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Universit` a degli Studi di Genova Scuola di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Magistrale in Fisica Tesi di Laurea Magistrale Studio dell’iniezione di pacchetti elettronici e loro evoluzione temporale in un sistema elicoidale interagente Candidato: Matteo Acciai Matricola 3728464 Relatori: Prof.ssa Maura Sassetti Dott. Matteo Carrega Correlatore: Prof. Nicodemo Magnoli Anno Accademico 2015-2016

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Universita degli Studi di Genova

Scuola di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Magistrale in Fisica

Tesi di Laurea Magistrale

Studio dell’iniezione di pacchetti elettronici e loroevoluzione temporale in un sistema elicoidale

interagente

Candidato:

Matteo AcciaiMatricola 3728464

Relatori:

Prof.ssa Maura SassettiDott. Matteo Carrega

Correlatore:

Prof. Nicodemo Magnoli

Anno Accademico 2015-2016

Indice

Introduzione v

1 Sorgenti di singoli elettroni 1

1.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.2 Coulomb blockade e correnti quantizzate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

1.2.1 Descrizione di un quantum dot . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

1.2.2 Transistor a singolo elettrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

1.2.3 Pompa di elettroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.3 Condensatore mesoscopico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.3.1 Caratteristiche generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.3.2 Quantizzazione della corrente media . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

1.3.3 Prova dell’emissione di una singola carica: correlazioni di corrente 18

1.3.4 Riassunto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

1.4 Iniezione di cariche mediante impulsi di tensione . . . . . . . . . . . . . . 21

2 Liquidi di Luttinger 27

2.1 Introduzione ai sistemi unidimensionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

2.1.1 Inadeguatezza della teoria dei liquidi di Fermi . . . . . . . . . . . . 27

2.1.2 Tipologie e realizzazioni di sistemi 1D . . . . . . . . . . . . . . . . 29

2.2 Sistema fisico nel regime di dispersione lineare . . . . . . . . . . . . . . . . 33

2.3 La tecnica della bosonizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

2.3.1 Riorganizzazione dello spazio di Fock . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

2.3.2 Campi bosonici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

2.4 Il modello di Luttinger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

2.4.1 Hamiltoniana libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

2.4.2 Interazione elettronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

2.4.3 Separazione dei gradi di liberta di carica e spin . . . . . . . . . . . 49

2.4.4 Diagonalizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

2.4.5 Operatori chirali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

3 Iniezione in un sistema non interagente 57

3.1 Modello del processo di iniezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

3.1.1 Configurazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58

iii

iv INDICE

3.1.2 Hamiltoniana del sistema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 593.1.3 Evoluzione temporale in rappresentazione di interazione . . . . . . 603.1.4 Valore medio di un operatore generico . . . . . . . . . . . . . . . . 62

3.2 Valore medio della densita di carica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 673.2.1 Legame tra γ e λ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 693.2.2 Iniezione locale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70

3.3 Valore medio della densita di energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 723.3.1 Iniezione locale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 743.3.2 Energia totale immessa nel sistema . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76

4 Iniezione in un sistema interagente 814.1 Valore medio della densita di carica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82

4.1.1 Frazionalizzazione della carica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 864.1.2 Normalizzazione e legame tra γ e λ . . . . . . . . . . . . . . . . . . 884.1.3 Iniezione locale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90

4.2 Valore medio della densita di energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 934.2.1 Iniezione locale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 964.2.2 Frazionalizzazione dell’energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

Conclusioni 103

A Trasformate di Fourier utili 105

B Integrale del termine M2 107B.1 Caso non interagente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107B.2 Caso interagente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108

C Calcolo del rate di tunneling 111C.1 Caso non interagente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111C.2 Caso interagente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112

D Calcolo di Eη e delle quantita collegate 115

E Calcolo della funzione di Green 119

Ringraziamenti 121

Bibliografia 123

Introduzione

Lo sviluppo tecnologico degli ultimi decenni nell’ambito dei dispositivi a semiconduttoreha permesso la realizzazione di sistemi in cui gli effetti quantistici emergono in modoevidente. Ne sono un esempio i cosiddetti sistemi a ridotta dimensionalita [1, 2], in cuigli elettroni di conduzione sono confinati in maniera tale da ridurne gli effettivi gradi diliberta spaziali, passando da tre a due –si parla allora di gas elettronici bidimensionali(2DEG)– o addirittura ad uno –si parla in questo caso di fili quantici o canali unidimen-sionali (1D)–. Un 2DEG puo essere realizzato, ad esempio, in particolari strutture incui vengono posti in contatto due semiconduttori diversi (ad esempio GaAs/AlGaAs),tali che all’interfaccia si crea una regione, estesa per pochi nanometri, in cui gli elettronidi conduzione risultano intrappolati, di modo che il loro moto possa avvenire soltantoparallelamente all’interfaccia stessa.

Per quanto concerne i sistemi 1D, essi possono essere realizzati in vari modi: esi-stono, ad esempio, sistemi la cui geometria e intrinsecamente unidimensionale (come inanotubi di carbonio [3]), oppure e possibile produrre sistemi 1D con particolari tecni-che di confinamento a partire da un 2DEG [4]. Un’ulteriore classe di sistemi 1D si puoottenere utilizzando gli stati di bordo presenti in barre Hall nel regime quantistico [5], lacui scoperta, avvenuta nel 1980 ad opera di von Klitzing [6], fu totalmente inaspettata eaprı la strada a nuove prospettive nella ricerca in materia condensata. Questo fenomenosi verifica in gas elettronici bidimensionali ai quali e applicato un forte campo magneticoperpendicolare al piano del gas elettronico. L’aspetto sorprendente dell’effetto Hall quan-tistico e la quantizzazione della resistenza trasversale, che risulta estremamente precisa(fino a una parte su cento milioni) e riproducibile, in quanto non dipende dal campione.Per quanto riguarda lo studio delle proprieta di trasporto elettrico, uno degli aspetti piuinteressanti e proprio l’esistenza di stati conduttivi che si creano sul bordo della barraHall (e vengono, per questo motivo, chiamati stati di bordo). Essi costituiscono dei verie propri canali lungo i quali la propagazione degli elettroni e balistica e coerente, inquanto gli stati di bordo sono protetti dal backscattering [5].

Un’altra tappa fondamentale nella ricerca recente e stata la predizione teorica degliisolanti topologici bidimensionali, avvenuta nel 2006 ad opera di Bernevig, Hughes eZhang [7]. Essi hanno mostrato, sviluppando quello che e ora noto come modello BHZ,che in un 2DEG ottenuto da particolari eterostrutture CdTe/HgTe e possibile realizzareun sistema che ha analogie con un normale isolante, ma si distingue da esso per il fattoche nel gap tra la banda di valenza e quella di conduzione si creano canali di conduzione1D. La caratteristica peculiare di questi stati, che, come nel caso dell’effetto Hall, si

v

vi INTRODUZIONE

trovano sul bordo del 2DEG, e costituita dal fatto che la direzione di propagazione deglielettroni ne fissa la proiezione dello spin; questo fenomeno e noto come spin-momentumlocking. Un sistema con tale caratteristica prende il nome di liquido elicoidale [8]. Benchegli isolanti topologici presentino gli stati di bordo, caratteristica analoga ai sistemi Hall,se ne differenziano per il fatto che questi stati esistono in assenza di campo magnetico equindi costituiscono un sistema invariante per inversione temporale. La conferma speri-mentale dell’esistenza degli isolanti topologici e avvenuta poco tempo dopo la propostateorica, grazie al lavoro del gruppo di Molenkamp nel 2007 [9]. Gli isolanti topologici nonsono l’unico sistema in cui e possibile realizzare un liquido elicoidale; infatti nel 2014 unesperimento del gruppo di de Picciotto [10], basato sulle precedenti proposte di Stredae Seba [11] e di Pershin [12], ha mostrato che si possono realizzare tali sistemi in filiquantici con un forte accoppiamento spin-orbita e in presenza di un campo magneticoesterno.

Lo studio delle proprieta dei sistemi elettronici unidimensionali costituisce un settoredi ricerca particolarmente attivo nell’ambito della fisica della materia condensata, sia dalpunto di vista sperimentale che teorico.La teoria di Landau dei liquidi di Fermi [13, 14], in grado di spiegare correttamentela fenomenologia dei gas elettronici interagenti in due e tre dimensioni, fallisce quandosi tenta di applicarla ad un sistema 1D. Una possibile descrizione teorica dei sistemiunidimensionali si basa sulla teoria dei liquidi di Luttinger [15], cosı chiamata perche co-struita a partire dal modello di Tomonaga-Luttinger [16, 17]. La necessita di una teoriadiversa per descrivere i sistemi 1D e dovuta al fatto che in essi la presenza dell’intera-zione elettronica svolge un ruolo fondamentale ed e responsabile di una fenomenologiasostanzialmente diversa da quella che si osserva nei sistemi interagenti a maggiore di-mensionalita. Il fenomeno forse piu sorprendente che caratterizza i liquidi di Luttinger ela separazione di carica e spin: in un sistema unidimensionale le eccitazioni elementari,che sono unicamente di natura collettiva, separano completamente i gradi di liberta dicarica e spin. Questo implica, ad esempio, che un elettrone introdotto in un sistema 1Dsi debba separare nelle sue eccitazioni elementari, una associata soltanto alla carica euna soltanto allo spin.

In anni recenti e stato rivolto grande interesse, sia teorico che sperimentale, verso ilsettore di ricerca noto come ottica quantistica elettronica [18, 19]. Tale ambito di ricercasi occupa di studiare e realizzare esperimenti analoghi a quelli dell’ottica quantistica,utilizzando pero elettroni anziche fotoni. In questo contesto le differenti proprieta legatealla statistica fermionica delle eccitazioni producono effetti nuovi ed in contrasto conanaloghi esperimenti di ottica quantistica basata su fotoni. Gli esperimenti di otticaquantistica elettronica necessitano di sistemi nei quali gli elettroni possano propagarsibalisticamente, cioe senza subire processi di scattering che comporterebbero un motodiffusivo. Una situazione ideale e quindi rappresentata dai sistemi Hall nel regime quan-tistico, in cui gli stati di bordo possono essere utilizzati come canali balistici. Benche iprimi esperimenti di ottica quantistica elettronica risalgano alla fine degli anni ’90 [20,21], l’interesse in questo ambito e stato rinnovato dalla realizzazione sperimentale dellesorgenti di singoli elettroni on demand. Nel 2007, infatti, Feve et al. [22] hanno rea-

vii

lizzato un dispositivo in grado di iniettare singoli elettroni in un sistema 1D in modocoerente e controllando l’iniezione nel tempo. Il dispositivo utilizzato nell’esperimentodi Feve, detto condensatore mesoscopico, e basato su un quantum dot [23] debolmenteaccoppiato ad un sistema unidimensionale ottenuto da un 2DEG nel regime di effettoHall quantistico intero con fattore di riempimento ν = 1. Benche l’esperimento citatoabbia dato forti segnali che il condensatore mesoscopico potesse operare come sorgentedi singoli elettroni, la prova definitiva e dovuta a lavori successivi [24], che hanno misu-rato le correlazioni di corrente del dispositivo, dimostrando che i dati sperimentali sonocoerenti con l’ipotesi di emissione di singoli elettroni.

Esiste anche la possibilita di realizzare una sorgente di singoli elettroni seguendo unapproccio diverso: nel 2013 un esperimento di Dubois et al. [25], basato su un precedentelavoro di Levitov et al. [26], ha osservato che in un sistema unidimensionale al qualeviene applicato un impulso di tensione di forma opportuna si creano delle eccitazioniche corrispondono ad uno stato in cui e stato aggiunto un singolo elettrone (rispetto allasituazione prima dell’applicazione del segnale).

In seguito al lavoro di Feve diversi esperimenti di ottica quantistica elettronica sonostati realizzati in sistemi Hall a ν = 1 e ν = 2, osservando i cosiddetti effetti Hanbury-Brown-Twiss (HBT) [27] e Hong-Ou-Mandel (HOM) [28]. Mentre nel caso di fattore diriempimento ν = 1 si crea un solo canale per ogni bordo della barra topologica, a ν = 2si hanno due canali copropaganti su ciascun bordo. Di conseguenza in quest’ultimocaso l’interazione elettronica tra i due canali copropaganti che si trovano sullo stessobordo puo svolgere un ruolo importante. Infatti per spiegare i risultati sperimentali enecessario tenerne conto, in quanto l’interazione induce fenomeni di frazionalizzazionedella carica dell’elettrone iniettato [29–31] e produce scostamenti dalle previsioni ottenutecon modelli non interagenti.

Una promettente linea di sviluppo e costituita dal tentativo di estendere gli esperi-menti di ottica quantistica elettronica agli isolanti topologici bidimensionali, sfruttandola peculiare caratteristica dello spin-mometum locking. I primi risultati in questa direzio-ne sono riportati in [32, 33], dove e stato proposto l’equivalente della sorgente di singolielettroni utilizzata negli esperimenti nei sistemi Hall. Successive analisi teoriche [34] sisono concentrate su esperimenti di interferometria HBT e HOM in canali elicoidali. Unaltro aspetto di interesse, sul quale non esistono molti lavori, e lo studio del trasporto dienergia in sistemi unidimensionali. Recentemente Karzig et al. [35] hanno consideratouna configurazione in corrente continua, analizzando le correnti di carica ed energia in-dotte dal tunneling di elettroni di chiralita definita in un sistema 1D. Per quanto riguardainvece un approccio in cui l’iniezione avviene mediante una sorgente di singoli elettroni,vale la pena citare i lavori di Moskalets et al. [36, 37], in cui viene considerata l’iniezionedi elettroni e buche da un condensatore mesoscopico (forzato da un segnale periodico)in un sistema Hall non interagente con canali copropaganti, studiando le conseguenticorrenti di carica ed energia. Non esistono, tuttavia, studi dettagliati time-resolved cheaffrontino l’iniezione in canali contropropaganti in presenza di interazione.

Il lavoro di questa tesi vuole affrontare questa problematica ed analizzare, dal puntodi vista teorico, gli effetti dell’iniezione di un singolo elettrone in un sistema elicoidale

viii INTRODUZIONE

interagente. Quest’ultimo e un particolare tipo di sistema elettronico unidimensionale,caratterizzato da due canali di conduzione contropropaganti, in cui la direzione deglielettroni fissa anche la proiezione del loro spin (spin momentum locking). Il lavoro sie concentrato in particolare su due aspetti: dapprima e stato studiato un modello perdescrivere l’iniezione di un singolo elettrone in un sistema elicoidale interagente, tenendoconto dell’estensione finita della regione di iniezione; successivamente e stata analizzatain dettaglio l’evoluzione temporale della densita di carica e della densita di energia, mo-strando che entrambe le quantita subiscono un processo di frazionalizzazione in presenzadi interazione. Grazie al formalismo adottato e stato possibile descrivere i profili di den-sita di carica ed energia in funzione del tempo e dei parametri che descrivono l’iniezione.Particolare attenzione e dedicata alla questione della frazionalizzazione dell’energia, checostituisce l’aspetto piu originale di questo lavoro.

L’esposizione e articolata come segue:

• Nel Capitolo 1 vengono presentate alcune realizzazioni sperimentali di dispositiviche operano come sorgenti di singoli elettroni. Dopo una prima parte in cui siripercorrono a grandi linee alcuni aspetti dello sviluppo dei sistemi dove l’aggiuntao la rimozione di una singola carica producono effetti misurabili, si descrivono ipunti principali di due recenti realizzazioni di sorgenti on demand, concentrandosimaggiormente sull’esperimento di Feve [22].

• Nel Capitolo 2 si illustra brevemente perche la teoria di Landau dei liquidi diFermi non puo essere applicata ai sistemi unidimensionali e quindi deve esseresostituita da altri modelli. In seguito si presenta il modello di Luttinger per ladescrizione dei sistemi 1D interagenti; la rilevanza di tale modello e dovuta al fattoche puo essere risolto esattamente anche in presenza dell’interazione elettronica eche descrive, a basse energie, la fenomenologia di un’ampia classe di sistemi quan-tistici unidimensionali. La risoluzione del modello e ottenuta tramite la tecnicadella bosonizzazione, che viene anch’essa discussa nel corso del Capitolo. La pre-sentazione del modello e svolta nel caso generale in cui si considera anche il gradodi liberta di spin; il limite di interesse per la tesi, cioe quello di liquido elicoidale,viene discusso come caso particolare.

• Il Capitolo 3 si occupa dell’iniezione di singoli elettroni in un sistema elicoidalenon interagente. All’inizio del Capitolo e presentato un modello per il processodi iniezione, che viene analizzato in dettaglio, considerando il caso generale incui la regione di iniezione ha un’estensione finita. Ispirandosi al lavoro di Feve,si considera che l’iniezione avvenga a partire da un quantum dot accoppiato pereffetto tunnel al sistema unidimensionale. Successivamente si passa ad analizzarel’evoluzione temporale dei valori medi di densita di carica e densita di energia inseguito all’iniezione (senza tenere conto delle interazioni).

• Il Capitolo 4 tratta la problematica dell’iniezione di un singolo elettrone in unliquido elicoidale in presenza di interazione. Come per il Capitolo precedente, ci

ix

si concentra sull’analisi della densita di carica e della densita di energia e si evi-denziano le differenze sostanziali dovute alla presenza dell’interazione. Riguardoalla prima si ritrova il noto risultato della frazionalizzazione della carica, dovutoalla presenza dell’interazione elettronica, e si dimostra come tale fenomeno risultidel tutto indipendente dal dettaglio del processo di iniezione (in particolare dallalarghezza della regione di iniezione). Per quanto concerne la seconda si dimostrache anche l’energia frazionalizza, ma, a differenza di quanto accade per la carica, icoefficienti che determinano la frazionalizzazione non sono universali, in quanto di-pendono anche dai parametri che descrivono l’iniezione. In particolare si dimostrache, per opportuni valori di queste quantita, si puo creare una condizione in cuila maggior parte dei flussi di carica ed energia, associati alle eccitazioni prodottenel sistema elicoidale dall’elettrone iniettato, si propagano in direzioni opposte.Questo Capitolo costituisce la parte piu originale del presente lavoro.

CAPITOLO 1Sorgenti di singoli elettroni

1.1 Introduzione

Le prime manipolazioni di correnti a livello di singola carica elettronica sono state rea-lizzate tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 utilizzando dispositivi costituiti daconduttori completamente confinati in una regione spaziale molto piccola, detti quantumdot [23]. In questi sistemi l’interazione elettronica ha un ruolo rilevante al punto che, inopportune condizioni, l’aggiunta di un singolo elettrone produce effetti misurabili [38].Sfruttando quindi la quantizzazione della carica nei dot e possibile effettuare misure ditrasporto in cui la corrente e prodotta dal trasferimento sequenziale di singoli elettroni.La prima prova sperimentale chiara degli effetti di singolo elettrone risale al 1987 ed estata ottenuta con il transistor a singolo elettrone [39]; successivamente sono state rea-lizzate le pompe di elettroni [40], che sono in grado di generare una corrente quantizzatacon grandissima precisione. Per questo motivo tali dispositivi hanno notevoli applicazio-ni in metrologia (per ridefinire l’ampere) [41], ma sono limitati dal fatto che l’iniezionedegli elettroni non e controllata (nel tempo e in energia) oppure non e coerente.

Piu recentemente [22, 25] sono stati sviluppati dispositivi che fungono da sorgentidi elettroni on demand, cioe sono in grado di controllare nel tempo l’emissione coerentedi singole cariche. Questa caratteristica rende questi dispositivi ideali per operare comesorgenti in esperimenti di interferometria quantistica e permettere di investigare le pro-prieta di coerenza di pacchetti di singoli elettroni. Per questo motivo la realizzazione disorgenti on demand ha rappresentato un punto di svolta nella recente ricerca e ha datoslancio al settore dell’ottica quantistica elettronica [18, 19]. Infatti le sorgenti di singolielettroni erano l’ultimo tassello mancante per riprodurre gli esperimenti dell’ottica quan-tistica nella materia condensata, usando elettroni in luogo dei fotoni. Gli esperimentidell’ottica quantistica elettronica hanno anche aperto nuove prospettive, sia per il fattoche gli elettroni hanno una statistica differente da quella dei fotoni, sia per la presenzadell’interazione elettronica che ci si aspetta possa produrre effetti peculiari.

1

2 CAPITOLO 1. SORGENTI DI SINGOLI ELETTRONI

Questo Capitolo e dedicato ad una breve rassegna di alcuni dei dispositivi appenacitati; la discussione e articolata come segue:

• nella Sezione 1.2 viene presentato il fenomeno detto Coulomb blockade e si descrivein che modo e possibile utilizzarlo per generare correnti quantizzate;

• le Sezioni 1.3 e 1.4 sono dedicate alle due principali realizzazioni di sorgenti ondemand : il condensatore mesoscopico e gli impulsi di tensione lorentziani.

1.2 Coulomb blockade e correnti quantizzate

In questa Sezione vengono presentate, limitatamente agli scopi di nostro interesse, al-cune manifestazioni del fenomeno noto come Coulomb blockade, responsabile di effettipeculiari nel trasporto in sistemi confinati a piccola scala. Per maggiori dettagli e appro-fondimenti sull’argomento si rimanda al Capitolo 3 di [42] e alla review di Kouwenhoven[23].

1.2.1 Descrizione di un quantum dot

Se consideriamo un conduttore completamente isolato, il numero di particelle elementariivi presenti e un numero intero; pertanto la carica totale Q presente sul conduttore equantizzata. Indicando con e il valore assoluto della carica dell’elettrone (e = 1.6 · 10−19

C), avremo che Q = −Ne dove N e il numero di cariche in eccesso rispetto alla situazioneneutra 1. Si noti che, per come abbiamo espresso Q, il caso N > 0 corrisponde aelettroni in eccesso, mentre il caso N < 0 corrisponde a elettroni mancanti, cioe buchein eccesso. Nel seguito con il termine generico cariche intenderemo indifferentementeelettroni o buche. Siccome il conduttore e carico, avra un’energia elettrostatica chepossiamo esprimere come

E =Q2

2C≡ ECN2 , (1.1)

dove C e la capacita totale del sistema ed EC = e2/2C e detta energia di carica e rappre-senta l’energia che deve essere pagata per aggiungere una carica a partire dalla situazioneneutra in cui non ci sono cariche in eccesso. Da quanto appena detto discende che pertrasferire cariche attraverso il conduttore e necessario fornire un’energia maggiore di EC ;se questo non accade il trasporto e bloccato e si parla di regime di Coulomb blockade.Naturalmente l’energia richiesta puo essere fornita dalle fluttuazioni termiche, ma inquesto caso risulta molto complicato (se non impossibile) andare a studiare effetti dovu-ti al trasferimento di una singola carica; quindi per far sı che l’energia di carica giochiun ruolo importante (ossia che l’aggiunta o la rimozione di un singolo elettrone producaun effetto visibile) e necessario che EC kBT . Siccome l’unico modo di modificareEC e agire sulla capacita del sistema, e chiaro che bisogna ridurre il piu possibile la

1Se il conduttore non e isolato, quanto affermato non e piu vero perche gli elettroni non sono piulocalizzati quindi la carica non e quantizzata.

1.2. COULOMB BLOCKADE E CORRENTI QUANTIZZATE 3

capacita, in modo che gli effetti di singolo elettrone possano essere visibili alle tempe-rature accessibili in laboratorio. Ricordiamo che la capacita di un conduttore scala conla sua dimensione tipica L: ad esempio per una sfera si ha C = 4πε0εrL, per un discoC = 8ε0εrL, dove si e indicata con εr la costante dielettrica del materiale che costituisceil conduttore.Per questo si considerano sistemi confinati in regioni spaziali molto piccole (dell’ordine difrazioni di micron), per i quali il tipico ordine di grandezza dell’energia di carica risultaEC ≈ 1 meV, equivalente a 10 K. Abbassando la temperatura al di sotto del Kelvin cisi aspetta quindi di vedere effetti legati alla presenza dell’energia di carica, cioe effettidi singolo elettrone.

La descrizione appena fatta e puramente classica e non tiene conto degli effetti quan-tistici che si presentano a seguito del confinamento. Infatti e noto che ogni sistemaquantistico confinato presenta livelli energetici discreti; chiamiamo ∆ la tipica separa-zione tra due livelli successivi. E chiaro che gli effetti quantistici dovuti al confinamentopossono essere trascurati se ∆ kBT , perche in tal caso lo spettro energetico del si-stema apparira come un continuo. Se invece la discretizzazione dei livelli e risolvibile,cioe ∆ & kBT , allora l’energia tipica necessaria per aggiungere un elettrone rispetto allaconfigurazione neutra diventa ∆? ≡ EC +∆. Le situazioni in cui e necessario tenere con-to della discretizzazione dei livelli dipendono dal tipo e dalla dimensionalita del sistemaconsiderato; a tale proposito e bene distinguere tra:

Sistemi 3D Sono tipicamente realizzati con conduttori metallici isolati, con confina-mento isotropo nelle tre direzioni; in tre dimensioni la separazione dei livelli attornoall’energia di Fermi (includendo la degenerazione di spin) e data da [23]

∆ =

(1

3π2N

)1/3 ~2π2

mL2,

dove m denota la massa efficace degli elettroni. Per un sistema metallico conL ≈ 100 nm, densita elettronica n ≈ 1022 cm−3 e m ≈ me si ottiene ∆ ≈ 10−6 eV,quindi la discretizzazione dei livelli non e risolvibile alle temperature attualmenteaccessibili in laboratorio.

Sistemi 2D Si realizzano tipicamente a partire da un gas di elettroni bidimensionaleconfinandone ulteriormente una regione (ad esempio con elettrodi caricati negati-vamente); in due dimensioni la separazione dei livelli attorno all’energia di Fermie indipendente da N e risulta [23]

∆ =1

π

~2π2

mL2.

Se consideriamo L ≈ 100 nm e m = 0.067me (massa efficace degli elettroni nelGaAs) si ha ∆ ≈ 0.1 meV, quindi la discretizzazione dei livelli e visibile e occorretenerne conto.

4 CAPITOLO 1. SORGENTI DI SINGOLI ELETTRONI

Sistemi 1D Vengono realizzati confinando porzioni di fili quantici unidimensionali (oanche nanotubi di carbonio); in una dimensione la spaziatura dei livelli attornoall’energia di Fermi cresce con N e risulta [23]

∆ =N

4

~2π2

mL2,

quindi ∆ puo risultare ancora piu grande che nei sistemi 2D.

Nel seguito useremo genericamente il termine quantum dot (o semplicemente dot) perindicare un sistema confinato in una regione spaziale sufficientemente piccola perche l’e-nergia di carica giochi un ruolo importante. Piu specificamente i sistemi con ∆ kBTsaranno denominati dot continui, in quanto non e visibile sperimentalmente la discretiz-zazione dei livelli al loro interno (ricadono in questa classe i dot metallici 3D), mentre isistemi con ∆ & kBT saranno denominati dot discreti.

Per effettuare misure di trasporto e necessario accoppiare un dot a dei serbatoi, comeschematizzato in Figura 1.1, pertanto il sistema non sara completamente isolato; tali

Figura 1.1: Rappresentazione schematica di un quantum dot accoppiato a due serbatoi.Figura tratta da [23].

accoppiamenti vengono realizzati mediante giunzioni che possono essere descritte comebarriere di potenziale, attraverso le quali il passaggio di elettroni avviene per effettotunnel. In una descrizione semiclassica e quindi naturale schematizzare queste giunzionicome delle resistenze (o meglio come una resistenza R e una capacita in parallelo).Queste resistenze devono essere grandi, in modo da mantenere la quantizzazione dellacarica nel dot. Per capire quanto grandi facciamo la seguente stima: supponiamo di averaggiunto, rispetto alla situazione neutra, un elettrone nel dot, avendo pagato l’energia dicarica EC ; il tempo di permanenza nel dot e circa il tempo caratteristico di scarica di uncircuito RC: τ = RC. Dal principio di Heisenberg abbiamo che questo corrisponde adun’indeterminazione sull’energia pari a δE ∼ h/τ ; avremo quindi uno stato ben definitose δE EC , ossia

e2

2C h

RC=⇒ R 2h

e2. (1.2)

1.2. COULOMB BLOCKADE E CORRENTI QUANTIZZATE 5

Notiamo che la quantita h/e2 = 25812.807 Ω e il quanto di resistenza per il trasportobalistico in un filo unidimensionale, quindi la condizione (1.2) significa che il dot deveessere quasi disaccoppiato dai serbatoi. Descriviamo ora il modello a interazione costan-

Figura 1.2: Schema circuitale equivalente di un quantum dot nella configurazione detta transi-stor a singolo elettrone (vedi Sezione 1.2.2). Il trasporto avviene tra i serbatoi di destra e sinistraai quali e applicata una differenza di potenziale V = VR − VL. Un terzo elettrodo (gate) e ac-coppiato elettrostaticamente al dot e ne controlla il potenziale di equilibrio. Per semplicita nonsono disegnate le resistenze in parallelo alle due capacita CR e CL, che non entrano nel calcolodell’energia elettrostatica.

te [43] che tiene conto nella maniera piu semplice possibile dell’interazione elettronicaall’interno di un quantum dot. Consideriamo quindi una tipica configurazione di lavo-ro (vedi Figura 1.2) dove il dot e accoppiato ai serbatoi di destra e di sinistra da duegiunzioni caratterizzate rispettivemente dalle capacita CR e CL; consideriamo anche unaccoppiamento elettrostatico a un terzo elettrodo (gate), caratterizzato da una capacitaCG. Per prima cosa consideriamo la parte cinetica del dot non interagente e indichiamocon ξp i livelli energetici di singola particella, dove p e un indice collettivo che tiene contodi tutti i numeri quantici, incluso eventualmente anche lo spin. L’energia corrisponden-te alla Hamiltoniana libera quando nel dot sono presenti N elettroni (sempre intesi ineccesso rispetto alla situazione neutra) e

E0 =∑p

ξp ,

dove la somma e vincolata al riempimento dei livelli fino al raggiungimento di N + N0

elettroni, essendo N0 il numero di elettroni presenti nel dot in una situazione neutra.Per quanto riguarda la parte di interazione, l’assunzione fondamentale del modello e chele interazioni elettrostatiche si possano descrivere mediante una capacita equivalente C,data dalla somma di tutte le capacita presenti nella configurazione che si vuole consi-derare; nel caso in esame abbiamo C = CG + CR + CL. Allora l’energia dello statofondamentale a N elettroni, a meno di termini indipendenti da N , risulta data dalla

6 CAPITOLO 1. SORGENTI DI SINGOLI ELETTRONI

seguente espressione [43]:

UD(N) =1

2C

eN − ∑i=L,R,G

CiVi

2

+∑p

ξp . (1.3)

Notare che nel termine di energia elettrostatica compaiono anche termini del tipo CiViche rappresentano le cariche indotte dai potenziali esterni. Per questo motivo, come sarasubito chiaro, il ruolo del gate e quello di cambiare il potenziale chimico di equilibriodel dot. Se consideriamo il caso simmetrico CR = CL e VR = −VL = V/2, che non elimitativo ai fini delle considerazioni che ci interessano, abbiamo

UD(N) =e2

2C(N − nG)2 +

∑p

ξp , dove nG ≡CGVGe

. (1.4)

Il potenziale chimico µD(N) del dot e, per definizione, l’energia richiesta per aggiungerel’N -esimo elettrone nello stato fondamentale:

µD(N) ≡ UD(N)− UD(N − 1) =e2

C

(N − 1

2− nG

)+ Ξ(N) , (1.5)

avendo indicato con Ξ(N) l’energia del livello corrispondente all’N -esimo elettrone. Ve-diamo quindi quanto anticipato in precedenza: l’effetto del gate e quello di modificare ilpotenziale chimico di equilibrio del dot, ossia di regolare il numero medio di elettroni inuna situazione di equilibrio. Infatti il numero Neq di elettroni all’equilibrio e quello cheminimizza l’energia potenziale; come si vede subito dalla (1.4), tale numero e dato da

Neq =

⌊nG +

1

2

⌋,

dove il simbolo b. . . c denota la parte intera. Pertanto variando il potenziale di gate epossibile cambiare il punto di lavoro del dot. Come vedremo nelle Sezioni successive,a seconda del valore che assume µD(N) rispetto ai potenziali chimici dei serbatoi, siverificano situazioni di trasporto diverse.

1.2.2 Transistor a singolo elettrone

Il piu semplice dispositivo in grado di produrre una corrente dovuta al trasferimento diun elettrone alla volta e basato sulla configurazione appena descritta (vedi Figura 1.2) ede chiamato transistor a singolo elettrone ed e stato il primo dispositivo in cui gli effetti disingola carica sono stati osservati [39]. Abbiamo quindi un dot accoppiato a due serbatoimediante due giunzioni e capacitivamente ad un elettrodo che controlla il numero mediodi elettroni all’interno. I possibili processi di trasferimento di una singola carica sono iseguenti: un elettrone puo entrare nel dot dal serbatoio di destra o di sinistra (aumentodi una carica) o uscire dal dot verso il serbatoio di destra o di sinistra (diminuzione diuna carica).

1.2. COULOMB BLOCKADE E CORRENTI QUANTIZZATE 7

Consideriamo il processo N − 1 → N → N − 1 in cui un elettrone entra nel dot dalserbatoio di sinistra e poi ne esce verso il serbatoio di destra. Affinche sia possibile iltrasporto e necessario applicare una differenza di potenziale V rispetto alla situazione diequilibrio: indicando con µL e µR i potenziali chimici dei serbatoi di sinistra e di destrarispettivamente, avremo µL = µ0 + eV/2 e µR = µ0 − eV/2, essendo µ0 il potenzialechimico di equilibrio e assumendo V > 0. A temperatura zero il processo puo avveniresolo se la differenza di energia Ei − Ef tra lo stato iniziale e quello finale e positiva.Indichiamo, analogamente a quanto fatto per il dot, con UR,L(NR,L) l’energia dello statofondamentale del serbatoio di destra (sinistra) quando contiene NR (NL) elettroni. Peril processo N − 1→ N abbiamo

Ei − Ef = UL(NL) + UD(N)− UL(NL − 1)− UD(N) = µL − µD(N) ≥ 0 ,

dove l’ultima uguaglianza segue dal fatto che il potenziale chimico del serbatoio e fissatodalla batteria e non dipende dal numero di elettroni. Similmente per il processo di uscitaN → N − 1 abbiamo

Ei − Ef = UR(NR) + UD(N)− UR(NR + 1)− UD(N − 1) = µD(N)− µR ≥ 0 .

Da queste segue la condizione

µR ≤ µD(N) ≤ µL ⇐⇒ µ0 −eV

2≤ e2

C

(N − 1

2− nG

)+ Ξ(N) ≤ µ0 +

eV

2. (1.6)

Trasporto lineare: oscillazioni di Coulomb

Il regime di trasporto lineare e quello in cui la corrente e proporzionale alla differenzadi potenziale V = VR − VL. Si definisce quindi la conduttanza lineare G mediante larelazione I = GV . Vogliamo ora capire quando e possibile il trasporto nel transistor asingolo elettrone nel regime lineare. Se prendiamo il limite di V → 0, la disuguaglianza(1.6) diventa un’uguaglianza, verificata per particolari valori di nG dati da:

n?G(N) =C

e2[Ξ(N)− µ0] +N − 1

2.

A temperatura nulla si avra una corrente diversa da zero solo in corrispondenza di questivalori, pertanto, da I = GV , deduciamo che la conduttanza al variare di nG presenta deipicchi in corrispondenza di n?G(N), n?G(N + 1), . . . ed e nulla altrove. Inoltre la distanzatra i picchi, data da

n?G(N + 1)− n?G(N) = 1 +C

e2[Ξ(N + 1)− Ξ(N)] , (1.7)

e sensibile alla discretizzazione dei livelli energetici del dot. Nel caso in cui la separazionetra i livelli non sia risolvibile i picchi di conduttanza risultano equispaziati, perche inquesta situazione il secondo addendo a secondo membro della (1.7) e circa nullo. Laconclusione di questa discussione e quindi che, a partire da una misura della conduttanza,

8 CAPITOLO 1. SORGENTI DI SINGOLI ELETTRONI

Figura 1.3: Oscillazioni di Coulomb in un transistor a singolo elettrone. Ogni volta che ilnumero di elettroni nel dot varia di una unita la conduttanza presenta dei picchi, che si allarganoal crescere della temperatura.

e possibile vedere gli effetti dovuti al trasferimento di una singola carica. Inoltre dalladistanza fra i picchi e possibile fare misure di spettroscopia del dot, caratterizzandone glistati eccitati [44],[45]. In Figura 1.3 e rappresentato il tipico andamento di G in funzionedi nG per un dot continuo; questo andamento e noto come oscillazioni di Coulomb.L’allargamento dei picchi e dovuto a effetti di temperatura finita.

Trasporto non lineare: diamanti di Coulomb

Se consideriamo un dot continuo ci sara uno dei suoi livelli (quasi) arbitrariamentevicino all’energia di Fermi, quindi possiamo ragionevolmente porre Ξ(N) ≈ µ0. Pertantola disuguaglianza (1.6) produce nel piano V -nG un diagramma di cui una porzione erappresentata in Figura 1.4. Le zone bianche, note come diamanti di Coulomb, sonoquelle dove il trasporto e bloccato (a temperatura nulla) e la carica nel dot e fissata; ingrigio chiaro sono rappresentate due delle zone in cui la corrente e diversa da zero e doveil trasporto avviene per trasferimento di una carica alla volta. Spostandosi a piu altivalori di V diventano disponibili sempre piu stati di carica e la corrente aumenta. Sesi considera quindi una sezione del diagramma a nG costante si ottiene per la correnteun andamento in funzione di V che rassomiglia a una scala e che per questo vienedenominato Coulomb staircase [42],[23].

1.2. COULOMB BLOCKADE E CORRENTI QUANTIZZATE 9

Figura 1.4: Diamanti di Coulomb in un transistor a singolo elettrone per T = 0. Nelle zonebianche I = 0 (Coulomb blockade). Sono riportate in grigio chiaro due delle regioni in cui sonopresenti due stati di carica possibili per il trasporto.

1.2.3 Pompa di elettroni

Nella Sezione precedente abbiamo visto che, in opportune condizioni, si presenta un regi-me di trasporto in cui e trasferita una singola carica per volta; tuttavia il trasferimentoavviene per effetto tunnel ed e quindi un evento casuale, di modo che il transistor asingolo elettrone non controlla il momento di emissione della singola carica. Per realiz-zare un dispositivo che controlli l’emissione e necessario essere in grado di mantenerela carica in eccesso che entra nel dot dal serbatoio di sinistra per un tempo lungo, perpoi rilasciarla verso il serbatoio di destra all’istante voluto. Questo puo essere realizzatoutilizzando un dispositivo detto pompa di elettroni [40], realizzato con due dot e tregiunzioni, come mostrato in Figura 1.5(b): se il primo dot e in una configurazione chepermette il trasporto, una carica vi entra dall’elettrodo di sinistra e lı resta se il secondodot e in regime di Coulomb blockade. Regolando opportunamente i potenziali di gateU1 e U2 e possibile realizzare il trasferimento controllato di una carica dal serbatoio disinistra a quello di destra.

Quanto appena esposto e ragionevole, ma non e ovvio che esista una combinazionedi U1 e U2 atta a realizzare quanto voluto. A tale proposito e opportuno considerare ildiagramma di stabilita del dispositivo: la Figura 1.5 mostra le configurazioni di N =(N1, N2) stabili per dati valori dei potenziali di gate quando ai serbatoi non e applicataalcuna tensione (V = 0), ovvero le configurazioni che minimizzano l’energia all’equilibrio;in ogni esagono la carica e fissata. Si nota allora che, modulando i potenziali in mododa circondare il punto triplo P , si effettua il ciclo (0, 0)→ (1, 0)→ (0, 1)→ (0, 0) in cui

10 CAPITOLO 1. SORGENTI DI SINGOLI ELETTRONI

(a) (b)

Figura 1.5: (a) Schematizzazione di una pompa di elettroni. Figura tratta da [46]. (b) Dia-gramma di stabilita: le isole rappresentano le configurazioni di N = (N1, N2) stabili per dativalori di U1 e U2. Figura tratta da [22].

una carica entra dal serbatoio di sinistra ed e trasferita al serbatoio di destra passandoper gli stati di carica intermedi (1, 0) e (0, 1). Per ottenere questo si procede come segue:dapprima viene applicata una tensione continua ai gate in modo da portare il sistemanelle vicinanze di un punto triplo, dopodiche vengono sovrapposti segnali di frequenza fsfasati di π/2. Se la frequenza e sufficientemente bassa (f (RC)−1), il sistema rimanenella configurazione di equilibrio corrispondente alla posizione nel piano U1-U2 e quindievolve lungo il ciclo che racchiude il punto triplo. Nel caso in cui V 6= 0 il diagrammadi stabilita si distorce e i punti tripli vengono sostituiti da regioni a forma triangolare,la cui larghezza aumenta con V , all’interno delle quali avviene la conduzione. Nullacambia in quanto discusso in precedenza a patto che la traiettoria del ciclo nel pianoU1-U2 circondi completamente la regione di conduzione.

La prova che avviene in media il trasferimento di una singola carica per ciclo e datadalla quantizzazione della corrente I = ef , mostrata in Figura 1.6 (si noti anche che,cambiando lo sfasamento, e possibile percorrere il ciclo che aggira P in senso opposto etrasferire una carica da destra a sinistra; questa caratteristica di reversibilita e all’originedel nome del dispositivo).

Figura 1.6: Quantizzazione della corrente in una pompa di elettroni. Figura tratta da [40].

1.3. CONDENSATORE MESOSCOPICO 11

1.3 Condensatore mesoscopico

1.3.1 Caratteristiche generali

Nel 2007 Feve et al. [22] hanno realizzato un emettitore coerente on demand di singolielettroni, basandosi su un dispositivo noto come condensatore mesoscopico, le cui pro-prieta di trasporto fondamentali (nel regime lineare) erano state analizzate teoricamentein [47]. L’emettitore e costituito da un quantum dot a semiconduttore realizzato a partireda un gas di elettroni bidimensionale in un’eterogiunzione di GaAsAl/GaAs. Il sistemae posto in un forte campo magnetico B ≈ 1, 3 T, in modo che il gas bidimensionalesia nel regime dell’effetto Hall quantistico intero [6]. La caratteristica sorprendente diquesto effetto e la quantizzazione estremamente precisa della resistenza Hall, che risultaassumere, al variare del campo magnetico, valori sottomultipli del quanto di resistenza:h/e2, h/2e2, . . . Questa fenomenologia e spiegata studiando dal punto di vista quanti-stico un liquido di elettroni non interagenti in presenza di un campo magnetico. Senzaentrare nel dettaglio della trattazione, che richiederebbe una Sezione a se, riportiamosemplicemente i risultati: la conduzione avviene soltanto in prossimita dei bordi dellasuperficie su cui si trova il gas bidimensionale, mentre l’interno risulta isolante. Perquesta ragione si dice che si creano stati di bordo, che conducono, in contrapposizioneagli stati di bulk, che non conducono. Gli stati di bordo costituiscono dei veri e propricanali all’interno dei quali la propagazione degli elettroni e di tipo balistico; pertantoogni canale contribuisce alla conduttanza Hall con un termine e2/h e questo spiega laquantizzazione della resistenza Hall. Il numero di canali che si creano e legato ad un pa-rametro detto fattore di riempimento, indicato con ν, che dipende a sua volta dal campomagnetico applicato al campione. Per ν = 1 si ha un solo canale (per ogni bordo), perν = 2 ce ne sono due e cosı via.

Figura 1.7: Rappresentazione del condesatore mesoscopico e schema del suo funzionamento.Figura tratta da [22].

12 CAPITOLO 1. SORGENTI DI SINGOLI ELETTRONI

Come schematizzato in Figura 1.7, il dot e realizzato confinando una porzione del gasbidimensionale mediante un quantum point contact (QPC) ed e elettrostaticamente ac-coppiato ad un gate la cui tensione in AC, che sara denotata con Vexc, e in grado dimodificare il potenziale del dot, come discusso in Sezione 1.2.1. La presenza del QPCproduce due effetti. In primo luogo e responsabile di una trasmissione T 6= 1 tra il dote la parte del gas bidimensionale non confinata: il passaggio di elettroni tra l’interno el’esterno del dot avviene per effetto tunnel e T rappresenta la probabilita di trasmissio-ne. Oltre a questo il potenziale VG del QPC regola il potenziale di equilibrio del dot, inquanto e responsabile di un accoppiamento capacitivo ulteriore. Indipendentemente dalfattore di riempimento, il potenziale VG del QPC e impostato in modo tale che i canalidi conduzione corrispondenti agli stati di bordo piu interni siano sempre riflessi, per cuipossiamo considerare il sistema come se fosse a singolo canale.

La realizzazione sperimentale e tale che l’accoppiamento tra il dot e il gate risultiin una capacita piuttosto grande. Allora, se indichiamo con C la capacita totale delsistema, data dalla somma di tutte quelle in gioco, abbiamo e2/C ∆, dove ∆ indicala separazione in energia tra due livelli successivi del dot; pertanto l’energia di caricae, in buona approssimazione, fornita solo da ∆. I tipici ordini di grandezza sono [22,48] ∆ = 2.5 ÷ 4.2 K e e2/C < 0.5 K per un dot di dimensioni 0.6 ÷ 1 µm. Il funziona-mento del dispositivo e schematizzato in Figura 1.7 (pannello inferiore): a partire dallaconfigurazione 1©, la tensione del gate viene bruscamente variata in modo che l’ultimolivello occupato del dot sia portato al di sopra dell’energia di Fermi e un elettrone vengaemesso dal dot nella fase 2©; infine, in 3© viene ripristinata la configurazione iniziale, ri-portando al di sotto dell’energia di Fermi il livello che ha emesso l’elettrone, producendoil riempimento di quest’ultimo cioe l’emissione di una buca.

Il regime operativo del dispositivo dipende fortemente dalla posizione all’equilibriodell’ultimo livello occupato del dot rispetto all’energia di Fermi del gas di elettronibidimensionale. Questa posizione dipendera, a sua volta, dal potenziale VG del gate.Denotiamo con ε0 l’energia dell’ultimo livello occupato del dot, con εF l’energia di Fermidel gas e distinguiamo diversi regimi di lavoro. Nel primo, detto regime di emissioneottimale, abbiamo ε0 = εF − ∆/2, ovvero εF si trova inizialmente su un minimo delladensita degli stati del dot (la densita degli stati sara calcolata nel prosieguo della di-scussione) e si verifica la situazione rappresentata in Figura 1.8(a). Il secondo regime,detto di emissione risonante, e caratterizzato dal fatto che ε0 = εF e quindi, al momentodell’emissione, c’e sempre un livello del dot che si trova in risonanza con l’energia diFermi, come visualizzato in Figura 1.8(b). Infine si puo presentare un regime intermediocome quello riportato in Figura 1.8(c). La distinzione tra regimi ottimale e risonante efondamentale perche solo il primo stabilisce le buone condizioni in cui il condensatoremesoscopico opera davvero come emettitore di singoli elettroni: infatti e stato dimostra-to [50] che nel regime risonante l’emissione di un elettrone e accompagnata da eccitazioniparticella-buca e si hanno fluttuazioni di carica indesiderate. Questo non ha alcun effettosulla corrente media misurata (Sezione 1.3.2), ma produce un effetto visibile sul rumore,come vedremo nella Sezione 1.3.3.

1.3. CONDENSATORE MESOSCOPICO 13

(a) (b) (c)

Figura 1.8: Diversi regimi di lavoro del condensatore mesoscopico. Solo l’ultimo livello occupatodel dot e mostrato. La doppia freccia curva rappresenta schematicamente l’azione del potenzialeVexc(t) che cambia bruscamente la posizione dei livelli energetici del dot rispetto alla situazionedi equilibrio. In (a): regime ottimale con ε0 = εF −∆/2; in questo caso l’elettrone (buca) vieneemesso con energia ∆/2 sopra (sotto) il livello di Fermi. In (b): regime risonante con ε0 = εF ;l’emissione dell’elettrone avviene ad un’energia ∆ sopra εF , mentre la buca e emessa in risonanzacon εF . In (c): regime intermedio con ε0 = εF −∆/4. Immagini tratte da [49].

A causa dell’accoppiamento con il gas bidimensionale di elettroni, i livelli del dotsi allargano: dunque, per avere una buona quantizzazione, come discusso nella Sezione1.2.1, e essenziale che la trasmissione del QPC sia piccola, in modo da avere un buon iso-lamento del dot e quindi livelli energetici ben definiti. In questo regime si puo dimostrare[46] che la densita degli stati e ben descritta da una successione di picchi lorentziani,separati da una distanza ∆, la larghezza di ciascuno dei quali e tanto piu piccola quantominore e la trasmissione T .Per vedere questo fatto consideriamo il seguente modello: un elettrone che si propagalungo il canale proveniente dal serbatoio (a destra in Fig. 1.7) ha un’ampiezza di pro-babilita t di entrare nel dot e un’ampiezza r =

√1− t2 di essere riflesso dal QPC 2.

Una volta entrato nel dot, esso acquisisce una fase ϕ = ετ0/~, dove ε denota l’energiadell’elettrone incidente e τ0 il tempo impiegato per fare un giro all’interno del dot. Allafine di questo processo l’elettrone puo uscire dal dot, con ampiezza di probabilita t, op-pure essere riflesso e percorrere un altro giro acquistando un’ulteriore fase ϕ. Possiamoquindi legare lo stato iniziale |Ψi〉 a quello finale |Ψf 〉, tenendo conto di tutti i processidi riflessione all’interno del dot :

|Ψf 〉 =(r − t2eiϕ − t2re2iϕ − t2r2e3iϕ − . . .

)|Ψi〉 =

=

[r − t2eiϕ

+∞∑n=0

(reiϕ

)n] |Ψi〉 =

=

[r − eiϕ

1− reiϕ

]|Ψi〉 . (1.8)

2La trasmissione T e legata all’ampiezza di probabilita dalla relazione T = t2.

14 CAPITOLO 1. SORGENTI DI SINGOLI ELETTRONI

Si definisce matrice di diffusione U(ε) quella matrice che lega lo stato finale (derivantedai processi di diffusione coinvolti) a quello iniziale secondo la relazione:

|Ψf 〉 ≡ U(ε) |Ψi〉 . (1.9)

Nel nostro caso, siccome stiamo considerando un unico canale di conduzione, la matricedi diffusione e uno scalare; osservando l’equazione (1.8) abbiamo

U(ε) =r − eiϕ

1− reiϕ. (1.10)

Possiamo legare la fase ϕ ai parametri del dot ricordando che il tempo di percorrenza τ0

e legato alla distanza tra il livelli ∆ (che si suppone costante) dalla relazione τ0 = h/∆,da cui

ϕ = 2πε

∆. (1.11)

Ora che abbiamo espresso la matrice di diffusione in termini dei parametri del dot,possiamo calcolare la densita degli stati che puo essere introdotta nel modo seguente[51]:

N (ε) =1

2πiU∗(ε)

dU

dε. (1.12)

Utilizzando la (1.10) e la (1.11) otteniamo

N (ε) =1

2πi

2πi

r − e−i2πε∆

1− re−i2πε∆

(r2 − 1)ei2πε∆(

1− rei2πε∆

)2 =

=1

1− r2(1− rei

2πε∆

)(1− re−i

2πε∆

) =

=1

1− r2

1− 2r cos(

2πε∆

)+ r2

. (1.13)

La Figura 1.9 mostra la densita degli stati per vari valori di T . Notiamo che, nel limitedi T → 1, cioe r → 0, la densita degli stati e costante e si perde completamente laquantizzazione dei livelli. Viceversa, nel limite di T → 0, cioe r → 1, abbiamo cheN (ε) ≈ 0 tranne quando cos(2πε/∆) ≈ 1, ossia ε ≈ n∆, con n ∈ Z. Per fissare le ideeconsideriamo ε ≈ 0. Allora

N (ε) ≈ 1

1− r2

1 + r2 − 2r[1− 1

2

(2πε∆

)2] =

=1

(1− r)(1 + r)

(1− r)2

[1 + r

(2πε

∆(1−r)

)2] =

≈ 2

∆(1− r)1

1 +[

2πε∆(1−r)

]2 .

1.3. CONDENSATORE MESOSCOPICO 15

=0,2

=0,4

=0,7

=0,9

=1

-0.5 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5ε/Δ

5

10

15

(ε) [1/Δ]

Figura 1.9: Densita degli stati del dot per vari valori della trasmissione T del QPC: quando latrasmissione e piccola si presentano dei picchi ben definiti, che si allargano al crescere di T , finoa scomparire del tutto quando la trasmissione e unitaria.

Pertanto, ricordando che se r → 1 si ha (1 − r) → T , vediamo dall’ultima uguaglianzache la densita degli stati presenta un picco lorentziano di larghezza ~γ, dove γ ≡ T ∆/h.Se poi consideriamo gli altri valori dell’energia per cui il coseno a denominatore della(1.13) vale 1 otteniamo una successione di picchi lorentziani di larghezza ~γ, centrati inε = n∆ e separati da una distanza ∆, come affermato all’inizio della discussione:

N (ε) ≈∑n∈Z

2

πγ

1

1 +(ε−n∆γ/2

)2 . (1.14)

Poiche la densita degli stati ha un profilo di tipo Breit-Wigner, da un approcciosemiclassico ci aspettiamo che, durante la fase di emissione in cui una carica lascia il dot,la corrente media abbia un profilo esponenziale decrescente con un tempo caratteristicoτ legato alla larghezza dei picchi:

τ =1

γ=

h

T ∆. (1.15)

Infatti ∆/h e il tasso di emissione per uno stato la cui larghezza in energia e ∆ e Te la probabilita data dalla trasmissione del QPC. Questo risultato puo essere ottenutorigorosamente: infatti il dispositivo in esame e l’analogo quantistico di un circuito RC,dove la resistenza e costituita dal QPC e la capacita dall’accoppiamento tra il dot e ilgate. Poiche l’ampiezza 2eVexc e comparabile con ∆, il sistema opera nel regime nonlineare. Si puo dimostrare [46], usando la teoria di Floquet 3, che il circuito si comporta

3La teoria di Floquet si applica ad un sistema la cui evoluzione temporale e periodica. Nel caso inesame la periodicita nel tempo e indotta dal fatto che il segnale Vexc(t) applicato al gate per produrre

16 CAPITOLO 1. SORGENTI DI SINGOLI ELETTRONI

sempre come un RC, con

C = e2

∫dεN (ε)

f(ε− 2eVexc)− f(ε)

2eVexc, (1.16)

R =h

2e2

∫dεN 2(ε)f(ε−2eVexc)−f(ε)

2eVexc[∫dεN (ε)f(ε−2eVexc)−f(ε)

2eVexc

]2 , (1.17)

dove f(ε) la funzione di Fermi. Si dimostra anche [48] che il tempo caratteristico ottenutotramite le relazioni precedenti e dato da

τ =h

(1

T− 1

2

),

che, nel limite T 1, riproduce il risultato (1.15).

1.3.2 Quantizzazione della corrente media

In base all’analisi presentata l’emissione di una carica dovrebbe corrispondere ad unacorrente con andamento esponenziale decrescente con tempo caratteristico τ . Pero spe-rimentalmente e ancora inaccessibile la rilevazione di un singolo evento di emissione; peraumentare il rapporto segnale/rumore e necessario ripetere un grande numero di volteil ciclo di emissione ed effettuare una media statistica su molti eventi. A tal fine, nel giacitato esperimento di Feve, il segnale descritto in Figura 1.7 viene ripetuto ciclicamentecon un periodo T = 32 ns. In Figura 1.10 e riportata la misura della corrente media neldominio del tempo. Come si puo notare, essa e ben descritta da una legge esponenziale[24]

〈I(t)〉 = ± eτ

e−t/τ

1 + e−T/2τ, (1.18)

dove bisogna intendere il segno positivo per la parte in cui si ha l’emissione di un elettrone(per tempi 0 ≤ t ≤ T/2) e il segno negativo per la parte in cui si ha l’emissione di unabuca (per T/2 < t ≤ T ). Il tempo caratteristico che si ottiene dai fit rappresentati dallecurve blu e in buon accordo con la previsione (1.15). La carica media trasferita in unsemiperiodo, data dall’integrale della (1.18), risulta

〈Q〉 =e

τ(1 + e−T/2τ )

∫ T/2

0e−t/τ dt = e · 1− e−T/2τ

1 + e−T/2τ= e tanh

(T

). (1.19)

Si nota quindi che, quando e verificata la relazione τ T/2 (cioe trasmissione T nontroppo piccola), la tangente iperbolica e prossima ad 1 e quindi in questo regime si ha

l’emissione di una carica dal dot, e un’onda quadra; in questo modo il condensatore mesoscopico emettealternativamente elettroni e buche con un periodo pari a quello del segnale Vexc(t). Come discusso nelseguito, e necessario applicare un segnale periodico perche sperimentalmente non e possibile misurare lacorrente dovuta ad un singolo evento di emissione, perche il rapporto segnale/rumore e troppo basso.Allora si ripete ciclicamente l’emissione di elettroni e buche e si effettua una media statistica su moltieventi.

1.3. CONDENSATORE MESOSCOPICO 17

Figura 1.10: Misura della corrente media prodotta dall’emissione di un elettrone e di una buca(curva nera) confrontata con l’andamento dell’Eq. (1.18) (curva blu). La curva rossa tratteggiatarappresenta il segnale Vexc(t). In ciascuno dei tre pannelli D indica la trasmissione che nel testoe chiamata T . Figura tratta da [22].

〈Q〉 = e, mentre quando il tempo di uscita diventa confrontabile con il periodo di Vexc,la carica media trasferita e minore di e, in quanto e meno probabile che l’elettrone lasciil dot. Definiamo quindi

P ≡ tanh

(T

), (1.20)

che possiamo interpretare come la probabilita di emissione di una carica dal dot, cioeuna trasmissione efficace tra il dot e il gas di elettroni bidimensionale, dipendente dallatrasmissione T del QPC attraverso τ mediante la relazione (1.15).

L’apparato sperimentale e tale che le misure nel dominio del tempo sono limitatefino a tempi di emissione dell’ordine del nanosecondo, corrispondenti a T . 0, 03. Peravere accesso a tempi di iniezione piu rapidi, corrispondenti valori di T piu alti, e comeulteriore test dell’emissione (in media) di una singola carica per ciclo, si puo effettuareuno studio in frequenza. In particolare si esamina la prima armonica della corrente, cherisulta essere [22]

Iω =2 〈Q〉 f1− iωτ

,

dove f = 1/T = ω/2π. Quindi dal modulo e dalla fase di questa quantita e possibileestrarre la carica media trasferita 〈Q〉 e il tempo caratteristico di emissione τ .

In Figura 1.11 e riportata la misura di |Iω|, effettuata a f = 180 MHz, in funzionedi VG e per varie ampiezze di Vexc. Notiamo che e presente un cut-off, comune a tut-te le curve, per T . 0, 02, valore al di sotto del quale il tempo di emissione diventaconfrontabile con il periodo T del segnale Vexc(t). Per quanto riguarda le diverse curveche si presentano al variare dell’ampiezza di Vexc(t), dobbiamo tenere presente che ilpotenziale VG del QPC, oltre a regolare la trasmissione T , determina anche il potenzia-le di equilibrio del dot. Percio se, ad esempio, 2eVexc = ∆/4, ci saranno valori di VGper i quali l’ultimo livello occupato del dot assume una posizione rispetto all’energia diFermi tale che l’ampiezza del segnale non sia sufficiente a promuovere il livello sopra

18 CAPITOLO 1. SORGENTI DI SINGOLI ELETTRONI

(a) (b)

Figura 1.11: Misura del modulo della prima armonica della corrente. Figura tratta da [22].

εF ; questi sono i valori di VG corrispondenti ai minimi delle oscillazioni in Fig. 1.11.Quando, invece, l’ultimo livello del dot e molto vicino all’energia di Fermi, anche unabassa ampiezza di Vexc(t) e sufficiente per produrre l’emissione di una carica; per i valoridi VG corrispondenti a questa situazione si hanno i massimi.Le oscillazioni spariscono completamente a 2eVexc = ∆ e la corrente risulta quantizzata:|Iω| = 2ef . Anche questo aspetto si spiega con lo stesso ragionamento, perche in questocaso l’ultimo livello occupato del dot e sempre portato al di sopra dell’energia di Fermi.In effetti, facendo riferimento alla relazione (1.16), vediamo che un picco della densitadegli stati e sempre completamente integrato e questo produce il trasferimento di unacarica

〈Q〉 = 2VexcC = 2Vexce

2Vexc

∫dεN (ε)[f(ε−∆)− f(ε)] = e .

Infine la Figura 1.11(b), dove |Iω| e rappresentato con una scala di colori in funzionedi VG e Vexc, mostra quali sono le zone corrispondenti a un buon punto di lavoro deldispositivo: i diamanti bianchi corrispondono a |Iω| = 2ef e i loro contorni si sfumanoquando T si avvicina a 1 perche si perde la quantizzazione della carica nel dot. Il puntodi lavoro ottimale si ha per valori intorno a T = 0.2.

1.3.3 Prova dell’emissione di una singola carica: correlazioni dicorrente

Quanto esposto finora fa riferimento a misure di corrente media e quindi non puo essereusato come dimostrazione che una singola carica viene emessa ad ogni ciclo; in effetti unamisura media e totalmente insensibile ad eventi spuri: ad esempio la mancata emissionedi una carica in un periodo seguita dall’emissione di due cariche in un periodo successivorisultera in media equivalente all’emissione di una carica per periodo. Per risolvere laquestione e necessario andare a misurare le correlazioni di corrente

C(t, t′) ≡⟨I(t)I(t+ t′)

⟩(1.21)

1.3. CONDENSATORE MESOSCOPICO 19

che rappresentano la probabilita congiunta di rivelare un elettrone al tempo t e uno altempo t + t′. Sperimentalmente non si misura C(t, t′), ma una quantita collegata, cioela correlazione delle fluttuazioni di corrente, anche nota come rumore:

S(t, t′) ≡⟨δI(t)δI(t+ t′)

⟩, (1.22)

dove δI(t) ≡ I(t)− 〈I(t)〉.A differenza della situazione stazionaria in cui il rumore dipende solo dalla differenza deitempi t′, nel caso in esame questa quantita dipende anche da t a causa della periodicitadel segnale Vexc(t). Si definisce allora la trasformata di Fourier di S(t, t′) (spettro dirumore) operando una media temporale rispetto al tempo t:

S(ω) ≡ 2

T

∫ T

0dt

∫ +∞

−∞dt′⟨δI(t)δI(t+ t′)

⟩e−iωt

′ ≡ 2

∫ +∞

−∞dt′ 〈δI(t)δI(t+ t′)〉te−iωt′ .

(1.23)Esplicitando le fluttuazioni e considerando la definizione (1.21) si ottiene

S(ω) = 2

∫ +∞

−∞dt′[C(t, t′)

t − 〈I(t)〉 〈I(t+ t′)〉t]e−iωt

′. (1.24)

Nel caso in cui il dispositivo emetta esattamente un elettrone e una buca ad ogni periodo,e abbastanza agevole trovare un’espressione analitica per lo spettro di rumore. Infatti,per un dispositivo che emette una carica alla volta, se e stata rivelata una particella altempo t, cioe I(t) 6= 0, allora dopo un tempo molto breve t′ nessun’altra particella sararivelata, sicche C(t, t′) ∝ δ(t′). La costante di proporzionalita risulta [24],[19] e 〈I(t)〉.Pertanto, usando la (1.19), abbiamo

C(t, t′)t

= e〈I(t)〉tδ(t′) = eδ(t′) · 2

T

∫ T/2

0〈I(t)〉 = 2e2fδ(t′) tanh

(T

). (1.25)

Similmente per il secondo termine nella (1.24) si ha, per t′ > 0,

〈I(t)〉 〈I(t+ t′)〉t =e2

τ2(1 + e−T/2τ )2

2

T

∫ T/2

0e−t/τe−(t+t′)/τ dt =

=e2f

τe−t

′/τ 1− e−T/τ

(1 + e−T/2τ )2 =

=e2f

τe−t

′/τ tanh

(T

).

Per t′ < 0 occorre semplicemente cambiare il segno all’esponenziale e si ottiene unadipendenza del tipo et

′/τ , quindi complessivamente si ha

〈I(t)〉 〈I(t+ t′)〉t =e2f

τe−|t

′|/τ tanh

(T

). (1.26)

20 CAPITOLO 1. SORGENTI DI SINGOLI ELETTRONI

Sostituendo quindi (1.25) e (1.26) in (1.24) e calcolando le trasformate di Fourier siottiene:

S(ω) = tanh

(T

)[4e2f − 4e2f

1 + ω2τ2

]= tanh

( π

2ωτ

) ω2τ2

1 + ω2τ2. (1.27)

La misura sperimentale di S(ω) e riportata in Figura 1.12. Poiche lo spettro dirumore dipende da ω tramite il prodotto ωτ , e possibile verificare la previsione dell’E-quazione (1.27) tenendo fissa la frequenza e misurando il rumore in funzione di τ , cheviene fatto variare cambiando la trasmissione T del QPC mediante VG. In particolarela misura riportata in Figura 1.12 e stata effettuata con f ≈ 1 GHz. I dati sperimentalisono ben descritti dall’andamento teorico (curva rossa). Si nota anche che nel limiteP 1, cioe grande τ , ricordando la (1.20), si recupera l’andamento dello shot noiseS ∝ P (1− P )→ P (curva nera).

(a) (b)

Figura 1.12: Spettro di rumore del condensatore mesoscopico. In (a) sono riportate le misureeffettuate nel regime di emissione ottimale, che sono ben descritte dall’andamento dell’eq. (1.27).In (b) si nota che per i valori di VG corrispondenti al regime risonante il rumore presenta deipicchi, segnale del fatto che in questa configurazione il condensatore mesoscopico non e adattoper lavorare come emettitore di singoli elettroni. Immagini tratte da [24] per (a) e da [49] per(b).

Il buon accordo del modello con i dati sperimentali e la prova che il condensatoremesoscopico agisce veramente come emettitore coerente di singoli elettroni. Questo rendeil dispositivo adatto a ripetere gli esperimenti dell’ottica quantistica in un contesto nuovo,dove i fotoni sono sostituiti da pacchetti coerenti di elettroni. In particolare sono statieffettuati gli esperimenti di interferometria di Hanbury-Brown-Twiss [27] e di Hong-Ou-Mandel [28], che hanno dimostrato il comportamento detto anti-bunching dovutoalla statistica fermionica degli elettroni, in contrasto con quello di bunching dovuto allastatistica bosonica dei fotoni. Per una sintesi dei risultati sperimentali recentementeottenuti si rimanda alla Ref. [19].

1.4. INIEZIONE DI CARICHE MEDIANTE IMPULSI DI TENSIONE 21

Per completezza menzioniamo il fatto che quanto presentato si basa in ultima analisisu un modello semiclassico [24, 49, 52], che riproduce i dati sperimentali solo nel regime diemissione ottimale, in cui il punto di lavoro del dot si trova al centro dei diamanti di Fig.1.11. Nel regime di emissione risonante, invece, si misura un rumore in eccesso rispettoall’andamento (1.27), come evidenziato nella Figura 1.12(b), segno del fatto, anticipatonella discussione fatta in Sez. 1.3.1, che in queste condizioni di lavoro il dispositivo none un perfetto emettitore di singoli elettroni. Per ulteriori dettagli su questo aspetto sirimanda alla Ref. [49].

1.3.4 Riassunto

Quanto visto nelle Sezioni precedenti si puo sintetizzare nei seguenti punti.La quantizzazione della corrente media osservata in [22] dimostra che il condensatoremesoscopico emette in media singole cariche in maniera controllata nel tempo, ma nonconsente di affermare che l’emissione avvenga ad ogni semiperiodo del segnale applicatoal gate, perche insensibile a effetti spuri.La misura delle correlazioni di corrente tramite il rumore ad alta frequenza [24] e invece ingrado di dimostrare che effettivamente avviene l’emissione di una singola carica per ognisemiperiodo del segnale applicato al gate. In particolare quando viene applicata al gateun’onda quadra, si ha l’emissione di una carica il cui pacchetto d’onda e ben descritto daun esponenziale decrescente. Inoltre stabilisce che solo nel regime di emissione ottimalesono assenti eccitazioni spurie particella-buca.

1.4 Iniezione di cariche mediante impulsi di tensione

Un metodo sostanzialmente diverso di iniettare cariche in un conduttore quantisticosi basa sull’applicazione di impulsi periodici di tensione mediante un contatto ohmico.Descriviamo nel seguito molto brevemente i punti salienti di questo approccio alternativo.Non ci soffermiamo su questo metodo perche la tesi sviluppera una trattazione relativaal condensatore mesoscopico.

Consideriamo una configurazione come quella mostrata in Figura 1.13 in cui impulsidi tensione periodici, rappresentati dal segnale V (t), vengono applicati ad un contattoconnesso con un gas di elettroni bidimensionale. Mediante un QPC, caratterizzato dalpotenziale negativo VG, viene creato nel gas un canale unidimensionale in cui la propa-gazione degli elettroni e balistica. Il QPC svolge l’ulteriore compito di “partizionare” leeccitazioni create dal segnale V (t), producendo un rumore elettrico dalla cui misura epossibile risalire al numero delle eccitazioni prodotte, come spiegato in seguito.

In una serie di articoli teorici [26, 53, 54] Levitov e collaboratori hanno dimostratoche quando l’impulso di tensione V (t) 4 rispetta la condizione∫ +∞

−∞V (t) dt =

nh

e, (1.28)

4Da qui in poi, con un leggero abuso di notazione, V (t) indichera il singolo impulso di tensione,piuttosto che il segnale periodico costituito da una successione di impulsi ad intervalli regolari.

22 CAPITOLO 1. SORGENTI DI SINGOLI ELETTRONI

Figura 1.13: Schema della configurazione sperimentale: un impulso di tensione V (t) ap-plicato ad un contatto connesso con un gas di elettroni bidimensionale genera eccitazioniche si propagano lungo un canale unidimensionale balistico e vengono partizionate daun QPC; a seguito di questa partizione si produce un rumore elettrico dalla cui misurae possibile risalire al numero di eccitazioni prodotte da V (t). Figura tratta da [25].

dove n e un intero, esattamente n cariche vengono iniettate nel conduttore (il caso n > 0corrisponde all’iniezione di n elettroni, mentre il caso di n < 0 corrisponde all’iniezionedi |n| buche). Tuttavia l’iniezione di n cariche non garantisce che le effettive eccitazionidel mare di Fermi siano esattamente n: in effetti, per un generica forma di V (t), benchela carica trasferita sia complessivamente −ne, le eccitazioni che ne accompagnano il tra-sferimento possono essere una complicata sovrapposizione di Ne > 0 elettroni e Nh > 0buche, tali che Ne −Nh = n. Nel seguito ci concentriamo sul caso n > 0.La descrizione teorica del sistema avviene usando la gia citata teoria di Floquet e ilphoton-assisted shot noise. Infatti il numero di eccitazioni prodotte da V (t) si puo colle-gare al rumore misurato dopo che queste attraversano il QPC, descritto da un coefficientedi trasmissione T . Riportiamo i punti essenziali di come questo avviene, rimandando a[55] per maggiori informazioni.

• Un elettrone emesso dal serbatotio, a causa del potenziale V (t), acquista una fasee−iφ(t), dove

φ(t) =2πe

h

∫ t

−∞V (t′) dt′ ,

la cui serie di Fourier

e−iφ(t) =+∞∑`=−∞

p`e−i2π`νt

fornisce la probabilita P` = |p`|2 di assorbire o emettere ` fotoni. Nella serieprecedente ν = 1/T e la frequenza con cui vengono applicati gli impulsi di tensione.

1.4. INIEZIONE DI CARICHE MEDIANTE IMPULSI DI TENSIONE 23

Dunque, a causa di V (t), un elettrone con energia ε entrera nel sistema comesovrapposizione di stati con energie ε+ `hν, come visualizzato in Figura 1.14.

• Il photon-assisted shot noise a temperatura nulla puo essere calcolato e risulta [55]

S = S0

+∞∑`=−∞

|`|P` ,

dove S0 = 2e2

h T (1 − T )hν e il rumore che si avrebbe con una tensione conti-nua Vdc = hν/e. Si dimostra che la somma a secondo membro della precedenteequazione e direttamente legata al numero di eccitazioni create, per cui si ha

S = S0(Ne +Nh) ≥ S0n .

• Se consideriamo ora la situazione in cui e applicata solo una tensione continua,abbiamo lo shot noise Sdc = S0n. Quindi, la differenza di rumore tra la situazionein cui e presente solo la tensione continua e quella in cui e presente anche l’eccita-zione V (t), data da ∆S = S − Sdc ≡ S0∆Neh, misura direttamente il numero dieccitazioni in eccesso (rispetto al caso di eccitazioni minimali in cui Ne = n), dateda ∆Neh = Ne+Nh−n = 2Nh. Allora, quando il rumore in eccesso ∆S si annulla,significa che l’effetto di V (t) produce l’emissione di n elettroni e di nessuna buca.

Figura 1.14: Gli elettroni, emessi dal serbatoio in una sovrapposizione di stati di diversa energia,sono diffusi dal QPC. La diffusione produce il photon-assisted shot noise che misura il numerodi eccitazioni che vengono create da V (t). Figura tratta da [55].

In generale si dimostra [55] che ∆S presenta dei minimi locali quando la carica trasferitae intera (cioe quando V (t) rispetta la condizione (1.28)) indipendentemente dalla formadell’impulso, ma tali minimi non sono zeri. Il risultato fondamentale di [26, 53, 54] estato quello di dimostrare che l’impulso di tensione che minimizza le eccitazioni e producequindi n elettroni e nessuna buca (Ne = n,Nh = 0) ha un profilo lorentziano del tipo

V (t) =h

πe

W

W 2 + t2,

24 CAPITOLO 1. SORGENTI DI SINGOLI ELETTRONI

in cui il parametro W ne descrive la durata temporale. Per un impulso di questo tiposi ha ∆S = 0 ogni volta che la carica trasferita e intera. Usando quindi un impulsolorentziano tale che n = 1 e possibile controllare nel tempo l’emissione di un singoloelettrone, senza nessuna eccitazione particella-buca, come schematizzato in Figura 1.15.

Figura 1.15: Quando V (t) ha un profilo lorentziano si ha l’emissione di un singolo elettronesopra il mare di Fermi. Il profilo della funzione d’onda ricalca quello del segnale V (t), quindi elorentziano; di conseguenza il profilo in energia e esponenziale. Figura tratta da [25].

Quanto descritto e stato misurato sperimentalmente per la prima volta nel 2013da Dubois et al. [25], che hanno coniato il termine “levitoni” per designare le quasi-particelle generate da impulsi lorentziani. La Figura 1.16 riporta la misura dell’eccessodi rumore ∆S e mostra chiaramente che c’e una gerarchia: il segnale lorentziano e quelloche produce il rumore minimo, mentre una sinusoide e un’onda quadra producono unrumore maggiore. Il fatto che nei dati sperimentali ∆S non si annulla quando la caricatrasferita e unitaria (n = 1) e attribuibile interamente al contributo termico al rumore,evidenziato dalla linea tratteggiata.

1.4. INIEZIONE DI CARICHE MEDIANTE IMPULSI DI TENSIONE 25

Figura 1.16: Numero di eccitazioni in eccesso in funzione della carica ne trasferita per ogniimpulso. I punti rappresentano i valori misurati, mentre le curve sono le previsioni teoriche chetengono conto anche degli effetti di temperatura finita. La linea orizzontale tratteggiata indica,per n = 1, il contributo termico al rumore per un impulso lorentziano. Si nota che il rumoremisurato per un impulso lorentziano e completamente attribuibile al contributo termico; per glialtri impulsi il contributo termico non e sufficiente a spiegare il rumore misurato, segno che sonostate prodotte eccitazioni spurie del tipo paticella-buca. Figura tratta da [25].

CAPITOLO 2Liquidi di Luttinger

Questo Capitolo e dedicato alla presentazione del modello di Tomonaga-Luttinger [16,17] che descrive un gas di fermioni interagenti in una dimensione e alla tecnica dellabosonizzazione [56, 57], che ne permette la risoluzione esatta. Tale tecnica consistenel sostituire gli operatori fermionici con nuovi operatori che soddisfano le regole dicommutazione bosoniche. Questo permette di diagonalizzare il modello anche in presenzadi interazioni, descrivendo cosı un sistema fermionico interagente con un sistema bosoniconon interagente.

Il Capitolo e organizzato come segue. Nella Sezione 2.1 viene presentata un’intro-duzione ai sistemi unidimensionali, illustrando brevemente perche si renda necessarioutilizzare la teoria dei liquidi di Luttinger per descriverli; si presentano inoltre alcunerealizzazioni sperimentali particolarmente significative di sistemi 1D. Nella Sezione 2.2si introduce la descrizione teorica di un sistema fisico 1D nel regime di dispersione li-neare, in assenza di interazione e vengono definiti gli operatori fermionici di interesse;nella Sezione 2.3 si presenta la tecnica della bosonizzazione; infine nella Sezione 2.4 siintroduce l’interazione elettronica e si descrive il modello di Luttinger. D’ora in avantinella tesi si pone ~ = 1.

2.1 Introduzione ai sistemi unidimensionali

2.1.1 Inadeguatezza della teoria dei liquidi di Fermi

La teoria di Landau dei liquidi di Fermi [13, 14], che descrive correttamente il com-portamento di un gas di elettroni interagenti in due e tre dimensioni, fallisce quandosi considerano sistemi confinati in una dimensione. La ragione di questo fatto e che,come vedremo, in un sistema unidimensionale le eccitazioni di bassa energia sono esclu-sivamente collettive e di tipo particella-buca. La teoria dei liquidi di Fermi ha avutomolto successo ed e stata in grado di spiegare per quale motivo le proprieta di sistemifisici nei quali l’interazione gioca un ruolo importante siano descritti piuttosto bene da

27

28 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

modelli elettronici non interagenti (ad esempio gli elettroni di conduzione in un metallosi possono descrivere come se fossero un gas di Fermi non interagente). In effetti il ri-sultato principale della teoria di Landau e costituito dall’affermazione che le proprietadi un gas di elettroni interagente sono qualitativamente simili a quelle di un gas libero,dove alcuni parametri (come ad esempio la massa delle particelle che costituiscono ilgas) risultano rinormalizzati dall’interazione. In particolare la funzione di Fermi, che dala distribuzione degli impulsi delle particelle, risulta modificata solo quantitativamente,ma mantiene il salto per k = kF a T = 0.

Cercheremo ora di esaminare i punti concettuali essenziali della teoria di Landau,dando una spiegazione del perche fallisce quando si cerca di applicarla ai sistemi uni-dimensionali. Le motivazioni qui fornite sono per lo piu qualitative, dal momento cheuna trattazione esaustiva, per la quale si rimanda alla letteratura [58–60], richiederebbeun’analisi molto piu dettagliata, che esula dallo scopo di questa tesi. L’idea alla basedella teoria di Landau e che uno stato eccitato di un gas interagente si possa descrive-re come il risultato di un’accensione adiabatica dell’interazione a partire da uno statoeccitato del gas non interagente. In questo modo si viene a creare una corrispondenzauno a uno tra gli stati eccitati del sistema prima e dopo l’accensione dell’interazione.In particolare si assume che i numeri quantici del sistema non interagente (cioe l’in-sieme dei numeri di occupazione, ovvero la distribuzione degli impulsi) continuino adessere approssimativamente dei buoni numeri quantici (questo, intuitivamente, significache i numeri di occupazione cambiano molto lentamente, anche quando l’interazione eintensa). Le eccitazioni di bassa energia del sistema saranno allora descritte da quasipar-ticelle, che differiscono dalle particelle reali del gas non interagente a causa degli effettidell’interazione (ad esempio hanno una massa diversa).

Chiaramente la descrizione del sistema interagente in termini di quasiparticelle eefficace se la loro vita media e grande; piu precisamente se l’indeterminazione della loroenergia e piccola rispetto all’energia di eccitazione ad esse associata. Questo e veroin due e tre dimensioni, mentre non vale in una dimensione. Se ε indica l’energia diuna quasiparticella, denotiamo con ξ la sua energia rispetto al livello di Fermi, cioeξ = ε− εF . Per avere una stima della vita media consideriamo il processo schematizzato

Figura 2.1: Rappresentazione del processo in cui una quasiparticella che si trova inizialmentead energia ξ rispetto al livello di Fermi decade cedendo un’energia ω, che viene assorbita percreare una coppia particella-buca (la buca e rappresentata in rosso, mentre i livelli occupati aldi sotto dell’energia di Fermi sono rappresentati in grigio). Figura adattata da [61].

2.1. INTRODUZIONE AI SISTEMI UNIDIMENSIONALI 29

in Figura 2.1, in cui una quasiparticella con energia ε = ξ + εF , con ξ εF , decade inuna quasiparticella con energia ξ − ω + εF ; l’energia ceduta ω > 0 viene utilizzata percreare una coppia particella-buca. A T = 0 questo processo e sottoposto a vincoli moltoforti a causa del principio di esclusione di Pauli. Infatti si deve avere ω < ξ, in quantola quasiparticella iniziale non puo decadere in uno stato occupato; inoltre per crearel’eccitazione particella-buca, l’energia deve essere assorbita da uno stato con energiacompresa tra εF − ω ed εF . Di conseguenza vediamo che lo spazio delle fasi disponibilerisulta proporzionale a∫ ξ

0DFω dω

∫ ω

0DFdε′

∫ +∞

−∞δ(ε− ω − ε′ + ε′′)DF dε′′ ∝ ξ2 , (2.1)

dove DF indica la densita degli stati in prossimita del livello di Fermi. Allora, dallaregola d’oro di Fermi abbiamo che il rate di decadimento Γ e proporzionale a ξ2/εF [60].Cio implica Γ ξ (ricordiamo che siamo nel regime ε ≈ εF , da cui ξ εF ) e quindil’energia della quasiparticella e ben definita.

Per vedere dove questa argomentazione fallisce in 1D si puo dimostrare [61] che, apartire dalla regola d’oro di Fermi, il rate del processo descritto in precedenza si puoscrivere nella forma seguente

Γ =1

τ∝∫ ξ

0DFω dω

∫ 2kF

ω/vF

qd−1

q2|V |2 dq , (2.2)

dove |V |2 e l’elemento di matrice del processo di scattering, d e la dimensionalita delsistema e q indica l’impulso trasferito. Supponendo costante l’elemento di matrice esfruttando il fatto che ω εF , per d = 3 si ritrova Γ ∝ ξ2/εF . Nel caso d = 1, invece, siottiene, sempre con la stessa approssimazione, Γ ∝ ξ: vediamo quindi che non puo essererispettata la condizione Γ ξ e questo implica che le quasiparticelle in 1D non hannoenergia ben definita, il che rende lo stesso concetto di quasiparticella inapplicabile.

2.1.2 Tipologie e realizzazioni di sistemi 1D

In natura non esistono sistemi veramente unidimensionali. Tuttavia ci sono diversi siste-mi fisici che sono ben descritti da modelli 1D. Il requisito essenziale perche un sistemapossa essere considerato unidimensionale e che gli stati non interagenti di singola par-ticella siano caratterizzati da un solo grado di liberta traslazionale (a cui si aggiunge,quando lo si considera, lo spin). Lo spettro energetico di un tale sistema e quindi de-scritto da bande di energia della forma ε = εn(k), dove k indica l’impulso degli elettroninella direzione del moto e n identifica le diverse sottobande. Gli stati che contribuisconoalla conduzione sono quelli che si trovano in prossimita dell’energia di Fermi; pertanto,quando la retta ε = εF , corrispondente al valore dell’energia di Fermi, interseca una solabanda, avremo due canali di conduzione, che si differenziano in base al segno della ve-locita di gruppo, cioe alla direzione di propagazione degli elettroni. Dunque un sistemastrettamente unidimensionale e costituito da una coppia di canali contropropaganti; se

30 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

Figura 2.2: Rappresentazione di due bande energetiche di un sistema unidimensionale. Leregioni evidenziate corrispondono agli stati attorno all’energia di Fermi, che sono gli unici rilevantiai fini delle proprieta di trasporto: in blu gli stati con velocita di gruppo positiva, in rosso quellicon velocita negativa.

si considera anche lo spin il numero di canali raddoppia, perche ci saranno due possibilipolarizzazioni per ogni direzione di propagazione.

Dal punto di vista sperimentale, la realizzazione di sistemi 1D puo avvalersi di diversestrategie: esistono sistemi la cui natura e intrinsecamente unidimensionale, nel senso che,proprio per la struttura del sistema o a causa di forti anisotropie, la conduzione avvienesostanzialmente lungo un’unica direzione privilegiata; un esempio in questo senso e datodai nanotubi di carbonio [3]. Altri sistemi vengono invece realizzati a partire da 2DEGconfinandone una porzione mediante elettrodi caricati negativamente, oppure isolandonefisicamente una parte con processi di taglio (etching). Una possibilita completamentediversa e quella di sfruttare sistemi bidimensionali che, in particolari condizioni, risultanoisolanti al loro interno e conduttori sui bordi: questi sono i sistemi Hall e gli isolantitopologici [62, 63].

Lo studio dei sistemi Hall e nato con la scoperta dell’effetto Hall quantistico intero,avvenuta nel 1980 [6], che valse a von Klitzing il Premio Nobel. Sperimentalmente siosserva che in un gas di elettroni bidimensionale, sottoposto ad un intenso campo ma-gnetico perpendicolare ad esso, la resistenza trasversale esibisce un andamento a gradini,in corrispondenza dei quali la resistenza longitudinale si annulla (si veda la Figura 2.3).La quantizzazione della resistenza Hall risulta indipendente dal campione ed estrema-mente precisa, tanto che le misure di effetto Hall costituiscono lo standard di resistenzain metrologia. La spiegazione teorica di queste osservazioni, che si basa su una teoriaquantistica di elettroni non interagenti in presenza di campo magnetico (livelli di Lan-dau [64]), conduce alla conclusione che nel regime dell’effetto Hall intero la conduzioneavviene soltanto sui bordi della barra, sui quali si creano dei canali unidimensionali, ilcui numero dipende da un parametro detto fattore di riempimento. Gli stati conduttivi

2.1. INTRODUZIONE AI SISTEMI UNIDIMENSIONALI 31

prendono il nome di stati di bordo, in contrapposizione agli stati di bulk che si trovanoall’interno della barra e sono invece isolanti.

Figura 2.3: Esempio di misura di effetto Hall quantistico. Si nota la quantizzazione dellaresistenza trasversale in sottomultipli interi del quanto di resistenza h/e2. In corrispondenza deiplateaux la resistenza longitudinale si annulla. Figura tratta da [65].

I sistemi Hall costituiscono il primo esempio noto di isolanti topologicamente nonbanali. L’aggettivo topologico, mutuato dal linguaggio della matematica, sta ad indicareil fatto che un certo numero di osservabili del sistema sono stabili rispetto ad un certotipo di variazioni (come ad esempio la modifica della geometria del campione). 1 Sidice che i sistemi per cui tali osservabili assumono lo stesso valore appartengono allastessa classe topologica. I sistemi Hall appartengono ad una classe topologica nellaquale l’invarianza per inversione temporale e esplicitamente rotta a causa della presenzadel campo magnetico esterno applicato al 2DEG.

A partire dal lavoro di Haldane [66] si e cercato di investigare sistemi topologici chefossero invarianti per inversione temporale. Questo percorso ha portato alla teorizzazionedel Quantum Spin Hall Effect (QSHE) [67–69] e degli isolanti topologici bidimensionali[7]. La caratteristica fondamentale degli isolanti topologici e l’esistenza di stati di bordoelicoidali, in cui elettroni con spin opposto hanno direzioni di propagazione opposte.Questi canali sono quindi diversi dagli stati di bordo dell’effetto Hall, che sono invecedi tipo chirale, ovvero caratterizzati dal fatto che, su ciascun bordo della barra Hall, lapropagazione avviene in una sola direzione, che e fissata dal verso del campo magneticoesterno applicato. Il legame tra direzione di propagazione e polarizzazione dello spin enoto come spin-momentum locking ed e alla base della nozione di liquido elicoidale [8].

Il punto di svolta che ha portato all’osservazione sperimentale degli isolanti topologicie stata la proposta di Bernevig, Hughes e Zhang che hanno previsto la presenza di stati dibordo elicoidali in eterostrutture HgTe/CdTe, quando lo spessore d dello strato centrale

1Per maggiori dettagli su cosa si intenda con variazioni si rimanda alla Ref. [62].

32 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

(a) (b)

Figura 2.4: Pannello (a). Schema dell’eterostruttura proposta nel modello BHZ. Pannello (b).Spettro della Hamiltoniana del modello BHZ nel regime topologico d > dc: nel gap tra banda divalenza e di conduzione compaiono stati elicoidali con dispersione lineare. Figura tratta da [63]per (a) e [62] per (b).

di HgTe e maggiore dello spessore critico dc = 6.3 nm (si veda la Figura 2.4). Successiveproposte teoriche [70] hanno portato all’osservazione di stati di bordo elicoidali anchein eterostrutture InAs/GaSb/AlSb [71, 72], nelle quali e stato recentemente osservatoun liquido elicoidale [73] le cui proprieta sono ben descritte dal modello interagente diLuttinger, che sara presentato nel prosieguo del Capitolo.

Figura 2.5: Schema di un filo quantico. Il vettore ηso e un campo efficace che descrive l’ac-coppiamento spin-orbita, mentre il vettore B rappresenta il campo magnetico esterno. Figuratratta da [74].

Esiste la possibilita di realizzare liquidi elicoidali in fili quantici con una forte inte-razione spin-orbita. In particolare consideriamo la banda piu bassa di un filo 1D estesolungo la direzione x, con interazione spin-orbita della forma σzk (dove σ indica le ma-trici di Pauli e k e l’impulso lungo x in unita di ~) e accoppiato ad un campo magneticoesterno B parallelo ad x (vedasi Fig. 2.5). Scegliamo di considerare come asse di quan-tizzazione dello spin l’asse z. Quindi nel seguito spin up e down indicano spin parallelo eantiparallelo a z. A partire dalla condizione libera, in cui le bande relative agli elettronicon polarizzazione opposta sono degeneri, l’effetto del campo magnetico esterno produce

2.2. SISTEMA FISICO NEL REGIME DI DISPERSIONE LINEARE 33

lo splitting della degenerazione (effetto Zeeman). L’ulteriore azione dell’accoppiamentospin-orbita nel filo produce l’apertura di un gap energetico a k = 0 ed e tale che le nuovebande non siano piu a spin definito. Tuttavia per k sufficientemente distante da k = 0 ilcontributo del termine spin-orbita e dominante (in quanto tale termine e proporzionalea k, mentre l’interazione con il campo magnetico esterno e indipendente dall’impulso) equindi gli elettroni tornano ad essere polarizzati nella direzione z. Osservando la bandainferiore della Figura 2.6 vediamo che i canali left e right hanno polarizzazione opposta,quindi il sistema si comporta come un liquido elicoidale.

(a) (b)

Figura 2.6: Rappresentazione delle bande energetiche in un filo 1D; in blu (rosso) e rappresentatala banda relativa agli elettroni con spin up (down). In (a), in assenza di interazione, le bandesono degeneri. In (b), a causa del campo magnetico esterno e dell’interazione spin-orbita, siapre un gap e le bande assumono una configurazione molto particolare; di conseguenza il sistemapresenta due canali in cui gli elettroni con spin opposto sono contropropaganti.

2.2 Sistema fisico nel regime di dispersione lineare

Consideriamo un gas di elettroni confinato in un reticolo unidimensionale, per il mo-mento in assenza di interazione elettronica; siano L la lunghezza del sistema e a il passoreticolare. Imponendo condizioni periodiche al contorno, l’impulso degli elettroni risultaquantizzato secondo la relazione

k =2π

Ln, n ∈ Z . (2.3)

Inoltre i k indipendenti sono quelli che si trovano all’interno della prima zona di Brillouin,che nel nostro caso e data da k ∈ [−π/a, π/a]. Il modello di Luttinger parte dal limitecontinuo del sistema appena descritto, ovvero a → 0 e quindi k ∈ (−∞,+∞). Diconseguenza introduciamo gli operatori di campo fermionici nel formalismo della seconda

34 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

quantizzazione:

Ψσ(x) =1√L

+∞∑k=−∞

Ck,σeikx , (2.4a)

Ψ†σ(x) =1√L

+∞∑k=−∞

C†k,σe−ikx . (2.4b)

L’operatore C†k,σ (Ck,σ) crea (distrugge) un elettrone con impulso k e spin σ. In assenzadi interazione la Hamiltoniana del sistema in seconda quantizzazione ha la forma [64]

H0 =∑k,σ

ε(k)C†k,σCk,σ =∑σ

∫ L/2

−L/2dx Ψ†σ(x)ε(−i∂x)Ψσ(x) , (2.5)

dove ε(k) e la relazione di dispersione, che viene solitamente assunta parabolica 2

ε(k) =k2

2m, (2.6)

essendom la massa efficace dell’elettrone nel sistema in esame. Gli impulsi corrispondentiagli stati occupati sono determinati dall’energia di Fermi εF del sistema (o equivalente-mente dall’impulso di Fermi kF ): a temperatura nulla, tutti gli stati con |k| ≤ kF sonooccupati e tutti quelli con |k| > kF sono vuoti. Se siamo interessati alle eccitazioni dibassa energia attorno al livello di Fermi possiamo pensare di semplificare la relazione didispersione, linearizzandola attorno al livello di Fermi. Questo porta all’introduzione didue branche, una per gli elettroni con velocita di gruppo positiva, detta branca dei rightmovers, o semplicemente branca right, e una per gli elettroni con velocita di grupponegativa, detta branca left (si veda la Figura 2.7):

εR(x) = εF + vF (k − kF ) per k > 0 ,

εL(x) = εF − vF (k + kF ) per k < 0 ,(2.7)

dove vF e la velocita di Fermi, definita da

vF ≡∂ε

∂k

∣∣∣∣k=kF

. (2.8)

Con questa approssimazione la Hamiltoniana (2.5) diventa

H0 = vF∑σ

∑k>0

kC†k,σCk,σ − vF∑σ

∑k<0

kC†k,σCk,σ . (2.9)

2Nei modelli reticolari di tight binding (come ad esempio il modello di Hubbard) la relazione didispersione e del tipo ε(k) = − cos(ka); se ci poniamo intorno al minimo abbiamo una dispersioneparabolica, tuttavia si deve sempre tenere presente che tale descrizione e valida a basse energie.

2.2. SISTEMA FISICO NEL REGIME DI DISPERSIONE LINEARE 35

Figura 2.7: Linearizzazione della relazione di dispersione attorno all’energia di Fermi e introdu-zione delle branche right (in blu) e left (in rosso). La parte tratteggiata evidenzia l’aggiunta distati non fisici in seguito all’estensione delle branche ad ogni valore di k, fatto che sara necessarioper la bosonizzazione della teoria.

Riscriviamo ora il campo fermionico (2.4a) nel modo seguente:

Ψσ(x) =1√L

[∑k>0

Ck,σeikx +

∑k<0

Ck,σeikx

]=

=1√L

∑k>−kF

Ck+kF ,σei(k+kF )x +

∑k<kF

Ck−kF ,σei(k−kF )x

=

= eikF x

1√L

∑k>−kF

Ck+kF ,σeikx

+ e−ikF x

1√L

∑k>−kF

C−k−kF ,σe−ikx

(2.10)

Osserviamo che, per k > −kF , gli operatori Ck+kF e C−k−kF distruggono rispettivamenteelettroni right e left e quindi possiamo pensarli come gli operatori di distruzione di duespecie di elettroni distinte. Inoltre, ricordando che siamo interessati alle eccitazioni dibassa energia rispetto ad εF , e chiaro che gli stati con impulsi k kF non entrano ingioco e quindi non possono influenzare il comportamento fisico del sistema. Possiamoquindi estendere l’intervallo di definizione dell’impulso k anche a valori k < −kF ; inparticolare definiamo gli operatori di distruzione e di creazione right e left

ck,R,σ ≡ Ck−kF ,σ , (2.11a)

ck,L,σ ≡ C−k−kF ,σ , (2.11b)

36 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

che soddisfano le regole di anticommutazione canonicheck,r,σ, ck′,r′,σ′

=c†k,r,σ, c

†k′,r′,σ′

= 0 , (2.12a)

ck,r,σ, c†k′,r′,σ′

= δk,k′δr,r′δσ,σ′ . (2.12b)

I corrispondenti operatori di campo sono

ψR,σ(x) =1√L

+∞∑k=−∞

ck,R,σeikx , (2.13a)

ψL,σ(x) =1√L

+∞∑k=−∞

ck,L,σe−ikx , (2.13b)

e possono essere scritti in forma compatta come

ψr,σ(x) =1√L

+∞∑k=−∞

ck,r,σeirkx , (2.14)

dove si deve intendere r = R = +1 per gli elettroni right ed r = L = −1 per gli elettronileft. Tali campi soddisfano, per x ∈ [−L/2, L/2],

ψr,σ(x), ψr′,σ′(x′) = ψ†r,σ(x), ψ†r′,σ′(x

′) = 0 , (2.15a)

ψr,σ(x), ψ†r′,σ′(x′) = δr,r′δσ,σ′δ(x− x′) . (2.15b)

Notiamo che, in base alle definizioni date e alla riscrittura del campo fermionico di Eq.(2.10), abbiamo

Ψσ(x) ≈ eikF xψR,σ(x) + e−ikF xψL,σ(x) =∑r

eirkF xψr,σ(x) , (2.16)

dove il simbolo ≈ sta ad indicare che la precedente uguaglianza e valida nel limite diestensione delle bande a k ∈ (−∞,+∞).

L’estensione dell’impulso a tutti i possibili valori k ∈ (−∞,+∞) comporta l’intro-duzione di un’infinita di stati non fisici, che corrispondono alla parte tratteggiata dellebranche in Figura 2.7, cosicche lo stato fondamentale della teoria, detto equivalentemen-te mare di Dirac o mare di Fermi, e costituito da un numero infinito di stati di singolaparticella occupati. Questo richiede in alcuni casi di adottare opportune procedure diregolarizzazione; un esempio immediato e dato dal fatto che l’operatore Hamiltoniano

H0 = vF∑r,σ

+∞∑k=−∞

kc†k,r,σ ck,r,σ

e divergente proprio a causa dell’introduzione degli stati non fisici. Per eliminare questoproblema e necessario introdurre la nozione di ordinamento normale di un operatore:

2.3. LA TECNICA DELLA BOSONIZZAZIONE 37

dato un generico operatore O, funzione degli operatori di creazione e di distruzione,definiamo il suo ordinamento normale : O : come l’operatore ottenuto da O spostando adestra tutti gli operatori che distruggono il vuoto (o stato fondamentale) |0〉0, definitodalle proprieta seguenti:

ck,r,σ |0〉0 = 0 ∀r, σ e per k > 0 ; (2.17a)

c†k,r,σ |0〉0 = 0 ∀r, σ e per k ≤ 0 . (2.17b)

Lo stato fondamentale e quindi quello in cui sono occupati tutti e soli i livelli di sin-gola particella con energia minore di εF . Definiamo quindi la Hamiltoniana mediantel’ordinamento normale:

H0 ≡ vF∑r,σ

+∞∑k=−∞

k : c†k,r,σ ck,r,σ := vF∑r,σ

∫ L/2

−L/2dx : ψ†r,σ(x)(−ir∂x)ψr,σ(x) : . (2.18)

Introduciamo anche l’operatore

Nr,σ ≡+∞∑

k=−∞: c†k,r,σ ck,r,σ :=

+∞∑k=−∞

[c†k,r,σ ck,r,σ −

⟨c†k,r,σ ck,r,σ

⟩0

](2.19)

che e l’operatore che conta il numero di particelle con spin σ e sulla branca r rispetto allostato fondamentale. L’espressione data nel membro di destra della precedente equazionediscende dal fatto che, nel caso in cui un operatore sia costituito dal prodotto di duesoli operatori di creazione e/o di distruzione, l’operazione di ordinamento normale eequivalente alla sottrazione del valore medio sul vuoto [57].

2.3 La tecnica della bosonizzazione

In questa Sezione, seguendo l’approccio presentato in [56], si mostra che esiste unarappresentazione bosonica del sistema descritto nella Sezione precedente. Per maggioregeneralita le diverse specie fermioniche (ad es. right-up, left-down, ecc. . . ) sarannodenotate con un indice collettivo ν, che puo assumere M diversi valori.

2.3.1 Riorganizzazione dello spazio di Fock

Detto Nν l’operatore che conta il numero di fermioni di tipo ν, cioe

Nν =

+∞∑k=−∞

: c†k,ν ck,ν : , (2.20)

l’insieme degli stati con la stessa M -upla di autovalori N = (N1, . . . , NM ) ∈ ZM e dettospazio di Hilbert a N particelle (HN ) ed il suo generico elemento e indicato con |N〉.

38 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

Operatori bosonici

All’interno di ciascun HN lo stato fondamentale |N〉0 e definito come quello privo dieccitazioni. Siccome tutti gli stati in HN hanno lo stesso numero di particelle, gli statieccitati possono essere pensati come sovrapposizioni di eccitazioni particella-buca createa partire da |N〉0. A tale proposito consideriamo gli operatori

bq,ν =1√nq

+∞∑k=−∞

c†k−q,ν ck,ν , (2.21a)

b†q,ν =1√nq

+∞∑k=−∞

c†k+q,ν ck,ν , (2.21b)

dove

q =2π

Lnq , nq ∈ N \ 0 . (2.22)

Per ogni stato |N〉, lo stato b†q,ν |N〉 consiste nella sovrapposizione di tutte le eccitazioniparticella-buca relative ad |N〉0 che hanno un impulso q. Pertanto

bq,ν |N〉0 = 0 . (2.23)

Come mostrato sotto, gli operatori (2.21) rispettano le regole di commutazioni bosoniche

[bq,ν , bq′,ν′

]=[b†q,ν , b

†q′,ν′

]= 0 , (2.24a)[

bq,ν , b†q′,ν′

]= δν,ν′δq,q′ . (2.24b)

Abbiamo infatti[bq,ν , bq′,ν′

]=

1√nqnq′

∑k,k′

[c†k−q,ν ck,ν , c

†k′−q′,ν′ ck′,ν′

]=

=1

√nqnq′

∑k,k′

(c†k−q,ν

[ck,ν , c

†k′−q′,ν′ ck′,ν′

]+[c†k−q,ν ck,ν , ck′,ν′

]ck,ν

)=

=1

√nqnq′

δν,ν′∑k

(c†k−q,ν ck+q′,ν − c†k−q−q′,ν ck,ν

)= 0 ,

dove nel passaggio dalla seconda alla terza riga si sono usate l’identita [A, BC] =A, BC − BA, C e le regole di anticommutazione (2.12). In modo del tutto ana-logo si trova che il commutatore dei b† e nullo. Resta da verificare la (2.24b); dopopassaggi analoghi ai precedenti troviamo[

bq,ν , b†q′,ν′

]=

1√nqnq′

δν,ν′∑k

(c†k+q−q′,ν ck,ν − c

†k+q,ν ck+q′,ν

).

2.3. LA TECNICA DELLA BOSONIZZAZIONE 39

Se q 6= q′, possiamo fare nella seconda somma il cambio di variabile k → k−q′ ottenendozero. Quando invece q = q′ non e lecito questo passaggio perche le due sommatorie sonodivergenti a causa della presenza degli stati non fisici e quindi si avrebbe la sottrazionedi due quantita infinite. Introducendo invece i prodotti normalmente ordinati abbiamo:

[bq,ν , b

†q′,ν′

]=δν,ν′δq,q′

nq

∑k

[: c†k,ν ck,ν : − : c†k+q,ν ck+q,ν : +

⟨c†k,ν ck,ν

⟩0−⟨c†k+q,ν ck+q,ν

⟩0

]=

= δν,ν′δq,q′1

nq

(0∑

nk=−∞−

−nq∑nk=−∞

)= δν,ν′δq,q′ .

Infine dalla definizione degli operatori bosonici si ricava facilmente[bq,ν , Nν′

]=[b†q,ν , Nν′

]= 0 . (2.25)

A conclusione di questo paragrafo rimarchiamo che l’introduzione degli operatori bosoni-ci (2.24) poggia in modo essenziale sul fatto che la relazione di dispersione sia illimitata;in quest’ottica l’estensione delle branche a k ∈ (−∞,+∞) non e una pura manipo-lazione algebrica, ma un requisito essenziale affinche la teoria fermionica possa esserebosonizzata.

Completezza degli stati nella rappresentazione bosonica

Abbiamo visto finora che, a partire da |N〉0 e possibile costruire, mediante gli operatori

b†, stati che contengono eccitazioni particella buca. Tuttavia, mentre e chiaro (quasi perdefinizione) che ogni |N〉 ∈ HN si puo ottenere a partire da |N〉0 con una combinazioneopportuna degli operatori fermionici c e c†, non e per niente ovvio che lo stesso valgautilizzando gli operatori b†. Questo risultato costituisce la tesi del teorema di completezzadi Haldane [15]:

∀ |N〉 ∈ HN ∃f(b†) , |N〉 = f(b†) |N〉0 . (2.26)

La precedente affermazione garantisce che la rappresentazione bosonica e una rappre-sentazione fedele dello spazio di Hilbert HN .

Fattori di Klein

Per completare la rappresentazione bosonica sullo spazio di Fock occorre capire comeconnettere i diversi HN ; nella rappresentazione fermionica gli operatori che variano ilnumero di particelle sono proprio gli operatori di creazione e distruzione c e c†. Nellarappresentazione bosonica occorre definire nuovi operatori, perche quelli bosonici intro-dotti in precedenza commutano con tutti gli operatori numero (si veda l’Eq. (2.25)).Questi nuovi operatori sono noti in letteratura come fattori di Klein Fν e sono definiti

40 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

mediante le seguenti relazioni:[bq,ν , Fν′

]=[bq,ν , F

†ν′

]=[b†q,ν , Fν′

]=[b†q,ν , F

†ν′

]= 0 (2.27a)

F †ν |N〉 = F †ν f(b†) |N〉0 ≡ (−1)∑ν−1j=1 Njf(b†) |N1, . . . , Nν + 1, . . . , NM 〉0 (2.27b)

Fν |N〉 = Fνf(b†) |N〉0 ≡ (−1)∑ν−1j=1 Njf(b†) |N1, . . . , Nν − 1, . . . , NM 〉0 (2.27c)

Dalla definizione discendono le seguenti proprieta:

FνF†ν = F †ν Fν = 1 ; (2.28a)

F †ν , Fν′

= 2δν,ν′ ; (2.28b)[Nν , F

†ν′

]= δν,ν′F

†ν ,

[Nν , Fν′

]= δν,ν′Fν ; (2.28c)

Fν , Fν′

=F †ν , F

†ν′

= 0 solo se ν 6= ν ′ . (2.28d)

La prima proprieta e conseguenza del fatto che lo spettro di Nν e illimitato sia supe-riormente che inferiormente e quindi non esiste nessuno stato |N〉 tale che Fν |N〉 = 0

oppure F †ν |N〉 = 0. La seconda discende banalmente dalla prima per ν = ν ′, mentreper ν < ν ′ abbiamo

F †ν Fν′ |N〉 = (−1)∑ν′−1j=1 Nj (−1)

∑ν−1j=1 Njf(b†) |. . . , Nν + 1, . . . , Nν′ − 1, . . . 〉0 ,

Fν′F†ν |N〉 = (−1)

∑ν′−1j=1 Nj (−1)

∑ν−1j=1 Nj+1f(b†) |. . . , Nν + 1, . . . , Nν′ − 1, . . . 〉0 ,

da cui segue la (2.28b) (il caso ν > ν ′ e analogo). Dal calcolo svolto si puo notare chee proprio la presenza del fattore di fase che compare nelle definizioni (2.27b) e (2.27c) afar sı che i fattori di Klein anticommutino. La terza e la quarta proprieta si dimostranoin modo analogo, scrivendo l’azione degli operatori su un generico stato |N〉; e benenotare che la (2.28d) implica che i fattori di Klein non sono operatori fermionici: la loroazione ripetuta non fa zero!

2.3.2 Campi bosonici

Introduciamo adesso gli operatori di campo associati agli operatori bosonici introdottinella Sezione precedente. Conviene ora per i nostri scopi separare l’indice collettivo νnell’indice r che denota campi left e right e nell’indice σ, che denota il grado di libertadi spin, ritornando quindi alle notazioni della Sezione 2.2. Definiamo

ϕr,σ(x) ≡ i√2π

∑q>0

1√nqbq,r,σe

iqrxe−aq/2 , (2.29a)

ϕ†r,σ(x) ≡ −i√2π

∑q>0

1√nqb†q,r,σe

−iqrxe−aq/2 , (2.29b)

φr,σ(x) ≡ ϕr,σ(x) + ϕ†r,σ(x) =i√L

∑q>0

e−aq/2√q

(bq,r,σe

iqrx − b†q,r,σe−iqrx). (2.29c)

2.3. LA TECNICA DELLA BOSONIZZAZIONE 41

In queste definizioni e stato inserito un fattore di convergenza (o cut-off ultravioletto)a > 0 per prevenire la divergenza in alcune espressioni non ordinate normalmente; si notiinoltre che tale fattore agisce come larghezza di banda efficace, rendendo trascurabile intutte le somme il contributo di termini con impulso molto grande rispetto a kF . Questo econsistente con le approssimazioni fatte nella discussione relativa al regime di dispersionelineare della Sezione 2.2. I campi appena introdotti sono legati in modo particolarmentesemplice all’operatore densita degli elettroni di tipo r, σ, definito da

ρr,σ(x) ≡: ψ†r,σ(x)ψr,σ(x) : . (2.30)

Infatti, esplicitando questo in termini degli operatori fermionici mediante la (2.14),abbiamo:

ρr,σ(x) =1

L

∑k,k′

: c†k′,r,σ ck,r,σ : eir(k−k′)x =

=Nr,σ

L+

1

L

∑q>0

+∞∑k=−∞

(c†k+q,r,σ ck,r,σe

−iqrx + c†k−q,r,σ ck,r,σeiqrx).

Quindi, ricordando la (2.21) si trova

ρr,σ(x) =Nr,σ

L+

1√2πL

∑q>0

√q(b†q,r,σe

−iqrx + bq,r,σeiqrx), (2.31)

ovvero, usando la (2.29),

ρr,σ(x) =Nr,σ

L− r√

2π∂xφr,σ(x) . (2.32)

Spesso nei calcoli risultano necessari i seguenti commutatori, per la cui dimostrazione sirimanda alla letteratura [56, 57] (in tutte le formule che seguono il simbolo ≈ denota illimite |x− x′| L):[

ϕr,σ(x), ϕr′,σ′(x′)]

=[ϕ†r,σ(x), ϕ†r′,σ′(x

′)]

= 0 ; (2.33a)[ϕr,σ(x), ϕ†r′,σ′(x

′)]

= −δr,r′δσ,σ′

2πln[1− ei

2πrL

(x−x′+iar)]

; (2.33b)[φr,σ(x), φr′,σ′(x

′)]

= −δr,r′δσ,σ′

2πln

1− exp

[2πirL (x− x′ + iar)

]1− exp

[−2πir

L (x− x′ − iar)] (2.33c)

≈ irδr,r′δσ,σ′[

1

πarctan

(x− x′

a

)− x− x′

L

]; (2.33d)[

φr,σ(x), ∂x′ φr′,σ′(x′)]

=ir

Lδr,r′δσ,σ′

[1− e

2πirL

(x−x′+iar)]−1

+[1− e−

2πirL

(x−x′+iar)]−1

(2.33e)

≈ −irδr,r′δσ,σ′[

a/π

(x− x′)2 + a2− 1

L

]. (2.33f)

42 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

Campi duali

In letteratura capita di incontrare i cosiddetti campi duali, che definiamo ora per un usosuccessivo:

Φσ(x) ≡ 1√2

(φL,σ(x)− φR,σ(x)) , (2.34a)

θσ(x) ≡ 1√2

(φL,σ(x) + φR,σ(x)) . (2.34b)

Formula di Mattis-Mandelstam

Abbiamo a questo punto tutti gli elementi per stabilire il legame tra i campi fermionici e icampi bosonici e arrivare all’identita fondamentale della bosonizzazione. I primi tentatividi formulare tale identita furono fatti a meta degli anni ’70 [75–77]; una formulazioneprecisa e rigorosa fu fornita indipendentemente qualche anno dopo da Haldane [15] eHeidenreich [78]. Iniziamo calcolando i commutatori degli operatori bosonici con i campifermionici, che risultano[

bq,r,σ, ψr′,σ′(x)]

= δr,r′δσ,σ′αq,r(x)ψr,σ(x) , (2.35a)[b†q,r,σ, ψr′,σ′(x)

]= δr,r′δσ,σ′α

∗q,r(x)ψr,σ(x) , (2.35b)

dove

αq,r(x) ≡ −√

Lqe−iqrx . (2.36)

La verifica di queste relazioni e immediata esprimendo gli operatori bosonici con l’Equa-zione (2.21): [

bq,r,σ, ψr′,σ′]

=

√2π

Lq

1√L

∑k,k′

eik′rx[c†k−q,r,σ ck,r,σ, ck′,r′,σ′

]=

= −δr,r′δσ,σ′√

Lqe−iqrx

1√L

∑k

ck,r,σeikrx =

= −δr,r′δσ,σ′√

Lqe−iqrxψr,σ(x) .

Analogamente si verifica il commutatore (2.35b). Dalla (2.35a) abbiamo subito che

bq,r,σ

[ψr,σ(x) |N〉0

]= αq,r(x)

[ψr,σ(x) |N〉0

], (2.37)

ossia lo stato ψr,σ(x) |N〉0 e uno stato coerente bosonico. Pertanto ammette la rappre-sentazione (si veda, ad esempio, [79])

ψr,σ(x) |N〉0 = λr,σ(x) exp

∑q>0

αq,r(x)b†q,r,σ

Fr,σ |N〉0 , (2.38)

2.3. LA TECNICA DELLA BOSONIZZAZIONE 43

dove il fattore esponenziale deriva dalle proprieta degli stati coerenti bosonici e la pre-senza del fattore di Klein Fr,σ e dovuta al fatto che ψr,σ(x) |N〉0 ∈ HN−1r,σ . Il fattoredi proporzionalita λr,σ(x) si puo determinare notando che

0〈N | F †r,σψr,σ(x) |N〉0 = λr,σ(x) 0〈N | exp

∑q>0

αq,r(x)b†q,r,σ

F †r,σFr,σ |N〉0 = λr,σ(x) .

D’altra parte3

0〈N | F †r,σψr,σ(x) |N〉0 = 0〈N − 1r,σ|1√L

∑k

ck,r,σeikrx |N〉0 =

1√Le

2πirxL

Nr,σ ,

quindi abbiamo

λr,σ(x) =1√Le

2πirxL

Nr,σ . (2.39)

Ora dobbiamo determinare l’azione di ψr,σ(x) sul generico stato |N〉 ∈ HN . A taleproposito notiamo che, usando il commutatore (2.35b) si trova

ψr,σ(x)f(b†q,r,σ

)= f

(b†q,r,σ − α∗r,σ(x)

)ψr,σ(x) ,

dove f e una generica funzione dei b†. Dalla precedente segue

ψr,σ(x) |N〉 = ψr,σ(x)f(b†q,r,σ

)|N〉0 = f

(b†q,r,σ − α∗r,σ(x)

)ψr,σ(x) =

=Fr,σ√Le

2πirxL

Nr,σ exp

∑q>0

αq,r(x)b†q,r,σ

f (b†q,r,σ − α∗r,σ(x))|N〉0 .

Ora, utilizzando l’identita

e−αbf(b†)eαb = f(b† − α) ,

che deriva dalla formula di Baker-Hausdorff 4, otteniamo finalmente l’identita dellabosonizzazione:

ψr,σ(x) |N〉 =Fr,σ√Le

2πirxL

Nr,σ exp

∑q>0

αq,r(x)b†q,r,σ

exp

−∑q>0

α∗q,r(x)bq,r,σ

|N〉 .(2.41)

3Nella formula che segue con la notazione |N − 1r,σ〉0 si intende lo stato fondamentale ottenuto da|N〉0 rimuovendo una particella di tipo r, σ.

4Detti A e B due operatori, si ha

e−BAeB =

∞∑n=0

1

n![A, B]n , (2.40)

dove [A, B]n ≡[[A, B]n−1, B

], con [A, B]0 = A.

44 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

Data l’arbitrarieta di |N〉, questa e a tutti gli effetti un’identita operatoriale sullo spaziodi Fock, che solitamente viene scritta in termini dei campi bosonici definiti in (2.29) nelleseguenti forme:

ψr,σ(x) =Fr,σ√Lei

2πxLNr,σe−i

√2πϕ†r,σ(x)e−i

√2πϕr,σ(x) , (2.42a)

ψr,σ(x) =Fr,σ√2πa

ei2πxLNr,σe−i

√2πφr,σ(x) . (2.42b)

Notiamo che la seconda forma, che e quella che viene utilizzata solitamente, non enormalmente ordinata e quindi richiede che a 6= 0; di conseguenza tutti i risultati che siottengono con la (2.42b) dovranno essere successivamente considerati nel limite a→ 0+.

2.4 Il modello di Luttinger

In questa Sezione, seguendo [57], si ricava e si diagonalizza la Hamiltoniana del modellodi Luttinger [17], che descrive un liquido di elettroni interagenti confinati in una dimen-sione nel regime di basse energie. Mediante questo modello si possono descrivere varieconfigurazioni di sistemi fisici sperimentalmente realizzati; in particolare ci concentriamosui seguenti:

1. Liquido spinless: descrive una coppia di canali contropropaganti nei quali il gradodi liberta di spin non interviene (ad esempio perche gli elettroni sono polarizzatida un campo magnetico esterno);

2. Liquido elicoidale: descrive una o due coppie di canali contropropaganti, in cui laproiezione dello spin e pero fissata dalla direzione di propagazione (nel caso in cuisi considerano due coppie e importante sottolineare che l’interazione puo avveniresolo all’interno di ciascuna coppia di canali, perche le due coppie sono fisicamenteseparate da una distanza finita). Una tale configurazione si ottiene, ad esempio,negli stati di bordo di un isolante topologico;

3. Liquido di Luttinger completo: descrive quattro canali che includono il grado diliberta di spin.

La trattazione che segue e svolta per la configurazione generale di liquido di Luttingercompleto. Successivamente si otterranno i casi particolari di liquidi spinless ed elicoidale.

2.4. IL MODELLO DI LUTTINGER 45

2.4.1 Hamiltoniana libera

Vogliamo riscrivere la Hamiltoniana libera H0 definita in (2.18) in forma bosonizzata.Se calcoliamo il commutatore tra H0 e l’operatore di creazione bosonico otteniamo[

H0, b†q,r,σ

]= vF

∑r′,σ′

∑k,k′

√2π

Lqk[: c†k,r′,σ′ ck,r′,σ′ :, c

†k′+q,r,σ ck′,r,σ

]=

= vF∑r′,σ′

∑k,k′

√2π

Lqkδr,r′δσ,σ′

(c†k,r,σ ck′,r,σδk,k′+q − c

†k′+q,r,σ ck,r,σδk,k′

)=

= vF

√2π

Lq

∑k′

[(k′ + q)c†k′+q,r,σ ck′,r,σ − k

′c†k′+q,r,σ ck′,r,σ

]=

= vF qb†q,r,σ

Quindi, se |N〉 ∈ HN e autostato di H0 con autovalore EN abbiamo

H0b†q,r,σ |N〉 =

(b†q,r,σH0 + vF qb

†q,r,σ

)|N〉 = (EN + vF q) b

†q,r,σ |N〉 , (2.43)

ovvero il quanto di energia aggiunto dall’operatore di creazione bosonico b†q,r,σ e vF q.Percio, ricordando che in base alla (2.26), la rappresentazione bosonica e completa,

deduciamo che l’unica forma possibile della Hamiltoniana H(P )0 che descrive le eccitazioni

particella-buca e data da

H(P )0 = vF

∑r,σ

∑q>0

qb†q,r,σ bq,r,σ . (2.44)

Rimane da capire come scrivere la parte di modo zero che da informazioni sull’energiadello stato fondamentale |N〉0. L’autovalore di questo stato si ricava direttamente dallarelazione di dispersione lineare e vale

E(0)N = vF

∑r,σ

kF∑q=0

q = vF∑r,σ

2πNr,σ/L∑n=0

n =vFπ

L

∑r,σ

Nr,σ(Nr,σ + 1) . (2.45)

Otteniamo cosı la forma bosonizzata della Hamiltoniana libera:

H0 = H(P )0 + H

(N)0 = vF

∑r,σ

∑q>0

qb†q,r,σ bq,r,σ +π

L

∑r,σ

Nr,σ(Nr,σ + 1)

. (2.46)

Notiamo inoltre che, utilizzando l’Eq. (2.29c) la Hamiltoniana libera puo essere riscrittain termini del campo φr,σ(x)

H0 = vF∑r,σ

[1

2

∫ L/2

−L/2: (∂xφr,σ)2 : dx+

π

L

∑r,σ

Nr,σ(Nr,σ + 1)

], (2.47)

da cui si nota che la parte di fluttuazione particella-buca assume la tipica forma di cordaelastica.

46 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

2.4.2 Interazione elettronica

Finora non sono stati considerati gli effetti dell’interazione elettronica che, come ve-dremo, risulta determinante nella descrizione della fenomenologia dei liquidi unidimen-sionali e rende questi ultimi radicalmente diversi dai liquidi elettronici interagenti indue e tre dimensioni. In questa Sezione si analizzano i vari contributi che intervengononell’interazione.

In seconda quantizzazione l’interazione piu generale a due corpi tramite un potenzialeVσ,σ′(x− x′) e della forma [58, 60, 64]

Hint =1

2

∑σ,σ′

∫ L/2

−L/2dx dx′Ψ†σ(x)Ψ†σ′(x

′)Vσ,σ′(x− x′)Ψσ′(x′)Ψσ(x) , (2.48)

dove Ψσ(x) e il campo fermionico fisico definito in (2.4a). Nell’approssimazione di di-spersione lineare possiamo utilizzare la relazione (2.16) ed esprimere l’interazione (2.48)in termini dei campi ψr,σ(x). Cosı facendo, dopo diversi passaggi algebrici, si ottengonocinque possibili processi, che riportiamo di seguito:

H1 =1

2

∑σ,σ′

∫ L/2

−L/2dx dx′

[e2ikF (x−x′)ψ†L,σ(x)ψ†R,σ′(x

′)V(1)σ,σ′(x− x

′)ψL,σ′(x′)ψR,σ(x) + h.c.

](2.49)

H2 =∑σ,σ′

∫ L/2

−L/2dx dx′ ψ†R,σ(x)ψ†L,σ′(x

′)V(2)σ,σ′(x− x

′)ψL,σ′(x′)ψR,σ(x) (2.50)

H3 =1

2

∑σ,σ′

∫ L/2

−L/2dx dx′

[e2ikF (x+x′)ψ†L,σ(x)ψ†L,σ′(x

′)V(3)σ,σ′(x− x

′)ψR,σ′(x′)ψR,σ(x) + h.c.

](2.51)

H4 =1

2

∑r,σ,σ′

∫ L/2

−L/2dx dx′ψ†r,σ(x)ψ†r,σ′(x

′)V(4)σ,σ′(x− x

′)ψr,σ′(x′)ψr,σ(x) (2.52)

H5 =∑σ,σ′

∫ L/2

−L/2dx dx′ cos(2kFx)

[ψ†R,σ(x)ψ†R,σ′(x

′)V(5)σ,σ′(x− x

′)ψR,σ′(x′)ψL,σ(x)+

+ ψ†L,σ(x)ψ†L,σ′(x′)V

(5)σ,σ′(x− x

′)ψL,σ′(x′)ψR,σ(x) + h.c.

](2.53)

Analizziamo ora i vari processi, ricordando che, essendo interessati alle eccitazioni dibassa energia attorno al livello di Fermi, gli impulsi fisici degli elettroni coinvolti nei variprocessi di scattering devono essere prossimi a ±kF . Una schematizzazione di ciascunprocesso e riportata in Figura 2.8. La numerazione dei vari tipi di processo e statascelta per uniformarsi alle notazioni comunemente adottate in letteratura (la cosiddettag-ologia [57, 80]). Il modello di Luttinger include solo i processi di tipo 4 e 2, in quanto,come vedremo nella descrizione che segue, i processi di tipo diverso o si riconducono adessi o sono trascurabili nel regime di basse energie.

2.4. IL MODELLO DI LUTTINGER 47

Figura 2.8: Schematizzazione dei possibili processi di interazione. Da (a) a (c) sono mostrati iprocessi di scattering in avanti e all’indietro che conservano l’impulso; (d) ed (e) rappresentanoinvece i processi di umklapp. Nei grafici di Feynman le linee continue rappresentano elettroniright, mentre quelle tratteggiate elettroni left. Se i due elettroni hanno lo stesso spin (oppuresiamo nel caso spinless) sono indistinguibili: allora il processo di tipo 1 e equivalente al processodi tipo 2, perche possiamo scambiare le particelle nello stato finale. Quando invece i due spinsono diversi gli elettroni sono distinguibili (rappresentati nella Figura con colori diversi) e quindiil processo di tipo 1 con spin antiparalleli e sostanzialmente diverso da quello di tipo 2. Figuratratta da [74].

Processo 1 : e un processo di scattering all’indietro in cui due elettroni che sono ini-zialmente su branche opposte cambiano branca scambiandosi un impulso q ≈ 2kF .Notiamo che nel caso in cui gli elettroni si considerano senza spin (ad esempioperche polarizzati da un campo esterno) questo processo e analogo al processo 2,in quanto gli elettroni negli stati finale ed iniziale sono indistinguibili. Questo none piu vero nel caso in cui si consideri anche il grado di liberta di spin: infatti,mentre l’interazione di tipo 1 in cui gli elettroni hanno spin parallelo e equivalenteall’interazione di tipo 2 (per quanto appena detto), quello in cui gli elettroni han-no spin antiparallelo e sostanzialmente diversa e, in particolare, non conserva lospin su ogni branca separatamente. La presenza di un simile processo fa sı che ilmodello che ne deriva non sia esattamente risolvibile. In ogni caso, con tecnichedel gruppo di rinormalizzazione, si puo dimostrare [59, 81] che questo processo etrascurabile nel limite di bassa energia. Per questo motivo i processi di tipo 1 nonverranno considerati nel modello.

Processo 2 : e uno scattering in avanti, in cui due elettroni appartenenti a branchediverse interagiscono, rimanendo ciascuno sulla propria branca dopo il processo

48 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

di diffusione. L’impulso scambiato durante l’interazione e q ≈ 0, come si puoosservare dallo schema in Figura 2.8.

Processo 3 : in questo caso due elettroni che sono inizialmente sulla stessa brancacambiano entrambi branca. Questo processo, noto come umklapp simmetrico nonconserva la quantita di moto del sistema elettronico, siccome la variazione di im-pulso dei singoli elettroni e dell’ordine di 2kF . Alla conservazione dell’impulsototale contribuisce il reticolo, trasferendo, per mezzo di un fonone, un impulso G(vettore del reticolo reciproco). La conservazione dell’impulso e quindi rispettataquando la banda e piena a meta, perche in tal caso si ha 4kF = 2π/a, che e unvettore del reticolo reciproco. Escludendo questo caso molto particolare, il proces-so di umklapp simmetrico puo essere trascurato. In ogni caso, come per il processodi scattering all’indietro con cambio dello spin, si dimostra [81] che il processo diumklapp simmetrico e irrilevante nel limite di bassa energia.

Processo 4 : e uno scattering in avanti in cui due elettroni della stessa branca intera-giscono, scambiandosi un impulso q ≈ 0 e rimanendo sulla stessa branca.

Processo 5 : in questo caso un elettrone subisce uno scattering in avanti, rimanendosulla stessa branca e subendo una variazione di impulso prossima a zero, mentre ilsecondo elettrone subisce uno scattering all’indietro, con una variazione di impulsopari a q ≈ 2kF . Questo processo e noto come umklapp asimmetrico e, al pari diquello simmetrico, conserva l’impulso totale solo grazie al reticolo. In questo caso,pero, la conservazione dell’impulso impone che la banda sia completamente piena,rendendo quindi inutile lo studio delle proprieta di trasporto. Per questo motivoanche questo processo non sara considerato.

Sulla base della discussione appena fatta, nel modello di Luttinger si considerano soltantoi due processi di scattering in avanti; nel caso di interazione a corto raggio (al limitepuntiforme) il potenziale viene scritto nella forma seguente

V(i)σ,σ′(x− x

′) = gi‖δσ,σ′δ(x− x′) + gi⊥δσ,−σ′δ(x− x′) (i = 2, 4) , (2.54)

dove le g sono le costanti di accoppiamento che determinano l’intensita dell’interazionee il pedice ‖ (⊥) indica che l’interazione avviene tra elettroni con spin parallelo (antipa-rallelo). In base alla scrittura precedente le interazioni del modello di Luttinger possonoessere scritte come prodotti densita-densita, ottenendo le seguenti espressioni:

H2 =∑σ,σ′

∫ L/2

−L/2: ρR,σ(x)ρL,σ′(x) :

(g2‖δσ,σ′ + g2⊥δσ,−σ′

)dx , (2.55a)

H4 =1

2

∑r,σ,σ′

∫ L/2

−L/2: ρr,σ(x)ρr,σ′(x) :

(g4‖δσ,σ′ + g4⊥δσ,−σ′

)dx , (2.55b)

per cui la Hamiltoniana completa del modello di Luttinger risulta

HLL = H0 + H2 + H4 . (2.56)

2.4. IL MODELLO DI LUTTINGER 49

Come sottolineato in [81], la Hamiltoniana di Luttinger ha simmetrie molto restrittive(come, ad esempio, la conservazione dello spin per le due branche separatemente cheesclude i processi del tipo g1⊥), che non sono condivise da modelli piu complicati. Tut-tavia l’importanza del modello di Luttinger consiste nel fatto che esso e il punto fisso deisistemi quantistici correlati in una dimensione e senza gap nel limite di bassa energia.Questo fatto, noto anche come congettura di Haldane [15], sta alla base della descrizionedei sistemi unidimensionali interagenti in termini del modello di Luttinger.

2.4.3 Separazione dei gradi di liberta di carica e spin

Per diagonalizzare la (2.56) risulta conveniente introdurre gli operatori ρr,c e ρr,s, cherappresentano rispettivamente la densita di carica (c) e di spin (s) degli elettroni di tipor, secondo le relazioni:

ρr,c(x) ≡ 1√2

(ρr,↑(x) + ρr,↓(x)) , (2.57a)

ρr,s(x) ≡ 1√2

(ρr,↑(x)− ρr,↓(x)) . (2.57b)

Analogamente si effettuano le stesse definizioni per gli operatori bosonici

bq,r,c ≡1√2

(bq,r,↑ + bq,r,↓) , (2.58a)

bq,r,s ≡1√2

(bq,r,↑ − bq,r,↓) , (2.58b)

per i campi bosonici

φr,c(x) ≡ 1√2

(φr,↑(x) + φr,↓(x)) =i√L

∑q>0

e−aq/2√q

(bq,r,ce

iqrx − b†q,r,ce−iqrx), (2.59a)

φr,s(x) ≡ 1√2

(φr,↑(x)− φr,↓(x)) =i√L

∑q>0

e−aq/2√q

(bq,r,se

iqrx − b†q,r,se−iqrx)

(2.59b)

e per gli operatori numero

Nr,c ≡1√2

(Nr,↑ + Nr,↓) , (2.60a)

Nr,s ≡1√2

(Nr,↑ − Nr,↓) . (2.60b)

Utilizzando queste definizioni possiamo riscrivere la Hamiltoniana libera (2.47) come

H0 = vF∑r

∑λ=c,s

[1

2

∫ L/2

−L/2: (∂xφr,λ)2 : +

π

LN2r,λ

]. (2.61)

50 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

Nell’arrivare alla formula precedente si sono trascurati termini lineari in Nr,σ; e semprepossibile fare questo, perche e equivalente ad una ridefinizione del potenziale chimico,cioe all’aggiunta di una costante all’energia. La parte interagente si riscrive invece nelmodo seguente:

H2 =∑λ=c,s

g2,λ

[−∫ L/2

−L/2

dx

2π: (∂xφR,λ)(∂xφL,λ) : +

1

LNR,λNL,λ

], (2.62a)

H4 =∑r

∑λ=c,s

g4,λ

[1

2

∫ L/2

−L/2

dx

2π: (∂xφr,λ)2 : +

N2r,λ

2L

], (2.62b)

dove le costanti di accoppiamento gi,λ (i = 2, 4) sono definite dalle relazioni seguenti:

gi,c ≡ gi‖ + gi⊥ , (2.63a)

gi,s ≡ gi‖ − gi⊥ . (2.63b)

Vediamo quindi che l’interazione H4 ha una struttura analoga alla Hamiltoniana liberae la costante di accoppiamento g4 rinormalizza la velocita di Fermi. Infine, utilizzandole espressioni (2.59) la Hamiltoniana di Luttinger si riscrive in termini degli operatori(2.58) nella forma HLL = H(P ) + H(N), con:

H(P ) = vF∑λ=c,s

(1 + g4,λ)∑q>0

q

∑r=R,L

b†q,r,λbq,r,λ +g2,λ

1 + g4,λ

(b†q,R,λb

†q,L,λ + bq,R,λbq,L,λ

) ,(2.64)

H(N) =πvFL

∑λ=c,s

(1 + g4,λ)

∑r=R,L

N2r,λ +

2g2,λ

1 + g4,λNR,λNL,λ

, (2.65)

gi,λ ≡gi,λ

2πvF, i = 2, 4 . (2.66)

Il fatto notevole della riscrittura appena effettuata e che la Hamiltoniana di un liquidodi Luttinger completo risulta completamente separata in due termini, uno che coinvolgesoltanto la carica e uno che coinvolge soltanto lo spin. Per questa ragione, come vedremo,si verifica un fenomeno detto separazione di carica e spin: le eccitazioni di carica e spinsono completamente indipendenti e si propagano con velocita diversa.

2.4.4 Diagonalizzazione

Come si puo notare dalle ultime espressioni trovate nella Sezione precedente, a causadell’interazione la Hamiltoniana non e piu diagonale rispetto agli operatori bosonici, tut-tavia risulta quadratica rispetto ad essi e quindi si puo diagonalizzare facilmente con unatrasformazione canonica di Bogoliubov. Per ora ci concentriamo sulla diagonalizzazionedel termine della Hamiltoniana che descrive le fluttuazioni particella-buca.

2.4. IL MODELLO DI LUTTINGER 51

Definiamo dei nuovi operatori B, collegati ai b dalle relazioni5:

Bq,+,λ ≡ bq,R,λ cosh γλ + b†q,L,λ sinh γλ , (2.67a)

B†q,−,λ ≡ bq,R,λ sinh γλ + b†q,L,λ cosh γλ . (2.67b)

Sostituendo all’interno di (2.64) e imponendo che il risultato sia diagonale rispetto ainuovi operatori si ottiene il seguente vincolo su γλ:

tanh 2γλ =g2,λ

1 + g4,λ=⇒ γλ = −1

2lnKλ , (2.68)

dove si e introdotto il parametro

Kλ ≡

√1− g2,λ + g4,λ

1 + g2,λ + g4,λ, (2.69)

che e detto parametro di Luttinger e misura la forza dell’interazione. Il valore Kλ = 1corrisponde al caso non interagente; Kλ < 1 corrisponde ad un’interazione repulsiva,mentre Kλ > 1 corrisponde ad un’interazione attrattiva. Nel presente lavoro ci con-centreremo sul caso di interazione repulsiva; il caso attrattivo non sara mai preso inconsiderazione.

Puo essere utile scrivere la trasformazione (2.67) direttamente in termini del para-metro di Luttinger; usando la (2.68) abbiamo:

Bq,+,λ =1

2

(1√Kλ

+√Kλ

)bq,R,λ +

1

2

(1√Kλ−√Kλ

)b†q,L,λ , (2.70a)

B†q,−,λ =1

2

(1√Kλ−√Kλ

)bq,R,λ +

1

2

(1√Kλ

+√Kλ

)b†q,L,λ . (2.70b)

La forma diagonale della Hamiltoniana di fluttuazione particella-buca e

H(P ) =∑λ=c,s

uλ∑η=±

∑q>0

qB†q,η,λBq,η,λ , (2.71)

dove

uλ ≡ vF√

(1 + g4,λ)2 + g22,λ (2.72)

sono le velocita rinormalizzate a causa dell’interazione. Vediamo quindi, come anticipatoalla fine della Sezione precedente, che le eccitazioni di carica e spin sono completamentedisaccoppiate: un elettrone iniettato in un sistema unidimensionale interagente si “di-vide” nelle sue eccitazioni elementari (una che trasporta soltanto la carica e una chetrasporta soltanto lo spin) che si propagano a velocita diverse uc e us. Questa caratte-ristica peculiare dei sistemi unidimensionali, nota come separazione carica-spin, e stata

5La parametrizzazione in termini delle funzioni iperboliche e necessaria perche la trasformazione siacanonica, cioe perche anche i nuovi operatori B rispettino le regole di commutazione canoniche.

52 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

osservata sperimentalmente: le prime evidenze della sua esistenza risalgono al 2002 [82,83] e sono state confermate da esperimenti successivi [84–86].

Resta da scrivere in forma diagonale la Hamiltoniana di modo zero (2.65): questo sipuo fare facilmente introducendo gli operatori

Nλ ≡ NR,λ + NL,λ , (2.73a)

Jλ ≡ NR,λ − NL,λ (2.73b)

rispetto ai quali la Hamiltoniana risulta

H(N) =π

2L

∑λ=c,s

(1

KλN2λ +KJ2

λ

). (2.74)

Notiamo infine che in termini dei campi duali Φλ(x) e θλ(x), definiti in analogia alla(2.34), la Hamiltoniana diagonalizzata si esprime nella forma seguente:

HLL =∑λ=c,s

uλ2

[∫ L/2

−L/2dx

(1

Kλ: (∂xΦλ(x))2 : +Kλ : (∂xθλ(x))2 :

)+π

L

(N2λ

Kλ+KλJ

)].

(2.75)Una volta in possesso dei risultati nel caso generale di liquido di Luttinger completo,possiamo ricavare senza difficolta quelli per i sistemi elicoidale e spinless. Il caso spinlesse il piu semplice e si ottiene semplicemente da quanto esposto finora non considerandol’indice λ. In particolare abbiamo:

Hsl = u

∑η=±

∑q>0

qB†q,ηBq,η +π

2L

(N2

K+KJ2

) = (2.76a)

=u

2

[∫ L/2

−L/2dx

(1

K: (∂xΦ(x))2 : +K : (∂xθ(x))2 :

)+π

L

(N2

K+KJ2

)]. (2.76b)

Il sistema elicoidale e piu interessante a causa dello spin-momentum locking : la direzionedi propagazione fissa la proiezione dello spin (e viceversa). Questa caratteristica rivestenotevole interesse nell’ambito della spintronica [87, 88]. Come accennato all’inizio diquesta Sezione, le interazioni possono avvenire solo all’interno di ciascuna coppia dicanali (vedi Figura 2.9); questa richiesta si traduce nell’annullamento delle costanti diaccoppiamento g4⊥ e g2‖ ottenendo cosı le relazioni

g4⊥ = g4,c = g4,s , (2.77a)

g2‖ = g2,c = g2,s , (2.77b)

che, sostituite nell’espressione della velocita rinormalizzata e del parametro di Luttinger,danno

uc = us = vF√

(1 + g4⊥)2 + g22‖ , (2.78a)

Kc =1

Ks=

√1− g2‖ + g4⊥

1 + g2‖ + g4⊥. (2.78b)

2.4. IL MODELLO DI LUTTINGER 53

Figura 2.9: Schematizzazione di un sistema elicoidale: in blu sono rappresentati i canali conspin ↑ e in rosso quelli con spin ↓; le due coppie sono fisicamente separate, quindi non puo esserciinterazione tra elettroni dello stesso tipo con uguale proiezione dello spin.

Come ci si aspetta le eccitazioni di carica e spin si propagano alla stessa velocita, acausa dello spin-momentum locking. Infine mostriamo che ogni singola coppia di canaliha una Hamiltoniana identica a quella di un liquido di Luttinger spinless. A tale scopointroduciamo gli operatori che si riferiscono al bordo superiore (si veda la Figura 2.9)

Φsup(x) ≡ 1√2

(ΦL,↓(x)− ΦR,↑(x)) , (2.79a)

θsup(x) ≡ 1√2

(θL,↓(x) + θR,↑(x)) , (2.79b)

Nsup ≡ NR,↑ + NL,↓ , (2.79c)

Jsup ≡ JR,↑ − JL,↓ , (2.79d)

e analoghe espressioni per quello inferiore. In termini di questi operatori la Hamiltonianadel sistema elicoidale risulta

Hhel =uc2

∑j=sup,inf

[∫ L/2

−L/2dx

(Kc : (∂xθj(x))2 : +

1

Kc: (∂xΦj(x))2 :

)+π

L

(N2j

Kc+KcJ

2j

)],

(2.80)quindi, come ci si aspettava, la Hamiltoniana totale e completamente separata e ognunodei due bordi e descritto da una Hamiltoniana del tutto analoga a quella di un liquidospinless.

2.4.5 Operatori chirali

In presenza di interazione i campi bosonici detti left e right non sono piu chirali, ossia laloro evoluzione temporale non consiste semplicemente in una traslazione del tipo x±ut.Tale caratteristica e propria dei modi normali che diagonalizzano la Hamiltoniana diLuttinger. Infatti dall’equazione di Heisenberg abbiamo (consideriamo il caso in presenzadi spin, dal quale si ottiene quello spinless o elicoidale semplicemente non considerando

54 CAPITOLO 2. LIQUIDI DI LUTTINGER

l’indice λ in quanto segue)

∂tBq,η,λ = −i[Bq,η,λ, H

(P )]

= −iuλBq,η,λ , (2.81)

da cuiBq,η,λ(t) = e−iuλtBq,η,λ(0) . (2.82)

Se quindi definiamo i campi

φη,λ(x) ≡ i√L

∑q>0

e−aq/2√q

(Bq,η,λe

iqηx − B†q,η,λe−iqηx

), (2.83)

essi hanno un’evoluzione temporale che consiste semplicemente in una traslazione:

φη,λ(x, t) = φη,λ(x− ηuλt) . (2.84)

Notiamo anche che, in base alla (2.70) abbiamo le seguenti relazioni tra i campi chiraliφη,λ(x) e i campi non interagenti φr,λ(x):

φr,λ(x) =∑η=±

1

2

(1√Kλ

+ rη√Kλ

)φη,λ(x) . (2.85)

Piu esplicitamente:

φR,λ(x) = A+,λφ+,λ(x) +A−,λφ−,λ(x) , (2.86a)

φL,λ(x) = A−,λφ+,λ(x) +A+,λφ−,λ(x) , (2.86b)

dove

A±,λ ≡1

2

(1√Kλ±√Kλ

). (2.87)

Notiamo, inoltre, che in termini di questi campi la Hamiltoniana di Luttinger si puoriscrivere nella forma seguente:

HLL =∑λ

∑η=±

uλ2

[∫ L/2

−L/2: (∂xφη,λ(x))2 : dx+

π

L

(N2λ

Kλ+KλJ

)]. (2.88)

Abbiamo quindi due settori completamente disaccoppiati e i campi chirali si comportanocome bosoni non interagenti.

In conclusione definiamo gli operatori densita chirali ρη,λ(x). Trascurando i terminidi modo zero essi dovranno avere la struttura

ρη,λ(x) =Cλ√L

∑q>0

√q(B†q,η,λe

−iqηx + Bq,η,λeiqηx)

= −η Cλ√2πL

∂xφη,λ(x) .

Il prefattore Cλ puo essere scelto in modo tale che sia verificata la relazione

ρ+,λ(x) + ρ−,λ(x) = ρR,λ(x) + ρL,λ(x) . (2.89)

2.4. IL MODELLO DI LUTTINGER 55

Tale condizione e rispettata se scegliamo Cλ =√Kλ, come si vede facilmente esprimendo

gli operatori B in termini dei b secondo la (2.70). Quindi abbiamo

ρη,λ(x) = −η√Kλ

2π∂xφη,λ(x) . (2.90)

Si verifica altrettanto facilmente che e valida la relazione

ρη,λ(x) =

(1 + ηKλ

2

)ρR,λ(x) +

(1− ηKλ

2

)ρL,λ(x) , (2.91)

che ha come inversa

ρr,λ(x) =

(1 + rKλ

2

)ρ+,λ(x) +

(1− rKλ

2

)ρ−,λ(x) . (2.92)

Notiamo che, nel caso non interagente, cioe Kλ = 1, gli operatori chirali coincidono congli operatori left e right, in particolare ρ+,λ(x) = ρR,λ(x) e ρ−,λ(x) = ρL,λ(x)

CAPITOLO 3Iniezione in un sistema non

interagente

Questo Capitolo e dedicato allo studio dell’evoluzione temporale dei valori medi di den-sita di carica e di energia a seguito dell’iniezione di un singolo elettrone in un sistemaunidimensionale elicoidale non interagente. Viene analizzata con cura la dinamica delprocesso di iniezione, trattata nel caso generale di iniezione non puntiforme. Il modellosviluppato e generale e quindi si presta ad essere applicato anche al caso interagente,che sara oggetto di studio del Capitolo successivo e costituisce la parte piu originale diquesto lavoro di tesi. In questo Capitolo tutti i calcoli dei valori medi sono effettuati conun approccio fermionico, senza fare ricorso alla tecnica della bosonizzazione descritta nelCapitolo precedente, non necessaria in assenza di interazioni tra gli elettroni.

Il Capitolo e organizzato come segue: nella Sezione 3.1 viene presentato il modello delprocesso di iniezione; nella Sezione 3.2 si studia l’evoluzione del valore medio della densitadi carica e si ricava il profilo del pacchetto di densita di carica al variare dei parametridell’iniezione. Si verifica anche che la carica totale, data dall’integrale della densita, e pariad una carica elettronica, indipendentemente dai parametri dell’iniezione, a confermadel fatto che il modello descrive correttamente l’iniezione di un singolo elettrone. NellaSezione 3.3 si ripete lo stesso studio per la densita di energia e si studia, oltre alla formadel pacchetto, in che modo l’energia totale aggiunta al sistema dipende dai parametriche descrivono l’iniezione.

3.1 Modello del processo di iniezione

Lo scopo di questa Sezione e quello di costruire un modello del processo di iniezionedi un singolo elettrone e di ricavare, in modo generale, il valore medio di un operatore(hermitiano e che conserva il numero di particelle) a seguito di tale processo. Comediscusso nel Capitolo 1, esistono metodi per realizzare l’iniezione di singole cariche in un

57

58 CAPITOLO 3. INIEZIONE IN UN SISTEMA NON INTERAGENTE

sistema unidimensionale interagente, quindi la descrizione del presente lavoro non e unapura astrazione teorica, ma e supportata da realizzazioni sperimentali.

Figura 3.1: Schematizzazione della configurazione considerata per l’iniezione. Un quantumdot non interagente e accoppiato agli stati di bordo elicoidali attraverso una regione di tunnelingestesa, di larghezza σ. Le linee rossa e blu si riferiscono, rispettivamente, ai canali non interagenticon proiezione dello spin up e down. La degenerazione di spin e rotta mediante l’applicazione diun campo magnetico B nella regione del dot. Grazie ad un top gate, rappresentato in grigio, epossibile spostare i livelli del dot rispetto all’energia di Fermi εF del sistema elicoidale.

3.1.1 Configurazione

Consideriamo come iniettore il condensatore mesoscopico descritto nella Sezione 1.3.Abbiamo quindi un quantum dot non interagente accoppiato per effetto tunnel medianteun QPC ad una coppia di canali elicoidali interagenti localizzati sul bordo di un isolantetopologico bidimensionale, come schematizzato in Figura 3.1. Tale coppia di canali saramodellizzata come liquido di Luttinger elicoidale. Il dot puo essere realizzato separandouna regione dell’isolante topologico tramite opportuni gate metallici, in analogia conquanto e stato fatto nei dispositivi basati sull’effetto Hall [22]. La presenza di contattielettrostatici scherma le interazioni nella regione del dot [32, 33] e i livelli energetici sonodeterminati prevalentemente dal confinamento e non dall’energia di carica [22]. Perquesto motivo il dot sara considerato non interagente.

Mediante l’applicazione di un campo magnetico B (perpendicolare al piano in Figura3.1) nella regione in cui si trova il dot, viene rotta la degenerazione di spin [33]. Consi-derando una spaziatura ∆ ≈ 4 K [48], corrispondente a 0.35 meV, tra i livelli (degeneri)del dot, l’intensita del campo magnetico richiesta per avere uno splitting di ∆/2 tra ilivelli con spin opposto e dell’ordine di 10−4 T. Possiamo quindi considerare l’iniezionedi un elettrone con spin definito, diciamo up (assumiamo che il livello associato all’e-lettrone con spin down si trovi al di sopra dell’energia di Fermi). Allora, grazie allospin-momentum locking, sappiamo che tale elettrone avra chiralita definita. In questomodo, mediante l’azione del potenziale oscillante dovuto al top gate, discusso nella Se-zione 1.3, e possibile l’iniezione on demand di un elettrone right nel bordo dell’isolantetopologico. In quanto segue si descrive il processo di iniezione a partire dal momento

3.1. MODELLO DEL PROCESSO DI INIEZIONE 59

in cui l’ultimo livello occupato del dot viene bruscamente portato ad un’energia ε0 al disopra del livello di Fermi del sistema fermionico unidimensionale. Questo istante saraquindi preso come zero della scala temporale.

3.1.2 Hamiltoniana del sistema

Volendo descrivere l’iniezione dobbiamo, almeno inizialmente, considerare il sistema nelsuo complesso, che e quindi costituito dal quantum dot (assunto non interagente) conil quale si realizza l’emettitore e dal sistema elettronico unidimensionale. Per mimareil processo di iniezione utilizzeremo una Hamiltoniana di tunneling che permetta il tra-sferimento dell’elettrone tra il condensatore mesoscopico e il sistema unidimensionale.Quest’ultimo e descritto completamente dalla Hamiltoniana di Luttinger (2.56), mentreper quanto riguarda il dot ci concentriamo solo sul livello da cui avviene l’emissione 1 equindi consideriamo una Hamiltoniana a singolo livello

HD ≡ ε0d†d , (3.1)

dove d e l’operatore di distruzione nel dot. Per quanto riguarda la parte di tunnelingconsideriamo il caso generale in cui la regione di iniezione non sia puntiforme e quindiscriviamo

HT ≡ λ∫

dx ξ(x)ψ†R(x)d+ h.c. ≡ H+T + H−T , (3.2)

dove λ rappresenta l’ampiezza di tunneling, ξ(x) e una funzione piccata intorno al puntox = 0 e la cui larghezza (∼ σ) descrive l’estensione spaziale della regione in cui avvieneil tunneling e ψR(x) e il campo fermionico relativo alla branca right. Nello scegliere lafunzione ξ e opportuno considerare una approssimante della δ, in modo che, dai risultatigenerali, si possano ottenere quelli relativi all’iniezione locale facendo il limite σ → 0.Una possibile scelta (ovviamente non e l’unica) e una funzione gaussiana

ξ(x) =1√πσ

e−x2

σ2 eik0x . (3.3)

Si noti che nella funzione ξ(x) e stato inglobato il fattore di fase eik0x che ovviamentenon ha nulla a che vedere con la geometria della regione di iniezione, ma e dovuto alladifferenza tra l’impulso dell’elettrone nel dot, che indichiamo con kD e l’impulso deglielettroni right nel canale elicoidale, cioe kF . Definiamo quindi la variazione totale k0 =kD−kF . Tale quantita puo essere regolata mediante opportune tensioni di gate, applicateal dot e/o al sistema elicoidale [89, 90]. Si tenga presente, inoltre, che k0 e in generaleindipendente dall’energia ε0 dell’elettrone iniettato, a causa del fatto che la funzionespettrale 2 del canale right del sistema unidimensionale in presenza di interazione ha

1Questo e possibile nel momento in cui il condensatore mesoscopico opera nel regime di emissioneottimale: infatti, via via che ci si avvicina al regime di emissione risonante, si e obbligati a considerare icontributi di due livelli energetici del dot.

2La funzione spettrale sara definita nel seguito; per ora e sufficiente menzionare il fatto che essadescrive la regione nello spazio ε-k dove sono possibili eccitazioni.

60 CAPITOLO 3. INIEZIONE IN UN SISTEMA NON INTERAGENTE

pesi non nulli anche lontano dal mass shell e cio permette la presenza di eccitazioniche non rispettano la relazione di dispersione ε = uk. Quando invece le interazioni sonoassenti, l’impulso k0 e vincolato dalla relazione ε0 = vFk0, in quanto la funzione spettralesi riduce a δ(ε−vFk). Possiamo notare fin da ora che il ruolo dell’impulso k0 e irrilevantenel caso di iniezione locale, perche in questo limite si ha ξ(x) = δ(x), indipendentementeda k0. Dal punto di vista fisico questo fatto puo essere compreso facendo riferimento alprincipio di indeterminazione: dal momento che l’iniezione avviene in un punto specifico(x = 0), l’impulso kD dell’elettrone risulta completamente indeterminato e lo stesso vale,di conseguenza, per k0; pertanto quest’ultimo non puo avere alcun effetto. Un ruolorilevante e invece svolto da k0 nel caso di iniezione non locale; questo aspetto emergerain modo chiaro studiando la frazionalizzazione dell’energia nel caso interagente e quindirimandiamo la discussione di questo aspetto al Capitolo successivo.

Riassumendo, il sistema complessivo e descritto dalla Hamiltoniana

H = HLL + HD + HT , (3.4)

e si presta ad essere analizzato in modo perturbativo, utilizzando λ come parametro perl’espansione. Riscriviamo quindi la precedente equazione nella forma

H = H0 + V , (3.5)

dove H0 ≡ HLL + HD e V ≡ HT .

3.1.3 Evoluzione temporale in rappresentazione di interazione

Quando si ha a che fare con un approccio perturbativo, per determinare l’evoluzionetemporale di stati ed osservabili risulta particolarmente conveniente utilizzare la rap-presentazione di interazione, che verra ora brevemente richiamata. Dato un genericostato |ζS〉, la sua evoluzione temporale in rappresentazione di Schrodinger e determinatadall’equazione:

i∂t |ζS(t)〉 = (H0 + V ) |ζS(t)〉 . (3.6)

Lo stato |ζI(t)〉 in rappresentazione di interazione e definito dalla relazione

|ζI(t)〉 ≡ eiH0t |ζS(t)〉 . (3.7)

Da tale definizione risulta determinata l’evoluzione temporale di un generico operatoreO in rappresentazione di interazione:

OI(t) = eiH0tO(0)e−iH0t . (3.8)

Tale relazione e ottenuta imponendo che il valore medio di un generico operatore in rap-presentazione di interazione sia uguale a quello ottenuto in rappresentazione di Schrodin-ger (un valore medio, infatti, non puo dipendere dalla rappresentazione di stati e ope-ratori). Per trovare l’equazione che determina l’evoluzione temporale degli stati bastamettere insieme l’equazione di Schrodinger (3.6) e la definizione (3.7), ottenendo

i∂t |ζI(t)〉 = VI(t) |ζI(t)〉 , (3.9)

3.1. MODELLO DEL PROCESSO DI INIEZIONE 61

dove VI(t) e definito in base alla (3.8). L’Equazione (3.9) spiega il termine rappresen-tazione di interazione: l’evoluzione temporale degli stati e determinata dall’equazionedi Schrodinger dove, in luogo della Hamiltoniana completa, compare soltanto la partedi interazione. Corrispondentemente gli operatori evolvono nel tempo in base alla solaHamiltoniana libera, come evidenziato dalla (3.8). Se imponiamo la condizione iniziale|ζI(0)〉 = |ζ(0)〉 otteniamo per iterazione la soluzione seguente:

|ζI(t)〉 = |ζ(0)〉+

∞∑j=1

(−i)j∫ t

0. . .

∫ tj−1

0dt1 . . . dtj VI(t1) . . . VI(tj) |ζ(0)〉 . (3.10)

La precedente equazione e nota come serie di Dyson [91, 92] e puo essere riscritta informa esponenziale introducendo l’operatore di ordinamento temporale T che pone asinistra operatori definiti a tempi maggiori 3:

|ζI(t)〉 = T exp

[−i∫ t

0VI(τ) dτ

]|ζ(0)〉 . (3.11)

In modo analogo abbiamo per il bra 〈ζI(t)| = 〈ζS(t)| exp(−iH0t) l’equazione

− i∂t 〈ζI(t)| = 〈ζI(t)| VI(t) , (3.12)

che, similmente all’equazione per il ket, puo essere risolta ricorsivamente, avendo l’atten-zione di porre a destra gli operatori VI valutati a tempi maggiori, perche nella precedenteequazione questi operatori stanno a destra dello stato. Introducendo quindi l’operatore

di anti-ordinamento ˆT abbiamo:

〈ζI(t)| = 〈ζ(0)| ˆT exp

[i

∫ t

0VI(τ) dτ

]. (3.13)

Per calcolare il valore medio di un generico operatore O e possibile utilizzare la matricedensita [93, 94]

%(t) ≡ |ζ(t)〉 〈ζ(t)| . (3.14)

In base alle Eqs. (3.11) e (3.13) vediamo che l’evoluzione temporale della matrice densitain rappresentazione di interazione e data dall’espressione

%I(t) = T exp

[−i∫ t

0VI(τ) dτ

]%S(0) ˆT exp

[i

∫ t

0VI(τ) dτ

], (3.15)

dove %S(0) e la matrice densita all’istante iniziale.

3Ad esempio, per due operatori abbiamo

T O(t1)O(t2) = O(t1)O(t2)Θ(t1 − t2) + O(t2)O(t1)Θ(t2 − t1) ,

dove Θ(t) e la funzione gradino di Heaviside.

62 CAPITOLO 3. INIEZIONE IN UN SISTEMA NON INTERAGENTE

3.1.4 Valore medio di un operatore generico

Con il formalismo della matrice densita, il valore medio O(x, t) di un generico operatoreO(x, t) si esprime come

O(x, t) = Tr%I(t)OI(x, t) (3.16)

e risulta quindi determinato, in funzione del tempo, dalla (3.15), una volta specificatala matrice densita all’istante iniziale. A tale scopo notiamo che i possibili stati deldot sono soltanto due: indichiamo con |0〉 lo stato in cui il livello ε0 del dot e vuotoe con |1〉 lo stato in cui il livello e occupato. Al tempo iniziale t = 0 assumiamo cheil dot sia occupato e che il sistema unidimensionale sia all’equilibrio termodinamico (atemperatura T ), con numero di particelle fissato N0; allora la matrice densita al tempoiniziale e data dall’espressione

%(0) = |N0; 1〉 〈N0; 1| %LL , (3.17)

dove

%LL ≡1

ZLLe−βHLL =

exp(−βHLL)

Trexp(−βHLL)(3.18)

e la matrice densita della parte bosonica del sistema (liquido di Luttinger) e β ≡(kBT )−1, indicando con kB la costante di Boltzmann.

D’ora in avanti ci concentriamo su un operatore hermitiano e che conservi il numero diparticelle; inoltre il pedice che ricorda la rappresentazione di interazione sara sottiniteso.Esplicitando la traccia che compare in (3.16) si ha

O(x, t) =

⟨∑N

∑n=0,1

〈N ;n| %(t)O(x, t) |N ;n〉

⟩b

, (3.19)

dove 〈. . .〉b indica la media termica sui modi bosonici che, a temperatura nulla, diventa ilvalore medio sullo stato fondamentale |Ω〉. Calcoliamo il valore medio O(x, t) al secondoordine in λ. Ricordando che nel nostro caso V = HT abbiamo

T exp

[−i∫ t

0VI(τ) dτ

]= 1− i

∫ t

0dτHT (τ)−

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1HT (t2)HT (t1) + . . . ,

(3.20a)

ˆT exp

[−i∫ t

0VI(τ) dτ

]= 1 + i

∫ t

0dτHT (τ)−

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1HT (t1)HT (t2) + . . . .

(3.20b)

A questo punto, poiche abbiamo ipotizzato che l’operatore O non cambia il numero diparticelle, la sostituzione della (3.20) nella (3.19) mostra che i termini lineari in HT siannullano e porta all’espressione seguente

O(x, t) = M0(x, t) +

∫ t

0dt1

∫ t

0dt2M1(x, t, t1, t2)−

−∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1[M2(x, t, t1, t2) +M ′2(x, t, t1, t2)] , (3.21)

3.1. MODELLO DEL PROCESSO DI INIEZIONE 63

dove

M0(x, t) =

⟨∑N,n

〈N ;n| %(0)O(x, t) |N ;n〉

⟩b

, (3.22a)

M1(x, t, t1, t2) =

⟨∑N,n

〈N ;n| HT (t2)%(0)HT (t1)O(x, t) |N ;n〉

⟩b

, (3.22b)

M2(x, t, t1, t2) =

⟨∑N,n

〈N ;n| %(0)HT (t1)HT (t2)O(x, t) |N ;n〉

⟩b

, (3.22c)

M ′2(x, t, t1, t2) =

⟨∑N,n

〈N ;n| HT (t2)HT (t1)%(0)O(x, t) |N ;n〉

⟩b

. (3.22d)

Valutiamo adesso piu esplicitamente le espressioni (3.22) nel limite di bassa temperatura,in cui consideriamo l’energia termica trascurabile rispetto allo splitting dei livelli del dote alle eccitazioni del sistema elicoidale. D’ora in poi considereremo quindi per semplicitaT → 0. Ricordando la (3.17) otteniamo per M0

M0(x, t) =

⟨∑N,n

〈N ;n|N0; 1〉 〈N0; 1| O(x, t) |N ;n〉

⟩b

=⟨O(x, t)

⟩Ω. (3.23)

Questo termine rappresenta il contributo dovuto unicamente al mare di Fermi ed eindipendente dall’iniezione, pertanto in tutti i calcoli che seguono verra sottratto (inquanto ci concentriamo sugli effetti legati all’iniezione). Passiamo ora a valutare gli altritermini. Sfruttando sempre la (3.17) abbiamo

M1(x, t, t1, t2) =

⟨∑N,n

〈N ;n| HT (t2) |N0; 1〉 〈N0; 1| %LLHT (t1)O(x, t) |N ;n〉

⟩b

. (3.24)

Poiche O non cambia il numero di particelle, vediamo dall’espressione precedente chel’unico modo di ottenere un risultato non nullo e che N = N0 + 1 e n = 0. Esplicitandoanche la Hamiltoniana di tunneling abbiamo

M1(x, t, t1, t2) =⟨〈N0 + 1; 0| H+

T (t2) |N0; 1〉 〈N0; 1| %LLH−T (t1)O(x, t) |N0 + 1; 0〉⟩b

=

= |λ|2∫∫

dx1 dx2 ξ∗(x1)ξ(x2) 〈0| d(t2) |1〉 〈1| d†(t1) |0〉×

× Trψ†R(x2, t2)%LLψR(x1, t1)O(x, t) =

= |λ|2∫∫

dx1 dx2 ξ∗(x1)ξ(x2)β∗(t1)β(t2)

⟨ψR(x1, t1)O(x, t)ψ†R(x2, t2)

⟩Ω.

(3.25)

Nell’ultimo passaggio abbiamo sfruttato la proprieta di ciclicita della traccia e il fattoche essa diventa il valore medio sullo stato fondamentale nel limite di temperatura nulla.

64 CAPITOLO 3. INIEZIONE IN UN SISTEMA NON INTERAGENTE

Abbiamo inoltre definito

〈0| d(t) |1〉 ≡ β(t) . (3.26)

La funzione β(t) rappresenta quindi il termine di evoluzione temporale dell’operatore didistruzione del dot. Nel caso libero questo termine sarebbe semplicemente e−iε0t, perchelo stato |1〉 sarebbe uno stato stazionario. Tuttavia la presenza dell’accoppiamento alsistema unidimensionale tramite effetto tunnel e responsabile di un allargamento dellivello del dot e lo stato |1〉 non e piu stazionario (se lo fosse non avremmo mai iltrasferimento dell’elettrone dal dot al sistema unidimensionale). Tenendo quindi contodella larghezza γ del livello ad energia ε0 assumiamo la relazione [95]

β(t) = e−iε0te−γt . (3.27)

Chiaramente l’allargamento γ del livello del dot, che a questo stadio e un parametrofenomenologico, dipende dall’ampiezza di tunneling λ, in quanto e proprio questo pa-rametro che determina quanto e probabile il processo di trasferimento dell’elettrone daldot al sistema unidimensionale. La dipendenza di γ da λ verra determinata in modoautoconsistente in seguito.

Restano da valutare M2 e M ′2. Cominciamo dal primo dei due: sostituendo la (3.17)nella (3.22c) si ottiene

M2(x, t, t1, t2) =

⟨∑N,n

〈N ;n|N0; 1〉 〈N0; 1| %LLHT (t1)HT (t2)O(x, t) |N ;n〉

⟩b

. (3.28)

In questo caso vediamo che e necessario che N = N0 e n = 1. Questo significa che ilprocesso descritto dall’elemento di matrice M2 e un processo in cui un elettrone escedal dot, perturba il sistema 1D e poi rientra nel dot (si veda la Figura 3.2), quindinon comporta nessun trasferimento di carica dal dot al sistema elicoidale 4; tuttaviapuo indurre delle fluttuazioni che possono modificare il valore medio dell’operatore O.Usando la (3.27) otteniamo

M2(x, t, t1, t2) =⟨〈N0; 1| %LLH−T (t1)H+

T (t2)O(x, t) |N0; 1〉⟩b

=

= |λ|2∫∫

dx1 dx2 ξ∗(x1)ξ(x2)β∗(t1)β(t2)

⟨ψR(x1, t1)ψ†R(x2, t2)O(x, t)

⟩Ω.

(3.29)

Con un procedimento simile si ottiene per M ′2 la seguente espressione:

M ′2(x, t, t1, t2) = |λ|2∫∫

dx1 dx2 ξ∗(x2)ξ(x1)β∗(t2)β(t1)

⟨O(x, t)ψR(x2, t2)ψ†R(x1, t1)

⟩Ω.

(3.30)

4A conferma di questa affermazione, come dimostrato in Appendice B, l’integrale dell’elemento M2

e nullo se consideriamo come O gli operatori densita di carica ed energia.

3.1. MODELLO DEL PROCESSO DI INIEZIONE 65

Figura 3.2: Rappresentazione schematica del processo descritto dal termine M2. L’elettroneesce dal dot e vi rientra dopo avere perturbato il sistema unidimensionale, che si trovava nellostato fondamentale (il mare di Fermi e rappresentato in grigio e la perturbazione indotta erappresentata in rosso). Questo tipo di processo chiaramente non comporta il trasferimento diuna carica netta dal dot al sistema 1D.

Osserviamo che, se l’operatore O e hermitiano (come sara nei casi da noi considerati),si ha

M ′2 = M∗2 . (3.31)

Sfruttando questo fatto l’espressione (3.21) per il valore medio di O(x, t) puo essereriscritta come

O(x, t) = M0(x, t) +

∫ t

0dt1

∫ t

0dt2M1(x, t, t1, t2)− 2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1M2(x, t, t1, t2) .

(3.32)Inoltre gli elementi di matrice M1 ed M2 hanno una struttura simile e possono esserescritti in forma compatta: definendo le funzioni

Ξ(x1, x2, t1, t2) ≡ ξ∗(x1)ξ(x2)β∗(t1)β(t2) , (3.33)

K1(x, x1, x2, t, t1, t2) ≡⟨ψR(x1, t1)O(x, t)ψ†R(x2, t2)

⟩Ω, (3.34)

K2(x, x1, x2, t, t1, t2) ≡⟨ψR(x1, t1)ψ†R(x2, t2)O(x, t)

⟩Ω, (3.35)

abbiamo, per j = 1, 2,

Mj(x, t, t1, t2) = |λ|2∫∫

dx1 dx2 Ξ(x1, x2, t1, t2)Kj(x, x1, x2, t, t1, t2) . (3.36)

La funzione Ξ riassume tutti i parametri dell’iniezione eccetto la ampiezza di tunnelingλ. A questo punto e bene notare che, se si impone a priori di utilizzare per il calcolodella traccia (3.19) soltanto lo stato |N ;n〉 = |N0 + 1; 0〉, allora gli elementi M2 e M ′2risultano automaticamente nulli e il valore medio O(x, t) si esprime soltanto in terminidi M0 ed M1. In questo caso, notando la struttura delle Equazioni (3.36) e (3.34), si hache O(x, t) puo essere scritto come

O(x, t) = M0(x, t) + 〈s| O(x, t) |s〉 , (3.37)

66 CAPITOLO 3. INIEZIONE IN UN SISTEMA NON INTERAGENTE

dove lo stato |s〉 e uno stato puro, definito dalla relazione

|s〉 ≡ λ∫

dx

∫dt ξ(x)β(t)ψ†R(x, t) |Ω〉 . (3.38)

In alcuni lavori in letteratura [96–98] espressioni simili a questa sono considerate comepunto di partenza per descrivere lo stato del sistema unidimensionale a seguito dell’inie-zione. Nel formalismo che stiamo adottando, invece, una tale descrizione non e possibile,a causa dei termini M2 e M ′2, che tengono conto delle fluttuazioni indotte nel sistema1D da processi che non comportano il trasferimento di una carica netta.

Prima di proseguire il calcolo e utile osservare che, definendo

K3 ≡ K2 −K1 =⟨ψR(x1, t1)

[ψ†R(x2, t2), O(x, t)

]⟩Ω, (3.39)

si puo scrivereM2 = M1 +M3 , (3.40)

dove M3 e definita dalla (3.36) con j = 3. Notando poi che

M∗1 (x, t, t1, t2) = M1(x, t, t2, t1) (3.41)

troviamo

2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1M2(x, t, t1, t2) =

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1M1(x, t, t1, t2)+

+

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1M1(x, t, t2, t1)+

+ 2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1M3(x, t, t1, t2) . (3.42)

Effettuando ora il cambio di variabile t1 → t2 e t2 → t1 nel secondo addendo otteniamo

2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1M2(x, t, t1, t2) =

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1M1(x, t, t1, t2)+

+

∫ t

0dt1

∫ t1

0dt2M1(x, t, t1, t2)+

+ 2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1M3(x, t, t1, t2) . (3.43)

Vediamo quindi che nel primo addendo la funzione M1 e integrata sul dominio triangolareT− = (t1, t2) : t2 ∈ [0, t] e t1 < t2, mentre nel secondo addendo la stessa funzione M1

e integrata sul dominio T+ = (t1, t2) : t2 ∈ [0, t] e t1 > t2. Possiamo quindi scrivereun unico integrale sul quadrato Q = T− + T+ = (t1, t2) : t1 ∈ [0, t] e t2 ∈ [0, t] (vediFigura 3.3), ottenendo

2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1M2(x, t, t1, t2) =

∫ t

0dt1

∫ t

0dt2M1(x, t, t1, t2)+

+ 2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1M3(x, t, t1, t2) . (3.44)

3.2. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI CARICA 67

Figura 3.3: Dominio di integrazione della funzione M1 in Eq. (3.43). Grazie alla proprieta(3.41) e possibile ricondurre l’integrale di partenza, che e solo su T−, ad un integrale sul quadratoQ = T− + T+.

Sostituendo quest’ultima nella (3.32) vediamo quindi che il contributo dovuto al termineM1 si cancella e rimaniamo con

O(x, t) =⟨O(x, t)

⟩Ω− 2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1M3(x, t, t1, t2) . (3.45)

Sottraendo il valore medio rispetto al mare di Fermi abbiamo quindi dimostrato che ilcontributo (dovuto unicamente all’iniezione) al valore medio di un generico operatore Ohermitiano e che conserva il numero di particelle e dato dalla seguente espressione:

∆O(x, t) ≡ O(x, t)−⟨O(x, t)

⟩Ω

= −|λ|2 2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫dx1 dx2 ΞK3 (3.46)

3.2 Valore medio della densita di carica

In base alla relazione generale (3.46) ricavata nella Sezione precedente, siamo in grado dicalcolare il valor medio di un operatore hermitiano e che conserva il numero di particelle.L’operatore densita di carica ρ(x) = ρR(x) + ρL(x) (cfr. Eq. (2.30)) rispetta evidente-mente queste condizioni e quindi iniziamo proprio studiando il suo valor medio in seguitoall’iniezione di un singolo elettrone. Lavoriamo direttamente nel limite L→∞ 5, quindi

5Fisicamente questo corrisponde alla situazione in cui la dimensione L del sistema 1D e moltomaggiore delle altre lunghezze in gioco.

68 CAPITOLO 3. INIEZIONE IN UN SISTEMA NON INTERAGENTE

saranno trascurati i termini di modo zero nell’operatore densita. E inoltre convenienteadottare per i campi fermionici una definizione che non dipenda da L, in particolare 6

ψr(x) =1√2π

∫ +∞

−∞dk eikrxck , (3.47a)

ψ†r(x) =1√2π

∫ +∞

−∞dk e−ikrxc†k . (3.47b)

Per effettuare il calcolo dobbiamo valutare il commutatore che compare nella (3.39),che risulta essere [

ρr(x), ψ†r′(x′)]

= δr,r′δ(x− x′)ψ†r′(x′) , (3.48)

come si puo vedere facilmente esprimendo gli operatori coinvolti in termini degli operatoric e c†. Poiche stiamo considerando l’iniezione di un elettrone right mover, il commutatore(3.48) seleziona l’operatore ρ(x) = ρR(x) e quindi, gia a questo livello, vediamo chetutta la carica iniettata si spostera verso destra (in generale nella stessa direzione dipropagazione dell’elettrone iniettato). Cio significa che non si verifica nessun fenomenodi frazionalizzazione, come invece avviene in presenza dell’interazione.

Nel seguito, per brevita, si usera la notazione

z ≡ x− vF t ,zi ≡ xi − vF ti ,

(3.49)

che e particolarmente conveniente dal momento che l’evoluzione temporale dei campiright in assenza di interazione e la seguente:

ψR(x, t) = ψR(x− vF t) . (3.50)

Sfruttando il commutatore (3.48) otteniamo per K3 la seguente espressione:

K3 = −δ(z − z2)⟨ψR(z1)ψ†R(z2)

⟩Ω

=

= −δ(z − z2)1

∫ +∞

−∞dk1dk2 e

ik1z1e−ik2z2 〈Ω| ck1 c†k2|Ω〉 =

= − 1

2πδ(z − z2)

∫ ∞0

dk1 eik1(z1−z2) . (3.51)

Per calcolare l’ultimo integrale e conveniente introdurre un termine di cut-off e−k1a; allafine il risultato sara da considerare nel limite a→ 0+. Con questa procedura si ottiene

K3 = − 1

2πδ(z − z2)

1

a− i(z1 − z2). (3.52)

6Si noti che, con questa definizione, gli operatori c hanno una dimensione diversa rispetto al Capitoloprecedente. Questo non ha ovviamente alcuna influenza sul risultato finale, che puo essere anche ottenutolasciando L nella definizione dei campi fermionici ed effettuando il limite continuo alla fine.

3.2. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI CARICA 69

Sostituendo questa espressione nella (3.46) ed esplicitando i vari termini si trova

∆ρR(x, t) =|λ|2

2π2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫dx1 dx2

Ξ(x1, x2, t1, t2)

a− i(z1 − z2)δ(z − z2) . (3.53)

Possiamo ora sfruttare la funzione δ per effettuare l’integrazione rispetto ad x2 e ottenereil seguente risultato

∆ρR(x, t) =|λ|2

2π2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1

∫dx1

ξ∗(x1)ξ(z + vF t2)β∗(t1)β(t2)

a− i(z1 − z). (3.54)

3.2.1 Legame tra γ e λ

Come e facile intuire, il parametro γ, che rappresenta la larghezza del livello del dot, e ilparametro λ, che rappresenta l’ampiezza di tunneling, sono legati tra loro. Per trovarequesto legame introduciamo la quantita

N∞ ≡ limt→+∞

∫ +∞

−∞∆ρR(x, t) dx , (3.55)

che rappresenta la carica totale iniettata nel sistema unidimensionale e pertanto deveessere pari ad una carica elettronica, poiche abbiamo assunto di iniettare un singoloelettrone. Dalla precedente relazione, pero, N∞ sembra dipendere dai parametri dell’i-niezione; pertanto deve essere proprio il legame tra γ e λ a garantire che N∞ = 1. Diconseguenza questo vincolo puo essere imposto e utilizzato per trovare indirettamentetale legame. Nella relazione che troveremo, l’ampiezza di tunneling sara considerata lavariabile indipendente perche, da un punto di vista sperimentale, si riesce piu facilmentea controllare λ, che determina, a posteriori, la vita media del livello del dot.

Calcoliamo adesso N∞. L’integrazione rispetto ad x e resa banale dalla presenzadella funzione δ nella (3.53), dunque abbiamo

N∞ =|λ|2

2πlim

t→+∞2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫dx1 dx2

ξ∗(x1)ξ(x2)β∗(t1)β(t2)

a− i(z1 − z2).

Sfruttando le proprieta di simmetria per coniugazione complessa della funzione inte-granda possiamo (con la stessa procedura descritta nella Figura 3.3) riscrivere il termineprecedente come

N∞ =|λ|2

2πlim

t→+∞

∫ t

0dt1

∫ t

0dt2

∫∫dx1 dx2

ξ∗(x1)ξ(x2)β∗(t1)β(t2)

a− i(z1 − z2). (3.56)

Se ora esplicitiamo le funzioni ξ e β si ottiene un integrale che, in generale, si deverisolvere numericamente. Si riesce ad ottenere un risultato analitico nel limite γ ε0;in particolare si trova (vedasi Appendice C per i dettagli)

N∞ =|λ|2

2vFγe− ε0avF

∣∣∣∣ξ( ε0

vF

)∣∣∣∣2 , (3.57)

70 CAPITOLO 3. INIEZIONE IN UN SISTEMA NON INTERAGENTE

dove ξ denota la trasformata di Fourier di ξ, definita come

ξ(k) ≡∫ +∞

−∞dx ξ(x)e−ikx . (3.58)

Imponendo N∞ = 1, discende la relazione cercata:

γ = γ0

∣∣∣∣ξ( ε0

vF

)∣∣∣∣2 , (3.59)

dove

γ0 =|λ|2

2vFe− ε0avF , (3.60)

e la larghezza del livello nel caso di iniezione locale, in cui si ha |ξ(k)|2 = 1. Si noti cheil precedente risultato e in accordo con quanto riportato in Ref. [98]. D’ora in avanticon γ0 sara indicata la larghezza del livello nel caso di iniezione locale nel sistema noninteragente.

3.2.2 Iniezione locale

Per studiare la forma del pacchetto di densita di carica e conveniente considerare il limitedi iniezione locale. In questa situazione la formula (3.54) si semplifica notevolmente:siccome ξ(x) = δ(x), l’integrazione rispetto ad x1 e banale, mentre per quella rispetto at2 notiamo che

ξ(z + vF t2) = δ

(vF t2(1 +

z

vF)

)=

1

vFδ

(t2 +

z

vF

),

da cui

∆ρlocR (x, t) =

|λ|2

2πvF2Re

∫ t

0dt2 β(t2)δ

(t2 +

z

vF

)∫ t2

0dt1

β∗(t1)

a+ i(z + vF t1). (3.61)

A causa della presenza della funzione δ, l’integrazione rispetto a t2 e non nulla soltantose z

vF∈ [0, t]; questa richiesta porta alla condizione

0 < x < vF t . (3.62)

Questa puo essere interpretata in base al principio di causalita: essendo l’iniezione locale(in particolare in x = 0), le fluttuazioni di carica non potranno essere presenti al di fuoridell’intervallo (−vF t, vF t), in quanto il sistema e non dispersivo e tutte le eccitazionisi propagano con velocita vF . Questo spiega il vincolo x < vF t. Il limite inferiore einvece spiegato se ricordiamo che e stato iniettato un elettrone right e, quindi, tutte leeccitazioni si propagano verso destra; di conseguenza le fluttuazioni di carica possonoessere presenti solo per x > 0. Traducendo queste condizioni utilizzando funzioni Θscriviamo

∆ρlocR (x, t) =

|λ|2

2πvFΘ(x)Θ(−z) 2Re

∫ −z/vF0

β∗(t1)β(−z/vF )

a+ i(z + vF t1)dt1 . (3.63)

3.2. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI CARICA 71

Esplicitando le funzioni β (cfr. Eq. (3.27)) e facendo il cambio di variabile s = t1 +z/vFsi ottiene il risultato finale:

∆ρlocR (x, t) =

|λ|2

2πvFΘ(x)Θ(−z)e2γ0z/vF 2Re

∫ 0

z/vF

β∗(s)

a+ iusds . (3.64)

Se ora ricordiamo il legame tra γ0 e λ (3.60), valido nel limite di iniezione locale enell’ipotesi γ ε0, possiamo riscrivere ulteriormente

∆ρlocR (x, t) =

2γ0

vFe2γ0z/vFΘ(x)Θ(−z) Re[Cρ(z, ε0, γ0, a)] , (3.65)

dove

Cρ(z, ε0, γ0, a) ≡ vFeε0a/vF

π

∫ 0

z/vF

β∗(s)

a+ iusds . (3.66)

Da questa espressione e evidente che il profilo di densita di carica ha un andamentoesponenziale, moltiplicato da un termine correttivo dovuto alla presenza del mare diFermi, che viene eccitato nel processo di iniezione.

ΔρR (γ0=0.1ϵ0)

2γ0 e-2 γ0 t

5 10 15 20t [ϵ0-1]

0.05

0.10

0.15

0.20

ΔρR ϵ0vF-1

(a)

ΔρR (γ0=0.05ϵ0)

2γ0 e-2 γ0 t

10 20 30 40t [ϵ0-1]

0.02

0.04

0.06

0.08

0.10

ΔρR ϵ0vF-1

(b)

ΔρR (γ0=0.02ϵ0)

2γ0 e-2 γ0 t

20 40 60 80 100t [ϵ0-1]

0.01

0.02

0.03

0.04

ΔρR ϵ0vF-1

(c)

ΔρR (γ0=0.01ϵ0)

2γ0 e-2 γ0 t

50 100 150 200t [ϵ0-1]

0.005

0.010

0.015

0.020

ΔρR ϵ0vF-1

(d)

Figura 3.4: Pacchetti di densita di carica per diversi valori di γ0; la curva blu (continua)rappresenta ∆ρR(t) ad x > 0 fissato, mentre la curva arancione (tratteggiata) e un profiloesponenziale di area unitaria. I grafici sono stati ottenuti ponendo ε0a/vF = 1/40.

Per visualizzare il profilo del pacchetto possiamo fare due scelte alternative. Laprima consiste nel guardare il pacchetto in funzione della posizione ad un istante di

72 CAPITOLO 3. INIEZIONE IN UN SISTEMA NON INTERAGENTE

tempo fissato, come se si scattasse una fotografia. Naturalmente per visualizzare l’interopacchetto occorre che l’istante di tempo scelto sia almeno maggiore di γ−1. In alternativasi puo fare un grafico di ∆ρR in funzione del tempo ad x > 0 fissato. Questa situazionecorrisponde ad avere un detector in x = x che misura la corrente in funzione del tempo(infatti basta moltiplicare la densita di carica per vF e si ottiene proprio la corrente);pertanto scegliamo la seconda alternativa. Il risultato ottenuto e riportato in Figura 3.4.

γ0=0.1ϵ0

γ0=0.05ϵ0

γ0=0.02ϵ0

γ0=0.01ϵ0

5 10 15 20 25 30t [ϵ0-1]

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

Re(Cρ)

Figura 3.5: Andamento del fattore correttivo Cρ al variare del rapporto ε0/γ0 = 10, 20, 50, 100.Si nota che all’aumentare di tale rapporto la funzione Cρ diventa costante e unitaria. Sono ancheevidenti le oscillazioni, il cui periodo e controllato da ε0.

Ritorniamo ora sulla questione delle correzioni all’andamento esponenzale dovute almare di Fermi, espresse dal termine Cρ. Nel limite ε0 γ ci si aspetta che tale terminesia una semplice costante moltiplicativa, perche in tale regime il contributo del mare diFermi e trascurabile, dal momento che ε0 γ implica che l’energia del livello del dot emolto ben definita. Ci aspettiamo inoltre che tale costante sia unitaria, perche il termineesponenziale che moltiplica Cρ e normalizzato ad uno e l’integrale della ρR deve essereanch’esso unitario, fatto che e stato utilizzato per trovare il legame tra γ e λ. Questo eproprio quello che succede, come si puo osservare dalla Figura 3.5; pertanto al cresceredi ε0/γ0 la densita di carica (3.66) ha un andamento che si avvicina sempre piu adun esponenziale decrescente di area unitaria (cfr. Fig. 3.4). Come commento conclusivonotiamo che il termine Cρ e responsabile delle oscillazioni presenti nel pacchetto didensita di carica; si vede chiaramente che il periodo di tali oscillazioni e 2πε−1

0 e nondipende da γ0.

3.3 Valore medio della densita di energia

Lo studio della densita di carica ha permesso di ricavare il legame tra l’allargamentoγ del livello del dot e ampiezza di tunneling λ, nonche di evidenziare in che modo lapresenza del mare di Fermi si ripercuote sull’iniezione. Quest’ultima non solo aggiunge

3.3. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI ENERGIA 73

una carica al sistema 1D, ma vi trasferisce anche energia: ci concentriamo quindi sullostudio dell’evoluzione temporale della densita di energia. La relazione tra γ e λ sarafondamentale per avere informazioni sull’energia totale trasferita al sistema 1D, mentrevedremo che gli effetti del mare di Fermi mantengono una certa somiglianza con quantovisto per la densita di carica. L’operatore densita di Hamiltoniana

HR(x, t) =vF2

[: ψ†R(x, t)(−i∂x)ψR(x, t) : + : ψR(x, t)(i∂x)ψ†R(x, t) :

](3.67)

rispetta le condizioni di applicabilita della (3.46), che puo quindi essere usata anche inquesto contesto. Si noti che abbiamo scritto direttamente H (x, t) = HR(x, t) perche,essendo nel regime non interagente, il termine HL(x, t) non da contributo, siccome com-

muta con ψ†R(x′, t′). Procedendo sulla stessa linea seguita per il calcolo del valor mediodella densita di carica, valutiamo preliminarmente il commutatore che compare in (3.39):

[HR(z), ψ†R(z2)

]=vF2

1

(2π)3/2

∫ +∞

−∞dk dk′ dk2

k′e−ikzeik

′ze−ik2z2[c†k ck′ , c

†k2

]+

+k′eikze−ik′ze−ik2z2

[c†k′ ck, c

†k2

]. (3.68)

Sfruttando l’identita[AB, C

]= A

C, B

−C, A

B per calcolare i commutatori degli

operatori fermionici otteniamo:

[HR(z), ψ†R(z2)

]=vF2

[1√2π

∫ +∞

−∞dke−ikz c†k

1

∫ +∞

−∞dk′k′eik

′(z−z2)+

+1√2π

∫ +∞

−∞dk′ k′e−ik

′z c†k′1

∫ +∞

−∞dkeik(z−z2)

]=

=vF2

[1

ivFψ†R(x, t)∂t2δ(z − z2) + (i∂x)ψ†R(x, t)δ(z − z2)

]. (3.69)

Utilizziamo ora questo risultato per ricavare la funzione K3 definita in (3.39), conO(x, t) = HR(x, t). Esplicitando i campi fermionici abbiamo:

K3 = −vF2

1

∫ +∞

−∞dk

∫ +∞

−∞dk1

[eik1z1e+ikz 1

ivF∂t2δ(z − z2)

⟨ck1 c

†k

⟩Ω

+

+keik1z1e−ikzδ(z − z2)⟨ck1 c

†k

⟩Ω

]=

= −vF2

1

∫ +∞

0dk eik(z1−z)

[1

ivFδ(z − z2) + kδ(z − z2)

]. (3.70)

74 CAPITOLO 3. INIEZIONE IN UN SISTEMA NON INTERAGENTE

Per proseguire introduciamo un cut-off e−ka e calcoliamo l’integrale ottenendo

K3 = −vF2

1

[1

ivF∂t2δ(z − z2)

e[i(z1−z)−a]k

i(z1 − z)− a

∣∣∣∣∣+∞

0

+

+δ(z − z2)e[i(z1−z)−a]k

i(z1 − z)− a

(k − 1

i(z1 − z)− a

) ∣∣∣∣∣+∞

0

]=

= −vF2

1

[1

ivF

1

a− i(z1 − z)∂t2δ(z − z2) +

1

[a− i(z1 − z)]2δ(z − z2)

]. (3.71)

Abbiamo quindi dalla (3.46) il risultato finale

∆HR(x, t) =|λ|2vF

2πRe

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫dx1 dx2 Ξ

[1

ivF

1

a− i(z1 − z)∂t2δ(z − z2)+

+1

[a− i(z1 − z)]2δ(z − z2)

].

(3.72)

3.3.1 Iniezione locale

Consideriamo ora il limite di iniezione locale. In questo caso le integrazioni sulle variabilispaziali sono banali e il risultato precedente si riduce a

∆HR(x, t) =|λ|2vF2πa2

Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1 β

∗(t1)β(t2)

[a

iv2F

∂t2δ

(t2 +

z

vF

)a

a+ i(z − vF t1)+

+1

vFδ

(t2 +

z

vF

)(a

a+ i(z + vF t1)

)2]

=

≡ ∆H AR (x, t) + ∆H B

R (x, t) . (3.73)

Calcoliamo separatamente i due termini, cominciando dal secondo che e piu semplice.Sfruttando la funzione δ per effettuare l’integrale rispetto a t2 si ottiene

∆H BR (x, t) =

|λ|2vF2πa2

Re

∫ −z/vF0

dt1β∗(t1)β

(− z

vF

)[a

a+ i(z + vF t1)

]2

Θ(x)Θ(−z) ,

(3.74)dove le funzioni Θ derivano dalla condizione 0 < t2 < t. Esplicitando le funzioni β efacendo il cambio di variabile s = t1 + z/vF abbiamo

∆H BR (x, t) =

|λ|2vF2πa2

Θ(x)Θ(−z)e2γ zvF Re

∫ 0

z/vF

ds β∗(s)

[a

a+ ivF s

]2

. (3.75)

3.3. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI ENERGIA 75

Per calcolare invece il primo addendo della (3.73) effettuiamo un’integrazione per partiottenendo

∆H AR (x, t) =

|λ|2vF2πa2

Re

a

iv2F

(t2 +

z

vF

)β(t2)

∫ t2

0dt1 β

∗(t1)a

a+ i(z + vF t1)

]t2=t

t2=0

+

+ia

v2F

∫ t

0dt2 δ

(t2 +

z

vF

)∂t2

∫ t2

0dt1 β

∗(t1)β(t2)a

a+ i(z+vF t1)

. (3.76)

Il termine di bordo che compare come primo addendo nella (3.76) puo essere trascurato.Infatti, per t2 = 0, l’integrale rimanente ha gli stessi estremi e quindi e nullo per defi-nizione; per t2 = t otteniamo zero se consideriamo che, per tempi t γ−1, la funzioneβ(t2) si annulla. Si noti che considerare t γ−1 significa aspettare sufficientemente alungo affinche l’iniezione sia terminata. Fatte queste considerazioni calcoliamo il secondoaddendo della (3.76). Derivando rispetto a t2 si ottengono due termini:

∆H AR (x, t) =

|λ|2

2πa2Re

ia

vF

∫ t

0dt2 δ

(t2 +

z

vF

)[∫ t2

0dt1(−iε0 − γ)

aβ∗(t1)β(t2)

a+ i(z + vF t1)+

+β∗(t2)β(t2)

a+ i(z + vF t2)

]. (3.77)

Infine sfruttando la funzione δ per fare l’integrale rispetto a t2 otteniamo

∆H AR (x, t) =

|λ|2

2πa2Θ(x)Θ(−z)Re

[a(ε0 − iγ)

vF

∫ −z/vF0

dt1 β∗(t1)β

(− z

vF

)a

a+ i(z + vF t1)+

+ia

vF

∣∣∣∣β(− z

vF

)∣∣∣∣2] , (3.78)

dove la cancellazione e dovuta al fatto che il secondo termine e immaginario puro e lefunzioni Θ derivano, come al solito, dalla condizione 0 < t2 < t.

Mettendo insieme i risultati (3.75), (3.78) e ricordando il legame (3.60) tra γ0 e λ siottiene quanto segue:

∆HR(x, t) =2γ0

vFe

2γ0zvF Θ(x)Θ(−z)Re [IH (z, ε0, γ0, a)] , (3.79)

dove abbiamo definito

IH (z, ε0, γ0, a) ≡ CH (z, ε0, γ0, a) +(ε0 − iγ)

2Cρ(z, ε0, γ0, a) , (3.80)

con Cρ espresso dall’Equazione (3.66) e

CH (z, ε0, γ0, a) ≡v2F

2πa2eε0a/vF

∫ 0

z/vF

ds β∗(s)

[a

a+ ivF s

]2

. (3.81)

76 CAPITOLO 3. INIEZIONE IN UN SISTEMA NON INTERAGENTE

0 5 10 15 20t [ϵ0-1]

0.05

0.10

0.15

0.20

0.25

0.30

ΔℋR ϵ02vF

-1

(a)

γ0=0.1ϵ0

γ0=0.05ϵ0

γ0=0.01ϵ0

0 5 10 15 20t [ϵ0-1]

0.6

0.8

1.0

1.2

1.4Re(ℐℋ )

(b)

Figura 3.6: Pannello (a). Pacchetto di densita di energia (in unita ε20v−1F ) in funzione del tempo

ad x > 0 fissato. Il grafico e stato ottenuto con i valori γ0 = 0.1ε0 e ε0a/vF = 1/40. Pannello (b).Andamento del fattore correttivo per diversi valori di ε0/γ0; all’aumentare di questo rapporto iltermine di correzione si avvicina sempre piu ad una costante.

Vediamo quindi che il profilo di densita di energia mantiene, come per la densitadi carica, un andamento esponenziale decrescente, modificato da un termine correttivo,espresso dalla funzione IH . Quest’ultima e composta da due termini: uno analogo aquello che si aveva per la densita di carica e uno (CH ) in cui la funzione integrandaha l’esponente aumentato di uno rispetto a quello del termine Cρ. Il termine CH eresponsabile di una divergenza per t = 0 quando a→ 0. Di conseguenza le caratteristichedel pacchetto per t ≈ 0 sono largamente dipendenti dal valore del cut-off. La presenzadella divergenza in t = 0 e dovuta alla natura del processo di iniezione. Abbiamoinfatti assunto che questa inizi in modo istantaneo a t = 0; pertanto il segnale chedescrive la corrente di scarica del dot ha un salto a t = 0, ovvero contiene componentiad alta frequenza. Queste eccitano gran parte dei modi energetici, dando origine alpicco. Vedremo che queste caratteristiche sono mantenute anche nel caso interagente. Ilpacchetto di densita di energia (in funzione del tempo ad x > 0 fissato) che si ottienedalla (3.79) e il fattore correttivo IH sono visualizzati in Figura 3.6.

3.3.2 Energia totale immessa nel sistema

Un problema rilevante per il presente studio e capire come l’energia totale immessanel sistema unidimensionale a seguito dell’iniezione dipenda dai parametri dell’iniezionestessa. In questa Sezione dimostriamo che, nel caso in cui γ ε0, l’energia immessa nelsistema 1D e esattamente ε0, indipendentemente da qualsiasi parametro. Tale caratte-ristica e mantenuta anche nel caso di iniezione in un sistema interagente, come vedremonel prossimo Capitolo.

L’energia totale immessa nel sistema e l’integrale della densita di energia effettuatoquando l’iniezione e terminata; in formule

ER = limt→+∞

∫ +∞

−∞dx∆HR(x, t) . (3.82)

3.3. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI ENERGIA 77

Partendo dal risultato generale (3.72) vediamo che l’integrazione del secondo addendoe banale a causa della presenza della funzione δ; per effettuare l’integrazione del primoaddendo conviene riscrivere la derivata della δ rispetto ad x. Complessivamente abbiamo

ER =|λ|2vF4πa2

2Re

∫ +∞

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫dx1 dx2 Ξ(x1, x2, t1, t2)

[a

a− i(z1 − z2)

]2

+

+|λ|2vF

4π2Re

∫ +∞

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫dx1 dx2

∫ +∞

−∞dx

Ξ(x1, x2, t1, t2)

a− i(z1 − z)(−i)∂xδ(z − z2) .

(3.83)

Calcolando il secondo addendo con un’integrazione per parti e notando che il termine dibordo si annulla, vediamo che i due addendi diventano identici, percio rimaniamo con

ER =|λ|2vF2πa2

2Re

∫ +∞

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫dx1 dx2 Ξ(x1, x2, t1, t2)

[a

a− i(z1 − z2)

]2

.

(3.84)Notando ora che la complessa coniugata della funzione integranda e uguale alla funzionestessa con t1 e t2 scambiati, possiamo usare la procedura descritta nella Figura (3.3) eottenere

ER =|λ|2vF2πa2

∫ +∞

0dt1

∫ +∞

0dt2

∫∫dx1 dx2 ξ

∗(x1)ξ(x2)β∗(t1)β(t2)

[a

a− i(z1 − z2)

]2

.

(3.85)A questo punto notiamo che l’ultimo fattore che compare nell’integranda e esattamentela funzione P2,+, definita in Appendice A e qui riportata:

Pg,η(x) =

(a

a− iηx

)g=⇒

[a

a− i(z1 − z2)

]2

= P2,+(z1 − z2) . (3.86)

Di conseguenza puo essere espressa in termini della trasformata di Fourier (vedasi Eq.(A.9))

P2(E) = 2π

(a

vF

)2

E e−EavF Θ(E) (3.87)

nella forma seguente (cfr. Eq. (A.13)):[a

a− i(z1 − z2)

]2

=

∫ +∞

−∞

dE

2πP2(E)e

i EvF

(z1−z2). (3.88)

Sostituendo la precedente nella (3.85), con un calcolo del tutto analogo a quello riportatoin Appendice C per il termine di normalizzazione N∞, si ottiene (nella formula seguenteωc = a/vF ):

ER =|λ|2vF2πa2

∫ +∞

−∞

dE

2πP2(E)|β(−E)|2

∣∣∣∣ξ( E

vF

)∣∣∣∣2 =

=|λ|2

2πvF

∫ +∞

0dE Ee−

Eωc |β(−E)|2

∣∣∣∣ξ( E

vF

)∣∣∣∣2 . (3.89)

78 CAPITOLO 3. INIEZIONE IN UN SISTEMA NON INTERAGENTE

Dalla formula precedente vediamo che, in generale, l’energia immessa nel sistema dipendedai parametri dell’iniezione; questo pero non e piu vero nel caso in cui γ ε0. Laragione e, sostanzialmente, che in questo limite diventa irrilevante il ruolo del mare diFermi durante il processo di iniezione (infatti la condizione γ ε0 significa che il livellodel dot e molto stretto rispetto all’energia in gioco ε0 e quindi la distribuzione in energiadi tale livello ha una sovrapposizione trascurabile con il mare di Fermi: si veda la Figura3.7). Per dimostrare che ER non dipende dai parametri dell’iniezione basta utilizzare

(a) (b)

Figura 3.7: Rappresentazione schematica della distribuzione in energia del livello del dot. Sipuo notare che quando γ e confrontabile con ε0 (pannello a sinistra) la sovrapposizione con ilmare di Fermi, rappresentato in grigio, e rilevante, mentre per γ ε0 (pannello a destra) talesovrapposizione e trascurabile e quindi ci si aspetta che il ruolo del mare di Fermi sia irrilevante.

l’approssimazione (C.6) per la funzione β, ottenendo

ER =|λ|2

2vFγe−

ε0ωc

∣∣∣∣ξ( ε0

vF

)∣∣∣∣2 ε0 = N∞ε0 = ε0 . (3.90)

Infine analizziamo il caso generale senza fare alcuna approssimazione. A tal fineutilizziamo la (C.3) e il vincolo N∞ = 1 per eliminare λ dalla (3.89) e risolviamo nume-ricamente gli integrali che si ottengono. Il risultato e visualizzato in Figura 3.8, dove eriportato il density plot dell’energia totale immessa nel sistema unidimensionale in fun-zione di γ e σ. Dal grafico possiamo evidenziare alcuni aspetti degni di nota. Come giadiscusso, si osserva che, quando γ ε0, l’energia immessa e proprio ε0 indipendente-mente da σ. Se invece fissiamo σ e aumentiamo γ vediamo che l’energia immessa risultatanto maggiore di ε0 quanto piu γ diventa confrontabile con esso; questo comportamen-to e dovuto alla presenza del mare di Fermi: quest’ultimo, infatti, taglia la coda delladistribuzione nella regione dove questa si sovrappone ad esso e quindi rende la distribu-zione asimmetrica rispetto ad ε0, di modo che le componenti con E > ε0 abbiano pesomaggiore (si veda la Fig. 3.7). Notiamo infine che la dipendenza da σ ha la caratteristi-ca opposta: all’aumentare di σ (con γ fissato) l’energia iniettata diminuisce e tende ad

3.3. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI ENERGIA 79

ε0. Questo comportamento puo essere compreso in base al principio di indeterminazio-ne: l’aumentare della larghezza della regione di iniezione significa un’indeterminazionesempre maggiore sulla posizione dell’elettrone e, di conseguenza, una definizione sempremigliore dell’impulso k0

7. Ma quest’ultimo deve essere proprio ε0/vF dal momento che,nel regime non interagente, energia ed impulso sono legati dalla relazione ε = vFk.

1.01

1.05

1.1

1.2

0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

γ [ϵ0]

σ [vFϵ 0

-1 ]

ℰR [ϵ0]

1.0

1.1

1.2

1.3

1.4

1.5

Figura 3.8: Energia totale immessa nel sistema 1D a seguito dell’iniezione di un singolo elet-trone in funzione di γ (asse orizzontale, unita ε0) e di σ (asse verticale, unita vF ε

−10 ). Le linee

tratteggiate sono le curve di livello sulle quali l’energia e costante e assume il valore (in unita diε0) indicato accanto ad esse. Il grafico e stato ottenuto ponendo ε0a/vF = 1/40.

7Ricordiamo che k0 = kD − kF , dove kD e l’impulso dell’elettrone nel dot e kF e l’impulso deglielettroni nel canale unidimensionale.

CAPITOLO 4Iniezione in un sistema

interagente

Un sistema unidimensionale interagente presenta caratteristiche molto peculiari. Traqueste e particolarmente interessante il fenomeno detto frazionalizzazione, a causa delquale alcune grandezze fisiche risultano “frazionate” rispetto al caso non interagente. Laprima di queste grandezze ad essere studiata dal punto di vista teorico e stata la densitadi carica [99–101]: si dimostra che l’iniezione di un elettrone in un sistema unidimen-sionale interagente produce due eccitazioni che si propagano in direzioni opposte e chetrasportano una frazione della carica elementare determinata dall’intensita dell’intera-zione. Recenti studi [102–104] hanno dimostrato che, in liquidi elicoidali, anche il gradodi liberta di spin subisce un simile processo di frazionalizzazione. Dal punto di vistasperimentale, la prima prova, anche se indiretta, della frazionalizzazione della carica sideve all’esperimento del gruppo di Yacoby [105], confermato recentemente dalla primaosservazione diretta, realizzata nel 2014 dal gruppo di Fujisawa [106, 107]. In tali espe-rimenti l’iniezione non e stata ottenuta con un emettitore di singoli elettroni e quindii pacchetti di carica introdotti nel sistema interagente corrispondevano in ogni caso amolti elettroni.

In questo Capitolo si considera invece l’iniezione da parte di un condensatore me-soscopico in un liquido elicoidale interagente, potendosi quindi concentrare sugli effettidovuti ad un singolo elettrone ed estendendo quanto sviluppato nel Capitolo 3. Il pun-to di partenza e sempre il modello generale del processo di iniezione presentato nellaSezione 3.1; tuttavia, diversamente dal caso non interagente, per affrontare il problemasara necessario fare uso della tecnica della bosonizzazione presentata nel Capitolo 2. LaSezione 4.1 e dedicata allo studio dell’evoluzione del valore medio della densita di carica:si ritrova il noto risultato della frazionalizzazione della carica e si dimostra che esso eindipendente dal processo di iniezione; si e inoltre in grado di studiare il profilo di densitadi carica in funzione dei parametri dell’iniezione. Nella Sezione 4.2 ci si concentra sullostudio dell’evoluzione del valore medio della densita di energia a seguito dell’iniezione di

81

82 CAPITOLO 4. INIEZIONE IN UN SISTEMA INTERAGENTE

un singolo elettrone. Questo argomento costituisce la tematica piu innovativa di questatesi. Un precedente articolo teorico [35] ha infatti considerato una configurazione incorrente continua, mostrando che, diversamente dalla quanto avviene per la carica, lafrazionalizzazione dell’energia puo dipendere anche dai dettagli del processo di iniezione.In tale articolo sono stati considerati i casi limite di iniezione locale e di iniezione estesatra due fili quantici; non esiste, tuttavia, uno studio dettagliato della dinamica delladensita di energia a seguito dell’iniezione di un singolo elettrone.

4.1 Valore medio della densita di carica

In questo Capitolo discutiamo l’iniezione in un sistema interagente. La configurazioneconsiderata e la stessa di quella presentata nel Capitolo 3: un condensatore mesoscopicosvolge il ruolo di sorgente di singoli elettroni e il sistema interagente e costituito daglistati di bordo di un isolante topologico, come schematizzato in Figura 4.1. Ricordiamoche la presenza di potenziali elettrostatici nella regione del dot scherma le interazioni,permettendo di considerare l’iniettore come sistema non interagente, come gia discussonel Capitolo precedente. Prima di iniziare la trattazione richiamiamo alcuni risultati

Figura 4.1: Schematizzazione dell’iniezione dal condensatore mesoscopico negli stati di bordoelicoidali. I canali rappresentati si riferiscono alla situazione non interagente.

generali ottenuti nel Capitolo precedente, che possono essere applicati anche in presenzadi interazioni. In particolare, il valor medio di un generico operatore O(x, t) (hermitianoe che conserva il numero di particelle) si esprime mediante la (3.46):

∆O(x, t) = −|λ|2 2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫dx1 dx2 ΞK3 . (4.1)

In questa espressione la funzione K3 e definita dalla (3.39)

K3 =⟨ψR(x1, t1)

[ψ†R(x2, t2), O(x, t)

]⟩Ω, (4.2)

mentre la funzione

Ξ(x1, x2, t1, t2) = ξ∗(x1)ξ(x2)β∗(t1)β(t2) , (4.3)

4.1. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI CARICA 83

gia definita in (3.33), racchiude i parametri del processo di iniezione: la larghezza γ dellivello del dot, l’estensione σ della regione di tunneling e la differenza k0 = kD − kF tral’impulso dell’elettrone nel dot e l’impulso degli elettroni right nel sistema 1D.

In questa Sezione ci occupiamo di determinare l’evoluzione temporale della densitadi carica, quindi applicheremo le formule appena ricordate con O(x, t) = ρ(x, t). Peril calcolo e utile esprimere l’operatore densita ρ(x, t) in termini degli operatori chiraliρη(x, t), dove l’indice η = ± e associato alla direzione di propagazione (vedasi anche nelseguito):

ρ(x, t) =∑η

ρη(x, t) . (4.4)

Questi ultimi sono legati ai campi bosonici chirali φη(x, t), che diagonalizzano la Ha-miltoniana del modello di Luttinger, dalla relazione (2.90), che riportiamo sotto percomodita:

ρη(x, t) = −η√K

2π:∂xφη(x, t) : . (4.5)

Il vantaggio di questa scrittura consiste nel fatto che l’evoluzione temporale dei campiφη e una semplice traslazione anche in presenza delle interazioni:

φη(x, t) = φη(x− ηut) , (4.6)

essendo u la velocita rinormalizzata dalle interazioni (si veda la (2.78a)) 1. Per calco-

lare K3 nella (4.2) abbiamo bisogno del commutatore tra ψ†R e ρ; dalla (4.4) e chiaro

che e sufficiente calcolare il commutatore tra ψ†R e ρη per ottenere il risultato finale.

Utilizzando l’identita di bosonizzazione per ψ†R e la (4.5) si ricava[ψ†R(x2, t2), ρη(x, t)

]= −

√K

2πη[ψ†R(x2, t2), ∂xφη(x, t)

]=

= −√K

η√2πa

[ei√

2πφR(x2,t2), ∂xφη(x, t)]. (4.7)

Poiche[φR, ∂xφη

]∈ C, e possibile usare l’identita[

A, eB]

=[A, B

]eB , (4.8)

che deriva dalla formula di Baker-Hausdorff ed e valida ogniqualvolta[A, B

]∈ C (si

veda ad es. [56]). Sfruttando la precedente otteniamo:[ψ†R(x2, t2), ∂xφη(x, t)

]=

1√2πa

ei√

2πφR(x2,t2)[i√

2πφR(x2, t2), ∂xφη(x, t)]

=

=[i√

2πφR(x2, t2), ∂xφη(x, t)]ψ†R(x2, t2) . (4.9)

1Per semplicita nel seguito considereremo la relazione u = vFK−1, valida nel caso in cui g2 = g4;

altri tipi di interazione possono tuttavia essere considerati senza difficolta.

84 CAPITOLO 4. INIEZIONE IN UN SISTEMA INTERAGENTE

Per proseguire esprimiamo il campo φR in termini dei campi chirali φη secondo leEquazioni (2.86a), (2.87):

φR(x, t) =∑η

Aηφη(x, t) , Aη =1

2

(1√K

+ η√K

). (4.10)

Utilizziamo poi il commutatore (2.33f), ottenendo[ψ†R(x2, t2), ∂xφη(x, t)

]= i√

2π∑η′Aη′

[φη′(x2, t2), ∂xφη(x, t)

]=

=√

2πηAηa/π

a2 + (z2,η − zη)2ψ†R(x2, t2) , (4.11)

dove, in analogia con le relazioni (3.49), si e definito

zη = x− ηut , (4.12a)

zi,η = xi − ηuti . (4.12b)

Si noti che spesso viene effettuato il limite a → 0+ direttamente nel commutatore e siscrive

a/π

a2 + (z2,η − zη)2→ δ(z2,η − zη) . (4.13)

Tuttavia, dal momento che nello svolgimento del calcolo si incontreranno altre espressioniche dipendono esplicitamente dal cut-off, e bene mantenere l’espressione generale (4.11)per poi effettuare il corretto procedimento di limite. Sostituendo quest’ultima nella (4.7)e ricordando che η2 = 1 si ha[

ψ†R(x2, t2), ρη(x, t)]

= −√KAη

a/π

a2 + (z2,η − zη)2ψ†R(x2, t2) . (4.14)

Da questa otteniamo immediatamente K3, che scriviamo nella forma K3 = K+3 + K−3 ,

dove

Kη3 = −

√KAη

a/π

a2 + (z2,η − zη)2

⟨ψR(x1, t1)ψ†R(x2, t2)

⟩Ω. (4.15)

Per un uso successivo definiamo i coefficienti

Qη ≡√KAη =

1 + ηK

2, (4.16)

con η = ±, che, come vedremo, controllano la frazionalizzazione della carica.

Concentriamoci adesso sul valore medio nella (4.15), che riscriviamo utilizzandol’identita di bosonizzazione e la (2.86a):⟨

ψR(x1, t1)ψ†R(x2, t2)⟩

Ω=

1

2πa

⟨e−i√

2π∑η Aηφη(z1,η)ei

√2π∑η′ Aη′ φη′ (z2,η′ )

⟩Ω. (4.17)

4.1. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI CARICA 85

I campi con diverso η commutano e sono totalmente disaccoppiati, dunque le loro mediefattorizzano. Abbiamo allora l’ulteriore semplificazione⟨

ψR(x1, t1)ψ†R(x2, t2)⟩

Ω=

1

2πa

∏η

⟨e−i√

2πAηφη(z1,η)ei√

2πAηφη(z2,η)⟩

Ω. (4.18)

In definitiva ci siamo ridotti al calcolo di un correlatore di campi bosonici. Per calcolaretale correlatore siamo agevolati da una notevole identita, per la cui dimostrazione sirimanda, ad esempio, a [56]: dati N operatori O1, . . . , ON che siano lineari negli operatori

bosonici B e B† e tali che[Oi, Oj

]∈ C ∀i < j, se la Hamiltoniana e quadratica negli

operatori B e B†, allora

⟨eO1 . . . eON

⟩= exp

1

2

N∑j=1

⟨O2j

⟩+∑i<j

⟨OiOj

⟩ . (4.19)

Queste condizioni sono verificate dai campi φη; sfruttando l’identita (4.19) con N = 2 e

O1 = −i√

2πAηφη(z1,η) ,

O2 = +i√

2πAηφη(z2,η) ,

otteniamo ⟨ψR(x1, t1)ψ†R(x2, t2)

⟩Ω

=1

2πa

∏η

e2πA2ηGη(z1,η ;z2,η) , (4.20)

dove abbiamo definito le funzioni di Green

Gη(z1,η; z2,η) ≡⟨φη(z1,η)φη(z2,η)

⟩− 1

2

⟨φ2η(z1,η)

⟩− 1

2

⟨φ2η(z2,η)

⟩. (4.21)

Nella scrittura precedente abbiamo gia sfruttato il fatto che, per via della chiralita deicampi φη, il correlatore Gη non dipende da (xi, ti) separatamente, ma solo dalle combi-nazioni xi − ηuti. Inoltre ricordiamo che stiamo considerando un sistema omogeneo equindi invariante per traslazioni. Pertanto abbiamo come ulteriore semplificazione cheil correlatore dipende solo dalla differenza delle coordinate spaziali. Dunque la funzioneGη dipende solo da una variabile e si scrive

Gη(y) =⟨φη(y)φη(0)

⟩−⟨φ2η(0)

⟩. (4.22)

Si puo dimostrare (si veda Appendice E) che la funzione di Green (4.22) e data, atemperatura nulla, dall’espressione seguente:

Gη(y) =1

2πln

a

a− iηy. (4.23)

Sostituendo la (4.20) nella (4.15) abbiamo l’espressione finale per Kη3 :

Kη3 = −Qη

a/π

a2 + (z2,η − zη)2

∏η′e

2πA2η′Gη′ (z1,η′−z2,η′ ) . (4.24)

86 CAPITOLO 4. INIEZIONE IN UN SISTEMA INTERAGENTE

Mettendo insieme (4.24) e (4.1) abbiamo l’espressione del valore medio della densita dicarica che si propaga in una data direzione:

∆ρη(x, t) =|λ|2

πaQη Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫dx1 dx2

a

π

Ξ(x1, x2, t1, t2)

a2 + (z2,η − zη)2B(x1, x2, t1, t2) ,

(4.25)dove Ξ e data in (4.3) e la funzione B e definita da

B(x1, x2, t1, t2) ≡∏η

e2πA2ηGη(z1,η−z2,η) . (4.26)

Si noti che la funzione B non dipende da η, come si vede chiaramente esplicitando ilprodotto e usando la (4.23):

B(x1, x2, t1, t2) =

[a

a− i(z1,+ − z2,+)

]A2+[

a

a+ i(z1,− − z2,−)

]A2−

=

=

[a

a+ i((x2 − x1) + u(t1 − t2))

]A2+[

a

a+ i((x1 − x2) + u(t1 − t2))

]A2−.

(4.27)

Cerchiamo adesso di semplificare il piu possibile il risultato ottenuto. Innanzitut-to, in base all’ultima espressione data per la funzione B, notiamo che essa, vista comefunzione nel campo complesso, ha dei poli semplici in punti diversi rispetto alla approssi-mante della δ che compare nella (4.25); pertanto possiamo fare l’approssimazione (4.13),aspettandoci che questa sia buona ovunque, tranne quando |z| ∼ a. Scriviamo quindi

∆ρη(x, t) =|λ|2

πaQη Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫dx1 dx2 ΞBδ(z2,η − zη) . (4.28)

Questa relazione generale estende il risultato ottenuto nel Capitolo precedente e tieneconto della presenza dell’interazione (tramite i coefficienti Qη e la funzione B) e dellageometria della regione di iniezione (attraverso la funzione Ξ), descrivendo sia il caso incui la regione di iniezione e puntiforme, sia quello in cui ha estensione finita σ. In parti-colare dimostra che la densita di carica e costituita da due contributi che si propaganoin direzioni opposte (η = ±).

4.1.1 Frazionalizzazione della carica

Siamo ora in grado di ricavare il risultato della frazionalizzazione della carica, dimo-strando che essa e indipendente dal processo di iniezione. Iniziamo introducendo laquantita

N∞ ≡ limt→+∞

∫ +∞

−∞

∑η

∆ρη(x, t)dx , (4.29)

che rappresenta il numero di elettroni trasferito nel sistema elicoidale quando il processodi iniezione e terminato (cioe per t γ−1, dal momento che la scarica del condensatore

4.1. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI CARICA 87

mesoscopico ha un andamento esponenziale decrescente). In base alla (4.28) abbiamoimmediatamente

N∞ =|λ|2

πalim

t→+∞

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫dx1 dx2 Re[Ξ(x1, x2, t1, t2)B(x1, x2, t1, t2)] . (4.30)

A partire da N∞ possiamo esprimere la carica totale qη(t) iniettata nel sistema intera-gente e che viaggia in una data direzione (η = ±). Tale quantita e

qη(t) =

∫ +∞

−∞∆ρη(x, t) dx . (4.31)

Se ricordiamo che zη = x−ηut vediamo che, per ogni t fissato, si ha dx = dzη. Tuttavia iltrasferimento di una carica elettronica si avra quando il processo di iniezione e terminato,cioe per t→ +∞. Pertanto siamo interessati alla quantita

qη = limt→+∞

∫ +∞

−∞∆ρη(x, t) dx = lim

t→+∞

∫ +∞

−∞∆ρη(x, t) dzη . (4.32)

L’integrazione rispetto a zη e resa banale dalla presenza della funzione δ nella (4.28) efornisce il seguente risultato:

qη = QηN∞ . (4.33)

Pertanto il termine N∞ gioca il ruolo di un fattore di normalizzazione, che sara fissatoad uno nella Sezione successiva, per assicurare che l’iniezione trasferisca esattamente unelettrone dal dot al sistema 1D.In ogni caso, indipendentemente dal fattore di normaliz-zazione, dalla (4.33) si osserva che la frazione di carica che viaggia in una data direzionerisulta

qηq+ + q−

= Qη =1 + ηK

2. (4.34)

Figura 4.2: Rappresentazione schematica del processo di frazionalizzazione della carica.

Vediamo quindi che in assenza di interazione (K = 1) il fenomeno della frazionaliz-zazione e assente (q+ = N∞ = 1 e q− = 0); inoltre i coefficienti che lo regolano sono deltutto insensibili ai dettagli del processo di iniezione, i quali, ricordiamo, sono descrittida λ e Ξ. In Figura 4.2 e schematizzato il processo di frazionalizzazione: un elettroneiniettato in x = 0, rappresentato dal pacchetto grigio, frazionalizza in due eccitazioni chesi propagano in direzioni opposte e che trasportano una frazione della carica originaria.

88 CAPITOLO 4. INIEZIONE IN UN SISTEMA INTERAGENTE

4.1.2 Normalizzazione e legame tra γ e λ

Ritorniamo ora sulla questione del fattore di normalizzazione. Esattamente come peril caso non interagente dobbiamo imporre N∞ = 1; infatti la carica totale iniettata nelsistema 1D e data da q+ + q− = (Q+ +Q−)N∞, da cui segue la condizione menzionata.Tale vincolo determinera il legame tra l’ampiezza di tunneling λ e l’allargamento γ dellivello del dot. Possiamo riscrivere l’espressione (4.30) in modo piu conveniente notandoche, in base alle Equazioni (4.3) e (4.27), valgono le proprieta

Ξ∗(x1, x2, t1, t2) = Ξ(x1, x2, t2, t1) , (4.35)

B∗(x1, x2, t1, t2) = B(x1, x2, t2, t1) . (4.36)

Allora, sfruttando queste relazioni ed effettuando il cambio di variabile t1 → t2, t2 → t1nelle funzioni complesse coniugate, possiamo ricondurre l’integrale temporale nella (4.30)al dominio (t1, t2) ∈ [0, t]× [0, t], ripetendo la procedura descritta nella Figura 3.3:

N∞ =|λ|2

2πalim

t→+∞

∫ t

0dt1

∫ t

0dt2

∫∫dx1 dx2 Ξ(x1, x2, t1, t2)B(x1, x2, t1, t2) . (4.37)

Diversamente dal caso non interagente, siamo in grado di ottenere un risultato analiticosolo nel limite di iniezione locale e nel regime γ ε0; riportiamo di seguito il risultato,per la cui dimostrazione si rimanda all’Appendice C:

γ loc =|λ|2

2u

1

Γ(A2+ +A2

−)

(ε0a

u

)A2++A2

−−1e−ε0a/u . (4.38)

Per confrontare i risultati con il caso non interagente e bene riscrivere la relazioneprecedente nella forma

γ loc = γ0Υ(K, ε0, a) , (4.39)

dove γ0, definito dalla (3.60), e la larghezza del livello del dot nel caso non interagente,mentre

Υ(K, ε0, a) ≡ K

Γ(A2+ +A2

−)

(ε0aK

vF

)A2++A2

−−1

eε0avF

(1−K). (4.40)

Il fattore Υ tiene conto degli effetti dovuti all’interazione e infatti, per K = 1, si haA+ = 1, A− = 0 e quindi Υ = 1. Dalle precedenti relazioni possiamo notare che γdiminuisce sia al diminuire dell’ampiezza di tunneling, sia al crescere dell’interazione.Questo e ragionevole, perche l’interazione repulsiva tra gli elettroni rende piu difficile iltrasferimento dell’elettrone dal dot al sistema elicoidale. Vediamo inoltre che, fintantoche e lecito considerare λ fisso, γ e determinato dal valore γ0 del caso non interagente edal valore del parametro di Luttinger K. Nel seguito si utilizzera γ0/ε0 . 0.05, ottenutodalla (3.60) per |λ|2 . 0.1 vF ε0. Per quanto riguarda il caso di iniezione non locale, sipuo dimostrare (vedasi Appendice C) che γ e dato dall’espressione seguente

γ = γ0 eε0avFKu

∫dkAR(ε0, k)|ξ(k)|2 , (4.41)

4.1. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI CARICA 89

dove

AR(ε > 0, k) =2πe−

εau

A2−Γ2(A2

−)

( a2u

)2A2−

(ε+ uk)A2−(ε− uk)A

2−−1Θ(ε− u|k|) (4.42)

e la funzione spettrale del canale right [59, 108, 109]. Quest’ultima e definita in terminidella trasformata di Fourier della funzione di Green ritardata

GretR (t, x) = −iΘ(t)

⟨ψR(t, x), ψ†R(0, 0)

⟩, (4.43)

secondo la relazione seguente:

AR(ε, k) ≡ − 1

πIm[GretR (ε, k + kF )

]. (4.44)

La funzione spettrale AR(ε, k) rappresenta la probabilita di avere un’eccitazione conenergia ε ed impulso k e, infatti, nel limite non interagente si riduce a δ(ε − vFk),indicando che energia ed impulso degli elettroni right sono legati dalla relazione ε = vFk.

La (4.41) e interessante ed ha una chiara interpretazione fisica perche mostra che ilrate di tunneling γ si ottiene dalla sovrapposizione tra funzione spettrale AR calcolataad ε = ε0 e la distribuzione in impulso dell’elettrone iniettato, descritta dalla funzioneξ(k). Quest’ultima e la trasformata di Fourier della funzione ξ(x), che tiene contodell’estensione spaziale finita σ della regione di tunneling. Una possibile scelta, che saraquella usata nel seguito, e una funzione gaussiana (cfr. Eq. (3.3)):

ξ(x) =1√πσ

e−x2

σ2 eik0x . (4.45)

Tuttavia e possibile trarre alcune conclusioni di carattere generale sulla dipendenza diγ dai parametri dell’iniezione, senza specificare la forma della funzione ξ(x). Se consi-

(b)

k

ε

ε0k0

∼σ−1

(a)

k

ε

ε0

Figura 4.3: Rappresentazione della sovrapposizione tra la funzione spettrale AR(ε, k) (in grigio)e |ξ(k)|2 (in rosso). Quest’ultima e centrata in k = k0 e ha un’estensione dell’ordine di σ−1. Ilpannello (a) mostra il caso di iniezione locale, mentre il pannello (b) mostra un esempio diiniezione non locale, con k0 < 0.

deriamo infatti una generica funzione w(x) reale che descriva una regione di iniezionedi estensione σ attorno ad x = 0, avremo ξ(x) = w(x)eik0x. Pertanto la trasformata

90 CAPITOLO 4. INIEZIONE IN UN SISTEMA INTERAGENTE

di Fourier ξ(k) e centrata in k = k0 e ha un’estensione σ−1 attorno a tale impulso.Questa osservazione e sufficiente per capire l’andamento qualitativo di γ. In Figura 4.3possiamo osservare una rappresentazione schematica della sovrapposizione nello spazioenergia-impulso tra la funzione spettrale AR e la funzione ξ. La regione di sovrapposizio-ne, rappresentata in rosso, e alla quota ε = ε0 a causa del fatto che, nella formula (4.41),la funzione spettrale e valutata ad ε = ε0. Nel caso locale in cui σ → 0 e |ξ(k)|2 ∼ 1(Fig. 4.3(a)), la sovrapposizione tra AR e ξ non dipende da k0, mentre nel caso in cuil’iniezione e estesa (Fig. 4.3(b)) notiamo che la sovrapposizione e ridotta e k0 diven-ta significativo; inoltre, per valori di K e k0 assegnati, la sovrapposizione diminuisceall’aumentare di σ e quindi ci aspettiamo che γ < γ loc < γ0.

Per ottenere risultati quantitativi consideriamo la scelta (4.45) per la funzione ξ.In Figura 4.4 e riportato il rapporto γ/γ0 in funzione della larghezza della regione ditunneling e dell’impulso k0. Dal grafico, ottenuto integrando numericamente la (4.41), sivede chiaramente che e sempre soddisfatta la relazione γ < γ0. Inoltre si puo notare che,fintanto che σ ≈ 0, l’impulso k0 non influisce su γ (come discusso in modo qualitativoanche in Sez. 3.1.2), mentre si ha una diminuzione di γ/γ0 via via che k0 si allontanadalla regione dove la funzione spettrale e finita.

0.05

0.15

0.15

0.25

0.25

0.35

0.35

0.0 0.5 1.0 1.5 2.0

-1.5

-1.0

-0.5

0.0

0.5

1.0

1.5

σ [vFϵ0-1]

k0 [ϵ

0vF-

1 ]

γ/γ0

0

0.1

0.2

0.3

Figura 4.4: Density plot del rapporto γ/γ0 in funzione di σ (asse orizzontale, unita vF ε−10 ) e

k0 (asse verticale, unita ε0v−1F ). Le linee tratteggiate rappresentano le curve di livello sulle quali

γ/γ0 e costante e assume il valore indicato accanto ad esse. Grafico ottenuto con aε0v−1F = 1/40.

4.1.3 Iniezione locale

Riprendiamo ora lo studio dei pacchetti di densita di carica. Per visualizzare come questivengono modificati dagli effetti dell’interazione rispetto al caso non interagente e utileconsiderare il limite di iniezione locale σ → 0 in cui ξ(x) = δ(x). Ripartendo quindi

4.1. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI CARICA 91

dall’Equazione (4.28), osserviamo che le integrazioni rispetto alle variabili spaziali x1 ex2 diventano banali. Tale semplificazione permette di giungere alla seguente espressione:

∆ρlocη (x, t) =

|λ|2

uπaQη Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1β

∗(t1)β(t2)B(t1 − t2)δ(t2 +

ηzηu

), (4.46)

dove la funzione B(t1 − t2) si ottiene dalla (4.27) semplicemente non considerando levariabili spaziali e risulta

B(t1 − t2) =

[a

a+ iu(t1 − t2)

]A2++A2

−. (4.47)

A questo punto si procede in modo simile a quanto fatto nel caso non interagente:sfruttando la funzione δ per effettuare l’integrazione rispetto a t2 ed imponendo che lavariabile di integrazione sia compresa tra t2 = 0 e t2 = t si ottiene

∆ρlocη (x, t) =

|λ|2

uπaQηΘ(ηx)Θ(−ηzη) Re

∫ −ηzη/u0

dt1 β∗(t1)β

(−ηzη

u

). (4.48)

Si noti la presenza delle funzioni Θ che assicurano che il principio di causalita sia rispet-tato (come gia discusso nel Capitolo 3). Esplicitando le funzioni β, facendo il cambio divariabile s = t1 + ηzη/u e ricordando il legame (4.38) tra γ e λ si ricava 2

∆ρlocη (x, t) =

2γ0K

vFQη e

2γηzηK

vF Θ(ηx)Θ(−ηzη)Re [Dρ(ηzη, ε0, γ, a)] , (4.49)

dove

Dρ(ηzη, ε0, γ, a) ≡ vFeε0avF

πa

∫ 0

ηzη/uds β∗(s)

(a

a+ ius

)A2++A2

−. (4.50)

Come possiamo notare, questo risultato si riduce alla (3.65) nel caso in cui K = 1. Infattiin questo limite si ha A+ = 1, A− = 0, u = vF e γ = γ0, di conseguenza la funzioneDρ diventa identica alla funzione Cρ definita in (3.66). Inoltre si ha Q+ = 1 e Q− = 0,sicche ∆ρloc

− = 0 e

∆ρloc+ (x, t) =

2γ0

vFe

2γ0z+vF Θ(x)Θ(−z+)Re [Cρ(z+, ε0, γ0, a)] , (4.51)

che e identica alla (3.65), come affermato.A partire dalle Eqs. (4.49) e (4.50) possiamo notare che i pacchetti che descrivono il

profilo di densita di carica sono simmetrici rispetto al punto di iniezione, cioe

Q−∆ρloc+ (x, t) = Q+∆ρloc

− (−x, t) . (4.52)

Questo aspetto e evidenziato dalla Figura 4.5, dove sono rappresentati i pacchetti didensita di carica che si propagano in direzioni opposte in funzione della posizione e perdiversi istanti di tempo. In tale Figura, ottenuta per K = 0.7, possiamo notare che la

2Per comodita di notazione il pedice “loc” di γ sara omesso.

92 CAPITOLO 4. INIEZIONE IN UN SISTEMA INTERAGENTE

-2 -1 0 1 2

0.00

0.01

0.02

0.03

0.04

0.05

x vF ϵ0-1

Δρϵ

0vF-

1

(a) t = 0.1γ−10

-4 -2 0 2 4

0.00

0.01

0.02

0.03

0.04

0.05

x vF ϵ0-1

Δρϵ0vF-1

(b) t = 0.2γ−10

-10 -5 0 5 10

0.00

0.01

0.02

0.03

0.04

0.05

x vF ϵ0-1

Δρϵ0vF-1

(c) t = 0.5γ−10

-15 -10 -5 0 5 10 15

0.00

0.01

0.02

0.03

0.04

0.05

x vF ϵ0-1

Δρϵ0vF-1

(d) t = γ−10

-30 -20 -10 0 10 20 30

0.00

0.01

0.02

0.03

0.04

0.05

x vF ϵ0-1

Δρϵ0vF-1

(e) t = 2γ−10

-40 -20 0 20 40

0.00

0.01

0.02

0.03

0.04

0.05

x vF ϵ0-1

Δρϵ0vF-1

(f) t = 3γ−10

Figura 4.5: Pacchetti di densita di carica ∆ρ±(x, t) in funzione di x per vari istanti di tempot, come indicato nella didascalia di ogni pannello. Il pacchetto che trasla verso destra (sinistra)e rappresentato dalla curva blu (arancione). Grafici ottenuti con i valori K = 0.7, γ0 = 0.1ε0 eε0a/vF = 1/40.

maggior parte della carica si propaga verso destra, secondo la relazione (4.34). Dai varipannelli e anche evidente che si puo considerare terminata l’iniezione soltanto per tempit & 3γ−1

0 . Per visualizzare come si modifica il pacchetto al variare dell’interazione e piuutile fare un grafico al variare del tempo e per x fissato. Inoltre, grazie alla proprietadi simmetria appena discussa, possiamo concentrarci sul pacchetto ∆ρ+ che trasla versodestra. I risultati ottenuti sono visualizzati in Figura 4.6, dove sono presentati i graficidella corrente j+(t) = u∆ρ+(x, t) che attraversa il punto x > 0 in funzione del tempo.Dal grafico principale notiamo che il tempo di decrescita delle curve aumenta al cresceredell’interazione, a causa della dipendenza di γ da K in (4.39). Nell’inserto e visualizzatoil contributo della funzione Dρ, che tiene conto della presenza del mare di Fermi (comefaceva nel caso non interagente la funzione Cρ) e di altri effetti dovuti all’interazione.Possiamo notare la presenza delle oscillazioni di periodo 2πε−1

0 , che erano gia presentinel caso non interagente, qui rappresentato dalle curve blu. Notiamo che la presenzadelle interazioni diminuisce l’ampiezza di queste oscillazioni. Questo aspetto si puocomprendere perche la trasformata di Fourier della funzione(

a

a+ ius

)A2++A2

−,

che compare in (4.50), e legata alla distribuzione in energia degli elettroni. Quest’ultima,nel caso interagente, non presenta piu un gradino ad E = εF = 0, come accade in assenza

4.2. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI ENERGIA 93

10 20 30 40t [ϵ0-1]

0.02

0.04

0.06

0.08

j+

5 10 15 20 25 30t

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

Re(Dρ )

Figura 4.6: Densita di corrente (in unita di ε0) che attraversa il punto x > 0 in funzione deltempo al variare dell’interazione. Le curve blu (continua), arancione (tratteggio corto) e verde(tratteggio lungo) si riferiscono, rispettivamente, a K = 1, 0.8, 0.6. Nell’inserto e visualizzatoil contributo della funzione Dρ, usando la stessa legenda. Grafici ottenuti con γ0 = 0.05ε0 eε0a/vF = 1/40.

di interazioni, ma si annulla con una legge di potenza (vedasi Fig. 4.7) e quindi, in uncerto senso, indebolisce gli effetti del mare di Fermi. Pertanto e ragionevole aspettarsiuna differenza quantitativa nell’ampiezza delle oscillazioni.

Figura 4.7: Distribuzione in energia n(E) degli elettroni in un liquido di Luttinger. La curva siannulla con una legge di potenza controllata dall’interazione. Figura tratta da [59].

4.2 Valore medio della densita di energia

Questa Sezione e dedicata allo studio dell’evoluzione temporale della densita di energia aseguito dell’iniezione di un singolo elettrone. Tale processo, come gia visto nel Capitolo

94 CAPITOLO 4. INIEZIONE IN UN SISTEMA INTERAGENTE

precedente, trasferisce al sistema elicoidale non solo carica, ma anche energia. L’opera-tore di interesse e la densita di Hamiltoniana H (x, t), di cui vogliamo calcolare il valoremedio H (x, t). Utilizzeremo quindi le (4.1), (4.2) ponendo O(x, t) = H (x, t). Comeper la densita di carica, esprimiamo anche la Hamiltoniana in termini dei campi chirali:

H (x, t) =u

2

∑η

: (∂xφη(x, t))2 :≡

∑η

Hη(x, t) . (4.53)

Per calcolare la funzione K3 abbiamo bisogno del commutatore tra Hη e ψ†R, che puoessere ricondotto a quello gia calcolato per la densita di carica notando che[

ψ†R(x2, t2), Hη(x, t)]

=u

2

[ψ†R(x2, t2), : (∂xφη(x, t))

2 :]

=

=u

2

∂xφη(x, t)

[ψ†R(x2, t2), ∂xφη(x, t)

]+

+[ψ†R(x2, t2), ∂xφη(x, t)

]∂xφη(x, t)

. (4.54)

Sfruttando quindi il risultato (4.11) otteniamo

K3 =

√π

2

∑η

ηAηa/π

a2 + (z2,η − zη)2∂x

(M(a)

η +M(b)η

), (4.55)

dove

M(a)η ≡

⟨ψR(x1, t1)φη(x, t)ψ

†R(x2, t2)

⟩Ω, (4.56a)

M(b)η ≡

⟨ψR(x1, t1)ψ†R(x2, t2)φη(x, t)

⟩Ω. (4.56b)

Questi due valori medi si calcolano in modo simile, quindi ci limitiamo ad analizzarenel dettaglio il primo. Utilizzando la forma bosonizzata dei campi fermionici abbiamol’espressione

M(a)η =

1

2πa

⟨e−i√

2πA−ηφ−η(z1,−η)ei√

2πA−ηφ−η(z2,−η)⟩

Ω×

×⟨e−i√

2πAηφη(z1,η)φη(zη)ei√

2πAηφη(z2,η)⟩

Ω=

≡ 1

2πaM(a)

η,−M(a)η,+ (4.57)

Il primo fattore dell’espressione precedente e gia stato calcolato analizzando la densitadi carica e risulta

M(a)η,− = e2πA2

−ηG−η(z1,−η−z2,−η) . (4.58)

Per calcolare il secondo e conveniente riscriverlo nella forma

M(a)η,+ = ∂ν

⟨e−i√

2πAηφη(z1,η)eνφη(zη)ei√

2πAηφη(z2,η)⟩

Ω

∣∣∣ν=0

. (4.59)

4.2. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI ENERGIA 95

Il vantaggio di una tale riscrittura e dovuto al fatto che ora la media e della forma

M(a)η,+ = ∂ν

⟨eO1eνO2eO3

⟩Ω

∣∣∣ν=0

(4.60)

e puo quindi essere calcolata sfruttando l’identita (4.19), con N = 3 e

O1 = −i√

2πAηφη(z1,η) , (4.61a)

O2 = φη(zη) , (4.61b)

O3 = i√

2πAηφη(z2,η) . (4.61c)

Con questo procedimento si ottiene il risultato seguente:

M(a)η,+ = e

12〈O2

1〉Ω+ 12〈O2

3〉Ω+〈O1O3〉Ω[⟨O1O2

⟩Ω

+⟨O2O3

⟩Ω

]=

= −i√

2πAηe2πA2

ηGη(z1,η−z2,η)[⟨φη(z1,η)φη(zη)

⟩Ω−⟨φη(zη)φη(z2,η)

⟩Ω

]. (4.62)

Sfruttando l’invarianza per traslazioni per semplificare il termine in parentesi quadra sigiunge all’espressione

M(a)η,+ = −i

√2πAηe

2πA2ηGη(z1,η−z2,η) [Gη(z1,η − zη)−Gη(zη − z2,η)] . (4.63)

Mettendo insieme le Equazioni (4.57), (4.58) e (4.63) otteniamo quindi

M(a)η =

−i√

2πaAη [Gη(z1,η − zη)−Gη(zη − z2,η)]B(x1, x2, t1, t2) , (4.64)

con B data in (4.26). Il termine M(b)η si calcola in modo del tutto analogo e risulta

M(b)η =

−i√

2πaAη [Gη(z1,η − zη)−Gη(z2,η − zη)]B(x1, x2, t1, t2) . (4.65)

Pertanto

M(a)η +M(b)

η =−i√

2πaB(x1, x2, t1, t2) [2Gη(z1,η − zη)−Gη(z2,η − zη)−Gη(zη − z2,η)] .

(4.66)Possiamo a questo punto sostituire il tutto nella (4.55), ottenendo

K3 = −u∑η

A2η

2πaB

[iη

2∂z2,η

(a/π

a2 + (zη − z2,η)2

)+

a/π

a2 + (zη − z2,η)2

1

a− iη(z1,η − zη)

],

(4.67)dove abbiamo usato la (4.23) per esprimere le funzioni di Green. In base alla (4.1) il valoremedio della densita di energia si esprime quindi come somma di due contributi ∆H+ e∆H−, che si propagano in direzioni opposte e sono dati dalla seguente espressione:

∆Hη(x, t) =u|λ|2A2

η

πa2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫ +∞

−∞dx1dx2 ΞB×

×(

a

a− iη(z1,η − zη)+iηa

2∂z2,η

)δ(zη − z2,η) . (4.68)

96 CAPITOLO 4. INIEZIONE IN UN SISTEMA INTERAGENTE

4.2.1 Iniezione locale

Nel limite di iniezione locale le integrazioni rispetto alle variabili spaziali diventano banalie la (4.68) si riduce a

∆Hη(x, t) =|λ|2A2

η

πa2Re

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1β

∗(t1)β(t2)

[a

2ui

(a

a+ iu(t1 − t2)

)A2++A2

−∂t2+

+

(a

a+ iu(t1 − t2)

)A2++A2

−+1]δ(t2 +

ηzηu

)≡ ∆H A

η (x, t) + ∆H Bη (x, t) .

(4.69)

Ricordando quanto ottenuto in (4.46) vediamo che ∆H Bη ha una struttura analoga a

quella trovata per la densita di carica, a parte prefattori e il diverso esponente dellafunzione in parentesi tonda. Pertanto si ha

∆H Bη (x, t) =

|λ|2A2η

πa2e2γ

ηzηu Θ(ηx)Θ(−ηzη)Re

∫ 0

ηzη/uds β∗(s)

[a

a+ ius

]A2++A2

−+1

.

(4.70)Il termine ∆H A

η si calcola effettuando un’integrazione per parti e procedendo esatta-mente come mostrato in dettaglio per il caso non interagente (cfr. (3.76) e seguenti). Ilrisultato finale e il seguente:

∆H Aη (x, t) =

|λ|2A2η

πa2e2γ

ηzηu Θ(ηx)Θ(−ηzη)×

× Re

∫ 0

ηzη/uds β∗(s)

(a

a+ ius

)A2++A2

−[a(ε0 − iγ)

2u+A2

+ +A2−

2

a

a+ ius

].

(4.71)

Mettendo insieme questi risultati possiamo esprimere ∆Hη nella seguente forma:

∆Hη(x, t) = A2η

2γ0K

vFe

2γηzηK

vF Θ(ηx)Θ(−ηzη)Re[JH (ηzη, ε0, γ, a)] , (4.72)

dove

JH (ηzη, ε0, γ, a) ≡ DH (ηzη, ε0, γ, a) +ε0 − iγ

2Dρ(ηzη, ε0, γ, a) , (4.73)

con Dρ definita nella (4.50) e

DH (ηzη, ε0, γ, a) ≡v2F

Kπa2

(1−

A2+ +A2

−2

)eε0a/vF

∫ 0

ηzη/uds β∗(s)

[a

a+ ius

]A2++A2

−+1

.

(4.74)Notiamo subito che il risultato (4.72) riproduce, per K = 1, l’espressione (3.79) ottenutanel Capitolo precedente per il regime non interagente: infatti JH → IH (cfr. Eq.

4.2. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI ENERGIA 97

(3.80)) e A+ = 1. Analogamente a quanto accade per la densita di carica, i pacchettiche si propagano in direzioni opposte sono simmetrici, ossia

A2−∆H+(x, t) = A2

+∆H−(−x, t) . (4.75)

Dunque e sufficiente considerare il pacchetto che trasla verso destra. Come per la den-sita di carica scegliamo di fare un grafico in funzione del tempo e in un punto fissatox > 0. Questo corrisponde ad avere un detector che misura la potenza istantaneaP+(t) = u∆H+(x, t) che attraversa il punto x. Il grafico ottenuto per P+(t) e riportatoin Figura 4.8. Da questa emerge chiaramente il profilo esponenziale decrescente con-trollato dalla larghezza γ del livello del dot e corretto dal termine JH , che tiene contodel contributo dovuto al mare di Fermi. Come nel caso della densita di carica, questotermine e responsabile delle oscillazioni di periodo 2πε−1

0 , la cui ampiezza e smorzata alcrescere delle interazioni. Come gia notato nel caso non interagente (vedasi Sez. 3.3.1),il termine JH e responsabile del picco in t = 0, per a→ 0.

0 10 20 30 40t [ϵ0-1]

0.02

0.04

0.06

0.08

0.10

0.12P+

0 5 10 15 20t

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

1.4

Re(ℋ )

Figura 4.8: Potenza istantanea P+(t) (in unita di ε20) che attraversa il punto x > 0 in funzionedel tempo. Le curve blu (continua), arancione (tratteggio corto) e verde (tratteggio lungo)corrispondono, rispettivamente, a K = 1, 0.8, 0.6. Nell’inserto e mostrato il fattore correttivoJH , usando la stessa legenda. Grafici ottenuti con γ0 = 0.05ε0 e ε0a/vF = 1/40.

4.2.2 Frazionalizzazione dell’energia

In questa Sezione sono riportati e discussi i risultati che si riferiscono direttamente alfenomeno di frazionalizzazione. Analogamente a quanto accade per la densita di carica,ci si aspetta infatti che, in presenza di interazione, l’energia associata all’elettrone rightintrodotto nel sistema 1D venga suddivisa in due frazioni che si propagano in direzioniopposte. Concentriamoci quindi sull’energia totale trasferita al sistema elicoidale e suicoefficienti di frazionalizzazione dell’energia, evidenziando la differenza tra questi ultimie gli analoghi coefficienti gia discussi per la densita di carica. Per non appesantire

98 CAPITOLO 4. INIEZIONE IN UN SISTEMA INTERAGENTE

eccessivamente la discussione, molti dettagli tecnici sono riportati in Appendice D, allaquale si rimanda per una trattazione esaustiva.

Le quantita di interesse sono i coefficienti di frazionalizzazione, definiti da

pη ≡Eη

E+ + E−, (4.76)

che rappresentano la frazione dell’energia totale E ≡ E+ +E− che si propaga in una datadirezione. La quantita totale di energia Eη che si propaga in una data direzione e definitadalla relazione seguente:

Eη = limt→+∞

∫ +∞

−∞dx∆Hη(x, t) . (4.77)

Il calcolo di tale quantita e agevolato dalla presenza della funzione δ in (4.68). Inparticolare, il termine che contiene la derivata della δ non contribuisce, come si vedefacilmente effettuando un’integrazione per parti. Dunque, esplicitando le funzioni Ξ eB, si ha

Eη =u|λ|2A2

η

πa2Re lim

t→+∞

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫dx1 dx2 ξ

∗(x1)ξ(x2)β∗(t1)β(t2)×

× e2πA2+G+(z1,+−z2,+)e2πA2

−G−(z1,−−z2,−)e2πGη(z1,η−z2,η) . (4.78)

Notando che

Gη(z1,η − z2,η) =1 + η

2G+(z1,+ − z2,+) +

1− η2

G−(z1,− − z2,−) , (4.79)

l’equazione precedente si riscrive come

Eη =u|λ|2A2

η

πa2Re lim

t→+∞

∫ t

0dt2

∫ t2

0dt1

∫∫dx1 dx2 ξ

∗(x1)ξ(x2)β∗(t1)β(t2)×

× e2πg+η G+(z1,+−z2,+)e2πg−η G−(z1,−−z2,−) , (4.80)

dove abbiamo definito le quantita

g±η ≡ A2± +

1± η2

. (4.81)

L’espressione (4.80) si puo semplificare ulteriormente nel limite γ ε0, giungendo allaformula seguente (cfr. Eq. (D.4)):

Eη =Kγ0

A2ηe

ε0avF

(1−K)

Γ(g+η )Γ(g−η )

(aK

2vF

)2A2− ∫ +ε0

−ε0dE

∣∣∣∣ξ(Eu)∣∣∣∣2 (ε0+E)g

+η −1(ε0−E)g

−η −1 . (4.82)

A partire dalla precedente relazione possono essere valutati sia i coefficienti (4.76) chela quantita di energia totale E immessa nel sistema interagente. Riguardo a quest’ultima,

4.2. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI ENERGIA 99

e possibile dimostrare (vedasi Appendice D) che, nel limite γ ε0, si ha E = ε0, cioel’energia trasferita dal dot al sistema 1D e esattamente ε0, indipendentemente daglialtri parametri. Nel caso in cui γ non sia cosı piccolo rispetto ad ε0, ci si aspettaE > ε0, con una dipendenza da σ e γ che ha le stesse caratteristiche qualitative (e lestesse motivazioni) di quanto discusso nella Sezione 3.3.2 nel caso non interagente. Perquanto riguarda invece i coefficienti di frazionalizzazione in (4.76), si puo dimostrareche nel limite di iniezione locale essi sono universali, nel senso che dipendono soltantodall’interazione e non dai dettagli del processo di iniezione e sono dati da (vedasi Eq.(D.12))

plocη =

(1 + ηK)2

2(1 +K2)=

Q2η

Q2+ +Q2

−. (4.83)

L’andamento dei coefficienti in (4.83) e visualizzato in Figura 4.9. Notiamo subito chenel caso non interagente K = 1 tutta l’energia fluisce verso destra, mentre nel limitedi interazione molto intensa K → 0 risulta equipartita tra i canali destro e sinistro. Il

p+

p-

0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

K

Figura 4.9: Andamento dei coefficienti di frazionalizzazione plocη in funzione dell’interazione nelcaso di iniezione locale.

risultato (4.83) e stato ottenuto anche in Ref. [35], dove pero la configurazione consi-derata e in corrente continua e quindi tutti i valori medi calcolati sono stazionari, cioeindipendenti dal tempo. Nel caso del presente lavoro il formalismo sviluppato permettedi approcciare l’iniezione di un singolo elettrone come problema dipendente dal tempoe di studiare i fenomeni transitori dovuti ad essa, come ad esempio i profili di densita dicarica ed energia.

Un’altro aspetto originale sta nel considerare un’iniezione estesa. Questo permet-te di investigare come dipendono i coefficienti di frazionalizzazione dalla dimensione σdella regione di iniezione. Passiamo quindi ora ad esaminare questo aspetto. L’analisidel regime di iniezione estesa e piu complicata e comporta delle deviazioni dal regimeuniversale (4.83), con un ruolo importante dovuto all’impulso k0. A partire dalla (4.82)e utilizzando come ξ(x) la funzione gaussiana in Eq. (4.45), si dimostra in Appendice D

100 CAPITOLO 4. INIEZIONE IN UN SISTEMA INTERAGENTE

che si ottiene la seguente espressione

pη =

∫ 1

0dx e−

σ2K2

2(2x−1+k0/K)2

(1− x)g+η −1xg

−η −1∫ 1

0dx e−

σ2K2

2(2x−1+k0/K)2

(1− x)A2−xA

2−−1

, (4.84)

dove sono stati definiti i parametri adimensionali

σ ≡ ε0σ

vF, k0 ≡

k0vFε0

. (4.85)

In Figura 4.10 e riportato il coefficiente p+ in funzione dell’interazione K, per diversivalori di σ e k0. Dai grafici, ottenuti a partire dalla (4.84), notiamo innanzitutto che,nel limite non interagente K → 1, si ha sempre p+ = 1 indipendentemente dagli altriparametri. Questo e consistente con quanto ottenuto nel Capitolo 3 e significa che lafrazionalizzazione e una manifestazione dell’interazione elettronica e non avviene in suaassenza. Possiamo inolte osservare che, all’aumentare di σ, p+ devia dal limite localeploc

+ (curva blu) e lo scostamento diventa ancora piu marcato nel caso di k0 < 0. E

0.2 0.4 0.6 0.8 1.0

0.70

0.75

0.80

0.85

0.90

0.95

1.00

K

p+

(a)

0.2 0.4 0.6 0.8 1.0

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1.0

K

p+

(b)

Figura 4.10: Coefficiente di frazionalizzazione p+ in funzione dell’interazione K. In entrambii pannelli la curva blu (continua) rappresenta il limite locale σ → 0. Nel pannello (a) k0 = 0e le curve arancione (tratteggio), verde (tratteggio lungo) e rossa (punto-linea) corrispondono,rispettivamente, a σ = 2, 3, 3.75. In (b) k0 = −1.2 e (secondo la stessa legenda di (a)) σ = 0.9,1.5, 1.95.

interessante sottolineare che, in quest’ultimo caso, e possibile avere p+(K) < 0.5, in unampio intervallo di valori dell’interazione. Questo significa che la maggior parte del-l’energia iniettata nel sistema si propaga verso sinistra, mentre la maggior parte dellacarica si propaga verso destra (poiche Q+ > Q−), come rappresentato in Figura 4.11.Per analizzare da un altro punto di vista questo effetto possiamo osservare nei due pan-nelli in Figura 4.12 il coefficiente p+ in funzione di σ per due valori di k0 e per diversivalori dell’interazione. Una caratteristica comune ad entrambi i valori di k0 e che, nel

4.2. VALORE MEDIO DELLA DENSITA DI ENERGIA 101

Figura 4.11: Rappresentazione schematica della frazionalizzazione di carica ed energia perK = 0.8, k0 = −1.2 e σ = 1.9. Con questi valori circa l’80% della carica si propaga verso destra,mentre circa il 65% dell’energia verso sinistra.

limite σ → 0, si recupera l’andamento universale (4.83), mentre compaiono deviazionial crescere di σ. Confrontando i due pannelli si puo notare chiaramente che il valore diσ richiesto per avere deviazioni significative dal regime locale e decisamente piu grandeper k0 = 0 rispetto a quanto accade per k0 = −1.2. Questo puo essere compreso quali-tativamente facendo riferimento alla sovrapposizione tra la funzione spettrale AR(ε, k)e la funzione |ξ(k)|2. Si avranno deviazioni significative dalla (4.83) quando la sovrap-

0 1 2 3 40.6

0.7

0.8

0.9

1.0

σ

p+

(a)

0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

σ

p+

(b)

Figura 4.12: Coefficiente di frazionalizzazione p+ in funzione di σ per diversi valori dell’intera-zione. Le curve blu (continua), arancione (tratteggio) e verde (tratteggio lungo) corrispondono,rispettivamente, a K = 0.8, 0.6, 0.5. In (a) k0 = 0, mentre in (b) k0 = −1.2.

posizione differisce sostanzialmente da quella che si ha nel caso locale, in cui la linearossa copre tutta la regione grigia (cfr. Fig. 4.3(a)). Poiche la larghezza della funzionespettrale ad ε = ε0 e pari a 2ε0Kv

−1F (cfr. Eq. (4.42)), vediamo che per k0 ≈ 0 il

valore di σ richiesto e σ ≈ K−1, mentre nel caso di k0 < 0 tale valore e significativa-mente minore. In conclusione consideriamo anche il caso k0 > 0. Questa situazione non

102 CAPITOLO 4. INIEZIONE IN UN SISTEMA INTERAGENTE

comporta mai p+ < 0.5, come emerge chiaramente dalla Figura 4.13. Per comprenderetali andamenti facciamo sempre riferimento alla sovrapposizione tra AR(ε, k) e |ξ(k)|2:quest’ultima, per k0 > 0, e centrata in una regione che si trova vicino alla relazione didispersione degli elettroni right ε = uk, dove la funzione spettrale ha peso maggiore. Diconseguenza si ha un aumento del coefficiente p+ (rispetto al caso di iniezione locale),anziche una diminuzione.

0.2 0.4 0.6 0.8 1.0

0.70

0.75

0.80

0.85

0.90

0.95

1.00

K

p+

(a)

0 1 2 3 4

0.90

0.92

0.94

0.96

0.98

1.00

σp+

(b)

Figura 4.13: Coefficiente di frazionalizzazione p+ per k0 = 0.8, in funzione di K (pannello (a))e di σ (pannello (b)). In (a) le curve blu (continua), arancione (tratteggio) e verde (tratteg-gio lungo) corrispondono, rispettivamente, a σ = 0, 2 e 3. In (b) con la stessa legenda sonorappresentati K = 0.8, 0.6 e 0.5.

Quanto visto in questa Sezione mostra che la frazionalizzazione dell’energia presentauna fenomenologia piu ricca rispetto a quanto accade per la densita carica. In particolareun ruolo importante e svolto dalla geometria della regione di iniezione e dall’impulso k0,che possono modificare anche in modo consistente il flusso di energia, fino ad invertirnela direzione rispetto a quella del flusso di di carica.

Conclusioni

In questa tesi ho studiato l’evoluzione temporale di pacchetti elettronici ottenuti a seguitodell’iniezione di un singolo elettrone in un sistema elicoidale interagente. Quest’ultimo eun particolare tipo di sistema elettronico unidimensionale, caratterizzato da due canali diconduzione contropropaganti, in cui la direzione degli elettroni fissa anche la proiezionedel loro spin (questa peculiarita e nota come spin momentum locking).

La prima parte del lavoro riguarda lo sviluppo e lo studio di un modello per il proces-so di iniezione. Tale modello considera come sorgente di singoli elettroni un condensatoremesoscopico, un dispositivo basato su un quantum dot debolmente accoppiato al sistemaelicoidale interagente. Il formalismo utilizzato consente di tenere conto dell’estensione fi-nita della regione di iniezione, che puo influenzare in modo anche importante l’evoluzionedei pacchetti elettronici.

In seguito, a partire dal modello del processo di iniezione, e stato possibile studiarel’evoluzione temporale dei pacchetti elettronici iniettati nel sistema elicoidale. Ana-lizzando in particolare le densita di carica e di energia, ho dimostrato che entrambele grandezze subiscono un processo di frazionalizzazione. Tale fenomeno e la direttaconseguenza dell’importante ruolo svolto dall’interazione elettronica nei sistemi unidi-mensionali: in seguito all’iniezione di un elettrone dall’esterno si creano eccitazioni chetrasportano una frazione della carica elettronica e dell’energia introdotte nel sistema.Gli strumenti teorici con il quale il problema e stato affrontato sono il modello di Lut-tinger e la tecnica della bosonizzazione per la descrizione del sistema interagente e unapproccio perturbativo con matrice densita dipendente dal tempo per modellizzare ilprocesso di iniezione.

Gli aspetti principali sui quali si e concentrata l’esposizione sono due: da un latoil ruolo dell’interazione elettronica e i suoi effetti sulla dinamica di carica ed energia inseguito all’iniezione, dall’altro l’influenza di una regione di tunneling non puntuale. Perquanto riguarda la densita di carica ho ricavato il noto risultato della frazionalizzazione,mostrando esplicitamente che esso risulta del tutto insensibile al particolare processo diiniezione. Sono inoltre stato in grado di descrivere il profilo del pacchetto di densitadi carica in seguito all’iniezione, dimostrando che assume globalmente un andamentoesponenziale, la cui decrescita e regolata dalla vita media del livello del dot da cuiavviene l’iniezione. Le correzioni dovute alla presenza del liquido elicoidale induconodelle oscillazioni il cui periodo e controllato dall’energia dell’elettrone iniettato.

La parte piu originale di questo lavoro e costituita dall’analisi della frazionalizzazionedell’energia in presenza di un’iniezione non locale. Passando da una regione di iniezio-

103

104 CAPITOLO 4. INIEZIONE IN UN SISTEMA INTERAGENTE

ne puntiforme ad una di estensione finita, ho dimostrato che si verifica una transizioneda un regime che possiamo definire universale, in cui la frazionalizzazione e controllataunicamente dall’intensita dell’interazione elettronica, ad uno in cui la frazionalizzazionedipende dai dettagli del processo di iniezione. Nel Capitolo 4 e stato infatti dimostratoche i coefficienti di frazionalizzazione in quest’ultimo regime dipendono fortemente anchedall’estensione della regione di tunneling e dall’impulso dell’elettrone nel dot. Partico-larmente interessante e il fatto che, per opportuni valori di queste quantita, si puo creareuna condizione in cui i flussi di carica ed energia, associati alle eccitazioni prodotte nelsistema elicoidale dall’elettrone iniettato, si propagano in direzioni opposte.

APPENDICE ATrasformate di Fourier utili

Nei calcoli e capitato di incontrare la funzione Pg,η(t), collegata alle funzioni di GreenGη(t) dalla definizione

Pg,η(t) ≡ e2πgGη(t) . (A.1)

A temperatura nulla la funzione di Green si puo esprimere come in Eq. (4.23):

Gη(t) =1

2πln

a

a− iηt. (A.2)

Di conseguenza abbiamo

Pg,η(t) =1

(1− iηωct)g= ω−gc

1(1ωc− iηt

)g , (A.3)

dove ωc = u/a . Siamo interessati a calcolare la trasformata di Fourier della funzione(A.1). Per far sı che tale quantita non dipenda da η adottiamo la seguente definizionedi trasformata di Fourier:

Pg(E) ≡∫ +∞

−∞dt e−iηEtPg,η(t) . (A.4)

Per calcolare Pg(E) risulta molto conveniente introdurre la seguente rappresentazioneintegrale, che deriva dalla definizione della funzione Γ di Eulero:

1(1ωc− iηt

)g =1

Γ(g)

∫ +∞

0dζ e

−(

1ωc−iηt

)ζζg−1 . (A.5)

Infatti, per definizione,

Γ(g) =

∫ +∞

0dζ e−ζζg−1 , (A.6)

105

106 APPENDICE A. TRASFORMATE DI FOURIER UTILI

dunque ∫ +∞

0dζ e−αζζg−1 =

∫ +∞

0

αe−θ

α

)g−1

=Γ(g)

αg. (A.7)

Sostituendo la (A.5) nella (A.4) otteniamo

Pg(E) =ω−gcΓ(g)

∫ +∞

0dζ ζg−1e−

ζωc

∫ +∞

−∞dt e−iη(E−ζ)t =

=2π

Γ(g)ω−gc

∫ +∞

0dζ ζg−1e−

ζωc δ(E − ζ) . (A.8)

Sfruttando la funzione δ per effettuare l’integrale rispetto a ζ e considerando che questoe non nullo soltanto se E > 0 otteniamo

Pg(E) =2π

Γ(g)ω−gc Eg−1e−

Eωc Θ(E) . (A.9)

Una proprieta molto utile della funzione Pg(E) e la seguente:∫ +∞

−∞

dE

2πPg1(E)Pg2(ω − E) = Pg1+g2(ω) . (A.10)

Ci si puo convincere della validita della precedente relazione perche essa e una convolu-zione nello spazio dell’energia e quindi diventa un prodotto nello spazio dei tempi e, inbase alla (A.3), si ha evidentemente

Pg1,η(t)Pg2,η(t) = Pg1+g2,η(t) , (A.11)

da cui discende quanto affermato.La (A.9) ci permette di esprimere la funzione (A.1) in termini di un integrale rispetto

all’energia, scrivendola come antitrasformata di Pg(E):

Pg,η(t) =

∫ +∞

−∞

dE

2πeiηEtPg(E) =

ω−gcΓ(g)

∫ +∞

0dE Eg−1e−

Eωc eiηEt . (A.12)

Infine e bene rimarcare il fatto che, nel caso si voglia esprimere con la precedente identitala funzione Pg,η(x), occorre sostituire al secondo membro la variabile t con x/u (affinchel’argomento dell’esponenziale rimanga adimensionale):

Pg,η(x) =

∫ +∞

−∞

dE

2πeiηE

xu Pg(E) =

ω−gcΓ(g)

∫ +∞

0dE Eg−1e−

Eωc eiηE

xu . (A.13)

APPENDICE BIntegrale del termine M2

In questa Appendice dimostriamo esplicitamente che il termine M2 nella (3.29) ha inte-grale nullo quando consideriamo gli operatori densita di carica e densita di energia. No-tiamo innanzitutto che, in base alla (3.29), l’unica dipendenza da x e contenuta proprionell’operatore O(x, t), di modo che∫ +∞

−∞dxM2(x, t, t2, t2) = |λ|2

∫∫dx1 dx2 Ξ(x1, x2, t1, t2)M2(t, x1, x2) , (B.1)

dove abbiamo definito

M2(t, t1, t2, x1, x2) ≡⟨ψR(x1, t1)ψ†R(x2, t2)

∫ +∞

−∞dx O(x, t)

⟩. (B.2)

B.1 Caso non interagente

Iniziamo a considerare l’operatore densita di carica. Abbiamo∫ +∞

−∞ρR(x, t) dx =

∫∫dk dk′

∫ +∞

−∞

dx

2πe−i(k−k

′)(x−vF t) : c†k,Rck′,R :=

∫dk : c†k,Rck,R : .

(B.3)Percio il valore medio in (B.2) risulta (eliminiamo per comodita di notazione il pediceR negli operatori fermionici e ricordiamo che zi = xi − vF ti)

M2(t, t1, t2, x1, x2) =1

∫∫∫dk dk1 dk2e

ik1z1e−ik2z2⟨ck1 c

†k2

: c†k ck :⟩. (B.4)

Esplicitando il prodotto normale e usando il teorema di Wick si ha⟨ck1 c

†k2

: c†k ck :⟩

=⟨ck1 c

†k2

(c†k ck −

⟨c†k ck

⟩)⟩=

=⟨ck1 c

†k2

⟩⟨c†k ck

⟩+⟨ck1 c

†k

⟩⟨c†k2ck

⟩−⟨ck1 c

†k2

⟩⟨c†k ck

⟩=

= Θ(k)Θ(−k)δ(k1 − k)δ(k2 − k) = 0 . (B.5)

107

108 APPENDICE B. INTEGRALE DEL TERMINE M2

Questo prova che, per O = ρR, l’integrale di M2 e nullo. Per quanto riguarda il caso diO = HR la dimostrazione e identica, perche∫ +∞

−∞HR(x, t) dx = HR(x, t) = vF

∫dk k : c†k,Rck,R : (B.6)

e quindi vale lo stesso ragionamento fatto per la densita di carica.

B.2 Caso interagente

Iniziamo anche in questo caso considerando l’operatore densita di carica ρ(x, t), espressocome somma degli operatori chirali ρη(zη), dati da

ρη(zη) = −η√K

2π:∂xφη(zη) : , (B.7)

dove φη(zη) sono i campi bosonici chirali (si ricorda che facciamo uso della notazionezη = x− ηut). Consideriamo il valore medio in (B.2), con O(x, t) = ρη(zη):

M2(t, t1, t2, x1, x2) = −η√K

2πlim

L→+∞

[⟨ψR(x1, t1)ψ†R(x2, t2)φη(zη)

⟩]zη=+L

zη=−L. (B.8)

Notiamo che la media nella precedente Equazione e gia stata calcolata in (4.65) e risulta

⟨ψR(x1, t1)ψ†R(x2, t2)φη(zη)

⟩= −i

√2π

2πaAηGη(zη, z1,η, z2,η)B(x1, x2, t1, t2) , (B.9)

dove

Gη(zη, z1,η, z2,η) ≡ [Gη(z1,η − zη)−Gη(z2,η − zη)] , (B.10)

mentre la funzione B e data in (4.26):

B(x1, x2, t1, t2) =∏η

e2πA2ηGη(z1,η−z2,η) . (B.11)

L’unica dipendenza da zη nella (B.9) e contenuta nel fattore Geta. Concentriamoci quindisu tale termine. Usando la (A.2) per esprimere le funzioni di Green otteniamo:

limL→+∞

Gη(zη, z1,η, z2,η)∣∣∣zη=+L

zη=−L=

1

2πlim

L→+∞ln

[1− iη(z2,η − zη)/a1− iη(z1,η − zη)/a

]zη=+L

zη=−L. (B.12)

Utilizzando ora la relazione

ln(w) = ln |w|+ i arg(w) , (B.13)

B.2. CASO INTERAGENTE 109

valida per un generico w ∈ C, si ha:

Gη(zη, z1,η, z2,η)∣∣∣zη=+L

zη=−L=

1

2πln

√[1 +

(z2,η−L

a

)2] [

1 +(z1,η+L

a

)2]

√[1 +

(z2,η+L

a

)2] [

1 +(z1,η−L

a

)2]+

+i

2πarctan

[ηa

(L− z2,η)]− i

2πarctan

[ηa

(L− z1,η)]

+

+i

2πarctan

[−ηa

(L+ z1,η)]− i

2πarctan

[−ηa

(L+ z2,η)].

(B.14)

Effettuando il limite L→ +∞ si trova

limL→+∞

Gη(zη, z1,η, z2,η)∣∣∣zη=+L

zη=−L=i

πarctan

(ηL

a

)− i

πarctan

(ηL

a

)= 0 . (B.15)

Pertanto dalle relazioni (B.9), (B.8), (B.2), (B.1) vediamo che l’integrale di M2 e nullo.Per quanto riguarda l’operatore densita di energia H (x) si puo procedere seguendo

il ragionamento appena mostrato per la densita di carica, effettuando calcoli analoghi,anche se piu laboriosi. In alternativa possiamo notare che∫ +∞

−∞dxH (x) = H , (B.16)

dove H e l’operatore Hamiltoniano, che rappresenta l’energia totale. Osserviamo chein (B.2) compare l’azione di H sullo stato fondamentale |Ω〉. Se ricordiamo che nelmodello di Luttinger l’operatore H misura l’energia rispetto allo stato fondamentale,concludiamo immediatamente che H |Ω〉 = 0. Quindi, anche in questo caso, l’integraledi M2 si annulla.

APPENDICE CCalcolo del rate di tunneling

Lo scopo di questa Appendice e ricavare esplicitamente il legame tra la probabilita ditunneling |λ|2 e la larghezza γ del livello del dot. Abbiamo ritenuto opportuno trattareseparatamente i casi non interagente e interagente perche nel primo, a differenza delsecondo, si riesce ad ottenere un risultato analitico anche quando l’iniezione non e locale.

C.1 Caso non interagente

Vogliamo ricavare il risultato (3.59). Partiamo dalla (3.56), che riscriviamo moltiplicandoa dividendo per a:

N∞ =|λ|2

2πalim

t→+∞

∫ t

0dt1

∫ t

0dt2

∫∫dx1 dx2 ξ

∗(x1)ξ(x2)β∗(t1)β(t2)a

a− i(z1 − z2).

(C.1)In questo modo notiamo che l’ultimo fattore e la funzione P1,+(z1 − z2), che scriviamomediante la (A.13) come

a

a− i(z1 − z)=

∫ +∞

−∞

dE

2πP1(E)e

i EvF

(z1−z2). (C.2)

Sostituendo la precedente relazione nella (C.1) e inserendo un fattore Θ(t) nella defini-zione della funzione β in modo da poter estendere gli integrali temporali a (−∞,+∞),otteniamo

N∞ =|λ|2

2πa

∫ +∞

−∞

dE

2πP1(E)

∫ +∞

−∞dt1 β

∗(t1)eit1(−E)

∫ +∞

−∞dt2 β(t2)e−it2(−E)×

×∫ +∞

−∞dx1 ξ

∗(x1)eix1

EvF

∫ +∞

−∞dx2 ξ(x2)e

−ix2EvF =

=|λ|2

2πa

∫ +∞

−∞

dE

2πP1(E)

∣∣∣∣ξ( E

vF

)∣∣∣∣2 |β(−E)|2 . (C.3)

111

112 APPENDICE C. CALCOLO DEL RATE DI TUNNELING

Le espressioni per le trasformate di Fourier delle funzioni β e ξ sono le seguenti:

β(t) = e−iε0t−γtΘ(t) =⇒ β(E) =

∫ +∞

−∞dt β(t)e−iEt =

1

γ + i(ε0 + E), (C.4)

ξ(x) =1√πσ

e−x2

σ2 +ik0x =⇒ ξ(k) =

∫ +∞

−∞dx ξ(x)e−ikx = e−

σ2

4(k−k0)2

. (C.5)

Dalle precedenti possiamo notare che, nel limite γ ε0, abbiamo

|β(−E)|2 =1

γ2 + (E − ε0)2→ π

γδ(E − ε0) . (C.6)

Utilizzando questa approssimazione unitamente alla (A.9) e ricordando che ωc = vF /asi trova

N∞ =|λ|2

2vFγ

∫ +∞

0dE e−

Eωc

∣∣∣∣ξ( E

vF

)∣∣∣∣2 δ(E − ε0) =|λ|2

2vFγe−

ε0ωc

∣∣∣∣ξ( ε0

vF

)∣∣∣∣2 . (C.7)

Imponendo la condizione N∞ = 1 si ottiene

γ =|λ|2

2vFe−

ε0ωc

∣∣∣∣ξ( ε0

vF

)∣∣∣∣2 = γ0

∣∣∣∣ξ( ε0

vF

)∣∣∣∣2 , (C.8)

che corrisponde proprio alla (3.59).

C.2 Caso interagente

Esaminiamo ora il caso interagente e ricaviamo in modo esplicito la (4.38). Partiamodalla (4.37), che riscriviamo per comodita:

N∞ =|λ|2

2πalim

t→+∞

∫ t

0dt1

∫ t

0dt2

∫∫dx1 dx2 Ξ(x1, x2, t1, t2)B(x1, x2, t1, t2) . (C.9)

Esprimiamo poi la funzione B a partire dalla sua definizione (4.26)

B(x1, x2, t1, t2) = e2πA2+G+(z1,+−z2,+)e2πA2

−G−(z1,−−z2,−) (C.10)

e utilizziamo la rappresentazione (A.13), ottenendo

B(x1, x2, t1, t2) =

∫ +∞

−∞

dE1

∫ +∞

−∞

dE2

2πPA2

+(E1)PA2

−(E2)ei

E1u

(z1,+−z2,+)e−iE2u

(z1,−−z2,−) .

(C.11)

C.2. CASO INTERAGENTE 113

Sostituendo questa nella (C.9), esplicitando le variabili z e la funzione Ξ si trova quantosegue:

N∞ =|λ|2

2πa

∫ +∞

−∞

dE1

∫ +∞

−∞

dE2

2πPA2

+(E1)PA2

−(E2)

∫ +∞

−∞dt1 β

∗(t1)eit1(−E1−E2)×

×∫ +∞

−∞dt2 β(t2)eit2(−E1−E2)

∫ +∞

−∞dx1 ξ

∗(x1)eix1

(E1−E2

u

×∫ +∞

−∞dx2 ξ(x2)e

−ix2

(E1−E2

u

)=

=|λ|2

2πa

∫ +∞

−∞

dE1

∫ +∞

−∞

dE2

2πPA2

+(E1)PA2

−(E2)

∣∣∣∣ξ(E1 − E2

u

)∣∣∣∣2 |β(−E1 − E2)|2 .

(C.12)

Nel caso di iniezione locale e possibile ottenere un risultato analitico: abbiamo infattiξ(x) = δ(x), da cui ξ(E/u) = 1 e quindi il risultato precedente si riduce a

N loc∞ =

|λ|2

2πa

∫ +∞

−∞

dE1

∫ +∞

−∞

dE2

2πPA2

+(E1)PA2

−(E2)|β(−E1 − E2)| . (C.13)

Facendo il cambio di variabile E1 + E2 = E si ha

N loc∞ =

|λ|2

2πa

∫ +∞

−∞

dE1

∫ +∞

−∞

dE

2πPA2

+(E1)PA2

−(E − E1)|β(−E)| . (C.14)

Possiamo quindi sfruttare la proprieta (A.10) e ottenere

N loc∞ =

|λ|2

2πa

∫ +∞

−∞

dE

2πPA2

++A2−

(E)|β(−E)|2 (C.15)

Utilizzando ora l’approssimazione (C.6), ricordando che ωc = u/a ed esplicitando lafunzione P mediante la (A.9), si ottiene

N loc∞ =

|λ|2

2uγ

ω1−A2

+−A2−

c

Γ(A2+ +A2

−)

∫ +∞

0dE δ(E − ε0)EA

2++A2

−−1e−Eωc =

=|λ|2

2uγ

1

Γ(A2+ +A2

−)

(ε0

ωc

)A2++A2

−−1

e−ε0ωc . (C.16)

Imponendo quindi la condizione N loc∞ = 1 si ricava

γ loc =|λ|2

2u

1

Γ(A2+ +A2

−)

(ε0a

u

)A2++A2

−−1e−ε0a/u (C.17)

che corrisponde alla (4.38) e, nel caso particolare di K = 1, alla (3.60).

114 APPENDICE C. CALCOLO DEL RATE DI TUNNELING

Per ottenere la forma (4.41), piu generale e valida anche nel caso di iniezione nonlocale, ripartiamo dalla (C.12) ed esplicitiamo le funzioni P ivi presenti, ottenendo

N∞ =|λ|2

2πa

ω−(A2

++A2−)

c

Γ(A2+)Γ(A2

−)

∫∫ +∞

0dE1 dE2E

A2+−1

1 EA2−−1

2

∣∣∣∣ξ(E1 − E2

u

)∣∣∣∣2 |β(−E1−E2)|2e−E1+E2ωc .

(C.18)Con il cambio di variabile

E+ = E1 + E2

E− = E1 − E2, (C.19)

sfruttando l’approssimazione (C.6) e il fatto che A2+ = A2

− + 1 si ha

N∞ =|λ|2

2γu

(2ωc)−2A2

A2−Γ2(A2

−)e−

ε0ωc

∫ ε0

−ε0dE−(ε0 + E−)A

2−(ε0 − E−)A

2−−1

∣∣∣∣ξ(E−u)∣∣∣∣2 =

=γ0

γ

Keε0avF

(1−K)

A2−Γ2(A2

−)

(aε0

2u

)2A2−∫ +1

−1dx (1 + x)A

2−(1− x)A

2−−1

∣∣∣ξ (ε0x

u

)∣∣∣2 . (C.20)

Imponendo il vincolo di normalizzazione N∞ = 1 otteniamo

γ = γ0Ke

ε0avF

(1−K)

A2−Γ2(A2

−)

(aε0

2u

)2A2−∫ +1

−1dx (1 + x)A

2−(1− x)A

2−−1

∣∣∣ξ (ε0x

u

)∣∣∣2 . (C.21)

Da questa la (4.41) si ottiene con un semplice cambio di variabile.

APPENDICE DCalcolo di Eη e delle quantita

collegate

Questa Appendice e dedicata al calcolo dell’energia totale immessa nel sistema elicoidalein seguito all’iniezione e alla derivazione esplicita dei coefficienti di frazionalizzazione nelcaso di iniezione locale. Iniziamo dimostrando che l’energia totale iniettata e esattamenteε0, nel limite γ ε0. Partendo dalla (4.80), notiamo che la complessa coniugata dellafunzione integranda e la stessa funzione con t1 e t2 scambiati, quindi possiamo scrivere:

Eη =u|λ|2A2

η

2πa2

∫ +∞

0dt1

∫ +∞

0dt1

∫∫dx1 dx2 ξ

∗(x1)ξ(x2)β∗(t1)β(t2)×

× e2πg+η G+(z1,+−z2,+)e2πg−η G−(z1,−−z2,−) . (D.1)

Usando ora la rappresentazione (A.13) per esprimere le funzioni di Green otteniamoquanto segue (la procedura e del tutto analoga a quella che conduce all’Eq. (C.12)):

Eη =u|λ|2A2

η

2πa2

(a/u)g+η +g−η

Γ(g+η )Γ(g−η )

∫∫ +∞

0dE1 dE2

∣∣∣∣ξ(E1 − E2

u

)∣∣∣∣2 |β(−E1 − E2)|2×

× Eg+η −1

1 Eg−η −12 e−

E1+E2u

a . (D.2)

Con il cambio di variabile (C.19) si ha

Eη =Kγ0

A2ηe

ε0avF

Γ(g+η )Γ(g−η )

(aK

2vF

)2A2−∫ +∞

0dE+

∫ +E+

−E+

dE−(E+ + E−)g+η −1(E+ − E−)g

−η −1×

×∣∣∣∣ξ(E−u

)∣∣∣∣2 |β(−E+)|2e−E+ua . (D.3)

Nel limite γ ε0 possiamo utilizzare l’approssimazione (C.6) e ottenere la (4.82):

Eη =Kγ0

A2ηe

ε0avF

(1−K)

Γ(g+η )Γ(g−η )

(aK

2vF

)2A2− ∫ +ε0

−ε0dE

∣∣∣∣ξ(Eu)∣∣∣∣2 (ε0+E)g

+η −1(ε0−E)g

−η −1 . (D.4)

115

116 APPENDICE D. CALCOLO DI Eη E DELLE QUANTITA COLLEGATE

Al fine di calcolare l’energia totale E = E++E− e bene notare che, sfruttando la proprieta

Γ(x+ 1) = xΓ(x) , (D.5)

abbiamo:A2η

Γ(g+η )Γ(g−η )

=A2η

Γ(1 +A2η)Γ(A2

−η)=

1

Γ(A2η)Γ(A2

−η). (D.6)

Utilizzando questo risultato nella (D.4) si trova :

E =Kγ0

eε0avF

(1−K)

A2−Γ2(A2

−)

(aK

2vF

)2A2− ∫ +ε0

−ε0dE

∣∣∣∣ξ(Eu)∣∣∣∣2 (ε0 + E)A

2−(ε0 − E)A

2−−12ε0 =

=Kγ0ε0

eε0avF

(1−K)

A2−Γ2(A2

−)

(aKε0

2vF

)2A2− ∫ +1

−1dx (1 + x)A

2−(1− x)A

2−−1

∣∣∣ξ (ε0x

u

)∣∣∣2 . (D.7)

Confrontando la precedente con la (C.20) si ha

E = N∞ε0 = ε0 . (D.8)

Veniamo ora alla dimostrazione del limite locale in (4.83). Partendo dalla (D.3), con ilcambio di variabile E− = xE+ e ponendo |ξ(k)|2 = 1 si ottiene

E locη =

Kγ0

A2ηe

ε0avF

Γ(g+η )Γ(g−η )

(aK

2vF

)2A2− ∫ +∞

0dE+e

−aE+u |β(−E+)|2E2A2

−+1+ ×

×∫ +1

−1dx(1 + x)g

+η −1(1− x)g

−η −1 . (D.9)

L’integrale rispetto ad x puo essere semplificato come segue:∫ +1

−1dx(1 + x)g

+η −1(1− x)g

−η −1 =

∫ 2

0dxxg

+η −1(2− x)g

−η −1 =

= 2g−η −1

∫ 2

0dxxg

+η −1

(1− x

2

)g−η −1=

= 2g+η +g−η −1

∫ 1

0dζ ζg

+η −1(1− ζ)g

−η −1 =

= 22A2−+1

Γ(g+η )Γ(g−η )

Γ(g+η + g−η )

, (D.10)

dove nell’ultimo passaggio si e sfruttata una rappresentazione della funzione Beta diEulero [110]. Sostituendo la precedente nella (D.9) si trova

E locη = A2

η

Kγ0

πΓ(2 + 2A2−)eε0avF

(aK

2vF

)2A2− ∫ +∞

0dE|β(−E)|2E2A2

−+1e−ε0au . (D.11)

117

La struttura di questa relazione e del tipo E locη = A2

ηE , con E indipendente da η. Diconseguenza i coefficienti di frazionalizzazione definiti in (4.76) sono dati, nel caso diiniezione locale, dalla relazione

plocη =

A2η

A2+ +A2

−=

(1 + ηK)2

2(1 +K)2. (D.12)

Proviamo infine la validita della relazione (4.84), che esprime i coefficienti di fraziona-lizzazione nel caso di iniezione estesa. Dalle Equazioni (4.82),(D.6) e (D.7) e otteniamoper pη l’espressione

pη =1

2ε0

A2ηΓ(A2

+)Γ(A2−)

Γ(g+η )Γ(g−η )

NηD

=1

2ε0

NηD

, (D.13)

dove

Nη ≡∫ +ε0

−ε0dE

∣∣∣∣ξ(Eu)∣∣∣∣2 (ε0 + E)g

+η −1(ε0 − E)g

−η −1 , (D.14a)

D ≡∫ +ε0

−ε0dE

∣∣∣∣ξ(Eu)∣∣∣∣2 (ε0 + E)A

2−(ε0 − E)A

2−−1 . (D.14b)

Con il cambio di variabile E = ε0(1− 2x) ed esplicitando la funzione ξ tramite la (C.5)si ottiene

Nη = (2ε0)g+η +g−η −1

∫ 1

0dx e

−σ2

2

[ε0(1−2x)

u−k0

]2(1− x)g

+η −1xg

−η −1 , (D.15a)

D = (2ε0)2A2−

∫ 1

0dx e

−σ2

2

[ε0(1−2x)

u−k0

]2(1− x)A

2−xA

2−−1 . (D.15b)

Sostituendo le relazioni precedenti in (D.13) e ricordando le definizioni

g±η ≡ A2± +

1± η2

, (D.16)

σ ≡ ε0σ

vF, k0 ≡

k0vFε0

, (D.17)

si giunge al risultato

pη =

∫ 1

0dx e−

σ2K2

2(2x−1+k0/K)2

(1− x)g+η −1xg

−η −1∫ 1

0dx e−

σ2K2

2(2x−1+k0/K)2

(1− x)A2−xA

2−−1

, (D.18)

come volevasi dimostrare.

APPENDICE ECalcolo della funzione di Green

Questa Appendice e dedicata al calcolo delle funzioni di Green. Vogliamo, in particolare,ricavare la formula (4.23), che esprime le funzioni di Green Gη a temperatura nulla.Queste sono definite dalla (4.22), che riportiamo per comodita:

Gη(y) =⟨φη(y)φη(0)

⟩−⟨φ2η(0)

⟩. (E.1)

Esplicitando i campi bosonici (2.83)

φη(x) ≡ i√L

∑q>0

e−aq/2√q

(Bq,ηe

iqηx − B†q,ηe−iqηx), (E.2)

vediamo che compaiono le medie degli operatori bosonici rispetto alla Hamiltoniana(4.53). Le uniche non nulle sono quelle dell’operatore B†q,ηBq′,η e corrispondono alladistribuzione di Bose-Einstein: ⟨

B†q,ηBq′,η

⟩=

δq,q′

eβuq − 1. (E.3)

Sfruttando questa relazione si ottiene quindi⟨φη(y)φη(0)

⟩=

1

L

∑q>0

e−aq

q

[(1 +

1

eβuq − 1

)eiqηy +

e−iqηy

eβuq − 1

], (E.4a)

⟨φ2η(0)

⟩=

1

L

∑q>0

e−aq

q

[1 +

2

eβuq − 1

]. (E.4b)

Nel limite T → 0 abbiamo1

eβuq − 1→ −Θ(−q) , (E.5)

119

120 APPENDICE E. CALCOLO DELLA FUNZIONE DI GREEN

quindi tutti i termini dove compare questo fattore non contribuiscono, a causa del fattoche la somma viene effettuata solo sui valori positivi di q. Passando al limite continuoabbiamo allora

Gη(y) =1

∫ +∞

0dq

e−aq

qeiqηy − 1

∫ +∞

0dq

e−aq

q. (E.6)

Sviluppando in serie l’esponenziale eiqηy e definendo la variabile z = aq si trova

Gη(y) =1

∫ +∞

0dq

eaq

q

+∞∑n=1

(iqηy)n

n!=

1

+∞∑n=1

1

n!

(iηy

a

)n ∫ +∞

0dz e−zzn−1 . (E.7)

Utilizzando ora il fatto che, per n naturale, si ha

Γ(n) =

∫ +∞

0dz e−zzn−1 = (n− 1)! , (E.8)

otteniamo

Gη(y) =1

+∞∑n=1

1

n

(iηy

a

)n. (E.9)

Ricordando lo sviluppo del logaritmo

ln(1− x) = −+∞∑n=1

xn

n, (E.10)

si trova il risultato finale (4.23):

Gη(y) =1

2πln

1

1− iηy/a=

1

2πln

a

a− iηy. (E.11)

Ringraziamenti

Adesso che sono alla fine di questo percorso, guardando indietro mi accorgo che sonodavvero tante le persone che mi hanno accompagnato in questo cammino e che, inmisura diversa ma ugualmente importante, hanno reso possibile il raggiungimento diquesto obiettivo.

Desidero innanzitutto ringraziare i miei relatori, Maura Sassetti e Matteo Carrega,per la pazienza e l’impegno con cui mi hanno seguito nella preparazione e stesura dellatesi. I loro consigli e correzioni sono stati fondamentali e mi hanno insegnato molto.Rivolgo un ringraziamento anche al mio correlatore, Nicodemo Magnoli, per avermiaiutato a dare importanza ad alcuni aspetti a cui dedicavo poca attenzione.

Un ringraziamento va anche a tutti i compagni dello “stanzino”, per essere semprecapaci di creare un ambiente sereno e piacevole, in cui si cerca di aiutarsi a vicenda. Gra-zie in particolare ad Alessio, che ha sempre trovato il tempo e la pazienza di risponderealle mie mille domande. Un sentito ringraziamento e rivolto a tutti i miei amici, che mihanno sostenuto e incoraggiato durante tutta la durata del mio percorso universitario. Imiei compagni di corso, in particolare quelli con cui ho condiviso questi ultimi due anni:il loro supporto e un forte stimolo a continuare nella strada della ricerca. I miei storicicompagni di atletica, che, anche dopo che ho interrotto gli allenamenti all’inizio dell’u-niversita, hanno continuato a fare il tifo per me come se fossi all’ultima frazione della4× 400. I miei amici e compagni scout, con cui e stato bello condividere l’esperienza diessere educatore in questi anni; credo che mi abbiano insegnato tanto dal punto di vistaumano e mi abbiano fatto crescere come persona.

Un ultimo (ma non per ordine di importanza) ringraziamento e per tutta la miafamiglia, per il sostegno e l’affetto incondizionati che mi hanno sempre dimostrato, peravere pazientemente sopportato i miei momenti di silenzio e per avere condiviso le tantesoddisfazioni di questi cinque anni.

121

Bibliografia

1S. M. Sze e K. N. Kwok, Physics of Semiconductor Devices (Wiley-Interscience, 2006)(cit. a p. v).

2T. Ihn, Semiconductor Nanostructures (Oxford University Press, 2009) (cit. a p. v).

3S. Iijima, Helical microtubules of graphitic carbon, Nature 354, 56–58 (1991) (cit.alle pp. v, 30).

4L. Pfeiffer, K. W. West, H. L. Stormer, J. P. Eisenstein, K. W. Baldwin, D. Gershonie J. Spector, Formation of a high quality two-dimensional electron gas on cleavedGaAs, Applied Physics Letters 56, 1697–1699 (1990) (cit. a p. v).

5M. Goerbig, Quantum Hall Effects, disponibile su http://arxiv.org/abs/0909.1998(Les Houches Summer School, 2009) (cit. a p. v).

6K. von Klitzing, G. Dorda e M. Pepper, New method for high-accuracy determina-tion of the fine-structure constant based on quantized hall resistance, Phys. Rev.Lett. 45, 494–497 (1980) (cit. alle pp. v, 11, 30).

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123

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