Teramani n. 96

32
mensile di informazione in distribuzione gratuita Febbraio 2014 APRITI TERAMO pag. 10 INGROPPOPOLI A PIE’ DI LISTA pag. 17 EDITH BRUCK A TERAMO pag. 22 n. 96 APRITI TERAMO

description

Teramani n. 96, febbraio 2014

Transcript of Teramani n. 96

Page 1: Teramani n. 96

mensile di informazione in distribuzione gratuita

Febbraio 2014

APRITITERAMOpag. 10

INGROPPOPOLIA PIE’ DI LISTApag. 17

EDITH BRUCKA TERAMOpag. 22

n. 96

APRITITERAMO

Page 2: Teramani n. 96

64021 Giulianova (Te) c.so Garibaldi, 6564100 Teramo (Te) via Vincenzo Irelli, 31 - c/o Obiettivo CasaTel: 085 8001111 - 085 8007651 Fax: 085 [email protected] - www.juliaservizi.it

Il risparmio sul gas metano.JULIA SERVIZI PIÙgestione vendita gas metano

È arrivata la tuanuova vicina di casa.

Risparmia subito il 10%sulla bolletta del gas metano.

Page 3: Teramani n. 96

SOMM

ARIO 3 Ercole Vincenzo Orsini

4 Teramo Culturale 6 Giorgio D’Ignazio 7 La Città senza immaginazione 8 Totò Mastro pasticcere 10 Apriti Teramo 10 L’Oggetto del desiderio 11 Bellezza e parcheggio: quello dell’Ospedale 12 I chiodi sono utensili sconosciuti 14 Il Libro del mese 15 Coldiretti informa 15 Trofeo Il Diamante 16 Il Calendario dell’alchimista 17 Ingroppopoli a piè di lista 17 Note linguistiche 18 Musica 19 Musica 20 La Scuola 22 Edith Bruck a Teramo 26 Cinema 28 Calcio 29 Dura Lex sed Lex 30 Pallamano

Direttore Responsabile: Biagio TrimarelliRedattore Capo: Maurizio Di Biagio

Hanno collaborato: Mimmo Attanasii, Maurizio Carbone, Lea Contestabile, Maria Gabriella Del Papa, Maurizio Di Biagio, Maria Gabriella Di Flaviano, Guendalina Di Sabatino, Maria Cristina Marroni, Fabrizio Medori, Silvio Paolini Merlo, Fausto Napolitani, Leonardo Persia, Sirio Maria Pomante, Alfio Scandurra, Yuri Tomassini, Paola Verticelli, Massimiliano Volpone.

Gli articoli firmati sono da intendersi come libera espressionedi chi scrive e non impegnano in alcun modo né la Redazionené l’Editore. Non è consentita la riproduzione, anche soloparziale, sia degli articoli che delle foto.

Progetto grafico ed impaginazione: Antonio Campanella

Periodico Edito da “Teramani”, di Marisa Di MarcoVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930per l’Associazione Culturale Project S. Gabriele

Organo Ufficiale di informazionedell’Associazione Culturale Project S. GabrieleVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930

Registro stampa Tribunale di Teramo n. 1/04 del 8.1.2004Stampa: Gruppo Stampa Adriatico

Per la pubblicità: Tel. 0861 250930347.4338004 - 333.8298738

Teramani è distribuito in proprio

[email protected] a

www.teramani.infoè possibile scaricare il pdf di questo e degli altri numeri dal sito web

n. 96

Friedrich Nietzsche, l’uomo che

sussurrava ai cavalli e che con bastone

e serpente ha viaggiato sulle strade

urticanti di una coscienza a sé. Una buona

memoria per mantenere le promesse, come

quelle della nostra cara Costituzione Italiana

che ha avuto coraggiosi e lungimiranti padri

fondatori, alla stessa stregua del partigiano

teramano Ercole Vincenzo Orsini, che hanno

sofferto e battagliato la dittatura per fornire

libertà e articoli a figli e ai figli dei figli. Solo

pochi giorni fa, il 13 Dicembre scorso, nel

70° anno del sacrificio la medaglia d’oro

alla resistenza Orsini è stato commemorato

dal comitato provinciale dell’Anpi che ha

apposto una corona d’alloro in Via Paladini,

lì dov’era la sua bottega di liutaio che

trasformò in un punto d’incontro e che

gli valse persecuzioni e arresti. Dopo l’8

settembre del 1943, prese parte alla guerra

di liberazione e fu tra gli animatori di quella

che è considerata la prima, più importante

azione partigiana in Abruzzo: la battaglia

di Bosco Martese. Morì sotto i colpi di una

raffica di mitra.

“Bisogna avere buona memoria per

mantenere le promesse” si diceva. E quel

che è capitato pochi giorni fa, dinanzi alla

sua bottega da liutaio, in Via Paladini, è da

stigmatizzare. Bidoni chiari di spazzatura,

buste nere, fogli di carta del Comune di

Teramo, hanno vilmente e colpevolmente

offuscato lo

spazio dei ricordi

ed un po’ di

libertà.

La terra dei

fuochi sul fuoco

della libertà.

Ad onor del vero

questo capita

abbastanza

sovente: difatti

non è la prima

volta che dei

rifiuti facciano il

paio alla corona, al tricolore e alla lapide di

chi si è immolato per noi perché avessimo

un futuro migliore. Non siamo al civico 114,

né alla piazzetta del sole, nemmeno alla

fiera del libro: questo è l’angolo in cui una

vita ha lottato e perso, non per assicurarsi

il suo futuro e agi ma coscientemente

per regalare agli altri, a tutti noi, qualcosa

che avesse a che fare con l’illuminata

responsabilità verso il prossimo. n

3L’Editoriale

Ercole Vincenzo Orsini

diMaurizio Di Biagio

64021 Giulianova (Te) c.so Garibaldi, 6564100 Teramo (Te) via Vincenzo Irelli, 31 - c/o Obiettivo CasaTel: 085 8001111 - 085 8007651 Fax: 085 [email protected] - www.juliaservizi.it

Il risparmio sul gas metano.JULIA SERVIZI PIÙgestione vendita gas metano

È arrivata la tuanuova vicina di casa.

Risparmia subito il 10%sulla bolletta del gas metano.

accade a Teramo...

Page 4: Teramani n. 96

Teramo culturale4diSilvioPaolini Merlo [email protected]

n.96

Altri punti di vistaDa quale punto di vistaun punto di vista è “altro”?

La Teramo di questi ultimi giorni, come quella degli ultimi mesi

e forse degli ultimi decenni, è stata un profluvio di «visioni

alternative», in massima parte esercizi di automagnificazione

o di lagnanza indistinta, di dispregio del conforme a costo di

farne un’altra moda. Tutti San Giorgio contro il drago, quando già

tanto sarebbe limitarsi a fare bene il proprio lavoro. Per stare alla

cronaca dell’ultim’ora: l’occupazione dell’ex-Oviesse, già Standa,

già ingresso di uno dei più bei teatri all’italiana mai edificati in terra

d’Abruzzo. Dopo l’incuria, l’assenza di politiche culturali non dico

istituzionali ma quale che sia, dopo le ripetute pressioni popolari

dovute a opportunismi incrociati di varia specie, dopo l’abbattimento

dovuto in blocco a tutte (e sottolineo ancora una volta, a tutte) le

forze politiche dell’epoca gambacortiana, dopo il mercimonio della

definitiva conversione in anonimo cineteatro, dopo tutto questo l’al-

ternativa qual è? Il presidio animato da sedicenti paladini della vera

arte, di artisti autodefinentisi i massimi che le acque del Vomano e

del Tordino abbiano visto mai, per dire che da oggi in poi di quello

spazio, o meglio sotto-spazio di un’entità da sempre senza tratti

identitari, c’è da farne quello che non si sa bene chi deciderà. Quan-

do la vera occasione per un «Nuovo Teatro di Teramo» se n’è andata

in fumo, ancora una volta per un atto di sadica eutanasia collettiva,

e chissà quando mai si ripresenterà. E questo è un primo punto di

vista “altro”. Ma “altro” rispetto a che? Rispetto a chi? Quanti e quali

sono gli artisti, le personalità, i talenti che da Teramo sono partiti

per affermarsi altrove, che di azioni del genere non hanno mai avuto

bisogno? Gente che ha raggiunto risultati altissimi (a intenderci, non

meno alti dei presidianti), e che proprio per questo a Teramo non ha

avuto nessuna urgenza di tornare. Male per la città, forse. Di certo

molto meno male per loro. E tutti questi altri, da Di Venanzo a Grazia-

ni e via enumerando, a quale punto di vista appartengono? Forse a

quello degli imbelli, degli imboscati, dei conformisti?

Altro caso del genere, quello della controstagione di danza varata

quest’anno dall’associazione Electa. E qui giova un breve preambolo.

Circa sei anni or sono, quando veniva ufficialmente presentata la

prima stagione di danza teramana, la prima a Teramo e in Abruzzo, e

quando ancora il Liceo coreutico era di là da venire, Electa fu invitata

a sostenere il progetto assieme alle molte altre realtà similari sparse

sul territorio cittadino e provinciale con la nascita di una rete che

potesse favorire forme di collaborazione tra scuole e stagione. Electa

si distinse nel non aderire all’invito, salvo estenderne con gran sicu-

mera - giusto a distanza di poche settimane - uno del tutto identico

a nome proprio. Presto venuto meno anche quello. E ora la stagione

«Un altro punto di vista». Presente da qualche tempo ovunque si

volga lo sguardo, in agguato a ogni vicolo, pedinandoci dalle fiancate

d’autobus, con un proprio spazio settimanale su Teleponte e via

dicendo. Come fosse l’inizio non solo di qualcosa di mai visto prima,

ma l’inizio di tutto, di una nuova era dell’arte, teramana, abruzzese,

italiana, mondiale, non oltre per un soffio. Venendo alle questioni

di merito, una «stagione di danza» quale il sottoscritto - memore e

mentore della lezione materna - ha inteso proporre fin dal 2007, e,

dal 2008, d’intesa e grazie al decisivo appoggio della Società Ricci-

telli, è stata finora anzitutto una vasta vetrina di tutto quello che la

danza comprende. E la danza comprende le categorie del «balletto»,

classico e di carattere, delle danze libere e neocodificate avutesi

dell’inizio del XX secolo in poi, le danze popolari e folkloristiche,

le danze rinascimentali di corte e altro ancora. Mentre a definirla

in modo pertinente - anche se nessuno lo dice con chiarezza - la

controstagione Electa è una «rassegna di teatrodanza», un’entità di

livello subatomico rispetto all’oceano di realtà, di stili e di creazioni

che si sono visti nel corso del Novecento in giro per il mondo, e una

minimissima parte di ciò che la danza moderna e contemporanea è

stata ed è in Italia. Come del resto la manifestazione su «Le pioniere

della nuova danza italiana» del 2012, promossa dall’Aisacs in colla-

borazione con la Rai, il Dams di Torino e numerose altre università

italiane, ha iniziato a mostrare in modo organico. Ma, come una volta

Eleonora rispose a un mio «a ognuno il suo», «a ognuno il nostro».

Come a dire: importante è ciò che torna utile a noi, occupando tutto

l’occupabile, meno ciò che importa come tale. Una delle domande

che più di frequente mi vengono rivolte quando si parla della Cocca-

gna è «ma ha studiato con tua madre»? Come se averlo o non averlo

fatto costituisca di per sé un merito o un demerito. Non sempre gli

allievi hanno interesse a seguire l’esempio dei maestri, per validi

che questi possano essere. La risposta in ogni caso è: molto poco. E

non solo in termini temporali. Mia madre non si è mai rinchiusa nello

specialismo, non ha mai inteso la danza di derivazione accademica

come una corazza rigida con la quale abbattere tutto il resto, ma

anzi ha saputo farne una dimensione vastissima di pensieri e di

possibilità. Il suo teatrodanza, come quello delle sue colleghe italiane

attive dagli anni Cinquanta, non ha avuto nulla a che vedere con la

moda anarchica scaturita per lo più dal teatrodanza post-carlsoniano

degli anni Ottanta, e comunque nulla a che vedere con l’antidanza

che oggi Electa propone quale oro colato al pubblico teramano. Ma i

punti di vista, per fortuna, sono tanti. n

Page 5: Teramani n. 96

Dalle sette

della mattina

fi no alle due

di notte,

senza un minuto di

requie, senza respiro,

nell’incalzare delle

sue portate di cibo,

delle sue pietanze,

dei suoi vini, delle sue

bevande. Tutto in un

angolo di paradiso

soleggiato che è Via

Gammelli 1 (angolo

Via Gammarana) in

un quartiere che

giorno dopo giorno si

fa sempre più bello e

accattivante.

Timeout è un po’

tutto: caffè, ristorante, ma anche pub da frequentare con i tuoi

amici per una birra o con la famiglia con patatine fritte, hot

dogs e coca cola.

Con una piattaforma antistante al locale, nelle belle giornate

è davvero un incanto sorseggiare una bevanda fresca o, nei

giorni più freddi, mandare giù un caldo cioccolato dentro

l’atmosfera amichevole del Timeout. Per i giovani e meno

giovani c’è sempre l’aperitivo cenato e il lounge bar e per chi

si alza carico la mattina ha a disposizione prima del lavoro

un vasto esempio di croissenteria, uno stop and go nel verde

della Gammarana e via di corsa in uffi cio.

Timeout è pizzeria e birreria con tanta musica a disposizione

e cabaret per chi voglia passare minuti per pensare o meglio

per ridere. Il lato sportivo non poteva mancare visto che il

proprietario, Marcello Fonti, ex nazionale di pallamano, una

vera gloria in città e nella penisola, assicurerà certamente gli

Redazionaleeventi più importanti

di qualsiasi natura.

Ma l’allenatore di

pallamano non si limita

a far guardare lo sport

in tv, lo farà praticare:

sì, difatti sono previsti

negli spazi di Timeout

eventi sportivi come

lezioni di walking, ad

esempio, assieme a

tante altre pratiche

sportive e danzanti.

Soul, rock, funk, ritmi

caraibici, latino dance,

accenderanno le

serate e i pomeriggi.

Marcello attende anche bambini, bambine, ma anche i più

grandicelli, per le feste di compleanno, addio al nubilato e al

celibato, insomma per tutte le ricorrenze importanti che han-

no bisogno di un po’ di baldoria fatta con classe e simpatia.

Marcello è di Catania e non mancheranno quindi cibi tipici

siciliani come il pesce spada, cassata e cannoli.

Timeout sprizza energia positiva da tutti i tavoli e sedie,

questo è il messaggio di Marcello: “Accorrete nel mio locale

a rilassarvi” è il suo slogan che ripete più volte. E nella bella

stagione, spazio alla frutteria, alla cocomeraia ad esempio, alla

gelateria, alla yogurteria.

Unico momento di riposo e dunque di chiusura del locale,

domenica mattina, poi si riparte di slancio. n

Timeout food&drink

TIMEOUT · food & drinkVia Gammelli, 1 (angolo Via Gammarana) · TERAMO

Tel. o861.213134 · Mobile: 392.3262407

Page 6: Teramani n. 96

Giorgio D’Ignazio, denti scintillanti,

manona che si agita in piazza, animo

ancora profondamente Dc (“sono

un moderato” pare scusarsi), tenta

la strada della Regione Abruzzo. Entrato in

politica nel 1999 quando ottenne 216 voti con

il Ccd, travasò subito le sue energie in Forza

Italia, a causa di alcuni dissidi all’interno del

partito: “Preferii non creare problemi” dice ora

a bocce ferme. Si ricandidò con Berlusconi ed

ottenne ben 603 preferenze che lo portarono

ad essere assessore. D’Ignazio giudica abba-

stanza tormentata la sua prima esperienza al

commercio ma l’assessorato al sociale gli ha

ridato una nuova giovinezza. E proprio da qui

è pronto ancora una volta a ripartire. Questa

volta il destino, come dicono gli spagnoli, è la

Regione Abruzzo.

D’Ignazio, lei pare vivere all’insegna della rapidità: nel saluto, nel sorriso…“Mi ritengo a completa disposizione del

cittadino, del resto sono 15 anni che sono

amministratore di questa città”

Una candidatura all’insegna di suo padre“Eppure nel ‘99 mi sconsigliò quest’esperien-

za, riteneva che la politica togliesse troppo

tempo alla vita privata”.

Un ammonimento che però lei rinnova a suo fi glio Lorenzo“Sì, lui è un ragazzo d’oro, spero appunto che

stia lontano dalla politica”.

Cosa le va e cosa non le va della politi-ca?“Mi piace essere a disposizione della gente.

E se è vero che in questo campo ci sono i

disonesti, per contro ci sono anche tanti tanti

uomini onesti che si dedicano alla propria

missione con grandi sacrifi ci”

Le prime tre misure che vorrebbe pren-dere una volta sullo scranno dell’emi-ciclo“Facendo tutti gli scongiuri, uno: la legge

sull’affi do; due: la rapidità dei tempi di adotta-

bilità dei bambini; e tre: un occhio al sociale, a

tutti i bisogni crescenti che le persone hanno”.

L’elogio che le è piaciuto di più?“Che faccio le cose con il cuore: anche se si

sbaglia l’importante è riconoscere i propri

errori e tornare indietro sui propri passi,

seguendo sempre chi ne sa più di te”.

Cos’è la sofferenza per GiorgioD’Ignazio?“La sofferenza è la mia malattia, un tumore

negli anni belli della vita, quand’ero giocatore

di pallavolo: all’improvviso mi sono ritrovato

all’Istituto nazionale dei tumori, avevo 21 anni,

era il 1986”.

Cosa hai imparato da quell’esperienza?“L’essere a fi anco di chi soffre, ai malati e a

chi ha bisogno. Devo ringraziare quest’espe-

rienza”.

L’ultima volta che ha pianto?“In un convegno in cui si parlava di emodia-

lizzati”.

L’ultima volta che invece hai riso a crepapelle“Lunedì scorso (3 Febbraio, ndr) quando l’Inter

ha perso: come vede tifo Milan da sempre”.

Come vede in prospettiva lo scenario politico nazionale?“Questi sono dei momenti diffi cili, bisognerà

trovare dei consensi, non so se la legge elet-

torale sia ora la priorità assoluta, quantomeno

è urgente fare un governo di programma,

investire sul lavoro, creare occupazione,

ridurre la pressione fi scale, dando la possibilità

ai giovani di fare impresa. È importante un ac-

cesso al credito facilitato e dare la possibilità

alle famiglie di avere una casa, per creare una

famiglia”.

Qual è il dramma umano con cui è stato a contatto e che l’ha lacerato la coscienza?“Ne sono tantissimi. Quello che più mi fa sof-

frire riguarda i bambini che sono parcheggiati

nelle case famiglia e che devono restare lì per

tanti anni, perché l’iter della dichiarazione di

adottabilità impiega dai sei ai dieci anni, que-

sta è la priorità che mi darò, al di là del fatto

che questo potrà creare delle inimicizie”.

Le Politiche sociali, ha scelto lei quest’assessorato?“Mi ci spinse l’ex assessore regionale Bruno

Sabatini. Non so se sono stato un bravo asses-

sore, non lo so, so solo che non ebbi fortuna,

tanto che i commercianti ce l’avevano con

me, con il sociale invece è andata meglio”.

Ha già uno slogan per la sua campagna elettorale?“Guardi, non ho voluto stampare il classico

manifesto con me in posa da piacione e con il

mare sullo sfondo, ma ho preferito delle foto

che parlano della mia vita da assessore, di me

insomma”.

Un suo difetto“Beh, forse a volte sono permaloso”.

Una parola che le ha fatto male?“Quand’ero assessore al commercio mi accu-

sarono di disinteresse al lavoro, cosa che io

invece adoro. L’apertura del centro commer-

ciale andava fatta, i commercianti del centro

storico difendevano i loro interessi”.

Parte del suo cuore è ancora Dc?“Sì, è il mio partito da quando ero ragazzo, io

sono un moderato, non sono né comunista né

fascista e su questo non ci piove”.

Vabbé, lei è stato berlusconiano, ma non si può essere perfetti a questo mondo“Sono stato berlusconiano in un sistema

bipolare dove eri o quello o quell’altro, ma non

mi vergogno di questo, sono fi ero della mia

storia politica”.

Un comportamento da politico che vorrebbe evitare?

“Io ho un’esperienza tale che prima come

fi glio del sindaco dovevo comportarmi in una

certa maniera, consona, stando attento a tutto

quello che facevi, non puoi permetterti di fare

tutto, la nostra città è piccola basta una volta

che sbagli e ti porti la nomea dietro per un bel

po’, non puoi parcheggiare in divieto di sosta

ad esempio”. n

Il personaggio6n.96

GiorgioD’Ignazio

diMaurizioDi Biagio www.mauriziodibiagio.blogspot.com

Giorgione cuor di sociale

Page 7: Teramani n. 96

V ietato sognare. Con lo sgombero degli spazi dell’ex-Oviesse,

diventati di colpo inagibili e non in sicurezza, il potere ha rivelato

il volto più imbarazzante. “Altro che cultura” il sindaco Maurizio

Brucchi ha defi nito i laboratori di teatro e pittura per bambini, la

recita di fi abe di una scrittrice, la lezione di cinema per ragazzi di Walter

Nanni, concerti di musica giovanile, incontri e dibattiti con esponenti

locali della cultura e dell’arte, meditazione e pratiche yoga, e chi sa tutto

quello che sarebbe arrivato come manna dal cielo in una città pietrifi ca-

ta. Una città affetta da ludopatia, terzo capoluogo di provincia nel Paese

per spese pro capite nel gioco d’azzardo; unico capoluogo di provincia,

probabilmente, senza un assessorato alla Cultura ma uno agli eventi. Ma

in compenso con un centinaio di bar e forse altrettante sale scommes-

n.96

7Accade in città

diYuriTomassini [email protected]

La città senzaimmaginazionenei locali ex Oviesse

Sembrerà proprio di essere in cielo. Infatti, il ristorante sorge sulla

sommità del Colle Santa Maria dei Lumi, da dove è possibile

scorgere tutte la catena del Gran sasso, la Maiella, l’entroterra

pescarese, la costa da Pineto a Grottammare, i colli maceratesi e

ascolani, i monti Gemelli per tornare poi al massiccio del Gran Sasso.

Una struttura suggestiva e moderna, dotata di tutte le strutture de-

dicate ai portatori di handicap, caratterizzata da una sala da pranzo

con ampie vetrate, per ammirare al meglio il paesaggio, ed una

stupenda terrazza dove è possibile pranzare o cenare nel periodo

primaverile-estivo, rappresentando in questo modo una proposta

favolosa sia per pranzi e cene sia per banchetti di compleanni, comunioni o altri eventi.Sorgendo nel cuore del territorio abruzzese, la proposta gastronomi-

ca non poteva che rifl ettere l’espressione degli odori e dei sapori del

territorio di riferimento, con forti richiami alla tradizione antica, attraver-

so pasta fatta in casa, carni di elevata qualità e verdure di stagione al fi ne

di poter proporre cibi sempre freschi e naturali nel rispetto dei sapori

autentici della nostra terra.

In questo modo, mangiare al Ristorante Colle Santa Maria diventerà

un’esperienza sensoriale a 360°, nella quale tutti i nostri sensi saranno

stimolati in un crescendo di emozioni uniche.

Il Ristorante sorge a pochissima distanza dalla For-

tezza Borbonica di Civitella del Tronto, nei pressi

del convento di Santa Maria dei Lumi. n

Redazionale

RISTORANTE COLLE SANTA MARIASanta Maria dei Lumi · Civitella del Tronto

Tel 0861.918210 · 348.6283456 www.ristorantecollesantamaria.it

...gustare i sapori Abruzzesi sospesi tra le nuvole

se, orribili, insopportabili,

che stanno sfregiando

l’aspetto di vie e piazze e

pregiudicando il futuro di

un numero in ascesa di

residenti. L’ attivismo par-

tecipativo di molti artisti

locali ha riempito in pochi

giorni lo spazio di piccoli e

grandi opere d’arte, alcune

di innegabile valenza estetica. E’ sembrato un prodigio: una città alla

canna del gas di colpo strappata alla narcosi cronica che la rattrappisce

da una sessantina d’anni. Ma nessuno in fondo si è illuso più di tanto.

Una politica che ha celebrato il Capodanno con l’exploit fi nale in piazza

di Vittorio il Fenomeno non poteva capire. La fantasia e l’immaginazione

sono facoltà estranee al background di un’amministrazione ingessata di

‘impiegati a tempo indeterminato delle istituzioni pubbliche’. La sordità

ottusa dimostrata di fronte al gradimento raccolto dall’iniziativa è stato

imbarazzante, nonostante un intero piano di uno stabile buio e disabitato

da un giorno all’altro trasformato in un coloratissimo laboratorio creativo

per cittadini di ogni età. Nonostante migliaia di passanti curiosi abbiano

occhieggiato oltre quelle serrande abbassate, simbolo della condizione

della cultura in un Paese affl itto da un preoccupante tasso di corruzione

della vita pubblica. Il fi nale lo conoscete. n

Foto di Elena Di Marco

Page 8: Teramani n. 96

In ricordo8n.96

Era piuttosto un

rimandarsi metafisico

di bocca in bocca. Un

nome così conosciuto

in città che approfondirlo

diveniva peraltro uno sterile

esercizio e basta. Tanto quel

Totò, pronunciato senza nes-

suna titubanza, non poteva

che essere lui: Teodoro Zante,

pasticciere da una vita e

scomparso ormai il lontano

4 Marzo 1989. Ma nessuno

l’avrebbe mai conosciuto con

quel nome da isoletta greca,

nemmeno accostato a qual-

che volto famigliare, perché

Totò era solo una leggenda

che rimbalzava dal duomo

al teatro romano, dai tigli a

Corso San Giorgio, senza che

per la verità crescesse l’esigenza di andare oltre, visto che in pratica

non usciva mai dal suo laboratorio, santuario delle sue idee e officina

di una delle voci più teramane che ci potevano essere a quei tempi: la

pasta da Totò.

Come ad esempio il Melatino, dolce di mandorla e cioccolata, che rice-

vette pure un premio, o la deliziosa, la cassatina, piccole opere d’arte da

leccarsi i baffi concepite da quell’uomo con gli occhi languidi, la Ms in

bocca ed un caffè da sorseggiare al più presto.

Totò era negli anni ’70 e ’80 la meta obbligata di molti teramani, la mec-

ca del gusto, del gelato, della pastarella, del vassoio. Alla cassa Memena,

sua moglie, dietro nell’oscurità della fama. Totò, un nome che si poteva

scorgere a malapena il lunedì, nella sua giornata libera, quando pun-

tualmente presiedeva alla cena con i suoi dipendenti, una consuetudine

che volle mettere in agenda per rinsaldare anche fuori dal santuario la

religiosità della professione.

Già all’età di sedici anni iniziò da Don Giovanni Fumo a praticare l’arte

di pasticciere: lì debuttò apprendendo i primi rudimenti napoletani che

gli furono utili per continuare nel suo mestiere, quando ad esempio nel

Maggio del 1966 aprì la sua bottega in Via Capuani. Chiedevano a lui il

gelato più grosso, piuttosto che alla moglie o ad un altro addetto, perché

sapevano che lui, tenerone, abbondava e a volte nemmeno faceva paga-

re. Sempre con la sigaretta in bocca e la macchinetta del caffè a portata

di mano, gli unici due suoi vizi terreni. Ha sempre posseduto un sorriso

largo in tutti quegli anni di commercio umano, dove la faccia era la sua,

della moglie e di pochi altri, a difesa del suo marchio. D’altronde gli orari

erano da pasticciere appunto, sveglia prestissimo la mattina e alle dieci,

dopo Carosello e il primo tempo di un film, a nanna. Nel riposo dei giusti.

Del resto i sogni costano. “Da Totò” era garanzia di un vassoio di paste

che ben figuravano ad un invito a cena o a pranzo. Totò era abbondanza,

genuinità, arte d’artigiano, sacerdote della fede pagana del gusto.

Totò era anche artista sperimentatore e innovatore. Socievole col sor-

riso in bocca profondamente innamorato del suo mestiere e lo si può

arguire dalle vecchie foto con la sua famiglia, quando il volto assumeva

quella piega di abbandonata rilassatezza come di una persona che ab-

bia compiuto il suo dovere e che ora si gode il meritato premio dell’af-

fetto. Dio l’avrebbe rispettato quando lavorava, l’avrebbe amato quando

creava. Non so cosa si potesse provare la mattina seguendo come un

cane da tartufi la scia dei bomboloni con la crema che eruttava una

sontuosa lava gialla di piacere e freschezza. Totò era innamorato del suo

mestiere, un esempio per

chi s’annoia dietro il nulla

di una cattedra, seduto di

sghembo su di una sedia,

oppure dietro il bancone

di qualche franchising.

Totò possedeva il sacro

fuoco nelle sue vene di

mani callose da pasticcie-

re e ha indicato a migliaia

di teramani come un

laboratorio potesse dive-

nire la capsula dell’arte,

provando e riprovando,

nella sua dedizione com-

pleta, tanto da legare il

suo nome ad una delle tante cose belle che si possano ricordare in que-

gli anni a Teramo. Ma soprattutto ha realizzato il suo sogno, sogni che

poi rendono la vita interessante e che sono anche la parte concreta, la

più concreta, di questa vita ingannatrice.

Solare e affettuoso, lo dipingono così coloro che l’hanno conosciuto in

vita, come il suo Melatino, il dolce che Luigi e Anita hanno proseguito

a confezionare con amore nella pasticceria Capriccio di Via Sauro,

l’attività che ha voluto prendere il suo testimone.

Amore e rispetto: quando l’artigiano compie il suo miracolo è appagato

dalla vita. Il sorriso di Totò con le sue sopracciglia cadenti, gli occhi da

torero alle cinco della tarde, il lavorio dei pensieri lontani alla prossima

creazione, hanno fatto di lui quello che di bocca in bocca si è traman-

dato per decadi a Teramo: un luogo metafisico dell’arte. Il Nirvana delle

creme ed una città migliore. n

quando l’artigiano va in Paradiso

TotòMastro Pasticciere

diMaurizioDi Biagio www.mauriziodibiagio.blogspot.com

Page 9: Teramani n. 96
Page 10: Teramani n. 96

10n.96

Qualche giorno fa Teramo si è svegliata

dal torpore che la contraddistingue da

secoli, un gruppo di artisti ha inscenato

una protesta occupando i locali nei

quali esercitava il commercio l’ex OVIESSE.

Come al solito i teramani hanno cominciato a

pontificare, e come di consueto, si sono creati

due schieramenti contrapposti, ed anche la

politica locale ha voluto essere della partita,

dando, per non smentirsi, il peggio di se stessa.

Nella gestione della vicenda si è inserito qual-

che soggetto che si è auto nominato difensore

civico, e che si è dato il merito di aver preso

per mano il diritto che altrimenti sarebbe

rimasto non applicato da parte delle nostre

istituzioni.

Non voglio giudicare, pertanto non darò il torto

a Tizio e la ragione a Caio, ma da sociologo

clinico sento il dovere di far riflettere il mondo

teramano sulla brevità di vedute che non

consentono a questa nostra città di crescere

uscendo da quel pantano che da sempre

critica, ma che da sempre ama e apprezza per

la calma delle sue acque.

Nei nostri ambiti mancano i veri rapporti rela-

zionali, e fra questi lo scambio intellettuale, che

è il fattore essenziale per ogni tipo di crescita,

ed in questo momento storico è l’azione più

incisiva ed allo stesso tempo economica da

esperire, in quanto questo tipo di scambio

è differente dallo scambio mercantile. Nello

scambio intellettuale chi dà non perde nulla

e chi riceve prende ma non toglie nulla al suo

interlocutore. Dunque il sapere, la conoscenza,

l’arte, possono essere “consumati” da tutti. Il

teorema di Pitagora viene utilizzato da milioni

di persone, applicato a migliaia di casi, senza

che nessuno ne sia privato. La conoscenza è

un bene collettivo, un’acqua della giovinezza

alla quale ci possiamo abbeverare tutti senza

suscitare la minima frustrazione all’altro.

Dato per scontato che lo scambio culturale

è l’elemento fondamentale della crescita,

pertanto del benessere per tutti, è doveroso

introdurre in parallelo anche il concetto del

L’analisi

Apriti Teramo

L’ex Oviesse

diFaustoNapolitani [email protected]

Se il “cortigiano” nell’omonimo trattato di Baldassarre Castiglione è

il gentiluomo di corte dall’aspetto elegante e dai gusti raffinati, la

“cortigiana” non è in verità il suo pendant femminile, che invece

Castiglione individua nella “dama di palazzo”.

Come la dama di palazzo anche la cortigiana conduceva una vita aristo-

cratica, condividendone i gusti, le attività, il modo di vestire e il senso

dell’ornamento, ma a differenza della prima

essa era di fatto una prostituta d’élite. La

propria immagine rappresentava per la corti-

giana un imprescindibile strumento di lavoro

e come tale richiedeva una cura estrema e

ogni possibile ricerca di effetto.

L’abbigliamento sfarzoso e i gioielli, sofisti-

cati ingredienti di femminilità, presentavano

le cortigiane a mo’ di veri e propri oggetti

di lusso. Era impossibile distinguerle dalle

dame. Esse infatti adottavano il costume e gli ornamenti delle maritate,

e persino quello vedovile, per ingannare i potenziali clienti. Dall’antichità

all’Ottocento le cortigiane furono muse ispiratrici di poeti e modelle per

i pittori, cui mostravano generosamente la propria nudità. Il dubbio che

dietro a molte Veneri dal Rinascimento in poi si debbano riconoscere

modelle-cortigiane sembra dunque legittimo. In queste opere che

mostrano senza veli le forme femminili, i gioielli non sono più accessori

dell’ abbigliamento ma piuttosto ingredienti di lussuosa sensualità. n

L’oggetto del desiderio di Carmine Godereccidi Oro e Argento

Un passato tutt’ora presente

Le cortigiane

godimento positivo della vita, ovvero, il diritto

alla felicità, che è la sola cosa che si è sicuri

di avere quando la si è data, e la si acquisisce

solo se si vive avendo la certezza che lo status

di ognuno percorre una parabola ascendente

nella quale il rischio regresso è fortemente

improbabile. La conoscenza, analogamente

al valore dell’amicizia, dona la certezza che

il “consumo“ non ne diminuisce le scorte

esistenti ma le aumenta. Il piacere che danno

una conversazione animata, un pranzo tra

amici, un buon ambiente di lavoro, una città

dove ci si sente bene, la partecipazione a

questa o quella forma di cultura (professionale,

artistica, sportiva, ecc), è immenso ed incom-

mensurabile, e raggiungibile solo attraverso il

corretto esercizio delle relazioni con gli altri. La

maggioranza di questi “beni”, la cui base per

eccellenza è la vita sociale, esistono soltanto

se se ne gode insieme. Il relazionale è la parte

migliore delle gioie dell’esistenza, ed il goderne

è maggiormente intenso se si pensa che ciò

che si usa non ha un costo monetario.

Pertanto, tornando all’azione di protesta degli

artisti teramani, dobbiamo augurarci che di

queste forme vitali ve ne siano di più, perché

vorrebbe significare che la sensibilità dei nostri

concittadini inizia a crescere, e con essa anche

l’intelligenza ed il potere di discernimento e

di critica razionale, e magari non saremo più

costretti a far credere ad alcuni dei nostri

rappresentanti, che le fandonie dette con tanta

serietà sui media, magari usando anche un

italiano improbabile, siano accolte quali verità

assolute. n

Page 11: Teramani n. 96

L a bellezza all’ex

Oviesse doveva

proseguire ma è

stata sfigurata in

una notte di cristalli e di

blitz che hanno spazzato

via la possibilità per alcuni

di sognare qualcosa di dif-

ferente. Da Piazza Orsini furono avanzati motivi di ordine pubblico,

di sporcizia che lardellava i locali, di sistemi elettrici messi a dura

prova, e di altro ancora.

Sicurezza, sicurezza, s’invocava; igiene, igiene, s’aggiungeva.

Solo dopo qualche settimana, l’autorità sanitaria locale (che può

emanare ordinanze contingibili ed urgenti), cioè il sindaco Maurizio

Brucchi, assumeva invece una posizione molto defilata, per non

dire pilatesca nei riguardi della vicenda del parcheggio dell’ospeda-

le Mazzini, quando uscendo dal summit in prefettura ha più volte

fatto riecheggiare: “E’ un problema tra privati, tra le parti, tra Asl e

ditta che aveva in gestione la struttura…stop”.

Ok, i locali di Corso San Giorgio sono comunali, si potrà obiettare,

ma in qualche modo, come riportato prima, anche la salute di 55

mila anime del contado teramano riveste una carattere di sanità

pubblica, soprattutto quando migliaia di anziani, di coppie, di perso-

ne di mezza età con problemi di salute, sono costretti a risalire Via

San Marino e Via Paolucci a piedi, ansimando, trafelati, indignati.

Ci saremmo aspettati un interventismo pari alla stroncatura della

bellezza, da subito. Ma si sa, ci sono battaglie e battaglie, equilibri

ed equilibri, soprattutto sotto campagna elettorale. E anche quel

dannato conflitto di interessi che pare permeare tutta la società

n.96

11Accade a Teramo

Bellezza e parcheggio: quello dell’OspedaleLe due facce della stessa medaglia

italiana: lui, il nostro primo cittadino, medico, quale potere con-

trattuale avrebbe potuto esercitare nei confronti della Asl quando

appunto è un suo dipendente con la naturale ambascia e terrore di

non poter ricevere un giorno l’agognata promozione da responsabi-

le di un reparto a primario con tutti i crismi?

Beh, signori, è evidente che un low profile in questi casi si combina

al meglio; detto alla Razzi: amico mio fatti i c… tua. E lui se li fa,

perché possiede quella saggezza popolana, anche contadina, che

l’ha aiutato ad essere quello che è oggi, senza tanto cianciare

perché a volte le parole s’incartano e producono l’effetto contrario

e il silenzio parla così tanto.

Sul fatto è intervenuto anche il candidato sindaco per i Movimenti

civici pretuziani Gianluca Pomante, quello che nella trasmissione

televisiva di Teleponte Agorà smanetta sul tablet, replica a Brucchi

e Di Pasquale in contemporanea, e pone sul piatto argomenti come

led, energie rinnovabili da porre sui lampione assieme a teleca-

mere che si autoalimentano, wi-fi per tutti, la tecnologia del terzo

millennio, il futuro insomma. Nell’affresco televisivo sono state

molto significative ed eloquenti, più di tante parole, vedere il volto

perplesso e giurassicamente smarrito dei due competitor.

“Stranamente – appunta l’avvocato teramano - non è stato invoca-

to alcuno sgombero né è stato adottato alcun provvedimento coer-

citivo. Forse il Sindaco ignora di essere anche autorità di pubblica

sicurezza e sanitaria, e di poter adottare ordinanze contingibili ed

urgenti per risolvere problemi del genere. Sarebbe stato sufficiente

intimare alla società di lasciare aperti i parcheggi in attesa di risol-

vere i problemi esistenti per assicurare alla Città un decorso della

situazione senza disagi e senza rischi. Sarebbe stata sufficiente la

presenza dei vigili urbani o di alcuni dipendenti comunali all’uopo

incaricati, per gestire i parcheggi anche in assenza dei lavoratori

dell’azienda concessionaria”. Che hanno in comune il caos sanita-

rio di Piazza

Italia, di Via

Paolucci,

di Via della

Resistenza,

di Via San

Marino, di Via

Flaiani, alla

rivoluzione

lilla delle

saracinesche

dei locali

dell’ex Oviesse? Forse un silenzio in più che deriva da una codardia

dettata dalla bramosia di un avanzamento di carriera, da un lavarsi

le mani e da un opportunismo di sorta. Altrimenti perché que-

sta tattica difensivistica, perché non dire subito, per dna, che no

signori, anziani di settant’anni non possono fare centinaia di metri

a piedi per raggiungere un sito di estrema sensibilità.

“Ancora una volta – prosegue Pomante - quindi, consapevolmente,

preferisce non assumere decisioni scomode. E se lo farà sarà tardi

quando i danni ormai sono stati già arrecati e i relativi costi sociali

ormai scaricati sulle spalle dei cittadini e degli abbonati al parcheg-

gio che aggiungono al danno la beffa di avere già pagato un servizio

indisponibile”. n

diMaurizioDi Biagio www.mauriziodibiagio.blogspot.com

Page 12: Teramani n. 96

Satira12n.96

[email protected]

Non sono noti a tutti i potenziali poteri a cui assurgono i gover-

natori di regione una volta eletti. Il più delle volte, per la verità,

ai ricordi sfuggono persino i loro nomi. A chi potrebbe balenare

in testa se non nel nome almeno nelle fattezze della figura un

presidente che sia esso della Basilicata, della Valle

d’Aosta, se non del Trentino? Quello della Sarde-

gna? Chi c’è in Liguria, in Toscana, nelle Marche,

in Umbria, nel Molise? Finanche in Campania, con

il Vesuvio che ha smesso da tempo di fumare, si

troverebbero grosse difficoltà a individuare i contorni

dei lineamenti del re di Napoli. Soltanto di uno, di

uno solo, tutti tengono a mente nome, cognome e

fisionomia come se di lui si fosse in possesso della

carta d’identità. Si tratta di un tal Giovanni Chiodi

da Teramo, già sindaco, poi catapultato in Regione

a tempo opportuno - con un pugno di preferenze e

tanta astensione degli elettori - all’indomani della

caduta del rinomato sindacalista Ottaviano Del Turco.

Purtroppo, la popolarità di molti politici abruzzesi

è stata accresciuta non da strategie di buona o

ordinaria amministrazione, bensì dagli eventi sismici

del 2009. Sono ancora chiare le immagini di Obama

che stringe la mano, a destra e manca delle rovine,

agli sbigottiti potentati provinciali. Gli stessi che ancora oggi fanno a gara

e spintoni sui social per mettersi in posa come si farebbe con un George

Clooney qualunque capitato per caso su quel ramo del lago di Como, che

volge a mezzogiorno. Pochi si sono resi conto di avere avuto di fronte

l’amministratore delegato del pianeta Terra. Sorrisini e ciglia inarcate:

questa la scolorita politica regionale. Le nonne raccontavano di un c’era

una volta... di una montagna incantata e magnetica. Le navi che vi abbor-

davano imprudentemente perdevano tutto d’un tratto i loro ferramenti. I

chiodi volavano attratti dal monte e gli sventurati naviganti scompariva-

no tra i legni liberati dai loro fermi rovinando gli uni sugli altri. A che cosa

serve l’accortezza, se l’insidia non si mostra per intera? Il desideroso di

potere sfoggia la propria scrupolosità quando riflette su ciò che ha detto

o pensato; addirittura, soltanto rappresentato astrattamente qualcosa di

arrischiato, indeterminato, presumibilmente avvertito come non del tutto

veritiero. Dunque, l’uomo non la smette più di contenere, ritoccare; di

incrementare o abrogare, finché di quanto ha dichiarato non rimane più

niente. “Come farò a mangiare?”. Le persone dei salotti, delle terrazze

non si svegliano con questi tormenti. Ma si vantano delle loro virtù, della

loro indiscussa probità. Almeno, fino a prova contraria. E il contrario si

manifesta immanente. Si sa bene che non si può essere tutti uguali. A

volte, l’illuminato di turno avverte l’esigenza di scansarsi dalla massa per

essere rifornito di un rispetto altrimenti negato. Sono le restrizioni morali,

le paure sociali, i tabù religiosi a tenerla coesa questa società, così come

la conosciamo, dalla rivoluzione industriale ai giorni nostri. Untuose pre-

rogative, strumenti delle classi sociali superiori per esercitare il controllo

su quelle inferiori. Affilati congegni di prevenzione sulla comunità appesi

come salami sopra le teste di poveracci incapaci di comprendere e di-

scernere fatti e cose che accadono e cambiano la vita. E se per ogni sor-

riso ci vuole una lacrima, se il potenziale paranoico convive da sempre

con il pensiero ragionevole a tenere sotto controllo le fissazioni, allora

sì che si è sulla buona strada. Bisognerebbe essere abili nell’afferrare

lesto il senso di cose sconosciute che si impadroniscono subdolamente

della mente; messaggi subliminali che si insinuano come i vermi dalle

antenne colorate, nelle mele lucide dei cartoon. Comincia lo show! La

“Mandrilleide” d’Abruzzo (http://www.lmessaggero.it/ABRUZZO/regione_

abruzzo_inchiesta_spese_pazze_rimborsi_indagati_hard/notizie/486081.

shtml). Così ha scritto un quotidiano commentando

la “rimborsopoli” esplosa in questi giorni. Peculato,

truffa e falso ideologico: reati ipotizzati, ancora da

dimostrare. Certi si è dell’esistenza di una dama

della stanza 114, ospite in un lussuoso albergo di

Roma. Una signora affascinante da rimanere con un

sorso di invidia dalle labbra serrato nell’ammirarne il

portamento grazioso, l’eleganza di un tailleur giallo

indossato a complemento di un amabile cappellino

a falde larghe appoggiato sul capo a bella posta per

incorniciare uno sguardo che ipnotizza. Per Chiodi,

il presidente uscente della Regione Abruzzo, è stata

solamente “Una debolezza quella ragazza in hotel,

ma non l’ho aiutata al concorso” (http://www.

corriere.it/cronache/14_gennaio_29/debolezza-

quella-ragazza-hotel-ma-non-l-ho-aiutata-concor-

so-0f741112-88af-11e3-9f25-fc2a5b09a302.shtml).

“Nessun posto pubblico. Si tratta - ha replicato

Chiodi a Porro - di un incarico che viene dato dal

ministero del Lavoro il cui compenso, tanto per dire, è di 200 euro. Se

io avessi avuto interessi a favorire una persona che aveva con me una

relazione speciale pensa che non avrei avuto modo di trovare forme di

incarico più remunerato o più importante?” (http://www.primadanoi.it/

news/italia/546996/Rimborsopoli--Chiodi-si-difende-anche.html) (http://

www.abruzzoweb.it/contenuti/regionali-chiodi-tipico-trattamento--pri-

ma-del-voto-ma-sara-boomerang/539039-268/).

A questo punto, “lubranamente”, una domanda sorge spontanea: “Può

essere consentito a un presidente di Regione, semmai lo volesse, avere

modo di trovare forme di incarico importanti e remunerate a gentildon-

ne alla sua persona vicine e aventi con esso pur anche una relazione

speciale?”. Questi sono i chiodi fissi che restano impigliati nella mente

degli esitanti. n

I chiodi sono utensilisconosciuti...ai comuni mortali

diMimmoAttanasii

Page 13: Teramani n. 96

Continua la forte espansione retail di Cruciani C. Il

brand dei braccialetti più belli di sempre ha venduto in

quasi 3 anni più di 12 milioni di braccialetti in tutto il

mondo, da Milano a Dubai, da Madrid a New York fi no

al Brasile protagonista indiscusso dell’anno con 24 opening

in previsione.

RedazionalePer quanto riguarda l’Italia, dopo le ultime aperture a

Vicenza, Brescia e Padova, è la volta di Teramo.

Nella centralissima Corso San Giorgio 126,

centro nevralgico dello shopping teramano,

sarà possibile ammirare e acquistare i

braccialetti in pizzo macramè che da due

anni e mezzo spopolano sui polsi di tutto

il mondo, le colorate it-bag Milano, gli

eleganti foulard, le collezioni di accessori

di piccola pelletteria e la nuova linea di

gioielli Icon composta da braccialetti e col-

lane in argento. Immancabili anche le borse:

si tratta di raffi nate tracolle, baguette e cartelle

in saffi ano e razza con catena in ottone bagno

oro che stanno già conquistando i cuori delle fashion

victim italiane e internazionali.

Prosegue,

quindi, il

piano retail

di Cruciani

C che por-

terà il brand

ad aprire

400 punti

vendita

in tutto il

mondo. n

CRUCIANI C

Corso San Giorgio, 126 - TERAMO • Tel. 0861.241806

Cruciani C TeramoCruciani C Teramo

Cruciani Carrivaa Teramo

Page 14: Teramani n. 96

Nelle terre estreme

di Jon Krakauer

è ormai un vero

classico della let-

teratura di viaggio. Venne

pubblicato negli Stati

Uniti nel 1996, diventan-

do sin da subito un vero

best seller.

Il libro ricostruisce la

vicenda di Christopher

McCandless che nel

1990, dopo essersi bril-

lantemente laureato, par-

te, con una vecchia auto

e dopo aver rinunciato a

tutti i suoi risparmi, alla

ricerca di se stesso verso

la natura più estrema.

“La natura selvaggia at-

tirava chi fosse annoiato

o disgustato dall’uomo

e dalla sua opera. Non soltanto costituiva una possibilità di fuga dalla

società ma anche il palcoscenico ideale sul quale esercitare il culto che

l’individuo romantico spesso faceva della propria anima. La solitudine e

la totale libertà di una terra selvaggia creavano l’ambientazione ideale

per la malinconia o l’esaltazione” (Roderich Nash, Wilderness and

American mind).

Christopher rinuncerà alla propria identità per diventare Alexander

Supertamp, un uomo nuovo, perché libero dalle convenzioni sociali

e dalle finzioni. Il viaggio si protrarrà per due anni e avrà un epilogo

infelice in Alaska, dove Chris/Alexander perderà la vita dopo 113 giorni

di patimenti, in uno scontro diretto con la natura ostile. Il suo cadavere

sarà trovato da un cacciatore, che scoprirà anche l’esistenza di un

diario, sul quale il ragazzo aveva annotato, sempre in terza persona, le

proprie emozioni.

Il diario è privo tuttavia di una parte, il periodo tra il maggio 1991 e

l’arrivo del giovane in Alaska, ma Krakauer ricostruisce puntigliosa-

mente tutto l’itinerario grazie all’incontro con le persone che avevano

frequentato Alexander in quel periodo.

Quello di Christopher è un viaggio spirituale nel quale la sua anima si

denuda, come avveniva per gli uomini primitivi, ingenui e puri, perché

spogli di ogni superficiale orpello, portato dallo sviluppo sociale.

“C’è tanta gente infelice che tuttavia non prende l’iniziativa di cam-

biare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal

conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare

la pace dello spirito, ma in realtà per l’animo avventuroso di un uomo

non esiste nulla di più devastante di un futuro certo. Il vero nucleo dello

spirito vitale di una persona è la passione per l’avventura. La gioia di

vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste

gioia più grande dell’avere un orizzonte in continuo cambiamento, del

trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso. Se vuoi avere di più

dalla vita devi liberarti della tua inclinazione alla sicurezza monotona e

adottare uno stile più movimentato che al principio ti sembrerà folle,

ma non appena ti ci sarai abituato, ne assaporerai il pieno significato e

l’incredibile bellezza...”.

Per Jon Krakauer, giornalista e appassionato di escursioni in montagna,

la storia di McCandless diventa anche la propria storia e insieme la sto-

ria dell’uomo tout court. Non esiste nulla di più appagante che vivere in

un orizzonte mutevole, sempre nuovo ed entusiasmante, aldilà dei limiti

imposti dalle convenzioni sociali.

Lo scrittore racconta la storia di Christopher non con lo stile freddo di

un documentario, ma infarcendo la narrazione di un tocco originale,

scaturito dal suo trasporto emotivo.

Chris, moderno Thoreau, si incammina, come un pellegrino, per le stra-

de dell’America in un viaggio ascetico.

Dentro l’autobus, dove fu trovato il suo corpo, Chris scrisse: «Da due

anni cammina per il mondo. Niente telefono, niente piscina, niente

animali, niente sigarette. Il massimo della libertà. Un estremista. Un

viaggiatore esteta la cui dimora è la strada. Scappato da Atlanta. Mai

dovrai fare ritorno perché the west is the best. E adesso, dopo due anni

a zonzo, arriva la grande avventura finale. L’apice della battaglia per

uccidere l’essere falso dentro di sé e concludere vittoriosamente il pel-

legrinaggio spirituale. Dieci giorni e dieci notti di treni merci e autostop

lo hanno portato fino al grande bianco del Nord. Per non essere mai più

avvelenato dalla civiltà, egli fugge, e solo cammina per smarrirsi nelle

terre estreme (into the wild)». Alexander Supertramp, Maggio 1992.

Dietro la ricerca dell’omologazione, del lusso e di ogni tipo di comodità

si è persa la vita vera, che Christopher McCandless ha tentato di recu-

perare, con un esito purtroppo tragico. n

Il libro del mese14 [email protected]

Nelle terre estreme

n.96

diMaria Cristina Marroni

(Into the Wilde)

Page 15: Teramani n. 96

In Italia ci sono più di 800mila pensionati coltivatori diretti con pensio-

ni inferiori o integrate al minimo di 480 euro al mese che stanno vi-

vendo un periodo estremamente difficile ma che, nonostante questo,

contribuiscono in misura determinante al sostegno delle famiglie,

come dimostra il fatto che ben il 93 per cento degli italiani sostiene che

un pensionato in famiglia sia molto importante.

E’ uno degli spunti emersi dall’assemblea nazionale di Federpensionati

Coldiretti che ha portato a Roma quattrocento delegati, in rappresen-

15Coldiretti informa

tanza degli oltre settecentomila associati. Una tre-giorni di lavori e

iniziative, con la festa per i 45 anni della costituzione dell’Associazione e

la visita in Vaticano per il saluto di Papa Francesco. Nel corso dell’udien-

za gli anziani coltivatori, guidati dal consigliere ecclesiastico nazionale

don Paolo Bonetti, hanno donato al Pontefice due piantine d`ulivo e

numerosi cesti con prodotti tipici regionali.

La presenza degli anziani si sta dimostrando fondamentale per affronta-

re le difficoltà economiche e sociali di molti cittadini, ma non sono utili

solo nel ruolo di nonni o per l’aiuto che danno ai figli, nelle campagne

sono impegnati nel presidio territoriale nelle aree rurali e sono spesso il

motore di iniziative ed esperienze culturali, economiche e di solidarietà.

Si va dalle fattorie didattiche per insegnare i segreti della campagna ai

più piccoli fino ai tutor dell’orto nelle città, ma c’è anche chi trasmette

alle nuove generazioni la propria manualità per realizzare oggetti di

artigianato. E’ anche per questo che meritano maggiore attenzione da

parte delle Istituzioni. Occorre, in particolare intervenire per recuperare

il potere di acquisto delle pensioni più basse ed eliminare ogni forma di

discriminazione fra lavoratori dipendenti ed autonomi anche per quanto

attiene gli assegni familiari.

Serve poi riconoscere un sostegno per le famiglie che si fanno carico di

accudire in casa gli anziani con disabilità e/o non autosufficienza; defi-

nire i livelli essenziali di assistenza e potenziare i servizi di prevenzione

per assicurare agli anziani a basso reddito gli accertamenti diagnostici

in forma ambulatoriale, con riduzione delle liste di attesa, dei ricoveri in

ospedale e della spesa sanitaria. n

n.96

Più attenzione dalle istituzioni

L’assemblea federpensionati alza la voce

diMassimilianoVolpone Direttore Coldiretti Teramo

Largo alle danze, per tutti i gusti e tutte le età: domenica 13 aprile tor-

nerà infatti la XIV edizione del Trofeo “Il Diamante”. La competizione

nazionale di danza sportiva si svolgerà anche quest’anno, per l’intera

giornata, all’interno del Palasport di San Nicolò a Tordino; la struttura

comunale tornerà a fare da cornice alla manifestazione promossa dall’as-

sociazione sportiva dilettantistica G.D.S. IL Diamante con il patrocinio

dell’amministrazione di Teramo. La quattordicesima edizione inoltre, gra-

zie all’interesse crescente per la disciplina, al consenso di pubblico, alla

partecipazione di danzatori di livello nazionale e, non da ultimo, grazie alle

credenziali di qualità raggiunte dalla manifestazione -organizzata con il

supporto tecnico del maestro Antonio Di Lorenzo, che ogni anno si spen-

de con passione, energia e professionalità per la riuscita dell’evento-, ha

ottenuto il riconoscimento della Regione Abruzzo. L’iniziativa autorizzata

dalla Fids, la Federazione italiana di danza sportiva, vedrà scendere in cam-

po ballerini di ogni classe di livello e di età che si cimenteranno su differenti

ritmi. Gli sfidanti spazieranno dalle danze standard (valzer inglese, tango,

viennese, slow fox e quick step) ai balli latino americani (samba, cha cha

cha, rumba, paso doble e jive), dal liscio unificato e balli da sala (mazurca,

valzer viennese e polka) fino al choreographic team, comunemente noto

come ballo di gruppo. Nella scorsa edizione la competizione ha ospitato

ben quarantacinque gruppi per le danze coreografiche e circa trecento

coppie per le danze olimpiche, tra standard e latino americane, ottenendo

un gran successo di pubblico: sono stati infatti oltre novecento gli spet-

tatori che hanno preso parte alla giornata per applaudire le performance

dei ballerini. Questi numeri non sono un caso: l’attenzione in aumento

per il tipo di disciplina è testimoniato dall’inserimento delle danze latino

americane all’interno di una trasmissione televisiva di grande impatto sul

pubblico, giovane e non solo, come “Amici”. D’altro canto l’associazione

sportiva dilettantistica G.D.S. “Il Diamante” del Maestro Antonio Di Lorenzo

è nata da subito con l’obiettivo di avvicinare il maggior numero di persone

al mondo della danza e ha diffuso la passione per questa arte, intesa

come strumento di crescita e socializzazione, fino a diventare a Teramo il

punto di riferimento per la danza sportiva e il ballo sociale. Da quest’anno

inoltre l’associazione ha anche un nuovo sito internet, www.asdildiamante.

it, dove appassionati e curiosi potranno trovare tutte le informazioni sui

corsi, le gare e i traguardi raggiunti da Il Diamante. Una speciale sezione

è stata dedicata alla competizione Trofeo Il Diamante, con il programma

completo della manifestazione, le modalità di iscrizione alla gara e tutti gli

aggiornamenti in vista dell’iniziativa. Il conto alla rovescia è iniziato dunque,

l’appuntamento è per il 13 aprile al Palasannicolo, nel frattempo scaldate i

muscoli, la danza sportiva sta tornando! n

Ballo

Trofeo Il DiamanteXIV Edizione

di PaolaVerticelli

Page 16: Teramani n. 96

diSirio MariaPomante [email protected]

Nonostante l’incuria contemporanea che l’ha relegata sotto un

ponte e celata con enormi schermi pubblicitari nei pressi del

bivio Bellocchio, la chiesa di Santa Maria a mare a Giulianova è

probabilmente uno dei monumenti più interessanti ma anche

meno conosciuti del nostro territorio. Ultima testimonianza rimasta

dell’antica Castel San Flaviano, prima Castrum Novum Piceni e poi

Giulia(Nova), della

quale furono conti

gli Acquaviva prima

ancora di ricevere

il ducato atriano, la

chiesa è scampata

per miracolo ai pe-

santi bombardamen-

ti dell’ultimo conflitto

bellico mondiale, che

colpirono la costa e

la linea ferroviaria. Il

tempio, interamen-

te in laterizio, che

ospitò anche San Gabriele dell’Addolorata nel suo viaggio verso Isola,

conserva ancora sulla facciata il candido portale in pietra, gioiello della

scultura a cavallo tra Due e Trecento. Da sempre riferito al maestro

Raimondo del Poggio, almeno per il progetto d’insieme, il portale ha

affascinato storici e critici per la presenza di una serie di formelle nel

sottarco dai soggetti alquanto bizzarri. Maria Concetta Nicolai, antropo-

loga, caporedattore della Rivista “D’Abruzzo” e cultrice del patrimonio

artistico abruzzese, ha avanzato un’ipotesi suggestiva che racconta nel

suo nuovo libro, edito da Menabò e corredato dalle foto di Mauro Vitale

che diventano un prezioso strumento per indagare i rilievi.

Maria Concetta, cosa ti ha spinto a fare ricerca sul portale di Santa Maria a mare? Circa 25 anni fa mi occupavo dei due portali atriani di Raimondo del

Poggio e dell’arte borgognona che faceva il suo ingresso in Abruzzo con

la vittoria angioina. Attraverso le fonti, in primis con il Bindi e il Gavini, mi

sono imbattuta in Santa Maria a mare a Giulianova. Osservando il porta-

le sono stata assalita da una profonda curiosità e da uno straordinario

interesse per i simboli che esso contiene. Ho iniziato allora la mia lunga

ricerca rendendomi subito conto che l’interpretazione delle formelle

sarebbe stata molto complessa. Sono partita così dalla comprensione

del contesto nel quale la chiesa nasceva.

La chiesa col suo portale si trovavano infatti in un luogo sin-golare, fuori dalle mura e non troppo lontano dalla costa e dal porto. C’è dunque una relazione.Non solo. Nel libro mi ricollego alla centralità di quest’area nel ducato

di Spoleto e ai legami con la cultura bizantina, richiamata dalle reliquie

e dal tempio di San Flaviano, patriarca di Costantinopoli. La posizione

isolata della chiesa è il segno che il luogo non era adibito al solo culto

cittadino, ma aveva un ruolo particolare legato alla sua posizione lungo

il tracciato di una via di comunicazione strategica. Altro indizio, in tal

senso, risiede nel fatto che il vescovo aprutino Guido II vi trovi scampo

fuggendo da Teramo, invasa e devastata dalle truppe di Roberto di Lo-

ritello nel 1153 circa. Santa Maria a mare doveva essere dunque difesa

da ulteriori strutture che la rendevano uno dei rifugi più sicuri. E proprio

Guido II, al suo ritorno, farà restaurare il complesso e le sue fortificazioni

oggi scomparse.

Veniamo al nostro portale e alla lettura che ne dai. Perché questa macchina di pietra è “il Calendario dell’Alchimista”?Sullo scorcio del XIII secolo, Raimondo del Poggio mette in opera il

portale. Il nuovo vescovo di Atri non accorda al maestro la realizza-

zione della terza porta laterale della cattedrale, forse per le sue idee

bizzarre, sostenute invece dal predecessore. Ed ecco che arriva a

Castel San Flaviano e compone, con i rilievi delle diciotto formelle,

il cadenzare di un calendario. Ma non un calendario solare, bensì

quello di un tempo simbolico, spirituale, alla ricerca del sé. Pertanto,

la figura dell’alchimista è, per dirla con Jung, la ricerca stessa del sé.

Si parte dall’Ariete, tempo di generazione – Dante, infatti, inizia il suo

cammino sotto questo segno – quando la capacità personale è al

suo apice, e si termina con l’Acquario, raffigurato come un uomo in

cammino che porta sulla schiena un anfora ricolma. Nella penultima

formella un viandante-maestro abbevera un pellegrino-discepolo, nella

concezione che la Verità deve essere trasmessa e poi conservata, per

essere condotta in altri luoghi e in altri tempi. Il progetto iconografico

è certamente legato all’ideazione di Raimondo, un maestro che dimo-

stra di possedere una cultura artistica amplissima e di conoscere un

messaggio profondo e arcano che ho tentato di riportare alla luce e di

cui i templari furono tra i massimi cultori. n

Giulianova16

Il Calendario dell’Alchimista

n.96

Il nuovo libro di Maria Concetta Nicolaisul misterioso portale di Santa Maria a Mare

Page 17: Teramani n. 96

17Satira

diMimmoAttanasii [email protected]

L’ironia è uno stato di cose che sembra volutamen-te contrario a quanto ci si aspetta e che molte volte restituisce più di un risultato divertente. Effettivamente, tutto è ironico in questi giorni.

L’ironia è usata come sinonimo di freddo cinismo, di distacco dall’intelligenza. Abbiamo un grave problema con questa parola. L’ironia si propaga per coprire ogni disgiunzione tra linguaggio e significato. Una situazione che si verifica quando sembra che il destino stia manipolando gli eventi in modo da suscitare false speranze. Si apre così la porta alla confusione tra sarcasmo, sfortuna e disagio. Una molteplicità di punti di vista. Un tentativo di sbloccare la ve-rità. Affermare il contrario di ciò che è vero, per sottolineare la verità. Un efficace strumento di dissenso. Alcune intelligenti format di TG satirici hanno in comune un germe. Quello che induce ad affermare la menzo-gna con l’unico fine di esporla pubblicamente e, di conseguenza, avviare un fugace percorso di verità. Come dire che se questa convinzione è sbagliata, ciò non vuole dire che tutte le convinzioni siano sbagliate. I leader, in particolare, non amano l’ironia, poiché la retorica politica si basa su una struttura di amplessi morali e non. E con essi, l’atto di cercare la verità attraverso la derisione è inutile, perché quando ci si accorge che la verità la si sta guardando in faccia le assomiglianze con

n.96

Ingroppopoli a pie’ di listasi cammina sulla cenere ingannevole che nasconde i carboni ardenti

il culo diventano sempre meno sfuggevoli. L’assolutismo dell’opinione pubblica è straripante nelle cittadine di provincia. Purtroppo, i politicanti di terza fila vi esercitano senza indugio la più irritante soperchieria. Ed è proprio a causa di questa brutta parola che la vita nelle piccole città scorre insostenibile. Se si pensa alla soluzione drastica di adulare i potenti per risollevare le sorti di una vita in frantumi, la dannazione è sicura. Si può trovare buona sorte, ma bisognerà arrecare danno alla gente misera, blandire l’onorevole, il borgomastro, il senatore di turno, assecondare passioni insidiose. Questo comportamento, che nel mondo si chiama “saper vivere”, potrebbe non essere del tutto compatibile con la propria coscienza. “Incedo per ignes suppositos cineri doloso” (si cammina sulla cenere ingannevole, che nasconde i carboni ardenti). Se la storia si preoccupa di fare da specchio per l’avvenire, allora di cer-

to non mancherà il solito “Mister 10%”, che aumenterà a dismisura le sue prerogative. Puttane, senza offesa per le mignotte, da non rendicontare a pie’ di lista; champagne, orange aperitif e vini scaraffati a prendere aria prima dell’abbuffata di manzo. Alberghi a cinque stelle perché quelli a quattro scarseggiano di posti, in camere doppie e costo diluito sui contribuenti rinco-glioniti da confacenti visi d’angelo. Per qualcun altro, semplicemente facce da culo. Signorotti resi ricchi

appunto da padri che su di loro hanno fatto ricadere i propri peccati presto emulsionati, mescolatisi l’uno all’altro, per obliarsi attraverso il prodigo intervento di banchieri senza scrupoli e dignità. Benestanti di provincia ai quali l’ambizione di diventare deputati, la gloria e la promes-sa di razzia di centinaia di migliaia di euro toglieranno il sonno. Dare a intendere di essere liberali, amare il popolo. Se ci si appoggia soltanto a ciò che oppone resistenza sarà l’albagia dei potentati a imporre a loro stessi dichiarazioni esauste di contenuti. Non potrà essere un’inchiesta su qualche scontrino non rendicontato a interrompere un percorso politico. Malgrado tutto, ci si augura che qualsivoglia giudizio critico si possa basare su risultati squisitamente politici conseguiti e non su eventuali e maldestre inchieste giudiziarie a orologeria, che toccano solo marginalmente esponenti di partiti di governo, piuttosto che quelli dell’opposizione. Bisogna essere sempre garantisti. “L’amore crea le eguaglianze e non le cerca” (Pierre Corneille). n

Se o sé?Il pronome personale riflessivo sé, va scritto sempre con la

é accentata per distinguerla dalla congiunzione se ipotetica,

dubitativa, ecc…

Spesso è rafforzata con stesso o medesimo: in tal caso può avere

l’accento o, preferibilmente. esserne privo: sé stesso o se stesso

- Tra sé o tra loro?Le due suddette espressioni differiscono perché la prima è riflessiva,

la seconda ha valore reciproco, perciò significano cose distinte e si

possono usare solo in contesti verbali diversi.

È corretto dire: i ragazzi pensavano tra sé (ossia ognuno nel proprio

animo). È errato invece dire: i ragazzi pensavano tra loro (perché tra

loro indica un’azione reciproca, incomprensibile con il verbo pensa-

re). Per lo stesso motivo è corretta l’espressione:

i ragazzi discutevano tra loro (perché l’azione è reciproca), mentre è

errato dire: i ragazzi discutevano tra sé (per l’impossibilità dell’azione

riflessiva con il verbo discutere).

- Le o gli?I pronomi le e gli sono rispettivamente femminile e maschile e signi-

ficano a lei e a lui. Ho visto la zia e le ho dato i tuoi saluti.

Se vedo tuo padre gli dirò tutto.

Usare gli per il femminile è, pertanto, sgrammaticato, sebbene qual-

cuno lo faccia ed esista qualche antecedente nella storia della lingua

(Boccaccio, Sacchetti, Boiardo). n

Note linguistiche

Osservazioni sui pronomi personali

di Maria Gabriella Di Flaviano

Page 18: Teramani n. 96

Da sempre la stampa internazionale ha

cercato di dare a qualcuno esterno

al gruppo il merito della creazione

di un successo unico ed irripetibile,

come quello che accompagna da oltre 50

anni il nome Beatles. E’ ovvio che l’aiuto di

alcuni personaggi è stato fondamentale per

loro, è altresì vero che anche personaggi non

determinanti avrebbero potuto in qualche

modo cambiare il corso degli eventi, ma

non sono riusciti ad entrare nella “storia”. Il

primo ad essersi meritato sul campo il titolo

di “5° Beatle” è…il 5° Beatle: Stuart Sutcliffe,

l’amico del cuore, compagno di studi e

coinquilino di John Lennon. Sutcliffe è stato

per un periodo abbastanza lungo il bassista

del gruppo, fino al periodo in cui il gruppo si

è esibito ad Amburgo. Fidanzatosi con Astrid

Kirchherr (colei che aveva inventato il taglio

di capelli a caschetto, “alla Beatles”), aveva

abbandonato il gruppo per dedicarsi alla sua

vera passione, la pittura, ma non riuscirà a

sfondare neanche in questo campo, perché

morirà giovanissimo, a neanche 22 anni.

Anche Pete Best, batterista, ha fatto parte

dei Beatles. Era entrato a far parte del grup-

po perché, si dice, possedeva una bellissima

batteria nuova e completa, sua madre Mona,

pur di farlo esibire con il suo nuovo gruppo,

aprì sotto casa un locale, “The Casbah”. Best

fu estromesso dal gruppo alla vigilia della

prima registrazione ufficiale, quindi non è

diventato una star internazionale perché i

Beatles, il loro produttore ed il loro manager

decisero di fare a meno di lui.

Il signor Dick Rowe, produttore della

Decca, non salì sul fantasmagorico treno

dei Beatles, perché giudicò il loro provino

registrato dal gruppo il 1° Gennaio, poco

interessante, motivandolo con la famosa

frase “E’ finito il tempo dei gruppetti con

le chitarrine…”. Si sbagliava. Non sbagliò

quando, in seguito, mise sotto contratto un

altro gruppo emergente, i Rolling Stones.

Tutte le audizioni dei 4 ragazzi erano state

faticosamente procurate da un loro giovane

ed aristocratico concittadino, Brian Epstein,

erede di una ricca famiglia di origini ebraiche

e proprietario di una importante catena

di negozi di elettrodomestici. Fu proprio

mentre si trovava al banco del suo negozio

di dischi che sentì per la prima volta il nome

di un gruppo di ragazzini di Liverpool che

avevano registrato un disco in Germania e,

spinto dalla curiosità andò a sentirli in un

club jazz, il Cavern, che li ospitava spesso in

rumorose esibizioni all’ora di pranzo. Epstein

fu così colpito dall’energia del gruppo che si

propose immediatamente come manager,

vantando anche un certo peso nell’industria

discografica, sebbene dal versante vendite.

Fino alla sua prematura scomparsa fu a tutti

gli effetti il creatore dell’immagine dei Beat-

les, l’artefice di alcune trovate spettacolari

ed innovative ed il sovrano assoluto di un

piccolo impero economico e mediatico. Morì,

forse suicida, a poco meno di 33 anni.

Colui che più di tutti può fregiarsi del titolo di

5° Beatle è però George Martin. Il produttore

della Parlophone li scritturò a fine 1962 ed

è stato sicuramente quello che più di ogni

altro ha contribuito all’evoluzione stilisti-

ca del soggetto musicale più importante

del pianeta. Martin, dopo aver intuito le

potenzialità musicali del gruppo, riuscì a

cogliere le capacità compositive di Lennon e

McCartney, aiutandoli nella loro evoluzione

ed assecondando le loro più stravaganti

richieste. Riuscì anche a permettere che

fra i due amici-rivali si insinuasse un terzo

genio, George Harrison, il quale maturò uno

stile così personale ed affascinante da poter

avvicinare, se non superare i due mostri

sacri che così spesso gli avevano impedito

di guadagnarsi lo spazio che pure avrebbe

ampiamente meritato.

Tutte queste persone, insieme a tante altre,

hanno rivestito un ruolo essenziale nel

processo che ha portato quattro ragazzini di

Liverpool a diventare i Beatles e come scrive

John Lennon in “In my life” – Some are dead

and some are living, in my life i love them all

- (“Qualcuno è morto, qualcuno è vivo, nella

mia vita li amo tutti”). n

Musica18 [email protected]

n.96

diFabrizio Medori

Il Quinto BeatleAncora qualche notizia sui Fab Four, su chi è diventato importante insieme a loro e su chi non ci è riuscito

I Beatles con Pete Best e Stuart Sutcliffe

Brian Epstein

George Martin

Page 19: Teramani n. 96

19

P iccole donne...

crescono! Incipit

appropriato per

segnalare il più

recente impegno disco-

grafico di Laura Beatrice

MARLING, Eversley (Ham-

pshire, UK) 1990, i nomi

di battesimo, evocano

inevitabilmente il “dolce

stil novo”, l’accostamen-

to a Petrarca e Dante,

potrebbe risultare più

audace?

Ragazza biondissima e

carinissima, a soli 18 anni, ha esordito nella London scene, memore della

preparazione artistica del papà, Insegnante di musica in ambito ‘folk’.

Inizialmente nella formazione NOAH & THE WHALE, prosegue, collabo-

rando con un’altro gruppo della rinascita del country-inglese: MUMFORD

& SONS, formazione che sta spopolando letteralmente da qualche anno

a questa parte, in entrambe le sponde dell’Atlantico. Malgrado la giovane

età, esordisce in proprio con Alas I Cannot Swim (Virgin, 2006), mix

elettro-acustico di songs affascinanti e personali, nel 2010 licenzia il 2nd

album: I Speak Because I Can (Virgin), altro positivo riscontro. Appena un

anno dopo, è la volta di I Creature I Don’t Know, stessa etichetta, piccolo

sunto: rileggete i titoli dei dischi, certo non le fa difetto la fantasia, e, la

musica? Flusso chitarristico affascinante, continuo, intenso, più e meno

melodico, voce dal timbro chiaro e sensibile, dal forte impatto emotivo,

accompagnamento musicale parco e sommesso. Ma, Laura dall’incan-

tevole voce, non si accontenta, nonostante i 23 anni, anzi adesso 24,

scrive, compone, registra, suona e...cresce notevolmente, la vocalità

sempre più calda, duttile, melodiosa, anche quando canta con il solo filo

di voce, appunto. Anche l’Artwork policromo dei CD’s si è evoluto, per

divenire monocromatico, come si evince guardando l’oggetto di questa

recensione:Once I Was An Eagle (altro titolo emblematico), fotografata di

spalle e dall’alto, cascata di capelli (biondi) all’indietro, un braccio piegato

e, l’altro disteso in avanti, forse è stata proprio un’aquila, come recita il

titolo! Prima dell’analisi specifica, altro consiglio: andate su YouTube e

guardate le innumerevoli clips, da sola o in compagnia (Marcus Mumford,

Johnny Flyinn...), rimarrete di stucco davanti a tanta grazia, musicale

ed estetica. Altra doverosa citazione, riferita al suo mentore-produttore

di sempre, Ethan Johns, riuscire a tirar fuori le innegabili qualità di Miss

Laura, non dev’essere stato comunque impresa da poco, a giudicare dai

risultati, congratulations, Mr. Johns! La ragazza, come dicevo, è diventata

grande, con il già citato produttore-musicista, un piccolo e agile combo,

Ruth De Turberville e Rex Horan, negli Studios Three Crowns East e

Wiltshire and The Distillery di Bath, ha dato luogo al 4° progetto disco-

grafico di lunga durata. Il CD è una sorta di Concept Album, come una

volta, si articola in 3 mini suites, brani cuciti uno sull’altro, quasi senza

pause, la strumentazione è parca, ma incredibilmente ricca e variegata;

da Take The Light Off (01) a Master

Hunter (05), l’andamento scorre

omogeneo, minime variazioni,

ottimo lavoro di piano, basso,

violino batteria e (soprattutto), la

chitarra: accarezzata, pizzicata e

percossa da Laura, evoca atmosfe-

re inusuali e stacchi repentini, in

questo primo lotto, notevole Bre-

ath (04), ‘respiro’...a pieni polmoni,

finalmente aria buona! La prima

parte o suite...non si chiude qui, inizia la seconda: Little Love Caster (06),

oddio, che succede? La Musica, prende il sopravvento, svolta fantastica,

onirica, commovente, emozionante: Laura, geme, soffre, canta, urla,

piange (forse), al primo ascolto sono rimasto esterrefatto: incredibile

quel che si ascolta, la voce diventa strumento, l’intensità lirica, “Yes I

Am a Master, I Had You Bad Man, Little Love...” Le corde della chitarra,

toccano il cuore, violoncello e basso all’unisono sono stupendi, l’incanto

continua, Devil’s Restling Place (07), passa per Interlude (08), dove l’oboe

(addirittura) sancisce gli unici momenti di pausa, per introdurre Undine

(09), finalmente, il capolavoro dell’album: chitarra stupenda, mi ricorda

udite, udite, il grande Bert Jansch (mitici Pentangle), il plettro e le dita di

Laura, volano letteralmente sulle corde, disegnando scenari fantastici.

Where Can I Go? (10), Once (11) e Pray For Me (12), richiamano la prima

parte del compact, quest’ultima, cresce in intensità e finale strumentale,

When Were You Happy? (13): la voce e gli strumenti hanno un nitore

pazzesco, ulteriori complimenti a Mr. Johns e Bob Ludwig (Gateway

Mastering Studios di Portland, OR), per l’ottimo lavoro al mixer e maste-

rizzazione. Siamo in dirittura d’arrivo: Love Be Brave (14), Little Bird (15) e

Saved These Words (16), song conclusiva, autobiografica, recente amara

conclusione di un amore:”Love’s not Easy, Not Always Fun...” Questo

triste epilogo, ha portato la ragazza dalla pelle color...porcellana (passate-

mi il riferimento ceramico), ad abbandonare Londra, con armi e bagagli,

per la California, chissà cosa combinerà! Conclusione: l’ascolto del CD

presuppone attenzione, concentrazione, immaginazione e...sofferenza,

comunque un’esperienza da fare, assolutamente, la classe non è acqua,

Laura Marling sarà stata pure un’aquila...ma reale e, vola alto, molto alto!

Time: 63:27, voto 9. n

n.96

Write about... the records!

diMaurizio Carbone [email protected]

Once I Was An Eagle Laura Marling Format: CD- DIGIPACK 2013Label: VIRGIN - Distribution: UNIVERSAL

Page 20: Teramani n. 96

“Un vero professore si preoccupa di comprendere il dolore e

la solitudine di un bambino che non capisce in un mondo

di ragazzi che capiscono”, questo ha spiegato al Festival

della letteratura di Mantova lo scrittore francese Daniel

Pennac, docente e autore di un libro sulle proprie difficoltà scolastiche,

“Diario di Scuola.”

Queste parole dovrebbero far riflettere e capire che qualunque difficoltà

si incontri, è importante prenderne atto ed essere seguiti da persone

che abbiano oltre ai mezzi adeguati a individuare e curare il problema,

anche la sensibilità che li porti a vedere oltre le barriere della diversità.

A questo punto, dopo aver analizzato, nei numeri

precedenti della rivista, in maniera piuttosto

sintetica, le prime difficoltà di apprendimento quali

la dislessia e la disgrafia, ci occuperemo ora della

DISCALCULIA.

Bisogna premettere subito che spesso la discalculia

(cioè il disturbo relativo all’apprendimento del siste-

ma dei numeri e dei calcoli) si presenta associata

alla dislessia, ma in alcuni casi, anche se piuttosto

rari, è un problema che si riscontra in modo isolato

nei bambini.

Con il termine discalculia non si intende fare

riferimento alle difficoltà che in modo più o meno

frequente vengono osservate nella comprensione

di quella materia indubbiamente così affascinante,

ma nello stesso tempo complessa, che è la matematica e che vede

spesso i ragazzi, soprattutto delle scuole superiori, impegnati a scoprire

la soluzione di quesiti e problemi molto articolati.

Con tale termine si fa invece riferimento a un disturbo specifico del

sistema dei numeri e del calcolo in assenza di lesioni neurologiche e di

problemi cognitivi più generali.

Per questo motivo, rifacendosi a quanto è stato esplicitato per la disles-

sia, è importante sottolineare che la discalculia si manifesta nonostante

un’istruzione normale, un’intelligenza adeguata, un ambiente culturale e

familiare favorevole.

Tale disturbo coinvolge, in particolare, l’acquisizione di abilità relativa-

mente semplici, quali ad esempio la scrittura e la lettura dei numeri

e il sistema del calcolo (come ad esempio la memorizzazione delle

tabelline, l’esecuzione delle procedure di calcolo ecc.).

La discalculia viene suddivisa in primaria e secondaria:

- la discalculia primaria rappresenta il disturbo delle abilità numeriche e

aritmetiche

Scuola20n.96

La discalculia

diMaria Gabriella Del Papa [email protected]

Disturbi specifici di apprendimento (DSA): un’emergenza educativa

- la discalculia secondaria si presenta associata ad altri problemi di

apprendimento, quali la dislessia, la disgrafia, ecc. Bisogna intervenire

all’origine del problema e non sul disturbo di calcolo in sé, che da solo

non darebbe risultati soddisfacenti.

Possiamo dire che i bambini discalculici hanno:

• difficoltà nel manipolare materiale per quantificare e stabilire

relazioni;

• difficoltà nella denominazione dei simboli matematici;

• difficoltà nella lettura dei simboli matematici;

• difficoltà nella scrittura di simboli matematici;

• difficoltà a svolgere operazioni matematiche;

• difficoltà nel cogliere nessi e relazioni matematiche;

• difficoltà nel problem solving;

• difficoltà nel leggere e scrivere numeri complessi (quelli che conten-

gono lo zero) o lunghi (come

• quelli composti da molte cifre);

• difficoltà nell’esecuzione delle quattro operazioni scritte, dovuta al

mancato rispetto delle regole

• procedurali degli algoritmi;

• difficoltà nel memorizzare la maggior parte delle tabelline;

• difficoltà in compiti relativi all’automazione delle procedure di

conteggio, come ad esempio nel contare a salti o contare all’indietro.

E’ importante diagnosticare nel più breve tempo possibile la discalculia,

per poter intervenire in tempi rapidi e aiutare il

soggetto in questione ad avvicinarsi al mondo

della matematica senza paura e ansia.

La diagnosi ha l’obiettivo di analizzare il livello

raggiunto dal bambino nel calcolo scritto e a

mente, nella comprensione dei simboli aritmetici,

del significato dell’ordine posizionale delle cifre

che costituiscono un numero, nell’acquisizione del

sistema del calcolo e della capacità di risolvere i

problemi. Le informazioni ricavate dalla diagnosi

e rapportate all’età e alla classe frequentata dal

bambino consentono di orientare l’intervento di

rieducazione.

Per quanto riguarda la riabilitazione, la strada da

percorrere non è semplicissima, va dalla presa di

coscienza del problema, al cercare la strada da percorrere per aiutare

il bambino sia dal punto di vista didattico che dell’integrazione nel

gruppo-classe. In particolare è fondamentale che chi si occupa oggi

di riabilitazione disponga di una diagnosi estremamente accurata del

disturbo. Infatti, solo in questo modo si potranno predisporre ed attuare

quegli interventi che, anche se non particolarmente numerosi, hanno

riscontrato in questi anni buoni risultati nella pratica.

Naturalmente perché l’intervento risulti efficace, deve essere effettuato

il più precocemente possibile; è importante potenziare non solo le capa-

cità numeriche e di calcolo nel bambino (intervento che per il momento

è ancora oggetto di ulteriore approfondimento da parte degli studiosi e

della comunità scientifica), ma anche le strategie compensative con cui

poter affrontare in modo adeguato questo disturbo di apprendimento

(come ad esempio uso della calcolatrice, della tavola pitagorica, del

computer e di programmi appositi, ecc.). Inoltre l’intervento dovrà svi-

lupparsi grazie a una rete di collaborazione che vede i centri specialisti-

ci, le famiglie e la scuola impegnate sullo stesso fronte. n

Page 21: Teramani n. 96
Page 22: Teramani n. 96

Il giorno della Memoria22diGuendalina Di Sabatino

Presidente Centro di cultura delle donne “Hannah Arendt”

Edith Bruck a Teramo

n.96

Edith Bruck, vincitrice del Secondo Premio Teramo nel 1962 con

il racconto “Il cavallo” è tornata spesso nella nostra città con

il centro Arendt ad incontrare i giovani. Nel 2003 con i ragazzi

delle scuole superiori e dell’università, inaugurò nelle Sale

espositive di Via N. Palma la mostra itinerante ispirata al romanzo

“Lettera alla madre”, le cui opere, di studenti e di artisti di fama, furo-

no presentate nell’ Istituto Italiano di Cultura di Budapest il 23 aprile

2004 nell’ambito dell’XI Festival Internazionale del Libro che ospitava

la scrittrice stessa. Ancora con gli studenti nel 2005, in occasione

del Sessantesimo della Liberazione, nell’aula magna della Facoltà di

Scienze della Comunicazione di Teramo.

“Auschwitz: il dovere di ricordare la Shoah. Quanta Stella c’è nel

cielo, la testimonianza, il romanzo, il film “Anita B”. Questo il titolo

dell’incontro della scrittrice con gli studenti della provincia di Teramo

al quale ha partecipato il Professor Luciano D’Amico, Magnifico

Rettore dell’Università degli Studi di Teramo, l’8 febbraio scorso

nelle sale del Cine Teatro Comunale. L’evento è stato aperto dalla

partecipe gradita lettera del Segretario Generale della Presiden-

za della Repubblica, Consigliere di Stato Dottor Donato Marra, in

cui il Presidente Napolitano esprime il suo vivo apprezzamento

per l’iniziativa e rivolge “…agli studenti e a tutti gli intervenuti un

caloroso saluto insieme a un fervido augurio di miglior successo…”.

E’ stato un appuntamento straordinario per ricordare la Shoah e la

condizione dei sopravvissuti all’indomani dell’abbattimento dei can-

celli di Auschwitz il 27 gennaio 1945. La condizione dei salvati che

nessuno voleva ascoltare, né parenti né amici, come scriveva Primo

Levi, è vissuta da Anita la giovane protagonista del romanzo del

premio Città di Bari e del Premio Viareggio, che i ragazzi hanno letto

a scuola con i docenti e riflettuto con la visione del film “Anita B.”

diretto da Roberto Faenza e liberamente tratto dallo stesso romanzo.

In più di mille hanno applaudito commossi e rapiti dalla storia della

ragazza ungherese, che, dopo aver conosciuto massacri e morte nei

lager nazisti, sola, nel subbuglio dell’Europa del dopoguerra cerca

di tornare alla vita sperando nell’amore di un ragazzo che si rivelerà

crudele. Ma sarà proprio il frutto di quell’amore bugiardo che le darà

la forza di guardare al futuro con fiducia. Il Regista si è scusato con

una bella lettera per l’assenza dovuta ad una priorità riguardante

lo stesso film, ma, ha assicurato: “sarò ad incontrare i ragazzi, se

lo vorrete, al mio rientro dagli USA verso la fine di marzo”. Quanta

stella c’è nel cielo è un verso del patriota poeta ungherese Sandor

Petofi, un verso di una ballata amara sul male che abita nel cuore

dell’uomo. Ma come definire quel male inimmaginabile e assoluto

che si è manifestato con lo sterminio di uno dei popoli fondatori

dell’Occidente, massacrato con fredda meticolosità per servire la

causa scientifico politico religiosa di miglioramento della razza del

Terzo Reich? Hannah Arendt, filosofa ebreo-tedesca, che seguì a

Gerusalemme il processo e la condanna di Adolf Eichmann, l’ufficiale

nazista responsabile dell’organizzazione dei trasporti degli ebrei

verso i campi di sterminio, di fronte alla stupida figura del burocra-

te che eseguiva gli ordini senza riflettere sulle conseguenze e sul

senso delle proprie azioni, elaborò l’espressione “banalità del male”

perché “le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché

normale, né demoniaco né mostruoso”. Eichmann era uno zelante

impiegato esecutore di ordini che gli davano prestigio e soprattut-

to un ruolo sociale. I ragazzi, numerosissimi, hanno ascoltato con

attenta commozione Edith Bruck: ”ricordare è un dovere morale

verso i morti che non possono più parlare e per coloro che tuttora

non hanno voce e subiscono le più svariate forme di discriminazione:

i ‘diversi’”. Poi le molte domande. La scrittrice, come nei suoi 23 libri,

ha testimoniato l’orrore e l’annientamento dell’essere umano vissuto

Per ricordare la Shoah

Page 23: Teramani n. 96

con le persecuzioni delle leggi razziali, con

la deportazione e l’internamento nei lager,

il dolore della memoria, l’indifferenza degli

altri, la disperazione dei sopravvissuti di

fronte all’incredulità e al negazionismo. Sul

negazionismo, che, purtroppo, ha cercato

legittimazione anche nelle aule dell’ateneo

teramano qualche anno fa, il Magnifico

Rettore ha dichiarato fermamente: “Non si

può dare credito a chi formula le tesi più

incredibili senza nessun riferimento scien-

tifico. Ogni volta che si sostiene una tesi

negazionista lo si fa al di fuori dei protocolli

stabiliti in secoli di studio e di metodo”.

Sempre rivolto alla platea degli studenti

egli ha poi annunciato che sarà intitolato ai

ragazzi di Bosco Martese il vialone centrale

del Campus di Colleparco.

Per la bella e partecipata riuscita dell’even-

to ringrazio il Professor Luciano D’Amico

Magnifico Rettore dell’Università degli Studi

di Teramo, l’Assessore alla Pubblica Istruzio-

ne del Comune di Teramo Piero Romanelli,

Mirko De Berardinis segretario provinciale

dell’Anpi di Teramo, Lea Contestabile docen-

te dell’Accademia di Belle Arti di L’Aquila,

Elisa Guida dell’Università della Tuscia, Isa

Ferraguti, Presidente della Cooperativa

Libera stampa editrice di “noidonne” media

partner dell’evento, l’attrice Serena Mattace

Raso, i musicisti Mauro Baiocco e Mirko

Giosia, i dirigenti scolastici, gli studenti. La

Provincia di Teramo. L’Anpi Nazionale. In

particolare ringrazio i docenti per la passio-

ne e la cura con la quale hanno preparato i

ragazzi. Edith Bruck per la sua carica umana

che sempre riempie di tanta speranza i

cuori di chi la ascolta. n

Del Magnifico Rettore Professor Luciano

D’Amico ci vorrebbero cento mille e

non solo a Teramo in un mondo come

il nostro; in una società dove i problemi

economici, occupazionali, la multietnicità,

religiosità, le tendenze sessuali, la sfiducia

nel futuro, le insicurezze, le mancanze

di esempi etici, morali, e più equità

nelle distribuzioni dei beni, non fanno

che alimentare razzismi, antisemitismi,

intolleranze per ogni diversità.

Temi fondamentali che con toni civili,

coraggiosi, educativi aveva toccato il

Professor D’Amico che avevo seguito con

intensa attenzione e profonda ammirazione.

E ringrazio a tutti coloro che hanno

partecipato alla realizzazione della giornata

dell’8 Febbraio – l’associazione Hannah

Arendt le autorità comunali, la città, gli

insegnanti, i numerosi studenti che ci

hanno ascoltato con disciplinato calore e

commozione che non è mancata neanche

a me come sempre in Abruzzo e a Teramo

dove mi sento a casa”.

Edith Bruck

Page 24: Teramani n. 96

Il giorno della Memoria24diLea Contestabile

Artista e docente di Anatomia Artistica Accademia Belle Arti di L’Aquila

n.96

Insegno all’Accademia di Belle Arti Anato-

mia artistica, una disciplina che si occupa

del corpo come forma espressiva. Lo studio

del corpo in tutte le sue accezioni non può

prescindere dal tema dell’identità e dell’alte-

rità e dunque dal tema della memoria perché

ognuno di noi è la propria storia, le proprie

tradizioni, la propria cultura. Tra l’altro il tema

della memoria è al centro del mio lavoro d’ar-

tista. Con gli studenti discuto spesso di questi

argomenti, presentando artisti come Christian

Boltansky, che ha dedicato tutto il suo lavoro

proprio alla memoria ed in particolare alla

memoria dell’olocausto. Ciò che, tra l’altro, più

mi interessa del suo lavoro, è che la sua atten-

zione è rivolta in modo particolare alle micro-

storie, alla gente comune deportata nei campi

di concentramento; Boltansky ha raccontato

storie attraverso piccoli oggetti, abiti, foto aven-

do cura di tutto ciò che può mantenere in vita

almeno il ricordo di chi non c’è più. Mi sembra

che tutta la sua ricerca si basi sulla convinzione

che l’oblio faccia morire una seconda volta.

Per questo l’artista cataloga, mette insieme

cassetti e cassetti pieni di cose realizzando un

vero e proprio archivio. Cerco di far conoscere

agli studenti, oltre Boltansky, anche altri artisti

che lavorano sulla tolleranza, sull’accettazione

ed il rispetto dell’altro e di culture lontane

dalla propria. E’ evidente che è risultato molto

naturale quindi aderire al progetto proposto da

Guendalina Di Sabatino. Il tempo è stato poco

ma sono rimasta francamente sorpresa, felice-

mente sorpresa, per l’attenzione e l’impegno

riscontrato. Hanno risposto più di quaranta

allievi, per la maggior parte del primo anno. Ho

coinvolto anche un gruppo di ex studenti con

i quali ho mantenuto un rapporto di collabora-

zione. Sono giovani artisti che già partecipano a

mostre non solo nazionali.

Il titolo INSIEME PER RICORDARE vuole

indicare il desiderio di approfondire insieme,

attraverso l’arte, tematiche così impegnative

come appunto la shoah. In mostra ci sono

lavori più o meno risolti, qualcuno anche

molto ingenuo e immaturo ma con il Professor

Servillo ci siamo chiesti se fosse giusto fare

una selezione tenendo conto solo dell’esito

artistico. Siamo arrivati alla conclusione che

in questa occasione non era tanto importante

il risultato quanto l’impegno e il desiderio da

parte dei nostri ragazzi di riflettere su un tema

così importante. Come dicevo la maggior parte

degli studenti sono del primo anno. Hanno

bisogno ancora di acquisire le competenze giu-

ste. Vi chiedo perciò di visitare la mostra con

uno sguardo benevolo. Per quanto riguarda

il mio contributo, ho pensato ad Anita. Nello

spazio che ho ideato protagonista è la farfalla,

metafora di Anita. C’è una farfalla tenuta a

terra da legami sentimentali che la bloccano e

non la fanno volare, c’è un comodino con un

libro che proietta dall’interno una piccola luce,

c’è la scatola dei ricordi con figure mostruose

e qualche ricordo di luce come un pettinino

rotto e finalmente sul muro una farfalla che,

come una fenice, malgrado le ali spezzate e

ricucite, prende il volo verso la terra promessa

portando con sè una nuova piccola farfalla. n

È difficile entrare in contatto con la terribilità

prodotta da Hitler, ma è il tentativo che

i giovani allievi dell’Accademia di Belle

Arti di L’Aquila hanno fatto attraverso le

parole dei romanzi di Edith Bruck grazie alla

straordinaria sensibilità dell’Artista e docente

Lea Contestabile che ha curato la mostra

“Insieme per ricordare” presentata l’8 febbraio

pomeriggio a Villa Capuani-Celommi, accanto

a quella dei ragazzi delle scuole medie, “F.

Romani” e “ R. Pagliaccetti”, “Auschwitz

11152” guidati dai Docenti di Arte e Immagine

Simona Braca, Luana Monaco, Annamaria

Colangelo. Presenti Viriol D’Ambrosio

Presidente della Fondazione Celommi, Gianni

Tarli Direttore del Museo Capuani e Daniele

Palumbi Sindaco di Torricella Sicura. La

mostra, su prenotazione per le scolaresche,

sarà visitabile fino al 25 aprile.

Page 25: Teramani n. 96
Page 26: Teramani n. 96

Un film sul diavolo e, come il diavolo, polimorfo. Realismo, surre-

alismo, cinema nel cinema, cinema inchiesta, cinema filosofico.

Bergman affronta i temi e i linguaggi e li confonde, li trascende

e li vanifica. E’ proprio del demonio (“un simbolo, un’allegoria”)

il non essere, la trasformazione continua, contrapposta alla stabilità

divina. Fuoco, fumo: elementi ricorrenti. Il diavolo tabagista è un’icona

dell’’700. Prigione devia invece verso il ‘900 delle luci e dei lumi

cinematografici, incorniciato com’è da un set cinematografico, luogo

di fumatori, fabbrica di fantasticherie fumiganti, bagliori luminosi che

appaiono all’improvviso, démoni.

Cinema

Nel prologo si parla di una possibile pellicola da girare, una storia vera

sul diavolo-dio padrone di tutte le cose sulla terra-inferno. Nell’epilogo

se ne rileva l’irrealizzabilità, una cosa che nessuno vorrebbe fare (e

vedere). Ma, in mezzo, il film da non produrre è scorso, insieme di

stazioni legate da dissolvenze incrociate, una progressione di croci e

di crocicchi, impossibili direzioni di fuga.

L’idea viene a un vecchio professore di matematica, reduce da una

clinica psichiatrica, che dal nulla irrompe nel teatro di posa e propone

il soggetto a Martin, il regista, a cui l’uomo sembra già il diavolo, “na-

turalmente un buon diavolo”. La suddivisione della storia tra demone

buono e demone cattivo, già presente in Piove sul nostro amore con

interscambio di ruoli, fa ritorno e struttura l’intero lavoro, costruito

come (in) uno specchio, dove due coppie, una positiva l’altra negativa,

ma con le relative sfumature, si riflettono l’una nell’altra ed entrambe

sono completate da un terzo

elemento, maschile nella prima,

femminile nella seconda.

Da un lato Thomas e Sofie, marito

e moglie alla cui crisi partecipa

come testimone e amico Martin;

dall’altro Birgitte, prostituta mino-

renne vittima del fidanzato Peter,

della cui misera vita è responsa-

bile altresì la sorella Linnea. Come

quest’ultima è legata a Peter da

una strana, morbosa complicità

(che arriverà fino al delitto), Martin

sembrerebbe un timido corteg-

giatore di Sofie (verso la quale

tuttavia non si spingerà, almeno

in campo, oltre

l’allusione di una

battuta spiritosa).

Intervistando

Birgitte, Thomas

si innamora e

fugge con lei,

la classica fuga

a due bergma-

niana che trova

(provvisorio)

rifugio nell’attico

simbolico di

una pensione, luogo onirico di spettacolo e apparizioni. Vi ritrovano la

serenità dell’infanzia (Thomas c’era già stato da piccolo con la zia), i

giocattoli, un filmino che, proiettato, renderà allegra la coppia.

Birgitte si apre all’uomo, rompe il guscio che ne faceva un’impersona-

le marionetta senza problemi, sprigiona calore. Lo schermo s’infiam-

ma. Quando i due cominciano ad amarsi, il fuoco del camino sembra

bruciare i fotogrammi (come accadrà con Persona). Sprofondamento

magico nella distanziazione e nel sogno, punto di incontro di un’im-

possibile emozionalità che vorrebbe scansare l’immedesimazione, il

coinvolgimento eccessivo.

Lei si addormenta ed ecco la visualizzazione di un incubo, profe-

zia choc dell’inevitabile ritorno al punto di partenza. Nello stesso

26

65 anni fa, Bergman realizzava “Prigione”

diLeonardoPersia [email protected]

n.96

Prigionieri del diavolo

Page 27: Teramani n. 96

27luogo, Birgitte, e con lei lo spettatore, aveva

osservato da vicino la miseria isterica della

vita di coppia. La proprietaria della pensione

che litigava col marito; la figlia che, senza

entusiasmo, aspettava il fidanzato (già

cliente della prostituta.) per fuggire dopo

un’inaspettata gravidanza. Nel sogno, la ra-

gazza incinta è vestita a lutto. Il dono gioioso

che offre all’altra (la maternità) diventa un

pesce strangolato. A Birgitte, infatti, avevano

sottratto e ucciso la bambina, epifania di

svolta divelta.

Il diavolo è simia Dei, lercia imitazione di Cri-

sto, uno specchio scuro in aenigmate. Perciò

nel film tutto si trasforma in uno speculare

contrario. La maternità complica, l’amore uc-

cide, gli incontri sono una grazia rovesciata.

Spaventoso soprattutto il collegamento di

uomini ed elementi (quel bambino col coltel-

lo, oggetto che servirà a compiere il suicidio),

nerissima parodia del religere celeste alla

base, anche etimologica, della religione.

Per questa via, Ingmar Bergman riflette sul

dispositivo filmico, sulla sua natura di stru-

mento imitativo. Il cinema come specchio,

con annessi i livelli di essere e apparire della

realtà. E specchio dello specchio, del mezzo

stesso messo in campo attraverso il set,

poi nella miniaturizzazione della comica

proiettata al suo interno, variazione slapstick

della tragedia narrata, dominata da Morte

e Diavolo (il film visto da Thomas e Birgitte).

La sua natura immateriale è superata dalla

compiuta realizzazione di un’idea: il corpo

stesso del film a cui assistiamo.

Malgrado ciò, proprio come gli strani perso-

naggi che completano le due coppie, il film

in sé diventa il terzo elemento materiale ma

inafferrabile (perché extradiegetico, perché

cinema) che presiede alle due epifanie me-

talinguistiche in esso contenute. Qualcosa

che non può andare oltre la pura contempla-

zione e il puro enunciato. E’ probabile che

si citi l’autore della Summa theologica (che

difatti sosteneva la conoscenza esclusiva-

mente discorsiva della speculazione), se non

addirittura l’apostolo scettico di Cristo, nel

nome del personaggio Thomas. Che difatti

sperimenta per (non) credere e (non) capire,

essendo il giornalista e lo sceneggiatore la

cui conoscenza delle miserie altrui è condan-

nata a restare teorica, a dispetto anche di

una partecipazione diretta e dolorosa. La

moglie avverte che l’uomo non fa che recita-

re un ruolo, la sua è tutta scena.

L’autore conosce anche Aristotele (di nuovo

il sapere filosofico come contemplazione),

la sua concezione del tre come completa-

mento necessario di una vicenda narrata

(inizio-centro-fine). Il tre bergmaniano non si

dà come risposta, piuttosto è un interroga-

tivo, sia nel caso dei personaggi correlati alle

coppie, sia nel prodotto finale costituito dal

film Prigione. Non c’è inizio e non c’è fine.

Secondo quanto riferito dal professore, il

diavolo ha ordinato al mondo di restare così

com’è, immobile, facendo poi dell’immobilità

il segreto desiderio delle stesse vittime. Pri-

gioniere della prigione, orrida tautologia che

s’incarna nel sorriso (finzione? disincanto?)

di chi torna all’ovile (Thomas) o nella battuta

di giustificazione, sia pure estorta, di Birgit-

te:. “Io resto qui, loro sono i miei amici e io

sono come loro”.

Bergman mette in discussione la compiu-

tezza del tre, la narrazione risolta. Il ruolo

conchiuso di Birgitte come prostituta senza

problemi (l’intervista che rilascia a Thomas)

viene smentito da un carrello in avanti,

specie di accesso al reale, che, alla fine del

percorso, scambia la ragazza gaudente con

una sofferente. La voce del narratore, a cui

è affidata questa unica battuta, ci avverte

che sono trascorsi sei mesi dalla prima

n.96

apparizione della donna. Quindi pure dall’im-

magine d’esordio di Thomas e Sofie intenti

a ridere, adesso incupiti nel vuoto della loro

esistenza. Sei è un numero che raddoppia il

tre. Numero del sesso, dell’apocalisse e del

diavolo. Gli oscuri elementi che completano

la supposta perfezione della trinità religiosa,

altro residuo aristotelico.

A comple(ta)mento dei due “tre” (il terzo

elemento correlato alle due coppie) manca

l’elemento che confermi la quaterna berg-

maniana, coincidente appunto con l’oscurità

delle cose, la sua apertura all’irrazionale. Un

innominato personaggio, d’indicibile orrore,

irrompe allora come aggressiva apparizione,

prima in un sogno, poi nella realtà, senza

che si sappia niente di lui. Inconsistente mo-

struoso, proprio al pari del diavolo, esclude

definitivamente dalla grazia e dal cambia-

mento la povera Birgitte, vittima sacrificale

di un rito consacrato al demonio. Il fascio di

luce proveniente dalla grata non toccherà il

suo corpo senza vita.

Strani suoni, strane luci, strani fantasmi an-

nunciano la funebre epifania satanica, gusto

bergmaniano per l’horror che si ritroverà a

più riprese nei film successivi, da Il volto a

Fanny & Alexander. E’ l’epitome misteriosa

di un’opera che, benché matematicamente

organizzata, risulta contraddistinta da per-

sonaggi e battute sfuggenti, tali da lasciare

aperti numerosi interrogativi diegetici. Mime-

si ulteriore dell’interrogativo per eccellenza

e senza risposta a cui approda nel finale: la

mancanza di scopo e di clemenza della vita,

tragicomico capolavoro esteso “in un arco

di tempo crudele e voluttuoso, dalla nascita

alla morte”.

La vera carta vincente del diavolo, vi si dice,

è non avere programmi. Chi ne ha, film e

personaggi, è destinato inevitabilmente a

soccombere. n

Page 28: Teramani n. 96

Un campionato particolare sancirà,

tra un paio di mesi o poco più, otto

vincitori subito e un’altro tra le

classificate dal 9^ al 12^ posto dopo

un supplemento di fatica. Giocare per l’ottavo

posto potrà sembrare facile. In realtà è molto

più difficile delle apparenze perché non c’è il

cuscinetto della metà classifica, zona tranquil-

la dove spesso molte Società preferiscono

vivacchiare per conservare la categoria. Oltre

il nono posto c’è solo il baratro della Serie D.

Dopo anni di sacrifici per rientrare nel giro

che conta, sarebbe deleterio tornare nel

calderone dei dilettanti, categoria affollata da

città blasonate e ricche di storia calcistica. La

congiuntura economica e la finanza allegra

praticata nei decenni passati hanno cancella-

to anni di storia e spesso il fallimento è stato

e continuerà ad essere l’unico modo per usci-

re da una situazione non sanabile. Tante città

e centri importanti, per superare l’amarezza

della fine di una tradizione consolidata, sono

costretti a ripartire dalla Serie D nel migliore

dei casi. Non sempre si ha la possibilità di

ricominciare dalla categoria più alta nei dilet-

tanti per il costo che si dovrà sopportare, per

cui spesso categorie inferiori ( Eccellenza e

Promozione) sono punti di partenza obbligati.

Riemergere dal limbo del dilettantismo è

difficile e faticoso, per cui la saggia dirigenza

del Teramo ha opportunamente optato per un

campionato di vertice. Che sia il primo o l’ot-

tavo posto, lo si vedrà il quattro maggio con

l’ultima giornata, ma non sembra essere un

motivo impellente se non fosse per la voglia

di continuare a vincere come nelle decorse

annate, ivi compresa quella conclusasi nel

giugno scorso con l’esaltante finale dei play –

off . Il campionato offre un quartetto di testa

(Casertana, Teramo, Cosenza e Foggia), città

ricche di storia calcistica nei professionisti,

decisamente avvantaggiate sul gruppo delle

altre attardate di diversi punti. Di fatto sono

le migliori formazioni del raggruppamento,

anche se nel girone di ritorno comincia a sen-

tirsi fatica e logorio di una stagione anomala.

In un lungo e dispendioso torneo,come quello

di quest’anno, non si può pensare di tenere

sempre la testa. Ci si deve accontentare di far

parte del gruppo delle migliori, accettando di

marciare in fila indiana senza dare eccessivo

rilievo alla posizione se non successivamente

in prossimità del traguardo. Nel finale, infatti,

chi dispone più freschezza atletica e forze

residue si aggiudicherà il platonico titolo. Il

Teramo è nel gruppo di testa con alti e bassi

come accade per le altre squadre, ma non

si ravvisano particolari problemi di tenuta

se non le difficoltà legate a fisiologici e

momentanei cali di forma . C’è da mettere in

conto anche le fibrillazioni del calcio mercato

di gennaio. Non ci sono state movimentazio-

ni radicali tali da modificare l’assetto della

squadra. La partenza di Ferrani è importante

al pari dell’arrivo di Ligorio, giocatore di valore,

una garanzia per la categoria. L’infortunio,

purtroppo, lo terrà fuori per un po’ di tempo,

unitamente allo sfortunato De Fabritiis che

ne avrà per tutta la stagione e forse parte

della prossima. Al ritrovato Arcuri, al gruppo

biancorosso si è aggregato Nicola Fiore,

proveniente dal Catanzaro, centrocampista di

qualità che contribuirà alle fortune del Teramo

di quest’anno e dell’anno prossimo, visto

che il calciatore di Vasto ha sottoscritto un

contratto biennale. Un gruppo di giovani pro-

mettenti ( Garofalo, Masullo, Paparelli, Biondo

e Pontons Pazz), tra i quali spicca il boliviano

Alex Fernando Pontons Pazz proveniente dal-

la Nocerina ma di proprietà del Milan, andrà

ad ingrossare la rosa della prima squadra. Il

lavoro del D.S. Di Giuseppe è proiettato nel fu-

turo, senza trascurare ovviamente il presente.

Ad alcuni promettenti giovani della Berretti si

cercherà di affiancare altri altrettanto bravi in

prospettiva futura per convenienza economi-

ca (saggia politica di questi tempi di vacche

magre) e perché lo sport in fin dei conti deve

privilegiare la gioventù nel dare libero sfogo

all’esuberanza e alla vitalità della migliore

età della vita umana. A scelte certamente

condivisibili, deve accompagnarsi parsimonia

e cautela senza perdere di vista la realtà e fin

quando non c’è la certezza di aver incamerati

tanti punti quanti ne bastano per l’obiettivo

di stagione, si dovrà sudare per entrare nella

elite della terza serie nazionale. Il Teramo

lo farà con un organico importante, guidato

da un competente staff tecnico, supportati

da una Società giustamente ambiziosa e

determinata a non farsi sfuggire un obiettivo

importante. n

Calcio28n.96

diAntonio Parnanzone [email protected]

Il Teramo

Page 29: Teramani n. 96

29Dura Lex Sed Lex

diAlfioScandurra

Incidenti...di percorso

n.96

[email protected]

L’ argomento in trattazione non si presta per una semplice visita-

zione, poiché emergono una serie di casi diversi l’uno dall’altro.

Ad ogni buon conto, è d’obbligo collocare il tutto secondo il

dettame dell’art. 2054 del Codice Civile vigente, che sostituisce il

pilastro su cui si fondano i principi generali della circolazione stradale, ov-

vero “pauca verbis” il risarcimento del danno in caso di sinistro stradale.

La norma, che si colloca nel titolo IX del Codice Civile sotto la fattispe-

cie “dei fatti illeciti”, è da considerare un vero esempio di saggezza del

legislatore poiché risalta la responsabilità del conducente di un veicolo

con obbligo del risarcimento del danno nel caso di sinistro stradale e nel

secondo comma il concorso di colpa dei conducenti nel caso di scontro

tra veicoli, sino a prova contraria; nel senso che opera la presunzione con-

corsuale, che però viene demolita quando uno dei conducenti riesca a di-

mostrare la sua estraneità e la colpa dell’altro, nell’incidente oggetto della

disputa. Comunque sia, in pratica il conducente di un veicolo coinvolto

in un incidente, per ottenere il risarcimento, sia se abbia ragione o torto,

deve inviare alla propria assicurazione una denuncia scritta compilando

il cosidetto “modulo blu” e cioè la contestazione amichevole di incidente

(CAI), che deve contenere tutti i dati necessari per la identificazione dei

veicoli e tutti gli altri dati da cui si possano evincere tutte le modalità

(feriti, testimoni, intervento delle Forze dell’Ordine e quant’altro).

Per ottenere il risarcimento del danno dalla propria compagnia assicura-

tiva è necessario che nell’incidente siano stati coinvolti due veicoli e che

oltre al modulo blu sia stato richiesto l’indennizzo con raccomandata A/R.

La compagnia di assicurazione dello stesso richiedente, entro 60 giorni,

deve formulare un’offerta di risarcimento (ma tali limiti possono essere

superati). È chiaro che fuori dai casi di cui sopra non possa essere richie-

sto il risarcimento diretto e cioè nel caso di danni fisici consistenti (più del

9% di invalidità permanente) e nel caso di coinvolgimento di più veicoli,

ma occorre procedere per via ordinaria rivolgendosi alla compagnia di

assicurazione del responsabile, sempre con raccomandata A/R.

Tutto quanto sopra in linea di massima.

Ma non può essere sottaciuto il comportamento che in ogni caso deve

tenere il conducente del veicolo nella situazione di coinvolgimento in un

incidente. L’utente della strada (ovvero l’automobilista) in caso di sinistro

stradale che lo vede coinvolto, ha l’obbligo di fermarsi e di prestare soc-

corso a persone eventualmente ferite ed adoperarsi per la ricostruzione

dinamica del sinistro, anche allo scopo di evitare l’alterazione dello stato

dei luoghi. Ma se non vi sono stati feriti, gli utenti della strada ai sensi

dell’art. 189 comma 3 e art. 161 del Codice della Strada, devono, ove

possibile, evitare l’intralcio alla circolazione, provvedendo a spingere le

auto coinvolte fuori dalla carreggiata o ai limiti di essa. n

Page 30: Teramani n. 96

I niziamo dalla maschile che a detta di molti sta attraversando un

momento di difficoltà. Anche se la stagione sportiva sta volgendo

al termine affiorano problemi di vario genere che hanno costretto

altri due giocatori della prima squadra a dichiarare forfait, l’uno

per motivi di lavoro e l’altro per aver ricevuto una allettante offerta

da una società svizzera. Con un organico ridotto la Teknoelettronica

è costretta a navigare a vista. Finita la stagione regolare la stessa di-

sputerà i play off, peraltro conquistati con largo anticipo, con elementi

del vivaio che non potranno garantire un risultato di prestigio ma che

servirà ai giovani di crescere. In ogni caso la società, nonostante l’an-

damento economico generale che ha coinvolto in maniera pesante lo

sport cercherà di concludere la sua stagione in maniera dignitosa.

Per quanto concerne la femminile Artrò – Globo – Allianz Teramo,

avendo fallito l’obiettivo play off dovrà ora pensare alla disputa del

play out per evitare la retrocessione. Per la squadra femminile non è

stata di certo una stagione esaltante che si è chiusa tra le polemiche

suscitate dalle dimissioni di Chionchio e dal successivo apporto tecni-

Sport30 dallaRedazione [email protected]

n.96

Pallamanoco di Massotti. Alla luce dei

fatti Il cambio della guardia

nella conduzione tecnica

non ha portato alcun bene-

ficio, facendo pensare che i

problemi erano altrove e di

altra natura. Probabilmente,

ma è un nostro pensiero,

l’equipe societaria non è

stata in grado di mantenere

fede alle aspettative ostentate ad inizio stagione. Finita la stagione

regolare, si disputeranno a Casalgrande (Re) le Final Eight di Coppa

Italia e a seguire i Play Out che chiuderanno la stagione.

Attendiamo ora di conoscere quali saranno gli obiettivi societari per la

prossima stagione.

P.S.

Notizie dell’ultima ora danno l’allenatore Marcello Fonti, dimissionario

dalla Teknoelettronica Teramo.

I motivi sarebbero da ricercare nel mancato pagamento degli emolu-

menti (non è dato sapere di quante mensilità). Ma la cosa più curiosa

è quella che Franco Chionchio già gloria della Pallamano teramana

e nazionale e già,”dimissionato” dalla dirigenza della Artrò - Globo

- Allianz Teramo per divergenze sulle modalità di conduzione della

squadra femminile e sostituito alla guida della squadra dall’altra gloria

teramana e nazionale Settimio Massotti, sia stato chiamato a guidare

la Teknoelettronica Teramo. n

Maschile e femminile

Page 31: Teramani n. 96
Page 32: Teramani n. 96