Tecnologie emergenti per la conversione di residui

24
2.5.1 Introduzione Nel mondo esistono importanti riserve di oli greggi cosiddetti non convenzionali, vale a dire greggi pesan- ti e bitumi recuperabili da scisti e sabbie bituminose che costituiscono riserve strategiche addizionali rispet- to ai greggi che siamo abituati a conoscere, e che sono identificati come oli greggi convenzionali. Anche se non esiste una definizione universalmente riconosciu- ta, di norma queste fonti fossili vengono classificate in base ai valori di densità API e viscosità in corrispon- denza delle condizioni di giacimento (tab. 1). Secondo questa classificazione, sono definiti greggi pesanti gli oli aventi una densità API inferiore a 25°. Tra questi, quelli aventi una viscosità superiore a 10.000 mPa·s vengono classificati come extrapesanti; in genere la loro densità è inferiore a 10° API, il che significa che sono più densi dell’acqua. In quest’ultima categoria rientra- no anche i bitumi estraibili dalle sabbie bituminose, meglio conosciute con il termine di oil sand, nonché gli oli prodotti per trattamento termico degli scisti bitumi- nosi, noti come oil shale. Dal punto di vista geologico, gran parte dei greggi pesanti deriva da oli maturi che, dopo essere stati espul- si dalla roccia madre, sono migrati in strati rocciosi permeabili dove possono aver subito una serie di pro- cessi degradativi quali l’attacco di microrganismi, l’e- vaporazione o il dilavamento delle frazioni leggere, che hanno concentrato la componente dell’olio più pesante. Una caratteristica comune a gran parte dei greggi pesan- ti è la loro presenza in bacini fluviali relativamente super- ficiali, come nel caso del bacino dell’Orinoco in Vene- zuela (Orinoco Belt). Le riserve stimate di greggi pesanti e bitumi da sab- bie bituminose ammontano a circa 5.000 Gbbl. Pur con- siderando che la quota di olio tecnicamente recuperabi- le è del 15-20%, è evidente che si tratta di quantità enor- mi se si pensa che tutto il Medio Oriente ha riserve per 2.000 Gbbl, di cui 683 considerate recuperabili (IEA, 2004; Perrodon et al., 1998). La gran parte di queste riser- ve è concentrata in Canada, nella provincia di Alberta, e in Venezuela nel summenzionato Orinoco Belt. Un terzo paese ricco di oli non convenzionali è la Russia, anche se in questo caso i dati sull’ammontare di tali riserve e sulla tipologia degli oli sono molto più incerti (tab. 2). Per quanto riguarda l’oil shale, le riserve mondiali sono dell’ordine di 2.600 Gbbl; di queste, circa 2.000 Gbbl sono sul territorio degli Stati Uniti e in particola- re nelle formazioni denominate Green River (Colorado), Uinta Basin (Utah) e Washakie Basin (Wyoming). Altre 137 VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ 2.5 Tecnologie emergenti per la conversione di residui tab. 1. Classificazione degli oli non convenzionali Densità (°API) Viscosità (Pas) Caratteristiche reologiche dell’olio alle condizioni di giacimento Greggi pesanti 16-25 Mobile Greggi extrapesanti 10 10 Mobile Bitumi da sabbie bituminose 7-12 Non mobile Scisti bituminosi Impermeabilità della roccia madre

Transcript of Tecnologie emergenti per la conversione di residui

Page 1: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

2.5.1 Introduzione

Nel mondo esistono importanti riserve di oli greggicosiddetti non convenzionali, vale a dire greggi pesan-ti e bitumi recuperabili da scisti e sabbie bituminoseche costituiscono riserve strategiche addizionali rispet-to ai greggi che siamo abituati a conoscere, e che sonoidentificati come oli greggi convenzionali. Anche senon esiste una definizione universalmente riconosciu-ta, di norma queste fonti fossili vengono classificate inbase ai valori di densità API e viscosità in corrispon-denza delle condizioni di giacimento (tab. 1). Secondoquesta classificazione, sono definiti greggi pesanti glioli aventi una densità API inferiore a 25°. Tra questi,quelli aventi una viscosità superiore a 10.000 mPa·svengono classificati come extrapesanti; in genere la lorodensità è inferiore a 10° API, il che significa che sonopiù densi dell’acqua. In quest’ultima categoria rientra-no anche i bitumi estraibili dalle sabbie bituminose,meglio conosciute con il termine di oil sand, nonché glioli prodotti per trattamento termico degli scisti bitumi-nosi, noti come oil shale.

Dal punto di vista geologico, gran parte dei greggipesanti deriva da oli maturi che, dopo essere stati espul-si dalla roccia madre, sono migrati in strati rocciosi

permeabili dove possono aver subito una serie di pro-cessi degradativi quali l’attacco di microrganismi, l’e-vaporazione o il dilavamento delle frazioni leggere, chehanno concentrato la componente dell’olio più pesante.Una caratteristica comune a gran parte dei greggi pesan-ti è la loro presenza in bacini fluviali relativamente super-ficiali, come nel caso del bacino dell’Orinoco in Vene-zuela (Orinoco Belt).

Le riserve stimate di greggi pesanti e bitumi da sab-bie bituminose ammontano a circa 5.000 Gbbl. Pur con-siderando che la quota di olio tecnicamente recuperabi-le è del 15-20%, è evidente che si tratta di quantità enor-mi se si pensa che tutto il Medio Oriente ha riserve per2.000 Gbbl, di cui 683 considerate recuperabili (IEA,2004; Perrodon et al., 1998). La gran parte di queste riser-ve è concentrata in Canada, nella provincia di Alberta, ein Venezuela nel summenzionato Orinoco Belt. Un terzopaese ricco di oli non convenzionali è la Russia, anchese in questo caso i dati sull’ammontare di tali riserve esulla tipologia degli oli sono molto più incerti (tab. 2).

Per quanto riguarda l’oil shale, le riserve mondialisono dell’ordine di 2.600 Gbbl; di queste, circa 2.000Gbbl sono sul territorio degli Stati Uniti e in particola-re nelle formazioni denominate Green River (Colorado),Uinta Basin (Utah) e Washakie Basin (Wyoming). Altre

137VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

2.5

Tecnologie emergentiper la conversione di residui

tab. 1. Classificazione degli oli non convenzionali

Densità(°API)

Viscosità(Pa�s)

Caratteristiche reologichedell’olio alle condizioni

di giacimento

Greggi pesanti 16-25 Mobile

Greggi extrapesanti �10 �10 Mobile

Bitumi da sabbie bituminose 7-12 Non mobile

Scisti bituminosi Impermeabilità della roccia madre

Page 2: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

riserve significative sono presenti in Brasile, Australia,Cina, Russia ed Estonia (Dyni, 2004).

La valorizzazione di tali risorse fossili riveste unagrande valenza strategica in quanto consentirebbe diaumentare le riserve certe senza ricorrere a nuovi inve-stimenti di esplorazione. Queste risorse inoltre contri-buiscono a diversificare gli approvvigionamenti e, datala loro distribuzione geografica che le colloca prevalen-temente in aree diverse dal Medio Oriente, a eliminareil rischio geopolitico che da sempre caratterizza i mer-cati petroliferi.

La produzione di greggi pesanti e bitumi compor-ta molto spesso l’utilizzo di tecnologie particolari oppor-tunamente sviluppate per trattare prodotti altamenteviscosi o, come nel caso dei bitumi, dispersi all’inter-no di matrici minerali sabbiose o, ancora, recuperabilisolo mediante trattamenti termici del materiale orga-nico contenuto in rocce sedimentarie, come succedeper l’oil shale.

Negli ultimi 15-20 anni, l’interesse per lo sviluppo ditecnologie per la valorizzazione degli oli non conven-zionali ha conosciuto fasi alterne, in relazione a scenarimacroeconomici più o meno favorevoli a suggerire inve-stimenti in questo settore (previsioni sul prezzo del greg-gio e sul differenziale tra greggi pesanti e leggeri) e adaspettative, spesso disattese, circa la possibilità di supe-rare ostacoli tecnologici di varia natura legati principal-mente alle caratteristiche composizionali di tali risorse.

Tuttavia le previsioni sulla domanda di olio dei pros-simi 20-30 anni e le indicazioni che emergono sulla dispo-nibilità delle riserve di greggio convenzionale, secondole quali il picco di massima produzione dovrebbe collo-carsi nell’arco dei prossimi dieci anni (fig. 1), rafforza-no l’idea che sarà sempre più necessario fare ricorso aglioli non convenzionali, attingendo alle riserve di greggiextrapesanti e bitumi di Canada, Venezuela e Russia e,successivamente (dopo il 2030), all’oil shale.

Queste considerazioni stanno favorendo una serie diiniziative industriali che nei prossimi decenni potranno

portare sul mercato quote significative di greggio sinte-tico e/o distillati da fonti non convenzionali, anche pereffetto di una progressiva riduzione dei costi di produ-zione legati allo sviluppo/ottimizzazione di nuove tec-nologie, in ambito sia upstream sia downstream. A que-sto riguardo, il caso più significativo è sicuramente rap-presentato dal Canada, dove gli sforzi compiuti persviluppare tecnologie ad hoc per lo sfruttamento deicampi di sabbie bituminose, iniziato intorno agli anniSettanta, hanno consentito di ridurre i costi di produ-zione di oltre il 50%, rendendo economicamente inte-ressante questo tipo di industria. Si prevede che nel 2010oltre il 60% della produzione canadese deriverà da sab-bie bituminose sotto forma di bitume tal quale o greg-gio sintetico (Synthetic Crude Oil, SCO) e ciò consen-tirà a questo paese di incrementare la sua produzione diolio dagli attuali 2,5 Mbbl/d a oltre 5 Mbbl/d e diventa-re il quarto produttore al mondo, dopo Arabia Saudita,Russia e Stati Uniti.

138 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

IDROCARBURI DA FONTI FOSSILI NON CONVENZIONALI E ALTERNATIVE

tab. 2. Principali depositi di bitumi (1) e greggi pesanti (2)

Depositi di bitumi e greggi pesanti Riserve (Gbbl)Tecnicamenterecuperabile

(Gbbl)Profondità (m) °API

CanadaAthabasca1, Cold Lake1, Peace River1,Lloydminster2

1.630 315 0-750 8-20

Venezuela2

Bacino dell’Orinoco (Cerro Negro, Zuata,ecc.), Bachaquero, Boscan

1.900 272 1.300 8-11

Russia1

Piattaforma siberiana, Malekess450

0

25

50

75

100

125

1971 1980 1990 2000 2010 2020 2030prod

uzio

ne m

ondi

ale

di o

lio

(Mbb

l/d)

capacità esistenti

nuove scoperte

olio da recupero assistito

sviluppo di riserve esistenti

oli non convenzionali

fig. 1. Previsioni di medio periodo sulla produzionemondiale di olio (IEA, 2004).

Page 3: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

2.5.2 Proprietà e caratteristichechimiche degli oli non convenzionali

Greggi pesanti e bitumiPer quanto riguarda le caratteristiche composiziona-

li, analogamente al petrolio, i greggi pesanti e i bitumisono costituiti da miscele estremamente complesse diidrocarburi, le cui caratteristiche chimiche e chimico-fisiche (peso molecolare, rapporto H/C, densità, volati-lità, ecc.) variano con continuità, partendo dalle struttu-re paraffiniche più semplici (gas idrocarburici) fino amacromolecole costituite da molte decine di atomi di car-bonio, oltre che da eteroatomi (zolfo e azoto) e metalli.

Le metodologie sviluppate per la loro caratterizza-zione fanno per lo più riferimento alle metodiche uti-lizzate in campo petrolifero per semplificare la misce-la, operando in modo tale da separare frazioni con carat-teristiche chimico-fisiche il più possibile omogenee(Altgelt e Boduszynski, 1993). L’operazione primaria èla distillazione che consente di separare le frazioni in ba-se a criteri di volatilità. Da questo punto di vista, gli olipesanti e i bitumi hanno un contenuto di idrocarburi

distillabili (naphtha e gasoli) decisamente inferiore rispet-to a quello dei greggi tradizionali, quale per esempio l’Ara-bian Light (tab. 3).

I diversi tagli di distillazione possono poi essere ulte-riormente frazionati in base a criteri di polarità e/o pesomolecolare, operando in maniera più o meno dettaglia-ta in relazione alla complessità della miscela e in fun-zione del tipo di informazione richiesta. Nel caso deidistillati leggeri (naphtha e gasolio atmosferico) si pro-cede mediante separazione cromatografica per suddivi-dere gli idrocarburi saturi da quelli aromatici, mentreper le frazioni più pesanti e per i residui di distillazio-ne, che nel caso dei prodotti considerati costituiscono lefrazioni quantitativamente più rilevanti, il protocolloanalitico comunemente accettato prevede la prepara-zione di quattro classi di composti denominati: saturi,aromatici, resine e asfalteni (analisi SARA). Ciascunaclasse può poi essere caratterizzata per identificare sin-goli componenti o valutarne le caratteristiche moleco-lari più significative in funzione della complessità dellamiscela e/o delle necessità.

Rispetto ai greggi tradizionali, la quantità degli idro-carburi saturi contenuta nei greggi pesanti e nei bitumi

139VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

TECNOLOGIE EMERGENTI PER LA CONVERSIONE DI RESIDUI

tab. 3. Principali caratteristiche composizionali di greggi pesanti e bitumi

ArabianLight

Zuata Boscan Maya Cold LakeBitume

Athabasca

Origine Arabia Saudita Venezuela Venezuela Messico Canada Canada

Densità API 33,6 8,5 10,5 21,5 10,2 7,4

Resa distillazione (% in peso)

Naphtha 20,6 0,0 4,0 12,9 1,5 1,0

Gasolio atmosferico 36,0 14,1 11,6 21,7 14,9 13,0

Gasolio vacuum 23,2 31,0 20,2 22,2 38,8 34,0

Residuo vacuum (VR) 20,2 54,9 64,2 42,2 44,8 52,0

Caratteristiche residuo vacuum

Taglio TBP * 530 °C+ 500 °C+ 350 °C+ 500 °C+ 340 °C+ 300 °C+

Densità API 8,3 2,5 7,2 1,5 7,2 7,8

Zolfo (% in peso) 4,0 4,2 6,0 5,2 4,9 4,6

Azoto (% in peso) 0,25 0,97 0,96 0,81 0,70 0,48

Nichel (ppm) 30 154 119 132 107 70

Vanadio (ppm) 110 697 1.473 866 210 186

Asfalteni C7 (% in peso) 5,3 19,7 18,2 30,3 n.d. 12,4

CCR (% in peso) 18,0 22,1 18,3 29,3 20,8 13,6

* La sigla TBP (True Boiling Point) indica che il taglio è stato eseguito secondo la procedura indicata nella normativa ASTM.

Page 4: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

è decisamente più bassa (fig. 2), così come dal punto divista qualitativo si osservano differenze importanti dovu-te a una minore concentrazione di n-paraffine in favoredi isoparaffine e nafteni ad alto grado di condensazio-ne, molto spesso contenenti zolfo nella struttura.

La componente non alifatica è costituita da idrocar-buri aromatici ed eteroaromatici a diverso grado di con-densazione, diversa alchilsostituzione e funzionalizza-zione. Anche in questo caso, a parità di taglio di distil-lazione, le strutture idrocarburiche si presentano con unpiù alto grado di condensazione rispetto a quanto si osser-va nei greggi convenzionali.

I greggi pesanti e i bitumi sono poi caratterizzati dalfatto di contenere significative quantità di eteroatomi(specie zolfo e azoto) oltre a metalli pesanti, quali nichele vanadio in particolare.

L’eteroatomo di gran lunga più rappresentato è lo zolfo,la cui concentrazione può raggiungere valori del 6-8% inpeso. Lo zolfo si distribuisce con percentuali crescenti neiprodotti con più elevata temperatura di ebollizione e sipresenta prevalentemente come zolfo tiofenico in struttu-re condensate (benzo-, dibenzo- e naftobenzo- tiofeni),ma anche come zolfo alifatico in gruppi funzionali di tiposolfuro e disolfuro. Queste funzionalità sono spesso uti-lizzate per creare i collegamenti tra cluster idrocarburici.

L’azoto, presente a livello di 0,5-1% in peso, tende aconcentrarsi nelle frazioni più pesanti della curva di distil-lazione. Tale eteroatomo si trova in gruppi funzionali siadi tipo basico (ammine alifatiche e aromatiche preva-lentemente primarie e piridine) sia di tipo neutro (sottoforma di indoli, carbozoli, ammidi nonché come azotoporfirinico).

L’ossigeno risulta essere presente nei greggi, neglioli pesanti e nei bitumi in concentrazioni generalmente

basse, in genere non superiori all’1,0-1,5% in peso. Poi-ché l’ossigeno si ritrova preferenzialmente in gruppi ditipo idrossilico (fenoli, alcoli e acidi carbossilici), essosi concentra nelle componenti più polari del greggio qualiresine e asfalteni. Gli acidi naftenici costituiscono cer-tamente la classe di composti ossigenati più studiata,soprattutto a causa delle loro proprietà corrosive. Piùraramente, l’ossigeno può presentarsi sotto forma di eterio cicloeteri o accoppiato ad altri eteroatomi per forma-re solfossidi e ammidi.

Per quanto riguarda i metalli, nichel e vanadio sonogli elementi di gran lunga più abbondanti (fino a diver-se centinaia di ppm), anche se alcuni oli possono conte-nere significative quantità di sodio, ferro e molibdeno.Tali metalli sono contenuti in strutture metallorganicheoleosolubili e si concentrano nella parte più pesante del-l’olio, tanto che si ritrovano abbondanti negli asfalteni.Una quota consistente della componente metallorgani-ca è di tipo porfirinico ma molte altre strutture, spessodifficilmente identificabili, ampliano la casistica deicomposti contenenti metalli presenti negli asfalteni.

I bitumi ottenuti per estrazione da sabbie bitumino-se possono contenere materiale inorganico, tipicamenteargille e sabbia che risultano disperse all’interno dellamatrice oleosa in granuli di dimensioni lineari dell’or-dine del micron (silt). La quantità di materiale inorgani-co dipende dalla tecnologia estrattiva e dal procedimen-to di separazione della fase organica dalla sabbia: talecontenuto è compreso fra lo 0,5 e l’1% in peso se il bitu-me viene prodotto mediante i tradizionali processi diescavazione, mentre può scendere a valori compresi tra500 e 1.000 ppm nel caso si utilizzino le più recenti tec-nologie di produzione, quale in particolare la tecnologiaSAGD (Steam Assisted Gravity Drainage).

Caratteristiche chimiche e chimico-fisichedegli asfalteni

I residui da vuoto, vale a dire le frazioni quantitati-vamente maggioritarie di greggi pesanti e bitumi, sonoper lo più costituiti da idrocarburi aromatici variamentecondensati e distribuiti su un ampio intervallo di pesimolecolari e polarità. Essi costituiscono un continuocomposizionale anche se, come ricordato in preceden-za, possono essere convenzionalmente distinti in aro-matici, resine e asfalteni. La differenziazione tra questefrazioni non può comunque prescindere dai parametrioperativi utilizzati per eseguire la separazione. Caratte-ristica a questo riguardo è la precipitazione degli asfal-teni, che è largamente influenzata dal tipo di agente pre-cipitante oltre che dalle condizioni operative (Speight,2004). La conseguenza diretta di quanto appena affer-mato è che per poter eseguire un confronto tra campio-ni diversi è indispensabile standardizzare le condizionidi analisi, specificando l’agente precipitante utilizzato(convenzionalmente n-pentano o n-eptano) e fornendo

140 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

IDROCARBURI DA FONTI FOSSILI NON CONVENZIONALI E ALTERNATIVE

100%aromatici

greggiconvenzionali Athabasca, Canada

Cold Lake, Canada

Lloydminster, CanadaCherokee, USA

100%saturi

100% resine �asfalteni

fig. 2. Distribuzione delle principali classi idrocarburichecostituenti greggi pesanti e bitumi.

Page 5: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

dettagli sulla metodica utilizzata. Concettualmente, laseparazione degli asfalteni può essere paragonata al fra-zionamento per distillazione della componente volatiledel greggio. In entrambi i casi, i costituenti della misce-la vengono divisi definendo un ‘punto di taglio’, qualela temperatura di ebollizione (distillazione) o il para-metro di solubilità dell’agente precipitante (deasphalt-ing). Il potere solvente degli idrocarburi, o meglio lacapacità di fungere da solvente o antisolvente per preci-pitare gli asfalteni, può essere correlato al parametro disolubilità (d) definito secondo Joel Hildebrand e RobertScott come:

DHV�RTd ��11112�

123

2V

dove DHV è l’entalpia molare di vaporizzazione dell’i-drocarburo considerato, V è il suo volume molare e R eT sono rispettivamente la costante universale dei gas ela temperatura assoluta. Il parametro di solubilità puòanche essere stimato utilizzando la correlazione:

d2�AV�

124

3g

dove A è una costante, g è la tensione superficiale e V ilvolume molare dell’idrocarburo considerato (Barton, 1991).

Una rappresentazione grafica molto efficace dellecaratteristiche molecolari degli asfalteni è stata propo-sta da Robert Long utilizzando un diagramma bidimen-sionale (fig. 3), nel quale polarità e peso molecolare degliidrocarburi presenti nell’olio costituiscono i principaliparametri che, in funzione del solvente utilizzato, deter-minano la precipitazione di frazioni specifiche (Long,1979). Tale diagramma suggerisce inoltre l’idea che gliasfalteni debbano essere considerati una classe di com-posti che, dal punto di vista chimico, può risultare moltoampia e differenziata.

Oltre che dalle modalità utilizzate in fase di separa-zione, le caratteristiche chimiche degli asfalteni dipen-dono dal greggio di provenienza. Come evidenziato intab. 4, la variabilità riscontrata su asfalteni di diversa ori-gine, relativamente ad aromaticità, grado e natura del-l’alchilsostituzione oltre che contenuto di eteroatomi, ènotevole (Cimino et al., 1995).

Per quanto riguarda il peso molecolare, il discorso èancora più complesso per la tendenza degli asfalteni aformare aggregati, tanto che le misure di peso moleco-lare medio effettuate via Vapour Pressure Osmometry(VPO) o Size Exclusion Chromatography (SEC) sonoinfluenzate in maniera significativa dalla polarità del sol-vente utilizzato. Per questo motivo i valori di peso mole-colare medio riportati in letteratura, per i quali si riscon-tra un range di variabilità compreso tra 103-104 unità dimassa atomica, hanno un significato (relativo) se consi-derati all’interno del set di misure effettuate, ma posso-no essere poco attendibili per quanto riguarda le realidimensioni molecolari del campione.

L’analisi chimico-strutturale degli asfalteni può esse-re efficacemente eseguita mediante tecniche di riso-nanza magnetica nucleare (1H- e 13C-NMR), attraversole quali possono essere determinati diversi parametrimolecolari medi quali: fattore di aromaticità, grado dialchilsostituzione, lunghezza media di catena, ecc., cherisultano estremamente utili per fornire un’idea delloscheletro idrocarburico oltre che delle funzionalità chi-miche delle molecole presenti nel campione. I risulta-ti di queste indagini tendono a rappresentare gli asfal-teni come macromolecole costituite da cluster aroma-tici policondensati, variamente sostituiti con catenealchiliche che possono risultare sufficientemente lun-ghe (�C10), e collegati tra loro da catene idrocarburi-che sature ed eteroatomi. Il grado di condensazionedelle unità aromatiche può essere più o meno estesoma normalmente non supera il numero di 5-6 anelli(Speight, 1980).

141VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

TECNOLOGIE EMERGENTI PER LA CONVERSIONE DI RESIDUI

polarità

asfalteni C5

greggio

asfalteni C7

peso

mol

ecol

are

fig. 3. Rappresentazione delle caratteristiche molecolaridegli asfalteni (Long, 1979).

tab. 4. Variabilità composizionale di asfalteni C7

precipitati da greggi e bitumi

Resa in asfalteni su base olio (% in peso) Fino a 30

Rapporto H/C 0,8-1,4

Zolfo (% in peso) 0,5-10,0

Azoto (% in peso) 0,6-2,6

Ossigeno (% in peso) 0,3-4,8

Fattore di aromaticità 0,45-0,70

n (numero medio di atomi di C per sostituente alchilico)

4-7

Page 6: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

Così come le altre classi di composti, anche la com-ponente asfaltenica dei greggi pesanti e dei bitumi risul-ta sufficientemente diversa da quella dei greggi leggeri.In particolare, oltre all’elevato contenuto di eteroatomie metalli, gli asfalteni risultano avere pesi molecolarisignificativamente più alti, dovuti all’elevata concentra-zione di zolfo che favorisce la formazione di ponti sol-furo e disolfuro tra i diversi cluster aromatici, caratteri-stica che rende tali strutture molto reattive nei riguardidi reazioni di cracking termico o idrogenante (v. sopra).

Dal punto di vista molecolare, gli asfalteni contenu-ti nei bitumi possono essere efficacemente rappresenta-ti da modelli ‘arcipelago’, ovvero strutture costituite daisole di piccoli gruppi di anelli condensati, collegate traloro da catene alifatiche e ponti solfuro, come rappre-sentato in fig. 4 (Sheremata et al., 2004).

Le resine sono composti intermedi tra gli asfalteni ele componenti idrocarburiche (saturi e aromatici); sonocostituite da molecole polari simili a quelle degli asfal-teni, ma dotate di catene alifatiche laterali più lunghe eanelli aromatici più piccoli.

Per quanto già affermato, essendo il greggio un con-tinuum, è la procedura di separazione che stabilisce ladifferenza tra asfalteni e resine: le resine potrebbero esse-re considerate come asfalteni a basso peso molecolare,così come gli asfalteni potrebbero essere visti come resi-ne ad alto peso molecolare.

A partire dagli anni Cinquanta sono stati ancheproposti modelli termodinamici in cui gli asfalteni si pre-sentano come particelle colloidali disperse nell’olio gra-zie all’azione delle resine che le circondano. Presentando

una polarità relativamente maggiore rispetto al resto del-l’olio, le resine sono adsorbite sulla superficie delle par-ticelle colloidali. Secondo questo modello, gli asfaltenisono stabilizzati o ‘peptizzati’ dalle resine: se un cam-bio nelle condizioni di temperatura, pressione o compo-sizione porta al desorbimento delle resine dalla superfi-cie delle particelle colloidali, si ha la separazione (pre-cipitazione) degli asfalteni (Murgich et al., 1996).

Questo modello, che descrive gli asfalteni come col-loidi liofobi, è sempre meno seguito, a favore di unadescrizione degli asfalteni come colloidi liofili, solvata-ti dal mezzo circostante. In questo modello la separa-zione di fase degli asfalteni è legata alla diminuzione delpotere solvente del mezzo e le resine non giocano più unruolo chiave nel sistema (Cimino et al., 1995).

Natura e caratteristiche chimiche degli scisti bituminosi

Gli scisti bituminosi sono rocce sedimentarie, gene-ralmente silicati e carbonati, contenenti significative quan-tità di materiale organico insolubile che può essere recu-perato per distillazione pirolitica (processo meglio cono-sciuto con il nome di retorting). Nelle rocce che rivestonoun potenziale interesse commerciale, la quantità di mate-riale organico deve essere superiore a 10 gal/t (45 l/t),anche se di norma, nelle formazioni più ricche, tale valo-re è compreso tra 30 e 40 gal/t (ricordiamo che il bitu-me Athabasca si colloca intorno a 22 gal/t). I depositi dioil shale possono estendersi per migliaia di km quadra-ti per spessori che possono raggiungere i 700 m, cosicchéla quantità di olio recuperabile per unità di superficie è

142 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

IDROCARBURI DA FONTI FOSSILI NON CONVENZIONALI E ALTERNATIVE

CH3

CH3

CH3

CH3

OH

OOH3C

H3C

H3C

H3C

S

S

N

N

S

S

O

A B

O

O

O

S

S

S

S

S

S

SNH

HN

HN

fig. 4. Strutture molecolari medie rappresentanti molecole asfalteniche di origine diversa: A, asfalteni da greggi tradizionali;B, asfalteni da bitume canadese (Sheremata et al., 2004).

Page 7: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

di un ordine di grandezza superiore rispetto agli oil sandcanadesi. La produttività dei giacimenti più importanti(per esempio Colorado oil shale) può infatti raggiunge-re valori fino a 0,73 bbl di olio per tonnellata di mate-riale trattato (Bunger et al., 2004).

La componente organica dell’oil shale è costituita dacomplesse molecole idrocarburiche assimilabili al kero-gene (fig. 5), dal quale si origina il petrolio, contenentisignificative quantità di ossigeno (5-6% in peso) e, inmisura minore, zolfo e azoto. Il contenuto di idrogenodel kerogene tal quale è significativamente superiore aquello del carbone, con un rapporto H/C di 1,5-1,6 rispet-to a valori intorno a 0,8-0,9 per i carboni bituminosi.Analogamente al carbone, questo materiale organicoviene solitamente suddiviso in gruppi di macerali diffe-renziabili in base alle caratteristiche ottiche (riflettanzadella luce) e morfologiche, che ricordano la natura delmateriale biologico che li ha generati. I macerali sonoraggruppabili in tre tipologie primarie denominate telal-ginite, lamalginite e bituminite, che possono poi essereulteriormente divise in sottogruppi.

2.5.3 Chimica dei processi di conversione e upgrading

I processi di conversione e upgrading di residui petro-liferi, greggi pesanti e bitumi hanno lo scopo di tra-sformare un substrato costituito da idrocarburi ad altopeso molecolare, viscoso, ricco di componenti tossici emetalli, in prodotti più fluidi e leggeri (synthetic crudeoil) assimilabili a un greggio tradizionale, o meglio in

distillati direttamente valorizzabili in benzina e gasolioper autotrazione. Tale trasformazione può essere realiz-zata in modo diretto mediante processi termici o hydro-cracking, o in modo indiretto previa trasformazione dellacarica (quantitativo di materiale per alimentare il reat-tore) in gas di sintesi (ovvero miscela di CO e H2) median-te gassificazione (v. vol. II, cap. 7.3) e successiva pro-duzione di paraffina mediante sintesi Fischer-Tropsch(v. cap. 2.6).

Processi di conversione in distillatiI processi di conversione diretta di cariche pesanti in

distillati sono particolarmente complessi e comportanola riduzione del peso molecolare dei costituenti dellacarica mediante reazioni di rottura dei legami delle mole-cole idrocarburiche (cracking) e l’aumento del rapportoH/C; quest’ultimo può essere ottenuto tramite rimozio-ne del carbonio (C-rejection process) o aggiunta di idro-geno (H-addition process).

I processi di C-rejection sono processi termici median-te i quali gli idrocarburi pesanti della carica vengonodisproporzionati generando distillati a più alto rapportoH/C e liberando un residuo altamente aromatico (tar ocoke). Il processo è di tipo radicalico e comporta la rot-tura omolitica di legami C�C e C�eteroatomo segui-ta da reazioni di b-scissione attraverso cui, con il pro-gredire della reazione, vengono prodotti frammenti idro-carburici sempre più leggeri generando distillati e gas. Iradicali aromatici prodotti dalla dealchilazione (radica-li p) tendono invece a reagire tra loro dando origine astrutture polinucleari altamente condensate, sempre menosolubili nella miscela di reazione e che, oltre un certo

143VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

TECNOLOGIE EMERGENTI PER LA CONVERSIONE DI RESIDUI

O

O

OO

O

O

O

OH

OH

OH

OH

HO

HO

HS

HO

HO

OH

OH

OHO

O

O

O

O

O

OH

OHOH

OH

Cl

O OOH

O

O

O

NH

OHO

O

OO

S

HO O

O

S

O

S

fig. 5. Rappresentazione di struttura molecolare del kerogene (Lille et al., 2003).

Page 8: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

livello, portano alla formazione di mesofase e quindi dicoke. La propensione a formare coke da parte di un resi-duo è legata al grado di policondensazione delle strut-ture aromatiche pesanti ed è quantificata dal valore diCCR (Conradson Carbon Residue), che viene misuratosecondo la metodologia ASTM (American Society forTesting and Materials) D 189.

Le principali tipologie di reazione che operano inquesti processi sono pertanto la dealchilazione di strut-ture aromatiche, la deidrogenazione di nafteni e la con-densazione. Tutte queste reazioni sono favorite dalla tem-peratura che in genere è sempre superiore a 450 °C.

Dal punto di vista cinetico, almeno per quanto riguar-da il visbreaking, la produzione dei prodotti di crackingsegue una cinetica apparente del primo ordine con valo-ri di energia di attivazione intorno a 230 kJ/mol, il chesignifica che la velocità di reazione raddoppia per ogniincremento di temperatura di 14-15 °C.

In generale i processi termici sono poco selettivi versola produzione di distillati poiché, aumentando la seve-rità del processo, si aumenta la resa in gas e si va incon-tro a problemi di stabilità sui prodotti di reazione (v.oltre). La qualità dei distillati è mediocre, in quanto ilsolo cracking termico non è in grado di rimuovere inmodo significativo gli eteroatomi presenti nelle carichepesanti. Inoltre, naphtha e gasolio sono ricchi di olefinee dieni, e pertanto devono essere stabilizzati medianteidrotrattamento.

Nei processi di H-addition la conversione delle cari-che pesanti a distillati è ottenuta attraverso l’azione com-binata di reazioni di cracking e idrogenazione cataliticadei frammenti reattivi. In questo modo è possibile con-trollare in modo più efficace il propagarsi delle reazio-ni radicaliche, soprattutto nei riguardi dei processi di con-densazione di aromatici, e quindi ridurre il problemadella formazione di coke (fig. 6). A seconda delle con-dizioni di reazione e del tipo di catalizzatore utilizzati,si può inoltre aggiungere idrogeno ai prodotti saturandole strutture aromatiche e favorendo l’eliminazione deglieteroatomi. Per questa ragione la qualità dei distillati (maanche del residuo di conversione) ricavati dai processi dihydrocracking è decisamente migliore rispetto a quelladei distillati ottenibili dai processi termici.

Per quanto riguarda la termodinamica del processo,l’equilibrio delle reazioni di idrogenazione delle strut-ture aromatiche è favorito da un’alta pressione parzialedi idrogeno mentre è sfavorito da un aumento di tempe-ratura. L’esigenza di operare a temperature superiori a380 °C per promuovere il cracking termico rende per-tanto necessario spingere la pressione parziale di idro-geno verso valori superiori a 100-120 bar.

Il catalizzatore ideale per l’upgrading di cariche pe-santi deve favorire il processo di addizione di idroge-no ai prodotti generati in fase di cracking termico mini-mizzando la quantità di coke prodotto. Inoltre, esso deveconsentire la rimozione dei veleni presenti nella caricaattraverso l’idrogenazione del substrato, ovvero favori-re i processi di desolforazione (HDS, HyDrodeSulphur-ization), deazotazione (HDN, Hydrodenitrogenation),demetallizzazione (HDM, Hydrodemetallization) e ridu-zione del residuo carbonioso dei prodotti (HDCCR, HydroConradson Carbon Residue Removal).

Le specie catalitiche più attive per queste reazionisono alcuni solfuri di metalli pesanti quali in particola-re Mo, Ni, Co, W, Rh, spesso usati in coppia (Ni/Mo,Co/Mo, Ni/W) e depositati su opportuni supporti poro-si (preferibilmente allumina) o mescolati alla carica sottoforma di polvere (catalisi in fase slurry).

Il problema principale che si incontra quando si uti-lizzano catalizzatori supportati per trattare cariche par-ticolarmente pesanti è di limitare la disattivazione delcatalizzatore dovuta al depositarsi sia dei metalli siadel coke. Occorre però precisare che mentre il cokedepositato può essere rimosso mediante la rigenera-zione del catalizzatore, la perdita di attività dovuta aimetalli è permanente e quindi il catalizzatore deve esse-re sostituito.

La disattivazione dovuta a depositi di coke compor-ta la perdita di attività per effetto del ricoprimento deisiti attivi del catalizzatore da parte di materiale carbo-nioso prevalentemente di origine asfaltenica; infatti taleperdita aumenta all’aumentare del livello di conversio-ne della carica in distillati, ovvero in condizioni che favo-riscono l’insorgere di problemi di stabilità. La disattiva-zione da coke può essere contrastata da un aumento dellapressione parziale di idrogeno.

144 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

IDROCARBURI DA FONTI FOSSILI NON CONVENZIONALI E ALTERNATIVE

.S

RD

R1 CH2.

CH2

S

R1

S

R1

SH

R1H2/

catalizzatore

mesofase coke

distillati

fig. 6.Rappresentazionesemplificata del processo di idroconversione di cariche pesanti.

Page 9: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

Per quanto riguarda i metalli, la disattivazione avvie-ne attraverso l’ostruzione della struttura porosa e il rico-primento dei siti attivi da parte dei metalli contenuti nellestrutture metallo-porfiriniche, che durante la reazionevengono distrutte generando i rispettivi solfuri.

Le caratteristiche fisiche del supporto, e in partico-lare la porosità, sono pertanto fondamentali quanto quel-le della fase attiva nel determinare il comportamento delcatalizzatore. L’elevata viscosità e la presenza di com-posti ad alto peso molecolare (asfalteni e composti metal-lorganici), che caratterizzano le cariche pesanti, rendo-no difficile l’accesso del substrato all’interno delle par-ticelle di catalizzatore; il processo di diffusione nellastruttura porosa può essere problematico e rappresenta-re lo stadio lento della reazione. Se il catalizzatore nonha una struttura porosa adeguata e la diffusione dellemolecole nei pori è impedita, la maggior parte dei metal-li si deposita sulla superficie esterna, provocando l’o-struzione dei pori e impedendo quindi lo svolgersi dellareazione. Nel caso di cariche pesanti vengono pertantoimpiegati materiali macroporosi, spesso come ‘letti sacri-ficali’, sui quali far avvenire gran parte delle reazioni didemetallizzazione per poi poter procedere con le rea-zioni di conversione e upgrading della carica utilizzan-do letti catalitici ad hoc.

I catalizzatori impiegati nei processi slurry sono spes-so intimamente associati a materiale carbonioso (coke)prodotto durante la reazione o appositamente aggiunto.Rispetto ai catalizzatori supportati, sui quali sono basa-te le tecnologie di hydrocracking convenzionali, questimateriali sono poco sensibili alla presenza di veleni, inquanto non presentano i classici problemi dovuti alladeposizione di coke e metalli sui pori del supporto. L’usodi catalizzatori dispersi a base di solfuri di metalli delV, VI e VIII gruppo (in particolare di Fe, Mo e V) perl’upgrading di residui, greggi pesanti, bitumi e carboneè noto e ampiamente descritto dalla letteratura scienti-fica da oltre trent’anni. I primi lavori significativi pub-blicati su questo argomento fanno riferimento a ClydeAldridge e Roby Bearden (Aldridge e Bearden, 1978) edescrivono l’uso di Mo introdotto sotto forma di pre-cursori oleosolubili. Successivamente sono state speri-mentate e proposte numerose varianti per quanto riguar-da sia l’utilizzo di precursori di varia natura, sia la sin-tesi ex situ del catalizzatore in modo da migliorarnel’attività specifica.

I catalizzatori dispersi più attivi restano comunquequelli a base di molibdeno ottenuti per decomposizionedi precursori solubili in olio, quali i naftenati, gli ossa-lati, gli xantati, i ditiocarbammati o altri derivati metal-lorganici come il Molyvan A (N,N-dibutilditiocarbam-mato di oxotiomolibdeno), che vengono forniti allo sta-dio di hydrocracking/hydrotreating insieme con la carica(Delbianco et al., 1995). La decomposizione in situ ditali precursori in presenza di idrogeno e zolfo genera una

polvere finissima costituita da lamelle nanometriche disolfuro di molibdeno (molibdenite, MoS2) a basso gradodi aggregazione (nanocluster) e altamente dispersa all’in-terno della carica. La fase catalitica attiva è quindi lamolibdenite, nota struttura esagonale a strati con il molib-deno al centro tra due layer di zolfo. Le lamelle adiacentirisultano tra loro vincolate dalle deboli forze (tipo Vander Waals) di dispersione agenti tra i rispettivi atomi dizolfo. Per tale motivo, la struttura molibdenitica può esse-re facilmente sfaldata (delaminata) sino a ottenere lamel-le elementari che presentano un bassissimo grado di impi-lamento, garantendo un’alta dispersione nella matriceoleosa (fig. 7). La dimensione radiale è mediamente com-presa nel range 2-4 nm. L’indagine microscopica mostrache i cristalli di molibdenite tendono ad aggregarsi inparticelle di dimensioni lineari dell’ordine del micron,che appaiono in forma di cluster irregolari, aventi dia-metro medio di 0,5-2 mm (Panariti et al., 2000).

Le caratteristiche morfologiche e l’assenza di sup-porti porosi rendono la molibdenite particolarmente adat-ta a operare efficacemente come catalizzatore di idro-genazione in condizioni molto difficili per la presenzadi alte concentrazioni di veleni, quali soprattutto i metal-li pesanti. L’attività catalitica della molibdenite in ambien-te idrogenante sembra essere dovuta sia alla formazionedi vacanze di zolfo sui profili dei nanocluster per effet-to dell’interazione dell’idrogeno con MoS2, sia alla for-mazione di gruppi �SH che evolvono in H2S.

La reattività delle cariche pesanti all’hydrocrackingè fortemente influenzata dalla natura del substrato,che può essere più o meno reattivo in funzione del-la struttura molecolare media delle molecole che lo

145VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

TECNOLOGIE EMERGENTI PER LA CONVERSIONE DI RESIDUI

10 nm

fig. 7. Struttura della molibdenite microcristallina ottenutamediante microscopia TEM (Transmission ElectronMicroscope; Panariti et al., 2000).

Page 10: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

costituiscono e della concentrazione e natura degli ete-roatomi presenti.

I substrati più reattivi sono caratterizzati dal fatto diavere strutture molecolari medie contenenti cluster aro-matici relativamente piccoli, collegati tra loro da catenealchiliche o legami C�eteroatomo aventi basse ener-gie di legame. Per quanto riguarda gli eteroatomi, l’eli-minazione dello zolfo avviene per formazione di H2S epuò essere più o meno difficile a seconda della naturadel composto solforato che lo contiene. In generale, lareattività delle specie solforate segue una scala decre-scente: S aromatico (tiofeni condensati�tiofeni)�S naf-tenico�S paraffinico (tioeteri e disolfuri).

Il secondo eteroatomo solitamente presente nelle ca-riche pesanti è l’azoto, che viene rimosso sotto forma diNH3 previa idrogenazione delle strutture eteroaromati-che che lo contengono. L’eliminazione dell’azoto è piùdifficoltosa di quella dello zolfo, poiché l’energia dellegame C�N è superiore a quella del legame C�S(360 kJ/mol contro 320 kJ/mol rispettivamente per am-mina e per solfuro alchilico).

Anche per quanto riguarda i metalli, la rimozione diNi e V (reazioni di demetallizzazione) procede passan-do per l’idrogenazione delle strutture porfiriniche che licontengono e porta alla formazione di solfuri di tipo pir-rotitico, ovvero Ni1�xS, V1�xS (con x�0,1), che vengo-no rilasciati nella miscela di reazione o intrappolati nellastruttura porosa dei catalizzatori supportati impiegati nelprocesso.

Le principali reazioni coinvolte nei processi di hydro-cracking di residui sono esotermiche. Il calore svilup-pato dipende dalla natura della carica trattata e dal gradodi conversione, nonché dal livello di upgrading raggiun-to dal processo. La tonalità termica delle diverse rea-zioni che intervengono nei processi di upgrading puòessere stimata in funzione del consumo d’idrogeno all’in-terno di un determinato range di valori, come illustratoin tab. 5 (Tominaga e Tomaki, 1997).

Stabilità dei residui petroliferiDa un punto di vista generale, la stabilità esprime

la capacità di un residuo petrolifero di sopportare la

diluizione con flussanti (cutter stock) di natura preva-lentemente paraffinica, senza dar luogo a precipitazio-ne di asfalteni. La stabilità viene valutata mediante ladeterminazione del P-value, ovvero del valore di P deri-vato dalla relazione: P�1�Xmin, dove Xmin corrispondeal valore di diluizione massima del campione con ceta-no (n-C16H34) che non comporta precipitazione di asfal-teni, espressa come ml di cetano su 1 g di campione.

Nei residui di distillazione primaria (straight run), lastabilità è una qualità intrinseca del prodotto e dipendedalle caratteristiche composizionali degli asfalteni rispet-to a quelle della fase idrocarburica non asfaltenica (mal-teni). I processi di conversione, sia termici sia catalitici,modificano la natura chimica di questi due pseudocom-posti, determinando una progressiva diminuzione dellastabilità al crescere della severità del trattamento (lega-ta alla combinazione tempo-temperatura di reazione). Leragioni di questa diminuzione di stabilità sono dovute alfatto che nel corso della reazione gli asfalteni vengonodealchilati diventando sempre più aromatici e quindisempre meno solubili nella fase maltenica la quale, perla stessa ragione, tende a diventare più paraffinica. Oltreun certo livello di conversione gli asfalteni precipitano(si assiste quindi a una separazione di fase liquido-liqui-do), innescando processi di formazione di mesofase equindi di coke.

Questo fenomeno si osserva in tutti i processi di con-versione residui, sia termici sia di hydrocracking, tantoche la stabilità dei prodotti di conversione determina difatto il livello di conversione massima ottenibile per unadeterminata carica. Per questa ragione non è possibilespingere la conversione oltre il 20-30% negli impianti divisbreaking e oltre il 40-50% negli impianti di hydro-cracking a letto fisso.

2.5.4 Tecnologie con rimozionedi carbonio

Processi termici: visbreaking e coking

VisbreakingIl visbreaking è una tecnologia molto semplice e lar-

gamente diffusa a livello mondiale per il trattamento diresidui petroliferi. Il processo prevede il riscaldamentodella carica a temperature superiori a 450-460 °C pertempi di residenza di qualche minuto e a bassa pressio-ne. In queste condizioni le strutture idrocarburiche adalto peso molecolare costituenti la carica pesante subi-scono un parziale processo di cracking termico che deter-mina la produzione di una limitata quantità di distillati,in genere inferiore al 30% in peso, e di un residuo a ridot-ta viscosità; tale residuo deve essere flussato fino a otte-nere la viscosità richiesta per produrre un olio combusti-bile, utilizzando una quantità minore di diluente rispetto

146 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

IDROCARBURI DA FONTI FOSSILI NON CONVENZIONALI E ALTERNATIVE

tab. 5. Stima dei calori di reazione per le principali reazionicoinvolte nell’hydrocracking di cariche pesanti

Tipo di reazione kJ/(mole H2 consumato)

Cracking e apertura anelli 20-45

Saturazione aromatici 55-70

Saturazione olefine 115-125

Idrodesolforazione (HDS) 55-75

Idrodeazotazione (HDN) 60-85

Page 11: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

alla carica tal quale (v. vol. II, cap. 5.2). Il limite sullaseverità del processo è infatti legato alla stabilità del resi-duo il cui valore P-value deve essere superiore a 1,1-1,2.

L’applicazione del visbreaking per l’upgrading digreggi pesanti e bitumi ha quindi lo scopo principale direndere più fluidi tali prodotti, facilitando il trasporto viapipeline senza ricorre a diluenti (naphtha).

Ovviamente, date le caratteristiche del processo, iltrattamento termico non riduce il tenore di inquinanti eper questo motivo il visbreaking tradizionale risulta pocointeressante per applicazioni nel campo dei greggi extra-pesanti e dei bitumi. Per superare almeno in parte talelimitazione, l’IFP (Institut Français du Pétrole) ha pro-posto varianti del processo che prevedono l’utilizzo diatmosfere idrogenanti (hydrovisbreaking) ed eventual-mente additivi metallici in grado di promuovere le rea-zioni di idrogenazione (catalytic hydrovisbreaking) e chesono denominate rispettivamente Tervahl H e Tervahl C.Il guadagno delle prestazioni in termini di attività HDSè comunque limitato a valori intorno al 20% rispetto alclassico visbreaking.

Un’altra soluzione, proposta da PDVSA-Intevep ebrevettata congiuntamente con Foster-Wheeler/UOP, èil processo denominato Aquaconversion. In questo casol’operazione di visbreaking viene condotta in presenzadi acqua e di un catalizzatore non meglio specificato ingrado di promuovere la parziale dissociazione dell’ac-qua e quindi produrre idrogeno in situ, che viene utiliz-zato per un parziale upgrading della carica, mentre l’os-sigeno viene consumato per produrre CO2. Il processoè stato sviluppato a livello di impianto pilota e succes-sivamente in scala dimostrativa utilizzando un’unità esi-stente di visbreaking da 18.000 bbl/d opportunamentemodificata. Nelle condizioni di reazione suggerite daPDVSA, la reazione di cracking può essere gestita a unlivello di severità superiore al classico visbreaking, con-sentendo di aumentare le rese di conversione a parità distabilità del residuo e migliorando inoltre anche la qua-lità del prodotto (tab. 6).

Esistono poi processi di cracking termico che ope-rano a severità superiori al visbreaking, con lo scopo diaumentare ulteriormente il grado di conversione verso idistillati e di produrre un residuo pompabile che però,non essendo stabile, non può essere utilizzato come oliocombustibile ma deve essere direttamente bruciato incombustori a letto fluido o gassificato. È il caso del pro-cesso denominato Deep Thermal Conversion sviluppa-to da Shell.

Altre soluzioni, e in particolare il processo Eurekamesso a punto da Chiyoda Corporation e il processo HSC(High-conversion Soaker Cracking) sviluppato da ToyoEngineering Corporation, operano in campi di severitàintermedi tra visbreaking e coking. In entrambi i casi sifa uso di vapore per controllare la formazione di coke.In particolare, il processo Eureka ricorda molto il delayed

coking, in quanto si opera con due reattori in modo alter-nato. La reazione di cracking termico viene condotta inpresenza di un olio di riciclo e di vapore ad alta tempe-ratura per favorire lo stripping dei distillati. Il residuo dicracking è un catrame fluido ad alta temperatura (pitch)e come tale può essere più facilmente recuperato dalfondo del reattore per essere poi raffreddato e pellettiz-zato (tab. 7).

CokingIl coking, in particolare nella versione denominata

delayed, è oggi la tecnologia più utilizzata per l’upgrad-ing di greggi pesanti e bitumi. Il processo di coking (v.vol. II, cap. 5.1) comporta il riscaldamento della caricain un forno e il successivo invio in reattori denominaticoking drums, operanti ad alta temperatura (intorno a

147VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

TECNOLOGIE EMERGENTI PER LA CONVERSIONE DI RESIDUI

tab. 6. Prestazioni del processo Aquaconversion.Carica trattata: greggio extrapesante del bacino

dell’Orinoco (6,5 °API)

Visbreaking Aquaconversion

Temperatura (°C) Base Base � 5

Conversione (% in peso)

Naphtha 2,9 7,5

Distillati 500 °C�* 28,2 36,6

Upgrading carica

Densità API delresiduo atmosferico

3,7 5,4

P-value 1,2 1,2

* È indicata in questo modo la frazione di distillati che bollono al disotto di 500 °C.

tab. 7. Confronto delle rese di conversionetra delayed coking e processo Eureka. Carica trattata:

residuo vacuum 5,9 °API

Delayed coking Eureka

Conversione (% in peso)

Gas idrocarburici C1-C4 10,4 5,3

Distillati C5-350 °C * 39,3 33,6

Gasolio da vuoto 16,3 28,4

Coke 34,0 0,0

Pitch 0,0 32,7

* È indicata in questo modo la frazione di distillati che va dai pentaniagli idrocarburi che bollono a 350 °C.

Page 12: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

500 °C) e per tempi di reazione prolungati, in modo dapromuovere il cracking termico delle strutture idrocar-buriche favorendo la produzione di gas e di distillati daparte della componente a più alto rapporto H/C e il rila-scio di un residuo carbonioso (coke) nel quale si con-centrano gran parte dei metalli (oltre il 90%) e una quotadi zolfo e azoto (circa 30 e 70% rispettivamente).

L’applicazione del processo di coking a cariche pesan-ti risulta relativamente semplice dal punto di vista tec-nologico, ma comporta la produzione di ingenti quan-tità di coke, ovvero di un materiale altamente inquinan-te che può essere utilizzato come combustibile in impiantiper la generazione di potenza o come carica per la pro-duzione di idrogeno in impianti di gassificazione. Laresa in coke è infatti direttamente correlabile alla ten-denza a formare residui carboniosi (CCR) secondo larelazione: coke (% in peso) �1,6�CCR.

In tab. 8 vengono riportati i risultati relativi al trat-tamento mediante coking di residui da vuoto di tre tipi-ci greggi extrapesanti.

Contrariamente a quanto succede con il delayedcoking, i processi di Fluid Coking e Flexicoking (unaestensione del Fluid Coking) utilizzano il coke genera-to dal cracking termico come mezzo di reazione e car-rier di calore. Nel Flexicoking il coke viene utilizzatocome reagente in un reattore integrato di gassificazione

con aria. In questo modo viene eliminata la produzionedi pet-coke, ovvero del prodotto a più basso valore deiclassici impianti di coking.

Entrambi i processi furono sviluppati da Exxon neglianni Cinquanta. Il primo impianto di Fluid Coking vennerealizzato nel 1954 presso la sede Exxon di Billings e daallora sono state realizzate in totale 18 unità. Il proces-so avviene in due reattori a letto fluido collegati tra loroper consentire la circolazione del coke. Nel primo reat-tore la carica è convertita mediante reazioni di crackingtermico in gas e distillati alla temperatura di 510-560 °C,in presenza di particelle di materiale carbonioso sullequali si deposita il coke prodotto dalla reazione. Il soli-do viene quindi rimosso dal fondo del primo reattore einviato nel secondo, dove viene parzialmente bruciatoper recuperare il calore necessario al processo, mentrela quota eccedente viene scaricata. In alternativa, il cokeresiduo può essere gassificato con aria e vapore alla tem-peratura di 820-900 °C in un terzo reattore (Flexicoking),per produrre un combustibile gassoso a basso potere calo-rifico (4,3-5,3 MJ/Nm3) detto flexigas e costituito daCO, H2, N2, CO2 ed eterogas (ossia H2S, NH3, ecc.).

Oltre al vantaggio di eliminare il coke prodotto, lasoluzione Flexicoking consente di controllare meglio ilprocesso di cracking, favorendo un aumento delle resein liquidi (tab. 9).

Sullo stesso principio del Fluid Coking sono state svi-luppate altre tecnologie che si differenziano per le solu-zioni adottate nel caso dei reattori o per la natura dei mate-riali usati per il trasporto di calore. Per esempio, il pro-cesso LR Coker (Lurgi Ruhrgas) utilizza un reattore diconversione all’interno del quale una specie di vite rotan-te favorisce il contatto ottimale tra carica e carrier di calo-re, consentendo al sistema di operare come un reattoreplug-flow. Di questa tecnologia esiste poi una versionespecificamente adattata per trattare cariche extrapesanticontenenti fino al 70% di CCR (processo Satcon).

Ricordiamo infine il processo denominato RapidThermal Processing (RTP), attualmente in fase di svi-luppo a livello di impianto dimostrativo da 1.000 bbl/dpresso la società canadese Ensyn Group, specifico peril trattamento di materiali idrocarburici pesanti, dai bitu-mi alle biomasse legnose. Il processo prevede un rapidoriscaldamento della carica utilizzando sabbia calda allatemperatura relativamente bassa di 500 °C in un reatto-re a letto trasportato sul quale si deposita il coke. In que-sto modo è possibile, per esempio, trattare bitumi da sab-bie bituminose producendo liquidi stabili con rese di con-versione fino all’80%.

Processi estrattivi: deasphalting con solventeIl fatto che negli asfalteni si concentri gran parte dei

metalli presenti nei greggi fa sì che mediante deasphalt-ing con solvente (SDA, Solvent Deasphalting) si pos-sano recuperare dai residui quote significative di olio

148 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

IDROCARBURI DA FONTI FOSSILI NON CONVENZIONALI E ALTERNATIVE

tab. 8. Rese e qualità prodotti da delayed coking

Carica Zuata Cold Lake Maya

Taglio TBP 510 °C� * 565 °C� * 565 °C� *

Densità API 2,4 0,4 0,5

Zolfo (% in peso) 4,4 6,2 5,8

Resa prodotti (% in peso)

Gas idrocarburici C1-C4 7,5 8,3 8,2

Naphtha 10,0 11,0 11,4

Gasolio atmosferico 23,6 20,3 21,1

Gasolio vacuum 26,1 23,9 25,6

Coke 32,8 36,5 33,4

Caratteristiche distillati

Densità API 30,3 29,5 28,2

Zolfo (% in peso) 2,9 4,1 3,8

Caratteristiche coke

Zolfo (% in peso) 4,7 6,6 6,2

Ni + V (ppm) 1.976 1.018 2.296

* È indicata in questo modo la frazione di distillati che bolle al di sopradella temperatura riportata.

Page 13: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

deasfaltenato (DAO, Deasphalted Oil) e parzialmentedemetallizzato, che può essere convenientemente pro-cessato in unità di FCC o hydrocracking. I principali van-taggi del SDA riguardano i bassi costi di investimento edi esercizio, mentre il suo limite principale è legato alfatto che per ottenere DAO con basso contenuto di inqui-nanti (in particolare zolfo, azoto, metalli e CCR) si deb-bono limitare le rese e quindi si generano notevoli quan-tità di sottoprodotti (asfalteni), che possono essere uti-lizzati come componenti per combustibili di basso valoreo come fonte di carbonio per la produzione di gas di sin-tesi, e quindi idrogeno, in opportune unità di gassifica-zione. Resa e contenuto di inquinanti nel DAO sono infat-ti direttamente collegati, come mostrato in fig. 8; la qua-lità del prodotto diminuisce quindi con l’aumento dellaresa (v. anche vol. II, cap. 7.1).

L’applicazione del processo di SDA nel settore del-l’upgrading di greggi extrapesanti e bitumi ha portatoallo sviluppo di tecnologie ad hoc nelle quali l’unità clas-sica di estrazione è spesso abbinata ad altri processi. È

il caso del processo OrCrude, sviluppato appositamen-te per l’upgrading di bitumi canadesi da ORMAT Indus-tries. Il processo prevede: a) la distillazione del bitume(atmosferica e vacuum); b) il trattamento di deasphalt-ing del residuo attraverso il quale vengono rimossi gliasfalteni; c) il thermal cracking del DAO; d ) il ricirco-lo dei prodotti di cracking in carica alla colonna di distil-lazione atmosferica, in modo da recuperare i distillati eseparare la componente asfaltenica prodotta con il trat-tamento termico. Analogamente a un coking, il proces-so OrCrude produce distillati e un residuo pesante (asfal-teni), che viene utilizzato come carica per impianti digassificazione dai quali produrre gas di sintesi per lagenerazione dell’energia e del vapore necessari per l’e-strazione dei bitumi via SAGD (Steam Assisted GravityDrainage), oltre che l’idrogeno necessario per l’ulterio-re upgrading dei prodotti. Su questa strada si stanno muo-vendo OPTI Canada e Nexen Petroleum; grazie a unajoint venture tra queste due società è in corso di svilup-po un progetto (Long Lake Project) per il recupero e iltrattamento di 70.000 bbl/d di bitume nella provincia diAlberta, in Canada (fig. 9). L’applicazione del processoa questo tipo di carica consentirà di produrre 60.000 bbl/ddi un greggio sintetico a 22 °API che potrà essere ulte-riormente trattato in impianti di desolforazione/hydro-cracking per generare un olio particolarmente leggero(sweet synthetic crude oil ) con densità di 39 °API, men-tre le oltre 3.100 t/d di asfalteni rimanenti costituirannola carica per l’unità di gassificazione.

Processi catalitici: cracking cataliticoLa tecnologia di cracking catalitico, nata nel 1936 con

il primo impianto industriale a letto fisso, si caratterizza

149VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

TECNOLOGIE EMERGENTI PER LA CONVERSIONE DI RESIDUI

tab. 9. Confronto delle rese qualitative di prodottiper il trattamento mediante processi di coking

di un residuo vacuum di Arabian Heavy(1,8 °API e 6,0% in peso di zolfo)

Delayed coking Flexicoking

Resa prodotti (% in peso)

Gas idrocarburici C1-C4 11,1 12,3

Naphtha 13,4 10,8

Gasolio atmosferico 17,9 15,9

Gasolio vacuum 17,2 26,3

Coke 40,4 2,7

Flexigas (espresso come oliocombustibileequivalente)

32,0

Caratteristiche distillati

Densità API 29,6 23,4

Zolfo (% in peso) 3,6 4,1

Caratteristiche coke

Zolfo (% in peso) 6,4

Metalli (ppm) 698

Composizione gas (% in volume su base secca)

N2 53CH4 2H2 15CO 20CO2 10

0

25

50

75

100

0 20 40 60 80 100

dist

ribu

zion

e co

ntam

inan

ti (

%)

resa in DAO (% in peso)

zolfo

azoto

metalli

fig. 8. Confronto tra resa e contenuto in contaminanti del DAO in deasphalting.

Page 14: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

per il fatto di utilizzare catalizzatori acidi a base zeoli-tica per favorire le reazioni di cracking di cariche pesan-ti atte a produrre distillati e in particolare naphtha. Nellaconfigurazione di processo, largamente diffusa e notacome Fluid Catalytic Cracking (FCC), il catalizzatore,dopo miscelazione con la carica, viene fatto circolare frariser, reattore e rigeneratore.

Inizialmente la carica era costituita da gasoli ma inseguito, soprattutto con l’evoluzione dei catalizzatori, èstato possibile alimentare i FCC con un’ampia gammadi idrocarburi: dalla naphtha al residuo atmosferico.

In generale le molecole idrocarburiche costituenti lacarica di un impianto FCC hanno dimensioni non com-patibili con i pori del cristallo zeolitico. Queste mole-cole devono essere innanzi tutto ridotte di dimensionecon un cracking preliminare che avviene sulla superfi-cie esterna (matrice) della zeolite. Tale matrice può avereanche altre funzioni, quale la rimozione dei metalli pre-senti nella carica.

La carica viene alimentata al riser dove entra in con-tatto con il catalizzatore rigenerato. Questo contatto portaalla parziale vaporizzazione della carica; la miscelaolio/catalizzatore sale quindi lungo il riser. Le reazionidi cracking avvengono quasi completamente lungo ilriser; essendo globalmente endotermiche, esse determi-nano una caduta di temperatura. I tempi di residenza sonocompresi fra 1 e 4 secondi, durante i quali avviene appun-to gran parte delle reazioni di cracking.

In alcuni casi la carica viene pretrattata per diminui-re il contenuto di metalli e asfalteni attraverso estrazio-ne con solventi, deasphalting con propano o trattamen-to con idrogeno.

Un elevato contenuto di asfalteni e/o aromatici nellacarica favorisce la formazione e il deposito di coke sulcatalizzatore, riducendone l’attività.

Negli anni il processo ha conseguito notevoli miglio-ramenti, per quanto riguarda sia lo schema di processo

sia i catalizzatori, consentendo di migliorare le seletti-vità verso la produzione di naphtha da usare nel poolbenzine e allargando la flessibilità nei riguardi di cari-che con maggior contenuto di contaminanti. A livellotecnologico i miglioramenti si sono avuti nel sistemadi distribuzione della carica idrocarburica nel riser e dilifting del catalizzatore, nell’arrangiamento degli inter-ni del sistema reattore-rigeneratore e nell’aggiunta diuno scambiatore di calore esterno, in cui circola una partedel catalizzatore per rimuovere una frazione del caloreprodotto dalla combustione del coke depositato sul cata-lizzatore spento.

Vi sono stati anche nuovi sviluppi della configura-zione del cracking catalitico, per esempio in quella messaa punto da UOP congiuntamente con BAR-CO Indu-stries, caratterizzata da un bassissimo tempo di contatto(MSCC, MilliSecond Catalytic Cracking).

Il ridotto tempo di contatto minimizza la formazio-ne di gas e coke: questa soluzione permette di alimen-tare l’impianto con cariche (residui) a più elevato con-tenuto di residuo carbonioso. Inoltre sono stati formu-lati nuovi catalizzatori più resistenti ai veleni (azoto emetalli quali nichel e vanadio).

Per mantenere una adeguata attività del catalizzato-re che circola nell’impianto si provvede a un reintegrodi una maggiore quantità di catalizzatore fresco e a unanalogo scarico di catalizzatore esausto. Il reintegro dicatalizzatore fresco deve anche compensare la quantitàdi particelle fini del catalizzatore non trattenute dai ciclo-ni. Inoltre, per ridurre l’effetto di disattivazione del cata-lizzatore determinato dalla presenza dei metalli, sonostati sviluppati degli additivi (passivatori) con questafunzione. Il secondo miglioramento realizzato da UOPva sotto il nome di X DESIGN. Viene aggiunto un re-cipiente fra reattore e rigeneratore dove il catalizza-tore esausto e quello rigenerato si miscelano a unatemperatura inferiore rispetto a quella del catalizzatore

150 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

IDROCARBURI DA FONTI FOSSILI NON CONVENZIONALI E ALTERNATIVE

processoOrCrude

SAGD

hydrocracking

greggio sintetico desolforato

idrogeno

vapore

asfalteni

bitume

greggio sinteticoad alto tenore di zolfo energia

elettricaprocesso digassificazione

sabbie bituminoseAthabasca

fig. 9. Progetto LongLake di OPTI Canadae Nexen Petroleumper lo sfruttamento di bitumi canadesi(Zuideveld e de Graaf,2003).

Page 15: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

rigenerato. Il risultato globale è una riduzione delle rea-zioni termiche nel riser.

In sintesi, i miglioramenti introdotti permettono diutilizzare il processo di cracking catalitico per converti-re cariche relativamente pesanti, anche se persistono vin-coli abbastanza stretti sul contenuto di metalli e di resi-duo carbonioso della carica che ne limitano l’utilizza-zione per il trattamento di oli non convenzionali.

2.5.5 Tecnologie con aggiuntadi idrogeno: hydrocracking

Tecnologie con catalizzatori supportatiCome ricordato, l’applicazione delle tecnologie di

hydrocracking all’upgrading di oli non convenzionalipuò essere fortemente condizionata dalla presenza dimetalli e di residuo carbonioso nella carica da trattare.Questi veleni possono infatti causare una rapida dimi-nuzione dell’attività del catalizzatore e un aumento diperdite di carico nel circuito di reazione con conseguentediminuzione della lunghezza del ciclo operativo.

Per ovviare a tale inconveniente possono essere impie-gati opportuni sistemi catalitici che permettano di mini-mizzare i problemi connessi con l’alto contenuto di con-taminanti nella carica e/o modificare la tecnologia, inmodo da prevenire l’accumulo di coke e/o consentire lasostituzione di parte del catalizzatore durante la marciadell’impianto.

Gli impianti di idroconversione che utilizzano cata-lizzatori supportati possono essere suddivisi, in base allatecnologia impiegata, in due categorie: con reattori a lettofisso e con reattori a letto espanso (o ebullato).

L’assetto impiantistico che utilizza reattori a lettofisso è costituito in genere da tre o più reattori in serie eda una sezione di frazionamento, dove gli effluenti sonoseparati per distillazione sia atmosferica sia sotto vuoto.La carica liquida deve essere filtrata prima di esseremiscelata all’idrogeno e inviata ai reattori per eliminarele particelle di solidi presenti ed evitarne il deposito suiletti catalitici. Il flusso attraverso i reattori è del tipodownward (dall’alto verso il basso).

La carica liquida e l’idrogeno vengono riscaldati indue forni separati fino a ottenere la temperatura di rea-zione richiesta.

Una particolare innovazione messa a punto daChevron per la tecnologia a letto fisso consiste nell’in-serimento del cosiddetto Onstream Catalyst Replace-ment system (OCR), che permette la sostituzione di partedel catalizzatore pur mantenendo l’impianto in funzio-ne. Tale configurazione consiste nell’aggiunta di un reat-tore, a monte del normale treno di reazione, avente flus-so upward (dal basso verso l’alto) e provvisto di internispeciali, che consentono di rimuovere il catalizzatoreesausto e di aggiungere catalizzatore fresco dall’alto del

reattore. Uno speciale sistema permette la movimenta-zione del catalizzatore.

L’estrema sensibilità nei riguardi di alte concentra-zioni di veleni rende le tecnologie a letto fisso adatte atrattare residui atmosferici da greggi convenzionali mapoco adeguate per cariche da oli non convenzionali.

Analogamente all’hydrocracking a letto fisso, anchelo schema di processo con reattori a letto ebullato è costi-tuito in genere da due o tre reattori in serie e da una sezio-ne di frazionamento dove gli effluenti sono separati perdistillazione sia atmosferica sia sotto vuoto.

Anche in questo schema la carica liquida e l’idroge-no vengono riscaldati separatamente fino alla tempera-tura di reazione e il flusso attraverso i reattori è del tipoupward. Il flusso liquido che permetterà di ‘espandere’il catalizzatore è assicurato da una pompa che rimette incircolo parte del liquido raccolto nella porzione supe-riore del reattore. La pompa di riciclo può essere instal-lata sul fondo inferiore del reattore oppure esternamen-te al reattore.

Parte del catalizzatore contenuto nei reattori vienesostituita su base giornaliera, in modo tale da mante-nerne invariata l’attività.

Sono disponibili sul mercato due diverse tecnologie:la prima, che conserva il nome originale H-Oil, è statasviluppata inizialmente da HRI e successivamente acqui-sita da Axens, mentre la seconda, denominata LC-Fining,è stata sviluppata da ABB Lummus Global. Successiva-mente ABB Lummus Global ha stipulato un’alleanzastrategica con Chevron Texaco per lo sviluppo e la com-mercializzazione della tecnologia.

Diversamente dalla tecnologia a letto fisso, la tec-nologia a letto ebullato è adatta a trattare cariche con altocontenuto di contaminanti e come tale viene utilizzataper processare residuo da vuoto da cariche anche parti-colarmente pesanti. Inoltre, tale soluzione mostra un’al-ta flessibilità nei riguardi di cariche provenienti da greg-gi diversi, fornisce rese e qualità di prodotti pressochécostanti e ha un’alta flessibilità operativa. La tab. 10mostra i dati di resa e qualità dei prodotti ottenibili daresidui da vuoto da una carica canadese e da una misce-la di greggi messicani contenenti oltre il 60% di Maya.

Tecnologie con catalisi in fase dispersa (slurry)Queste tecnologie di idrotrattamento impiegano cata-

lizzatori di idrogenazione non supportati, finemente di-spersi nel substrato da idrogenare. Tali catalizzatori sonocostituiti da solfuri di metalli di transizione e quindi nonhanno funzioni acide, per cui la conversione (cracking)resta un fatto puramente termico.

Lo sviluppo delle tecnologie di idrogenazione concatalizzatori dispersi nel campo dell’upgrading di cari-che idrocarburiche pesanti è riconducibile a FriedrichBergius, che negli anni Trenta sviluppò processi di idro-genazione di greggi pesanti e di liquefazione diretta del

151VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

TECNOLOGIE EMERGENTI PER LA CONVERSIONE DI RESIDUI

Page 16: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

carbone nei quali il catalizzatore era costituito da unamiscela di ossidi di Fe, Al e Ti (v. cap. 2.4). Successiva-mente, sono stati proposti e utilizzati numerosi altri cata-lizzatori a base di Fe, Mo e in generale di metalli del-l’VIII gruppo, anche se la molibdenite microcristallinagenerata da precursori solubili in olio resta di gran lungail catalizzatore più efficiente. Come ricordato in prece-denza, questi catalizzatori sono poco sensibili ai velenie pertanto non presentano problemi di disattivazionedovuti alla deposizione di coke e metalli sui pori del sup-porto; ciò li rende particolarmente interessanti per il trat-tamento di cariche caratterizzate dall’altissima concen-trazione di metalli, zolfo, azoto e asfalteni.

Il limite principale dei catalizzatori dispersi è sicu-ramente rappresentato dalla difficoltà del loro recuperodal residuo non convertito, tanto che sono stati quasisempre privilegiati catalizzatori poco costosi (in parti-colare a base di Fe) o soluzioni che utilizzano materialipiù attivi ma a basse concentrazioni, per evitare la fasedi separazione e recupero dal prodotto non convertito.In entrambi i casi il livello di upgrading dei prodottirisulta medio-basso. Questo problema ha fortementecondizionato lo sviluppo a livello industriale di tutte le

soluzioni tecnologiche basate sull’uso di catalizzatori infase dispersa, che si differenziano per natura del cata-lizzatore, assetto del reattore, modalità di recupero e rici-clo del catalizzatore, ecc. Alcune di queste soluzioni sonoarrivate fino alla dimostrazione su impianto pilota opreindustriale, ma per il momento non sono stati anco-ra realizzati veri e propri impianti di taglia industriale(SFA Pacific Inc., 2003).

Processo VEBA CombiCracking (VCC)Questo processo nasce dall’esperienza pluridecenna-

le dell’industria tedesca nel campo dell’idrogenazione adalta pressione di cariche idrocarburiche pesanti e carbo-ne. Il cuore del processo è un reattore slurry dove avven-gono le reazioni di cracking e di idrogenazione in faseliquida (LPH, Liquid Phase Hydrogenation) in condizionidi alta temperatura (450-490 °C) e pressione (oltre 250bar) e in presenza di un catalizzatore/additivo a base diferro/carbone, che limita la formazione di coke e favori-sce la demetallizzazione. Questa unità è integrata con unreattore a letto fisso operante in fase gas (GPH, Gas PhaseHydrogenation) per l’ulteriore idrogenazione dei prodotti.

La tecnologia VCC è stata sviluppata fino a livellodi impianto dimostrativo da 4.000 bbl/d presso la raffi-neria Ruhr Oel di Bottrop. Tale unità ha operato per diver-si anni (1988-1993) processando cariche diverse (resi-dui, greggi pesanti, carbone e residui della plastica) peressere poi smantellata nel febbraio 2000. Al momentonon si prevedono ulteriori sviluppi della tecnologia ancheper le vicende legate alla incorporazione di VEBA Oelda parte di BP.

Processi HDH e HDHPlusIl processo HDH (Hydrocracking-Distillation-Hydro-

treating) è stato sviluppato da Intevep-PDVSA a partiredagli anni Ottanta sulla falsariga del processo VEBACombiCracking. Rispetto a quest’ultimo, HDH opera incondizioni relativamente più blande, ovvero a tempera-tura di 420-480 °C, pressione di 130 bar, velocità spazia-le (WHSV, Weight Hourly Space Velocity) 0,4-0,8 h�1,utilizzando solfato di Fe come catalizzatore.

Le performance indicate parlano di conversione mas-sima in distillati intorno al 95% con la seguente seletti-vità: naphtha 21%, gasolio atmosferico (AGO, Atmos-pheric Gas Oil) 43% e gasolio da vuoto (VGO, VacuumGas Oil) 36%. I distillati prodotti devono comunque esse-re riprocessati mentre il residuo viene incenerito per recu-perare il catalizzatore.

Il processo, inizialmente studiato da Intevep utiliz-zando due taglie di impianto pilota da 0,3 e 3 bbl/d, èstato successivamente sviluppato su scala maggiore(impianto da 150 bbl/d) utilizzando gli impianti VEBApresenti nella raffineria di Bottrop dove, dal 1986 al 1988,sono state condotte diverse campagne di prove per oltre7.000 ore utilizzando greggio Morichal.

152 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

IDROCARBURI DA FONTI FOSSILI NON CONVENZIONALI E ALTERNATIVE

tab. 10. Rese e qualità dei prodotti da letto ebullato

Carica AthabascaMiscela

messicana

Taglio TBP 540 °C+ * 538 °C+ *

Densità API 1,9 1,5

Zolfo (% in peso) 5,89 4,7

Resa prodotti (% in peso)

Gas idrocarburici C1-C4 8,6 8,6

Naphtha 5,6 5,6

Gasolio atmosferico 14,2 14,2

Gasolio vacuum 28,4 28,4

Residuo vacuum 43,2 43,2

Caratteristiche distillati

Densità API 29,1 29,3

Zolfo (% in peso) 0,20 0,16

Caratteristiche residuo vacuum

Densità API 5,9 6,0

Zolfo (% in peso) 1,6 1,3

Metalli (ppm) 290 393

* È indicata in questo modo la frazione di distillati che bolle al di sopradella temperatura riportata.

Page 17: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

Nella versione più recente, denominata HDHPlus,il catalizzatore contiene anche Mo incorporato su coke,in modo da migliorare il grado di dispersione e facili-tarne la separazione dal residuo pesante (pitch) doporeazione.

In seguito, nel periodo 1992-1997, è stato effettuatouno studio per la realizzazione di un impianto industrialeda 15.000 bbl/d presso la raffineria venezuelana Cardonper processare greggio pesante del bacino dell’Orinoco.

Processo CanmetIl processo è stato studiato inizialmente da NCUT

(National Center for Upgrading Technology) negli anniSettanta e successivamente sviluppato con Petro-Cana-da e SNC-Lavalin. Il reattore di hydrocracking è unrecipiente vuoto nel quale la carica viene processata inpresenza di un catalizzatore a base di solfato di Fe depo-sitato su particelle di carbone. Poiché l’attività di desolfo-razione di Fe è molto bassa, può essere aggiunto Mo alivello di decine di ppm sotto forma di naftenato.

I prodotti di reazione vengono frazionati e inviatiall’unità di idrotrattamento (Unifining e Unicracking)mentre il residuo non convertito (5-10% della carica) puòessere bruciato o gassificato.

Alle tipiche condizioni di reazione dell’unità di hydro-cracking, ovvero temperatura 400-490 °C, pressione finoa 140 bar, velocità spaziale LHSV (Liquid Hourly SpaceVelocity) 0,5-2 h�1, le prestazioni indicate nel tratta-mento di bitumi canadesi per diversi gradi di conversio-ne sono riportate in tab. 11.

Nel 1986 è stata realizzata presso la raffineria di Mon-treal una unità dimostrativa di capacità produttiva pari a5.000 bbl/d, tuttora funzionante.

Processo Microcat-RCIl processo, originariamente denominato M-Coke, è

stato sviluppato da Exxon tra gli anni Ottanta e Novan-ta, fino alla configurazione attuale che prevede:• uno stadio di hydrocracking in presenza di cataliz-

zatori micronici a base di molibdeno supportati suparticelle carboniose in fase dispersa (slurry); la rea-zione è condotta in un reattore che opera in un rangedi temperatura di 440-470 °C, a una pressione di idro-geno che può arrivare fino a 170 bar, con velocitàspaziali LHSV tra 0,5 e 2 h�1;

• la separazione dei prodotti di reazione mediante flashe distillazione vacuum, per ottenere un distillato conalte rese della frazione che bolle al di sotto di 560 °Ce produrre un residuo nel quale si concentrano il cata-lizzatore e tutti i metalli della carica (tale residuo puòessere bruciato o gassificato);

• l’idrotrattamento della frazione distillata su reattorea letto fisso per la finitura dei prodotti, che vengonosuccessivamente frazionati in naphtha, gasolio atmo-sferico e gasolio da vuoto.Il processo può raggiungere conversioni fino al 95%

con una distribuzione di prodotti che tipicamente è:naphtha 10-15%, AGO 45-55%, VGO 30-40%. È statotestato a livello di impianto pilota da 8 bbl/d agli inizidegli anni Novanta, ma non vi sono stati ulteriori svi-luppi della tecnologia anche se ExxonMobil resta atti-va nel campo, almeno a giudicare dalla produzione dibrevetti.

Processo (HC)3Il processo denominato (HC)3 (High Conversion/Hydro-

cracking/Homogeneous Catalyst) è stato sviluppato a par-tire dalla fine degli anni Ottanta da Alberta Oil SandsTechnology & Research Authority (AOSTRA) e AlbertaResearch Council (ARC).

La reazione di upgrading è condotta in presenza diun catalizzatore definito ‘colloidale’, formato in situ apartire da precursori oleosolubili quali ferro pentacar-bonile o 2-etilesanoato di molibdeno e, all’occorrenza,da un diluente aromatico per impedire la precipitazionedegli asfalteni. Il prodotto di conversione viene frazio-nato sotto vuoto e il residuo può essere riciclato.

Le condizioni di esercizio dell’unità di hydrocrackingprevedono una temperatura di riferimento intorno a 450°C e una pressione di 140 bar. Anche per questo processovengono indicati livelli di conversione, della frazioneche bolle al di sopra di 500 °C, in gas, distillati leggerie distillati pesanti fino al 95%.

Il processo è stato sviluppato a livello di impiantopilota da 1 bbl/d (fig. 10). Nel corso del 2002 è stato rag-giunto un accordo per il brevetto tra ARC e Hydrocar-bon Research, una società controllata da Headwaters,per lo sviluppo e la commercializzazione della tecnolo-gia (HC)3.

153VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

TECNOLOGIE EMERGENTI PER LA CONVERSIONE DI RESIDUI

tab. 11. Prestazioni processo Canmet. Carica trattata:residuo vacuum Cold Lake

Conversione 525 °C� * (% in peso) 84,2 93,5

Resa in prodotti (% in peso)

Gas idrocarburici C1-C4 9,3 11,5

Naphtha 15,8 19,8

Gasolio atmosferico 29,1 33,5

Gasolio vacuum 30,0 28,7

Upgrading carica

% HDS 62 70

% HDN 31 41

Consumo idrogeno (% in peso) 1,6 2,5

* È indicata in questo modo la frazione di distillati che bolle al di sopradi 525 °C.

Page 18: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

Processo Eni Slurry Technology (EST)Il processo Eni Slurry Technology (EST) è stato

recentemente sviluppato da Snamprogetti ed EniTec-nologie, società del Gruppo Eni (Montanari et al.,2003). Contrariamente alle tecnologie oggi disponibi-li, EST opera in modo da permettere la conversionepressoché completa di cariche petrolifere pesanti adistillati, eliminando la produzione di olio combusti-bile e coke.

Il cuore del processo è costituito da un reattore dihydrotreating (HT) nel quale la carica pesante subisceun trattamento di idrogenazione in condizioni relati-vamente blande (410-420 °C e 160 bar), limitando laconversione a distillati ma garantendo al residuo nonconvertito un sufficiente margine di stabilità. L’idro-trattamento è condotto in presenza di diverse migliaiadi ppm di un catalizzatore a base di molibdeno fine-mente disperso nella massa liquida, in modo da pro-muovere le reazioni di upgrading (demetallizzazione,desolforazione, deazotazione e riduzione del residuocarbonioso). I prodotti idrotrattati in uscita dall’unitàHT sono inviati a una sezione di frazionamento per ilrecupero dei distillati; il residuo non convertito recu-perato dal fondo della colonna di frazionamento è quin-di inviato a una sezione di deasphalting con solvente(SDA) per recuperare l’olio deasfaltenato e demetal-lizzato (DAO), mentre la corrente asfaltenica, conte-nente tutto il catalizzatore, torna all’unità HT per esse-re riprocessata insieme ad altra carica fresca (fig. 11).Dopo un certo numero di ricicli, si raggiunge una con-dizione di stato stazionario che consente di ottenerelivelli di conversione pressoché totali, superando il tra-dizionale limite dei classici processi di conversione,ovvero la perdita di stabilità del prodotto di reazione equindi la deposizione di coke.

La validità tecnica del processo EST è stata dimo-strata attraverso un’attività sperimentale condotta a livel-lo di impianto pilota di capacità pari a 0,3 bbl/d. Il pro-cesso si conferma estremamente flessibile nel trattarediverse tipologie di cariche pesanti, quali residui davacuum da greggi convenzionali (Ural e Arabian Heavy),greggi pesanti (Maya) ed extrapesanti (dell’Orinoco),nonché bitumi da oil sand (Athabasca). In tutti i casi èstata confermata la validità tecnica dello schema, soprat-tutto per quanto concerne la vita del catalizzatore, la rici-clabilità degli asfalteni e la minima quantità di spurgonecessaria per evitare l’accumulo nell’impianto dei metal-li contenuti nella carica. Il processo EST consente laconversione pressoché completa della carica (�95%) egarantisce un eccellente livello di upgrading dei prodotti(tab. 12). La tecnologia è in fase avanzata di sviluppo suun impianto dimostrativo da 1.200 bbl/d realizzato all’in-terno di una raffineria Eni.

154 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

IDROCARBURI DA FONTI FOSSILI NON CONVENZIONALI E ALTERNATIVE

carica

reat

tore

sepa

rato

re a

dal

ta te

mpe

ratu

ra

dist

illa

zion

eso

tto

vuot

o

hydr

otre

atin

gde

lla

cari

ca c

ombi

nata

�370 °C

�370 °C

prec

urso

re d

elca

tali

zzat

ore

H2 di reintegro gas diriciclo

gas diriciclo

gas diriciclo

lavaggioamminico

gascombustibile

greggiosintetico

acquaacida

soluzioneamminicaricca in H2S

riciclo

residuo

premiscelatore

fig. 10. Schema di processo per la tecnologia (HC)3 (Lott e Lee, 2002).

reat

tore

fraz

iona

tore

SD

A

spurgoriciclo asfalteni e catalizzatore

DAOdistillati

carica

idrogeno

fig. 11. Schema di processo per la tecnologia EST(Montanari et al., 2003).

Page 19: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

Altri processiOltre ai processi citati, esistono altre iniziative indu-

striali che ampliano il ventaglio di tecnologie potenzial-mente disponibili, anche se al momento si trovano in unafase di sviluppo preliminare.

Tra queste ricordiamo il processo Hydrogen TransferCracking, sviluppato da Toyo Engineering Corporation(Giappone) a partire dai primi anni Novanta e basato sul-l’impiego di catalizzatori al ferro su carboni attivi, cheagiscono in modo da adsorbire e desorbire i radicali pro-dotti dal cracking prevenendo la formazione di coke. Ilprocesso opera a pressione relativamente bassa (70-100bar) ma consente comunque di ottenere buoni livelli diupgrading anche processando cariche molto pesanti,come i residui da vacuum Arabian Heavy e Maya o ilgreggio extrapesante Cerro Negro. Le performance indi-cate comportano conversioni massime comprese tra l’85e il 90%, con buoni livelli di upgrading (HDM e HDSintorno al 95 e all’80% rispettivamente). RecentementeToyo ha raggiunto un accordo con l’Instituto Mexicanodel Petróleo (una società affiliata a PEMEX) per la rea-lizzazione di una unità dimostrativa a Tula.

Un altro processo proposto da Nikko Consultingand Engineering Corporation è il cosiddetto SucceedProcess che opera in due stadi: hydrocracking dellacarica con catalizzatori in fase slurry utilizzando uncatalizzatore disperso a base di metalli di transizioneper ottenere una conversione del 60-65%; coking dellaparte che non ha reagito in modo da raggiungere una

conversione totale dell’85%. La compagnia giappone-se sta pianificando la realizzazione di una unità dimo-strativa da 5.000 bbl/d.

Il processo CASH (Chevron’s Activated Slurry Hydro-cracking), proposto da ChevronTexaco, nasce da unalunga attività di ricerca condotta negli anni Ottanta erecentemente ripresa. CASH si basa sull’impiego di uncatalizzatore disperso a base di molibdeno in presenzadi nichel quale promotore. Tale formulazione cataliticasembra particolarmente adatta per favorire la rimozionedi azoto. Il processo prevede anche il riciclo del cataliz-zatore dal fondo della colonna di distillazione. Le con-dizioni operative indicate da Chevron coprono un rangemolto ampio di condizioni: temperatura 400-480 °C,pressione 95-130 bar e concentrazione del catalizzatoreche da 500 ppm può arrivare fino a 10.000 ppm. La fasedi sviluppo del processo CASH è attualmente a livellodi piccolo impianto pilota (0,1 bbl/d).

Infine, la tecnologia denominata GNO-V propostada Genoil è anch’essa in fase di sviluppo a livello diimpianto pilota. Il processo di idrogenazione opera concatalizzatori in fase slurry a 400 °C e 130 bar e consen-te di sottoporre a upgrading bitumi canadesi portando ladensità da 7 a 28 °API, con rese in volume superiori al100% e riducendo lo zolfo dal 5 allo 0,2%. Negli ultimianni Genoil ha stipulato accordi con Syneco Energy (unasocietà canadese proprietaria di riserve di oli non con-venzionali e carbone) e ConocoPhillips per effettuaretest dimostrativi su una unità pilota da 6 bbl/d, la cui

155VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

TECNOLOGIE EMERGENTI PER LA CONVERSIONE DI RESIDUI

tab. 12. Prestazioni del processo EST

Carica Zuata Maya Bitume Athabasca

Taglio TBP 530 °C+ * 500 °C+ * 300 °C+ *

Densità API 2,5 1,5 7,9

Zolfo (% in peso) 4,2 5,2 4,6

Resa prodotti (% in peso)

Gas idrocarburici C1-C4 15,1 9,9 12,9

Naphtha 14,0 3,9 4,1

Gasolio atmosferico 39,1 26,9 39,1

Gasolio vacuum 23,3 34,9 32,1

DAO 8,5 24,4 11,8

Upgrading prodotti

% HDS 86 84 83

% HDN 59 52 47

% HDM �99 �99 �99

% rimozione CCR 98 96 95

* È indicata in questo modo la frazione di distillati che bolle al di sopra della temperatura riportata.

Page 20: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

costruzione è iniziata nel gennaio 2003 a Two Hills (Al-berta, Canada).

2.5.6 Tecnologie per lo sfruttamentodell’oil shale

Il primo utilizzo dell’oil shale può essere fatto risalire al17° secolo, quando in Svezia questa roccia veniva arro-stita per estrarre solfati utilizzati come coloranti. Il primosfruttamento per usi energetici viene invece datato intor-no alla metà dell’Ottocento, con la messa in opera diminiere e dei primi impianti di trattamento in Pennsyl-vania, sviluppati nel secolo successivo (fig. 12).

Negli ultimi decenni lo sfruttamento dell’oil shale siè concentrato in pochi paesi, registrando un picco di 45milioni di t/a lavorate nel 1980; assumendo una resa inolio del 10%, ciò significa una produzione annua di circa4 milioni di t. Nei due decenni successivi, questo valo-re si è significativamente ridotto, tanto che nel 2002 laproduzione mondiale di olio da oil shale (chiamato quin-di shale oil) non ha superato le 600.000 t. Il paese nelquale in assoluto si è registrato il maggior consumo dioil shale è l’Estonia, dove ancora oggi una buona partedel fabbisogno energetico viene coperta da questa fonte;in questo caso però il minerale oleoso viene utilizzato

quasi esclusivamente come combustibile in centrali ter-moelettriche.

Le tradizionali tecnologie per lo sfruttamento dell’oilshale prevedono tre fasi principali: il recupero del mine-rale in miniera; il trattamento termico per la produzionedi gas e dell’olio greggio; l’idrotrattamento (upgrading)dei liquidi fino alla produzione di distillati per il mer-cato dei carburanti.

Il recupero dell’olio dalla roccia che lo contiene passaattraverso un trattamento di pirolisi condotto ad alta tem-peratura per il quale, negli anni, sono state sviluppatediverse soluzioni tecnologiche (Johnson et al., 2004).

Il processo, conosciuto come retorting, inizia a 200 °C,completandosi a temperature più elevate (500-600 °C),e si realizza in reattori denominati storte (retort).

Il principale obiettivo nella progettazione della stor-ta è quello di effettuare il riscaldamento a basso costoutilizzando meno energia possibile. Si possono distin-guere diversi tipi di storte a seconda del modo con cuiviene somministrato il calore all’oil shale frantumato:storte riscaldate da gas in maniera indiretta; storte riscal-date da gas in maniera diretta a combustione interna oesterna; storte riscaldate da solidi in maniera diretta(Matar, 1982).

Nel primo tipo di storta il riscaldamento avviene dal-l’esterno e il calore viene somministrato attraverso unaparete, generalmente in ghisa. Per la sua capacità limi-tata e la bassa efficienza termica del metodo, questo tipodi storta non è stato ulteriormente sviluppato. Il secon-do tipo utilizza gas caldi che attraversano l’oil shale inmaniera diretta, di solito in una fornace verticale (Pro-cesso Union B sviluppato da Unocal). I gas possono esse-re generati attraverso la combustione di una porzionedegli idrocarburi prodotti all’interno della storta (com-bustione interna) o per parziale gassificazione con ariae vapore a 800-850 °C del materiale carbonioso residuo,che resta sul minerale dopo il trattamento di pirolisi (tec-nologia SGR, Stream Gas Recirculation). Questo è unmetodo a basso costo, la cui resa in idrocarburi è peròaltrettanto bassa. Nel terzo tipo di storta, vettori solidipreriscaldati (carrier), per esempio palline di ceramicada 0,5 pollici (1,27 cm) di diametro, si mescolano conl’oil shale e forniscono il calore necessario per la piro-lisi. Il primo processo realizzato seguendo questa solu-zione, noto come TOSCO (The Oil Shale COrporation)II, è stato sviluppato alla fine degli anni Sessanta da unconsorzio di diverse società. Esso utilizza un reattorerotante operante a 500 °C che viene continuamente ali-mentato con il minerale e prevede un sistema piuttostocomplesso di circolazione del carrier, ma offre vantag-gi in termini di resa in olio.

Una tecnologia concettualmente analoga è statasuccessivamente sviluppata da UMA Engineering (Al-berta Taciuk Process, ATP) e attualmente può essereconsiderata la tecnologia di riferimento per questo tipo

156 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

IDROCARBURI DA FONTI FOSSILI NON CONVENZIONALI E ALTERNATIVE

fig. 12. Fornace per il retorting di oil shale, di capacità pari a 200-330 t/d, realizzata negli Stati Uniti negli anni Quaranta (USBM).

Page 21: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

di applicazione. In questo processo il minerale viene dap-prima pirolizzato in un forno rotante per la produzionedi olio (500 °C) e successivamente inviato in un secon-do forno di combustione, dove viene bruciata la quotadi materiale organico che non ha reagito (750 °C), primadi essere parzialmente rimesso in circolo in modo darecuperare il calore necessario per il retorting.

Il gas emesso durante il retorting consiste per la mag-gior parte in monossido e biossido di carbonio, dovutial rilascio di una buona parte dell’ossigeno presente nelkerogene di partenza, idrogeno, solfuro di idrogeno, meta-no e idrocarburi superiori, e può essere impiegato per laproduzione dell’idrogeno necessario per i processi diupgrading o venire utilizzato come gas combustibile.

Il minerale residuo, generalmente materiale di scar-to, deve essere riportato nella cava o depositato in disca-riche. In alcuni casi, in funzione della natura della cari-ca e delle modalità di pirolisi, il minerale residuo puòancora contenere una considerevole quantità di mate-riale organico e quindi può essere bruciato per fornirecalore al processo. Analogamente a quanto avviene neiforni di coking, la reazione di pirolisi comporta infat-ti una sorta di disproporzionamento della matrice idro-carburica, con la produzione di un liquido arricchito inidrogeno e di un residuo carbonioso (coke) che restanel minerale.

Il prodotto generato con il retorting dell’oil shale èun liquido scuro e viscoso con un alto contenuto di ete-roatomi e di composti insaturi prodotti durante la piro-lisi. Rispetto ai greggi pesanti o ai bitumi, i liquidi da oilshale mostrano un’elevata concentrazione di struttureidrocarburiche ad alto rapporto H/C, dovuta al fatto cheil kerogene di partenza contiene un’alta percentuale distrutture paraffiniche.

La distribuzione dei distillati negli shale oil è legataalla tecnologia di retorting utilizzata ma in generale è simi-le a quella dei prodotti da coking di residui petroliferi.

Per quanto riguarda il contenuto di eteroatomi, glishale oil sono caratterizzati dal fatto di contenere, oltreallo zolfo, significative quantità di ossigeno e azoto. Iliquidi di pirolisi possono poi includere diverse decinedi ppm di metalli e tra questi soprattutto ferro, ma anchetracce di nichel, vanadio e arsenico; quest’ultimo ele-mento può creare seri problemi di avvelenamento ai cata-lizzatori di idrogenazione. L’upgrading degli shale oilper produrre carburanti fa infatti riferimento alle classi-che tecnologie sviluppate nel campo della raffinazionedel petrolio, e in particolare agli idrotrattamenti.

Una soluzione alternativa alla conversione degli shaleoil in liquidi via retorting è rappresentata dalla cosid-detta in situ conversion. Tale tecnologia è stata inizial-mente proposta negli Stati Uniti intorno agli anni Ses-santa da diverse società minerarie, tra le quali in parti-colare Occidental Oil Shale. L’idea era quella di iniettarearia e vapore nel giacimento, provocando la parziale

combustione del materiale organico (in situ combustion)e quindi il riscaldamento della formazione raggiungen-do temperature di 700-800 °C (Braun et al., 1984). Inquesto modo il processo di pirolisi viene condotto diret-tamente nel giacimento, dal quale si possono poi recu-perare i prodotti di conversione utilizzando opportunipozzi produttori. Allo scopo di ottimizzare la tecnolo-gia, sono state proposte diverse soluzioni che riguarda-no soprattutto le modalità di coltivazione del giacimen-to, ovvero la disposizione dei pozzi iniettori e produtto-ri, ma i diversi tentativi hanno sempre evidenziato notevolidifficoltà nel controllare il fronte di combustione e quin-di nel garantire una ragionevole produttività in olio.Attualmente si sta valutando un approccio diverso cheprevede la realizzazione di una serie di pozzi verticalinel giacimento di oil shale, i quali vengono poi scaldatio elettricamente, o per mezzo di vapore surriscaldato, oancora utilizzando i gas caldi prodotti dalla parziale com-bustione del materiale organico. In questo modo la for-mazione viene portata a una temperatura dell’ordine diqualche centinaio di gradi Celsius e mantenuta in que-ste condizioni per diversi anni. L’alta temperatura acce-lera il naturale processo di degradazione del kerogene inolio (già intorno a 300 °C le cinetiche di degradazionedel kerogene aumentano in modo significativo; Lewanet al., 1979), che può quindi essere estratto come un greg-gio tradizionale da un pozzo produttore. Le rese di con-versione sono più basse di quanto si otterrebbe con il tra-dizionale retorting (circa il 20% in peso rispetto al mate-riale organico), ma la qualità dell’olio prodotto èdecisamente superiore, come mostrato in tab. 13, e soprat-tutto si riducono in modo significativo le problematichedi tipo ambientale legate al recupero del minerale e allamessa in discarica dei residui di lavorazione.

2.5.7 Principali progetti di sviluppo

Attualmente esistono numerosi progetti (avviati o in avan-zato stato di sviluppo) relativi allo sfruttamento indu-striale di oli non convenzionali.

Per quanto riguarda i greggi extrapesanti, in Vene-zuela sono stati realizzati quattro progetti per lo sfrutta-mento dei greggi del Bacino dell’Orinoco per un totaledi 634.000 bbl/d, con produzione di 573.000 bbl/d digreggio sintetico avente densità API variabile da 16 a 32.Sono in corso trattative con la compagnia di stato vene-zuelana (PDVSA) per l’incremento della produzione fi-no a circa 2 milioni di barili al giorno al 2010-2012. Latab. 14 mostra i dati più significativi di tali progetti.

In Canada, nella provincia di Alberta, si trattano attual-mente circa 1,1 milioni di bbl/d di oil sand per produr-re in parte greggio sintetico e in parte bitume diluito conun flussante (costituito generalmente da naphtha) al fi-ne di ridurne la viscosità per permetterne il trasporto.

157VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

TECNOLOGIE EMERGENTI PER LA CONVERSIONE DI RESIDUI

Page 22: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

158 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

IDROCARBURI DA FONTI FOSSILI NON CONVENZIONALI E ALTERNATIVE

tab. 13. Confronto delle rese e qualità dei prodotti ottenuti dal trattamento di oil shale statunitensemediante processi diversi

Retorting tradizionale Processo TOSCO Processo Union Oil Processo Shell ICP

Caratteristiche olio

Densità API 19,8 21,2 18,6 38

H/C 1,63 1,64 1,70 1,84

Zolfo (% in peso) 0,7 0,9 0,9 0,5

Azoto (% in peso) 2,1 1,9 2,0 1,0

Ossigeno (% in peso) 1,6 0,8 0,9 0,5

Numero di bromo* 33 49 n.d. n.d.

Ni + V (ppm) 10 9 5 2

Fe (ppm) 108 100 55 9

Distribuzione distillati (% in volume) **

C5-230 °C 11 23 5 45

230-343 °C 25 21 25 39

343-554 °C 54 56 70 16

554 °C� 10 – – –

* Il numero di bromo è un parametro che quantifica il contenuto di olefine in un taglio idrocarburico.** I distillati sono divisi in gruppi a partire dai pentani fino agli idrocarburi che bollono alle temperature indicate.

tab. 14. Progetti per lo sfruttamento di greggi extrapesanti venezuelani

Petrozuata Cerro Negro Sincor Hamaca

Operatore Petrozuata ExxonMobil Sincor Petrolera Ameriven

Quote di partecipazione (%)ConocoPhillips 50,1PDVSA 49,9

ExxonMobil 41,7PDVSA 41,7BP 16,6

Total 47PDVSA 38Statoil 15

ConocoPhillips 40PDVSA 30ChevronTexaco 30

Riserve (gbbl) 1,4 1,4 2,3 2,2

CAPEX totali (miliardi di dollari) 3,9 2,0 4,6 4,5

CAPEX per l’upgrader(miliardi di dollari)

1,5 0,7 2,5 2,0

Produzione heavy oilingresso upgrader (bbl/d)

120.000 120.000 204.000 190.000

Produzione syncrude uscitaupgrader (bbl/d)

108.000 105.000 180.000 180.000

Densità syncrude (°API) 20-26 16 32 26

Tecnologia upgraderDelayed coking

Naphtha hydrotreatingDelayed coking

Naphtha hydrotreating

Delayed cokingHydrocrackingHydrotreating

Delayed cokingHydrocrackingHydrotreating

Page 23: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

L’elenco aggiornato dei principali progetti industriali èriportato in tab. 15.

Infine, per quanto riguarda l’oil shale, benché a livel-lo internazionale si possano contare diverse iniziative diricerca e sviluppo mirate a sperimentare soluzioni per ilsuo sfruttamento, soprattutto in Canada, Australia, Cina,Russia e Israele, le applicazioni a livello industriale odimostrativo sono ancora molto limitate.

Tra queste, da segnalare il progetto portato avan-ti da due compagnie australiane, la Southern PacificPetroleum NL e la Central Pacific Minerals NL, che nel1995 hanno siglato un accordo con la società canadeseSuncor Energy per sviluppare una filiera tecnologicaper lo sfruttamento del deposito australiano denomina-to Stuart. La prima fase di questo progetto è stata com-pletata nel 1999 con la realizzazione di un complessoindustriale per il trattamento di 6.000 t/d di minera-le, dal quale vengono prodotti 4.500 bbl/d di un olio

leggero (42 °API) contenente lo 0,4% in peso di zolfoe l’1% in peso di azoto. La tecnologia di trattamento uti-lizzata per l’estrazione dell’olio è la già citata AlbertaTaciuk Processor (ATP).

In Estonia sono attualmente operativi tre impianti diretorting che producono 8.000 bbl/d di liquidi. In pro-spettiva, la società chimica privata Viru Keemia Grupp(VKG) ha in programma la realizzazione di un impiantoda 4 milioni di bbl/a di distillati (naphtha e gasolio) la cuiredditività dovrebbe essere incrementata dalla possibilitàdi estrarre dall’olio di pirolisi derivati ossigenati per l’in-dustria chimica (in particolare fenoli e cresoli).

Ricordiamo infine che in Brasile è tuttora funzio-nante uno dei più grandi impianti di retorting con com-bustione a gas (Petrosix), attraverso il quale vengonoprodotti giornalmente 3.870 bbl di liquidi.

Per quanto riguarda il processo di in situ conversion,negli ultimi 15 anni sono stati effettuati diversi studi e

159VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

TECNOLOGIE EMERGENTI PER LA CONVERSIONE DI RESIDUI

tab. 15. Principali progetti di sviluppo canadesi relativi allo sfruttamento industriale di oli non convenzionali

Compagnia Progetto Capacità (bbl/d)Costo

(milioni di dollari)Stato attuale Inizio

Shell Canada, ChevronCanada e Western Oil Sands

Muskeg River 155.000 5.700 Operativo 2003

Syncrude Canada Aurora 140.000 5.000 In costruzione 2005

Suncor Energy Inc. Firebag 105.000 2.100 In costruzione 2007

Petro-Canada Meadow Creek 80.000 800 Proposta 2007

Nexen Petroleum & OPTI Canada

Long Lake 30.000 2.600 Proposta 2007

Imperial Oil Nabiye 30.000 1.000 Proposta 2006

TrueNorth Energy& UTS Energy

Fort Hills 95.000 3.500 Congelato ?

Japan Canada Oil Sands Ltd.

Hangingstone 35.000 250Proposta in fasedi registrazione

2007

Husky Energy Inc. Tucker Lake 30.000 350 Proposta 2006

EnCana Corp. Christina Lake 70.000 900 Impianto pilota 2007

Devon Canada Corp. Jackfish 35.000 400 Proposta in preparazione 2007

Syneco Energy Northern Lights 80.000 3.500Proposta preliminare

registrata2007

ConocoPhillips Canada,TotalFina & Devon Energy

Surmont 100.000 1.000 Proposta 2006

Canadian Natural ResourcesLtd.

Horizon 232.000 8.000 Proposta 2011

Deer Creek Energy &Enerplus Resources Fund

Joslyn Creek 40.000 450 Proposta in preparazione 2008

Black Rock Ventures Hilda Lake 20.000 260 Proposta 2005

Page 24: Tecnologie emergenti per la conversione di residui

test sul campo per ottimizzare la tecnologia. Di partico-lare rilevanza il lavoro che viene svolto da Shell circa losviluppo della tecnologia denominata ICP (In situ Con-version Process), in fase di sperimentazione avanzata nelbacino Piceance Creek in Colorado, mentre un nuovoprogetto è stato annunciato nel Nord-Est della Cina, nellaprovincia di Jilin.

Bibliografia citata

ALDRIDGE C.L., BEARDEN R. JR. (1978) US Patent 4066530 toExxon Research Engineering.

Altgelt K.H., Boduszynski M.M. (1993) Composition andanalysis of heavy petroleum fractions, New York, MarcelDekker.

Barton A.F.M. (1991) CRC handbook of solubility parametersand other cohesion parameters, Boca Raton (FL), CRC.

Braun R.L. et al. (1984) Results of mathematical modellingof oil shale retorting in an aboveground, internal combustionretort, «Fuel Processing Technology», 9, 125-138.

Bunger J.W. et al. (2004) Is oil shale American’s answer topeak-oil challenge?, «Oil & Gas Journal», August, 16-24.

Cimino R. et al. (1995) Solubility and phase behaviour ofasphaltenes in hydrocarbon media, in: Sheu E.Y., MullinsO.V. (edited by) Asphaltenes. Fundamentals andapplications, New York, Plenum Press.

Delbianco A. et al. (1995) Upgrading heavy oil using slurryprocessing, «CHEMTECH», November, 35-43.

Dyni J.R. (2004) Oil shale. World energy council, in: Surveyof energy resources 2004, Amsterdam, Elsevier.

IEA (International Energy Agency) (2004) World energy outlook2004, Paris, Organization for Economic Cooperation andDevelopment/IEA.

Johnson H.R. et al. (2004) Strategic significance of America’soil shale resource, 2v: Volume II: Oil shale resources,technology and economics, US DOE Office of navalpetroleum and oil shale reserves.

Lewan M.D. et al. (1979) Generation of oil-like pyrolysatesfrom organic rich shales, «Science», 203, 897-899.

Lille Ü. et al. (2003) Molecular model of Estonian kukersitekerogen evaluated by 13C MAS NMR spectra, «Fuel», 82,799-804.

Long R.B. (1979) The concept of asphaltenes, in: Proceedingsof the 178th meeting of the American Chemical Society,Washington (D.C.), 10-11 September, 891-900.

Lott R., Lee L.K. (2002) Upgrading of heavy crude oils andresidues with (HC)3TM hydrocracking technologies,Lawrenceville (NJ), Hydrocarbon Technology Inc.

Matar S. (1982) Synfuels. Hydrocarbon of the future, Tulsa(OK), PennWell.

Montanari R. et al. (2003) Production of ULS fuels fromheavy feedstocks, «Petroleum Technology Quarterly»,Winter, 61-67.

Murgich J. et al. (1996) Molecular recognition and molecularmechanics of micelles of some asphaltenes and resins,«Energy & Fuels», 10, 68-76.

Panariti N. et al. (2000) Petroleum residue upgrading withdispersed catalysts. I: Catalyst activity and selectivity,«Applied Catalysis A. General», 204, 203-213.

Perrodon A. et al. (1998) The world’s non-conventional oil& gas, «Petroleum Economist», March.

SFA Pacific Inc. (2003) Upgrading heavy crude oils andresidues to transportation fuels. Technology, economics,and outlook. Phase 7, Multisponsored reports, Petroleumprocessing program, SFA Pacific Inc., 4, 39-48.

Sheremata J.M. et al. (2004) Quantitative molecularrepresentation and sequential optimization of Athabascaasphaltenes, «Energy and Fuels», 18, 1377-1384.

Speight J.G. (1980) The chemistry and technology of petroleum,New York, Marcel Dekker.

Speight J.G. (2004) Petroleum asphaltenes. I: Asphaltenes,resins, and the structure of petroleum, «Oil & Gas Scienceand Technology», 59, 467-477.

Tominaga H., Tomaki M. (1997) Chemical reactor and reactordesign, New York, John Wiley.

Zuideveld P., de Graaf J. (2003) Overview of Shell globalsolutions’ worldwide gasification developments, in:Proceedings of the Gasification technology conference,San Francisco (CA), 12-15 October.

Alberto DelbiancoEniTecnologie

San Donato Milanese, Milano, Italia

Romolo MontanariSnamprogetti

San Donato Milanese, Milano, Italia

160 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

IDROCARBURI DA FONTI FOSSILI NON CONVENZIONALI E ALTERNATIVE