Tesina la geopolitica di ieri e di oggi

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Marcella Boschi matr. 1012558 Master MICRI Prof. G. Campione La geopolitica di ieri e di oggi La geopolitica è una branca nata nell’Ottocento ma che è tuttora priva di una definizione univoca. Quel che è certo, però, è che tutte le definizioni moderne che le sono state attribuite hanno in comune il concetto di interrelazione tra geografia – includendo soprattutto quella umana - storia e politica. Nei secoli precedenti, la geopolitica era ausilio delle strategie belliche in quanto identificata come la vera e propria ‘scienza della guerra’, in cui geografia e politica erano intrecciate dall’idea che la prima servisse alla seconda per la conquista e l’assoggettamento di territori da parte dei potenti Stati nazionali, seguendo quindi le linee della prima definizione di geopolitica data nel 1899 da Rudolf Kjellen e la cui applicazione possiamo ritrovare da parte di Stati come ad esempio la Prussia di Bismarck, che aspirava a conquistare un posto di preminenza e prestigio nei giochi politici europei una volta riuniti i territori di lingua tedesca sotto un unico complesso. L’uso di strategie politiche era arma assolutamente indispensabile per l’organizzazione dei piani bellici dell’epoca e, ancora oggi, esso rappresenta una preminente necessità per gli Stati, se non la più importante. La geopolitica, intesa oggi come studio del prodotto delle interrelazioni di vari aspetti come quelli sopra citati, è praticamente indispensabile per gli equilibri mondiali che si

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Marcella Boschi matr. 1012558 Master MICRI

Prof. G. Campione

La geopolitica di ieri e di oggi

La geopolitica è una branca nata nell’Ottocento ma che è tuttora priva di una definizione univoca.

Quel che è certo, però, è che tutte le definizioni moderne che le sono state attribuite hanno in

comune il concetto di interrelazione tra geografia – includendo soprattutto quella umana - storia e

politica.

Nei secoli precedenti, la geopolitica era ausilio delle strategie belliche in quanto identificata come

la vera e propria ‘scienza della guerra’, in cui geografia e politica erano intrecciate dall’idea che la

prima servisse alla seconda per la conquista e l’assoggettamento di territori da parte dei potenti

Stati nazionali, seguendo quindi le linee della prima definizione di geopolitica data nel 1899 da

Rudolf Kjellen e la cui applicazione possiamo ritrovare da parte di Stati come ad esempio la

Prussia di Bismarck, che aspirava a conquistare un posto di preminenza e prestigio nei giochi

politici europei una volta riuniti i territori di lingua tedesca sotto un unico complesso. L’uso di

strategie politiche era arma assolutamente indispensabile per l’organizzazione dei piani bellici

dell’epoca e, ancora oggi, esso rappresenta una preminente necessità per gli Stati, se non la più

importante. La geopolitica, intesa oggi come studio del prodotto delle interrelazioni di vari aspetti

come quelli sopra citati, è praticamente indispensabile per gli equilibri mondiali che si fanno

inopinabilmente sempre più complessi, articolati, delicati e che necessitano di una gestione molto

scrupolosa e attenta.

Se si accetta che il mondo è sempre e in costante cambiamento non si può non prevedere che le

varie discipline, così come la geopolitica stessa, mutino di conseguenza e non si asserviscano a

vecchie logiche. Come ho affermato nell’incipit del paragrafo, geopolitica è oggi guardare ad un

determinato spazio e all’umanità ivi insediatasi e che si conferisce un sistema politico e di regole

che la rendono particolare, senza dimenticare come la storia e le sue vicissitudini portino tale

umanità a relazionarsi all’interno di quello stesso spazio e soprattutto tenendo ben presente che il

prodotto finale di tutte queste componenti non può essere visto a prescindere da uno di questi. In

virtù di ciò si potrebbe quindi azzardare ad affermare che tutto questo è conoscenza, che permette a

chi vi accede di poter fare un uso di questa per molteplici scopi e dato il contesto globale in cui

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siamo può divenire strumento atto ad avviare attività di cooperazione internazionale o, più

tristemente, accurata pianificazione di operazioni belliche.

Volendo trovare una similitudine tra i due concetti di geopolitica accennati, quello di cui sopra e

quello coniato da Kjellen, si potrebbe pensare che entrambi condividano l’idea che attraverso

questa disciplina si possa conoscere il proprio nemico/amico/vicino ed interagire con questo a

seconda degli scopi che lo Stato persegue. Ma se guardiamo all’aspetto bellico della questione,

cosa accade se, con l’evolversi delle dinamiche mondiali, si evolvono anche le stesse guerre e i

nemici contro cui si combatte all’interno di esse?

Nella guerra che aveva come scopo finale l’unificazione tedesca, a prescindere dai suoi vari

passaggi particolari ben noti, il cancelliere von Bismark era cosciente dell’entità della minaccia ai

propri obiettivi in quanto aveva modo di circoscriverla territorialmente dato che questa lo

circondava geograficamente, trattandosi di paesi confinanti con la Prussia o comunque in

importante prossimità; egli aveva strumenti e modi per poter conoscere le particolarità dei territori

ed il modus operandi degli eserciti nemici o, quantomeno, avendo un continuo scontro diretto e

fisico con questi, vi era ampio margine per pianificare più esatte ed efficaci strategie difensive e/o

d’attacco.

Se nel caso bismarkiano questo ha prodotto l’effetto auspicato, possiamo effettivamente dire lo

stesso per quanto riguarda la guerra che maggiormente ha segnato il primo decennio del nuovo

millennio, ossia la guerra preventiva iniziata e perpetrata da George W. Bush in Afghanistan ed

esportata poi in altri paesi con la motivazione poco convincente di voler combattere il terrorismo

esportando la democrazia?

Cosa è effettivamente cambiato se partiamo dall’assunto di base che i due metodi geopolitici

possono avere dei punti in comune? La risposta è nel cambiamento di uno dei protagonisti: il

nemico.

Durante il processo che portò all’unificazione territoriale tedesca, Bismark poteva interfacciarsi

con dei nemici territorializzati, ossia presenti in un dato territorio, contrariamente a quanto avviene

nella guerra preventiva, in quanto, se non vi fosse il propagare di rappresaglie, attentati ed eventi

catastrofici di vario genere e che quindi testimoniano di fatto l’operato dei terroristi, sembrerebbe

quasi combattere contro un fantasma, un qualcosa di reale ma che sembra più aleggiare su di noi

piuttosto che presenziare in carne ed ossa, riuscendo allo stesso tempo ad esserci e a non esserci.

In questo sta il più grande vantaggio dei nemici della guerra del mio tempo, mio e della mia

generazione: essere compatto, unito, profondamente intrecciato, ma a-territorializzato; è ovunque,

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ma fondamentalmente sito da nessuna parte in particolare. E’ proprio il suo essere

deterritorializzato che crea i presupposti per la sua stessa affermazione e diffusione. Si pensi a

quante cellule e/o gruppi di matrice terroristica nascono ed operano all’interno dei paesi che contro

quelle cellule invece combattono, sedendosi al tavolo di coloro che fanno di tale guerra al

terrorismo una bandiera democratica (molte cellule nascono, infatti, all’interno degli stessi USA).

A ciò si aggiungano i centri di addestramento e gestione finanziaria delle organizzazioni

terroristiche, accertati in paesi senza ombra di dubbio tra i più caotici tra cui l’Afghanistan e che

grazie anche a Stati musulmani conservatori che li finanziano riescono nella costruzione di una

massiccia rete capace di incastonare le numerosissime cellule operative e, talvolta, anche di

ritessersi laddove gli Stati occidentali creano un foro, una vittoria. Se perseguiamo nell’idea di un

nemico a-territoriale e quindi non presente in un unico territorio bisogna giustificare la compattezza

di questi nuclei e il loro costante traffico di comunicazioni con il progresso tecnologico, con il

costante ‘rimpicciolirsi’ del mondo grazie alla costituzione di una fitta, fittissima rete di

comunicazioni che utilizza qualsivoglia canale per arrivare al destinatario, prediligendo sistemi di

comunicazioni di massa il cui massiccio uso è di fondamentale importanza per fertilizzare il terreno

delle adesioni da guadagnare con la propaganda. Questo non voglia certo spingere l’idea che la

guerra al terrorismo non abbia prodotto ottimi risultati, ma è anche importante comprendere come

il nemico sia effettivamente diverso e organizzato in modo scrupoloso e capillare e come si senta

quindi sempre più impellente la necessità di modellare gli studi e le strategie per poter seguire in

maniera ravvicinata tali trasformazioni.

In sostanza, con il mutare dei tempi e degli equilibri, mutano tutti i tipi di relazioni, conflittuali e

non, tra gli uomini provocando un’evoluzione dalla quale non si può prescindere. Per poter

comprendere al meglio questi mutamenti e per potersi porre di conseguenza ad essi è importante

che la geopolitica guardi ad un’ulteriore evoluzione, che non contempli delle scorciatoie come

quella di affrontare il terrorismo scagliandovi contro esclusivamente la forza militare, in quanto gli

effetti potrebbero essere ben più deleteri di quelli finora sperimentati; al contrario, grazie ai suoi

intrecci di conoscenze trasversali e di varia natura, questa branca potrebbe effettivamente vedersi

utilizzata come strumento per conoscere l’altro - le sue relazioni con gli spazi e la politica - ed

arrivare ad un punto d’incontro con esso scoraggiando il terrorismo, riducendolo in termini di

capacità di attrazione e dando a se stessa una nuova e forse più completa definizione accademica.