TEATRO LORENZO DA PONTE VITTORIO VENETO Venerdì 1 … · questo senso la felicità è una...

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CLASSICI CONTRO 2019 ANTHROPOS UNIVERSITÀ CA' FOSCARI VENEZIA CLASSICI CONTRO TEATRO LORENZO DA PONTE VITTORIO VENETO Venerdì 1 febbraio 2019, ore 20.30 ANTHROPOS DIRITTI E DOVERI DELL'UOMO LICEO MARCANTONIO FLAMINIO «IL DIRITTO ALLA FELICITÀ» LE DOMANDE DEI GIOVANI A SALVATORE NICOSIA SULLA FELICITÀ Il primo incontro del progetto “Classici Contro 2019 Anthropos” si svolgerà al Teatro da Ponte di Vittorio Veneto, che ospiterà la lectio magistralis di Salvatore Nicosia, Professore Emerito dell’Università di Palermo. Il nucleo concettuale dell’intervento sarà l’analisi dei diritti imprescindibili ed inalienabili dell’uomo per il conseguimento della felicità.

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CLASSICI CONTRO 2019 ANTHROPOS UNIVERSITÀ CA' FOSCARI VENEZIA

CLASSICI CONTRO

TEATRO LORENZO DA PONTE VITTORIO VENETO

Venerdì 1 febbraio 2019, ore 20.30

ANTHROPOS DIRITTI E DOVERI DELL'UOMO

LICEO MARCANTONIO FLAMINIO

«IL DIRITTO ALLA FELICITÀ» LE DOMANDE DEI GIOVANI A SALVATORE NICOSIA

SULLA FELICITÀ

Il primo incontro del progetto “Classici Contro 2019 Anthropos” si svolgerà al Teatro da Ponte di Vittorio Veneto, che ospiterà la lectio magistralis di Salvatore Nicosia, Professore Emerito dell’Università di Palermo. Il nucleo concettuale dell’intervento sarà l’analisi dei diritti imprescindibili ed inalienabili dell’uomo per il conseguimento della felicità.

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Partendo dalla distinzione, già delineata dagli antichi Greci, tra il carattere individuale e quello sociale della felicità, il primo spunto sarà la socialità, attraverso le testimonianze più autorevoli di Platone ed Aristotele. Il Professore dialogherà con gli allievi del Liceo Flaminio, che, durante la serata, saranno anche protagonisti degli intermezzi musicali e delle azioni sceniche. L’obiettivo dell’incontro vuole essere quello di sensibilizzare i giovani e tutti i cittadini intorno agli “affari politici”, nel senso più antico di politica, come dimensione precipua dell’uomo. In primo luogo l'uomo è un “polites”, alla Politeia – la nostra Costituzione – riferiva tutte le sue azioni e da essa traeva le ragioni etiche della sua condotta. L’intervento mira a far recuperare un tratto peculiare della natura umana, offrendo degli spunti di riflessione per tracciare un percorso di philia ed eudaimonia sociali.

L’iniziativa prosegue l’azione già avviata lo scorso anno con il tema Dike, concentrandosi nello specifico sul rapporto fra diritto e felicità. Vuole inoltre ricordare il LXX Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, che ha ispirato la nostra vita e i nostri pensieri europei dopo le tragedie di due guerre mondiali.

Sulla scena ascolteremo i giovani del Liceo Flaminio rivolgere le

loro domande sulla felicità al professor Salvatore Nicosia, sentiremo gli aforismi che hanno cercato in tutte le letterature d'Europa e del mondo, ma soprattutto esprimeranno davanti a tutti i cittadini i loro desideri di giovani per la loro città, per il loro paese, per la vita di tutti.

Qualcuna delle domande e qualcuno degli aforismi..., mentre i desideri li ascolteremo solo sulla scena nell'azione finale.

DOMANDE SULLA SCENA

1) La parola “felicità” in greco si dice “eudaimonia”, costituita dal

prefisso “eu” e “daimon”. Il “daimon” è un agente divino, che si manifesta ed interviene nel corso degli eventi, raddrizzando l’accadere. Vale come una parte costitutiva del soggetto stesso. In questo senso la felicità è una costruzione tutta personale. Il problema è che siffatta acquisizione, che implica un percorso graduale e lungo, si scontra con la sorte, quando quest’ultima si manifesta in “dystychia”. La “dystychia” è una dimensione esterna, con la quale il soggetto, che pur possiede il Daimon, si scontra. Da qui parte il confronto tra queste due entità: intrinseca l’una ed estrinseca l’altra. Ancora oggi il problema della felicità ci pare legato alla contrapposizione con la sfortuna, che, di tanto in tanto, ci invia disgrazie o quanto meno eventi non comprensibili, non accettabili e razionalizzabili. Quali risorse abbiamo noi oggi a disposizione per sostenere questo scontro?

2) Da dove nasce la nostra difficoltà di definire la felicità? Perché

non riusciamo a concretizzarla in un’immagine? Perché siamo sempre tentati di assimilarla ad un’idea del passato, che rivive in noi attraverso

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il ricordo, “mnema”, o a proiettarla in un ipotetico futuro, tramite la rappresentazione di una speranza, “elpis”? Perché non riusciamo a legarla al presente?

3) Platone ed Aristotele dicevano che cercare la felicità vuol dire

innanzitutto chiedersi quale sia la natura dell’uomo per rintracciare quel tratto distintivo che lo rende diverso dagli animali e dalle piante, che pur, come l’uomo, sono esseri viventi. Platone diceva che occorre che “ciascuno faccia nel modo migliore le proprie cose. Aristotele parla di “ergon”, l’opera propria dell’uomo e la individua nell’esercizio della mente, che lo porta a comprendere che è un UNO NEL TUTTO. Come possiamo noi oggi ritrovare questa dimensione peculiare della natura umana, come e dove possiamo esercitare la mente per agire secondo virtù, cosa significa essere una parte della totalità cosmica e delineare a partire da questa “coscienza” il sentiero verso la felicità?

4) Partendo dalla massima delfica “Conosci te stesso”, Aristotele

individua due dimensioni dell’uomo: la prima come essere sociale, nella misura in cui vive con gli altri e costituisce una comunità; la seconda come entità in sé. Nel governo della città si possono compiere “belle e magnifiche azioni”, ovvero imprese virtuose che procurano felicità perché legano l’uomo al tessuto sociale. Tuttavia, la felicità che si raggiunge nella città non è totalmente indipendente dalle circostanze esterne e dai beni materiali: chi vuol partecipare alla politica ha pur sempre bisogno di amici e di una certa disponibilità economica. In buona sostanza, la “felicità politica/sociale” ha bisogno di altri e di cose che non sono insite nel Soggetto. Per la felicità della seconda dimensione serve il “logos” che riporta l’individuo a percepire misticamente il ritmo dell’universo. In questo modo si realizza la seconda koinonia come partecipazione/comunione alla realtà dell’universo. Noi oggi dovremmo compiere il percorso inverso: non partire dalla comunanza sociale ma pervenire a questa. Ci sentiamo estranei alla socialità, un po’ per diversità culturale rispetto ai Greci, un po’ perché l’osservazione dei fatti ci induce a pensare che la politica non sia una dimensione nella quale realizzarci felicemente o dalla quale trarre una parte di felicità. Come invertire questo movimento? Come ritrovare la fiducia nella felicità sociale?

5) Forse non raggiungiamo oggi la felicità perché inseguiamo

“eidola”. Anche gli antichi parlano dell’incapacità di raggiungerla quando si inseguono apparenze ingannevoli. Parlando della felicità, la assimiliamo alla “realizzazione economica”, ad uno “stile di vita confortevole/lussuoso”. Esempi, però, di gente appagata economicamente non confermano questo automatismo. I Greci dicevano che serviva abbandonare le false apparenze in nome dell’amore della sapienza. Secondo questa prospettiva, la pienezza della felicità si compiva dopo un lungo lavoro intento a staccarsi da tutto ciò che coincide con il benessere materiale: un’“askesis” che si

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basava sul philosophein. La filosofia per noi oggi è una disciplina confinata nelle scuole, e per giunta solo in alcune, e nelle torri isolate di alcuni studiosi: al contrario dei Greci non la troviamo nell’agorà e non la pratichiamo ovunque ed in qualunque momento. Come possiamo riappropriarci di questa praxis della filosofia, come possiamo riportarla alla nostra quotidianità affinché ci aiuti a liberarci di quelle phantasiai che ci offuscano e ci bloccano nel percorso della vera felicità?

6) I condizionamenti culturali e sociali, che agiscono su di noi più o

meno consapevolmente, ci portano a vedere la felicità come raggiungimento del benessere materiale e come appagamento dei bisogni. Solone, in visita a Creso, tenta di spiegargli che la potenza di un regno e la profusione di ricchezze (“olbos”) non costituiscono alcuna premessa né garanzia per potersi ritenere felici, in quanto solo l’uomo che è giunto sino alla morte incolume dinanzi ai colpi della tuche può veramente essere ritenuto felice. L’argomentazione soloniana, sopra sintetizzata, pone la prima domanda: visto che si può conferire il titolo di beatus solo post mortem non esiste la felicità? Il desiderio di felicità è vacuo?

Epicuro, invece, diceva che la felicità si raggiunge attraverso l’atarassia e l’aponia. La prima rinvia all’assenza di dolore emotivo, la seconda a quello di dolore fisico. Per equilibrare corpo ed anima, Epicuro suggeriva di valutare i piaceri, attuando un discrimen tra quelli necessari e naturali, tra quelli naturali ma non necessari e quelli né naturali né necessari.

La tesi di Solone propone una rappresentazione della felicità irrealizzabile, mentre quella di Epicuro fattibile ma solo attraverso una totale dedizione all’austerità e disciplina.

Ci può suggerire qualche strada più percorribile rispetto a quella pessimistica di Solone, magari individuando desideri naturali e necessari per l’uomo dei nostri tempi?

AFORISMI PER LA FELICITÀ

• La felicità materiale riposa sempre sulle cifre (Honoré di Balzac) • La felicità dell’uomo moderno: guardare le vetrine e comprare tutto

quello che può permettersi, in contanti o a rate (Erich Fromm) • La vera felicità costa poco; se è cara, non è di buona qualità (François

René de Chateaubriand) • La felicità non consiste nell’acquistare e godere ma nel non desiderare

nulla, perché consiste nell’essere liberi (Epitteto) • La più grande felicità è conoscere le cause dell’infelicità (Fedor

Dostoevskij) • Non distinguere dio dalla felicità e poni tutta la tua felicità nell’istante

(André Gide)

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CLASSICI CONTRO 2019 ANTHROPOS UNIVERSITÀ CA' FOSCARI VENEZIA

• Perché la felicità diventi sostanziale e dia tono all’esistenza occorrono il ricordo che identifica, la conoscenza che placa, l’idea filosofica o religiosa, insomma il concetto. Ci sono animali felici, ma come è breve il respiro di questa felicità! (Theodor Adorno)

• Non c’è dovere che sottovalutiamo tanto quanto il dovere di essere

felici (Robert Louis Stevenson) • Non è nel potere della nostra volontà non desiderare di essere felici

(Nicolas de Malebranche) • Cercare la felicità in questa vita, ecco il vero spirito di rivolta. Che

diritto abbiamo alla felicità? (Henrik Ibsen)

Azioni del Liceo Marcantonio Flaminio

a cura di Lorena Serlorenzi, Santina Alfieri, Stefania Crozzoli

CLASSICI CONTRO

a cura di Alberto Camerotto e Filippomaria Pontani UNIVERSITÀ CA' FOSCARI VENEZIA

DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI ASSOCIAZIONE ITALIANA DI CULTURA CLASSICA VENEZIA

http://www.unive.it/classicicontro