Tesi i valori aziendali come opportunità di business cristina felice civitillo
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Università degli Studi
Suor Orsola Benincasa - Napoli -
FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA
IN
COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE E DI IMPRESA
TESI DI LAUREA
IN
FORMAZIONE E POLITICHE DELLE RISORSE UMANE
I valori aziendali come opportunità di business
RELATORE CANDIDATA Cristina Felice Civitillo
CH. MO PROF. Francesco Perillo MATRICOLA 076/000034
Anno Accademico 2005-2006
2
Indice
Introduzione pag. 5
1. Quadro teorico: evoluzione della teoria di impresa e del concetto di valore pag. 15
1.1 Riflessioni sulle finalità dell’impresa pag.17
1.2 Dal valore ai valori pag. 23
1.3 Corporate culture pag. 28
1.4 Managing by values pag. 32
1.5 Corporate culture and performance pag. 43
1.6 Brand e valore pag. 52
2. Corporate Social Responsibility motore di sviluppo economico e civile della società
pag. 59
2.1 Implicazioni, concetti connessi, aree di intervento, normativa pag. 64
2.2 Responsabilità sociale in Italia: l’indagine dell’ISVI pag. 70
2.3 Il sentiero europeo della Responsabilità sociale pag. 75
2.4 Lo scenario internazionale nell’indagine Eurisko pag. 83
2.5 Aree critiche, proposte e formazione pag. 87
3. Bilancio Sociale quale strumento per esplicitare la creazione del valore sociale pag. 90
3.1 La Pubblica Amministrazione e le esigenze di accountability pag. 96
3.2 Sanpaolo: meno banca più persone pag.106
Conclusioni pag.117
Bibliografia pag.120
3
Se non puoi essere un pino sul monte,
sii una saggina nella valle,
ma sii la migliore piccola saggina
sulla sponda del ruscello.
Se non puoi essere un albero,
sii un cespuglio.
Se non puoi essere un'autostrada
sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole,
sii una stella.
Sii sempre il meglio
di ciò che sei.
Cerca di scoprire il disegno
che sei chiamato ad essere,
poi mettiti a realizzarlo nella vita.
Martin Luther King
4
Introduzione
La dematerializzazione dell’economia accompagnata dall’affermazione di modelli
organizzativi reticolari e di imprese virtuali, il ruolo distintivo dei knowledge workers e degli
intangible assets, in un contesto che si contraddistingue per un’elevata intensificazione delle
spinte competitive con la conseguente enfasi sulla rapidità, sulla qualità, sul servizio, e sulla
tensione all’innovazione, sono solo alcuni tra gli elementi che contribuiscono a rendere
evidente il ruolo della conoscenza.
In tale contesto socioeconomico, le componenti immateriali delle organizzazioni
rappresentano un fattore determinante nella costruzione di un solido vantaggio competitivo,
di conseguenza i driver per determinare il valore d’impresa vanno ripensati e aggiornati
rispetto ad un nuovo modo di fare business e ad una visione globale dell’azienda nel mutato
contesto sociale.
L’approccio vincente sembra essere la valorizzazione dei comportamenti etici verso i quali i
mercati sono sempre più sensibili e che garantiscono il massimo profitto. Questa visione
mette in gioco la cultura più profonda del management che deve essere in grado di esprimere
valori di riferimento reali, concreti e raggiungibili, trainanti e motivo d’orgoglio per tutti gli
appartenenti all’azienda, nonché oggetto di ammirazione e rispetto per chi ne viene in
contatto dall’esterno.
A rafforzare questa tesi si inseriscono le considerazioni di Samuel J. Palmisano, CEO
dell’IBM a partire dal 2002, nel corso di un’intervista rilasciata alla Harvard Business
Review: «An organic system, which is what a company is, needs to adapt. We think values
are what enable you to do that. They let you change everything: from your products to your
strategies to your business model, but remain true to your essence, your basic mission and
identity… I believe values can help guide us through major change and meet some of the
formidable challenge we face. I feel that a strong value system is crucial to bringing together
and motivating a workforce as large and diverse as ours has become» 1.
Il valore dell’impresa è un concetto pluridimensionale che comprende sia la dimensione
economica, sia quella etico- sociale.
La dimensione economica si riferisce alla capacità dell’impresa di conseguire una redditività
allineata alle sue prospettive di crescita, remunerando adeguatamente i mezzi propri e i mezzi
di terzi.
1 Hemp P., Stewart T. A., “Leading Change When Business Is Good”, Harvard Business Review, Dec2004, Vol. 82, p60.
5
La dimensione etico- sociale si riferisce, invece, alla capacità dell’impresa di ottenere fiducia
e consenso duraturo da parte dei cosiddetti stakeholders, ovvero di tutti quei soggetti che a
diverso titolo sono coinvolti o interessati alla sua gestione (dipendenti, clienti, fornitori,
azionisti, stato-enti, collettività). L’attento governo di questo sistema di relazioni e di
aspettative consente all’azienda di ottenere dal contesto le risorse ed i contributi essenziali per
il perseguimento delle proprie finalità e la continuazione nel tempo dell’attività. Se in campo
filosofico- morale l’etica ha per oggetto l’azione volontaria e responsabile dell’uomo in
rapporto ai valori, in campo economico essa può essere intesa come “fare bene” il proprio
lavoro, in modo consapevole e responsabile, nel rispetto delle leggi, delle regole
deontologiche, dei principi e degli obiettivi che la società democraticamente si è data.
Traducendo questo in termini concreti, significa apportare un valore aggiunto alla collettività,
in un orizzonte temporale ampio. Ciò non è in conflitto con la naturale tensione delle imprese
al profitto, ma anzi congiunge gli interessi individuali e quelli collettivi in una visione di
crescita a beneficio di tutti. Infatti, «… values inject balance in the company’s culture and
management system: balance between the short- term transaction and the long- term
relationship, balance between the interests of shareholders, employees and client. In every
case, you have to make a call. Values help you make those decisions in a way that is
consistent with your culture and brand, with you are as a company» 2.
Un’azienda che si ispira a canoni etici tende a migliorarsi, a valorizzare le risorse di cui
dispone, a soddisfare la clientela e a riflettere la propria cultura nei rapporti esterni: in sintesi
a divenire soggetto attivo e partecipe dello sviluppo dell’economia e della società.
A partire dagli anni Novanta si è assistito a un crescente aumento del divario tra il valore di
mercato delle imprese ed il loro valore contabile. Se negli anni Ottanta si stimava che il 40%
del valore di mercato di un’azienda non trovava un effettivo riscontro nel bilancio di
esercizio, alla fine degli anni Novanta tale percentuale si è attestata al 70%. Osservando
questi dati risulta palese che l’investimento nel capitale intangibile ha assunto un peso
determinante nella gestione aziendale e che i tradizionali sistemi di accounting non sono più
in grado di fornire al mercato indicatori esaustivi sull’effettivo valore d’impresa.
Prima di proseguire, è bene puntualizzare che per capitale intangibile si intende il patrimonio
di competenze ed esperienze, la propensione allo sviluppo delle relazioni, la creazione di
spirito di gruppo attraverso la motivazione dei singoli, il forte orientamento all’innovazione e
la condivisione di fattori di successo. Tutti obiettivi perseguibili attraverso l’investimento in
cultura, uno strumento prezioso proprio perchè capace di agire sugli asset immateriali
dell’impresa, fattori essenziali per emergere in un mercato fatto di prodotti sempre più
2 Ibidem.
6
omologati, caratterizzato da una concorrenza agguerrita e target di clienti difficili da
intercettare 3.
Tuttavia molti imprenditori tendono ancora considerare le risorse investite in cultura alla
stregua di un gesto personale avulso dalle politiche d’impresa; alcune organizzazioni che
utilizzano la corporate culture non hanno chiara cognizione della funzionalità
dell’investimento effettuato; infine esiste una sorta di pigrizia da parte delle aziende nel
focalizzare l’attenzione sugli obiettivi strategici raggiungibili attraverso l’investimento
culturale.
Solo attraverso un radicale cambiamento di prospettiva tale investimento potrà essere
sfruttato nelle sue potenzialità, deve subentrare una fase di comunicazione etica e
responsabile, di gestione simbolica dell’impresa in grado di far emergere ed esaltare l’anima
dell’azienda.
«Comunicare valori e visioni significa costruire performativamente progetti e culture
d’impresa in modo coerente e non schizofrenico. L’anima dell’impresa è l’integrità del senso
e dei significati agiti e professati. Ma questi processi non possono non marciare sulle gambe,
sul cuore e sui cervelli delle persone», così sottolinea Walter Passerini in un articolo apparso
su Hamlet 4.
Punto dolente delle politiche di comunicazione dei valori è l’incoerenza tra l’interno e
l’esterno: tra una comunicazione di ascolto delle istanze provenienti dall’interno e una
comunicazione volta all’ascolto delle opportunità esterne. Comunicare l’anima dell’impresa
significa stabilire un nesso, un legame coerente tra il piano di comunicazione interna e il
piano di comunicazione esterna; significa tornare alle origini dell’impresa, alla sua fase
nascente, al suo Dna, al mito dell’impresa. È qui che nasce l’anima, l’imprinting. È dal genius
loci che si scoprono le radici, e attraverso le radici si connettono memoria e futuro 5.
Comunicare i propri corporate values, scacciando il dubbio della mera sponsorizzazione
culturale, significa rivolgersi alle persone che lavorano nelle imprese, le quali sono portatrici
di valori, stili e significati di cui bisogna tener conto, «comunicare significa mettersi in
diapason con le persone e con la società»6, comunicare i valori aziendali palesa la
condivisione e la corresponsabilità nei progetti.
Se infatti le aziende si sono sempre poste come obiettivo la fidelizzazione del cliente esterno,
oggi diventa prioritario stabilire un nuovo accordo con il cliente interno, il quale acquista
dall’azienda il suo posto di lavoro e il ruolo organizzativo, dando come corrispettivo la sua
prestazione professionale.
3 Bondardo M., “Investimento in cultura e nuovi valori immateriali”, L’Impresa, n. 3/2005, pag. 65.
4 Passerini W., “Il mestiere di comunicare”, Hamlet, n. 4/2005, pag. III.
5 Ibidem.
6 Ibidem.
7
Nasce così un diverso rapporto tra azienda e dipendente, i quali stipulano un “contratto
psicologico” che, oltre ai diritti e doveri di fonte normativa, costituisce il legame tra
individuo e organizzazione e ad esso si ispirano comportamenti, aspettative, modi di operare
nelle imprese.
Il dipendente va capito, motivato, orientato, solo così si realizza il passaggio da lavoratore
subordinato, secondo il modello taylorista, che ha l’obbligo di lavorare, a un dipendente-
cliente, che secondo i principi della learning organization, gradisce lavorare e quindi è
maggiormente propenso a dare il suo contributo professionale, a collaborare alla
realizzazione degli obiettivi aziendali, ad essere fidelizzato al sistema in cui è inserito come
dimostra la sintesi realizzata nella seguente figura 7:
NON SOLO… … MA ANCHE
Lavoratore subordinato Lavoratore “cliente”
Ha il dovere di lavorare Gradisce lavorare
Produce È produttivo
Fidelizzare un dipendente come un cliente significa creare le condizioni per un continuo e
consapevole rinnovo della scelta compiuta al momento dell’assunzione, dando per scontato
che la non riconferma da parte del dipendente stesso può costituire un grave danno per
l’azienda, grave forse più della perdita di un cliente.
Da questa impostazione consegue un nuovo approccio alle tematiche relative alla gestione
del personale, con un’impostazione simile a quella con cui si affronta il mercato esterno.
Conoscere la “domanda”, utilizzare la segmentazione, misurare le performance sul mercato,
gestire il marketing mix, sono tutti concetti che oggi possono essere applicati alla realtà
interna delle aziende, come semplificato in questo schema 8:
7 Autieri E., “Management delle risorse umane”, Guerini e Associati, 1998.
8 Ibidem.
VA
ORGANIZZATO
DISCIPLINATO
CONTROLLATO
VA
CAPITO
ORIENTATO
MOTIVATO
8
Gestione del marketing- mix interno
Sviluppo delle politiche del personale
o avente una base comune, ma con successive
differenziazioni per ogni segmento di popolazione;
flessibile.
Sviluppo delle specifiche del servizio
o in chiave economico-normativa;
o definizione dell’immagine aziendale a fronte di ogni
segmento di popolazione.
Prestazioni richieste al dipendente
o sulla base della retribuzione;
o sulla base delle prestazioni richieste ai vari segmenti
(concorrenza interna);
o sulla base dei trattamenti fatti dalle aziende concorrenti.
Comunicazione
o forti spinte alla comunicazione interna top e bottom;
o costruzione dell’immagine con un piano articolato di
mezzi, canali e messaggi.
Promozione
o politiche di incentivazione monetaria e non, per target di
risultato, qualità, innovazione…
o ampia gamma di promozioni:trend attraverso la
costruzione di appartenenza su valori comuni.
Integrazione su obiettivi aziendali
o ruolo, formazione, efficacia dei capi e della funzione del
personale; stile di leadership, capacità di coinvolgimento
e di supporto, creazione di valore…
9
Un’abilità nuova del management, come quella anticipata nel 1973 da Peter Drucker,
secondo il quale deve «… realizzare lo scopo specifico e la missione dell’organizzazione;
rendere il lavoro produttivo e il dipendente in grado di produrre risultati; gestire gli impatti
sociali e la responsabilità sociale» 9.
È dunque necessario intervenire su alcune ramificazioni di una comunicazione culturale
profonda, quale la Corporate social responsibility e il Bilancio sociale, che evidenziano il
superamento della logica della sponsorizzazione occasionale in cui la cultura era un lusso che
l’impresa poteva concedersi per ottenere un temporaneo ritorno di immagine, a favore delle
politiche che individuano nell’investimento culturale una risorsa competitiva capace di
costruire un’identità forte e riconoscibile, differenziare il brand, qualificare le relazioni
interne ed esterne, stimolare la produzione di un “nuovo pensiero”.
Le strategie improntate alla Responsabilità sociale e alla stesura del Bilancio sociale, non
sono in contraddizione con la razionalità economica e di mercato, in quanto le imprese
conseguono un successo più stabile e duraturo in termini di valore di mercato, qualità di beni
e servizi, capacità di trattenere persone con elevata competenza e professionalità, rapporti di
collaborazione con fornitori e alta soddisfazione dei clienti proprio se mettono in pratica tali
mezzi.
Questo nuovo modo di concepire l’impresa strettamente collegata alla società e alle sue
dinamiche, dipende dall’evoluzione dei valori e dei comportamenti economici e sociali,
dall’emergere di alcuni valori fondanti, radicati specialmente nella cultura europea che
accanto al valore dell’individuo riconosce il «valore ed il ruolo delle comunità» 10
.
Lo scopo di questo studio è determinare se esiste una relazione tra i corporate values e la
performance economica di lungo periodo dell’azienda e, qualora vi sia, chiarire la natura di
questa relazione, esplorandone le motivazioni e verificando in che modo possa essere
argomentata la corporate performance.
Bisogna comunque, partire dall’assunto che l’impresa, per sua natura, è un istituto creato per
produrre ricchezza, dunque, qualsiasi sia la finalità che intende perseguire (sociale,
tecnologica, personale, di potere, di prestigio…) dovrà coniugarsi con l’esigenza di
redditività e con una continua tensione verso l’economicità. Pertanto il profitto non va
demonizzato, ma considerato quale parametro per valutare il successo di un’azienda e quale
presupposto per perpetuarne l’esistenza 11
.
9 Drucker Peter F., “People and Performance”, 1973.
10 Borgonovi E., “La Responsabilità Sociale dell’Impresa: il ruolo della Formazione Manageriale”, atti della terza Giornata della
Formazione Manageriale ASFOR. 11
Digiacomo N., “Finalità di impresa ed economicità”, L’Impresa, n. 1/2006, pag. 40.
10
Poiché esso si consegue attraverso il raggiungimento di livelli progressivi di efficienza e
questi sono sostenibili solo attraverso l’innovazione, la creatività e lo spirito imprenditoriale,
ne deriva che il rispetto e la valorizzazione delle persone sono le leve su cui agire.
Queste considerazioni vengono supportate, nel primo capitolo di questa tesi, dall’evoluzione
delle teorie di impresa e del concetto di valore, oltre che dagli studi compiuti da oltre un
decennio da Kenneth Blanchard, Micheal O’ Connor e John Kotter.
Nel secondo capitolo l’attenzione viene posta su due strumenti adottati dalle organizzazioni
per condividere con gli stakeholders i propri valori, creare spirito di identificazione e
motivazione, oltre che per rafforzare i propri risultati economici di lungo periodo: la
Responsabilità sociale e il Bilancio sociale, i quali verranno analizzati con riferimento a due
esperienze italiane appartenenti a contesti molto lontani, il percorso della Pubblica
Amministrazione e quello del gruppo Sanpaolo.
Nelle conclusioni verrà infine evidenziato il ruolo di guida che i valori aziendali assumono
per rispondere ai continui cambiamenti dei mercati e a scenari sempre più competitivi,
prefigurando i vantaggi di lungo periodo che perseguiranno le organizzazioni che hanno già
intrapreso questo percorso.
11
1. Quadro teorico: evoluzione della teoria di impresa e del concetto di valore
La valenza epocale delle trasformazioni avviate dalla diffusione dell’economia della
conoscenza, in cui le competenze e le capacità relazionali costituiscono il tessuto connettivo
del sistema organizzativo, è sotto gli occhi di tutti. la conoscenza diviene sempre più il
fattore produttivo dominante e il valore percepibile dal cliente si genera dall’innovazione,
ovvero dall’uso creativo della conoscenza stessa. Ciò ha determinato cambiamenti radicali
nelle regole della competizione e del far impresa: lo sfruttamento de capitali legati al sapere,
la riflessione strategica su territori d’azione globale, la compressione dei costi, la riduzione
del time to market12
.
L’orientamento strategico di ciascuna organizzazione è rappresentato dal complesso di valori
posti alla base della vita aziendale. Ciascuna azienda può perseguire dei valori di fondo
caratteristici connessi al ruolo da rivestire nella società, ai bisogni da soddisfare, ai principi
etici da diffondere e far applicare all’interno dell’organizzazione.
L’orientamento strategico si lega alla vision dell’attività aziendale, la quale è «… a
combination of three basic elements: 1) the reason for existence beyond just making money,
2) timeless core values, and 3) audacious but achievable aspirations» 13
.
Le dimensioni costitutive della vision e le influenze che essa esercita possono essere così
rappresentate:
12
Antonelli C., Deiana A., “Il professionista va in rete”, L’Impresa, n. 1/2006, pag. 31. 13
Collins J., “Aligning with Vision and Values”, Leadership Excellence, Apr2006, Vol. 23, p. 6.
12
Il tema dei valori assume una grande rilevanza in quanto concerne la filosofia della presenza
dell’impresa nell’ambiente e sul mercato, nonché la coerenza dei comportamenti all’interno e
all’esterno della struttura aziendale.
Le imprese incorporano dei valori che derivano dalla propria storia, in origine essi sono
quelli espressi dalla proprietà a cui si aggiungono e talvolta sostituiscono quelli nati dal
coinvolgimento degli stakeholders. Tali valori hanno una duplice matrice, economica ed
etica, e rappresentano la cultura che l’impresa trasferisce a coloro che vi si inseriscono, una
cultura che può esser modificata per effetto di valor individuali trasferiti nei comportamenti
organizzativi. È intuibile che più forte è la leadership aziendale, più codificati sono i principi
di comportamento dell’organizzazione, minore è il rischio di uno stravolgimento del
patrimonio culturale preesistente.
Allorché si afferma che ogni impresa ha una sua cultura si vuole rimarcare l’aspetto dei
valori che ne permea l’operatività, valori che sono alla base del suo successo imprenditoriale
14.
L’organizzazione dei valori si manifesta come una strategia per aggiornare il valore prodotto;
gli stessi valori si ripropongono alla stregua di risorse imprenditoriali e di competenze
necessarie per vincere le sfide competitive sui mercati.
Far crescere il patrimonio conoscitivo e valoriale all’interno dell’azienda richiede la
creazione di “catene della conoscenza”, attraverso le quali le informazioni si producono, si
diffondono, si memorizzano, diventano patrimonio condiviso e non dei singoli. Per produrre
conoscenza occorre stimolare le occasioni di apprendimento mediante una leadership
efficace che crei continue opportunità di crescita per le risorse umane all’interno della
struttura aziendale. La qualità degli uomini costituisce l’attività intangibile per eccellenza
nell’ambito del patrimonio aziendale.
Capitalizzare i beni intangibili determina il vero valore per l’azienda, la via aziendale
all’eccellenza è data dall’interazione di processi, persone e tecnologie come dimostrato in
questo schema15
:
14
Sciarelli S., “Economia e gestione dell’impresa”, Cedam, Padova, 2002. 15
Petrash G., 1996
Capitale
Organizzativo
Capitale
Relazionale
Capitale
Umano
VALORE
13
Il triangolo centrale dello schema rappresenta l’area in cui si concentra la creazione di valore
per l’impresa: tra i valori intangibili racchiusi nel capitale umano vi sono i valori aziendali
che costituiscono il sostrato per la creazione del capitale umano secondo un percorso
iterativo. Questa rinnovata attenzione ai valori aziendali, all’interpretazione di valori morali
come risorsa da rendere visibile per approdare a un comportamento capace di restituire
all’azione anche valenze di efficacia sociale oltre che di efficienza economica, si fa largo
dopo le innumerevoli crisi aziendali degli ultimi venti anni, dopo la rivisitazione delle teorie
sulle finalità imprenditoriali, l’evoluzione del concetto di valore e i legami tra corporate
values e performance analizzati da Blanchard e Kotter e qui di seguito presentati.
1.1 Riflessioni sulle finalità dell’impresa
Secondo la definizione proposta da Sciarelli, «un’impresa è un’organizzazione economica
che, mediante l’impiego di un complesso differenziato di risorse, svolge processi di
acquisizione e di produzione di beni e servizi, da scambiare con entità esterne al fine di
conseguire un reddito» 16
.
Il punto di partenza nello studio della gestione aziendale non può che esser rappresentato
dagli scopi che spingono alcuni soggetti ad organizzare e governare un’attività produttiva.
Secondo la teoria della massimizzazione del profitto, la finalità del soggetto economico è il
perseguimento del profitto, considerato come entità composita in cui rientrano il compenso
del lavoro imprenditoriale, il premio per il rischio, la contropartita dell’innovazione ed
eventualmente, la rendita connessa alla posizione monopolistica, tutti questi vantaggi
spettano all’imprenditore quale corrispettivo per il fronteggiamento dell’incertezza
naturalmente connessa all’iniziativa economica. L’unico parametro con cui si misura il
successo di un’azienda è da ricercarsi nell’aumento del valore economico, espresso dagli
scambi di mercato.
La critica più acuta rivolta a tale teoria proviene dagli economisti sociali, i quali hanno
rilevato che essa non è più in auge a causa della dissociazione tra la proprietà e la gestione
dell’azienda. Poiché la gestione è affidata a dirigenti e tecnocrati, vi è stato un cambiamento
dei fini come rilevato dalla teoria della sopravvivenza aziendale. I dirigenti sono infatti
preoccupati della sopravvivenza, di assicurare continuità all’organismo aziendale agendo su
16
Sciarelli S., “Economia e gestione dell’impresa”, Cedam, Padova, 2002.
14
due fronti: puntare al profitto come mezzo per irrobustire la struttura patrimoniale
dell’impresa e rifiutare attività gestionali con coefficienti di rischio che possano porre in
pericolo la vita dell’organizzazione. Uno dei sostenitori di tale approccio è stato Drucker il
quale legava il perseguimento degli obiettivi di sopravvivenza alla posizione occupata nel
mercato, alle innovazioni, alle risorse umane e finanziarie a disposizione e alla redditività, in
quanto fonte dello sviluppo e dell’incremento di patrimonialità dell’impresa.
È con la formulazione della teoria della creazione e diffusione del valore che si compie un
salto sostanziale poiché la finalità della generazione del valore risponde agli obiettivi di tutti i
partecipanti all’impresa, e non soltanto a quelli dell’imprenditore proprietario o del manager.
“Creare valore” significa accrescere la dimensione del capitale economico, cioè il valore
dell’impresa intesa come investimento. Tale valore per essere percepito e misurato dagli
azionisti deve passare anche nel valore di mercato, cioè trasferirsi sui prezzi delle azioni 17
.
Legata alla teoria del valore è la filosofia del Total Quality Management, rivolta al controllo
e all’intervento sui processi attuati dall’impresa per mirare al loro miglioramento qualitativo,
con lo scopo di rafforzare l’immagine aziendale. Il rimando è al tema dell’investimento
immateriale quale via obbligata per far crescere il valore economico dell’impresa.
La funzione del capitale non può esaurirsi nella ricerca di un risultato economico
temporaneo: chi possiede un capitale deve usarlo per promuovere sviluppo e progresso,
attraverso la costituzione di un solido sistema di valori attorno ad una visione imprenditoriale
di successo, per l’azienda e per la società in generale perché è forviante ritenere l’impresa un
istituto chiuso, che non interagisce con l’esterno, che non stimoli crescita ed integrazione.
Questa riflessione sulle finalità dell’impresa è imperniata su due principi:
1. l’impresa deve esser vista come luogo di cooperazione, condivisione di alcuni
valori di fondo, un istituto nel quale i vari portatori di interesse possono ottenere
remunerazioni, e non l’arena in cui si consumano laceranti conflittualità;
2. l’impresa assolve una specifica funzione sociale, quella di favorire lo sviluppo
della società in cui essa è inserita.
Il ruolo di motore dello sviluppo collettivo ha luogo qualora l’accumulazione di capitale,
ossia il perseguimento del risultato economico positivo, sia accompagnata da un
investimento costante in tecnologie e know-how per attivare processi virtuosi di innovazione
e dinamismo, e da un accumulo di conoscenza organizzativa, intesa come capacità di
accogliere, valorizzare e sfruttare il flusso di risorse e competenze che continuamente
17
Ibidem.
15
l’impresa assorbe 18
. Il proficuo scambio tra società civile e impresa è stato acutamente
rappresentato da Nunzio Digiacomo facendo ricorso a tale figura:
L’evoluzione fondamentale nella teoria d’impresa è segnata dal passaggio dalla visione
imprenditoriale a quella sociale. Un’impresa per le funzioni che è chiamata a svolgere, per le
risorse che attinge dall’ambiente, per l’impatto che può esercitare sul clima sociale della
comunità e sulla qualità della vita non può esser ritenuta come mera attività rivolta alle
finalità economiche dell’investitore- proprietario. «Essa deve esser considerata come un
sistema economico e sociale a cui prende parte un pluralità di attori, che deve esser guidato
in funzione di un giusto equilibrio tra obiettivi economici e responsabilità sociali. La
rilevanza sociale dell’impresa cresce in rapporto alle ricadute esercitate nel contesto in cui
opera, mentre quella economica si lega alla ricchezza creata con la sua attività» 19
.
Nella “multipurpose social institution”, la dicotomia tra principi economici e sociali deve
trovare un punto di equilibrio per consentire all’impresa di interpretare e rispondere
adeguatamente alla varietà di bisogni collegati al suo funzionamento.
Si fa largo la teoria degli stakeholders, che postula il coinvolgimento di tutti i portatori di
interessi quale attività primaria per l’imprenditore, in quanto da questa relazione vengono
influenzati i risultati della gestione aziendale.
Un modo per classificare gli stakeholders è quello che fa riferimento a:
stakeholders amichevoli (supportive);
stakeholders ostili (non-supportive);
stakeholders non orientati (mixed blessing);
stakeholders marginali (marginal).
18
Digiacomo N., “Finalità di impresa ed economicità”, L’Impresa, n. 1/2006, pag. 40. 19
Sciarelli S., “Economia e gestione dell’impresa”, Cedam, Padova, 2002.
16
Una metodologia per impostare un sistema di relazioni efficiente ed efficace consiste nel
definire una matrice con il potenziale di rischio e il potenziale di cooperatività rappresentato
dagli stakeholders per avere un quadro chiaro e immediato della situazione e poter prendere
le relative decisioni manageriali.
Individuare gli stakeholders, stabilirne il peso prioritario, valutarne gli interessi e orientare di
conseguenza la mission dell’impresa, sono passaggi di fondamentale importanza nel disegno
del progetto strategico da perseguire. Il nuovo sistema di relazioni si andrà definendo come
nella seguente figura:
In sintesi, le teorie più recenti considerano l’impresa come una istituzione il cui fine è quello
di contribuire allo sviluppo equilibrato e sostenibile dell’intera società, tramite l’incremento
di conoscenze e competenze, nella produzione di beni, servizi e risposte ai bisogni della
collettività in modo efficiente, ovvero senza lo spreco di risorse limitate.
La riflessione sulle finalità d’impresa viene influenzata anche dai filoni di pensiero
dominanti in Italia negli anni Ottanta: quello marxista e quello cattolico- tradizionalista.
Il primo negava che l’impresa fosse un soggetto autonomo e si adoperava per inglobarla
all’interno dell’“economia di comando” in cui imperavano una sovrapproduzione di merci che
restano invendute e di capitali non impiegati, i salti tecnologici e organizzativi, le modifiche
strutturali che incidevano, secondo questa posizione, negativamente sull’espansione delle forze
produttive; il secondo non comprendeva la distinzione tra impresa e ricchezza, tutto
l’ammonimento contro la ricchezza era diretto all’impresa, senza intendere che essa non coincide
con la ricchezza, semmai è un istituto che produce lavoro, attività, innovazione, sviluppo, quindi
in ultima istanza benessere per la collettività. Questi due filoni di pensiero hanno gravato sullo
scenario culturale impedendo che si affermasse quella concezione di impresa quale motore di
17
sviluppo economico, solo negli ultimi anni tali ostacoli sono stati rimossi, in quanto implosi per
l’incapacità di interpretare e rappresentare una società complessa come quella attuale, ed hanno
lasciato spazio a nuovi dialoghi sui temi dell’impresa.
Si è affermata, dunque, la concezione che l’impresa non si riduca al capitale, al potere o alla
ricchezza, ma che costituisca un soggetto complesso che svolga all’interno della società la
funzione di incrementare l’innovazione. Sviluppo economico e sviluppo sociale sono intimamente
connessi: non vi può essere sviluppo economico se chi ne è l’attore non è impegnato e
consapevole che tale progresso e quello civile sono due facce della stessa medaglia 20
.
Questo principio era già presente nell’Illuminismo milanese, in quello napoletano e in parte delle
riflessioni settecentesche, fino a Carlo Cattaneo, il quale nel 1860 scriveva «Non v’è lavoro, non
v’è capitale che non cominci con un atto d’intelligenza… la volontà è il principio di ricchezza
quanto l’intelligenza». Ed è proprio un atto di volontà e di intelligenza che deve portare a
riscoprire i valori imprenditoriali sui quali improntare lo spirito di impresa che guida l’azione
finalizzata agli obiettivi da perseguire.
1.2 Dal valore ai valori
Il termine valore indica tutto ciò che è oggetto di preferenza o di scelta, fin dall’antichità tale
parola fu adoperata per denotare l’utilità o il prezzo di beni materiali e la dignità o il merito delle
persone.
Il tema dei valori era centrale nell’analisi degli economisti classici, quale problema di misurazione
di quantità merceologicamente eterogenee al fine di definire per ogni bene il suo valore di
scambio, ovvero la quantità di un bene o moneta che si cede per ottenere un altro bene o servizio
di cui si necessita, e calcolare una corretta distribuzione della ricchezza accumulata rispetto alle
spese sostenute. Per questi studiosi l’elemento che consentiva di rendere omogenee grandezze
differenti tra loro era il lavoro umano, per cui si parlava di una “teoria del valore-lavoro” da cui
derivava una teoria dei prezzi fondata sul lavoro impiegato e sul costo di produzione.
Per gli economisti marginalisti, invece, l’elemento di misurazione del valore era l’utilità, che
diventava la base per la determinazione del prezzo; tale nozione di valore faceva riferimento a una
valutazione soggettiva dei diversi beni, in particolare all’utilità marginale riferita alle ultime unità
consumate dagli stessi.
La differenza tra le due impostazioni era radicale: mentre la prima si riferiva a condizioni
oggettive di produzione, la seconda pone l’attenzione sulle condizioni soggettive della domanda.
20
Ibidem.
18
Molti autori hanno approfondito e proposto il concetto di valore, qui di seguito verrà presentato un
breve excursus per delineare quelli che sono i contributi più pregnanti.
Adam Smith (1723- 1790) nella sua “Indagine sulla natura e sulle cause della ricchezza delle
nazioni” (1776), così affermava «Si può osservare che la parola valore ha due differenti
significati: talvolta esprime l’utilità di qualche particolare oggetto e talaltra il potere di acquistare
altri beni che il possesso di questo bene conferisce. L’uno può esser detto “valore d’uso”, l’altro
“valore di scambio”. Le cose che hanno il massimo valore d’uso spesso hanno scarso o alcun
valore di scambio; al contrario quelle che hanno il massimo valore di scambio hanno
frequentemente scarso o alcun valore d’uso» 21
.
Il merito dell’economista inglese David Ricardo (1772- 1823) è aver separato l’economia
dall’etica e di aver costruito un sistema in cui le leggi non hanno più l’impronta né della filosofia
naturale né di quella morale. Tutta l’economia fu considerata in termini di scambio; ogni processo
economico, come produzione, circolazione, distribuzione, va considerato in rapporto al valore
oggettivo e ai prezzi dei beni oggetto di scambio. La teoria del valore divenne il perno di tutta la
dottrina classica. Come Smith, Ricardo ritenne quale fondamento del valore il lavoro, ma distinse
il valore d’uso da quello puramente di scambio. Vi sono beni che derivano il loro valore
dall’utilità, che cambia con il variare delle ricchezze e del desiderio di possedere dei beni: altri che
derivano il loro valore dal lavoro necessario alla loro produzione.
La causa del valore è da ricondursi per Thomas Robert Malthus (1766- 1834) alla domanda e
all’offerta. Nell’analisi della domanda individuale egli intuisce il concetto soggettivo di utilità,
mentre nelle riflessioni sulle relazioni tra domanda e offerta apre una nuova prospettiva che
influenzerà Marshall nella stesura di “Principles”.
Nei tre libri del Capitale (1867), Karl Marx (1818- 1883) procede ad una trattazione sistematica
dei grandi temi dell’economia politica classica e della coeva rivoluzione industriale, elaborandoli
in un organico quadro concettuale: la dinamica di merce e denaro e della trasformazione in
capitale, la teoria del plusvalore (cioè il lavoro salariato supplementare non retribuito
dall’imprenditore capitalista) e la disamina del salario quale metamorfosi del valore e del prezzo
della forza- lavoro.
Un passaggio significativo è segnato dalla teoria soggettiva del valore dovuta alle riflessioni
dell’economista inglese Alfred Marshall (1842- 1924), il quale in Principles of Economy, si
emancipò da una visione statica del fenomeno economico ed affrontò il problema del
comportamento del consumatore elaborando, quale strumento analitico per tracciare la relazione
tra variazione di prezzo di una merce e quantità desiderata, la curva di domanda.
21
Smith A., “Indagine sulla natura e sulle cause della ricchezza nelle nazioni, 1776, in Dioguardi D., “Valori morali e valori
d’impresa: un’alleanza possibile”, L’Impresa, n. 3/2005, pag. 53.
19
Infine, per Vilfredo Pareto (1848- 1923) il concetto di valore è da intendersi come ofelimità,
ovvero come un rapporto di convenienza, che fa sì che un oggetto o un sevizio soddisfi un
bisogno o un desiderio, legittimo o meno. Pareto postula l’esistenza di un homo oeconomicus che
trasforma i beni o li scambia attraverso il criterio dell’utilità per conseguirne il massimo benessere
individuale.
A conclusione di questa disamina quale breve sintesi di come la questione si sia delineata nel
tempo si inserisce questa considerazione riportata nel Dizionario di Economia Politica «Il
contenuto del concetto di valore è stato tutt’altro che costante lungo la storia delle dottrine
economiche, anzi i cambiamenti di tale contenuto sono stati così radicali che un elenco delle varie
definizioni di volta in volta porta chi legge di fronte ad una diversità di opinioni …» 22
.
Se con la declinazione al singolare del termine si fa riferimento alla sfera dell’economia, con
quella al plurale si entra nel campo dell’etica e della morale. Infatti, con riferimento al tema dei
valori delle organizzazioni, il Grande Dizionario della Lingua Italiana edito dalla Utet riporta
questo significato «Tutto ciò che è degno di apprezzamento in ambito etico, sia in senso
soggettivo, in quanto oggetto di preferenza o scelta morale, mutevole a seconda degli individui e
delle epoche storiche, sia in senso oggettivo, come principio universale completamente
indipendente dai rapporti con l’uomo, assoluto e pertinente alla sfera del dover essere. Valore è, in
sintesi, tutto ciò che è riconosciuto degno di apprezzamento e dunque desiderabile in una
prospettiva etica …» 23
.
I valori richiamano comportamenti etici che un soggetto, individuo o impresa, manifesta
attraverso la sua azione operativa.
Patrick M. Lencioni, fondatore e presidente del “Table Group”, un’agenzia di consulenza
specializzata nello sviluppo di team esecutivi, organizza i valori in quattro categorie:
1. Core value sono principi profondamente assimilate che guidano tutte le azioni
dell’organizzazione, sono e pietre angolari della cultura dell’organizzazione.
2. Aspirational values sono valori che mancano allo stato attuale ma che l’azienda deve
sviluppare per seguire le nuove strategie e i cambiamenti del mercato.
3. Permission to play values riflettono i comportamenti e gli standard sociali richiesti ad ogni
impiegato.
4. Accidental values si presentano spontaneamente senza essere incentivati dalla leadership,
rispecchiano le personalità o gli interessi degli impiegati.
22
Napoleoni C., “Dizionario di Economia Politica”, in Dioguardi D., “Valori morali e valori d’impresa:un’alleanza possibile”,
L’Impresa, n. 3/2005, pag. 53. 23
Grande Dizionario della Lingua Italiana, Utet, in Dioguardi D., “Valori morali e valori d’impresa:un’alleanza possibile”,
L’Impresa, n. 3/2005, pag. 53.
20
Peters and Waterman in “In Search of Excellence” affermano che pochi valori condivisi creano
una cornice all’interno della quale le persone sanno come agire e hanno delle stabili aspettative su
ciò che effettivamente conta. Senza questo framework ogni decisione sembra esser pesa per la
prima volta e le persone si trovano circondate da sciocchezze perché non esistono norme culturali
condivise, come si può leggere anche nelle parole di Kanter, «If you have emotional and value
commitment between people and organisation, then people feel that they belong to a meaningful
entity and can realise cherished values for that organisation by their contributions».
Nel libro “If Aristotle Ran General Motors”, l’autore, Tom Morris, afferma che la vita di ogni
individuo si fonda su quattro valori trascendentali: la verità, la bellezza, la bontà e l’unità, che
sono ascrivibili anche alle organizzazioni «For corporations, truth means taking explicit steps to
ensure that truthful information (i.e., reflecting reality) is provided to all stakeholders at all times.
This includes information within financial statements and all information communicated through
various channels… There is a beauty to be experienced in solving a problem elegantly, in creating
a business structure and there is beauty in providing acknowledged excellence or quality in a
service or product… In a corporate environment, goodness is demonstrated by the explicit
corporate commitment to acting in an ethical manner. Although this includes codes of ethics and
whistleblower policies that are clearly written, understood and appropriately applied, it does not
end there — it includes corporate leaders setting the right tone at the top by personally
demonstrating their commitment to ethics and taking steps to explicitly encourage goodness by
employees through tangible recognition and rewards for moral and ethical behaviour… Unity in a
corporate context means helping people fulfill their deep need for a sense of the following:
uniqueness as individuals; union with something greater than the self; usefulness to others;
understanding about the work they do» 24
.
Per affermare i valori un’organizzazione deve:
o trovare dei valori che rispecchiano la sua essenza e mettere in atto un cambiamento
per farli radicare;
o rivedere gli scopi e procedere ad un allineamento;
o comunicarli a tutti gli stakeholders e dichiarare il proprio commitment;
o creare un processo di revisione continua attraverso interviste, audit o assessment
per verificare i comportamenti interni e dei portatori di interesse;
o includere i risultati nel rapporto annuale nella sezione scorecard o nella
responsabilità sociale;
o adoperare i valori per selezionare, trattenere e promuovere il personale.
24
Morris T., “If Aristotle Ran General Motors”, in Wolfe M., “Corporate values”, CA Magazine, Oct2005, Vol. 138, p51.
21
«Values can set a company apart from the competition by clarifying its and serving as a rallying
point for employees. But coming up with strong values –and sticking to them– requires real guts.
Indeed, an organization considering a value initiative must first come to terms with the fact that,
when properly practiced, values inflict pain. They make some employees feel like outcasts. They
limit an organization’s strategic and operational freedom and constrain the behaviour of its
people. They leave executives open to heavy criticism for even minor violations. And they
demand constant vigilance».
Un’organizzazione è primariamente un insieme di persone unite per raggiungere uno scopo,
dunque bisogna agire sulla loro motivazione e cercare il loro consenso affinché i valori siano
universalmente riconosciuti e applicati, come afferma anche Samuel J. Palmisano al termine della
sua intervista «I’ve got to believe that conceives of itself that way and that seriously manages
itself accordingly, has strong appeal to a lot of people. We can’t offer them the promise of instant
wealth, which they may get at a start-up, or a job for life, as in the old days, but we can offer them
something worth believing in and working toward. If we get most people in this company excited
about that, they’re going to pull the rest of the company with them. If they become dedicated to
these values and what we’re trying to accomplish, I can go to sleep at night confident of our
future» 25
.
1.3 Corporate culture
Una delle definizioni più calzanti di cultura è proposta dallo psicologo dell’organizzazione Edgar
Shein nel 1983 «…è uno schema di assunti condivisi appresi da un gruppo per risolvere problemi
di adattamento esterno e integrazione interna, il quale funziona a tal punto da esser considerato
valido e perciò trasmesso ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, riflettere e porsi nei
confronti dei problemi»26
.
Questo schema di assunti condivisi determina il modo in cui le persone si comporteranno, il
contesto per le decisioni e le azioni. I leader giocano ruolo fondamentale nell’istituzione di una
cultura organizzativa, plasmano la cultura e la direzione dell'impresa, Emerson infatti afferma
«Un’istituzione è l’ombra allungata di un solo uomo». Il leader deve allineare le persone,
motivarle, ispirarle e creare un senso di urgenza che determini la necessità di guidare i casamenti e
non subirli.
«Not only is each company wrestling with the same problem, but each has come to a similar
solution, they all determine that the corporate culture need to create a fabric for employee
25
Hemp P., Stewart T. A., “Leading Change When Business Is Good”, Harvard Business Review, Dec2004, Vol. 82, p60. 26
Schein E., “Cultura d’azienda e leadership”, Guerini e Associati, Milano 1990.
22
behaviour. They realize as well that values serve as hallmark of corporate culture. A core set of
values conducive to company success should constitute a foundational element of desired culture.
Other component, such as corporate norms, stories, and symbols, should reflect these core values»
.
Un approccio culturale basato sui valori aziendali prevede una risposta affermativa
all’intersezione di questi quesiti:
Ci sono diverse caratteristiche della cultura organizzativa legate alla sua impercettibilità: qualora
fosse possibile creare una cultura come un abito per una nuova organizzazione, la cultura una
volta formata è tenace e difficile a cambiare perché svolge le intense funzioni psicologiche di
ridurre l’ansia e conferire ai membri un’identità. Posta al cospetto di minacce esterne o di
debolezze interne, la cultura tende a sopravvivere con la razionalizzazione e la negazione. Queste
sono le ragion per cui la cultura ha una resistenza attiva al cambiamento: combatte per preservare
se stessa e i suoi membri 27
.
Una cultura è originata da fondamentali valori etici e di conseguenza dalle strutture di pensiero e
la percezione dei suoi membri. La cultura di un’organizzazione influenza la gamma di scelte che i
manager considereranno razionali o appropriate in una situazione. I leader devono chiarire ai
collaboratori e agli stakeholders che la cultura e l’etica della loro organizzazione sono
inestricabilmente legate. Tre sono principi etici alla base della cultura:
a. Conoscenza e professionalità sono molto considerate e lasciate fluire ai punti
dell’organizzazione dove necessitano.
b. Il maggior numero di operazioni deve esser svolto in modo aperto e trasparente. I conflitti
di interesse, potenziale e reale, vengono identificati ed eliminati.
27
Manson R. O., “Cultura, etica e disastri”, Sviluppo & Organizzazione, Settembre/Ottobre 2004, pag. 55.
23
c. I poteri equilibranti vengono incoraggiati e vi sono valutazioni e verifiche indipendenti di
tutte le operazioni in modo che tutti gli interessi personali siano controllati.
Se la cultura ha chiari valori, credenze, e comportamenti che collegano la vision, gli obiettivi e la
strategia, le persone si sentiranno più allineate e si faranno promotrici della cultura; per convesso,
laddove la cultura non coincide con le strategie e i comportamenti si possono osservare dei segnali
preoccupanti: le persone vivono con il disagio di scegliere tra la cultura e i tradizionali
comportamenti legati all’operatività quotidiana.
Le potenziali discontinuità e i rimedi alle stesse sono riportate nella tabella che segue:
In Italia, l’esempio più importante di cultura d’impresa fu quello che l’Olivetti, sotto la spinta
propulsiva di Adriano Olivetti, creò nella seconda metà degli anni Cinquanta del secolo scorso.
Adriano Olivetti, mirabile sintesi di capacità imprenditoriale e di sensibilità culturale, progettò e
realizzò un proprio innovativo modo di far convivere l’economia con la società posta «al centro
dell’attenzione e delle costruzioni individuali. La sua esperienza e azione furono profondamente
influenzate dal razionalismo e dalla convinzione che fosse necessario prevedere e progettare le
trasformazioni della società» 28
. Certamente il mondo dell’economia e dell’industria di oggi gli è
debitore di un modo di concepire l’impresa come un’istituzione: per quanto concerne i fini
dell’impresa certamente «essa persegue il profitto, ma è pure un’associazione di uomini uniti da
rapporti contrattuali e di status» 29
. La visione della cultura d’impresa di Adriano Olivetti
riguardava il porre l’uomo al di sopra di tutto, di dare un peso al suo essere insieme con gli altri
28
d’Atri A., “Cultura e impresa. L’attualità di Adriano Olivetti” in Morelli M, “L’immagine d’impresa. Le leve strategiche della
comunicazione nell’epoca del cambiamento”, FrancoAngeli, Milano, 2002. 29
Ibidem.
24
del suo formare una comunità, come si chiama la rivista da lui fondata. Tutti coloro che
lavoravano alla Olivetti sembravano toccati dalla grazia di una realtà che li rendeva corpo
rinnovato della società.
L’importanza della cultura di impresa è oggi molto cresciuta, è unanime il riconoscimento del suo
rilievo per il successo di un’organizzazione: per questo le imprese incoraggiano i dipendenti ad
essere sempre più responsabili del loro lavoro e a costituirsi parte attiva nella gestione del
cambiamento, quasi appartenesse a loro stessi la proprietà dell’azienda.
1.4 Managing by values
Formulare chiaramente la mission aziendale e i propri valori operativi, comunicarli all’intera
organizzazione, imparare ad agire attraverso questi valori, migliorare l’azienda di oggi e creare
simultaneamente quella del futuro. Questi sono i concetti trainanti del processo Managing by
values, in cui è culminato un lavoro di ricerca e una collaborazione durata venticinque anni tra due
formatori e consulenti, Kenneth Blanchard e Micheal O’ Connor.
«A nostro modo di vedere -riporta una riflessione pubblicata sul loro sito 30
- la concezione che
aveva prodotto i migliori risultati a partire dagli anni Sessanta fino agli anni Ottanta avrebbe perso
di efficacia a partire dagli anni Novanta. Ormai l’economia richiedeva un approccio nuovo e più
ampio. Così iniziammo a esaminare piuttosto ciò che ritenevamo essere le basi di
un’organizzazione efficiente, la sua missione e i suoi valori. Come forse mai in precedenza, oggi
un’organizzazione deve essere consapevole di ciò che rappresenta e dei principi in base ai quali
vuole operare. Per un’azienda un comportamento fondato sui valori non rappresenta più soltanto
una scelta filosofica: rappresenta una condizione necessaria per la sopravvivenza».
Nasce così il libro, “Il manager etico. Managing by values: come trasformare i valori in successo
aziendale”31
che racchiude il quadro teorico, l’esperienza maturata dai due autori presso le società
che hanno deciso di implementare il procedimento e i successi in termini di rendimento, di
soddisfazione e di ritorno degli investimenti.
Il lavoro inizia con la messa in discussione degli indicatori con i quali tradizionalmente si faceva
riferimento al concetto di “eccellenza”: fatturato, profitti, ritorno sugli investimenti o sulle attività
fino a risalire alle pratiche gestionali che avevano condotto a tali risultati, in quanto insufficienti
rispetto al ruolo che rivestono attualmente le motivazioni e le aspettative delle persone rispetto al
30
www.kenblanchard.com 31
Blanchard K., O' Connor M., “Il manager etico. Managing by Values: come trasformare i valori in successo aziendale”,
Sperling & Kupfer, Milano 2003.
25
proprio lavoro. L’intuizione è stata considerare l’efficienza aziendale come il risultato di un
processo di conoscenza da parte dell’organizzazione della propria missione e dei propri valori con
i quali valutare le proprie prassi gestionali e allinearne con quanto stabilito precedentemente.
In un primo momento l’attività di Blanchard è stata finalizzata preliminarmente a condurre le
scienze del comportamento a contatto con le persone, a casa e sul lavoro; O’ Connor ha invece
individuato le potenzialità inesauribili dei valori come forza trainante delle vite degli individui,
dei gruppi/team di lavoro e delle organizzazioni, e si è impegnato nel corso degli anni Novanta a
verificare l’attendibilità di questa sua scoperta con i suoi clienti e altri consulenti.
Successivamente O’ Connor si è dedicato ad aiutare le organizzazioni a definire i propri valori
aziendali e i dirigenti ad identificare i valori personali, individuando dei meccanismi per risolvere
eventuali incongruenze tra i valori dell’individuo, del gruppo e dell’azienda.
L’intervento di Mary Falvey Fuller, una ex consulente della McKinsey, è stato finalizzato a
ravvisare le decisioni strategiche e le pratiche di gestione in cui la fusione tra i valori e la tensione
verso i risultati avrebbe condotto ad esiti ottimali.
Nell’ultima fase il compito condotto in sinergia con i consulenti del Blanchard Training and
Development è stato quello di armonizzare le strategie aziendali con la gestione del cambiamento
e con i processi di apprendimento all’interno delle organizzazioni.
La spiegazione del Managing by values parte dal seguente disegno :
Ogni organizzazione poggia su quattro pilastri che rappresentano i gruppi di persone nei confronti
dei quali essa ha una responsabilità fondamentale. L’acronimo CEOS suggerisce che chiunque sia
legato ad un’organizzazione, indipendentemente dalla posizione che riveste, deve pensare, sentire,
agire come un leader, un CEO, affinché maturi lo stesso orgoglio, impegno, senso di proprietà che
provano coloro che occupano dei ruoli formali di direzione, e si impegni, per quanto possibile in
attività di miglioramento continuo.
26
I Customers appartengono al primo segmento con cui l’azienda si relaziona e verso il quale attua
strategie per migliorare la qualità del servizio. È necessario che il cliente non sia più solo
soddisfatto, ma che diventi un sostenitore attivo per la promozione dei beni offerti dall’impresa.
Un secondo aspetto su cui bisogna porre attenzione è la qualità della vita dei propri Employees.
Un’impresa vincente crea un’atmosfera motivante per il personale affinché esso possa percepire
che il perseguimento degli obiettivi aziendali è nel proprio interesse e dunque si impegni a
lavorare come se fosse proprietario dell’azienda.
La lettera O sta per Owners, nessuna impresa può dirsi vincente se non è redditizia e per esserlo
per tutti i gruppi interessati alla sua esistenza deve perseguire un comportamento etico. Oggi la
caratteristica da possedere affinché la direzione sia efficace è l’integrità, la correttezza che
caratterizza il modo di fare profitti e le relative pratiche di allocazione delle risorse da parte della
dirigenza e della proprietà 32
.
L’ultimo gruppo è quello dei Significant Others, i quali intessono con l’azienda rapporti
reciprocamente vantaggiosi e che l’impresa deve coinvolgere costruendo uno spirito di
responsabilità comune e di fiducia reciproca.
La gestione di questo tessuto di relazioni è affidata al Managing by values, il quale costituisce le
fondamenta delle aziende di successo. È opinione consolidata che se un’impresa non dimostra
incessantemente il proprio impegno, non solo sul piano del profitto, ma anche sul piano dei valori
aziendali come l’onestà, l’integrità, la cooperazione può incorrere in grossi problemi. La maggior
pare delle organizzazioni formula qualche dichiarazione di intenti riguardo la propria missione, in
cui cerca di esprimere il proprio impegno nei confronti di uno o più stakeholders, ma spesso si
rivelano esser contenitori vuoti. L’MBV invece consiste in un sistema per individuare le
contraddizioni tra ciò in cui si afferma di credere e il modo in cui ci si comporta.
32
Ibidem.
27
Come precisano gli autori «L’MBV è una pratica aziendale per motivare i Clienti a ritornare,
ispirare ai Dipendenti la voglia di dare ogni giorno il meglio di sé, permettere ai Proprietari di
fare profitti di cui non devono vergognarsi, incoraggiare gli Altri Gruppi Rilevanti a mantenere i
loro rapporti commerciali con l’azienda» 33
.
L’assioma da cui questo processo prende avvio è che «Non sono le organizzazioni a far
funzionare l’MBV, ma le persone», l’MBV è applicabile in prima istanza ai singoli individui.
Sono i valori che allineano le persone, che le spingono ad impegnarsi e a lavorare in vista degli
stessi obiettivi. Qualità e prezzo sono ormai solo condizioni di entrata nel mercato, è il servizio
che può conferire un vantaggio, e il servizio implica le persone, le relazioni.
Il Managing by values si articola in tre fasi:
1. Chiarire la missione/fini e i valori dell’azienda.
2. Comunicare la propria missione e i propri valori.
3. Allineare le proprie azioni quotidiane con la missione e i valori.
Il primo passo da compiere è ottenere il coinvolgimento del consiglio d’amministrazione o della
proprietà per stabilire quali sono i valori chiave che devono seguire la strategia e la tattica
dell’impresa, nonché il loro ordine di priorità. Se l’impresa ha già una missione esplicita è
necessario stabilire se riflette i valori individuati, altrimenti dovrà esser emendata per renderla
coerente con tali valori.
Blanchard e O’ Connor propongono di partire dalla seguente lista per trarre i valori con i quali
l’organizzazione si immedesima.
I corporate values
Verità Perseveranza Risorse
Efficienza Sincerità Affidabilità
Fiducia Spirito di iniziativa Divertimento
Ambiente Rapporti umani Eccellenza
Potere Lavoro di squadra Saggezza
Controllo Flessibilità Servizio
Coraggio Apertura mentale Redditività
Competizione Impegno Libertà
Entusiasmo Riconoscimento dei meriti Amicizia
33
Ibidem.
28
Creatività Capacità di apprendere Influenza
Felicità Onestà Giustizia
Onore Originalità Qualità
Innovazione Limpidezza Lavoro indefesso
Obbedienza Prosperità Capacità di rispondere
Rispetto Sviluppo finanziario Soddisfazione
Risolutezza Correttezza Sostegno alla comunità
Integrità Ordine Forza
Pace Spiritualità Autocontrollo
Lealtà Avventura Abilità
Chiarezza Cooperazione Successo
Sicurezza Humor Amministrazione
Amore Collaborazione Supporto
La missione e i valori devono essere in linea con la prospettiva dell’impresa, devono esser
percepiti come un modo per rafforzare la gestione dell’impresa e assicurarne il benessere futuro.
Dopo aver ottenuto il consenso dei massimi dirigenti bisogna coinvolgere i collaboratori, perchè i
valori sono qualcosa che si fa non alle persone ma con le persone.
È importante assicurarsi che i collaboratori capiscano davvero il significato dei valori, che se ne
approprino e si sentano liberi di suggerirne altri o di cambiarne l’ordine di priorità. Infatti, se non
riescono a collegare i valori al loro effettivo comportamento sul lavoro, questi restano privi di
significato.
Risulta determinante procedere alla creazione di focus group con un campione molto ampio della
forza-lavoro, scelto tra i probabili sostenitori e i potenziali detrattori, in cui verranno effettuate
delle riflessioni su queste domande:
1 La missione e i valori vengono visti come indicatori di comportamento in cui è possibile
identificarsi per sostenere l’orgoglio di appartenere all’impresa?
2 La missione e i valori forniscono davvero una base per la comunicazione quotidiana e per
prendere le decisioni all’interno dell’organizzazione?
3 La missione e i valori forniscono delle indicazioni per l’allocazione delle risorse e la
soluzione dei problemi lavorativi e personali?34
Dopo aver concluso la revisione sulla base dei suggerimenti degli Employees, si può procedere
alle verifiche finali con i Clienti e gli Stakeholders come la comunità, i leader del settore e i
34
Ibidem.
29
principali fornitori, utilizzando interviste telefoniche o focus group per porre domande come
queste: «In che modo questa missione e questi valori potrebbero influenzare il perseguimento dei
vostri rapporti con noi?», «Questi principi rappresentano davvero una differenza significativa al
fine di decidere con chi preferite avere rapporti d’affari?».
Il momento finale della prima fase consiste nella sintesi di tutti gli input e nella presentazione
della mission e dei valori raccomandati al consiglio di amministrazione o alla proprietà per
l’approvazione finale.
Rispetto alla fase della Comunicazione, molte aziende preferiscono mantenere viva l’attenzione
dei collaboratori ponendo i valori aziendali e la mission su poster e targhe nei principali punti di
incontro delle strutture e nelle sale riunioni, alcune decidono di pubblicizzare sull’house organ le
storie di chi ha saputo applicare nel proprio lavoro i valori aziendali e i successi che ne sono
scaturiti. Queste sono modalità per dare un riconoscimento ai collaboratori e per fare in modo che
i valori restino al primo posto di chi lavora nelle organizzazioni. A tal proposito, Blanchard e O’
Connor propongono una “Guida per prendere decisioni basate sui valori” che si articola nei
seguenti punti:
1. Individuare il/i valore/i e la sua/le sue specificazione/i più appropriata/e, che riguardano la
decisine in questione.
2. Chi è direttamente interessato alle conseguenze della decisione (per esempio, dipendenti,
clienti, azionisti, o la comunità)? È necessario il coinvolgimento di altri soggetti?
3. Quale tipo di azione/i è richiesto in questo caso in base alla specificazione più appropriata
alla situazione (per esempio, essere corretti ed equi nei confronti dei dipendenti, rispettare
gli impegni nei confronti degli azionisti)?
L’obiettivo che si delinea per questa fase è che «Il vero successo non deriva dal proclamare i
propri valori, ma dal tradurli con coerenza in comportamenti quotidiani» 35
.
Ecco dei suggerimenti per far in modo che ciò accada:
Market orientation
o Posters
o Create heroes
o Bulletins on results
o Market orientation session
o Pay staff commission for
selling products
o Display stands
o Increase direct feedback from
Approachability
o Plan language documents
o “Help” desk introduced
o Change reception areas
o More visible management
o Improve lateral
communication
35
ibidem
30
customers
o Nonmarketing people to meet
customers
Executive Directors’ Policy
Direction
o Focus on what not how
o Define ground rules of
consultation
o Clarify responsibility
boundaries
o Push for upward
communication
High-Quality Environment
o Maintain current image and
quality
o Review work space, open plan
o Catering
o Sport, social activities
Achievement Oriented
o Clear targets
o Short timescales
o Milestones set up
o Recognise and reward
o Remunerate on merit
Fun
o “Seriousness of purpose with
levity of approach”
o Increase trust
o Reduce bureaucracy and
levels
o Individual and small group
motivation
o Clearer responsibilities will
help
L’Allineamento è l’ultima fase del processo MBV e ne costituisce l’anima. Una volta che si sono
chiariti la missione e i valori, che sono stati comunicati a tutti i soggetti principali che hanno
qualche interesse nei confronti dell’impresa, è il momento di concentrarsi sulle prassi e sui
comportamenti interni all’organizzazione per verificare che siano coerenti con le intenzioni, le
priorità e i relativi obiettivi dichiarati. Il vero obiettivo da perseguire è ottenere la massima
consequenzialità tra valori dichiarati e comportamenti agiti a tutti i livelli aziendali, a partire dai
Top Manager. Occorre trovare la convergenza tra il set di valori esplicitati dall’organizzazione e i
valori personali di ogni membro dell’organizzazione.
Tre sono gli approcci per stabilire se un comportamento è allineato: interviste e focus group rivolti
ai clienti per capire se sono soddisfatti, strumenti di valutazione della direzione, e inchieste tra il
personale sulle pratiche che si riscontrano effettivamente all’interno dell’impresa.
Lo schema qui di seguito è frutto dell’elaborazione degli autori per sintetizzare quali sono i
concetti essenziali del Managing by values e soprattutto che questo non è uno dei tanti
programmi che le aziende applicano, è un modo di vivere nell’azienda, un modo di lavorare, non
solo all’esterno nelle relazioni con i clienti e i fornitori, ma anche all’interno nei rapporti tra il
31
personale di vario livello, ciò crea delle sinergie che accentuano il vantaggio competitivo con
delle ricadute positive sul collocamento dei prodotti sul mercato e sui servizi offerti ai clienti.
32
A conclusione del loro studio, dopo aver osservato l’adozione del processo MBV nelle aziende a
cui hanno fatto a consulenti, gli autori hanno individuato un modello, una sequenza di reazioni che
le persone riferiscono comunemente di aver sperimentato con il processo di implementazione
dell’MBV.
Stadio I
Opinione diffusa che l’MBV sia un sistema positivo e da adottare.
Gli entusiasti immaginano che l’MBV sarà realizzato senza
difficoltà, mentre coloro che manifestano delle resistenze pensano
che sarà un processo tortuoso per i cambiamenti ce richiede. Gli
“astenuti” non si sbilanciano e rimangono a guardare.
Opinione comune ce il processo riguardi gli altri e non la propria
persona.
Stadio II
Presa di coscienza che l’MBV sarà un processo lungo e forse
addirittura permanente.
Riconoscimento del fatto che tutti saranno coinvolti nel processo.
Stadio III
Presa di coscienza che l’MBV richiederà sforzi notevoli e
continuati di collaborazione a tutti i livelli e in tutti i campi.
Decisione collettiva di implementare l’MBV a lungo termine
all’interno dell’organizzazione.
33
1.5 Corporate culture and performance
In uno studio empirico condotto negli Stati Uniti a partire dagli anni Settanta e culminato nel
1992 nel libro “Corporate culture and performance”36
, John P. Kotter e James L. Heskett,
affrontano una prima analisi su come la cultura di un’organizzazione abbia il potere di influenzare
la performance economica positivamente negativamente. I due autori descrivono le relazioni
emerse nelle indagini presso oltre duecento organizzazioni tra cultura e performance, di come i
valori condivisi e le regole non scritte possono profondamente migliorare il successo economico o
contrariamente condurre ad un fallimento nell’adattarsi ai cambiamenti del mercato e
dell’ambiente.
Facendo appello alla definizione dell’American Heritage Ditionary «culture is the totality of
socially transmitted behavior patterns, arts, beliefs, institutions, and all other products of human
work an thought characteristics of a community or population», Kotter e Heskett affermano che la
cultura organizzativa consta di due livelli che differiscono in virtù della loro visibilità e resistenza
al cambiamento, come riportato dal seguente schema 37
:
Invisible Harder to change
Shared Values: Important concerns and goals that are shared by
most of the people in a group, that tend to shape group behavior
and that often persist over time even with changes in group
memberships.
Group Behavior Norms: Common or pervasive ways of acting
that are found in a group and that persist because group
members tend to behave in ways that teach these practices
(as well as their shared values) to new members, rewarding
those that fit in and sanctioning those that do not.
Visible Easier to change
Quattro sono i fattori che incidono nella formazione di un comportamento manageriale:
1 La Corporate Culture.
2 La Struttura formale, i sistemi, i piani e le politiche.
3 La Leadership, che si impegna ad articolare ed implementare la business vision e la
strategia.
36
Kotter J. P., Heskett J. L., “Corporate culture and performance”, The Free Press, New York, 1992. 37
Ibidem.
34
4 L’Ambiente competitivo.
«All firm have corporate cultures, although some have much “stronger” cultures than others; these
cultures an exert a powerful effect on individuals and o performance, especially in a competitive
environment» 38
, il più famoso esempio di cultura pervasiva citato dagli autori è quello dell’IBM.
Nel 1914, Thomas Watson, il fondatore del moderno International Business Machines
Corporation, identifica tre principi conosciuti come Basic Beliefs:
1. il rispetto per la dignità e i diritti di ogni persona nell’azienda;
2. dare il miglior servizio al cliente rispetto ad ogni compagnia nel modo;
3. perseguire tutti i compiti con l’obiettivo di raggiungere l’eccellenza;
i quali hanno guidato il successo dell’organizzazione per tutto il ventesimo secolo.
Forti di questo esempio i due autori hanno elaborato degli assunti a sostegno delle loro indagini:
a) Corporate culture can have a significant impact on a firm’s long- term economic
performance. Kotter e Heskett hanno notato che le aziende con una cultura che enfatizza le
“key managerial constituencies” (clienti, stockholders e impiegati) e la leadership a tutti i
livelli ottiene ampi margini a differenza di quelle ce non posseggono queste caratteristiche.
In undici anni, le prime hanno aumentato il loro reddito del 628% , hanno espanso le loro
forze lavoro del 282%, hanno visto crescere i loro stock prices del 901% e le entrate del
756%. I valori per le aziende in cui non è radicata la cultura organizzativa, sono molto
ridotti: 166% per il reddito, 36% per la forza lavoro, 74% per i prezzi delle azioni e 1% per
le entrate.
b) Corporate culture will probably be an even more important factor in determining the
success or failure of firms in the next decade. Le organizzazioni senza una solida cultura
hanno impatti finanziari negativi a causa della tendenza ad inibire l’adozione di necessari
cambiamenti tattici o strategici.
c) Corporate cultures that inhibit strong long- term financial performance are not rare; they
develop easily, even in firms that are full of reasonable and intelligent people. I sistemi
che incoraggiano l’adozione di comportamenti inappropriati e inibiscono il cambiamento
cresceranno più lentamente, vedranno le loro performance economiche degradare e i propri
dipendenti lasciare l’organizzazione.
d) Although tough to change, corporate cultures can be made more performance enhancing.
Il cambiamento per esser completo richiede tempo ed una forte leadership che è qualcosa
38
Ibidem.
35
di differente da ogni eccellente management. Questa leadership deve guidare attraverso
una realistica vision che migliori la performance aziendale 39
.
La cultura organizzativa può migliorare la performance economica di lungo periodo se i manager
prestano attenzione ai clienti, agli stockholders, e agli impiegati, così come ai processi che
generano il cambiamento. Con questo sistema i managers creeranno ed implementeranno strategie
sensibili ai bisogni di tutti i portatori di interesse: dipendenti soddisfatti saranno incentivati a
produrre beni e servizi rispettando i reali desideri dei clienti e ad utilizzare con maggior
accortezza le risorse materiali e finanziarie disponibili. Queste azioni aiuteranno le organizzazioni
a crescere, permetteranno ai margini di restare stabili o di aumentare, i quali incrementeranno le
entrate e i valori di mercato.
Queste organizzazioni dimostrano di esser maggiormente adattative, «the cultural ideal in that
managers throughout the hierarchy should provide leadership to initiate change in strategies and
tactics whenever necessary to satisfy the legitimate interests of not just stockholders, or
customers, or employees, but all three».
Le differenze tra culture adattative e non adattative sono riportate schematicamente nella seguente
tabella:
39
Ibidem.
36
Adaptive Corporate Cultures
CORE VALUES
Most managers care
deeply about
customers,
stockholders, and
employees.
They also strongly
value people and
processes that can create
useful change.
Unadaptive Corporate Cultures
Most managers care mainly about
themselves, their immediate work
group, or some product associated
with that wok group. They value
the
orderly and risk reducing
management
process much more highly than
leadership initiatives.
COMMON BEHAVIOR
Managers pay close attention
to all their constituencies, especially
customers, an initiate change when
needed to serve their legitimate
interests, even if that entails
taking some risks.
Managers end to behave somewhat
insularity, politically and
bureaucratically.
As a result, they do not change their
strategies quickly to adjust to or
take advantage of changes in their
business environments.
Nelle successive tabelle si può invece osservare come una cultura adattativa lavora e si sviluppa:
37
The Context
Increasing competition for Success requires one or more of the following:
customers, employees or - lowering costs
investor - creating higher quality or
more innovative
products/services
- increasing the attractiveness
of wages or working conditions
- increasing dividends or
other forms of returns to
financiers
Fit remains very good despite changes in the context
The Culture
Shared Values Pervasive behaviour/practices
High regard for constituencies Because manages are focused on
and leadership throughout the external constituencies and
management hierarchy their need, they are
quick to see a changing
competitive situation.
Because they value
leadership, they are willing
and able to devise new
strategies to continue to
satisfy customers,
stockholders, and
employees, and to
implement those strategies,
even if changes must be
made in culturally
38
engrained behaviors.
Nelle aziende con una forte cultura aziendale, i managers lavorano affinché vi sia allineamento,
motivazione, organizzazione, controllo a vantaggio della performance finale, «performance will
not enhanced if the common behaviors and methods of doing business do not fit the need of a
firm’s product or service market, financial market and labor market. Strong culture with practices
that do not fit a company’s context can actually lead intelligent people to behave in was that are
destructive that systematically undermine an organization’s ability to survive and prosper»40
.
I due autori dimostrano che se in alcuni contesti i valori condivisi e le pratiche istituzionalizzate
possono determinare un’ottima performance, in alcune aziende la cultura è impregnata di
arroganza, burocrazia, interessi contrapposti, che non favoriscono l’adattabilità al cambiamento
esterno, al rinnovamento continuo dei mercati e alle sfide dei concorrenti, con ripercussioni sui
risultati economici di lungo periodo.
40
Ibidem.
39
Una sintesi delle origini delle dannose culture d’impresa è racchiusa in questo schema proposto
dagli autori:
40
«More and more companies are looking inward to see what has gone wrong and looking outward
for answers They are questioning the quality of their management systems and their ability to
inculcate and reinforce values that benefit the firm, its various constituencies, and the wider
world. Rather than wall themselves off from critics, more companies are listening to them and
41
looking for new ideas. And more firms are taking action to turn their corporation’s values into a
competitive asset».
Lo studio dimostra che:
Ethics counts. Companies are not putting up with executives who place their business
at risk through unethical behaviour. Of the 89% of companies that have a written
corporate values statement, 90% specify ethical conduct as a principle.
Values practices vary significantly by region. Asian and European companies are more
likely than North American firms to emphasize values related to the corporation’s
broader role in society, such as social and environmental responsibility. Meanwhile,
ethics is emphasized in the values statements of more North American companies
(95%) than firms in Europe (84%) and Asia (85%).
The CEO’s tone really matters. A full 77% say such support is one of the “most
effective” practices for reinforcing the company’s ability to act on its values. It is
considered the most effective practice among respondents in all regions, industries and
company sizes.
There is a link between values and financial performance: companies reporting
superior financial results emphasize values such as commitment to employees and
adaptability far more than their peers. Nearly all financial leaders say they have
practices to ensure their values are aligned with those of their suppliers, distributors
and partners, compared with 64% for other public companies.
L’esortazione finale degli autori racchiude l’autentico potere della corporate culture «If your
economic organizations are going to live up to their potential, you must find, develop and
encourage more people to lead in the service of others. Without leadership, firms cannot adapt to a
fast moving world. But if leaders do not have the hearts of servants, there is only the potential for
tyranny» 41
.
1.6 Brand e valore
L’immagine aziendale è l’identità percepita da parte dei pubblici rilevanti, nel triplice senso di
identificazione, conoscenza, credibilità. La promozione dell’immagine significa rendere visibili al
pubblico e valorizzarle presso di esso, quelle che sono le caratteristiche vitali dell’impresa, quei
41
Ibidem.
42
fattori che la distinguono rispetto a tutte le altre imprese dello stesso settore operanti nel
medesimo mercato, la promozione dell’immagine si configura dunque come un valore aggiunto
rispetto alla concorrenza. Il valore della marca è un insieme di risorse legate al nome o al simbolo
che identifica tale marca che aggiunge il valore fornito da un prodotto o servizio da un’impresa ai
suoi clienti.
La condizione di eccesso di offerta, in particolare, impone alle aziende di perseguire linee di
sviluppo caratterizzate da un predominio dei fattori immateriali di prodotto e di impresa, senza i
quali risulta impossibile consolidare e migliorare i risultati raggiunti. Nell’ambito dei fattori
immateriali di prodotto, la marca, o brand, intesa come “specifica relazione istituita con un dato
mercato per l’affermazione di una particolare offerta” 42
, assume una criticità fondamentale per il
successo delle attività aziendali, dal momento che ad ogni brand viene associato un insieme di
attributi che rispecchiano il patrimonio valoriale dell’organizzazione.
Il processo di branding viene presentato secondo una logica di innovazione che oltrepassa la
tradizionale logica di solo marketing e che intercetta numerose e diverse variabili aziendali, da
quelle organizzative a quelle dei processi operativi e dei flussi di comunicazione.
Il successo della gestione del brand viene assicurato dalla capacità di sviluppare coerentemente e
di mantenere allineati gli elementi costitutivi: vision, cultura e immagine. La vision rappresenta le
aspirazioni manageriali in relazione a ciò che l’azienda può diventare; la cultura racchiude i valori
e gli atteggiamenti delle persone verso la comunità di lavoro rappresentata dall’azienda,
cristallizzati nei processi operativi e nei modi tipici di lavorare; l’immagine simboleggia gli
stakeholders, i loro bisogni e aspettative che l’azienda deve soddisfare.
I brand aziendali sono diventati un asset di valore enorme perché rispondono ai seguenti obiettivi:
42 Morelli M, “L’immagine d’impresa. Le leve strategiche della comunicazione nell’epoca del cambiamento”, FrancoAngeli,
Milano, 2002.
43
1) Efficienza: un brand consolidato consente la realizzazione di economie di scala con la
riduzione dei costi di marketing e pubblicità.
2) Creazione di una community: un brand fa sentire le persone appartenenti ad una comunità
virtuale che condivide lo stile di vita, i significati e i valori.
3) Omogeneizzazione dei riferimenti culturali: un brand favorisce diverse interpretazioni
anche all’interno di un quadro di riconoscimento comune.
4) Sigillo di garanzia: i clienti sanno cosa aspettarsi, sono garantiti in termini di qualità e
affidamento da parte del brand di aziende forti 43
.
Un’azienda che desidera avvalersi di un brand che esemplifichi la propria cultura e i valori
fondanti deve seguire un percorso che interroghi costantemente i propri stakeholders, allinei
strategie, aggiorni tutte le unità dell’organizzazione come illustrato dalla tabella:
Obiettivi
CICLO 1: Definire
Fondare il brand su
una vision coerente
CICLO 2:
Collegare
Collegare la vision
alla cultura e ai
processi
organizzativi
aziendali
CICLO 3: Coinvolgere e
Integrare
Collegare gli
stakeholders interni ed
esterni e integrare le unità
organizzative
43
Erlicher L., “Il management del brand aziendale”, Sviluppo & Organizzazione, Luglio/Agosto 2004, pag. 19.
Valore del Brand
Riduce i costi di
marketing
Aumenta la leva sul
trade
Nuovi consumatori
Crea il legame
Motivazione
d’acquisto
Differenziazione
Prezzo
Estensione
Aiuta i processi di
gestione
dell’informazione
Atteggiamento
positivo ed estensioni
Vantaggio
Competitivo
Fedeltà
Notorietà
Qualità percepita
Associazioni
Altre proprietà
Genera valore per il
consumatore
aumentando:
Gestione informazione
Sicurezza nell’acquisto
Soddisfazione d’uso
Dà valore all’
impresa aumentando:
Efficienza/Efficacia
Fedeltà alla marca
Prezzo/margini
Estensioni
Leva sul trade
Vantaggio competitivo
44
Modalità
realizzative
Quesiti
Decentrate
“Che cosa vogliamo
essere?”
Centralizzate
“Come ci
riorganizziamo
sotto la guida del
brand
aziendale?”
Decentrate/Centralizzate
“Come coinvolgiamo e
integriamo il personale e
gli stakeholders?”
Output
principali
- Risultati di Audit
sul brand
- Eredità del brand
e storia aziendale
rivisitata
- Architettura
brand
- Statement vision
- Disegno e
implementazione
di processi
coerenti alla
strategia di brand
- Soluzioni
coordinate ed
esercizio della
leadership
- Nuova cultura aziendale
condivisa
- Inclusione di
percezione, bisogni e
aspirazioni
L’obiettivo della promozione dell’immagine dell’impresa è di render minima, o annullare, la
differenza che esiste tra l’identità di impresa e la percezione che di essa ha il mercato facendo
convergere gli sforzi per rafforzare il brand come le linee di azione qui indicate:
Dimensioni
Processi di governance
Azioni
Riorganizzare il board di direzione e rifocalizzare
il posizionamento e la direzione strategica
Disegnare il processo di gestione del brand
Nominare l’owner del processo di gestione del
brand
Processi operativi e soluzioni
organizzative
Ridisegnare i processi impattati dalla strategia di
brand (Marketing, R&D, Vendite…)
Creare aree di responsabilità per il brand nella
Business unit
Creare brand teams per attività trasversali alle
funzioni
Processi di comunicazione Riorganizzare la comunicazione corporate
Pianificare le attività e gli strumenti della
comunicazione
Raccordare e allineare la comunicazione
interna/esterna
La rapida espansione di prodotti e servizi ha determinato un’attenzione maggiore attenzione alla
reputazione delle società che offrono un servizio o un bene, quale fattore discriminante nelle
decisioni di acquisto. Di conseguenza non è più sufficiente per un’azienda offrire prodotti e
45
servizi di qualità, essa deve esser percepita come «cittadina responsabile di un sistema allargato»
44.
Ad esempio le discutibili pratiche lavorative adottate dalla Nike in Pakistan hanno indotto molti
clienti fidelizzati a riconsiderare l’immagine dell’azienda come all’avanguardia e socialmente
responsabile, ed in alcuni casi a boicottarne i prodotti. Per tali clienti la Nike non veicola solo
l’immaginario sportivo, bensì si fa portatrice di una determinata visione del mondo.
Le aziende che non riescono a rispondere alle aspettative sociali emergenti dei propri consumatori
rischiano di perdere anche i sostenitori più ardenti; viceversa le organizzazioni che hanno
compreso che la gestione delle constituencies rappresenta un’opportunità di crescita, uno
strumento di ottimizzazione della strategia aziendale che genera valore di marca riescono
contemporaneamente a valorizzare la propria reputazione ed accrescere i profitti. La gestione delle
constituencies implica il processo di identificazione, valutazione e coinvolgimento di quel
complesso sistema di parti che si trovano ad essere interessate alla vita aziendale. L’obiettivo è
influenzarle positivamente e di dar forma alle loro percezioni, ai loro comportamenti e alle loro
azioni al fine di indirizzarle verso modelli favorevoli all’azienda.
L’allineamento dei valori al brand è un fattore cruciale per la gestione efficace delle
constituencies. Esso si realizza quando le aziende di impegnano a definire i propri obiettivi di
reputazione sulla base di quegli attributi di marca che aspirano a generare nella percezione dei
pubblici target.
Il corporate branding è quell’insieme di scelte uniche e differenzianti mediante le quali
un’azienda allinea la propria organizzazione e le proprie risorse per soddisfare i bisogni dei clienti
in modo da creare associazioni positive verso di sé stessa e verso i propri prodotti e servizi.
Quando gli attributi del marchio d’azienda sono utilizzati come guida per influenzare attività e
comportamenti di coloro che ne fanno parte, la probabilità che l’azienda sia in grado di soddisfare
e superare le aspettative dei clienti e referenti principali risulta essere maggiore.
L’importanza del brand e della reputazione delle società aumenterà man mano che le aziende
saranno capaci di riconoscere i legami di interdipendenza fra i propri interessi economici e la
crescente influenza dei propri stakeholders.
Il disegno, lo sviluppo, l’esecuzione di un efficace programma di gestione delle constituencies,
basato sui valori aziendali e sulle aspirazioni legate al brand, devono essere considerati fra le
principali componenti dello sforzo aziendale nell’implementare con successo la propria strategia e
mantenere una salda reputazione per la propria azienda 45
.
44
Pagano B., Sala G., “Constituency management”, L’Impresa, n. 5/2005, pag. 37.
45
Ibidem.
46
2. Corporate Social Responsibility motore di sviluppo economico e civile della società
La riflessione all’interno della società capitalistica pone sempre più la sua attenzione al ruolo
dell’impresa come istituzione sociale oltre che come attore economico, le cui decisioni assumono,
pertanto, un’importanza maggiore non solo per il proprio business ma anche per il benessere
collettivo locale e nazionale. Il mercato globalizzato, i consumatori, i legislatori e le istituzioni
finanziarie spingono ormai in modo sempre più pervasivo le imprese all’adozione di
comportamenti eticamente corretti e al rispetto di valori che garantiscano un business sostenibile
nel lungo periodo.
L’etica trova nel mercato e nella concorrenza un momento fondamentale, ed esige una piattaforma
di valori condivisi che fissi come proprio obiettivo la creazione di pilastri sociali e ambientali
destinati a sorreggere la nuova economia globale e ad armonizzare la crescita economica con la
protezione dei diritti umani attraverso una sorta di responsabilità etico-sociale, e quindi un
coinvolgimento del mondo economico.
In Europa si era diffusa la convinzione che etica e profitto fossero in contrasto per loro stessa
natura, in quanto il profitto si genererebbe attraverso lo sfruttamento, la competizione sleale, la
sopraffazione del dipendente o del concorrente più debole. Questa convinzione era frutto di un
contesto in cui i sistemi economici erano chiusi in ambito nazionale, con componenti
monopolistiche, con strutture di potere monocratiche od oligarchiche, in cui vivevano cittadini
poco scolarizzati e scarsamente informati sulla res publica, con mass-media praticamente
inesistenti.
L’apertura dei sistemi economici prima a livello continentale e poi a livello globale, la
parcellizzazione imprenditoriale e la diffusione delle Public Companies e quindi dell’azionariato
diffuso anche tra gli stessi lavoratori, l’introduzione e il rispetto sempre più esteso di regole
cogenti a tutela della libera concorrenza (World Trade Organization, Unione Europea, North
American Free Trade Agreement), l’attivazione di normative e di Authority competenti in nei
diversi campi economici, compreso quello etico (Council on Economic Priorities Accreditation
Agency), la velocità di diffusione delle informazioni anche verso i potenziali clienti, hanno
modificato radicalmente lo scenario e quindi rendono necessari nuovi strumenti di analisi e di
gestione delle attività economiche.
Un quadro analitico utile a tal proposito è quello proposto dallo studioso americano A. Carroll46
, il
quale articola la responsabilità dell’impresa in quattro livelli che compongono la “Piramide delle
responsabilità sociali”.
46
Carroll A. B., “The pyramid of Corporate Social Responsibility: toward the moral management of organizational
stakeholders”, Business Horizons, vol.34, 1991,n.4.
47
Alla base vi è la responsabilità economica connessa alla produzione di beni e servizi per
soddisfare il mercato e alla creazione di valore da dividere tra i partecipanti diretti. La
responsabilità legale si situa al secondo livello ed indica la necessità per l’impresa di operare
nell’ambito delle norme e delle leggi. Al terzo livello Carroll individua la responsabilità etica, la
cui assunzione costituisce per l’impresa un valore aggiunto dal momento che essa si carica delle
aspettative della comunità di appartenenza. Al vertice della piramide vi è la responsabilità
filantropica (o comunitaria) che sintetizza il coinvolgimento dell’azienda in iniziative e
programmi volti a promuovere il miglioramento della qualità della vita. A differenza del livello
precedente questo impegno non è atteso dalla comunità di riferimento, infatti per quanto concerne
la responsabilità etica le obbligazioni aziendali derivano dalle conseguenze dell’agire di impresa
sul benessere di lungo periodo dei consumatori, nel secondo caso invece è l’impresa che si assume
un impegno verso problematiche o cause sociali per contribuire al miglioramento del benessere
della collettività e per innalzarne la qualità della vita 47
.
«L’impresa sostenendo investimenti discrezionali a favore della comunità, estranei all’agire
aziendale riconosce a se stessa una soggettività sociale che le impone una serie di doveri di
socializzazione della ricchezza prodotta, al di là dei processi distributivi assicurati dai meccanismi
di mercato e contrattuali»48
.
Questo nuovo modo di concepire l’impresa strettamente collegata alla società e alle sue dinamiche
deriva dal riemergere, dopo anni di predominio della razionalità economica unidimensionale e
assoluta, di quei valori che accanto all’individuo riconoscono il valore e il ruolo della comunità.
Se negli Stati Uniti la sensibilità in tema di responsabilità sociale è da ricondurre ai primi codici
etici introdotti negli anni Sessanta, in Italia l’argomento viene affrontato a partire dagli anni
Settanta, ma è soprattutto negli ultimi tre anni, dopo la pubblicazione del Libro verde della
Commissione europea nel luglio 2001, che il dibattito si è fatto acceso. A tale consapevolezza
hanno sicuramente contribuito i recenti scandali finanziari sia italiani che esteri, inoltre la
pressione dell’opinione pubblica internazionale e il livello di conoscenza dell’operato delle
aziende da parte del pubblico è aumentato enormemente parallelamente alla sensibilità verso il
progressivo deterioramento dell’ambiente ad opera di alcune attività economiche. A questo
scenario bisogna aggiungere che la globalizzazione in atto e lo sviluppo delle tecnologie della
comunicazione comportano una maggiore attenzione ai comportamenti delle imprese nei paesi in
cui sono situate determinando che le stesse imprese che operano sui mercati globali avvertono la
necessità di comportarsi da “good corporate citizens”, buoni cittadini del villaggio globale per non
vedere intaccata la loro reputazione, asset immateriale fondamentale per il loro funzionamento.
47
Fabris G., “La comunicazione d’impresa”, Sperling & Kupfer Editori S.p.a., Milano, 2003. 48
Giaretta E., “Business ethics e scelte di prodotto”, CEDAM, Padova, 2000.
48
Per evidenziare le potenzialità dello scenario del business etico Webley ha proposto la seguente
analisi SWOT 49
:
Strengths
a) Larger businesses,
governments, international
organisations as well as
the general public now see
the topic as important.
b) In the Western world, the
importance of establishing
ethical standards is
increasingly understood:
more than half the larger
corporations have codes of
conduct and ethics
programmes.
c) Models and techniques are
available which enable
moral issues to be
addressed within
companies in ways which
lead to solutions consistent
with the purposes of
business and the common
good.
Weaknesses
a) Far too many business
leaders still can see no point
in having an ethics policy or
code of conduct in their
organisations.
b) Where ethics programmes
and codes exist, far too few
are embedded in the
corporate culture.
c) The values inherent in most
corporate ethics
programmes are obscure or
non-existent.
d) There is insufficient
involvement of corporations
in the evolving discussions
to produce a Global
Statement of Business
Principles.
Opportunities
a) A growing demand by the
general public for
transparency and
accountability in public and
corporate life.
b) A worldwide understanding
of the importance of basic
human rights and
environmental standards.
c) The globalisation of
economic activity.
Threats
a) Law and regulation will
gradually usurp the
discretionary nature of
ethics.
b) Demands for measurement
of ethical performance will
concentrate on the negative
rather than positive aspects
of the subject.
c) The topic is not widely or
imaginatively enough taught
on corporate training
courses or at business
schools.
Riprendendo il pensiero di Renzo Serra 50
, dal punto di vista teorico l’approccio etico al
capitalismo può rappresentare la via di soluzione della contrapposizione tra la dottrina del salario
49
Webley S., “Business ethics: a SWOT exercise”, Business Ethics: A European Review, Jul2001, Vol. 10, p267.
49
come variabile indipendente e la dottrina liberista del salario come livello minimo di sussistenza
stabilito dal mercato. Infatti il primo approccio non soddisfa le esigenze della globalizzazione
mentre il secondo è contraddetto dalla storia economica, almeno nei Paesi sviluppati. Si rivela
dunque necessario individuare una terza via e la visione di capitalismo sorretto da principi etici
sembra attualmente la più funzionale al raggiungimento del massimo profitto con il
contemporaneo rispetto dei valori umani. Va anche ricordato che la responsabilità individuale sta
alla base dei sistemi democratici e determina la possibilità di realizzare quello che Michael Novak
chiama “capitalismo democratico”.
Appare sempre più errato attribuire agli Stati il massimo ruolo di pianificazione e controllo,
mentre si sta affermando il concetto di sussidiarietà, quale soluzione di collaborazione tra
istituzioni pubbliche e privati per garantire la soddisfazione delle esigenze dei cittadini e del
singolo individuo. La strada migliore sembra quella di restituire la libertà di scelta e di azione agli
individui e alle organizzazioni, all'interno di regole condivise che garantiscano i valori
fondamentali.
Dal punto di vista logico è intuitivo che comportamenti corretti verso gli interlocutori esterni e
verso i dipendenti debbano indurre vantaggi in efficienza ed efficacia: il migliore rapporto con i
clienti, i fornitori e le istituzioni pone l’azienda in posizione di vantaggio, il massimo
coinvolgimento dei lavoratori stimola l’orgoglio aziendale e l’impegno personale. Inoltre, se si
considerano valori sia il profitto che l’etica risulta razionale che la loro sinergia ottimizzi le
performances delle organizzazioni.
L’etica non solo contrasta efficacemente gli aspetti negativi del capitalismo, ma consente uno
sviluppo più armonico e più repentino dell’economia nei Paesi industrializzati e in quelli in via di
sviluppo, combattendo la dissipazione di risorse dovuta a fenomeni di corruzione e di elusione
delle regole di comportamento corretto e consentendo una giusta competizione globale.
Una sfida non solo per il Meridione d’Italia, ma per l’intera penisola, se consideriamo il grado di
competitività che si trova ad affrontare la nostra nazione. Viviamo in un’Europa allargata a
venticinque Stati, c’è un rapporto sempre nuovo e dinamico con i paesi del Mediterraneo, vi è
l’ascesa incessante dei paesi orientali, con le loro necessità, ma anche con il desiderio di
confrontarsi e relazionarsi con istanze differenti dalle proprie, ci sono infine trasformazioni
industriali e fusioni economiche d grandi portate. Diventa dunque prioritario saper guardare e
leggere il futuro, essere informati e agire non più soli, ma promuovendo un’ottica comune 51
.
50
Serra R., “Responsabilità Sociale: la nuova sfida per la competizione”, Qualità, Giugno 2000. 51
“La Responsabilità Sociale dell’Impresa: il ruolo della Formazione Manageriale”, atti della terza Giornata della Formazione
Manageriale ASFOR.
50
2.1 Implicazioni, concetti connessi, aree di intervento, normativa
Etica e responsabilità sociale sono a torto considerati sinonimi, se, come afferma Alberto Batoli,
Direttore amministrativo SABAF S.p.a., «…l’etica è un “dover essere”, la CSR si inserisce
nell’etica, ma rappresenta un “voler essere”. Inoltre l’etica probabilmente non si aspetta dai propri
interlocutori una risposta simmetrica, mentre la responsabilità sociale per forza di cose lo
pretende, diventando modo di essere dell’azione imprenditoriale da condursi secondo condizioni
di efficacia ed efficienza di lungo periodo» 52
.
Le implicazioni del termine “responsabilità” concernono in primo luogo la tensione a soddisfare le
legittime attese, economiche e non, di tutti gli stakeholders; secondariamente postulano la
presenza di spazi di discrezionalità nel perseguire i fini istituzionali, cioè l'esistenza di gradi di
libertà nel decidere ambiti e modalità di azione; infine palesano la volontà di rispondere, cioè la
volontà di rendere conto dei propri comportamenti e risultati, di stabilire un dialogo costruttivo,
improntato alla reciproca fiducia, con gli stakeholders.
La responsabilità sociale di impresa ha, come accennato in precedenza, radici molto profonde, la
sua formulazione originaria ha infatti quasi cinquanta anni e negli ultimi anni è stata affiancata da
modelli che contribuiscono a rafforzarne il significato come riassunto nella figura che segue 53
:
Legata a questa evoluzione è l’affermarsi di concetti quali sviluppo sostenibile, cittadinanza di
impresa e triple bottom line.
Con sviluppo sostenibile il Brundtland Report “World Commission on Environment and
Development” del 1987 indica lo sviluppo che soddisfa i bisogni del mondo presente senza
compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare, a loro volta, i propri bisogni.
52
Idem. 53
“Primo Rapporto sulla Responsabilità Sociale d’Impresa in Italia” a cura dell’Istituto per i Valori d’Impresa, 2005.
51
La triple bottom line si propone di incorporare il concetto di sviluppo sostenibile nella
misurazione delle performance aziendali, le prestazioni globali di un’impresa devono essere
misurate in funzione del suo contributo combinato alla prosperità, alla qualità dell’ambiente e al
capitale sociale.
La Cittadinanza d’impresa è la gestione della totalità dei rapporti esistenti tra un’impresa e il suo
contesto d’azione locale, nazionale e mondiale. Essa implica l’oltrepassare i propri doveri (“oltre
la legge”) per contribuire a creare benessere nella comunità in cui l’azienda opera fondandosi sulla
convinzione che non esiste antitesi tra risultati economici di lungo termine e responsabilità
sociale.
Il percorso di sviluppo della Corporate social responsibility si articola nelle seguenti fasi:
I. Rispetto delle norme e leggi vigenti in tema di consumatori, lavoratori e ambiente.
II. Tactical Corporate Responsibility consistente nell’implementazione del Cause Related
Marketing e nel miglioramento della reputation.
III. Strategic Corporate Responsibility si realizza attraverso l’innovazione di processi e
prodotti e la concezione di RSI quale strumento di posizionamento strategico.
IV. Ridisegno del vantaggio competitivo attraverso la costituzione di multistakeholders
forum e di frequenti rapporti con la filiera produttiva, le istituzioni e la comunità locale.
Di recente sui temi della RSI si sono moltiplicate sia le leggi sovranazionali, nazionali, locali) sia
le iniziative di autoregolamentazione e l’emanazione di standard, il quadro normativo si può così
sinteticamente delineare:
Leggi
• Sarbanes-Oxley Art (Usa, 2002)
• Direttiva della Commissione UE relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla
manipolazione del mercato del 2001
• Responsabilità amministrativa (e di fatto penale) degli amministratori (dlg. 231, Italia,
2001)
• Leggi regionali per la certificazione sociale
Autoregolamentazione e standard
• ISO 14001, standard per i sistemi di gestione ambientale emanato dall’International
Standard Organization
• EMAS (EcoManagement and Audit Scheme), Regolamento 761/2001 del Consiglio
Europeo sull’adesione volontaria a un sistema comunitario di ecogestione e audit
• Codice di autodisciplina (Codice Preda)
52
Nell’Ottobre del 1997 è stata pubblicata la prima norma sulla responsabilità sociale: Social
Accountability 8000, a cura del CEPAA (Council on Economic Priorities Accreditation Agency),
organizzazione americana che riunisce rappresentanti del Governo, dei Sindacati, delle Università,
delle Catene Distributive, delle Società di Consulenza e degli Enti di Certificazione.
La spinta iniziale venne dall’esigenza di rispondere alla richiesta dell’opinione pubblica di avere
delle garanzie di tipo sociale sui sistemi di fabbricazione dei prodotti proposti dal mercato. Lo
sviluppo del sistema nel lungo periodo si basa sulla convinzione delle Organizzazioni che la
Responsabilità Sociale è una leva competitiva. Lo scopo della norma è definire lo standard di
auditing etico e sociale. I contenuti sono i requisiti di responsabilità sociale: contrastare il lavoro
minorile e forzato, assicurare elevati standard di salute e sicurezza, garantire la libertà di
associazione e i diritti di rappresentanza collettiva, abolire la discriminazione, implementare
pratiche disciplinari, promettere un adeguato orario di lavoro e la relativa retribuzione, monitorare
i sistemi di gestione. L’architettura della Norma e il metodo di certificazione si ispirano alla ISO
9000.
A fine Marzo 2000 risultavano 31 Organizzazione certificate e 4 Organismi di Certificazione
accreditati dal CEPAA.
La Responsabilità Sociale rappresenta un aspetto dell’Etica aziendale attorno al quale è possibile
sviluppare l'intero Codice Etico dell'Organizzazione, estendendo lo scopo e l'applicabilità agli altri
aspetti:
Relazioni Industriali
Gestione delle Risorse e Formazione
Rapporti con i Clienti e i Fornitori
Politica di Gestione Ambientale, Salute e Sicurezza
Politica fiscale e contributiva
Rapporti con le Istituzioni
Politica degli interventi sociali
Comunicazioni della Politica e dei Risultati verso il Personale e verso l'esterno
Visite Ispettive Interne Etiche e Gestione dei Reclami
Per illustrare i temi tipici della RSI si fa riferimento alla classificazione dell’ Osservatorio sulla
Responsabilità Sociale delle Aziende, il database italiano sulla responsabilità sociale collegato alla
rete promossa da CSR Europe. Le sezioni sono così illustrate 54
:
54
“Primo Rapporto sulla Responsabilità Sociale d’Impresa in Italia” a cura dell’Istituto per i Valori d’Impresa, 2005.
53
I. valori, codici, programmi concerne l’esplicitazione formale di missione, visione, valori; la
realizzazione dei Codici di comportamento e codici etici; la creazione di un Comitato
etico.
II. sistema di governance è connesso alla composizione e al funzionamento degli organi di
governo; all’esistenza di un sistema di controllo interno; alla programmazione di forme
di partecipazione ai risultati e di un piano di azionariato ai dipendenti; alla garanzia della
tutela degli azionisti di minoranza.
III. accountability, auditing e reporting si manifesta attraverso la predisposizione di Bilanci
ambientali, Bilanci sociali (o di sostenibilità), Report tematici (sicurezza, qualità),
House-organ/newsletter contenenti informazioni significative in tema di RSI.
IV. finanza è collegato al finanziamento dell’economia sociale a organizzazioni non-profit
oppure a soggetti che normalmente non avrebbero accesso ai servizi bancari (coloro che
non sono in grado di offrire garanzie reali/personali proprie/di terzi; oppure che
appartengono a categorie svantaggiate).
V. rapporti con il personale, è la sezione che riguarda i sistemi di comunicazione e dialogo
con i dipendenti; le relazioni lavoratore/sindacato/azienda di tipo collaborativi; l’attività
di formazione;le pari opportunità nelle politiche del personale; la certificazione per la
sicurezza del lavoro; la tutela della privacy dei collaboratori; la conciliazione
lavoro/famiglia; l’assunzione di extra-comunitari e connesse politiche di inserimento;
l’assunzione di disabili, detenuti/internati ed infine le ristrutturazioni responsabili.
VI. politiche di marketing si riferisce alla tutela del consumatore; all’integrità delle pratiche
commerciali; all’advertising sociale; alle sponsorizzazioni di manifestazioni
sportive/culturali; al Cause Related Marketing (campagne promozionali sul prodotto
sostenendo una causa di utilità sociale); alle indagini di customer satisfaction.
VII. rapporti con la comunità è un tema attinente alle donazioni; alla cessione gratuita o a
condizione di favore dei propri prodotti/servizi; al volontariato d’impresa; all’acquisto di
beni da soggetti che svolgono attività di interesse sociale; alla partnership con enti non
profit per effettuare investimenti nella comunità; agli interventi a favore di gruppi
marginalizzati; alla costituzione di Fondazioni d'azienda e Community Foundation.
VIII. ambiente si caratterizza per l’impegno nella riduzione dei consumi energetici, dei
consumi di acqua, materie prime, delle emissioni inquinanti; nella riciclabilità dei
prodotti, del packaging; Eco-label dei prodotti; promozione di Certificazioni ambientali;
nell’adesione a programmi di sviluppo sostenibile e nell’adozione di procedure di
controllo fornitori.
IX. diritti umani e sviluppo si esplica attraverso il controllo della supply chain; la
Certificazione sociale (SA 8000); il ricorso al commercio equo e solidale; le donazioni a
54
favore di popolazioni bisognose o aree svantaggiate; l’adesione a programmi di risposta
a situazioni di emergenza (interventi umanitari di aiuto e sostegno).
La figura che segue sintetizza le aree aziendali coinvolte nella ricerca di un agire responsabile:
I tipici strumenti espressivi dell’orientamento alla responsabilità da inglobare nelle aree
rintracciate sono i seguenti:
Codice di comportamento
Carta dei valori
Modello organizzativo e gestionale ex dlgs. 231/01
Bilancio ambientale
Bilancio sociale
Bilancio socio-ambientale o di sostenibilità
Certificazione sociale (tipo SA8000)
Cause related marketing
Adesione a standard global
Probabilmente siamo all'inizio di un processo analogo alla qualità: dieci anni fa il Total Quality
Management veniva generalmente considerato con scetticismo, un lusso per aziende ricche, oggi è
raro incontrare un manager che non lo tratti come un requisito fondamentale per la profittabilità
dell’impresa. La metodologia applicativa della responsabilità sociale segue il percorso già
tracciato dalla qualità: ha come sostrato la normativa di riferimento su cui poggia il lavoro degli
organismi di certificazione accreditati da un Ente di vigilanza e a cui corrisponde la possibilità
per le organizzazioni di richiedere la certificazione di conformità del proprio Sistema di
Responsabilità Sociale.
55
Concretamente oggi il management può decidere la politica etica aziendale, sviluppare il Manuale
e le Procedure necessari, progettandoli secondo la Norma SA 8000 e ottenere la certificazione di
conformità alla stessa Norma rilasciata da un Organismo indipendente con validità internazionale.
2.2 Responsabilità sociale in Italia: l’indagine dell’ISVI
In anni recenti, dopo aver realizzato attività di ricerca, sensibilizzazione e promozione su scala
locale e nazionale delle tematiche relative alla Responsabilità Sociale delle Imprese, Unioncamere
ha stipulato nel novembre 2003 un protocollo d’intesa con il Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali volto alla costituzione di sportelli presso le Camere di Commercio dove gli
imprenditori possono recarsi per ricevere notizie sui diversi strumenti di gestione e
rendicontazione della responsabilità sociale.
L’impegno delle Camere di Commercio italiane nella diffusione della cultura della Corporate
Social Responsibility non rappresenta un caso isolato, infatti Eurochambres, l’associazione delle
Camere di Commercio europee, ha partecipato agli incontri del Forum sulla CSR promosso nel
2002 dall’Unione Europea fino a risultare un interlocutore prezioso della Commissione.
«Il nostro impegno -sintetizza Claudio Gagliardi, Direttore del Centro Studi Unioncamere- si
fonda sulla convinzione che la via italiana alla responsabilità sociale passi necessariamente
attraverso il ricco tessuto di piccole e medie imprese che caratterizza la nostra economia:un
tessuto fatto di attività tradizionalmente legate al territorio e che esprimono un forte contenuto
sociale legato alla qualità della vita. Se è vero che la responsabilità sociale agisce in chiave di
sussidiarietà sono infatti proprio le piccole e medie imprese e non certo le grandi multinazionali a
vantare questa vicinanza e integrazione con la comunità economica e sociale in cui sono inserite».
Piccole e medie imprese oggetto anche, insieme alle banche, del Primo Rapporto sulla
Responsabilità Sociale d’Impresa in Italia condotto dall’Istituto per i valori d’impresa (ISVI) in
collaborazione con l’Istituto Doxa, grazie al contributo economico della Banca Popolare di
Milano, delle Ferrovie Nord e dell’Unioncamere.
L’indagine sulle PMI non ha precedenti in Italia quanto al numero dei casi analizzati e
all’ampiezza dei temi toccati.
Il campione, composto da 427 imprese, è stato estratto attingendo alle anagrafiche di
Unioncamere e stratificato per le due classi dimensionali (20-50 e 51-250 addetti), per i due
56
macrosettori economici Industria e Servizi per le quattro grandi aree territoriali (Nord Ovest, Nord
Est, Centro, Sud e Isole).
Sono state incluse nello studio anche 60 imprese aventi un numero di addetti compreso
nell’intervallo 251-500, attinte in parte dal database utilizzato per le PMI, in parte dal segmento
Star della Borsa italiana. Questa decisione è stata effettuata allo scopo di confrontare il
comportamento sulla RSI in base alle classi dimensionali.
Sulle aziende individuate, Doxa ha realizzato interviste con metodo CATI (Computer Aided
Telephone Interwiews), in armonia con le norme del codice di comportamento ASSIRM
(Associazione tra Istituti di Ricerche di Mercato), relative a sette aree illustrate in precedenza:
Rapporti con il personale; Corporate governance; Salute, sicurezza, ambiente; Rapporti con la
comunità; Rapporti con clienti e fornitori; Strumenti per favorire/comunicare la RSI;
Orientamento culturale verso la RSI.
La situazione del contesto italiano nel 2003, anno di pubblicazione della ricerca così si presentava
rispetto all’avvio di enti creati ad hoc per la RSI o di attività in aziende già esistenti:
Per quanto concerne la sezione “Rapporti con il Personale”, essi risultano ben presidiati dalle
PMI. In particolare si registra la presenza di sistemi di comunicazione prevalentemente informali,
in particolare nel Nord-Est sono maggiormente adottati strumenti quali: incontri periodici,
intranet, giornale aziendale, questionari, cassetta della idee. Per quanto concerne i servizi ai
dipendenti: oltre il 50% delle aziende propone l’orario flessibile e possibilità di aspettativa,
inoltre essi crescono con le dimensioni e risultano essere maggiori nel Nord-Est e nel Nord-Ovest.
I corsi di formazione sono largamente diffusi e in crescita con l’aumentare delle dimensioni
aziendali, oltre il 30% delle imprese minori coinvolge più della metà dei collaboratori e le
tematiche affrontate riguardano per il 30% la protezione ambientale e la sicurezza per il 70%. Tra
le aree con spazi di miglioramento si segnalano: le pari opportunità, soprattutto con riferimento
alle donne (poco presenti in posizioni di responsabilità), e i servizi di supporto per i lavoratori
extra-comunitari.
57
La “Corporate governance” delle PMI italiane presenta ancora i tradizionali punti di debolezza
propri del contesto nazionale. Non vanno però taciuti alcuni miglioramenti rispetto al passato:
cresce la presenza dei rappresentanti di soci di minoranza (attorno al 40%) e dei consiglieri
indipendenti nel Consiglio di Amministrazione (i quali aumentano parallelamente alle
dimensioni), cresce la frequenza delle riunioni del CdA, si incrementa il ricorso a incentivi
(soprattutto economici) legati ai risultati.
Il Decreto Legislativo 626/1994 costituisce il principale fattore di mobilitazione delle imprese
rispetto alle tematiche “Salute, sicurezza, ambiente”, ma circa un’impresa su tre percepisce i
benefici in termini di azione commerciale, efficienza, risultati economici. Nel complesso i temi
ecologici sono presidiati in misura crescente, sebbene con maggiore sistematicità da parte delle
imprese di maggiori dimensioni. Si registrano possibilità di miglioramento in numerose aree,
come ad esempio: risparmio energetico, riduzione dei consumi di materie prime e delle emissioni
inquinanti, riciclabilità.
Nella sezione “Rapporti con la comunità” si conferma il profondo radicamento delle PMI italiane
nel territorio in cui operano. Ciò è dimostrato dal frequente ricorso a donazioni (il 64,4% delle
PMI e il 73,3% delle maggiori si dimostrano solidali soprattutto nei confronti di soggetti attivi
nella promozione sociale, nella ricerca scientifica e nell’assistenza sociale e sanitaria) e dalle
crescenti iniziative di partnership con la comunità, quali lo sport per le imprese di medie
dimensioni e le attività legate a spettacoli, restauro,mostre, educazione e università per le grandi.
Nelle PMI è stata invece rilevata una limitata diffusione delle nuove forme di coinvolgimento con
la comunità quali, ad esempio, il volontariato d’impresa (15%) il Cause Related Marketing.
Nell’ambito “Rapporti con clienti e fornitori”, la certificazione sociale della supply chain inizia ad
essere considerata fattore di competitività. E’ assai significativo che il 15-20% delle imprese
richieda ai propri fornitori un’attestazione della eticità dei propri processi produttivi o sia oggetto
di analoghe richieste da parte delle aziende a valle. Il problema del controllo delle unità produttive
all’estero è scarsamente rilevante visto il bassissimo numero di PMI aventi siti produttivi
all’estero. Il 15,7% delle piccole e medie imprese acquista beni da cooperative o altri enti aventi
fini sociali. Questo valore cresce presso le imprese di maggiori dimensioni (26,7%). Infine il
commercio equo e solidale è un fenomeno ancora marginale.
L’incremento di attenzione alla RSI è testimoniato dalla crescente diffusione degli “Strumenti
tipici per favorire/comunicare la RSI”. Le PMI, peraltro, dimostrano la propria sensibilità sociale
più nei fatti che attraverso gli strumenti formali di comunicazione. Ciò può essere imputato alla
mancanza di tempo, ai costi connessi a tali strumenti, alla necessità di competenze specialistiche e
alla scarsa attenzione alle politiche di comunicazione caratterizzanti molte PMI. Si sottrae a
questa considerazione la certificazione di qualità, ISO 9000 e di Vision 2000, ormai percepita
come essenziale da tutte le imprese. La presenza del codice etico e del bilancio sociale,
l’esplicitazione dei valori, la loro diffusione cresce sensibilmente all’aumentare delle dimensioni
58
aziendali. Le interviste hanno messo in luce come l’Industria effettui maggiormente investimenti
negli strumenti connessi ad ambiente e sicurezza e il settore dei Servizi nel bilancio sociale e
codice di comportamento.
“Orientamento culturale verso la RSI”: l’importanza della RSI è ormai riconosciuta dalla quasi
generalità dei soggetti. Le ragioni di tale riconoscimento sono nell’ordine: motivi etici, rapporti
con i dipendenti, fidelizzazione della clientela, relazione con la comunità. E’ rilevante notare
come gli ambiti connotati da comportamenti maggiormente orientati alla RSI (quali l’area del
Nord-Est) attribuiscano minor peso a motivazioni esclusivamente etiche, sottolineando invece la
rilevanza degli influssi attesi sui risultati competitivi ed economici.
Lo studio sulla responsabilità sociale nelle banche è stato effettuato tramite: un censimento dei
bilanci sociali delle otto banche italiane più sensibili ai temi della RSI (Banca Intesa, San Paolo
IMI, BNL, Banca MPS, UniCredito Italiano, Banca Popolare di Bergamo- Credito Varesino,
Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Banca Popolare di Lodi) e l’analisi di studi e
documentazione sull’argomento.
Le banche esplicitano la propria sensibilità per i temi socio-ambientali principalmente nei seguenti
documenti: statuto (quattro banche sul campione di otto intervistate), missione e codice di
comportamento (quattro su otto), bilancio sociale (sei intervistate) e nelle sottoscrizioni di
dichiarazioni di organismi sovranazionali (UNEP Financial Services Iniziative, Global Compact
ONU, World Business Council of Sustainable Development, Programma Green Light della
Commissione Europea).
Sia per il bilancio sociale che per il codice di comportamento, una forte spinta alla loro adozione è
provenuta dall’elaborazione del “Modello di redazione del bilancio sociale per il settore del
credito” avvenuta nella primavera 2001 ad opera dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e
dell’Istituto Europeo per il Bilancio Sociale (IBS).
Aumenta il numero di istituti di credito che offrono fondi etici e che si dotano di certificazioni di
vario genere, mentre l’adozione del modello organizzativo ex D. Lgs 231/2001 è solo ai primi
passi. Le banche dimostrano la loro responsabilità sociale anche attraverso servizi di social
banking e numerose attività di prossimità al territorio (strumenti finanziari per le aziende che
vogliono una certificazione EMAS o ISO 14001; concessione di finanziamenti con garanzia
dell’European Investment Fund per le PMI che intendono investire per migliorare l’impatto
ambientale della propria attività produttiva; sostegno al programma comunitario EQUAL per
combattere ogni genere di discriminazione sul posto di lavoro; finanziamenti a tassi agevolati
all’imprenditorialità femminile).
Emerge inoltre come nel settore non si sia ancora affermato un unico modello organizzativo di
riferimento per la gestione della RSI (alcune banche non hanno ancora identificato un referente -
59
persona fisica o unità organizzativa - specifico; altre distinguono due livelli: il livello di vertice,
con la creazione di un comitato etico, e il livello operativo).
I contenuti del bilancio sociale riguardano le attività promosse nei confronti dei dipendenti, dei
clienti, dei fornitori, delle Istituzioni, degli azionisti, del modo dell’istruzione e dell’ambiente.
2.3 Il sentiero europeo della Responsabilità sociale
Il concetto di responsabilità sociale delle imprese emerso dal Libro Verde Promuovere un quadro
europeo per la responsabilità sociale delle imprese, presentato dalla Commissione Europea nel
2001 indica l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese
nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate.
La crescente attenzione a questo ambito è motivata dal fatto che la responsabilità sociale potrebbe
recare un contributo positivo all’obiettivo strategico definito nel Consiglio europeo di Lisbona del
2000: «divenire l’economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, capace
di una crescita economica sostenibile accompagnata da un miglioramento quantitativo e
qualitativo dell’occupazione e da una maggiore
coesione sociale».
In questo paragrafo verranno presentate le principali considerazioni della Commissione europea
sviluppate nel Libro Verde il cui prioritario obiettivo è di sensibilizzare e di stimolare la
discussione sulle nuove forme di promozione della responsabilità sociale delle imprese.
Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici,
ma anche andare al di là investendo “di più” nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con
le altre parti interessate. L’esperienza acquisita con gli investimenti in tecnologie e prassi
commerciali ecologicamente responsabili suggerisce che, andando oltre gli obblighi previsti dalla
legislazione, le imprese potevano aumentare la propria competitività. L’applicazione di norme
sociali che superano gli obblighi giuridici fondamentali, ad esempio nel settore della formazione,
delle condizioni di lavoro o dei rapporti tra la direzione e il personale, può avere dal canto suo un
impatto diretto sulla produttività. Quando la responsabilità sociale dell’impresa costituisce un
processo di gestione dei suoi rapporti con tutta una serie di parti interessate che possono realmente
influire sul suo libero funzionamento, gli argomenti commerciali sono chiari. Di conseguenza la
responsabilità sociale dell’impresa, così come la gestione della qualità, deve essere considerata
come un investimento e non come un costo.
60
Quest’affermazione può essere supportata anche dall’atteggiamento delle istituzioni finanziarie, le
quali fanno ricorso sempre più spesso ad elenchi di criteri sociali ed ecologici per valutare il
rischio di prestito o di investimento nei confronti delle imprese. Inoltre, il fatto di essere
riconosciuta come un’impresa socialmente responsabile, ad esempio in quanto rappresentata in un
indice borsistico di valori etici, può giocare a favore della quotazione di un’impresa e reca quindi
un vantaggio finanziario concreto.
Gli indici sociali dei mercati borsistici costituiscono riferimenti utili per provare le ripercussioni
positive, sulle prestazioni finanziarie, di una selezione fondata su criteri sociali: dal suo lancio, nel
maggio 1990, il Domini 400 Social Index (DSI) ha superato dell’1% lo S&P500 in termini di
rendimento globale annualizzato (tenuto conto di un adeguamento dei rischi), mentre il Dow
Jones Sustainable Index è progredito del 180% dal 1993, contro il 125% del Dow Jones Global
Index.
È difficile valutare con precisione ciò che determina la redditività finanziaria di un’impresa
socialmente responsabile. Gli studi (Industry Week, 15 gennaio 2001) mostrano che il 50% degli
eccellenti risultati delle imprese socialmente responsabili sono imputabili al loro impegno sociale,
mentre l’altra metà si spiega dalle prestazioni dei loro settori. Ci si aspetta che un’impresa
socialmente responsabile registri benefici superiori alla media poiché la sua attitudine a risolvere
con successo problemi ecologici e sociali può costituire una misura credibile della qualità della
gestione.
La comunicazione della Commissione sullo sviluppo sostenibile, cui ha aderito il Consiglio
europeo di Göteborg, ha messo in evidenza l’importanza della responsabilità sociale delle
imprese: «L’azione dei pubblici poteri è inoltre essenziale per incoraggiare le imprese a prendere
ulteriormente coscienza delle loro responsabilità sul piano sociale e per creare un quadro che
consenta di garantire che le imprese integrino gli aspetti ambientali e sociali nelle loro attività...
Occorre incoraggiare le imprese ad integrare in modo attivo lo sviluppo sostenibile nelle attività
che esse realizzano all’interno dell’Unione europea e nel mondo».
Questo dibattito è inoltre collegato alla riflessione della Commissione in merito al Libro bianco
sul sistema di governo delle imprese nell’UE. Considerando il fatto che essa contribuisce
notevolmente a creare un clima favorevole allo spirito imprenditoriale, la responsabilità sociale si
ricollega in tal modo all’obiettivo della Commissione di creare “l’impresa Europa”, vale a dire
un’Europa dinamica, innovativa e aperta.
La responsabilità sociale si articola su due livelli:
1) Nella dimensione interna implica un maggiore coinvolgimento e una maggiore
motivazione del personale; una politica di trasparenza nei confronti degli azionisti e
di dialogo nei rapporti con le organizzazioni sindacali; un’ adesione ai principi di
lotta alla corruzione e, nel caso di imprese internazionalizzate, rispetto dei diritti
61
umani e dei principi di sicurezza e protezione sul lavoro anche se questi non sono
previsti dalla normativa del paese in cui si opera.
2) Nella dimensione esterna un’impresa socialmente responsabile adotterà tecniche di
produzione che rispettino l’ambiente e politiche di tutela dei consumatori; si servirà
di fornitori che rispondano a determinati requisiti, quali per esempio il rispetto dei
diritti sindacali; istituirà iniziative a beneficio della comunità locale; promuoverà la
trasparenza e la pubblicazione delle informazioni. In virtù della loro natura di
imprese globali e del forte impatto che hanno nelle economie dei paesi in cui
operano, le imprese multinazionali sono state maggiormente interessate al dibattito
sulla RSI, ma la Comunicazione della Commissione Europea del luglio 2002 auspica
che questo possa investire anche le PMI che, grazie al forte radicamento nella
comunità locale, sono un ambito ideale di applicazione della RSI, in particolare nel
campo dell’emersione del lavoro nero e dell’integrazione razziale.
Dal momento che i temi della responsabilità sociale divengono sempre più parte integrante della
pianificazione strategica delle imprese e delle loro operazioni quotidiane, i dirigenti e i dipendenti
devono basare le loro decisioni professionali su criteri diversi da quelli che sono stati
tradizionalmente formati a prendere in considerazione. I modelli tradizionali di comportamento
organizzativo, di gestione strategica e anche di etica dell’impresa non preparano sempre alla
gestione della società in questo nuovo ambiente.
Di fronte alla necessità di incorporare la responsabilità sociale delle imprese alla formazione dei
dirigenti e dei dipendenti, e a quella di prevedere le qualifiche di cui avranno bisogno in futuro, i
corsi o i moduli sull’etica d’impresa si generalizzano nelle preparazioni ai diplomi commerciali.
Tuttavia essi comprendono abitualmente solo una parte limitata del concetto di responsabilità
sociale delle imprese.
CSR Europa e il Centro di Copenaghen hanno lanciato un programma il cui fine è riunire il
mondo delle imprese e delle università affinché identifichino insieme i bisogni di formazione delle
imprese in materia di responsabilità sociale e possano essere introdotti e diversificati corsi in
materia a tutti i livelli di studio.
Un maggiore investimento in formazione e nell’identificazione di strumenti a supporto dell’agire
sociale è motivato dall’incoraggiamento rivolto dai pubblici poteri alle imprese nel presentare
relazioni sui loro risultati nel settore sociale e ambientale.
La raccomandazione relativa alla “presa in considerazione degli aspetti ambientali nei conti e
nelle relazioni annuali delle società: iscrizione contabile, validazione e pubblicazione di
informazioni”, adottata il 30 maggio 2001, dovrebbe arrecare un contributo significativo
all’elaborazione di informazioni pertinenti e comparabili riguardanti i problemi dell’ambiente
nell’Unione Europea.
62
In questi ultimi anni,inoltre, l’investimento socialmente responsabile (ISR) ha segnato
l’incremento della sua quota di popolarità presso i grandi investitori. Politiche responsabili nel
settore sociale e in quello della tutela dell’ambiente costituiscono per gli investitori una
indicazione importante di corretta gestione interna ed esterna. Tali politiche contribuiscono a
minimizzare i rischi anticipando e prevenendo le crisi suscettibili di nuocere alla reputazione
dell’impresa e di provocare una spettacolare caduta dei prezzi e delle azioni. La domanda di fondi
ISR è in aumento in Europa, per cui le principali società d’investimento reagiscono proponendo
sempre più fondi che collocano i loro capitali in imprese che rispettano criteri sociali e ambientali
specifici. Tali criteri possono essere negativi, escludendo il settore del tabacco o dell’alcool, o il
commercio delle armi. Possono anche essere positivi e comprendere imprese che adottano
volontariamente pratiche innovative nel settore sociale e della tutela dell’ambiente.
L’impegno nell’attivismo azionario costituisce un’altra grande opzione offerta agli investitori per
incitare la direzione delle imprese ad adottare prassi socialmente responsabili. L’attivismo
azionario dovrebbe acquisire ampiezza parallelamente all’aumento dell’importanza attribuita al
sistema di governo dell’impresa e allo sviluppo dei fondi pensione.
Tuttavia, le imprese sono a volte gravate da un eccessivo carico di richieste di informazioni che
vengono loro rivolte. Di conseguenza, lo sviluppo dell’investimento socialmente responsabile
potrebbe incontrare una crescente avversione e la mancanza di cooperazione da parte delle
imprese. I primi sforzi di normalizzazione dedicati alle relazioni di audit sociale, a cui si sono
associate le grandi agenzie di valutazione, costituiscono una prima risposta positiva a questa
situazione. È tuttavia necessario garantire una maggiore convergenza degli indicatori concepiti
dalle imprese e i criteri utilizzati dagli analisti per valutare le loro prestazioni sociali e ambientali.
Inoltre, la mancanza di trasparenza che caratterizza i metodi di valutazione impiegati dalle agenzie
potrebbe dissuadere i grandi investitori dall’orientarsi massicciamente verso l’investimento
socialmente responsabile.
È quindi opportuno progredire ancora sulla via della normalizzazione, dell’armonizzazione e della
trasparenza degli strumenti di selezione delle agenzie.
Considerata la natura del Libro Verde, le istituzioni europee (Parlamento, Consiglio dei ministri e
Commissione)nonché il Comitato economico e sociale e il Comitato delle regioni intendono
stimolare il dibattito, recare un sostegno politico e organizzare uno scambio di informazioni e di
conoscenze sulla responsabilità sociale delle imprese.
Le principali questioni rimaste aperte concernono:
◊ Il ruolo dell’Unione europea
63
Come potrebbe l’UE promuovere lo sviluppo della responsabilità sociale delle
imprese a livello europeo e internazionale? L’UE dovrebbe in particolare completare
le attività socialmente responsabili esistenti e apportare un valore aggiunto:
– Elaborando un quadro europeo globale, in partnership con i principali attori della
responsabilità sociale delle imprese, al fine di promuovere la trasparenza, la
coerenza e le buone prassi in questo settore?
– Favorendo un consenso sulle buone prassi in materia di valutazione e di verifica
della responsabilità sociale delle imprese e sostenendo tali buone prassi, e/o
attraverso quali altri mezzi?
◊ Le imprese e la loro responsabilità sociale
– Qual è il ruolo della responsabilità sociale nella strategia commerciale delle
imprese?
– Quali sono le ragioni che spingono le imprese ad assumere la loro responsabilità
sociale? Quali sono le attese che sottendono tali impegni? Su quali settori si
concentrano tali impegni? Quale vantaggio ne traggono le imprese?
– Quali sono per le imprese le principali buone prassi che consentono loro di
assumere e di gestire la responsabilità sociale? Quali migliori prassi esistono per
le PMI?
– Com’è possibile cogliere al meglio l’invito rivolto alle imprese nella proposta
della Commissione su una strategia di sviluppo sostenibile di pubblicare, nelle
loro relazioni annuali destinate agli azionisti, il “triplice approccio” che consenta
loro di misurare i loro risultati in rapporto a taluni criteri economici, ambientali e
sociali?
– Quali sono i migliori modi di stabilire legami tra le dimensioni sociale e
ambientale della responsabilità sociale delle imprese?
– Quali sono i migliori modi di promuovere la conoscenza relativa agli argomenti
commerciali a favore della responsabilità sociale delle imprese?
◊ Principali attori e parti interessate
– Quali sono i migliori modi di instaurare e sviluppare un processo di dialogo
strutturato tra le imprese e le varie parti interessate sulla responsabilità sociale?
– Quali dovrebbero essere i ruoli rispettivi delle principali parti interessate, vale a
dire le imprese, le parti sociali, i pubblici poteri e le ONG, nella promozione
della responsabilità sociale delle imprese?
– Come può l’Unione europea promuovere una più ampia applicazione dei principi
della responsabilità sociale attraverso le sue politiche, sia in Europa che a livello
64
internazionale, anche nel quadro del suo dialogo politico e dei suoi accordi di
partnership, nell’ambito dei suoi programmi e grazie alla sua presenza nelle
istanze internazionali?
◊ Valutazione ed efficacia
– Qual è il miglior modo di sviluppare, valutare e garantire l’efficacia e
l’affidabilità degli strumenti della responsabilità sociale delle imprese, come i
codici di condotta, le relazioni e gli audit sociali, le etichette sociali ed
ecologiche o l’investimento socialmente responsabile?
◊ Azioni a sostegno della responsabilità sociale delle imprese
– Quali sono le azioni più adeguate per incoraggiare e sostenere lo sviluppo della
responsabilità sociale delle imprese? Quali sono i livelli d’intervento (di impresa,
locale, regionale, settoriale, nazionale, europeo e internazionale) più adeguati per
realizzare tali azioni?
Tali azioni potrebbero comprendere:
o un sostegno alla formazione e al riadeguamento affinché il personale
direttivo disponga di qualifiche e di competenze necessarie allo sviluppo e
alla promozione della responsabilità sociale delle imprese;
o la diffusione e lo scambio di informazioni, in particolare sulle buone prassi
di responsabilità sociale delle imprese, la definizione di norme, l’analisi
comparativa e la sorveglianza, la contabilità, l’audit e la redazione di
relazioni;
o le analisi e ricerche vertenti sulla politica sociale a medio termine;
o l’analisi del ruolo del quadro giuridico.
Il principale contributo della Commissione europea sarà di arrecare un valore aggiunto alle azioni
esistenti e di completarle instaurando prioritariamente un quadro globale europeo destinato a
favorire la qualità e la convergenza delle procedure osservate nel settore della responsabilità
sociale delle imprese, grazie all’elaborazione di principi, approcci e strumenti generici e alla
promozione di nuove prassi e idee innovative, e infine sostenendo le buone prassi destinate a
garantire una valutazione efficiente in termini di costi e una verifica indipendente delle procedure
di responsabilità sociale delle imprese, garantendo in questo modo la loro efficacia e la loro
credibilità.
65
2.4 Lo scenario internazionale nell’indagine Eurisko
Il Corporate Social Responsibility Monitor è un’indagine internazionale che viene realizzata
annualmente somministrando un identico questionario alle imprese di venti Paesi dei cinque
continenti. L’ultima rilevazione è databile tra il dicembre 2000 e il gennaio 2001 e si è articolata
con mille interviste in ciascun Paese.
Eurisko è il partner italiano dell'istituto canadese Environics che promuove e coordina la ricerca.
I risultati ai quali si è giunti hanno messo in luce l’ampia condivisione, pur in Paesi molto diversi
dal punto di vista economico, sociale e giuridico, del concetto di “responsabilità sociale
dell'impresa” 55
. In tutti i Paesi coinvolti vi è infatti una maggioranza di cittadini/consumatori che
condivide l’opinione che le imprese dovrebbero andare oltre il loro tradizionale ruolo economico e
dunque non limitarsi a “realizzare profitti, creare occupazione, pagare le tasse e rispettare le
leggi”.
In un mercato dove il consumatore/cittadino/cliente ha capito che attraverso le sue azioni può
condizionare il comportamento delle imprese, ed è disposto a pagare una cifra superiore per il
bene o il servizio richiesto, a patto che l’azienda affermi e si impegni a rispettare standard, valori,
diritti internazionali, per le imprese diventa difficile contare solo sull’immagine o su un prezzo
55
Eurisko “Un’indagine internazionale sulla responsabilità sociale delle imprese”, 2002.
66
appetibile.
Si auspica una “corporate responsibility” in grado di contribuire alla qualità sociale oltre che al
benessere economico dei Paesi in cui l’impresa opera. Le tematiche in cui le aspettative nei
confronti delle imprese sono più forti sono l’impegno per la salute e la sicurezza dei lavoratori,
l’astensione dal pagamento di tangenti, il rispetto dell’ambiente e il trattamento equo dei
dipendenti.
L’attribuzione alle imprese di una responsabilità sul piano sociale sembra dunque coincidere con
il rispetto di norme “etiche” fondamentali mentre non comprende il sostegno attivo a cause sociali
“esterne” (non viene considerato compito delle imprese impegnarsi per ridurre le differenze tra
ricchi e poveri o battersi contro la violazione di diritti umani nel mondo).
Non essendo disponibili le informazioni relative al comportamento delle singole aziende
l’indagine evidenzia come il settore di appartenenza sia un elemento decisivo di valutazione del
grado di responsabilità sociale di un’impresa.
Le aziende con un tasso più alto di innovazione (informatica, telecomunicazioni, biotecnologie…)
ottengono le valutazioni più positive, seguono le aziende alimentari, le farmaceutiche e quelle di
abbigliamento che con i loro prodotti soddisfano bisogni primari e dunque sembrano contribuire
per questa via ad una migliore qualità del vivere. Le aziende che offrono prodotti dannosi o
rischiosi per la salute (sigarette, cibi transgenici, alcolici) e quelle con i processi e i prodotti a più
elevato impatto ambientale (le petrolifere e le chimiche) ottengono per convesso valutazioni molto
negative.
67
Un caso particolare è rappresentato dalle banche e dalle società finanziarie, le quali ottengono
valutazioni molto critiche nella maggioranza dei paesi sviluppati mentre ricevono giudizi
decisamente più positivi nei Paesi del Terzo Mondo dove vengono evidentemente percepite come
uno strumento indispensabile per il finanziamento dei progetti di sviluppo del paese. Analogo è il
caso delle aziende farmaceutiche che nei paesi più poveri (Nigeria, India, Cile, Indonesia…) sono
vissute come socialmente responsabili mentre nei paesi sviluppati ottengono giudizi decisamente
più critici.
Il CSR Monitor indica che una percentuale significativa di cittadini ha avuto nel corso dell’ultimo
anno più di un’occasione per esprimere un giudizio sul comportamento etico o sociale di
un’azienda, in tutti i Paesi esiste una minoranza che dichiara di avere boicottato i prodotti o i
servizi di un’azienda per il suo comportamento socialmente irresponsabile.
68
La dimensione etico-sociale sembra dunque acquisire una rilevanza crescente nella valutazione
dei comportamenti dei soggetti economici. Risulta essere molto probabile che in futuro la “qualità
etica” diventi una componente di rilievo della “corporate reputation” e un effettivo criterio di
scelta di prodotti e servizi da parte di consumatori sempre più attenti e informati.
2.5 Aree critiche, proposte e formazione
Il decollo della RSI dipende dalla capacità di connettere/dimostrare la convenienza economica
dell’impegno sociale.
Gli elementi di elementi di criticità per le piccole e medie imprese sono classificabili nei
costi
scarse competenze/attitudini per le attività di comunicazione
vantaggi limitati se considerati nell’ottica di breve periodo
limitata diffusione della cultura della RSI presso i vari stakeholders.
69
Ne deriva l’importanza di tali interventi:
iniziative di comunicazione e sensibilizzazione (informazione, formazione,
creazione/ pubblicizzazione di label sociali);
ricerche tese a misurare la correlazione tra impegno sociale e performance
economiche;
lo sviluppo dell’impegno sociale dipende dalla capacità di evitare la deriva
burocratica di tale impegno;
gli strumenti tipici della RSI dovranno essere adattati alle esigenze e alla necessità
espressive delle PMI;
associazioni imprenditoriali ed enti pubblici dovranno contribuire con supporto e
fondi al contenimento dei costi della RSI;
introduzione di criteri premianti (incentivi fiscali e priorità negli appalti pubblici) a
cura delle Istituzioni.
Nelle PMI l’attenzione alla comunicazione è rilevante per un duplice motivo:
1. la possibilità di valorizzare un impegno già assunto, anche a beneficio dei risultati
competitivi e sociali;
2. lo stimolo, che sempre ne deriva, a procedere nella sostanza dei problemi (processi
interni, relazione con gli interlocutori esterni).
In questo contesto le organizzazioni devono diventare portatrici di logiche e modelli formativi che
oltre alla conoscenza dei metodi e delle tecniche di management, siano in grado di rafforzare la
capacità degli imprenditori, manager e quadri di adoperare tali strumenti per generare nella società
70
un valore inteso in termini più ampi e più diffuso. Le parole chiave su cui si deve fondare tale
formazione sono così individuate 56
:
a. riconoscere le specificità dei differenti contesti in cui operano le imprese e inserire le
strategie in una visione, in una prospettiva di sviluppo globale di tali realtà;
b. sostenere la responsabilità attiva degli imprenditori, manager e quadri nel
promuovere la più stretta integrazione impresa- società- ambiente senza aspettare
l’imposizione di vicoli di legge;
c. accettare il principio che la razionalità economica è sempre parziale e relativa e,
quindi, deve essere inserita e valorizzata all’interno di una razionalità più ampia e
complessiva;
d. garantire una coerenza dei comportamenti, nel senso che la responsabilità sociale non
deve essere considerata una moda, né un semplice strumento di marketing, ma dee
essere considerata un cambiamento radicale del modo di concepire l’impresa e la
società.
56
“La Responsabilità Sociale dell’Impresa: il ruolo della Formazione Manageriale”, atti della terza Giornata della Formazione
Manageriale ASFOR.
71
3. Bilancio Sociale quale strumento per esplicitare la creazione del valore sociale
Lo strumento più adatto per dare visibilità alla necessità di informazione e trasparenza del
proprio pubblico di riferimento, è il Bilancio Sociale.
Esso è un modello di rendicontazione sulle quantità e sulle qualità di relazione tra l’impresa
ed i gruppi di riferimento rappresentativi dell’intera collettività, mirante a delineare un quadro
omogeneo, puntuale, completo e trasparente della complessa interdipendenza tra i fattori
economici e quelli socio-politici connaturati e conseguenti alle scelte compiute.
Il bilancio sociale rappresenta un fattore decisivo per la promozione dell’immagine aziendale,
in quanto pone in risalto la mission dell’impresa; quelli che sono i criteri in base ai quali essa
pianifica ed attua i suoi programmi di gestione; l’impegno che essa manifesta nei confronti
delle proprie risorse umane; nel modo con il quale l’impresa partecipa alla vita della comunità
di riferimento in un’ottica di sussidiarietà delle pubbliche istituzioni; nell’intervento attivo
alla tutela dell’ambiente e della sicurezza dei lavoratori, attraverso un impegno costante e
fattivo; nello sviluppo dell’innovazione 57
.
Esso è uno strumento potenzialmente straordinario, rappresenta infatti la certificazione di un
profilo etico, l’elemento che legittima il ruolo di un soggetto, non solo in termini strutturali
ma soprattutto morali, agli occhi della comunità, un momento per enfatizzare il proprio
legame con il territorio, un’occasione per affermare il concetto di impresa come “buon
cittadino”, un soggetto economico che perseguendo il proprio interesse prevalente
contribuisce a migliorare la qualità della vita dei membri della società in cui è inserito.
Il Bilancio Sociale sta a quello tradizionale come gli indicatori di qualità della vita stanno al
Prodotto Interno Lordo di un Paese; esso ha la funzione di descrivere il più analiticamente
possibile le ragioni per cui si sostengono o si sono sostenuti determinati costi, più lontani
rispetto all’attività caratteristica, ma anch’essi produttori di vantaggi per alcune categorie di
stakeholders. Non esiste infatti una utilità globale ma una serie di utilità, ognuna per ogni
pubblico di riferimento. Il Bilancio Sociale diviene pertanto la somma di una serie di bilanci,
unificati per il fatto che l’impresa è una ed è l’unico soggetto in grado di compierne una
sintesi.
È palese che il Bilancio Sociale non potrà essere mai totalmente neutrale come può esserlo il
bilancio d’esercizio, ma deve essere il quanto più possibile verificabile ed oggettivo, in caso
contrario assai scarso potrebbe essere l’interesse degli stakeholders più avveduti, che
57
Morelli M, “L’immagine d’impresa. Le leve strategiche della comunicazione nell’epoca del cambiamento”, FrancoAngeli,
Milano, 2002.
72
potrebbero considerare tali informazioni incomplete, non significative, o cosa più grave,
inattendibili.
Il Primo Rapporto sulla Responsabilità Sociale d’Impresa in Italia condotto dall’Istituto per i
valori d’impresa (ISVI) in collaborazione con l’Istituto Doxa nel 2003 fotografa così la
presenza dei bilanci sociali in Italia, in valore assoluto e per le diverse tipologie di attività :
73
Viviani58
ha individuato due modelli teorici di riferimento nei quali calare la redazione del
bilancio sociale:
1) Libera interpretazione: in tale modello è l’impresa che si fa interprete del punto di
vista dei differenti stakeholders e ne descrive interessi e soddisfazione. È il modello
più diffuso.
2) Diligente descrizione: l’impresa si rivolge direttamente agli stakeholders,
chiedendo loro parere e giudizio. Non essendo possibile censire ed ascoltare
tutti gli stakeholders, sarà necessario ricorrere a tecniche campionarie di
analisi. È un modello in sviluppo, grazie alla maggiore attenzione verso lo
stakeholders’ engagement.
Il bilancio sociale, a differenza del bilancio di esercizio, manca del requisito di autoreferenzialità:
per farlo funzionare e, affinché abbia il ruolo di ridurre il differenziale informativo nel mercato (il
quale fa sì che in presenza di informazione asimmetrica degli operatori chi ha una visione più
completa della situazione può avvantaggiarsi e sfruttare tale differenziale a suo vantaggio),
occorre accordarsi sul suo contenuto e sul suo significato.
Il modello di libera interpretazione non riduce il differenziale, poiché è l’azienda che sceglie
liberamente le informazioni da inserire e, quindi, mostra solo ciò che vuole mostrare.
Il modello diligente descrizione parimenti non riduce il differenziale, poiché sono gli stakeholders
che in via del tutto discrezionale definiscono i parametri e i criteri di valutazione.
58
Viviani M., “Specchio Magico. Il bilancio sociale e l’evoluzione delle imprese”, Il Mulino, Bologna, 1999.
74
La soluzione ideale implica che una prima stesura venga fatta dall’azienda; ad essa segue un
confronto con gli stakeholders, ognuno per la propria area di interesse, al fine di valutare la “bontà
comunicativa” (ossia il fatto che ogni singola valutazione sia compresa e condivisa da entrambe le
parti) ed eventualmente attuare i necessari correttivi.
Le funzioni a cui tale strumento deve far fronte sono così sintetizzate:
Funzione di comunicazione e promozione
Riduzione dei conflitti interni ed esterni legati all’azienda, rendendo palesi gli
interventi nel sociale.
Creazione di una migliore immagine aziendale.
Miglioramento dei rapporti con gli stakeholders, in forza della trasparenza alla base
del bilancio stesso.
Aumento del consenso sociale e della reputazione.
Funzione programmatica e gestionale
Possibilità di includere negli obiettivi della gestione, oltre a quelli economico-
finanziari, quelli di natura sociale, relativi al rapporto dell’impresa con gli
stakeholders.
Monitorare il clima entro il quale si opera, quantificando interventi che migliorano
lo stesso.
Visione più ampia del business.
Funzione di partecipazione, organizzazione interna e di verifica istituzionale
La redazione di un bilancio sociale migliora il clima di lavoro, coinvolgendo i
dipendenti delle diverse funzioni, aumentando il loro senso di appartenenza e la loro
motivazione.
La partecipazione anche dei non addetti ai lavori, può apportare nuove idee e
consentire un maggior consenso in ambito interno.
Un buon bilancio sociale consente al top-management di monitorare quello che è il
ruolo dell’impresa nella società, le sue relazioni e di definirne aree di miglioramento
e azioni da intraprendere.
Il bilancio sociale diventa misurazione di coerenza tra missione e gestione, come
coerenza tra diritto e responsabilità, come sistema per verificare se gli assunti sui
quali l’impresa si è costituita ed è cresciuta sono rispettati nell’attività gestionale.
75
Funzione strategica verso la comunità locale
Consapevolezza del ruolo sociale delle imprese.
Da strumento di comunicazione a strumento di gestione e strategia.
Fonte di analisi delle problematiche e delle aree di miglioramento, da inserire nel
Piano Industriale.
Distribuzione strategica degli interventi nel sociale, tendendo a privilegiare le masse
critiche di stakeholders.
Bilancio sociale come strumento di supporto delle decisioni operative.
Il Gruppo di studio per la statuizione dei principi di redazione del bilancio sociale (GBS),
costituito nel 1998 e formato da studiosi e professionisti provenienti dal mondo accademico e
della consulenza, ha proposto una struttura articolata in tre parti obbligatorie:
1. identità aziendale,
2. produzione e distribuzione del valore aggiunto,
3. relazione sociale,
per la realizzazione di questo strumento di rendicontazione sociale che, insieme agli strumenti
informativi tradizionali, consente alle aziende di perseguire una strategia di comunicazione diffusa
e trasparente, in grado di generare il consenso e la legittimazione sociale che sono la premessa per
il raggiungimento di qualunque altro obiettivo, compresi quelli di tipo reddituale e competitivo.
3.1 La Pubblica Amministrazione e le esigenze di accountability
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da notevoli trasformazioni che hanno investito in
particolare l’ambito politico, economico e soprattutto pubblico. Riferendosi alla realtà locale, il
principale sintomo dello spirito riformatore fa riferimento alla figura del cittadino, principale
interlocutore dell’organizzazione. Esso, non è più il soggetto che assiste passivamente alle
decisioni prese dall’Amministrazione subendone gli effetti, bensì viene chiamato a partecipare
attivamente alla vita dell’ente. Ciò comporta il dovere da parte dell’organizzazione di saper
soddisfare le diverse aspettative dei cittadini. In particolare, oggi, la Pubblica Amministrazione
deve saper anticipare i bisogni dei cittadini mantenendo un atteggiamento di attenzione costante
nella soluzione dei problemi mostrando una forte disponibilità all’ascolto per superare la
76
convinzione che le organizzazioni pubbliche siano distanti dai problemi della gente. Ciò comporta
l’esigenza di assumere un orientamento che non sia più reattivo ma anticipatore, focalizzato, cioè,
verso una riforma di tipo strategico, sostenuto da una visione chiara e a lungo termine. A tal fine
occorre che nell’ambito delle singole istituzioni si sviluppi una forte attenzione all’attività di
definizione delle decisioni strategiche affinché si sostituisca il modello gerarchico e unidirezionale
con uno partecipato e circolare.
Questo cambiamento può aver luogo solo se si riconosce alla comunicazione interna la capacità di
essere un elemento strategico per modificare l’organizzazione, facilitare la comprensione delle
scelte, ottenere le motivazioni per raggiungere gli obiettivi prefissati, valorizzare il ruolo dei
dipendenti e dilatarne il raggio di azione 59
.
La comunicazione interna è soprattutto una comunicazione di valori, facendone elementi condivisi
dalle Istituzioni, dai dipendenti e dai cittadini.
La figura sottostante racchiude quelli che sono i peculiari valori della comunicazione interna:
Per garantire e affermare una tale comunicazione diventa decisiva la professionalità di chi è
chiamato a gestire questa attività, diventa dunque indispensabile
o motivare i dipendenti nei confronti delle strategie aziendali;
o rafforzare il senso di appartenenza;
o favorire le relazioni tra i diversi uffici e settori dell’ente;
o diffondere un’immagine positiva dell’ente attraverso i comportamenti e gli
atteggiamenti dei dipendenti;
o riaffermare i valori peculiari di ogni ente;
o creare identità dentro e fuori le Istituzioni 60
.
59
Rovinetti A., “Diritto di parola. Strategie, professioni, tecnologie della comunicazione pubblica”, Il Sole 24 Ore
S.p.a, Milano, 2003. 60
Ibidem.
77
Tali premesse sono la conseguenza della presa di coscienza del fatto che l’ente locale non è un
sistema chiuso, quanto bensì aperto nei confronti dell’esterno, in continua interazione con una
molteplicità di interlocutori, portatori di interesse in grado di incidere sulla sua stessa
sopravvivenza. Conseguentemente gli enti ricorrono a strumenti volti a coinvolgere i vari
interlocutori nell’organizzazione e nel soddisfacimento dei relativi bisogni creando valore per
l’intera collettività.
È proprio in questo contesto che gli enti locali, più tardi rispetto alle realtà private, si sono
cimentati alla stesura del bilancio sociale, documento che integra quello tradizionale
soffermandosi sugli aspetti di natura qualitativa, focalizzando l’attenzione sul modo attraverso cui
viene creato benessere per la collettività. Il bilancio di esercizio tradizionale non costituisce uno
strumento sufficiente a rendere conto ai cittadini dell’operato di un’amministrazione pubblica. I
dati economico-finanziari, infatti, non leggono l’attività e i risultati dell’amministrazione dal
punto di vista del cittadino, che è interessato principalmente a capire in che modo essa svolge il
suo mandato, quali sono le priorità e gli obiettivi di intervento, quali i livelli di prestazione attesi e
realizzati e soprattutto gli effetti prodotti dalla propria azione.
Il bilancio sociale è innanzi tutto uno strumento per riaffermare e legittimare il ruolo delle
amministrazioni pubbliche nella società, per esplicitare il rapporto tra il processo di formulazione
e attuazione delle politiche pubbliche o di erogazione di servizi e il livello di benessere della
collettività, di valore prodotto per i cittadini.
Esso può assumere importanti valenze che fanno riferimento all’ambito della rendicontazione
sociale, della comunicazione interna ed esterna ed infine della pianificazione strategica. Come
strumento di rendicontazione, il bilancio sociale ha la funzione di ridefinire il dialogo con il
cittadino, interlocutore principale dell’organizzazione, e di rapportare l’attività dell’ente
all’esterno. L’obiettivo è stato, in definitiva, quello di delineare un quadro complessivo,
trasparente e puntuale delle interrelazioni economiche e sociali che l’ente instaura con gli
stakeholders di riferimento.
Se realizzato correttamente (il riferimento non è tanto ai principi di redazione, quanto alla logica
sottostante ed alle azioni antecedenti alla stessa), il bilancio sociale piuttosto che un semplice
strumento di comunicazione, dovrebbe essere un documento che rappresenta la logica strategica
sottostante l’organizzazione. Non solo, quindi, strumento di comunicazione ma anche di gestione
sia all’interno che all’esterno. A tal fine, è indispensabile che esso esprima con chiarezza e
trasparenza, la connessione tra principi e politiche dichiarate, scelte effettuate, risorse impiegate,
risultati ed effetti ottenuti. In un’ottica strategica, il bilancio sociale concorre alla definizione della
mission dell’azienda pubblica e, soprattutto, fa sì che l’ente possa verificare l’attinenza con le
aspettative del pubblico.
78
Il manuale Rendere conto ai cittadini. Il bilancio sociale nelle amministrazioni pubbliche 61
, è
stato realizzato nell’ambito del Programma Cantieri del Dipartimento della Funzione Pubblica e si
è posto l’obiettivo di osservare e comprendere tale fenomeno, innanzitutto per interpretarne il
significato profondo e analizzarne le forme, e secondariamente per fornire una riflessione
metodologica e un supporto operativo per tutte le amministrazioni interessate
a sperimentare strumenti di rendicontazione sociale.
Se ne comprendono appieno le esigenze all’interno di un deficit di accountability delle
amministrazioni pubbliche e del sistema complessivo della pubblica amministrazione italiana.
L’accountability può essere definita come “l’esigenza di rendere conto da parte di coloro che
hanno ruoli di responsabilità nei confronti della società o delle parti interessate al loro operato ed
alle loro azioni”. Nella pubblica amministrazione il concetto di accountability si traduce nella
capacità di creare valore economico e sociale in modo correlabile al valore delle risorse impiegate
e di darne conto alla società in modo trasparente ed esaustivo.
È evidente come in ambito pubblico la ricerca di accountability si colleghi allo sviluppo del grado
di fiducia, di credibilità e di legittimazione sociale dell’ente da parte della comunità di
riferimento.
La risposta richiesta alla pubblica amministrazione non è fare il bilancio sociale, ma dar conto del
proprio operato, rendersi accountable, cioè responsabile ed efficace agli occhi della società.
Schematizzando il rapporto che esiste tra accountability, rendicontazione e bilancio sociale,
potremmo dire che:
• il miglioramento del livello di accountability di un’amministrazione è l’obiettivo di fondo
dei processi di riqualificazione e rilegittimazione dell’operato delle amministrazioni
pubbliche;
• il processo di rendicontazione sociale è uno dei modi per perseguire questo obiettivo,
migliorando le modalità di definizione, misurazione e comunicazione delle azioni e dei
risultati delle amministrazioni;
• il bilancio sociale è una delle forme che tale processo di rendicontazione può assumere,
configurandosi come lo strumento principale per dar conto ogni anno degli obiettivi
perseguiti, delle azioni realizzate e dei risultati raggiunti dall’amministrazione, dal punto
di vista dei destinatari finali 62
.
Scopo della rendicontazione sociale di un’amministrazione è dar conto degli impegni, dei risultati
e degli effetti sociali della propria azione. Al di là dell’oggetto specifico (bilancio sociale, di
61
Tanese A., “Rendere conto ai cittadini. Il bilancio sociale nelle amministrazioni pubbliche”, Edizioni Scientifiche Italiane Spa,
Roma, 2004.
62
Ibidem.
79
mandato, ambientale, ecc.), ciò che un documento di rendicontazione sociale deve dire è cosa ha
prodotto l’amministrazione dal punto di vista del contesto sociale e ambientale in cui è inserito.
Rendicontare vuol dire esporre gli effetti misurabili dell’azione amministrativa dal punto di vista
dei portatori d’interesse e quindi il valore sociale delle azioni, degli interventi e dei servizi erogati
dall’ente attraverso una catena di senso che unisce i diversi momenti del processo di
programmazione – attuazione – valutazione 63
:
Il punto di vista del cittadino è, in ultima analisi, il punto di partenza e il punto di arrivo del
processo di rendicontazione sociale.
Realizzare il bilancio sociale è un modo per costringere l’amministrazione a ricordare che il senso
e la legittimazione del proprio operato dipende dalla valutazione che ne danno questi soggetti,
dipende dalla capacità di dialogare con loro, di identificarli, ascoltarli, coinvolgerli, soddisfarli.
Volendo tradurre questo concetto possiamo considerare la rendicontazione sociale come una
modalità relazionale di dar conto della propria responsabilità. La volontà e la capacità di
rendicontazione sociale non possono nascere dal nulla, ma acquistano valore se strettamente
connesse ad un processo di cambiamento culturale, istituzionale e organizzativo-gestionale
all’interno delle amministrazioni pubbliche.
Volendo precisare le finalità del processo di rendicontazione sociale, le ricadute che può generare
all’interno e all’esterno del sistema di relazioni in cui l’amministrazione è inserita, possiamo
individuare sei diverse dimensioni:
la dimensione contabile: il bilancio sociale serve a dare risposta all’esigenza di
integrare e rivitalizzare il sistema di rendicontazione dell’uso delle risorse
economico-finanziarie già adottato e disponibile per le amministrazioni
pubbliche, in attuazione delle disposizioni normative vigenti;
la dimensione comunicativa: il bilancio sociale pone al centro dell’azione
amministrativa il governo delle relazioni con l’esterno al fine di garantire una
63
Rogate C., “Il bilancio sociale negli enti locali”, Maggioli, Rimini, 2004.
80
maggiore qualità dei processi di comunicazione e di scambio con i portatori di
interesse;
la dimensione politica: esso consente di riqualificare e rilegittimare socialmente
l’azione amministrativa e il sistema della rappresentanza, attraverso una
maggiore trasparenza e visibilità delle scelte politiche e una possibilità di
valutazione condivisa della capacità di buon governo;
la dimensione di governance interna: rappresenta uno strumento del sistema
amministrativo per responsabilizzare le amministrazioni alla sostenibilità della
spesa pubblica, anche con riferimento ai nuovi vincoli posti dal patto di stabilità
europeo e dalle azioni di risanamento del deficit pubblico;
la dimensione strategico-organizzativa: è uno strumento efficace per riorientare i
processi di pianificazione, programmazione e controllo dell’ente in un’ottica
diversa (dal punto di vista del cittadino) e ripensare l’assetto organizzativo
dell’ente;
la dimensione professionale: il bilancio sociale permette di ridare senso al lavoro
pubblico, riorientando l’organizzazione del lavoro alla consapevolezza e al
miglioramento dei risultati prodotti per i destinatari, valorizzando e sviluppando
le competenze e le professionalità, trovando nuove occasioni di motivazione e di
responsabilizzazione degli operatori.
Il processo di rendicontazione sociale di un’amministrazione pubblica è strettamente connesso al
sistema di pianificazione, programmazione e controllo che si è dato, il rapporto può svilupparsi su
tre livelli, ai quali corrispondono anche tre stadi diversi di maturità e integrazione tra i due
sistemi:
1. la rendicontazione sociale come processo aggiuntivo al processo di programmazione
e controllo dell’ente;
2. la rendicontazione sociale come una delle modalità previste in
modo strutturale dal sistema di rendicontazione dell’ente;
3. la rendicontazione sociale come visione e approccio di fondo del
sistema di programmazione e controllo dell’ente.
La struttura del modello GBS per il settore pubblico, che riflette l’impostazione del documento
generale che ha avuto ampio riconoscimento in campo privato, è la seguente:
Identità
aziendale
• Focalizzazione sul contesto di riferimento e il sistema
di governo
• Enunciazione dei principi e valori di fondo che
81
ispirano il perseguimento della mission
• Declinazione delle strategie e delle politiche
Riclassificazione
dei dati contabili
e calcolo del
valore
aggiunto
• Prospetto di determinazione del Valore Aggiunto e
riclassificazione dei dati patrimoniali
Relazione sociale
• Specificazione delle aree di intervento
• Descrizione delle risorse impiegate e dei risultati
raggiunti dall’azienda nelle aree di intervento
• Il giudizio degli stakeholders
Indipendentemente dalla forma che assumono la modalità di costruzione dei documenti di
rendicontazione sociale possa essere sostanzialmente la stessa, articolata in tre fasi:
1. la fase di impostazione in cui occorre rispondere ai seguenti quesiti
• Perché si vuole fare il bilancio sociale? Quali sono gli obiettivi
in termini strategico-gestionali e di comunicazione e partecipazione che si
vogliono raggiungere?
• Chi sono i destinatari del documento?
• Da dove partire per costruire il bilancio sociale?
• Quali attori bisogna coinvolgere all’interno e all’esterno
dell’amministrazione?
• In cosa consiste l’attività da progettare?
• Quanto tempo e quante risorse occorre prevedere?
• Quali sono gli errori da evitare?
2. la fase di costruzione della struttura di rilevazione in cui si presentano queste
problematiche
• Che tipo di dati e informazioni sono necessarie per la rendicontazione?
• Che cosa significa costruire un sistema di rilevazione ?
• Come si collega ai sistemi contabili e come può essere gestito dall’ente?
• Quali indicatori ci servono? Quantitativi o qualitativi?
• Che uso fare dei dati di bilancio?
• Quali sono le fonti interne ed esterne delle informazioni e come organizzare la
raccolta dei dati?
3. la fase di redazione del documento in cui si prospetta una soluzione a queste domande
82
• Rispetto ai destinatari individuati in fase di impostazione, è sufficiente una
versione del documento o sono necessarie diverse versioni?
• Come costruire il documento (o i documenti)?
• A chi si affida la redazione?
• Qual è l’impostazione grafica ed editoriale del documento?
• Chi verifica e valuta i contenuti del documento?
Esistono infine delle attività trasversali alle diverse fasi di redazione del bilancio sociale (o delle
altre forme di rendicontazione), la cui risposta condiziona l’efficacia gestionale e comunicativa
del processo:
1. la gestione dei processi di comunicazione interna ed esterna;
2. la promozione della partecipazione dei cittadini;
3. l’utilizzo del processo di redazione del bilancio sociale come occasione di apprendimento
organizzativo;
4. la considerazione della rendicontazione sociale come oggetto di una specifica politica
pubblica.
Un modo per capire quali siano i fattori critici di successo all’interno di un’amministrazione nella
realizzazione del bilancio sociale, consiste nell’andare a leggere i principali ostacoli incontrati
dalle amministrazioni che sinora lo hanno sperimentato, facendo tesoro della loro esperienza.
Nella tabella sono riportate le percentuali relative al grado di importanza di tredici diversi fattori
rilevati nelle amministrazioni che hanno realizzato documenti di rendicontazione sociale e
partecipato al Laboratorio del Programma Cantieri sul bilancio sociale nelle amministrazioni
pubbliche.
83
L’obiettivo è sperimentare in modo trasversale tra soggetti pubblici e privati una cultura condivisa
della responsabilità sociale. Se questo può essere uno spazio di azione interessante per i prossimi
anni, va infine sottolineato ancora una volta che è molto difficile intervenire in questo ambito in
modo normativo. Il bilancio sociale, per la sua novità, non è un tema che può essere irrigidito in
una formula o in uno schema codificato. Può essere, sì, un documento con una struttura e un taglio
predefiniti, ma ciò che racconta (e il modo in cui lo racconta) non possono essere mai
indipendenti dal soggetto (o più propriamente dai soggetti) che ne sono all’origine. Il bilancio
sociale è anch’esso, per definizione, una costruzione sociale 64
.
3.2 Sanpaolo: meno banca più persone
Il ruolo delle banche nello sviluppo dell’economia e della società è sempre stato un ruolo attivo,
che ha condizionato tale processo, dato che si trovano al centro di un sistema di relazioni che lega
strettamente istituzioni, imprese, operatori finanziari e persone.
Alle tradizionali funzioni svolte (monetaria, creditizia e di servizi) è possibile affiancare anche
una funzione sociale. La banca è un’impresa che offre servizi, e l’attività da essa svolta può
considerarsi d’interesse pubblico: i risparmi dei cittadini devono essere tutelati e per questo la
legge stabilisce condizioni necessarie e indispensabili per svolgerla. La banca è un’impresa, e
64
Tanese A.,“Rendere conto ai cittadini. Il bilancio sociale nelle amministrazioni pubbliche”, Edizioni Scientifiche Italiane Spa,
Roma, 2004.
84
come tale deve svolgere la sua attività in modo economico e profittevole. In particolare, la
funzione di raccordo svolta in termini di finanziamento delle attività economiche e di ripartizione
del valore aggiunto rende le medesime soggetti attivi nell’orientamento della produzione e del
consumo verso una nuova e condivisa responsabilità sociale. Il sistema finanziario rappresenta un
punto di snodo obbligato per quasi tutti i percorsi di allocazione delle risorse e, dunque, un luogo
dove la responsabilità delle imprese può avere conseguenze di grande rilievo sociale, per i propri
impatti diretti ed indiretti. Esso può infatti esercitare un ruolo di grande rilievo nel rendere più
compatibile il sistema economico con le esigenze dello sviluppo sostenibile, sia assicurando che il
flusso esistente di capitali possa essere diretto in via preferenziale a progetti di sviluppo che, ad
esempio, minimizzano il danno per l’ambiente, sia indirizzando specificamente i capitali su
progetti diretti ad migliorare il grado di sostenibilità dell'intero sistema economico.
Le banche sono consapevoli che il perseguimento dello sviluppo economico e della propria
attività bancaria sono strettamente collegati e che la sostenibilità è un obiettivo da condividere, in
modo responsabile e collettivo, in una relazione continua in cui il mondo degli affari, gli individui
e le comunità hanno ognuno uno specifico ruolo da giocare. In tale contesto si inserisce
l’opportunità di adottare strumenti di rendicontazione sociale, dalla semplice dichiarazione di
missione al più elaborato bilancio sociale.
L’Associazione Bancaria Italiana con l’intento di contribuire a sviluppare la cultura su questi temi
ha esteso il proprio campo d’azione ali argomenti connessi alla responsabilità sociale, dotandosi di
un proprio Codice di autodisciplina e mettendo a punto uno schema di redazione del bilancio
sociale.
Il bilancio sociale nasce come un prospetto informativo e propositivo dell’immagine dell’impresa:
è legato all’esigenza di valorizzare e salvaguardare la piena dignità e integrità delle persone e
dell’ambiente al fine di promuovere un’immagine dell’attività bancaria che conquisti il consenso
della collettività. Esso è uno strumento in grado di esprimere e conciliare armonicamente le
quantità economiche e le qualità delle relazioni tra l’istituto e i suoi stakeholders, nonché un
documento di comunicazione che riesce a far emergere ed apprezzare un quadro sempre più
puntuale, completo e trasparente della complessa interdipendenza fra i fattori economici e quelli
socio-politici, connaturati e conseguenti alle scelte d’impresa, stimolando e facendo risaltare, la
consapevolezza del management nel perseguire con responsabilità un efficace ruolo sociale.
Il bilancio sociale degli istituti di credito si ispira al principio di massima trasparenza
dell’operatività, delle scelte e dei risultati ottenuti, previsto dalla normativa vigente e ribadito dal
Comitato di Basilea, pur non essendo esplicitamente obbligatorio. Tale documento deve essere
interpretato come uno specchio della propria missione sociale, per cui non deve essere utilizzato
per fini meramente strumentali, cioè con la sola intenzione di accreditare i tradizionali costi di
85
trasformazione e di gestione quali vantaggi sociale, nell’idea secondo cui ciò che rappresenta un
costo per la banca costituisce sempre una risorsa per le altre parti. Questa errata impostazione
porterebbe a pensare che essa sia sempre erogatrice di benessere anche quando non persegue
consapevolmente un ruolo sociale. Invece proprio la consapevolezza di essere coerente con i
valori, oltre con la produzione di valore aggiunto, consente alla banca di valutare la volontà di
gestire e migliorare le relazioni con i suoi stakeholders, ciò costituendo l’elemento di effettiva
credibilità di questo strumento.
Il bilancio sociale serve a dimostrare se l’intento dell’istituto di credito di qualificarsi come
protagonista socialmente responsabile sia rimasto solo un proposito, oppure se si è tradotto in atti
concreti e coerenti con i valori di riferimento, con la missione condivisa e con la strategia
elaborata.
L’attenzione in questo paragrafo verrà posta sulla decisione di un prestigioso istituto bancario
italiano di dotarsi del bilancio sociale quale valore aggiunto della propria attività che si colloca in
un nuovo modo di comunicare e diffondere la propria immagine come avvenuto per la
sponsorizzazione dei XX Giochi Olimpici Invernali e di Partner Ufficiale dei IX Giochi
Paralimpici Invernali Torino 2006, e lungo un sentiero di valorizzazione delle proprie risorse
umane e del rapporto con i clienti rimarcato nel 2005/2006. La nuova campagna pubblicitaria
vede infatti come testimonial i dipendenti provenienti da ogni parte d'Italia e da tutte le Banche
del Gruppo. Il punto chiave del progetto di comunicazione consiste nel trasmettere il concetto di
una banca diversa: professionale ma al contempo umana, diretta e più vicina al cliente:
“Sanpaolo: meno banca più persone”.
86
Il Sanpaolo IMI nasce dalla fusione, avvenuta nel novembre del 1998, di due prestigiose banche
private, ciascuna leader in Italia nel proprio segmento operativo di riferimento: l’una, l’Istituto
Bancario San Paolo di Torino, di più antica origine e specializzata soprattutto nell’attività
creditizia retail, l’altra, l’Istituto Mobiliare Italiano, fondato come Ente di diritto pubblico nel
1931.
La missione di Sanpaolo IMI è esercitare l’attività finanziaria e creditizia attraverso servizi di
eccellenza rivolti alla gestione prudente delle risorse delle famiglie e all’impegno per lo sviluppo
sostenibile del sistema imprenditoriale, anche ai fini di contribuire alla complessiva crescita
economica del Paese.
L’obiettivo della creazione di valore per gli azionisti viene perseguito nell’ottica della sua
sostenibilità nel tempo e nel contesto di un’attenzione costante e responsabile alle esigenze di tutti
i diversi interlocutori dell’azienda65
.
I valori che sottendono l’attività sono così descritti:
◊ Creazione di valore: l’idea di valore che perseguiamo integra le dimensioni dello
sviluppo sostenibile, cioè:
la creazione di ricchezza economica;
la promozione della coesione sociale;
la tutela dell'ambiente e delle risorse naturali.
65
www.grupposanpaoloimi.com
87
◊ Integrità. Orientiamo le azioni e i comportamenti di tutti coloro che agiscono per
conto della banca verso criteri di integrità e rettitudine, nel pieno e sostanziale
rispetto delle norme dell’ordinamento giuridico e del sistema finanziario e creditizio
e dello spirito degli accordi sottoscritti con le nostre controparti.
◊ Crescita nel rispetto delle specificità. Vogliamo coniugare la grande dimensione con
il radicamento territoriale; essere una banca che riesce a pensare in grande e non
perdere di vista l'individuo.
◊ Orientamento al cliente. Poniamo il cliente al centro dei nostri obiettivi di
miglioramento continuo. È nostra responsabilità fare in modo che ogni singolo
cliente sia servito, in modo flessibile ed innovativo, al meglio delle nostre capacità,
garantendo lo stesso spirito di servizio anche verso il cliente interno.
◊ Tensione verso l’eccellenza. Vogliamo offrire servizi di alta qualità, ponendoci
costantemente l'obiettivo di migliorare, di guardare lontano, di anticipare le sfide e di
coltivare l'innovazione e la creatività.
◊ Responsabilità nell’utilizzo delle risorse. Miriamo ad un uso attento delle risorse
promuovendo comportamenti alieni dall’ostentazione e dallo spreco.
L’impegno di Sanpaolo IMI ad orientare strategie e gestione ispirandosi ai principi della
responsabilità sociale è continuo e progressivo.
1997 Nascita dei Fondi Etici.
2001 Costituzione del Comitato Etico all’interno del
Consiglio di Amministrazione, quale organo di
governance deputato alla promozione ed al
controllo sui temi socio/etico/ambientali;
inserimento del titolo Sanpaolo IMI all’interno del
paniere dell'indice FTSE4Good Europe.
2002 Adesione di Sanpaolo IMI ai principi di
protezione ambientale e supporto dello sviluppo
sostenibile dettagliati nella Dichiarazione
dell’UNEP per gli intermediari finanziari;
costituzione, congiuntamente con la BEI, di un
Forum Europeo per la diffusione di politiche e
pratiche ambientali;
adesione di Sanpaolo IMI al Forum per la Finanza
Sostenibile, associazione multi-stakeholder con
l’obiettivo di diffondere la cultura della
responsabilità sociale presso la comunità
finanziaria e rappresentante italiano di Eurosif.
2003 Adesione ai principi relativi ai diritti umani, ai
diritti dei lavoratori ed alla protezione
dell'ambiente di UN Global Compact;
88
pubblicazione del primo Bilancio Sociale, relativo
al 2002 e riferito alla Capogruppo;
approvazione del Codice Etico da parte del
Consiglio di Amministrazione, previo parere
favorevole da parte del Comitato Etico;
costituzione dell’Unità Iniziative e Responsabilità
Sociali.
Alcune iniziative di tipo operativo:
Introduzione di policy per la gestione dei rapporti
con la clientela: l’investment policy, centrata in
particolare sulla gestione del risparmio dei clienti
privati e la commercial policy per i clienti
imprese;
avvio del progetto di microcredito promosso dalla
Compagnia di San Paolo.
2004 Invio del Codice Etico a tutti i dipendenti e
promotori finanziari del Gruppo;
pubblicazione del Bilancio Sociale 2003 riferito al
Gruppo;
corso di formazione sulla responsabilità sociale
d’impresa e sul Bilancio Sociale per il personale;
lancio della prima polizza etica.
2005 Corso di formazione sulla Responsabiltà
amministrativa dell’impresa e Codice Etico per il
personale;
pubblicazione del Bilancio Sociale 2004 di
Gruppo.
Il Bilancio Sociale di Sanpaolo IMI, giunto alla sua quarta edizione, costituisce un utile strumento
per seguire il percorso compiuto e per rendere conto con trasparenza e tempestività delle azioni
poste in essere e dei risultati conseguiti su tre fronti: dalle azioni volte a rafforzare la relazione di
fiducia con la clientela, a quelle rivolte all’interno per valorizzare e favorire la crescita e la
motivazione dei dipendenti, ai piani economico-finanziari per migliorare la performance,
all’attenzione verso l’ambiente e le generazioni future.
Con il Bilancio Sociale la banca intende anche affermare l’impegno continuo a promuovere lo
sviluppo sostenibile, che già la vede sostenere importanti programmi internazionali (il Global
Compact e l’Environment Program dell’ONU) e che l’ha vista recentemente aderire agli Equator
Principles ed ottenere la certificazione ambientale, nella convinzione che sia importante lavorare
per migliorare costantemente i processi e disporre di sistemi di gestione e di controllo sempre più
efficaci.
La predisposizione del Bilancio Sociale fa riferimento ai “Principi di redazione del Bilancio
Sociale” emanati dal GBS (Gruppo Bilancio Sociale), al “Modello di redazione del Bilancio
89
Sociale per il settore del credito” dell’ABI e, in particolare, alle Sustainability Reporting
Guidelines del GRI (Global Reporting Initiative), che costituiscono il principale riferimento
internazionale in materia di triple bottom line reporting.
Il documento è articolato nelle seguenti sezioni:
Identità e governance: ha lo scopo di presentare l’identità del Gruppo Sanpaolo
IMI - mission e valori - ed il suo profilo. Un’attenzione particolare è dedicata agli
aspetti di corporate governance e al governo della responsabilità sociale
dell’impresa. Per la prima volta vengono presentati insieme i diversi strumenti di
gestione della governance (le policy interne ed i sistemi di gestione certificati da
enti esterni accreditati). Vengono inoltre identificati gli stakeholders rilevanti.
La relazione sociale: è dedicata agli interlocutori con cui il Gruppo si relaziona.
Ogni sezione esamina, per ciascuno stakeholder, le politiche, le attività svolte e i
risultati raggiunti rispetto agli obiettivi fissati nel Bilancio Sociale 2004.
All’interno della relazione sono presenti appositi riquadri dedicati ad alcune
Società specializzate del Gruppo.
La relazione ambientale: presenta la performance ambientale del Gruppo sia per gli
aspetti ambientali diretti sia per quelli indiretti.
La relazione economica: presenta la performance economica del Gruppo e la
ripartizione del valore aggiunto fra i diversi stakeholders secondo le linee guida del
modello ABI.
Obiettivi di miglioramento: vengono definiti gli impegni prospettici verso gli
stakeholders in un’ottica pluriennale.
Attestazione di conformità da parte della società di revisione
PricewaterhouseCoopers.
Per comprendere il target di riferimento è stata realizzata la seguente mappa degli stakeholders a
cui sono riferiti i valori in precedenza elencati:
90
È ad ognuno di questi segmenti che sono diretti i seguenti obiettivi di miglioramento:
Clienti
Rafforzare la relazione di fiducia con i clienti a partire da un’attenta analisi dei
loro bisogni e attraverso un servizio altamente specializzato per rispondere in
modo mirato alle specifiche esigenze dei diversi segmenti di clientela.
Mantenere il forte impegno sulla trasparenza, anche tramite la semplificazione
di prodotti e servizi, e sviluppo di nuovi canali e modalità di comunicazione ed
informazione da e verso i clienti.
Incentivare l’uso dei canali diretti da parte della clientela ampliando le
funzionalità disponibili e ponendo la massima attenzione alla tutela della
sicurezza, per aumentare la comodità di utilizzo dei prodotti e servizi bancari.
Persone
Investire nelle competenze e nella qualità professionale delle persone per
favorire la piena realizzazione delle potenzialità individuali e per attrarre,
mantenere e valorizzare le risorse più qualificate, puntando anche su percorsi di
crescita che tengano in considerazione le diverse caratteristiche ed esigenze
delle persone.
91
Rafforzare la corporate identity di Gruppo, con particolare attenzione alla
sensibilità etica, valorizzando al contempo le diverse culture delle aziende che
sono state integrate nei recenti processi di razionalizzazione del Gruppo.
Integrare nei sistemi incentivanti l’ottica di breve con quella di medio periodo
attraverso lo sviluppo di nuovi strumenti retributivi a supporto del piano
triennale, focalizzati sul raggiungimento di obiettivi quantitativi e qualitativi.
Collettività
Mantenere uno stretto legame ed una proficua interazione con il territorio e le
economie locali.
Proseguire l’azione volta a favorire l’inclusione finanziaria dei soggetti deboli.
Azionisti
Consolidare la leadership italiana e l’appartenenza alla top league finanziaria
europea secondo le linee individuate nel Piano triennale.
Conservare un modello di corporate governance in linea con i migliori standard
internazionali, con particolare attenzione a garantire la massima trasparenza.
Mantenere forte l’impegno sulla trasparenza, tempestività, facilità di accesso e
completezza della comunicazione verso la comunità finanziaria.
Ambiente
Perseguire una riduzione dell’impatto diretto dell’attività sull’ambiente, in
particolare delle emissioni in atmosfera, attraverso:
un progressivo miglioramento dell’efficienza energetica, avendo cura di
garantire un adeguato livello di comfort per le persone e ispirandosi a
qualificati standard di best practice esistenti;
un incremento, ove possibile, dell’utilizzo di fonti di energia rinnovabile.
La valutazione 2005 su Sanpaolo cresce rispetto al giudizio 2004 e riflette un buon livello di
responsabilità sociale secondo il modello di valutazione di Avanzi SRI Research.Il miglioramento
si riscontra in tutte le aree oggetto di valutazione.
Il valore aggiunto di un’impresa esprime la ricchezza prodotta dall’azienda nell’esercizio, come
differenza tra produzione e consumo di beni e servizi e rappresenta il raccordo contabile tra il
bilancio d’esercizio ed il bilancio sociale. Il suo calcolo avviene infatti attraverso una diversa
classificazione delle voci del conto economico, finalizzata ad evidenziare sia il processo di
formazione del valore aggiunto aziendale sia la sua distribuzione, esprimendo in quantità
monetarie i rapporti tra l’impresa ed il sistema socio-economico con cui interagisce, con
92
particolare riferimento ad alcuni dei principali stakeholders. Il Valore aggiunto globale lordo
prodotto dal Gruppo ha subito un incremento di circa 948 milioni di euro rispetto all’esercizio
precedente, tutte le diverse categorie di stakeholder hanno beneficiato della crescita del valore
aggiunto.
L’incremento più importante riguarda la valutazione dei principi mentre la trasparenza cresce solo
lievemente rispetto all’anno precedente. Buono anche l’incremento della valutazione della
governance degli stakeholders mentre è meno marcato quello relativo alle relazioni con gli
stakeholders.
Sanpaolo IMI conduce regolarmente verifiche del proprio indice di brand equity, che secondo la
metodologia di Gfk Eurisko è composto dal patrimonio di visibilità, dai contenuti di immagine e
dalla propensione delle persone a divenire clienti di un’azienda, sia partecipando a ricerche di
settore condotte da istituti specializzati indipendenti, sia commissionando ricerche mirate.
Il valore del marchio, o brand equity, è sempre più importante per un’azienda, sia in termini
commerciali, sia sul più generale piano della reputazione.
In un contesto che ha visto la brand equity del settore bancario- finanziario italiano in calo
nell’ultimo decennio, Sanpaolo IMI è da tempo nelle posizioni di testa, e in controtendenza
rispetto al sistema.
In generale Sanpaolo IMI si conferma una banca attenta al rapporto con i propri stakeholders. Tale
comportamento nasce da un sistema di valori radicato sul quale si è, necessariamente, fondato il
processo di redazione del nuovo piano industriale che, oltre ad una forte attenzione al territorio,
evidenziata dal legame diretto delle aree con il vertice della società, ha chiaramente espresso un
impegno alla creazione di valore estesa a tutti gli stakeholders e in particolare a clienti, dipendenti,
collettività e ambiente oltre che agli azionisti.
93
Conclusioni
Nel novembre 2005 sono stati proclamati a Milano i vincitori della nona edizione del Premio
Impresa e Cultura, patrocinato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero
degli Affari Esteri, dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dal Ministero per i Beni
e le Attività Culturali. Il concorso nazionale che punta i riflettori sulle aziende che hanno
utilizzato la cultura per posizionarsi e distinguersi sul mercato, vuole mettere in luce e
incoraggiare le imprese, piccole, medie e grandi che realizzano progetti culturali coniugando
risultati aziendali a benefici per il territorio e la collettività. Nel corso delle nove edizioni il
Premio ha visto la partecipazione complessiva di oltre 800 aziende, divenendo una sorta di
certificazione di qualità per le imprese che hanno superato la tradizionale pratica della
sponsorizzazione occasionale e vedono nell’investimento in cultura una risorsa strategica di
sviluppo in grado di dare contenuto al ruolo sociale che sono chiamate a interpretare.
«L’investimento in cultura, per essere davvero efficace –ha sintetizzato Michela Bondardo,
ideatrice e vicepresidente del Sistema Impresa e Cultura 66
– non deve più essere il fiore
all’occhiello di un imprenditore appassionato, ma la risposta consapevole a consumatori
sempre più attenti ed evoluti. Per ottenere questo risultato occorre metodo e una competenza
specifica. L’investimento in cultura va considerato alla stregua di qualsiasi altro investimento
aziendale. Il nostro scopo finale è valorizzare e promuovere la cultura come risorsa strategica
e leva competitiva per le imprese italiane».
Questo processo, come è stato ripetutamente affermato in questa tesi, appare non solo compatibile
con l’obiettivo del profitto, ma addirittura costituisce un ingrediente fondamentale del profitto
nel lungo periodo.
L’obiettivo del profitto può essere raggiunto attraverso i seguenti vantaggi 67
:
◊ I Vantaggi esterni si riferiscono alle parti interessate all’attività dell’Organizzazione che
stanno all’esterno:
1) Rapporti con gli Azionisti: fiducia nell’investimento, maggiore valore degli assets e
orgoglio per il contributo dato ad una realtà economica dai riflessi sociali positivi.
2) Rapporti con i Clienti: riduzione dei reclami e dei contenziosi, riduzione delle spese
legali, fiducia e fidelizzazione.
3) Rapporti con i Fornitori: trasparenza delle transazioni nella catena di fornitura e
semplificazione nel trattamento delle non conformità, comakership più facilmente
66
www.impresacultura.com 67
Serra R.,“Responsabilità Sociale: la nuova sfida per la competizione”, Qualità, Giugno 2000.
94
realizzabile, riduzione dei costi di accettazione fino alla introduzione del “free-
pass”, autorevolezza e credibilità.
4) Rapporti con le Banche: le condizioni di finanziamento per Aziende ad elevata
reputazione risultano più vantaggiose, specialmente da parte di Istituti di Credito
Svizzeri, Inglesi e Statunitensi.
5) Rapporti con le Compagnie di Assicurazione: i premi si riducono (la stima è del
20%) per effetto del minor rischio ambientale e sociale.
6) Rapporti con i Concorrenti: lealtà nella competizione e riduzione dei contenziosi,
prestigio nella presenza sul mercato e autorevolezza nelle partnership.
7) Rapporti con le Istituzioni: riduzione dei contenziosi e miglioramento dei rapporti
con il Fisco, con gli Enti di Previdenza e Assistenza, con gli Enti di tutela della
sicurezza e dell’ambiente, con le Rappresentanze Sindacali, con le Organizzazioni
Non Governative, con le Autorità Religiose, Politiche e Amministrative.
8) Immagine aziendale e posizione nel mercato avvantaggiate da un contatto col
pubblico improntato alla trasmissione di messaggi positivi.
9) Gestione del rischio per danni provocati dalla diffusione di notizie di abuso o
sfruttamento sui lavoratori ad opera della stessa organizzazione o dei suoi
fornitori
◊ I Vantaggi interni interessano i dipendenti e il management:
1) Miglioramento delle relazioni industriali e quindi del clima sindacale improntato
alla correttezza dei rapporti alla chiarezza dei ruoli, alla collaborazione e alla
condivisione delle responsabilità del business tra management e dipendenti.
2) Corretta e trasparente politica di selezione e di assunzione del personale basata sulle
effettive capacità con inserimento nell’organizzazione solo di elementi validi e
quindi in grado di dare un effettivo contributo operativo.
3) Gestione delle carriere basata sul merito e sulle effettive prestazioni e potenzialità,
con conseguenze positive sulla efficienza aziendale.
4) Motivazione e fidelizzazione del personale basata sul clima di trasparenza e
collaborazione, sull’orgoglio di appartenenza ad un’organizzazione orientata verso
obiettivi etici, sul miglioramento continuo degli standard di lavoro, sulla formazione
equa e strutturata, sulla chiara struttura organizzativa e di responsabilità.
5) Rapporti di collaborazione tra il personale basati sulla possibilità di comunicare
direttamente o attraverso adeguati rappresentanti, sull’assenza di tensioni, invidie e
gelosie, maldicenze e pettegolezzi, divergenze tra interessi personali e aziendali,
95
situazioni di rischio operativo e possibili danni alla salute, casi di sfruttamento del
lavoro minorile, lavoro forzato, lavoro nero, di abuso e discriminazione.
6) Ritorni economici immediati legati ai risparmi di risorse ambientali e sociali: gli
investimenti rientrano in due/tre anni, poi i seguenti risultati sono annoverabili come
profitto.
Il discorso può essere più ampio per gli Enti pubblici o le organizzazioni che hanno scopi sociali,
in quanto l’introduzione dei Codici etici costituisce un indispensabile strumento di gestione,
mentre per le aziende di profitto tale strumento si propone come leva competitiva.
La pubblicazione della norma SA 8000 e la sua progressiva diffusione offre l’opportunità di
sviluppare i Codici Etici secondo una metodologia definita e condivisa, con la possibilità di
formalizzare il loro valore mediante certificazione da parte di un Ente indipendente.
Lo scenario è maturo per considerare questa strada come una concreta e stimolante sfida alla
capacità manageriali di un’organizzazione che si pone l’obiettivo dell’eccellenza utilizzando come
assets competitivi la Cultura aziendale e i corporate values.
96
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