognose di cureper i loro cari, hanno diritto ad almeno undici ore di riposo giornaliero consecutive eil mancato rispetto di questa previsione contenuta nel contratto nazionale dellacategoria prevede una multa a carico del datore di lavoro sanzionato persfruttamento della manodopera. Lo sottolinea la Cassazione, nella sentenza n. 24della Sezione lavoro, depositata ieri, dando torto a una onlus di Lecco che fornivapersonale per l'assistenza familiare e che sosteneva come le ore di riposo deidipendenti non dovessero essere consecutive. Secondo la onlus lecchese, amministrata da religiosi, il contratto Uneba (Unionenazionale istituzioni ed iniziative di assistenza sociale) nello "stabilire che lelavoratrici e i lavoratori avevano diritto a un riposo giornaliero di undici ore ogniventiquattro ore, non aveva previsto che le ore di riposo dovessero essereconsecutive, lasciando in tal modo intendere che la volontà delle parti contraentifosse quella di derogare, come facoltà, al dettato normativo generale, al fine diintrodurre una disciplina più rispondente alle realtà e alle esigenze aziendali e,quindi, non irrazionale". Ad avviso della Cassazione, invece, come stabilito dalla Corte di Appello di Milano,non c'è alcuna deroga contrattuale "all'osservanza del precetto normativo sulrispetto del riposo minimo giornaliero", fissato in 11 ore di fila. Peraltro, prosegue lasentenza della Suprema Corte, "non risulta che l'articolazione oraria praticataconsentisse un riposo di undici ore, seppure non continuative, nell'arco delle 24ore, non essendo stato allegato che dopo le 10 ore di intervallo (tra le ore 21 e leore sette della mattina successiva) ricorresse un'altra ora di riposo nell'arco delle 24ore, utile a riportare ad 11 ore il complesso dei riposi". I supremi giudici ricordano che anche per le badanti e i badanti vige il decretolegislativo 66 del 2003 che ha recepito la direttiva comunitaria sull'orario di lavoro eche prevede per tutti i lavoratori il diritto alla "fruibilità in modo consecutivo" delleundici ore di riposo minimo giornaliero, "fatte salve le attività caratterizzate daperiodo di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità".La onlus era stata multata dal ministero del lavoro con una sanzione da 13.620euro e adesso questa cifra dovrà essere ricalcolata per effetto di alcunicambiamenti legislativi intervenuti nel corso della causa che comunque nonincidono sulla 'colpevolezza' del datore di lavoro, ma solo sulle norme da applicare.Fonte: http://www.inca.it/Archivionews/News/TabId/1351/ArtMID/1981/ArticleID/1426/Lavoro-badanti-Riposo-giornaliero-di-11-ore.aspx 8

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Riceviamo e pubblichiamoCaporetto , Vittorio Veneto e l’inutile stragedi Egidio Lucchini Facendo riferimento alle riflessioni di Franco Chiavegatti su Caporetto e dintorni,pubblicate sulla Gazzetta del 31 dicembre scorso, e che condivido, temo che si siadimenticato troppo in fretta il triste centenario della ritirata di Caporetto del 24ottobre 1917. E intanto il Bel Paese si prepara a celebrare il centenario dellavittoria di Vittorio Veneto del 4 novembre 1918. Ma fu vera gloria? Sarebbe orache i posteri cercassero di emettere l’ardua sentenza. Anch’io ho un richiamo personale: mio padre, classe 1896, ha ricevuto, sia pure50 anni dopo, l’ onorificenza di Cavaliere dell’ Ordine di Vittorio Veneto. E perciò amia volta onorerò sempre tutti i combattenti della Grande Guerra, compresi quellinemici. Ma considero criminali coloro che, militari e politici, li hanno mandati almassacro. Paolo Viola, all’inizio del quarto volume di Storia moderna e contemporanea( Einaudi,2000), ha scritto che per quattro anni e tre mesi, dall’estate 1914all’autunno 1918, i paesi europei, gli Stati Uniti e il Giappone si fecero la guerra piùdevastante che l’umanità avesse conosciuto fino ad allora. La prevalente guerra ditrincea registrò un’immane carneficina. L’Italia, entrata in guerra il 24 maggio 1915,non riuscì a sfondare, e il fronte si stabilizzò e rimase fermo per un paio d’anni ,con battaglie furibonde per conquistare, perdere e riconquistare i colli intorno aGorizia: battaglie che costarono la vita a centinaia di migliaia di soldati italiani ( allafine furono 650.000), che non spostavano le linee delle trincee se non di qualchechilometro, in una direzione o nell’altra. Gli Imperi dell’Europa centrale ( Germania, Austria-Ungheria, Ottomani)schierarono nel corso della guerra circa 23 milioni di soldati e l’Intesa ( Francia,Inghilterra, Russia, Italia – Stati Uniti esclusi) circa 36 milioni. Di questi quasisessanta milioni di uomini, dieci morirono, venti furono feriti, otto prigionieri odispersi. Benedetto XV aveva invocato invano di evitare quella che poi si èdimostrata una inutile strage. Gli Stati Uniti dapprima finanziarono largamente i paesi dell’Intesa, soprattuttoper opporsi contro il colossale e concorrenziale capitalismo tedesco. Entrarono poiformalmente in guerra nell’aprile 1917, però di fatto parteciparono soltanto agliultimi quattro-cinque mesi di battaglie , con quasi cinque milioni di uomini e conperdite assai limitate: poco più di centomila morti e meno di 250 mila feriti.Certamente l’intervento degli Stati Uniti fu determinante per la sconfitta finalecontro la Germania e l’Impero austro-ungarico , il quale a sua volta si stavadissolvendo per la proclamazione di indipendenza delle varie nazionalità. A contifatti, i veri vincitori della Grande Guerra furono gli Stati Uniti. E l’Europa fu lagrande sconfitta. Vittorio Veneto, pertanto, non rappresentò una battaglia epica, ma quasi virtuale.Pur riconoscendo che l’ultimo anno di guerra, di cui il Piave divenne il simbolo, hasignificato anche una lodevole resistenza morale sia al fronte che all’interno delPaese, resta difficile negare che s’è trattato del prolungamento di un’agonia. Incoincidenza con il disfacimento austro-germanico. 9

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Molto interessante al riguardo mi è apparso il saggio Caporetto del brillantestorico Alessandro Barbero ( Laterza, ottobre 2017): ben 650 pagine, di cui 150 dipreziosissime note. A cento anni da quella disfatta gli storici stanno dando rispostepiù probanti , anche se mai definitive, non soltanto se fu colpa dei generaliCadorna, Capello e Badoglio, ma anche sul vero problema: perché dopo due anni emezzo di guerra l’esercito italiano si rivelò all’improvviso così fragile, fino al punto dicrollare. Tenendo costantemente a fronte le tredici carte geografiche e le fonti siaitaliane, sia austriache e germaniche, Barbero conduce il lettore a ripercorrerel’ideazione e il piano dell’offensiva, il conto alla rovescia dei preparativi, il terreno ele forze in campo, lo sfondamento delle prime linee, il diverso ruolo dell’artiglierianell’attacco e nella difesa, la distruzione delle divisioni di riserva, i vari e complessiperché della disfatta. A sorpresa e vincente fu la tattica dell’infiltrazione ad operadelle ben preparate e ben comandate truppe d’assazlto tedesche , munite dimitragliatrici ben alleggerite. Di fronte le truppe italiane si trovavano giunte ad unpunto di spossatezza , logoramento e disaffezione alla guerra che non si era mairiscontrato prima. Ma anche i comandi erano saltati, le comunicazioni entrarono incollasso, 300 mila militari italiani furono fatti prigionieri, la ritirata si trasformò inuna tragedia nazionale. Che Vittorio Veneto non ha cancellato.Portella della Ginestra, è morto Giacomo Schiro. Uno degli ultimi sopravvissuti all'attentato del 1947 È morto la mattina del 3 gennaio a Palermo, all'età di 87 anni, Giacomo Schirò, unodegli ultimi sopravvissuti alla strage di Portella della Ginestra. Bracciante agli inizi,negli anni del boom edilizio era passato al settore delle costruzioni, diventandocarpentiere. Il suo funerale si terrà il 4 gennaio, alle 11, nella cattedrale SanDemetrio a Piana degli Albanesi.“Lo ricordiamo come delegato sindacale della Cgil e come punto di riferimento dellamemoria e dell'appartenenza al movimento sindacale – dice il segretario generaledella Cgil Palermo, Enzo Campo –. Ha dedicato gli ultimi anni della sua vita a tenerviva la memoria delle vittime della strage tra le giovani generazioni non solo diPiana, ma della provincia. Non ha mai voluto mancare alle commemorazioni delPrimo maggio”.In quel 1° maggio 1947, si trovava alla manifestazione, accanto al nonno GiacomoSchirò, socialista. Ricordava sempre che il nonno, amico di Nicola Barbato, reggevala bandiera del partito e continuò a tenerla alta anche quando venne presa di miradai banditi durante l'assalto e rimase forata. Pensionato dello Spi Cgil, ha dedicatogli ultimi anni della sua vita a trasmette ai giovani i valori della libertà e dellademocrazia.Fonte: http://www.rassegna.it/ra1.html?gobacktolive=http://www.rassegna.it/articoli/portella-della-ginestra-morto-giacomo-schiro-uno-degli-ultimi-sopravvissuti 10