Sviluppi Pompe Di Calore

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0. RIASSUNTO Il terreno si presta particolarmente bene a costituire la sorgente termica dalla quale sottrarre o alla quale cedere il calore necessario per far funzionare una macchina a ciclo inverso operante rispettivamente come pompa di calore o come refrigeratore. Tale azione può essere realizzata sia estraendo l’acqua di falda, tecnica ben nota e oggi meno diffusa a causa della ridotta disponibilità di acqua, sia asportando o cedendo calore direttamente alla massa stessa del terreno. Questa tecnica è notevolmente diffusa in molti Paesi europei ed extraeuropei: alcuni dati riportati in questo lavoro ne inquadrano le modalità di applicazione e le potenzialità. Vengono inoltre discussi gli aspetti caratteristici della trasmissione del calore nel terreno e tra terreno e fluido utilizzatore. Diversi modelli e metodi di calcolo sono stati sviluppati per la progettazione di impianti che utilizzano la tecnica di cui si tratta. Viene in particolare descritto un modello numerico recentemente sviluppato dagli autori. Alcuni esempi applicativi e considerazioni tecnico-economiche completano l’analisi di questa promettente tipologia di impianto. 1. INTRODUZIONE La crescente esigenza di raffrescare gli ambienti nel periodo estivo, oltre che riscaldarli nella stagione invernale, ha portato negli ultimi anni alla diffusione delle pompe di calore reversibili, ossia di macchine termodinamiche in grado di sottrarre calore dall’edificio per cederlo all’ambiente esterno in estate, e viceversa in inverno. L’efficienza di queste macchine è influenzata in maniera significativa dalle temperature di esercizio, o meglio dal dislivello di temperatura tra ambiente interno e sorgente esterna. Un grosso limite delle pompe di calore che utilizzano l’aria come sorgente esterna è che in inverno la temperatura esterna risulta più bassa quando maggiore è la richiesta di calore per riscaldare. Queste considerazioni portano a due conclusioni: - qualora ci si voglia avvalere delle pompe di calore, è opportuno abbassare la temperatura alla quale si deve fornire calore ovvero, nel caso del riscaldamento civile, orientarsi verso sistemi che possano fornire calore operando a temperature dell’ordine 275 Sviluppi nelle pompe di calore: il terreno come sorgente termica MICHELE DE CARLI* - RICCARDO DEL BIANCO* - FRANCESCO FELLIN* ** - MICHELE MANENTE* - MASSIMO TONON* - ROBERTO ZECCHIN* ** * - Dipartimento di Fisica Tecnica dell’Università di Padova ** - TiFS Ingegneria, Padova

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Pompe di calore geotermiche

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0. RIASSUNTO

Il terreno si presta particolarmente bene a costituire la sorgente termica dalla qualesottrarre o alla quale cedere il calore necessario per far funzionare una macchina a cicloinverso operante rispettivamente come pompa di calore o come refrigeratore. Tale azionepuò essere realizzata sia estraendo l’acqua di falda, tecnica ben nota e oggi meno diffusaa causa della ridotta disponibilità di acqua, sia asportando o cedendo calore direttamentealla massa stessa del terreno. Questa tecnica è notevolmente diffusa in molti Paesieuropei ed extraeuropei: alcuni dati riportati in questo lavoro ne inquadrano le modalitàdi applicazione e le potenzialità. Vengono inoltre discussi gli aspetti caratteristici dellatrasmissione del calore nel terreno e tra terreno e fluido utilizzatore. Diversi modelli emetodi di calcolo sono stati sviluppati per la progettazione di impianti che utilizzano latecnica di cui si tratta. Viene in particolare descritto un modello numerico recentementesviluppato dagli autori. Alcuni esempi applicativi e considerazioni tecnico-economichecompletano l’analisi di questa promettente tipologia di impianto.

1. INTRODUZIONE

La crescente esigenza di raffrescare gli ambienti nel periodo estivo, oltre cheriscaldarli nella stagione invernale, ha portato negli ultimi anni alla diffusione dellepompe di calore reversibili, ossia di macchine termodinamiche in grado di sottrarrecalore dall’edificio per cederlo all’ambiente esterno in estate, e viceversa in inverno.

L’efficienza di queste macchine è influenzata in maniera significativa dalletemperature di esercizio, o meglio dal dislivello di temperatura tra ambiente interno esorgente esterna. Un grosso limite delle pompe di calore che utilizzano l’aria comesorgente esterna è che in inverno la temperatura esterna risulta più bassa quandomaggiore è la richiesta di calore per riscaldare. Queste considerazioni portano a dueconclusioni:- qualora ci si voglia avvalere delle pompe di calore, è opportuno abbassare la

temperatura alla quale si deve fornire calore ovvero, nel caso del riscaldamento civile,orientarsi verso sistemi che possano fornire calore operando a temperature dell’ordine

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Sviluppi nelle pompe di calore:il terreno come sorgente termicaMICHELE DE CARLI* - RICCARDO DEL BIANCO* - FRANCESCO FELLIN* ** - MICHELE

MANENTE* - MASSIMO TONON* - ROBERTO ZECCHIN* **

* - Dipartimento di Fisica Tecnica dell’Università di Padova** - TiFS Ingegneria, Padova

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dei 35°C come nel caso di pannelli radianti anziché a 60°C e oltre come nel caso deisistemi tradizionali;

- l’aria esterna, la più comune sorgente termica per le pompe di calore è termodinami-camente poco efficiente, visto che il carico termico da soddisfare cresce quando latemperatura esterna diminuisce facendo calare sia il COP (vedi figura 1.1) sia lapotenzialità termica erogabile dalla macchina.

Figura 1.1 – Andamento del COP teorico e reale in funzione dell’incremento di temperatura, per unatemperatura di riscaldamento di 60°C [1]

Un’efficace alternativa all’aria come sorgente esterna di calore è offerta dalterreno. Infatti questo presenta alcune caratteristiche molto favorevoli: a causa della suaelevata inerzia termica, già a moderata profondità risente poco delle fluttuazionitermiche giornaliere e stagionali, al punto che la sua temperatura si può considerarepressoché costante per tutto l’anno: ciò porta ad avere differenze di temperatura trasorgente termica e ambiente da climatizzare inferiori rispetto a quanto si avrebbeutilizzando l’aria esterna come sorgente termica, con conseguente miglioramentodell’efficienza dell’impianto e minori costi operativi.

Oltre a questo, ci sono altri vantaggi rispetto allo sfruttamento dell’aria comesorgente di calore: principalmente minor rumorosità e minor impatto estetico.

L’accoppiamento della pompa di calore al terreno visto come sorgente termicaesterna (GSHP: Ground-Source Heat Pump) può essere realizzato mediante sondegeotermiche, ovvero tubazioni inserite nel terreno e percorse da un fluido termovettore,che non sono altro che un particolare tipo di scambiatore di calore.

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Storicamente i primi studi su questa tecnologia si ebbero negli Stati Uniti e inCanada a partire dal dopoguerra, con una significativa diffusione commerciale a partiredagli anni ’80. Attualmente, i sistemi GSHP, hanno buona diffusione anche in Europa,soprattutto in Svezia, per i bassi costi dell’energia elettrica e le particolarmentefavorevoli proprietà termiche del terreno, e in Svizzera, favoriti dalla politica ambientaleche incentiva gli impianti di riscaldamento a bassa produzione di CO2.

Altri Paesi che hanno dimostrato un certo interesse in questa direzione sonoFrancia e Austria, mentre l’Italia è ancora agli inizi.

Come spiegato più oltre, l’accoppiamento termico di un impianto con il terrenovisto come sorgente termica si può realizzare in diversi modi, ma uno dei più interessantiè certamente quello costituito da una o più perforazioni verticali, al cui interno vengonocollocati uno o più tubi percorsi da un fluido termovettore: a tale tecnologia si dà il nomedi Sonda Geotermica Verticale (SGV; talvolta si incontra anche l’acronimo inglese BHE:Borehole Heat Exchanger che ha lo stesso significato).

I primi modelli matematici delle sonde geotermiche verticali riscontrabili inletteratura risalgono al 1954, soprattutto ad opera di Ingersoll [2], ed il loro interesse eraprincipalmente legato allo smaltimento di calore nei depositi di scorie radioattive;successivamente per diversi anni non ci sono stati significativi sviluppi né tecnologici néprogettuali. Solo negli anni ’80-’90 si è riscoperto un nuovo interesse per questo tipo discambiatori, grazie al miglioramento delle pompe di calore che ha permesso di realizzareimpianti competitivi.

I sistemi SGV hanno le loro origini storiche in due zone ben precise, con duefunzioni ben distinte:1. Zona meridionale degli USA (soprattutto Texas): qui le SGV, generalmente a singolo

tubo ad U (più oltre descritte), sono impiegate quasi esclusivamente per la climatiz-zazione estiva, a causa del clima caldo, e perciò si utilizza come fluido termovettoreacqua semplice.

2. Canada e zona settentrionale degli USA: in questi luoghi l’utilizzazione è limitata alriscaldamento invernale e quindi al funzionamento come pompa di calore. Dovendomandare il fluido termovettore in sonda ad una temperatura inferiore a quella delterreno (piuttosto freddo in quelle aree) si deve ricorrere ad una miscela di acqua eglicole etilenico (15-20%). In Canada inizialmente si realizzavano impianti a singolotubo ad U, mentre negli ultimi anni ha preso piede la soluzione a doppio tubo ad U.

In Europa la situazione è piuttosto varia in quanto dipende molto dalle leggi, dallepolitiche locali, dalle situazioni energetiche specifiche delle varie aree e dalla cultura piùo meno ambientalista. Come si può evincere dalle tabelle I e II e dalla successiva sintesitratta da [3].

Svizzera: grazie ad una legislazione che tende a limitare le emissioni di CO2, questo

Paese ha il maggior numero di pompe di calore in rapporto alla popolazione; diconseguenza anche i sistemi SGV hanno avuto una forte diffusione, in particolarenell’ultimo decennio. Complessivamente nel 1998 erano presenti già più di 20'000impianti utilizzanti il terreno come fonte di calore, con una potenza termica di circa 300MW ed un incremento tendenziale annuo previsto del 15%; ovviamente l’installazionedi sonde SGV rappresenta solo una percentuale di questi impianti, in quanto vengono

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utilizzati anche altri tipi di sonde geotermiche. In particolare in questo Paese ogni quattrocase mono- o bi-familiari di nuova costruzione una è dotata di un sistema GSHP.

Austria: la situazione austriaca è molto simile a quella svizzera. L’83% delle pompe dicalore del Paese sono di tipo geotermico (il 12% ha come sorgente l’acqua del sottosuoloe il rimanente 5% sfrutta l’aria esterna). La maggior parte degli impianti ha una potenzatermica invernale di progetto minore di 15 kWt. Uno studio condotto su impianti esistenti

ha evidenziato che il coefficiente di prestazione stagionale è compreso tra 2.1 e 4.0.Alcune realizzazioni significative sono: un centro convegni multifunzionale di Dornbirndotato di “energy piles” (ovvero pali di fondazione al cui interno sono annegati i tubi perlo scambio termico con il terreno) per un totale di 65 km di tubi che possono fornire 800kW per il riscaldamento o il raffrescamento; la “Kunsthaus” e la “Spielhaus” di Bregenz;un edificio dell’ ESG-Õkopark di Linz (una zona adibita a case ecologiche) dotato di unimpianto ibrido che combina le sonde geotermiche con collettori solari, avente coeffi-ciente di prestazione stagionale pari a 3.3 (dei 50.8 MWh forniti all’edificio nel 1996 il55% era di origine geotermica e il 19% di origine solare). Nel 1996 in Austria eranopresenti circa 13'000 impianti a sonde geotermiche con un incremento annuo di 1'600unità.

Tabella I: Installazione di pompe di calore in generale e GSHP in alcuni Paesi Europeidal 1993 al 1996 nel settore residenziale [3]

Tabella II: Stima del numero di sistemi GSHP in Europa [3]

Paese P.d.C. (totale)(1000 unità)

% relativa alle sondea terreno

GSHP(1000 unità)

Austria 22.2 11 2.42

Danimarca 3.3 18 0.59

Francia 25.0 11 2.75

Germania 5.7 4 0.23

Norvegia 4.0 8 0.32

Paesi Bassi 0.12 7 0.01

Svezia 42.3 28 11.8

Svizzera 15.0 40 6.0

TOTALE 24.12

Paese N.ro di sistemi

GSHP

Incremento annuo Capacità termica

Austria (1996) ca. 13’000 ca. 1’600 -

Germania (1995) 14’000 – 22’000 ca. 2’000 240 -450 MW t

Paesi bassi (1997) ca. 900 - -

Svezia (1998) ca. 55’000 - ca. 330 MW t

Svizzera (1998) > 20’000 - ca. 300 MW t

TOTALE EUROPA (dati estrapolati alla fine

del 1998)100’000 – 120’000

- ca. 1’300 MW t;ca.1’950 GWh all’anno

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Olanda: anche se le prime realizzazioni di sistemi GSHP risalgono al 1984, dopo unperiodo di stagnazione, il settore ha ripreso vita dalla seconda metà degli anni ’90 (dal’94 al ’97 il numero di pompe di calore è passato da 220 a 903) con la realizzazione dinuove aree abitative (36 edifici residenziali a Nijmegen/Groostal nel 1997, diverseabitazioni a Reeuwijk, la prevista riconversione di un intero quartiere a Gouda). Mentrela tecnologia GSHP è in ripresa dopo diversi anni di stasi, questo Paese è uno dei leadermondiali nella tecnologia alternativa dell’ATES (Aquifer Thermal Energy Storage), cheentra in forte competizione con le sonde geotermiche. Alcune realizzazioni notevoli sonolo stadio multifunzionale “Gedreldôme” di Arnhem e il “Rijksmuseum” di Amsterdam.Si tratta di un particolare tipo di accumulo termico che sfrutta l’acqua del sottosuolocome serbatoio prelevandola da due diversi pozzi sufficientemente distanti. Durante lastagione estiva, l’acqua di falda è estratta dal “pozzo freddo”, utilizzata per il raffred-damento del condensatore del refrigeratore e quindi immessa nel sottosuolo nel “pozzocaldo”. Durante il periodo invernale il prelievo avviene dal pozzo caldo e, dopo esserestata utilizzata nell’evaporatore della pompa di calore, viene immessa nel pozzo freddo,invertendone, di fatto, il ciclo rispetto alla stagione estiva (vedi figura 1.2). E’ unatecnologia che può essere proficuamente adottata quando sussistono particolaricondizioni nel sottosuolo (bassa velocità dell’acqua nella falda freatica) [4].

Figura 1.2 – Schema di funzionamento della tecnologia ATES [4]

Belgio: come in Olanda anche nel Belgio si sta diffondendo il sistema ATES.

Francia: in Francia si stanno studiando (attraverso una sperimentazione condotta susette impianti uguali dal punto di vista dei carichi e delle pompe di calore installatipresso abitazioni) quattro tipi di sonde geotermiche orizzontali e tre tipi verticali. Nella

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regione dell’Alsazia sono stati realizzati diversi impianti che utilizzano l’acqua di faldacome sorgente termica; anche il “Palais d’Europe” a Strasburgo utilizza l’acqua di faldacome sorgente per le pompe di calore. Recentemente in Alsazia sono stati realizzatidiversi sistemi GSHP con sonde verticali.

Polonia: uno dei primi sistemi GSHP realizzato in questo Paese risale al 1993; le realiz-zazioni recenti comprendono anche un ospedale a Gostynin-Kruk con 970 kW dipotenza termica installata; si stanno diffondendo anche impianti a falda acquifera (unesempio da 150 kW di potenza si trova a Smlodzin).

Svezia: la Svezia è uno dei Paesi classici per quanto riguarda l’uso della pompa dicalore. Nel 1998 si potevano contare circa 55'000 impianti del tipo SGV per un totale dicirca 330 MWt installati. In considerazione dell’alta incidenza dell’origine idroelettrica

nella produzione elettrica nazionale, l’utilizzo delle pompe di calore offre una signifi-cativa opportunità di riduzione delle emissioni. La Svezia è inoltre leader nel campodell’accumulo dell’energia nel sottosuolo sia mediante sonde geotermiche sia conl’impiego diretto dell’acqua di falda.

La strumentazione e le procedure per la determinazione delle proprietà termichedel terreno, mediante test in-situ su impianti SGV installati, sono state sviluppate pressol’Università Tecnica di Luleå. Questi test forniscono dati affidabili che permettono unamigliore accuratezza nelle simulazioni e nella progettazione.

Un caso di particolare successo è la cittadina di Strömstad, 200 km a nord diGoteborg, dove 140 impianti GSHP con 400 sistemi SGV forniscono calore a 3’000 deisuoi 6'000 abitanti ed in cui è stato notato un visibile miglioramento della qualitàdell’aria durante l’inverno.

Germania: nel 1995 erano già stati realizzati tra i 14'000 e i 22'000 impianti (per unapotenza termica pari a 240 ÷ 450 MW) con un incremento annuo di circa 2'000 impianti.

Italia: i pochi impianti presenti sono concentrati nella zona alpina a ridosso di Austria eSvizzera con funzionamento prevalentemente invernale, ma la politica energeticaitaliana non ha mai favorito in modo efficace lo sviluppo di tecnologie a bassa emissionedi CO2.

2. GLI SCAMBIATORI A TERRENO COME SORGENTE TERMICA

Le pompe di calore che sfruttano il terreno come sorgente termica si possonodistinguere in tre categorie in funzione della modalità con cui avviene lo scambiotermico con il sottosuolo:1. impianti accoppiati direttamente con il terreno attraverso un sistema di tubazioni a

circuito chiuso al cui interno scorre il fluido termovettore;2. impianti che utilizzano l’acqua di falda come fluido termovettore, con o senza

reimmissione nella falda stessa dopo l’uso;3. impianti che sfruttano l’acqua dei laghi e dei bacini come sorgente termica attraverso

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un circuito che può essere sia aperto che chiuso.Come è facile comprendere il caso 2 e il caso 3 richiedono situazioni ambientali

particolari legate alla disponibilità idrica e soprattutto comportano maggiori vincolilegislativi sull’inquinamento termico delle acque (attualmente la materia è regolamentataa livello nazionale dalla L. 152/99, ma sono da tener presenti eventuali piani regionali dirisanamento delle acque emanati da alcune Regioni). Invece il caso 1 è un sistema piùadattabile alle diverse condizioni, anche per quanto riguarda la disposizione delletubazioni stesse nel terreno, che possono assumere uno sviluppo orizzontale (lineare, aspirale, etc.) o verticale.

In questa relazione si tratterà di questa modalità con particolare riferimento alladisposizione verticale delle tubazioni.

Come detto in precedenza, la caratteristica principale a vantaggio del terreno comesorgente termica è la sua elevata capacità di accumulo. Questo consente di avere unatemperatura media del terreno pressoché costante durante tutto l’anno, permettendobuoni valori del coefficiente di effetto utile.

A tale proposito si riportano nelle Tabelle III e IV le proprietà di alcuni tipi diterreno e altri dati significativi (valori riferiti all’altopiano Svizzero e a 1800 ore diesercizio all’anno).

Tabella III: Grandezze tipiche delle sonde in funzione del tipo di terreno [5]

Tipo disottosuolo

Conducibilità termica

[W/(m K)]

Potenza specificaassorbita

(sonda ø 130 mm)[W/m]

Lunghezza della sonda per unità dipotenza termica resa dalla pompa

di calore (sonda ø 130 mm)[m/kW]

COP = 3 COP = 3.5Roccia mobile

secca< 1.5 20 33 36

Roccia dura oroccia instabilesatura di acqua

1.5 - 3.0 50 13 14

Roccia dura a cond.term. elevata

3.0 70 9.5 10

Ghiaia o sabbia(secche)

0.4 < 20 > 33 > 36

Ghiaia o sabbia(acquifere)

1.8 – 2.4 da 55 a 65 da 10 a 20 da 11 a 13

Argilla, limo(umidi)

1.7 da 30 a 40 da 17 a 22 da 18 a 24

Calcare massiccio 2.8 da 45 a 60 da 11 a 15 da 12 a 16

Molassa 2.3 da 55 a 65 da 10 a 12 da 11 a 13

Granito 3.4 da 55 a 70 da 9.5 a 12 da 10 a 13

Basalto 1.7 da 35 a 55 da 12 a 19 da 13 a 20

Gneiss 2.9 da 60 a 70 da 9.5 a 11 da 10 a 16

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Tabella IV: Conducibilità e diffusività termica per alcuni tipi di sottosuolo in funzionedell’umidità e della densità a secco [6]

In generale l’ampiezza della variazione giornaliera di temperatura si riduce di unfattore 10 a pochi centimetri di profondità, mentre quella della variazione stagionale siriduce dello stesso fattore dopo alcuni metri, mentre in ogni caso nel terreno indisturbatola temperatura oscilla rispetto ad un valore medio che è praticamente pari allatemperatura media annuale della località in esame.

Per valutare quantitativamente il comportamento del terreno rispetto allavariazione della temperatura esterna si può fare riferimento ad uno strato di materiale,considerato per semplicità omogeneo, limitato da una superficie piana di coordinata x=0ed infinitamente esteso nel verso delle x positive (profondità).

Per conoscere l’andamento della temperatura al suo interno, noto quello sullasuperficie, si deve risolvere l’equazione di Fourier:

(2.1)

dove a è la diffusività termica del terreno. Se si approssima l’andamento reale dellatemperatura durante il periodo considerato con una funzione di tipo sinusoidale, si puòesprimere la temperatura superficiale ts nel seguente modo:

(2.2)

dove A è l’ampiezza della variazione della temperatura superficiale avente valore mediot0, con periodo τ0 e pulsazione ω=2π/τ0.

Trascurando il periodo di transitorio, si può esprimere la temperatura t ad una certaprofondità x all’istante t nel seguente modo:

(2.3)

i termini ed e-γχ si chiamano rispettivamente “costante dismorzamento” e “fattore di smorzamento”. La soluzione indica che la variazione ditemperatura all’interno del terreno è ancora di tipo sinusoidale, ma con ampiezza ridottarispetto alla variazione superficiale, nel rapporto e-γχ e con uno sfasamento dato da γχradianti (o γχ/ω unità di tempo). La riduzione di ampiezza e lo sfasamento, a parità di

Tipo diterreno

densitàa secco

5% di umidità 10% di umidità 15% di umidità 20% di umidità

[kg/m3]λ

[W/(m K)]

α

[106 · m2/s]

λ[W/(m K)]

α

[106 · m2/s]

λ[W/(m K)]

α

[106 · m2/s]

λ[W/(m K)]

α

[106 · m2/s]

100%sabbia

ordinaria

1920 2.08-3.29 1.03-1.61 2.42-3.46 1.00-1.40 2.75-3.78 0.91-1.20 - -1600 1.38-2.42 0.83-1.40 2.08-2.60 1.03-1.29 2.24-2.76 0.96-1.18 2.41-2.92 0.90-1.08

1280 0.86-1.90 0.65-1.40 1.04-1.90 0.65-1.18 1.03-2.07 0.55-1.08 1.20-2.06 0.56-0.97

100%argilla

fine

1920 1.03-1.37 0.52-0.69 1.04-1.38 0.43-0.57 1.38-1.90 0.49-0.68 - -

1600 0.85-1.03 0.52-0.62 0.85-1.03 0.43-0.52 1.03-1.21 0.40-0.52 1.03-1.37 0.44-0.59

1280 0.52-0.86 0.39-0.65 0.60-0.86 0.38-0.54 0.69-0.95 0.37-0.51 0.69-1.03 0.32-0.48

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diffusività termica, sono tanto maggiori quanto maggiore è la profondità x e quantomaggiore è la frequenza dell’oscillazione (figura 2.1).

Figura 2.1 – Caratteristiche dell’oscillazione di temperatura all’interno di un corpo seminfinito [7]

Considerando ad esempio un valore medio della diffusività del terreno pari a3·10-3 m2/h, che si può considerare tipico della zona di Padova (il cui sottosuolo èformato da strati alterni di sabbia, argilla e limi), si ricava che l’ampiezza dell’escursionetermica giornaliera (il cui valore massimo è di 11°C nel mese di luglio) si riduce a undecimo a circa 35 cm di profondità, mentre quella dell’escursione termica stagionale (ilcui valore è di 22°C, calcolato come la differenza tra le temperature medie mensili diluglio e gennaio) si riduce dello stesso fattore a circa 6 m di profondità.

Si vede quindi che con sonde a sviluppo verticale, che possono superare i 100 metridi profondità, l’influenza dell’escursione stagionale è trascurabile e pertanto considerareil terreno come una sorgente termica a temperatura costante durante tutto l’anno risultaun’ipotesi giustificata; questo invece non è altrettanto vero per le sonde a sviluppoorizzontale, per le quali la profondità, per ovvi motivi economici, difficilmente puòsuperare tre metri (in tal caso con il valore di diffusività dell’esempio precedente siottiene un fattore di riduzione di circa 2.8 per l’ampiezza dell’escursione stagionale).

Si deve ricordare inoltre che l’incremento di temperatura con la profondità, dovutoal nucleo terrestre comincia a percepirsi oltre i 100 m di profondità, con un incrementodi temperatura di circa 3°C per ogni 100 m.

Pertanto, a causa della minore fluttuazione stagionale della temperatura e delminore impegno di superficie del terreno, nella tecnica attuale si preferiscono le sondegeotermiche verticali a quelle orizzontali.

Nelle figure successive si riportano le diverse configurazioni di posa delletubazioni rispettivamente per le sonde geotermiche orizzontali (figura 2.2) e per quelleverticali (figure 2.3, 2.4 e 2.5).

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Le tubazioni all’interno della sonda verticale possono avere diverse geometrie:a. a singolo tubo ad U: all’interno della perforazione vengono inseriti un tubo di

mandata e uno di ritorno collegati sul fondo, poi si esegue il getto di riempimento(figure 2.4a e 2.5a);

b. a doppio tubo ad U: è realizzato come il precedente, con la differenza che nellaperforazione si inseriscono quattro tubi collegati a due a due sul fondo (figure 2.4b e2.5b);

c. a tubi coassiali: il tubo di ritorno è interno a quello di mandata, che occupa tutta lasezione della perforazione, e quindi, se il diametro del tubo esterno è uguale o dipoco più piccolo di quello della perforazione, non è necessario il getto diriempimento (figure 2.4c e 2.5c);

d. a tubi coassiali complessi: simile al precedente, l’unica differenza sta nel fatto che tratubo interno ed esterno ci sono delle alette di collegamento che garantiscono lacoassialità e un migliore scambio termico; durante la fase di ritorno il fluido anzichénella tubazione interna può essere fatto circolare in alcuni dei canali periferici dimodo che possa scambiare calore con il terreno in entrambi i sensi di percorrenza(figure 2.4d e 2.5d).

La maggior parte degli impianti SGV presenta le seguenti caratteristiche: sonda adoppio U, miscela di acqua e glicole etilenico (al 20% circa) come fluido termovettore,possibilità di realizzare il cosiddetto “free cooling” in estate in caso si necessiti di unblando raffrescamento attraverso uno scambiatore (tra circuito lato terreno e circuito latoedificio) in parallelo o in alternativa alla macchina frigorifera, quando le condizioniclimatiche (del terreno e dell’ambiente esterno) lo consentono.

L’utilizzazione quasi esclusivamente invernale od estiva dei sistemi SGV richiedeun’attenta valutazione dei seguenti aspetti:• una progressiva variazione, su base pluriennale, della temperatura del sottosuolo, che

induce un decadimento delle prestazioni nel corso degli anni; questo comporta lanecessità di sovradimensionare inizialmente l’impianto;

• un ridotto periodo di utilizzazione con conseguenti tempi di recupero dell’inve-stimento più lunghi.

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Figura 2.2 – Configurazioni di posa per sonde geotermiche a sviluppo orizzontale [1]

Poiché questo tipo di impianto ha un costo di investimento piuttosto elevato, taliinconvenienti possono rappresentare un limite significativo.

La realizzazione di impianti radianti a “massa termicamente attiva” in zonerichiedenti sia riscaldamento che raffrescamento ha dato un forte impulso alle SGV,soprattutto in Germania (zona di Monaco di Baviera e di Francoforte). Infatti gli edificia massa termicamente attiva hanno le seguenti caratteristiche:• richiesta di livelli di temperatura del fluido termovettore inferiori a 30°C in inverno e

superiori a 15°C in estate; questa caratteristica permette di definire l’attivazionetermica della massa come un sistema LTS (Low Temperature System);

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• potenze di picco ridotte rispetto alle applicazioni tradizionali (peak-shaving), grazieall’elevato inerzia di questo tipo di impianto.

Figura 2.3 – Esempio di applicazione di un sistema SGV [1]

Figura 2.4 – Sezione trasversale delle sonde geotermiche verticali [1]

I contenuti livelli termici consentono di ottenere prestazioni energetiche elevate ela potenza di picco limitata permette di realizzare un impianto più piccolo e menocostoso, oltre a richiedere una minore potenza elettrica impegnata.

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Figura 2.5- Andamento del flusso d’acqua all’interno delle sonde illustrate in figura 2.4 [1]

Il funzionamento sia estivo che invernale limita o addirittura elimina le variazionitermiche del terreno nel corso degli anni, e diminuisce i tempi di recupero dell’inve-stimento iniziale. Per contro, l’impiego sia estivo che invernale comporta la necessità direalizzare particolari scelte progettuali: mentre nei climi caldi il fluido termovettore puòessere acqua semplice, nei climi freddi si deve in genere utilizzare una miscela di acquae glicole etilenico perché nella fase di riscaldamento la temperatura nella sonda puòessere inferiore a 0°C per poter assorbire sufficiente calore dal terreno; in tali situazionisi richiede una valutazione articolata e dalle analisi più recenti le soluzioni praticabilisono principalmente due:• Impianto a glicole etilenico: la pompa di calore è così in grado di soddisfare tutti i

carichi invernali in virtù del fatto che, utilizzando una miscela di acqua e glicole

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etilenico, può mandare in sonda un fluido a temperature inferiori a 0°C, potendoquindi scambiare tutto il calore necessario.

• Impianto ibrido ad acqua semplice: per evitare malfunzionamenti il fluido in uscitadall’evaporatore e quindi in ingresso alle sonde non deve scendere al di sotto dei 4°C(per avere un margine di sicurezza sul congelamento); perciò in periodi invernaliparticolarmente freddi la pompa di calore da sola può non essere in grado di soddisfarecompletamente le richieste. La differenza tra la potenza termica richiesta dall’edificioe quella resa disponibile dalla pompa di calore deve quindi essere fornita da un sistemaintegrativo.

Entrambe le soluzioni hanno vantaggi e svantaggi; ne consegue che a priori non èpossibile sceglierne una rispetto all’altra.

Un confronto tra le due tipologie di impianto permette di evidenziare i seguentipunti:• essendo il glicole etilenico corrosivo ed inquinante, sono necessarie soluzioni impian-

tistiche più complesse atte a limitare questi inconvenienti, che innalzano il costodell’impianto;

• il glicole etilenico limita lo scambio termico convettivo sia in sonda che nelloscambiatore lato terreno della pompa di calore; per contrastare questo effetto sononecessarie velocità superiori rispetto al caso di semplice acqua per mantenere uncoefficiente di scambio convettivo analogo;

• il glicole etilenico ha un costo che va a sommarsi a quello dell’impianto innalzando gliinvestimenti iniziali, e gli oneri di manutenzione;

• l’impianto ibrido ha una pompa di calore con dimensioni inferiori, dovendo mantenereun minor dislivello termico invernale tra fluido lato edificio e fluido lato sonde, e,sempre per lo stesso motivo, prestazioni termodinamiche (COP) superiori;

• il sistema integrativo può essere caratterizzato da caratteristiche termodinamichelimitate (rendimento basso) a vantaggio del costo ridotto, in quanto il suo funzio-namento è limitato a brevi periodi;

• l’impianto ibrido, oltre alla fornitura elettrica necessaria al funzionamento delcompressore della pompa di calore e delle pompe di circolazione, prevede anchel’alimentazione del sistema integrativo (allacciamento alla rete del gas o serbatoi dicombustibile fossile per caldaie a gas o gasolio; disponibilità di personale nel caso diuna caldaia a legna, soluzione valida soprattutto per impianti domestici, o dove ci siaabbondanza di legname di scarto); negli edifici già esistenti il sistema integrativo nonpresenta grossi inconvenienti, in quanto solitamente si sfrutta l’alimentazione delprecedente impianto di riscaldamento.

Ai fini del dimensionamento, i procedimenti di calcolo si differenziano sel’impianto è di piccola taglia, per cui il calcolo è empirico o si può ricorrere a tabellereperibili in letteratura o presso i fornitori, o di grande potenza, oppure ancora conparticolari caratteristiche, per cui sono necessari calcoli complessi o codici disimulazione.

Occorre sempre, tuttavia, indagare la composizione del terreno, l’eventualepresenza di acqua nel sottosuolo e la sua velocità, il rapporto tra calore ceduto e assorbitodal terreno, il surriscaldamento o il raffreddamento del terreno ed eventualmente il limitedi gelo.

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3. MACCHINE E SOLUZIONI IMPIANTISTICHE

Quando si vuole sfruttare l’energia disponibile nel sottosuolo le macchinegeneralmente utilizzate sono pompe di calore reversibili (per un funzionamento siainvernale che estivo). Usualmente sono del tipo acqua-acqua poiché tale fluido è caratte-rizzato da un alto valore del calore specifico e quindi, a parità di potenza nominale, èrichiesta una minore portata di massa consentendo una maggior compattezza dell’interoimpianto; tale vantaggio ha permesso una maggiore diffusione di questo tipo di impianti,anche nelle installazioni di tipo residenziale.

Come già menzionato, queste macchine funzionano tanto meglio quanto più sonovicine tra loro le temperature di evaporazione e di condensazione nel ciclo termodi-namico: questo porta a privilegiare gli impianti LTS a bassa temperatura durante lastagione invernale e ad alta temperatura durante la stagione estiva.

Con questo tipo di terminali d’impianto il COP della pompa di calore assumevalori elevati (4÷4.5) richiedendo una minore potenza installata (a parità di fabbisogno)rispetto agli impianti tradizionali. Inoltre il coefficiente di effetto utile è caratterizzato davalori pressoché costanti durante l’intero anno dal momento che la variazione ditemperatura del terreno è molto contenuta se confrontata con quella dell’aria. Se duranteil periodo estivo è richiesto anche il controllo dell’umidità ambiente, la temperatura diproduzione dell’acqua refrigerata non può essere elevata (16°C) ma deve restare suvalori tradizionali (7°C), introducendo una penalizzazione in termini di COP (si passa dacirca 4.3 con acqua a 16-23°C a circa 3.6 con acqua a 7-12°C).

Le macchine più evolute utilizzate in questi impianti consentono il doppio valoredella temperatura di evaporazione (per esempio 7°C oppure 16°C); inoltre perl’inversione del ciclo, oltre ad adottare la valvola a quattro vie nel circuito termodi-namico, se il fluido refrigerante è di tipo non azeotropico, conviene utilizzare valvole atre vie sui circuiti idronici per garantire il funzionamento in controcorrente nel conden-satore e nell’evaporatore sia durante il funzionamento invernale sia durante il funzio-namento estivo.

I terminali d’impianto che meglio si adattano alle pompe di calore geotermichesono i sistemi radianti ed i ventilconvettori; in alcuni casi si può adottare lo scambiodiretto con l’aria inviata agli ambienti. In quest’ultimo caso, benché sia possibilerealizzare un salto termico ridotto rispetto al caso in cui si utilizzi l’acqua come fluidotermovettore, non è conseguibile in modo agevole l’effetto di riduzione del picco delfabbisogno, ricorrendo, di conseguenza, ad un costoso sovradimensionamento sia dellamacchina che dell’intero impianto. Per completezza si ricorda che sono possibili degliaccumuli termici anche utilizzando l’aria come fluido termovettore ma presentanosicuramente maggiore ingombro rispetto a quelli a cambiamento di fase oppure adaccumulo sensibile d’acqua.

I sistemi a ventilconvettori necessitano di un certo sovradimensionamento perchéla temperatura di mandata dell’acqua è compresa tra 35°C e 40°C, inoltre nonconsentono alcun effetto di peak-shaving (attenuazione e sfasamento del picco delfabbisogno).

I sistemi radianti hanno come punto di forza la bassa temperatura di alimentazionegrazie alle ampie superfici che li caratterizzano. L’effetto della temperatura superficiale

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sul comfort interno consente di avere temperature dell’aria inferiori (durante la stagioneinvernale) e maggiori (durante la stagione estiva) di quelle richieste dai sistemi di tipoconvettivo riducendo, di fatto, le dispersioni dell’ambiente e quindi il fabbisognotermico. Questo tipo di terminali è caratterizzato da una certa inerzia termica, che permolto tempo si è cercato di ridurre diminuendo il più possibile la massa coinvolta nelloscambio di calore, al fine di rendere quanto più rapida possibile la risposta alla richiestadei carichi interni. Una nuova tendenza, particolarmente promettente per l’accop-piamento alle pompe di calore geotermiche, è invece quella di incrementare il piùpossibile la massa dell’impianto radiante. Questi sistemi sono conosciuti con i termini di“active thermal slab” o “Betonkernoktivierung” o “attivazione termica della massa” esono caratterizzati dal fatto che l’intero solaio è coinvolto nello scambio termico (non c’èla presenza di un isolante termico come si può vedere in figura 3.1) [8]. L’adozione diquesta tipologia d’impianto (che in realtà è difficile distinguere dall’edificio) permette diadottare diverse strategie di funzionamento consentendo bassi costi di esercizio a paritàdi comfort interno rispetto agli impianti tradizionali: tra le varie strategie possibili èimportante sottolineare quella che consente l’accumulo termico notturno (sfruttandol’eventuale tariffa elettrica bioraria), rendendo possibile l’utilizzo della potenza termicadurante il giorno per il solo trattamento dell’aria primaria, evitando in tal modo lasovrapposizione dei fabbisogni. Si può facilmente intuire che una simile soluzioneconsente di ridurre considerevolmente la potenza nominale installata abbassando sia icosti di installazione sia quelli di esercizio, consentendo di conseguenza tempi di ritornodel capitale investito relativamente brevi (per i criteri di quantificazione si rimanda alparagrafo 5). L’effetto di “peak-shaving” si ottiene senza sistemi di accumulo aggiuntivi,ma sfruttando esclusivamente la massa del solaio termicamente attivo. Il costo del“thermal slab” è pari o inferiore a quello di un usuale sistema a pannelli radianti dalmomento che si utilizzano componenti che già fanno parte dell’edificio: il costomaggiore dell’impianto deriva sicuramente dalla pompa di calore reversibile e dallesonde geotermiche.

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Figura 3.1 – Sezione della struttura di un “active thermal slab” [8]

4. METODI E MODELLI PER LA PROGETTAZIONE

La quasi totalità dei metodi disponibili in letteratura per il dimensionamento dellesonde geotermiche si basa sulla seguente relazione di scambio termico in regimestazionario, dove nella resistenza R, opportunamente modificata, viene inglobatol’effetto della non stazionarietà dei fenomeni:

(4.1)

dove:q è il flusso termico tra fluido termovettore della singola sonda e terreno [W];L è la lunghezza totale della sonda [m];Tg è la temperatura media del terreno prima di installare la sonda [K];

Tw è la temperatura media del fluido in sonda [K];

R è la resistenza termica del terreno per unità di lunghezza della sonda [(m K)/W].Come già detto, lo scambio termico non avviene propriamente in regime

stazionario e la resistenza R viene espressa in modo da tenere conto della fluttuazionetemporale del carico e delle temperature in sonda. A seconda del diverso modo diconsiderare il comportamento della resistenza del sottosuolo nel tempo, sono statesviluppate diverse metodologie di calcolo, fra cui le più conosciute e significative sono:

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• metodo di Ingersoll;• metodo di Hart e Couvillion;• metodo IGSHPA;• metodo di Kavanaugh e Rafferty.

L’approccio di Ingersoll [2], sviluppato nel 1954, può essere considerato ilprecursore degli altri tre metodi. Esso si basa sulla risoluzione dell’equazione generaledella conduzione in coordinate cilindriche per determinare la resistenza equivalente delterreno relativa a periodi di tempo significativi.

Il calcolo della resistenza equivalente del terreno deriva dalla soluzione propostada Carslaw e Jaeger [24], nella quale si definisce un numero di Fourier che mette inrelazione il tempo durante il quale avviene lo scambio termico con il diametro esternodella sonda e la diffusività del terreno a, come segue:

(4.2)Si ipotizza che un sistema di questo tipo subisca principalmente tre impulsi di

flusso termico (heat pulse), relativi ai seguenti periodi di tempo: 10 anni (qa), 1 mese

(qm) e 6 ore (qd). L’espressione (4.2), riscritta per ciascuno dei periodi di tempo

menzionati diventa:

(4.3a)

(4.3b)

(4.3c)dove:τ1 = 3650 ⋅ 86400 [s] (4.4a)τ2 = (3650 + 30) ⋅ 86400 = 3680 ⋅ 86400 [s] (4.4b)τf = (3650 + 30 + 0.25) ⋅ 86400 = 3680.25 ⋅ 86400 [s] (4.4c)

Le resistenze per unità di lunghezza vengono calcolate in base alle seguentiequazioni:

(4.5a)

(4.5b)

(4.5c)

dove λs è la conduttività termica del sottosuolo mentre i parametri G (in letteraturadenominati G-factor) vengono desunti dalla figura 4.1.

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Figura 4.1 – Parametro G in funzione del numero di Fourier per sorgente termica a geometria cilindrica [6]

Nel caso, non infrequente, in cui sia necessario disporre più di uno scambiatore aterreno, costituendo così un campo di sonde geotermiche, occorre calcolare l’effetto dipenalizzazione dovuto alla reciproca interferenza tra le sonde. Ingersoll utilizza unafunzione I(X), basata sul parametro X così definito:

(4.6)

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essendo α la diffusività del terreno, mentre I(X) assume l’espressione (valida per X<0.2):

(4.7)

ovvero viene calcolata in base alla figura 4.2.

Figura 4.2 – Determinazione della funzione I(X) per il calcolo della temperatura di penalizzazione [6]

Gli altri metodi sono l’evoluzione e lo sviluppo del primo, e si distinguono tra loroper la diversità di formulazione delle funzioni G = G(Fo) e I = I(X), sempre ottenuterisolvendo le equazioni delle linee di sorgente di Kelvin con opportune approssimazionie assunzioni. Tali funzioni interpretano il comportamento termico del terreno nel tempo[6, 9] e permettono quindi di determinare le resistenze del terreno riferite ai vari periodidi tempo, come prima descritto.

Altri modelli di simulazione del fenomeno, alcuni dei quali ancora in fase disperimentazione, sono [9]:1. Modello di Eskilson;2. Modello di Hellstrom;3. Modello di Thornton;4. Modello di Mei ed Emerson;5. Modello di Muraya;6. Modello di Rottmayer, Beckman e Mitchell;7. Modello di Shonder e Beck.

Tutti i metodi numerici elencati si basano sull’equazione generale della conduzione

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mediante opportuni aggiustamenti e semplificazioni che non comportano errori signifi-cativi sul medio e lungo periodo di indagine, mentre per finestre temporali inferiori aqualche settimana gli effetti locali sulla sonda e l’influenza della geometria della stessaportano a risultati non propriamente corretti.

Un’efficace soluzione per ovviare a questi limiti è il ricorso a metodi numerici cheutilizzano direttamente le relazioni di conduzione termica nell’intorno della sonda, inquanto sono in grado di considerare correttamente la geometria e di dare risultati piùattendibili sul breve periodo. Tali metodi presentano d’altra parte lo svantaggio di essereonerosi dal punto di vista computazionale, ma questo limite è oggi facilmente superabilecon le attuali tecnologie informatiche.

Si analizzano sommariamente di seguito i sette modelli sopraccitati, il modelloASHRAE, il modello a capacità e resistenze sviluppato dagli autori e i modelli offerti daTRNSYS:

Modello di Eskilson [10]

Sviluppato nel 1987, si propone di determinare la temperatura in un campo disonde utilizzando parametri di temperatura adimensionali detti g-functions. Questi valorivengono calcolati con un processo iterativo a due passaggi. Inizialmente, con un modellobidimensionale (radiale ed assiale), si esegue una simulazione alle differenze finite perdeterminare la risposta (funzione di impulso termico) di una singola sonda. La resistenzae la capacità del getto e dei tubi della sonda devono essere calcolati separatamente e poiintrodotti nel modello. Successivamente, utilizzando la risposta termica di una singolasonda e nota la griglia (disposizione spaziale) delle sonde, si determina la rispostatermica del campo di sonde in esame e quindi la g-function complessiva del campo, chetrasformata in parametro dimensionale porge i risultati voluti.

Il modello fornisce anche il calore scambiato e i profili di temperatura sia spazialiche temporali.

Il metodo di Eskilson valuta il flusso termico sul lungo periodo (25 anni), nonconsidera la geometria locale della sonda e non dà indicazioni sul breve periodo.Esistono evoluzioni di questo modello, ad opera di Yavuzturk [9], che considerano inqualche modo la geometria locale e la risposta sui brevi periodi.

Modello di Hellstrom [11]

Sviluppato nel 1991, considera l’accumulo stagionale del calore nella porzione diterreno circostante la sonda. Può considerare o meno la presenza della pompa di calore.

Il modello suddivide il volume di terreno in due regioni: una locale, prossima allesonde, e una più lontana. Nella prima, la differenza di temperatura tra fluidotermovettore e terreno è espressa in funzione del flusso termico, del calore già scambiatoo accumulato (nel tempo trascorso dall’inizio della simulazione), della resistenza delterreno e del tipo di fluido. Questa parte del modello riguarda soprattutto la risposta sulbreve periodo. Nel lungo periodo la regione locale accumula una quantità tale di caloreda provocare un gradiente termico tra essa e la zona lontana, perciò tra queste due regioni

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si ha un flusso termico che non viene considerato accumulato, bensì disperso. Insostanza la regione locale scambia ed accumula calore, quella lontana scambia edisperde calore senza accumularlo.

L’analisi dei flussi termici viene eseguita componendo questi ultimi in tre parti:calore disperso in modo continuo, calore immagazzinato e calore disperso periodi-camente. Il primo flusso può essere valutato dopo diversi anni di funzionamento, nelmomento in cui il campo termico si è stabilizzato, in quanto non si trova più in unasituazione transitoria nel lungo periodo (flusso di carattere annuale).

Il primo passo della simulazione consiste nel fissare tre salti termici tra le regioniin cui è suddiviso il terreno: differenza di temperatura globale (tra sonda e regionelontana), differenza di temperatura locale (tra sonda e regione locale) e differenza ditemperatura che fornisce il flusso di calore disperso in modo continuo. Successivamentela temperatura del sottosuolo viene calcolata per ogni gradino incremento temporaleattraverso la combinazione dei flussi termici ottenuti nel modo sopra descritto.

Il modello numerico in ambito complessivo utilizza uno schema bidimensionale(radiale ed assiale) alle differenze finite, mentre la regione locale di accumulo vienesuddivisa attraverso una discretizzazione (mesh) monodimensionale (radiale) in sub-aree.

Il modello di Hellstrom non è adatto per un’indagine sul lungo periodo e la grigliae la disposizione delle sonde sono assunte molto fitte, pertanto esso non è adatto a grigliepiù rade dove non si può più considerare il terreno circostante le sonde come un’unicaregione locale che le interessi tutte.

Modello di Thornton [12]

Sviluppato nel 1997, utilizza il modello di Hellstrom e lo adatta ad unità abitativemonofamiliari intervenendo su alcuni parametri. E’ stato poi implementato comesubroutine del programma di simulazione TRNSYS, di cui si tratterá nel prosieguo delcapitolo.

Modello di Mei ed Emerson [13]

Sviluppato nel 1985, è un modello numerico adatto a sonde orizzontali a spirale einclude anche il comportamento del terreno gelato. Utilizza uno schema alle differenzefinite per risolvere tre equazioni differenziali monodimensionali descriventi laconduzione radiale attraverso il tubo, attraverso la regione gelata e la zona più lontananon gelata. Il modello utilizza step temporali diversi per le tre regioni appena descritte.

Modello di Muraya [14]

Sviluppato nel 1996, utilizzando un modello agli elementi finiti valuta l’inter-ferenza termica tra i tubi con disposizione a “U” (U-tube), note le proprietà del terreno,del getto, il calore disperso, la geometria della sonda, la griglia di sonde, la temperaturadel fluido in ingresso e in uscita e quella del terreno indisturbato.

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Modello di Rottmayer, Beckman e Mitchell [15]

Sviluppato nel 1997, utilizza la tecnica delle differenze finite per costruire unmodello numerico della sonda di tipo U-tube. Si utilizza una griglia polare a cui siapplicano le formulazioni delle differenze finite bidimensionali per calcolare il calorescambiato radialmente per sezioni cilindriche di 3 metri di altezza. La conduzione indirezione verticale viene trascurata, ma ogni sezione viene accoppiata alle adiacentiattraverso le condizioni al contorno formando così un modello quasi tridimensionale.Attraverso alcuni fattori geometrici è possibile variare le proprietà del getto, del terrenoe del fluido.

Modello di Shonder e Beck [16]

Sviluppato nel 1999, è un modello monodimensionale che rappresenta le sondetipo ad U come un unico tubo di diametro equivalente avvolto in un ricoprimento dideterminato spessore, che simula la resistenza e la capacità termica della sonda. Con taleassunzione si possono calcolare i flussi termici attraverso le varie superfici ponendo leopportune condizioni al contorno in senso radiale (condizioni derivanti dal terrenoindisturbato) e accoppiando le varie sezioni cilindriche con le condizioni al contorno insenso assiale. Questo metodo è adatto principalmente a calcolare le proprietà termichedel sottosuolo.

Il metodo ASHRAE

Attualmente l’ASHRAE [6] prevede una procedura di calcolo che utilizza ilmetodo sviluppato da Ingersoll nel 1954 e ripreso ed implementato da Kavanaugh eRafferty nel 1997.

La (4.1), modificata da Ingersoll, Kavanaugh e Rafferty diventa:

(4.8)

(4.9)

dove i pedici “c” e “h” indicano il funzionamento estivo (cooling) ed invernale (heating) e:Lc, Lh sono le lunghezze di perforazione necessarie rispettivamente per raffrescare

(cooling) e riscaldare (heating) l’edificio;qa è il flusso termico scambiato con il sottosuolo in un anno;

qlc, qlh sono i carichi di progetto (di picco) necessari per raffrescare (qlc<0) e riscaldare

(qlh>0) l’edificio;

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Sviluppi nelle pompe di calore: il terreno come sorgente termica298

W�c, W�h sono le potenze elettriche assorbite dal compressore della pompa di calore incorrispondenza del carico di progetto;

PLFm è il “fattore di carico/parzializzazione” mensile;

Fsc è il fattore di perdita legato al possibile cortocircuito termico in sonda tra tubo di

mandata e di ritorno;tg è la temperatura del sottosuolo non influenzato dalla presenza della sonda;

tp è la temperatura di penalizzazione (>0 in inverno (pedice h) e <0 in estate (pedice

c)), che indica la reciproca influenza termica tra le sonde attraverso il terreno;twi, two sono le temperature del fluido entrante ed uscente dalle sonde geotermiche nei

due casi estivo (pedice c ) e invernale (pedice h);Rb è la resistenza equivalente della sonda, tra fluido e bordo sonda, (superficie

esterna della sonda) per unità di lunghezza della sonda;Rga è la resistenza termica per unità di lunghezza riferita ad un periodo di tempo di

uno o più anni;Rgm è la resistenza termica per unità di lunghezza riferita ad un periodo di tempo di

un mese;Rgd è la resistenza termica per unità di lunghezza riferita ad un periodo di tempo di

un giorno.

La resistenza termica per unità di lunghezza fra fluido e terreno in corrispondenzadella superficie esterna della sonda, (Rb) può essere considerata costante rispetto alla

resistenza termica del terreno, poiché il fluido termovettore, le tubazioni e il getto hannoun’inerzia termica molto piccola rispetto al terreno circostante.

I termini Rga, Rgm, Rgd si riferiscono al terreno circostante il foro e corrispondono

al valore assunto dalla resistenza del terreno in particolari momenti del funzionamentodel sistema, ovvero quando esso ha raggiunto una certa stabilità nello scambio termiconetto (uno o più anni) per il termine Rga, in corrispondenza dello scambio medio che si

verifica nel mese di progetto (Rgm) oppure nel momento in cui si verifica un picco nelle

ore di progetto (Rgd).

Esistono alcune possibili varianti a tale metodo, basate sul diverso modo di stimarei termini (qlc - W�c) e (qlh - W�h) sulla presenza, o meno, di consistenti movimenti d’acquanel sottosuolo, che sono in grado di asportare o apportare calore al terreno circostante lasonda (per ulteriori dettagli si vedano [6, 17]).

In particolare il modello viene definito come “metodo lungo” se:

(4.10)

(4.11)

dove hh e hc sono le ore in cui sono applicati i carichi termici qlc, qlh e COPc e COPh sono

i coefficienti di prestazione rispettivamente del caso estivo e del caso invernale.

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Il modello è denominato invece “metodo breve” se i due termini (qlc - W�c) e

(qlh - W�h) vengono stimati in base a coefficienti correttivi tabulati in funzione del COP(COPh) e dell’ EER (corrispettivo di COPc espresso in [(Btu/h)/W]):

(4.12)

(4.13)dove:Cfc = f (COPc) e Cfh = f (COPh) sono stimati in base alla tabella V [6].

Tabella V - Fattori di correzione per le pompe di calore nel metodo A.S.H.R.A.E. [6]

Nel caso di presenza nel sottosuolo di acqua in movimento è possibile, con buonaapprossimazione, trascurare l’accumulo termico annuo dovuto al termine qaRga nelle(4.8) e (4.9), semplificando quindi tale equazioni.

Il modello “Capacita’ - Resistenze” [17]

Tale modello, di seguito per brevità denominato “CARM” (acronimo di CapacityResistance Model), è stato recentemente sviluppato presso il Dipartimento di Fisica Tecnicadell’Università di Padova e consente di simulare un impianto formato da una pompa di caloregeotermica, da un sistema di integrazione termica ausiliario invernale e da un campo di sondegeotermiche verticali costituente un accumulo termico a terreno (figura 4.3).

Figura 4.3 – Sistema simulato dal modello CARM

Cooling EER Cfc Heating COP Cfh11 1.31 3.0 0.75

13 1.26 3.5 0.77

15 1.23 4.0 0.80

17 1.20 4.5 0.82

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Il terreno viene suddiviso in cilindri concentrici aventi per asse la sonda geotermicaverticale. Ogni cilindro ha un’altezza pari a quella della rispettiva sonda e un raggiomassimo fissato in modo tale da includere il sottosuolo che si ritiene sia interessato dallevariazioni termiche. Ogni zona del terreno così delimitata necessita di una modelliz-zazione matematica per poter permettere una descrizione analitica del suo compor-tamento in relazione al resto dell’impianto. A questo scopo i cilindri vengono suddivisiin m dischi di altezza ∆z, ed ogni disco viene a sua volta suddiviso in n corone circolariconcentriche. Si ottengono in questo modo m x n porzioni di terreno. Il numero el’altezza dei dischi vengono fissati in modo tale da seguire il più possibile la stratigrafiadel sottosuolo, mentre il numero di corone e il loro spessore vengono fissati in modo dadiscretizzare in modo più o meno dettagliato il terreno a seconda delle esigenze.

Grazie alla simmetria radiale, ognuna delle m x n porzioni di terreno può esseredescritta, facendo ricorso all’analogia elettrica, come un nodo caratterizzato da unatemperatura, da una capacità termica e da due resistenze che lo collegano radialmente ainodi adiacenti (figura 4.4).

Figura 4.4 – Suddivisione del terreno in m x n nodi

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Il modello appena descritto si può definire quasi-bidimensionale (in base alleclassificazioni riscontrabili in letteratura), in quanto il flusso termico nel terreno èconsiderato come esclusivamente radiale (e quindi monodimensionale), mentreall’interno dei tubi della sonda si ha un flusso termico verticale dovuto al trasporto dimassa.

Per quanto concerne l’interazione termica tra sonde adiacenti si è ipotizzato che lasuperficie equidistante da due sonde adiacenti sia una superficie fittizia adiabatica;questa ipotesi è stata verificata tramite il confronto tra i risultati del modello CARM conquelli del codice di calcolo bidimensionale HEAT2 [18], riportati in figura 4.5. E’ statarilevata una quasi completa corrispondenza dei profili medi di temperatura nel terrenocalcolati con i due metodi (figura 4.6).

Figura 4.5 – Isoterme, direzione ed intensità dei flussi termici nel caso di una sonda con una sola superficieadiabatica fittizia posta a 3.5 m dall’asse della perforazione e percorsa da acqua a 6 °C di temperatura (lasituazione corrisponde a due sonde adiacenti con interasse di 7 m; terreno con λ = 1.93 W/(mK) ) dopo 1000ore di funzionamento [17]

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Figura 4.6 – Confronto delle temperature del terreno calcolate con il codice HEAT2 e con il modello CARM [17]

Come si può notare, nel caso della distanza qui considerata tra sonda e superficieadiabatica, l’ipotesi di flusso monodimensionale non porta a valori diversi da quelli diun codice di calcolo bidimensionale perché la zona del cilindro di terreno influenzatadalla superficie adiabatica fittizia è interessata da flussi termici pressoché trascurabili.

Facendo ricorso a un’opportuna disposizione di superfici fittizie adiabatiche èpossibile simulare un qualsiasi campo di sonde geotermiche, semplicemente assegnandoa ciascuna sonda la relativa tipologia, basata sul numero di sonde circostanti la sonda inesame (sono possibili sei diverse tipologie, a seconda del numero e della disposizionedelle sonde adiacenti come illustrato in figura 4.7).

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Figura 4.7 – Possibili disposizioni relative delle sonde nel programma CARM.[17]

Il sistema di integrazione termica ausiliario invernale può essere posizionato tra lesonde e la pompa di calore geotermica, oppure tra l’edificio e la pompa di calore stessa.Il sistema di integrazione può anche non essere presente, ma diventa quasi semprenecessario qualora si utilizzi acqua semplice come fluido termovettore, per evitarne ilcongelamento.

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Per quanto concerne l’edificio, il codice di calcolo non ne simula il compor-tamento, ma richiede come input la conoscenza dei fabbisogni termici orari di tuttol’anno, fornita generalmente attraverso l’utilizzo di un altro programma di simulazione.

La pompa di calore del modello CARM prevede la possibilità di due livelli ditemperatura del fluido termovettore in uscita verso l’edificio, mentre il COP dellamacchina viene calcolato iterativamente su base oraria in relazione alla temperatura delfluido in arrivo dalle sonde.

Il codice di calcolo ottenuto dal modello CARM appena descritto permette disimulare per diversi anni il comportamento dell’impianto utilizzando opportunesequenze di dati climatici, in modo da ottenere i seguenti dati:- consumi energetici orari e mensili della pompa di calore e del sistema integrativo;- COP medi orari della sola pompa di calore e del sistema complessivo formato dall’in-

tegrazione termica ausiliaria invernale e dalla pompa di calore;- carichi termici massimi che possono essere soddisfatti in base alla taglia della pompa

di calore e del sistema integrativo ausiliario;- temperature medie orarie del fluido termovettore in tutti i punti significativi dell’im-

pianto;- profili di temperatura medi orari nel terreno.Il codice di calcolo è stato recentemente applicato nel progetto di un edificio per uffici,

avente una cubatura di circa 7000 m3 in fase di realizzazione a Padova (figura 4.8).Nelle figure da 4.9 a 4.15 sono riportati alcuni andamenti significativi previsti deiprincipali parametri operativi. Ulteriori dati sul progetto citato sono riportati in [19].

Figura 4.8 –Vista in prospettiva dell’edificio citato [19]

Le simulazioni effettuate sull’edificio hanno utilizzato il TRY (test reference year)di Venezia. In figura 4.9 è riportato l’andamento annuale dell’energia termica fornitadalla macchina operante come pompa di calore nel funzionamento invernale e sottratta

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Sviluppi nelle pompe di calore: il terreno come sorgente termica 305

nel funzionamento estivo dalla macchina operante come refrigeratore; è evidenziatainoltre la moderata quantità di energia termica fornita dal sistema integrativo durante lastagione invernale. In figura 4.10 è riportato l’andamento delle temperature significativedel circuito geotermico nell’arco di tre anni successivi di simulazione, da cui si puòevincere che non vi è alcun effetto di deriva termica del terreno (la disposizione dellesonde è stata concepita per tale finalità). Nella figura 4.11 è riportato l’andamento delCOP del sistema costituito dalla pompa di calore geotermica con integrazione elettricanell’arco di un anno.

Nelle figure 4.12 e 4.13 si possono infine vedere gli effetti nel terreno di unasettimana particolarmente rigida in inverno e una calda in estate, rispettivamente. Si puònotare in particolare che l’impianto ha un’accensione anticipata la domenica alle 13:00e si può anche notare l’effetto dello spegnimento dell’impianto durante il fine settimanache tende a riportare il livello termico allo stesso punto della settimana precedente. Nellasettimana rigida si può notare in particolare l’intervento del sistema di regolazione dellapompa di calore che non permette all’acqua di scendere al di sotto di 3°C.

Figura 4.9 – Energia termica erogata dalla pompa di calore e dal sistema integrativo duranteun anno di esercizio

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Figura 4.10 – Andamento delle temperature del fluido termovettore e del terreno durante tre anni

Figura 4.11 – Andamento del COP del sistema durante un anno

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Figura 4.12 – Profilo tipico settimanale delle temperature invernali

Figura 4.13 – Profilo tipico settimanale delle temperature estive

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Il modello TRNSYS

TRNSYS è un programma modulare di simulazione per sistemi in regimevariabile, da cui il nome, acronimo di “TRaNsient SYstem Simulation”. La modularitàdel programma consente una grande flessibilità operativa, potendo simulare qualsiasitipologia di impianto; per contro è necessaria una certa abilità nell’utilizzo di talestrumento.

Tale programma, sviluppato fin dal 1975 dal Solar Energy Laboratorydell’Universitá del Wisconsin – Madison, si compone di sette programmi di utility e diun certo numero di componenti (subroutine), denominate TYPE, ciascuna delle qualiconsente la simulazione di un determinato apparecchio o macchina presente nell’im-pianto; a titolo di esempio, la TYPE 3 simula una pompa, la TYPE 11 simula una valvolaa tre vie etc. Un cenno particolare merita la TYPE 56, in grado di simulare il compor-tamento di un edificio completo (“multi-room model”) avente le caratteristiche definitedall’utente. Le TYPE vengono collegate tra loro mediante una opportuna procedurarendendo così possibile simulare l’intero sistema edificio – impianto. I dati climaticirelativi alla località in cui si ipotizza situato tale sistema vengono letti da un file esterno,solitamente del tipo TRY (Test Reference Year o anno tipo) [20].

La modellizzazione dell’edificio è basata sul concetto di funzione di trasferimento,che lega una sollecitazione H(τ), applicata ad un sistema fisico in funzione del tempo τ,alla risposta del sistema O(τ), secondo la relazione:

O(τ) = D * H(τ) (4.16)

essendo “*” una particolare convoluzione [21].Il programma viene fornito con una libreria standard di componenti (TYPE),

comprendente gli apparecchi di più comune utilizzo nel settore impiantistico.Naturalmente è possibile creare nuove componenti scrivendone il relativo codice inlinguaggio FORTRAN, oppure inserire le componenti aggiuntive eventualmentedisponibili. E’ disponibile una libreria che consente di simulare il comportamento degliscambiatori di calore a terreno. La variazione della temperatura nel terreno vienesimulata in base alla relazione di Kusuda [22], in funzione del periodo dell’anno e dellaprofondità; questo modulo è denominato “Ground temperature model” e costituisce labase degli altri moduli contenuti in tale libreria.

Si possono simulare le seguenti tipologie di scambiatori di calore a terreno:a) tubo interrato, disposizione orizzontale, senza accumulo di calore (può essere

utilizzato anche per simulare i collettori di adduzione agli scambiatori verticali);b) sonde lineari a disposizione orizzontale, con accumulo di calore (non viene

considerata la reciproca influenza di più scambiatori di questo tipo, posti vicini);c) sonde verticali, del tipo a tubi concentrici (il modello considera la possibilità di

creare un campo di sonde formato da più scambiatori di questo tipo);d) sonde verticali, del tipo a tubi a “U” (come per il punto (c), è possibile simulare un

campo di sonde).Lo scambiatore di cui al punto (b) viene simulato ricorrendo ad un modello messo

a punto presso Oak Ridge National Laboratories (Tennessee,USA), mentre il modello

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per i tipi (c) e (d) è stato sviluppato presso l’Università di Lund (Svezia) [23]. In tutti icasi, è necessario conoscere le proprietà del terreno in cui viene effettuata laperforazione, la disposizione del campo di sonde, le condizioni iniziali e la temperaturadel terreno in superficie. I risultati ottenibili sono il bilancio termico e la temperatura delfluido in uscita dalle sonde.

Un altro modulo permette di simulare il comportamento della pompa di calore,consentendo il collegamento ad una tabella di prestazioni fornita dal costruttore dellamacchina, in modo da prevedere esattamente il comportamento del sistema che saràinstallato.

L’insieme dei moduli appena descritti prende il nome, in letteratura, diTRNSYS–DST, acronimo per “Duct Storage” [23].

Qualora si consideri un accumulo a terreno in presenza di consistenti quantità diacqua, si possono utilizzare altri moduli, messi a punto dal Dipartimento di Energeticadel Politecnico di Milano. Tali moduli sono riportati in letteratura con il nome genericodi “Module for dynamic energy simulation of stratified water – filled storage volume” ea seconda delle geometrie utilizzate sono denominati TRNSYS–MST, TRNSYS–SST,TRNSYS–XST.

5. ASPETTI TECNICO-ECONOMICI

L’adozione di “soluzioni alternative” rispetto a quelle “tradizionali” (caratterizzategeneralmente dalla scelta dei sistemi e componenti impiantistici più semplici edeconomici) implica una maggiore spesa iniziale a fronte di un risparmio nella gestione.

E’ ovvio che la convenienza di una siffatta scelta deve essere sempre analizzata evalutata secondo gli usuali criteri del rapporto costo/benefici.

Nel caso in esame (GSHP) la voce certamente più rilevante è quella del costo dellesonde che attualmente, in Italia, si può stimare tra 40 e 50 e/m, comprensivo diperforazione, fornitura e posa di sonda a doppio U con zavorra in testa, riempimento delforo con miscela bentonitica o equivalente. Per quanto concerne la macchina (pompa dicalore reversibile) occorre stabilire quale sia la soluzione rispetto alla quale valutare ilmaggior o minor onere; nel caso in cui, per esempio, la soluzione qui considerata evitila realizzazione di una centrale termica per il riscaldamento (locale, generatore di calore,camino) e sostituisca un refrigeratore d’acqua condensato ad aria per il raffrescamento,il risparmio complessivo può compensare in parte apprezzabile il costo del campogeotermico.

Più complessa si presenta la valutazione dei risparmi conseguibili. Occorre distinguereanzitutto tra risparmio energetico (in termini di energia primaria) e risparmio economico.

In ogni caso bisogna calcolare preliminarmente i fabbisogni energetici termici efrigoriferi su base annuale e, in rapporto ai COP prevedibili, ricavare l’energia elettricaglobalmente necessaria; a tal fine occorre disporre di un modello di calcolo sufficien-temente preciso che tenga conto delle condizioni climatiche, dei carichi termici interni eovviamente delle caratteristiche dell’edificio.

La complessità della valutazione economica del risparmio nell’esercizio dell’im-pianto deriva dalla situazione estremamente articolata della tariffazione sia dell’energiaelettrica sia del gas.

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Per l’energia elettrica è da segnalare, oltre alle attuali tariffe multiorarie dell’ENELe del mercato libero (per ”clienti idonei” e consorzi), anche la recente tariffa ENELBioraria BT (ore piene invernali, ore piene estive, ore vuote) che con prezzi significati-vamente più bassi nelle ore vuote si presta particolarmente alle tecniche di “peak-shaving” con accumulo notturno precedentemente descritte (per ulteriori dettagli si vedaal sito www.enel.it).

Per quanto concerne il gas (ai fini della valutazione del costo della sorgente dicalore tradizionale) possibili situazioni particolari possono presentarsi nei casi in cuil’utente possa godere della riduzione dell’imposta di consumo, che può mutare sostan-zialmente il confronto rispetto alla pompa di calore azionata da motore elettrico.

6. CONCLUSIONI

Da quanto precedentemente esposto emergono le notevoli possibilità offerte dalterreno come sorgente termica per la climatizzazione.

Nelle applicazioni più semplici, dal punto di vista impiantistico, i metodi di calcoloe i criteri di progettazione attualmente disponibili sono affidabili e ampiamentesuffragati dai numerosissimi impianti operanti all’estero, mentre applicazioni piùcomplesse richiedono l’impiego di adeguati modelli di simulazione e a tale riguardoappare necessario un affinamento di tali strumenti e un solido riscontro mediantemonitoraggi e sperimentazioni.

La convenienza economica dei sistemi GSHP può essere conseguita più facilmentenel caso di funzionamento sia invernale che estivo e una politica di incentivazionepotrebbe facilmente estenderne le applicazioni anche in Italia.

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SIMBOLI E UNITA’ DI MISURA

C Fattore di correzione nel metodo A.S.H.R.A.E. -COP Coefficiente di effetto utile -F Fattore di perdita -L Lunghezza totale della sonda mh Ore di funzionamento/presenza dei carichi hW Potenza elettrica Wq Potenza termica WR Resistenza termica unitaria (m K)/WPLF Fattore di carico/parzializzazione -

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t Temperatura °CT Temperatura assoluta Kx Coordinata spaziale mα (alfa) Diffusività termica m2/sγ (gamma) Costante di smorzamento m-1

λ (lambda) Conduttività termica W/(m K)ω (omega) Pulsazione rad/sτ (tau) Tempo, costante di tempo s

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