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ftpst hiacct, immediatam l'i)3.(! i // 1 , e L«»"---)r( pl C/ lo • t atm L liato complet i odio seguì odo di caldi n Torri di ghiaccio simili a quelle del Perito Moreno, in Argenti- na (sopra), un tempo sormontavano tutti i continenti della Terra. Gli indizi di questo gelido passato sono riaffiorati in strati rocciosi come quelli delle colline costiere della Namibia nordoccidentale (nel riquadro). p er gli antenati dell'uomo moder- no la vita era assai dura. Se le tigri dai denti a sciabola e i pe- losi mammut erano una preoccupazio- ne quotidiana, i rigori del clima dove- vano essere una sfiancante sfida a lun- go termine. Negli ultimi milioni di an- ni, si è avuta una glaciazione dopo l'al- tra. All'apice dell'ultimo episodio gla- ciale, 20 000 anni fa, ghiacciai dello spessore di oltre due chilometri attana- gliavano gran parte del Nord America e dell'Europa. Il ghiaccio arrivava fino alla latitudine di New York. Per quanto una situazione di questo genere possa sembrare drammatica, es- sa impallidisce al cospetto degli eventi catastrofici che alcuni dei nostri più ar- caici microscopici predecessori dovet- tero sopportare intorno a 600 milioni di anni fa. Appena prima della com- parsa di forme riconoscibili di vita ani- male, nel Neoproterozoico, si instaurò una glaciazione così intensa che per- fino i tropici erano coperti dai ghiacci. Si provi a immaginare una Terra che abbia l'aspetto di una palla di neve, per 10 milioni di anni o più: il calore del nucleo fa sì che gli oceani non congeli- no fino al fondo, ma con una tempera- tura di — 50 gradi Celsius il ghiaccio raggiunge lo spessore di un chilometro. Quasi tutti gli organismi primitivi che popolano il pianeta soccombono, ma una piccola frazione sopravvive. A parte lo stridore dei ghiacciai e il brontolio dei ghiacci marini, l'unico sommovimento è dato dall'attività dei vulcani, che cercano di fare capolino attraverso la gelida coltre. Benché il pianeta sembri destinato a non risve- gliarsi mai più da questo letargo, i vul- cani preparano lentamente una via di uscita: l'anidride carbonica. Poiché i cicli geochimici che normal- mente portano al riassorbimento del carbonio sono bloccati dalle coltri gla- ciali, l'anidride carbonica si accumula nell'atmosfera fino a raggiungere livel- li record. Data la capacità di questo gas di intrappolare il calore, il pianeta si scalda e il ghiaccio inizia a fondere. Perché questo accada bastano poche centinaia di anni, ma nel frattempo sorge un nuovo problema: un brutale effetto serra. Gli organismi sopravvis- suti alla ghiacciaia devono ora affron- tare la prova della stufa. Per quanto improbabile possa suo- nare, vi sono chiare indicazioni del fat- to che questa sconvolgente inversione climatica - la più estrema immaginabi- le sul nostro pianeta - si sia verificata fino a quattro volte tra 750 e 580 mi- lioni di anni fa. Si è a lungo ritenuto che il clima della Terra non fosse mai stato così tremendo, anche se cambia- menti climatici di questa entità erano stati ammessi per altri pianeti, come Venere (si veda l'articolo Cambiamen- ti climatici globali su Venere, di Mark A. Bullock e David H. Grinspoon, in «Le Scienze» n. 369, maggio 1999). I primi indizi di un passato così duro per le forme di vita terrestri cominciarono a trapelare all'inizio degli anni sessan- ta ma, negli ultimi otto anni, noi e i no- stri colleghi abbiamo scoperto nuovi elementi che ci consentono di ricostrui- re una storia ancora più esplicita. Que- sta storia sta catturando l'attenzione tanto dei geologi, quanto dei biologi e dei climatologi. Spessi strati di rocce antiche custodi- scono i soli indizi esistenti sul clima terrestre nel Neoproterozoico. Per de- cenni, molti di questi indizi sono ap- parsi zeppi di contraddizioni. Il primo paradosso era la presenza di detrito glaciale in prossimità del livello del mare ai tropici. I ghiacciai in prossi- mità dell'equatore sopravvivono ai no- stri giorni solo ad altitudini maggiori di 5000 metri, e al culmine dell'ultima glaciazione non erano scesi al di sotto dei 4000. Mescolati ai detriti glaciali si trovano insoliti depositi di rocce ricche in ferro. Questi depositi avrebbero do- vuto formarsi solo qualora gli oceani e l'atmosfera del Neoproterozoico aves- sero avuto un contenuto in ossigeno scarso o nullo; ma all'epoca i gas at- mosferici erano già in proporzioni si- mili a quelle attuali. Per confondere le cose, rocce che di norma si formano in acque calde sembravano essersi accu- mulate appena dopo il ritiro dei ghiac- ci. Posto che la Terra sia mai stata ab- bastanza fredda da gelare completa- mente, come avrebbe potuto scaldarsi di nuovo? Inoltre il rapporto isotopico del carbonio nelle rocce indica un pro- lungato calo della produttività biologi- ca. Che cosa potrebbe avere causato questa drastica riduzione della vita? Ognuno di questi annosi enigmi tro- va improvvisamente risposta se li guar- diamo nel contesto di ciò che potrem- mo chiamare «Terra a palla di neve», ovvero di un evento di glaciazione to- tale del nostro pianeta. Questa teoria ha cominciato ad acquistare credibilità scientifica da quando l'abbiamo intro- 82 LE SCIENZE 382/ giugno 2000 LE SCIENZE 382/ giugno 2000 83

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• L liato complet i

odio seguìodo di caldi n

Torri di ghiaccio simili a quelle del Perito Moreno, in Argenti-na (sopra), un tempo sormontavano tutti i continenti dellaTerra. Gli indizi di questo gelido passato sono riaffiorati instrati rocciosi come quelli delle colline costiere della Namibianordoccidentale (nel riquadro).

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er gli antenati dell'uomo moder-no la vita era assai dura. Se letigri dai denti a sciabola e i pe-

losi mammut erano una preoccupazio-ne quotidiana, i rigori del clima dove-vano essere una sfiancante sfida a lun-go termine. Negli ultimi milioni di an-ni, si è avuta una glaciazione dopo l'al-tra. All'apice dell'ultimo episodio gla-ciale, 20 000 anni fa, ghiacciai dellospessore di oltre due chilometri attana-gliavano gran parte del Nord Americae dell'Europa. Il ghiaccio arrivava finoalla latitudine di New York.

Per quanto una situazione di questogenere possa sembrare drammatica, es-sa impallidisce al cospetto degli eventicatastrofici che alcuni dei nostri più ar-caici microscopici predecessori dovet-tero sopportare intorno a 600 milionidi anni fa. Appena prima della com-parsa di forme riconoscibili di vita ani-male, nel Neoproterozoico, si instauròuna glaciazione così intensa che per-

fino i tropici erano coperti dai ghiacci.Si provi a immaginare una Terra che

abbia l'aspetto di una palla di neve, per10 milioni di anni o più: il calore delnucleo fa sì che gli oceani non congeli-no fino al fondo, ma con una tempera-tura di — 50 gradi Celsius il ghiaccioraggiunge lo spessore di un chilometro.Quasi tutti gli organismi primitivi chepopolano il pianeta soccombono, mauna piccola frazione sopravvive.

A parte lo stridore dei ghiacciai e ilbrontolio dei ghiacci marini, l'unicosommovimento è dato dall'attività deivulcani, che cercano di fare capolinoattraverso la gelida coltre. Benché ilpianeta sembri destinato a non risve-gliarsi mai più da questo letargo, i vul-cani preparano lentamente una via diuscita: l'anidride carbonica.

Poiché i cicli geochimici che normal-mente portano al riassorbimento delcarbonio sono bloccati dalle coltri gla-ciali, l'anidride carbonica si accumula

nell'atmosfera fino a raggiungere livel-li record. Data la capacità di questogas di intrappolare il calore, il pianetasi scalda e il ghiaccio inizia a fondere.Perché questo accada bastano pochecentinaia di anni, ma nel frattemposorge un nuovo problema: un brutaleeffetto serra. Gli organismi sopravvis-suti alla ghiacciaia devono ora affron-tare la prova della stufa.

Per quanto improbabile possa suo-nare, vi sono chiare indicazioni del fat-to che questa sconvolgente inversioneclimatica - la più estrema immaginabi-le sul nostro pianeta - si sia verificatafino a quattro volte tra 750 e 580 mi-lioni di anni fa. Si è a lungo ritenutoche il clima della Terra non fosse maistato così tremendo, anche se cambia-menti climatici di questa entità eranostati ammessi per altri pianeti, comeVenere (si veda l'articolo Cambiamen-ti climatici globali su Venere, di MarkA. Bullock e David H. Grinspoon, in

«Le Scienze» n. 369, maggio 1999). Iprimi indizi di un passato così duro perle forme di vita terrestri cominciaronoa trapelare all'inizio degli anni sessan-ta ma, negli ultimi otto anni, noi e i no-stri colleghi abbiamo scoperto nuovielementi che ci consentono di ricostrui-re una storia ancora più esplicita. Que-sta storia sta catturando l'attenzionetanto dei geologi, quanto dei biologi edei climatologi.

Spessi strati di rocce antiche custodi-scono i soli indizi esistenti sul climaterrestre nel Neoproterozoico. Per de-cenni, molti di questi indizi sono ap-parsi zeppi di contraddizioni. Il primoparadosso era la presenza di detrito

glaciale in prossimità del livello delmare ai tropici. I ghiacciai in prossi-mità dell'equatore sopravvivono ai no-stri giorni solo ad altitudini maggioridi 5000 metri, e al culmine dell'ultimaglaciazione non erano scesi al di sottodei 4000. Mescolati ai detriti glaciali sitrovano insoliti depositi di rocce ricchein ferro. Questi depositi avrebbero do-vuto formarsi solo qualora gli oceani el'atmosfera del Neoproterozoico aves-sero avuto un contenuto in ossigenoscarso o nullo; ma all'epoca i gas at-mosferici erano già in proporzioni si-mili a quelle attuali. Per confondere lecose, rocce che di norma si formano inacque calde sembravano essersi accu-

mulate appena dopo il ritiro dei ghiac-ci. Posto che la Terra sia mai stata ab-bastanza fredda da gelare completa-mente, come avrebbe potuto scaldarsidi nuovo? Inoltre il rapporto isotopicodel carbonio nelle rocce indica un pro-lungato calo della produttività biologi-ca. Che cosa potrebbe avere causatoquesta drastica riduzione della vita?

Ognuno di questi annosi enigmi tro-va improvvisamente risposta se li guar-diamo nel contesto di ciò che potrem-mo chiamare «Terra a palla di neve»,ovvero di un evento di glaciazione to-tale del nostro pianeta. Questa teoriaha cominciato ad acquistare credibilitàscientifica da quando l'abbiamo intro-

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LE SCIENZE 382/ giugno 2000

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AFRICAOCCIDENTALE

SUD AMERICASUD AMERICA EUROPA ORIENTALE

SETTENTRIONALE ANTARTIDE

LE SCIENZE 382/ giugno 2000 LE SCIENZE 382/ giugno 2000

CINA MERIDIONALE AUSTRALIA

SIBERIA KAZAKHSTANNORD AMERICA

AFRICA

INDIA

dotta in un articolo su «Science», unpaio di anni fa. Se la nostra teoria si ri-velerà corretta, la storia che abbiamoricostruito non si limiterà a spiegare imisteri del clima del Neoproterozoicoe a mettere in dubbio le convinzioniacquisite sui limiti del cambiamentoclimatico. Queste glaciazioni estreme siverificarono appena prima di una rapi-da diversificazione della vita pluricellu-lare che culminò nella cosiddetta e-splosione cambriana, tra 575 e 525milioni di anni fa. Paradossalmente, ilunghi periodi di isolamento e le condi-zioni estreme avrebbero potuto stimo-lare il cambiamento genetico, e ciò po-trebbe spiegare l'esplosione evolutiva.

La ricerca di quelle che poi si sareb-bero rivelate sorprendenti prove diquesti eventi climatici ci ha portati ingiro per il mondo. Attualmente stiamostudiando le rocce neoproterozoiche diAustralia, Cina, Stati Uniti occidentalie Isole Svalbard, ma le nostre ricerchehanno avuto inizio nel 1992 lungo lescogliere della Skeleton Coast in Na-mibia. All'epoca che ci interessa questaregione dell'Africa sudoccidentale eraparte di una vasta piattaforma conti-nentale, in lenta subsidenza, situata al-le basse latitudini australi.

Qui si riscontrano rocce formate dadepositi detritici lasciati dal ritiro dighiacciai. Le rocce, in cui predomina-no i carbonati di calcio e magnesio, sitrovano subito al di sopra di detritiglaciali e contengono la prova «chimi-ca> delle condizioni climatiche torridesuccedutesi alla glaciazione totale. Do-po centinaia di milioni di anni di sep-pellimento, queste rocce, ora affioran-ti, raccontano la storia che alcuniscienziati avevano già iniziato a rico-struire 35 anni fa.

Nel 1964 W. Brian Harland dell'U-niversità di Cambridge fece notare chedepositi glaciali costellano gli affiora-menti di rocce neoproterozoiche pres-soché in tutti i continenti. All'inizio de-gli anni sessanta, gli scienziati avevanoiniziato ad accettare l'idea della tetto-nica delle zolle, che descrive il pianetacome ricoperto da un sottile involucroroccioso frammentato in giganteschi«zatteroni» che galleggiano sulla roc-cia semifluida del mantello. Harland,basandosi sull'orientazione magneticadei granuli di minerale nelle rocce gla-ciali, riteneva che nel Neoproterozoicoi continenti si fossero aggregati tutti in-sieme in prossimità dell'equatore. Pri-ma che queste rocce si consolidassero, igranuli si erano allineati al campo ma-gnetico, con un'inclinazione minimarispetto al piano orizzontale, data lavicinanza all'equatore. (Se le rocce sifossero formate in prossimità di uno

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dei poli, l'inclinazione sarebbe stata vi-cina alla verticale.)

Rendendosi conto che i ghiacciai do-vevano avere coperto anche le zone tro-picali, Harland fu il primo a proporreche la Terra avesse sperimentato unagrande glaciazione neoproterozoica.Sebbene alcuni suoi contemporanei fos-sero scettici sull'attendibilità dei datimagnetici, altri scienziati hanno da allo-ra dimostrato che le intuizioni di Har-land erano corrette; ma nessuno riusci-va a spiegare come i ghiacciai potesseroavere resistito al calore tropicale.

Proprio mentre Harland annunciavale sue idee sui ghiacciai del Neoprote-rozoico, si andavano sviluppando i pri-mi modelli matematici del clima dellaTerra. Mikhail Budyko, dell'Osserva-torio geofisico di Leningrado, trovò un

modo per spiegare i ghiacciai tropicaliutilizzando equazioni che descrivono ilmodo in cui la radiazione solare con-trolla il clima interagendo con la su-perficie e con l'atmosfera terrestri.

Alcune superfici geografiche rifletto-no una frazione maggiore dell'energiasolare incidente rispetto ad altre; que-sta caratteristica è ben quantificabile eviene definita con il nome di albedo.La neve riflette la maggior parte dell'e-nergia solare, e ha quindi albedo eleva-ta, mentre le scure acque dell'oceanohanno albedo bassa, e le superfici con-tinentali hanno valori intermedi di al-bedo che dipendono dal tipo e dalla di-stribuzione della vegetazione.

Quanto maggiore è la quota di ra-diazione riflessa dal pianeta, tanto piùbassa diventa la temperatura. Con la

loro alta albedo, neve e ghiaccio raf-freddano l'atmosfera, e quindi pongo-no le condizioni per il proprio manteni-mento. Budyko sapeva che questo pro-cesso di retroazione favorisce la crescitadelle attuali coltri glaciali polari; ma lesue simulazioni climatiche rivelavanoanche che la retroazione può andarefuori controllo. Quando il ghiaccio ini-ziò a formarsi a latitudini inferiori a 30gradi nord e sud, l'albedo del pianetaaumentò con rapidità molto maggiore,dato che la luce solare colpiva una piùvasta superficie di ghiaccio per grado dilatitudine. Nei modelli, la retroazionedivenne così forte che le temperaturesuperficiali precipitarono e l'intero pia-neta andò incontro a congelamento.

Surgelati e frittiQueste simulazioni accesero l'inte-

resse per le modellizzazioni climatiche,che allora erano agli albori, ma neppu-re Budyko credeva che la Terra avessedavvero potuto sperimentare un simile

raffreddamento. Si riteneva che una ca-tastrofe di quell'entità avrebbe portatoall'estinzione tutte le forme di vita; tut-tavia le tracce di alghe microscopiche inrocce di anche due miliardi di anni faassomigliano molto alle forme moder-ne, e questa somiglianza implica unacontinuità di vita. Inoltre si pensavache se la Terra fosse mai entrata in unasimile morsa di gelo, l'alta albedo dellasuperficie avrebbe fatto abbassare letemperature superficiali fino a un pun-to di non ritorno: una glaciazione diquesto genere sarebbe stata perenne.

La prima obiezione cominciò a sfu-mare alla fine degli anni settanta, con lascoperta di notevoli comunità di orga-nismi in luoghi un tempo ritenuti ino-spitali. Le sorgenti calde sottomarinedanno sostentamento a microrganismiadattati al particolare ambiente chimi-co; il tipo di attività vulcanica che ali-menta queste sorgenti sarebbe conti-nuato anche in una Terra ridotta a pal-la di neve. Le prospettive di sopravvi-venza sembrano ancora più rosee per

gli organismi psicrofili, o amanti delfreddo, come quelli rinvenuti nelle geli-de e secche valli montane dell'Antartideorientale. I cianobatteri e certe alghe oc-cupano habitat come la neve, le rocceporose e le superfici di particelle di pol-vere racchiuse nei ghiacci galleggianti.

La chiave del secondo problema -l'inversione del congelamento dellaTerra - è l'anidride carbonica. In untempo breve come una vita umana, laquantità di questo gas nell'atmosferapuò variare sensibilmente: le piante loconsumano nel processo di fotosintesi,mentre gli animali lo emettono con larespirazione. Inoltre attività umane co-me il consumo di combustibili fossilihanno rapidamente caricato l'atmosfe-ra di anidride carbonica fin dagli inizidella Rivoluzione industriale. In rap-porto ai tempi geologici, tuttavia, que-sti processi di produzione e assorbi-mento del carbonio sono irrilevanti.

L'anidride carbonica è uno dei moltigas emessi dai vulcani. Normalmentequesto incessante apporto di carbonio

Le falesie rocciose lungo la SkeletonCoast della Namibia (a sinistra) hannofornito alcuni degli indizi più convincen-ti sull'ipotesi della glaciazione totale. Gliautori Schrag (all'estrema sinistra) eHoffman indicano uno strato di rocciache rappresenta la brusca fine di unevento di glaciazione totale di 700 mi-lioni di anni fa. Il masso chiaro che si ve-de tra i due autori fu trasportato proba-bilmente da un iceberg, e cadde sul fon-do fangoso alla fusione del ghiaccio. Su-bito dopo, strati di carbonati puri, tipicidi mari caldi e poco profondi, si deposi-tarono al di sopra dei depositi glaciali.Queste coperture carbonatiche sono lesole rocce neoproterozoiche che mostra-no ampi strati cristallini tipici di un rapi-do accumulo di carbonati (qui sopra).

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Le masse continentali erano con ogni probabilità concentrate nella zona tropicale du-rante la glaciazione totale avvenuta circa 600 milioni di anni fa. Anche se i continen-ti hanno da allora mutato posizione, i detriti lasciati dai ghiacciai in ritiro affioranoin decine di zone della crosta terrestre: una di queste è la Namibia (pallino rosso).

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ANIDRIDE CARBONICA

Stadio 4

Epilogo:un mondo bollente

Stadio 1

Prologo alla glaciazionetotale

SEDIMENTICARBONATICI

Stadio 3

Ha iniziolo scongela mento

SORGENTECALDA

VULCANO

Stadio 2Il culminedel raffreddamento

GHIACCIOMARINO

DUNEDI SABBIA

è compensato in parte dall'erosionedelle rocce silicatiche: la decomposizio-ne chimica di queste rocce converte l'a-nidride carbonica in ione bicarbonato,che viene dilavato e finisce negli ocea-ni. Il bicarbonato si combina con ionicalcio e magnesio, così da produrre se-dimenti carbonatici che immagazzina-no enormi quantità di carbonio.

Nel 1992 Joseph L. Kirschvink delCalifornia Institute of Technology fecenotare che, durante una glaciazioneglobale, la tettonica delle zolle avrebbecontinuato a costruire vulcani e a im-mettere anidride carbonica nell'atmo-sfera. Nel contempo, l'acqua liquidanecessaria per erodere le rocce e perseppellire il carbonio sarebbe stata in-trappolata nel ghiaccio. Senza mecca-nismi di riassorbimento, l'anidride car-bonica si sarebbe accumulata fino a li-velli altissimi: abbastanza alti - ipotiz-zava Kirschvink - da riscaldare il pia-neta e mettere fine alla morsa del gelo.

Kirschvink aveva inizialmente soste-nuto l'idea di una glaciazione totale nelNeoproterozoico anche per spiegare imisteriosi depositi di ferro rinvenuti neldetrito glaciale. Questi rari depositi sitrovano in fasi molto precoci della sto-ria terrestre, quando gli oceani (e l'at-mosfera) contenevano pochissimo ossi-geno e il ferro poteva facilmente andarein soluzione. (Esso è pressoché insolu-bile in presenza di ossigeno.) SecondoKirschvink, una copertura glaciale du-rata milioni di anni avrebbe deprivatototalmente gli oceani di ossigeno, sicchéil ferro in soluzione espulso dalle sor-genti calde sottomarine si sarebbe accu-mulato nell'acqua. Quando l'effettoserra indotto dall'accumulo di anidridecarbonica nell'atmosfera iniziò a fonde-re il ghiaccio, l'ossigeno andò nuova-mente in soluzione negli oceani, co-stringendo il ferro a precipitare insiemecon i detriti prima inglobati nei ghiaccimarini e nei ghiacciai continentali.

Basandosi su questo scenario, Ken-neth Caldeira del Lawrence LivermoreNational La boratory e James F. Ka-sting della Pennsylvania State Univer-sity valutarono per mezzo di un mo-dello al computer che per vincere laglaciazione totale sarebbe stata neces-saria una concentrazione di anidridecarbonica pari a 350 volte l'attuale.Assumendo che i vulcani del Neopro-terozoico immettessero gas nell'atmo-sfera agli stessi ritmi di oggi, il pianetasarebbe rimasto in balìa dei ghiacciforse per decine di milioni di anni pri-ma che si accumulasse una quantità dianidride carbonica sufficiente a far ini-ziare la fusione dei ghiacci marini.

Kirschvink non era al corrente di al-cuni nuovi risultati che avrebbero datoforte sostegno alla sua ipotesi dellaTerra a palla di neve. Il primo consistenel fatto che i depositi glaciali neopro-terozoici sono quasi ovunque ricoper-ti da rocce carbonatiche. Tali rocce si

formano di norma in mari caldi e pocoprofondi, come la zona delle Bahamasnell'attuale Oceano Atlantico. Se tra ilghiaccio e le acque calde vi fosse unasoluzione di continuità di qualche mi-lione di anni, nessuno sarebbe sorpre-so. Ma la transizione da depositi gla-ciali a carbonati è improvvisa, e man-cano indizi di un intervallo significati-vo tra l'epoca della deposizione dei de-triti e quella della formazione dei car-bonati. Insomma: un passaggio repen-tino quanto sconcertante da condizioniglaciali a condizioni tropicali.

Vagliando i dati delle nostre osser-vazioni sul campo in Namibia, ci sia-mo resi conto che non c'è alcun para-dosso. Spesse sequenze di rocce carbo-natiche sono la conseguenza prevedibi-le di condizioni «serra» estreme, comequelle che sole avrebbero potuto fareuscire la Terra da una situazione di ge-lo altrimenti irreversibile. Se la Terraandò effettivamente incontro a una

glaciazione totale, sarebbe occorsa unaconcentrazione ultraelevata di anidridecarbonica per innalzare le temperatureall'equatore fino al punto di fusionedel ghiaccio. Una volta avviata la fu-sione, l'acqua degli oceani, di bassa al-bedo, sostituisce progressivamente ighiacci di alta albedo, e il processo cheha condotto al congelamento totale èinvertito. L'atmosfera «serra» contri-buisce a innalzare le temperature su-perficiali fino ad almeno 50 gradi Cel-sius, secondo calcoli eseguiti lo scorsoanno da Raymond T. Pierrehumbertdell'Università di Chicago. L'evapora-zione, ora di nuovo possibile, contri-buisce pure a riscaldare l'atmosfera,dato che il vapore acqueo è un potentegas-serra, e una maggiore riserva diumidità atmosferica comporta un'in-tensificazione del ciclo dell'acqua. Lepiogge torrenziali sottraggono, sottoforma di acido carbonico, parte dell'a-nidride carbonica contenuta nell'atmo-

sfera. L'acido carbonico altera rapida-mente i detriti rocciosi lasciati espostidal ritiro dei ghiacciai. I prodotti dell'e-rosione chimica si accumulano nell'ac-qua dell'oceano, inducendo la precipi-tazione di sedimenti carbonatici, cherapidamente si stratificano sul fondomarino e poi si trasformano in roccia.Le strutture conservate nella coperturacarbonatica della Namibia indicanocome questa si sia accumulata in modoestremamente rapido, forse in pochemigliaia di anni. Per esempio, vi si tro-vano cristalli di aragonite, in aggrega-zioni alte un paio di metri, che avreb-bero potuto precipitare solo da acquasovrasatura in carbonato di calcio.

Le coperture carbonatiche custodi-scono una seconda serie di indizi a sup-porto dello scenario tratteggiato daKirschvink. In esse infatti si osservanorapporti anomali di due isotopi del car-bonio: il carbonio 12 e il più raro car-bonio 13. Gli stessi rapporti si rilevano

EVOLUZIONE DI UNA TERRA A PALLA DI NEVE ... ... E IL SUCCESSIVO SURRISCALDAMENTO

La frammentazione di una singola massa continentale, 770 milio-ni di anni fa, lascia diversi piccoli continenti presso l'equatore. Learee prima isolate da influenze oceaniche sono ora raggiunte damasse d'aria umida. L'aumento delle precipitazioni rimuove unamaggiore quantità di anidride carbonica dall'atmosfera e acceleral'erosione delle rocce continentali. La temperatura globale dimi-nuisce e vaste calotte glaciali si formano negli oceani polari. Ilbiancore dei ghiacci riflette più radiazione solare rispetto alle ac-que dell'oceano, riducendo ulteriormente la temperatura. Questociclo di retroazione innesca un raffreddamento inarrestabile che inun millennio racchiude il pianeta in una morsa di ghiaccio.

Le temperature medie globali piombano a -50 gradi Celsius po-co dopo l'inizio del processo. L'oceano gela per uno spessore dicirca un chilometro, e solo il calore che filtra dall'interno dellaTerra impedisce che il ghiaccio raggiunga il fondo marino. Lamaggior parte degli organismi marini muore, ma alcuni riesco-no a sopravvivere presso le sorgenti calde vulcaniche. Data lascarsa umidità dell'aria, si blocca la crescita dei ghiacciai terre-stri e si creano vasti deserti sabbiosi. In mancanza di precipita-zioni, l'anidride carbonica emessa dai vulcani non viene rimossadall'atmosfera. Dato che l'anidride carbonica si accumula, il pia-neta si scalda e i ghiacci marini iniziano lentamente a fondere.

Il livello di anidride carbonica nell'atmosfera aumenta di 1000volte in seguito a circa 10 milioni di anni di normale attività vul-canica. L'effetto serra che ne deriva porta le temperature, neipressi dell'equatore, al punto di fusione del ghiaccio. Via via cheil pianeta si riscalda, l'umidità dei ghiacci marini che sublimanoall'equatore riforma ghiaccio a quote maggiori e alimenta lacrescita dei ghiacciai terrestri. I tratti di mare sgombro da ghiac-ci che si formano ai tropici assorbono una quantità maggiore diradiazione solare, e danno inizio a un più rapido incrementodelle temperature globali. In pochi secoli, il gelo profondo lasciail campo a un mondo terribilmente caldo e umido.

Con lo scongelamento degli oceani tropicali, l'acqua di mareevapora e si unisce all'anidride carbonica nel produrre un effet-to serra ancora più intenso. Le temperature superficiali arrivanoanche a 50 gradi Celsius, generando un intenso ciclo di evapo-razione e precipitazione. Piogge torrenziali, acidificate dall'ani-dride carbonica, erodono i detriti rocciosi lasciati dai ghiacciainel loro ritiro. I fiumi rigonfi convogliano il bicarbonato e gli altriioni nell'oceano, dove si formeranno grandi quantità di sedi-menti carbonatici. Nuove forme di vita, generate dal prolunga-to isolamento genetico e dalla pressione selettiva, popolano laTerra via via che il clima globale si normalizza.

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~MI/ / / / /

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Tempo (milioni di anni fa)

Tutti gli animali discendono dai primi eucarioti, cellule con nucleo dotato dimembrana, apparsi circa due miliardi di anni fa. All'epoca del primo episodio diglaciazione totale della Terra, oltre un miliardo di anni più tardi, gli eucariotinon si erano evoluti al di là dei protozoi unicellulari e delle alghe filamentose.Ma, a dispetto del clima estremo, che avrebbe potuto «potare» l'albero degli eu-carioti (linee tratteggiate), tutti gli 11 phyla di animali che hanno mai abitato laTerra emersero in un piccolo intervallo di tempo poco dopo l'ultima glaciazio-ne totale. 11 prolungato isolamento genetico e la pressione selettiva potrebberoessere responsabili di questa esplosione di nuove forme di vita.

EVENTI DELLAGLACIAZIONE

TOTALE _.,MPARSADEGLI ANIMALI

nelle coperture carbonatiche di tutto ilmondo, ma non si era mai pensato diinterpretarle in termini di glaciazionetotale. Con Alan Jay Kaufman, ora al-l'Università del Maryland, e lo specia-lizzando Galen Pippa Halverson dellaHarvard University, abbiamo accertatoche la variazione dei rapporti isotopicisi mantiene per molte centinaia di chi-lometri di affioramenti rocciosi in Na-mibia settentrionale.

L'anidride carbonica vulcanica cheva a finire negli oceani è costituita per1'1 per cento circa da carbonio 13; il ri-manente è carbonio 12. Se la formazio-ne delle rocce carbonatiche fosse statol'unico processo in grado di rimuoverecarbonio dagli oceani, allora la rocciadovrebbe presentare una percentuale dicarbonio 13 identica a quella del gasvulcanico. Ma i tessuti molli delle alghee dei batteri che vivono nell'acqua dimare usano pure il carbonio contenutonel loro ambiente, e per la fotosintesiprivilegiano il carbonio 12. Di conse-guenza, il carbonio disponibile per co-struire le rocce carbonatiche in unoceano ricco di forme di vita comequello odierno ha un rapporto tra l'iso-topo 13 e l'isotopo 12 più alto rispettoal carbonio emesso dai vulcani.

Gli isotopi del carbonio nelle rocceneoproterozoiche della Namibia indi-cano una situazione diversa. Appenaprima dei depositi glaciali, la quantitàdi carbonio 13 scende a livelli equiva-lenti a quelli «vulcanici», e noi ritenia-mo che questa caduta testimoni unadiminuita produttività biologica, do-vuta al fatto che i ghiacci avevano giàricoperto gli oceani alle alte latitudini,mentre la Terra si trovava ormai allasoglia di un raffreddamento globale.Una volta che gli oceani si fosseroghiacciati completamente, la produtti-vità biologica sarebbe venuta meno deltutto, ma non esiste una documenta-zione di ciò nei carbonati, per il sem-plice fatto che il carbonato di calcionon può formarsi in un oceano coper-to da ghiacci. Questa «caduta» del car-bonio 13 persiste nella copertura car-bonatica che sormonta gli strati di de-trito glaciale, e quindi lascia il posto alivelli molto più elevati di carbonio 13in strati parecchie centinaia di metri

più alti nella sequenza. Questa risalitadei livelli di carbonio 13 corrispondeprobabilmente a una ripresa della pro-duttività biologica al termine del perio-do di forte riscaldamento.

Una variazione dei rapporti isotopi-ci del carbonio si presenta anche inrocce carbonatiche coeve ad altri epi-sodi di estinzione di massa, ma nessu-na ha l'entità e la durata di questa. Per-fino l'impatto meteoritico che si presu-me abbia condotto all'estinzione deidinosauri circa 65 milioni di anni fanon comportò un collasso così prolun-gato dell'attività biologica.

Nel complesso, l'ipotesi della glacia-zione totale spiega molte osservazionipeculiari nella documentazione geolo-gica del mondo neoproterozoico: le va-riazioni isotopiche del carbonio asso-ciate ai depositi glaciali, il paradossodella copertura carbonatica, gli indizidell'esistenza di ghiacciai permanential livello del mare a latitudini tropicalie i depositi ferrosi a essi associati. Laforza di questa ipotesi è nella sua capa-cità di spiegare simultaneamente tuttequeste bizzarrie, per nessuna delle qua-li si è potuta trovare una buona spiega-zione indipendente. E, quel che piùconta, riteniamo che questa ipotesipossa gettare luce sulle prime fasi del-l'evoluzione della vita animale.

Il ritorno della vita

Negli anni sessanta Martin J. S.Rudwick, lavorando con Brian Har-land, ipotizzò che il recupero climaticoseguito a una intensissima glaciazioneneoproterozoica avesse spianato la via

Poriferl

Cnidari

Echinodermi

Cordati

Brachiopodi

Platelminti

Anellidi

Molluschi

Priapulidi

Nematodi

Artropodi

a una diffusione esplosiva delle formedi vita pluricellulari. Gli eucarioti, or-ganismi unicellulari con nucleo dotatodi membrana da cui sarebbero discesetutte le forme di vita vegetale e anima-le, erano comparsi oltre un miliardo dianni prima, ma gli organismi più com-plessi presenti all'epoca della primaglaciazione neoproterozoica erano lealghe filamentose e i protozoi. È sem-pre rimasto un mistero perché sia oc-corso tanto tempo a questi organismiprimitivi per diversificarsi negli 11 tipidi piano corporeo che appaiono im-provvisamente nella documentazionefossile durante l'esplosione cambriana.

Una serie di eventi globali del tipo«dal freezer alla padella» avrebbe im-posto un filtro ambientale all'evoluzio-ne biologica. Tutti gli eucarioti esisten-ti deriverebbero quindi dai superstitidella catastrofe neoproterozoica. Sipuò avere un'idea dell'entità delleestinzioni degli eucarioti osservando gli«alberi genealogici» universali. Gli al-beri filogenetici, in base al grado di so-miglianza, indicano in che modo varigruppi di organismi si siano evoluti l'u-no nell'altro. I biologi definiscono que-sti alberi studiando le sequenze degliacidi nucleici negli organismi viventi.

La maggior parte di questi alberimostra la filogenesi degli eucarioti co-me un'espansione ritardata che coronaun lungo fusto privo di rami. La man-canza di una ramificazione precoce po-trebbe significare che la maggior partedelle linee eucariotiche sia stata «pota-ta» durante gli episodi glaciali. Gli or-ganismi sopravvissuti potrebbero averetrovato rifugio presso sorgenti calde

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Page 5: t atm i - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/2000_382_6.pdfparsa di forme riconoscibili di vita ani-male, nel Neoproterozoico, si instaurò una glaciazione così

sia sul fondo marino, sia in prossimitàdella superficie del ghiaccio, dove lafotosintesi poteva essere mantenuta.

I forti e variabili gradienti di tempe-ratura e di chimismo tipici delle effime-re sorgenti calde avrebbero preselezio-nato alcuni organismi a sopravviverenelle condizioni infernali che presto sisarebbero instaurate. Messi a confron-to con pressioni ambientali variabili,molti organismi rispondono con altera-zioni genetiche «all'ingrosso». Una for-te pressione evolutiva favorisce grandicambiamenti genetici in tempi brevi,dato che gli organismi che possono piùrapidamente alterare i propri geniavranno maggiori opportunità di ac-quisire caratteristiche tali da aiu-tarli a sopravvivere e a riprodursi.

Le comunità delle sorgenti cal-de, geograficamente disperse sullasuperficie ghiacciata del globo,avrebbero accumulato diversitàgenetica per milioni di anni.Quando due gruppi con originecomune restano isolati a lungol'uno dall'altro in condizioni mol-to differenti, è probabile che a uncerto punto l'entità delle mutazio-ni genetiche sia tale da produrreuna nuova specie. Il ripopolamen-to che si verifica dopo ogni glaciazionesarebbe il portato di pressioni selettivein usuali e variabili con rapidità, del tut-to dissimili da quelle precedenti la gla-ciazione; tali condizioni favorirebberol'emergere di nuove forme di vita.

Martin Rudwick potrebbe non es-sersi spinto abbastanza in là con la suaipotesi secondo cui il miglioramentoclimatico seguito alla grande glaciazio-ne neoproterozoica avrebbe spianatola strada per l'evoluzione delle formedi vita primordiali. Gli stessi eventi cli-matici estremi potrebbero avere svoltoun ruolo attivo nella diffusione dellavita animale pluricellulare.

Abbiamo mostrato come i depositiglaciali e le rocce carbonatiche riscon-trabili in tutto il mondo in epoca neo-proterozoica siano indizio di un tipostraordinario di evento climatico: una

glaciazione totale seguita da un piùbreve ma altrettanto tremendo periododi riscaldamento estremo. Ma che cosaprovocò queste calamità, e perché ilmondo è stato risparmiato da eventicome questi in epoche più recenti? Laprima possibilità da tenere presente èche il Sole fosse a quell'epoca più de-bole, del 6 per cento circa, rendendo laTerra più suscettibile di raffreddamen-to. Il lento e progressivo riscaldamentodel Sole attraverso le ere geologichepotrebbe spiegare come mai una gla-ciazione così estrema non si sia piùprodotta. Tuttavia non vi sono convin-centi indizi geologici di una glaciazionesimile nel miliardo di anni precedente

il Neoproterozoico, quando il Sole eraancora meno caldo.

L'insolita configurazione dei conti-nenti in prossimità dell'equatore du-rante il Neoproterozoico potrebbe me-glio spiegare l'evento di glaciazione to-tale (si veda l'illustrazione a pagina84). Quando i continenti sono più vici-ni ai poli, come ai nostri giorni, l'ani-dride carbonica nell'atmosfera rimanein concentrazioni abbastanza alte damantenere caldo il pianeta. Se le tem-perature globali scendono abbastanzada far sì che i ghiacciai ricoprano icontinenti alle alte latitudini, come ac-cade in Antartide e in Groenlandia, lecoltri glaciali prevengono l'erosionechimica delle rocce coperte dal ghiac-cio. Quando il processo di sottrazionedel carbonio dall'atmosfera è parzial-mente impedito in questo modo, l'ani-

dride carbonica si stabilizza a un livelloabbastanza alto da impedire l'ulterioreavanzata delle coltri glaciali. Se tutti icontinenti fossero raccolti ai tropici,d'altro canto, essi rimarrebbero liberidai ghiacci anche se la Terra divenissepiù fredda e si avvicinasse alla soglia diun raffreddamento incontrollato. L'in-terruttore di sicurezza rappresentatodall'anidride carbonica in questo casonon funzionerebbe, perché il carboniocontinuerebbe a essere sottratto dall'at-mosfera senza impedimento.

Forse non sapremo mai che cosa ab-bia effettivamente innescato il mecca-nismo della glaciazione totale, datoche disponiamo solo di teorie su ciò

che è in grado di provocare cam-biamenti climatici, anche per itempi recenti. Ma dovremmo co-munque essere consci della capa-cità del pianeta di subire cambia-menti climatici estremi. Negli ulti-mi milioni di anni della sua storia,la Terra ha avuto il suo periodopiù freddo da quando sono ap-parsi gli animali, ma anche nelmomento della massima avanzatadelle coltri glaciali, circa 20 000anni fa, è stata ben lontana dallasoglia critica necessaria per inne-

scare un evento di glaciazione totale.Certamente, per le prossime centinaiadi anni l'umanità avrà a che fare conun problema diverso: quello del riscal-damento globale indotto dalle emissio-ni di anidride carbonica dovute all'usodi combustibili fossili. Tuttavia non sipuò escludere che in un futuro più lon-tano il mondo sia destinato a condizio-ni di gelo estremo.

Restano ancora 80 000 anni al piccodella prossima glaciazione, sicché lapossibilità di prevedere il corso deglieventi è quanto mai remota. Comun-que, se la tendenza dell'ultimo milionedi anni dovesse proseguire, e se l'«in-terruttore di sicurezza» non funzionas-se, la Terra potrebbe sperimentare unanuova catastrofe totale, tale da riorien-tare completamente l'evoluzione suc-cessiva delle forme di vita.

PAUL F. HOFFMAN e DANIEL P. SCHRAG, entrambialla Harvard University, sono sostenitori dell'ipotesi dellaglaciazione totale neoproterozoica, altrimenti detta della«Terra a palla di neve». Hoffman è un geologo che ha perlungo tempo studiato le rocce precambriane: egli ha guidatola serie di spedizioni in Namibia che hanno fornito gli indizidella glaciazione totale. Schrag è un geochimico oceanografoche utilizza le variazioni chimiche e isotopiche delle scoglierecoralline, dei sedimenti abissali e delle rocce carbonaticheper studiare le variazioni climatiche alle scale temporali piùdiverse: dai mesi ai milioni di anni.

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