T-FARM "spazi di lavoro, collaborazione e condivisione"
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Government & Nonprofit
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Transcript of T-FARM "spazi di lavoro, collaborazione e condivisione"
identificare un bisogno in qualche modo (emergente, latente, etc)
mettersi nei panni di chi quel bisogno lo sente analizzare il contesto
brainstorming e generazione di idee/soluzioni test delle ipotesi su cui si basano le soluzioni condivisione dei risultati
apprendimento
messa a regime del prodotto/servizio, mainstreaming/istituzionalizzazione
Solo che...
in alcuni casi si fanno cose un po’ diverse
l’azione conta tanto quanto la testimonianza
i soggetti che promuovono queste azioni spesso assomigliano più a imprese che a comitati
Sono luoghi, realtà o organizzazioni che:
favoriscono orizzontalità e condivisione sanno adattarsi velocemente a molteplici esigenze
sono multidisciplinari
sono aperti alla sperimentazione (e al fallimento)
si pensano come parte di un sistema complesso
pensano alle persone per cui sono utili più che al mercato
sono interessati all’impatto delle loro azioni oltre che alle azioni stesse
sono più abituati a fare che a raccontare
sviluppano nuove metodologie
Il cambiamento deriva da:
l’abilità di leggere nuovi bisogni
la capacità di elaborare ipotesi di soluzioni e far dialogare mondi diversi
la possibilità di condurre dei test su piccola scala in grado di prefigurare il cambiamenti desiderati
la comprensione del tema replicabilità/scalabilità
la capacità di riflettere sull’utilità e gli esiti di una azione/esperienza
la capacità di rapportarsi con le istituzioni e la politica
Ma di sicuro possono tornare utili:
educazione all’imprenditorialità
design dei servizi
processi di partecipazione
costruzione di comunità
dati e tecnologie digitali
Impact Hub
Ex Fadda
Farm Cultural Park
Casa Netural
HubSpa
Toolbox
Open Dot
Avanzi
We Make
Talentgarden
Piano C
non nascono per fare politica ma... in realtà di politica ne fanno molta, perché ogni attività sociale ha una ricaduta politica e perché rispondere ad un bisogno è fare politica
sono associazioni, imprese, incubatori, spazi di coworking, etc etc
sono frutto di investimenti di singoli e comunità
tendono a stare «sul mercato» (con o senza sostegno pubblico)
spazi aperti spazi multifunzione senza orari legati ad un nucleo di persone con una attività caratteristica modelli di business differenti (affitto spazi, organizzazione eventi, vendita servizi, bar e ristorazione, iniziative culturali, formazione) servono per lavorare, imparare, scoprire, condividere esperienze tendono a far saltare le distinzioni tra vita, lavoro e tempo libero aggregano interessi e competenze generano identità reti corte + reti lunghe
musica cibo letteratura approfondimenti e formazione riciclo e riparazioni autocostruzione sharing di beni, attrezzature, ecc...
Si tratta di un’attività che non richiede necessariamente uno spazio dedicato per essere espletata. Si può evitare di spendere soldi per cose non indispensabili. Trovare le persone giuste è molto più impegnativo che aprire le porte a uno spazio di lavoro condiviso. E’ necessario diventare capaci di rispondere alla comunità di riferimento anziché a un investitore, perché la comunità è l’investitore".
La prima cosa da fare è partire dalle persone, che devono essere sì competenti ma anche molto motivate; solo dopo essersi concentrati bene sulla comunità, si può pensare ad avviare uno spazio di co-working!
chi conosce un bisogno e chi può fornire soluzioni
chi pensa e chi fa reti corte e reti lunghe chi a tempo con chi ha risorse materiali
ed immateriali gli interessi dei singoli e gli obiettivi
della collettività
essere trasparenti su obiettivi e regole condivise essere capaci di includere chi si aggrega dopo colmare le asimmetrie informative rimettere forme e organizzazioni sempre in discussione riaffermare ciclicamente principi e valori tenere conto delle motivazioni personali dei membri di una comunità parcellizzare compiti per permettere l’attivazione sporadica definire «linee guida» per permettere attivazione autonoma
Al crescere degli spazi di lavoro condiviso, fa eco il susseguirsi di annunci di tavoli, accordi, convenzioni promossi da comuni, province, regioni. Alcune amministrazioni pubbliche hanno capito che gli spazi di coworking sono luoghi di contaminazione e innovazione, dove la prossimità fisica tra persone con competenze diverse genera nuove idee progettuali e la disponibilità di servizi facilita il passaggio dall’idea all’azione. L’obiettivo del coworking non è risparmiare sui costi della scrivania, ma migliorare la qualità della vita lavorativa e creare nuove opportunità di business e di lavoro. Per questo, oltre ai freelance, può interessare anche disoccupati e lavoratori dipendenti e le iniziative di supporto al coworking possono essere considerate politiche attive del lavoro.
1. La creazione di spazi pubblici di coworking. 2. Il sostegno ai coworker attraverso voucher. 3. La partnership con il privato sociale. La questione-chiave per valutare queste iniziative riguarda le finalità. Se l’obiettivo è sostenere i freelance nella ricerca di un ufficio, allora il destinatario delle iniziative non può che essere il coworker e la selezione degli spazi di coworking accreditati è poco rilevante. Se si intende supportare la creazione di impresa, l’attenzione deve rivolgersi prevalentemente ai servizi offerti negli spazi di coworking.
Ma il vero potenziale di uno spazio di coworking è l’accelerazione dei processi di innovazione del tessuto produttivo locale. Per raggiungere questo obiettivo, spunti interessanti possono venire dal dibattito in corso all’estero sui telecentri, che si stanno riconfigurando in luoghi di contaminazione tra competenze ed esperienze. In questo caso, i coworker si trasformano da destinatari delle politiche pubbliche a potenziali alleati delle amministrazioni locali nell’introduzione di iniziative di interesse più generale.