Tesi tap di giacomo pistelli
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Master Universitario di Secondo livello in
Relazioni istituzionali, lobby e comunicazione di impresa
a.a. 2013/2014
Titolo dell’elaborato:
Gasdotto TAP: le contraddizioni di un’Italia al bivio
Direttore del Master
Prof. Alberto Petrucci
Giacomo Pistelli Relatore
Matr. n. CSQ00131 Dott. Claudio Velardi
2
Indice
CAPITOLO 1
1.1 – Analisi geo-politica della situazione gas in Europa p.3
1.2 – South Stream, una promessa mancata p.9
1.3 – Trans-Adriatic Pipeline p.14
CAPITOLO 2
2.1 – La politica nazionale e il TAP p.18
2.2 – La Regione Puglia al bivio tra crescita e consenso p.25
CAPITOLO 3:
3.1 – Il TAP all’attacco: strategie e strumenti di lobbying p.30
3.2 – La contro mossa del movimento No-Tap p.36
CONCLUSIONI p.45
BIBLIOGRAFIA p.47
SITOGRAFIA p.57
3
GASDOTTO TAP: LE CONTRADDIZIONI DI UN’ITALIA AL BIVIO
CAPITOLO 1
1.1 – ANALISI GEO-POLITICA DELLA SITUAZIONE GAS IN EUROPA
“Oro blu”, nella vulgata corrente è questo il nome attribuito al gas naturale, importante
fonte di energia, non altrettanto inquinante quanto altri idrocarburi fossili e con svariati
ambiti di utilizzo. Costituisce infatti una delle fonti primarie per la produzione di energia
elettrica e di calore (per uso industriale, commerciale o residenziale), ma si usa anche
come combustibile per l’autotrazione e per altri fini, come ad esempio la produzione di
fertilizzanti.
In Italia, in particolare, l’utilizzazione di questo idrocarburo è equamente ripartita: il
35% viene destinato a fini industriali, il 32% per generare elettricità, un altro 32% per
usi residenziali e commerciali, e il restante 1% per trasporti, fertilizzanti ed altro1.
Costituito da idrocarburi gassosi che si estraggono dal sottosuolo (soprattutto metano e
elio), il gas naturale solo negli ultimi decenni ha cominciato ad essere sfruttato a livello
mondiale come fonte di energia, poiché è a partire dagli anni ’70 che sono state messe a
punto appropriate tecniche di trasporto e stoccaggio. Una volta estratto, il gas ha infatti
bisogno di essere sottoposto a varie procedure di lavorazione chimica e trasformazione
per potere poi essere trasportato ed infine avviato nella rete di distribuzione. Dai
giacimenti tale combustibile può viaggiare tramite pipe-line (altrimenti detti metanodotti
o gasdotti) ossia tubature lunghe centinaia di chilometri, in cui esso transita allo stato
aeriforme, oppure tramite navi, che caricano il gas allo stato liquido all’interno di grandi
serbatoi per portarlo via mare fino agli impianti di stoccaggio e rigassificazione. Nei
paesi occidentali, lungo la rete distributiva del gas, ormai diventata capillare, sono stati
costituiti vari centri di stoccaggio, ove si concentrano le riserve nazionali di sicurezza,
create per ovviare ad eventuali interruzioni nelle forniture.
Nel nostro Paese, l’approvvigionamento del gas avviene principalmente per merito di tre
principali gasdotti, provenienti da Russia, Nord Europa e Algeria, che si allacciano alla
1 Blakey S., David. L., Long-term Outlook for Gas to 2035, in «Eurogas», 22 ottobre 2013.
4
rete nazionale passando rispettivamente attraverso le località di Tarvisio (UD), Passo
Gries (VCO) e Mazara del Vallo (TP)2. Riguardo ai rigassificatori, sul suolo italiano ne
esistono al momento tre, uno a Panigaglia, nei pressi di La Spezia, uno a Rovigo (in una
struttura off-shore in mare aperto) e il terzo a Livorno (posto in una nave metaniera con
tecnologia FSRU3), ma esistono una decina di progetti (alcuni approvati, altri in fase di
studio) per la realizzazione di altrettanti impianti.
In ambito energetico l’Italia ha sempre dovuto ricorrere ad ingenti importazioni, pari
addirittura all’81% del suo fabbisogno complessivo; percentuale che, all’interno
dell’Unione Europea, viene superata solamente da Malta, Lussemburgo, Cipro, Irlanda e
Lituania4. Se l’Italia risulta dipendente dall’estero per circa i quattro quinti della sua
energia primaria, la proporzione è addirittura superiore per quel che concerne il gas, di
cui viene importato il 90% del totale utilizzato all’interno del Paese5. Secondo i dati
pubblicati da Eni nel “World Oil and Gas Review 2014”6, a partire dagli anni 2000 in
poi, l’Italia ha importato una media di 67 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Di
questi, il 30,3% proveniente dalla Russia, il 12,8% dall’Algeria, il 7,5% dal Nord
Europa, il 5,7% dalla Libia, il 5,4% da Qatar ed Egitto e lo 0,4% dalla Croazia ed altri
paesi7.
Come precedentemente affermato, la dipendenza dall’estero risulta essere ormai un dato
strutturale per il gas italiano. Ciò che tuttavia risulta interessante notare è la
compresenza di due fenomeni contrapposti che, negli ultimi anni, hanno caratterizzato il
settore degli idrocarburi nel nostro Paese. Da un lato, il progressivo declino della
produzione interna: scesa nel 2013 a circa 7,7 miliardi di metri cubi a fronte di consumi
totali per circa 70 miliardi, un dato che non veniva registrato dagli anni ’708. Dall’altro
lato, invece, ad essersi ridotto è il consumo generale di gas, che, all’interno dell’Unione
Europea, è sceso dello 0,2% nell’arco temporale compreso tra il 2000 e il 2013 e
2 Rubino M., Il consumo del gas in Italia: chi lo usa e da dove viene , in www.kataweb.it, 8 gennaio 2009. 3 FSRU Floating Storage Regassification Unit. Toscana, in http://www.oltoffshore.it/il-terminale/limpianto/ . Nel settembre 2014, con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, il rigassificatore OLT Offshore LNG Toscana è stato riconosciuto infrastruttura essenziale e indispensabile per la Sicurezza del Sistema Nazionale del Gas. 4 www.eunews.it 5 Fiorini A., Picchio G., Sileo A., Quanto dipendiamo dal gas russo?, in www.lavoce.info, 28 febbraio 2014. 6 http://www.eni.com/it_IT/azienda/cultura-energia/world-oil-gas-review/world-oil-gas-review-2014.shtml 7 Ibidem. 8 Fiorini A., Picchio G., Sileo A., Quanto dipendiamo dal gas russo?, op. cit.
5
dell’1,4% dal 2012 al 20139. Il trend è ancor più evidente in Italia dove, tra il 2012 e il
2013, si è verificato un calo pari al 6,5%10. Questi due fattori, andandosi a compensare,
lasciano di fatto essenzialmente inalterato il livello di dipendenza italiano dall’estero,
per ciò che riguarda la fornitura di gas naturale. Ciò che invece risulta essere oggetto di
cambiamento nel nostro Paese rispetto al recente passato, è la percentuale di
importazioni provenienti dalla Russia. A seguito del crollo della domanda nel 2008,
contestuale alla crisi economica mondiale, si era venuta a registrare una generale
contrazione dell’acquisto di idrocarburi in misura più o meno omogenea rispettivamente
ai diversi partner commerciali esteri. Tra il 2013 e il 2014, invece, i flussi provenienti
dall’ex-Unione sovietica hanno subito un’impennata andando a raggiungere e addirittura
a superare i livelli pre-crisi, grazie ad una politica di sconti sul prezzo che la società
Gazprom, leader nel mercato del gas russo, ha concesso all’italiana Eni, sfidando gli
altri competitors in una corsa al ribasso a cui molti, tra cui la società algerina Sonatrach,
hanno rifiutato di partecipare11. Tutto ciò ha portato a far sì che nel 2013 il gas russo
ricoprisse il 50% delle importazioni in Italia, cifra che ha raggiunto il 60% nel febbraio
del 201412.
In considerazione della Crisi della Crimea nel 2014 - che ha visto e tuttora vede
contrapporsi Russia e Ucraina nella contesa di alcuni territori di confine, con un
crescente livello di tensione instauratosi tra i paesi membri dell’Unione Europea e la
nazione guidata da Putin - questo elevato livello d’interdipendenza ha generato rilevanti
preoccupazioni in materia di sicurezza energetica. Il discorso esula da questioni
meramente nazionali e va ad inserirsi in un contesto geo-politico di ben più ampia
portata. La Federazione Russa è stata infatti per molti anni il principale esportatore di
petrolio, gas e carbone in Europa. Si stima che nel 2011 abbia fornito ai paesi
dell’Unione Europea il 30% del gas totale importato, il 35% di petrolio e il 27% di
carbone13. In base a recenti studi condotti da parte delle istituzioni di Bruxelles14,
nonostante si reputi che la Russia sia destinata a rimanere un partner chiave a livello
9 Cfr. http://www.eni.com/it_IT/azienda/cultura-energia/world-oil-gas-review/world-oil-gas-review-2014.shtml 10 Ibidem. 11 Astarita C., Gas e petrolio, l’Italia tra Russia e Maghreb, in «Panorama», 21 novembre 2014. 12 Fiorini A., Picchio G., Sileo A., Quanto dipendiamo dal gas russo?, op. cit. 13 De Micco P., Garces De Los Fayos F., Kerebel C., Ohliger T., Andres Figueroa S., EU and Russian policies on energy and climate change, in Policy Department, Directorate-General for External Policies and Directorate-General for Internal Policies, dicembre 2013. 14 Ibidem.
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energetico, alcuni fattori porterebbero a considerare la sua posizione in declino da qui ai
prossimi anni. Queste conclusioni sarebbero supportate da due rilevanti questioni,
innanzitutto il crescente ruolo che lo “shale gas” andrà ad occupare nello scenario
internazionale ed, in secondo luogo, il progressivo affermarsi di fonti di energia
alternative15.
Per quanto riguarda il primo dei due fattori, si ritiene che le dinamiche del mercato
mondiale del gas verranno alterate, se non rivoluzionate, dall’avvento dello “shale gas”,
ovvero del gas ottenuto tramite il procedimento del “fracking”16, particolare tipo di
estrazione che avviene tramite la frantumazione dell’argilla all’interno del quale
l’idrocarburo è “intrappolato”. Lo sfruttamento delle riserve di gas non convenzionale
ha in sé un potenziale di enorme portata. Attraverso questo procedimento alcune nazioni
potrebbero infatti ottenere l’indipendenza energetica, riducendo o eliminando del tutto le
importazioni di idrocarburi, o addirittura arrivando a diventarne esportatori netti17.
Questo scenario implicherebbe la graduale marginalizzazione geo-politica di alcuni
degli attuali produttori di gas naturale di tipo convenzionale, in primis la Russia che ne è
la principale esportatrice al mondo e che vedrebbe, inevitabilmente, compromesso il
proprio ruolo di supplier energetico dall’affacciarsi sul mercato di nuovi players. Tra
questi spiccano in particolar modo gli Stati Uniti, i quali, per merito della “Shale gas
revolution”, dovrebbero arrivare entro il 2020 a raggiungere una condizione di piena
indipendenza energetica18 e a diventare, anzi, esportatori di gas naturale liquefatto
(GNL).
Il secondo fattore indicato quale propulsore di una riduzione della dipendenza europea
dalla Russia è lo sforzo in cui l’Unione Europea si sta cimentando per la diversificazione
delle fonti di energia, con particolare riferimento alle fonti di energia rinnovabile19. Tale
scopo è stato specificatamente delineato da parte della Commissione Europea nel 2010,
attraverso l’approvazione del documento programmatico “Europa 2020”. Il piano
strategico si basa essenzialmente sul raggiungimento degli obiettivi “20-20-20”, che
15 De Micco P., Garces De Los Fayos F., Kerebel C., Ohliger T., Andres Figueroa S., EU and Russian policies on energy and climate change, op. cit. 16 Colantoni L., Le opzioni dell’Europa contro la dipendenza energetica dalla Russia , in «Limes», 15 settembre 2014. 17 Indeo F., Shale gas, la rivoluzione che non piace alla Russia, in «Limes», 22 ottobre 2013. 18 Ibidem. 19 De Micco P., Garces De Los Fayos F., Kerebel C., Ohliger T., Andres Figueroa S., EU and Russian policies on energy and climate change, op. cit.
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l’Unione Europea si propone di realizzare entro il 202020. Si prevede, in particolare, una
riduzione del 20% delle emissioni di gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990, un
aumento del 20% del consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili e un 20% di
miglioramento delle prestazioni energetiche21. Sebbene sia plausibile che nel lungo
termine tali condizioni si realizzino, risulta altrettanto vero che, quantomeno nel breve
termine, l’interdipendenza dell’Unione Europea nei confronti della Russia appare
destinata a rimanere quasi del tutto invariata. Tale affermazione può essere sostanziata
da una molteplicità di fattori. Innanzitutto le riserve di gas naturale di cui l’Unione
Europea dispone si stanno progressivamente esaurendo, con una percentuale di calo del
5.3% nel periodo compreso tra il 2000 e il 2013, mentre, nel medesimo arco temporale,
le riserve di cui la Russia può usufruire sono aumentate dell’1,7%22. Questo determina il
fatto che, per quanto il consumo di gas si possa contrarre, l’Unione Europea vedrà
costantemente la sua produzione interna ridursi, tanto da rimanere comunque
un’importatrice netta di idrocarburi. In secondo luogo, il diffondersi su scala globale
della tanto decantata “Shale gas revolution” appare improbabile nel breve termine per
via di una serie di incognite di tipo economico e tecnologico, nonché a causa del
problema rappresentato dal rischio d’inquinamento23. Il recente crollo del prezzo del
petrolio ha infatti generato la diminuzione di quelli del gas, tenuto conto che in gran
parte dei paesi del mondo questi ultimi sono indicizzati a quelli del petrolio24. Questo
fatto ha pesantemente alterato il bilanciamento di costi e benefici, mettendo in seria
discussione la possibilità di realizzare buona parte della capacità di esportazione di gas
naturale liquefatto (GNL).
Ulteriore ostacolo al diffondersi di questo innovativo metodo di estrazione degli
idrocarburi, è di carattere tecnologico per via dell’assenza di opportune infrastrutture. Le
importazioni di GNL richiedono infatti ampi investimenti in infrastrutture sia da parte
dell’esportatore che da parte dell’importatore25 ed, anche ammettendo che l’Unione
Europea sia disposta ad accettare il rischio e a scommettere sulla “Shale gas revolution”,
sono gli stessi Stati Uniti, potenzialmente i principali esportatori, ad essere indietro sulla
tabella di marcia, avendo finora all’attivo un’unica centrale per l’esportazione in Alaska,
20 Tomei C., UE: energia, tutte le sfide per l’Europa 2020, in www.Key4bitz.it, 3 febbraio 2015. 21 Ibidem. 22 http://www.eni.com/it_IT/azienda/cultura-energia/world-oil-gas-review/world-oil-gas-review-2014.shtml 23 Indeo F., Shale gas, la rivoluzione che non piace alla Russia, op. cit. 24 Maugeri L., Gas, il mondo (e l’America) dovrà attendere, in «Il Sole24Ore», 30 dicembre 2014. 25 Colantoni L., Le opzioni dell’Europa contro la dipendenza energetica dalla Russia , op.cit.
8
con una capacità massima di 1,12 miliardi di metri cubi ogni due anni26. Inoltre, un tema
ricorrente quando si parla di “Shale gas”, è quello legato alle problematiche ambientali,
con particolare riferimento all’inquinamento delle falde idriche dovuto alle attività di
“fracking” necessarie per l’estrazione e al rischio di terremoti, questioni che alimentano
l’opposizione dei movimenti ambientalisti nei confronti di questa opzione energetica27.
In aggiunta ai due fattori precedentemente esposti, un’ulteriore argomento che pare
confutare, almeno nel breve periodo, la previsione del perdurare di una dipendenza
energetica europea nei confronti della Russia è rappresentata dall’instabilità politica che
affligge il Nord-Africa. Posto che, ad oggi, la regione del Maghreb fornisce già il 15%
del totale delle importazioni di gas in Europa e che potrebbe potenzialmente
rappresentare un’ottima alternativa a livello strategico, rimane da chiedersi fino a che
punto paesi come Algeria e Libia possano essere considerati non solo in grado di
sostituire la Russia come partner energetici, ma anche paesi stabili e affidabili con cui
impostare una collaborazione di lungo periodo28. Entrando maggiormente nei dettagli,
l’Algeria rappresenta il paese dotato della seconda più grande riserva di gas naturale
dell’intero continente africano e nel 2013 ha provveduto ad esportare una quantità di gas
in Europa pari a 34,5 miliardi di metri cubi29. Questi numeri hanno reso il paese algerino
in assoluto il terzo fornitore di gas per l’Unione Europea, con una percentuale dell’11%
sul totale di importazioni per l’anno 2013, con Spagna, Italia e Francia quali principali
mercati di destinazione30. Nonostante, quindi, una proficua collaborazione già in attivo e
notevoli possibilità di espansione del volume d’esportazione, i frequenti attacchi portati
a segno da gruppi militari di ribelli nei confronti di oleodotti e gasdotti31, così come la
generale instabilità politica che caratterizza l’intero Paese, preclude la possibilità di
considerare l’Algeria quale solido partner commerciale. Analoghe considerazioni
possono essere applicabili anche alla Libia, la quale sebbene attualmente fornisca
attraverso il Greenstram Pipeline solamente meno del 2% dell’intero fabbisogno di gas
dell’Unione Europea32, potrebbe potenzialmente ricoprire un ruolo di ben maggiore
rilevanza e prestigio. Tuttavia, come in precedenza anticipato, gli avvenimenti politici
26 De Micco P., A cold winter to come? The EU seeks alternatives to Russian gas , in Policy
Department, Directorate-General for External Policies, ottobre 2014. 27 Indeo F., Shale gas, la rivoluzione che non piace alla Russia, op. cit. 28 Astarita C., Gas e petrolio, l’Italia tra Russia e Maghreb, op. cit. 29 De Micco P., A cold winter to come? The EU seeks alternatives to Russian gas , op. cit. 30 Ibidem. 31 Ibidem. 32 De Micco P., A cold winter to come? The EU seeks alternatives to Russian gas , op. cit.
9
che stanno oggigiorno sconvolgendo il Paese e la pesante presenza di una minaccia
terroristica impediscono al momento qualsiasi tipo di cooperazione e di investimento a
lungo termine.
Alle riflessioni di carattere politico Nicolò Sartori, responsabile di ricerca del
Programma Energia dell’Istituto Affari Internazionali (IAI) di Roma, aggiunge, poi, una
considerazione di carattere demografico, sottolineando come una serie di cambiamenti
in atto nella regione del Maghreb, tra cui il boom delle nascite, l’urbanizzazione, lo
sviluppo industriale e l’elettrificazione delle aree rurali, rischino di far esplodere la
domanda energetica interna al punto da giungere addirittura ad annullare la capacità di
esportazione d’idrocarburi dell’area nord-africana33.
Sebbene, quindi, siano in molti a sostenere che la Russia dipenda più dalle esportazioni
in Europa, che non l’Unione Europea dal gas russo, sembra evidente che quest’ultima,
almeno per il momento, sarà costretta a fare buon viso a cattivo gioco e a continuare la
propria collaborazione con questo scomodo ma fondamentale “alleato”.
1.2 – SOUTH STREAM, UNA PROMESSA MANCATA
Il primo dicembre del 2014, il Presidente russo Putin, nel corso dell’incontro tenutosi
con il Premier turco Recep Tayyip Erdogan, dichiarava di voler abbandonare la
realizzazione del gasdotto South Stream a causa dei troppi ostacoli posti da parte
dell’Unione Europea34. È questo un ambizioso progetto, annunciato nel 2007, che
prevederebbe la realizzazione di un gasdotto della lunghezza di 2.345 chilometri, di cui
900 offshore nel Mar Nero, per un costo complessivo di circa 46 miliardi di dollari35. Il
programma ipotizzava la realizzazione di un’infrastruttura con una capacità di
pompaggio molto elevata, pari a circa 63 miliardi di metri cubi di gas all’anno, che,
partendo dalla Russia, solcasse il Mar Nero per poi attraversare Bulgaria, Serbia,
Ungheria, Slovenia, Austria e Italia, per connettersi infine al cuore del network
energetico europeo36. A cofinanziare gli investimenti nel tratto offshore sarebbero state
33 Astarita C., Gas e petrolio, l’Italia tra Russia e Maghreb, op. cit. 34 Cuscito G., La Russia abbandona South Stream e punta sulla Turchia, in «Limes», 03 dicembre 2014. 35 Rizzi S., Russia-UE, la partita del gas, in «CE.S.I. Centro Studi Internazionali», 15 gennaio 2014. 36 Cuscito G., La Russia abbandona South Stream e punta sulla Turchia , op. cit.
10
l’italiana Eni, con una quota del 20%, la francese EDF, con il 15%, e la tedesca
Wintershall, sempre con un 15% di partecipazioni, mentre per le parti onshore si trattava
di jointventure tra Gazprom e le aziende energetiche di Stato dei singoli paesi di
transito37.
L’intento della Russia e di Gazprom, società leader del mercato energetico russo, era
semplice quanto chiaro: aggirare l’Ucraina. L’ex paese membro dell’Unione Sovietica
costituisce infatti uno snodo geo-economico di primaria importanza per le politiche
russe, rappresentando la porta di accesso principale e il naturale corridoio di
approvvigionamento energetico dell’Europa centrale al gas russo. Basti solamente
pensare che il 50% del gas russo diretto al Vecchio Continente passa attraverso i territori
controllati da Kiev38. Il progressivo inasprimento dei rapporti tra Russia e Ucraina,
culminato poi nella Crisi di Crimea del febbraio 2014, aveva spinto Putin a ritenere
opportuna la realizzazione - oltre ai già operativi Nord Stream e Blue Stream, situati
rispettivamente nel Mar Baltico e nel Mar Nero - di un terzo gasdotto che bypassasse
l’oramai ex-alleato, il South Stream per l’appunto.
A mettere i bastoni tra le ruote agli ambiziosi progetti del premier russo, che, se
realizzati, gli avrebbero consentito di lasciare l’Ucraina “al freddo” senza che questa
potesse chiudere, come contromossa, la principale via d’accesso russa al mercato
europeo, dando di fatto scacco matto al governo di Kiev in merito a qualsiasi disputa di
carattere territoriale, è intervenuta l’Unione Europea. In particolare, le istituzioni di
Bruxelles hanno chiesto ai paesi interessati dal passaggio del gasdotto South Stream di
rinegoziare i contratti stipulati con Gazprom riguardo la costruzione e la gestione della
condotta39. La direttiva, emanata dal Commissario all’Energia, Gunther Oettinger, trova
il suo fondamento nel cosiddetto “Terzo Pacchetto Energetico” del 200940: una serie di
direttive volte a liberalizzare il mercato energetico per favorire la concorrenza nel
settore. Nello specifico, la norma che, a parere della Commissione, risulta violata è
quella relativa all’”unbundling” (suddivisione di proprietà), la quale stabilisce che è
fatto divieto, ai fini del libero commercio, che sia un unico soggetto ad occuparsi sia
della produzione che della distribuzione del prodotto41. A complicare ulteriormente la
37 Ibidem. 38 Canali L., Gas russo per noi, in «Limes», 15 aprile 2014. 39 Rizzi S., Russia-UE, la partita del gas, op. cit. 40 Floros D., Tap e South Stream: i due pesi e le due misure dell’Europa , in «Limes», 26 giugno 2014. 41 Rizzi S., Russia-UE, la partita del gas, op. cit.
11
questione è l’indicazione di percentuali, ancora non stabilite, per l’ingresso di nuovi
partner, che possono essere derogate previa specifica richiesta delle parti in causa. A
tutto ciò va aggiunto il fatto che Gazprom ha già avviato i lavori di costruzione del
South Stream in Bulgaria e Serbia, i quali sono stati fortemente rallentati
dall’imposizione della rinegoziazione dei contratti, circostanza, questa, che ha generato
importanti danni economici sia per Gazprom che per i due paesi di transito.
La reazione di Putin all’ostruzionismo portato avanti dall’Unione Europea non si è fatta
attendere, in quella che, sempre più, assume i tratti non tanto di una nuova “guerra
fredda”, quanto piuttosto di un’inedita “guerra del freddo”42.
Ad Ankara, il primo dicembre 2014, Alexej Miller, Presidente del consiglio
d’amministrazione di Gazprom, e il suo omologo turco della Botas Petroleum Pipeline
Corporation, Mehmet Konuk, hanno dunque sottoscritto, dinanzi agli occhi attenti dei
rispettivi Premier, un memorandum di collaborazione per la costruzione di un gasdotto
sottomarino che passerà attraverso il Mar Nero fino alla Turchia43. «Vediamo che si
continuano a creare ostacoli. Se L’Europa non vuole la sua attuazione, allora il gasdotto
non sarà realizzato» – ha dichiarato Putin in merito al South Stream – «Invieremo i
flussi verso altre regioni del mondo, anche attraverso la promozione e l’accelerazione di
progetti relativi al gas naturale liquido. L’Europa non riceverà più lo stesso volume di
gas come in precedenza, almeno da parte della Russia. Crediamo che questo non sia
negli interessi economici dell’Europa ed è dannoso per una nostra futura cooperazione.
Ma tale è la scelta dei nostri amici europei».
Le minacce del Primo Ministro russo verrebbero quindi a concretizzarsi con la
realizzazione del cosiddetto Turk Stream44, opera che intende trasportare un quantitativo
pari a 63 miliardi di metri cubi di metano l’anno dalla Russia alla Turchia. Il progetto
prevede che solo il 20% di tale flusso sarà destinato ad un utilizzo interno al paese
anatolico, il restante sarà infatti smistato verso i Balcani45, trasformando così la Turchia
in un vero e proprio hub europeo del gas. Ankara rappresenta infatti, già ad oggi, il
secondo paese per importazioni di gas russo in Europa dopo la Germania e l’intesa con
Mosca rafforzerebbe ulteriormente il suo ruolo di snodo strategico, anche in virtù della
42 Miranda R., Non solo South Stream. Le altre vie del gas verso l’Europa , in www.formiche.net, 5 dicembre 2014. 43 Caruso R., South Stream addio, il gas di Putin va in Turchia, in «Limes», 3 dicembre 2014. 44 Rossi E., La Turchia diventerà un mega hub energetico, in www.formiche.net, 29 dicembre 2014. 45 Cuscito G., La Russia abbandona South Stream e punta sulla Turchia , op. cit.
12
clausola presente nel nuovo accordo, per cui riceverà uno sconto del 6% sul gas e
volumi supplementari attraverso il Blue Stream46. Sebbene questa ipotesi preoccupi
fortemente Jean-Claude Junker, Presidente della Commissione europea, negli ambienti
di Bruxelles si ritiene che, come confermato da Pasquale De Micco, funzionario del
Dipartimento Politiche Esterne dell’UE con delega ai rapporti energetici, nel corso della
gentile intervista concessa, la mossa di Putin possa rappresentare un bluff per
costringere le istituzioni europee a concedere il placet per la realizzazione del South
Stream. Questa tesi verrebbe ad essere avvalorata dal grave rischio di recessione e, più
in generale, di destabilizzazione politica in cui la Russia si è trovata nei mesi a cavallo
tra il 2014 e il 2015.
La “malattia” che affligge il grande “orso russo” e che ne rende quindi meno minacciose
le sue intimidazioni sarebbe principalmente originata dalla combinazione di due fattori
connessi: il crollo del valore del rublo e del prezzo del petrolio. Durante il 2014, infatti,
la moneta russa si è svalutata di più del 50%, con il valore di un dollaro statunitense che
è passato da essere apprezzato a 32,66 rubli nel gennaio 2014, per poi raggiungere la
quota di 66 rubli appena undici mesi dopo47. Una tale svalutazione ha creato il panico
nella popolazione che si è ritrovata riunita in code di sovietica memoria nei grandi centri
commerciali per spendere in beni di prima necessità il maggior numero di rubli
possibile, nel timore che questi potessero perdere ulteriormente valore48. A causa della
situazione, grandi marchi internazionali, tra cui Apple, hanno sospeso le vendite online
dei propri prodotti, poiché la forte instabilità della moneta rendeva impossibile ai
rivenditori dei beni importati la fissazione di un prezzo adeguato49. In aggiunta, lo
scorso novembre il Ministero dell’Economia russo ha annunciato, per la prima volta in
cinque anni, una flessione del PIL dello 0,5% rispetto allo steso mese dell’anno
precedente50. La situazione, ora parzialmente ristabilitasi grazie alla vendita sul mercato
di grossi quantitativi di valuta estera da parte del Ministero delle finanze russo per
favorire il riapprezzamento del rublo51, è stata il prodotto non solamente delle sanzioni
economiche europee e statunitensi e del rallentamento degli investimenti esteri,
46 Caruso R., South Stream addio, il gas di Putin va in Turchia, op. cit. 47 Pierri M., Perché la crisi del rublo può far collassare la Russia (e Putin) , in www.formiche.net, 17 dicembre 2014. 48 www.ansa.it 49 www.primaonline.it 50 Sorrentino R., Pil russo in negativo, il rublo torna a scendere, in «Il Sole24Ore», 30 dicembre 2014. 51 www.ansa.it
13
scoraggiati dal ruolo di Mosca nella crisi ucraina, ma soprattutto del calo del prezzo del
petrolio e della contestuale strategia intrapresa dall’Arabia Saudita.
Nonostante infatti un crollo vertiginoso del valore di vendita al barile, attestatosi a
gennaio 2015 al di sotto dei 50 dollari, con una valutazione quindi del meno 55%
rispetto a giugno dell’anno precedente52, il Governo di Riyadh ha deciso di lasciare
invariata la sua produzione di 30 milioni di barili di greggio al giorno53. La mossa del
maggior produttore dell’Opec di non intervenire contro il surplus produttivo,
abbassando anzi anche i prezzi al consumo in Europa, aveva l’obiettivo di difendere la
propria leadership all’interno del mercato, andando a ridimensionare i produttori
concorrenti, tra cui Stati Uniti, Iran e la Russia stessa54.
Se dunque può esser valido il ragionamento effettuato nelle stanze del Parlamento
Europeo secondo cui il blocco del progetto South Stream sarebbe solamente un bluff di
Putin, in considerazione degli investimenti già realizzati e dell’impossibilità di
rinunciare ai profitti che il gasdotto genererà data la precaria situazione economica in
cui il paese versa, può essere vero anche il contrario.
L’ambizioso progetto energetico russo sta infatti diventando, sotto alcuni punti di vista,
un onere e, secondo recenti stime, i costi previsti da Gazprom per realizzare il gasdotto
South Stream sono aumentati del 45% rispetto alle stime iniziali55. Inoltre, al di là della
possibilità di deviare la rotta del proprio gas, creando così lo storage turco
precedentemente illustrato, Putin dispone di un ulteriore asso nella manica rappresentato
dall’immenso mercato cinese ad Est, dove la domanda di gas risulta essere in costante
aumento. Non è un caso forse il fatto che, dopo dieci anni di negoziati e contrattazioni,
l’azienda energetica russa Gazprom e l’omologa cinese China National Petroleum
Corporation (Cnpc) abbiano siglato a metà 2014 un accordo sulle forniture di gas per un
valore complessivo di 400 miliardi di dollari56. Lo storico accordo, come sottolineato
dall’Amministratore Delegato di Gazprom, Miller, prevede la fornitura trentennale di 38
miliardi di metri cubi all’anno57 che, a partire dal 2018, collegheranno i giacimenti della
52 Pierri M., Tutte le mosse dell’Arabia Saudita nel risiko mediorientale, in www.formiche.net, 8 gennaio 2015. 53 Bellomo S., “Arabia Saudita pronta ad estrarre ancora più petrolio” , in «Il Sole24Ore», 23 dicembre 2014. 54 Pierri M., Tutte le mosse dell’Arabia Saudita nel risiko mediorientale, op. cit. 55 Cuscito G., La Russia abbandona South Stream e punta sulla Turchia , op. cit. 56 Cuscito G., Russia e Cina, accordo sul gas e rivalità strategiche , in «Limes», 23 maggio 2014. 57 Russia e Cina firmano l’accordo sul gas, fornitura da 456 miliardi per trent’anni, in «La Stampa», 21 maggio 2014.
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Siberia occidentale a Pechino58. Questa mossa ha consentito alla Russia di poter
dimostrare di saper resistere alle sanzioni economiche Occidentali e di dare sostanza alle
proprie minacce di «chiudere i rubinetti ad ovest» per poter volgere i propri gasdotti e i
propri interessi economici verso nuovi mercati. Tuttavia questa soluzione risulta essere
avversa all’Unione Europea quasi quanto allo stesso Putin. Il riavvicinamento tra
Pechino e Mosca è infatti frutto delle contingenze e lo stesso Primo Ministro è ben
conscio che un’eccessiva dipendenza dalla Cina potrebbe, nel lungo periodo, rivelarsi
mortale per la politica e le ambizioni russe. Il Cremlino dispone da sempre di vocazioni
imperialistiche ed un’alleanza troppo stretta con il colosso cinese rischierebbe invece di
trasformare la Russia in una “potenza regionale”, così come è stata recentemente
definita dal Presidente degli Stati Uniti Barack Obama59. A ciò si aggiungono
valutazioni prettamente economiche, in considerazione del fatto che, dato il forte potere
negoziale cinese, Putin ha dovuto cedere sul prezzo, siglando un accordo che consente a
Pechino il pagamento di circa 350 dollari per mille metri cubi, contro i 480 dollari
versati dal Governo di Kiev60.
E’ in questo complesso gioco di tatticismi ed influenze che si inserisce il Trans-Adriatic
Pipeline, relativamente piccola quanto cruciale pedina all’interno di uno scacchiere di
proporzioni intercontinentali.
1.3 - TRANS-ADRIATIC PIPELINE
Il Trans-Adriatic Pipeline, o più semplicemente TAP, è il progetto di un gasdotto che
intende portare il gas azero dal Mar Caspio all’Italia, fornendo così l’Europa di una
nuova prospettiva nella diversificazione delle fonti e nella sicurezza degli
approvvigionamenti energetici.
Secondo quanto stabilito, il tracciato partirà da Kipoi, cittadina greca al confine con la
Turchia, per poi approdare, dopo un tragitto di circa 870 chilometri, a San Foca, in
Provincia di Lecce61, dove poi si collegherà alla rete nazionale gestita da Snam ReteGas.
Prima di giungere sulle coste del Salento il TAP dovrà percorrere 545 chilometri in
58 Cuscito G., Russia e Cina, accordo sul gas e rivalità strategiche , op. cit. 59 Ibidem. 60 Russia e Cina firmano l’accordo sul gas, fornitura da 456 miliardi per trent’anni , op. cit. 61 Maiucci E., Tap, i numeri e i vantaggi per l’Italia (anche in bolletta) , in www.formiche.net, 1 luglio 2013.
15
Grecia, 211 chilometri in Albania, 105 chilometri nell’Adriatico, toccando la massima
altitudine a 1800 metri tra le montagne dell’Albania e la massima profondità a 820 metri
sotto il livello del mare62. Le tubazioni misurano 90 centimetri e verranno interrate ad
una profondità minima di 1,5 metri63, con una portata pari a 10 miliardi di metri cubi di
gas, espandibili fino a 20 miliardi64. La sua fase di costruzione dovrebbe essere
compresa tra il 2016 e il 2019, mentre la sua operatività è prevista per un arco temporale
di cinquant’anni, dal 2019 al 206865.
Figura 1. Tracciato TAP
Le quote di partecipazione alla costruzione del gasdotto sono ripartite tra la società
inglese British Petroleum (20%), l’azera Socar (20%), la norvegese Statoil (20%) ed
altri azionisti di minoranza quali la belga Fluxis (19%), la spagnola Enagàs (16%) e la
svizzera Axpo (5%)66. Il progetto, sostenuto da soli investitori privati, senza nessun
finanziamento pubblico, si presenta come il collegamento mancante tra i giacimenti di
gas del Mar Caspio e l’Europa Meridionale. L’infrastruttura, infatti, dovrà collegarsi,
62 www.tap-ag.it 63 Tetro T., Gasdotto Tap: numeri, ambizioni, benefici e polemiche , in www.formiche.net, 29 maggio 2013. 64 Ibidem. 65 www.tap-ag.it 66 Ibidem.
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nella zona di confine tra Grecia e Turchia, al TANAP, il Trans Anatolian Pipeline,
gasdotto che attraversa l’intera Turchia da est ad ovest per farsi tramite ed anello di
congiunzione con il giacimento di Shah Denz II, nelle acque azere del Mar Caspio. Ecco
allora che si verrebbe a realizzare il tanto ambìto Corridoio Meridionale del Gas (SCP),
infrastruttura strategica che la Commissione Europea ha definito d’interesse
prioritario67. Attraversando sette paesi, per un totale di 4000 chilometri di gasdotto68,
questo progetto rappresenta una delle filiere del gas più complesse al mondo che
consentirebbe all’Unione Europea di avviare rapporti commerciali con un nuovo paese,
l’Azerbaijan, diversificando le proprie fonti d’approvvigionamento ed aumentando la
concorrenza all’interno del mercato del gas.
La scelta del TAP quale ultimo tratto del Corridoio Meridionale del Gas è arrivata
soltanto nel giugno del 201369, a seguito di un lungo processo di valutazione che ha
subito radicali stravolgimenti.
Il progetto iniziale e più ambizioso prevedeva, infatti, la realizzazione del gasdotto
Nabucco, che avrebbe dovuto percorrere un tratto di circa 1300 chilometri per portare
nel cuore d’Europa 31 miliardi di metri cubi di gas provenienti dal Turkmenistan,
Uzbekistan, Azerbaijan, Kazakistan, Iraq, Iran ed Egitto70. L’infrastruttura vera e
propria avrebbe invece attraversato Turchia, Bulgaria, Romania e Ungheria e disponeva
dell’avallo da parte dell’Unione Europea, la quale aveva disposto un investimento pari a
250 milioni di euro per sostenerne la realizzazione71. Tuttavia, come anticipato, il
consorzio di Shah Deniz (gestito dalla British Petroleum e da Statoil con quote del
25,5% ciascuna, insieme a Socar, Total, Lukoil, Nioc, ognuna di esse con una
partecipazione al 10%, e Tpao al 9%72) ha deciso nel 2013 di invertire la rotta,
propendendo per la realizzazione del più economico TAP. Ad averne favorito
l’approvazione, come specificato dal Presidente della British Petroleum in Azerbaijan,
Al Cook, non sono stati solamente il ridotto costo per la realizzazione, ma anche «fattori
67 Lombardi E., Gas, la sfida del TAP, in «Il caffè geopolitico», 30 settembre 2014. 68 www.tap-ag.it 69 Miykova A. Bulgaria: la lunga battaglia tra Nabucco e South Stream, in «CE.S.I. Centro Studi
Internazionali», 8 aprile 2014. 70 Miranda R., Non solo South Stream. Le altre vie del gas verso l’Europa, in www.formiche.net, 5 dicembre 2014. 71 De Micco P., The EU’s energy security made urgent by the Crimean crisis , in Policy Department of Directorate-General for External Policies of the Union, aprile 2014. 72 Maiucci E., Tap, i numeri e i vantaggi per l’Italia (anche in bolletta) , op. cit.
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commerciali, inclusi i costi per portare il gas al mercato e i prezzi»73, inteso nel senso
che, far passare il gasdotto attraverso Grecia e Italia, dove i prezzi del gas sono
maggiori, risulta più conveniente rispetto alla rotta balcanica, ipotizzato teatro del
Nabucco.
Alcune delle principali critiche rivolte al TAP riguardano la sua ridotta portata, che
impedirebbe di trasformare l’Italia nell’hub europeo che i sostenitori del progetto
immaginano e promuovono. Bisogna in effetti concordare sul fatto che i 10 miliardi di
metri cubi che il gasdotto fornirà alla penisola italiana, seppur espandibili a 20 miliardi,
rimangono poca cosa rispetto alla promessa di 63 miliardi di metri cubi che il South
Stream avrebbe dovuto fornire all’Europa. Nonostante questo possa essere ritenuto un
dato di fatto, l’Unione Europea continua a vedere la realizzazione del TAP ed, attraverso
di esso, del Corridoio Meridionale del Gas, elemento cruciale e di primaria importanza
nell’ottica di una sempre minore sudditanza energetica ed dipendenza nei confronti della
Russia e come primo passo verso l’importazione di gas naturale non soltanto
dall’Azerbaijan ma dall’intera regione del Caspio, attraverso un corridoio diretto che
finalmente colleghi direttamente l’Europa all’Asia Centrale e a paesi quali l’Iran ed il
Turkmenistan74.
73 Ibidem. 74 De Micco P., The EU’s energy security made urgent by the Crimean crisis , op. cit.
18
CAPITOLO 2
2.1 – LA POLITICA NAZIONALE E IL TAP
Il 14 luglio del 2014, il Presidente della Repubblica dell’Azeirbaijan Ilham Aliyev, a
distanza di sei anni dalla sua ultima visita in Italia, si è recato a Roma per discutere della
realizzazione del Trans-Adriatic Pipeline. Sebbene non sia stato esplicitamente
annunciato, lo scopo centrale dell’incontro che ha visto coinvolti, oltre al Premier
Azero, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e l’allora Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano, è stato proprio la costruzione del gasdotto che dovrà trasportare il
gas del Mar Caspio sino alle coste italiane75. La ragione che ha spinto il Presidente
Aliyev a recarsi personalmente in Italia è il fatto che, se da un lato l’Azerbaijan
rappresenta un partner strategico di fondamentale importanza per l’intero continente
europeo, come approfondito nel precedente capitolo, la conclusione di accordi con
l’Unione Europea rappresenta un’esigenza anche per il paese caucasico. Per il governo
di Baku infatti la realizzazione del TAP rappresenterebbe una garanzia di esportazioni
costanti di idrocarburi negli anni a venire, in un mercato energetico sempre più
competitivo e frammentato76. L’Azeirbaijan, uno degli stati più estesi e ricchi di risorse
energetiche dell’intera area caspico-caucasica, si trova di fronte alla necessità di
incrementare il proprio livello di sicurezza dell’export energetico, nel tentativo di
risollevare un livello del PIL che, anche a causa del calo delle estrazioni del petrolio, ha
visto rallentare fortemente la propria crescita. L’economia azera, che tra il 2005 e il
2007 è stata quella caratterizzata dai più alti ritmi di crescita in tutto il mondo77, anche
per merito della messa in funzione della pipeline Baku-Tbilisi-Ceyhan, si trova ora
costretta a cercare nuovi sbocchi e a stringere nuovi accordi internazionali per sostenere
il proprio sviluppo. E’ proprio questo il motivo per cui, sebbene già ad oggi l’Italia
rappresenti uno dei primi partner commerciali dell’Azeirbaijan, con un volume di
scambi bilaterale di oltre sette miliardi di euro78, il Presidente Aliyev è intenzionato a
rafforzare questo legame. Intorno alla questione TAP ruotano, inoltre, una lunga serie di
75 Sartori N., Mikhelidze N., Tap, chiave di volta tra Roma e Baku, in «Affari Internazionali», 13 luglio 2014. 76 Tolfa A., Niente di nuovo sotto il sole azero , in «Ce.S.I. Centro Studi Internazionali», 25 novembre 2014. 77 Tolfa A., Niente di nuovo sotto il sole azero, op. cit. 78 Sartori N., Mikhelidze N., Tap, chiave di volta tra Roma e Baku, op. cit.
19
investimenti che Baku si è dichiarata disposta a portare a termine nel caso in cui il
progetto del gasdotto andasse a buon fine e che ricoprono una vasta gamma di settori:
edilizia, infrastrutture, ingegneria meccanica, tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, ricerca spaziale, agricoltura, industria alimentare e turismo79. In questo
senso può essere affermato che ad essere legati a doppio filo al destino del TAP vi sono
i futuri rapporti economici, e non solo, tra i due paesi in questione.
Data l’enorme posta in gioco, si parla di una cifra complessiva superiore ai 40 miliardi
di euro, già Silvio Berlusconi nel lontano 2009 e, successivamente, Mario Monti, si
erano espressi favorevolmente in merito alla realizzazione dell’infrastruttura80.
Medesime posizioni assunse il loro successore, il Presidente del Consiglio Enrico Letta,
che, nell’agosto del 2013 si recò personalmente a Baku per ringraziare e benedire la
decisione presa dal Presidente Aliyev di convogliare il gas estratto dal giacimento di
Shah Deniz verso l’Italia attraverso il TAP81. Non da meno è stato l’attuale Premier
Matteo Renzi che il 20 settembre del 2014, dopo aver ricevuto l’approvazione ufficiale
da parte del Ministero dell’Ambiente, ha compiuto anche lui un viaggio in Azerbaijan al
fine di rassicurare il presidente azero relativamente allo stato di avanzamento dell’iter di
approvazione del gasdotto TAP82.
Questa sorta di “continuità” manifestata dai diversi governi succedutisi alla guida del
paese, anche appartenenti a schieramenti politici di opposto colore, è riconducibile ad
una politica energetica italiana che, già a partire dal 2006, ha cominciato ad orientarsi
decisamente verso il gas naturale, individuando tra i suoi obiettivi prioritari la riduzione
della dipendenza energetica dall'estero, la diversificazione delle fonti di
approvvigionamento e il potenziamento delle infrastrutture.
Tale orientamento ha trovato ulteriore conferma nel 2013 all’interno del documento di
Strategia Energetica Nazionale83, nel quale veniva ribadito il ruolo chiave del gas e, al
79 Sartori N., Mikhelidze N., Tap, chiave di volta tra Roma e Baku, op. cit. 80 Fittipaldi E. – Saraceno C., Cos’è la Tap, il mega gasdotto che tanto piaceva all’amico di
D’Alema, in «L’Espresso», 29 novembre 2013. 81 Pierri M., Chi gongola all’estero per i nefasti ritardi italiani su Tap , in www.formiche.net, 09 luglio 2014. 82 Mastrogiovanni M. L., Tap. Renzi alla corte di Baku. A San Foca “no” al tubo, “sì” alla Bellezza, in «Il Tacco d’Italia», 20 settembre 2014. 83 La “Strategia energetica nazionale” era stata introdotta nell’ordinamento nel 2008, quale strumento di indirizzo e programmazione della politica energetica nazionale fino al 2020. Il «decreto legge 34/2011 ha dettato una nuova formulazione che manteneva l’istituto della “Strategia energetica” senza però riferimento al nucleare; anche questa nuova formulazione è stata tuttavia abrogata dal referendum del 12 e 13 giugno 2011. (…) In assenza di una norma
20
fine di migliorare la competitività italiana e facilitare la ripresa di una crescita
sostenibile, venivano indicati tre nodi cruciali da risolvere: «prezzi dell’energia per
imprese e famiglie superiori rispetto a quelli degli altri Paesi Europei»; «sicurezza di
approvvigionamento non ottimale nei momenti di punta, in particolare per il gas, ed
elevata dipendenza da fonti fossili di importazione»; «alcuni operatori del settore in
difficoltà economico-finanziarie»84. Nel rispetto di scelte di sostenibilità ambientale,
venivano dunque elencati quattro obiettivi principali: «ridurre significativamente il gap
di costo dell’energia per i consumatori e le imprese»; «raggiungere e superare gli
obiettivi ambientali e di decarbonizzazione definiti dal Pacchetto Europeo Clima–
Energia 2020 (cosiddetto “20-20-20”)»; «continuare a migliorare la nostra sicurezza di
approvvigionamento, soprattutto nel settore gas, e ridurre la dipendenza dall’estero»;
«favorire la crescita economica sostenibile attraverso lo sviluppo del settore
energetico»85. Tra le priorità, nel citato documento, si auspicava la creazione di un
competitivo mercato interno del gas, concorrenziale e integrato con altri paesi europei.
Prevedendo per i prossimi venti anni un aumento significativo a livello europeo delle
importazioni di gas, il testo del Ministero dello Sviluppo Economico poneva
decisamente la candidatura dell’Italia a hub sub-europeo, ovvero a «importante crocevia
per l’ingresso di gas dal sud verso l’Europa»86. In considerazione delle ingenti riserve di
gas e petrolio, il Governo riteneva inoltre opportuno far leva su queste risorse, che
avrebbero avuto ricadute positive in termini occupazionali e di crescita economica,
tenendo però nella massima considerazione il potenziale impatto ambientale87. Motivo
espressa che disciplini il procedimento di adozione della SEN, il Governo ha utilizzato lo strumento del decreto interministeriale, previa consultazione pubblica. Il documento è infatti frutto di un processo di consultazione avviato a metà ottobre 2012 (…) e proseguito con il confronto con le istituzioni, le associazioni di categoria, le parti sociali e sindacali, le associazioni ambientaliste e dei consumatori, enti di ricerca e centri studi». Dopo gli aggiornamenti frutto di varie osservazioni, la SEN è stata approvata con decreto interministeriale del Ministero dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente in data 8 marzo 2013 (Fonte: http://www.camera.it/leg17/browse/465?tema=strategia_energetica) 84 Strategia Energetica Nazionale: per un’energia più competitiva e sostenibile , in www.sviluppoeconomico.gov.it, maggio 2013, p.2.
85 Ivi, pp. 2-3. 86 Ivi, p. 3. L’aumento delle importazioni europee di gas da qui al 2035, secondo la valutazione del SEN, sarebbe dovuto a più fattori: riduzione della produzione, causata dall’esaurirsi dei giacimenti nel Mare del Nord e nel resto d’Europa; incremento della domanda, dovuto ad una graduale sostituzione del carbone e del nucleare. 87 Sul tema specifico dell’impatto ambientale, interviene poi anche il Fondo Monetario Internazionale che nel luglio del 2014 pubblica un documento in cui rileva la preoccupante crescita dei costi per l’impatto ambientale e climatico (esternalità). Ritenendoli ormai insostenibili, sollecita i Governi europei ad adottare politiche fiscali che rendano più costosa
21
per cui non si riteneva opportuno «perseguire lo sviluppo di progetti in aree sensibili in
mare o terraferma, ed in particolare quelli di shale gas»88. Nel quadro di tale indirizzo di
politica energetica nazionale, si riteneva essenziale lo sviluppo di nuovi impianti di
stoccaggio e rigassificazione, la cui presenza nel corso degli anni si è cercato di
incrementare, senza tuttavia ottenere successo89.
In linea con le considerazioni previsionali del SEN, nell’ottobre del 2014 la X
Commissione Permanente Attività produttive, Commercio e Turismo della Camera dei
Deputati ha approvato un documento90 da sottoporre al Parlamento, contenente
un’indagine conoscitiva sulla strategia nazionale in campo energetico, con particolare
riguardo all’«adeguatezza e eventuali necessità di aggiornamento del quadro normativo
nazionale anche in prospettiva dell’effettiva realizzazione del mercato unico europeo»91.
Nel documento sono contenuti anche i testi delle audizioni effettuate tra il settembre del
2013 e il marzo 2014; è in questo lasso di tempo che i membri della Commissione hanno
provveduto ad ascoltare sull’argomento le principali parti in causa, con particolare
riferimento ad associazioni, comitati, sindacati, imprese ed istituzioni varie. In un ampio
preambolo, il testo dell’Indagine ricorda come la politica energetica comune si basi
sull’articolo 194 del “Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea” (2012), ove tra
l’altro si ribadisce l’importanza di completare il mercato interno, sollecitando
«l’attuazione in tutti gli Stati membri dell’UE delle norme europee di riferimento per i
mercati dell’energia elettrica e del gas naturale, e per le reti energetiche transfrontaliere.
Tali norme di riferimento sono contenute nel cosiddetto “Terzo Pacchetto Energia”, che
comprende due direttive (la direttiva 2009/72/CE sul mercato interno dell’energia
elettrica e la 2009/73/CE, sul mercato interno del gas), e tre regolamenti (il regolamento
n. 713/2009, che istituisce un’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali
l’energia prodotta da combustibili fossili, in modo da incoraggiare lo sviluppo di altre fonti di approvvigionamento energetico. (31 luglio 2014 http://www.imf.org/external/pubs/ft/survey/so/2014/POL073114A.htm). A distanza di qualche mese sull’argomento si esprime anche la DG Energia della Comunità Europea che pubblica un rapporto analitico sulle esternalità delle varie fonti energetiche (http://ec.europa.eu/energy/studies/doc/20141013_subsidies_costs_eu_energy.pdf). 88 Ivi, p. 4. 89 Cordasco G., Emergenza gas, la soluzione si chiama “rigassificatori”: ecco i progetti in campo, in http://archivio.panorama.it/economia/Emergenza-gas-la-soluzione-si-chiama-rigassificatori-ecco-i-progetti-in-campo, 2013. 90 Camera dei Deputati, Indagine conoscitiva sulla strategia energetica nazionale e sulle principali problematiche in materia di energia. Documento conclusivo. Allegato 2, X Commissione Permanente Attività produttive, Commercio e Turismo, Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari, n. 319, 21 ottobre 2014, pp. 118-193. 91 Ivi. p. 119.
22
dell’energia, e i regolamenti n. 714/2009 e n. 715/2009 in materia di accesso alle
infrastrutture di trasmissione e trasporto dell’energia elettrica e del gas)»92.
È in questo contesto che si inserisce il Decreto-legge n. 133/2014 recante “Misure
urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la
digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto
idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”, meglio noto come lo “Sblocca
Italia”.
All’interno di tale Decreto, approvato il 5 novembre 2014, il Governo – oltre a facilitare
le attività di estrazione di petrolio e gas sul territorio nazionale93 - si è espresso a favore
della creazione di grandi infrastrutture per permettere il transito e l’accumulo di gas
proveniente dall’estero94. Nonostante nel documento non vi sia alcun riferimento
esplicito al TAP, questa legge, il cui nome non rappresenta una scelta casuale bensì
simbolica, mostra in modo evidente la posizione assunta da parte del Governo in favore
della realizzazione di opere pubbliche ed infrastrutture strategiche, all’interno delle quali
il gasdotto può essere sicuramente annoverato.
Prima ancora che il decreto “Sblocca Italia” venisse approvato in Senato e fosse perciò
trasformato in legge, la ferma e risoluta intenzione del Premier Renzi di procedere con
l’attuazione del progetto TAP era apparsa esplicita già nel corso del settembre 2014.
Il 29 agosto 2014 infatti la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale
VIA/VAS del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, a seguito
di un’articolata istruttoria tecnica - nel corso della quale erano stati esaminati gli aspetti
connessi alla realizzazione dell’opera e approfondite le criticità evidenziate dalla
Regione Puglia, nonché le numerose osservazioni pervenute da parte di soggetti pubblici
e privati - aveva espresso parere favorevole in merito alla realizzazione del gasdotto
TAP95. Ai fini del rilascio della VIA risultava tuttavia necessaria l’espressione del
Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, secondo la dicitura prevista
dalla legge, per cui la procedura di autorizzazione viene rilasciata «di concerto con il
92 Ivi, p. 120. 93 Cfr. http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/cartografia/tavole/titoli/titoli.pdf. 94 Cfr. All’interno del decreto ‘Sblocca Italia’ gli art. 36 e 38 sono espressamente dedicati al
tema dell’energia, v. http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/44921.htm. 95 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Progetto proposto dalla Società Trans Adriatic Pipeline AG Italia, denominato “Trans Adriatic Pipeline – Gasdotto Albania-Italia”, Delibera 10 settembre 2014, ai sensi dell’art.5, comma2, lettera c-bis della legge n.400 del 1988.
23
Ministero dei Beni ambientali»96. Tuttavia, in data 9 settembre, il Ministero dei Beni
culturali ha espresso, a sorpresa, parere negativo sulla questione di compatibilità
ambientale del progetto, dichiarando che l’opera andrebbe a deturpare un territorio,
quello del Salento, vincolato paesaggisticamente e «particolarmente pregevole e
altamente significativo per stato di integrità, valore testimoniale e profondità storica»97.
La notizia era stata accolta con particolare favore soprattutto in Puglia dove, il
Presidente della Regione Nichi Vendola, aveva commentato la notizia tramite Twitter,
affermando che «Su Tap ha ragione la Regione: Melendugno è una scelta sbagliata, ora
lo dice anche il Ministero dei Beni culturali»98. Alle sue parole avevano fatto eco quelle
dell’Assessore regionale all’Ambiente, Lorenzo Nicastro, che aveva dichiarato:
«Leggendo il parere del Ministero dei Beni Culturali non si può far a meno di notare
come siano evidenziate le medesime perplessità tecniche rilevate dal Comitato Via
Regionale. Rispetto alla connessione alla rete nazionale e all’impatto che questa parte
dell’opera avrebbe sul territorio, alla necessità di mitigarne gli impatti significativi
anche in considerazione della prossimità di aree vincolate»99. Risulta interessante notare
come, alcune delle principali perplessità che hanno condotto il Ministero dei Beni
culturali ad esprimersi contrariamente al progetto, siano le medesime avanzate dal
Ministero dell’ambiente, il quale tuttavia le supera proponendo una serie di prescrizioni
ad hoc100. Il nodo principale che ha portato i due ministeri ad esprimersi in modo
antitetico risulta invece laddove il MIBACT ha contestato alla società TAP-AG di non
aver «minimamente considerato l’impatto generato dalla realizzazione del metanodotto
sugli elementi di valore paesaggistico dell’area»101 e biasimando, in particolar modo, la
scelta della spiaggia di San Foca quale approdo finale dell’infrastruttura. D’altro canto,
la Commissione di valutazione del Ministero dell’ambiente, dopo aver esaminato
dettagliatamente i possibili percorsi alternativi, è invece giunta all’opposta conclusione,
cioè che il comune di Melendugno rappresenti il sito a minor rischio d’impatto
96 Tap, più vicina la fine iter autorizzativo. Renzi: Pronti a rispettare chi dice no ma non
può dire stop”, in www.controlitaliadeino.it, 29 luglio 2014. 97 Spagnolo C., Gasdotto Tap, il governo tira dritto dopo il no del Mibac. Galletti firma: “C’è compatibilità ambientale”, in «La Repubblica», 12 settembre 2014. 98 Spagnolo C., Gasdotto Tap, il governo tira dritto dopo il no del Mibac. Galletti firma: “C’è compatibilità ambientale”, op. cit. 99 Ibidem. 100 Tap, più vicina la fine iter autorizzativo. Renzi: “Pronti a rispettare chi dice no ma non può dire stop”, op. cit. 101 Ibidem.
24
ambientale102. A prescindere dalle specifiche ragioni che hanno portato i due ministeri
ad opposte conclusioni, di fatto il parere negativo del MIBACT appariva un ostacolo che
avrebbe fortemente rallentato, se non bloccato, l’iter autorizzativo del gasdotto. A
dirimere tempestivamente la questione è stato invece il Consiglio dei Ministri che,
riunitosi il 10 settembre, appena due giorni dopo il parere espresso dal Ministero dei
Beni culturali, ha approvato una delibera in cui «tenuto conto del carattere d’interesse
strategico dell’opera in argomento, quale più ampio progetto per il trasporto del gas
naturale attraverso il ‘Corridoio Meridionale del Gas’ dalla Regione del Mar Caspio
all’Europa occidentale e sudorientale» dichiarava «di far propria la posizione del
Ministero dell’Ambiente»103. Tale delibera ha consentito di fatto al dicastero
dell’Ambiente di licenziare il decreto, bypassando letteralmente l’opposizione della
Direzione generale dei Beni culturali ed autorizzando ufficialmente il Ministro Gian
Luca Galletti a firmare il decreto di compatibilità ambientale del gasdotto TAP104. «Non
è pensabile che si blocchi un’opera pubblica che parte dall’Azeirbaijan, e cioè il
gasdotto TAP»105 ha perentoriamente dichiarato il Presidente del Consiglio Renzi, salvo
poi aggiungere: «Noi siamo pronti a rispettare chi dice ‘no’, ma chi dice ‘no’ non può
dire ‘stop’»106. Se infatti il Premier si è dimostrato irremovibile in merito alla
realizzazione dell’opera, non lo è stato altrettanto per quanto riguarda l’approdo finale
che questa avrà, lanciando la palla, sotto questo punto di vista, ai sindaci salentini. Il 13
settembre 2014 infatti, recatosi alla Fiera del Levante a Bari, ha invitato gli stessi
“sindaci anti-TAP”, le cui posizioni saranno approfondite nel corso del prossimo
paragrafo, ad individuare di comune accordo un sito alternativo a San Foca di
Melendugno. A seguito della firma del Ministro Galletti si è aperta dunque la fase
conclusiva dell’iter autorizzativo, che prevede il rilascio dell’Autorizzazione unica, alla
cui elaborazione provvederà la Conferenza dei servizi presso il Ministero dello Sviluppo
Economico, con la partecipazione della Regione Puglia, i cui pareri hanno però soltanto
102 Tap, più vicina la fine iter autorizzativo. Renzi: “Pronti a rispettare chi dice no ma non può dire
stop”, op. cit.. 103 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Progetto proposto dalla Società Trans Adriatic Pipeline AG Italia, denominato “Trans Adriatic Pipeline – Gasdotto Albania-Italia”, Delibera 10 settembre 2014, ai sensi dell’art.5, comma2, lettera c-bis della legge n.400 del 1988. 104 Spagnolo C., Gasdotto Tap, il governo tira dritto dopo il no del Mibac. Galletti firma: “C’è compatibilità ambientale”, op. cit. 105 Gasdotto TAP, Matteo Renzi:”Non si può dire no a un’opera così”. Sindaci Salento: ”Troveremo soluzione alternativa”, in «L’Huffington Post», 13 settembre 2014. 106 Gasdotto TAP, Matteo Renzi:”Non si può dire no a un’opera così”. Sindaci Salento: ”Troveremo soluzione alternativa”, op. cit.
25
parere consultivo e non vincolante107. Il provvedimento è stato infine trasmesso alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri, ultimo attore in questo articolato iter burocratico a
cui spetta la pronuncia per il via libera definitivo ai lavori e alla realizzazione del TAP.
2.2 – LA REGIONE PUGLIA AL BIVIO TRA CRESCITA E CONSENSO
Fin dall’inizio del suo percorso amministrativo, volto ad ottenere le autorizzazioni per
l’effettivo inizio lavori, il gasdotto TAP ha incontrato una forte opposizione a livello
regionale. Un primo progetto, con approdo previsto a San Foca (Comune di
Melendugno) sulla costa adriatica leccese, ricevette nel settembre 2012 il parere
negativo del Comitato regionale per la Valutazione di impatto ambientale108, in quanto
considerato fortemente dannoso per il territorio. In particolare si riteneva che la
documentazione presentata dalla multinazionale non fosse sufficientemente completa
con riferimento al terminale di ricezione e riduzione del gas – da collocarsi in un’area di
circa 92.000 mq posta vicino ai centri abitati - e riguardo ai rischi di incidente, che
avrebbero visto coinvolte zone di particolare pregio ambientale come l’Ecomuseo di
Acquarica e la Riserva Naturale Statale “Le Cesine”. La replica di TAP non si fece
attendere; di lì a poco venne infatti presentato un nuovo documento, arricchito di
maggiori dettagli in merito ai rilievi effettuati e accompagnato da una nota, in cui, oltre a
sottolineare gli accordi già presi con il Ministro dell’Ambiente, si rilevava tra l’altro
come il gasdotto fosse in linea con gli standard della Banca Europea per la Ricostruzione
e lo Sviluppo (BERS), cosa che equivaleva «ad impiegare procedure capaci di
proteggere le persone, l’ambiente e compensare le comunità locali»109.
Ha così inizio formalmente una lunga schermaglia attraverso la quale la Regione Puglia,
pur consapevole che in materia di approvvigionamento energetico la decisione finale
spetti al Governo, ha espresso ripetutamente, sia tramite documenti ufficiali che
107 Tap, più vicina la fine iter autorizzativo. Renzi: Pronti a rispettare chi dice no ma non può dire stop”, op. cit. 108 Cfr. Regione Puglia, Delibera n.1805 del 18/9/2012 della Giunta Regionale . Si tratta di un parere endoprocedimentale espresso nell’ambito della Valutazione di impatto ambientale nazionale, necessariamente avviata poiché il gasdotto rientra nel campo di applicazione del DL n.152 del 3 aprile 2006. Nella Delibera la Giunta si è avvalsa dei contributi istruttori delle amministrazioni comunali coinvolte (Comuni di Melendugno, Vernole, Melissano). 109 Cfr. Colluto T., Gasdotto dall’Azerbaijan al Salento, la Regione dice no: “Danno so per l’ambiente”, in «Il fatto quotidiano», 12 settembre 2012.
26
attraverso dibattiti pubblici, il proprio dissenso in merito alla realizzazione del gasdotto
TAP, affiancandosi alle posizioni del movimento di protesta di associazioni, cittadini e
comitati.
Tra le varie iniziative, nel novembre 2013 il Governatore pugliese decideva di attivare
un Forum consultivo110, «con lo scopo di animare una fase di ascolto e confronto a tutti i
livelli, sulla proposta di installare il gasdotto Tap in Salento»111. L’intento era quello di
raccogliere i vari pareri e dar voce ai territori, ma al tempo stesso di far comprendere
come l’amministrazione della Regione Puglia avesse scarsi poteri in merito alla
questione e non fosse quindi imputabile dell’eventuale realizzazione dell’opera. È
proprio con questo obiettivo che il 27 dicembre veniva organizzato un incontro tra le
comunità locali e, in rappresentanza del Governo, il Sottosegretario al Ministero dello
Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, il quale nel suo intervento ribadiva come
l’interesse nazionale dovesse «sposarsi con l’interesse del territorio»»112 e tentava in
qualche modo di rassicurare i suoi interlocutori, affermando che la scelta finale sarebbe
stata fatta tenendo conto del parere della Regione e di quello delle popolazioni coinvolte.
Mentre l’accordo tra il TAP e il governo italiano si andava consolidando attraverso
procedure parlamentari113, a complicare ulteriormente la situazione in terra pugliese
giungeva nel gennaio 2014 l’iniziativa del segretario regionale PD, Sergio Blasi, che
proponeva di spostare l’approdo del gasdotto nel Brindisino, vicino a Cerano,
riconvertendo a gas la locale centrale a carbone dell’Enel. La proposta scatenava un
aspro dibattito interno al partito, arrivando ad assumere i toni di una sfida
campanilistica, in cui si contrapponevano politici leccesi ad altri brindisini114. In realtà la
possibilità di trovare soluzioni alternative a San Foca era già stata valutata, ma i
progettisti TAP avevano scartato opzioni alternative a causa della maggior presenza di
parchi naturali e di insediamenti marini di posidonia, pianta acquatica endemica del Mar
Mediterraneo, protetti in quanto siti di importanza comunitaria.
110 Regione Puglia, Il Gasdotto Tap e la Puglia. Attivazione Forum consultivo , 19 novembre 2013, in www.regione.puglia.it. 111 Regione Puglia, Gasdotto Tap: la Regione Puglia ascolta le comunità locali, 22 novembre 2013, in www.regione.puglia.it. 112 Colluto T., Tap, Regione Puglia boccia l’approdo a San Foca. E rimette in gioco Brindisi , in «Il fatto quotidiano», 14 gennaio 2014. 113 Il 5 dicembre 2013 la Camera ratifica un accordo governativo tra Italia, Grecia e Albania per il passaggio del Tap. 114 Colluto T., Puglia, il gasdotto Tap a Lecce o a Brindisi? Il PD regionale non decide e si spacca , in «Il fatto quotidiano», 9 gennaio 2014.
27
Il 14 gennaio 2014 il Comitato Via Regionale esprimeva il suo secondo parere negativo
al progetto TAP, valutando non idonea l’ipotesi dell’approdo leccese, ritenendo ancora
irrisolte le problematiche dell’impatto paesaggistico ed evidenziando, in particolar
modo, l’assenza di indicazioni riguardo ai 20 chilometri di tratto necessari per effettuare
l’allacciamento con la rete nazionale Snam. Si riteneva inoltre che il progetto non
tenesse nella giusta considerazione l’impatto sull’economia locale, basata su un turismo
balneare di qualità115. Il fatto che il documento del Comitato si riferisse esclusivamente a
San Foca, secondo alcuni, sembrò però costituire un’implicita apertura verso altre
opzioni, come ad esempio quella brindisina di Lendinuso116 o di Torchiarolo.
La posizione di Vendola nei confronti del TAP è in definitiva sempre stata di aperto
contrasto, sebbene ci sia chi, come ad esempio il leader del Movimento 5 Stelle Beppe
Grillo117, ne abbia fortemente criticato il comportamento, accusandolo di averne
assecondato il progetto attuando una politica di ‘silenzio-assenso’. Il Presidente della
Regione ha sempre respinto tali accuse, arrivando persino a querelare Grillo per le sue
affermazioni118, ma soprattutto cercando di smarcarsi il più possibile dalla linea del
Governo in materia, nel tentativo di dimostrare la propria fedeltà non tanto al Partito
Democratico, quanto piuttosto ai propri elettori.
Ed è sul fronte delle ipotesi alternative di sbocco del terminale che negli ultimi mesi si è
andata incentrando l’azione politica del Governatore pugliese, il quale nell’ottobre 2014
– all’indomani della marcia di protesta di 40 sindaci salentini119, intervenuti
all’inaugurazione della Fiera del Levante per sollecitare l’attenzione di Renzi – ha
riunito ripetutamente gli amministratori di tutti i comuni potenzialmente idonei ad
ospitare l’approdo del gasdotto per saggiarne i pareri e le eventuali disponibilità ad
accogliere l’infrastruttura nel proprio territorio120.
115 Il parere del Comitato diviene poi oggetto di Delibera della Giunta Regionale Puglia (n.12, 20/01/2014). 116 Cfr. Colluto T., Tap, Regione Puglia boccia l’approdo a San Foca. E rimette in gioco Brindisi , op. cit. 117 Bari, Vendola annuncia querela a Grillo dopo il comizio contro il gasdotto Tap , in «Il fatto quotidiano», 21 settembre 2014. 118 Ibidem. 119 il 13 settembre 2014, in occasione della cerimonia di inaugurazione della Fiera del Levante di Bari, un gruppo di sindaci del Salento (guidati da Marco Potì, amministratore di Melendugno) ha manifestato per sollecitare l’attenzione del premier Renzi, al quale veniva recapitata una missiva in cui si affermava «Non siamo dei “comitatini” come il premier ha chiamato i comitati che si oppongono a decisioni del governo. Ci sono ancora i tempi e i modi per trovare altre possibili al ternative, basta avere buon senso e coraggio» cfr. Marcia no-Tap di 40 sindaci. “No al gasdotto nel Salento”, in «Corriere del mezzogiorno», 11 settembre 2014. 120 Strippoli F., Tap, ci sono due alternative a Melendugno. In piedi le ipotesi di Brindisi e Torchiarolo, in «Corriere del Mezzogiorno», 14 ottobre 2014.
28
Nel frattempo le opere di carotaggio appena iniziate dal TAP in alcuni terreni del
Comune di Melendugno, attraverso i quali è previsto il transito del gasdotto, venivano
bloccate con un’ordinanza dell’ufficio tecnico121, che riteneva insufficiente il decreto
autorizzativo della Prefettura di Lecce, al quale secondo le disposizioni vigenti andavano
affiancati altri permessi e nullaosta. Immediato il ricorso al Tar-Lazio della
multinazionale, che non mancava di esprimere in una nota la legittimità dei propri
comportamenti e al tempo stesso il compiacimento per la pubblicazione (su due
quotidiani, sul sito della Regione Puglia e sull’Albo Pretorio del Comune di
Melendugno) dell’avviso di avvio del procedimento di Autorizzazione Unica122. A fine
gennaio 2015 i giudici del Tribunale amministrativo annullavano tuttavia la sospensione
dei lavori disposta dal Sindaco, dichiarando che il gasdotto era stato classificato come
«opera strategica di interesse nazionale» e i carotaggi avviati non richiedevano nullaosta
paesaggistico, in quanto non alteravano permanentemente il territorio.
I tentativi del Presidente della Regione Puglia di opporsi all’approdo del TAP a San
Foca proseguivano tuttavia sia sul fronte delle delibere regionali che su quello dei
tribunali amministrativi. Con una Delibera di Giunta del novembre 2014123 si esprimeva
un formale «diniego di intesa» al metanodotto TAP, giudicando non correttamente
inquadrata l’opera sotto il profilo progettuale e ambientale e in particolare ritenendo il
PRT (ossia la stazione terminale di ricezione del gasdotto) «da assoggettare alla
disciplina in materia di Rischi di Incidente Rilevante (D.L.vo 337/99 e smi.)»124, cioè la
cosiddetta ‘direttiva Seveso’ che disciplina gli interventi in materia di grandi rischi
industriali. Il richiamo a questa particolare direttiva assumeva un ruolo strategico per la
Regione, poiché se il Governo ne avesse riconosciuto l’applicabilità il progetto del TAP
avrebbe dovuto essere rivalutato integralmente e sottoposto ad una serie di modifiche
sostanziali. Ma il Ministero dell’Interno, sollecitato a seguito di un nuovo specifico
ricorso al Tar-Lazio presentato da parte della multinazionale, vanificava nuovamente il
tentativo della Giunta pugliese, dichiarando che il gasdotto non aveva bisogno del
nullaosta per la Seveso. Decisione che veniva ribadita anche in occasione della prima
riunione della Conferenza dei Servizi del 3 dicembre 2013, alla quale - in rappresentanza
121 Comune Melendugno sospende carotaggi Tap , 9 ottobre 2014, Redazione Ansa – Lecce. 122 Cfr. Tap, Mise: al via iter per autorizzazione unica. Nel frattempo stop ai sondaggi , in 10 ottobre 2014;Tap annuncia ricorso contro stop ai lavori a Melendugno , 9 ottobre 2014, in www.traderlink.it 123 Regione Puglia, DGR 2006/2011. Diniego di intesa ex articolo 52 quinquies D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 e ss-mm.ii. per l’opera “metanodotto di importazione del gas naturale dall’Albania all’Italia “Trans Adriatic pipeline” proposto da Tap AG , Delibera Giunta regionale, 28 novembre 2014 n.2566. 124 Ivi.
29
della Regione Puglia – partecipavano l’assessore alla Qualità dell’Ambiente, Lorenzo
Nicastro, il direttore Area Politiche per la riqualificazione, la tutela e la sicurezza
ambientale, Antonello Antonicelli, e il funzionario AP del Servizio Ecologia, Francesco
Corvace.
La successiva decisione del MISE di rimettere la decisione sul TAP alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri125 spuntava in modo definitivo le ‘armi’ legali del Governatore
pugliese, poiché la legge prevede che il Consiglio dei Ministri in mancanza di un’intesa
possa superare qualsiasi ente e imporre la propria decisione.
Cionostante, è tuttora attivo un tavolo di confronto tra Governo e Regione Puglia per
cercare di trovare una soluzione condivisa, ma c’è chi, come il Consigliere regionale
pugliese Francesco De Biasi126, ritiene che in realtà tutto sia già stato prestabilito e che
Vendola stia in realtà “decidendo di non decidere”, da un lato tentando di salvare la
faccia dinanzi ai suoi concittadini in vista delle prossime elezioni amministrative
regionali, dall’altro evitando di abbracciare fino in fondo e condividere la lotta di quanti
si oppongono invece strenuamente alla costruzione dell’opera. Quanti ne biasimano il
comportamento potrebbero leggere, sotto la medesima ambigua luce, anche le
recentissime dichiarazioni di Vendola che, in riferimento al tema dell’applicabilità della
‘direttiva Seveso’ al gasdotto TAP, si è espresso con le seguenti parole: «La partita è
tutt’altro che chiusa. L’ordinanza del TAR Lazio restituisce alla Presidenza del
Consiglio la titolarità di una scelta in merito all’applicazione della direttiva Seveso ad un
impianto, quale la cabina di pressurizzazione, che noi riteniamo soggetto a rischio di
incidente rilevante. Ricordo che la normativa Seveso serve a tutelare la salute umana e
l’ambiente dai rischi derivanti dalle attività industriali, e che tali rischi, purtroppo, hanno
dimostrato nei fatti di essere reali, come dimostra l’incidente della scorsa settimana al
metanodotto abruzzese. Il dovere fondamentale delle istituzioni è orientare le proprie
scelte con la bussola del principio di precauzione. Per questo noi procederemo nella
battaglia a tutela della salute di tutti i cittadini pugliesi»127.
125 Cfr. C. Spagnolo, TAP, il governo bypassa la Regione. ”Opera urgente e strategica” , in «La Repubblica», 28 gennaio 2015. 126 Consiglio Regionale Puglia, De Biasi: “L’incontro Tap a Roma? Un bluff annunciato…”, 3 marzo 2015, in http://www.consiglio.puglia.it/applicazioni/cadan/cms_AgenziaNotizie/dataview.aspx?id=191344 127 Regione Puglia, Ordinanza Tar Lazio. Vendola “Partita tutt’altro che chiusa”, 12 marzo 2015 in http://www.regione.puglia.it/index.php?page=pressregione&opz=lista&limit=10&total=18492&limitstart=10
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CAPITOLO 3
3.1 - IL TAP ALL’ATTACCO: STRATEGIE E STRUMENTI DI LOBBYING
L’azione di lobbying messa in atto dalla società TAP-AG si è sviluppata lungo due
differenti filoni, uno di carattere nazionale ed uno di carattere regionale, ed è stata
contrassegnata da un intenso ed efficace utilizzo dei media. A guidarne le mosse è stato,
e tuttora è, Gian Paolo Russo, Country Manager per l’Italia della società che gestisce il
progetto del gasdotto. Questi non è nuovo nell’ambiente delle relazioni istituzionali e
conosce approfonditamente il settore del gas e dell’approvvigionamento energetico,
avendo in passato ricoperto ruoli di prestigio in Enel, Glaxo SmithKline, Edison, Arthur
D Little e Sviluppo Italia128.
L’attività di lobbying a livello nazionale si è contraddistinta, in particolare, per un
sapiente timing ed utilizzo dei fatti di cronaca per accendere o, al contrario, deviare
l’attenzione dell’opinione pubblica relativamente alle decisioni prese dal Governo. Nelle
fasi decisive del decreto “Sblocca Italia”, ad esempio, quando l’attività di pressione da
parte della società TAP-AG nei confronti dei decisori pubblici ha raggiunto il suo apice,
si è fatto astutamente leva su questioni di carattere internazionale per ammorbidire le
posizioni della squadra di ministri del Premier Renzi e spingerli verso un più aperto
sostegno alla realizzazione dell’infrastruttura. L’inasprirsi della crisi russo-ucraina, così
come il contestuale abbattimento dell’aereo della Malaysia Airlines al confine tra i due
stati, sono notizie a cui è stato dato particolare risalto, al fine di incrementare il clima
d’insicurezza energetica e promuovere il TAP quale valida alternativa al gas proveniente
dall’instabile e dispotico paese russo. Tale mossa si inserisce all’interno di una più
ampia strategia che ha avuto avvio nell’aprile del 2014 quando, sui principali quotidiani
italiani, era stata lanciata una campagna mediatica dotata di un significativo titolo:
“Nièt!”129. Scopo di quest’ultima era proprio lo sfruttamento, a proprio vantaggio, della
crisi russo-ucraina, ribadendo che «dipendere dal gas russo, ora più che mai, è un rischio
per l’Italia»130.
128 Sansonetti S., Tap torna alla carica per il gasdotto. La lobby riparte all’attacco mentre si inasprisce la crisi tra Russia e Ucraina. E starebbe tentando di far inserire il progetto nello Sblocca-Italia, in www.lanotiziagiornale.it, 19 luglio 2014. 129 Ibidem. 130 Ibidem.
31
La società TAP-AG ha infatti sempre posto particolare attenzione alle proprie campagne
di comunicazione, avvalendosi della collaborazione della società di consulenza
Proforma, agenzia barese, a cui si è affidato in talune circostanze anche lo stesso
Presidente del Consiglio Matteo Renzi131.
L’operazione che si è cercato di attuare è stata quella di posizionarsi nella percezione
generale, non quale multinazionale dagli intenti ‘predatori’, quanto piuttosto come
risorsa capace di creare opportunità economiche e di sviluppo per l’Italia e per i suoi
cittadini.
È questo il principale punto di contatto e filo conduttore tra l’azione a carattere
nazionale e quella sviluppata invece a livello internazionale.
Con l’intenzione di fornire il proprio punto di vista in modo chiaro e definitivo e
affrontare di petto le principali critiche riguardo alla realizzazione del metanodotto, la
società TAP-AG ha realizzato, ed in seguito provveduto a diffondere, un documento dal
titolo fortemente evocativo: Chi ha paura del tubo cattivo?132. Il testo intende
approfondire sei argomenti inerenti tematiche sia di ampio respiro che strettamente
connesse agli interessi degli abitanti del leccese, premettendo nel corso dell’introduzione
che «chi conosce la storia non crede alle favole»133. Il documento infatti si dipana
efficacemente nella contrapposizione tra “la favola”, ovverosia ciò che viene sostenuto
da coloro che sono avversi alla realizzazione dell’opera, e “la realtà”, intesa come i dati
emersi dagli studi realizzati dalla società internazionale. Sono 6 le cosiddette “ragioni
del TAP” e vanno a toccare i punti nodali dell’intera vicenda partendo proprio dal gas,
descritto come fonte energetica essenziale per gli anni a venire, il cui trasporto in Italia
contribuirà alla sicurezza energetica del paese e alla riduzione dei prezzi delle bollette a
carico di famiglie e aziende. Si passa poi ad affrontare la questione di San Foca,
descritta come la migliore tra le 11 alternative prese in considerazione, approdo ideale in
quanto, per caratteristiche tecniche, consente il minor impatto ambientale per un
gasdotto che avrà, si ricorda, la dimensione massima di 90 centimetri, pari alla ruota di
un camion. Ed è proprio l’ambiente ad essere al centro del terzo punto del documento, in
cui viene sottolineato che i lavori non comporteranno restrizioni di alcun tipo alla pesca,
alla balneazione e all’uso della spiaggia, il metanodotto “c’è ma non si vede”134,
131 Colluto T., Tap sponsor della festa patronale e scoppia la polemica: “Comprano il consenso”, in «Il Fatto Quotidiano», 8 luglio 2014. 132 www.tap-ag.it 133 Ibidem. 134 Ibidem.
32
considerando che l’infrastruttura passerà 10 metri al di sotto della costa. La quarta delle
cosiddette “favole” è che il gasdotto andrà a danneggiare la salute dei cittadini,
dichiarazione a cui si controbatte attraverso la “realtà” per cui il gas naturale rappresenta
una fonte fossile con emissioni del 70% meno inquinanti rispetto al carbone. Il
metanodotto, inoltre, non comporta emissioni durante il suo normale funzionamento,
arrivando a produrne solo occasionalmente e al massimo equivalenti a quelle di 96
caldaie domestiche. Parlare d’inquinamento, taglia corto il comunicato di TAP-AG,
significa quindi fare disinformazione e strumentalizzare le paure dei cittadini. Il punto
successivo è invece dedicato al tema del turismo in Puglia, che si teme verrà
pregiudicato, in particolar modo nel Comune di Melendugno, dalla costruzione del
metanodotto. La società internazionale ribatte prontamente sostenendo il fatto che
gasdotti e turismo siano assolutamente compatibili e, ad esserne prova tangibile sono i
14.000 chilometri di gasdotti già presenti in Puglia, ai quali il TAP ne aggiungerà
solamente 8, cifra ritenuta non sufficiente ad alterare la forte vocazione turistica della
regione. L’ultima “realtà del TAP” risulta di particolare interesse poiché va a toccare,
fornendo una serie di interessanti dati a supporto, un argomento dirimente, ovverosia i
benefici che nel concreto il gasdotto andrà a portare alla popolazione locale. Vengono
dunque riportati gli studi effettuati da Nomisma Energia, società indipendente di ricerca
in campo energetico ed ambientale, la quale valuta che per i prossimi 50 anni il TAP
porterà un contributo complessivo di 380 milioni di euro, circa 8 milioni di euro
all’anno, al PIL regionale e creerà circa 220 posti di lavoro all’anno. A queste cifre,
ricorda ancora il documento, sono poi da aggiungersi i circa 393.000 euro l’anno di tasse
ed imposte versate direttamente nelle casse del Comune di Melendugno e gli
investimenti in ambito sociale che il TAP si è impegnato a realizzare sul territorio al fine
di sostenere il turismo, la pesca, l’agricoltura e la difesa dell’ambiente135.
Quest’ultimo aspetto risulta, come premesso, particolarmente rilevante poiché è proprio
a livello locale che la società TAP-AG ha svolto un’attenta e precisa strategia di
lobbying volta ad ammorbidire l’opposizione dei decisori pubblici regionali, passando
attraverso la conquista dell’opinione pubblica pugliese.
È a partire dal 14 gennaio 2014, data in cui il Comitato Via Regionale ha espresso per la
seconda volta il suo parere negativo nei confronti dell’opera sottolineando come il
progetto non tenesse in opportuna considerazione l’impatto sull’economia e il turismo
135 www.tap-ag.it
33
locale, che la società multinazionale ha deciso di modificare il proprio approccio,
dedicando molto più tempo ed energia alle dinamiche di tipo territoriale. Era stata la
stessa TAP a fare “autocritica” all’indomani di quella bocciatura, ammettendo che fino a
quel momento non si era «realizzata nessuna attività di comunicazione per dare grande
visibilità a TAP»136. Si arriva infatti a comprendere che un’eventuale strenua
opposizione da parte dei cittadini pugliesi potrebbe arrivare ad inceppare il meccanismo
anche di un’opera come il gasdotto azero, che gode del sostegno delle istituzioni europee
e su cui ‘ballano’ interessi per miliardi di euro. Si dà quindi il via nel corso dell’estate
del 2014 alla campagna di comunicazione “Energia a vocazione turistica”, per la quale
la società multinazionale investe 350.000 euro137, e che è stata in seguito ribattezzata,
non senza una punta di sarcasmo, “operazione generosità”. Questi fondi sono stati infatti
utilizzati per accattivarsi le simpatie della popolazione pugliese attraverso soggiorni
vacanza gratuiti nel Salento, gratta e vinci per gadget da spiaggia e sponsorizzazioni ad
eventi estivi138.
Nel mese di agosto si è provveduto a finanziare anche il cosiddetto “Disco in Bus”, il
servizio navetta per locali da ballo, garantito fino alla precedente stagione dalla
Provincia di Lecce139. Scopo di questa operazione è stato appunto quello di far
familiarizzare i cittadini con il marchio TAP, promuovendone al tempo stesso
un’immagine alternativa. In questa campagna, che potrebbe quindi essere a tutti gli
effetti definita di marketing pubblicitario, il punto di maggior successo è stato raggiunto
grazie alla sponsorizzazione della festa patronale di Santa Domenica, mossa che ha
portato con sé rilevanti risultati anche dal punto di vista della parallela ed intrecciata
azione di lobbying. La scelta della festa patronale non è stata casuale, obiettivo della
multinazionale è infatti quello di far associare il proprio nome ai simboli della tradizione
e del turismo pugliese, ed è per questo che sono state sponsorizzate molte altre
manifestazioni culturali, tra cui la celebre Notte di San Rocco di Torre Paduli140. A
contraddistinguere in particolare la festa di Santa Domenica sono state le aspre
polemiche scoppiate a seguito dell’apparizione del marchio TAP proprio sulle luminarie
caratteristiche dell’evento. A scagliarsi con particolare veemenza contro il fatto è stato
136 Colluto T., Tap sponsor della festa patronale e scoppia la polemica: “Comprano il consenso”, op. cit. 137 Colluto T., Tap cerca di conquistare il Salento per costruire il gasdotto con vacanze e gadget, in “Il Fatto Quotidiano”, 17 luglio 2014. 138 Ibidem. 139 Ibidem. 140 Ibidem.
34
Sergio Blasi, Consigliere regionale del Partito Democratico e forte oppositore del
gasdotto, il quale è arrivato a dichiarare che «Si è svenduta la propria primogenitura per
un piatto di lenticchie»141. La risentita replica dell’”Associazione di volontariato di
Santa Domenica” non si è fatta attendere ed è giunta attraverso l’ufficio stampa della
multinazionale, che ha semplicemente veicolato il messaggio senza direttamente esporsi
né prendere direttamente parte alla disputa. «Le istituzioni pubbliche non hanno mai
concesso finanziamenti a questa manifestazione»142, si legge nel comunicato di risposta,
con chiaro riferimento alla differenza di trattamento invece riservata alla celebre Notte
della Taranta, di cui lo stesso Consigliere Blasi è ideatore, e sponsorizzata con soldi
pubblici della Regione.
È in queste sfumature che si ravvisa la strategia di lobbying messa in atto dalla società
TAP-AG a livello regionale. Innanzitutto un approccio di “coalition building”, ovvero la
creazione di alleanze e partnership con manifestazioni ed eventi legati alla più autentica
tradizione salentina, in modo da sottolineare la propria vicinanza alla comunità locale ed
allargare il fronte del sì. Dall’altro lato una strategia di “dividi et impera”, laddove si è
andati a creare battibecco e contrasto tra soggetti che potenzialmente avrebbero potuto
formare un fronte unico e compatto contro la realizzazione del gasdotto TAP e che
invece sono stati indotti a “tirarsi fango” a vicenda. Il polverone volontariamente
sollevato in questa circostanza ha inoltre il duplice risultato per la multinazionale di
tenere impegnati gli attori regionali in dispute di scarsa rilevanza, mentre altrove, a
livello nazionale, prosegue sotto traccia l’azione di lobbying sui decisori pubblici
effettivamente rilevanti ai fini della decisione di approvazione dell’opera.
Ed è proprio sul piano nazionale che si muove invece Gian Paolo Russo, il Country
Manager italiano di TAP-AG, organizzando numerose conferenze e seminari in tutta
Italia. Nel corso di questi eventi, che vedono la partecipazione di alte cariche
istituzionali, viene non solamente ribadita la forte valenza strategica dell’opera ma anche
esposte le principali caratteristiche della cosiddetta “Sindrome di Nimby”. Tale
acronimo, corrispondente alla locuzione inglese “Not In My Back Yard”143, viene
utilizzato al fine di descrivere l’atteggiamento aprioristico di quanti si schierano
contrariamente alla realizzazione di un’opera pubblica o meno, non perché non ne
141 Colluto T., Tap sponsor della festa patronale e scoppia la polemica: “Comprano il consenso” , op. cit. 142 Colluto T., Tap sponsor della festa patronale e scoppia la polemica: “Comprano il consenso” , op. cit. 143 Traduzione italiana: Non nel mio cortile.
35
riconoscano l’utilità, quanto piuttosto perché ne rifiutano la realizzazione nel proprio
“Back Yard”, inteso come luogo in prossimità della propria abitazione. A prescindere
dalla riflessione che si potrebbe avviare nel tentativo di comprendere se i cittadini
pugliesi siano o meno affetti da questa sindrome, o quanto essa influisca sulla loro
posizione, si tratta di fatto di una carta decisiva nelle argomentazioni con cui la società
TAP sostiene le proprie posizioni. Sotto questa luce è infatti possibile ridurre le pretese
ambientaliste dei suoi oppositori ad un ribellismo anti-capitalistico tout court, ad una
cultura anti-industriale ed anti-scientifica che testardamente si oppone ad un’opera
strategica di interesse nazionale. Questa falsa ideologia ambientalista, mossa in realtà
dalla mera difesa del proprio “cortile di casa”, sarebbe poi colpevolmente assecondata
da una classe politica locale immatura ed incapace di educare i propri cittadini, più
attratta dal facile ruolo di nuovi Masaniello144, cavalcando popolari proteste senza
rischiare mai di vedere il proprio consenso intaccato.
Mentre, quindi, l’azione di lobbying a livello regionale sta portando i principali attori
della protesta ad accapigliarsi tra loro per questioni scarsamente rilevanti, l’attività di
lobbying a livello nazionale ne infrange le argomentazioni.
A giudicare dai risultati e dai progressi che l’iter attuativo del gasdotto TAP sta
registrando, questa strategia a “double level playfield” sta decisamente rispettando le
aspettative previsionali.
144 Tommaso Aniello d’Amalfi, meglio noto come Masaniello (1620-1647), fu il principale protagonista della rivolta che vide, dal 7 al 16 luglio 1647, la popolazione civile della città insorgere contro la pressione fiscale imposta dal governo vicereale spagnolo. Fonte: Wikipedia.
36
3.2 – LA CONTRO MOSSA DEL MOVIMENTO NO-TAP
No-Tap. E’questo il nome, semplice quanto efficace, che i volontari dissidenti anima della
protesta contro il gasdotto azero hanno dato al proprio movimento. Il richiamo immediato è
ad un’altra esperienza di lotta, dall’altro capo dell’Italia, quella del rifiuto all’Alta Velocità
con la quale, pur in assenza di un’espressa affiliazione, vi è comunque la condivisione di un
ideale di sviluppo eco-compatibile. Il Movimento No-Tap si batte da anni infatti contro la
realizzazione del metanodotto in Puglia, in nome della tutela del paesaggio e del turismo
ecosostenibile. «Siamo molto preoccupati. Continueremo ad opporci. Ribadiamo la
necessità di una scelta razionale, che tenga conto della vocazione dei territori e del principio
di autodeterminazione dei popoli»145, ha dichiarato un loro portavoce in una recente
intervista. Le ragioni che hanno spinto questi volontari ad associarsi sono il timore che la
realizzazione del TAP possa portare alla distruzione di una delle coste più belle
dell’Adriatico, facendo così a pezzi l’economia di una zona che vive essenzialmente di
turismo ed eccellenze alimentari.
Il Movimento, nato come associazione di cittadini appartenenti ad un’area circoscritta,
impegnati in manifestazioni e sit-in in luoghi pubblici per manifestare il proprio dissenso, si
è rapidamente diffuso a macchia d’olio sull’intera regione. Ad unirsi alla lotta sono stati
anche altri gruppi ambientalisti come i “No Tubo” di Sulmona, contrari al progetto Snam di
un metanodotto via terra da Brindisi a Minerbio, i “No GPL” di Manfredonia ed altri non
necessariamente appartenenti alla Puglia, come quelli sviluppatisi in Basilicata, preoccupati
dalla ventilata prospettiva di trasformare i pozzi svuotati o in via di esaurimento della
Lucania in nuovo serbatoio del gas convogliato dall’Azeirbaijan146.
Nel volgere di poco tempo il Movimento ha così potuto contare sull’appoggio di 35 tra
associazioni e comitati ed 11 amministrazioni comunali nella sola Provincia di Lecce147. Al
fine di accreditare le proprie posizioni e nel tentativo di rispondere alla grande mole di dati e
studi scientifici prodotti dal TAP, il Movimento ha avviato una collaborazione con il
Professor Dino Borri, Ordinario di Tecnica e Pianificazione Urbanistica del Politecnico di
Bari148. Questi, insieme ad un pool di esperti, ha realizzato un contro-studio in cui si
145 T. Colluto, Il super gasdotto fa alzare le barricate al Salento. Ed è subito “No Tap” , ne «Il fatto Quotidiano», 27 giugno 2013. 146 Ibidem. 147 Fittipaldi E. – Saraceno C., Cos’è la Tap, il mega gasdotto che tanto piaceva all’amico di D’Alema, in «L’Espresso», 29 novembre 2013. 148 Ibidem.
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evidenzia come la costruzione del gasdotto metterebbe a rischio migliaia di ulivi centenari,
così come l’assetto idrogeologico della costa, una spiaggia ed un’oasi protetta149. A destare
forti preoccupazioni è la tenuta dell’intero ecosistema della zona che è, tra l’altro, luogo di
riproduzione delle tartarughe Caretta Caretta, specie a forte rischio d’estinzione nei mari
italiani.
Il largo supporto che il Movimento No-Tap ha riscontrato trova ulteriore spiegazione se si
tiene in considerazione il fatto che tra l’Ilva di Taranto e siti d’interesse nazionale come
Brindisi e Manfredonia, la regione Puglia risulta particolarmente sensibile al tema
dell’inquinamento. Ecco dunque il motivo per cui dinanzi alle rassicurazioni espresse sia
dalla società TAP che dallo stesso Governo in merito alle scarsissime emissioni che
l’infrastruttura genererà, non tutti sono stati disposti a credere a quanto pubblicamente
dichiarato. Questo anche perché, come sottolineato dal Movimento, le stime che in molti
casi vengono portate ad esempio per sostenere lo scarso impatto ambientale che l’opera avrà
e i benefici economici che porterà con sé al territorio circostante, provengono il più delle
volte da studi commissionati dalla stessa società TAP150.
Ad aver effettuato ricerche che portano ad opposte considerazioni è invece la Lega italiana
per la lotta contro i tumori, che ha stilato due documenti scientifici che danno sostegno alle
ragioni dei No-Tap, mostrando come i dati epidemiologici aggiornati circa la mortalità per
tumore nel Salento siano già attualmente elevati e che l’inquinamento prodotto dal gasdotto,
seppur minimo come annunciato, andrebbe ad aggravare una situazione già di per sé
critica151.
A livello politico l’associazione ha trovato in particolar modo il sostegno e l’appoggio del
Movimento 5 Stelle che, coerentemente con la propria linea politica, ne ha sposato la
battaglia. Il Movimento guidato da Beppe Grillo ha infatti combattuto numerose volte al
fianco dei cittadini in opposizione alla realizzazione di opere a rischio d’impatto ambientale,
come nel celebre caso dell’opposizione contro la linea ad Alta Velocità in Val di Susa. È la
stessa “pancia” del Movimento ad essere fortemente schierata a favore di ambiente e fonti di
energia alternative, paradigmatica è stata l’occasione in cui il Sindaco di Parma Federico
149 Fittipaldi E. – Saraceno C., Cos’è la Tap, il mega gasdotto che tanto piaceva all’amico di D’Alema, op. cit. 150 Colluto, T., Tap, il gasdotto piace all’Italia. Ma non porterà capitali né garantisce lavoro , in «Il fatto quotidiano», 7 dicembre 2013. 151 Colluto T., Tap cerca di conquistare il Salento per costruire il gasdotto con vacanze e gadget , op. cit.
38
Pizzarotti, rappresentante di spicco del Movimento 5 Stelle è entrato in forte polemica con
la sua stessa base elettorale a causa della costruzione di un inceneritore in zona152.
Tra i membri 5 Stelle che più attivamente hanno preso parte all’opposizione contro l’arrivo
del gas azero sulle coste del Salento vi è il deputato pugliese Diego De Lorenzis, il quale
oltre a partecipare periodicamente a manifestazioni ed eventi, cerca di dare ancor più
risonanza alla vicenda attraverso il suo sito personale. Nel corso di un’intervista rilasciata
all’«Huffington Post» ha provveduto a chiarire alcune delle posizioni sostenute dal
Movimento: «l’obiezione è su come si concepisce globalmente lo sviluppo di questo paese.
Fare progetti internazionali di respiro trentennale senza considerare la complessità del
quadro geopolitico non è consigliabile. Potrebbe andare tutto in fumo per il ricatto di
qualche paese, come già successo con la Libia di Gheddafi. Gli idrocarburi poi
appartengono al passato, figuriamoci quanto potranno servire in futuro. Dobbiamo puntare
all’indipendenza energetica, tutto il mondo, dalla Svezia agli Stati Uniti, guardano ad altre
forme di energia. Noi rischiamo di ancorarci ad un modello di sviluppo ottocentesco»153.
De Lorenzis ha avuto modo di contestare l’accordo con il governo di Baku anche sul piano
dei diritti civili. Intervenendo infatti ad un convegno di Amnesty International, organizzato
a Roma con la presenza di Turgut Gambar, esponente di un movimento di
democratizzazione dell’Azerbaijan, il deputato 5 stelle ha dichiarato di non voler «stringere
alcun accordo commerciale/industriale/finanziario con chi si macchia di reati gravissimi,
reprimendo i diritti fondamentali dell’uomo come il diritto alla libera espressione e il diritto
all’assemblea»154, facendo chiaro riferimento alle condotte di Ilham Aliyev, Presidente della
Repubblica dell’Azeirbaijan.
Tale visione complessiva non è troppo distante dalle posizioni non solamente del partito del
Presidente della Regione Puglia Vendola, già lo stesso nome - Sinistra Ecologia e Libertà -
svela l’orientamento su questi temi, ma anche da quelle di una certa corrente interna al
Partito Democratico. Si fa in riferimento, in particolare, a quella minoranza che più volte ha
assunto posizioni, per lo meno di facciata, alternative a quelle del Premier Renzi senza però
mai giungere ad uno strappo decisivo con il Partito. Uno dei suoi elementi più
rappresentativi può essere individuato in Pippo Civati che, non a caso, nel suo blog, in un
152 Petti E., Come vincere gli ostacoli per creare infrastrutture per lo sviluppo , in
www.formiche.net, 10 luglio 2014. 153 Salvatori P., No Tap, Diego De Lorenzis (M5S): “Non faremo manifestazioni contro Enrico Letta, ma la protesta continua” , in «L’Huffington Post», 10 agosto 2013. 154 De Lorenzis D., L’energia senza legalità e diritti civili , in www.diegodelorenzis.it 24 settembre 2014.
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contributo intitolato Come sarebbe lo Sblocca Italia se lo avessimo fatto noi155, offriva
ampio spazio al dibattito, riportando integralmente la lettera che alcuni scienziati e docenti
dell’Università di Bologna hanno indirizzato al Governo per esprimere le ragioni della loro
opposizione all’indirizzo di politica energetica evidenziato con lo “Sblocca Italia”.
Nell’ottobre del 2014 un gruppo di autorevoli ricercatori e professori di Bologna156, firmava
infatti un appello intitolato “Energia per l’Italia”157, rivolto al Governo ma anche ai
cittadini, in cui «in virtù della conoscenza acquisita con i nostri studi e la quotidiana
consultazione della letteratura scientifica nazionale»158 ritenevano necessario esprimere
pubblicamente le loro opinioni. Consapevoli di come le problematiche di inquinamento
ambientale impongano di ridurre l’eccessivo consumo di energia e limitare l’uso dei
combustibili fossili, il gruppo di scienziati giudicava urgente «promuovere, mediante scelte
politiche appropriate, l’uso di fonti energetiche alternative che siano, per quanto possibile,
abbondanti, inesauribili, distribuite su tutto il pianeta, non pericolose per l’uomo e per
l’ambiente». In particolare gli scienziati si pronunciavano contro gli articoli 36 e 38 dello
“Sblocca Italia”, volti a promuovere la creazione di grandi infrastrutture per il transito e
l’accumulo di gas proveniente dall’estero e a facilitare l’estrazione di petrolio e gas in tutta
Italia, «in zone dove sono presenti città di inestimabile importanza storica, culturale ed
artistica come Venezia e Ravenna, in zone fragili e preziose come la laguna veneta e il delta
del Po e lungo tutta la costa del mare Adriatico dal Veneto al Gargano, le regioni del centro-
sud e gran parte della Sicilia»159. L’iniziativa dei professori tendeva anche a catalizzare
l’attenzione di quanti, tra cittadini e movimenti, ne avessero condiviso le ragioni. Nel sito
web era infatti possibile firmare l’appello e, così facendo, sollecitare il Governo ad
intraprendere una differente politica energetica.
La convergenza d’interessi sul TAP avrebbe potuto creare un’inedita alleanza, composta da
Sel, M5S e minoranza PD, effettivamente in grado, se non di spostare del tutto l’asse del
Governo, quantomeno di far sentire con chiarezza la propria voce. Una simile coalizione
non ha visto però mai la luce poiché fin dal principio il Movimento 5 Stelle, tanto a livello
nazionale quanto regionale, ha preferito la via dello scontro diretto andando ad attaccare con
155 Cfr. www.ciwati.it, 18 ottobre 2014. 156 Tra i firmatari compaiono i nomi di Vincenzo Balzani, professore Emerito del l’Università di Bologna nonché Accademico dei Lincei specializzato in fotosintesi artificiale, Nicola Armaroli, ricercatore CNR esperto in conversione dell’energia solare, Alberto Bellini, Dipartimento di Ingegneria dell’energia elettrica, Enrico Bonatti, ‘senior scientist’ della Columbia University esperto di geologia degli oceani. 157 Cfr. www.energiaperlitalia.it 158 Ivi. 159 Ivi.
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forza Vendola, identificato come “burattino del Premier”, piuttosto che coinvolgerlo in una
campagna contro un potenziale nemico comune.
Dove invece si combatte fianco a fianco è nei comuni e nelle frazioni del salentino, dove il
Movimento No-Tap si radica sempre più sul territorio, cercando di diffondere notizie ed
informare il più possibile i cittadini pugliesi. L’obiettivo è quello di far entrare la
geopolitica nelle case di tutti, di far diventare il gas azero e i temi della sicurezza energetica
il principale argomento di discussione anche nei piccoli bar di provincia. In linea con questo
orientamento si pone anche il Movimento 5 Stelle di Ostuni, che dinanzi al documento
diffuso dal TAP dal titolo Chi ha paura del tubo cattivo?, propone un decalogo che
chiarisca i motivi per cui il gasdotto non sia utile né alla Puglia né all’Italia160. Tali
argomenti sono, di seguito, integralmente riportati:
1. Il gasdotto TAP è totalmente INUTILE. In Italia le centrali turbogas sono tutte in rosso, e la capacità
elettrica installata è già adesso doppia rispetto alla domanda, sia a livello nazionale che pugliese.
2. Il gasdotto TAP è DANNOSO per l’economia del territorio, per la pesca, l’agricoltura e il turismo.
L’impianto di compressione nell’interno è una potenziale bomba ecologica in attesa di esplodere.
3. Il gasdotto TAP non fa abbassare il PREZZO dell’elettricità perché il prezzo degli id rocarburi è
volatile. Solo le rinnovabili garantiscono un abbassamento del prezzo dell’elettricità a breve, medio e
lungo termine.
4. Il gasdotto TAP è ILLEGALE perché i cittadini non sono stati coinvolti nel processo autorizzativo
come prescrive la convenzione di Aarhus recepita dall’Italia con L. 108 del 2001 e con il regolamento
CE 1367/2006 e direttive 2003/4 e 2003/35
5. Il gasdotto TAP è totalmente indipendente dalla esecuzione delle BONIFICHE che sono dovute a
prescindere dall’esecuzione di nuove opere, in applicazione del principio ” chi inquina paga ”
prescritto dalla direttiva 2004/35
6. Il gasdotto TAP non è affatto collegato con la riconversione a gas di centrali a CARBONE, si tratta di
due processi separati e indipendenti.
7. Il gasdotto TAP serve a portare il gas in EUROPA non in Italia. In questo senso ammasso che sia
necessario, il suo percorso va rinegoziato con l’Europa; e le autorizzazioni italiane vanno sospese.
8. Il gasdotto TAP non è ETICO perché serve a commercializzare gas dall’Azerbajian, un Paese che è
sulla black list di Amnesty international per continue violazioni dei diritti umani, con migliaio di
prigionieri politici e una dittatura dinastica della famigerata famiglia Aliyev.
9. Il gasdotto TAP non porta nessun benessere sul territorio ma ARRICCHISCE soltanto chi lo
costruisce, e le partecipazioni italiane nel consorzio di costruzione legittimano il sospetto che ci sono
interessi opachi anche a livello locale.
10. Il gasdotto TAP DEVASTA i fondali marini distruggendo la biodiversità e le possibilità di
riproduzione delle specie necessarie alla catena alimentari.
Tale decalogo, così come i contro-studi realizzati dal Movimento No-Tap, denota una
tendenziale strategia “a specchio” nei confronti della multinazionale, in cui si è cercato di
rispondere colpo su colpo alle tecniche di lobbying messe in pratica dalla parte avversa. Ma
ben presto ci si è resi conti dell’impossibilità di competere con le tecniche della società
TAP-AG limitando le proprie azioni ai ristretti confini della Regione Puglia.
160 Perotta M., Sblocca Italia: approvata la VIA per la TAP il gasdotto che ammazzerà le spiagge del Salento, in «Blogo», 30 agosto 2014. Cfr. anche www.ostuninews.it, 4 agosto 2014.
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Se da un lato il Comitato No-Tap e il Movimento 5 Stelle non sempre hanno goduto di
unitarietà d’intenti - si pensi alla manifestazione di protesta del settembre 2014161 quando i
No-Tap accusarono i 5 Stelle di strumentalizzare la loro lotta, che intendeva distinguersi
come apartitica, a fini d’immagine ed elettorali - è altrettanto vero che i cosiddetti grillini
sono stati i maggiori rappresentanti del Movimento No-Tap sul palcoscenico della politica
nazionale. E’stato infatti il movimento guidato da Beppe Grillo ad opporsi con maggiore
forza all’approvazione del disegno di legge avente ad oggetto la «Ratifica ed esecuzione
dell’Accordo tra la Repubblica di Albania, la Repubblica greca e la Repubblica italiana sul
progetto ‘Trans Adriatic Pipeline’, fatto ad Atene il 13 febbraio 2013»162, la cui
approvazione risultava ovviamente un passaggio imprescindibile ai fini del prosieguo
dell’iter autorizzativo del gasdotto TAP. Dopo aver tentato invano di arrestare il
provvedimento presso la XIII Commissione Ambiente al Senato, dove le proteste dei
parlamentari pentastellati erano indirizzate in particolar modo ad evidenziare il
procedimento sbrigativo a cui il testo era stato sottoposto e l’assenza di audizioni volte ad
approfondire in maniera adeguata la questione163, l’opposizione al disegno di legge è
proseguita anche in entrambi i rami del Parlamento. Fortemente plateale è stata la
manifestazione di protesta inscenata in sede di Camera dei Deputati, dove il testo è
approdato a seguito dell’approvazione in Senato, che ha visto i rappresentanti del
Movimento 5 Stelle salire sui banchi riservati al Governo per poi abbandonare l’Aula al
momento del voto in segno di plateale disapprovazione164. Altrettanto scarsi sono i stati i
risultati ottenuti dai grillini attraverso la presentazione di procedimenti conoscitivi ed
ispettivi sul tema. Già nel maggio del 2013 la senatrice pugliese Barbara Lezzi presentava
infatti un’interpellanza rivolta ai Ministri dell’ambiente, dello sviluppo economico e per i
beni e le attività culturali tesa a conoscere, in considerazione del particolare pregio della
macchia mediterranea che contraddistingue le coste pugliesi di Melendugno nonché della
bandiera blu europea di cui le sue acque sono state insignite, «quali iniziative il Governo
intenda assumere al fine di rivedere il progetto, evitando di dare seguito ad un’opera senza
161 Il 20 settembre 2014 si è svolta una marcia di protesta contro il TAP da San Foca a Melendugno, alla quale hanno partecipato cittadini, comitati locali e associazioni. Erano present anche i portavoce del M5S alla Camera e Senato, Di Battista, Lezzi, De Lorenzis, Ciampolillo. Cfr. www.ilvillaggioweb.it, 3 novembre 2014. 162 http://parlamento17.openpolis.it/atto/documento/id/5898# 163 http://www.beppegrillo.it/movimento/parlamento/ambiente/2013/11/tap-ennesimo-scempio-dellambiente.html 164 Spagnolo C., Gasdotto Tap, è bagarre alla Camera. Il Governo spalle al muro sui tempi , in «la Repubblica», 4 dicembre 2013.
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prima avere riconsiderato l’impatto ambientale dello stesso sulle zone interessate, nel pieno
rispetto del principio di precauzione comunitaria e sempre assicurando un’informazione
trasparente alle parti interessate, cittadini ed enti locali di riferimento, nonché rispettando
scrupolosamente le loro osservazioni a riguardo»165.
Di carattere ben più recente è invece l’interrogazione a risposta immediata166 presentata dal
deputato del Movimento 5 Stelle Davide Crippa in data 26 gennaio 2015. Con tale
provvedimento si intende invece mettere in dubbio la stessa utilità dell’opera, sottolineando
il calo dei consumi del gas in Europa e la ridotta portata del gasdotto, a cui si aggiunge
l’aggravante che non solo i cittadini italiani non godranno di alcun beneficio dalla sua
realizzazione ma che, al contrario, dovranno sostenerne gli oneri derivanti. Appena il giorno
seguente provvede a rispondere il Vice Ministro dello sviluppo economico Claudio De
Vincenti, il quale afferma chiaramente che il TAP «in quanto definito interconnector,
quindi, non è inserito nella Rete Nazionale dei Gasdotti e non gode - né potrà godere – di
alcun fattore di garanzia legato al sistema regolato disciplinato dall’AEEGSI, con incidenza
sulle tariffe di trasporto gas, a carico della collettività»167. Viene dichiarato, in sintesi, che il
gasdotto è un’infrastruttura realizzata da privati e come tale non prevederà alcun esborso da
parte dello Stato e, di conseguenza, da parte dei cittadini. L’Onorevole Crippa si dichiara a
questo punto non soddisfatto della risposta fornita dal rappresentante del Governo
osservando come, nel caso del rigassificatore realizzato a Livorno, dichiarato anch’esso
opera di carattere strategico, a fronte di un’iniziale esclusione di contributi pubblici al
progetto, tale previsione era stata poi smentita nei fatti dal Governo168. Si tratta tuttavia di
scaramucce prive di una reale efficacia, che falliscono sia nel tentativo di arrestare la
manovra dell’Esecutivo nell’ottenere il placet del Parlamento all’opera sia nel catalizzare
l’attenzione dell’opinione pubblica sulla questione.
È proprio allo scopo di dar maggior risalto ad una tematica che non concerne la sola Puglia,
ma che intimamente tocca le strategie energetiche dell’intero paese, che il Comitato No-Tap
fa proprio un altro strumento tradizionalmente utilizzato dal Movimento 5 Stelle: i social
media. Sin dai suoi primi giorni di vita il Comitato ha infatti trovato in internet il più
165http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?id=702511&leg=17&tipodoc=Resaula&part=doc_dc&parse=si&stampa=si&toc=no 166http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=5/04588&ramo=CAMERA&leg=17& 167http://www.camera.it/leg17/824?tipo=A&anno=2015&mese=01&giorno=27&view=&commissione=10 168http://www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2015&mese=01&giorno=27&view=&commissione=10
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naturale ed avvezzo strumento di propagazione delle proprie posizioni, con la creazione di
community e la virale diffusione di contenuti. Principali strumenti utilizzati sono stati
Facebook e Twitter, dove la creazione di account ufficiali ha provveduto, grazie al
passaparola generatosi e al numero di followers sempre maggiore169, a dare visibilità al
grande numero di informazioni ed approfondimenti, veicolate anche attraverso il supporto di
strumenti audiovisivi.
Di particolare successo la campagna realizzata su Facebook, utilizzato come cassa di
risonanza per gli eventi e le manifestazioni organizzate dal Movimento No-Tap, ma anche
come mezzo più diretto per esprimere la propria solidarietà alla causa. Il Comitato incitava
infatti chiunque fosse contrario alla realizzazione del gasdotto a modificare la propria
immagine di profilo del popolare social network in rosso, colore appositamente scelto per
simboleggiare la protesta170. Attraverso questo semplice quanto efficace espediente si
spingevano i cittadini ad un esplicito posizionamento e ad un coinvolgimento attivo nella
causa. A quanti, poi, avessero effettuato l’accesso a Facebook sarebbe stato
immediatamente palese quali e quanti tra i propri “amici” all’interno del social media
stessero sostenendo la causa, facendosi in taluni casi contagiare dall’effetto a catena. I social
media divengono quindi lo strumento attraverso il quale il Comitato non solo si fa
promotore di pubblicità in favore della propria causa, ma ne diventa al tempo stesso oggetto
passivo grazie al tam-tam mediatico generato dai suoi stessi sostenitori. L’incitamento a
prendere parte alle manifestazioni o ad esprimere il proprio dissenso al fine di esercitare
pressione nei confronti dei decisori pubblici locali e non, altro non è che un’azione di
lobbying indiretta, assimilabile al celebre Grass-roots lobbying di americana memoria.
Nonostante gli indubbi sforzi prodotti per arrestare il processo di realizzazione del gasdotto
TAP, sembrerebbe, ad oggi, che il Movimento No-Tap stia perdendo la propria battaglia. La
palla è infatti fermamente nelle mani del Governo e il comitato sembra non essere stato in
grado di esercitare una pressione mediatica e politica capace di intralciarne l’azione e
metterne in discussione l’operato in maniera sufficientemente concreta. Non tutti i giochi
sembrerebbero però conclusi. Un nodo cruciale che indirettamente va ad intersecarsi con
questa vicenda è rappresentato dalle imminenti elezioni regionali, in cui Liguria, Veneto,
Toscana, Umbria, Campania, Marche e proprio la Puglia saranno chiamate al voto. Nel caso
in cui il Partito Democratico uscisse rafforzato dalle urne, il Governo guidato da Matteo
Renzi sarebbe dotato di ancora maggiore legittimità politica, che gli consentirebbe di
169 8.296 like alla pagina di Facebook e 685 follower su Twitter. 170 http://m.leccesette.it/dettaglio.asp?id_dett=19080&id_rub=98
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proseguire per la propria strada mettendo a segno la realizzazione del TAP anche a costo di
un doloroso strappo parte della cittadinanza della regione Puglia, piccola grande pedina in
uno scacchiere di dimensioni internazionali.
45
CONCLUSIONI
La sindrome di Nimby, come spiegato in un recente articolo171 da Piero Manzoni,
Amministratore Delegato della società specializzata in energie rinnovabili Falck
Renewables, è presente in tutti i paesi occidentali. Ciò che cambia è il differente approccio
da parte delle autorità pubbliche, fattore che recita un ruolo determinante per l’effettiva
attuazione delle opere e per la possibilità di garantire la certezza dei tempi e degli
investimenti. In Gran Bretagna ad esempio, prosegue Manzoni, la ricerca del consenso
popolare all’infrastruttura avviene prima della sua assegnazione e, sovente, gli impianti
sono di proprietà delle comunità locali, che hanno perciò tutto l’interesse ad un ritorno
economico degli investimenti messi in cantiere. Ben diversa, come sappiamo, è la situazione
che caratterizza l’Italia. Il nostro paese, infatti, oltre ad una presenza particolarmente
pervicace della sindrome di Nimby si connota anche per una classe politica ondivaga ed
assillata dalla ricerca di un effimero consenso popolare. Ecco allora che nel corso degli anni,
sia la destra che la sinistra italiane, hanno preferito rincorrere a corrente alternata le proteste
politicamente proficue contro le opere pubbliche, piuttosto che tracciare una chiara direttrice
da seguire in materia. A tutto ciò si deve aggiungere il fatto che il fenomeno
dell’opposizione alla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali è in crescita e sta
trovando nuove forme di organizzazione. Nei primi mesi del 2015 è stata infatti realizzata la
prima piattaforma web italiana sui conflitti ambientali172, sul modello di quella già esistente
a livello mondiale. La piattaforma è stata elaborata da ricercatori universitari, associazioni
ambientaliste e comitati territoriali, sotto la supervisione generale del Centro
Documentazione Conflitti Ambientali (CDCA). Obiettivo di tale strumento non è soltanto
quello di informare in merito alle situazioni ritenute a rischio ambientale all’interno del
Paese, ma anche coinvolgere la società civile e individuare strategie comuni da mettere in
atto. Ogni utente, inoltre, può segnalare eventuali nuovi conflitti ambientali che, a seguito di
un vaglio da parte del CDCA, possono essere caricati sul sito online. Lo sviluppo di questo
genere d’iniziative è sintomo di un trend che vedrà inevitabilmente una sempre maggiore
partecipazione ed organizzazione da parte della società civile, fenomeno che imporrà alla
classe dirigente politica una più netta assunzione di responsabilità. Un interessante spunto
alla nostra riflessione ci è fornito dalle parole di Pietro Di Michele, autore presso la testata
171 Petti E., Come vincere gli ostacoli per creare infrastrutture per lo sviluppo , in www.formiche.net, 10 luglio 2014. 172 http://cdca.it
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online di Formiche.net, il quale afferma “Se è vero che da un lato tali movimenti
rappresentano il sale stesso della democrazia e sono da ascoltare e guardare con attenzione e
rispetto quando non sfocino nella violenza più ingiustificata ed ingiustificabile, dall’altro
però si caratterizzano sempre più per la loro voglia di offrire delle ‘non risposte’ ai problemi
del presente e dell’immediato futuro”173.
Il medesimo ragionamento può essere agevolmente ricondotto alla questione della
realizzazione del gasdotto TAP. Se da un lato i procedimenti di concertazione e di confronto
con le comunità locali rimangono un fattore imprescindibile, risulta altrettanto vero che
“decidere di non decidere” non rappresenta una strada oramai più percorribile. In un’Italia
che reclama a gran voce un maggiore sviluppo economico ed un ritorno al ruolo
internazionale che le compete, una politica del “consenso a breve termine”, che mette a
tacere le problematiche di oggi procrastinando costantemente quelle ben più serie a cui
dovremo trovar risposta domani, può essere solamente dannosa. Il problema energetico
italiano è una realtà che non può essere ignorata. A chiederlo sono, in primis, le aziende e le
imprese del nostro paese, costrette a subire un forte gap di competitività rispetto ad altre
nazioni europee per via degli elevati prezzi in bolletta, che ne limitano inevitabilmente le
possibilità di crescita. Oggi l’Italia risulta, dunque, soffocata dalle sue contraddittorie
aspirazioni che la vedono stretta nella morsa di quanti intendono rinnovare e proiettare il
Paese in una nuova era e quanti, invece, intendono preservare lo status quo. Non si intende,
con tali parole, svilire la causa ambientalista attribuendole in maniera semplicistica
posizioni anti-progressiste, ma si desidera rimarcare la sete e la necessità in questo paese di
un’assunzione di responsabilità e di scelte coraggiose che riportino fiducia nelle proprie
potenzialità. L’Italia è ad un bivio, che la vede attanagliata tra interrogativi in merito al suo
ruolo in Europa, alle sue responsabilità nei confronti dei cittadini e alla visione di se stessa
per gli anni a venire. Per troppo tempo il momento delle decisioni è stato rimandato,
trincerandosi in un immobilismo che ha portato, alla lunga, alla stagnazione. Il tempo per
stabilire la strada da intraprendere è questo, prima che, schiacciata da un rilancio economico
lungamente atteso ed invocato ma mai veramente raggiunto, l’Italia non venga costretta a
scegliere, vedendo la sua gamma di opzioni ridursi drasticamente e diventando attore
passivo della sua stessa rotta.
173 Di Michele P., Tap, ecco come la stampa meridionale inizia a smarcarsi dall’ambientalismo ideologico, in www.formiche.net, 2 febbraio 2015.
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