T270 LA FAVORITA DEL PRINCIPE

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Tocco ardito La favorita del principe

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La favorita del principe

Tocco ardito

Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Make Me Yours

Touch Me Harlequin Blaze

© 2009 Betina Krahn © 2009 Jacquie D'Alessandro

Traduzione di Elisabetta Elefante Traduzione di Elisabetta Frattini

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

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© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Harmony Temptation agosto 2010

Questo volume è stato impresso nel luglio 2010

presso la Rotolito Lombarda - Milano

HARMONY TEMPTATION ISSN 1591 - 6707

Periodico mensile n. 270 del 19/8/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 128 del 7/3/2001 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

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Betina Krahn

La favorita del principe

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Capitolo 1

Inghilterra, Lake County 1887 «Ma è possibile starsene in santa pace una sera o è chiedere troppo?» borbottò Mariah Eller. Si avvolse meglio nella cappa per proteggersi dalla pioggia battente che la sferzava in viso e socchiuse gli occhi, sperando di vedere le luci dell'Eller-Stapleton Inn. Dover uscire con quel tempaccio in una fredda sera di fine ottobre mentre poteva starsene al calduccio, di fronte al caminetto, era una vera seccatura. «Presto, miss!» Il ragazzo con la lanterna che la precedeva si arrestò per aspettarla. «Pa' dice che stavano per sfondare una finestra.» «Che cosa?» La donna affrettò il passo, allarmata. «Devo ancora finire di pagarle, quelle benedette finestre. Se si azzar-dano anche solo a sfiorarle...» Non ultimò la minaccia, che suonò vuota alle sue stesse o-recchie. Come avrebbe potuto intimidire quella masnada di uomini ubriachi che rischiavano di distruggerle la locanda? Mandandoli a letto senza cena? Da tempo stazione di posta per i viaggiatori diretti a nord, l'Eller-Stapleton Inn distava parecchie miglia dal più vicino centro abitato: troppo per contare sull'intervento delle guardie.

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Se c'era qualche problema, Mariah doveva vedersela da sola: poteva contare solo su Carson, il nerboruto locandiere che manteneva l'ordine col suo sguardo affilato, due braccia mu-scolose e un vecchio moschetto. Se Carson l'aveva mandata a chiamare, la situazione doveva essergli sfuggita di mano. Mariah percorse con passo veloce l'ultimo tratto di strada saltando alcune pozzanghere e spalancò la porta della cucina, sul retro della casa. Si arrestò sulla soglia, sapendo che la cap-pa avrebbe grondato acqua sul ruvido pavimento di pietra. Il personale era radunato intorno al grande camino, in fondo alla stanza. «Grazie a Dio è arrivata...» mormorarono tutti, tranne Car-son. Che aveva un'aria accigliata. «Da quando in qua avete bisogno di aiuto per tenere a bada un paio di ubriaconi?» esordì Mariah, abbassandosi il cappuc-cio, per asciugarsi il viso, e togliendosi la mantella. «Hanno aggredito Nell» spiegò Carson. E indicò una delle domestiche che si era rintanata in un angolo. Era bianca come un lenzuolo e aveva gli occhi rossi. «L'hanno baciata e distesa sul tavolo, come se volessero prenderla con la forza.» Il viso dell'uomo, solitamente gioviale, era trasfigurato da una collera a stento tenuta a freno. «Sembravano un branco di stalloni impazziti. Stavo per cac-ciarli via a pedate, ma ho visto un cimiero sulla scatola da ta-bacco di uno di loro. E mio figlio ha notato uno stemma sulla carrozza dalla quale hanno scaricato i bagagli.» Dei nobili dunque, dedusse Mariah contrariata. «Chi sono? Non hanno dato i loro nomi?» Per legge, gli o-spiti di una locanda dovevano firmare un registro per ricevere alloggio. «Dei nomi, sì.» Carson andò a prendere il grosso libro rile-gato in pelle e lo aprì. «Ma non sono i loro.»

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«Jack lo Smilzo e Jack l'Astuto» lesse lei ad alta voce. «Union Jack... come la nostra bandiera. Jack Dandy. Jack il Musone e persino Jack O'Lantern.» Scosse il capo. «Furbi, pe-rò.» Nomi inventati, ovvio. Forse dei soprannomi. E lo scopo era di non lasciare traccia, in modo da non doversi assumere nes-suna responsabilità per i danni che potevano arrecare. Come sfondare qualche finestra, appunto. Il quadro era chiaro, adesso. Un gruppetto di nobili impe-gnati in una partita di caccia. Si allontanavano dalle loro son-tuose magioni e cercavano qualche isolata taverna di campagna dove si sentivano liberi di gozzovigliare, ubriacarsi e dar sfogo a certi bassi istinti. E se finivano per esagerare, come accadeva spesso, un povero locandiere non poteva sperare di mettere lo-ro le mani addosso senza rischiare una pesante ritorsione. Che fare, dunque? Mariah guardò l'espressione mortificata sul viso di Carson e si sentì persa. Non aveva un vicino altolocato a cui chiedere manforte, né un marito vigoroso che potesse intervenire per fare la voce grossa. Tutto dipendeva da lei. Doveva intervenire con estrema cautela: sorridere, ma senza essere troppo condi-scendente. Mostrarsi cordiale e spiritosa, ma senza esagerare con smancerie e svenevolezze. Consegnò il mantello fradicio al figlio di Carson e si guardò i vestiti. La giacca di lana blu scuro, la sobria camiciola bianca e la lunga gonna grigia non erano l'ideale per disarmare un branco di aristocratici avvinazzati, ma non c'era tempo di cam-biarsi. «Datemi uno specchio, chiamate il violinista e portate altre brocche di birra.» Le venne un'idea. «Dentro però aggiungeteci una dose abbondante del rum più forte che abbiamo.» Rincuorato, Carson spedì il figlio a chiamare Farley, lo stal-liere, col suo violino, e ordinò a una delle sguattere di correre a

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prendere uno specchio. Dal corridoio che portava nell'ampia sala centrale proveniva il suono di alcune risate sguaiate, misto al rumore metallico delle tazze che cadevano per terra e alla voce di qualcuno che urlava al locandiere di rimandare dentro "la formosa servetta di prima". Mariah si accorse che i suoi dipendenti la fissavano, speran-zosi, e chiamò a raccolta tutta la sua forza d'animo. Quelli era-no il suo lavoro, la sua casa, la sua vita. Doveva difendere ciò che le apparteneva con tutta l'astuzia e la determinazione di cui era capace. Arrivato lo specchio, si sciolse i lunghi capelli color del miele, li ravviò e tornò a raccoglierli più morbidamente; quindi si tolse la giacca e si sbottonò la blusa sulla gola. Non si repu-tava una gran bellezza, ma suo marito si era spesso riempito la bocca dicendo che gli uomini si giravano a guardarla, quando sorrideva. Si passò un dito sui denti e si diede un paio di pizzi-cotti sulle guance, controllandosi poi un'ultima volta allo spec-chio. «Non andare a dormire, Carson: potrei aver bisogno di te. E continua a riempire le brocche.» Mandò giù un sorso di birra, afferrò una bottiglia del suo rum migliore e si avviò. La sua strategia era semplice, ma azzardata: individuare il capo di quella allegra combriccola, entrare nelle sue grazie e farsi aiutare a tenere le cose sotto controllo mentre gli altri be-vevano fino a crollare a terra, addormentati. Se non fosse riu-scita nell'intento, si sarebbe messa a urlare come una furia. E Carson sarebbe intervenuto col suo fedele moschetto. Sei uomini, tre dei quali abbastanza giovani, e tutti ben ve-stiti, sedevano spaparanzati su sedie e panche intorno al grande camino acceso in fondo alla sala rivestita di spessi pannelli di quercia. Non c'erano altri ospiti. Strano, dal momento che la locanda era al completo. Era logico dedurre che il comporta-mento di quegli screanzati avesse allontanato tutti.

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Avvicinandosi, Mariah ebbe conferma che doveva trattarsi di persone molto agiate: bracciali d'oro, stivali di morbida pel-le. L'odore che sentiva era quello del sapone al sandalo misto a tabacco speziato. Vide anche il tavolo inzaccherato di fango nel punto in cui i suoi ospiti vi avevano posato i piedi, la cene-re gettata incautamente sul pavimento tirato a lucido, i boccali vuoti abbandonati per terra. «Avete ancora sete, signori?» chiese, avanzando. I due uo-mini che aveva di fronte si drizzarono e gli altri si girarono, per vedere cosa avesse suscitato il loro interesse. Mariah si arrestò e strinse entrambe le mani sulla bottiglia. «Bene, bene... Che cosa abbiamo qui?» Il tizio a lei più vi-cino, un uomo dal faccione rotondo e i capelli impomatati, le rivolse una lenta occhiata lasciva. «Sono la proprietaria della locanda, signori.» Fece un inchi-no lento e profondo. Alzò lo sguardo... e incrociò un paio di occhi ambrati. Un volto dai tratti cesellati. Si arrestò un istante, fissando i capelli scuri dell'uomo, la sua pelle bruciata dal sole, le labbra piene che si incrinavano in un sorrisetto. Che però si spense subito. Mentre gli occhi si ac-cesero. Di interesse! Quello sguardo indugiante le carezzò la pelle accendendole dentro qualcosa che Mariah non provava più da tempo: un senso di vibrante anticipazione. Reprimendo un brivido, spostò gli occhi sull'uomo subito a destra: massiccio, aveva capelli radi e il mento ricoperto di una curata barbetta... Il sangue le defluì dal viso. Conosceva quella faccia. La co-nosceva tutta l'Inghilterra. Misericordia divina! Possibile che Carson non avesse riconosciuto il loro futuro re? Jack St. Lawrence rimase col boccale davanti alle labbra, gli occhi fissi sulla avvenente bionda che si era inchinata a pochi centimetri dalle sue gambe allungate. Statura media, ma questa

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era l'unica cosa banale di lei. Il portamento era a dir poco rega-le, i capelli biondi e lucenti, il viso delicato di una bellezza fol-gorante. Sotto la camiciola inamidata e la gonna severa, poi, si intuivano curve che avrebbero fatto perdere la testa all'arcive-scovo di Canterbury! Il calore improvviso da cui si sentì avviluppare dissipò la leggera nebbia procuratagli dalla birra. Poi lei alzò la testa, ri-velando due occhi più azzurri di un fulgido cielo estivo: due enormi pozze luminose. E sembravano fissare proprio lui con quel che pareva aperto interesse! Lei però spostò subito lo sguardo... su Bertie. E il suo viso perse ogni traccia di colore, riconoscendo il Principe del Gal-les. Era una reazione che a Jack capitava spesso di osservare nelle donne di ogni rango e posizione. Sorpresa, stupore... e riverente adorazione. Guardando i suoi compagni, li vide ridacchiare, leccarsi le labbra e ammiccare. Maledizione! Erano già alticci e le cose rischiavano di mettersi male. Ci mancava solo che le saltassero addosso, come avevano tentato di fare con la servetta venuta a portare la birra. L'avevano presa per un braccio, l'avevano palpata. Jack era stato sul punto di intervenire, quando era apparso il locandiere che, ruggendo, aveva ordinato alla giovinetta di tornare alle sue faccende. Bloccati dal vocione dell'uomo, ma per nulla spaventati, i suoi compagni erano scoppiati in un'ennesima ri-sata e avevano lasciato andare la ragazza, per tornare a svuota-re i loro boccali di birra. Con un silenzioso sospiro di sollievo, Jack si era portato alle labbra il boccale con cui si stava trastullando da quasi un'ora. Non era divertente, né facile, frenare quei simpaticoni. Pur-troppo, questo rientrava nelle sue mansioni. Quando andava a caccia col principe, era suo preciso dovere assicurarsi che non venissero superati certi limiti.

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L'erede al trono britannico, il principe Albert Edward, Bertie per gli amici, si sporse a guardare la locandiera, soffermandosi a lungo sui suoi seni prima di risalire fino al volto. Sorrise, come se apprezzasse quel che vedeva. Quando porse una mano paffuta, lei la accettò con disinvoltura. E fece un secondo inchino. «E voi, signore?» riprese. «Qua-le Jack sareste? Non Jack lo Smilzo, ovviamente.» Santo cielo! Quella sfrontata aveva appena fatto una chiara allusione al girovita esagerato di Bertie!? I suoi compagni sof-focarono una risatina, mentre il principe usava la mano libera per abbassarsi il gilet sul ventre prominente, decidendo di ac-cettare bonariamente la battuta. Ma la locandiera doveva essere uscita di senno, perché con-tinuò a fare la spiritosa. «No, lasciatemi indovinare. Non siete Jack O'Lantern, per-ché non avete la faccia del giullare. E sembrate un tipo allegro, perciò escluderei il Jack Musone. Nemmeno il Dandy, direi, sebbene siate fin troppo elegante.» Si morse un labbro e lo stu-diò, civettuola. «Un uomo dal portamento così austero e mae-stoso non può che essere... Union Jack. Dico bene?» Un urlo di approvazione si levò nella sala. E Mariah sfoderò un sorriso malizioso. Che il principe contraccambiò. «Una ragazza perspicace» disse, tirandola per la mano. «Così mi dicono.» Mariah esercitò una leggera resistenza: non aveva nessuna voglia di sedersi sulle ginocchia del princi-pe. «E la mia perspicacia mi dice che voi avete amici molto... spiritosi.» Il doppio senso era chiaro, e suscitò un altro scoppio di ilari-tà tra i presenti. Jack invece si raddrizzò sulla sedia, allarmato. Quella ragazza non se ne rendeva conto, ma stava scherzando col fuoco. «Mi sono presa la libertà di chiedere al mio locandiere di

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prepararvi la nostra birra speciale.» Spostò il sorriso su tutti gli uomini. «È la migliore di tutta la contea. E pare abbia il potere di ammorbidire i più duri uomini di chiesa, di migliorare l'a-spetto delle vecchie zitelle e di curare addirittura i peggiori casi di scorbuto.» La risata piena del principe, a quell'uscita, la rincuorò al-quanto. «Avete detto che questa locanda è vostra?» riprese Bertie. «L'ultima volta che ci sono venuto, ricordo di aver parlato col proprietario. Un certo Eller.» «Squire Eller era mio marito. Alla sua morte, avvenuta due anni orsono, la locanda è passata a me.» «Quindi siete vedova.» Il principe inarcò un sopracciglio e sorrise. In quel momento, arrivò Carson con una enorme coppa col-ma di birra calda, il cui profumo si diffuse nella sala. E alle sue spalle, si levò il suono allegro di un violino: a suonarlo era un vecchio dagli stopposi capelli bianchi. Musica, rifletté Jack studiando l'astuta e intraprendente ve-dova. Per domare le bestie selvatiche. Allontanatasi dal principe con la scusa di riempire i boccali, la proprietaria della locanda cominciò a canticchiare con la bocca chiusa. Era una canzone patriottica: Drink Little En-gland Dry. La conoscevano tutti. Dopo aver servito il principe, gli fece cenno di unirsi a lei. Dapprima dibattuto, Bertie gettò la testa all'indietro e co-minciò a cantare. I suoi compagni sembrarono piuttosto stupiti. Si scambiarono una rapida occhiata, poi decisero di presentarsi a Mariah, ciascuno col proprio nomignolo inventato, e si uni-rono al coro. Di lì a poco, tutti cantavano e bevevano tranne Jack, che tirò indietro la sedia e continuò a scrutare la vedova a occhi soc-chiusi. Era molto sveglia, ma rischiava grosso. Che cosa spera-

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va di ottenere mettendosi a scherzare in quel modo con sei uomini ubriachi fradici? Si vide consegnare un boccale. Lei lo invitò a partecipare a quell'allegra cantata. Jack scosse il capo. Cercò di trasmetterle un muto messaggio di pericolo con lo sguardo. Ma la donna fece spallucce e passò a occuparsi di un altro dei suoi ospiti. Al che, Jack affondò il naso nel suo boccale e si augurò di riuscire a sbronzarsi come gli altri, almeno una volta. Erano tre anni che andava a caccia col principe. Cenava con Bertie. Sedeva al tavolo verde con Bertie. E immancabilmente toccava a lui tirarlo fuori dalle situazioni imbarazzanti in cui andava a cacciarsi. Perché Jack St. Lawrence aveva fama di essere un uomo con la testa sulle spalle e leale. Come erano stati tutti gli uomini della sua famiglia, nei confronti dei sovra-ni. Avevano ceduto una considerevole parte della loro proprie-tà alla famiglia di Bertie per ampliare la tenuta reale di San-dringham, di cui erano confinanti. E il principe aveva ripagato tanta generosità invitando i figli maschi dei St. Lawrence a far parte della sua ristrettissima cerchia di fedeli amici e compagni di baldorie. Cosa che, si sperava, avrebbe permesso loro di av-vicinare qualche ricca nobildonna da sposare. Jack sospirò. Non che ultimamente Bertie ne avesse incon-trate molte. Soprattutto perché il futuro monarca andava più spesso e volentieri a caccia in zone popolate delle sue prede preferite: le donne sposate. Il violinista, conclusa la prima ballata, intonò un'altra melo-dia molto popolare. «Conoscete anche questa, vero?» dichiarò la vedova, solle-vando il suo boccale. La seguirono tutti, chi cantando, chi battendo le mani. A un certo punto, sotto gli occhi sempre più esterrefatti di Jack, la vedova si parò davanti al principe e gli porse una mano. Svuo-tato il suo boccale, Bertie si alzò e cominciò a ballare.

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Jack sentì accendersi una fiammata all'altezza dei lombi e lottò per tenerla a freno, mentre la donna girava su se stessa e ondeggiava, con movimenti sinuosi e seducenti. Sapeva di es-sere in una posizione rischiosa e tuttavia sembrava divertirsi. D'altronde, esisteva donna al mondo a cui non piacesse sentirsi al centro delle attenzioni di uno stuolo di uomini potenti e da-narosi? La locandiera, peraltro, era consapevole di quel che poteva capitarle. Se finora lo aveva soltanto sospettato, Jack ne ebbe conferma quando vide le mani di Bertie che le scivolavano ad-dosso, mentre danzavano. Lei gliele spostava adagio, risiste-mandogliele in posizioni più consone. Ma non accennava a smettere di ballare. Quando un altro della combriccola, un barone che gli sedeva accanto, si alzò per dare il cambio al principe, Jack lo bloccò. Anche un marchese provò a farsi avanti di lì a poco, ma Jack lo folgorò con un'occhiataccia, intimandogli di restare sulla pan-ca. Entrambi accennarono a protestare, ma l'ennesima occhiata truce di Jack ricordò loro che Bertie era libero di scegliere la compagnia di qualsiasi donna desiderasse. Perché era il princi-pe ereditario al trono. Per quanto irritati, i due nobili restarono seduti. Continuarono le canzoni, e continuarono ad arrivare le broc-che di birra. Più si cantava, più si beveva. Più ci si ubriacava. E ben presto Jack comprese che l'intento dell'astuta vedova era questo. Con suo grande sollievo, notò che stava funzionando. Sì, Jack ne fu risollevato, perché se la serata si fosse conclusa per il verso sbagliato, ne avrebbe dovuto rispondere in prima persona. I suoi compagni avevano ormai gli occhi appannati: am-morbiditi dall'alcol, si abbandonarono ai racconti nostalgici dei loro primi balli e dei primi amori. Non era molto divertente starsene lì ad ascoltare certe sciocche storielle sentimentali da

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sobrio che era, ma Jack non aveva altra scelta. E quando vide la giovane vedova seduta su uno sgabello, davanti al principe, che si lasciava scompigliare i capelli, poi accarezzare il collo... qualcosa gli scattò dentro. Poi lei gli ri-volse quegli occhi di un azzurro intenso, sorprendendolo a fis-sarla. E il sorriso che le allargò le labbra lo infiammò all'istan-te. Seduta accanto al principe, Mariah poté finalmente rilassar-si. Il suo piano aveva funzionato alla grande. Era bastato del rum e un po' di musica. Sinceramente, dubitava che quei galan-tuomini ricchi sfondati si fossero mai divertiti tanto. Persino il principe aveva abbassato la guardia: ora le accarezzava i capel-li con lo stesso gesto affettuoso che avrebbe avuto nei confron-ti di un cagnolino. Non sembravano esserci secondi fini, in quel tocco. Il fuoco nel grande camino cominciava a smorzarsi: anche le voci dei suoi ospiti si affievolivano, mentre intonavano langui-de canzoni piene di sentimento. Cantavano tutti... tranne quel Jack, il bel tenebroso che si era tenuto in disparte per tutta la sera rifiutandosi di unirsi alla baldoria generale. Ma che per tutta la sera le aveva scoccato lunghe occhiate. Fu un sollievo constatare che era scivolato sulla sedia e, reclinato il capo al-l'indietro, aveva socchiuso gli occhi. Il pendolo batté l'una e i boccali vennero riempiti di nuovo. «Non mi sono... mai divertito tanto con le braghe alzate» dichiarò il principe, quando il pendolo sulla mensola suonò due rintocchi. Passatasi una mano sul faccione rubizzo, lo appoggiò sul palmo con un sospiro. «Buona questa...» commentò qualcuno dei suoi. La stanchezza e la birra ingurgitata ebbero la meglio. Jack O'Lantern adagiò la fronte sul tavolo; Jack Dandy, disteso sulla panca, russava sonoramente. Lo Smilzo aveva allungato le

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gambe su una seconda sedia e chiuso gli occhi. L'Astuto invece si era avviato barcollando verso le scale, per salire in camera. Mentre anche il principe reclinava il capo sullo schienale della sua sedia, il Jack dagli occhi ambrati - che per esclusione doveva essere il Musone - si drizzò, immediatamente vigile. Mariah fece un cenno al vecchio Farley, che subito smise di suonare, si alzò e si trascinò stancamente fuori dalla sala. La-sciandola sola con Jack il Musone. Il cuore di Mariah prese a tamburellare, mentre l'uomo si alzava e le veniva incontro. Era più alto di quanto avesse im-maginato: aveva spalle ampie, lunghe gambe muscolose. E possedeva un'aura di forza che avrebbe potuto intimidirla. Se Mariah fosse stata una di quelle donne che si lasciavano inti-morire. Si sorprese nel constatare che le tremavano le gambe e do-vette ordinare a se stessa di darsi una calmata, per sentire quel che lui le stava dicendo. «... non possiamo lasciarlo qui.» Afferrò il principe per le braccia, sollevandolo. «Mostratemi la sua stanza e aiutatemi a metterlo a letto.» Di nuovo Mariah lottò per ignorare i brividi che le procura-va quella voce profonda. Che le era preso? Non poteva essere colpa della birra: aveva solo fatto finta di bere. Staccò dalla parete una delle lanterne mentre Jack cercava, senza riuscirci, di caricarsi Bertie in spalla. Non poté non in-tervenire: si infilò sotto un braccio del principe e se lo mise su una spalla. Irritato, Jack prese l'altro braccio e fece altrettanto, per sol-levare il corpulento futuro sovrano. «Suvvia, Bertie, dateci una mano» borbottò. Nessun cenno. Finché a parlare non fu la vedova. «È ora di andare a letto, Altezza. Non avete voglia di andare a letto?» Quella voce di donna associata alla parola letto sembrò pene-

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trare la nebbia che avvolgeva la mente del principe. Che si sol-levò appena, permettendo ai due di muoverlo. Con una certa fatica, fermandosi spesso e reggendosi alla balaustra, lo trascinarono in cima alle scale e nella stanza più bella della locanda. Sulla soglia della camera, le gambe del principe cedettero. Lasciata la lanterna, Mariah ebbe bisogno di entrambe le mani per sorreggerlo. Ma come Dio volle, raggiunsero il letto e ve lo lasciarono cadere sopra. Rimasero per qualche istante a fissare il futuro sovrano d'In-ghilterra che ronfava sonoramente. «Gli togliamo gli stivali?» propose lei. L'unica luce era quella della lanterna che era caduta accanto alla porta e ora gettava un fioco bagliore sul soffitto, lasciando il resto della stanza nella penombra. Quando alzò gli occhi, Jack il Musone la stava fissando. Alto. Affascinante. Magnetico. Mariah ricambiò lo sguardo, notando che gli occhi di lui e-rano accesi di una luce diversa, che la sua bocca era socchiusa. Che le sue spalle poderose si alzavano e si riabbassavano a o-gni respiro. Mentre lei non riusciva più a respirare! Lo vide avvicinarsi e si fece indietro. Lui allungò il passo e all'improvviso il suo corpo la schiacciò contro il muro. Un contatto fisico che sconvolse Mariah, almeno quanto la totale assenza di una qualche reazione da parte sua. Lentissi-mamente, come per darle il tempo di scappare, lui alzò en-trambe le mani aperte e le piantò contro il muro, ai due lati del-la sua testa. E si fermò. Fissandola. Restando in attesa. Mariah alzò il viso per scrutare da vicino quel volto che a-veva in qualche modo memorizzato nell'arco della serata. Gli occhi, due profonde pozze dorate. La pelle liscia. I tratti decisi, come scolpiti nel marmo. E quelle labbra forti e sottili, così vi-cine alle sue. Quell'uomo risvegliava in lei qualcosa che sembrava sopito

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da tempo. Sensazioni non del tutto desiderate. Non fu una decisione consapevole, da parte di Mariah. Fu più un impulso dettato da ricordi lontani, custoditi in una me-moria quasi cancellata, a farla inarcare. A cercare un contatto più deciso con quel corpo d'uomo. Con un suono che era quasi un grugnito, lui la premette con più decisione contro la parete. Era piacevolmente caldo e mas-siccio. Ma non fu un contatto sconvolgente per Mariah. Fu qualcosa che la aiutò a ricordare. A ogni respiro, il corpo di Jack si muoveva contro il suo come un'onda che lambisce la spiaggia, accarezzandola. E la pelle di lei, sotto i vestiti, si de-stava a nuova vita. Cercava di nuovo quel contatto. Voleva di più. Il desiderio di toccare e di essere toccata si fece più intenso. Tremando, sollevò anche lei le mani, le fece scivolare sulla pa-rete e le infilò sotto quelle dell'uomo. Gli fissò la bocca. I baci. Sì, ricordava anche quelli. Un con-tatto di due bocche avide, bagnate. E le sue labbra erano calde, pulsavano in preda a un desiderio urgente. Le inumidì, lascian-dovi scorrere sopra la lingua con un gesto che era, inconsape-volmente, anche un invito. Un invito ad avvicinarsi. Erano così vicini che Mariah sentiva il calore del respiro di lui sulla pelle, l'odore del rum che aveva bevuto, mescolato al-la birra. All'improvviso, la testa di lui si inclinò e la sua bocca le toccò una tempia, un orecchio, il lato del collo. Sensazioni leg-gere, al punto che Mariah non avrebbe saputo dire se la stesse toccando davvero. Il sangue prese a pulsarle nelle vene, un brivido la percorse tutta. Mariah sentì che i seni le si inturgidivano sotto la camicia come non le accadeva da tempo. Trattenne il fiato, avvicinando il petto al torace di lui, che fece altrettanto, offrendole quel contatto che anelava. Cominciò a muoversi a sua volta, dando-

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le una prova concreta dell'effetto che quella vicinanza stava avendo anche su di lui! Quando con un ginocchio provò a sollevarle la gonna, Ma-riah aprì istintivamente le gambe. E i loro corpi aderirono an-cora più intimamente. Il respiro le si mozzò in gola mentre si sentiva assalire da sensazioni sempre più sconvolgenti ed esal-tanti. Sì, voleva di più... Staccò le mani dal muro, gli afferrò il viso e gli premette la bocca sulla bocca. Lui rimase immobile. E qualcosa in Mariah scattò, destandola di soprassalto. Riportandola alla realtà di quanto stava accadendo. Con un gesto repentino, lui indietreggiò, lasciandola quasi scivolare sulla parete, visto che le gambe stentavano a regger-la. Per Mariah fu come se qualcuno le avesse riversato addosso un secchio d'acqua gelata. Santo Iddio, ma che le stava accadendo? Registrò mentalmente alcune immagini che aveva davanti: lo sguardo infuocato e lussurioso di Jack e le sue belle mani serrate lungo i fianchi. La porta aperta accanto a loro. E nel frattempo, in sottofondo, il principe continuava a russare pe-santemente. Corse via, attraversò il corridoio e si precipitò giù per le sca-le. Entrata in cucina, recuperò il mantello appeso vicino alla porta mentre Carson si alzava dalla sedia che aveva sistemato accanto al caminetto. «Tutto a posto, signora?» le chiese, assonnato. «Dormono tutti. O quasi.» «Tutto secondo i vostri piani» ridacchiò l'uomo. «Sì, esatto» confermò. Non proprio tutto, in realtà! «Volete che vi accompagni a casa?» «No, grazie» rispose, augurandosi che Carson non notasse il rossore delle sue guance. «Domani dovremo alzarci presto.» Si

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sistemò il mantello e il cappuccio. «Ma non ho bevuto granché, tutto sommato.» «Nossignora.» Carson non trattenne un'altra risatina. «Siete stata grande, signora.» «Sì... be'...» Mariah afferrò la maniglia della porta, appre-standosi a uscire di nuovo sotto la pioggia, «quel che è succes-so stasera qui... Lasciamo perdere» tagliò corto. «Meglio di-menticare tutto.»

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T271T271T271T271Vestita per sedurre Vestita per sedurre Vestita per sedurre Vestita per sedurre - di Samantha HunterQuell'abbigliamento era davvero osé. Comunque, l'esperta di ri-storazione Gina Thomas ha bisogno di un travestimento per in-trufolarsi alla festa dell'avvocato Mason Scott e recuperare le fotodi sua sorella. Ma vedendolo, i suoi piani cambiano totalmente.

T272T272T272T272Fascino in giacca e cravatta Fascino in giacca e cravatta Fascino in giacca e cravatta Fascino in giacca e cravatta - di Jule McBride Un'occhiata di Robby ed Ellie si accende come una miccia. Ilgioco tra loro vale la candela, finché lei decide di trasferirsi aNew York e iniziare una nuova vita. Ma quando lui si ripresenta,la voglia di spogliarsi di Ellie si risveglia, sbaragliando la ragione.

Attrazione senza veli Attrazione senza veli Attrazione senza veli Attrazione senza veli - di Karen FoleyGraeme e Lara per il mondo sono due estranei, ma in realtà il matrimonio che credevano annullato da anni è ancora valido.Ora però lui è diventato famoso e non sarà facile parlagliene.Così Lara decide di travestirsi da sua fan e... saltagli addosso!

Uomo Uomo Uomo Uomo da urlo in arrivo da urlo in arrivo da urlo in arrivo da urlo in arrivo - di Tawny WebberBelle deve seguire l'evento dell'anno: l'apertura del resort piùsensuale in circolazione. Unico neo il proprietario Mitch Carter,su ex quasi-sposo. Lui vuole vendicarsi per essere stato lasciatoall'altare, ma lei non riesce a dire no a quel corpo peccaminoso.

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