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Tendenze sull’organizzazione, sicurezza e controllo della contaminazione nei blocchi operatori CESARE TADDIA Progettisti Associati Tecnarc - Milano RIASSUNTO La relazione indica le linee di tendenza e il dibattito in corso nei vari paesi europei e in Italia, sul problema dell’evoluzione organizzativa e sui problemi di controllo della contaminazione negli ambienti sale operatorie e locali annessi sviluppando una analisi qualitativa delle varie proposte al fine di chiarire le nuove problematiche, i criteri di prevenzione e sicurezza e le economie possibili in fase di progettazione, installazione e gestione. PREMESSA Accade spesso che mentre una parte di tecnici dibattono come risolvere in modo ottimale e condiviso un certo problema, altri e di campi finitimi evolvono le loro tecnologie facendo ricadere sui primi un mare di problemi nuovi che rivoluzionano fatti già considerati acquisiti. Non si può non riconoscere che nel controllo della contaminazione ambientale dei blocchi operatori il dibattito sia tutt’altro che approdato in acque tranquille e certificate sicure in tutti i suoi aspetti, ma nel contempo possiamo dare per definito che agli impianti HVAC dedicati a detti ambienti si richiede di: - creare particolari condizioni ambientali di igiene, umidità e temperatura (spesso estranee al campo del confort universalmente definito) atte a coadiuvare e sostenere le funzioni vitali del paziente (esempio facilitare la traspirazione cutanea, la respirazione, ecc.); - partecipare al controllo delle contaminazioni da microrganismi patogeni; - partecipare alla rimozione, contenimento o diluizione di prodotti chimici, fumi, aerosol prodotti dall’attività medico-infermieristica; - partecipare alla detenzione e contenimento della diffusione di fumo e fiamme causate da incendi accidentali. 1. SORGENTI DI CONTAMINAZIONE È accertato senza più dubbi che l’attività nosocomiale stessa, e quella operatoria in particolare, sia la massima fonte di rischi per la salute dell’individuo che in tali ambienti vive e opera.

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Tendenze sull’organizzazione, sicurezza e controllo della contaminazione nei blocchi operatori

CESARE TADDIA

Progettisti Associati Tecnarc - Milano

RIASSUNTO

La relazione indica le linee di tendenza e il dibattito in corso nei vari paesi europei e in Italia, sul problema dell’evoluzione organizzativa e sui problemi di controllo della contaminazione negli ambienti sale operatorie e locali annessi sviluppando una analisi qualitativa delle varie proposte al fine di chiarire le nuove problematiche, i criteri di prevenzione e sicurezza e le economie possibili in fase di progettazione, installazione e gestione. PREMESSA

Accade spesso che mentre una parte di tecnici dibattono come risolvere in modo ottimale e condiviso un certo problema, altri e di campi finitimi evolvono le loro tecnologie facendo ricadere sui primi un mare di problemi nuovi che rivoluzionano fatti già considerati acquisiti. Non si può non riconoscere che nel controllo della contaminazione ambientale dei blocchi operatori il dibattito sia tutt’altro che approdato in acque tranquille e certificate sicure in tutti i suoi aspetti, ma nel contempo possiamo dare per definito che agli impianti HVAC dedicati a detti ambienti si richiede di: - creare particolari condizioni ambientali di igiene, umidità e temperatura (spesso estranee al

campo del confort universalmente definito) atte a coadiuvare e sostenere le funzioni vitali del paziente (esempio facilitare la traspirazione cutanea, la respirazione, ecc.);

- partecipare al controllo delle contaminazioni da microrganismi patogeni; - partecipare alla rimozione, contenimento o diluizione di prodotti chimici, fumi, aerosol

prodotti dall’attività medico-infermieristica; - partecipare alla detenzione e contenimento della diffusione di fumo e fiamme causate da

incendi accidentali. 1. SORGENTI DI CONTAMINAZIONE

È accertato senza più dubbi che l’attività nosocomiale stessa, e quella operatoria in particolare, sia la massima fonte di rischi per la salute dell’individuo che in tali ambienti vive e opera.

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Infatti persone e attività producono: - contaminanti biologici - contaminanti chimici - contaminanti termici - contaminanti radioattivi e/o radianti - contaminanti da sostanze volatili da laboratori - contaminanti da sostanze volatili da disinfezioni e sanificazioni - contaminanti da gas anestesiologici - contaminanti da gas incombusti - contaminanti da fumi, cibo, ecc. - contaminanti da materiali edilizi ma su tutti domina il paziente con la sua malattia, fonte principale di contaminazione microbiologica. 2. CONCETTI DI PREVENZIONE: ANALISI DEL RISCHIO

La qualità dell’aria in ambienti chiusi è pertanto funzione della quantità di inquinanti che vengono immessi in quell’ambiente e della capacità di lavaggio dell’impianto HVAC. Un corretto e sostenibile rapporto tra questi due termini dipende essenzialmente dalla capacità di prevenzione del sistema: cioè del concetto: prevenire e curare al minimo possibile! Questo rapporto dipende da due elementi fondamentali: - il sistema strutturale architettonico ed impiantistico - le metodologie e procedure d’uso del team medico infiermeristico. Il concetto di prevenzione dovrebbe essere la linea guida di ogni corretta progettazione tecnica, architettonica, medica e infermieristica, con la necessità di approfondire sin dall’inizio l’analisi dei rischi. Questo tipo di progettualità ha percorsi ben definiti e si occuperà: - dei modelli organizzativi e funzionali ospedalieri e dei rischi conseguenti - delle azioni-risposte ai problemi emersi - dei comportamenti medi nel tempo degli operatori medici, infermieristici e dei visitatori - delle procedure di contenimento, controllo e verifica per ogni attività sanitaria,

infermieristica, economnale, ecc. - delle problematiche poste dall’evoluzione delle metodiche medico-chirurgiche e delle

tecnologie di supporto, ecc. Su tutte domina però l’attività preventiva di controllo dei comportamenti umani in merito alle modalità di: - introduzione nel blocco operatorio di materiali puliti/sterili - allontanamento del materiale contaminato - uso di strumentazione invasiva - uso di anestetici e disinfettanti - uso della vestizione specifica e dell’accurato lavaggio delle persone - sanitizzazione di strumentari, pavimenti, pareti e suppellettili di sala operatoria - reale manutenzione e sanificazione degli impianti HVAC dedicati

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A questi elementi di prevenzione base e ormai tradizionali, e di cui sembrerebbe banale parlare, si aggiunge oggi la necessità di poter usare le sale operatorie liberamente e continuamente, al fine di migliorare i rendimenti, diminuire attese e costi. Ciò significa che più unità operative chirurgiche dovranno poter accedere alle stesse sale, introducendo così altre difficoltà di prevenzione e coordinamento, perché ciò non sarà più solo tra i membri della stessa unità operativa, ma sarà esteso a quello tra più equipe medico infermieristiche e a quella, assai più significativa, relativa alle patologie di vari pazienti. [1] Sembra utile in questa sede richiamare quali siano i più significativi orientamenti progettuali – organizzativi dei blocchi operatori e delle novità che gli “altri” sopra richiamati stanno introducendo nel nostro lavoro di tecnici della qualità dell’aria. 3. IL SISTEMA STRUTTURALE

Dal punto di vista strutturale un blocco operatorio, di qualsiasi numero di sale operatorie esso sia composto, deve essere progettato con una articolazione che consenta la realizzazione e conservazione di zone progressivamente meno contaminate, dall’ingresso sino alle sale operatorie, e quindi ben delimitate sia fisicamente che emotivamente; es. differenti colori, segnaletiche vistose, ecc. Uno dei problemi principe del dibattito sull’organizzazione funzionale di un reparto operatorio è il doppio o triplo corridoio per la differenziazione dei percorsi per i materiali sterile, pulito e sporco per le persone e i pazienti. Per i costi di costruzione e gestione e per lo scarso contributo a un miglior risultato, lo schema organizzativo con triplo corridoio: 1) pulito e centrale per malati e personale, 2) laterale ed esterno ma contiguo alle sale operatorie per il materiale sterile, 3) laterale e opposto per il materiale sporco (o con una qualsivoglia diversa attribuzione degli aggettivi pulito, sterile, sporco), è finalmente in forte discussione dopo la sua massiccia presenza nei blocchi operatori degli anni 70/80. Il dilemma rimane comunque tra schemi che strutturalmente differenziano i percorsi o soluzioni con sistemi proceduralmente organizzati che consentano una sicura gestione dei materiali indipendentemente da corridoi/percorsi. La tendenza che più piace (anche per l’uso improprio, a deposito incontrollato, che normalmente viene fatto dei corridoi e in particolare di quello dello sporco) è quella della procedura organizzativa, con tutte le conseguenze del caso, conseguenze anche strutturali e impiantistiche. Infatti i materiali in arrivo e le persone (medici e personale infermieristico) possono venir considerati al massimo puliti (per giungere al blocco operatorio affrontano corridoi, ascensori, luoghi promiscui in genere) e quindi prima di entrare in sala operatoria devono subire comunque un processo di sterilizzazione/sanificazione, consistente per i materiali nell’estrazione, in locale dedicato, dai carrelli puliti dei pacchi sterili e con trasferimento negli armadi di carico sterile della sala operatoria e per il personale operativo attraverso lo scrub, o locale preparazione, da dove dopo accurato lavaggio accederà alla sala operatoria. Il malato non sarà mai “sterilizzabile” e sarà comunque a rischio di infezione intraoperatoria solo a ferita aperta sul tavolo operatorio, non in fase di preparazione (sporca quanto può esserlo ad esempio una intubazione) o di risveglio.

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Infine paziente operato, e tutto ciò che è stato prodotto durante l’intervento, medici personale e materiali sporchi chiusi in contenitori puliti, potranno uscire dall’unico lato, il corridoio centrale, che dovrà essere ben ventilato e depresso rispetto a tutti gli altri ambienti.

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Figura 1 – Schema funzionale Blocco Operatorio

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4. DOVE VA LA SALA OPERATORIA?

All’insegna dello slogan “quando il tempo è salute” si stanno affacciando sul mercato sistemi integrati di diagnostica radiologica e chirurgia (in tal caso detta guidata IGS = Image Guided Surgery) per interventi vascolari, neurochirurgici, politraumatizzati gravi, ecc.

Figura 2 – Sala Operatoria IGS

MONITOR RIPETITORI IMM. PRODOTTE

ZONA A FLUSSO LAMINARE

PROTEZIONE RX

TRAVI PENSILI DI DISTRIBUZIONE UTENZE MEDICALI, (le travi delimitano anche la zono a flusso laminare)

TAC

BINARIO DI SCORRIMENTOPER TAVOLO OP

TAVOLO OP

COLONNE ATREZZATE MOBILI

ANGIOGRAFO

MONITOR PERANGIOGRAFO

BINARI DI SCORRIMENTO MONITOR ANGIOGRAFO

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Figura 3 – Schema attrezzature per Sala Operatoria IGS

Con tali abbinamenti si ottiene: sul piano organizzativo - riduzione dei tempi di trattamento con l’eliminazione dei tempi di trasporto, trasferimento

da barella a piano di lavoro, attesa - riduzione dei traumi al paziente per trasferimenti - più rapida valutazione del danno e dell’inizio di misure terapeutiche specifiche - minor dispendio di personale

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sul piano medico - esame tomografico computerizzato intra-operatorio - controllo post-operatorio immediato e istantanea possibilità di consecutive surgery (25%

dei casi), controllo diretto dell’esito - minore sollecitazione fisica del paziente e per il personale sul piano economico - riduzione dei costi, tempi di attesa, migliori risultati, diminuzione del rischio di un

successivo intervento medico e legale.

Tutto ciò modifica profondamente lo spazio necessario, infatti la sala operatoria necessita di 36÷42 m2 circa; la sala TC (tomografo computerizzato) di almeno 18 m2 e sarà disposta longitudinalmente rispetto al tavolo operatorio; la sala comando sarà di circa 8 m2, in sintesi lo spazio necessario raddoppia La sala operatoria e la sala tomografo computerizzato saranno interconnesse con due rotaie, una a soffitto per lo stativo mobile di anestesiologia (che seguirà il paziente dal tavolo operatorio al tomografo computerizzato e viceversa); l’altra a terra per il tavolo operatorio radiotrasparente che consentirà il movimento da sala operatoria a tomografo computerizzato e ritorno. Inoltre la necessità di qualità delle immagini radiologiche, immediata loro disponibilità, possibilità di una qualche elaborazione sta sostituendo i negativoscopi con grandi schermi in cristalli liquidi direttamente connessi con il PAX e gli apparecchi radiologici, su cui il chirurgo può osservare o mantenere il confronto tra le varie situazioni cliniche on-line. Risulta evidente che in tali sale operatorie i problemi del controllo della contaminazione e del microclima si pongono in modo nuovo. La distribuzione dell’aria dovrà conservare elevati standard di uniformità e asetticità lungo tutto il possibile percorso del paziente a ferita aperta e quindi vulnerabile. Oltre alla TAC, si affacciano alla sala operatoria anche apparecchi per la risonanza magnetica (RM) con tutto il carico di protezionismo e di peso conseguenti e una necessità di spazio operativo che tende a raddoppiare la superficie utile necessaria. 5. ALTRI CAMBIAMENTI

Entrano in campo nuovi personaggi, il radiologo e i tecnici di radiologia, oggi poco

sensibili al problema rispetto alle procedure di prevenzione della contaminazione in sala operatoria; schermi televisivi con grande capacità elettrostatica di accumulo polveri; indumenti e schermi protettivi dalle radiazioni di difficile decontaminazione, ecc. Sono invece definitivamente usciti dalla sala operatoria gli anestetici con rischio di esplosività in aria alle concentrazioni per uso clinico (e quindi i pavimenti antistatici); sta anche diminuendo l’uso del protossido d’azoto e quindi il rischio tossicologico per gli operatori, mentre aumenta l’uso dei nuovi anestetici (eteri alogenati quali Sevaflurano, Teflurano, Desflurano) assolutamente ininfiammabili, dotati di minor attività tossicologica, (anche Alitano, Isoflurano ed Enflurano sono considerati anestetici in uso, ma non più attuali). Entrano anche sempre più massicciamente l’anidride carbonica e l’ossido di azoto.

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Altri significativi cambiamenti sono: 1. la drastica riduzione della durata media di degenza che porta ad un uso intensivo delle

sale operatorie (almeno due turni e quindi alla necessità di una rapida sanificazione tra un intervento e l’altro) e/o al loro proliferare (da 1,1÷1,3 a posto letto degli anni 80 a 2,5÷2,7 a posto letto attuali!)

2. la creazione e diffusione del concetto dipartimentale porta, salvo particolari e speciali utilizzi, all’uso indifferenziato delle sale operatorie;

3. la inarrestabile diffusione della chirurgia di 1 giorno (day-surgery) che sta sempre più assumendo la caratteristica di servizio autonomo con sale operatorie proprie e dedicate, con logiche organizzative ed esigenze di asepsi diverse da quelle dei blocchi operatori di elezione;

4. il crescere e diffondersi dei Dipartimenti di Urgenza e Emergenza con le shock rooms, con i blocchi operatori specialisti (ad esempio trauma center) che hanno esigenze di sterilità di gran lunga superiori a quelle previste nel vecchio Pronto Soccorso.

6. FLUSSI UNIDIREZIONALI

Risulta evidente che in momenti di così grande evoluzione al progettista dell’IAQ, che deve garantire la massima rispondenza del suo agire alle reali e prossime esigenze del B.O., sia necessario raccomandare la maggior prudenza e flessibilità possibile. Alcuni riferimenti normativi internazionali, anche qui la discussione è ampia e non univoca come altri riferiranno, ci danno un buon indirizzo e alcune convinzioni: 1. Classi di purezza (ISO 14644)

Il mondo è diviso tra coloro che richiedono l’osservanza delle classi di purezza (Francia; Italia-ISPESL; Italia-ISS; Italia-Lombardia; Stati Uniti-A.O.S.; Austria) e coloro che non le ritengono necessarie (Svizzera; Stati Uniti-ASHRAE; Stati Uniti-AIA; Germania) N.B. la Svizzera indica però di costruire comunque sempre sale operatorie di elevatissima qualità.

2. Condizioni di confort Ciascuno fissa i suoi dati, significative sono le indicazioni della norma NF.S con intervalli 19–26°C -45-65% u.r. e ASHRAE 17-27°C - 45-55% u.r. per l’ampiezza delle possibilità e le conseguenze sugli impianti HVAC. Quasi tutti prescrivono la libera scelta di T e u.r., sala per sala, da parte dello staff chirurgico, con possibilità di forti variazioni anche durante lo stesso intervento e quindi UTA dedicate.

3 Tutte le norme non italiane hanno una forte preoccupazione per i costi energetici e di gestione (ridurre le portate o spegnere (A) gli impianti quando le sale non vengono utilizzate). La norma Svizzera è molto pragmatica (grazie anche al clima), non usare l’aria esterna per necessità di confort, ma solo per necessità metaboliche e controllo inquinanti chimici.

4 La filtrazione ha prescrizioni sufficientemente uniformi e consente di affermare che la situazione ottimale per le sale operatorie più a rischio è: - F5 o F6 sull’ingresso - F7 o F8 sulla mandata - H 13 in ambiente.

5 Le portate d’aria sono un campo aperto: Aria esterna: (USA) almeno 5 v/h

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(D) 1200 m3/h (F) 6 v/h (I) 15 v/h (CH) 10÷12,5 % del totale (8.000 m3/h) (A) 20 m3/h m2 (800 m3/h circa) comunque sia, si è tra gli 800 e i 1.300 m3/h (con l’Italia a circa 1600 m3/h), con una tendenza e prevalenza ai valori più bassi. Aria totale dagli 8.000 m3/h della Svizzera a nessuna prescrizione (A – F – USA, ecc) Tutti, salvo il decreto 14/01/1997 italiano, autorizzano il circolo.

6 Prese d’aria d’espulsione Tutti in basso, salvo la CH che le prescrive in alto, vista la grande superficie imposta per il diffusore (> 9 m2) e le grandi portate in gioco.

A mio parere il risultato di tutto ciò è che sono molte le ragioni per sostenere che tutte le

sale operatorie di un ospedale devono essere concepite con una distribuzione d’aria a flusso unidirezionale con ricircolo e filtrazione assoluta in ambiente e ripresa sia a terra che a soffitto: 1. Molteplici studi hanno evidenziato che questo è “probabilmente” il più efficace sistema

per mantenere sotto controllo la contaminazione ambientale; [2] 2. Il sistema consente la riduzione delle portate, a sale operatorie non in uso, conservando

sovrapressione; 3. La possibilità di prevedere sistemi semplici ed economici per i locali adiacenti è sorretta

dalla presenza in sala operatoria di flussi unidirezionali con elevata capacità di gestire lavaggi e pressioni.

4. E’ un modo di guardare economicamente al futuro vista la rapidità di modificazione delle attività chirurgiche, la necessità di polivalenza; [7]

5. Il flusso turbolento utilizza diffusori a induzione che vengono quindi lambiti da aria interna contaminata, contaminandosi a loro volta in modo incontrollabile.

6. Con le grandi portate necessarie (aria esterna + riciclo) il gradiente di temperatura tra mandata e ambiente è molto basso (1°C, norma Svizzera) (non oltre 2/3°C), con grande vantaggio per il confort.

7. Velocità dell’aria, le prescrizioni variano da 0,15 a 0,45 m/s. 8. Posizione bocchette d’aspirazione

L’orientamento prevalente è quello solo aspirazione in basso [4]. Alcuni studi [3] mostrano simulazioni che riconfermano che la migliore soluzione è ancora di maggior parte in basso, il restante in alto.

7. CONTRIBUTO ALLA DECONTAMINAZIONE

Il meccanismo chiave da comprendere e oggetto di nuovi studi è il seguente:

dal campo operatorio si instaura naturalmente per convenzione una corrente d’aria ascensionale dovuta al calore del corpo del paziente, al personale medico, al carico termico circostante e al calore radiante delle lampade chirurgiche. Questo carico termico dissipato è grosso modo così quantificabile: a. lampada scialitica Ø 60 cm 150 W/cad b. staff chirurgico 100 W/persona

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c. apparecchio di anestesia 200 W/cad d. monitors 200 W/cad e. paziente 50 W Quindi la corrente ascensionale ha valori significativi e contribuisce al naturale allontanamento di particelle dal campo della ferita. Secondo alcuni occorre che il flusso unidirezionale non blocchi questa corrente. [3] Alcuni autori affermano che una velocità attorno a 0,15 m/s non ostacola la corrente (wund’s thermal plum) [3] – altri che 0,45 m/s cominciano a bloccare la contaminazione attorno al campo della ferita e del tavolo servente peggiorando la situazione; noi sino ad oggi e secondo le normative cerchiamo di lavare verso il basso ciò che di contaminante viene prodotto. Memarzadeh e Manning [3] nel loro studio di simulazione e confronto di undici sistemi di diffusione hanno dimostrato che la migliore qualità, minor numero di CFU su ferita e tavolo servante, si ottiene con flussi unidirezionali a bassa velocità (0,17 m/s), 8. CONCLUSIONE

Alla luce di tutte le considerazioni sin qui fatte si possono trarre alcune conclusioni.

La decontaminazione ambientale è importante, ma non è il solo nostro problema; il confort dei chirurghi e del malato e l’aiuto terapeutico sono altrettanto importanti e delicati. Per sapere come controllare la contaminazione occorre conoscere che le infezioni si propagano per contatto diretto e per via aerea. Il contatto diretto è la maggior causa di propagazione di infezioni intra/post-operatorie. Esso è endogeno, dovuto ai tessuti del paziente stesso, o esogeno, dovuto principalmente alle mani (guanti) e agli strumenti chirurgici. Questi ultimi, introdotti in sala operatoria sterile, possono contaminarsi per il depositarsi per gravità di particelle. Il contatto per via aerea è causato da particelle e aerosol vaganti nell’aria e prodotte dalle persone (tosse 10.000 ppm; starnuti 100.000 ppm; sudore, squame della pelle, ecc.); dagli impianti di climatizzazione mal progettati, costruiti, manutenuti; dalle infiltrazioni da altri locali. È stimato [2] però che solo il 2% di tutte le infezioni di ferite chirurgiche sia dovuto a contaminazione per via aerea. È solo su questo 2% che noi possiamo positivamente intervenire, come già detto, con una accurata analisi del rischio e scelte conseguenti, contribuendo a migliorare la normativa italiana ben sapendo che la nostra responsabilità è legata al conoscere, non all’applicazione di norme superate. [5] Riassumendo, le indicazioni possibili sono: Stranamente solo la normativa Francese si preoccupa del tempo di decontaminazione (classi cinetiche) della sala operatoria, tempo in realtà importante per consentire l’uso continuo della sala e che dovrà essere correlato con quello necessario al personale per riassetto e pulizia, circa 20’. I diffusori ad alta induzione saranno da evitarsi almeno per quelle sale a elevato rischio. Il controllo di T e u.r. di ogni sala sarà a disposizione del team chirurgico per le sue scelte.

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Se viene richiesta una elevata escursione di T e u.r. inevitabilmente ogni sala sarà dotata di una propria unità di trattamento, soluzione comunque da applicare ove possibile, anche ai fini di un più puntuale controllo energetico rapportato all’uso e alla flessibilità di esercizio. La sala operatoria deve rimanere in sovrapressione rispetto agli altri ambienti, non rispetto all’eventuale deposito o corridoio sterile, che sarà alla pressione massima; queste sovrapressioni devono essere verificabili dalla sala e mantenibili 24 h su 24, anche alle ridotte portate notturne. La sovrapressione porta a un maggior inquinamento del corridoio pulito a minor pressione, che andrà lavato con un sufficiente numero di ricambi d’aria esterna. L’unità di trattamento sarà di costruzione speciale per sala operatoria (quelle commerciali non sono sanificabili e a tenuta come necessario) e i ventilatori saranno dotati di dispositivi atti a compensare le perdite di carico dei filtri in sporcamento per consentire la costanza e il mantenimento dei flussi d’aria. I telai dei filtri saranno a tenuta, per evitare infiltrazioni, anche i canali di distribuzione saranno a tenuta e con il minor sviluppo in lunghezza possibile. La presa dell’aria esterna sarà lontana da ogni sorgente inquinante (esalazioni fognatura, scarichi fumi cucina, torri evaporative, ecc.) e sopravento alle stesse. L’umidificazione sarà sempre a vapore. Il controsoffitto di sala operatoria sarà a perfetta tenuta, se non è possibile dovrà essere mantenuto in depressione.

Dalla lunga esperienza e dalle numerose pubblicazioni in merito emerge evidente il valore e il significato della prevenzione e del controllo.

Due attività fondamentali, ma spesso disattese. È difficile trovare blocchi operatori ove la sorveglianza sanitaria dei pazienti e degli operatori sia evidente, e sia evidente l’opera di sensibilizzazione e formazione del personale tutto sul problema. Ogni altro intervento è solo aggiuntivo, non risolutivo. Solo un corretto modo di agire attraverso procedure conosciute e condivise può risolvere alla base il problema dell’inquinamento nelle sale operatorie. Conoscenza del rischio, della valenza sociale delle infezioni ospedaliere, capacità di auto controllo, sistematica rilevazione degli accidenti d’uso e loro conseguenze, monitoraggio continuo della contaminazione e del microclima, organizzazione per l’analisi e l’elaborazione dei dati di reperto, in una parola la raccolta sistematica di sensazioni, avvenimenti e giudizi in registri relativi alla storia clinico lavorativa degli operatori, dei dati ambientali, dei fattori di rischio, ecc., sembra il vero strumento per individuare, per ogni caso specifico, indicatori rapidi e puntuali e programmazioni di interventi efficaci per il reale ed economico controllo della contaminazione ambientale. [6] Bibliografia [1] Magnelli. Organizzazione delle sale operatorie [2] HVAC Design Manual for Hospitals and Clinics. ASHRAE Special Project 91. [3] F. Memarzadeh, A. P. Manning. Comparison of Operating Room Ventilation Systems in Protection of the Surgical Site [ 4] 2003 ASHRAE APPLICATIONS HAND BOOK Health care facilities

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[5] C. Taddia, S. Baroni Ventilazione e controllo contaminazione in ambienti ospedalieri / Atti AICARR 2002 [6] A. Azaie, MD. Masia, I. Maida, G. Sotgiu, GL. Giaconi, R. Gusinu. Inquinamento ambientale nelle sale operatorie, View e Review Hospital 1/2000. [7] SWKI Directives 99-3 F 400/5/2003