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Tempo di Grazia per lo Spirito Tempo di Grazia per lo Spirito Anno 1 Numero 05 2 Ottobre 2010 I vescovi sono «angustiati per l’Italia» ed esprimono «grande sconcerto e acuta pena per discordie personali che, diventando presto pub- bliche, sono andate assu- mendo il contorno di conflitti apparentemente in- sanabili», e si sono fatte «pretesto per bloccare i pen- sieri di un’intera nazione, quasi non ci fossero altre preoccupazioni, altri af- fanni». Con queste parole il presi- dente della Conferenza epi- scopale, cardinale Angelo Bagnasco, ha aperto a Roma i lavori del Consiglio perma- nente della Cei. «Siamo an- gustiati per l’Italia», ha ripetuto Bagnasco, «Na- zione generosa e impegnata, che però non riesce ad amarsi compiutamente, fa- cendo fruttare al meglio sforzi e ingegno; che non si porta a compimento, in par- ticolare in ciò che è pubblico ed è comune». Dopo aver esaminato con acutezza e profondità i mali presenti del paese arriva l’affondo sui cattolici. “Ai cattolici con doti di mente e di cuore diciamo di buttarsi nell’agone, di investire il loro patrimonio di credibi- lità, per rendere più credi- bile tutta la politica. Lasciamo volentieri ai com- petenti il compito di definire i modi di ingaggio e le re- gole proprie della convi- venza. A noi tocca però segnalare come una «città» la si costruisca tutti insieme, dall’alto e dal basso, in una sfida che non scova alibi nella diserzione altrui. Le maturazioni generali hanno bisogno di avanguardie: ognuno deve interrogarsi se è chiamato a un simile com- pito.” Siamo ben lontani dal “non expedit” di Pio IX che impediva ai cattolici di im- pegnarsi nella vita politica della nazione. Ricordo ciò non solo per evidenziare quanta strada è stata fatta dai 150 anni dell’unità d’ Italia, che si compì con la presa di porta Pia ed il volontario esilio del papa, ma anche per sottolineare quanti resi- dui di anticlericalismo e di diffidenza ancora perman- gono. Basti pensare che a margine della sua bellissima relazione il cardinale Bagna- sco sente il dovere di preci- sare: “ Cambiare si può. Le famiglie reagiscono, le per- sone crescono, e anche la collettività può farlo nella misura in cui comprende che l’esito di progresso di- venta pane condiviso. E bi- sogna far presto! Il nostro vigoroso invito a rilevare la raffrontata alla sottomissione to- tale ad una Chiesa delle cui de- bolezze era consapevole. E ancora: come conciliare la sua attitudine non violenta con il grande rigore che emerge nel suo Testamento verso i fratelli disobbedienti o devianti ? Il fatto è che pur sottomettendosi all’autorità della Chiesa, France- sco spinse fino ai limiti del pos- sibile i margini di autonomia, di libertà e di differenza. Francesco diede una sua completa autenti- cità ad una nuova figura di cri- stiano, il “laico religioso”. È stato detto che Francesco rap- presenta un “alter Christus”: in effetti il suo ideale era essere come Gesù. La prima Beatitu- dine - Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3) - ha trovato una lumi- nosa realizzazione nella vita e nelle parole di san Francesco, che ha amato la povertà per se- guire Cristo con dedizione e li- bertà totali. Per capire San Francesco, oc- corre guardare al tempo in cui egli visse e di cui fu il testimone eccezionale. Non dissimilmente dalle grandi ondate di esplosione urbana del XIX e XX secolo, a partire dall’anno mille ha inizio in Oc- cidente un grande sviluppo de- mografico ed economico, con un conseguente fenomeno di urba- nizzazione. La città - e non più il castello o il monastero - di- venta il centro del potere, il luogo principale in cui avven- gono transazioni economiche che esigono sempre più il ri- corso al denaro, alla moneta. La disuguaglianza tra le persone non si fonda più sulla nascita e sul sangue, ma sulla fortuna im- mobiliare e mobiliare, sulla pro- prietà del suolo o degli immobili urbani, di censi e rendite, di de- naro. La speranza di un presente migliore di quello offerto dalle campagne, riempie le città di uomini e donne sradicati, poveri. La Chiesa è impegnata, attra- verso le sue strutture, in un la- voro di “adeguamento” ma non riesce ad “intercettare” il mondo che si muove più velocemente di lei. Subisce anche molteplici scacchi: la crociata, per esem- pio, non suscita più gli entusia- smi di un tempo ed è impotente contro i musulmani; e poi c’è la lotta all’eresia. Francesco, davanti a questi mu- tamenti, rinnova profondamente la vita della Chiesa, ma rima- nendo attaccato alle cose essen- ziali della Tradizione: i sacrame- nti e l’amore ai poveri. Francesco fa della povertà il suo valore spirituale supremo, in contrasto con l’accumulazione di beni terreni da parte della Chiesa e dei fedeli. Se nella po- vertà, come nella natura, Fran- cesco vede la presenza di Dio, nello stesso tempo gli è chiaro che l’incontro fra Dio e l’uomo si può realizzare efficacemente e pienamente solo per mezzo dei NICOLA CARACCIOLO Francesco fu canonizzato meno di due anni dopo la sua morte, il 16 luglio 1230: caso pratica- mente unico nella storia, reso possibile perché voluto dallo stesso pontefice, Gregorio IX, che, avendo compreso quale fosse la forza dirompente del messaggio di Francesco per la stessa Chiesa, desiderava cana- lizzarlo. La situazione della Chiesa in quel tempo era drammatica e in- quietante: una fede superficiale, un clero poco zelante; la distru- zione interiore della Chiesa comportava anche una decom- posizione dell’unità, con la na- scita di movimenti ereticali. Sarebbe un errore ridurre il Po- verello di Assisi ad una lettura lineare, perché lui stesso ha as- sunto posizioni a volte contrad- dittorie: la forte coscienza di essere chiamato da Dio per svol- gere una missione particolare va “Và, Francesco, e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina” San Francesco d’Assisi San Francesco d’Assisi La forza dirompente del messaggio del Poverello che salvò la Chiesa ANTONIO CASALE “EXPEDIT!” CAMBIARE SI PUO’ Sacramenti. Francesco pensa che ci sia un assoluto bisogno dei preti proprio perché sono chiamati a dare i Sacramenti, anche se non sono dei “buoni preti”. La Chiesa, persino se è corrotta resta la “mater”, la madre, e dunque non la si può abbandonare. Bisogna invece aiutarla a riformarsi dall’interno. L’uomo che esce dalla Chiesa – e l’eresia è un modo di uscire dalla Chiesa – è un uomo che ha perso Dio. Perdere la Chiesa probabilmente non sarebbe così importante, se essa non fosse l’intermediaria, attraverso i sa- cramenti, fra l’uomo e Dio. Nel 1219 Francesco ottenne il permesso di recarsi a parlare, in Egitto, con il sultano musul- mano Melek-el-Kâmel, per pre- dicare anche lì il Vangelo di Gesù. In un’epoca in cui era in atto uno scontro tra il Cristiane- simo e l’Islam, Francesco, ar- EDITORIALE CONTINUA A PAG 2

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TempodiGraziaper loSpirito

TempodiGraziaper loSpirito

Anno 1 Numero 05 2 Ottobre 2010

I vescovi sono «angustiatiper l’Italia» ed esprimono«grande sconcerto e acutapena per discordie personaliche, diventando presto pub-bliche, sono andate assu-mendo il contorno diconflitti apparentemente in-sanabili», e si sono fatte«pretesto per bloccare i pen-sieri di un’intera nazione,quasi non ci fossero altrepreoccupazioni, altri af-fanni». Con queste parole il presi-dente della Conferenza epi-scopale, cardinale AngeloBagnasco, ha aperto a Romai lavori del Consiglio perma-nente della Cei. «Siamo an-gustiati per l’Italia», haripetuto Bagnasco, «Na-zione generosa e impegnata,che però non riesce adamarsi compiutamente, fa-cendo fruttare al megliosforzi e ingegno; che non siporta a compimento, in par-ticolare in ciò che è pubblicoed è comune».Dopo aver esaminato conacutezza e profondità i malipresenti del paese arrival’affondo sui cattolici. “Aicattolici con doti di mente edi cuore diciamo di buttarsinell’agone, di investire illoro patrimonio di credibi-lità, per rendere più credi-bile tutta la politica.Lasciamo volentieri ai com-petenti il compito di definirei modi di ingaggio e le re-gole proprie della convi-venza. A noi tocca peròsegnalare come una «città»la si costruisca tutti insieme,dall’alto e dal basso, in unasfida che non scova alibinella diserzione altrui. Lematurazioni generali hannobisogno di avanguardie:ognuno deve interrogarsi seè chiamato a un simile com-pito.” Siamo ben lontani dal“non expedit” di Pio IX cheimpediva ai cattolici di im-pegnarsi nella vita politicadella nazione. Ricordo ciònon solo per evidenziarequanta strada è stata fatta dai150 anni dell’unità d’ Italia,che si compì con la presa diporta Pia ed il volontarioesilio del papa, ma ancheper sottolineare quanti resi-dui di anticlericalismo e didiffidenza ancora perman-gono. Basti pensare che amargine della sua bellissimarelazione il cardinale Bagna-sco sente il dovere di preci-sare: “ Cambiare si può. Lefamiglie reagiscono, le per-sone crescono, e anche lacollettività può farlo nellamisura in cui comprendeche l’esito di progresso di-venta pane condiviso. E bi-sogna far presto! Il nostrovigoroso invito a rilevare la

raffrontata alla sottomissione to-tale ad una Chiesa delle cui de-bolezze era consapevole. Eancora: come conciliare la suaattitudine non violenta con ilgrande rigore che emerge nelsuo Testamento verso i fratellidisobbedienti o devianti ? Ilfatto è che pur sottomettendosiall’autorità della Chiesa, France-sco spinse fino ai limiti del pos-sibile i margini di autonomia, dilibertà e di differenza. Francescodiede una sua completa autenti-cità ad una nuova figura di cri-stiano, il “laico religioso”. È stato detto che Francesco rap-presenta un “alter Christus”: ineffetti il suo ideale era esserecome Gesù. La prima Beatitu-dine - Beati i poveri in spiritoperché di essi è il regno dei cieli(Mt 5,3) - ha trovato una lumi-nosa realizzazione nella vita enelle parole di san Francesco,che ha amato la povertà per se-guire Cristo con dedizione e li-bertà totali.

Per capire San Francesco, oc-corre guardare al tempo in cuiegli visse e di cui fu il testimoneeccezionale.Non dissimilmente dalle grandiondate di esplosione urbana delXIX e XX secolo, a partiredall’anno mille ha inizio in Oc-cidente un grande sviluppo de-mografico ed economico, con unconseguente fenomeno di urba-nizzazione. La città - e non piùil castello o il monastero - di-venta il centro del potere, illuogo principale in cui avven-gono transazioni economicheche esigono sempre più il ri-corso al denaro, alla moneta. Ladisuguaglianza tra le personenon si fonda più sulla nascita esul sangue, ma sulla fortuna im-mobiliare e mobiliare, sulla pro-prietà del suolo o degli immobiliurbani, di censi e rendite, di de-naro. La speranza di un presentemigliore di quello offerto dallecampagne, riempie le città diuomini e donne sradicati, poveri.

La Chiesa è impegnata, attra-verso le sue strutture, in un la-voro di “adeguamento” ma nonriesce ad “intercettare” il mondoche si muove più velocemente dilei. Subisce anche moltepliciscacchi: la crociata, per esem-pio, non suscita più gli entusia-smi di un tempo ed è impotentecontro i musulmani; e poi c’è lalotta all’eresia.Francesco, davanti a questi mu-tamenti, rinnova profondamentela vita della Chiesa, ma rima-nendo attaccato alle cose essen-ziali della Tradizione: i sacrame-nti e l’amore ai poveri. Francesco fa della povertà il suovalore spirituale supremo, incontrasto con l’accumulazionedi beni terreni da parte dellaChiesa e dei fedeli. Se nella po-vertà, come nella natura, Fran-cesco vede la presenza di Dio,nello stesso tempo gli è chiaroche l’incontro fra Dio e l’uomosi può realizzare efficacemente epienamente solo per mezzo dei

NICOLA CARACCIOLO

Francesco fu canonizzato menodi due anni dopo la sua morte, il16 luglio 1230: caso pratica-mente unico nella storia, resopossibile perché voluto dallostesso pontefice, Gregorio IX,che, avendo compreso qualefosse la forza dirompente delmessaggio di Francesco per lastessa Chiesa, desiderava cana-lizzarlo.La situazione della Chiesa inquel tempo era drammatica e in-quietante: una fede superficiale,un clero poco zelante; la distru-zione interiore della Chiesacomportava anche una decom-posizione dell’unità, con la na-scita di movimenti ereticali.Sarebbe un errore ridurre il Po-verello di Assisi ad una letturalineare, perché lui stesso ha as-sunto posizioni a volte contrad-dittorie: la forte coscienza diessere chiamato da Dio per svol-gere una missione particolare va

“Và, Francesco, e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina”

San Francesco d’AssisiSan Francesco d’AssisiLa forza dirompente del messaggio del Poverello che salvò la Chiesa

ANTONIO CASALE

“EXPEDIT!”

CAMBIARE SI PUO’

Sacramenti. Francesco pensache ci sia un assoluto bisognodei preti proprio perché sonochiamati a dare i Sacramenti,anche se non sono dei “buonipreti”. La Chiesa, persino se ècorrotta resta la “mater”, lamadre, e dunque non la si puòabbandonare. Bisogna inveceaiutarla a riformarsi dall’interno.L’uomo che esce dalla Chiesa –e l’eresia è un modo di usciredalla Chiesa – è un uomo che haperso Dio. Perdere la Chiesaprobabilmente non sarebbe cosìimportante, se essa non fossel’intermediaria, attraverso i sa-cramenti, fra l’uomo e Dio. Nel 1219 Francesco ottenne ilpermesso di recarsi a parlare, inEgitto, con il sultano musul-mano Melek-el-Kâmel, per pre-dicare anche lì il Vangelo diGesù. In un’epoca in cui era inatto uno scontro tra il Cristiane-simo e l’Islam, Francesco, ar-

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mento del sangue di san Gen-naro si rinnova il ricordo vivo el’esempio di tanti uomini edonne che, dalle origini del Cri-stianesimo fino ai giorni nostri,in ogni parte del mondo, hannodonato e donano la vita per ilprogresso della comunità umanae per la propagazione del lietomessaggio evangelico.

moralità intrinseca ai pro-cessi di innovazione non na-sconde alcun conformismo.Lo facciamo non per un’ideaesorbitante del nostro ruolo,ma per il comandamento cheimpone anche a noi di amareDio sopra ogni cosa, e in-sieme – ma è solo l’altra fac-cia della medaglia – didifendere chi è indifeso, siache si veda sia che non siveda ancora.” In un tempoin cui tutti parlano di tutto ein cui un ministro della re-pubblica si permette di iro-nizzare sulla sigla SPQRtraducendola in “sono porciquesti romani” , battuta chenon fa ridere più nemmeno ibambini delle elementari, lavoce pacata, dolce e raffinatadel Cardinale Bagnasco è unbalsamo di civiltà che nonesorbita affatto dal ruolo chealcuni vorrebbero affibbiarealla chiesa. E questo qual-cuno, a volte, sono proprio icattolici stessi che non rie-scono più a trovare la forzaed il coraggio di buttarsi nel-l’agone rifugiandosi in un in-differentismo religioso epolitico senza futuro. Chepiaccia o no La Chiesa in Ita-lia è ancora una forza inso-stituibile e necessaria,soprattutto in questi mo-menti di crisi e di smarri-mento. Solo essa può ancoradirci parole antiche e semprenuove capaci di realizzarequella speranza di cambia-mento che a volte sembra unsogno. Lo stesso sogno concui il cardinale conclude lasua prolusione: “In una re-cente occasione mi ero per-messo di confidare un«sogno», di quelli che sifanno ad occhi aperti: ossiache, senza disconoscerequanto di positivo già c’è, emagari con la cooperazionescaturente dalle esperienzepresenti sul campo, possasorgere una generazionenuova di italiani e di catto-lici che sentono la cosa pub-blica come fatto importantee decisivo, che credono fer-mamente nella politica comeforma di carità autenticaperché volta a segnare il de-stino di tutti. “

ATTUALITA’

San Gennaro...“pensàc’ tu!”San Gennaro...“pensàc’ tu!”Il miracolo t ra Scienza e Fede

mente atteso dai fedeli: il primosabato di maggio, il 16 dicembree, per appunto il 19 settembre.Da sempre associato a presagilieti o funesti, l’evento ha altret-tanto spesso alimentato vivacidibattiti, puntualmente attutitidal fervore della devozione chesi perpetua nel tempo, nono-stante i pressanti dubbi dellascienza e della ragione.Le prime testimonianze dell’evento risalgono al 1329, benchéil prodigio si sia verificato per laprima volta nel V secolo, allor-quando una pia donna, in occa-sione della traslazione dellespoglie del Santo da Pozzuoli aNapoli, consegnò all’ arcive-scovo due teche contenenti ilsangue del martire Gennaro.Ma chi era quest’uomo? Le cro-nache ce lo dipingono come unuomo dalla vita difficile: natopovero e rimasto orfano dimadre, si guadagnava da vivere

ANGELA RICCIARDI

Si è ripetuto, alle 9,22 del 19 set-tembre 2010, il prodigio delloscioglimento del sangue di SanGennaro: le centinaia di fedeli,che fin dalle prime ore delgiorno affollavano il Duomo diNapoli, hanno accolto festosil’annuncio del Cardinale Cre-scenzio Sepe.Sono ben tre in un anno i giorniin cui il fenomeno viene devota-

RAFFAELLA BOCCIA

Facendo seguito al racconto diFrancesca Capitelli della scorsasettimana, avendo raccolto unpo’ di sensazioni e di considera-zioni da parte di qualche suo in-segnante, mi è sembrataparticolarmente significatival’esperienza della professoressadi Scienze, Angela Pezzella,quando si è trovata di fronte alproblema di Francesca. Le hochiesto di raccontarla per il no-stro giornale e lei, con molta di-sponibilità, ha accolto il mioinvito, specialmente in conside-razione del fatto che tali espe-rienze ci aiutano a crescere e amigliorarci, e come le piccolegocce d’acqua che cadendo dicontinuo sulla pietra riescono ascalfirla, così queste piccole im-portanti “perle” possono riu-scire a far cadere le nostre“barriere mentali” che spessosono ancor più insormontabili diquelle architettoniche. Alla pro-fessoressa Pezzella va il nostroGRAZIE e la nostra ricono-scenza e Le auguriamo di poterfare ancora tanto Bene aglialunni in difficoltà attraverso ilsuo atteggiamento amorevole eaccogliente!

“E’ frequente che un insegnanteabbia una classe dove è presenteuno studente portatore di handi-cap. Deficit motori, visivi o au-ditivi, ritardo mentale.Situazioni diverse, interventieducativi diversi. In genere li in-contri per la prima volta ed

hanno in tasca già una diagnosiche si portano come un corredodalla scuola elementare e media.Leggi e cerchi di decifrare i pa-roloni dei medici. Decidi comecomportarti. Non è stato così ilprimo incontro con Francesca.Capelli lunghi con frontino, spi-gliata e sorridente con il suogruppetto di compagne-amicheprovenienti dalla stessa classedella scuola media. Nel giro dipochi giorni socializza con tuttigli altri. Trascorre il primo annodi liceo tra compiti, interroga-zioni, le solite lamentele di noiinsegnanti ai genitori “Per le suecapacità potrebbe renderemolto”, “ Si deve impegnare dipiù”. Finalmente giugno. Fran-cesca è promossa. Buone va-canze. Arrivederci a settembre.

mato volutamente solo dellasua fede e della sua mitezzapersonale, percorse con effi-cacia la via del dialogo: unmodello al quale anche oggidovrebbero ispirarsi i rap-porti tra cristiani e musul-mani. E’ di particolare interesse latestimonianza del grande sto-rico medievalista Le Goff :“Pur non essendo personal-mente né praticante né cre-dente, ammiro il modo in cuila Chiesa è sempre salvata daqualche suo figlio. Mi sem-bra che proprio la presenza diquesti figli, come Francesco,nella storia della Chiesa per-metta al cristiano di crederenello Spirito Santo”. San Francesco è l’esempiomirabile di un uomo apertoverso la nuova società, contutti i suoi mali e le sue con-traddizioni. Egli è un uomoche osserva con amore e sim-patia gli uomini della suaepoca, pieni allo stessotempo di peccati e di bellezzacreaturale. Ma, nel medesimomomento, predica anche la“resistenza” nei confronti dichi auspica una cattiva evolu-zione delle cose, e in partico-lare nei riguardi di chidesidera e lavora per una vit-toria del “regno del denaro”.Quante analogie tra questoperiodo del Medioevo e il no-stro: anche noi vediamo il po-tere del denaro diveniresempre più forte e più deci-sivo nella formulazione del-l’identità delle persone!Quando ero ragazzino ri-cordo bene che, appena pochigiorni dopo l’inizio dellascuola, subito arrivava ungiorno di festa (ormai abo-lito) in cui si celebrava S.Francesco d’Assisi patronod’Italia. Strana scuola quelladel nostro Paese, che concedevacanza per festeggiare Hal-loween e “cancella” la festadi un grandissimo modello divita. Se la società si forma suibanchi di scuola ….

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SAN FRANCESCO D’ASSISI

Scuola e handicap

Un’esperienza par t icolareUn’esperienza par t icolareRacconto di esper ienze che aiutano a crescere e migl iorare

umilmente, come guardiano diporci. Affascinato dalla predica-zione di un eremita decise di se-guirlo. Percorse tutti i gradinidella vita cristiana, divenendoinfine vescovo di Benevento.Morì martire e fervente nella te-stimonianza della fede, cometanti cristiani dei primi secoli,nell’ anfiteatro di Pozzuoli.Il suo martirio - e quello di tantialtri cristiani - lungi dal soffo-care il sentimento religioso e lafede cristiana, la accrebbe enor-memente,tanto è vero che Ter-tulliano sfidando ed irridendo ilsistema delle persecuzioni ebbea dire: ”il sangue dei cristiani èseme di nuovi cristiani”. Vale adire: da ogni goccia di sangueversato non muore, viceversanasce e si moltiplica la fede. E’ forse questo il messaggio chepromana dal prodigio di cui i fe-deli sono ancor’oggi, nel 2010,ferventi testimoni: nello sciogli-

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“EXPEDIT!”

CAMBIARE SI PUO’

Nuovo anno scolastico, rientroin classe. Per più giorni, distrat-tamente, scrivo il cognome diFrancesca tra gli assenti. Sonodiventati tanti i giorni! “MaFrancesca ha cambiato scuola?”.Non c’è risposta. Alzo losguardo e mi trovo davanti tantiocchi velati. “Cosa succede?” Ilracconto va avanti per tuttal’ora. A giugno alcuni malori,poi le indagini, le analisi, la dia-gnosi e l’intervento chirurgicod’urgenza. Un intervento allatesta, molto delicato. “Adessocome sta?”.Il post operatorio procede abba-stanza bene, ma lei non reagisce,non vuole. Commozione, incre-dulità e rabbia mi accompa-gnano per diverse ore. Di notteflashback continui. “Forse quel

giorno, quando si èappoggiata con latesta sul banco giànon si sentivabene?”. “Forse quelgiorno quando mi hadetto di non aver po-tuto studiare, già av-vertiva qualcosa?”.Troppi forse!“Ragazzi dobbiamofare qualcosa”. Ilgiorno dopo tutti a la-voro. Mandiamomessaggi, individualie di gruppo. Tante lecose carine scritte daicompagni. Nessunarisposta. Le mandoun messaggio lun-ghissimo dove le ri-cordo la miaesperienza molto si-

mile alla sua. Io ho reagito benee anche lei lo deve fare! Nessunarisposta. Pensiamo di confezio-nare una scatola dove ognunopossa mettere un regalino con unbiglietto. Piena di pupazzi, pelu-che, cuoricini e frasi, l’affidiamoal papà che la consegnerà aFrancesca. Qualche giorno dopoil mio telefonino suona. E’ Fran-cesca che con una vocina soffe-rente e lontana mi dice “grazie”.Sta reagendo molto bene, si stariprendendo. Queste le notizieche arrivano nei giorni succes-sivi. A dicembre Francesca torna acasa. Con tutta la classe vado adaccoglierla. Una serata piena diemozioni, indimenticabile. Fran-cesca ritorna a scuola a gennaio,dopo le vacanze di Natale. Perlei è come una medicina che lafarà stare sempre meglio. Tutti ledanno una mano e lei si fa aiu-tare. Dirigente, compagni e pro-fessori si adeguano ai suoitempi, un tantino più lunghi ri-spetto all’anno precedente. Tutti sono in ansia quando fa levisite di controllo e tutti tiranoun sospiro quando si sa che tuttova per il verso giusto. Francescasi dà da fare anche in attività ex-tracurriculari. Fa parte per treanni della redazione del giorna-lino d’Istituto. Ha scritto di tutto,anche di calcio!Sono passati così quattro anni.Sembra ieri! Ha chiuso un ciclodella sua vita. Adesso può volareda sola, ne è capace!”

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ATTUALITA’Intervis ta a Mons. Riboldi

“Voi s iete luce del mondo”“Voi siete luce del mondo”Una test imonianza appassionata e lucida

Messa il cui tema era “Voi sietela luce” ho colto l’occasione dirivolgere a Mons. Riboldi al-cune domande cui ha rispostocon entusiasmo e semplicità dicuore.

Ecco in calce l’intervista. In riferimento al tema propo-sto per la riflessione comune èinteressante conoscere il suopunto di vista sul senso pro-fondo e autentico dell’essereluce oggi.Se uno riesce ad essere luce vuoldire che ha messo in pratica ilVangelo, uno può sforzarsi di es-sere almeno un lumicino, maspesso non ci si pensa nemmenoper cui oggi ci sono troppe can-dele spente, allora è importante

ASSUNTA MEROLA

Mercoledì scorso nella parroc-chia Santi Filippo e Giacomo èiniziato il nuovo anno pastoralecon la celebrazione delle “Qua-rant’ Ore”. La mattinata di mercoledì è ini-ziata con la celebrazione delleLodi alle 9,30 e d è proseguitacon l’esposizione solenne dellaSantissima Eucarestia. Nella se-rata c’è stata la celebrazionedella Santa Messa presieduta daMons. Antonio Riboldi, vescovoemerito di Acerra. Per quanti non lo conosconomons. Riboldi è nato in Brianzanel 1923 ed è noto per il suo im-pegno a favore della legalità edella giustizia. Ordinato sacer-dote nel 1951, nel 1958 fu in-viato in una parrocchia dellaValle del Belice e si trovò nel1968 a fronteggiare lo statod’emergenza causato dal terre-moto che sconvolse la terra tra-panese, già di per sé segnatadalla piaga della mafia. Il 25gennaio 1978 Paolo VI lo no-minò vescovo della diocesi diAcerra, terra, anch’essa, segnataprofondamente da problemati-che sociali. Oggi Mons. Riboldi è impe-gnato in molte attività di confe-renziere, è Direttore Responsa-bile del mensile Amici dei leb-brosi e inoltre prende parte allarubrica a carattere religioso delGiornale Radio di Radiouno“Ascolta si fa sera.”Dopo la celebrazione della Santa

rinforzare quelle che sono ac-cese , queste candele accesesiete voi.Lei, rivolgendosi ai cattolici hadetto “ I cristiani del Sud” de-vono svegliarsi. Che cosa in-

tende dire conquesta frase?A me pare,stando a Sud dacinquanta anni,che noi subiamotutto senza rea-gire, invece alNord reagisconoalla più piccolacosa, eppurestanno bene, noipossiamo ancheessere presi a pe-date che non di-ciamo nulla. Noisubiamo tanteingiustizie. Fac-cio un esempio,se lei fa un euro-star da ReggioCalabria è unsinghiozzo, que-

sto è per i treni, per gli aerei,questa stessa cosa non può ac-cadere al Nord. Allora perchéqueste differenze? E a chi tocca?Tocca a noi del Sud dare unavoce, in questo tempo non sentouna voce che si faccia sentire.Chiedo scusa se la mia do-

manda appare provocatoria,ma lei crede che l’uomo oggivoglia essere veramente illu-minato, oppure preferisce vi-vere nella situazione esisten-ziale di non senso, d’insoddi-

un grande dono per questa co-munità. Non sempre si incon-trano persone disposte aspogliarsi di tutto, per seguire,sulle orme di San Francesco,uno stile di vita apparentementepovero, ma ricco di un’immensafede che riempie ogni leggeris-simo vuoto. Proprio così, algiorno d’oggi può sembrarestrano, ma Fra Fabio senzapaura di giudizi parte per Assisinel 2004,precisamente inizia il

IVANA BERTONE

Sabato 18 Settembre 2010, nellaBasilica Papale di Santa Mariadegli Angeli In Assisi, si è tenutala professione Solenne di FràFabio Nardelli che assieme adaltri otto ragazzi ha detto persempre “Si”al Signore. La co-munità grazzanisana si è unitaintorno a lui e alla sua famigliaper far festa dinanzi ad una gioiainspiegabile. Frà Fabio è proprio

suo percorso a Monteluco diSpoleto per cominciare l’anno dipostulato e discernere serena-mente se la strada pensata daDio per lui è quella giusta. Dopoun anno esatto a San Damiano(quella che adesso è diventata lasua dimora) vi è la cerimonia divestizione e quindi l’anno di No-viziato, quello che richiede mag-giori sacrifici. Ma è proprio inessi che si fortifica ilcammino,con maggiore atten-zione alla preghiera, al silenzioe alla dedizione continua dei fra-telli. Il vero passo Frà Fabio locompie con la Professione Sem-plice,aggiungendo al cordone itre nodi che stanno ad indicarerispettivamente Povertà,Castitàe Obbedienza e professarequindi, la Regola di vita dei FratiMinori. Dopo questo passo FràFabio comincia il percorso distudi in teologia e viene trasfe-rito a Farneto dove ogni annorinnoverà i suoi voti, e vi rimarràper altri due. Il suo percorso diformazione continuerà a SantaMaria degli Angeli culla delfrancescanesimo e della gio-ventù che ruota intorno a questa

bellissima realtà. Sabato 18.09.10 Frà Fabio,nelle mani del Mnistro Po-vinciale Padre Bruno Ottaviha emesso i suoi voti so-lenni circondato dall’affettodei suoi cari,in particolare lafamiglia che lo ha sempresostenuto e mai ostacolatonelle sue scelte di vita.FràFabio adesso continuerà ilsuo percorso come anima-tore liturgico a San Da-miano, luogo che rappre-senta un punto fondamen-tale per la sua vita in quantoproprio li ha cominciato,come il poverello d’Assisiad avvertire il primo sentoredi quella che poi sarebbestata la sua chiamata. Inpaese c’è fermento, gioia egratitudine per un dono cosìspeciale:la vita di un gio-vane ventiseienne che hadeciso di rimettere la pro-pria al servizio degli altri,dei poveri e di tutti coloroche hanno bisogno di uncuore sincero e di una manoamica su cui contare.

Grazzanise

Festa per Frà Fabio Nardel l iFesta per Frà Fabio Nardel l i

sfazione, di smarrimento?Inoltre, non ritiene che l’uomod’oggi denunci solo teorica-mente questa situazione, masostanzialmente non vogliacambiarla? Non è che l’uomo non vogliacambiare. Innanzitutto noi na-sciamo con la tentazione diAdamo che ci tira al piacere, poisiamo un po’ allergici alla luce,non ci vediamo bene, poi a mepare che nulla ci aiuti ad entrarenella luce, i mass-media non ciaiutano. Né i giornali né la tele-visione, anzi, allora a chi tocca?Credo che tocchi ai cristiani, aisingoli e alle comunità, entracosì in campo “voi siete laluce”. ma bisogna esserne con-vinti.Data la sua esperienza sulcampo può oggi affermare cheall’interno della Chiesa c’è unprogetto serio di conversione,oppure lei ha sperimentatouna “forma di solitudine “neldenunciare e nel combattere leproblematiche del nostro ter-ritorio e del nostro tempo?Penso che ci sia un po’ di rasse-gnazione, in fondo la mafia, lacamorra sono sempre esistite,ad esempio quando eravamo ra-gazzi una donna minimamentescollata era di scandalo, adessova in giro nuda e non fa più me-raviglia.Beh, che male c’è? Infondo questo noi pensiamo.Facendo un bilancio sulla suaattività pastorale quale inizia-tiva pastorale le ha dato piùsoddisfazione e quale, invece,non ha corrisposto alle sueaspettative?Ma guardi, io non mi sono maiposto degli obiettivi particolari,

ho guardato il territorio in cuisono stato mandato, ai suoi bi-sogni, ho pensato di farmi vocedi Dio in quel territorio senzapensare di farlo per l’Italia.Quando sono andato ad Acerrasapevo che era un disastro, manon ho voluto pensarci, ho dettoa me stesso se Dio mi chiamavado, così non mi sono postonessun problema, ho pensatosolo di guardare al male , ai bi-sogni di Acerra e d’intervenire.Il tema di questo decennio è laSfida Educativa, tema che stamolto a cuore al nostro Papa.Le vorrei chiedere d’indicarciconcretamente un’attività chepossa aiutarci a realizzarequest’obiettivo.La Carità, da non confondersicon l’elemosina, aprirsi ai biso-gni degli altri, interessarsi allagente, oggi si patisce di solitu-dine, non c’è dialogo, non c’ècompagnia.

Lei, che ha strenuamente com-battuto il fenomeno della ca-morra e dell’illegalità diffusa,che cosa risponderebbe a chidefinisce la Chiesa, una ca-morra dato che, talvolta, ri-sulta compromessa da unequivoco rapporto col danaro?Guardi, bisogna vedere cosas’intende per Chiesa, se inten-diamo i vescovi non penso, puòdarsi che ci sia un non abba-stanza peso, ma una parola c’è,se intendiamo i parroci non mirisulta, se invece pensiamo aicattolici qualche confusione c’è,cioè trovo che manchi una com-pattezza di Chiesa dall’alto, per-ché la Chiesa siamo tutti noi Ad

esempio, quando sono arrivatoad Acerra la gente aveva paura,poi ci siamo ribellati e quandoin una processione ho fatto ungesto di ribellione la gente si èsvegliata e le cose sono inco-minciate a cambiare. Bisognache si cammini come comunità,non delegare mai e bisognatener presente che da soli non siva da alcuna parte.Noi da diversi anni come co-munità parrocchiale abbiamoaperto tutte le nostre attivitàai vari mezzi di comunica-zione, abbiamo una TV localea cui ci appoggiamo per tra-smettere la Santa Messa e ivari eventi svolti in parroc-chia, abbiamo un Sito Inter-net, una radio e da sei mesi unsettimanale, Kairos”. Leiprima diceva che i media nondanno luce, ma ombre. Ci puòconsigliare come utilizzare almeglio questi strumenti di cuidisponiamo per dare luce?Dare programmi positivi, nonimitare, non vedere solo il male,le cose che fanno rumore. C’èun proverbio molto bello chedice: “ Fa molto più rumore unalbero che cade che una forestain crescita”. Bene, siate una fo-resta in crescita e non badatetroppo agli alberi che cadono. Quest’articolo diventa anchel’occasione per ringraziare dicuore mons. Riboldi non soloaver accolto con entusiasmo ilnostro invito ma anche per averrisposto a queste domande concuore sincero testimoniando dinon aver paura della verità, fortedel motto di Giovanni Paolo II“La verità vi farà liberi”.

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lo specchio della Verità, ci sal-vano dalla menzogna esisten-ziale, mostrano il profilo realedella comunità dei credenti: ifigli che vivono da fratelli. LeBeatitudini ci chiamano a viveresecondo la nostra reale identità.L’essenza di ciascuna ricorda al-l’uomo la sua vocazione: la feli-cità, ovvero ciò che piùprofondamente desideriamo pernoi e per gli altri, il “motore” delnostro agire. Quello verso leBeatitudini è un cammino di in-teriorizzazione che ci vede im-pegnati a... togliere le nostreresistenze nei confronti del-l’Amore. Come la moltitudineche seguì Gesù sulla montagnain libertà e verità, così noi, attra-verso la conoscenza del bene,dovremmo orientare la volontàverso l’obbedienza a Dio, versoil Fine per cui siamo stati creati.Le otto “porte” del Regno cispingono ad imparare a cono-scerci, a scoprire le potenzialitàche Dio ha messo in noi. In que-sto non siamo mai soli, ma agi-sce in modo potente lo Spirito,solo se la nostra anima lo acco-glie. Le Beatitudini, quindi,

LUCIA CASAVOLA

La comunità parrocchiale deiSanti Filippo e Giacomo si pre-para a vivere la Settimana Pasto-rale del 2010, che avrà cometema e filo conduttore “Le Bea-titudini evangeliche e l’identitàdel cristiano”. Il vangelo che ac-compagnerà queste giornate èquello di Matteo che ci raccontadi Gesù in continuo spostamentotra città e villaggi, occupato adinsegnare e curare. Matteo 5, 1-12:“Vedendo le folle, Gesù salìsulla montagna e, messosi a se-dere, gli si avvicinarono i suoidiscepoli” Quel giorno c’eranoappena quattro discepoli conLui. Poca gente. Ma una molti-tudine era dietro di Lui.”Pren-dendo allora la parola liammaestrava dicendo: Beati…,perché…”. Ciascuno di noi al-meno una volta si è chiesto cosasono le beatitudini e cosa vuoldire realmente “beato”. Le Bea-titudini sono un’autobiografia diGesù, rivelano il suo volto,l’identità, del Figlio di Dio; ma-nifestano chi è Dio e mostrano ilvolto dell’uomo realizzato. Sono

La “Magna Charta” del cr is t ianesimo al vagl io del terzo mil lennio

LE BEATITUDINILE BEATITUDINIsono la proposta di Dio a vi-vere in comunione con Lui, apartecipare alla vita stessadella Trinità. Non sono dellecose da fare, né dei frutti disforzo solo nostro, sono la con-seguenza dell’opera dello Spi-rito in noi. È lo Spirito che cipuò rendere miti, pacifici, puridi cuore, misericordiosi... LeBeatitudini non sono categoriesociali! Per esempio: chi sonoi “poveri in Spirito”? Sono co-loro che accettano la loro con-dizione di diseredati e ne fannoun mezzo per avvicinarsi al Si-gnore con umiltà e fiducia, at-tendendo da lui ogni bene. Lapovertà di cui parla Gesù nonè materiale. I poveri, che Gesùloda, lavorano per migliorarein modo lecito la loro condi-zione, abbia-no poco o molto, ad essi vienechiesto di essere «leggeri» af-finché l’attaccamento alle ric-chezze non ritardi l’amiciziacon Dio. Il distacco dai benimorali e spirituali è una po-vertà difficile da vivere. Inquesto Gesù è rivolto proprio anoi uomini del “Duemila” at-

taccati alla nostra volontà, allenostre idee, amanti appassio-nati della personale indipen-denza, a noi che in Diocerchiamo consolazioni spiri-tuali, a noi che siamo ricchiproprietari di noi stessi e nonabbiamo più tempo per la con-divisione e la comunione. Queste riflessioni mi fannopercepire le Beatitudini comese fossero state scritte oggi,non duemila anni fa, per ledonne e gli uomini di tutti itempi. Le Beatitudini sarannosempre un messaggio di feli-citá e speranza in un mondoche lotta, che cerca la forzanella sua propria ricchezzaumana. Come ci situiamo nel contestonel quale viviamo? Perché leg-gere in questi anni il messag-gio delle Beatitudini? Puó il“manifesto politico” di Gesúdivenire una sorta di vademe-cum dell’ Educazione alla Ve-rità, alla Libertà ed alla Pace?Che senso hanno queste parolee come sono promosse? Lapace, ad esempio, è una condi-zione necessaria per permet-

contrato Don Gianni Brancopochi giorni prima dell’aperturadella settimana Pastorale, ed ab-biamo parlato del ruolo che essariveste nella vita delle comunitàcristiane. “Dal 3 al 10 ottobre –ha detto don Gianni – vivremoun periodo di riflessione il cuiobiettivo è quello di coinvolgereanche coloro che non sono diret-tamente impegnati in parroc-chia. Lo faremo con un incontrocon le famiglie, perché il con-tatto umano è il primo ed indi-spensabile strumento perarrivare al cuore delle persone,ma utilizzeremo anche tutti glialtri mezzi a nostra disposizione,Kayròsnews, manifesti, un av-

viso sul sito”. Insomma,lo scopo è quello di coin-volgere nelle attività par-rocchiali anche chi, sinoad oggi non lo ha fatto inmodo attivo, per far sì cheognuno diventi protago-nista del progetto dellacomunità parrocchiale.La Settimana Pastoraleprenderà le mosse dalVangelo delle Beatitudinidi Matteo, in merito donGianni dice “Le Beatitu-dini sono la via Maestrada seguire per divenirediscepoli di Gesù, coluiche è il Beato per antono-masia. Ogni sera, per ottosere, approfondiremo unadelle Beatitudini. Esse,

descrivono l’identità dei cri-stiani”. Il carnet degli appunta-menti è molto ricco, e segue unfilo conduttore, le Beatitudinidel Vangelo di Matteo. Si partela domenica con un recital cu-rato dai salesiani del Don Boscodi Caserta che ripercorrerà letappe della vita dei giovanidell’oratorio (“Beati coloro chehanno fame e sete di giustizia”);lunedì 4 la Santa Messa e la Pro-cessione di San Francesco ciaiuterà a riscoprire i valori dellapace (“Beati gli operatori dipace”); il 5 ottobre sarà in par-rocchia don Domenico Cinque,

TERESA PAGANO

Il 17 Settembre si è dato inizioal nuovo Anno Pastorale, con lapartecipazione alla Santa Messacelebrata in Cattedrale dall’Ar-ccivescovo Mons. Schettino.Come da tradizione, si è datoinizio all’Anno Pastorale ilgiorno in cui viene celebrata laSolennità di San Roberto Bellar-mino, Patrono della Diocesi diCapua. Il nuovo anno Pastoralesarà incentrato sul significatoche ha oggi essere cristiani ri-spetto alla sfida educativa cheinterpella la società italiana. Già40 anni i Vescovi italiani redas-sero Documento Base, in cui

sono contenuti i principi cuidovrà ispirarsi il “Rinnovamentodella catechesi”. Proprio allostudio del “Documento Base”,sono stati dedicati i tre giorni diriflessione, dal 20 al 22 settem-bre, guidati dal teologo pastora-lista don Luciano Meddi e apertialla partecipazione degli opera-tori Pastorali. Giorni di prepara-zione all’apertura dellaSettimana Pastorale, che ci saràIl 3 ottobre. La giornata di inau-gurazione si aprirà con la pro-cessione dalla chiesa dei SantiRufo e Carponio, cui seguirà lacelebrazione eucaristica. Ho in-

responsabile della pastorale sa-nitaria della diocesi di NoceraInferiore e Sarno e membro diuna Pia Unione Ammalati e cifarà riflettere sul valore salvificodel dolore (“Beati gli afflitti”); il6 Don Gennaro Matino, Mode-ratore della Curia di Napoli ciracconterà la sua esperienza dipastore con i poveri (“Beati i po-veri di spirito”); il 7 ottobre sa-ranno in parrocchia Don ToninoPalmese, responsabile regionaledi Libera e Gennaro del Prete, fi-glio di Federico, sindacalista uc-ciso dalla Camorra (“Beati iperseguitati per causa della giu-stizia”); venerd6 8ì verrà il Ve-scovo di Teano, Mons. Aielloche dischiuderà gli occhi e ilcuore alla bellezza di Dio(“Beati i puri di cuore”); sabato9 sarà presente Mons GiovanniD’Ercole, Vescovo Ausiliare dil’Aquila e noto conduttore tele-visivo di Rai 2, che ha fatto deldialogo e della accoglienzadell’altro i suoi punti di forza nelministero sacerdotale (“Beati imiti”); e infine, domenica 10sarà inaugurata la Casa della Di-vina Misericordia (“Beati i mi-sericordiosi”). Proprio inriferimento a questo appunta-mento tanto importante per lacomunità parrocchiale e nonsolo, Don Gianni dice “E’ unevento straordinario, un sognoche si sta realizzando, il suo lan-cio è avvenuto durante la setti-mana Pastorale dello scorsoanno – ricorda Don Gianni – mai lavori sono stati avviati tre annifa. Se siamo riusciti a concretiz-zare una sfida tanto grande ègrazie alla generosità di tantis-sime persone ed enti (tra cui ilPio Monte della Divina Miseri-cordia di Napoli) che hanno ade-rito alla sottoscrizione aperta persovvenzionare i lavori, ma dob-biamo questo risultato in primisalla preghiera di molti che hannoorientato lo sguardo misericor-dioso di Gesù sul nostro pro-getto”. Dunque, in un lasso ditempo relativamente breve, è

stato portato a termine un pro-getto di ampio respiro. Infatti, iservizi offerti saranno molte-plici, dalla mensa al dormitorio.“La Casa della Divina Miseri-cordia va ad integrare servizi giàesistenti in parrocchia, come ilservizio mensa, a nuovi servizi,come il dormitorio, tutti tesi aoffrire assistenza e accompagna-mento ai fratelli che vivono undisagio – spiega don Gianni, cheaggiunge – è un segno dellaProvvidenza che l’inaugura-zione coincida con la conclu-sione dell’anno Europeodedicato alla lotta all’emargina-zione e con l’apertura dell’annoincentrato sulla crescita del vo-lontariato. Don Gianni si diceconsapevole che “La realizza-zione di questo sogno” è statapossibile grazie alla Misericor-dia Divina e all’impegno co-stante di tantissime persone.“Devo dire un profondo grazie –dice infatti il parroco – a Dioche ci ha aiutati e guidati nelportare a compimento la Casadella Divina Misericordia, la cuiinaugurazione sarà l’apice dellaSettimana Pastorale. Essa è ilcuore della nostra comunità.Ogni comunità – spiega donGianni – ha un cuore nell’aulaliturgica ma ne ha anche unofuori dal contesto ecclesiastico.Esso deve manifestare con chia-rezza l’amore di Gesù per i po-veri, non si può amare Gesù senon si amano i poveri”. In me-rito poi alla nutrita schiera dipersone che hanno contribuitoalla realizzazione del progettodon Gianni dice “Sono sorpresodel fatto che Dio, nel suo dise-gno, prepari le cose e le personeda lontano. Sono circondato dapersone disponibili a diventareprotagonisti di un sogno, colla-boratori speciali, che investonoil proprio tempo, le risorse, leenergie, le capacità nei progettidella parrocchia. Devo un pro-fondo grazie a tutte queste per-sone che hanno fatto sì che unsogno diventasse realtà”.

Intervista a don Gianni Branco, parocco dei Santi Filippo e Giacomo

La Set t imana PastoraleLa Set t imana Pastorale

SPECIA SETTIMANA PAParrocchia Santi Fili

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tere cambiamenti verso la realiz-zazione della giustizia, la libera-zione e quindi il superamentodella povertá, della discrimina-zione, dell’intolleran-za per la realizzazione di tutti idiritti umani. Gesù, sulla montagna, ci chiamaa Vedere, ad Analizzare, adAgire. VEDERE: pensiamo la mac-china di produzione delle armi;il divario N/S; le ingerenze poli-tiche ed oppressive dei “padronidel mondo”; la fame cronica; i30 e piú conflitti tutt’oggi inatto; gli assolutismi dittatoriali;gli sfruttamenti e dominazioniper l’accumulo e la difesa dellerisorse...il massacro dei poveri;la disoccupazione; la legge sul-l’immigrazione; l’usura; l’etno-

centrismo e razzismo locale; igiochi di potere; le divisioni cheoscurano il Cristo; i tramonti difede di molte persone; le fami-glie dove non c’é sorriso perchénon c’é comprensione, dove igenitori non fanno mancareniente ai loro figli... ma fannomancare la comunicazione deivalori autentici; l’uomo comecaricatura macabra simile adun’automobile che corre all’im-pazzata nella notte a fari spenti.ANALIZZARE: di quale nuovaBeatitudine ha bisogno questomondo? Da cosa dobbiamo libe-rarci per sprigionare la spe-ranza? Dobbiamo liberarci daldesiderio insano di essere felicida soli attraverso il piacere, iltrattenimento dispersivo e con-sumistico; da un cristianesimo,

pigro, inerte, puramente senti-mentale, intimista e consolatorioche non tocca la storia e le suesfide; dalla logica della fuga nelprivato, nella protezione conso-latoria del piccolo gruppochiuso; dalla sclerotizzazionedel cuore che non ci permette dicogliere il polline che passanell’aria come occasione di fe-condità.AGIRE: nella societá dell’avere,del sistema basato su false sicu-rezze, colui che ama il sogno diGesú, vive la dimensione con-templativa della vita nella pre-ghiera, nell’ascolto della Parolaper proclamare la speranza cheviene da Dio; si conserva inte-riormente libero per percepire ilSignore che passa negli avveni-menti e per essere coscienza cri-

tica contro il potere e la ric-chezza accumulata; si inseriscenella comunitá come in un luogoprivilegiato dove vivere l’uma-nitá in partecipazione, corre-sponsabilitá e fraternità,accogliendo chi è nella povertà.C’è chi ha paragonato la paginadelle Beatitudini all’Inno allagioia. Un inno “composto, suo-nato, cantato su una collina diGalilea sulla riva del lago. Cartadella santità è questo canto diotto strofe. Un solo ritornello:beati! E chi canta, è Gesù!

ALE PASTORALE

ippo e Giacomo

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stare con gli uomini! A inizio diquesto nuovo anno pastoralechiediamo a Sant’Erasmo la suaresistenza, la perseveranza agliobblighi di ogni cristiano che sache può anche far a meno ditutto ma non può fare a meno diDio.

S. MARIA C.V.2 6 S e t t e m b r e : t u t t i a G a e t a !2 6 S e t t e m b r e : t u t t i a G a e t a !Incontrare Dio sul la tomba di Sant’Erasmo

MARIA BENEDETTO

Ore 15: puntualmente il pullmanparte dalla piazza antistantel’Anfiteatro. La meta? Recarsisulla tomba di S.Erasmo che sitrova nel Duomo di Gaeta.Questo pellegrinaggio è diven-tato, ormai, una tradizione per lanostra Parrocchia: in questomodo il Parroco dà ufficial-mente inizio a tutte le attività pa-storali! Don Elpidio caldeggia lapartecipazione all’iniziativa perrinsaldare la nostra fede che hadovuto combattere e superare ledifficoltà delle vacanze estive. Ilperiodo estivo, fatalmente,spinge un po’ tutti ad “evadere”dal ritmo consueto della quoti-dianità , spinti dall’ansia di ri-cercare…non si sa bene checosa!Con questo spirito, hanno ade-rito all’invito pressante di donElpidio tantissime persone chevogliono riprendere il propriocammino di fede con rinnovatozelo. Già il semplice fatto distaccarsi dalle consuetudini do-

menicali è un atto di fede… Chiè propenso, infatti, a rinunciarealla comoda poltrona, al lentosonnecchiare dopo il lautopranzo domenicale, alle insulsetrasmissioni televisive della do-menica pomeriggio? Ognuno dinoi – riconosciamolo - è così“pantofolaio” che, per partitopreso, rifiuta ogni proposta chepossa rompere il tran tran disempre, perdendo in questomodo la possibilità di risponderead una chiamata del Signore…Stentiamo, in fondo, a credereche il Signore stia chiamandonoi, proprio noi, e di domenicapomeriggio, poi? E ci chiamaper che cosa? La risposta è un po’ scomoda,ma è l’unica veritiera: Dio èl’unica Verità che fa esisterel’uomo, che dà senso alla vitadel cristiano. Ma per capire que-sto è necessario eliminare un pe-ricoloso equivoco: renderciconto che Dio non è un’idea,quell’idea che ci siamo fatti diDio, un’idea che facilmenteadattiamo, di volta in volta, allenostre aspettative, ai nostri pro-getti e – perché no? - anche alnostro peccato, quasi per giusti-ficarlo! Dio – e don Elpidio ce lo ripetespesso – non è un’idea, ma è unapersona che si rivela amando la

sua creatura, parlando al cuoredi Israele, intervenendo concre-tamente nella storia di ciascuno.E proprio con lo spirito di incon-trare il nostro Dio sulla tomba diSant’ Erasmo che si è messo inmoto il pellegrinaggio di dome-nica 26 settembre, uno spirito difede favorito dal clima di pre-ghiera che si è venuto a crearenel pullman con la recita del S.Rosario guidata da alcune suorecarmelitane. E che grande donoci ha fatto il Signore! Per un ba-nale disguido, noi pellegrini ab-biamo atteso per circa un’orache ci fossero spalancate le portedel Duomo per poter vivere laCelebrazione Eucaristica. Invece… entrando dalla portadel Campanile, siamo stati gui-dati nella cripta del Duomo, pro-prio là dove sono custodite lespoglie del nostro Patrono. Chegrazia! Mentre i ministranti, guidati dasr Scolastica, preparavano l’oc-corrente, sr Luisella ha dato ilvia alla preghiera: bambini eadulti con le parole dell’AveMaria, hanno elevato la loro

lode al Signore “che fa benetutte le cose!”Nell’omelia, il nostro Parroco harichiamato l’attenzione dei pel-legrini sulla suggestione delsanto luogo che li accoglieva: lacripta, al riparo dai rumori tipicidella vita frenetica di una qua-lunque domenica di fine estate,richiamava alla memoria illuogo dove Gesù portava i suoiper parlare al loro cuore. E pro-prio in quel luogo così raccolto,don Elpidio ha posto ai presentidegli interrogativi davvero coin-volgenti: “Che senso ha, perl’uomo di oggi, il pellegrinag-gio? Perché ogni anno in tanti viritrovate qui…solo per fare unapasseggiata? Cosa chiedete aDio per intercessione del santoPatrono?” Nell’aiutarci a tro-vare a leggere i fatti in una pro-spettiva teologica, ci ha invitatoa chiedere al Santo la “resistenzaalla tentazione” perché è vera-mente resistere a Satana che fadi tutto per allontanare l’uomodalla via della conversione au-tentica, prospettandogli un mo-dello ed uno stile di vita legatisolo al presente, alla caducità,all’effimero, mentre il cristianoè chiamato a ritmare la propriavita secondo quelli che sono gliinsegnamenti evangelici, avendo

nel cuore il respiro dell’eternità. Non è mancato, a conclusionedell’omelia, il riferimento aquanti sono rimasti a casa in-chiodati dai problemi, dalle sof-ferenze, dalle ansie dellaquotidianità. A loro va la nostrapreghiera fervida accanto allatomba del Santo, vescovo e mar-tire.Nel congedarci, il Parroco ha ri-cordato ai convenuti il perché diquell’incontro di preghiera dalui fortemente voluto: il Signore,chiamandoci in quel luogosanto, vuole ricordarci la mis-sione affidataci nel Battesimo, lamissione di essere sale, luce elievito per la nostra Comunitàparrocchiale bisognosa, oggi piùche mai, di testimoni autenticiche con la vita – più che con leparole – professino una fede chenon si basa su un’idea astratta,ma si radica profondamente inuna certezza, l’unica che puòdare una risposta concreta e con-vincente al senso di vuoto, dismarrimento, d’insoddisfazioneche l’uomo di oggi costante-mente prova. È questo un com-pito arduo…ma “nulla èimpossibile a Dio”, tutto è piùsemplice a chi docilmente ri-sponde alla chiamata del Si-gnore e, con cuore sincero, cercala via della riconciliazione edella pace. Tutti i sentimenti cheil nostro cuore ha avvertito nelcorso dell’Eucarestia, li ab-biamo depositati ai piedi di San-t’Erasmo attraverso la recitadella preghiera che riportiamo.Il ritorno a casa è stato gioioso:nel pullman si è cantato, socia-lizzato, scherzato… a testimo-niare quanto possa essere felicel’uomo che scopre, nella suavita, le tracce della misericordiadi Dio!

PREGHIERA A SANT’ERASMOdi Maria Benedetto

O chiarissimo Sant’Erasmo,tu che hai amato Cristopiù della tua stessa vita,aiutaci a credere, giorno dopo giorno,che Dio è per noi un padre; aiutaci a credere che Gesù è morto per noi ed è per noi risorto;aiutaci a credere che lo Spirito Santoha il potere di guidarcisulla via della santità vera.Sant’Erasmo, Vescovo e Martire, fa’ che la tua testimonianzadi una fede autenticaci infiammi il cuoreper poter essere, nel mondo,segno di una generazione dicredenti che non teme di confessare conla vitache tu sei il Figlio di Dio, vivoe vero. AMEN

ADRIANA ROSSI

Inizia un nuovo anno scolastico,tra le tante difficoltà vecchie enuove. La scuola è il regno deibambini, dei giovani, e dovrebbeessere per tutti un luogo felice.Un luogo dove lo scambio di co-noscenze ed esperienze do-vrebbe essere gioioso, nellavoglia di comunicare e di ap-prendere. Purtroppo la realtàspesso è molto diversa: allievipoco motivati all’apprendimentoe più attenti alle varie espres-sioni del consumismo, abbiglia-mento, cellulari e dispositivielettronici sempre più sofisticatie costosi, insegnanti scoraggiatie stressati. Io provengo da untipo di scuola autoritaria, costrit-tiva, nozionistica, Universitàcompresa. Miracolosamente, lamia sete di conoscenza, anzichéspegnersi, è andata aumentandocon gli anni, al punto che, an-cora oggi che non sono più gio-vane, anzi, “con un piede nellafossa” (meraviglioso brano diBach), non c’è giorno che nonprovi l’ansia di apprendere e ditrasmettere conoscenze. Unbravo insegnante non è quelloche conosce molte cose, maquello che ha dentro il fuocodella conoscenza ed è capace ditrasmetterlo agli allievi. Il primopilastro di un insegnamento ef-

ficace è una forte motivazionesia nell’insegnante che nell’al-lievo. Importante è l’atmosferaserena e di fiducia e lo spiritocollaborativo di gruppo. Altret-tanto interessante è il ruolo delcoinvolgimento emotivo. Granparte del successo dell’appren-dimento dipende dal forte inte-resse che si prova versol’oggetto, dall’aggancio emozio-nale che rinforza l’attenzione.Favorire la funzione immagina-tiva multisensoriale, ricorrerespesso all’umorismo, rinforzarele nozioni con qualche aned-doto, sono facili espedienti effi-caci per mantenere vival’attenzione e favorire la memo-rizzazione. Ma l’insegnante èprima di tutto educatore: edu-care vuol dire accompagnarel’allievo nel delicato e difficilecammino verso la realizzazionedelle sue potenzialità. Uno deimaggiori problemi che si pre-sentano in campo educativo èche gli adulti chiamati ad essereeducatori, sia in quanto genitoriche come insegnanti, non sem-pre hanno raggiunto essi stessiun soddisfacente livello di for-mazione personale, di equilibrioemotivo e funzionale tale dapoter essere dei punti sicuri estabili di riferimento per bam-bini, adolescenti e giovani.Quante personalità instabili, di-

sturbate, nevrotiche, si avventu-rano in questo campo, senza ren-dersi conto di aver bisogno essestesse di guida, sostegno, revi-sione, maturazione! Nessunopuò dire di aver completato ilproprio personale percorso edu-cativo. Questo dura fino all’ul-tima ora di vita. Nellaformazione personale e di altri,dovremmo sempre proporci l’in-tento di un’educazione che liberie nello stesso tempo guidi e di-sciplini la creatività e l’origina-lità, per far emergere la realeidentità, non inquinata da aspet-tative esterne. La libertà daschemi e pregiudizi favoriscel’autonomia, l’autocoscienza edil senso di responsabilità. Unvero rapporto educativo do-vrebbe coinvolgere tutti gliaspetti della personalità e tutte lefacoltà psichiche come l’imma-ginazione, l’intuizione, le emo-zioni, la creatività. Deve miraread essere formativo e non soloinformativo. L’educatore, sia fa-miliare che esterno, deve esserenon autoritario, ma autorevole.L’insicurezza, l’aggressività,l’anarchia delle giovani genera-zioni denunciano un vuoto di va-lori in molti adulti di oggi ed unprofondo bisogno di guide si-cure, di modelli su cui costruirsi.

Educare nella libertàEducare nella libertàSaper trasmettere il fuoco della conoscenza

SUOR M. FERNANDA LEONI

Quale meraviglia per unamamma e un papà accogliereuna nuova creatura alla vita ep-pure a ben vedere c’è un’espe-rienza ancora più vitale sebbenenascosta agli occhi dei più:quella che fa una intera comu-nità ecclesiale ogni volta che,con il battesimo, accoglie unpiccolo Figlio di Dio alla veravita, quella del cielo. Allora è lafesta dei cuori di tutti coloro chevivono questa vita terrena gui-dati dalla luce di Dio e sorrettidalla forza del suo Amore: per-ché la famiglia dei santi si al-larga! Certo questa fede non siimprovvisa ma nasce con il bat-tesimo e continua a crescere in-sieme con il bambino, attraversoun cammino concreto che laChiesa, madre premurosa, offrea ciascuno dei suoi figli. Cosìcon il primo anno di catechismo,che coincide con l’inizio dellascuola primaria, si organizzanouna volta al mese incontri di for-mazione per i genitori e di giocoper i bimbi. Con la seconda ele-mentare, i bimbi si ritrovanotutti i martedì alle ore 16,30 alcatechismo e scoprono la Per-sona di Gesù e la sua Parola, ri-cevendo ciascuno il Vangelo. Alterzo anno i bambini vengono

accostati al sacramento della Ri-conciliazione: per amare dav-vero c’è bisogno di fareesperienza del Perdono che cidona Dio! Poi, con la quarta ele-mentare si preparano a ricevereGesù nell’Eucarestia. Il Giovedì Santo, quando Gesù vive l’ul-tima cena con i suoi amici, sicelebra la Prima Comunione(e speriamo non l’ultima!). Aquesto punto i bimbi sono di-scepoli di Gesù, pronti perfare un’esperienza forte diaggregazione con gli scout odi servizio liturgico in par-rocchia: è il tempo che vàdalla quinta elementare allaterza media. Ma che rivolu-zione in pochissimi anni: ibambini diventano adole-scenti, sono attratti dalmondo, ma iniziano anche adavvertire di più la sete di Dio.Per questo, con le scuole su-periori, inizia il tempo dellaricerca di una fede autenticae di amicizie sincere: per icristiani inizia il camminodella Cresima che prosegueper tre anni fino al dono delSacramento della Conferma-zione. I giovani cresimati en-trano così a far parte dellaChiesa missionaria che ha ilfelice compito di testimo-niare che Dio c’è e vuole

Figli di Dio: al Catechismo!Figli di Dio: al Catechismo!Via alle attività in Parrocchia...

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CAPUA

LUCIA CASAVOLA

Sette giorni e…vivremo la Casadella Divina Misericordia.Siamo alla quinta delle Operenecessarie per fare esperienza diGesù: incontrare, portare e sup-portare il malato in Verità. In Si-racide 7,35 si esorta: “Nonesitare nel visitare gli ammalati,perché per questo sarai amato”.Non posso non ricordare la sto-ria di Abba Bishoi, un monacocopto del IV-V secolo, il qualeaveva frequenti visioni di Cristo.Alcuni monaci, un giorno, glichiesero di guidarli a incontrareCristo. Egli, avendo ricevuto unmessaggio dal Signore, disse aimonaci di recarsi in un certoposto nel deserto, dove avreb-bero trovato Gesù ad attenderli.Lungo il cammino essi videro, ailati della strada, un uomo an-ziano, malato e sfinito, che chie-deva loro di portarlo perché nonce la faceva più a camminare.Ma essi, desiderosi di incontrareCristo, ignorarono le suppliche

dell’anziano. In coda al lorogruppo giunse Bishoi che,quando vide l’anziano malato,se lo caricò sulle spalle portan-dolo lungo la strada. Giunto làdove i monaci attendevano il Si-gnore, sentì il peso dell’uomofarsi più leggero, poté rialzare laschiena e constatare che l’an-ziano era scomparso. Allora ri-velò: Cristo era seduto lungo lastrada, e aspettava qualcuno chelo aiutasse. Nella loro fretta divedere, gli altri monaci si eranodimenticati di essere cristiani.Lui, portando di peso l’anzianomalato, aveva “portato” Cristostesso… Gesù, l’uomo che cammina,quanta la strada che ha fatto!Mai lineare e continua comequella delle carovane nel de-serto. Il suo andare era scanditoda tappe improvvise, non scelte.Ciascuna fermata aveva il voltodella Sua gente di Palestina. C’èda immaginarlo sveglio, al sor-gere del sole, pregare solo o coni discepoli, raggiungere la sina-goga, la casa di un amico, cam-

Verso l ’aper tura del la Casa del la Divina Miser icordia

‘Ero malato e mi avete vis i ta to’ ‘Ero malato e mi avete vis i ta to’

ORSOLA TREPPICCIONE

Ogni anno, il 2 ottobre, si cele-bra la Festa Nazionale deiNonni. Personalmente sono rimasta sor-presa, poiché ero convintissimache la data coincidesse conquella del 26 luglio, quando si famemoria liturgica di San Gioac-chino e Sant’Anna, genitoridella Vergine Maria e, quindi,nonni di Gesù. Avevo il convin-cimento che onorando i dueSanti, per traslato, si “risco-

prisse” la figura dei nonni: in-somma un sentire nazional- reli-gioso, se così si può dire. LaFesta Nazionale dei Nonni è, inrealtà, una celebrazione civilealla stregua della Festa del Papàe la Festa della Mamma. Spon-sor dell’iniziativa il paese di No-ceto, in provincia di Parma, che,già fautore di una delibera a li-vello locale, si è battuto perchéla festa fosse “ufficialmente ri-conosciuta dalle leggi delloStato come giornata dedicata ainonni”, come trovo scritto sul

sito del Co-mune. E così ilP a r l a m e n t oItaliano, il 31luglio 2005, halegiferato laLegge 159“quale mo-mento per cel-e b r a r el’importanzadel ruolosvolto dainonni all’in-terno dellefamiglie edella società ingenerale”, contanto di Premionazionale delnonno e dellanonna d’Italiaconsegnato dalP r e s i d e n t e

della Repubblica in favore di 10nonni che, nel corso dell’anno,si distinguono per aver compiutoazioni particolarmente meritoriesul piano sociale. Dal canto loroRegioni, Province e Comunipossono promuovere, nell’am-bito della loro autonomia e dellerispettive competenze, inizia-tive, eventi e festeggiamenti varicon il fine, dichiarato, di valoriz-zare queste figure così impor-tanti nella vita di un bambino.Ma non basta, perché la festivitàha il suo fiore ufficiale, il “Nonti scordar di me”, e la sua can-zone, il brano “Ninna Nonna”,riconosciuto ufficialmente nel2006. La nostra è una festa giovane sesi considera che ci sono Paesiche festeggiano da molti piùanni. Precursori, anche inquesto campo, gli americani. Illoro Grandparents Day lo de-vono ad una tale Marion McQuade che riuscì a far diventarela prima domenica di settembre,dal 1978 in poi, “Festa deiNonni”. Dietro gli Stati Unitid’America, la Gran Bretagna(1990), il Canada (1995), e laFrancia dove, per non far torto anessuno, dal 1987, i nonni e lenonne sono festeggiati separata-mente. I nonni sono figure insostituibilinell’infanzia di ogni bambino,che diventato adulto ne ricorderà

per sempre le coccole, le storie,i giochi e i tanti momenti spen-sierati trascorsi insieme. Sonoangeli custodi che vegliano eproteggono, perciò non sembristrana la coincidenza che una ri-correnza civile si innesti cosìbene su quella religiosa vistoche, proprio il 2 ottobre, laChiesa celebra i Santissimi An-geli Custodi. Si dice che quandosi diventa nonni si diventi indul-genti, arrendevoli e anche piùpazienti. La responsabilità edu-cativa dell’essere genitore sistempera nella consapevolezzache il bambino, in fondo, un ge-nitore ce l’ha: tocca a lui il ruolodi colui che rimprovera, vieta epunisce. Ai nonni invece tocca ilruolo di consolatori, di complicie di coloro che viziano; in molticasi, si ricorre proprio a loro perveder esauditi richieste e desi-deri che i genitori hanno negato.Se i nonni hanno un peso non in-differente nella crescita emotivae affettiva dei nipoti, divengonoindispensabili nella routine quo-tidiana. In un periodo di con-giunture economiche tali per cuile donne lavorano, non solo perla legittima e sacrosanta autorea-lizzazione, ma anche per sem-plice necessità, i nonni“offrono” la loro disponibilità. Ecosì, a seconda dell’età dei carinipoti, passano dal tenerli con séquando sono troppo piccoli,

all’affrontare la ressa all’uscitadella scuola quando, gomito agomito con gli altri adulti, “lot-tano” per non perderli di vistanella confusione; “si adattano” arimanere fermi nell’ingorgo del-l’ora di punta mentre tentano ditornare a casa; e, quando pensa-vano di aver archiviato final-mente il capitolo “compiti acasa”, il nipotino confessa can-didamente di non aver capito lalezione. Questo, se tutto fila li-scio. Perché ci sono anche leemergenze e/o gli imprevisti!Febbre, raffreddori, scuolechiuse, la danza, il nuoto o qual-siasi altro sport indispensabileper il benessere del bambino, maanche il doverli accompagnare acasa di amichetti o, cosa più im-portante, doverli andare a ripren-dere. Insomma, finché i nipotinon compiono un’età che lirende almeno parzialmente indi-pendenti, quello del nonno è unmestiere a tempo pieno. Se nededuce che lo stereotipo delnonnino capelli bianchi, oc-chiali, che legge il giornale conla pipa in bocca o quello della ti-pica nonnina, con la crocchia ele mani infarinate che attendonoa casa i nipotini, non esiste più.Esistono e resistono tuttalpiùnelle canzoncine e nei disegnidei libri. Il mondo dei nonni è,attualmente, molto variegato.Più giovani o più in là con gli

anni, ci sono i nonni che, nono-stante tutti gli impegni, riesconoa ritagliarsi del tempo per lorostessi; ci sono i nonni “imbra-nati”, presi in giro dai nipoti per-ché, pur usando i telefonini, nonvanno più in là della semplicetelefonata; ci sono i nonni “no-stalgici” che, sentendo parlare diInternet, Playstation o Gameboy,rimpiangono i bei tempi dellaloro infanzia, quando giocare si-gnificava arrangiarsi e usaremolta fantasia. Ma ci sono anchei nonni “super tecnologici”,quelli capaci di usare tutte lefunzioni di un cellulare o di col-legarsi ad Internet senza bisognodi aiuto e perciò, definiti dai ni-poti, “dei miti”. Ai nonni da “contratto” , che ciappartengono per vincoli fami-liari, vorrei aggiungere i nonniper “affezione”. Sono coloroche abitano nei nostri condo-mini, nei nostri quartieri o con iquali ci incrociamo per le solitestrade o negli stessi posti fre-quentati. Non sono parenti, ep-pure capita che li chiamiamo“nonni” con rispetto e una certafamiliarità. Anche la nostra co-munità ha dedicato la Messa ve-spertina di sabato 2 ottobre ai“Nonni della Parrocchia” acco-munando tutti in un caldo ab-braccio.A tutti i nonni AUGURI dicuore.

minare, fermarsi, ripartire maisenza aver guarito i malati cheGli venivano portati. La sua“strada” è stata un intreccio or-dinato che si è snodato tra curadei malati, preghiera e predica-zione del regno. Il movimentodi Gesù era orientato verso i ma-lati, il nostro è una vera fuga daquesti. Intendiamoci, noi nonfuggiamo i malati, spesso sonopersone molto care, ma la malat-tia stessa in quanto sofferenza.Eppure, davanti al dolore fattospettacolo siamo spettatori mor-bosamente curiosi, protetti dauno schermo, celebriamo l’esor-cismo collettivo della soffe-renza. Applaudiamo anche,riempiamo le orecchie del bat-tito inconsulto delle mani, ci as-sordiamo con il nostro falsocompiacimento. La sofferenza èlà, altra da noi, il silenzio o il la-mento non ci toccano nella“torre senza tempo, senza vo-lontà, né pazienza, né aperturaall’ascolto”. Non è una faccendadi orecchio, possono esserci si-lenzio o parole, è sempre una

questione di cammino, di stradaorientata verso l’altro. La per-corre solo chi ha uno sguardoforte e osa guardare in faccia ildolore, chi ricerca la Verità nelproprio cuore e vuole ascoltareper far nascere, far emergere,l’identità attraverso la nudità delvolto, anche quando questo èsfigurato dalla sofferenza. Nonposso non pensare al volto dellaSindone. L‘umanità di Gesù,narrata nei vangeli, può inse-gnarci a vivere il confronto conla sofferenza e l’incontro con imalati. Può umanizzarci e farcicomprendere che essere cri-stiano è diventare uomo in Ve-rità seguendo Cristo lungo ilcammino verso la Croce. Impa-reremo, così, che il vero messag-gio del dolore è una lezioned’amore. L’amore rende fecondoil dolore e il dolore approfondi-sce l’amore. Scopriremo che ilportare e sopportare l’ammalatoè una vera e propria interces-sione che apre le porte alla Mi-sericordia di Dio.

Da una intuizione di Ciampi una festa per i nonni d’I ta l ia

F e s t a d e i n o n n iF e s t a d e i n o n n iNonni come Angel i Custodi nel la vi ta del le nostre famigl ie

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Page 8: SVà, Francesco, e ripara la mia casa che, come vedi, è ... · scienza e della ragione. Le prime testimonianze dellV evento risalgono al 1329, benché il prodigio si sia verificato

giungono i pomodori pelati …una ventina di minuti, control-lando solo che non si asciu-ghino troppo.Nel frattempo si taglia il panea tocchetti e si lascia stufaretutto insieme per cinque mi-nuti. A questo punto si copretutto con il brodo. Da questomomento in poi il pane digrano impiegherà circa un’oraa diventare cotto... a trasfor-marsi in ‘pancotto’. Negli ul-timi cinque minuti di cottura siaggiungerà il basilico. Questopiatto è buono sia caldo che tie-pido o freddo... ma non dimen-tichiamo di condirlo con un belgiro di olio extravergine.

NICOLA CARACCIOLO

Nel 1799 l’esercito post rivo-luzionario francese invadeva iterritori dello Stato Pontificioe in seguito del Regno di Na-poli. Si racconta che primadella fuga verso la Sicilia, il reFerdinando IV lanciò un ap-pello al valoroso popolo abruz-zese affinché prendesse le armiper difendere la loro religioneed il loro re. Risposero inmolti, soprattutto ex briganti.Uno di questi, Giuseppe Pro-nio, riuscì a mettere insieme uncospicuo gruppo armato e co-minciò la guerra contro i fran-cesi per liberare i paesi dallaloro occupazione. Rinvigoritada facili successi, il 3 febbraio1799, la truppa filo-borbonicatentò una sortita per liberareanche la città di Chieti.I massesi, così erano chiamatigli uomini in armi che combat-tevano per i borboni, furonoavvistati quando ancora scen-devano da Bucchianico versoChieti. Vistisi scoperti, gli uo-mini di Pronio presero perRipa Teatina ed andarono a ri-fugiarsi nel convento dei fratifrancescani, che allora si tro-vava fuori del paese. L’esercitotransalpino, a ondate succes-

sive, tentò l’assalto al convento,ma questo si rivelò per loro unacarneficina.Alla calata del buio, i francesi

sospesero la guerriglia e i mas-sesi ne approfittarono per fug-gire alla volta di Ortona.Al mattino, quando i transalpinisfondarono il portone del con-vento, non rinvennero nessuncombattente. Nel primo corri-doio del piano d’ingresso trova-rono sette frati in preghiera. Ifrancesi, arrabbiati e frustratidalla sorpresa, sfogarono la lororabbia sui mansueti frati checaddero crivellati sotto i colpidei soldati.Il convento francescano di Ripaospitava in quel periodootto frati. L’ottavo confra-tello si salvò dall’eccidioperché, essendo un validocuoco, era andato ad aiutareuna famiglia impegnata inun matrimonio nel paese diMiglianico.Possiamo supporre che,francescanamente, egli erasolito piuttosto preparare ilpancotto, cibo offerto aiviandanti.Ecco come procedere: siprepara un buon brodo diverdure. Poi si stufano lecipolle con l’aglio, si ag-

I l Pancot to I l Pancot to Un frate francescano salvato da un matrimonio

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A.C.L.I. Progetto San MarcelloCorso Gran Priorato di Malta,22 - 81043 Capua (CE)P.iva: 03234650616Reg. Trib di Santa Maria C.V.n. 764 del 22 Giugno 2010www.kairosnews.itper contatti:[email protected] RESPONSABILE:

Antonio CasaleCAPOREDATTORE

Giovanna Di BenedettoGRAFICO

Giuseppe RoccoREDAZIONE CAPUA

Antonella RicciardiAssunta MerolaFrancesco GaribaldiLucia CasavolaMarco BocciaNicola CaraccioloOrsola TreppiccioneRaffaella BocciaTeresa MassaroTeresa PaganoUmberto PappadiaREDAZIONE GRAZZANISE

Ivana BertoneREDAZIONE SANTA MARIA C.V.

Annalisa PapaleGaetano CennameLuigi SantonastasoMaria BenedettoSuor Miriam Bo

Stampato presso la Tipografia“Grafiche Boccia”

A.A.A.A.A.A.Cercasi Volontar iCercasi Volontar iLa Casa della Divina Miseri-cordia si prefigge di dare unarisposta concreta al disagio dei“nostri poveri”. Seguendo leOpere di Misericordia Corpo-rale, è stata progettata per darepronta accoglienza: alloggiarei senza fissa dimora; dar damangiare agli affamati; vestiregli ignudi; soccorrere gli in-fermi.Nel cammino che sta per avereinizio siamo tutti invitati aspendere gratuitamente le no-stre forze dando aiuto nella cu-cina, altrimenti collaborandonella distribuzione degli ali-menti o del vestiario; se ab-

biamo competenze mediche oinfermieristiche, donare assi-stenza ai “nostri pellegrini” bi-sognosi di cure; aiutare nellasorveglianza notturna del dor-mitorio maschile e femminile;oppure, anche e semplice-mente, essere disposti adascoltare ed accompagnarelungo questo tratto di stradadella Speranza. Siamo tutti in-vitati a gioire della Grazia delServizio, chi si sentisse prontoad essere con noi “viandantedella Carità” può contattareDon Gianni presso la Parroc-chia Santi Filippo e Giacomo.

FRANCESCO GARIBALDI

La grandezza di Francescouomo libero emerge dalla de-mitizzazione che la recentestoriografia ha fatto della suafigura. Attorno a Francesco,forse proprio per iniziativa deisuoi amici si è creato il mitodell’”alter Christus”. Oggi siparla di Francesco non come dicopia ma come segnale. Nonl’imitazione di Cristo, ma lasequela. Non fotocopia, noncopia carta carbone. La diffe-renza è notevole.In questo modo Francesco ri-mane un “santo per tutte le sta-gioni”, il cui esempio ècontagioso e trainante ancheper noi.Ma da dove nasceva la libertàdi Francesco d’Assisi?Se vogliamo trovare una gri-glia di parole che fermino i no-stri concetti, ci possiamoservire della espressione concui Innocenzo III nel 1210convalidò ad experimentum lanorma di vita dei discepoli diFrancesco in totale povertà,minorità, itineranza evangeliz-zatrice.Anzitutto, Francesco fu uomolibero perché povero.Episodio fondamentale è la“spogliazione” davanti a suopadre.Francesco raggiunge la libertàspogliandosi. L’uomo di oggipensa di raggiungere la libertàvestendosi. Viviamo la civiltàdell’avere e non dell’essere.Viviamo la civiltà della sicu-rezza non quella della libertà.Di qui, il pericolo ciberneticoche poi significa pericolo dellamanipolazione.In secondo luogo, Francesco fulibero perché si sentì “soggettoad ogni umana creatura, senzaesserne schiavo”. Ecco lascelta della minorità.Anche qui un episodio. Civiene raccontato da Tommasoda Celano. Francesco non sa-peva che nome dare ai suoifrati. Un giorno mentre si fa-ceva leggere la regola il lettorearrivò al settimo capitolo dovesi dice “et sint minores: sianoda meno degli altri” (non piùviri penitentes de Assisio).“Minori, uomini da poco, fratiminori. Ecco veramente unnome che conviene a me ed aimiei frati”.Francesco fu libero perché ra-gionò così: “Il potere lascialoagli altri, il servizio tienilo perte”. Francesco raggiunge la li-

bertà servendo, l’uomo di oggipensa di raggiungere la libertàdominando. Conta di più, si rea-lizza di più chi può dominaresugli altri. Il concetto di “servi-zio” è lontano. Non sappiamolavare i piedi. Sappiamo solo lu-cidare le scarpe, per raggiungereil potere.Di qui, il pericolo dell’ideolo-gia, quel pensiero che non sipreoccupa della verità, ma dellasua portata imperialista.In terzo luogo Francesco fu li-bero perché itinerante.Io penso che il fascino che Fran-cesco esercita su tutti dipendedal fatto che egli appare, comeGesù, un continuo itinerante.Assisi, Spoleto, Perugia; Fonte-colombo, Greccio, Rivotorto;Porziuncola, S.Damiano, LaVerna… Francesco non si lasciaimprigionare da un posto. Ma vae va. Si dà a tutti, ma senza la-sciarsi prendere da nessuno. E’per questo che entra in comu-nione con tutti. Non solo conDio e con gli uomini e col lupo,ma anche con tutta la natura.Ecco il senso della fraternità chegli deriva proprio da questa iti-neranza.Francesco raggiunge la libertàcamminando, comunicando,semplificando, convinto dellasua precarietà. L’uomo di oggipensa di raggiungere la libertàchiudendosi, bloccandosi, la-sciandosi prendere o correndodal complesso di tutte le cose as-sieme. La nostra vita è program-mata. Non c’è più spazio per ipanorami, non c’è più spazio perla conversazione, non c’è più

spazio per la contemplazione.Si costruiscono i caminettinelle case, ma non ci si racco-glie più. Non si cammina più,se mai si corre.Di qui, il pericolo della inco-municabilità.Infine Francesco fu libero per-ché la sua itineranza fu evan-gelizzatrice.E cosa evangelizzò? La verti-calità del nostro rapporto conDio. “Non orans sed quasioratio factus”. Francesco rag-giunge la libertà aprendosi allatrascendenza. L’uomo di oggipensa di raggiungere la libertàchiudendosi nell’immanenti-smo più agghiacciante.Di qui, il pericolo dell’imma-nenza. Anzi diciamo del “ri-zoma”, una pianta senza radicee senza fusto.Pericolo cibernetico (povertà),pericolo ideologico (minorità),pericolo dell’incomunicabilità(itineranza), pericolo dell’im-manenza (evangelo).Francesco ha cercato la libertàe l’ha trovata.La sua libertà era il segno altodell’ala. La nostra invece il ro-tolare spicciolo di una monetad’oro, che scompare tra le gri-glie di un tombino di fogna.

Manoscritto di Don ToninoBello tratto dal libro “La gente,i poveri e Gesù Cristo” DonTonino Bello e san Francescod’AssisiAutore del libro fraFrancesco Neri Edizioni EDINSIEME

Abbiamo letto per voi di don Tonino Bello

‘Francesco uomo libero’‘Francesco uomo libero’RITA FUSCO

Il 29 settembre il calendario li-turgico festeggia i tre Arcangeli,Michele, Gabriele, Raffaele. Si-curamente fra i tre quella del-l’Arcangelo Michele è la figuraper così dire più “famosa”, men-tre meno note ci appaiono le vi-cende e - connesse a queste -leraffigurazioni degli altri due. Perassociazione di pensiero quandosi parla dell’Arcangelo Michele,ci vengono in mente anche Ga-briele e Raffaele. Ma chi sonocostoro? E come sono raffiguratinell’arte occidentale?Intanto possiamo affermare concertezza che solo Michele nellaSacra Scrittura è definito Arcan-gelo (nel Nuovo Testamento eprecisamente nella lettera diGiuda) ed è ricordato come coluiche sconfigge il demonio algrido di “Chi è come Dio?” cheappunto è il significato del nomeMichele. Da questo e dal testodell’Apocalisse, deriva l’icono-grafia dell’Arcangelo adottata inOccidente, cioè la rappresenta-zione dell’angelo più potente delCielo, come guerriero che ap-punto sconfigge il male, mentrel’iconografia orientale (un esem-pio a noi molto vicino è la rap-presentazione dei tre Arcangeli

nel catino absidale della Basilicadi Sant’Angelo in Formis) pre-dilige l’immagine di Michele inabiti di dignitario di corte. Fragli attributi più significativi visono le ali, ben visibili, quindimolto grandi, che deriverebberodall’iconografia classica dellaVittoria alata, e il bastone, ov-vero la lunga bacchetta degliostiari, di coloro cioè che ave-vano il compito di custodire illuogo sacro. Se nelle raffigura-zioni occidentali, dunque, Mi-chele è in genere vestito conun’armatura (in quanto guer-riero), e sovente rappresentatonell’atto della battaglia o megliodella vittoria (quindi nel mo-mento in cui schiaccia la testadel demonio), in quelle orientaliè spesso rappresentato con illoron, ossia il caratteristico abitonobiliare della corte di Bisanzio(come appunto a Sant’Angelo).Gabriele, il cui nome significa“Dio è forte” è ricordato nelNuovo Testamento come l’an-gelo dell’Annunciazione aMaria e, prima ancora, per l’an-nuncio a Zaccaria della nascitadi Giovanni Battista. E’ dunqueil messaggero di Dio. Anche perle rappresentazioni di Gabrieleritroveremo alcuni attributi co-muni agli altri due Arcangeli:

Ar te e Fede

“ I t r e A r c a n g e l i ”“ I t r e A r c a n g e l i ”ovvero le grandi ali e il bastone.Quest’ultimo tuttavia, nell’An-nunciazione, sarà spesso sosti-tuito da un giglio, allusione allaverginità di Maria. Meno noto dei tre è sicuramenteRaffaele, che significa “Dio miha guarito”. Ricordato unica-mente nell’Antico Testamentocome l’inviato da Dio, è asso-ciato a Tobia di cui divenneguida e guaritore, durante ilviaggio dall’Assiria (attualeKurdistan) alla Media (oggiIran), senza rivelare la sua iden-tità fino alla conclusione dellavicenda. Nell’iconografia occi-dentale, dunque, è spesso raffi-gurato con Tobia e con ungrande pesce, che secondo lanarrazione biblica tentò di divo-rarlo; per averlo salvato da que-sto e da altri pericoli,l’Arcangelo Raffaele (che tral’altro guarì il padre di Tobiadalla cecità) è considerato il pro-tettore dei medici e molti ospe-dali gli sono stati dedicati. Entrònell’iconografia italiana, proprioperché poco noto, solo dal 1400quando fu riconosciuto comeprotettore dei viaggiatori e deifarmacisti.

L’angelo Raffaele lascia la casadi Tobia, Rembrandt 1637

Annuncazione (San Gabriele)Beato Angelico 1430 a.c.

San Michele sconfigge gliangeli ribelliLuca Giordano 1657