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TERMOABLAZIONE DEL POLMONE: CONFRONTO SPERIMENTALE IN VIVO FRA ABLAZIONE CON MICROONDE E ABLAZIONE A RADIOFREQUENZA RIASSUNTO DELLA TESI OBIETTIVO: confrontare le procedure di termoablazione con microonde (MW) e a radiofrequenza (RF) in termini di praticabilità, sicurezza ed efficacia in uno studio sperimentale condotto in vivo su coniglio. METODO: 20 conigli divisi in due gruppi da 10 sono stati sottoposti all’ablazione con MW (gruppo A) e a RF (gruppo B). Si è effettuata sotto guida TAC una singola ablazione del tessuto polmonare. Per la procedura sono stati utilizzati un prototipo per l’ablazione con MW (vivawave, Tyco Healthcare). I sacrifici delle cavie sono stati effettati dopo 3 giorni (gruppo A=5; gruppo B=5) e dopo 7 giorni (gruppo A=5; gruppo B=5). RISULTATI: l’operazione è stata portata a termine in 9 casi su 10 in entrambi i gruppi. Il fallimento negli altri due casi è stato a causa di decesso per stress anestesiologico (gruppo A) e per pneumotorace (gruppo B). Un coniglio del gruppo B è morto 24 ore dopo la procedura per grave emotorace. Le complicazioni nel post- operatorio sono state pneumotorace (gruppo A=4, gruppo B=4), ascesso (gruppo A=1, gruppo B=1) ed ustione della parete toracica (gruppo A=4). Il diametro

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TERMOABLAZIONE DEL POLMONE: CONFRONTO

SPERIMENTALE IN VIVO FRA ABLAZIONE CON

MICROONDE E ABLAZIONE A RADIOFREQUENZA

RIASSUNTO DELLA TESI

OBIETTIVO: confrontare le procedure di termoablazione con microonde (MW) e a

radiofrequenza (RF) in termini di praticabilità, sicurezza ed efficacia in uno studio

sperimentale condotto in vivo su coniglio.

METODO: 20 conigli divisi in due gruppi da 10 sono stati sottoposti all’ablazione

con MW (gruppo A) e a RF (gruppo B). Si è effettuata sotto guida TAC una singola

ablazione del tessuto polmonare. Per la procedura sono stati utilizzati un prototipo per

l’ablazione con MW (vivawave, Tyco Healthcare). I sacrifici delle cavie sono stati

effettati dopo 3 giorni (gruppo A=5; gruppo B=5) e dopo 7 giorni (gruppo A=5;

gruppo B=5).

RISULTATI: l’operazione è stata portata a termine in 9 casi su 10 in entrambi i

gruppi. Il fallimento negli altri due casi è stato a causa di decesso per stress

anestesiologico (gruppo A) e per pneumotorace (gruppo B). Un coniglio del gruppo B

è morto 24 ore dopo la procedura per grave emotorace. Le complicazioni nel post-

operatorio sono state pneumotorace (gruppo A=4, gruppo B=4), ascesso (gruppo

A=1, gruppo B=1) ed ustione della parete toracica (gruppo A=4). Il diametro

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maggiore della necrosi è stato di 12,1mm +/- 3,2mm nel gruppo A e di 14,8mm +/-

4,9mm nel gruppo B. L’esame anatomopatologico ha evidenziato in entrambi i casi:

necrosi focale, edema, emorragia e infiltrato linfocitario periferico. Il diametro

perilesionale di trombosi intravascolare è maggiore per il gruppo A rispetto al gruppo

B. Gli altri organi non stati danneggiati.

CONCLUSIONI: la praticabilità e la sicurezza delle MW e della RF sono simili nel

modello animale, come anche l’aspetto anatomopatologico, che ha comunque

evidenziato una trombosi dei poccoli vasi circondanti la lesione maggiore negli

animali sottoposti alla ablazione con microonde.

INTRODUZIONE

L’ablazione a radiofrequenza è una tecnica relativamente poco invasiva utilizzata per

trattare i tumori solidi. Essa è diventata in breve tempo un’opzione terapeutica

imaging-guidata molto richiesta in virtù della possibilità di creare sotto stretto

controllo ampie zone di necrosi coagulativa.

Dopo ulteriori recenti miglioramenti nella tecnologia della RF, l’ablazione a RF ha

ottenuto un ruolo sempre più importante nel trattamento dei tumori maligni del fegato

non resecabili chirurgicamente e sta diventando un’alternativa alla chirurgia stessa

nel trattamento dei piccoli tumori limitati del fegato[1-3]. Nonostante l’esperienza

effettuata con l’ablazione a RF sulle neoplasie maligne al di fuori del fegato sia

ancora ai primi stadi della applicazione clinica, studi recenti hanno dimostrato come

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questa nuova tecnica potrebbe offrire una valida opzione di trattamento per i tumori

maligni del polmone [4-10].

Per quanto riguarda i problemi maggiori nell’effettuazione dell’ablazione a RF, uno

dei più importanti è rappresentato dalla necessità di condurre energia elettrica

all’interno del corpo umano. Infatti non appena la temperatura raggiunge i 1000C e si

ha evaporazione, l’aumento della impedenza che ne deriva limita l’ulteriore

diffusione di elettricità [11]. Questo diventa ancora più pronunciato se compare la

carbonizzazione dei tessuti. Un’ulteriore limitazione della ablazione a RF è che la

zona che va incontro a riscaldamento attivo è relativamente piccola, mentre per la

maggiore parte il riscaldamento è dovuto alla conduzione termica che diminuisce

esponenzialmente allontanandosi dalla sorgente elettrica [12]. Gli alti tassi di recidiva

locale evidenziati in alcuni studi clinici sono quasi certamente causati dall’effetto

protettivo del flusso di sangue nel fegato (“heat sink effect), che scorrendo

all’interno dell’area sottoposta a ablazione, ne provoca il raffreddamento, riducendo

perciò l’efficacia della procedura [13].

In virtù dei numerosi vantaggi teorici e pratici previsti, l’ablazione con microonde

rappresenta una nuova promettente opzione per il trattamento dei tumori maligni non

resecabili chirurgicamente. I potenziali benefici della tecnologia con MW includono

maggiori temperature intratumorali, maggiore volume della necrosi, tempi più rapidi,

miglior profilo di convezione e minor dolore. [14-7]. Poiché l’effetto del

raffreddamento del sangue è più pronunciato nella zona di riscaldamento conduttivo

piuttosto che in quello attivo, una maggiore potenza potrebbe anche migliorare il

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trattamento del tessuto perivascolare [16-17].

Recenti passi in avanti nell’ingegneria delle MW hanno permesso di creare il nuovo

prototipo del sistema di ablazione con MW, che mira a ottenere un miglior controllo

delle zone da sottoporre ad ablazione.

Si è ritenuto opportuno indagare come l’ablazione a MW si comporta sul tessuto

polmonare, prima di utilizzarla nel trattamento clinico del tumore polmonare. Uno

studio sperimentale è stato ritenuto necessario per valutare la risposta al calore,

l’estensione della coagulazione e le modificazioni istologiche nel polmone

normalmente ventilato. La dimostrazione della capacità dell’ ablazione a MW di

distruggere il normale tessuto polmonare è clinicamente rilevante, in quanto potrebbe

permettere di creare un margine di sicurezza di ablazione attorno alla neoplasia

stessa. Ci si aspetta che tale accorgimento sia responsabile di un più alto numero di

successi della terapia e di un minor numero di recidive locali. Quindi l’obiettivo di

questo studio è stato quello di confrontare su modelli animali (conigli) in vivo un

prototipo per l’ablazione a MW con un sistema di ablazione a RF disponibile

commercialmente

MATERIALI E METODI

DISEGNO DELLO STUDIO

Il Comitato Ricerca Animali ha dato l’approvazione a questo studio. Le norme

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riguardanti l’attenzione e il trattamento degli animali di laboratorio sono state

scrupolosamente seguite.

Si sono divisi in 2 gruppi da 10 individui 20 conigli white new Zeland . Il gruppo A

ha subito una singola ablazione percutanea con MW e il gruppo B una singola

ablazione percutanea con RF. Dopo la procedura gli animali sono stati attentamente

monitorizzati per appurare complicanze tardive e hanno ricevuto un’iniezione di

100mg di ampicillina dal primo al quinto giorno. I sacrifici degli animali sono stati

effettuati al terzo giorno (gruppo A=5 ; gruppo B=5) e al settimo giorno (gruppo A=5

; gruppo B=5) successivi alla procedura. Dopo l’eutanasia si sono prelevati i polmoni

in modo da analizzare, da un punto di vista macroscopico e microscopico, l’istologia

delle regioni trattate e delle strutture adiacenti ad esse.

DISPOSITIVI PER L’ABLAZIONE

Il dispositivo di ablazione a MW usato in questo studio è un prototipo sviluppato

dalla Tyco-Healthcare (Fig. 2). L’ago è un modello 15 gauge a dipolo coassiale con

una punta esposta di 1,6 cm (Vivawave, Tyco Healthcare). Il sistema è stato portato

da un generatore a 15 MHz e la potenza in uscita è controllata per mezzo di un

computer portatile. Per questo tipo di procedura è stata prevista una erogazione di 45

W di potenza per una durata di 10 minuti.

L’ablazione a RF è condotta con un ago di 17 gauge di diametro e 2 cm di punta

esposta (Cool-tip, Tyco- Healthcare, Fig. 1). Il generatore RF è capace di produrre

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200W di potenza e ha incorporato un sistema di controllo continuo dell’impedenza

tissutale. Per tutta la durata della procedura una pompa ha fatto circolare nel lume

dell’ago una normale soluzione salina a 00 C con flusso di 10-25 ml/min. La durata

dell’intervento è stata di 12 minuti.

PROCEDURE PER L’ABLAZIONE

Si è effettuata un’anestesia di tutti i conigli con un’iniezione intravenosa di 7mg/kg di

tiletamina ipocloridrato + zolazepam ipocloridrato (zoletil®) prima della procedura.

Quando necessario si è somministrata un’ulteriore iniezione con dose pari alla metà

di quella iniziale. I conigli sono stati in grado di respirare spontaneamente durante la

procedura. Ogni animale è stato poggiato sul suo lato sinistro, mentre la parete

toracica destra è stata rasata e sterilizzata. Nel gruppo B un elettrodo dispersivo è

stato posto a contatto con un’area rasa sul fianco destro, in modo tale da minimizzare

l’impedenza iniziale del circuito. L’elettrodo dispersivo non è stato necessario negli

animali appartenenti al gruppo A a causa delle proprietà diverse delle onde

elettromagnetiche. Entrambe le procedure sono state eseguite grazie all’ausilio delle

immagini offerte dalla TC e condotte secondo gli schemi seguiti nelle biopsie TC

guidate. L’acquisizione di immagini è stato effettuato con uno strumento apposito per

gli studi sperimentali (CT sytec 3000, GE Medical System) operante in una modalità

standard assiale. I parametri hanno incluso una sezione di collimazione di 5mm,

120kVp, 100mA e un’alta risoluzione di rappresentazione. Si è segnata la pelle

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dell’animale con un segno di riconoscimento laddove l’ago sarebbe dovuto entrare in

modo da evitare la grande vena dorsale e il suo posizionamento è stato effettuato con

l’ausilio della TC. Dopo aver sterilizzato la zona di entrata con soluzione iodata, si è

effettuata una piccola incisione con bisturi per facilitare l’entrata dell’ago attraverso

la pelle. L’elettrodo è stato introdotto direttamente nella parete laterale del lobo

inferiore del polmone destro. Si è scelto questo percorso per ridurre la possibilità di

attraversare le fessure interlobari. Durante la procedura i conigli sono stati

monitorizzati, facendo attenzione a segni di stress respiratorio o a altri discomfort.

Terminata la procedura l’ago è stato tolto lentamente con moto rotatorio per

minimizzare i danni potenziali recabili al tessuto.

VALUTAZIONE DOPO LA PROCEDURA

Utilizzando sempre la stessa macchina CT si è fatto uno scanning subito nel post-

operatorio per valutare la zona sottoposta al trattamento e individuare eventuali

complicanze immediate. Si sono fatte scannerizzazioni TC senza mezzo di contrasto

del torace e dell’addome superiore comprendendo i reni. Le analisi delle immagini

sono state fatte con una finestra per il polmone (livello -500HU, ampiezza 2000HU) e

una finestra per i tessuti parenchimatosi (livello 50HU, ampiezza 350HU) (fig. 3-4).

ANALISI DELLE IMMAGINI

Ogni zona trattata con MW o con RF è stata analizzata in termini della sua sede,

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dimensioni e forma, cambiamento del grado di attenuazione, presenza di essudato o

di aria nella cavità pleurica o nei tessuti parenchimatosi. Il diametro delle lesioni è

stato misurato sulle immagini poste in finestre di risoluzione per il polmone da un

radiologo, con l’ausilio di un compasso elettronico. Per assicurare che i cambiamenti

notati non erano presenti prima dell’ ablazione (sia con MW che con RF), si sono

confrontate le immagini CT ottenute prima e dopo la procedura.

ESAME ISTOPATOLOGICO

Dopo l’eutanasia, effettuata al terzo e settimo giorno, il polmone e il cuore sono stati

prelevati in blocco. Il polmone è stato quindi sezionato in fettine di spessore simile a

quello ottenuto con la CT che sono state poi esaminate. Per l’esame macroscopico il

patologo ha misurato il diametro della regione con necrosi coagulativa in ogni

campione. Il tessuto è stato quindi fissato con formalina al 10% per un esame

istologico di routine. Il trattamento finale per lo studio microscopico ha incluso un

sezionamento in paraffina e una colorazione in ematossilina-eosina. Si è passati

quindi ad esaminare tutte le aree di trattamento per quanto concerne il loro aspetto

istologico e la demarcazione dal tessuto vitale circostante (Fig.5-6-7-8).

ANALISI STATISTICHE

Sono stati confrontati gli aspetti tecnici dell’ablazione con MW e a RF e le

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complicanze insorte dopo la loro effettuazione. Il diametro delle lesioni è stato

misurato su immagini TC acquisite immediatamente dopo la procedura, e i dati

provenienti dalle diverse procedure sono stati messi a confronto con un test t di

Student. Per l’analisi statistica dei dati si è utilizzato un software JMP 5.0.1.2 (SAS

Institute Inc, Cary, NC, USA) ed è stato considerato significativo un valore di p

inferiore allo 0,05.

RISULTATI

E’ stato ottenuto successo tecnico della procedura in 9 casi su 10 in entrambi i gruppi.

Il fallimento tecnico nel caso del gruppo A è stato a causa di stress anestesiologico.

L’animale è morto dopo 6 minuti dopo l’inizio della procedura, che è stata comunque

portata a termine. La CT eseguita nell'immediato post-operatorio non ha mostrato la

presenza di pneumotorace, si è quindi passati all'autopsia. L'ispezione della cavità

toracica evidenziava la normalità dell’ablazione che coinvolgeva il cuore. Il polmone

è stato quindi rimosso e preparato per l'analisi macro e microscopica. Il decesso nel

gruppo B è dovuto invece a pneumotorace di grado elevato, che ha causato il mancato

posizionamento dell' elettrodo. Si è effettuato un drenaggio ma il pneumotorace

persisteva e l'animale è morto. Un altro coniglio del gruppo B è deceduto 24 ore dopo

la procedura a causa di massivo emotorace che era già stato evidenziato alla CT post-

operatoria e poi confermato all'autopsia. Altre complicanze sono state pneumotorace

(gruppo A=4,gruppo B=4), ascesso (gruppo A=1, gruppoB=1) e estensione della

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necrosi alla parete toracica (gruppo A=4). Tutti i casi di pneumotorace sono insorti

acutamente nel momento dell'inserzione dell'ago prima di iniziare l'ablazione. Nel

gruppo A l'entità del pneumotorace era lieve e perciò le procedure sono state portate a

termine senza necessità di trattamento. Nel gruppo B in 1 caso su 4, il pneumotorace

è stato grave e ha richiesto un drenaggio. La procedura è stata interrotta. Si è

riprogrammato quindi per questo animale un secondo intervento avvenuto due

settimane dopo e conclusosi con successo. Il grado di pneumotorace negli altri tre

casi nel gruppo B era lieve e tutti si sono risolti senza necessità di trattamento. Per

quanto riguarda i due casi di ascesso (uno nel gruppo A e uno nel gruppo B),

entrambi sono insorti nel periodo peri-operatorio e sono stati dimostrati all'autopsia

effettuata al settimo giorno dalla procedura,durante la quale si è riscontrata la

presenza di materiale purulento nell' emitorace destro, con aspetto e entità della

raccolta, simili in entrambi i gruppi. Le ustioni sulla parete toracica sono state

osservate in 4 casi su 10 nel gruppo A. Tutte erano localizzate nel punto di entrata

dell'ago, dove la cute era stata riscaldata assieme all'ago e al cavo. Analizzando le

immagini TC acquisite subito dopo la procedura, non si notavano differenze

sostanziali fra l’aspetto delle lesioni ottenute con l'ablazione a MW e quelle ottenute

con l’ablazione a RF: si è descritta una piccola area centrale di aumentata densità

circondata perifericamnte da un' area estesa con densità a vetro smerigliato (Fig. 3-4).

Il diametro massimo medio delle lesioni ricavato dalle immagini della TC post-

operatoria era di 18.8 mm+/- 5.4 nel gruppo A e di 20.4mm +/- 4.0 nel gruppo B

(p=0.3). All'autopsia condotta al terzo e al settimo giorno non si sono osservati

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coinvolgimenti importanti degli organi adiacenti, in particolare il cuore, il pericardio

e il diaframma. Le principali arterie e vene polmonari sono rimaste conservate; erano

assenti i segni di trombosi o danno parietale. Il diametro medio massimo delle regioni

sottoposte a trattamento misurato all'esame anatomopatologico è stato di 12.1 mm +/-

3.2 nel gruppo A e 14.8mm +/- 4.9 nel gruppo B(p=0.2). L'esame microscopico delle

zone ablase non ha evidenziato particolari differenze fra le due tecniche: si è descritto

edema, necrosi settale, emorragia e infiltrato linfocitario periferico (Fig.5-6). Le

caratteristiche e l' aspetto dell' organizzazione delle lesioni erano simili al terzo e al

settimo giorno nei due gruppi. L'unica differenza consisteva nella trombosi dei

piccoli vasi perilesionali,che era molto più intensa ed estesa nel gruppo A (fig.8)

piuttosto che nel gruppo B (Fig. 7).

RFA MWA

Fig.1 Fig.2

WCool-

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Fig.3 Fig.4

Fig.5 Fig.6

Fig.7 Fig.8

Fig.1: dispositivo per la termoablazione a RF.Modello cool-tip

Fig.2: prototipo per la termoablazione a MW

Fig.3: TC successiva alla procedura a RF

Fig.4: TC successiva alla procedura a MW

Fig.5: RF: colorazione con ematossilina-eosina

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Fig.6: MW: colorazione con ematossilina-eosina

Fig.7: segni di scarsa/assente trombosi nella RFA

Fig.8: trombosi massiva nella MWA

DISCUSSIONE

Il tumore del polmone è la neoplasia più frequente al mondo per incidenza e è la più

frequente causa di morte per cancro nell'uomo e nella donna [18,19,52]. Stime del

2002 (OMS) registrano che il tumore del polmone causa un milione di morti l'anno

nel mondo rispetto ai 6 milioni di decessi globali per cancro. Il tumore del polmone è

il tipo di neoplasia più frequente nell'uomo,e è al secondo posto nella donna dopo il

carcinoma della mammella, ma è in aumento in questo sesso [53]. Dal 1992 al 1998

la mortalità da carcinoma polmonare è diminuita significativamente nell’ uomo

(1.9%/anno) mentre continua ad aumentare seppur lentamente (0.8%/anno) nelle

donne [54]. La sopravvivenza globale a 5 aa è minore del 15%,e alla diagnosi i tre

quarti dei casi non è operabile chirurgicamente. Secondo stime rilevate dal National

Cancer Institute (USA) tra il 1974 e il 1998 la sopravvivenza a 5 anni nei pazienti

NSCLC allo stadio Ia era del 60%, Ib 38%, IIa 34%, IIb 22%, IIIa 13-9%, IIIb 7-3%,

IV 1%. La sopravvivenza a 5 anni nel microcitoma (SCLC) era per la malattia

limitata del 10-20% e per la malattia estesa del 3-5%. Il picco di incidenza è fra la V

e la VII decade. Il rapporto maschi/femmine è di 4/1 in Italia e 1/1 negli USA. I

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fattori di rischio sono rappresentati dal fumo di sigaretta (che è il principale fdr), dal

sesso (le donne a parità di esposizione al fumo sono più suscettibili), fumo passivo

(responsabile del 25% dei tumori polmonari), predisposizione genetica, esposizione

ambientale a tossici e inquinanti (catrame,asbesto..ecc.), carenza vitamina C e E,

BPCO [53]. Istologicamente distinguiamo il Carcinoma non a piccole cellule

(NSCLC),il più frequente (80% dei casi totali) e il Carcinoma a piccole cellule o

microcitoma (SCLC, 20% dei casi totali). L'NSCLC deriva dall'epitelio

broncoalveolare e è suddiviso a sua volta in tre sottotipi: l'adenocarcinoma (40% dei

casi totali),più frequente nelle donne e nei non fumatori,solitamente periferico; il

carcinoma squamoso (30% dei casi totali), tipico dei grossi bronchi e correlato

strettamente al fumo;e il carcinoma indifferenziato a grandi cellule (20-25% dei casi

totali). Il microcitoma (10% dei casi totali) deriva dal sistema APUD,è correlato nel

99% dei casi al fumo,è molto aggressivo localmente e a distanza, e anche se risponde

maggiormente rispetto all'NSCLC alla chemioterapia, è meno curabile [54]. La

diagnosi si fa con anamnesi, EO, citologia dell'espettorato, rx torace, CT torace,

fibrobroncoscopia, biopsia transparietale, mediastinoscopia ,mediastinotomia

,videochirurgia. La stadiazione si fa per il parametro T con rx torace, CT torace,

broncoscopia, e altre indagini non routinarie: RMN, toracentesi, ecografia

endobronchiale, PET. Per la valutazione del parametro N si impiegano tecniche sia

non invasive (CT torace, PET, ecografia endobronchiale ,RMN) che invasive

(agoaspirato endobronchiale, agoaspirato percutaneo, agoaspirato ecoguidato

transesofageo, mediastinoscopia, mediastinotomia, videochirurgia). Per il parametro

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M si utilizzano la valutazione clinica,parametri di laboratorio (emocromo , fx epatica,

fx renale, gamma-GT, ALP, ALP, AST, LDH, NSE…) e metodiche di imaging come

ecografia addome, CT o RMN addome e encefalo, scintigrafia ossea, PET [53]. La

terapia dell' NSCLC disponibile prima dello sviluppo delle tecniche di

termoablazione era così organizzata:

STADIO I e II:(T1-T2N0M0,T1N1MO,T2N1M0,T3N0M0):chirurgia. Si può

associare chemioterapia neoadiuvante e/o adiuvante.

STADIO IIIa (T1-T3N3M0,T3N1M0):chemio neo/adiuvante, chirurgia, radioterapia.

STADIO IIIb (T1-T4N3MO,T3N2M0,T4):chemio e radioterapia

STADIO IV (M1): chemio o solo interventi di palliazione.

Per la terapia del microcitoma la malattia si distingue in limitata/estesa: per limitata si

intende una patologia inclusa in un emitorace,comprendendo anche il mediastino

omolaterale, l’ ilo controlaterale, i linfonodi sovraclaveari omolaterali e il versamento

pleurico omolaterale. La malattia estesa corrisponde in tutti i casi a metastasi a

distanza. La chemioterapia è il trattamento cardine. In caso di malattia limitata si può

ancora pensare di offrire una possibilità di guarigione,si può fare quindi

polichemioterapia in associazione con radioterapia combinata e RCI (panirradiazione

dell'encefalo). Nella malattia estesa la finalità del trattamento è la palliazione. Sono

disponibili diverse associazioni farmacologiche di prima e seconda linea [53].

Osserviamo adesso le opzioni terapeutiche offerte dalla termoablazione percutanea.

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La resezione chirurgica è il trattamento di scelta dei tumori non a piccole cellule

(NSCLC) diagnosticati ai primi stadi. Questi pazienti possono comunque non essere

candidati alla chirurgia per la compresenza di BPCO o di altre patologie [20-

22].Inoltre i NSCLC tendono a recidivare dopo una resezione apparentemente

risolutiva [23].Grazie all'esteso impiego della CT i piccoli noduli carcinomatosi

(diametro < 3cm) sono oggi diagnosticati più frequentemente [18-19-24-25]. I

protocolli terapeutici che prevedono la chemioterapia e la radioterapia si applicano ai

pazienti non operabili,ma che per le discrete condizioni generali possono giovarsi di

questi trattamenti e sperare in una migliore qualità di vita e maggiore sopravvivenza

[22-26]. Il polmone è anche la seconda sede più frequente delle metastasi: c'è

un'ampia documentazione che confronta i vantaggi in termini di sopravvivenza dei

pazienti affetti da metastasi al polmone trattati con la chirurgia rispetto ai pazienti

non resecati [27,28]. Comunque la chirurgia è spesso preclusa a causa del numero e

della localizzazione delle metastasi. Inoltre l'elevato rischio di recidiva e la necessità

di rimuovere tessuto sano assieme alle lesioni metastatiche diminuiscono

ulteriormente l'indicazione alla chirurgia [29]. In questi casi l'alternativa terapeutica è

offerta dalla radioterapia e dalla chemioterapia;due opzioni che possono arrecare

gravi sequele locali e sistemiche e che offrono basse speranze di guarigione definitiva

[30]. Quindi si ricercano nuove modalità di trattamento che possano essere meno

invasive ma comunque efficaci. La termoablazione percutanea a RF è al momento

attuale la metodica più diffusa nel campo della pneumologia oncologica, grazie alla

sua efficacia, sicurezza e relativa facilità d'uso. Grazie alla sua capacità di produrre in

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modo controllato notevoli volumi di necrosi coagulativa, questa tecnica ha ottenuto il

consenso per la sua introduzione nei protocolli di trattamento dei tumori maligni non

resecabili [1,3,31]. Recentemente la ricerca si è focalizzata sull'applicazione clinica

della ablazione a RF nel trattamento delle neoplasie polmonari [32,36]. Lencioni et al

[37] hanno riportato i risultati preliminari di un trial multicentrico in cui erano stati

trattati 106 pazienti con 186 noduli neoplastici di diametro inferiore ai 3.5cm. La

diagnosi includeva NSCLC in 33 pazienti, metastasi da carcinoma colon retto in 53

pazienti e metastasi da altri tumori primitivi in 20 pazienti. La completa ablazione del

tumore macroscopico come mostrato da una CT effettuata 3 mesi dopo si era ottenuta

in 173 casi su 186 (tasso di efficacia del 93%).La sopravvivenza a 1 e 2 anni

dall'intervento è stata rispettivamente del 69% e 49% nei pazienti con NSCLC,e 86%

e 62% nei pazienti con metastasi da carcinoma colon retto. La sopravvivenza cancro-

specifica è a 1 e 2 anni rispettivamente del 91%e 91% nei pazienti con NSCLC e

88%e 72% nei pazienti con metastasi da carcinoma colon retto.

La termoablazione sfrutta l’effetto necrotizzante esercitato dal calore sui tessuti

biologici. é noto infatti che temperature maggiori di 43-45°C provocano un danno

reversibile degli enzimi cellulari, che diviene irreversibile per tempi di esposizione

superiori ai 25 minuti. L’entità della lesione è tanto più evidente nei tessuti a elevata

proliferazione come i tessuti neoplastici. Temperature superiori ai 60°causano in

pochi minuti la necrosi coagulativa dei tessuti, mentre temperature superiori ai 100°C

provocano fenomeni di evaporazione e successiva carbonizzazione. L’ipertermia può

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essere indotta mediante diverse fonti: la RF,le MW e il laser. Le onde a RF

comprendono una banda di radiazione elettromagnetica suddivisa in onde a bassa

freq. (<300Khz), a media freq. (<3Mhz), a alta freq. (<300Mhz) e le microonde(900-

2450Mhz). Si utilizzano generatori di onde di frequenza di 480-500Khz. In un

circuito elementare monopolare l’elettrodo attivo è costituito dall’estremità dell’ago

posto all’interno della lesione e l’elettrodo dispersivo dalle piastre di scarico poste

sulla coscia del paziente. La punta determina il passaggio di una corrente alternata al

tessuto circostante con agitazione ionica e conseguente riscaldamento. Gli aghi

utilizzati hanno un diametro di 1,2mm [55]. Una limitazione della termoablazione a

RF è data dal diametro relativamente piccolo della zona che subisce un riscaldamento

attivo creato dall'agitazione ionica (nell'ordine di pochi millimetri)[12].Fattori che

influiscono sul diametro della lesione sono correlati all’ago (diametro,lunghezza della

punta esposta), alla durata dell’ applicazione di energia, al tipo di ago (elettrodi

multipli, elettrodi bipolari, che hanno però lo svantaggio di creare aree di necrosi di

forma ellittica non ricalcando la tipica forma del tumore; aghi provvisti di uncini

espansibili,o di tre aghi coassiali -i cluster- ,distanziati 5 mm l’uno dall’altro), alla

presenza/assenza di acqua che aumenta la conducibilità elettrica e termica, all’heat

sink effect provocato dal flusso sanguigno locale, e alla presenza di carbonizzazione,

fattore negativo che riduce la deposizione di energia [55]. Il riscaldamento del tessuto

a contatto con l’ago è diretto e definito attivo, ma nelle zone immediatamente

limitrofe esso dipende dalla conduzione termica, che diminuisce esponenzialmente

man mano che ci allontaniamo dalla sorgente elettrica. Questo provoca una eccessiva

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dissipazione di energia in calore, specialmente sull'interfaccia tessuto/vaso dove il

flusso di sangue protegge termicamente il tessuto perivascolare e la neoplasia [38].

Una necrosi ottimale si ottiene con temperature comprese fra i 70°C e i 95°C,mentre

quando la temperatura raggiunge i 100 C° e si crea vaporizzazione,l'aumento

dell'impedenza ostacola l'ulteriore deposizione di energia [55-11]. Se si sviluppa

carbonizzazione tale riduzione di apporto di energia diventa ancora più marcato in

quanto l'escara che si forma funge da isolante attorno all'elettrodo. Per minimizzare

questo effetto sono stati inventati e utilizzati diversi algoritmi di deposizione di

energia e diversi tipi di elettrodi [39-41]. L’ablazione a MW sembra offrire molti

vantaggi, superando alcune limitazioni dell’ ablazione a RF. La radiazione MW

occupa quello spettro di onde elettromagnetiche con frequenza compresa fra 900 e

2450 Hz. Le molecole d’acqua sono polarizzate;ciò significa che le cariche elettriche

sulla molecola non sono simmetriche. Per le intrinseche proprietà degli atomi che la

compongono,il lato dove si trova l’idrogeno ha carica positiva mentre il lato dove si

trova l’ossigeno ha carica negativa [42]. Anche la radiazione elettromagnetica ha una

carica elettrica: viene rappresentata come un’onda oscillante che alterna

costantemente carica + e -. Per una microonda con frequenza 9.2 x 108 Hz, il

cambiamento di segno di carica avviene circa due bilioni di volte al secondo. Quando

una siffatta radiazione interagisce con una molecola d’acqua, ne causa una

polarizzazione. Nella termoablazione a MW, si utilizzano onde che abbiano una

frequenza allineata con quella naturale delle molecole d’acqua. Esse subiranno quindi

un cambiamento di posizione nello spazio a una frequenza di 2-5 bilioni di volte al

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secondo. La temperatura è un indice della velocità del movimento delle molecole, che

a loro volta aumenta la temperatura dell’acqua stessa. Quindi le MW scaldano

attraverso l’agitazione delle molecole d’acqua le molecole del tessuto circostante

provocando frizione e produzione di calore, e inducendo la morte cellulare con

necrosi coagulativa[42]. La letteratura è scarna, e riguarda soprattutto gli effetti nel

tessuto provocati dalle MW, nonostante una storia del loro impiego relativamente

lunga cominciata nel 1979 [43]. Risulta interessante il fatto che l’ablazione a MW sia

meno dipendente dal flusso di sangue rispetto all’ ablazione a RF,nella quale la

maggior parte del riscaldamento è legato alla conduzione termica, che determina il

cosiddetto “heat sink effect” da parte del locale flusso sanguigno [38]. D’altra parte,

poiché l’ampiezza della lesione dipende dalla lunghezza d’ onda dell’ energia

applicata, l’ ablazione a MW provoca lo sviluppo di un’ area di danno più estesa [44-

45].

Un recente studio che ha confrontato l’ablazione a RF con quella a MW nel fegato di

maiale ha riportato che il diametro di necrosi nella prima è stata ridotto del 26% dalla

presenza di flusso sanguigno locale, contro una riduzione del 4% nel secondo gruppo

[46].

Sicuramente la RF può generare larghe zone di ablazione grazie all’impiego di

diversi tipi di aghi, come gli elettrodi cluster ,gli elettrodi a perfusione, gli elettrodi

espandibili. Similmente anche le microonde possono creare larghe zone di ablazione

con sonde ampie o multiple. Recentemente è stato messo a punto un prototipo di ago

per la ablazione a MW a forma di anello, che sembrerebbe più efficace a trattare le

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neoplasie epatiche nelle cavie. Questa innovazione riesce a provocare una necrosi del

tessuto e dei vasi nell’interfaccia sonda/tessuto, creando un’area di lesione circolare

che ricalca quella del tumore. Inoltre i vasi all’interno dell’interfaccia di

ablazione/tumore non hanno dimostrato la presenza di cellule vitali. La forma della

lesione non è stata distorta dalla prossimità dei vasi. Il vantaggio di questa tecnica

consiste nella possibilità di circondare il tumore, rilasciare una grande quantità di

energia sotto forma di MW sotto stretto controllo e di risparmiare il fegato normale al

di fuori dell’anello [47]. In molti riportano i successi nel trattamento con MW

dell’epatocarcinoma e delle metastasi epatiche del colon retto [48-51].

Alla luce delle conoscenze attuali non esistono studi clinici in letteratura, riguardanti

l’uso terapeutico della ablazione a MW nel tumore del polmone. Esistono poche

pubblicazioni di dati sperimentali riguardanti la dimensione attesa della lesione, la

qualità e i cambiamenti patologici del tessuto polmonare nella ablazione a MW. Uno

studio sperimentale nel normale polmone di cane ha dimostrato che la temperatura

nel parenchima polmonare è giunta a 90-1000C a 5mm di distanza dall’elettrodo dopo

60 secondi e a 70-800C a 10mm dopo 90 secondi con erogazione di 40-60W di

potenza. L’area di necrosi coagulativa aveva un diametro di 20mm. I ricercatori

hanno concluso che la condizione ottimale per una ablazione a MW effettuabile

clinicamente è di 40-60W per 3-4 minuti. L’istopatologia ha mostrato la

degenerazione necrotica, l’addensamento di fibre collagene e l’esfoliazione e

l’ulcerazione dell’epitelio bronchiale circostante l’elettrodo [52].

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Lo studio esposto in questa tesi è stato condotto per valutare la praticabilità, la

sicurezza e l’efficacia dell’ablazione a MW nel modello animale. È stato fatto un

confronto con la più usata e conosciuta tecnica alternativa, cioè l’ablazione a RF. In

teoria il polmone dovrebbe essere adatto alla ablazione RF e/o a MW, poiché l’aria

contenuta nel parenchima procura un effetto isolante, facilitando la concentrazione di

energia nella zona voluta. Infatti non si può generare riscaldamento da fonte elettrica

in presenza di aria, perciò il danno alla neoplasia può essere ottenuto preservando il

più possibile il parenchima sano circostante,che è normalmente ventilato.

La fattibilità e la sicurezza delle due procedure sono risultate simili in questo studio.

L’operazione è stata portata a termine in 9 casi su 10 in entrambi i gruppi. Il decesso

nel caso del gruppo A è avvenuto per stress anestesiologico e nel gruppo B per grave

pneumotorace. Un massivo emotorace evidenziato nel post-operatorio tramite

scanning TC è stato responsabile di un altro successo avvenuto 24h dopo la

procedura. La percentuale di comparsa di pneumotorace è uguale in entrambi i gruppi

(4 casi su 10), ma solo in un caso del gruppo B la gravità è stata tale da richiedere un

drenaggio. Gli altri casi di pneumotorace sono stati lievi e non sono stati trattati.

Anche l’incidenza di ascesso nei due gruppi è analoga (1 caso per gruppo).

L’ustione della parete toracica si è osservata solo nel gruppo A, in 4 casi su 10. La

zona cutanea lesa è stata individuata nel punto di entrata dell’ago, dove durante la

procedura la pelle è stata riscaldata dall’ago e dal cavo. Una possibile spiegazione

può essere data dalla valutazione retrospettiva dell’iniziale posizionamento dell’ago

alla TC. Si è visto che l’estremità prossimale della punta esposta è stata

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probabilmente in contatto con la parete toracica causandone il danneggiamento.

Un’altra possibile spiegazione è che il riscaldamento non era concentrato alla punta

dell’ ago. Questo può dipendere dal fatto che il sistema di ablazione a MW è ancora

un prototipo e necessita miglioramenti. Comunque l’autopsia non ha rilevato danni

severi agli organi adiacenti e i vasi arteriosi e venosi sono stati preservati con assenza

di segni di trombosi e danno parietale. Alle immagini TC ricavate nell’immediato

post-operatorio le caratteristiche delle zone sottoposte ad ablazione con MW e RF

sono risultate indistinguibili e il loro diametro massimo medio non è risultato

significativamente differente. Deve essere però considerato che la punta esposta dei

due elettrodi non era identica essendo di 1,6 cm per l’ago MW e 2 cm per l’ago RF..

Ciò potrebbe significare che le MW siano in grado di ottenere un’area di ablazione

lievemente maggiore se confrontata con quella ottenuta dalla RF. Il diametro medio

massimo delle zone sottoposte ad ablazione è risultato simile nelle due procedure alla

misurazione effettuata direttamente sull’organo durante l’esame anatomopatologico

essendo di 12,1 +/- 3,2 mm e 14,8 +/- 4,9 mm rispettivamente per la ablazione a MW

e a RF. Queste misure comunque non corrispondevano a quelle ottenute alla TC

subito dopo la procedura, in quanto queste ultime risultavano maggiori: 18,8 +/- 5,4

mm nel gruppo A e 20,4 +/- 4 mm nel gruppo B. Si potrebbe spiegare questa

discordanza supponendo che alle immagini TC si siano incluse all’interno della

misurazione sia le aree di necrosi che di soffusione emorragica perilesionale. Al terzo

e al settimo giorno dalla procedura, al momento del sacrificio delle cavie, questo

fenomeno è risultato diminuito e all’esame diretto del campione patologico è stato

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facile distinguere la zona necrotica dalla periferia contenente la soffusione

emorragica. All’esame istopatologico le caratteristiche delle aree danneggiate si sono

mostrate simili: sia nel gruppo A che nel gruppo B infatti si è notata necrosi settale,

edema emorragico e infiltrato linfocitario periferico. Non si sono riscontrate

particolari differenze nei campioni anatomopatologici ricavati al terzo e al settimo

giorno. La trombosi dei piccoli vasi attorno alla zona di ablazione era ampia nel

gruppo A e focale nel gruppo B. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che la zona di

riscaldamento attivo responsabile della trombosi è molto più estesa nella tecnica di

ablazione a MW piuttosto che in quella a RF. Un’altra interpretazione è che l’elevata

temperatura localmente ottenuta con le MW potrebbe superare l’effetto di

raffreddamento del flusso sanguigno locale. L’effetto sui vasi perilesionali e la

possibilità di usare simultaneamente aghi multipli rendono l’ablazione a MW una

promettente alternativa alle normali tecniche di ablazione oggi disponibili. Se la

recidiva locale del tumore è dovuta alla sopravvivenza di cellule maligne vicino ai

vasi, l’ablazione a MW potrebbe risultare efficace nel contrastarla. La dimostrazione

della possibilità di distruggere con l’ablazione a MW larghe aree del parenchima

polmonare situate in prossimità di un vaso principale, potrebbe aumentarne l’impiego

clinico e permetterebbe di ottenere successi terapeutici nei casi in cui l’ablazione a

RF fallisce. La stima di un danno precoce/tardivo ai vasi arteriosi e venosi

perilesionali è cruciale nella prevenzione di gravi complicanze. Sarebbe necessario un

altro studio sperimentale che miri a valutare l’efficacia e la sicurezza dell’ ablazione a

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MW quando compiuta vicino a rami maggiori di divisione vascolare e bronchiale per

stimare la presenza/ assenza/ entità dell’heat sink effect

.In conclusione ciò che emerge da questo studio condotto sul coniglio è che la

fattibilità e la sicurezza delle tecniche di ablazione a MW e a RF sono simili.

L’ablazione a MW crea un maggiore danno ai piccoli vasi circostanti inducendo

trombosi. La capacità dimostrata dalla ablazione a MW di distruggere il tessuto

polmonare è clinicamente rilevante e potrebbe permettere di prevedere un margine di

sicurezza di ablazione attorno alla neoplasia,che aumenterebbe le speranze di

successo della terapia. Questi dati rappresentano un buon terreno di partenza per studi

futuri concentrati sulla possibilità di trattare aree vicine ai grandi vasi ,situate nelle

zone centrali del polmone. Ciò potrebbe ampliare le indicazioni a questo tipo di

terapia e della percentuale di successo nei pazienti non trattabili con l’ ablazione a

RF. Ulteriori confronti sperimentali fra l’ablazione a MW e l’ablazione a RF

potranno porre luce sulle rispettive indicazioni/controindicazioni nell’impiego

clinico.

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