TAVOLA ROTONDA: LE PARTECIPATE DEGLI ENTI LOCALI … tavola... · Il codice civile del 1942 vietava...

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FIRENZE 4-5 NOVEMBRE 2011 PALAZZO DEI CONGRESSI TAVOLA ROTONDA: LE PARTECIPATE DEGLI ENTI LOCALI TRA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E MERCATO documento per la discussione a cura del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili

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FIRENZE4-5 NOVEMBRE 2011

PALAZZO DEI CONGRESSI

TAVOLA ROTONDA:

LE PARTECIPATE DEGLI ENTI LOCALI TRA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E MERCATO

documento per la discussione

a cura delConsiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili

Indice

PRIMA PARTE

COSTITUZIONE DELLA HOLDING

Premessa .............................................................................................................................................. 3

1.

Premessa.........................................................................................................................................3

1. La Holding nel sistema degli enti locali e nel diritto societario: cenni........................................5

1.2 L’attività della Holding: l’assunzione di partecipazioni e la direzione e coordinamento .........6

1.3 La costituzione della Holding dell’ente locale alla luce del diritto pubblico.............................8

1.3.1 Società c.d. degli “asset”.....................................................................................................11

1.3.2 Società che si occupano dell’ erogazione dei servizi pubblici locali.....................................11

1.3.3 Società c.d. “in house”.........................................................................................................12

1.3.4 Società strumentali ..............................................................................................................15

1.3.5 Altre società..........................................................................................................................15

2. Le funzioni di indirizzo e controllo dell’ente locale attraverso la società Holding....................16

3. Il sistema di governance attraverso la Holding.......................................................................16

3.1.1 In ambito societario.............................................................................................................17

3.1.2 In ambito dell’ente socio le caratteristiche della governance devono riguardare:.............19

3.2.1 Lo statuto dell’ente locale ..................................................................................................19

3.2.2 Il regolamento comunale ....................................................................................................19

3.2.3. Lo statuto della Holding......................................................................................................20

4. Il trasferimento delle partecipazioni........................................................................................20

5. La previsione economico patrimoniale e finanziaria della Holding..........................................20

6. Gli effetti positivi conseguibili attraverso al Holding nelle funzioni di indirizzo e controllo.....21

6.1 approccio strategico. ..............................................................................................................21

6.3 superamento delle asimmetrie informative...........................................................................21

2

6.4 omogeneità dell’informazione ...............................................................................................22

6.5 regole certe per le comunicazioni economico finanziarie......................................................22

6.6 Holding perno della struttura di governance attraverso il Regolamento per il controllo delle

partecipate.....................................................................................................................................22

SECONDA PARTE

HOLDING DEGLI ENTI LOCALI, ATTIVITA’ FINANZIARIA E MODELLI DI GOVERNANCE

1. L’ interesse suscitato dalle holding degli enti locali …................................................................ 23

2. L’inquadramento della Holding come strumento di governance ............................................... 27

3. La holding: la Legge Finanziaria 2008 e l’articolo 13 del decreto Bersani .................................. 27

3.1. Le holding delle regioni ……………………………………………………………………………………………….……. 30

3.2. Le holding degli enti locali ………………………………………………………………………………………………… 31

4. Le modifiche al testo unico bancario alla disciplina dei servizi finanziari ……………………………….. 32

5. Conclusioni ……………………………………………………………………………………………………………………………. 35

Premessa

Il modello organizzativo della società Holding comunale è una prassi già da tempo applicata nell’ambito

degli enti locali e la letteratura specializzata ne ha approfondito lo studio.

La dottrina ha esaminato e condiviso il modello Holding attraverso la “… enucleazione di una società

Holding, in genere nella forma di società di capitali a totale partecipazione pubblica locale, cui vengono

conferite tutte le partecipazioni in società che gestiscono servizi di rilevanza economico imprenditoriale.

[…] Tale modello realizza una maggiore specializzazione di funzioni economiche svolte, accorpando in capo

3

alla Holding l’attività di direzione strategica unitaria e di coordinamento delle dinamiche economiche

finanziarie di gruppo, riferibili a quelle unità che presentano connotazioni maggiormente privatistico-

imprenditoriali o che comunque operano nel mondo delle utilities” 1. Altri autori ancora hanno esaminato la

società Holding, costituita dall’ente locale, come modello alternativo all’implementazione di altre formule

organizzative (a carattere interno) ovvero quale modello di “governance” delle partecipazioni comunali2.

La stessa Corte dei Conti considera il modello di governance attraverso la Holding uno strumento adeguato

per i comuni di medie e grandi dimensioni per governare le società cui sono stati esternalizzati servizi o

attività. Infatti, la sezione controllo autonomie locali, nella propria deliberazione n. 13 /2008, avente ad

oggetto lo “Stato dei controllo della corte dei conti sugli organismi partecipati dagli enti locali“, ha

esaminato tale strumento e ne ha valutato positivamente l’efficacia in quanto “particolarmente adatt[o]

agli enti di grandi dimensioni, centrali rispetto a reti di società satellite […] totalmente partecipato dall’ente

locale, che opera come Holding titolare delle partecipazioni in precedenza detenute dall’ente , il quale

coadiuva e fornisce servizi a tutte le aziende del gruppo e supporta gli organi politici nelle decisioni

strategiche”.

1 G. Bassi, A. Massari, S. Capacci, F. Moretti, “ Le società a partecipazione pubblico locale”, Rimini, 2006 pagg.598 e ss.2 M. Atelli, C. D’aries, “La public Governance nei servizi pubblici locali”, Milano, 2006 pag. 349.

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1. La Holding nel sistema degli enti locali e nel diritto societario: cenni

La società Holding, o capogruppo, è caratterizzata dal fatto che le partecipazioni sono assunte al fine di

dirigere e coordinare l’attività delle società partecipate. Il gruppo è un’aggregazione di imprese

formalmente autonome ed indipendenti l’una dall’altra, ma assoggettate tutte ad una direzione unitaria.

Tutte sono infatti sotto l’influenza della Holding, che direttamente o indirettamente le controlla, le

coordina e le dirige secondo un disegno unitario. In dottrina si parla di Holding pura se nella direzione e nel

coordinamento si esaurisce l’attività della società; di Holding mista se è previsto anche lo svolgimento di

attività operative.

Il codice civile del 1942 vietava la costituzione di una società per azioni unipersonale e sanciva la nullità

della società in mancanza di pluralità di soci fondatori. Stabiliva inoltre la responsabilità illimitata del socio

nelle cui mani si concentravano tutte le azioni nel corso della vita della società, in caso di insolvenza di

quest’ultima.

Oggi, in base all’attuale disciplina, come riformata dal D.Lgs 17/01/2003 n. 6 intitolato “Riforma organica

della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3/10/2001 n. 366”: (i)

è espressamente consentita la costituzione della società per azioni con atto unilaterale di un unico socio

fondatore (art. 2328, I comma c.c.); (ii) anche nella società per azioni unipersonale per le obbligazioni sociali

risponde solo la società col proprio patrimonio.

La possibilità oggi riconosciuta dal nuovo diritto societario di costituire una società per azioni unipersonale,

avvalendosi comunque della responsabilità limitata, è novità non marginale nell’ambito della disciplina

delle società partecipate da un ente locale. In passato si registravano prese di posizione anche

giurisprudenziali, pressoché unanimi, nel ritenere illegittima la partecipazione totalitaria in capo ad un ente

locale proprio per gli evidenti motivi di estensione della responsabilità illimitata.

5

L’introduzione della nuova normativa elimina l’estensione della responsabilità illimitata in capo all’unico

azionista e quindi anche le obiezioni che sul punto erano sorte.

1.2 L’attività della Holding: l’assunzione di partecipazioni e la direzione e coordinamento

Numerosi interventi dottrinali ed interpretazioni giurisprudenziali hanno cercato di definire l’esatta individuazione dell’oggetto sociale della Holding in relazione, in particolar modo, a quanto dispone l’art. 2361 del codice civile, che recita: “ L’assunzione di partecipazioni in altre imprese, anche se prevista genericamente nello statuto, non è consentita, se per la misura e per l’oggetto della partecipazione ne risulta modificato l’oggetto sociale determinato dallo statuto”.

Autorevole dottrina3 sostiene che la Holding “pura” sia caratterizzata da un oggetto costituito dall’esercizio in forma indiretta della medesima attività produttiva o commerciale svolta direttamente dalla partecipata.4 In altri termini l’oggetto sociale delle Holding è l’esercizio mediato ed indiretto dell’impresa di gruppo5.

Nella prassi si rileva che l’attività della Holding cd. pura è principalmente caratterizzata dall’ assunzione di partecipazioni in altre società e dalla concessione di finanziamenti alle stesse società partecipate.

Tale attività trova specifica disciplina negli articoli dal 106 al 113 Tulb (Testo unico legge Bancaria - D.lgs. 1/09/1993 n. 385 - Tulb).

Sulla base di tale disciplina i soggetti esercenti le attività suddette sono assoggettati all’assolvimento di specifici adempimenti, fra cui l’iscrizione in appositi elenchi tenuti, ai fini del controllo dell’attività di antiriciclaggio, da Banca Italia.

In particolare è prevista l’iscrizione in un elenco generale, previsto dall’art. 106 Tulb , per i soggetti svolgenti le predette attività nei confronti del pubblico, mentre è prevista l’iscrizione in una sezione speciale dell’elenco generale, previsto dall’art. 113 Tulb , per l’abilitazione all’esercizio delle medesime attività non nei confronti del pubblico.

Secondo una recente modica normativa la società holding non dovrà iscriversi all’elenco generale di cui all’art. 113 del Tulb qualora svolga unicamente l’attività di assunzione delle partecipazioni. Dovrà iscriversi invece qualora svolga altre attività finanziarie, oltre all’assunzione di partecipazioni.

3 F. Galgano “ Qual è l’oggetto della Holding” in Contratto e Impresa 1986 pag. 327; F. Galgano commento a Cass. 26/02/ 1990 n. 1439 in Riv. Diritto Commerciale 1991, II, pag. 515

4 In senso conforme anche Trib. Como 23/03/1999 in Giur. It. I , 2, 1999, 19815 Cfr F. Galgano “Qual è l’oggetto della Holding”, op.cit

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La società holding si connatura anche per società vocata alla direzione e coordinamento delle proprie società controllate

A mente dell’art. 2497 cod. civ. si considerano etero dirette quelle società sulle quali gli enti che “esercitando attività di direzione e coordinamento di [ tali ] società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste del pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società”.

Sul tema è intervenuto l’art. 19 del D.L. 1/07/2009 n. 78 (“provvedimento anticrisi”) che ha disposto una interpretazione autentica che prevede:

“L’articolo 2497, primo comma del codice civile si interpreta nel senso che gli enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economico finanziaria.“

Dalla lettura della norma si evince che, sotto il profilo del soggetto che sottopone a direzione e coordinamento, viene prevista espressamente l’esclusione dello Stato, mentre rientrano nella nozione di “enti” di cui all’art. 2497 cod. civ. i soggetti giuridici collettivi per i quali la partecipazione sociale è finalizzata:

- all’esercizio della propria attività imprenditoriale, ovvero

- per finalità di natura economico finanziaria.

Tale distinzione sembra avvalorare la tesi, già da tempo espressa da autorevole dottrina6, in base alla quale gli enti pubblici locali (provincie e comuni) non possono essere sottoposti alle disposizioni dell’art. 2497 cod. civ. in quanto non svolgono eminentemente fini istituzionali, ma anche attività riconducibili ai criteri dell’impresa.

La norma di interpretazione autentica è più precisa e fa riferimento sia all’attività imprenditoriale propria che, in alternativa, a finalità di natura economica (conseguire ricavi superiori a costi) che finanziari (lucrare rendite di natura finanziaria).

Occorre dunque chiedersi come interpretare l’art. 2497 del cod. civ. alla luce delle novità testé esposte nel caso di società detenute dagli enti locali che, ai sensi dell’art. 3 comma 27 e seguenti della Legge finanziaria 2008, debbono unicamente perseguire:

- prestare servizi di interesse generale nei limiti di competenza dell’ente locale socio;

- svolgere servizi o attività strumentali per il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente locale socio.

6 F. Galgano “Direzione e coordinamento di società” Zanichelli 2005

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Sulla base di tale distinzione, così come interpretata anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza 326/2008, le partecipazioni comunali possono essere ripartite in due categorie:

a) le società che gestiscono servizi di interesse generale e che svolgono un’attività d’impresa;

b) le società che prestano servizi o attività strumentali per il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente locale socio, che non svolgono un’attività d’impresa ma funzioni amministrative (cd. società semi amministrazioni).

Confermando le conclusioni cui fa cenno il quesito si può così sostenere che:

- qualora l’ente locale detenga partecipazioni di categoria a) l’ente locale e la sua società partecipata sono sottoposte a tutta la disciplina dell’art. 2497 e seguenti del codice civile al pari di ogni altro socio “privato” che esercita attività di direzione e coordinamento sulle proprie controllate;

- qualora l’ente locale detenga partecipazioni di categoria b) non si applica tutto il regime dell’art. 2497 del cod. civ.

Nel caso della costituzione di una società Holding sembra plausibile l’applicazione dell’art. 2497 cod. civ. in capo alla società holding medesima, mentre non sembra applicabile, secondo la novella interpretazione, in capo all’ente locale che detiene unicamente la partecipazione in una società (la holding) che svolge per suo conto un’attività meramente strumentale né per finalità economiche che di natura finanziaria nel senso di cui si detto.

Infine, in merito alla portata della responsabilità del socio ente pubblico locale che esercita l’attività direzione e coordinamento, si deve rilevare che trattasi di responsabilità patrimoniale per risarcire il danno causato agli altri soci e ai creditori della società partecipate. Il danno non è risarcibile se si da dimostrazione del c.d interesse compensato, vale a dire se dall’operazione il gruppo ente locale, cui fa parte la società partecipata, ha ottenuto un beneficio complessivo. Il comportamento che da luogo alla responsabilità è l’attività di direzione e coordinamento in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale attuata per perseguire interessi “imprenditoriali” propri del socio che controlla: nel caso di enti locali appare assai improbabile immaginare un comportamento illegittimo (la maggior parte della dottrina qualifica la responsabilità ex art. 2497 cod.civ. come responsabilità da fatto illecito) e quindi tale responsabilità difficilmente si rinviene in capo ad un ente pubblico.

1.3 La costituzione della Holding dell’ente locale alla luce del diritto pubblico

Considerata la natura pubblicistica del soggetto (ente pubblico locale) che intende costituire per atto unilaterale una società per azioni unipersonale, la fattibilità giuridica della costituzione della società Holding

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è da vagliarsi anche dal punto di vista del diritto pubblico e dei principi che disciplinano il settore dei servizi pubblici locali, ovvero altre disposizioni di legge che regolano l’attività degli enti locali a mezzo società, successivamente emanate nel tempo.

A proposito della possibilità per un ente locale di costituire una Holding si segnala come il modello della Holding comunale sia stato avallato in primo luogo da autorevole dottrina: “Va in ogni caso segnalata la possibilità di costituire un esteso gruppo di società, con una holding a partecipazione comunale o pluricomunale e più controllate operanti per la gestione dei singoli servizi pubblici” (…) “….potrà anche essere concepita come holding di coordinamento tecnico finanziario di una pluralità di società controllate, ciascuna delle quali specializzata in un singolo settore”7.

Anche sulla base delle recenti modifiche legislative aventi ad oggetto sia limitazioni dell’operatività delle società partecipate (art.13 del Decreto Bersani) che l’obbligo di dismettere quelle non consentite dalla legge (art.3 comma 27 e ss della L.F. 2008) si trova conferma della possibilità di costituire una Holding dell’ente locale. Infatti, anche il legislatore ha espressamente qualificato la Holding come soggetto strumentale dell’ente, laddove all’art.13 del D.L. 4/0/2006 n.223 convertito nelle Legge 4/08/2006 n. 248 ( c.d decreto Bersani) , dispone che “Le società che svolgono l’attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1/09/1993, n. 385 ( testo unico bancario) sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti”, giacché, come noto, le attività di intermediazione finanziaria comprendono anche quelle di “assunzione di partecipazioni” che qualificano l’oggetto sociale delle società Holding. Si rileva quindi che tali società sono espressamente contemplate dall’art. 13 del Decreto Bersani e sono espressamente esonerate dal divieto di partecipare in società che invece grava tutte le altre società che ricadono in codesta normativa.

A ciò si aggiunga che “ …. un riferimento in tal senso [alla holding] è contenuto nel comma 15 bis [dell’art.113 del D.Lgs.267/2000] quando si tratta delle deroghe alla cessazione dei rapporti in corso introdotte a favore delle società quotate in borsa e alle loro controllate che siano concessionarie. Il fondamento dell’estensione della deroga sta infatti nell’appartenenza allo stesso gruppo, in cui la titolarità della gestione del servizio è in capo alla controllata e non alla holding”. 8 Ne consegue che anche la normativa specifica dei servizi pubblici locali a rilevanza economica riconosce il gruppo societario e quindi anche la Holding, legittimando il permanere dell’affidamento “diretto” a società non partecipate direttamente dall’ente locale affidatario.

Tale ultima disposizione deve però essere letta alla luce dell’art. 23 bis comma 8 del D.L. 112/2008 e s.m.i che contiene un regime transitorio per la vigenza degli affidamenti anche in capo alle società quotate in borsa. In ogni caso, per quel che interessa in questa sede, anche la novella contiene un riferimento a società controllate ex art. 2359 del cod.civ. e quindi ammette l’esistenza di gruppi societari per l’esercizio dei servizi pubblici locali.

7 F. Galgano, “Il nuovo diritto societario” in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, Vol XXIX, Cedam, Padova 2003.8 A. Vigneri “ I servizi e interventi pubblici locali” in Commenti al T.U. sull’ordinamento delle autonomie locali – Coordinamento di Luciano Vandelli – ed. Maggioli, 2004

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L’evoluzione normativa, di cui si è appena fatto cenno, ha determinato il superamento delle obiezioni alla costituzione della società Holding, contenuti in una datata interpretazione del giudice amministrativo9, che peraltro non può applicarsi al caso di specie poiché una delle censure riguardava il comportamento tenuto da un comune che aveva mantenuto l’affidamento diretto del servizio in capo ad una società la cui quota di partecipazione era stata trasferita alla società Holding e di quest’ultima il comune affidatario deteneva una quota di partecipazione del tutto risibile. L’altra censura era riferita al fatto che il modello di società Holding non era previsto dall’originario art. 22 della legge 142/1990 mancando, secondo il giudice amministrativo, il requisito della “tipicità” necessario per mantenere l’affidamento diretto del servizio pubblico in capo alla partecipata dalla holding.

Occorre ricordare le finalità che l’ente locale persegue con la costituzione della Holding; si ricorda che sotto un profilo ontologico il diritto societario qualifica la Holding pura come l’esercizio mediato dell’attività delle partecipate10 e quindi essa rappresenta un mezzo.

Inoltre, il governo societario attuato a mezzo della società Holding deve essere, in ogni caso, orientato al perseguimento degli obiettivi di interesse pubblico di cui è portatore l’ente locale.

Quindi, il primo dato è che la Holding è un mezzo:

- per attuare un’azione amministrativa coordinata ed unitaria (amministrazione delle partecipazioni);

- per organizzare le partecipate comunali in modo efficiente, efficace ed economico;

Inoltre la società Holding dovrà costituire l’espressione diretta dell’ente locale negli organismi delle partecipate e in quelli costituiti per il controllo congiunto delle partecipate previsti da convenzioni, accordi, patti parasociali, ecc.

Peraltro occorre esaminare la possibilità di costituire una società alla luce delle norme statali e regionali, sia generali che di settore, che regolamentano i servizi pubblici locali ovvero le altre società strumentali detenute dagli enti locali.

Sul punto è bene però distinguere tra:

- 1.3.1. società c.d. degli “asset”;

- 1.3.2. società che si occupano della erogazione dei servizi pubblici locali;

- 1.3.3 società c.d. “in house”;

- 1.3.5 società strumentali;

- 1.3.4 altre società.

9 TAR Toscana sez. I 15/01/2001 n. 25 in Riv. Trim. Appalti n. 2/2001 pag. 299 e ss.10 Cfr paragrafo che precede

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1.3.1 Società c.d. degli “asset”

Ai sensi del combinato disposto dai commi 2, 3 e 13 dell’art. 113 TUEL, gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all’esercizio dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, fatta salva la possibilità di conferirla in società a capitale interamente pubblico, che è incedibile (c.d. società degli “asset”); inoltre è demandato alle normative di settore stabilire i casi nei quali l’attività di gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica può essere separata da quella di erogazione degli stessi.

Ai fini della attuabilità del progetto Holding occorre verificare, ai sensi dell’art. 113 comma 13 TUEL, se la partecipazione in società degli asset, detenute direttamente dall’ente locale, possa invece essere detenuta indirettamente attraverso la Holding.

L’elemento discriminante che depone a favore è rappresentato dalla replica nello statuto della Holding dei vincoli legali cui soggiace la società degli asset come previsti dall’art. 113 comma 13 e quindi:

1) totale partecipazione dell’ente locale incedibile;

2) clausole di tutela per evitare surrettiziamente aggiramenti del divieto di cedere a terzi privati la partecipazione della Holding: quali ad esempio i vincoli alla cessione dei diritti di opzione sugli aumenti di capitale ed alla concessione in pegno delle azioni della società degli asset con particolare riferimento al divieto del riconoscimento dei diritti di voto del creditore pignoratizio.

Per rendere efficaci tali disposizioni statutarie occorre che la società Holding sia a totale partecipazione dell’ente locale per tutta la sua durata.

La costituzione della Holding non ha influenza alcuna rispetto agli affidamenti in capo alla società degli asset i quali permangono direttamente verso gli enti locali ovvero verso le Autorità di ambito competente.

1.3.2 Società che si occupano dell’ erogazione dei servizi pubblici locali

Il conferimento nella società Holding delle partecipazioni detenute dall’ente locale in società erogatrici di servizi pubblici locali è possibile e non comporta effetti pregiudizievoli, come si vedrà in appresso.

Entrando nelle diverse discipline che caratterizzano l’erogazione di servizi pubblici locali occorre distinguere due diverse situazioni:

a) società partecipate dall’ente locale che hanno in affidamento diretto gestioni di servizi pubblici locali a rilevanza economica;

b) società partecipate dall’ente locale che si sono aggiudicate la gestione dei servizi tramite gara;

1

caso sub a)

Per quanto attiene le società partecipate dall’ente locale che hanno in affidamento gestioni dirette di servizi pubblici locali a rilevanza economica (caso sub. a) la perdita del controllo azionario da parte dell’ente locale non inficia l’affidamento diretto della gestione del servizio, che rimarrà in capo alla società fino al termine del periodo transitorio (art. 113 comma 12 come novellato dall’art. 35 della Finanziaria 2002 che si ricorda essere l’evoluzione dell’originario art. 22 comma terzo della legge 8/06/1990 n. 142) e pertanto non viene più in rilievo la circostanza che la società sia controllata tramite una Holding comunale.

caso sub. b)

Il conferimento nella Holding della partecipazione detenuta in società che si sono aggiudicate una gara per la gestione di un servizio pubblico locale è irrilevante ai fini del mantenimento in essere del servizio affidato che prosegue senza soluzioni di continuità.

1.3.3 Società c.d. “in house”

La società in house è l’ultima elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giustizia11 e rappresenta la formula dell’affidamento diretto in quanto declinazione dell’”autoproduzione del servizio” attraverso un’articolazione dell’amministrazione pubblica (c.d delegazione interorganica).

Essa è stata recepita direttamente dal legislatore che ha riformato l’art. 113 del Tuel:

- al comma 4 (c. d. società in house degli asset) ove è previsto che gli enti locali per la gestione delle reti, impianti e dotazioni patrimoniali si avvalgono di soggetti allo scopo costituiti, “…nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria del capitale pubblico, cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti che la controllano”;

- al comma 5 lett. c) (società in house per la gestione del servizio) laddove si prevede che l’erogazione del servizio avviene con conferimento della titolarità del servizio “… a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti che la controllano”.

Le disposizioni in tema di società in house providing per la gestione di servizi pubblici locali a rilevanza economica sono stati profondamente incisi dall’’art. 23 bis comma 3 e 4 del D.L. 112/2008 e s.m.i. che prevede:

“ […]

3. In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di

11 Sentenza “Teckal “ Corte U.E 18/11/1999 causa C-107/98

1

riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta "in house" e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.

4. Nei casi di cui al comma 3, l'ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per l'espressione di un parere preventivo, da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione. Decorso il termine, il parere, se non reso, si intende espresso in senso favorevole.»;

E’ necessario soffermarsi sulle caratteristiche delle società in house per valutare la possibilità di applicare il modello Holding, che presuppone che socio della società in house sia appunto la Holding e non direttamente l’ente locale.

Per definire le caratteristiche delle società in house occorre esaminare le pronunce della giurisprudenza sia della Corte di Giustizia che del giudice amministrativo nazionale: per certi versi può affermarsi che i caratteri delle società in house sono il frutto di un diritto pretorio estremamente copioso nell’ultimo periodo.

In questa sede interessa esaminare:

- 1.3.3.1 - la natura dei soci;

- 1.3.3.2 - la definizione di controllo analogo;

- 1.3.3.3 - la individuazione dell’attività più importante effettuata nei confronti dei soci che controllano la società;

- 1.3.3.1 sulla natura dei soci della società in house: l’art. 13 comma 5 lett. c) del Tuel a menzionava gli enti pubblici e la giurisprudenza comunitaria e nazionale hanno interpretato che non è ammessa la presenza di soci privati in quanto portatori di interessi inconciliabili con quello pubblico; sulla base di tali interpretazioni si riscontrano altre sentenze del giudice amministrativo nazionale che impongono negli statuti delle società in house il vincolo del mantenimento della totalità delle azioni o quote in capo a enti pubblici. Solo recentemente si rileva una sentenza della Corte Ue che ammette il controllo analogo in presenza di soci privati purché la loro partecipazione sia da ritenere ininfluente.12

La Holding, quale espressione diretta e mezzo dell’ente locale, si atteggia se non altro dal punto di vista funzionale al pari dell’ente locale stesso.

In ogni caso lo statuto della Holding dovrà replicare i vincoli del mantenimento delle azioni o quote in mano all’ente locale perché non vi sia la possibilità di aggirare surrettiziamente le interpretazioni giurisprudenziali.

12 Corte UE sez. II 17/0/2008 C-371/05

1

- 1.3.3.2 sul controllo analogo si ravvisa un sempre più accentuato orientamento ad interpretare in senso restrittivo tale controllo, inteso come il controllo che l’ente avrebbe potuto attuare sui propri servizi se gestiti direttamente (delegazione interorganica) e ciò è stato declinato come:

- un sempre più accentuato restringimento della operatività del consiglio di amministrazione che diventa un esecutore delle direttive del socio;- il controllo analogo non può essere esercitato con i meri poteri del socio di società (si ricorda che i poteri del socio di una società di capitali si dividono in quelli: (i) amministrativi (partecipazione al voto e alle assemblee di cui assume significato la nomina e revoca degli amministratori, l’approvazione o meno del bilancio di esercizio, ovvero diritti di informazione rappresentati dalla consultazione preventiva del progetto di bilancio presso la sede legale e la consultazione del libro dei soci e di quello delle verbalizzazioni delle assemblea); e (ii) quelli patrimoniali (diritto agli utili e alla liquidazione della quota). - un sempre più invasivo potere di informazione del socio, anche ex ante, sull’attività della società e sul funzionamento e le decisioni assunte dagli organi della stessa;- un potere di ingerenza anche sulla gestione economica – finanziaria (oltre che sul servizio).

La presenza di un controllo analogo tramite una Holding è stato oggetto di una interpretazione della Corte di Giustizia 13che ha affermato:

“L’eventuale influenza del Comune (….) sulle decisioni della società (…) viene esercitata mediante una società Holding. L’intervento di un siffatto tramite può, a seconda delle circostanze del caso specifico, indebolire il controllo eventualmente esercitato dall’amministrazione giudicatrice su una società per azioni in forza della mera partecipazione”.

La sentenza ribadisce che il controllo esercitato attraverso i “meri” poteri riconosciuti al socio delle società di capitali non sono sufficienti ed occorrono specifici ed ulteriori poteri di intervento del socio pubblico: se ne deduce che sarà l’articolazione dell’intera governance (dell’ente socio – della Holding – delle partecipate tramite la Holding) che dovrà garantire, nel concreto e a seconda delle circostanze del caso, il controllo analogo.

- 1.3.3.3 relativamente alla parte più importante dell’attività svolta nei confronti dell’ente che controlla la società: la giurisprudenza ritiene che almeno l’80% del fatturato debba essere realizzato nei confronti dell’ente che controlla. La ratio della norma e la relativa interpretazione della giurisprudenza sono evidenti: rendere concreto il fatto che la società svolga la sua attività con l’ente controllante quale elemento costitutivo della delegazione interorganica. Tale carattere è pienamente rispettato anche attraverso la società Holding, la quale gestisce solo le partecipazioni dell’ente locale.

In definitiva risulta evidente che, poiché la Holding parteciperà direttamente alla società in House,

- sotto un profilo funzionale la Holding diventa l’elemento essenziale per l’articolazione della governance al fine di esaltare le varie azioni per effettuare un controllo analogo;- sotto un profilo strutturale lo statuto della Holding riporterà tutti i requisiti propri degli statuti delle società in House.

13 Corte UE 11/05/2006 C- 340/04

1

1.3.4 Società strumentali

Le società strumentali sono costituite con lo scopo di compiere servizi e attività strumentali per i fini istituzionali dell’ente locale committente. La dottrina le ha qualificate come società dedicate “esclusivamente” agli interessi dell’ente committente socio. La disciplina di riferimento è l’art. 13 del Decreto Bersani. Le società strumentali che hanno ricevuto affidamenti diretti (senza l’espletamento di una gara) si presentano come modelli in house provinding e pertanto occorre tenere presente quanto già affermato al riguardo.

1.3.5 Altre società

Da ultimo, occorre valutare se l’ente locale detenga partecipazioni azionarie in società che non gestiscono servizi pubblici locali e che non posso essere ricondotte ai modelli sopraindicati.

Per tali società le specifiche discipline di settore dispongono in ordine alla attività, anche sotto il profilo della regolazione ed a volte anche sotto il profilo del socio e, pertanto, occorrerà esaminare caso per caso.

* * * *

In conclusione su questo punto, rilevato che non sussistono obiezioni sulla possibilità di costituire una società Holding da parte dell’ente locale, occorre tuttavia verificare alcune condizioni che opportunamente supporterebbero tale scelta.

In primo luogo parrebbe necessario prevedere espressamente nello statuto dell’ente locale la possibilità che le società comunali possano essere partecipate e controllate anche indirettamente, ai sensi dell’art.2359 del codice civile. Infatti lo statuto dell’ente locale può sopperire al silenzio della legge, legittimando quindi l’ente locale che compie la scelta, e ciò anche in base a quanto espressamente previsto dall’art.35 comma 12 Legge finanziaria 2002, laddove ha modificato l’art.42 del Tuel, che assegna alla competenza comunale, segnatamente al consiglio: “l’organizzazione dei servizi pubblici comunali, […]la partecipazione dell’ente a società di capitali, l’affidamento di attività o servizi mediante convenzione” di cui la Holding rappresenterebbe appunto un’espressione organizzativa. Si ritiene quindi che attraverso il potere di regolamentazione organizzativa, tramite la predetta previsione statutaria, l’ente locale statuisce la Holding quale modulo organizzativo che esprime, come già detto, un mezzo per (i) attuare un’azione amministrativa coordinata ed unitaria (amministrazione delle partecipate) e per (ii) organizzare le partecipate comunali in modo efficiente, efficace ed economico, nonché quale espressione diretta dell’ente locale (indirizzo e controllo). Inoltre, si registra una sentenza della Corte di Giustizia U.E ove si è implicitamente ammesso che lo statuto del Comune di Vienna prevedesse che il Consiglio comunale potesse stabilire che un’impresa per la gestione dei servizi pubblici locale fosse composta da più enti; il caso riguardava appunto la Holding comunale.14

In secondo luogo dovranno mantenersi inalterate le convenzioni di affidamento (contratti di programma), stipulate fra l’ente locale e società che esplicano, con affidamento diretto, i servizi pubblici, in quanto il potere di affidamento/concessione non può che rimanere in capo all’ente locale.

14 Corte Ue sez. V 27/02/2003 C – 373/2000

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2. Le funzioni di indirizzo e controllo dell’ente locale attraverso la società Holding

Le funzioni di indirizzo e controllo che può esercitare l’ente locale sulle proprie società partecipate, secondo le disposizioni di legge, sono :a) in capo al consiglio comunale:

- organizzazione dei servizi pubblici, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessioni di servizi pubblici, partecipazioni a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione (art. 42 comma 2 lett. e del Tuel);

- indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e da parte degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza (art. 42 comma 2 lett. g del Tuel);

- acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni o che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del Consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta o di altri funzionari (art. 42 comma 2 lett. l);

- definizioni degli indirizzi per la nomina e la designazione di rappresentanti del Comune presso enti, aziende ed istituzioni (art.42 comma 2 lett. m); sulla base di tali indirizzi, va effettuata da parte del Sindaco la nomina, la designazione e la revoca dei rappresentanti del Comune presso enti, aziende ed istituzioni (art. 50 comma 8 del Tuel);

b) in capo al Sindaco:

- nomina e la designazione di rappresentanti del Comune presso enti, aziende sulla base degli indirizzi del consiglio comunale (art. 50 comma 8 del Tuel);

- partecipazione, quale legale rappresentante dell’ente, alle assemblee dei soci delle società partecipate dal Comune.

Le funzioni di indirizzo e controllo previste per legge appaiono del tutto insufficienti e solo attraverso una nuova articolazione di governance è possibile soddisfare le esigenze di una più efficace azione di indirizzo e controllo dell’ente locale sulle proprie partecipate mediante:

- lo statuto del Comune/Provincia, con alcune modifiche circoscritte;- l’istituzione di un apposito regolamento comunale per il controllo delle società partecipate.

Nel caso si intenda costituire una Holding, necessariamente anche lo statuto di questa società dovrà conformarsi alle regole di governance che consentano all’ente locale socio di esercitare le proprie funzioni di indirizzo e controllo in simmetria con quanto previsto nel regolamento comunale per il controllo delle partecipate.

3. Il sistema di governance attraverso la Holding

3.1 Caratteri generali

Si ritiene che un sistema di governance societario che tenga conto delle esigenze manifestate in ordine alla possibilità che il socio ente locale possa esplicare le funzioni di indirizzo e controllo, dovrà considerare quanto segue.

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3.1.1 In ambito societario

Per quanto attiene la scelta fra il tipo della società per azioni e la srl:

LA SOCIETÀ PER AZIONILa società per azioni presenta tre modelli di governance:

- il modello tradizionale, che è quello che si ritiene più adeguato al caso della Holding, e che si analizzerà qui di seguito

- il modello dualistico;- il modello monistico.

Il modello tradizionale si può schematizzare come segue:

La letteratura specializzata15 ha approfondito la possibilità di applicare il modello dualistico alle società partecipate da enti locali, il cui atto costitutivo stabilisca un sistema dualistico basato sul Consiglio di gestione e sul Consiglio di sorveglianza ex-artt. 2409-octies del CC e seguenti. Il sistema dualistico consente di introdurre “un filtro di grande efficacia tra chi nomina gli amministratori (che agisce in un ambito necessariamente politico) e chi cura la gestione (che deve agire in un contesto esclusivamente professionale). Il potere-dovere del Sindaco di indirizzare strategicamente la gestione deve essere esercitato esclusivamente attraverso la nomina di rappresentanti nel Consiglio di sorveglianza che abbiano requisiti di professionalità adeguata alla specifica impresa. (… ) Il vantaggio del sistema dualistico è quello di inserire un livello intermedio tra i manager operativi, a cui viene affidata la gestione corrente della società, e l’azionista di riferimento (il Comune) a cui spetta formulare gli indirizzi strategici industriali e

15 Centro Studi Civicum “Una governance per le società a controllo comunale “, Milano, dicembre 2005

Assemblea dei soci

Competenze definite dall’art.2364 c.c.

(esclusa la gestione)

Amministratori

Gestione

Revisore legale

Necessario in quanto la società Holding redigerà il consolidato

nomina

Collegio sindacale

Controllo

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finanziari, responsabilizzando al massimo i primi e curando che il Consiglio di sorveglianza funzioni come un istituto di elevata professionalità per il loro più efficace controllo.

Secondo le disposizioni del codice civile, nel sistema dualistico la gestione dell’impresa spetta al Consiglio di gestione: “esso compie le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale” ed i suoi componenti sono nominati e revocati dal Consiglio di sorveglianza (“in qualunque tempo”). I componenti del Consiglio di sorveglianza sono nominati dall’assemblea (durata 3 esercizi); almeno un componente effettivo deve essere scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia; lo Statuto “può subordinare l’assunzione della carica al possesso di particolari requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza”. Il Consiglio di sorveglianza, tra l’altro, nomina e revoca i componenti del Consiglio di gestione determinandone il compenso, approva il bilancio, vigila sull’osservanza della legge e dello Statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza organizzativa, amministrativa e contabile, e se previsto statutariamente delibera sulle operazioni strategiche e sui piani industriali e finanziari predisposti dal Consiglio di gestione ferma restando la responsabilità di questo per gli atti compiuti.

Si ritiene tuttavia che il sistema dualistico non sia conforme alle esigenze del “controllo analogo” - per le società in House - che presuppone una presenza più diretta dell’ente locale e non “delegata” attraverso il consiglio di sorveglianza.

Per quanto attiene ai caratteri specifici dello statuto di una società Holding, nella forma di spa, con un sistema di governo tradizionale, che si ritiene da preferire, si delinea quanto segue:

- ripartizione delle competenze e dei poteri gestori fra il consiglio di amministrazione, l’amministratore delegato e l’assemblea dei soci, anche con riferimento alle decisioni da prendere in seno alle società partecipate (ove è preferibile tenere distinta la competenza alla nomina degli amministratori da un lato e le altre decisioni – modifiche statutarie, approvazione bilancio o budget – dall’altro);- flusso delle informazioni economico finanziarie oltre al bilancio di esercizio e quindi:- informazione ex ante: approvazione del budget dell’esercizio successivo distinto:

a) Programma annuale composto da:- Bilancio di previsione dell’esercizio successivo (conto economico e stato patrimoniale trimestrale);- Rendiconto finanziario previsionale (cash flow);- programma degli investimenti e fonti di finanziamento (per investimenti si intendono le operazioni di finanziamento/conferimento delle partecipate);- Le linee di sviluppo per la attività di gestione

b) Programma pluriennale di durata triennale articolato per programmi Lo statuto della Capogruppo prevederà che il Budget venga approvato dall’assemblea ordinaria dei soci, cui partecipa quale unico azionista l’ente locale Il Consiglio Comunale/Provinciale esprime l’indirizzo al Sindaco/Presidente per la partecipazione all’assemblea della società capogruppo chiamata ad approvare il Budget e le sue variazioni come verrà specificato nel “Regolamento per il controllo delle partecipate” di cui si dirà in seguito.

informazioni in progress: redazione di un report (conto economico infrannuale) da comunicare all’ente locale in concomitanza con l’assestamento degli equilibri di bilancio; informazione ex post: analisi degli scostamenti dei risultai consuntivi rispetto a quelli del budget, da effettuarsi in concomitanza dell’approvazione del bilancio consuntivo;

1

- flusso delle informazioni generali sull’attività della società, attraverso specifici comportamenti da tenere da parte degli amministratori, di relazionare ed informare il socio, nonché di comunicazione di convocazioni e deliberazioni degli organi societari.

3.1.2 In ambito dell’ente socio le caratteristiche della governance devono riguardare:

- l’attività delle società partecipate che necessitano autorizzazioni/indirizzi dell’ente socio per l’individuazione della competenza, per quanto non previsto per legge, fra:

Sindaco; Giunta, Consiglio Comunale; - i criteri di nomina degli amministratori della Holding e delle società partecipate;- i requisiti richiesti agli amministratori della Holding e delle società partecipate;- i comportamenti che devono tenere gli amministratori della Holding e delle società partecipate in particolari circostanze (rinuncia al mandato, compensi ecc.);- i criteri di nomina dei componenti del collegio sindacale, dei revisori legali o delle società di revisione; - la circolazione fra i vari organi ed uffici dell’ente delle informazioni che pervengono dalla società partecipata.

3.2 Gli strumenti

Gli strumenti per attuare un sistema di governance attraverso la Holding comunale sono i seguenti: 1. lo statuto dell’ente locale; 2. il regolamento comunale; 3. lo statuto della holding.

3.2.1 Lo statuto dell’ente locale

Lo statuto dell’ente dovrà enunciare che l’ente locale, come modello organizzativo, si avvale di una società Holding ad intero capitale comunale incedibile con la quale interviene nelle società partecipate. La Holding sarà qualificata come espressione dello stesso ente locale per intervenire anche in accordi o convenzioni sottoscritti con i soci delle partecipate per il governo della società.Inoltre, lo statuto prevederà uno specifico regolamento comunale per il controllo delle società partecipate a mezzo Holding.

3.2.2 Il regolamento comunale

Il potere regolamentare dell’amministrazione consente di adottare uno specifico regolamento di indirizzo e controllo sulla Holding e società da essa controllate, che dovrebbe disciplinare le materie non disposte per legge e le relative competenze ad assumere le decisioni relative.

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3.2.3. Lo statuto della Holding

Nello statuto della società Holding si disciplinerà il modello di governance attraverso il quale definire la struttura degli organi e le relative competenze come segue.

1. L’Amministratore Delegato avrà funzioni operative di gestione in attuazione del budget, ed in particolare di intervento nell’assemblea delle partecipate;

2. Il Presidente del Consiglio di Amministrazione avrà funzioni di raccordo istituzionale con il socio e soggetto preposto alla sorveglianza attiva della società e al controllo interno

3. Il Consiglio di Amministrazione sarà l’Organo collegiale di governo della società;4. Il Comitato di controllo interno (eventuale) sarà un insieme di consiglieri di amministrazione senza

deleghe di potere (non esecutivi) e svolgerà funzione di mera vigilanza sulla base di regolamento interno

5. L’Assemblea dei soci, ove interverrà direttamente il sindaco/Presidente in rappresentanza dell’ente locale socio, che avrà competenza in materie anche gestorie.

4. Il trasferimento delle partecipazioni

La costituzione della società Holding presuppone il trasferimento della proprietà delle partecipazioni dall’ente locale alla stessa società Holding.E’ stato constatato ai paragrafi precedenti che non vi sono vincoli di legge a tale trasferimento.Quindi fermo restando che lo statuto della Holding dovrà prevedere l’incedibilità delle azioni del socio unico ente locale, requisito peraltro indispensabile per poter partecipare in diverse società da trasferire alla Holding medesima, occorre anche considerare i vincoli negli statuti delle partecipate e/o pattizi per attuare il conferimento.

5. La previsione economico patrimoniale e finanziaria della Holding

La costituzione della società Holding deve essere supportata da un Business Plan che dovrà analizzare gli aspetti economici patrimoniali e finanziari connessi alla costituzione e alla successiva attività della Holding, quale società capogruppo, che sarà detenuta interamente dall’ente locale e che diventerà proprietaria delle partecipazioni societarie dell’ente stesso.In particolare, l’analisi economico finanziaria del Busine Plan avrà ad oggetto:- evidenziare la sostenibilità economica della società Holding (al fine di prevedere eventuali perdite di esercizio e come provvedervi);- evidenziare la sostenibilità finanziaria della società anche in termini di capacità di reperire risorse finanziarie aggiuntive sul mercato bancario/finziario;- evidenziare gli effetti sul bilancio dell’ente locale per effetto della costituzione della Holding.

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6. Gli effetti positivi conseguibili attraverso al Holding nelle funzioni di indirizzo e

controllo

Sotto il profilo del sistema di governo si prevedono i seguenti effetti positivi attraverso la costituzione di una Holding

6.1 approccio strategico.

L’operazione di costituzione della società Holding e, successivamente, il proprio management dovranno determinare uno scenario logico per interpretare ed organizzare il portafoglio di partecipazioni societarie e definire per ciascuna di esse il ruolo strategico in relazione anche alla rilevanza socio-politica delle rispettive attività al fine di mettere in condizione l’ente locale di prendere le decisioni che gli competono.

6.2 approccio manageriale all’amministrazione delle partecipazioni societarie comunali e quindi costante supporto professionale e qualificato all’ente, nella definizione degli indirizzi strategici della gestione delle società da esso partecipate e nell’attuazione del relativo controllo.L’articolazione piramidale con a capo una società capogruppo che esercita i poteri del socio, risulta più efficace in quanto esprime un intervento (di indirizzo e controllo) unitario e coordinato, diversamente dall’ente locale, il quale nelle sue molteplici articolazioni si esprime in modo frammentato, a causa delle diverse competenze istituzionali attribuite ai propri organi e agisce con tempi e comportamenti dettati da regole imperative non derogabili, finalizzate all’esercizio di funzioni pubblicistiche.L’approccio manageriale consente il superamento di logiche di autoreferenza delle società partecipate. Infatti, gli amministratori delle partecipate riconoscono referente il management della holding al quale devono rispondere non più solo in termini “politici”, ma soprattutto in termini economico finanziari.

6.3 superamento delle asimmetrie informative

Un elemento di criticità dell’amministrazione delle partecipazioni effettuate direttamente dall’ente locale è rappresentato dal verificarsi di asimmetrie informative fra società e organi dell’ente locale.Le cause che generano tali asimmetrie informative sono da ricondursi a:

a) Le diverse caratteristiche delle informazioni finanziarie: l’ente locale ha un sistema di rappresentazione dei fatti amministrativi basato su competenza finanziaria preventiva, mentre le società partecipate informano le proprie comunicazioni sociali sulla base di una competenza economica consuntiva;b) I limitati poteri di informativa autonoma del socio previsti dal codice civile, come esposto ai paragrafi precedenti;c) Anomalia dell’istituto dell’accesso agli atti: la possibilità di accedere agli atti ed informazioni della società è precluso anche al socio e quindi vi è una difficoltà di conoscenza; d) L’intervento in assemblea: interviene all’assemblea della partecipata il sindaco legale rappresentante (organo dell’ente che decide) mentre le informazioni tecniche sono in capo agli uffici (chi conosce).

La Holding, sulla base degli strumenti informativi disciplinati dalle regole di governance, che si sono evidenziate nei paragrafi precedenti, diventa il punto di intercettazione delle informazioni per le relative

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elaborazione e decisioni da assumere per l’amministrazione della partecipate, sulla base degli indirizzi o delle specifiche autorizzazione dell’ente locale. Viene superata la frammentazione informativa dei diversi organi e uffici dell’ente e viene altresì superata la dicotomia fra chi conosce e chi decide, anch’essa tipica delle ripartizioni di competenze dell’ente locale.

6.4 omogeneità dell’informazione

Le informazioni circolano nel gruppo e affluiscono alla Holding secondo le norme che presiedono le comunicazioni sociali previste dal Codice Civile, nonché secondo le ulteriori previsioni previste appositamente nello statuto della società e nel regolamento per il controllo delle partecipazioni, così come delineato ai paragrafi precedenti. Le informazioni economico finanziarie e patrimoniali sono quindi tutte omogenee.Sarà compito della Holding rendere tali informazioni usufruibili dall’ente locale: ciò avviene prioritariamente, in via preventiva, con il Budget della Holding la cui approvazione da parte dell’ente locale, rappresenta l’atto principale della programmazione economico finanziaria e patrimoniale per applicare le strategie di interesse dell’ente locale stesso.

6.5 regole certe per le comunicazioni economico finanziarie

La holding redigere il bilancio consolidato delle partecipate sulla base di regole stabilite per disposizioni di legge potendo disporre dei bilanci delle partecipati redatti con gli stessi criteri.Ciò consente di avere informazioni certe e precise che l’ente locale potrà utilizzare per conoscere uno “spaccato” del proprio patrimonio allargato, rappresentato dalle partecipate e agevola anche l’eventuale consolidamento con il bilancio comunale che deve fare riferimento solo al consolidato dalla Holding (che rappresenta tutte le controllate già in unico documento fruibile per il consolidamento con il conto consuntivo dell’ente locale).

6.6 Holding perno della struttura di governance attraverso il Regolamento per il controllo

delle partecipate

L’istituzione del regolamento per il controllo delle partecipate ha l’obiettivo di perseguire una più efficace azione di indirizzo e controllo da parte dell’ente locale attraverso una più estesa partecipazione alle decisioni da parte del consiglio comunale, nella considerazione che le società partecipate dall’ente locale coinvolgano un interesse di carattere generale. Il regolamento intende individuare: - in modo organico ed omogeneo i comportamenti dei rappresentanti dell’ente locale all’interno degli organi delle società partecipate; - le diverse competenze degli organismi dell’amministrazione comunale in merito a decisioni ex ante ed ex post riguardanti le società cui partecipa l’ente locale.

Il riparto di competenza degli organi comunali, previsto dal regolamento nel rispetto delle norme di legge, declina alcuni compiti in relazione alla specificità degli atti societari e assume significato di indirizzo teso a favorire la massima partecipazione delle minoranze e la massima efficacia dell’esercizio della rappresentanza dell’ente nella società partecipata.Si è constatato nei paragrafi precedenti che nel testo Unico degli enti locali (D.lgs. 267/2000) il riparto di competenza degli organi di Governo degli enti locali è suddiviso tra: a) il Sindaco, organo monocratico costituito per legge a capo dell’Amministrazione locale e titolare di funzioni sia proprie che derivate; b) il Consiglio comunale, organo collegiale cui la legge riserva funzioni di indirizzo e di programmazione generale

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dell’attività di governo dell’ente, oltreché il controllo politico-amministrativo, con competenze limitate ed esclusive nelle materie individuate nell’art. 42 del Tuel; c) la Giunta comunale che, in quanto organo collegiale, ha funzione di ausilio del Sindaco con compiti residuali rispetto agli altri due organi di governo; d) i dirigenti cui competono attribuzioni di gestione.In particolare si ritiene che il Regolamento per la gestione delle partecipazioni societarie comunali debba prevedere che il Consiglio Provinciale/Comunale, per esprimere le proprie funzioni di indirizzo programmatorio di carattere politico, debba essere coinvolto nei seguenti atti ritenuti fondamentali per le attività delle società cui partecipa l’ente locale:

a) esprimere il proprio indirizzo al Sindaco del Comune (o presidente della Provincia), che lo assume per la partecipazione all’assemblea dei soci della Holding aventi per oggetto:

a. l’approvazione del Budget e delle relative modifiche;

b. le operazioni di investimento e di finanziamento non previste nel programma annuale;

c. la vendita di partecipazioni in società ed enti, non previsti nel Budget;

d. l’acquisto di partecipazioni in società ed enti non previsti nel Budget, ritenuti di importi significativi nello statuto di Holding e pertanto devoluti alla competenza dell’assemblea;

e. il bilancio d’esercizio e la relazione consuntiva.

b) esprimere il proprio indirizzo al Sindaco del Comune (Presidenza della Provincia), che lo assume per la nomina degli amministratori della società partecipate, adottando apposita delibera consigliare all’insediamento della Presidente/Sindaco e della Giunta, ai sensi dell’art. 42 comma 2 lett. m) del Tuel

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SECONDA PARTE

HOLDING DEGLI ENTI LOCALI, ATTIVITA’ FINANZIARIA E MODELLI DI GOVERNANCE

1. L’interesse suscitato dalle holding degli enti locali

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La holding degli enti locali rappresenta la formalizzazione dell’attività dell’ente come gruppo composto da

più partecipazioni societarie che ha assunto logiche di programmazione e controllo delle stesse partecipate

assimilabile – più nella forma che nella sostanza – a quella del gruppo privato.

La possibilità di utilizzare una società con funzioni di holding, anche per la detenzione di partecipazioni di

proprietà degli enti locali ha trovato una sua specifica “legittimazione” allorché la Corte dei conti sezione

autonomie con deliberazione n. 13/2008 ebbe ad affermare “Particolarmente adatta agli enti di grandi

dimensioni, centrali rispetto a reti di società “satellite”, potrebbe essere la creazione di un apposito

organismo societario, totalmente partecipato dall’ente locale, che opera come holding titolare delle

partecipazioni in precedenza detenute dall’ente, il quale coadiuva e fornisce servizi a tutte le aziende del

gruppo e supporta gli organi politici nelle decisioni strategiche16.” La Corte dei Conti, in sede di controllo, si

16 La Corte dei Conti ha avuto occasione di pronunciarsi successivamente sul fenomeno della holding comunale: - Corte dei Conti Sezione riunite in sede di controllo”Indagine conoscitiva sulla finanza locale”

20/01/2010 ove ha affermato: “La tendenza a trasformare l’ente locale da erogatore di servizi a soggetto regolatore che opera come holding (o attraverso holding) modifica radicalmente il quadro di riferimento. Ciò, a sua volta, richiederebbe la solletica attuazione di interventi correttivi anche in attuazione di recenti disposizioni della legge 196/09 (articolo 2, comma 6). Si richiama in particolare:

• la necessità che, per garantire effettività al controllo sotto il profilo qualitativo, quantitativo, finanziario e contabile, si eviti la concentrazione nel medesimo soggetto pubblico delle funzioni di regolatore e azionista;

• l’esigenza di pervenire a sistemi di consolidamento dei documenti contabili dell’ente locale che, se non integrati quanto meno da un piano dei conti unico, non danno una visione completa e trasparente della gestione;”

- Corte dei Conti, sezione autonomie, Deliberazione 14/sezaut/2010/FRG del 22/06/2010 ove ha affermato: Perché il nuovo sistema dei controlli funzioni appare necessario che si strutturi all’interno dell’ente un’ efficace governance, adeguatamente attrezzata tanto sotto il profilo dell’organizzazione che delle competenze tecniche, la quale sia in condizione di gestire il fenomeno delle partecipazioni non solo di primo livello, in cui l’ente agisce come holding, ma anche e soprattutto quando il socio pubblico agisce attraverso holding. Va prioritariamente rilevato che, alla luce del nuovo quadro normativo sopra descritto, la costituzione o il mantenimento di società holding da parte degli enti locali appare di dubbia ammissibilità. Ad ogni buon conto, perché la holding non si risolva in strumento di elusione degli obblighi e dei vincoli (anche costituzionali, per esempio, in materia di indebitamento) posti all’ente locale, produttivo solo di costi aggiuntivi privi di adeguata contropartita in termini di miglioramenti gestionali, deve improntare la propria attività ai principi di corretta gestione societaria, fondata sull’adeguatezza dei propri assetti e della struttura del gruppo al fine di esercitare compiutamente l’attività di direzione e coordinamento (art.2497 c.c.). Il socio pubblico che la detiene deve avere responsabilmente la piena capacità di comprendere i presupposti, le ragioni e gli effetti delle scelte adottate dalla società holding ed essere effettivamente in grado di orientarne le decisioni soltanto verso opzioni che non violino i principi di legalità, buon andamento, trasparenza e pubblicità, che governano l’azione delle pubbliche amministrazioni.”.

- Corte Conti sezioni riunite per il controllo – rapporto sul coordinamento della finanza pubblica – deliberazione del 14.05.2010 ” Un ultimo fenomeno che merita di essere preso in considerazione, per i possibili intenti elusivi, è quello dell’elevato incremento del numero di società holding che gli enti locali stanno costituendo. Anche se per gli enti di maggiori dimensioni la scelta può essere determinata dall’esigenza di gestire in modo più razionale le diverse partecipazioni societarie, non può essere sottovalutato il rischio che la dilatazione di tale tendenza sia anche connessa alla circostanza che l’applicazione alla sola società “direttamente partecipata dall’ente locale” dei limiti legislativi previsti in materia, renda di fatto esenti da controlli le singole società operative partecipate dalla holding. “

- Corte dei Conti sez controllo per la Toscana, verifica sana gestione finanziaria degli enti autonomi locali – Provincia di Siena 2008 che ha affermato. “La documentazione trasmessa nel corso dell’istruttoria (lettera prot. 13874 del 21 gennaio 2009 del Segretario Generale) ha evidenziato, comunque, una riorganizzazione di tali

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è espressa sulla holding degli enti locali anche in altre occasioni esprimendo giudizi in linea con la

deliberazione sopracitata ad eccezione della deliberazione 3/2009/GEST della sezione controllo Bolzano.

Sull’argomento è già intervenuto il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili

con un documento approvato nel maggio 2010 intitolato “Costituzione della Holding” elaborato dalle

commissioni dell’area enti pubblici “Servizi pubblici” e “Governance delle partecipate”, di cui il presente

lavoro rappresenta un aggiornamento, che, in particolare aveva considerato la sempre più diffusa esigenza

di attuare sistemi di Governance e “controllo” delle società partecipate al fine di rendere più efficace i

meccanismi per ridurne le spese (rectius i costi).

Recentemente per effetto dell’entrata in vigore della disposizione contenuta nell’art. 14 comma 32 del D.L.

78/2010 la holding degli enti locali ha assunto un maggiore interesse in quanto se attuata con la finalità di

addivenire ad un più efficace controllo sulle società partecipate potrebbe essere considerata coerente con

la indicata disposizione di legge, che si riferisce ai comuni al di sotto dei 50.000 abitanti, riguardo alla

detenzione di partecipazioni e che testualmente recita: “ Fermo quanto previsto dall’art. 3, commi 27, 28 e

29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti non possono

costituire società. Entro il 31 dicembre 2011 i comuni mettono in liquidazione le società già costituite alla

data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero ne cedono le partecipazioni. Le disposizioni di cui al

secondo periodo non si applicano ai comuni fino a 30.000 abitanti nel caso in cui le società già costituite

abbiano avuto il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi. La disposizione di cui al presente comma non si

applica alle società, con partecipazione paritaria ovvero con partecipazione proporzionale al numero degli

abitanti, costituite da più comuni la cui popolazione complessiva superi i 30.000 abitanti; i comuni con

popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti possono detenere la partecipazione di una sola società;

entro il 31 dicembre 2011 i predetti comuni mettono in liquidazione le altre società già costituite .” 17

attività, le quali permangono attribuite ai dirigenti delle varie strutture ma sono coordinate dalla Direzione Generale, con il supporto del Servizio Patrimonio e del Servizio Finanziario, attuando, in tal modo la scelta di governance denominata “tradizionale” (anziché quella “specialistica” che prevede un ufficio “ad hoc” oppure quella innovativa che prevede un’apposita holding).”

-Corte dei Conti sezione controllo Bolzano deliberazione 3/2009/GEST che ha affermato: “Suscita in ogni caso perplessità la partecipazione dei comuni altoatesini e delle comunità comprensoriali ad una cd. holding finanziaria, trattandosi di partecipazione che secondo la motivazione fornita dalle Amministrazioni è “ .. equiparabile ad un investimento finanziario” e dunque in apparente contrasto con la normativa in vigore. Essendo l’ente locale esso stesso per definizione assimilabile ad una struttura operativa chiamata a gestire i vari organismi che prestano i servizi pubblici locali, è indubbio che l’interposizione di una holding rende alquanto difficile lo svolgimento di una corretta informazione e una politica di responsabilizzazione dei dirigenti, determinando anche l’ impossibilità di un controllo analogo con evidenti costi aggiuntivi in contrasto con le norme di una sana gestione della cosa pubblica.”

17 L’art. 14 comma 32 del D.L. 78/2010 è stato modificato in sede di conversione del D.L. 29/12/2010 n. 225 (c.d. mille proroghe) dalla Legge 26.02.2011 n. 10 secondo il seguente tenore: <<“ 11. All’articolo 1 della legge 13.12.2010 n. 220, il comma 117 è sostituito dal seguente: “117. ai fini dell’applicazione dell’art. 14 comma 32, del D.L. 31 maggio

2

In particolare per i comuni con popolazione fino a 30.000 abitanti la possibilità di conferire tutte le proprie

azioni o quote di società in una holding partecipata da altri comuni, la cui somma di abitanti di ogni ente

partecipante superi la soglia dei 30.000, appare una modalità di aggregazione consentita dalla stessa

disposizione di legge. Infatti, la ratio della norma, che si ricorda è collocata al penultimo comma dell’art. 14

che è rubricato “ Patto di stabilità interno ed altre disposizioni sugli enti locali”, è quella di ridurre le spese

degli apparati amministrativi degli enti locali attraverso processi obbligatori di aggregazione per l’esercizio

in forma associata, mediante convenzioni o unioni, come dispone il comma 28 del medesimo articolo. La

holding può rappresentare la modalità attuativa del processo aggregativo nel solco voluto dal legislatore,

rispondendo ai requisiti della legge laddove gli enti soci della holding stessa, raggiungano un numero di

2010, n. 78 convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 al comma 32 del medesimo articolo 14, le parole “Entro il 31.12.2011” sono sostituite “Entro il 31.12.2013 e dopo il secondo periodo, è inserito il seguente”le disposizioni di cui al secondo periodo non si applicano ai comuni con popolazione fino ai 30.000 abitanti nel caso in cui le società già costituite:

a) abbiano, al 31dicembre 2013, il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi;b) non abbiano subito, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio;c) non abbiano subito, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali l’ente

locale sia stato gravato dell’obbligo di proceder al ripiano delle medesime perdite”>>

2

abitanti superiore a 30.000 e conseguano una partecipazione in misura paritetica ovvero proporzionale ai

propri abitanti.

Anche per i comuni con popolazione compresa fra i 30.000 e i 50.000 abitanti, per i quali è consentito

detenere una sola partecipazione18, la holding potrebbe rappresentare un’opzione organizzativa qualora,

nel rispetto della ratio della legge, risulti a seguito di processi di razionalizzazione al fine di implementare

una governance più efficace sotto il profilo del controllo e a condizione di ridurre i costi di struttura delle

società partecipate in misura tale da coprire quanto meno quelli aggiuntivi della holding .

L’organizzazione a mezzo holding consente di attuare alcune azioni di razionalizzare i costi e di ottenere

economie quali, in via generale:

- accentramento della gestione contabile e finanziaria;

- accentramento dei processi di controllo e governance (audit, comitati di controllo D.Lgs 231/01);

- accentramento uffici legali, appalti e forniture;

18 L’interpretazione dell’art. 14 comma 32 del D.L. 78/2010 è assai incerta e le stesse sezioni per il controllo della Corte dei Conti hanno assunto tesi molto divergenti fra loro ( Corte dei Conti sezione controllo per la Puglia n. 76 del 22.7.2010 e n. 129/par/2010 del 11/11/2010, sezione controllo per la Lombardia – Milano – n. 861/2010/par del 22/07/2010, n. 1081 del 30/12/2010, sezione controllo per la Puglia n. 166/2010 del 31/12/2010). A ciò si aggiunga che appaiono del tutto ingiustificate ed irragionevoli le recenti modifiche legislative che, dal punto di vista dell’interpretazione letterale, consentono cause di esclusione dall’applicazione della norma unicamente per le società partecipate da comuni sotto i 30.000 e non invece anche per le società partecipate da comuni fra i 30.000 e 50.000 abitanti.

2

- consolidato fiscale;

- riduzione del numero di amministratori fino alla individuazione di un amministratore unico in luogo

dei consigli di amministrazione nelle controllate di secondo livello.19

L’assenza di un adeguato programma di razionalizzazione, tanto del sistema di governance per rendere più

efficace il controllo, quanto per attuare reali processi di riduzione della spesa, potrebbe dare luogo a

critiche, come sostenuto dalla Corte dei Conti, in relazione alla scelta della holding per gli enti di minori

dimensioni fra i quali rientrano quelli con popolazione tra i 30.000 e 50.000 abitanti.20

In verità poi, vi da considerare che la holding pubblica consente di prestare servizi di razionalizzazione della

spesa tanto per gli enti soci, quanto per le società soggette a controllo, ma anche a società collegate

laddove adeguati accordi parasociali lo prevedano.

In questo senso è ben possibile che la holding pubblica abbia una duplice funzione: una prima che

rappresenta lo scopo che gli enti locali intendono perseguire tramite la holding (scopo sociale), una

seconda che è il vero e proprio oggetto di attività della holding che può estendersi tanto più quanto è

ampia la platea delle società controllate e collegate.

19 Sulla figura dell’amministratore unico nelle società partecipate da enti locali nel documento “Aspetti regolamentari delle società "in house"” elaborato nel mese di maggio 2010 dalle commissioni dell’area enti pubblici “Servizi pubblici locali” e “Governance delle partecipate” approvato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, viene indicata la preferenza per l’organo di amministrazione collegiale in luogo di quello monocratico in quanto ritenuto più coerente con il tipo di società e di interessi rappresentati.

“Al fine di garantire efficacia al controllo del socio sarà opportuno introdurre in statuto alcune limitazioni al potere degli organi delegati (Presidente, Comitato esecutivo e amministratori delegati), atteso che i segnali provenienti dal legislatore sembrano favorire la collegialità della gestione in capo ai consigli di amministrazione, a scapito della figura dell'amministratore delegato, e ancor più di quella del Comitato Esecutivo.” e20

Cfr nota 1

2

2. L’inquadramento della holding come strumento di governance

Va definito il ruolo ovvero la “mission” della holding degli enti locali. A tal riguardo il documento del

Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili sopra citato, già evidenzia. “ Inoltre,

il governo societario attuato a mezzo della società Holding deve essere, in ogni caso, orientato al

perseguimento degli obiettivi di interesse pubblico di cui è portatore l’ente locale. Quindi, il primo dato è

che la Holding è un mezzo:

- per attuare un’azione amministrativa coordinata ed unitaria (amministrazione delle partecipazioni);

- per organizzare le partecipate degli enti locali in modo efficiente, efficace ed economico;”

Si tratta di un mezzo di governo e soprattutto di un sistema complesso per l’amministrazione delle

partecipate, vale a dire, in buona sostanza, per l’esercizio dei diritti di socio. Tale aspetto appare il primo

ad emergere ma non è da escludersi a priori neppure la possibilità di esercitare una funzione di indirizzo (in

taluni casi nella forma della vera e propria programmazione) e controllo delle partecipate. La possibilità

offerta dalla holding di esercitare una concreta azione di programmazione e controllo dipende tuttavia da

due condizioni non sempre presenti: la prima è data dalla possibilità che l’amministratore della holding

possieda competenze manageriali nel campo gestionale delle partecipate; la seconda è data dal fatto che

l’ente locale sia il soggetto istituzionale deputato a stabilire i livelli di qualità dei servizi offerti dalla società

21.

21 Tuttavia occorre prendere atto che tali funzioni sono state devolute alla competenza di organismi preposti che

svolgono la funzione di autorità di regolazione di cui solo talune di esse espressione esponenziale degli enti locali,

quantomeno per la maggior parte dei servizi pubblici locali a rilevanza economica a carattere industriale (trasporto

pubblico, servizio idrico integrato, distribuzione del gas, igiene ambientale), e quindi al di fuori del dominio diretto

degli enti locali stessi.

3

3. la holding: la Legge Finanziaria 2008 e l’articolo 13 del decreto Bersani

L’azione dell’ente locale nella scelta del modello gestionale della holding deve essere sempre improntata al

rispetto del principio di legalità. La detenzione di partecipazione in società di capitale, quand’anche

costitute con la funzione di holding deve rispondere ai requisiti imposti dall’art. 3 comma 27 della Legge

finanziaria per il 2008 che testualmente recita. “27. Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le

amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono

costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie

per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente

partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. È sempre ammessa la costituzione di società che

producono servizi di interesse generale e che forniscono servizi di committenza o di centrali di committenza

a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui

all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto

legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle

amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’ambito dei

rispettivi livelli di competenza

28. L'assunzione di nuove partecipazioni e il mantenimento delle attuali devono essere autorizzati

dall'organo competente con delibera motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui al comma 27.

29. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le amministrazioni di cui

all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto delle procedure ad

evidenza pubblica, cedono a terzi le società e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 27.”22

Ne consegue che l’ente ha l’obbligo di attuare la ricognizione delle proprie società partecipate e

classificarle, ove ne ricorrano le condizioni, nelle due categorie previste dalla legge (società che svolgono

22 Il termine dei 18 mesi è stato successivamente prorogato al 31.12.2010

3

servizi c.d. strumentali finalizzati alle attività dell’ente ovvero società che svolgono servizi strettamente

necessari alle finalità dell’ente locale socio e comunque di interesse generale), al fine di potere esprimere

un giudizio che ne consenta la legittima detenzione.

La classificazione delle società holding, per quanto esposto in precedenza, porta a fare risaltare la natura

strumentale per la produzione dei servizi (a favore dell’ente stesso) che si rendono necessari per

l’amministrazione ovvero per l’esercizio dei diritti di socio. Il concetto di servizi è da intendersi in senso

astratto, nel senso di servizi amministrativi, servizi per la gestione dei flussi informativi e per l’analisi e

produzione di dati economico finanziari, come pure servizi di management e quindi la messa a disposizione

di capacità di know how.

La vocazione strumentale, a sua volta rimanda alla disciplina contenuta nell’art. 13 del Decreto Bersani 23,

rubricato “Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della

concorrenza”, che come noto dispone:

“1. Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli

operatori nel territorio nazionale, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o

partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali

all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali e dei servizi di

committenza o delle centrali di committenza apprestati a livello regionale a supporto di enti senza scopo di

lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici

relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché, nei casi

consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza,

devono operare con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore

di altri soggetti pubblici o privati, nè in affidamento diretto nè con gara, e non possono partecipare ad altre

23 Decreto-Legge 4 luglio 2006, n. 223 (in Gazz. Uff., 4 luglio, n. 153). - Decreto convertito, con modificazioni, in legge 4 agosto 2006, n. 248

3

società o enti aventi sede nel territorio nazionale. Le società che svolgono l'attività di intermediazione

finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal

divieto di partecipazione ad altre società o enti.

4. Le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle

regole di cui al comma 1.”

Trattasi di disciplina di divieto e non positiva, in quanto limitativa della capacità operativa delle società

partecipate dagli enti locali c.d. “strumentali”, finalizzata alla gestione delle attività dell’ente locale.

Gli elementi caratterizzanti la disciplina di legge, che in questa sede ci interessa considerare, sono

eminentemente due:

- la finalizzazione (anche dell’oggetto sociale della società) all’esercizio esclusivo di servizi a favore dell’ente

locale socio committente24;

- l’assenza di vocazione commerciale, di per sé contraria alla finalizzazione della strumentalità, che non

deve condurre a esercitare servizi per soggetti terzi né pubblici né privati, nè alla partecipazione a gare né

a detenere partecipazioni in altre società. Principio già noto per le società affidatarie in via diretta di servizi

24 In merito all’interpretazione di oggetto esclusivo si veda Cons. St., Sez. V, 7 luglio 2009, n. 4346; Cons. St., Ad. plen., 3 marzo 2008, n. 1; Cons. St., Sez. III, parere 25 settembre 2007, n. 322; Cons. St., Sez. II, parere 18 aprile 2007, n. 456

,

3

pubblici locali, così come disponeva l’art. 113 comma 6 del D.lgs 267/2010 (“Tuel”) ed ora il comma 9

dell’art. 23 bis del D.L. 112/2008.

In particolare sulla detenzione di partecipazioni in altre società occorre soffermarsi in relazione a due

deroghe al divieto imposto dalla legge. La prima deroga discende direttamente dalla interpretazione della

Corte Costituzionale che ha determinato un temperamento del divieto laddove ha affermato che esso si

applica solo alle partecipazioni in quelle società la cui attività avrebbe consentito alla controllante di

aggirare i vincoli della norma. 25La seconda deroga è espressamente prevista dall’ultimo periodo del comma

primo della norma in discussione che esclude, appunto dal divieto di detenere partecipazioni in altre

società, quelle che svolgono l’attività di intermediazione finanziaria, prevista dal testo unico di cui al

decreto legislativo 1/09/1993 n. 385.

L’attività di intermediazione finanziaria era disciplinata dall’art. 106 ( intitolato “Elenco generale”) del testo

unico bancario ( d.lgs 1/09/1993 n.387 – in appresso TUB) al titolo V ( “soggetti operanti nel settore

finanziario”) che così disponeva:

“1. L'esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di

finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è

riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall’UIC.

2.Gli intermediari finanziari indicati nel comma 1 possono svolgere esclusivamente attività finanziarie, fatte

salve le riserve di attività previste dalla legge.”.

Si deve dedurre che, in assenza di ogni altro riferimento al testo unico bancario, sia proprio l’articolo 106 da

prendere in esame. Dalla lettura dell’art. 13 del Decreto Bersani emerge che sono escluse dal divieto di

detenere le partecipazioni le società “strumentali” che svolgono queste attività:

- assunzione di partecipazioni;

- concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma;

- prestazione di servizi di pagamento;

- intermediazione in cambi.

Occorre altresì ricordare che se tali attività fossero state rivolte non nei confronti del pubblico sarebbe

scattata la mera iscrizione nell’elenco di cui all’art. 113 del testo unico bancario. Così è stato per la holding

che detenevano partecipazioni in società ma non con un fine di trading e quindi senza rivolgersi al pubblico

che venivano iscritte nell’elenco e pertanto anche le anche holding degli enti locali, non svolgendo attività

nei confronti del pubblico, sono state iscritte nell’elenco di cui all’art. 113 del TUB.

25 Corte Costituzionale sentenza 1/08/2008 n. 326

3

3.1. le holding delle Regioni

La deroga consentita agli intermediari finanziari, individuati nel testo unico bancario, può essere meglio

compresa se si ritorna alle motivazioni che indussero il legislatore ad operare la modifica per introdurre tale

deroga intervenuta in sede di conversione del Decreto Legge cd “Bersani”.

< < … l’esclusione delle cd. Società finanziarie regionali dal divieto di partecipare ad altre società o enti è intervenuta in sede di conversione in legge. Trattasi, ovviamente di una disposizione necessaria poiché, in difetto, la norma avrebbe comportato la liquidazione della maggior parte di dette società per impossibilità del conseguimento del loro oggetto sociale. Non dobbiamo dimenticare che una delle aree strategiche d’affari fondamentali per le società in questione è proprio costituita dall’intervento finanziario, recato anche mediante attività di venture capital, a sostegno degli star up imprenditoriali delle piccole e medie imprese del territorio regionale. Trattasi di interventi che si concretizzano, sovente, non tanto nella concessione di prestiti o finanziamenti ma a medio e lungo termine con pesanti vincoli di garanzia e di restituzione, bensì sotto forma recati anche mediante lo strumento della partecipazione azionaria, nelle imprese di cui la finanza regionale interviene a sostenere l’iniziativa di star up o di sviluppo e di rilancio strategico. >>26.

La deroga sarebbe però riferita solo alla detenzione di partecipazioni non potendosi legittimare invece le

altre attività finanziarie soprattutto quando rivolte al pubblico in regime di attività imprenditoriale

Tale dubbio è ben espresso da autorevole dottrina27 e confermato da chi sostiene che <<Per dette società

l’esenzione è solo parziale, poiché è riferita solo al divieto di detenere partecipazioni. Il che è comprensibile,

poiché questi veicoli societari vengono istituiti dagli enti (si pensi alle finanziarie regionali) proprio per

detenere, fra l’altro, pacchetti di partecipazioni societarie. >>

Ne consegue che il rimando al testo unico bancario è da intendersi ad una peculiare attività: l’assunzione di

partecipazione e ciò che ad esso è connesso. Si raggiungerebbe così il fine voluto dal legislatore in sede di

conversione dell’art. 13 del decreto Bersani, vale a dire ritenere legittime le società holding finanziarie delle

regioni in quanto ontologicamente società strumentali necessarie per il perseguimento delle finalità di

gestione delle attività della regione stessa.

3.2 le holding degli enti locali

Le conclusioni esegetiche raggiunte per le holding regionali valgono anche per le holding degli enti locali

che, come si è sopra già evidenziato, vengono prese in considerazioni in questa sede quale mezzo per la più

efficace amministrazione delle partecipate e quindi per il corretto esercizio dei diritti di socio.

26 G. Bassi “ Le società strumentali delle regioni e degli enti locali: qualche puntualizzazione a due anni dalla disciplina speciale” in appalti e contratti 1-2 2009.27

M. Atelli “Il sistema delle società finanziarie regionali” in Diritto e pratica amministrativa n. 9/2008

3

Quindi, volendo seguire la classificazione imposta dall’art. 3 comma 27 della Legge finanziaria 2008, trattasi

di società adatte alle finalità in quanto strumenti di governance necessarie per una corretta azione dell’ente

locale tramite e nelle proprie società partecipate.

Essendo società strumentali debbono essere sottoposte alle stringenti condizioni/limitazioni cui

soggiacciono le altre società strumentali e precisamente:

- struttura della governance secondo le regole mutuate per l’in house providing;

- divieto di operare per soggetti diversi dall’ente locale (o dagli enti locali ) che ha

conferito le partecipazioni.

La Corte dei Conti si è espressa sulla funzione strumentale della holding comunale in quanto deputata a

raggiungere gli obiettivi imposti dallo stesso ente locale socio e a tal riguardo ha osservato: “Se l’oggetto

3

sociale della holding rispetta i limiti predefiniti dalla delibera adottata dal Consiglio provinciale o comunale,

la società non potrà che detenere partecipazioni che non siano in contrasto con le previsioni dell’ente locale.

Considerata la natura imperativa contenuta nell’art. 3, co. 27 e l’importanza che riveste la verifica compiuta

dal Consiglio dell’Ente in relazione alle finalità perseguite con lo strumento societario è opportuno che lo

Statuto delle società partecipate dall’ente locale richiami la predetta limitazione negli stessi termini stabiliti

dal Consiglio comunale in sede di verifica della partecipazione e di decisione del mantenimento, così da

permettere anche ai terzi interessati di conoscere la natura della società ed i suoi limiti di operatività.

In conclusione, la valutazione che gli enti locali devono compiere ai sensi dell’art. 3 co. 27 e segg. della legge

n. 244 del 2007 deve essere eseguita in relazione alle sole partecipate dirette, tenendo conto della loro

attività e, in particolare, se si tratta di holding della tipologia delle loro partecipazioni nonché del loro

oggetto, prevedendo, altresì, che a livello statutario vengano richiamati i limiti di compatibilità previsti

dall’ente locale nella delibera consiliare di mantenimento.”28

L’interpretazione della Corte dei Conti citata impone, attraverso le disposizioni dell’oggetto sociale della

holding , l’obiettivo di realizzare un sistema di controllo dell’attività delle società partecipate di secondo

livello.

4. Le modifiche al testo unico bancario alla disciplina dei servizi finanziari

Le considerazioni che seguono potrebbero apparire ultronee perché si riferiscono all’abrogazione della

norma del testo unico bancario che è richiamata dal Decreto Bersani e che individua le società che possono

detenere partecipazioni, nella considerazione che le holding degli enti locali vengono costituite

esclusivamente per la detenzione delle partecipazione in società agli stessi facenti capo e che quindi “per

loro natura” sono dedicate all’assunzione e gestione delle partecipazioni per il conseguimento di attività nei

confronti dell’ente a supporto di funzioni amministrative ma si è ritenuto comunque opportuno anche

fornire una interpretazione aderente alle disposizioni di legge vigenti nel nostro ordinamento pur in

presenza della citata abrogazione.

Le recenti modifiche al testo unico bancario, in particolare modo all’art. 106 TUB e connessa soppressione

dell’art. 113 del TUB, hanno comportato di riesaminare la “ratio” voluta dal legislatore, allorché ha

disposto la deroga alla detenzione delle partecipazioni per quelle società che esercitavano l’attività prevista

dal testo unico bancario.

28

Parere Corte dei Conti sezione regionale di controllo per la Lombardia 21/9/2010 n. 874

3

Si ritiene di poter escludere a priori che l’art. 13 del Bersani intendesse fare riferimento all’attività

“riservata” di esercizio di servizi finanziari, di cui all’art. 106 TUB; di modo che il venire meno delle

caratteristiche per la qualificazione ex art. 106 TUB determinasse anche il venir meno della possibilità di

beneficiare della deroga alla detenzione di partecipazioni.

L’interpretazione sembra avvalorata dal fatto che a ben vedere le attività di intermediazione finanziaria di

cui all’art. 106 TUB se non rivolte nei confronti del pubblico comportavano la mera iscrizione all’elenco

dell’art. 113 TUB.

Come affermato da più autori “.. la funzione dell’iscrizione degli intermediari finanziari nella sezione

speciale ( come prevista dall’art. 113 TUB) mira al censimento degli intermediari finanziari, al fine di

monitorare la struttura del sistema, e non ad assicurare la sana e prudente gestione di tali operatori, né a

soddisfare esigenze di stabilità e buon funzionamento del sistema finanziario. Ciò a motivo del fatto che i

ripetuti criteri di individuazione dei soggetti tenuti ad iscriversi sono dati dallo svolgimento dell’attività

finanziaria non nei confronti del pubblico e della prevalenza dell’attività finanziaria rispetto a attività di

altro genere” 29.

Si deve allora concludere che di per sé l’iscrizione nell’art. 113 TUB non rappresentava un’attività riservata

ma bensì un’attività sottoposta a semplice monitoraggio senza alcuna esigenza di vigilanza o controllo dei

rispettivi operatori. Ne consegue che anche il legislatore dell’art. 13 del decreto Bersani non ha inteso fare

riferimento ad una specifica attività “riservata” dal testo unico bancario, ma unicamente un elenco di

attività – tutte riconducibili in via funzionale alla detenzione di partecipazioni – che potevano trovare una

più semplice individuazione tramite il richiamo espresso del testo unico bancario; quindi l’interpretazione

data deve essere confermata anche in conseguenza della intervenuta modifica del testo unico bancario.30

2912 Parere Corte dei Conti sezione regionale di controllo per la Lombardia 21/9/2010 n. 874 Prof. Avv. Ranieri Razzante “Qualche spunto (critico) ricostruttivo della disciplina degli intermediari

finanziari non bancari “ in www. Filo diritto.com30

Le modifiche al testo unico bancario, portate dal decreto legislativo del 13.08.2010 n. 141 – pubblicato in Gazzetta Ufficiale Italiana n. 207 del 4.09.2010 supplemento ordinario - che qui interessa riprendere si possono così sintetizzare:

- articolo 7 intitolato “ Integrazioni e modifiche del d.lgs 1/09/1993 n. 385;1. art. 106 intitolato “Albo degli intermediari finanziari” sostituito dal seguente:

<<1. L’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è riservato agli intermediari finanziari autorizzati iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia.

2. Oltre alle attività di cui al comma 1 gli intermediari finanziari possono prestare servizi di pagamento, a condizione che siano a ciò autorizzati ai sensi dell’articolo 114-novies, comma 4, e iscritti nel

relativo albo, nonché prestare servizi di investimento se autorizzati ai sensi dell’articolo 18, comma 3, del decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58. Gli intermediari finanziari possono altresì esercitare le altre attività a loro eventualmente consentite dalla legge nonché attività connesse o strumentali, nel rispetto delle disposizioni dettate dalla Banca d’Italia.

3

A maggiore riprova di quanto affermato si deve considerare che l’attività di “assunzione e gestione di

partecipazioni” rimane un’attività esercitata da “operatore finanziario” nel senso che la fuoriuscita dal TUB

non ne fa venire meno la natura e soprattutto la qualificazione. Infatti, come risulta evidente dal tenore del

combinato disposto del comma 7 e comma 10 dell’art. 10 del decreto legislativo del 13.08.2010 n. 141,

l’attività di “assunzione e gestione di partecipazioni” rimane sottoposta a monitoraggio ai fini tributari, a

seguito della sottoposizione agli obblighi di comunicazione all’anagrafe tributaria, al pari di “ogni altro

operatore finanziario”, come risulta dall’art. 7 (rubricato “comunicazione all’anagrafe tributaria”) del D.P.R.

29.9.1973 n. 605, per come richiamato dal comma 10 dell’art. 10 del decreto n. 141/2010.31

In conclusione circa l’attività di assunzione e gestione di partecipazioni ciò che emerge anche a seguito

delle modiche del TUB può così riassumersi:

- non è per espressa disposizione di legge un’attività riservata, ai fini del testo unico bancario; confermando

quanto asserito dalla dottrina, vale a dire che non si trattava di vera e propria attività riservata neppure

prima dell’intervenuta modifica legislativa per le ragioni più sopra esposte ;

- rimane comunque un’attività sottoposta al monitoraggio dell’Agenzia delle Entrate – attraverso la

sottoposizione agli obblighi di comunicazione all’anagrafe tributaria – al pari di ogni altro “operatore

finanziario”;

3. Il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, specifica il contenuto delle attività indicate nel comma 1, nonché in quali circostanze ricorra l’esercizio nei confronti del pubblico. >>

- art. 10 intitolato “ Disposizioni transitorie e finali”;1. comma 7: << Dalla data di entrate in vigore del presente decreto legislativo, sono abrogati gli elenchi

previsti dagli articoli 113 e 155, comma 5, del decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385 e cancellati i soggetti ivi iscritti>>;

comma 10: << Gli obblighi comunicativi di cui all’articolo 7, sesto e undicesimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 605, permangono nei confronti dei soggetti che, esclusi dagli obblighi dell’articolo 106, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, esercitano in via prevalente, non nei confronti del pubblico, le attività di assunzione e gestione di partecipazione, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestiti obbligazionari e di rilascio di garanzie. L’esercizio in via prevalente sussiste, quando, in base ai dati dei bilanci approvati relativi agli ultimi due esercizi chiusi, ricorrono entrambi i seguenti presupposti: a) l’ammontare complessivo degli elementi dell’attivo di natura finanziaria di cui alle anzidette attività, unitariamente considerate, inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate, sia superiore al 50 per cento del totale dell’attivo patrimoniale, inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate; b) l’ammontare complessivo dei ricavi prodotti dagli elementi dell’attivo di cui alla lettera a), dei ricavi derivanti da operazioni di intermediazione su valute e delle commissioni attive percepite sulla prestazione dei servizi di pagamento sia superiore al 50 per cento dei proventi complessivi. >>

Il risultato delle modifiche introdotte conferma che l’assunzione di partecipazioni non è da considerarsi un’attività riservata ma bensì un’attività sottoposta a mero monitoraggio per conoscere la struttura di tale mercato e non per attuare vigilanza e controllo diretta sugli operatori ai fini della sana e corretta gestione dell’attività di intermediazione finanziaria.31

3

- nella nozione di ogni altro “operatore finanziario”, ancorché ai fini dell’anagrafe tributaria, sono

ricomprese le banche, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, ecc. da ciò se ne può dedurre

che l’attività di assunzione e gestione di partecipazione è comunque da ricondurre alla nozione di

operatore finanziario sebbene attività non riservata per legge.

Dopo tale disamina emerge che ai fini dell’interpretazione dell’art. 13 del Bersani, il legislatore non ha

inteso limitare la deroga all’assunzione di detenere partecipazioni alle società strumentali che svolgono

l’attività di intermediazione finanziaria iscritte nell’elenco previsto dal combinato disposto degli artt. 106 e

107 del TUB ( abrogato ora l’elenco speciale di cui all’art. 113 sempre del TUB).

Infatti il legislatore che ha scritto l’art. 13 del Decreto Bersani ha voluto individuare una categoria di

operazioni riconducibili all’assunzione e gestione delle partecipazioni e lo ha fatto rimandando ad un

compendio normativo – il TUB – che, in quel momento temporale elencava tali attività. Trattasi dunque di

un riferimento ad un’altra disposizione di legge che si è “cristallizzata” nel tempo e immutabile al mutare

dunque del compendio normativo richiamato.

Tale interpretazione è a ben vedere l’unica che può giustificarsi ai fini meramente teleologici per non

vanificare e rendere vuoto di contenuto l’ultimo periodo del primo comma dell’art. 13 del decreto Bersani,

allorché sarà operativa la modifica del TUB.

5. Conclusioni

La società holding per gli enti locali rappresenta un modello di governo delle proprie partecipate come già

ampiamente illustrato nel documento del mese di maggio 2010 intitolato “Costituzione della Holding” e le

recenti modifiche al testo unico bancario, per quanto richiamato dall’art. 13 del decreto Bersani, non

rilevano sulla possibilità di costituire tali società.

La società holding per gli enti locali deve derivare da un programma di razionalizzazione organizzativa della

governance societaria tesa a rendere più efficace il sistema della programmazione e controllo delle società

partecipate e non deve essere motivata da mere finalità di elusione di disposizioni di legge che riguardano

gli enti locali.

Inoltre, per gli enti locali di minori dimensioni ricadenti nella disciplina dell’art. 14 comma 32 del D.L.

78/2010, la scelta gestionale di attuare una governance attraverso la holding, deve essere inserita in un

programma che:

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- per i comuni la cui popolazione si inferiore a 30.000 attui un processo

aggregativo con altri comuni che possa determinare con loro una partecipazione

alla holding paritetica o proporzionale al numero di abitanti;

- per i comuni con popolazione compresa fra i 30.000 e 50.000 abitanti determini

una riduzione dei costi di struttura delle società partecipate in misura tale da

coprire quanto meno quelli aggiuntivi della holding.

* * * * *

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ha avviato dal 2010 lo studio delle

società holding degli enti pubblici locali.

Come si è già rilevato, il fenomeno delle holding ha suscitato e continua a suscitare un forte interesse negli

enti locali che detengono partecipazioni, soprattutto con riferimento alla opportunità che offre la holding

quale strumento per dare forza alle decisioni di indirizzo. La Holding consente inoltre di riportare nella

disponibilità degli enti pubblici la conoscenza dei processi decisionali e di rendere più compatta l’influenza

dei soci verso le partecipate per indirizzarne le scelte.

E’ dimostrato che più numerosi sono i soci della holding e le società partecipate, migliore risulta il processo

di governance.

D’altro canto l’ampliamento della compagine sociale della holding di proprietà di un unico ente locale con

l’ingresso di altri enti soci o la costituzione ex novo in tale forma introduce il modello di Holding Plurienti

che determina la necessità di ulteriori analisi ed approfondimenti applicativi.

Va infatti analizzato il complesso intreccio di norme che disciplinano il possesso di partecipazioni da parte

degli enti locali, soprattutto alla luce delle modifiche normative in corso.

Andranno considerate le problematiche delle partecipazioni nei settori regolati ed i temi

• dello scopo e dell’oggetto sociale, intendendo per il primo le finalità per le quali gli enti locali aderiscono

al modello di holding e per il secondo le attività che la holding potrà fare nei confronti delle proprie

partecipate ma anche a favore dei propri enti soci;

• dell’esercizio del controllo analogo sulle società “in house” e, più in generale, la formazione delle

decisioni che determinano la direzione e il coordinamento delle controllate.

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• infine non si dovrà trascurare l’approfondimento della regolamentazione dei rapporti fra gli organi degli

enti e quelli della società holding cui partecipano.

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha già dato avvio all’analisi della

Holding Plurienti per esaminarne le caratteristiche applicative e contribuire al suo sviluppo.

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