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207 Supplemento ordinario n. 8 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 42 20-2-2018 C CAPITOLO 7. PROGETTAZIONE PER AZIONI SISMICHE

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CCAPITOLO 7.

PROGETTAZIONE PER AZIONI SISMICHE

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77.0. GENERALITÀ Il presente capitolo disciplina la progettazione e la costruzione delle nuove opere soggette anche all’azione sismica. Le sue indicazioni sono da considerarsi aggiuntive e non sostitutive di quelle riportate nei Capitoli 4, 5 e 6; si deve inoltre far sempre riferimento a quanto indicato nel Capitolo 2, per la valutazione della sicurezza, e nel Capitolo 3, per la valutazione dell’azione sismica. Le costruzioni caratterizzate, nei confronti dello SLV, da agS 0,075g, in cui S è il coefficiente che comprende l’effetto dell’amplificazione stratigrafica (SS) e dell’amplificazione topografica (ST), di cui al § 3.2.3.2, e ag è l’accelerazione orizzontale massima per il suddetto SLV su sito di riferimento rigido, possono essere progettate e verificate come segue:

- si considera la combinazione di azioni definita nel § 2.5.3, applicando, in due direzioni ortogonali, il sistema di forze orizzontali definito dall’espressione [7.3.7] assumendo Fh = 0,10 W

per tutte le tipologie strutturali, essendo definito al

§7.3.3.2;

- si richiede la sola verifica nei confronti dello SLV;

- si utilizza in generale una “progettazione per comportamento strutturale non dissipativo”, quale definita nel § 7.2.2; qualora si scelga una “progettazione per comportamento strutturale dissipativo”, quale definita nel § 7.2.2, si possono impiegare, in classe di duttilità CD“B”, valori unitari per i coefficienti Rd di cui alla Tab. 7.2.I;

- ad eccezione del caso di edifici fino a due piani, considerati al di sopra della fondazione o della struttura scatolare rigida di cui al § 7.2.1, gli orizzontamenti devono rispettare i requisiti di rigidezza e resistenza di cui al § 7.2.2.

7.1. REQUISITI NEI CONFRONTI DEGLI STATI LIMITE S’intende per:

- capacità di un elemento strutturale o di una struttura: l’insieme delle caratteristiche di rigidezza, resistenza e duttilità da essi manifestate, quando soggetti ad un prefissato insieme di azioni;

- domanda su un elemento strutturale o su una struttura: l’insieme delle caratteristiche di rigidezza, resistenza e duttilità ad essi richieste da un prefissato insieme di azioni.

Sotto l’effetto delle azioni definite nel § 3.2, deve essere garantito il rispetto degli stati limite ultimi e di esercizio, quali definiti al § 3.2.1 e individuati riferendosi alle prestazioni della costruzione nel suo complesso che include, oltre agli elementi strutturali in elevazione e di fondazione, agli elementi non strutturali e agli impianti, il volume significativo di terreno definito al § 6.2.2.

La verifica nei confronti dei vari stati limite si effettua confrontando capacità e domanda; in mancanza di specifiche indicazioni in merito, la verifica si considera svolta positivamente quando sono soddisfatti i requisiti di rigidezza, resistenza e duttilità, per gli elementi strutturali, e di stabilità e funzionalità, per gli elementi non strutturali e gli impianti, secondo quanto indicato al § 7.3.6.

Per tutti gli stati limite, le strutture di fondazione devono resistere agli effetti risultanti dalla risposta del terreno e delle strutture sovrastanti, senza spostamenti permanenti incompatibili con lo stato limite di riferimento. Al riguardo, deve essere valutata la risposta sismica e la stabilità del sito, secondo quanto indicato nel § 7.11.5.

7.2. CRITERI GENERALI DI PROGETTAZIONE E MODELLAZIONE

7.2.1. CARATTERISTICHE GENERALI DELLE COSTRUZIONI

REGOLARITÀ Le costruzioni devono avere, quanto più possibile, struttura iperstatica caratterizzata da regolarità in pianta e in altezza. Se necessario, ciò può essere conseguito suddividendo la struttura, mediante giunti, in unità tra loro dinamicamente indipendenti.

Per quanto riguarda gli edifici, una costruzione è regolare in pianta se tutte le seguenti condizioni sono rispettate:

a) la distribuzione di masse e rigidezze è approssimativamente simmetrica rispetto a due direzioni ortogonali e la forma in pianta è compatta, ossia il contorno di ogni orizzontamento è convesso; il requisito può ritenersi soddisfatto, anche in presenza di rientranze in pianta, quando esse non influenzano significativamente la rigidezza nel piano dell’orizzontamento e, per ogni rientranza, l’area compresa tra il perimetro dell’orizzontamento e la linea convessa circoscritta all’orizzontamento non supera il 5% dell’area dell’orizzontamento;

b) il rapporto tra i lati del rettangolo circoscritto alla pianta di ogni orizzontamento è inferiore a 4;

c) ciascun orizzontamento ha una rigidezza nel proprio piano tanto maggiore della corrispondente rigidezza degli elementi strutturali verticali da potersi assumere che la sua deformazione in pianta influenzi in modo trascurabile la distribuzione delle azioni sismiche tra questi ultimi e ha resistenza sufficiente a garantire l’efficacia di tale distribuzione.

Sempre riferendosi agli edifici, una costruzione è regolare in altezza se tutte le seguenti condizioni sono rispettate:

d) tutti i sistemi resistenti alle azioni orizzontali si estendono per tutta l’altezza della costruzione o, se sono presenti parti aventi differenti altezze, fino alla sommità della rispettiva parte dell’edificio;

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e) massa e rigidezza rimangono costanti o variano gradualmente, senza bruschi cambiamenti, dalla base alla sommità della costruzione (le variazioni di massa da un orizzontamento all’altro non superano il 25%, la rigidezza non si riduce da un orizzontamento a quello sovrastante più del 30% e non aumenta più del 10%); ai fini della rigidezza si possono considerare regolari in altezza strutture dotate di pareti o nuclei in c.a. o di pareti e nuclei in muratura di sezione costante sull’altezza o di telai controventati in acciaio, ai quali sia affidato almeno il 50% dell’azione sismica alla base;

f) il rapporto tra la capacità e la domanda allo SLV non è significativamente diverso, in termini di resistenza, per orizzontamenti successivi (tale rapporto, calcolato per un generico orizzontamento, non deve differire più del 30% dall’analogo rapporto calcolato per l’orizzontamento adiacente); può fare eccezione l’ultimo orizzontamento di strutture intelaiate di almeno tre orizzontamenti;

g) eventuali restringimenti della sezione orizzontale della costruzione avvengano con continuità da un orizzontamento al successivo; oppure avvengano in modo che il rientro di un orizzontamento non superi il 10% della dimensione corrispondente all’orizzontamento immediatamente sottostante, né il 30% della dimensione corrispondente al primo orizzontamento. Fa eccezione l’ultimo orizzontamento di costruzioni di almeno quattro orizzontamenti, per il quale non sono previste limitazioni di restringimento.

Qualora, immediatamente al di sopra della fondazione, sia presente una struttura scatolare rigida, purché progettata con comportamento non dissipativo, i controlli sulla regolarità in altezza possono essere riferiti alla sola struttura soprastante la scatolare, a condizione che quest’ultima abbia rigidezza rispetto alle azioni orizzontali significativamente maggiore di quella della struttura ad essa soprastante. Tale condizione si può ritenere soddisfatta se gli spostamenti della struttura soprastante la scatolare, valutati su un modello con incastri al piede, e gli spostamenti della struttura soprastante, valutati tenendo conto anche della deformabilità della struttura scatolare, sono sostanzialmente coincidenti.

Per i ponti le condizioni di regolarità sono definite nel § 7.9.2.1.

DISTANZA TRA COSTRUZIONI CONTIGUE La distanza tra costruzioni contigue deve essere tale da evitare fenomeni di martellamento e comunque non può essere inferiore alla somma degli spostamenti massimi determinati per lo SLV, calcolati per ciascuna costruzione secondo il § 7.3.3 (analisi lineare) o il § 7.3.4 (analisi non lineare) e tenendo conto, laddove significativo, dello spostamento relativo delle fondazioni delle due costruzioni contigue, secondo quanto indicato ai §§ 3.2.4.1, 3.2.4.2 e 7.3.5;

La distanza tra due punti di costruzioni che si fronteggiano non potrà in ogni caso essere inferiore a 1/100 della quota dei punti considerati, misurata dallo spiccato della fondazione o dalla sommità della struttura scatolare rigida di cui al § 7.2.1, moltiplicata per 2agS/g 1.

Qualora non si possano eseguire calcoli specifici, lo spostamento massimo di una costruzione non isolata alla base può essere stimato in 1/100 della sua altezza, misurata come sopra, moltiplicata per agS/g; in questo caso, la distanza tra costruzioni contigue non potrà essere inferiore alla somma degli spostamenti massimi di ciascuna di esse. Il presente capoverso non si applica ai ponti.

Se le costruzioni hanno dispositivi d’isolamento sismico e/o dissipazione, particolare attenzione va posta al dimensionamento dei distacchi e/o giunti, tenendo in conto le indicazioni riportate nel § 7.10.4 e nel § 7.10.6.

ALTEZZA MASSIMA DEI NUOVI EDIFICI L’altezza massima degli edifici deve essere opportunamente limitata, in funzione della loro capacità in rigidezza, resistenza e duttilità, in aggiunta ai limiti imposti dalle normative urbanistiche locali.

LIMITAZIONE DELL’ALTEZZA IN FUNZIONE DELLA LARGHEZZA STRADALE I regolamenti e le norme di attuazione degli strumenti urbanistici possono introdurre limitazioni all’altezza degli edifici in funzione della larghezza stradale.

Per ciascun fronte dell’edificio verso strada, i regolamenti e le norme definiranno la distanza minima tra la proiezione in pianta del fronte stesso ed il ciglio opposto della strada. S’intende per strada l’area di uso pubblico aperta alla circolazione dei pedoni e dei veicoli, e lo spazio inedificabile non cintato aperto alla circolazione pedonale.

77.2.2. CRITERI GENERALI DI PROGETTAZIONE DEI SISTEMI STRUTTURALI

Le costruzioni devono essere dotate di sistemi strutturali che garantiscano rigidezza, resistenza e duttilità nei confronti delle due componenti orizzontali delle azioni sismiche, tra loro ortogonali.

I sistemi strutturali sono composti di elementi strutturali primari ed eventuali elementi strutturali secondari. Agli elementi strutturali primari è affidata l’intera capacità antisismica del sistema; gli elementi strutturali secondari sono progettati per resistere ai soli carichi verticali (v. § 7.2.3).

La componente verticale deve essere considerata, in aggiunta a quanto indicato al § 3.2.3.1, anche in presenza di elementi pressoché orizzontali con luce superiore a 20 m, elementi precompressi (con l’esclusione dei solai di luce inferiore a 8 m), elementi a mensola di luce superiore a 4 m, strutture di tipo spingente, pilastri in falso, edifici con piani sospesi, ponti e costruzioni con isolamento nei casi specificati in § 7.10.5.3.2.

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Nei casi precisati in § 3.2.4.1 si deve inoltre tener conto della variabilità spaziale del moto sismico.

Gli orizzontamenti, ove presenti, devono essere dotati di rigidezza e resistenza tali da consentire la ridistribuzione delle forze orizzontali tra i diversi sistemi resistenti a sviluppo verticale.

Il sistema di fondazione deve essere dotato di elevata rigidezza estensionale nel piano orizzontale e di adeguata rigidezza flessionale. Eccetto che per i ponti, deve essere adottata un’unica tipologia di fondazione per una data struttura in elevazione, salvo che questa non consista di unità indipendenti. In particolare, nella stessa struttura, deve essere evitato l’uso contestuale di fondazioni su pali e di fondazioni dirette o miste, salvo che uno studio specifico non ne dimostri l’accettabilità.

COMPORTAMENTO STRUTTURALE Le costruzioni soggette all’azione sismica, non dotate di appositi dispositivi d’isolamento e/o dissipativi, devono essere progettate in accordo con uno dei seguenti comportamenti strutturali:

a) comportamento strutturale non dissipativo,

oppure

b) comportamento strutturale dissipativo.

Per comportamento strutturale non dissipativo, nella valutazione della domanda tutte le membrature e i collegamenti rimangono in campo elastico o sostanzialmente elastico; la domanda derivante dall‘azione sismica e dalle altre azioni è calcolata, in funzione dello stato limite cui ci si riferisce, ma indipendentemente dalla tipologia strutturale e senza tener conto delle non linearità di materiale, attraverso un modello elastico (v. § 7.2.6)

Per comportamento strutturale dissipativo, nella valutazione della domanda un numero elevato di membrature e/o collegamenti evolvono in campo plastico, mentre la restante parte della struttura rimane in campo elastico o sostanzialmente elastico; la domanda derivante dall‘azione sismica e dalle altre azioni è calcolata, in funzione dello stato limite cui ci si riferisce e della tipologia strutturale, tenendo conto della capacità dissipativa legata alle non linearità di materiale. Se la capacità dissipativa è presa in conto implicitamente attraverso il fattore di comportamento q (v. § 7.3), si adotta un modello elastico; se la capacità dissipativa è presa in conto esplicitamente, si adotta un’adeguata legge costitutiva (v. § 7.2.6).

CLASSI DI DUTTILITÀ Una costruzione a comportamento strutturale dissipativo deve essere progettata per conseguire una delle due Classi di Duttilità (CD):

- Classe di Duttilità Alta (CD”A”), ad elevata capacità dissipativa;

- Classe di Duttilità Media (CD”B”), a media capacità dissipativa.

La differenza tra le due classi risiede nell’entità delle plasticizzazioni previste, in fase di progettazione, sia a livello locale sia a livello globale.

PROGETTAZIONE IN CAPACITÀ E FATTORI DI SOVRARESISTENZA Sia per la CD”A” sia per la CD”B”, s’impiegano i procedimenti tipici della progettazione in capacità. Nelle sole costruzioni di muratura, essi s’impiegano dove esplicitamente specificato.

Questa progettazione ha lo scopo di assicurare alla struttura dissipativa un comportamento duttile ed opera come segue:

- distingue gli elementi e i meccanismi, sia locali sia globali, in duttili e fragili;

- mira ad evitare le rotture fragili locali e l’attivazione di meccanismi globali fragili o instabili;

- mira a localizzare le dissipazioni di energia per isteresi in zone degli elementi duttili a tal fine individuate e progettate, dette “dissipative” o “duttili”, coerenti con lo schema strutturale adottato.

Tali fini possono ritenersi conseguiti progettando la capacità in resistenza allo SLV degli elementi/meccanismi fragili, locali e globali, in modo che sia maggiore di quella degli elementi/meccanismi duttili ad essi alternativi. Per assicurare il rispetto di tale diseguaglianza, a livello sia locale sia globale, l‘effettiva capacità in resistenza degli elementi/meccanismi duttili è incrementata mediante un opportuno coefficiente Rd, detto “fattore di sovraresistenza”; a partire da tale capacità maggiorata si dimensiona la capacità degli elementi/meccanismi fragili indesiderati, alternativi ai duttili. Per ogni tipologia strutturale:

occorre assicurare, anche solo su base deduttiva a partire dai fattori di sovraresistenza Rd da utilizzare nella progettazione in capacità a livello locale, un adeguato fattore di sovraresistenza Rd dei meccanismi globali fragili. Ove non esplicitamente specificato nella presente norma, tale fattore deve essere almeno pari a 1,25;

i fattori di sovraresistenza Rd da utilizzare nella progettazione in capacità a livello locale per i diversi elementi strutturali e le singole verifiche, sono riassunti nella tabella seguente:

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Tab. 7.2.I - Fattori di sovraresistenza Rd (fra parentesi quadre è indicato il numero dell’equazione corrispondente)

Tipologia strutturale Elementi strutturali Progettazione in capacità Rd

CD”A” CD”B”

C.a. gettata in opera

Travi (§ 7.4.4.1.1) Taglio 1,20 1,10

Pilastri (§ 7.4.4.2.1) Pressoflessione [7.4.4] 1,30 1,30

Taglio [7.4.5] 1,30 1,10 Nodi trave-pilastro

(§ 7.4.4.3.1) Taglio [7.4.6-7, 7.4.11-12] 1,20 1,10

Pareti (§ 7.4.4.5.1) Taglio [7.4.13-14] 1,20 -

C.a. prefabbricata a struttura intelaiata

Collegamenti di tipo a) (§ 7.4.5.2.1)

Flessione e taglio 1,20 1,10

Collegamenti di tipo b) (§ 7.4.5.2.1)

Flessione e taglio 1,35 1,20

C.a. prefabbricata con pilastri incastrati alla

base e orizzontamenti incernierati

Collegamenti di tipo fisso (§ 7.4.5.2.1)

Taglio 1,35 1,20

Acciaio Si impiega il fattore di sovraresistenza ov definito al § 7.5.1

Colonne (§ 7.5.4.2) Pressoflessione [7.5.10] 1,30 1,30

Composta acciaio-calcestruzzo

Si impiega il fattore di sovraresistenza ov definito al § 7.5.1

Colonne (§ 7.6.6.2) Pressoflessione [7.6.7] 1,30 1,30 Legno Collegamenti 1,60 1,30

Muratura armata con progettazione in capacità

Pannelli murari (§ 7.8.1.7) Taglio 1,50

Ponti Si impiegano i fattori di sovraresistenza definiti al § 7.9.5

La domanda di resistenza valutata con i criteri della progettazione in capacità può essere assunta non superiore alla domanda di resistenza valutata per il caso di comportamento strutturale non dissipativo. Le strutture di fondazione e i relativi elementi strutturali devono essere progettati sulla base della domanda ad essi trasmessa dalla struttura sovrastante (si veda § 7.2.5) attribuendo loro comportamento strutturale non dissipativo, indipendentemente dal comportamento attribuito alla struttura su di essi gravante. I collegamenti realizzati con dispositivi di vincolo temporaneo, di cui al § 11.9, devono sostenere la domanda allo SLV (vedi § 7.3) maggiorata di un coefficiente Rd almeno pari a 1,5.

SPOSTAMENTI RELATIVI IN APPOGGI MOBILI Gli appoggi mobili devono essere dimensionati per consentire, sotto l’azione sismica corrispondente allo SLC, uno spostamento relativo nella direzione d’interesse tra le due parti della struttura che essi collegano, valutato come:

EgEs dd

dove:

dEs è lo spostamento relativo tra le due parti della struttura, valutato come radice quadrata della somma dei quadrati dei massimi spostamenti orizzontali nella direzione d’interesse delle due parti; tali massimi spostamenti sono calcolati, nel caso di analisi lineare, secondo il § 7.3.3.3 o, nel caso di analisi non lineare, secondo il § 7.3.4; per i ponti, lo spostamento relativo così ottenuto deve essere moltiplicato per 1,25,

dEg è lo spostamento relativo tra il terreno alla base delle due parti della struttura collegate dall’appoggio mobile, calcolato come indicato al § 3.2.4.2.

Per la trasmissione di forze orizzontali tra parti della struttura non è mai consentito confidare sull’attrito conseguente ai carichi gravitazionali, salvo per dispositivi espressamente progettati per tale scopo.

ZONE DISSIPATIVE E RELATIVI DETTAGLI COSTRUTTIVI Nel caso di comportamento strutturale dissipativo il comportamento sismico della struttura è largamente dipendente dal comportamento delle sue zone dissipative, esse devono formarsi ove previsto e mantenere, in presenza di azioni cicliche, la capacità di trasmettere le necessarie sollecitazioni e di dissipare energia, garantendo la capacità in duttilità relativa alla classe di duttilità scelta.

I dettagli costruttivi delle zone dissipative e delle connessioni tra queste zone e le restanti parti della struttura, nonché dei diversi elementi strutturali tra loro, sono fondamentali per un corretto comportamento sismico e devono essere esaurientemente specificati negli elaborati di progetto.

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77.2.3. CRITERI DI PROGETTAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI SECONDARI ED ELEMENTI COSTRUTTIVI NON STRUTTURALI

ELEMENTI SECONDARI Alcuni elementi strutturali possono essere considerati “secondari”; nell’analisi della risposta sismica, la rigidezza e la resistenza alle azioni orizzontali di tali elementi possono essere trascurate. Tali elementi sono progettati per resistere ai soli carichi verticali e per seguire gli spostamenti della struttura senza perdere capacità portante. Gli elementi secondari e i loro collegamenti devono quindi essere progettati e dotati di dettagli costruttivi per sostenere i carichi gravitazionali, quando soggetti a spostamenti causati dalla più sfavorevole delle condizioni sismiche di progetto allo SLC, valutati, nel caso di analisi lineare, secondo il § 7.3.3.3, oppure, nel caso di analisi non lineare, secondo il § 7.3.4. In nessun caso la scelta degli elementi da considerare secondari può determinare il passaggio da struttura “irregolare” a struttura “regolare” come definite al § 7.2.1, né il contributo totale alla rigidezza ed alla resistenza sotto azioni orizzontali degli elementi secondari può superare il 15% dell’analogo contributo degli elementi primari.

ELEMENTI COSTRUTTIVI NON STRUTTURALI Per elementi costruttivi non strutturali s’intendono quelli con rigidezza, resistenza e massa tali da influenzare in maniera significativa la risposta strutturale e quelli che, pur non influenzando la risposta strutturale, sono ugualmente significativi ai fini della sicurezza e/o dell’incolumità delle persone.

La capacità degli elementi non strutturali, compresi gli eventuali elementi strutturali che li sostengono e collegano, tra loro e alla struttura principale, deve essere maggiore della domanda sismica corrispondente a ciascuno degli stati limite da considerare (v. § 7.3.6). Quando l’elemento non strutturale è costruito in cantiere, è compito del progettista della struttura individuare la domanda e progettarne la capacità in accordo a formulazioni di comprovata validità ed è compito del direttore dei lavori verificarne la corretta esecuzione; quando invece l’elemento non strutturale è assemblato in cantiere, è compito del progettista della struttura individuare la domanda, è compito del fornitore e/o dell’installatore fornire elementi e sistemi di collegamento di capacità adeguata ed è compito del direttore dei lavori verificarne il corretto assemblaggio.

Se la distribuzione degli elementi non strutturali è fortemente irregolare in pianta, gli effetti di tale irregolarità debbono essere valutati e tenuti in conto. Questo requisito si intende soddisfatto qualora si incrementi di un fattore 2 l’eccentricità accidentale di cui al § 7.2.6.

Se la distribuzione degli elementi non strutturali è fortemente irregolare in altezza, deve essere considerata la possibilità di forti concentrazioni di danno ai livelli caratterizzati da significative riduzioni degli elementi non strutturali rispetto ai livelli adiacenti. Questo requisito s’intende soddisfatto qualora si incrementi di un fattore 1,4 la domanda sismica sugli elementi verticali (pilastri e pareti) dei livelli con significativa riduzione degli elementi non strutturali.

La domanda sismica sugli elementi non strutturali può essere determinata applicando loro una forza orizzontale Fa definita come segue:

aaaa qWSF [7.2.1] dove

Fa è la forza sismica orizzontale distribuita o agente nel centro di massa dell’elemento non strutturale, nella direzione più sfavorevole, risultante delle forze distribuite proporzionali alla massa;

Sa è l’accelerazione massima, adimensionalizzata rispetto a quella di gravità, che l’elemento non strutturale subisce durante il sisma e corrisponde allo stato limite in esame (v. § 3.2.1);

Wa è il peso dell’elemento;

qa è il fattore di comportamento dell’elemento.

In assenza di specifiche determinazioni, per Sa e qa può farsi utile riferimento a documenti di comprovata validità.

7.2.4. CRITERI DI PROGETTAZIONE DEGLI IMPIANTI

Il presente paragrafo fornisce indicazioni utili per la progettazione e l’installazione antisismica degli impianti, intesi come insieme di: impianto vero e proprio, dispositivi di alimentazione dell’impianto, collegamenti tra gli impianti e la struttura principale. A meno di contrarie indicazioni della legislazione nazionale di riferimento, della progettazione antisismica degli impianti è responsabile il produttore, della progettazione antisismica degli elementi di alimentazione e collegamento è responsabile l’installatore, della progettazione antisismica degli orizzontamenti, delle tamponature e dei tramezzi a cui si ancorano gli impianti è responsabile il progettista strutturale.

La capacità dei diversi elementi funzionali costituenti l’impianto, compresi gli elementi strutturali che li sostengono e collegano, tra loro e alla struttura principale, deve essere maggiore della domanda sismica corrispondente a ciascuno degli stati limite da considerare (v. § 7.3.6). È compito del progettista della struttura individuare la domanda, mentre è compito del fornitore e/o dell’installatore fornire impianti e sistemi di collegamento di capacità adeguata.

Non ricadono nelle prescrizioni successive e richiedono uno specifico studio gli impianti che eccedano il 30% del carico permanente totale del campo di solaio su cui sono collocati o del pannello di tamponatura o di tramezzatura a cui sono appesi o il 10% del carico permanente totale dell’intera struttura.

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In assenza di più accurate valutazioni, la domanda sismica agente per la presenza di un impianto sul pannello di tamponatura o di tramezzatura a cui l’impianto è appeso, si può assimilare ad un carico uniformemente distribuito di intensità 2Fa/S, dove Fa è la forza di competenza di ciascuno degli elementi funzionali componenti l’impianto applicata al baricentro dell’elemento e calcolata utilizzando l’equazione [7.2.1] e S è la superficie del pannello di tamponatura o di tramezzatura. Tale carico distribuito deve intendersi agente sia ortogonalmente sia tangenzialmente al piano medio del pannello.

In accordo con i criteri della progettazione in capacità gli eventuali componenti fragili devono avere capacità doppia di quella degli eventuali componenti duttili ad essi contigui, ma non superiore a quella richiesta da un’analisi eseguita con modello elastico e fattore di comportamento q pari ad 1,5. La domanda valutata con i criteri della progettazione in capacità può essere assunta non superiore alla domanda valutata per il caso di comportamento strutturale non dissipativo.

Gli impianti non possono essere vincolati alla costruzione contando sull’effetto dell’attrito, bensì devono essere collegati ad essa con dispositivi di vincolo rigidi o flessibili; gli impianti a dispositivi di vincolo flessibili sono quelli che hanno periodo di vibrazione T 0,1s valutato tenendo conto della sola deformabilità del vincolo. Se si adottano dispositivi di vincolo flessibili, i collegamenti di servizio dell’impianto devono essere flessibili e non possono far parte del meccanismo di vincolo.

Deve essere limitato il rischio di fuoriuscite incontrollate di gas o fluidi, particolarmente in prossimità di utenze elettriche e materiali infiammabili, anche mediante l’utilizzo di dispositivi d’interruzione automatica della distribuzione. I tubi per la fornitura di gas o fluidi, al passaggio dal terreno alla costruzione, devono essere progettati per sopportare senza rotture i massimi spostamenti relativi costruzione-terreno dovuti all’azione sismica corrispondente a ciascuno degli stati limite considerati (v. § 7.3.6)

77.2.5. REQUISITI STRUTTURALI DEGLI ELEMENTI DI FONDAZIONE

Le azioni trasmesse in fondazione derivano dall’analisi del comportamento dell’intera opera, in genere condotta esaminando la sola struttura in elevazione alla quale sono applicate le pertinenti combinazioni delle azioni di cui al § 2.5.3.

Sia per CD“A” sia per CD“B” il dimensionamento delle strutture di fondazione e la verifica di sicurezza del complesso fondazione-terreno devono essere eseguiti assumendo come azione in fondazione, trasmessa dagli elementi soprastanti, una tra le seguenti:

- quella derivante dall’analisi strutturale eseguita ipotizzando comportamento strutturale non dissipativo (v. § 7.3);

- quella derivante dalla capacità di resistenza a flessione degli elementi (calcolata per la forza assiale derivante dalla combinazione delle azioni di cui al § 2.5.3), congiuntamente al taglio determinato da considerazioni di equilibrio;

- quella trasferita dagli elementi soprastanti nell’ipotesi di comportamento strutturale dissipativo, amplificata di un coefficiente pari a 1,30 in CD“A” e 1,10 in CD“B”;

FONDAZIONI SUPERFICIALI Le strutture delle fondazioni superficiali devono essere progettate per le azioni definite al precedente capoverso, assumendo un comportamento non dissipativo; non sono quindi necessarie armature specifiche per ottenere un comportamento duttile.

Le platee di fondazione in calcestruzzo armato devono avere armature longitudinali, secondo due direzioni ortogonali e per l’intera estensione, in percentuale non inferiore allo 0,1% dell’area della sezione trasversale della platea, sia inferiormente sia superiormente.

Le travi di fondazione in calcestruzzo armato devono avere, per l’intera lunghezza, armature longitudinali in percentuale non inferiore allo 0,2% dell’area della sezione trasversale della trave, sia inferiormente sia superiormente.

FONDAZIONI SU PALI I pali in calcestruzzo devono essere armati, per tutta la lunghezza, con una armatura longitudinale in percentuale non inferiore allo 0,3% dell’area della sezione trasversale del palo e un’armatura trasversale costituita da staffe o da spirali di diametro non inferiore a 8 mm, passo non superiore a 8 volte il diametro delle barre longitudinali.

Qualora non fosse possibile escludere il raggiungimento della capacità dei pali, devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:

se la capacità è raggiunta in prossimità della testa del palo, deve considerarsi una zona dissipativa estesa fino a una profondità pari ad almeno dieci volte il diametro del palo; se la capacità è raggiunta in profondità, per esempio in corrispondenza di contatti tra strati di terreno di rigidezza molto diversa (§7.11.5.3.2), deve considerarsi una zona dissipativa a cavallo dei contatti avente estensione pari ad almeno cinque diametri;

nelle zone dissipative le sezioni devono essere progettate per esibire un comportamento duttile per effetto delle azioni di calcolo;

In tali zone dissipative l’armatura longitudinale deve avere area non inferiore all’1% dell’area della sezione trasversale del palo, mentre l’armatura trasversale deve essere costituita da staffe singole di passo non superiore a 6 volte il diametro delle barre longitudinali. In assenza di specifiche valutazioni della capacità di duttilità, devono essere rispettate le seguenti prescrizioni:

la capacità per taglio deve essere almeno pari ad 1,3 volte della corrispondente domanda; nelle zone dissipative la tensione normale media agente su ciascuna sezione, in corrispondenza delle combinazioni

sismiche delle azioni, deve essere inferiore a 0,45 fcd; il momento flettente calcolato in campo elastico deve essere inferiore a 1,5 MRd, dove MRd è la capacità a flessione di

progetto del palo, calcolata per i livelli di sollecitazione assiale presenti nelle combinazioni sismiche delle azioni.

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L’uso di pali inclinati deve essere esplicitamente giustificato. Il dimensionamento di questi pali deve derivare, con un adeguato margine di sicurezza, da una specifica analisi d’interazione del complesso fondazione-terreno in condizioni sismiche.

COLLEGAMENTI ORIZZONTALI TRA GLI ELEMENTI DI FONDAZIONE Si deve tenere conto della presenza di spostamenti relativi del terreno sul piano di fondazione, calcolati come specificato nel § 3.2.4.2 e applicati alla fondazione, e dei possibili effetti da essi indotti nella struttura sovrastante.

Tali spostamenti relativi possono essere trascurati se le strutture di fondazione sono collegate tra loro da un reticolo di travi, o da una piastra dimensionata in modo adeguato, in grado di assorbire le forze assiali conseguenti. In assenza di valutazioni più accurate, si possono prudenzialmente assumere le seguenti azioni assiali:

± 0,2 Nsd amax /g per il profilo stratigrafico di tipo A

± 0,3 Nsd amax /g per il profilo stratigrafico di tipo B

± 0,4 Nsd amax /g per il profilo stratigrafico di tipo C

± 0,6 Nsd amax /g per il profilo stratigrafico di tipo D

dove Nsd è il valore medio delle forze verticali agenti sugli elementi collegati, e amax è l’accelerazione orizzontale massima attesa al sito. In assenza di analisi specifiche della risposta sismica locale l’accelerazione massima attesa al sito può essere valutata con la relazione: amax = agS in cui S è il coefficiente che comprende l’effetto dell’amplificazione stratigrafica (SS) e dell’amplificazione topografica (ST), di cui al § 3.2.3.2, e ag è l’accelerazione orizzontale massima per lo SLC su sito di riferimento rigido.

Ai fini dell’applicazione delle precedenti relazioni, il profilo stratigrafico di tipo E è assimilato a quello di tipo C se i terreni posti sul substrato di riferimento sono mediamente addensati (terreni a grana grossa) o mediamente consistenti (terreni a grana fina) e a quello di tipo D se i terreni posti su substrato di riferimento sono scarsamente addensati (terreni a grana grossa) o scarsamente consistenti (terreni a grana fine).

Travi o piastre di piano e travi porta pannello possono essere assimilate a elementi di collegamento solo se realizzate ad una distanza 1,00 m dall’estradosso delle fondazioni dirette o del plinto di collegamento dei pali.

77.2.6. CRITERI DI MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA E DELL’AZIONE SISMICA

MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA Il modello della struttura deve essere tridimensionale e rappresentare in modo adeguato le effettive distribuzioni spaziali di massa, rigidezza e resistenza, con particolare attenzione alle situazioni nelle quali componenti orizzontali dell’azione sismica possono produrre forze d’inerzia verticali (travi di grande luce, sbalzi significativi, ecc.).

Qualora si adotti un modello di comportamento non dissipativo , oppure un modello dissipativo che utilizza il coefficiente di comportamento q, si impiegheranno per i materiali leggi costitutive elastiche .

Qualora si adotti un modello di comportamento dissipativo tenendo esplicitamente conto della capacità dissipativa, il legame costitutivo utilizzato per modellare la non linearità di materiale dovrà essere giustificato, anche in relazione alla corretta rappresentazione dell’energia dissipata nei cicli di isteresi.

Delle non linearità geometriche, se significative, si terrà conto per ambedue i comportamenti.

Nel rappresentare la rigidezza degli elementi strutturali si deve tener conto della fessurazione. In caso non siano effettuate analisi specifiche, la rigidezza flessionale e a taglio di elementi in muratura, calcestruzzo armato, acciaio-calcestruzzo, può essere ridotta sino al 50% della rigidezza dei corrispondenti elementi non fessurati, tenendo debitamente conto dello stato limite considerato e dell’influenza della sollecitazione assiale permanente.

A meno di specifiche valutazioni e purché le aperture presenti non ne riducano significativamente la rigidezza, gli orizzontamenti piani possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano medio a condizione che siano realizzati in calcestruzzo armato, oppure in latero-cemento con soletta in calcestruzzo armato di almeno 40 mm di spessore, o in struttura mista con soletta in calcestruzzo armato di almeno 50 mm di spessore collegata agli elementi strutturali in acciaio o in legno da connettori a taglio opportunamente dimensionati.

Nella definizione del modello, gli elementi non strutturali non appositamente progettati come collaboranti (quali tamponature e tramezzi) possono essere rappresentati unicamente in termini di massa; il loro contributo al comportamento del sistema strutturale in termini di rigidezza e resistenza sarà considerato solo qualora abbia effetti negativi ai fini della sicurezza.

MODELLAZIONE DELL’AZIONE SISMICA Le azioni conseguenti al moto sismico possono essere modellate sia attraverso forze statiche equivalenti o spettri di risposta, sia attraverso storie temporali del moto del terreno, opportunamente selezionate.

La domanda sismica può essere valutata considerando gli effetti di interazione terreno-struttura di tipo sia inerziale sia cinematico, nonché definendo l’input sismico di progetto tramite analisi di risposta sismica locale. Per le relative procedure dovranno essere utilizzati metodi e modelli di comprovata validità.

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Non è ammesso l’uso di storie temporali del moto del suolo artificiali o con componenti artificiali per le analisi di risposta sismica locale e per analisi di interazione terreno struttura che prevedano legami costitutivi isteretici per la modellazione del sottosuolo, coerentemente con le indicazioni del § 3.2.3.6.

In quanto alla domanda sismica ed alla risposta strutturale valgono le seguenti limitazioni:

a) I valori dello spettro di risposta elastico in accelerazione delle componenti dell’azione sismica di progetto, valutato assumendo il 5 % di smorzamento ed ottenuto tramite analisi di risposta sismica locale e/o di interazione terreno struttura, devono essere almeno pari al 70 % di quelli del corrispondente spettro di risposta elastico in accelerazione per sottosuolo di tipo A, come definito al § 3.2.3.2.

b) Ove si effettuino analisi di interazione terreno-struttura, la risultante globale di taglio e sforzo normale trasmessa all’estradosso della fondazione della costruzione deve essere almeno pari al 70 % di quella ottenuta da identico modello strutturale con vincoli fissi all’estradosso della fondazione e con input sismico corrispondente allo spettro di risposta per sottosuolo tipo A, come definito al § 3.2.3.2.

E' possibile considerare la deformabilità del complesso fondazione-terreno e la sua capacità dissipativa, utilizzando ad esempio vincoli viscoelastici caratterizzati da un'opportuna impedenza dinamica. In tal caso, è necessario tener conto della dipendenza delle caratteristiche di rigidezza e smorzamento dal livello deformativo nel terreno.

Per le fondazioni miste, come specificato al § 6.4.3, l’interazione fra terreno, pali e struttura di collegamento deve essere studiata con appropriate modellazioni, allo scopo di pervenire alla determinazione dell’aliquota dell’azione di progetto trasferita al terreno direttamente dalla struttura di collegamento e dell’aliquota trasmessa ai pali.

Per tenere conto della variabilità spaziale del moto sismico, nonché di eventuali incertezze, deve essere attribuita al centro di massa un’eccentricità accidentale rispetto alla sua posizione quale deriva dal calcolo. Per i soli edifici e in assenza di più accurate determinazioni, l’eccentricità accidentale in ogni direzione non può essere considerata inferiore a 0,05 volte la dimensione media dell’edificio misurata perpendicolarmente alla direzione di applicazione dell’azione sismica. Detta eccentricità è assunta costante, per entità e direzione, su tutti gli orizzontamenti.

77.3. METODI DI ANALISI E CRITERI DI VERIFICA L’entità della domanda con la quale confrontare la capacità della struttura, secondo i criteri definiti al § 7.3.6, può essere valutata utilizzando una delle modellazioni descritte in precedenza ed adottando uno fra i metodi di analisi illustrati nel seguito.

I metodi di analisi si articolano in lineari e non lineari, in funzione delle caratteristiche della struttura e del modello di comportamento adottato.

Nel caso di analisi lineare, la domanda sismica per strutture a comportamento sia non dissipativo, sia dissipativo, può essere ridotta utilizzando un opportuno fattore di comportamento q. I valori attribuibili a q variano in funzione del comportamento strutturale (dissipativo o non dissipativo) e dello stato limite considerati, legandosi all’entità delle plasticizzazioni, che a ciascuno stato limite si accompagnano.

Per ciascuno degli stati limite e dei metodi di analisi considerati, nella tabella successiva sono riportati:

- per l’analisi lineare, il comportamento strutturale, le modalità di modellazione dell’azione sismica e i limiti da attribuire al fattore di comportamento q, a seconda dello stato limite considerato;

- per l’analisi non lineare, , il comportamento strutturale, le modalità di modellazione dell’azione sismica. Tab. 7.3.I – Limiti su q e modalità di modellazione dell’azione sismica

STATI LIMITE Lineare (Dinamica e Statica) Non Lineare

Dissipativo Non Dissipativo Dinamica Statica

SLE

SLO q = 1.0

§ 3.2.3.4

q = 1.0

§ 3.2.3.4

§ 7.3.4.1 § 7.3.4.2 SLD

q 1,5

§ 3.2.3.5

q 1,5

§ 3.2.3.5

SLU SLV

q 1,5

§ 3.2.3.5

q 1,5

§ 3.2.3.5

SLC --- ---

Il limite superiore del fattore q allo SLV è specificato, per tutte le tipologie strutturali, nel § 7.3.1, richiamandolo poi, per i diversi materiali, nei successivi paragrafi specifici.

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77.3.1. ANALISI LINEARE O NON LINEARE

L’analisi delle strutture soggette ad azione sismica può essere lineare o non lineare.

ANALISI LINEARE L’analisi lineare può essere utilizzata per calcolare la domanda sismica nel caso di comportamento strutturale sia non dissipativo sia dissipativo (§ 7.2.2). In entrambi i casi, la domanda sismica è calcolata, quale che sia la modellazione utilizzata per l’azione sismica, riferendosi allo spettro di progetto (§ 3.2.3.4 e § 3.2.3.5) ottenuto, per ogni stato limite, assumendo per il fattore di comportamento q, i limiti riportati nella tabella 7.3.I con i valori dei fattori di base q0 riportati in Tab. 7.3.II.

Valori del fattore di comportamento q Nel caso di comportamento strutturale dissipativo (§ 7.2.2), il valore del fattore di comportamento q, da utilizzare per lo stato limite considerato e nella direzione considerata per l’azione sismica, dipende dalla tipologia strutturale, dal suo grado di iperstaticità e dai criteri di progettazione adottati e tiene conto, convenzionalmente, delle capacità dissipative del materiale. Le strutture possono essere classificate come appartenenti ad una tipologia in una direzione orizzontale e ad un’altra tipologia nella direzione orizzontale ortogonale alla precedente, utilizzando per ciascuna direzione il fattore di comportamento corrispondente.

Il limite superiore qlim del fattore di comportamento relativo allo SLV è calcolato tramite la seguente espressione:

R0lim Kqq [7.3.1]

dove:

q0 è il valore base del fattore di comportamento allo SLV, i cui massimi valori sono riportati in tabella 7.3.II in dipendenza della Classe di Duttilità, della tipologia strutturale, del coefficiente di cui al § 7.9.2.1 e del rapporto u/ 1 tra il valore dell’azione sismica per il quale si verifica la plasticizzazione in un numero di zone dissipative tale da rendere la struttura un meccanismo e quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la plasticizzazione a flessione; la scelta di q0 deve essere esplicitamente giustificata;

KR è un fattore che dipende dalle caratteristiche di regolarità in altezza della costruzione, con valore pari ad 1 per costruzioni regolari in altezza e pari a 0,8 per costruzioni non regolari in altezza.

Tab. 7.3.II – Valori massimi del valore di base q0 del fattore di comportamento allo SLV per diverse tecniche costruttive ed in funzione della tipologia strutturale e della classe di duttilità CD q0 Tipologia strutturale CD”A” CD”B”

Costruzioni di calcestruzzo (§ 7.4.3.2)Strutture a telaio, a pareti accoppiate, miste (v. § 7.4.3.1) 4,5 u/ 1 3,0 u/ 1 Strutture a pareti non accoppiate (v. § 7.4.3.1) 4,0 u/ 1 3,0 Strutture deformabili torsionalmente (v. § 7.4.3.1) 3,0 2,0 Strutture a pendolo inverso (v. § 7.4.3.1) 2,0 1,5 Strutture a pendolo inverso intelaiate monopiano (v. § 7.4.3.1) 3,5 2,5

Costruzioni con struttura prefabbricata (§ 7.4.5.1)Strutture a pannelli 4,0 u/ 1 3,0 Strutture monolitiche a cella 3,0 2,0 Strutture con pilastri incastrati e orizzontamenti incernierati 3,5 2,5

Costruzioni d’acciaio (§ 7.5.2.2) e composte di acciaio-calcestruzzo (§ 7.6.2.2) Strutture intelaiate Strutture con controventi eccentrici

5,0 u/ 1 4,0

Strutture con controventi concentrici a diagonale tesa attiva Strutture con controventi concentrici a V

4,0 2,5

4,0 2,0

Strutture a mensola o a pendolo inverso 2,0 u/ 1 2,0 Strutture intelaiate con controventi concentrici 4,0 u/ 1 4,0 Strutture intelaiate con tamponature in murature 2,0 2,0

Costruzioni di legno (§ 7.7.3)Pannelli di parete a telaio leggero chiodati con diaframmi incollati, collegati mediante chiodi, viti e bulloni Strutture reticolari iperstatiche con giunti chiodati

3,0 2,0

Portali iperstatici con mezzi di unione a gambo cilindrico 4,0 2,5 Pannelli di parete a telaio leggero chiodati con diaframmi chiodati, collegati mediante chiodi, viti e bulloni.

5,0 3,0

Pannelli di tavole incollate a strati incrociati, collegati mediante chiodi, viti, bulloni Strutture reticolari con collegamenti a mezzo di chiodi, viti, bulloni o spinotti

2,5

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Strutture cosiddette miste, con intelaiatura (sismo-resistente) in legno e tamponature non portanti Strutture isostatiche in genere, compresi portali isostatici con mezzi di unione a gambo cilindrico, e altre tipologie strutturali

1,5

Costruzioni di muratura (§ 7.8.1.3)Costruzioni di muratura ordinaria 1,75 u/ 1

Costruzioni di muratura armata 2,5 u/ 1

Costruzioni di muratura armata con progettazione in capacità 3,0 u/ 1

Costruzioni di muratura confinata 2,0 u/ 1

Costruzioni di muratura confinata con progettazione in capacità 3,0 u/ 1 Ponti (§ 7.9.2.1)

Pile in calcestruzzo armato Pile verticali inflesse Elementi di sostegno inclinati inflessi

3,5 2,1

1,5 1,2

Pile in acciaio: Pile verticali inflesse Elementi di sostegno inclinati inflessi Pile con controventi concentrici Pile con controventi eccentrici

3,5 2,0 2,5 3,5

1,5 1,2 1,5 -

Spalle In genere Se si muovono col terreno

1,5 1,0

1,5 1,0

Per le costruzioni regolari in pianta, qualora non si proceda a un’analisi non lineare finalizzata alla sua valutazione, per il rapporto u/ 1, possono essere adottati i valori indicati nei paragrafi successivi per le diverse tipologie costruttive.

Per le costruzioni non regolari in pianta, si possono adottare valori di u/ 1 pari alla media tra 1,0 e i valori di volta in volta forniti per le diverse tipologie costruttive.

Qualora nella costruzione siano presenti pareti di calcestruzzo armato, per prevenirne il collasso fragile, i valori di q0 devono essere ridotti mediante il fattore kw, con:

ideformabil mente torsionalpareti, a iequivalent miste pareti, a struttureper

telaia iequivalent miste e telaioa struttureper 1310,5

00,1k

0w

dove 0 è il valore assunto in prevalenza dal rapporto tra altezza totale (dalle fondazioni o dalla struttura scatolare rigida di base di cui al § 7.2.1, fino alla sommità) e lunghezza delle pareti; nel caso in cui gli 0 delle pareti non differiscano significativamente tra di loro, il valore di 0 per l’insieme delle pareti può essere calcolato assumendo, come altezza, la somma delle altezze delle singole pareti, come lunghezza, la somma delle lunghezze.

Qualora la domanda in resistenza allo SLV risulti inferiore a quella allo SLD, si può scegliere di progettare la capacità in resistenza sulla base della domanda allo SLD invece che allo SLV. In tal caso il fattore di comportamento allo SLV deve essere scelto in modo che le ordinate dello spettro di progetto per lo SLV siano non inferiori a quelle dello spettro di progetto per lo SLD.

Il valore di q utilizzato per la componente verticale dell’azione sismica allo SLV, a meno di adeguate analisi giustificative, è q = 1,5 per qualunque tipologia strutturale e di materiale, tranne che per i ponti per i quali è q = 1.

Per le strutture a comportamento strutturale non dissipativo si adotta un fattore di comportamento qND, ridotto rispetto al valore minimo relativo alla CD”B” (Tab. 7.3.II) secondo l’espressione:

ND CD"B"21 q q 1,53

[7.3.2]

Effetti delle non linearità geometriche Le non linearità geometriche sono prese in conto attraverso il fattore che, in assenza di più accurate determinazioni, può essere definito come:

hVdP Er [7.3.3]

dove:

P è il carico verticale totale dovuto all’orizzontamento in esame e alla struttura ad esso sovrastante;

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dER è lo spostamento orizzontale medio d’interpiano allo SLV, ottenuto come differenza tra lo spostamento orizzontale dell’orizzontamento considerato e lo spostamento orizzontale dell’orizzontamento immediatamente sottostante, entrambi valutati come indicato al § 7.3.3.3;

V è la forza orizzontale totale in corrispondenza dell’orizzontamento in esame, derivante dall’analisi lineare con fattore di comportamento q;

h è la distanza tra l’orizzontamento in esame e quello immediatamente sottostante.

Gli effetti delle non linearità geometriche:

possono essere trascurati, quando è minore di 0,1;

possono essere presi in conto incrementando gli effetti dell’azione sismica orizzontale di un fattore pari a 1/(1 ), quando è compreso tra 0,1 e 0,2;

devono essere valutati attraverso un’analisi non lineare, quando è compreso tra 0,2 e 0,3.

Il fattore non può comunque superare il valore 0,3.

ANALISI NON LINEARE L’analisi non lineare può essere utilizzata sia per sistemi strutturali a comportamento non dissipativo, sia per sistemi strutturali a comportamento dissipativo (§ 7.2.2) e tiene conto delle non linearità di materiale e geometriche. Nei sistemi strutturali a comportamento dissipativo i legami costitutivi utilizzati devono tener conto anche della riduzione di resistenza e della resistenza residua, se significative.

77.3.2. ANALISI DINAMICA O STATICA

Oltre che in relazione al fatto che l’analisi sia lineare o non lineare, i metodi d’analisi sono articolati anche in relazione al fatto che l’equilibrio sia trattato dinamicamente o staticamente.

Il metodo d’analisi lineare di riferimento per determinare gli effetti dell’azione sismica, per comportamenti strutturali sia dissipativi sia non dissipativi, è l’analisi modale con spettro di risposta o “analisi lineare dinamica”. In essa l’equilibrio è trattato dinamicamente e l’azione sismica è modellata attraverso lo spettro di progetto definito al § 3.2.3.5.

In alternativa all’analisi modale si possono adottare tecniche di analisi più raffinate, quali l’’integrazione al passo, modellando l’azione sismica attraverso storie temporali del moto del terreno.

Per le sole costruzioni la cui risposta sismica, in ogni direzione principale, non dipenda significativamente dai modi di vibrare superiori, è possibile utilizzare, per comportamenti strutturali sia dissipativi sia non dissipativi, il metodo delle forze laterali o “analisi lineare statica”. In essa l’equilibrio è trattato staticamente, l’analisi della struttura è lineare e l’azione sismica è modellata attraverso lo spettro di progetto definito al § 3.2.3.5.

Infine, per determinare gli effetti dell’azione sismica si possono eseguire analisi non lineari; in esse l’equilibrio è trattato, alternativamente:

a) dinamicamente (“analisi non lineare dinamica”), modellando l’azione sismica, mediante storie temporali del moto del terreno;

b) staticamente (“analisi non lineare statica”), modellando l’azione sismica, mediante forze statiche fatte crescere monotonamente.

7.3.3. ANALISI LINEARE DINAMICA O STATICA

Sia per analisi lineare dinamica, sia per analisi lineare statica, si deve tenere conto dell’eccentricità accidentale del centro di massa.

Per gli edifici, gli effetti di tale eccentricità possono essere determinati mediante l’applicazione di carichi statici costituiti da momenti torcenti di valore pari alla risultante orizzontale della forza agente al piano, determinata come in § 7.3.3.2, moltiplicata per l’eccentricità accidentale del baricentro delle masse rispetto alla sua posizione di calcolo, determinata come in § 7.2.6.

7.3.3.1 ANALISI LINEARE DINAMICA L’analisi lineare dinamica consiste: - nella determinazione dei modi di vibrare della costruzione (analisi modale); - nel calcolo degli effetti dell’azione sismica, rappresentata dallo spettro di risposta di progetto, per ciascuno dei modi di vibrare

individuati; - nella combinazione di questi effetti.

Devono essere considerati tutti i modi con massa partecipante significativa. È opportuno a tal riguardo considerare tutti i modi con massa partecipante superiore al 5% e un numero di modi la cui massa partecipante totale sia superiore allo 85%. Per la combinazione degli effetti relativi ai singoli modi deve essere utilizzata una combinazione quadratica completa degli effetti relativi a ciascun modo, quale quella indicata nell’espressione [7.3.4]:

j i jiij EEE [7.3.4]

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con:

Ej valore dell’effetto relativo al modo j;

ij coefficiente di correlazione tra il modo i e il modo j, calcolato con formule di comprovata validità quale:

2ij

2j

2i

2ijijji

22ij

2/3ijjiijji

ij 4141

8 [7.3.5a]

i,j smorzamento viscoso dei modi i e j;

ij rapporto tra l’inverso dei periodi di ciascuna coppia i-j di modi ( ij = Tj / Ti ).

La [7.3.5a], nel caso di uguale smorzamento dei modi i e j, si esprime come:

]41[18

ij22

ijij

3/2ij

2

ij [7.3.5b]

7.3.3.2 ANALISI LINEARE STATICA L’analisi lineare statica consiste nell’applicazione di forze statiche equivalenti alle forze d’inerzia indotte dall’azione sismica e può essere effettuata per costruzioni che rispettino i requisiti specifici riportati nei paragrafi successivi, a condizione che il periodo del modo di vibrare principale nella direzione in esame (T1) non superi 2,5 TC o TD e che la costruzione sia regolare in altezza.

Per costruzioni civili o industriali che non superino i 40 m di altezza e la cui massa sia distribuita in modo approssimativamente uniforme lungo l’altezza, T1 (in secondi) può essere stimato, in assenza di calcoli più dettagliati, utilizzando la formula seguente:

d2T1 [7.3.6]

dove d è lo spostamento laterale elastico del punto più alto dell'edificio, espresso in metri, dovuto alla combinazione di carichi [2.5.7] applicata nella direzione orizzontale.

L’entità delle forze si ottiene dall’ordinata dello spettro di progetto corrispondente al periodo T1 e la loro distribuzione sulla struttura segue la forma del modo di vibrare principale nella direzione in esame, valutata in modo approssimato.

La forza da applicare a ciascuna massa della costruzione è data dalla formula seguente:

j jj

iihi Wz

WzFF [7.3.7]

dove:

Fh = Sd (T1) W /g

Fi è la forza da applicare alla massa i-esima;

Wi e Wj sono i pesi, rispettivamente, della massa i e della massa j;

zi e zj sono le quote, rispetto al piano di fondazione (v. § 3.2.3.1), delle masse i e j;

Sd(T1) è l’ordinata dello spettro di risposta di progetto definito al § 3.2.3.5;

W è il peso complessivo della costruzione;

è un coefficiente pari a 0,85 se T1 < 2TC e la costruzione ha almeno tre orizzontamenti, uguale a 1,0 in tutti gli altri casi;

g è l’accelerazione di gravità.

7.3.3.3 VALUTAZIONE DEGLI SPOSTAMENTI DELLA STRUTTURA Gli spostamenti dE sotto l’azione sismica di progetto relativa allo SLV si ottengono moltiplicando per il fattore di duttilità in spostamento μd i valori dEe ottenuti dall’analisi lineare, dinamica o statica, secondo l’espressione seguente:

EedE dd [7.3.8]

Dove :

C11

Cd

C1d

TT seTT

1q1

TT seq [7.3.9]

In ogni caso μd 5q – 4.

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Gli spostamenti allo SLC si possono ottenere, in assenza di più accurate valutazioni che considerino l’effettivo rapporto delle ordinate spettrali in spostamento, moltiplicando per 1,25 gli spostamenti allo SLV.

77.3.4. ANALISI NON LINEARE DINAMICA O STATICA

L’analisi non lineare, dinamica o statica, si può utilizzare, tra gli altri, per gli scopi e nei casi seguenti:

- valutare gli spostamenti relativi allo SL di interesse;

- eseguire le verifiche di duttilità relative allo SLC;

- individuare la distribuzione della domanda inelastica nelle costruzioni progettate con il fattore di comportamento q;

- valutare i rapporti di sovraresistenza u/ 1 di cui ai §§ 7.4.3.2, 7.4.5.1, 7.5.2.2, 7.6.2.2, 7.7.3, 7.8.1.3 e 7.9.2.1;

- come metodo di progetto per gli edifici di nuova costruzione, in alternativa ai metodi di analisi lineare;

- come metodo per la valutazione della capacità di edifici esistenti.

7.3.4.1 ANALISI NON LINEARE DINAMICA L’analisi non lineare dinamica consiste nel calcolo della risposta sismica della struttura mediante integrazione delle equazioni del moto, utilizzando un modello non lineare della struttura e le storie temporali del moto del terreno definite al § 3.2.3.6. Essa ha lo scopo di valutare il comportamento dinamico della struttura in campo non lineare, consentendo il confronto tra duttilità richiesta e duttilità disponibile allo SLC e le relative verifiche, nonché di verificare l’integrità degli elementi strutturali nei confronti di possibili comportamenti fragili.

L’analisi non lineare dinamica deve essere confrontata con un’analisi modale con spettro di risposta di progetto, al fine di controllare le differenze in termini di sollecitazioni globali alla base della struttura.

Nel caso delle costruzioni con isolamento alla base l’analisi dinamica non lineare è obbligatoria quando il sistema d’isolamento non può essere rappresentato da un modello lineare equivalente, come stabilito nel § 7.10.5.2. Gli effetti torsionali sul sistema d’isolamento sono valutati come precisato nel § 7.10.5.3.1, adottando valori delle rigidezze equivalenti coerenti con gli spostamenti risultanti dall’analisi. In proposito si può fare riferimento a documenti di comprovata validità.

7.3.4.2 ANALISI NON LINEARE STATICA L’analisi non lineare statica richiede che al sistema strutturale reale sia associato un sistema strutturale equivalente non lineare.

Nel caso in cui il sistema equivalente sia ad un grado di libertà, a detto sistema strutturale equivalente si applicano i carichi gravitazionali e, per la direzione considerata dell’azione sismica, in corrispondenza degli orizzontamenti della costruzione, forze orizzontali proporzionali alle forza d’inerzia aventi risultante (taglio alla base) Fb. Tali forze sono scalate in modo da far crescere monotonamente, sia in direzione positiva che negativa e fino al raggiungimento delle condizioni di collasso locale o globale, lo spostamento orizzontale dc di un punto di controllo coincidente con il centro di massa dell’ultimo livello della costruzione (sono esclusi eventuali torrini). Vanno considerati anche punti di controllo alternativi, come le estremità della pianta dell’ultimo livello, quando sia significativo l’accoppiamento di traslazioni e rotazioni.

Il diagramma Fb – dc rappresenta la curva di capacità della struttura.

Si devono considerare almeno due distribuzioni di forze d’inerzia, ricadenti l’una nelle distribuzioni principali (Gruppo 1) e l’altra nelle distribuzioni secondarie (Gruppo 2) appresso illustrate.

Gruppo 1 - Distribuzioni principali: - se il modo di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al 75% si applica

una delle due distribuzioni seguenti:

distribuzione proporzionale alle forze statiche di cui al § 7.3.3.2, utilizzando come seconda distribuzione la a) del Gruppo 2,

distribuzione corrispondente a un andamento di accelerazioni proporzionale alla forma del modo fondamentale di vibrare nella direzione considerata;

- in tutti i casi può essere utilizzata la distribuzione corrispondente all’andamento delle forze di piano agenti su ciascun orizzontamento calcolate in un’analisi dinamica lineare, includendo nella direzione considerata un numero di modi con partecipazione di massa complessiva non inferiore allo 85%. L’utilizzo di questa distribuzione è obbligatorio se il periodo fondamentale della struttura è superiore a 1,3 TC .

Gruppo 2 - Distribuzioni secondarie: a) distribuzione di forze, desunta da un andamento uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione;

b) distribuzione adattiva, che cambia al crescere dello spostamento del punto di controllo in funzione della plasticizzazione della struttura;

c) distribuzione multimodale, considerando almeno sei modi significativi.

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77.3.5. RISPOSTA ALLE DIVERSE COMPONENTI DELL’AZIONE SISMICA ED ALLA VARIABILITÀ SPAZIALE DEL MOTO

ANALISI DINAMICA O STATICA, LINEARE O NON LINEARE La risposta è calcolata unitariamente per le tre componenti, applicando l‘espressione:

zyx E30,0E30,0E1,00 [7.3.10]

Gli effetti più gravosi si ricavano dal confronto tra le tre combinazioni ottenute permutando circolarmente i coefficienti moltiplicativi. In ogni caso:

la componente verticale deve essere tenuta in conto unicamente nei casi previsti al § 7.2.2. la risposta deve essere combinata con gli effetti pseudo-statici indotti dagli spostamenti relativi prodotti dalla variabilità

spaziale del moto unicamente nei casi previsti al § 3.2.4.1, utilizzando, salvo per quanto indicato al § 7.2.2 in merito agli appoggi mobili, la radice quadrata della somma dei quadrati (SRSS).

ANALISI DINAMICA , LINEARE O NON LINEARE, CON INTEGRAZIONE AL PASSO La risposta è valutata applicando simultaneamente le due componenti orizzontali della storia temporale del moto del terreno (e quella verticale, ove necessario). Si devono adottare almeno 3 storie temporali; si valutano gli effetti sulla struttura utilizzando i valori più sfavorevoli. Impiegando invece almeno 7 diverse storie temporali, gli effetti sulla struttura sono rappresentati dalla media dei valori più sfavorevoli. Nel caso in cui sia necessario valutare gli effetti della variabilità spaziale del moto, l’analisi può essere eseguita imponendo alla base della costruzione storie temporali del moto del terreno differenziate, ma coerenti tra loro e generate in accordo con lo spettro di risposta appropriato per ciascun vincolo. In alternativa, si potranno eseguire analisi dinamiche con moto sincrono tenendo in dovuto conto gli effetti pseudo-statici di cui al § 3.2.4.

7.3.6. RISPETTO DEI REQUISITI NEI CONFRONTI DEGLI STATI LIMITE

Per tutti gli elementi strutturali primari e secondari, gli elementi non strutturali e gli impianti si deve verificare che il valore di ciascuna domanda di progetto, definito dalla tabella 7.3.III per ciascuno degli stati limite richiesti, sia inferiore al corrispondente valore della capacità di progetto. Le verifiche degli elementi strutturali primari (ST) si eseguono, come sintetizzato nella tabella 7.3.III, in dipendenza della Classe d’Uso (CU): - nel caso di comportamento strutturale non dissipativo, in termini di rigidezza (RIG) e di resistenza (RES), senza applicare le

regole specifiche dei dettagli costruttivi e della progettazione in capacità; - nel caso di comportamento strutturale dissipativo, in termini di rigidezza (RIG), di resistenza (RES) e di duttilità (DUT)

(quando richiesto), applicando le regole specifiche dei dettagli costruttivi e della progettazione in capacità. Le verifiche degli elementi strutturali secondari si effettuano solo in termini di duttilità. Le verifiche degli elementi non strutturali (NS) e degli impianti (IM) si effettuano in termini di funzionamento (FUN) e stabilità (STA), come sintetizzato nella tabella 7.3.III, in dipendenza della Classe d’Uso (CU). Tab. 7.3.III – Stati limite di elementi strutturali primari, elementi non strutturali e impianti

STATI LIMITE CU I CU II CU III e IV

ST ST NS IM ST NS IM(*)

SLE SLO RIG FUN

SLD RIG RIG RES

SLU SLV RES RES STA STA RES STA STA

SLC DUT(**) DUT(**) (*) Per le sole CU III e IV, nella categoria Impianti ricadono anche gli arredi fissi. (**) Nei casi esplicitamente indicati dalle presenti norme. Le verifiche allo stato limite di prevenzione del collasso (SLC), a meno di specifiche indicazioni, si svolgono soltanto in termini di duttilità e solo qualora le verifiche in duttilità siano espressamente richieste (v.§7.3.6.1)

7.3.6.1 ELEMENTI STRUTTURALI (ST)

VERIFICHE DI RIGIDEZZA (RIG) La condizione in termini di rigidezza sulla struttura si ritiene soddisfatta qualora la conseguente deformazione degli elementi strutturali non produca sugli elementi non strutturali danni tali da rendere la costruzione temporaneamente inagibile. Nel caso delle costruzioni civili e industriali, qualora la temporanea inagibilità sia dovuta a spostamenti di interpiano eccessivi, questa condizione si può ritenere soddisfatta quando gli spostamenti di interpiano ottenuti dall’analisi in presenza dell’azione sismica di progetto corrispondente allo SL e alla CU considerati siano inferiori ai limiti indicati nel seguito.

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Per le CU I e II ci si riferisce allo SLD (v. Tab. 7.3.III) e deve essere:

a) per tamponature collegate rigidamente alla struttura, che interferiscono con la deformabilità della stessa:

fragili atureper tamponh0,0050qd r [7.3.11a]

duttili atureper tamponh0,0075qd r [7.3.11b]

b) per tamponature progettate in modo da non subire danni a seguito di spostamenti d’interpiano drp, per effetto della loro deformabilità intrinseca oppure dei collegamenti alla struttura:

h ,01000dqd rpr [7.3.12]

c) per costruzioni con struttura portante di muratura ordinaria

h ,00200qd r [7.3.13]

d) per costruzioni con struttura portante di muratura armata

h ,00300qd r [7.3.14]

e) per costruzioni con struttura portante di muratura confinata

h ,00250qdr [7.3.15]

dove: dr è lo spostamento di interpiano, cioè la differenza tra gli spostamenti del solaio superiore e del solaio inferiore, calcolati, nel

caso di analisi lineare, secondo il § 7.3.3.3 o, nel caso di analisi non lineare, secondo il § 7.3.4, sul modello di calcolo non comprensivo delle tamponature,

h è l’altezza del piano.

Per le CU III e IV ci si riferisce allo SLO (v. Tab. 7.3.III) e gli spostamenti d’interpiano devono essere inferiori ai 2/3 dei limiti in precedenza indicati.

In caso di coesistenza di diversi tipi di tamponamento o struttura portante nel medesimo piano della costruzione, deve essere assunto il limite di spostamento più restrittivo. Qualora gli spostamenti di interpiano siano superiori a 0,005 h (caso b), le verifiche della capacità di spostamento degli elementi non strutturali vanno estese a tutte le tamponature, alle tramezzature interne ed agli impianti.

VERIFICHE DI RESISTENZA (RES) Si deve verificare che i singoli elementi strutturali e la struttura nel suo insieme possiedano una capacità in resistenza sufficiente a soddisfare la domanda allo SLV.

La capacità in resistenza delle membrature e dei collegamenti è valutata in accordo con le regole contenute nei capitoli precedenti, integrate dalle regole di progettazione definite di volta in volta nei successivi paragrafi.

Per le strutture a comportamento dissipativo, la capacità delle membrature è calcolata con riferimento al loro comportamento ultimo, come definito di volta in volta nei successivi paragrafi. Per le strutture a comportamento non dissipativo, la capacità delle membrature è calcolata con riferimento al loro comportamento elastico o sostanzialmente elastico, come definito di volta in volta nei successivi paragrafi.

La resistenza dei materiali può essere ridotta per tener conto del degrado per deformazioni cicliche, giustificandolo sulla base di apposite prove sperimentali. In tal caso, ai coefficienti parziali di sicurezza sui materiali M si attribuiscono i valori precisati nel Cap. 4 per le situazioni eccezionali.

VERIFICHE DI DUTTILITÀ (DUT) Si deve verificare che i singoli elementi strutturali e la struttura nel suo insieme possiedano una capacità in duttilità:

nel caso di analisi lineare, coerente con il fattore di comportamento q adottato e i relativi spostamenti, quali definiti in 7.3.3.3;

nel caso di analisi non lineare, sufficiente a soddisfare la domanda in duttilità evidenziata dall’analisi.

Nel caso di analisi lineare la verifica di duttilità si può ritenere soddisfatta, rispettando per tutti gli elementi strutturali, sia primari sia secondari, le regole specifiche per i dettagli costruttivi precisate nel presente capitolo per le diverse tipologie costruttive; tali regole sono da considerarsi aggiuntive rispetto a quanto previsto nel Cap. 4 e a quanto imposto dalle regole della progettazione in capacità, il cui rispetto è comunque obbligatorio per gli elementi strutturali primari delle strutture a comportamento dissipativo.

Per strutture a comportamento dissipativo, qualora non siano rispettate le regole specifiche dei dettagli costruttivi, quali precisate nel presente capitolo, occorrerà procedere a verifiche di duttilità.

Per le sezioni allo spiccato dalle fondazioni o dalla struttura scatolare rigida di base di cui al § 7.2.1 degli elementi strutturali verticali primari la verifica di duttilità, indipendentemente dai particolari costruttivi adottati, è necessaria qualora non

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diversamente specificato nei paragrafi successivi relativi alle diverse tipologie costruttive, accertando che la capacità in duttilità della costruzione sia almeno pari:

a 1,2 volte la domanda in duttilità locale, valutata in corrispondenza dello SLV, nel caso si utilizzino modelli lineari,

alla domanda in duttilità locale e globale allo SLC, nel caso si utilizzino modelli non lineari.

Le verifiche di duttilità non sono dovute nel caso di progettazione con q 1,5.

7.3.6.2 ELEMENTI NON STRUTTURALI (NS)

VERIFICHE DI STABILITÀ (STA) Per gli elementi non strutturali devono essere adottati magisteri atti ad evitare la possibile espulsione sotto l’azione della Fa (v. § 7.2.3) corrispondente allo SL e alla CU considerati.

7.3.6.3 IMPIANTI (IM)

VERIFICHE DI FUNZIONAMENTO (FUN) Per gli impianti, si deve verificare che gli spostamenti strutturali o le accelerazioni (a seconda che gli impianti siano più vulnerabili all’effetto dei primi o delle seconde) prodotti dalle azioni relative allo SL e alla CU considerati non siano tali da produrre interruzioni d’uso degli impianti stessi.

VERIFICHE DI STABILITÀ (STA) Per ciascuno degli impianti principali, i diversi elementi funzionali costituenti l’impianto, compresi gli elementi strutturali che li sostengono e collegano, tra loro e alla struttura principale, devono avere capacità sufficiente a sostenere la domanda corrispondente allo SL e alla CU considerati.

77.4. COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO

7.4.1. GENERALITÀ

Nel caso di comportamento strutturale non dissipativo, la capacità delle membrature deve essere valutata in accordo con le regole di cui al § 4.1, senza nessun requisito aggiuntivo, a condizione che in nessuna sezione si superi il momento resistente massimo in campo sostanzialmente elastico, come definito al § 4.1.2.3.4.2. Per i nodi trave-pilastro di strutture a comportamento non dissipativo si devono applicare le regole di progetto relative alla CD “B” contenute nel § 7.4.4.3. Per le strutture prefabbricate a comportamento non dissipativo si devono applicare anche le regole generali contenute nel § 7.4.5.

Nel caso di comportamento strutturale dissipativo, la struttura deve essere concepita e dimensionata in modo tale che, sotto l’azione sismica relativa allo SLV, essa dia luogo alla formazione di un meccanismo dissipativo stabile fino allo SLC, nel quale la dissipazione sia limitata alle zone a tal fine previste. La capacità delle membrature e dei collegamenti deve essere valutata in accordo con le regole di cui dal § 7.1 al § 7.3, integrate dalle regole di progettazione e di dettaglio fornite dal § 7.4.4 al § 7.4.6.

Nel valutare la capacità, si può tener conto dell’effetto del confinamento (v. § 4.1.2.1.2.1), purché si consideri la perdita dei copriferri al raggiungimento, in essi, della deformazione ultima di compressione del calcestruzzo non confinato (0,35%).

Al riguardo, nel valutare la capacità degli elementi strutturali, sono ammesse tre diverse strategie di progettazione:

1) si trascura l’effetto del confinamento;

2) si considera l’effetto del confinamento per tutti gli elementi strutturali;

3) si considera l’effetto del confinamento per tutti gli elementi verticali secondari e per le zone dissipative allo spiccato dalle fondazioni o dalla struttura scatolare rigida di base di cui al § 7.2.1 degli elementi primari verticali (pilastri e pareti).

Le strutture devono essere progettate in maniera tale che i fenomeni di degrado e riduzione di rigidezza che si manifestano nelle zone dissipative non pregiudichino la stabilità globale della struttura.

Gli elementi non dissipativi delle strutture dissipative e i collegamenti tra le parti dissipative ed il resto della struttura devono possedere una capacità sufficiente a consentire lo sviluppo della plasticizzazione ciclica delle parti dissipative. Il rispetto delle presenti norme è volto a garantire tali principi.

Se tamponature di muratura appositamente progettate come collaboranti costituiscono parte del sistema strutturale resistente al sisma, si raccomanda che la loro progettazione e realizzazione siano eseguite in accordo con documenti di comprovata validità.

7.4.2. CARATTERISTICHE DEI MATERIALI

7.4.2.1 CONGLOMERATO Non è ammesso l’uso di conglomerati di classe inferiore a C20/25 (v. § 4.1) o LC20/22.

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7.4.2.2 ACCIAIO Per le strutture si deve utilizzare acciaio B450C (v. § 11.3.2.1).

E’ consentito l’utilizzo di acciai di tipo B450A, con diametri compresi tra 5 e 10 mm, per le reti e i tralicci; se ne consente inoltre l’uso per l’armatura trasversale unicamente se è rispettata almeno una delle seguenti condizioni: elementi in cui è impedita la plasticizzazione mediante il rispetto del criterio di gerarchia delle resistenze, elementi secondari di cui al §7.2.3, strutture con comportamento non dissipativo di cui al §7.2.2.

77.4.3. TIPOLOGIE STRUTTURALI E FATTORI DI COMPORTAMENTO

7.4.3.1 TIPOLOGIE STRUTTURALI Le strutture sismo-resistenti in calcestruzzo armato previste dalle presenti norme possono essere classificate nelle seguenti tipologie:

strutture a telaio, nelle quali la resistenza alle azioni sia verticali che orizzontali è affidata principalmente a telai spaziali, aventi resistenza a taglio alla base 65% della resistenza a taglio totale;

strutture a pareti, nelle quali la resistenza alle azioni sia verticali che orizzontali è affidata principalmente a pareti (v. § 7.4.4.5), aventi resistenza a taglio alla base 65% della resistenza a taglio totale; le pareti, a seconda della forma in pianta, si definiscono semplici o composte (v. § 7.4.4.5), a seconda della assenza o presenza di opportune “travi di accoppiamento” duttili distribuite in modo regolare lungo l’altezza, si definiscono singole o accoppiate;

strutture miste telaio-pareti, nelle quali la resistenza alle azioni verticali è affidata prevalentemente ai telai, la resistenza alle azioni orizzontali è affidata in parte ai telai ed in parte alle pareti, singole o accoppiate; se più del 50% dell’azione orizzontale è assorbita dai telai si parla di strutture miste equivalenti a telai, altrimenti si parla di strutture miste equivalenti a pareti;

strutture a pendolo inverso, nelle quali almeno il 50% della massa è nel terzo superiore dell’altezza della costruzione e nelle quali la dissipazione d’energia avviene alla base di un singolo elemento strutturale;

strutture a pendolo inverso intelaiate monopiano, nelle quali almeno il 50% della massa è nel terzo superiore dell’altezza della costruzione, in cui i pilastri sono incastrati in sommità alle travi lungo entrambe le direzioni principali dell’edificio. In ogni caso, per questo tipo di strutture, la forza assiale non può eccedere il 30% della resistenza a compressione della sola sezione di calcestruzzo;

strutture deformabili torsionalmente, composte da telai e/o pareti, la cui rigidezza torsionale non soddisfa ad ogni piano la condizione r2/ls2 1, nella quale: r2 = raggio torsionale al quadrato è, per ciascun piano, il rapporto tra la rigidezza torsionale rispetto al centro di rigidezza laterale e la maggiore tra le rigidezze laterali, tenendo conto dei soli elementi strutturali primari, per strutture a telaio o a pareti (purché snelle e a deformazione prevalentemente flessionale), r2 può essere valutato, per ogni piano, riferendosi ai momenti d’inerzia flessionali delle sezioni degli elementi verticali primari. ls2 = per ogni piano, è il rapporto fra il momento d’inerzia polare della massa del piano rispetto ad un asse verticale passante per il centro di massa del piano e la massa stessa del piano; nel caso di piano a pianta rettangolare ls2 = (L2 + B2)/12, essendo L e B le dimensioni in pianta del piano.

Una struttura a pareti, nei termini sopra definiti, è da considerarsi come struttura a pareti estese debolmente armate se le pareti sono caratterizzate da un’estensione a buona parte del perimetro della pianta strutturale e sono dotate di idonei provvedimenti per garantire la continuità strutturale così da produrre un efficace comportamento scatolare. Inoltre, nella direzione orizzontale d’interesse, la struttura deve avere un periodo fondamentale, in condizioni non fessurate e calcolato nell’ipotesi di assenza di rotazioni alla base, non superiore a TC.

7.4.3.2 FATTORI DI COMPORTAMENTO Il fattore di comportamento q da utilizzare per ciascuna direzione dell’azione sismica orizzontale è calcolato come riportato nel § 7.3.1 e nella tabella 7.3.II.

Ai fini della determinazione del fattore di comportamento q, una struttura si considera a pareti accoppiate se è verificata la condizione che il momento totale alla base, prodotto dalle azioni orizzontali, è equilibrato, per almeno il 20%, dalla coppia prodotta dagli sforzi verticali indotti nelle pareti dall’azione sismica. Le strutture a pareti possono essere progettate sia in CD”A” sia in CD”B”, mentre le strutture a pareti estese debolmente armate solo in CD “B”.

Le strutture aventi i telai resistenti all’azione sismica realizzati, anche in una sola delle direzioni principali, con travi a spessore devono essere progettate in CD ”B” salvo che tali travi non si possano considerare elementi strutturali “secondari”.

Per strutture regolari in pianta, possono essere adottati i seguenti valori di u/ 1: a) Strutture a telaio o miste equivalenti a telai

- strutture a telaio di un piano u/ 1 = 1,1 - strutture a telaio con più piani ed una sola campata u/ 1 = 1,2 - strutture a telaio con più piani e più campate u/ 1 = 1,3

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b) Strutture a pareti o miste equivalenti a pareti - strutture con solo due pareti non accoppiate per direzione orizzontale u/ 1 = 1,0 - altre strutture a pareti non accoppiate u/ 1 = 1,1 - strutture a pareti accoppiate o miste equivalenti a pareti u/ 1 = 1,2

Per tipologie strutturali diverse da quelle sopra definite, ove s’intenda adottare un valore q > 1,5 il valore adottato deve essere adeguatamente giustificato dal progettista mediante l’impiego di analisi non lineari.

77.4.4 DIMENSIONAMENTO E VERIFICA DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI PRIMARI E SECONDARI

Le indicazioni successive si applicano solo agli elementi strutturali primari delle strutture in elevazione. Per essi si eseguono verifiche di resistenza e di duttilità nei modi indicati nel § 7.3.6.1. I fattori di sovraresistenza Rd da utilizzare nelle singole verifiche, secondo le regole della progettazione in capacità, sono riportati nella Tab. 7.2.I. Per le strutture di fondazione vale quanto indicato nel § 7.2.5.

Per gli elementi strutturali secondari delle strutture in elevazione vale quanto indicato nel § 7.2.3.

Per le strutture, o parti di esse, progettate con comportamento strutturale non dissipativo, la capacità delle membrature soggette a flessione o pressoflessione deve essere calcolata, a livello di sezione, al raggiungimento della curvatura di prima plasticizzazione yd di cui al § 7.4.4.1.2.

7.4.4.1 TRAVI

7.4.4.1.1 Verifiche di resistenza (RES) In ogni sezione la capacità deve essere superiore o uguale alla corrispondente domanda.

Flessione La domanda a flessione è quella ottenuta dall’analisi globale della struttura per le combinazioni di carico di cui al § 2.5.3.

La capacità a flessione deve essere valutata come indicato nel § 4.1.2.3.4 sulla base delle armature flessionali effettivamente presenti, compreso il contributo di quelle poste all’interno della larghezza collaborante di eventuali solette piene, se ancorate al di fuori della campata in esame (vedi Fig. 7.4.1).

Fig. 7.4.1 – Larghezza collaborante delle travi

La larghezza collaborante è da assumersi uguale alla larghezza del pilastro bc (vedi Fig. 7.4.1a) su cui la trave confluisce, più:

- due volte l’altezza della soletta da ciascun lato, nel caso di travi confluenti in pilastri interni (vedi Fig. 7.4.1b);

- due o quattro volte l’altezza della soletta da ciascun lato in cui è presente una trave trasversale di altezza simile, nel caso di travi confluenti rispettivamente in pilastri esterni o interni (vedi Fig. 7.4.1c e 7.4.1d).

Nel caso di travi perimetrali si considera unicamente la soletta collaborante dal lato interno.

Taglio La domanda a taglio, per ciascuna direzione e ciascun verso di applicazione delle azioni sismiche, si ottiene dalla condizione di equilibrio della trave, considerata incernierata agli estremi, soggetta ai carichi gravitazionali e all’azione della capacità flessionale di progetto nelle due sezioni di plasticizzazione (generalmente quelle di estremità) determinati come indicato in § 4.1.2.3.4 e amplificati del fattore di sovraresistenza Rd di cui alla Tab. 7.2.I.

La domanda a taglio, nei casi in cui le zone dissipative non si localizzino nella trave ma negli elementi che la sostengono, è calcolata sulla base della capacità flessionale di progetto di tali elementi.

Per le strutture in CD”B”, la capacità a taglio è valutata come indicato nel § 4.1.2.3.5.

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Per le strutture in CD”A”, vale quanto segue: - la capacità a taglio si valuta come indicato in § 4.1.2.3., assumendo nelle zone dissipative ctg =1;

- se nelle zone dissipative il rapporto tra le domande a taglio, minima e massima, risulta inferiore a -0,5, e se il maggiore tra i valori assoluti delle due domande supera il valore:

dbfVV

2V wctdmaxEd,

minEd,R1 [7.4.1]

dove bw è la larghezza dell’anima della trave e d è l’altezza utile della sua sezione, allora nel piano verticale di inflessione della trave devono essere disposti due ordini di armature diagonali, l’uno inclinato di +45° e l’altro di -45° rispetto all’asse della trave. In tal caso, la capacità a taglio deve essere affidata per metà alle staffe e per metà ai due ordini di armature inclinate, per le quali deve risultare:

2

fAV yds

maxEd, [7.4.2]

dove As è l’area di ciascuno dei due ordini di armature inclinate.

7.4.4.1.2 Verifiche di duttilità (DUT) La duttilità si quantifica mediante il fattore di duttilità che, per ciascuno dei parametri abitualmente considerati (curvatura, spostamento), è il rapporto tra il valore massimo raggiunto dal parametro in esame e il valore del parametro stesso all’atto della prima plasticizzazione. Qualora sia necessario verificare (ai sensi del § 7.3.6.1) che la struttura possieda una capacità in duttilità, locale e globale, superiore alla corrispondente domanda si deve operare come segue, riferendosi alla duttilità in curvatura (locale) e alla duttilità in spostamento (globale). La domanda in duttilità di curvatura allo SLC nelle zone dissipative, espressa mediante il fattore di duttilità in curvatura μ , qualora non si proceda ad una determinazione diretta mediante analisi non lineare, può essere valutata in via approssimata come:

C1

C1

1

C0

0

TTTT

perper

TT

1q211,2

12q1,2 [7.4.3]

dove T1 è il periodo proprio fondamentale della struttura.

La capacità in duttilità di curvatura può essere calcolata come indicato al § 4.1.2.3.4.2.

Tra il fattore di duttilità in spostamento μd (v. § 7.3.3.3) e il fattore di duttilità in curvatura μ sussiste la relazione μ = 2μd -1 (usualmente conservativa per le strutture in c.a.), mentre tra il fattore di duttilità in spostamento μd e il fattore di comportamento q sussistono le relazioni [7.3.9] (v. § 7.3.3.3).

7.4.4.2 PILASTRI

7.4.4.2.1 Verifiche di resistenza (RES) In ogni sezione la capacità deve essere superiore o uguale alla corrispondente domanda.

Presso-flessione Per le strutture in CD “A” e in CD “B” la domanda a compressione non deve eccedere, rispettivamente, il 55% e il 65% della capacità massima a compressione della sezione di solo calcestruzzo, per tutte le combinazioni considerate.

Ai fini della progettazione in capacità, per ciascuna direzione e ciascun verso di applicazione delle azioni sismiche, per ogni nodo trave-pilastro (ad eccezione dei nodi in corrispondenza della sommità dei pilastri dell’ultimo orizzontamento), la capacità a flessione complessiva dei pilastri deve essere maggiore della capacità a flessione complessiva delle travi amplificata del coefficiente Rd, in accordo con la formula:

Rdb,RdRdc, MM [7.4.4]

dove: per il valore di Rd si veda la Tab. 7.2.I;

Mc,Rd è la capacità a flessione del pilastro convergente nel nodo, calcolata per i livelli di sollecitazione assiale presenti nelle combinazioni sismiche delle azioni;

Mb,Rd è la capacità a flessione della trave convergente nel nodo.

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Fig. 7.4.2 – Progettazione in capacità dei pilastri

Nella [7.4.4] si assume il nodo in equilibrio ed i momenti, sia nei pilastri sia nelle travi, tra loro concordi. Nel caso in cui i momenti nel pilastro al di sopra e al di sotto del nodo siano tra loro discordi, al primo membro della formula [7.4.4] va posto il momento maggiore in valore assoluto, mentre il minore va sommato ai momenti resistenti delle travi (v. fig. 7.4.2).

Per la sezione di base dei pilastri del piano terreno si adotta come domanda a flessione il maggiore tra il momento risultante dall’analisi e la capacità a flessione Mc,Rd della sezione di sommità del pilastro.

Il confronto capacità-domanda a presso-flessione può essere condotto in maniera semplificata eseguendo, per ciascuna direzione di applicazione del sisma, una verifica a presso-flessione retta con la capacità a flessione del pilastro ridotta del 30%.

Nel caso in cui si sia adottato il modello elastico incrudente di fig. 4.1.3.a, le capacità a flessione Mc,Rd e Mb,Rd si determinano come specificato nel § 4.1.2.3.4.

Taglio Ai fini della progettazione in capacità, per ciascuna direzione di applicazione del sisma la domanda a taglio VEd si ottiene

imponendo l’equilibrio con i momenti delle sezioni di estremità (superiore e inferiore) del pilastro si,dM i

i,dM , determinate come

appresso indicato ed amplificate del fattore di sovraresistenza Rd, secondo l’espressione:

s iEd p Rd i,d i,dV l M M [7.4.5]

dove: per il valore di Rd si veda la Tab. 7.2.I;

b,Rdi,d c,Rd

c,Rd

MM M min(1, )

M è il momento nella sezione di estremità (superiore o inferiore) in corrispondenza della

formazione delle cerniere nelle travi, dove i valori in sommatoria sono quelli impiegati nella [7.4.4];

c,RdM è la capacità a flessione nella sezione di estremità (superiore o inferiore);

lp è la lunghezza del pilastro.

Nel caso in cui le tamponature non si estendano per l’intera altezza dei pilastri adiacenti, la domanda a taglio da considerare per la parte del pilastro priva di tamponamento è valutata utilizzando la relazione [7.4.5], dove l’altezza lp è assunta pari all’estensione della parte di pilastro priva di tamponamento. La capacità a taglio delle sezioni dei pilastri è calcolata come indicato nel § 4.1.2.3.5.

7.4.4.2.2 Verifiche di duttilità (DUT) Vale quanto enunciato al § 7.4.4.1.2.

7.4.4.3 NODI TRAVE-PILASTRO Si definisce nodo la zona del pilastro che si sovrappone alle travi in esso concorrenti.

Si distinguono due tipi di nodi:

interamente confinati: quando in ognuna delle quattro facce verticali si innesta una trave; il confinamento si considera realizzato quando, su ogni faccia del nodo, la sezione della trave copre per almeno i 3/4 la larghezza del pilastro e, su entrambe le coppie di facce opposte del nodo, le sezioni delle travi si ricoprono per almeno i 3/4 dell’altezza;

non interamente confinati: quando non appartenenti alla categoria precedente.

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7.4.4.3.1 Verifiche di resistenza (RES) Il nodo deve essere progettato in maniera tale da evitare una sua rottura anticipata rispetto alle zone delle travi e dei pilastri in esso concorrenti.

In ogni nodo la capacità a taglio deve essere superiore o uguale alla corrispondente domanda.

La domanda a taglio in direzione orizzontale deve essere calcolata tenendo conto delle sollecitazioni più gravose che, per effetto dell’azione sismica, si possono verificare negli elementi che vi confluiscono. In assenza di più accurate valutazioni, la domanda a taglio agente nel nucleo di calcestruzzo del nodo può essere calcolata, per ciascuna direzione dell’azione sismica, come:

esterni nodiper VfAVinterni nodiper VfAAV

CydS1Rdjbd

CydS2S1Rdjbd [7.4.6]

[7.4.7]

in cui per il valore di Rd si veda la Tab. 7.2.I, As1 ed As2 sono rispettivamente l’area dell’armatura superiore ed inferiore della trave e VC è la forza di taglio nel pilastro al di sopra del nodo, derivante dall’analisi in condizioni sismiche.

Le forze di taglio che agiscono sui nodi devono corrispondere alla più avversa direzione di provenienza dell’azione sismica, la quale si riflette sulla scelta dei valori di As1, As2 e VC da utilizzare nelle espressioni [7.4.6] e [7.4.7].

La capacità a taglio del nodo è fornita da un meccanismo a traliccio che, a seguito della fessurazione diagonale, vede operare contemporaneamente un meccanismo di taglio compressione ed un meccanismo di taglio trazione. Si devono pertanto soddisfare requisiti atti a garantire l’efficacia dei due meccanismi.

La compressione nel puntone diagonale indotta dal meccanismo a traliccio non deve eccedere la resistenza a compressione del calcestruzzo. In assenza di modelli più accurati, il requisito può ritenersi soddisfatto se:

1hbfV djcjcdjbd [7.4.8]

in cui

MPain espresso fcon 250f1 ck

ckj [7.4.9]

ed j è un coefficiente che vale 0,6 per nodi interni e 0,48 per nodi esterni, d è la forza assiale nel pilastro al di sopra del nodo, normalizzata rispetto alla resistenza a compressione della sezione di solo calcestruzzo, hjc è la distanza tra le giaciture più esterne delle armature del pilastro, bj è la larghezza effettiva del nodo. Quest’ultima è assunta pari alla minore tra: a) la maggiore tra le larghezze della sezione del pilastro e della sezione della trave; b) la minore tra le larghezze della sezione del pilastro e della sezione della trave, ambedue aumentate di metà altezza della

sezione del pilastro.

Per evitare che la massima trazione diagonale del calcestruzzo ecceda la fctd deve essere previsto un adeguato confinamento. In assenza di modelli più accurati, si possono disporre nel nodo staffe orizzontali di diametro non inferiore a 6 mm, in modo che:

ctdcddctd

2jcjjbd

jwj

ywdsh fff

hb/VhbfA

[7.4.10]

in cui i simboli già utilizzati hanno il significato in precedenza illustrato, Ash è l’area totale della sezione delle staffe e hjw è la distanza tra le giaciture di armature superiori e inferiori della trave.

In alternativa, l’integrità del nodo a seguito della fessurazione diagonale può essere garantita integralmente dalle staffe orizzontali se:

interni nodiper 0,8-1fAAfA dyd2ss1Rdywdsh [7.4.11]

esterni nodiper 0,8-1fAfA dyds2Rdywdsh [7.4.12]

dove per il valore di Rd si veda la Tab. 7.2.I, As1 ed As2 hanno il valore visto in precedenza, d è la forza assiale normalizzata agente al di sopra del nodo, per i nodi interni, al di sotto del nodo, per i nodi esterni.

7.4.4.4 DIAFRAMMI ORIZZONTALI

7.4.4.4.1 Verifiche di resistenza (RES) Gli orizzontamenti devono essere in grado di trasmettere le forze ottenute dall’analisi, aumentate del 30%.

7.4.4.5 PARETI Si definisce parete un elemento strutturale di supporto per altri elementi che abbia una sezione trasversale rettangolare o ad essa assimilabile, anche per tratti, caratterizzata in ciascun tratto da un rapporto tra dimensione massima lw e dimensione minima bw in pianta lw/bw > 4 (v. fig. 7.4.3). Le pareti possono avere sezione orizzontale composta da uno (parete semplice) o più (parete composta) segmenti rettangolari. Pareti semplici possono avere appendici con lw/bw 4. Si raccomanda che pareti composte da

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più segmenti rettangolari collegati o che si intersecano (sezioni a L, T, U o simili) siano considerate unità intere, che consistono di una o più anime parallele, o approssimativamente parallele, alla direzione della forza di taglio sismica agente e di una o più flange normali o approssimativamente normali ad essa. Le pareti si definiscono snelle se il rapporto hw/lw > 2, tozze in caso contrario, essendo hw l’altezza totale della parete (v. fig. 7.4.3) misurata a partire dalla sua base

7.4.4.5.1 Verifiche di resistenza (RES) La capacità deve essere superiore o uguale alla corrispondente domanda.

Nel caso di pareti semplici, la verifica di resistenza si esegue con riferimento al rettangolo di base avente dimensione maggiore lw e dimensione minore bw. A tal fine si intende per base della parete l’estradosso del suo piano di fondazione o la sommità della struttura scatolare interrata avente diaframmi rigidi e pareti perimetrali; in quest’ultimo caso la verifica della struttura scatolare di base è comunque necessaria.

Fig. 7.4.3 – Sezioni resistenti delle pareti semplici e composte (la freccia indica la direzione del sisma) Nel caso di pareti composte, la verifica di resistenza si esegue considerando la parte di sezione costituita dalle anime parallele, o approssimativamente parallele, alla direzione dell’azione sismica esaminata ed assumendo che la larghezza efficace della flangia su ciascun lato dell’anima considerata si estenda, dalla faccia dell’anima, del valore minimo tra (v. fig. 7.4.3): a) la larghezza reale (lf) della flangia; b) il 25% dell’altezza totale della parete (hw) al di sopra del livello considerato; c) la metà della distanza (d) tra anime adiacenti. Tra pareti sismiche primarie (v. §7.2.3) è permessa, per la singola parete, una ridistribuzione degli effetti dell'azione sismica fino al 30%, purché non si verifichi una riduzione della domanda totale di resistenza delle pareti. Si raccomanda che le forze di taglio siano ridistribuite insieme con i momenti flettenti, in modo tale che nelle singole pareti il rapporto tra i momenti flettenti e le forze di taglio non vari in maniera apprezzabile. Nelle pareti soggette a grandi variazioni dell’azione assiale, come per esempio nelle pareti accoppiate, si raccomanda che i momenti e i tagli siano ridistribuiti dalle pareti soggette a modesta compressione o a trazione semplice a quelle soggette a un’elevata compressione assiale. Tra travi di collegamento di pareti accoppiate è permessa, per la singola trave, una ridistribuzione degli effetti dell’azione sismica fino al 20%, purché non vari l’azione assiale sismica alla base di ogni singola parete. In mancanza di analisi più accurate, la domanda di progetto nelle pareti può essere determinata mediante le procedure semplificate illustrate nel seguito.

Presso-flessione Per le sole pareti snelle, sia in CD”A” sia in CD”B”, la domanda in termini di momenti flettenti lungo l’altezza della parete (linea c di fig. 7.4.4) è ottenuta per traslazione verso l’alto dell’inviluppo del diagramma dei momenti (linea b di fig. 7.4.4) derivante dai momenti forniti dall’analisi (linea a di fig. 7.4.4); l’inviluppo può essere assunto lineare se la struttura non presenta significative discontinuità in termini di massa, rigidezza e resistenza lungo l’altezza.

La traslazione deve essere in accordo con l’inclinazione degli elementi compressi nel meccanismo resistente a taglio e può essere assunta pari ad hcr (altezza della zona inelastica dissipativa di base).

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Fig. 7.4.4 – Traslazione del diagramma dei momenti flettenti per strutture a pareti e strutture miste

In assenza di analisi più accurate, si può assumere che l’altezza della zona dissipativa hcr al di sopra della base della parete, possa essere valutata rispettando le condizioni seguenti:

piani 7 n per h2piani 6 n per h

l2h purchè /6h,lmaxh

s

s

w

crwwcr

[7.4.13]

dove lw e hw hanno il significato mostrato in fig. 7.4.3, n è il numero di piani della costruzione, hs è l’altezza libera di piano. Per tutte le pareti, la domanda in forza normale di compressione non deve eccedere rispettivamente il 35% in CD”A” e il 40% in CD”B” della capacità massima a compressione della sezione di solo calcestruzzo, per tutte le combinazioni considerate.

Le verifiche devono essere condotte nel modo indicato per i pilastri nel § 7.4.4.2.1 tenendo conto, nella determinazione della capacità, di tutte le armature longitudinali presenti nella parete.

Per le pareti estese debolmente armate, occorre limitare le tensioni di compressione nel calcestruzzo per prevenire l’instabilità fuori dal piano, secondo quanto indicato nel § 4.1.2.3.9.2 per i pilastri singoli. Se il fattore di comportamento q è superiore a 2, si deve tener conto della domanda in forza assiale dinamica aggiuntiva che si genera nelle pareti per effetto dell’apertura e chiusura di fessure orizzontali e del sollevamento dal suolo. In assenza di più accurate analisi essa può essere assunta pari al ±50% della domanda in forza assiale dovuta ai carichi gravitazionali relativi alla combinazione sismica di progetto.

Taglio Per le pareti si deve tener conto del possibile incremento delle forze di taglio a seguito della formazione della cerniera plastica alla base della parete. A tal fine, la domanda di taglio di progetto deve essere incrementata del fattore:

snelle paretiper q)(TS)(TS

0,1MM

qq1,5

2

1e

Ce2

Ed

Rdrd [7.4.14]

tozzeparetiper qMM

Ed

RdRd [7.4.15]

dove per Rd si veda la Tab. 7.2.I, e con MEd ed MRd si indicano i momenti flettenti di progetto, rispettivamente, di domanda e di capacità alla base della parete, con T1 il periodo fondamentale di vibrazione dell’edificio nella direzione dell’azione sismica, con Se(T) l’ordinata dello spettro di risposta elastico corrispondente all’ascissa T.

Nelle strutture miste, il taglio nelle pareti snelle deve tener conto delle sollecitazioni dovute ai modi di vibrare superiori. A tal fine, il taglio derivante dall’analisi (linea a di fig. 7.4.5) può essere sostituito dal taglio incrementato (linea b di fig. 7.4.5) e quest’ultimo dal diagramma inviluppo (linea c di Fig. 7.4.5); hw è l’altezza della parete, VA è il taglio alla base già incrementato, VB è il taglio ad 1/3 dell’altezza hw, che comunque deve essere assunto almeno pari a VA/2.

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Fig. 7.4.5 – Diagramma di inviluppo delle forze di taglio nelle pareti di strutture miste

Nelle pareti estese debolmente armate, per garantire che lo snervamento a flessione preceda il raggiungimento dello stato limite ultimo per taglio, il taglio derivante dall’analisi deve essere amplificato, ad ogni piano, del fattore (q+1)/2.

Nelle verifiche delle pareti, sia in CD “A” sia in CD “B”, si deve considerare: la possibile rottura a taglio-compressione del calcestruzzo dell’anima, la possibile rottura a taglio-trazione delle armature dell’anima e la possibile rottura per scorrimento nelle zone dissipative.

Verifica a taglio-compressione del calcestruzzo dell’anima La determinazione della resistenza è condotta in accordo con il § 4.1.2.3.5, assumendo un braccio delle forze interne z pari a 0,8 lw ed un’inclinazione delle diagonali compresse pari a 45°. Nelle zone dissipative tale resistenza va moltiplicata per un fattore riduttivo 0,4.

Verifica a taglio-trazione dell’armatura dell’anima Il calcolo dell’armatura d’anima deve tener conto del rapporto di taglio s = MEd /(VEd lw). Per la verifica va considerato, ad ogni piano, il massimo valore di s.

Se s 2 , la determinazione della resistenza è condotta in accordo con il § 4.1.2. .3.5, assumendo un braccio delle forze interne z pari a 0,8 lw ed un’inclinazione delle diagonali compresse pari a 45°. Altrimenti si utilizzano le seguenti espressioni:

Ed Rd,c h yd,h w S wV V 0,75 f b l [7.4.16]

h yd,h w V yd,v w Edf b z f b z min N [7.4.17]

in cui h e v sono i rapporti tra l’area della sezione dell’armatura orizzontale o verticale d’anima, rispettivamente, e l’area della relativa sezione di calcestruzzo, fyd,h e fyd,v sono i valori di progetto della resistenza delle armature orizzontali e verticali, NEd è la forza assiale di progetto (positiva se di compressione), VRd,c è la resistenza a taglio degli elementi non armati, determinata in accordo con il § 4.1.2..3.5.1, da assumersi nulla nelle zone dissipative quando NEd è di trazione.

Verifica a scorrimento nelle zone dissipative Sui possibili piani di scorrimento (per esempio le riprese di getto o i giunti costruttivi) posti all’interno delle zone dissipative deve risultare:

Ed Rd,SV V [7.4.18]

dove VRd,S è il valore di progetto della resistenza a taglio nei confronti dello scorrimento

Rd,S dd id fdV V +V +V [7.4.19]

nella quale Vdd, Vid e Vfd rappresentano, rispettivamente, il contributo dell’effetto “spinotto” delle armature verticali, il contributo delle armature inclinate presenti alla base, il contributo della resistenza per attrito, e sono dati dalle espressioni:

sjyd

ydcdsjdd Af0,25

ffA1,3minV [7.4.20]

)cos(AfV isiydid [7.4.21]

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wowcd

EdEdydsjffd blf0,5

/zMNfAminV [7.4.22]

dove è dato dall’espressione [7.4.9] (in cui j = 0,60), μf è il coefficiente d’attrito calcestruzzo-calcestruzzo sotto azioni cicliche (può essere assunto pari a 0,60), Asj è la somma delle aree delle barre verticali intersecanti il piano contenente la potenziale superficie di scorrimento, è l’altezza della parte compressa della sezione normalizzata all’altezza della sezione, Asi è l’area di ciascuna armatura inclinata che attraversa il piano detto formando con esso un angolo i.

Per le pareti tozze deve risultare Vid>VEd/2.

La presenza di armature inclinate comporta un incremento della resistenza a flessione alla base della parete che deve essere considerato quando si determina il taglio di progetto VEd.

7.4.4.5.2 Verifiche di duttilità (DUT) La domanda in duttilità di curvatura nelle zone dissipative delle pareti può essere espressa mediante il fattore di duttilità in curvatura μ ,; qualora non si proceda ad una determinazione diretta mediante analisi non lineare, tale domanda può essere valutata attribuendo a i valori forniti dalle [7.4.3] del § 7.4.4.1.2 con il valore di q in queste espressioni ridotto del fattore MEd/MRd, dove MEd è il momento flettente di progetto alla base della parete fornito dall’analisi nella situazione sismica di progetto e MRd è la resistenza flessionale di progetto. La capacità in duttilità di curvatura può essere calcolata, in termini di fattore di duttilità in curvatura μ , come rapporto tra la curvatura u cui corrisponde una riduzione del 15% della massima resistenza a flessione – oppure il raggiungimento della deformazione ultima del calcestruzzo e/o dell’acciaio – e la curvatura convenzionale yd di prima plasticizzazione quale definita nel § 4.1.2.3.4.2.

Nelle sole regioni di estremità della sezione trasversale, dette “elementi di bordo”, si può tener conto, nel calcolo della capacità, dell’effetto del confinamento purché congiuntamente all’espulsione dei copriferri al raggiungimento, in essi, della deformazione ultima di compressione del calcestruzzo non confinato (0,35%); gli elementi di bordo (zone campite di fig. 7.4.6) si assumono di larghezza b0 pari alla larghezza bw della sezione diminuita dello spessore dei copriferri e di lunghezza lC pari all’estensione della zona nella quale la deformazione a compressione del calcestruzzo supera cu2=0,35%. In ogni caso: lC max (0,15 lW, 0,15 bW).

Fig. 7.4.6 – Elementi di bordo di una parete, diagramma delle corrispondenti curvature,

schema esemplificativo delle armature di confinamento

Il valore di xu si ricava dalla condizione di equilibrio della sezione nella combinazione di progetto sismica facendo riferimento, per la valutazione della deformazione ultima del calcestruzzo cu2,c, alla quantità di armatura di confinamento effettivamente presente (v. § 4.1.2.1.2.1). Nel caso si utilizzi la formulazione semplificata indicata al § 7.4.6.2.4 per eseguire la verifica di duttilità, si può porre

wwc b5,1 ,l20,0maxl .

7.4.4.6 TRAVI DI ACCOPPIAMENTO DEI SISTEMI A PARETI La verifica delle travi di accoppiamento è da eseguire con i procedimenti contenuti nel § 7.4.4.1 se è soddisfatta almeno una delle due condizioni seguenti:

il rapporto tra luce netta e altezza è uguale o superiore a 3;

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la sollecitazione di taglio di progetto risulta:

dbfV ctdEd [7.4.23]

essendo b la larghezza e d l’altezza utile della sezione. Se le condizioni precedenti non sono soddisfatte la sollecitazione di taglio deve essere assorbita da due ordini di armature diagonali, opportunamente staffate, disposte ad X sulla trave che si ancorano nelle pareti adiacenti, con sezione pari, per ciascuna diagonale, ad As tale da soddisfare la relazione:

senfA2V ydsiE [7.4.24]

essendo l’angolo minimo tra ciascuna delle due diagonali e l’asse orizzontale. Travi aventi altezza pari allo spessore del solaio non sono da considerare efficaci ai fini dell’accoppiamento.

77.4.5 COSTRUZIONI CON STRUTTURA PREFABBRICATA

La prefabbricazione di parti di una struttura progettata per rispondere alle prescrizioni relative agli edifici in calcestruzzo armato richiede la dimostrazione che il collegamento in opera delle parti sia tale da conferire alla struttura stessa le prestazioni assunte, in termini di resistenza, rigidezza e duttilità, nel modello di calcolo.

Per la trasmissione di forze orizzontali tra parti della struttura non è mai consentito confidare sull’attrito conseguente ai carichi gravitazionali, salvo in presenza di dispositivi espressamente progettati per tale scopo.

Le prescrizioni di cui al presente § 7.4.5 sono aggiuntive rispetto a quelle contenute nei capitoli precedenti, per quanto applicabili e non esplicitamente modificate.

7.4.5.1 TIPOLOGIE STRUTTURALI E FATTORI DI COMPORTAMENTO Si considerano le tipologie di sistemi strutturali già definite al § 7.4.3.1 con, in aggiunta, le seguenti: strutture a pannelli;

strutture monolitiche a cella;

strutture con pilastri incastrati alla base ed orizzontamenti ad essi incernierati.

I valori massimi di qo per queste ultime categorie sono contenuti nella tabella 7.3.II.

Altre tipologie possono essere utilizzate giustificando i fattori di comportamento adottati e impiegando regole di dettaglio tali da garantire i requisiti generali di sicurezza di cui alle presenti norme.

Nelle strutture prefabbricate il meccanismo di dissipazione energetica è associato prevalentemente alle rotazioni plastiche nelle zone dissipative. In aggiunta, la dissipazione può avvenire attraverso meccanismi plastici a taglio nelle connessioni, purché le forze di richiamo non diminuiscano significativamente al susseguirsi dei cicli dell’azione sismica e si evitino fenomeni d’instabilità. Nella scelta del fattore di comportamento complessivo q possono essere considerate le capacità di dissipazione per meccanismi a taglio, specialmente nei sistemi a pareti prefabbricate, tenendo conto dei valori di duttilità locali a scorrimento μs.

Nelle strutture con pilastri incastrati alla base e orizzontamenti collegati ad essi mediante cerniere fisse, la dissipazione di energia avviene unicamente nelle sezioni dei pilastri allo spiccato dalle fondazioni o dalla struttura scatolare rigida di base di cui al § 7.2.1. Per assicurare l’efficacia di tale dissipazione, in tali zone è richiesta la verifica di duttilità, indipendentemente dai particolari costruttivi adottati. A tal fine, non è consentito il ricorso alla [7.4.29] di cui al § 7.4.6.2.2.

7.4.5.2 COLLEGAMENTI I collegamenti tra gli elementi prefabbricati - e tra questi e le fondazioni - condizionano in modo sostanziale il comportamento statico dell’organismo strutturale e la sua risposta sotto azioni sismiche.

I collegamenti tra gli elementi prefabbricati, strutturali e non, devono essere appositamente progettati per garantire le condizioni di vincolo previste dallo schema strutturale adottato e per possedere capacità di spostamento e di resistenza maggiori delle corrispondenti domande.

I dispositivi meccanici che realizzano tali collegamenti devono essere qualificati secondo le procedure di cui al § 11.8. Per le strutture a pannelli l’idoneità dei collegamenti tra i pannelli realizzati con giunti gettati o saldati deve essere adeguatamente dimostrata mediante le prove sperimentali di idoneità.

Per strutture a telaio i collegamenti tra elementi monodimensionali (trave-pilastro) devono garantire la congruenza degli spostamenti verticali e orizzontali, e il trasferimento delle sollecitazioni deve essere assicurato da dispositivi meccanici. A questo vincolo può accoppiarsi, all’altro estremo della trave, un appoggio mobile. L’ampiezza del piano di scorrimento deve risultare, con ampio margine, maggiore dello spostamento dovuto all’azione sismica.

Per strutture a pilastri incastrati alla base e orizzontamenti collegati ad essi, il collegamento tra pilastro ed elemento orizzontale deve essere di tipo cerniera (rigida o elastica). Appoggi mobili sono possibili in corrispondenza di giunti. Le travi prefabbricate in semplice appoggio devono essere strutturalmente connesse ai pilastri o alle pareti (di supporto). Le connessioni devono assicurare la trasmissione delle forze orizzontali nella situazione sismica di progetto senza fare affidamento sull’attrito. Ciò vale anche per le connessioni tra gli elementi secondari dell’impalcato e le travi portanti.

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Per gli elementi di collegamento va controllato che non diano luogo a dissesti locali sul conglomerato sotto l’applicazione di cicli di carico ripetuti.

In tutti i casi, i collegamenti devono essere in grado di assorbire gli spostamenti relativi e di trasferire le forze risultanti dall’analisi, con adeguati margini di sicurezza.

In aggiunta alle precedenti regole generali, nelle strutture a comportamento dissipativo si applicano anche le seguenti regole specifiche.

Negli elementi prefabbricati e nei loro collegamenti si deve tener conto del possibile degrado a seguito delle deformazioni cicliche in campo plastico. Quando necessario, la resistenza di progetto dei collegamenti prefabbricati valutata per carichi non ciclici deve essere opportunamente ridotta per le verifiche sotto azioni sismiche.

In caso di collegamenti tra elementi prefabbricati di natura non monolitica, che influenzino in modo sostanziale il comportamento statico dell’organismo strutturale, e quindi anche la sua risposta sotto azioni sismiche, sono possibili le tre situazioni seguenti, a ciascuna delle quali deve corrispondere un opportuno criterio di dimensionamento:

a) collegamenti situati al di fuori delle previste zone dissipative, che quindi non influiscono sulle capacità dissipative della struttura;

b) collegamenti situati in prossimità delle previste zone dissipative alle estremità degli elementi prefabbricati, ma sovradimensionati in modo tale da non pregiudicare la plasticizzazione delle zone dissipative stesse;

c) collegamenti situati nelle previste zone dissipative alle estremità degli elementi prefabbricati, dotati delle necessarie caratteristiche in termini di duttilità e di quantità di energia dissipabile.

7.4.5.2.1 Regole di progetto

STRUTTURE INTELAIATE Alle strutture intelaiate a comportamento dissipativo si applicano le seguenti regole di progetto.

Collegamenti lontani dalle zone dissipative o di tipo a) Il collegamento deve essere posizionato ad una distanza dalla estremità dell’elemento, trave o pilastro, dove si ha la zona dissipativa, pari almeno alla lunghezza del tratto ove è prevista armatura trasversale di contenimento, ai sensi del § 7.4.4.1.2 e del § 7.4.4.2.2, aumentata di una volta l’altezza utile della sezione. La resistenza del collegamento deve essere non inferiore alla sollecitazione locale di progetto. Per il momento di domanda si assume il maggiore tra il valore derivante dall’analisi e il valore ricavato, con la progettazione in capacità, dai momenti di capacità delle zone dissipative adiacenti moltiplicati per il fattore di sovraresistenza Rd di cui alla Tab. 7.2.I. Il taglio di progetto è determinato con le regole della progettazione in capacità di cui al § 7.4.4.1.1 (travi) e § 7.4.4.2.1 (pilastri), utilizzando il fattore di sovraresistenza Rd di cui alla Tab. 7.2.I.

Collegamenti sovradimensionati o di tipo b) Le parti degli elementi adiacenti alle unioni devono essere dimensionate con gli stessi procedimenti della progettazione in capacità previsti nel § 7.4.4 per le strutture gettate in opera, in funzione della classe di duttilità adottata, e dotate dei relativi dettagli di armatura che ne assicurino la prevista duttilità. Si utilizza il fattore di sovraresistenza di cui alla Tab. 7.2.I. Le armature longitudinali delle connessioni devono essere completamente ancorate prima delle sezioni terminali delle zone dissipative. Le armature delle zone dissipative devono essere completamente ancorate fuori delle connessioni. Per strutture in CD”A” non è ammessa la giunzione dei pilastri all’interno dei nodi e delle zone dissipative.

Collegamenti che dissipano energia o di tipo c) Previa dimostrazione analitica che il funzionamento del collegamento è equivalente a quello di uno interamente realizzato in opera e che soddisfi le prescrizioni di cui al § 7.4.4, la struttura è assimilabile ad una di tipo monolitico.

L’idoneità di giunzioni atte a realizzare il meccanismo plastico previsto per le strutture a telaio e a soddisfare le richieste globali e locali di duttilità ciclica nella misura corrispondente alle CD“A” e “B” può essere desunta da normative di comprovata validità oppure da prove sperimentali in scala reale che includano almeno tre cicli completi di deformazione di ampiezza corrispondente al fattore di comportamento q, eseguite su sotto-insiemi strutturali significativi.

STRUTTURE A PILASTRI INCASTRATI ALLA BASE E ORIZZONTAMENTI AD ESSI INCERNIERATI I collegamenti ad appoggio mobile sono consentiti per le sole strutture monopiano e devono essere dimensionati come indicato al § 7.2.2. In aggiunta alle precedenti regole generali, nelle strutture a comportamento dissipativo si applicano anche le seguenti regole specifiche.

Per le strutture monopiano, la resistenza a taglio dei collegamenti a cerniera non deve essere inferiore alla forza orizzontale necessaria per indurre nella sezione di base del pilastro un momento flettente pari al momento resistente ultimo, moltiplicata per un fattore di sovraresistenza Rd di cui alla Tab. 7.2.I.

Per le strutture pluripiano, i collegamenti a cerniera devono essere dimensionati nei confronti della forza di piano in equilibrio con il diagramma del taglio risultante dalle indicazioni fornite nella sezione “Pilastri” del § 7.4.5.3.

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7.4.5.2.2 Valutazione della resistenza La resistenza delle connessioni tra elementi prefabbricati deve essere valutata con gli stessi coefficienti parziali di sicurezza applicabili alle situazioni non sismiche, come indicato nei §§ 4.1.2.1.1, 4.2.4.1.1, 4.2.4.1.4 o 4.2.8 secondo quanto di competenza.

Nella valutazione della resistenza allo scorrimento si deve trascurare l’attrito dovuto agli sforzi esterni di compressione.

Nelle strutture a comportamento dissipativo gli elementi di acciaio utilizzati per realizzare la connessione devono possedere caratteristiche di resistenza, duttilità e dissipazione conformi a quanto previsto nel progetto.

7.4.5.3 ELEMENTI STRUTTURALI Per gli elementi strutturali si applicano le regole progettuali degli elementi non prefabbricati. Pilastri Per strutture a pilastri incastrati alla base e orizzontamenti ad essi incernierati, le colonne devono essere fissate in fondazione con vincoli d’incastro.

Per le strutture a comportamento dissipativo, connessioni pilastro-pilastro all’interno delle zone dissipative sono permesse solo per strutture in CD”B”.

Per strutture a comportamento dissipativo con pilastri pluripiano incastrati alla base e con travi incernierate ai pilastri stessi, deve essere considerato l’incremento del taglio, da valutarsi in accordo alla [7.4.14]. Pareti di pannelli prefabbricati Deve essere evitato il degrado della resistenza delle connessioni. Tale requisito si ritiene soddisfatto se tutte le connessioni verticali sono ruvide o provviste di connettori a taglio e verificate a taglio.

Nella verifica delle connessioni orizzontali la forza assiale di trazione deve essere portata da un’armatura longitudinale verticale disposta nella zona tesa del pannello e ancorata completamente nel corpo dei pannelli soprastanti e sottostanti. Per le connessioni che sono solo parzialmente tese sotto le azioni sismiche, la verifica di resistenza a taglio deve essere fatta considerando esclusivamente la zona compressa; in questo caso come valore della forza assiale si deve considerare il valore della risultante di compressione su questa zona. Diaframmi Il comportamento a diaframma è reso più efficace se nelle zone di collegamento degli orizzontamenti sono predisposti appositi supporti. Un’appropriata cappa di calcestruzzo armato gettato in opera può migliorare significativamente la rigidezza dei diaframmi.

Le forze di trazione devono essere portate da apposite armature disposte lungo il perimetro del diaframma e nelle connessioni interne con gli altri elementi prefabbricati. Se si prevede una cappa di calcestruzzo armato gettato in opera, dette armature possono essere posizionate nella cappa stessa.

Gli elementi di sostegno, sia al di sotto sia al di sopra del diaframma, devono essere adeguatamente connessi ad esso; a tal fine non si considerano le forze di attrito dovute alle forze di compressione esterne. Per le strutture a comportamento dissipativo, le forze di taglio lungo le connessioni piastra-piastra o piastra-trave devono essere moltiplicate per un fattore maggiorativo pari a 1,30.

77.4.6 DETTAGLI COSTRUTTIVI PER LE STRUTTURE A COMPORTAMENTO DISSIPATIVO

Le indicazioni fornite nel seguito in merito ai dettagli costruttivi si applicano alle strutture in c.a. a comportamento dissipativo, sia gettate in opera sia prefabbricate. I dettagli costruttivi sono articolati in termini di:

limitazioni geometriche,

limitazioni di armatura.

7.4.6.1 LIMITAZIONI GEOMETRICHE

7.4.6.1.1 Travi La larghezza b della trave deve essere 20 cm e, per le travi “a spessore di solaio”, deve essere non maggiore della larghezza del pilastro, aumentata da ogni lato di metà dell’altezza della sezione trasversale della trave stessa, risultando comunque non maggiore di due volte bc, essendo bc la larghezza del pilastro misurata ortogonalmente all’asse della trave.

Il rapporto b/h tra larghezza e altezza della trave deve essere 0,25.

Non deve esserci eccentricità tra l’asse delle travi che sostengono pilastri in falso e l’asse dei pilastri che le sostengono. Le travi devono avere almeno due supporti, costituiti da pilastri o pareti.

Le zone dissipative si estendono, per CD”A” e CD”B”, per una lunghezza pari rispettivamente a 1,5 e 1,0 volte l’altezza della sezione della trave, misurata a partire dalla faccia del nodo trave-pilastro o da entrambi i lati a partire dalla sezione di prima plasticizzazione. Per travi che sostengono un pilastro in falso, si assume una lunghezza pari a 2 volte l’altezza della sezione misurata da entrambe le facce del pilastro. Le pareti non possono appoggiarsi in falso su travi o solette.

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7.4.6.1.2 Pilastri La dimensione minima della sezione trasversale non deve essere inferiore a 25 cm.

Se , quale definito nel § 7.3.1, risulta > 0,1, la dimensione della sezione trasversale nella direzione parallela al piano d’inflessione non deve essere inferiore ad un ventesimo della maggiore tra le distanze tra il punto in cui si annulla il momento flettente e le estremità del pilastro. Quest’ultima limitazione geometrica non si applica quando gli effetti del secondo ordine siano presi in conto incrementando gli effetti dell'azione sismica di un fattore pari a 1/(1- ) quando è compreso tra 0,1 e 0,2 o computati attraverso un’analisi non lineare quando è compreso tra 0,2 e 0,3.

In assenza di analisi più accurate, si può assumere che la lunghezza della zona dissipativa sia la maggiore tra: l’altezza della sezione, 1/6 dell’altezza libera del pilastro, 45 cm, l’altezza libera del pilastro se questa è inferiore a 3 volte l’altezza della sezione.

7.4.6.1.3 Nodi trave-pilastro Sono da evitare, per quanto possibile, eccentricità tra l’asse della trave e l’asse del pilastro concorrenti in un nodo. Qualora tale eccentricità superi 1/4 della larghezza del pilastro, la trasmissione degli sforzi deve essere assicurata da armature adeguatamente dimensionate allo scopo.

7.4.6.1.4 Pareti Le pareti non possono appoggiarsi in falso su travi o solette.

Lo spessore delle pareti, anche se estese debolmente armate, deve essere non inferiore al massimo tra 15 cm (20 cm nel caso in cui nelle travi di collegamento siano da prevedersi, ai sensi del § 7.4.4.6, armature inclinate) e 1/20 dell’altezza libera d’interpiano.

Possono derogare a tale limite, su motivata indicazione del progettista, le strutture a funzionamento scatolare a un solo piano non destinate ad uso abitativo.

Devono essere evitate aperture distribuite irregolarmente, salvo che la loro presenza non sia specificamente considerata nell’analisi, nel dimensionamento e nella disposizione delle armature.

7.4.6.2 LIMITAZIONI DI ARMATURA Le giunzioni di barre mediante saldatura o dispositivi meccanici sono vietate in corrispondenza delle zone dissipative degli elementi strutturali. Nelle colonne e nelle pareti, la giunzione di barre mediante dispositivi meccanici di collegamento è concessa se dispositivi ed elementi, qualificati secondo quanto indicato al § 11.3.2.9, sono oggetto di prove appropriate in condizioni compatibili con la classe di duttilità scelta.

7.4.6.2.1 Travi Armature longitudinali Almeno due barre di diametro non inferiore a 14 mm devono essere presenti superiormente e inferiormente, per tutta la lunghezza della trave.

In ogni sezione della trave, salvo giustificazioni che dimostrino che le modalità di collasso della sezione sono coerenti con la classe di duttilità adottata, il rapporto geometrico relativo all’armatura tesa, indipendentemente dal fatto che l’armatura tesa sia quella al lembo superiore della sezione As o quella al lembo inferiore della sezione Ai, deve essere compreso entro i seguenti limiti:

ykcomp

yk f3,5

f1,4

[7.4.26]

dove:

è il rapporto geometrico relativo all’armatura tesa, pari ad As/(b h) oppure ad Ai/(b h);

comp è il rapporto geometrico relativo all’armatura compressa;

fyk è la tensione caratteristica di snervamento dell’acciaio (in MPa).

Inoltre deve essere comp 0,25 ovunque e nelle zone dissipative comp 1/2 .

L’armatura superiore, disposta per il momento negativo alle estremità delle travi, deve essere contenuta, per almeno il 75%, entro la larghezza dell’anima e comunque, per le sezioni a T o ad L, entro una fascia di soletta pari, rispettivamente, alla larghezza del pilastro, od alla larghezza del pilastro aumentata di 2 volte lo spessore della soletta da ciascun lato del pilastro, a seconda che nel nodo manchi o sia presente una trave ortogonale. Almeno ¼ della suddetta armatura deve essere mantenuta per tutta la lunghezza della trave.

Le armature longitudinali delle travi, sia superiori sia inferiori, devono attraversare, di regola, i nodi senza ancorarsi o giuntarsi per sovrapposizione in essi. Quando ciò non risulti possibile, sono da rispettare le seguenti prescrizioni:

le barre vanno ancorate oltre la faccia opposta a quella di intersezione con il nodo, oppure rivoltate verticalmente in corrispondenza di tale faccia, a contenimento del nodo;

la lunghezza di ancoraggio delle armature tese va calcolata in modo da sviluppare una tensione nelle barre pari a 1,25 fyk, e misurata a partire da una distanza pari a 6 diametri dalla faccia del pilastro verso l’interno.

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La parte dell’armatura longitudinale della trave che si ancora oltre il nodo non può terminare all’interno di una zona dissipativa, ma deve ancorarsi oltre di essa.

La parte dell’armatura longitudinale della trave che si ancora nel nodo, deve essere collocata all’interno delle staffe del pilastro. Per prevenire lo sfilamento di queste armature il diametro delle barre non inclinate deve essere bL volte l’altezza della sezione del pilastro, essendo

esterni nodiper 0,81f

f7,5

interni nodiper /0,75k1

0,81f

f7,5

dydRd

ctm

compD

d

ydRd

ctm

bL [7.4.27]

dove:

d è la forza assiale di progetto normalizzata;

kD vale 1 o 2/3, rispettivamente per CD”A” e per CD”B”;

Rd vale 1,2 o 1, rispettivamente per CD”A” e per CD”B”.

Se per nodi esterni non è possibile soddisfare tale limitazione, si può prolungare la trave oltre il pilastro, si possono usare piastre saldate alla fine delle barre, si possono piegare le barre per una lunghezza minima pari a 10 volte il loro diametro disponendo un’apposita armatura trasversale dietro la piegatura.

Armature trasversali Nelle zone dissipative devono essere previste staffe di contenimento. La prima staffa di contenimento deve distare non più di 5 cm dalla sezione a filo pilastro; le successive devono essere disposte ad un passo non superiore alla minore tra le grandezze seguenti:

un quarto dell’altezza utile della sezione trasversale;

175 mm e 225 mm, rispettivamente per CD”A” e CD “B”;

6 volte e 8 volte il diametro minimo delle barre longitudinali considerate ai fini delle verifiche, rispettivamente per CD”A” e CD “B”

24 volte il diametro delle armature trasversali.

Per staffa di contenimento si intende una staffa rettangolare, circolare o a spirale, di diametro minimo 6 mm, con ganci a 135° prolungati, alle due estremità, per almeno 10 diametri. I ganci devono essere assicurati alle barre longitudinali.

7.4.6.2.2 Pilastri Nel caso in cui le tamponature non si estendano per l’intera altezza dei pilastri adiacenti, l’armatura risultante deve essere estesa per una distanza pari alla profondità del pilastro oltre la zona priva di tamponamento. Nel caso in cui l’altezza della zona priva di tamponamento fosse inferiore a 1,5 volte la profondità del pilastro, devono essere utilizzate armature bi-diagonali.

Nel caso precedente, qualora il tamponamento sia presente su un solo lato di un pilastro, l’armatura trasversale da disporre alle estremità del pilastro ai sensi del § 7.4.5.3. deve essere estesa all’intera altezza del pilastro.

Armature longitudinali Per tutta la lunghezza del pilastro, l’interasse tra le barre non deve essere superiore a 25 cm.

Nella sezione corrente del pilastro, la percentuale geometrica di armatura longitudinale, con rapporto tra l’area dell’armatura longitudinale e l’area della sezione del pilastro, deve essere compresa entro i seguenti limiti:

1% 4% [7.4.28]

Se sotto l’azione del sisma la forza assiale su un pilastro è di trazione, la lunghezza di ancoraggio delle barre longitudinali deve essere incrementata del 50%.

Armature trasversali Alle estremità di tutti i pilastri primari e secondari per una lunghezza pari a quella delle zone dissipative devono essere rispettate le condizioni seguenti: le barre disposte sugli angoli della sezione devono essere contenute dalle staffe; la distanza tra due barre vincolate consecutive, deve essere non superiore a 15 cm e 20 cm, rispettivamente per CD”A” e CD”B”.

A tal fine si intendono barre vincolate quelle direttamente trattenute da staffe o da legature. Il diametro delle staffe di contenimento e legature deve essere non inferiore a:

)]/ffd(0,4 mm; max[6 styd,lyd,maxbl, per CD”A” e 6 mm per CD”B”, dove dbl,max è il diametro massimo delle barre longitudinali,

fyd,l e fyd,st sono, rispettivamente, la tensione di snervamento di progetto delle barre longitudinali e delle staffe. Il passo delle staffe di contenimento e legature deve essere non superiore alla più piccola delle quantità seguenti:

1/3 e 1/2 del lato minore della sezione trasversale, rispettivamente per CD”A” e CD”B”;

12,5 cm e 17,5 cm, rispettivamente per CD”A” e CD”B”;

5 6 e 8 volte il diametro delle barre longitudinali che collegano, rispettivamente per CD”A” e CD”B”.

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In ogni caso alle estremità di tutti i pilastri primari, per una lunghezza pari a quella delle zone dissipative, il rapporto wd definito in [7.4.30] deve essere non minore di 0,08.

Dettagli costruttivi per la duttilità Per le zone dissipative allo spiccato dei pilastri primari e per le zone terminali di tutti i pilastri secondari devono essere eseguite le verifiche di duttilità indicate al § 7.4.4.2.2. In alternativa, tali verifiche possono ritenersi soddisfatte se, per ciascuna zona dissipativa, si rispettano le limitazioni seguenti:

0,035bb

300

cdsy,dwd [7.4.29]

cd

ydwd f

fzocalcestruz di nucleo del volume

toconfinamen di staffe delle volume [7.4.30]

dove: wd è il rapporto meccanico dell’armatura trasversale di confinamento all’interno della zona dissipativa (il nucleo di calcestruzzo

è individuato con riferimento alla linea media delle staffe) che deve essere non minore di 0,12 in CD”A” . è la domanda in duttilità di curvatura allo SLC;

d è la forza assiale adimensionalizzata di progetto relativa alla combinazione sismica SLV ( d = Ed/ c cd); sy,d è la deformazione di snervamento dell’acciaio;

hc è la profondità della sezione trasversale lorda; h0 è la profondità del nucleo confinato (con riferimento alla linea media delle staffe); bc è la larghezza minima della sezione trasversale lorda; b0 è la larghezza del nucleo confinato corrispondente a bc (con riferimento alla linea media delle staffe);

è il coefficiente di efficacia del confinamento, uguale a = n · s, con: a) per sezioni trasversali rettangolari

n00

2in hb6/b1 [7.4.31a]

00s h2s/1b2s/1 [7.4.31b] dove: n è il numero totale di barre longitudinali contenute lateralmente da staffe o legature, bi è la distanza tra barre consecutive contenute e s è il passo delle staffe;

b) per sezioni trasversali circolari con diametro del nucleo confinato D0 (con riferimento alla linea media delle staffe)

1n [7.4.31c]

0s D2/s1 [7.4.31d]

dove: n è il numero totale di barre longitudinali contenute lateralmente da staffe o legature, bi è la distanza tra barre consecutive contenute, = 2 per staffe circolari singole, = 1 per staffa a spirale.

7.4.6.2.3 Nodi trave-pilastro Oltre a quanto richiesto dalla verifica nel § 7.4.4.3.1, lungo le armature longitudinali del pilastro che attraversano i nodi devono essere disposte staffe di contenimento in quantità almeno pari alla maggiore prevista nelle zone adiacenti al nodo del pilastro inferiore e superiore; nel caso di nodi interamente confinati il passo risultante dell’armatura di confinamento orizzontale nel nodo può essere raddoppiato, ma non può essere maggiore di 15 cm.

7.4.6.2.4 Pareti Nelle parti della parete, in pianta ed in altezza, al di fuori di una zona dissipativa, vanno seguite le regole del Capitolo 4, con un’armatura minima verticale e orizzontale, finalizzata a controllare la fessurazione da taglio, avente rapporto geometrico riferito, rispettivamente, all’area della sezione orizzontale e verticale almeno pari allo 0,2%. Tuttavia, in quelle parti della sezione dove, nella situazione sismica di progetto, la deformazione a compressione c è maggiore dello 0,2%, si raccomanda di fornire un rapporto geometrico di armatura verticale 0,5%. Le armature, sia orizzontali sia verticali, devono avere diametro non superiore ad 1/10 dello spessore della parete, devono essere disposte su entrambe le facce della parete, ad un passo non superiore a 30 cm, devono essere collegate con legature, in ragione di almeno 9 legature ogni metro quadrato.

Armature longitudinali Negli elementi di bordo delle zone dissipative l’armatura longitudinale deve rispettare le prescrizioni fornite per le zone dissipative dei pilastri primari nel § 7.4.6.2.2. Armature trasversali Negli elementi di bordo delle zone dissipative l’armatura trasversale deve rispettare le prescrizioni fornite per le zone dissipative dei pilastri primari nel § 7.4.6.2.2.

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Armature inclinate Le armature inclinate che attraversano potenziali superfici di scorrimento devono essere efficacemente ancorate al di sopra e al di sotto della superficie di scorrimento ed attraversare tutte le sezioni della parete poste al di sopra di essa e distanti da essa meno della minore tra ½hw e ½lw.

Dettagli costruttivi per la duttilità Per le zone dissipative di base delle pareti primarie devono essere eseguite le verifiche di duttilità indicate al § 7.4.4.5.2. In alternativa, tali verifiche possono ritenersi soddisfatte se, per ciascuna zona dissipativa, il rapporto volumetrico di armatura trasversale negli elementi di bordo rispetta le limitazioni seguenti:

0,035bb

300

cdsy,vdwd [7.4.32]

cd

ydwd f

fbordo di elementi degli zocalcestruz di nucleo del volume

toconfinamen di staffe delle volume [7.4.33]

dove i simboli hanno il significato della [7.4.29] e cdvyd,vv ff , essendo v e vyd,f , rispettivamente, il rapporto

geometrico e la resistenza di snervamento di progetto dell’armatura verticale al di fuori degli elementi di bordo.

7.4.6.2.5 Travi di accoppiamento Nel caso di armatura ad X, ciascuno dei due fasci di armatura deve essere racchiuso da armatura a spirale o da staffe di contenimento con passo non superiore a 100 mm.

In questo caso, in aggiunta all’armatura diagonale deve essere disposta nella trave armatura di diametro almeno 10 mm distribuita a passo 10 cm in direzione sia longitudinale che trasversale ed armatura corrente di 2 barre da 16 mm ai bordi superiore ed inferiore.

Gli ancoraggi delle armature nelle pareti devono essere del 50% più lunghi di quanto previsto per il dimensionamento in condizioni non sismiche.

7.5. COSTRUZIONI DI ACCIAIO Nel caso di comportamento strutturale non dissipativo la capacità delle membrature e dei collegamenti deve essere valutata in accordo con le regole di cui al § 4.2 delle presenti norme, senza nessun requisito aggiuntivo.

Nel caso di comportamento strutturale dissipativo la capacità delle membrature e dei collegamenti deve essere valutata in accordo con le regole di cui dal § 7.1 al § 7.3 delle presenti norme, integrate dalle regole di progettazione e di dettaglio fornite dal § 7.5.3 al § 7.5.6. Le strutture devono essere progettate in maniera tale che i fenomeni di degrado e riduzione di rigidezza che si manifestano nelle zone dissipative non pregiudichino la stabilità globale della struttura.

Nelle zone dissipative, al fine di assicurare che le stesse si formino in accordo con quanto previsto in progetto, la possibilità che il reale limite di snervamento dell’acciaio sia maggiore del limite nominale deve essere tenuta in conto attraverso un opportuno coefficiente ov, definito al § 7.5.1.

Gli elementi non dissipativi delle strutture dissipative e i collegamenti tra le parti dissipative ed il resto della struttura devono possedere una capacità sufficiente a consentire lo sviluppo della plasticizzazione ciclica delle parti dissipative.

7.5.1. CARATTERISTICHE DEI MATERIALI

L’acciaio strutturale deve essere conforme ai requisiti del § 11.3.4.9.

La distribuzione delle proprietà del materiale, nella struttura, quali la tensione di snervamento e la tenacità deve essere tale che le zone dissipative si formino dove stabilito nella progettazione.

Ai fini della progettazione, il fattore di sovraresistenza del materiale, ov è assunto pari a 1,25 per gli acciai tipo S235, S275 ed S355 e pari a 1,15 per gli acciai tipo S420 e S460.

7.5.2. TIPOLOGIE STRUTTURALI E FATTORI DI COMPORTAMENTO

7.5.2.1 TIPOLOGIE STRUTTURALI Le strutture sismo-resistenti d’acciaio possono essere distinte, in accordo con il loro comportamento, nelle seguenti tipologie strutturali: a) Strutture intelaiate: sono composte da telai che resistono alle forze orizzontali con un comportamento prevalentemente

flessionale. In queste strutture le zone dissipative sono principalmente collocate alle estremità delle travi, in prossimità dei collegamenti trave-colonna, dove si possono formare le cerniere plastiche e l’energia è dissipata per mezzo della flessione ciclica plastica.

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b) Strutture con controventi concentrici: in esse le forze orizzontali sono assorbite principalmente da membrature soggette a forze assiali. In queste strutture le zone dissipative sono principalmente collocate nelle diagonali tese. Pertanto, possono essere considerati in questa tipologia solo quei controventi per cui lo snervamento delle diagonali tese precede il raggiungimento della resistenza delle aste strettamente necessarie ad equilibrare i carichi esterni. I controventi reticolari concentrici possono essere distinti nelle seguenti tre categorie (Fig. 7.5.1): b1) controventi con diagonale tesa attiva, in cui la resistenza alle forze orizzontali e le capacità dissipative sono affidate

alle aste diagonali soggette a trazione; b2) controventi a V, in cui le forze orizzontali devono essere assorbite considerando sia le diagonali tese che quelle

compresse. Il punto d’intersezione di queste diagonali giace su di una membratura orizzontale che deve essere continua;

b3) controventi a K, in cui il punto d’intersezione delle diagonali giace su una colonna. Questa categoria non deve essere considerata dissipativa, poiché il meccanismo di collasso coinvolge la colonna.

c) Strutture con controventi eccentrici: in esse le forze orizzontali sono principalmente assorbite da membrature caricate assialmente, ma la presenza di eccentricità di schema permette la dissipazione di energia nei traversi per mezzo del comportamento ciclico a flessione e/o a taglio. I controventi eccentrici possono essere classificati come dissipativi quando la plasticizzazione dei traversi dovuta alla flessione e/o al taglio precede il raggiungimento della resistenza ultima delle altre parti strutturali.

d) Strutture a mensola o a pendolo inverso: in esse almeno il 50% della massa è nel terzo superiore dell’altezza della costruzione oppure la dissipazione di energia è localizzata principalmente alla base. Strutture ad un solo piano che posseggano più di una colonna, con le estremità superiori delle colonne collegate nelle direzioni principali dell’edificio e con il valore del carico assiale normalizzato della colonna non maggiore di 0,3 in alcun punto, possono essere considerate strutture a telaio.

e) Strutture intelaiate con controventi concentrici: in esse le azioni orizzontali sono assorbite sia da telai sia da controventi agenti nel medesimo piano verticale.

f) Strutture intelaiate con tamponature: sono costituite da strutture intelaiate con le quali le tamponature in muratura o calcestruzzo sono in contatto, non collegate.

b1) Strutture con controventi concentrici a diagonale tesa attiva

b2) Strutture con controventi concentrici a V

b3) Strutture con controventi concentrici a K

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c) Strutture con controventi eccentrici

d) Strutture a mensola o a pendolo inverso

e) Strutture intelaiate con controventi concentrici

Fig. 7.5.1. - Tipologie strutturali

Da tale classificazione sono escluse le strutture di acciaio in cui la dissipazione di energia è realizzata mediante l’impiego di appositi dispositivi antisismici.

Per le strutture di acciaio in cui le forze orizzontali sono assorbite da nuclei o pareti di controvento in calcestruzzo armato si rimanda al § 7.4.

Tipologie strutturali diverse da quelle sopraelencate possono essere utilizzate basandosi su criteri di progettazione non difformi da quelli considerati nella presente norma. Il grado di sicurezza raggiunto utilizzando tali criteri deve essere comunque non inferiore a quello garantito dalla presente norma.

7.5.2.2 FATTORI DI COMPORTAMENTO Per ciascuna tipologia strutturale il valore massimo per q0 è indicato in Tab. 7.3.II.

Per le strutture regolari in pianta possono essere adottati i seguenti valori di u/ 1:

edifici a un piano u/ 1 = 1,1

edifici a telaio a più piani, con una sola campata u/ 1 = 1,2

edifici a telaio con più piani e più campate u/ 1 = 1,3

edifici con controventi eccentrici a più piani u/ 1 = 1,2

edifici con strutture a mensola o a pendolo inverso u/ 1 = 1,0

Tali valori di q0 sono da intendersi validi a patto che vengano rispettate le regole di progettazione e di dettaglio fornite nei paragrafi dal § 7.5.3 al § 7.5.6.

77.5.3. REGOLE DI PROGETTO GENERALI PER ELEMENTI STRUTTURALI DISSIPATIVI

Le regole di progetto seguenti si applicano alle parti delle strutture sismo-resistenti progettate per avere un comportamento strutturale dissipativo. Le zone dissipative devono avere un’adeguata duttilità ed una sufficiente capacità.

Nelle disposizioni di cui al presente capitolo, le zone dissipative sono localizzate nelle membrature; pertanto i collegamenti e tutte le componenti non dissipative della struttura devono essere dotate di adeguata capacità.

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7.5.3.1 VERIFICHE DI RESISTENZA (RES) I collegamenti in zone dissipative devono consentire la plasticizzazione delle parti dissipative collegate, garantendo il soddisfacimento del seguente requisito:

j,d ov pl,Rd U,RdR 1,1 R R [7.5.1]

dove:

R j,d è la capacità di progetto del collegamento;

R pl,Rd è la capacità al limite plastico della membratura dissipativa collegata;

RU,Rd è il limite superiore della capacità della membratura collegata.

Nel caso di membrature tese con collegamenti bullonati, la capacità corrispondente al raggiungimento della tensione di snervamento della sezione deve risultare inferiore alla capacità corrispondente al raggiungimento della tensione di rottura della sezione netta in corrispondenza dei fori per i dispositivi di collegamento; si deve quindi verificare che:

tk

yk

M0

M2res

ff

1,1A

A [7.5.2]

essendo A l’area lorda e Ares l’area resistente costituita dall’area netta in corrispondenza dei fori, integrata da un’eventuale area di rinforzo. I fattori parziali M0 e M2 sono definiti nella Tab. 4.2.V del § 4.2.3.1.1. delle presenti norme.

7.5.3.2 VERIFICHE DI DUTTILITA’ (DUT) In ogni zona o elemento dissipativo si deve garantire una capacità in duttilità superiore alla corrispondente domanda in duttilità. La verifica deve essere effettuata adottando le misure di deformazione adeguate ai meccanismi duttili previsti per le diverse tipologie strutturali.

Per le tipologie indicate in § 7.5.2.1, si possono utilizzare le seguenti misure di deformazione locale : elementi inflessi o presso inflessi di strutture intelaiate: rotazione alla corda; elementi prevalentemente tesi e compressi di strutture controventate: allungamento complessivo della diagonale; elementi sottoposti a taglio e flessione di strutture con controventi eccentrici (elementi di collegamento): rotazione rigida tra

l’elemento di connessione e l’elemento contiguo.

La duttilità locale è definita come segue: = u/ y

La domanda in duttilità locale è definita dal rapporto tra il valore di deformazione u misurato mediante analisi non lineare e il valore di deformazione y al limite elastico. Nel caso di analisi strutturale lineare con fattore di comportamento, la domanda di deformazione può essere dedotta dal campo di spostamenti ultimi ottenuti come in § 7.3.3.3. La capacità in duttilità locale è data dal rapporto tra la misura di deformazione al collasso u, valutata in corrispondenza della riduzione del 15% della massima resistenza dell’elemento, e la deformazione y corrispondente al raggiungimento della prima plasticizzazione. La capacità in duttilità locale, quando non sia determinata mediante sperimentazione diretta, deve essere valutata utilizzando metodi di calcolo che descrivano in modo adeguato il comportamento in campo non-lineare, inclusi i fenomeni di instabilità dell’equilibrio, e tengano conto dei fenomeni di degrado connessi al comportamento ciclico. La verifica di duttilità si ritiene comunque soddisfatta qualora siano rispettate, in funzione della classe di duttilità e del valore di base del fattore di comportamento q0 utilizzato in fase di progetto, le prescrizioni relative alle classi di sezioni trasversali per le zone/elementi dissipativi riportate in Tab. 7.5.I nonché le prescrizioni specifiche di cui ai successivi paragrafi relativi a ciascuna tipologia strutturale e sia soddisfatta, per le sezioni delle colonne primarie delle strutture a telaio in cui si prevede la formazione di zone dissipative, la relazione:

0,3N/N Rd,plEd [7.5.3]

dove NEd è il valore della domanda a sforzo normale e Npl,Rd è il valore della capacità a sforzo normale determinata secondo criteri di cui al § 4.2.4.1.2. Tab. 7.5.I - Classe della sezione trasversale di elementi dissipativi in funzione della classe di duttilità e di q0

Classe di duttilità

Valore di base q0 del fattore di comportamento

Classe di sezione trasversale richiesta

CD “B” 2 < q0 4 Classe 1 o 2

CD “A” q0 > 4 Classe 1

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77.5.4. REGOLE DI PROGETTO SPECIFICHE PER STRUTTURE INTELAIATE

Al fine di conseguire un comportamento duttile, i telai devono essere progettati in modo che le zone dissipative si formino nelle travi piuttosto che nelle colonne.

Questo requisito non è richiesto per le sezioni delle colonne alla base ed alla sommità dei telai multipiano e per gli edifici monopiano.

7.5.4.1 TRAVI

Verifiche di resistenza (RES) Nelle sezioni in cui è attesa la formazione delle zone dissipative devono essere verificate le seguenti relazioni:

1/MM Rdpl,Ed [7.5.4]

0,15/NN Rdpl,Ed [7.5.5]

0,50VVV Rdpl,MEd,GEd, [7.5.6]

dove:

MEd, NEd e VEd sono i valori della domanda a flessione, sforzo normale e taglio;

Mpl,Rd, Npl,Rd e Vpl,Rd sono i valori della capacità a flessione, sforzo normale e taglio determinate secondo criteri di cui al § 4.2.4.1.2;

VEd,G è la domanda a taglio dovuta alle azioni non-sismiche;

VEd,M è la domanda a taglio dovuta all’applicazione di momenti plastici equiversi Mpl,Rd nelle sezioni in cui è attesa la formazione delle zone dissipative.

Le travi devono avere capacità sufficiente nei confronti dell’instabilità flessionale e flesso-torsionale, determinata come in §4.2.4.1.3. ed assumendo la formazione delle zone dissipative nella sezione caratterizzata dalla domanda più elevata in condizioni sismiche.

7.5.4.2 COLONNE

Verifiche di resistenza (RES) La capacità delle colonne deve essere confrontata con la combinazione più sfavorevole della domanda a flessione ed a sforzo normale.

La domanda deve essere determinata come segue:

Ed Ed,G ov Ed,EN N 1,1 N

[7.5.7]

Ed Ed,G ov Ed,EM M 1,1 M

[7.5.8]

Ed Ed,G ov Ed,EV V 1,1 V

[7.5.9]

in cui

MEd, NEd e VEd sono i valori della domanda a flessione, sforzo normale e taglio;

NEd,G, MEd,G, VEd,G sono i valori della domanda a sforzo normale, flessione e taglio dovuta alle azioni non sismiche incluse nella combinazione delle azioni per la condizione sismica di progetto;

NEd,E, MEd,E, VEd ,E sono i valori della domanda a sforzo normale, flessione e taglio dovuta alle azioni sismiche di progetto;

ov è il fattore di sovraresistenza relativo al materiale di cui al § 7.5.1;

è il minimo valore tra gli i = (Mpl,Rd,i – MEd,G,i) / MEd,E,i valutati per tutte le travi in cui si attende la formazione di zone dissipative, essendo MEd,E,i la domanda a flessione dovuta alle azioni sismiche di progetto, MEd,G,i la domanda a flessione dovuta alle azioni non sismiche incluse nella combinazione delle azioni per la condizione sismica di progetto e Mpl,Rd,i il valore dalla capacità a flessione dalla i-esima trave.

Nelle colonne in cui si attende la formazione di zone dissipative, la domanda deve essere calcolata nell’ipotesi che in corrispondenza di tali zone sia raggiunta la capacità a flessione Mpl,Rd.

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Il rapporto tra la domanda e la capacità a taglio deve rispettare la seguente limitazione:

Ed pl,RdV / V 0,50

[7.5.10]

Per assicurare lo sviluppo del meccanismo globale dissipativo, deve inoltre essere rispettata la seguente diseguaglianza per ogni nodo trave-colonna del telaio

C,pl,Rd Rd b,pl,RdM M

[7.5.11]

dove Rd è dato in Tab. 7.2.I, MC,pl,Rd è la capacità a flessione della colonna calcolata per i livelli di domanda a sforzo normale valutata nelle combinazioni sismiche delle azioni ed Mb,pl,Rd è la capacità delle travi che convergono nel nodo trave-colonna.

Nella [7.5.11] si assume il nodo in equilibrio ed i momenti, sia nelle colonne sia nelle travi, tra loro concordi. Nel caso in cui i momenti nella colonna al di sopra e al di sotto del nodo siano tra loro discordi, al primo membro della formula [7.5.11] va posta la maggiore tra le capacità a flessione delle colonne, mentre la minore va sommata alle capacità a flessione delle travi.

7.5.4.3 COLLEGAMENTI TRAVE-COLONNA

Verifiche di resistenza (RES) I collegamenti trave-colonna devono essere progettati in modo da consentire la formazione delle zone dissipative alle estremità delle travi secondo le indicazioni di cui al § 7.5.3.1. In particolare, la capacità a flessione del collegamento trave-colonna, Mj,Rd, deve soddisfare la seguente relazione

j,Rd ov b,pl,RdM 1,1 M

[7.5.12]

dove Mb,pl,Rd è la capacità a flessione della trave collegata e ov è il coefficiente di sovraresistenza.

7.5.4.4 PANNELLI D’ANIMA DEI COLLEGAMENTI TRAVE-COLONNA

Verifiche di resistenza (RES) I pannelli d’anima devono essere progettati in modo da consentire lo sviluppo del meccanismo dissipativo della struttura, cioè la plasticizzazione delle sezioni delle travi convergenti nel nodo trave-colonna evitando fenomeni di plasticizzazione e instabilizzazione a taglio.

Tale requisito si può ritenere soddisfatto quando:

vp,Ed vp,Rd vb,RdV / min(V ,V ) 1

[7.5.13]

essendo Vvp,Ed , Vvp,Rd e Vvb,Rd rispettivamente la domanda a taglio, la capacità a taglio per plasticizzazione del pannello e la capacità a taglio per instabilità del pannello, queste ultime valutate come in § 4.2.4.1.2 e 4.2.4.1.3.

La domanda a taglio Vvp,Ed deve essere determinata assumendo il raggiungimento della capacità a flessione nelle sezioni delle travi convergenti nel nodo trave-colonna, secondo lo schema e le modalità previste in fase di progetto.

7.5.4.5 COLLEGAMENTI COLONNA-FONDAZIONE

Verifiche di resistenza (RES) Il collegamento colonna-fondazione deve essere progettato in modo tale che la sua capacità sia maggiore della capacità della colonna ad esso collegata.

In particolare, la capacità a flessione del collegamento deve rispettare la seguente disuguaglianza

C,Rd ov c,pl,Rd EdM 1,1 M (N )

[7.5.14]

dove Mc,pl,Rd è la capacità a flessione della colonna, valutata per la domanda a sforzo normale NEd che fornisce la condizione più gravosa per il collegamento di base. Il coefficiente ov è fornito nel § 7.5.1.

77.5.5. REGOLE DI PROGETTO SPECIFICHE PER STRUTTURE CON CONTROVENTI CONCENTRICI

Nelle strutture con controventi concentrici le membrature costituenti le travi e le colonne ed i collegamenti devono possedere una capacità sufficiente a consentire lo sviluppo delle zone dissipative nelle diagonali.

Le diagonali di controvento hanno essenzialmente funzione portante nei confronti delle azioni sismiche e, a tal fine, tranne che per i controventi a V, devono essere considerate le sole diagonali tese.

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La risposta carico-spostamento laterale deve essere sostanzialmente indipendente dal verso dell’azione sismica.

Per edifici con più di due piani, la snellezza adimensionale delle diagonali deve rispettare le seguenti condizioni:

1,3 2 in telai con controventi ad X;

2 in telai con controventi a V.

Verifiche di Resistenza (RES) Travi e colonne considerate soggette prevalentemente a sforzi assiali in condizioni di sviluppo del meccanismo dissipativo previsto per tale tipo di struttura devono rispettare la condizione

1)M(/NN EdRdpb,Ed

[7.5.15]

essendo

Nb,Rd la capacità nei confronti dell’instabilità, calcolata come in § 4.2.4.1.3.1 tenendo conto dell’interazione con il momento flettente MEd,

NEd ed MEd i valori della domanda a sforzo normale e flessione dovuta alle combinazioni sismiche di progetto, valutate rispettivamente mediante le espressioni 7.5.7 e 7.5.8, ponendo il minimo valore tra gli i = Npl,Rd,i / NEd,i dove Npl,Rd,i è la capacità a sforzo normale della i-esima diagonale e NEd,i la domanda a sforzo normale per la combinazione sismica, calcolati per tutti gli elementi di controvento in cui si attende la formazione di zone dissipative.

Per garantire un comportamento dissipativo omogeneo delle diagonali all’interno della struttura, i valori massimo e minimo dei coefficienti i = Npl,Rd,i /NEd,i, dove Npl,Rd,i è la capacità a sforzo normale della i-esima diagonale e NEd,i la domanda a sforzo normale per la combinazione sismica, calcolati per tutti gli elementi di controvento in cui si attende la formazione di zone dissipative, devono differire non più del 25%.

Nei telai con controventi a V le travi devono avere capacità sufficiente a rispondere alla domanda relativa alle azioni di natura non sismica senza considerare il contributo fornito dalle diagonali.

Le travi devono inoltre avere capacità sufficiente per rispondere alla domanda che si sviluppa a seguito della plasticizzazione delle diagonali tese e dell’instabilizzazione delle diagonali compresse in condizioni sismiche. Per determinare il valore di tale domanda si può considerare la presenza, nelle diagonali tese, di una sollecitazione pari alla capacità a sforzo normale Npl,Rd e, nelle diagonali compresse, di una sollecitazione pari a pb .Npl,Rd, essendo pb = 0,30 il fattore che permette di stimare la capacità residua dopo l’instabilizzazione della diagonale.

I collegamenti delle diagonali alle altre parti strutturali devono garantire il rispetto dei requisiti di cui al § 7.5.3.1.

Verifiche di Duttilità (DUT) Qualora non si eseguano le specifiche verifiche di duttilità di cui al § 7.5.3.2, le membrature di controvento devono appartenere alla prima o alla seconda classe di cui al § 4.2.3.1 secondo la Tab. 7.5.I. Qualora esse siano costituite da sezioni circolari cave, il rapporto tra il diametro esterno d e lo spessore t deve soddisfare la limitazione d/t 36. Nel caso in cui le aste di controvento siano costituite da profili tubolari a sezione rettangolare, i rapporti larghezza/spessore delle parti che costituiscono la sezione non devono eccedere 18, a meno che le pareti del tubo non siano irrigidite.

7.5.6 REGOLE DI PROGETTO SPECIFICHE PER STRUTTURE CON CONTROVENTI ECCENTRICI

I controventi eccentrici dividono le travi dei telai in due o più parti. Ad una di queste parti, chiamata «elemento di connessione», è affidato il compito di dissipare l’energia sismica attraverso deformazioni plastiche cicliche taglianti e/o flessionali. Gli elementi di connessione possono essere componenti orizzontali o verticali. Gli elementi di connessione vengono denominati “corti” quando la plasticizzazione avviene per taglio, “lunghi” quando la plasticizzazione avviene per flessione e “intermedi” quando la plasticizzazione è un effetto combinato di taglio e flessione. In relazione alla lunghezza “e” dell’elemento di connessione, si adotta la classificazione seguente:

Rdl,

Rdl,

VM

10,8e : corti"" [7.5.16a]

Rdl,

Rdl,

Rdl,

Rdl,

VM

11,5eVM

10,8 :intermedi"" [7.5.16b]

Rdl,

Rdl,

VM

11,5e :lunghi"" [7.5.16c]

dove Ml,Rd e Vl,Rd sono, rispettivamente, la capacità a flessione e la capacità a taglio dell’elemento di connessione, è il rapporto tra il valore minore ed il maggiore della domanda a flessione attesa alle due estremità dell’elemento di connessione.

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Verifiche di Resistenza (RES) Per le sezioni ad I la capacità a flessione, Ml,Rd, e la capacità a taglio, Vl,Rd, dell’elemento di connessione sono definiti, in assenza di domanda a sforzo normale, rispettivamente dalle formule:

ffyRdl, thtbfM [7.5.17]

fw

yRdl, tht

3

fV

[7.5.18]

essendo b e tf la larghezza e lo spessore della flangia, h l’altezza della sezione e tw lo spessore dell’anima del profilo costituente la sezione.

Quando sia soddisfatta la relazione NEd/Npl,Rd < 0,15 occorre che ad entrambe le estremità del collegamento la capacità a taglio ed a flessione siano maggiori della corrispondente domanda:

Ed l,RdV V

[7.5.19]

Ed l,RdM M

[7.5.20]

essendo NEd, VEd, e MEd i valori della domanda a sforzo normale, taglio e flessione agenti in corrispondenza delle estremità dell’elemento di connessione e Npl,Rd la capacità a sforzo normale della sezione costituente l’elemento di connessione.

Quando il valore di progetto della domanda a sforzo normale NEd agente sull’elemento di connessione supera il 15% della corrispondente capacità della sezione costituente l’elemento Npl,Rd , tale domanda va tenuta opportunamente in conto riducendo la capacità a taglio, Vl,Rd, e a flessione, Ml,Rd, dell’elemento di connessione stesso, adottando le seguenti espressioni

0,52

l,Rd,r l,Rd Ed pl,RdV V 1 N / N

[7.5.21]

l,Rd,r l,Rd Ed pl,RdM M 1 N / N

[7.5.22]

Se NEd/Npl,Rd 0,15 occorre anche che sia:

l,Rd l,Rde 1,6 M / V se R < 0,3 [7.5.23]

l,Rd l,Rde 1,15 0,5 R 1,6 M / V

se R 0,3 [7.5.24]

dove R = NEd tw (d -2tf) / (VEd A), in cui A è l’area lorda del collegamento.

Le membrature non contenenti elementi di connessione, come le colonne e gli elementi diagonali, se sono utilizzati elementi di connessione orizzontali, e le travi, se sono utilizzati elementi di connessione verticali, devono possedere una capacità tale da soddisfare la combinazione più sfavorevole della domanda a sforzo normale e della domanda a flessione:

Rd Ed Ed Ed,G ov Ed,EN M , V N +1,1 N

[7.5.25]

dove:

NRd (MEd,VEd) è la capacità a sforzo normale di progetto della colonna o dell’elemento diagonale valutata tenendo conto dell’interazione con la domanda a flessione ed a taglio, MEd e VEd nella combinazione sismica;

NEd,G è la domanda a sforzo normale nella colonna o nell’elemento diagonale, dovuta ad azioni di tipo non-sismico incluse nella combinazione sismica di progetto;

NEd,E è la domanda a sforzo normale nella colonna o nell’elemento diagonale per l’azione sismica di progetto;

ov è il coefficiente di sovraresistenza del materiale di cui al § 7.5.1;

è pari al valore minimo dei coefficienti i = 1,5 Vl,Rd,i /VEd,i per elementi di connessione corti in cui si localizzano le zone dissipative e i = 1,5 Ml,Rd,i/MEd,i per tutti gli elementi di connessione lunghi e intermedi in cui si localizzano le zone dissipative, dove VEd,i e MEd,i sono i valori della domanda a taglio e flessione dell’i-esimo elemento di connessione per la combinazione sismica di progetto, Vl,Rd,i e Ml,Rd,i sono le capacità a taglio e flessione dell’i-esimo elemento di connessione.

I collegamenti degli elementi di connessione devo avere una capacità sufficiente a soddisfare una domanda pari a:

d d,G ov i d,EE =E +1,1 E

[7.5.26]

dove:

Ed,G è la domanda agente sul collegamento per le azioni di tipo non-sismico incluse nella combinazione sismica di progetto;

Ed,E è la domanda agente sul collegamento per l’azione sismica di progetto;

ov è il coefficiente di sovraresistenza;

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i è il coefficiente relativo all’elemento di connessione considerato e calcolato come indicato nel presente paragrafo.

Per garantire un comportamento dissipativo omogeneo degli elementi di collegamento all’interno della struttura, i coefficienti i calcolati per tutti gli elementi di connessione come indicato in precedenza nel presente paragrafo, devono differire tra il massimo ed il minimo di non più del 25%.

Verifiche di Duttilità (DUT) Qualora non si effettuino specifiche verifiche di duttilità di cui al § 7.5.3.2:

- gli elementi di collegamento lunghi e intermedi devono appartenere alla prima o alla seconda classe di cui al § 4.2.3.1 secondo la Tab. 7.5.I;

- negli elementi di collegamento intermedi e corti devono essere evitati i fenomeni di instabilità locale fino al raggiungimento della completa plasticizzazione della sezione;

- devono essere soddisfatte le prescrizioni sui dettagli costruttivi di cui al presente paragrafo;

- la domanda di rotazione rigida p tra l’elemento di connessione e l’elemento contiguo non deve eccedere i seguenti valori:

elementi corti: p 0,08 rad [7.5.26a] elementi lunghi: p 0,02 rad [7.5.26a] Per gli elementi di connessione «intermedi» si interpola linearmente tra i valori precedenti.

Dettagli costruttivi Il comportamento degli elementi di connessione lunghi è dominato dalla plasticizzazione per flessione. Le modalità di collasso tipiche di tali elementi di connessione sono rappresentate dalla instabilità locale della piattabanda compressa e dalla instabilità flesso-torsionale. Al fine di evitare tali fenomeni, occorre disporre irrigidimenti ad una distanza massima pari a 1.5 b, essendo b la larghezza della flangia del profilo costituente l’elemento di connessione, dall’estremità dell’elemento di connessione stesso.

In tutti i casi, gli irrigidimenti d’anima devono essere disposti da ambo i lati in corrispondenza delle estremità delle diagonali. Nel caso di elementi di connessione corti e travi di modesta altezza (minore di 600 mm) è sufficiente che gli irrigidimenti siano disposti da un solo lato dell’anima, impegnando almeno i 3/4 della altezza dell’anima stessa. Tali irrigidimenti devono avere spessore non inferiore a tw , e comunque non inferiore a 10 mm, e larghezza pari a (b/2)-tw, essendo tw lo spessore dell’anima del profilo costituente l’elemento di connessione.

Nel caso degli elementi di connessione lunghi e degli elementi di connessione intermedi, gli irrigidimenti hanno lo scopo di ritardare l’instabilità locale e, pertanto, devono impegnare l’intera altezza dell’anima.

Le saldature che collegano il generico elemento di irrigidimento all’anima devono possedere una capacità tale da soddisfare una domanda pari a Ast fy, essendo Ast l’area dell’elemento di irrigidimento; le saldature che lo collegano alle piattabande devono possedere una capacità superiore a Ast fy/4.

77.6. COSTRUZIONI COMPOSTE DI ACCIAIO-CALCESTRUZZO Gli edifici con struttura sismo-resistente composta acciaio-calcestruzzo devono essere progettati assumendo uno dei seguenti comportamenti strutturali:

a) comportamento strutturale non dissipativo.

b) comportamento strutturale dissipativo, con zone dissipative localizzate in componenti e membrature composte acciaio-calcestruzzo;

c) comportamento strutturale dissipativo, con zone dissipative localizzate in componenti e membrature in acciaio;

Nel caso di comportamento strutturale non dissipativo, la capacità delle membrature e dei collegamenti deve essere valutata in accordo con le regole di cui al § 4.3. delle presenti norme, senza nessun requisito aggiuntivo.

Nel caso di comportamento strutturale dissipativo, la capacità delle membrature e dei collegamenti deve essere valutata in accordo con le regole di cui al § 4.3. delle presenti norme, integrate dalle regole di progettazione e di dettaglio fornite dal § 7.6.4 al §7.6.8. Le strutture devono essere progettate in maniera tale che le zone dissipative si sviluppino ove la plasticizzazione o l’instabilità locale o altri fenomeni di degrado dovuti al comportamento isteretico non influenzino la stabilità globale della struttura.

L’assunzione del comportamento strutturale tipo c) è subordinata all’adozione di misure specifiche atte a prevenire l’eventualità che componenti in calcestruzzo contribuiscano alla capacità delle zone dissipative.

Pertanto durante l’evento sismico le zone dissipative devono essere localizzate esclusivamente nei componenti in acciaio strutturale; deve essere quindi garantita l’integrità dei componenti di calcestruzzo soggetti a compressione.

Gli elementi non dissipativi delle strutture dissipative ed i collegamenti tra le parti dissipative ed il resto della struttura devono possedere una capacità sufficiente a consentire lo sviluppo della plasticizzazione ciclica delle parti dissipative.

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77.6.1. CARATTERISTICHE DEI MATERIALI

7.6.1.1 CALCESTRUZZO Non è ammesso l’impiego di calcestruzzo di classe inferiore a C20/25 o LC20/22.

Nella progettazione, nel campo di applicazione delle presenti norme, non è consentito l’impiego di calcestruzzi di classe superiore alla C40/50 o LC40/44.

7.6.1.2 ACCIAIO PER C.A. L’acciaio per c.a. deve essere del tipo B450C, di cui al § 11.3.2.1 delle presenti norme; l’uso dell’acciaio B450A è consentito nei casi previsti nel § 7.4.2.2.

7.6.1.3 ACCIAIO STRUTTURALE L’acciaio strutturale deve corrispondere alle qualità di cui al § 7.5 e al § 11.3.4. delle presenti norme.

7.6.2. TIPOLOGIE STRUTTURALI E FATTORI DI COMPORTAMENTO

7.6.2.1 TIPOLOGIE STRUTTURALI Le costruzioni composte acciaio-calcestruzzo possono essere realizzate con riferimento alle tipologie strutturali seguenti, il cui funzionamento è descritto nel § 7.5.2:

a) strutture intelaiate;

b) strutture con controventi concentrici realizzati in acciaio strutturale;

c) strutture con controventi eccentrici nelle quali gli elementi di connessione, dove si localizzano le zone dissipative, devono essere realizzati in acciaio strutturale;

d) strutture a mensola o a pendolo inverso;

e) strutture intelaiate controventate.

Per strutture con pareti o nuclei in c.a., nelle quali la resistenza all’azione sismica è affidata agli elementi strutturali di calcestruzzo armato, si rimanda al § 7.4. Le pareti possono essere accoppiate mediante travi in acciaio o composte acciaio-calcestruzzo.

7.6.2.2 FATTORI DI COMPORTAMENTO Si applicano le prescrizioni di cui al § 7.5.2 e, per quanto riguarda il valore massimo del valore di base q0 del fattore di comportamento, si applica la tabella 7.3.II, a condizione che siano rispettate le prescrizioni e le regole esposte nel presente capitolo.

7.6.3. RIGIDEZZA DELLA SEZIONE TRASVERSALE COMPOSTA

La rigidezza elastica delle sezioni in cui il calcestruzzo è in compressione deve essere valutata utilizzando un coefficiente di omogeneizzazione n = Ea/Ecm = 7, essendo Ecm il modulo di elasticità secante del calcestruzzo. Inoltre il calcolo del momento d’inerzia non fessurato, I1, delle travi composte con calcestruzzo in compressione deve essere valutato includendo nel calcolo la porzione della soletta di calcestruzzo compresa nella larghezza efficace, determinata come al § 7.6.5.1.

Nei casi in cui il calcestruzzo è in trazione, la rigidezza della sezione composta dipende dal momento d’inerzia della sezione fessurata I2, calcolato assumendo il calcestruzzo non reagente e come attive le sole componenti metalliche della sezione, profilo strutturale ed armatura, collocate nella larghezza efficace.

7.6.4. CRITERI DI PROGETTO E DETTAGLI PER STRUTTURE DISSIPATIVE

7.6.4.1 CRITERI DI PROGETTO PER STRUTTURE DISSIPATIVE Le regole di progetto seguenti si applicano agli elementi composti acciaio-calcestruzzo delle strutture sismo-resistenti progettati per avere un comportamento strutturale dissipativo. Tali elementi devono avere un’adeguata capacità in termini di resistenza e duttilità. La duttilità è ottenuta rispettando i criteri di progetto e i dettagli costruttivi.

Nel caso di comportamento tipo b) di cui al § 7.6, la capacità deve essere valutata per gli elementi in acciaio secondo quanto indicato nel § 7.5.

Nelle disposizioni di cui al presente capitolo, le zone dissipative sono localizzate nelle membrature, pertanto i collegamenti e tutte le componenti non dissipative della struttura devono essere dotati di adeguata capacità.

7.6.4.2 VERIFICHE DI RESISTENZA (RES) La progettazione sismica delle strutture composte acciaio-calcestruzzo è basata sulla valutazione del limite inferiore (Epl,Rd) e del limite superiore (EU.Rd) della capacità.

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Il limite inferiore della capacità delle zone dissipative, Epl,Rd, deve essere confrontato con la domanda ottenuta dalla combinazione sismica delle azioni ESd, per cui deve risultare ESd < Epl.Rd.

Il limite superiore della capacità delle zone dissipative (EU,Rd) deve essere utilizzato nella verifica della capacità delle altre componenti strutturali coinvolte nello sviluppo dei meccanismi di collasso prescelti. Tale valore deve essere assunto analogamente a quanto previsto nelle strutture in acciaio pari a EU,Rd = 1,1 ov Epl,Rd, con ov definito nel § 7.5.1.

In particolare per il progetto dei collegamenti adiacenti le zone dissipative deve risultare:

j,d U,RdR R

[7.6.1]

dove: Rj,d è la capacità del collegamento;

RU,Rd è il limite superiore della capacità della membratura collegata, valutata come indicato nel presente paragrafo.

Nei nodi trave-colonna adiacenti le zone dissipative di telai con colonne costituite da profili rivestiti completamente o parzialmente di calcestruzzo, la capacità a taglio del pannello d’anima della colonna può essere calcolata come la somma dei contributi del calcestruzzo e del pannello in acciaio. In particolare, se l’altezza della sezione della trave non differisce da quella del pilastro di più del 40%, la capacità a taglio si ottiene sommando i due contributi forniti, rispettivamente, dall’acciaio e dal calcestruzzo:

wp,Rd wp,s,Rd wp,c,RdV =0,8(V +V ) [7.6.2]

dove Vwp,s,Rd è la capacità del pannello d’anima in acciaio calcolato secondo i metodi indicati nel § 4.2, Vwp,c,Rd è la capacità a taglio fornito dal calcestruzzo che deve essere determinato utilizzando appropriati modelli tirante-puntone tipici delle strutture in calcestruzzo. La domanda a taglio, Vwp,Sd, con cui confrontare la capacità Vwp,Rd, è calcolata considerando il raggiungimento della capacità a flessione nelle sezioni delle travi convergenti nel nodo trave-colonna secondo lo schema e le modalità previste in fase di progetto.

7.6.4.3 VERIFICHE DI DUTTILITA’ (DUT) In ogni zona o elemento dissipativo si deve garantire una capacità in duttilità superiore alla corrispondente domanda in duttilità. La verifica deve essere effettuata adottando le misure di deformazione adeguate ai meccanismi duttili previsti per le diverse tipologie strutturali.

Per le tipologie indicate in § 7.5.2.1, si possono utilizzare le seguenti misure di deformazione locale q: elementi inflessi o presso inflessi di strutture intelaiate: rotazione alla corda; elementi prevalentemente tesi e compressi di strutture controventate: allungamento complessivo del diagonale; elementi sottoposti a taglio e flessione di strutture con controventi eccentrici (elementi di collegamento): rotazione rigida

tra l’elemento di connessione e l’elemento contiguo.

La duttilità locale è definita come segue: qu qy .

La domanda di prestazione in duttilità locale è definita dal rapporto tra il valore di deformazione qu misurato mediante analisi non lineare e il valore di deformazione qy al limite elastico. Nel caso di analisi strutturale lineare con fattore di comportamento, la domanda di deformazione può essere dedotta dal campo di spostamenti ultimi ottenuti come in § 7.3.3.3. La capacità in duttilità locale è data dal rapporto tra la misura di deformazione al collasso qu valutato in corrispondenza della riduzione del 15% della massima resistenza dell’elemento, e la deformazione qy corrispondente al raggiungimento della prima plasticizzazione, La capacità in duttilità, quando non sia determinata mediante sperimentazione diretta, deve essere valutata utilizzando metodi di calcolo che descrivano in modo adeguato il comportamento in campo non-lineare, inclusi i fenomeni di instabilità dell’equilibrio, e tengano conto dei fenomeni di degrado connessi al comportamento ciclico. La verifica di duttilità si ritiene comunque soddisfatta qualora siano rispettate, le prescrizioni ed i dettagli costruttivi per le zone dissipative riportati nel seguito nel presente paragrafo, le prescrizioni ed i dettagli costruttivi riportati nei paragrafi successivi per ciascuna tipologia ed elemento strutturale e sia soddisfatta, per le sezioni delle colonne primarie delle strutture a telaio in cui si prevede la formazione di zone dissipative, la relazione:

0,3N/N Rd,plEd [7.6.3]

dove NEd è il valore della domanda a sforzo normale e Npl,Rd è il valore della capacità a sforzo normale determinata secondo criteri di cui al § 4.2.4.1.2.

Nelle zone dissipative, il rapporto tra la larghezza e lo spessore dei pannelli d’anima e delle ali deve rispettare i seguenti limiti:

– per le zone dissipative in solo acciaio (non rivestite in calcestruzzo) valgono le indicazioni di cui al precedente § 7.5.6;

– per le zone dissipative rivestite in calcestruzzo i valori dei rapporti larghezza-spessore per le facce dei profilati metallici impiegati devono rispettare le limitazioni di cui alla Tab. 7.6.I.

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Tab. 7.6.I -Valori limite della snellezza per i profilati metallici

Valore di base q0 del fattore di comportamento 1,5 ÷ 2 q0 4 q0 > 4

Sezione ad H o I parzialmente o totalmente rivestita in calcestruzzo: limiti per le sporgenze delle ali c/tf

14 9

Sezione rettangolare cava riempita di calcestruzzo: h/t limite

38 24

Sezione circolare cava riempita di calcestruzzo: d/t limite

85 ² 80 ²

Essendo:

= (235/fyk )0,5

c/tf : il rapporto tra la larghezza e lo spessore della parte in aggetto dell’ala definita nella Fig. 7.6.1

d/t ed h/t : i rapporti tra massima dimensione esterna e spessore.

7.6.4.4 DETTAGLI COSTRUTTIVI La plasticizzazione delle barre di armatura della soletta di calcestruzzo delle travi composte è ammessa solo quando esse soddisfano le prescrizioni di cui al § 7.6.5.2 circa la profondità dell’asse neutro adimensionalizzato a rottura (Tab. 7.6.II).

Nelle zone di intersezione tra trave e colonna apposite armature metalliche devono essere disposte nella soletta di calcestruzzo al fine di governare gli effetti locali di diffusione delle tensioni. Il dimensionamento di tali armature longitudinali deve essere effettuata con modelli che soddisfino l’equilibrio.

77.6.5 REGOLE SPECIFICHE PER LE MEMBRATURE

Nel progetto delle colonne composte si può tener conto della resistenza della sola sezione in acciaio o della sezione composta acciaio-calcestruzzo. La dimensione minima delle colonne completamente rivestite di calcestruzzo, base o altezza per le sezioni rettangolari o diametro minimo per le sezioni circolari, deve essere non inferiore a 250 mm.

Fig. 7.6.1 - Rapporti dimensionali

Le colonne non devono essere progettate per dissipare energia, con l’esclusione delle zone al piede della struttura in specifiche tipologie strutturali. Per compensare le incertezze connesse all’effettiva risposta dell’organismo strutturale alle azioni sismiche, è necessario predisporre armatura trasversale per il confinamento delle zone in cui potrebbero localizzarsi imprevisti fenomeni di plasticizzazione.

Quando è necessario sfruttare interamente la capacità di una colonna composta per soddisfare la progettazione in capacità o le verifiche di resistenza, si deve garantire la completa collaborazione tra la componente in acciaio e quella in calcestruzzo.

In tutti i casi in cui è insufficiente il trasferimento degli sforzi tangenziali per aderenza ed attrito, è richiesto l’uso di connettori a taglio per il trasferimento mediante interazione meccanica e il ripristino dell’azione composta, calcolati secondo quanto indicato in § 4.3.

7.6.5.1 TRAVI CON SOLETTA COLLABORANTE

Verifiche di resistenza (RES) Nelle travi con soletta collaborante il grado di connessione N/Nf , definito al § 4.3.4.3., deve risultare non inferiore a 0,8 e la complessiva capacità a taglio dei connettori nella zona in cui il calcestruzzo della soletta è teso non deve essere inferiore alla capacità delle armature longitudinali.

La capacità dei connettori a piolo si ottiene, a partire da quella indicata al § 4.3.4.3.1, applicando un fattore di riduzione pari a 0,75.

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La determinazione delle caratteristiche geometriche della sezione composta va effettuata considerando un’appropriata larghezza collaborante della soletta e delle relative armature longitudinali.

La larghezza collaborante beff si determina con le modalità indicate nel § 4.3.2.3 e si ottiene come somma delle due aliquote be1 e be2 ai due lati dell’asse della trave e della larghezza bc impegnata direttamente dai connettori.

beff = be1 + be2 + bc [7.6.4]

Ciascuna aliquota be1, be2 deve essere calcolata sulla base delle indicazioni contenute nelle Tabelle 7.6.III e 7.6.IV e non deve superare, rispettivamente, la metà dell’interasse tra le travi o l’intera distanza del bordo libero della soletta dall’asse della trave adiacente.

Nelle Tab. 7.6.III e 7.6.IV, con riferimento alla diversa collocazione delle membrature nell’ambito del telaio, sono rispettivamente riportati i valori della larghezza efficace parziale bei da utilizzare nella analisi elastica della struttura (momento d’inerzia/rigidezza flessionale) e per il calcolo dei momenti plastici.

I termini utilizzati sono definiti nella Fig. 7.6.2. Nella Tab. 7.6.IV con bmagg è individuata la larghezza di eventuali piastre addizionali saldate alle piattabande delle colonne con lo scopo di aumentare la capacità portante del calcestruzzo in prossimità dell’area nodale; qualora queste non siano installate, tale parametro coincide con la larghezza bc della colonna.

Verifiche di duttilità (DUT) Qualora non si effettuino specifiche verifiche di duttilità di cui al § 7.5.3.2, nelle zone dissipative soggette a momento positivo deve essere verificato il rapporto x/d dato da: x/d < cu / ( cu + a ) [7.6.5] nella quale:

x è la profondità dell’asse neutro a rottura;

d è l’altezza totale della sezione composta;

cu è la deformazione a rottura del calcestruzzo, valutata tenendo conto degli effetti di degrado ciclico del materiale;

a è la deformazione totale al lembo teso del profilo metallico.

Il suddetto requisito di duttilità può ritenersi soddisfatto quando il rapporto x/d soddisfa i limiti riportati in Tab. 7.6.II.

Tab. 7.6.II - Valori limite del rapporto x/d per le travi composte, al variare del fattore q0

fy (N/mm²) 1,5 < q0 4

(x/d)limite

q0 > 4

(x/d)limite

235 0,36 0,27 275 0,32 0,24 355 0,27 0,20

7.6.5.2 MEMBRATURE COMPOSTE PARZIALMENTE RIVESTITE DI CALCESTRUZZO

Criteri di dettaglio L’adozione dei dettagli d’armatura trasversale riportati in Fig. 7.6.1 può ritardare l’innesco dei fenomeni di instabilità locale nelle zone dissipative. In particolare i limiti riportati in Tab. 7.6.I per le piattabande possono essere incrementati se tali barre sono caratterizzate da un interasse longitudinale, sl, minore della lunghezza netta, c, della piattabanda, sl/c <1,0:

– per sl/c 0,5, i limiti di Tab. 7.6.I possono essere moltiplicati per un coefficiente 1,50;

– per 0,5 < sl/c <1,0 si può interpolare linearmente tra i coefficienti 1,50 e 1,00.

Deve essere inoltre garantito uno spessore del copriferro netto di almeno 20 mm e non superiore a 40 mm.

I valori minimi dell’interasse delle staffe sono devono essere ricavati dalle limitazioni di cui al § 7.6.5.3 Tab. 7.6.III - Definizione della larghezza efficace parziale per il calcolo della rigidezza flessionale

Membratura trasversale

Larghezza efficace parziale bei

Nodo/Colonna interni

Presente o non presente Per M-: 0,05 L Per M+: 0,0375 L Nodo/Colonna

esterni Presente

Nodo/Colonna esterni

Non presente/Armatura non ancorata

Per M-: 0 Per M+: 0,025 L

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Tab. 7.6.IV -Definizione della larghezza efficace parziale per il calcolo del momento plastico

Segno del momento flettente

Posizione Membratura trasversale Larghezza efficace parziale bei

Negativo, M- Colonna interna

Armatura sismica incrociata 0,10 L

Negativo, M- Colonna esterna

Armature ancorate alle travi di facciata o al cordolo di estremità

0,10 L

Negativo, M- Colonna esterna

Armature non ancorate alle travi di facciata o al cordolo di estremità

0

Positivo, M+ Colonna interna

Armatura sismica incrociata 0,075 L

Positivo, M+ Colonna esterna

Trave in acciaio trasversale dotata di connettori; Soletta disposta in modo da raggiungere o superare il filo esterno della colonna disposta in asse forte

0,075 L

Positivo, M+ Colonna esterna

Trave trasversale assente o priva di connettori; Soletta disposta in modo da raggiungere o superare il filo esterno della colonna disposta in asse forte

bmagg/2+0,7 hc/2

Positivo, M+ Colonna esterna

Disposizioni differenti bmagg/2 0,05 L

A = colonna esterna

B = colonna interna

C = trave longitudinale

D = trave trasversale

E = sbalzo in calcestruzzo

Fig. 7.6.2 - Definizione degli elementi in una struttura intelaiata

7.6.5.3 COLONNE COMPOSTE COMPLETAMENTE RIVESTITE DI CALCESTRUZZO

Criteri di dettaglio La dimensione minima, base o altezza per le sezioni rettangolari o diametro per le sezioni circolari, delle colonne completamente rivestite di calcestruzzo deve essere non inferiore a 250 mm.

Nelle strutture intelaiate le zone dissipative delle colonne si localizzano in corrispondenza di entrambe le estremità dei tratti di lunghezza libera delle colonne stesse, e nei sistemi di controventi eccentrici nelle porzioni di colonna adiacenti agli elementi di connessione. Per la determinazione della loro lunghezza si rimanda al § 7.4.6.1.2.

Quando l’armatura trasversale nelle zone dissipative sia disposta secondo un interasse s minore della larghezza c della piattabanda del profilo, possono essere seguite le indicazioni fornite in § 7.6.5.2 che modificano i valori limite della snellezza delle piattabande dei profilati metallici.

Nelle zone dissipative deve essere disposta un’armatura trasversale, in grado di produrre un efficace effetto di confinamento sul calcestruzzo, con un interasse che non deve eccedere il minimo dei seguenti valori: metà della dimensione minima del nucleo di calcestruzzo contenuto nelle staffe, 175 mm oppure 8 volte il diametro minimo dell’armatura longitudinale disposta lungo la colonna. Tale interasse nei pilastri del livello più basso è da assumere pari al minimo dei seguenti valori: metà della dimensione minima del nucleo di calcestruzzo contenuto nelle staffe, 150 mm oppure 6 volte il diametro minimo dell’armatura longitudinale disposta lungo la colonna.

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Il diametro minimo delle armature trasversali non deve essere inferiore a 6 mm e comunque pari al maggiore dei seguenti valori:

6 mm e 0,35 volte il diametro massimo delle armature longitudinali moltiplicato per (fydf/fydw)0,5 , essendo fydf e fydw le tensioni di

progetto della piattabanda e dell’armatura.

7.6.5.4 COLONNE COMPOSTE RIEMPITE DI CALCESTRUZZO

Verifiche di resistenza (RES) La capacità a taglio nelle zone dissipative può essere valutata facendo riferimento alla sola sezione di acciaio o sulla base di quella in calcestruzzo armato. In quest’ultimo caso, il rivestimento in acciaio può essere utilizzato come armatura a taglio.

77.6.6. REGOLE SPECIFICHE PER STRUTTURE INTELAIATE

7.6.6.1 ANALISI STRUTTURALE Nelle travi composte è possibile assumere un momento d’inerzia equivalente costante lungo l’intera trave, Ieq, dato dalla relazione:

eq 1 2I 0,6 I 0,4 I.

[7.6.6]

La rigidezza flessionale delle colonne composte può essere assunta pari a:

a cm cCE I 0,9 E I r E I E Is

[7.6.7]

nella quale E e Ecm sono i moduli di elasticità dell’acciaio e del calcestruzzo; Ia, Ic e Is sono i momenti di inerzia della sezione in acciaio, del calcestruzzo e delle armature, rispettivamente. Il coefficiente di riduzione r dipende dal tipo di sezione trasversale; in assenza di più accurate determinazioni, può essere assunto pari a 0.5.

7.6.6.2 TRAVI E COLONNE I tralicci composti non possono essere usati come elementi dissipativi.

Verifiche di resistenza (RES) Per le travi si applicano le prescrizioni di cui al § 7.5.4.1 mentre per le colonne si applicano le regole di cui al § 7.5.4.2.

La capacità delle travi deve essere verificata nei confronti della domanda per instabilità flessionale e flesso-torsionale in accordo con il § 4.3.4 assumendo il raggiungimento della capacità per flessione, con soletta di calcestruzzo tesa, ad una estremità dell’elemento.

Per assicurare lo sviluppo del meccanismo globale dissipativo, deve inoltre essere rispettata la seguente diseguaglianza per ogni nodo trave-colonna del telaio:

C,pl,Rd Rd b,pl,RdM M

[7.6.8]

dove Rd è dato in Tab. 7.2.I, MC,pl,Rd è la capacità a flessione della colonna calcolato per i livelli di domanda a sforzo normale valutata nelle combinazioni sismiche delle azioni e Mb,pl,Rd è la capacità delle travi che convergono nel nodo trave-colonna.

7.6.6.3 COLLEGAMENTI TRAVE-COLONNA I collegamenti trave-colonna devono essere progettati secondo le indicazioni contenute al § 7.5.4.3.

7.6.6.4 COLLEGAMENTI COLONNA-FONDAZIONE I collegamenti colonna-fondazione devono essere progettati secondo le indicazioni contenute al punto § 7.5.4.5.

7.6.6.5 CONDIZIONE PER TRASCURARE IL CARATTERE COMPOSTO DELLE TRAVI CON SOLETTA La capacità plastica di una sezione composta di una trave con soletta (limite superiore o inferiore della capacità plastica delle zone dissipative) può essere calcolata tenendo conto del solo contributo della sezione di acciaio (progettazione in conformità al principio b) di cui al § 7.6) se la soletta è non collegata al telaio di acciaio in corrispondenza della colonna cui la trave è collegata per una zona circolare di diametro 2 beff, essendo beff la maggiore delle larghezze efficaci delle travi collegate a quella colonna.

A tal fine, occorre che non vi sia contatto tra la soletta e qualsiasi lato verticale di qualsiasi elemento di acciaio (per esempio colonne, connettori a taglio, piastre di collegamento, flangia ondulata, lamiera di acciaio collegata con chiodi alla flangia della sezione di acciaio).

Si raccomanda che nelle travi parzialmente rivestite sia tenuto in conto il contributo del calcestruzzo tra le flange della sezione di acciaio.

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77.6.7. REGOLE SPECIFICHE PER STRUTTURE CON CONTROVENTI CONCENTRICI

I telai composti con controventi concentrici devono essere progettati secondo le regole di progetto e di dettaglio di cui al § 7.5.5.

7.6.8. REGOLE SPECIFICHE PER STRUTTURE CON CONTROVENTI ECCENTRICI

I telai composti con controventi eccentrici devono essere progettati in modo tale che la dissipazione di energia sia localizzata nell’elemento di collegamento.

A tal proposito devono essere seguite le regole di cui al § 7.5.6.

7.7. COSTRUZIONI DI LEGNO Per le costruzioni di legno, si definiscono i seguenti termini:

– duttilità statica: si intende il rapporto tra lo spostamento ultimo e lo spostamento al limite del comportamento elastico, valutati con prove quasi-statiche in accordo alle pertinenti normative sui metodi di prova per le strutture di legno;

– nodi semi-rigidi: giunzioni con deformabilità significativa, tale da dovere essere presa in considerazione nelle analisi strutturali e da valutarsi secondo documenti di comprovata validità;

– nodi rigidi: giunzioni con deformabilità trascurabile ai fini del comportamento strutturale, da valutarsi secondo documenti di comprovata validità;

– unioni con mezzi di unione a gambo cilindrico: unioni realizzate con mezzi meccanici a gambo cilindrico (chiodi, viti, spinotti, bulloni ecc.), sollecitati perpendicolarmente al loro asse;

– nodi di carpenteria: collegamenti nei quali le azioni sono trasferite per mezzo di zone di contatto, e senza l’utilizzo di mezzi di unione meccanici; esempi di giunzioni di questo tipo sono: l’incastro a dente semplice, il giunto tenone-mortasa, il giunto a mezzo legno ed altri tipi frequentemente utilizzati nelle costruzioni tradizionali.

7.7.1. ASPETTI CONCETTUALI DELLA PROGETTAZIONE

Gli edifici sismoresistenti di legno devono essere progettati con una concezione strutturale in accordo a uno dei seguenti comportamenti, anche tenuto conto delle disposizioni di cui al § 7.7.7: a) comportamento strutturale dissipativo; b) comportamento strutturale non dissipativo.

Le strutture progettate secondo il comportamento strutturale dissipativo devono appartenere alla CD “A” o alla CD “B”, nel rispetto dei requisiti di cui al § 7.7.3, in relazione a: tipologia strutturale, tipologia di connessione e duttilità della connessione. Le zone dissipative devono essere localizzate, in accordo al meccanismo di collasso duttile globale prescelto, in alcuni dei collegamenti o in elementi specificatamente progettati; le membrature lignee devono essere considerate a comportamento elastico, salvo che non siano adottati per gli elementi strutturali provvedimenti tali da soddisfare i requisiti di duttilità di cui al § 7.7.3. Ai fini dell’applicazione dei criteri della progettazione in capacità, per assicurare la plasticizzazione delle zone dissipative (i collegamenti prescelti e/o gli elementi specificatamente progettati), queste devono possedere una capacità almeno pari alla domanda mentre le componenti non dissipative (gli altri collegamenti e gli elementi strutturali) adiacenti, debbono possedere una capacità pari alla capacità della zona dissipativa amplificata del fattore di sovraresistenza Rd, di cui alla Tab. 7.2.I; valori inferiori del fattore di sovraresistenza ed in ogni caso maggiori o uguali a 1,3 per CD “A” e a 1,1 per CD “B” devono essere giustificati sulla base di idonee evidenze teorico-sperimentali.

Le proprietà dissipative devono essere valutate sulla base di comprovata documentazione tecnico-scientifica, basata su sperimentazione dei singoli collegamenti o dell’intera struttura o di parte di essa, in accordo con normative di comprovata validità. Nel caso di comportamento strutturale non dissipativo, la capacità delle membrature e dei collegamenti deve essere valutata in accordo con le regole di cui al §4.4 delle presenti norme, senza nessun requisito aggiuntivo

7.7.2. MATERIALI E PROPRIETÀ DELLE ZONE DISSIPATIVE

Si applica, per quanto riguarda il legno, quanto previsto al § 4.4; con riferimento alle altre parti strutturali, si applica quanto contenuto nel Capitolo 4 per gli altri materiali.

Qualora si faccia affidamento a comportamenti strutturali dissipativi (CD “A” o “B”), in mancanza di più precise valutazioni teoriche e sperimentali, si devono applicare le seguenti regole: a) nelle zone considerate dissipative possono essere utilizzati solamente materiali e mezzi di unione che garantiscono un adeguato

comportamento di tipo oligociclico; b) le unioni incollate devono essere considerate, in generale, come non dissipative, a meno che non siano poste in serie con un

elemento duttile applicando i criteri della progettazione in capacità; c) i nodi di carpenteria possono essere utilizzati solamente quando possono garantire una sufficiente dissipazione energetica,

senza presentare rischi di rottura fragile per taglio o per trazione ortogonale alla fibratura, e con la presenza di dispositivi atti ad evitarne la sconnessione.

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Quanto richiesto nel precedente capoverso a) può considerarsi soddisfatto se è rispettato quanto riportato nel successivo § 7.7.3.

Per l’utilizzo nelle pareti di taglio e nei diaframmi orizzontali, i pannelli strutturali di rivestimento devono rispettare le seguenti condizioni: a) i pannelli di particelle (UNI EN 312) devono avere uno spessore non inferiore a 13 mm e massa volumica caratteristica in

accordo a UNI EN 12369-1); b) i pannelli di compensato (UNI EN 636) devono avere spessore non inferiore a 9 mm;

c) i pannelli di OSB (UNI EN 300) devono avere spessore non inferiore ai 12 mm se disposti a coppia, non inferiore a 15 mm se disposti singolarmente.

I mezzi di unione meccanici devono soddisfare i seguenti requisiti:

a) i connettori a gambo cilindrico devono essere conformi ai requisiti di cui al § 11.7.8 delle presenti norme;

b) gli elementi di carpenteria metallica, realizzati in composizione anche saldata, devono rispettare le prescrizioni riportate nella presente normativa relativamente alle costruzioni di acciaio.

77.7.3. TIPOLOGIE STRUTTURALI E FATTORI DI COMPORTAMENTO

In funzione del loro comportamento duttile e della capacità di dissipazione di energia sotto carichi ciclici, con riferimento a quanto definito nel § 7.2.2, le costruzioni di legno possono avere comportamento strutturale non dissipativo o comportamento strutturale dissipativo (CD “A” o CD “B”).

Nel caso di strutture con comportamento dissipativo, è obbligo del Progettista giustificare la scelta dei valori assunti nei calcoli per il fattore q0, sulla base della capacità dissipativa del sistema strutturale nonché dei criteri di dimensionamento dei collegamenti, che devono essere in grado di garantire una adeguata capacità, prevenendo rotture fragili mediante una puntuale applicazione dei principi della progettazione in capacità.

Nella Tab. 7.3.II sono riportati, per ciascuna classe di duttilità, alcuni esempi di strutture con i valori massimi del fattore di comportamento q0. Nel caso in cui il controventamento della struttura sia affidato a materiali diversi (calcestruzzo armato, acciaio), si deve fare riferimento ai pertinenti paragrafi della presente norma.

.

7.7.3.1 PRECISAZIONI Le zone considerate dissipative devono essere in grado di deformarsi plasticamente per almeno tre cicli a inversione completa, con un rapporto di duttilità statica pari a 4, per le strutture in CD “B”, e pari a 6, per le strutture in CD “A”, senza che si verifichi una riduzione della loro resistenza maggiore del 20%.

Le disposizioni di cui al precedente capoverso possono considerarsi soddisfatte nelle zone dissipative di ogni tipologia strutturale se si rispettano le seguenti prescrizioni:

a) i collegamenti legno-legno o legno-acciaio sono realizzati con perni o con chiodi presentanti diametro d non maggiore di 12 mm ed uno spessore delle membrature lignee collegate non minore di 10d;

b) nelle pareti e nei diaframmi con telaio in legno, il diametro d dei chiodi non è superiore a 3,1 mm e il materiale di rivestimento strutturale è di legno o di materiale da esso derivato, con uno spessore minimo pari a 4d.

Qualora alcune o tutte le precedenti prescrizioni non siano rispettate, ma sia almeno assicurato lo spessore minimo degli elementi collegati pari, rispettivamente, a 8d per il caso a) e a 3d per il caso b), le zone dissipative saranno da considerare in classe di duttilità CD “B”.

In alternativa alle prescrizioni di cui sopra, per le zone dissipative di classe CD “B”, i collegamenti meccanici a gambo cilindrico possono essere progettati per garantire lo sviluppo di almeno una cerniera plastica nel gambo dei connettori metallici in accordo ai meccanismi di collasso riportati nelle normative e documenti tecnici di comprovata validità di cui al Capitolo 12. Particolare attenzione dovrà essere rivolta a impedire rotture fragili tipo fessure da spacco longitudinale, espulsione di tasselli di legno, rotture a taglio e a trazione del materiale base.

7.7.4. ANALISI STRUTTURALE

Nell’analisi della struttura si deve tener conto, di regola, della deformabilità dei collegamenti.

Si devono utilizzare i valori di modulo elastico per “azioni istantanee”, ricavati a partire dai valori medi di modulo elastico degli elementi resistenti.

Nel modello strutturale gli impalcati devono essere, in generale, assunti con la loro deformabilità; essi possono essere assunti come rigidi, senza necessità di ulteriori verifiche, se:

a) per gli impalcati sono rispettate le disposizioni costruttive date nel successivo § 7.7.5.3 o, in alternativa e se pertinente, nel § 7.7.7.2;

b) eventuali aperture presenti non influenzano significativamente la rigidezza globale di lastra nel proprio piano.

Travi e solette su cui poggiano elementi in falso (pilastri o pareti) devono essere sempre dimensionate tenendo in considerazione l’influenza delle componenti verticali dell’azione sismica, in accordo con quanto riportato in § 7.2.2.

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77.7.5. DISPOSIZIONI COSTRUTTIVE

7.7.5.1 GENERALITÀ Le strutture a comportamento dissipativo devono essere progettate in modo che le zone dissipative siano localizzate principalmente in quei punti della struttura dove eventuali plasticizzazioni, instabilità locali o altri fenomeni dovuti al comportamento isteretico non compromettano la stabilità globale della struttura.

Le disposizioni costruttive date nei successivi § 7.7.5.2 e 7.7.5.3 si applicano alle zone di struttura progettate per sviluppare un comportamento dissipativo.

7.7.5.2 DISPOSIZIONI COSTRUTTIVE PER I COLLEGAMENTI Le membrature compresse e i loro collegamenti (come per esempio i giunti di carpenteria), per cui possa essere prevedibile il collasso a causa dell’inversione di segno della sollecitazione, devono essere progettati in modo tale che non si verifichino separazioni, dislocazioni, disassamenti.

Perni e bulloni devono essere serrati e correttamente inseriti nei loro alloggiamenti (nel rispetto delle tolleranze previste).

7.7.5.3 DISPOSIZIONI COSTRUTTIVE PER GLI IMPALCATI Per quanto riguarda gli impalcati, si applica in generale quanto previsto al § 4.4, con le variazioni seguenti:

a) eventuali fattori di incremento della capacità portante dei mezzi di unione ai bordi dei rivestimenti strutturali non devono essere utilizzati; nel caso di bordi discontinui dei pannelli non si deve incrementare l’interasse dei chiodi lungo i bordi medesimi;

b) la distribuzione delle forze di taglio negli impalcati deve essere valutata tenendo conto della disposizione effettiva, in pianta, degli elementi di controvento verticali;

c) i vincoli nel piano orizzontale tra impalcato e pareti portanti verticali devono essere di tipo bilatero.

Tutti i bordi dei rivestimenti strutturali devono essere collegati agli elementi del telaio: i rivestimenti strutturali che non terminano su elementi del telaio devono essere sostenuti e collegati da appositi elementi di bloccaggio taglio-resistenti. Dispositivi con funzione analoga devono essere inoltre disposti nei diaframmi orizzontali posti al di sopra di elementi verticali di controvento (ad esempio le pareti).

La continuità delle travi deve essere assicurata, specialmente in corrispondenza delle zone di impalcato che risultano perturbate dalla presenza di aperture.

Quando gli impalcati sono considerati, ai fini dell’analisi strutturale, come rigidi nel loro piano, in corrispondenza delle zone nelle quali si attua il trasferimento delle forze orizzontali agli elementi verticali (per esempio le pareti di controvento) si deve assicurare il mantenimento della direzione di tessitura delle travi di impalcato.

7.7.6. VERIFICHE DI SICUREZZA

I valori di resistenza degli elementi di legno fanno riferimento a carichi di tipo “istantaneo”, nelle condizioni di servizio assunte per la struttura.

Al fine di garantire lo sviluppo del comportamento ciclico dissipativo in corrispondenza delle zone assunte come dissipative, tutti gli altri elementi strutturali e/o connessioni devono essere progettati con adeguati valori di sovraresistenza, come indicato nel § 7.7.3. Tale requisito di sovraresistenza si applica, in particolare, a:

a) collegamenti di elementi tesi o qualsiasi collegamento alle strutture di fondazione;

b) collegamenti tra diaframmi orizzontali ed elementi verticali di controvento.

I giunti di carpenteria non presentano rischi di rottura fragile se la verifica per tensioni tangenziali, condotta in accordo con il §4.4, è soddisfatta utilizzando un ulteriore coefficiente parziale di sicurezza pari a 1,3.

Le verifiche di duttilità (DUT) si intendono soddisfatte quando siano rispettate le regole disposizioni costruttive di cui al § 7.7.5 e le regole di dettaglio di cui al § 7.7.7.

Per la verifica di strutture progettate in conformità al concetto di comportamento strutturale dissipativo (classe di duttilità CD ”A” o CD ”B”), può considerarsi valido quanto riportato nelle verifiche di resistenza (RES) del § 7.3.6.1. quando siano soddisfatti i requisiti di cui al § 7.7.3 per le zone dissipative (anche sulla base di apposite prove sperimentali) e la resistenza del materiale sia opportunamente ridotta del 20% per tener conto del degrado per deformazioni cicliche.

7.7.7. REGOLE DI DETTAGLIO

7.7.7.1 DISPOSIZIONI COSTRUTTIVE PER I COLLEGAMENTI Le regole e disposizioni riportate nel presente paragrafo 7.7.7.1 e nel successivo 7.7.7.2 si applicano alle strutture progettate in CD “A” o CD “B”, relativamente alle zone considerate e progettate come dissipative. Perni e bulloni di diametro d superiore a 16 mm non devono essere utilizzati nei collegamenti legno-legno e legno-acciaio, tranne quando essi siano utilizzati come elementi di chiusura dei connettori e tali, quindi, da non influenzare la resistenza a taglio.

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Il collegamento realizzato mediante spinotti o chiodi a gambo liscio non deve essere utilizzato senza accorgimenti aggiuntivi volti ad evitare l’apertura del giunto.

Nel caso di tensioni perpendicolari alla fibratura, si devono osservare disposizioni aggiuntive al fine di evitare l’innesco di fratture parallele alla fibratura (splitting).

7.7.7.2 DISPOSIZIONI COSTRUTTIVE PER GLI IMPALCATI In assenza di elementi di controvento trasversali intermedi lungo la trave, il rapporto altezza/spessore per una trave a sezione rettangolare deve rispettare la condizione h/b 4.

In siti caratterizzati da un valore agS 0,2 g, particolare attenzione deve essere posta alla spaziatura degli elementi di fissaggio in zone di discontinuità.

77.8. COSTRUZIONI DI MURATURA

7.8.1. REGOLE GENERALI

7.8.1.1 PREMESSA Le costruzioni di muratura devono essere realizzate nel rispetto di quanto contenuto nelle presenti Norme Tecniche ai §§ 4.5 e 11.10. Il rispetto di tali requisiti consente di classificare le costruzioni in muratura come moderatamente dissipative e quindi appartenenti alla classe di duttilità CD”B”.

In particolare, ai predetti paragrafi deve farsi riferimento per ciò che concerne le caratteristiche fisiche, meccaniche e geometriche degli elementi resistenti naturali e artificiali, nonché per i relativi controlli di produzione e di accettazione in cantiere.

Il presente paragrafo divide le costruzioni di muratura in: ordinaria, armata e confinata. Al riguardo si precisa che, per quanto attiene all’acciaio d’armatura, vale tutto quanto specificato dalle presenti Norme Tecniche relativamente alle costruzioni in calcestruzzo armato.

Ai fini delle verifiche di sicurezza, è in ogni caso obbligatorio l’utilizzo del “metodo semiprobabilistico agli stati limite”, salvo quanto previsto al § 7.8.1.9.

I coefficienti parziali di sicurezza per la resistenza del materiale forniti nel Capitolo 4 possono essere ridotti del 20% e comunque fino ad un valore non inferiore a 2.

7.8.1.2 MATERIALI Gli elementi da utilizzare per costruzioni di muratura portante devono essere tali da evitare rotture fragili. A tal fine gli elementi devono possedere i requisiti indicati nel § 4.5.2 e, fatta eccezione per le costruzioni caratterizzate, allo SLV, da agS 0,075g, rispettare le seguenti ulteriori indicazioni:

– percentuale volumetrica degli eventuali vuoti, non superiore al 45% del volume totale del blocco;

– eventuali setti, disposti parallelamente al piano del muro, continui e rettilinei; le uniche interruzioni ammesse sono quelle in corrispondenza dei fori di presa o per l’alloggiamento delle armature;

– resistenza caratteristica a rottura nella direzione portante (fbk), calcolata sull’area al lordo delle forature, non inferiore a 5 MPa o, in alternativa, resistenza media normalizzata nella direzione portante (fb) non inferiore a 6 MPa ;

– resistenza caratteristica a rottura nella direzione perpendicolare a quella portante ossia nel piano di sviluppo della parete ( bkf ), calcolata nello stesso modo, non inferiore a 1,5 MPa.

La malta di allettamento per la muratura ordinaria deve avere resistenza media non inferiore a 5 MPa.

Nel caso di utilizzo di elementi per muratura che fanno affidamento a tasche per riempimento di malta, i giunti verticali possono essere considerati riempiti se la malta è posta su tutta l’altezza del giunto su di un minimo del 40% della larghezza dell’elemento murario.

L’uso di giunti sottili (spessore compreso tra 0.5 mm e 3 mm) è consentito esclusivamente per edifici caratterizzati allo SLV, da agS 0,15 g, con le seguenti limitazioni:

- altezza massima, misurata in asse allo spessore della muratura: 10,5 m se agS 0,075 g; 7 m se 0,075 g< agS 0,15 g ;

- numero dei piani in muratura da quota campagna: 3 per agS 0,075g ; 2 per 0,075g < agS 0,15g .

L’uso di giunti verticali non riempiti è consentito esclusivamente per edifici caratterizzati, allo SLV, da agS 0,075g, costituiti da un numero di piani in muratura da quota campagna non maggiore di due e altezza massima, misurata in asse allo spessore della muratura di 7 m.

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Gli elementi per murature con giunti sottili e/o giunti verticali a secco debbono soddisfare le seguenti limitazioni:

- spessore minimo dei setti interni: 7 mm;

- spessore minimo dei setti esterni: 10 mm;

- percentuale massima di foratura: 55% ;

Sono ammesse murature realizzate con elementi artificiali o elementi in pietra squadrata. È consentito utilizzare la muratura di pietra non squadrata o la muratura listata solo per costruzioni caratterizzate, allo SLV, da agS 0,075g.

7.8.1.3 MODALITÀ COSTRUTTIVE E FATTORI DI COMPORTAMENTO In funzione del tipo di tecnica costruttiva utilizzata, la costruzione può essere considerata di muratura ordinaria, di muratura armata o di muratura confinata. I valori massimi del valore di base q0 del fattore di comportamento con cui individuare lo spettro di progetto (vedi § 3.2.3.5) da utilizzare nelle analisi lineari, sono indicati in Tab. 7.3.II. Nel caso della muratura armata, valori compresi tra 2,0 u/ 1 e 2,5 u/ 1 possono essere applicati in funzione del sistema costruttivo prescelto, senza verificare quale sia il meccanismo di collasso della costruzione. Il valore 3,0 u/ 1 può essere utilizzato solo applicando i principi della progettazione in capacità descritti al § 7.8.1.7. Si assume sempre q = q0 KR , attribuendo a KR i valori indicati nel § 7.3.1. I coefficienti 1 e u sono definiti come segue:

1 è il moltiplicatore della forza sismica orizzontale per il quale, mantenendo costanti le altre azioni, il primo pannello murario raggiunge la sua resistenza ultima (a taglio o a pressoflessione);

u è il 90% del moltiplicatore della forza sismica orizzontale per il quale, mantenendo costanti le altre azioni, la costruzione raggiunge la massima forza resistente.

Il valore di u/ 1 può essere calcolato per mezzo di un’analisi statica non lineare (§ 7.3.4.2) e non può in ogni caso essere assunto superiore a 2,5. Qualora non si proceda a un’analisi non lineare, possono essere adottati i seguenti valori di u/ 1: – costruzioni di muratura ordinaria u/ 1 = 1,7 – costruzioni di muratura armata u/ 1 = 1,5 – costruzioni di muratura armata progettate con la progettazione in capacità u/ 1 = 1,3 – costruzioni di muratura confinata u/ 1 = 1,6 – costruzioni di muratura confinata progettate con la progettazione in capacità u/ 1 = 1,3 .

7.8.1.4 CRITERI DI PROGETTO E REQUISITI GEOMETRICI Le piante delle costruzioni devono essere quanto più possibile compatte e simmetriche rispetto ai due assi ortogonali. Le pareti strutturali, al lordo delle aperture, devono avere continuità in elevazione fino alla fondazione, evitando pareti in falso. Le strutture costituenti orizzontamenti e coperture non devono essere spingenti. Eventuali spinte orizzontali, valutate tenendo conto l’azione sismica, devono essere assorbite per mezzo di idonei elementi strutturali. I solai devono assolvere funzione di ripartizione delle azioni orizzontali tra le pareti strutturali e di vincolo nei confronti delle azioni fuori del piano delle pareti, pertanto devono essere ben collegati ai muri e garantire un adeguato funzionamento a diaframma. La distanza massima tra due solai successivi non deve essere superiore a 5 m. La geometria delle pareti resistenti al sisma, deve rispettare i requisiti indicati nella Tab. 7.8.I, in cui t indica lo spessore della parete al netto dell’intonaco, h0 l’altezza di libera inflessione della parete come definito al § 4.5.6.2, h’ l’altezza massima delle aperture adiacenti alla parete, l la lunghezza della parete.

Tab. 7.8.I – Requisiti geometrici delle pareti resistenti al sisma

Muratura ordinaria, realizzata con elementi in pietra squadrata 300 mm 10 0,5 Muratura ordinaria, realizzata con elementi artificiali 240 mm 12 0,4 Muratura armata, realizzata con elementi artificiali 240 mm 15 Qualsiasi

Muratura confinata 240 mm 15 0,3

Muratura ordinaria, realizzata con elementi in pietra squadrata, in siti caratterizzati, allo SLV, da ag S 0.15g

240 mm 12 0,3

Muratura realizzata con elementi artificiali semipieni, in siti caratterizzati, allo SLV, da ag S 0.075 g

200 mm 20 0,3

Muratura realizzata con elementi artificiali pieni, in siti caratterizzati, allo SLV, da ag S 0.075 g

150 mm 20 0,3

Tipologie costruttive tmin ( =h0/t)max (l/h’)min

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7.8.1.5 METODI DI ANALISI

7.8.1.5.1 Generalità I metodi di analisi di cui al § 7.3 devono essere applicati con le seguenti precisazioni e restrizioni.

7.8.1.5.2 Analisi lineare statica È applicabile nei casi previsti al § 7.3.3.2, anche per le costruzioni irregolari in altezza, purché si ponga = 1,0.

Le rigidezze degli elementi murari devono essere calcolate considerando sia il contributo flessionale sia quello tagliante. L’utilizzo di rigidezze fessurate è da preferirsi; in assenza di valutazioni più accurate le rigidezze fessurate possono essere assunte pari alla metà di quelle non fessurate.

Il modello può essere costituito dai soli elementi murari continui dalle fondazioni alla sommità, collegati ai soli fini traslazionali alle quote dei solai.

In alternativa, gli elementi di accoppiamento fra pareti diverse, quali travi o cordoli in calcestruzzo armato e travi in muratura (qualora efficacemente ammorsate alle pareti), possono essere considerati nel modello, a condizione che le verifiche di sicurezza siano eseguite anche su tali elementi. Per gli elementi di accoppiamento in muratura si seguono i criteri di verifica di cui ai §§ 7.8.1.6, 7.8.2.2 e 7.8.3.2. Possono essere considerate nel modello travi di accoppiamento in muratura ordinaria solo se sorrette da un cordolo di piano o da un architrave resistente a flessione efficacemente ammorsato alle estremità. Per elementi di accoppiamento in calcestruzzo armato si seguono i criteri di cui al § 7.4.4.6, considerando efficaci per l’accoppiamento elementi aventi altezza almeno pari allo spessore del solaio. In presenza di elementi di accoppiamento l’analisi può essere effettuata utilizzando modelli a telaio, in cui le parti di intersezione tra elementi verticali e orizzontali possono essere considerate infinitamente rigide.

Nel caso di solai rigidi, la distribuzione delle forze di taglio nei diversi pannelli ottenuta dall’analisi lineare può essere modificata con una ridistribuzione limitata, facendo sì che l’equilibrio globale di piano sia rispettato (il modulo e la posizione della forza risultante di piano restino invariati) e a condizione che la variazione del taglio in ciascun pannello, V, soddisfi la relazione

| V| max{0,25|V|, 0,1| Vpiano|} [7.8.0]

dove V è il taglio nel pannello e Vpiano è il taglio totale al piano nella direzione parallela al pannello. Tale ridistribuzione non è ammessa nel caso in cui il rapporto u/ 1 necessario per il calcolo del fattore comportamento q sia stato ottenuto dal progettista direttamente da un’analisi non lineare. Viceversa, se nella determinazione di u/ 1 ci si è avvalsi dei valori prudenziali suggeriti al § 7.8.1.3, la ridistribuzione è ammessa. Nel caso di solai deformabili la ridistribuzione può essere eseguita solamente tra pannelli complanari collegati da cordoli o incatenamenti oppure appartenenti alla stessa parete. In tal caso, nel calcolo dei limiti per la ridistribuzione, Vpiano è da intendersi come la somma dei tagli nei pannelli complanari oppure appartenenti alla stessa parete.

Le verifiche fuori piano possono essere eseguite separatamente, e possono essere adottate le forze equivalenti indicate al § 7.2.3 per gli elementi non strutturali, assumendo qa = 3. Più precisamente l’azione sismica ortogonale alla parete può essere rappresentata da una forza orizzontale distribuita, pari a (Sa/qa) volte il peso della parete nonché da forze orizzontali concentrate pari a (Sa/qa) volte il peso trasmesso dagli orizzontamenti che si appoggiano sulla parete, qualora queste forze non siano efficacemente trasmesse a muri trasversali disposti parallelamente alla direzione del sisma. Per le pareti resistenti al sisma, che rispettano i limiti di Tab. 7.8.II, si può assumere per Sa la seguente espressione:

S0.5Z/H15.1SSa

dove:

è il rapporto tra accelerazione massima del terreno ag su sottosuolo tipo A per lo stato limite in esame (vedi § 3.2.1) e l’accelerazione di gravità g;

S è il coefficiente che tiene conto della categoria di sottosuolo e delle condizioni topografiche secondo quanto riportato nel § 3.2.3.2.1;

Z è la quota del baricentro dell’elemento non strutturale misurata a partire dal piano di fondazione (vedi § 3.2.2);

H è l’altezza della costruzione misurata a partire dal piano di fondazione;

Per le strutture con isolamento sismico si assume sempre Z=0.

Per le pareti non resistenti al sisma la verifica fuori piano va comunque condotta facendo ricorso a formulazioni di comprovata validità.

7.8.1.5.3 Analisi dinamica modale È applicabile in tutti i casi, con le limitazioni di cui al § 7.3.3.1. Quanto specificato per modellazione e possibilità di ridistribuzione nel caso di analisi statica lineare si applica anche in questo caso.

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Le verifiche fuori piano possono essere eseguite separatamente, adottando le forze equivalenti specificate al punto precedente per l’analisi statica lineare.

7.8.1.5.4 Analisi statica non lineare L’analisi statica non lineare è applicabile agli edifici in muratura secondo le modalità descritte al § 7.3.4.2, con la possibilità di estendere quanto ivi indicato per le strutture in cui il modo di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al 75%, anche ai casi in cui la partecipazione di massa sia non inferiore al 60%.

Il modello geometrico della struttura può essere conforme a quanto indicato nel caso di analisi statica lineare. In alternativa si possono utilizzare modelli più sofisticati purché idonei e adeguatamente documentati.

I pannelli murari possono essere caratterizzati da un comportamento bilineare elastico perfettamente plastico, con resistenza equivalente al limite elastico e spostamenti al limite elastico e ultimo corrispondenti alla risposta flessionale e a taglio di cui ai §§ 7.8.2.2 e 7.8.3.2. Gli elementi lineari in c.a. (cordoli, travi di accoppiamento) possono essere caratterizzati da un comportamento bilineare elastico perfettamente plastico, con resistenza equivalente al limite elastico e spostamenti al limite elastico e ultimo definiti per mezzo della risposta flessionale o a taglio.

7.8.1.5.5 Analisi dinamica non lineare Si applica integralmente il § 7.3.4.1 facendo uso di modelli meccanici non lineari di comprovata e documentata efficacia nel riprodurre il comportamento dinamico e ciclico della muratura.

7.8.1.6 VERIFICHE DI SICUREZZA In caso di analisi lineare, al fine della verifica di sicurezza nei confronti dello stato limite ultimo, la capacità di ogni elemento strutturale resistente al sisma deve essere non inferiore alla domanda agente per ciascuna delle seguenti modalità di collasso: pressoflessione, taglio nel piano della parete, pressoflessione fuori piano. Devono essere comunque soggette a verifica a pressoflessione fuori del piano tutte le pareti aventi funzione strutturale, in particolare quelle portanti carichi verticali, anche quando considerate non resistenti al sisma in base ai requisiti di Tab. 7.8.II.

In caso di applicazione di principi della progettazione in capacità (muratura armata) l’azione da applicare per la verifica a taglio è derivata dalla resistenza a pressoflessione, secondo quanto indicato al § 7.8.1.7.

Le modalità di verifica sono descritte ai § 7.8.2.2, 7.8.3.2.

Non è richiesta alcuna verifica di sicurezza per le costruzioni che rientrano nella definizione di costruzione semplice (§ 7.8.1.9).

Nel caso di analisi statica non lineare, la verifica di sicurezza consiste nel confronto tra la capacità di spostamento ultimo della costruzione e la domanda di spostamento ottenute applicando il procedimento di cui al § 7.3.4.2, salvo quanto specificato di seguito. La rigidezza elastica del sistema bilineare equivalente si individua tracciando la secante alla curva di capacità nel punto corrispondente ad un taglio alla base pari a 0,7 volte il valore massimo (taglio massimo alla base). Il tratto orizzontale della curva bilineare si individua tramite l’uguaglianza delle aree sottese dalle curve tracciate fino allo spostamento ultimo del sistema.

In ogni caso, sia per le costruzioni in muratura ordinaria sia per le costruzioni in muratura armata senza progettazione in capacità, la verifica di sicurezza non è soddisfatta qualora il rapporto tra taglio totale agente alla base del sistema equivalente a un grado di libertà, calcolato con lo spettro di risposta elastico, e taglio alla base resistente del sistema equivalente a un grado di libertà ottenuto dall’analisi non lineare, ecceda il valore 4,0.

Nel caso di analisi dinamica non lineare, la verifica di sicurezza consiste nel confronto tra la capacità di spostamento e la domanda di spostamento.

7.8.1.7 PRINCIPI DI PROGETTAZIONE IN CAPACITÀ I principi di progettazione in capacità si applicano esclusivamente al caso di muratura armata.

Per ogni pannello murario, il principio fondamentale è finalizzato ad evitare il collasso per taglio, assicurandosi che sia preceduto dal collasso per flessione. Tale principio è rispettato quando ciascun pannello murario è verificato a flessione rispetto alle azioni agenti ed è verificato a taglio rispetto alle azioni risultanti dalla resistenza a collasso per flessione, amplificate del fattore Rd di cui alla Tab. 7.2.I.

7.8.1.8 FONDAZIONI Le strutture di fondazione devono essere realizzate in calcestruzzo armato, secondo quanto indicato al § 7.2.5, continue, senza interruzioni in corrispondenza di aperture nelle pareti soprastanti.

Qualora sia presente un piano cantinato o seminterrato in pareti di calcestruzzo armato, esso può essere considerato quale struttura di fondazione dei sovrastanti piani in muratura portante, nel rispetto dei requisiti di continuità delle fondazioni, e non è computato nel numero dei piani complessivi in muratura.

7.8.1.9 COSTRUZIONI SEMPLICI Si definiscono “costruzioni semplici” quelle che rispettano le condizioni di cui al § 4.5.6.4 integrate con le caratteristiche descritte nel seguito, oltre a quelle di regolarità in pianta e in elevazione definite al § 7.2.1 e quelle definite ai successivi § 7.8.6.1, 7.8.6.2 e 7.8.6.3, rispettivamente per le costruzioni di muratura ordinaria, di muratura armata e di muratura confinata. Per le costruzioni

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semplici per cui, allo SLV, agS 0,35g non è obbligatorio eseguire alcuna analisi e verifica di sicurezza, ma è richiesto il soddisfacimento delle seguenti condizioni integrative:

– in ciascuna delle due direzioni siano previsti almeno due sistemi di pareti di lunghezza complessiva, al netto delle aperture, ciascuno non inferiore al 50% della dimensione della costruzione nella medesima direzione. Nel conteggio della lunghezza complessiva possono essere inclusi solamente setti murari che rispettano i requisiti geometrici della Tab. 7.8.II. La distanza tra questi due sistemi di pareti in direzione ortogonale al loro sviluppo longitudinale in pianta sia non inferiore al 75% della dimensione della costruzione nella medesima direzione (ortogonale alle pareti). Almeno il 75% dei carichi verticali sia portato da pareti che facciano parte del sistema resistente alle azioni orizzontali;

– in ciascuna delle due direzioni siano presenti pareti resistenti alle azioni orizzontali con interasse non superiore a 7 m, elevabili a 9 m per costruzioni in muratura armata;

– per ciascun piano il rapporto tra area della sezione resistente delle pareti e superficie lorda del piano non sia inferiore ai valori indicati nella Tab. 7.8.II, in funzione del numero di piani della costruzione e della sismicità del sito, per ciascuna delle due direzioni ortogonali:

Tabella 7.8.II – Area pareti resistenti in ciascuna direzione ortogonale per costruzioni semplici.

Accelerazione di picco del terreno agS (1) 0,07g 0,10g 0,15g 0,20g 0,25g 0,30g 0,35g 0,40g 0,45g 0,50g Tipo di struttura Numero piani

Muratura ordinaria 1 3,5% 3,5% 4,0% 4,5% 5,5% 6,0% 6,0% 6,0% 6,0% 6,5% 2 4,0% 4,0% 4,5% 5,0% 6,0% 6,5% 6,5% 6,5% 6,5% 7,0% 3 4,5% 4,5% 5,0% 6,0% 6,5% 7,0% 7,0%

Muratura armata

1 2,5% 3,0% 3,0% 3,0% 3,5% 3,5% 4,0% 4,0% 4,5% 4,5% 2 3,0% 3,5% 3,5% 3,5% 4,0% 4,0% 4,5% 5,0% 5,0% 5,0% 3 3,5% 4,0% 4,0% 4,0% 4,5% 5,0% 5,5% 5,5% 6,0% 6,0% 4 4,0% 4,5% 4,5% 5,0% 5,5% 5,5% 5,5% 6,0% 6,5% 6,5%

(1) ST si applica solo nel caso di strutture di Classe d’uso III e IV (v. § 2.4.2)

Per le costruzioni semplici il numero di piani non può essere superiore a 3 per le costruzioni in muratura ordinaria ed a 4 per costruzioni in muratura armata.

Deve inoltre risultare, per ogni piano:

M

kf0,25

AN

[7.8.1]

in cui N è il carico verticale totale alla base di ciascun piano dell’edificio corrispondente alla somma dei carichi permanenti e variabili (valutati ponendo G = Q = 1), A è l’area totale dei muri portanti allo stesso piano e fk è la resistenza caratteristica a compressione in direzione verticale della muratura.

Il dimensionamento delle fondazioni può essere effettuato in modo semplificato tenendo conto delle tensioni normali medie e delle sollecitazioni sismiche globali determinate con l’analisi statica lineare.

7.8.2. COSTRUZIONI DI MURATURA ORDINARIA

7.8.2.1 CRITERI DI PROGETTO Oltre ai criteri definiti al § 4.5.4 e al § 7.8.1.4, le costruzioni di muratura ordinaria è opportuno che abbiano le aperture praticate nei muri verticalmente allineate. Se così non fosse, deve essere prestata particolare attenzione sia alla definizione di un adeguato modello strutturale sia alle verifiche, in quanto il disallineamento delle aperture comporta discontinuità ed irregolarità nella trasmissione delle azioni interne. In assenza di valutazioni più accurate, si prendono in considerazione nel modello strutturale e nelle verifiche esclusivamente le porzioni di muro che presentino continuità verticale dal piano oggetto di verifica fino alle fondazioni.

7.8.2.2 VERIFICHE DI SICUREZZA

7.8.2.2.1 Pressoflessione nel piano La verifica a pressoflessione di una sezione di un elemento strutturale si esegue confrontando il momento agente di progetto con il momento ultimo resistente calcolato assumendo la muratura non reagente a trazione e un’opportuna distribuzione non lineare delle compressioni. Nel caso di una sezione rettangolare e diagramma delle compressioni rettangolare con valore della resistenza pari a 0.85 fd, tale momento ultimo può essere calcolato come:

d

002u 0,85f

12

tlM [7.8.2]

dove:

Mu è il momento corrispondente al collasso per pressoflessione;

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l è la lunghezza complessiva della parete (comprensiva della zona tesa);

t è lo spessore della zona compressa della parete;

0 è la tensione normale media, riferita all’area totale della sezione, 0 = N/(l t), con N forza assiale agente positiva se di compressione); se N è di trazione, Mu = 0

fd = fk / M è la resistenza a compressione di progetto della muratura.

In caso di analisi statica non lineare, la capacità a pressoflessione può essere calcolata ponendo fd pari al valore medio della capacità a compressione della muratura e lo spostamento ultimo allo SLC, a meno di moti rigidi del pannello, può essere assunto pari all’1,0% dell’altezza del pannello.

7.8.2.2.2 Taglio La capacità a taglio di ciascun elemento strutturale è valutata per mezzo della relazione seguente:

vdt ftl'V

[7.8.3]

dove:

l’ è la lunghezza della parte compressa della parete ottenuta sulla base di un diagramma lineare delle compressioni ed in assenza di resistenza a trazione;

t è lo spessore della parete;

fyd = fyk / M è definito al § 4.5.6.1 e al § 11.3.3, calcolando la tensione normale media (indicata con n nel paragrafi citati) sulla parte compressa della sezione ( n = N/(l’ t)).

In caso di analisi statica non lineare, la resistenza a taglio può essere calcolata ponendo fyd = fvm0 + 0,4 n fy,lim con fvm0 resistenza media a taglio della muratura (in assenza di determinazione diretta si può porre fvm0 = fvk0/0,7 e fy,lim = fyk,lim /0,7), e lo spostamento ultimo allo SLC, a meno di moti rigidi del pannello, può essere assunto pari allo 0,5% dell’altezza del pannello.

7.8.2.2.3 Pressoflessione fuori piano Il valore del momento di collasso per azioni perpendicolari al piano della parete è calcolato assumendo un diagramma delle compressioni rettangolare, un valore della resistenza pari a 0,85 fd e trascurando la resistenza a trazione della muratura. Per la verifica si può fare utile riferimento al 7.8.2.2.1.

7.8.2.2.4 Travi in muratura La verifica di travi di accoppiamento in muratura ordinaria, in presenza di azione assiale orizzontale nota, viene effettuata in analogia a quanto previsto per i pannelli murari verticali. Qualora l’azione assiale non sia nota dal modello di calcolo (ad es. quando l’analisi è svolta su modelli a telaio con l’ipotesi di solai infinitamente rigidi nel piano), ma siano presenti, in prossimità della trave in muratura, elementi orizzontali dotati di resistenza a trazione (catene, cordoli), i valori delle resistenze possono essere assunti non superiori ai valori di seguito riportati ed associati ai meccanismi di rottura per taglio o per pressoflessione.

La capacità a taglio Vt di travi di accoppiamento in muratura ordinaria in presenza di un cordolo di piano o di un architrave resistente a flessione efficacemente ammorsato alle estremità, può essere calcolata in modo semplificato come

vd0t fthV

[7.8.4] dove:

h è l’altezza della sezione della trave

fvd0 = fvk0 / M è la resistenza di progetto a taglio in assenza di compressione; nel caso di analisi statica non lineare può essere posta pari al valore medio (fvd0 = fvm0).

La capacità massima a flessione, associata al meccanismo di pressoflessione, sempre in presenza di elementi orizzontali resistenti a trazione in grado di equilibrare una compressione orizzontale nelle travi in muratura, può essere valutata come

thf0,85H

12hHM

bd

ppu [7.8.5]

dove

Hp è il minimo tra la capacità a trazione dell’elemento teso disposto orizzontalmente ed il valore 0,4 fhd ht

fhd = fhk / M è la resistenza di progetto a compressione della muratura in direzione orizzontale (nel piano della parete). Nel caso di analisi statica non lineare essa può essere posta uguale al valore medio (fhd = fhm).

La capacità a taglio, associata a tale meccanismo, può essere calcolata come:

Vp = 2 Mfu / l

[7.8.6] dove l è la luce libera della trave in muratura.

Il valore della capacità a taglio per l’elemento trave in muratura ordinaria è assunto pari al minimo tra Vt e Vp .

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77.8.3. COSTRUZIONI DI MURATURA ARMATA

7.8.3.1 CRITERI DI PROGETTO L’insieme strutturale risultante deve essere in grado di reagire alle azioni esterne orizzontali con un comportamento di tipo globale, al quale contribuisce soltanto la resistenza delle pareti nel loro piano.

7.8.3.2 VERIFICHE DI SICUREZZA

7.8.3.2.1 Pressoflessione nel piano Per la verifica di sezioni pressoinflesse può essere assunto un diagramma delle compressioni rettangolare, con profondità pari a 0,8 la profondità dell’asse neutro e tensione pari a 0,85 fd. Le deformazioni massime da considerare sono pari a m = 0,0035 per la muratura compressa e s = 0,01 per l’acciaio teso.

In caso di analisi statica non lineare si adottano come valori di progetto le resistenze medie dei materiali e lo spostamento ultimo può essere assunto pari all’1,6% dell’altezza del pannello.

7.8.3.2.2 Taglio La resistenza a taglio (Vt) è calcolata come somma dei contributi della muratura (Vt,M) e dell’armatura (Vt,S), secondo le relazioni seguenti:

t.St.Mt VVV

[7.8.7]

vdMt, ftdV

[7.8.8]

dove:

d è la distanza tra il lembo compresso e il baricentro dell’armatura tesa; t è lo spessore della parete; fyd = fyk / M è definito al § 4.5.6.1 calcolando la tensione normale media (indicata con n nel paragrafo citato) sulla sezione lorda

di larghezza d ( n = P/dt).

sfAd0,6V vdswSt,

[7.8.9]

dove: d è la distanza tra il lembo compresso e il baricentro dell’armatura tesa; ASW è l’area dell’armatura a taglio disposta in direzione parallela alla forza di taglio, con passo s misurato ortogonalmente alla

direzione della forza di taglio; fyd è la tensione di snervamento di progetto dell’acciaio;

s è la distanza tra i livelli di armatura. Deve essere altresì verificato che il taglio agente non superi il seguente valore:

dtf3,0V dct,

[7.8.10]

dove: t è lo spessore della parete fd è la resistenza a compressione di progetto della muratura.

In caso di analisi statica non lineare si adottano come valori di progetto le resistenze medie dei materiali e lo spostamento ultimo può essere assunto pari allo 0,8% dell’altezza del pannello.

7.8.3.2.3 Pressoflessione fuori piano Nel caso di azioni agenti perpendicolarmente al piano della parete, la verifica si esegue adottando, per muratura e acciaio, il diagramma delle compressioni e i valori di deformazione limite utilizzati per la verifica nel piano.

7.8.4. COSTRUZIONI DI MURATURA CONFINATA

La progettazione e la realizzazione di costruzioni di muratura confinata deve essere eseguita in accordo con i criteri e le regole date nella UNI EN 1998-1, con le precisazioni riportate negli Annessi tecnici nazionali agli Eurocodici ed applicando le regole di dettaglio di cui al § 7.8.6.3.

7.8.5. STRUTTURE MISTE

Nell’ambito delle costruzioni di muratura è consentito utilizzare strutture di diversa tecnologia per sopportare i carichi verticali, purché la resistenza all’azione sismica sia integralmente affidata agli elementi di identica tecnologia. Nel caso in cui si affidi integralmente la resistenza alle pareti in muratura, per esse devono essere rispettate le prescrizioni di cui ai punti precedenti. Nel caso si affidi integralmente la resistenza alle strutture di altra tecnologia (ad esempio pareti in c.a.), devono essere seguite le regole di progettazione riportate nei relativi capitoli della presente norma. In casi in cui si ritenesse necessario considerare la

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collaborazione delle pareti in muratura e dei sistemi di diversa tecnologia nella resistenza al sisma, quest’ultima deve essere verificata utilizzando i metodi di analisi non lineare.

I collegamenti fra elementi di tecnologia diversa devono essere espressamente verificati. Particolare attenzione deve essere prestata alla verifica dell’efficace trasmissione dei carichi verticali. Inoltre è necessario verificare la compatibilità delle deformazioni per tutte le parti strutturali.

È consentito altresì realizzare costruzioni costituite da struttura muraria nella parte inferiore e sormontate da un piano con struttura in calcestruzzo armato o acciaio o legno o altra tecnologia, alle seguenti condizioni:

i limiti all’altezza delle costruzioni previsti per le strutture in muratura si intendono comprensivi delle parti in muratura e di quelle in altra tecnologia;

la parte superiore di diversa tecnologia sia efficacemente ancorata al cordolo di coronamento della parte muraria;

nel caso di metodo di analisi lineare, l’uso dell’analisi statica (nei limiti di applicabilità riportati al § 7.8.1.5.2) è consentito a condizione di utilizzare una distribuzione di forze compatibile con la prima forma modale elastica in ciascuna direzione, calcolata con metodi sufficientemente accurati che tengano conto della distribuzione irregolare di rigidezza in elevazione. A tal fine, in assenza di metodi più accurati, la prima forma modale può essere stimata dagli spostamenti ottenuti applicando staticamente alla costruzione la distribuzione di forze definita nel § 7.3.3.2;

nel caso di analisi statica non lineare, si utilizzino le distribuzioni di forze orizzontali previste al § 7.3.4.2, dove la prima forma modale elastica è stata calcolata con metodi sufficientemente accurati.

nel caso di analisi lineare, per la verifica della parte in muratura si utilizzi il fattore di comportamento q prescritto al § 7.8.1.3; per la verifica della parte superiore di altra tecnologia si utilizzi il fattore di comportamento adatto alla tipologia costruttiva e alla configurazione (regolarità) della parte superiore, comunque non superiore a 2,5;

tutti i collegamenti fra la parte di diversa tecnologia e la parte in muratura siano localmente verificati in base alle forze trasmesse calcolate nell’analisi, maggiorate del 30%.

77.8.6. REGOLE DI DETTAGLIO

7.8.6.1 COSTRUZIONI DI MURATURA ORDINARIA Ad ogni piano deve essere realizzato un cordolo continuo all’intersezione tra solai e pareti.

I cordoli devono avere altezza minima pari all’altezza del solaio e larghezza almeno pari a quella del muro; è consentito un arretramento massimo non superiore a 60 mm e a 0,25 t dal filo esterno per murature di spessore t fino a 300 mm. Per murature di spessore t superiore, l’arretramento può essere maggiore di 60 mm, ma non superiore a 0,2 t. L’area dell’armatura corrente non deve essere inferiore a 8 cm², le staffe devono avere diametro non inferiore a 6 mm ed interasse non superiore a 250 mm. Travi metalliche o prefabbricate costituenti i solai devono essere prolungate nel cordolo per almeno la metà della sua larghezza e comunque per non meno di 120 mm ed adeguatamente ancorate ad esso.

A meno di idonei provvedimenti atti a garantire un efficace collegamento fra le pareti ed il comportamento scatolare della struttura, in corrispondenza di incroci d’angolo tra due pareti perimetrali sono prescritte, su entrambe le pareti, zone di parete muraria di lunghezza non inferiore ad un terzo dell’altezza e comunque non inferiore ad a 1 m, compreso lo spessore del muro trasversale.

Al di sopra di ogni apertura deve essere realizzato un architrave resistente a flessione efficacemente ammorsato alla muratura.

7.8.6.2 COSTRUZIONI DI MURATURA ARMATA Quanto indicato al § 7.8.6.1 per la muratura ordinaria si applica anche alla muratura armata, con le seguenti eccezioni e le pertinenti prescrizioni di cui al § 4.5.7.

Gli architravi soprastanti le aperture possono essere realizzati in muratura armata.

Le barre di armatura devono essere esclusivamente del tipo ad aderenza migliorata e devono essere ancorate in modo adeguato alle estremità mediante piegature attorno alle barre verticali. In alternativa possono essere utilizzate, per le armature orizzontali, armature a traliccio o conformate in modo da garantire adeguata aderenza ed ancoraggio.

La percentuale di armatura orizzontale, calcolata rispetto all’area lorda della sezione verticale della parete, non può essere inferiore allo 0,04%, né superiore allo 0,5%.

Parapetti ed elementi di collegamento tra pareti diverse devono essere ben collegati alle pareti adiacenti, garantendo la continuità dell’armatura orizzontale e, ove possibile, di quella verticale.

Agli incroci delle pareti perimetrali è possibile derogare al requisito di avere su entrambe le pareti zone di parete muraria di lunghezza non inferiore a 1 m.

7.8.6.3 COSTRUZIONI DI MURATURA CONFINATA Le costruzioni di muratura confinata dovranno essere progettate rispettando i seguenti requisiti:

- gli elementi di confinamento orizzontale e verticali dovranno essere collegati fra loro e ancorati agli elementi del sistema strutturale principale;

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- per garantire un collegamento efficace fra gli elementi di confinamento e la muratura, il calcestruzzo degli elementi di confinamento dovrà essere gettato dopo la realizzazione della muratura;

- la minima dimensione trasversale degli elementi di confinamento orizzontali e verticali non dovrà essere inferiore a 150 mm. Nelle pareti a doppio foglio lo spessore degli elementi di confinamento deve garantire la connessione dei due fogli ed il loro confinamento;

- gli elementi di confinamento verticali dovranno essere posizionati: a) lungo i bordi liberi di ogni parete strutturale, b) su entrambi i lati delle aperture aventi area maggiore di 1,5 m2, c) all’interno delle pareti con passo non maggiore di 5 m, d) alle intersezioni delle pareti strutturali, in tutti i casi in cui gli elementi di confinamento più vicini siano ad una distanza

superiore a 1,5 m; - gli elementi di confinamento orizzontali dovranno essere posizionati nel piano della parete ad ogni piano e, in ogni caso, ad

un passo non maggiore di 4 m; - l’armatura longitudinale degli elementi di confinamento deve avere un’area non inferiore a 300 mm2 o all’1% della sezione

dell’elemento di confinamento; - le staffe dovranno avere diametro non inferiore a 5 mm e passo non maggiore di 15 cm; - le lunghezze di sovrapposizione delle barre longitudinali non dovranno essere minori di 60 diametri.

77.9. PONTI

7.9.1. CAMPO DI APPLICAZIONE

Il presente capitolo tratta il progetto di ponti a pile e travate; queste ultime possono essere del tipo continuo su più pile, o semplicemente appoggiate ad ogni campata.

Le pile s’intendono a fusto unico, con sezione trasversale di forma generica, piena o cava, mono o multicellulare. Anche pile in forma di portale sono trattabili con i criteri e le regole contenute in questo capitolo. Pile a geometria più complessa, ad es. a telaio spaziale, richiedono in generale criteri di progetto e metodi di analisi e verifica specifici.

Per ponti di tipologia diversa da quella indicata, le ipotesi e i metodi di calcolo devono essere adeguatamente documentati, fermi restando i fattori di comportamento riportati in tabella 7.3.II.

7.9.2 CRITERI GENERALI DI PROGETTAZIONE

Nel caso di comportamento strutturale non dissipativo, la capacità delle membrature e dei collegamenti deve essere valutata in accordo con le regole di cui al Capitolo 4, senza nessun requisito aggiuntivo, a condizione che: per le strutture di calcestruzzo armato, nessuna sezione superi la curvatura convenzionale di prima plasticizzazione, come definita al § 7.4.4.1.2; per le strutture di calcestruzzo armato precompresso e per le strutture in carpenteria metallica, nessun materiale superi la deformazione di snervamento di progetto.

Nel caso di comportamento strutturale dissipativo, la struttura del ponte deve essere concepita e dimensionata in modo tale che, sotto l’azione sismica relativa allo SLV, essa dia luogo alla formazione di un meccanismo dissipativo stabile nel quale la dissipazione sia limitata alle pile.

Ai soli fini del progetto dei pali di fondazione, con riferimento al § 7.2.5, è possibile considerare una limitata capacità dissipativa, dividendo per 1,5 le sollecitazioni sismiche sui pali derivanti dall’analisi strutturale con comportamento non dissipativo. In questo caso, per una lunghezza pari a 10 diametri dalla sommità del palo, devono applicarsi i dettagli costruttivi di cui al § 7.9.6.1 relativi alla CD”B”.

La capacità delle membrature e dei collegamenti deve essere valutata in accordo con le regole di cui dal § 7.1 al § 7.3, integrate dalle regole di progettazione e di dettaglio fornite ai paragrafi successivi.

Nel valutare la capacità delle sezioni in calcestruzzo armato, si può tener conto dell’effetto del confinamento (v. § 4.1.2.1.2.1), purché si consideri la perdita dei copriferri al raggiungimento, in essi, della deformazione ultima di compressione del calcestruzzo non confinato (0,35%).

Il proporzionamento della struttura deve essere tale da favorire l’impegno plastico del maggior numero possibile di pile. Il comportamento inelastico dissipativo deve essere di tipo flessionale, con esclusione di possibili meccanismi di rottura per taglio. Per quanto possibile, le zone dissipative devono essere posizionate in punti accessibili, pur con ragionevole difficoltà, per facilitarne l’ispezione e la riparazione.

In genere, il comportamento sismico di ponti con impalcato continuo è migliore di quello di ponti a travata appoggiata, purché si riesca ad assicurare una formazione delle cerniere plastiche pressoché simultanea sotto tutte le pile scelte come elementi dissipativi. Gli elementi ai quali non è mai richiesta capacità dissipativa devono mantenere un comportamento sostanzialmente elastico; essi sono: gli elementi progettati per avere un comportamento non dissipativo, le porzioni esterne alle zone dissipative delle pile, l’impalcato, gli apparecchi di appoggio, le strutture di fondazione, le spalle, le pile che non scambiano azioni orizzontali con l’impalcato. A tal fine si adotta il criterio della “progettazione in capacità” descritto nel seguito per ogni caso specifico.

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7.9.2.1 VALORI DEL FATTORE DI COMPORTAMENTO Nel caso di comportamento strutturale non dissipativo, per le due componenti orizzontali dell’azione sismica, q0 è assunto pari a 1,0.

Nel caso di comportamento strutturale dissipativo, per le due componenti orizzontali dell’azione sismica, i valori massimi del valore di base q0 del fattore di comportamento sono riportati in Tab. 7.3.II; in essa: ( )=1, se 3, ( )=( /3)0,5

, se 3 > 1, essendo = L/H, dove L è la distanza della sezione di cerniera plastica dalla sezione di momento nullo ed H è la dimensione della sezione nel piano di inflessione della cerniera plastica.

Per gli elementi duttili di calcestruzzo armato i valori di q0 della Tab. 7.3.II valgono solo se la sollecitazione di compressione normalizzata k , ottenuta dividendo lo sforzo di progetto NEd per la resistenza a compressione semplice della sezione ( k = NEd/Ac fck), non eccede il valore 0,3.

La sollecitazione di compressione normalizzata non può superare il valore k = 0,6.

Per valori di k intermedi tra 0,3 e 0,6, il valore di q0 è dato da:

1q10,3

q)(q 0k

0k0 [7.9.1]

essendo q0 il valore applicabile per k 0,3. Nella tabella 7.3.II sono riportate anche le strutture che si muovono con il terreno. Esse non subiscono amplificazione dell’accelerazione del suolo poiché sono caratterizzate da periodi naturali di vibrazione in direzione orizzontale molto bassi (T 0,03 s). Appartengono a questa categoria anche le spalle connesse all’impalcato mediante collegamenti flessibili o appoggi

mobili. Per ciascuna delle due direzioni principali, i valori massimi q0 del fattore di comportamento sono da applicare, nel caso di ponti isostatici, alle singole pile, nel caso di ponti a travata continua, all’intera opera. Nel caso di ponti con elementi strutturali duttili di diverso tipo si adotta, per ciascuna delle due direzioni, il fattore di comportamento degli elementi di ugual tipo che contribuiscono in misura maggiore alla resistenza nei confronti delle azioni sismiche. Il requisito di regolarità, quindi l’applicabilità di un valore KR = 1, può essere verificato a posteriori mediante il seguente procedimento: per ciascun elemento duttile si calcoli il rapporto: ri= q0MEd,i/MRd,i , dove MEd,i è il momento alla base dell’elemento duttile i-

esimo prodotto dalla combinazione sismica di progetto, MRd,i è il corrispondente momento resistente; la geometria del ponte si considera “regolare” se il rapporto tra il massimo ed il minimo dei rapporti ri, calcolati per le pile

facenti parte del sistema resistente al sisma nella direzione considerata, risulta inferiore a 2 ( 2r/rr~ min,imax,i ).

Nel caso risulti 2r~ , l’analisi deve essere ripetuta utilizzando il seguente valore ridotto di KR r~/2K R [7.9.2]

e comunque assumendo sempre q = q0 KR 1.

Ai fini della determinazione di rmax e rmin nella direzione orizzontale considerata si possono escludere le pile la cui resistenza a taglio non ecceda il 20% della resistenza sismica totale diviso il numero degli elementi resistenti. Per ponti a geometria irregolare (ad esempio con angolo di obliquità maggiore di 45°, con raggio di curvatura molto ridotto, ecc.) si adotta un fattore di comportamento q pari a 1,5. Valori maggiori di 1,5, e comunque non superiori a 3,5, possono essere adottati solo qualora le richieste di duttilità siano verificate mediante analisi non lineare.

7.9.3. MODELLO STRUTTURALE

Il modello strutturale deve poter descrivere tutti i gradi di libertà significativi caratterizzanti la risposta dinamica e riprodurre fedelmente le caratteristiche di inerzia e di rigidezza della struttura, e di vincolo degli impalcati.

Quando l’impalcato abbia angolo di obliquità > 20° (vedi Fig. 7.9.1) o sia particolarmente largo rispetto alla lunghezza (rapporto tra larghezza B e lunghezza L, B/L > 2,0) particolare attenzione deve essere dedicata ai moti rigidi del ponte intorno all’asse verticale, in particolare per le travi continue avendo cura che il meccanismo resistente non sia affidato alla torsione di una pila unica e per le travi appoggiate prevedendo una opportuna disposizione degli apparecchi di appoggio.

Fig. 7.9.1 – Ponte obliquo

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La rigidezza degli elementi in calcestruzzo armato deve essere valutata tenendo conto del loro effettivo stato di fessurazione, che è in generale diverso per l’impalcato (spesso interamente reagente) e per le pile.

In assenza di più accurate determinazioni, l’eccentricità accidentale di cui al § 7.2.6 è riferita all’impalcato e può essere assunta pari a 0,03 volte la dimensione dell’impalcato stesso, misurata perpendicolarmente alla direzione dell’azione sismica.

7.9.3.1 INTERAZIONE TERRENO-STRUTTURA E ANALISI DI RISPOSTA SISMICA LOCALE Fermo restando quanto riportato al §7.2.6 in merito alla modellazione dell’azione sismica, nel caso in cui la deformabilità e la capacità dissipativa del complesso fondazione-terreno siano schematizzate con vincoli viscoelastici, le matrici d’impedenza dinamica utilizzate per la modellazione degli effetti di interazione terreno-struttura devono essere valutate per ogni pila e per ogni spalla in corrispondenza di appropriati intervalli di frequenza.

Nelle analisi modali con spettro elastico di risposta, le matrici d’impedenza dinamica devono contenere solo la parte reale, ossia i termini di rigidezza. La capacità dissipativa del complesso fondazione-terreno può essere portata in conto riducendo le ordinate degli spettri di progetto, sia per le componenti orizzontali, sia per la componente verticale, mediante fattori ottenuti con metodi di comprovata validità.

Nelle analisi nel dominio del tempo, il complesso fondazione-terreno sarà descritto dalle matrici di impedenza dinamica considerando sia i termini di rigidezza sia i termini di smorzamento.

La modellazione del ponte dovrà includere le caratteristiche inerziali dei plinti e del terreno gravante sopra di essi e tener conto della rigidezza degli elementi in calcestruzzo armato nel loro effettivo stato di fessurazione.

77.9.4. ANALISI STRUTTURALE

Per i metodi di analisi si fa riferimento al § 7.3, salvo quanto specificato al successivo § 7.9.4.1. Quando si utilizzano i metodi lineari, l’incremento delle sollecitazioni flettenti nelle zone dissipative per effetto delle non linearità geometriche può essere preso in conto mediante l’espressione semplificata:

EdEd NdM

[7.9.3]

dove dEd è lo spostamento valutato nella situazione sismica di progetto in accordo con quanto specificato nel § 7.3.3.3 ed NEd è la forza assiale di progetto.

7.9.4.1 ANALISI STATICA LINEARE I requisiti necessari per applicare l’analisi statica lineare possono ritenersi soddisfatti nei casi seguenti:

a) per entrambe le direzioni longitudinale e trasversale, in ponti a travate semplicemente appoggiate e purché la massa efficace di ciascuna pila non sia superiore ad 1/5 della massa di impalcato da essa portata;

b) nella direzione longitudinale, per ponti rettilinei a travata continua e purché la massa efficace complessiva delle pile facenti parte del sistema resistente al sisma non sia superiore ad 1/5 della massa dell’impalcato;

c) nella direzione trasversale, per ponti che soddisfino la condizione b) e siano simmetrici rispetto alla mezzeria longitudinale, o abbiano un’eccentricità non superiore al 5% della lunghezza del ponte. L’eccentricità è la distanza tra baricentro delle masse e centro delle rigidezze delle pile facenti parte del sistema resistente al sisma nella direzione trasversale.

Per pile a sezione costante la massa efficace può essere assunta pari alla massa del terzo superiore della pila più la massa del pulvino.

Nei casi (a) e (b) la massa M, da considerare concentrata in corrispondenza dell’impalcato ed in base alla quale valutare la forza F equivalente all’azione sismica, vale rispettivamente:

la massa di impalcato afferente alla pila, più la massa della metà del terzo superiore della pila più la massa del pulvino., nel caso a);

l’intera massa dell’impalcato, più la massa del terzo superiore di tutte le pile più la massa di tutti i pulvini, nel caso b).

Il periodo fondamentale T1 in corrispondenza del quale valutare la risposta spettrale in accelerazione Sd(T1) è dato in entrambi i casi dall’espressione:

M/K2T1 [7.9.4]

nella quale K è la rigidezza laterale del modello considerato, ossia della singola pila nel caso a), complessiva delle pile nel caso b).

Nel caso c) il sistema di forze orizzontali equivalenti all’azione sismica da applicare ai nodi del modello è dato dalla espressione:

ii21d

21

2

i Gdg

)(TST4F [7.9.5]

nella quale: T1 è il periodo proprio fondamentale del ponte nella direzione trasversale; g è l’accelerazione di gravità; di è lo spostamento del grado di libertà i quando la struttura è soggetta ad un sistema di forze statiche trasversali fi = Gi, Gi è il peso della massa concentrata nel grado di libertà i.

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Il periodo T1 del ponte in direzione trasversale può essere valutato con l’espressione approssimata:

ii

2ii

1 dGgdG

2T [7.9.6]

7.9.5. DIMENSIONAMENTO E VERIFICA DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI

Le indicazioni successive si applicano agli elementi strutturali delle strutture in elevazione. Per essi si effettuano verifiche di resistenza e verifiche di duttilità nei modi indicati nel § 7.3.6.1. I fattori di sovraresistenza Rd da utilizzare nelle singole verifiche, secondo le regole della progettazione in capacità, sono calcolati mediante l’espressione:

Rd = 0,7 + 0,2 q 1

[7.9.7]

nella quale q è il valore del fattore di comportamento utilizzato nel calcolo. Nel caso di sezioni in calcestruzzo armato, qualora il rapporto k tra la forza assiale e la resistenza a compressione della sezione di calcestruzzo eccede 0,1, il fattore di sovraresistenza va moltiplicato per 1+ 2 ( k 0,1)².

Le sollecitazioni calcolate a partire dalle capacità flessionali amplificate, incrementate dell’effetto dei carichi permanenti distribuiti sugli elementi, ottenute con il criterio della progettazione in capacità, si indicano con l’indice “prc”, ad es. Fprc.

Per le strutture di fondazione vale quanto indicato nel § 7.2.5.

Alle azioni sismiche, cui la spalla o la pila devono resistere come strutture a sé stanti, sono da aggiungere le forze parassite trasmesse per attrito dagli appoggi mobili o elastomerici che non assolvono la funzione di isolamento ai sensi del § 7.10, che devono essere maggiorate di un fattore pari a 1,30.

Le forze parassite trasmesse dagli appoggi o le coazioni indotte nella struttura dalle azioni variabili o permanenti potranno essere trascurate per le opere aventi elementi strutturali che raggiungono la capacità flessionale, calcolata sul relativo dominio di resistenza allo SLU, in corrispondenza della sollecitazione assiale agente.

7.9.5.1 PILE Per le pile in acciaio, si rimanda ai criteri del § 7.5.

Per le pile in calcestruzzo armato, si applicano i criteri appresso indicati.

7.9.5.1.1 Verifiche di resistenza (RES) In ogni sezione la capacità deve risultare superiore o uguale alla corrispondente domanda.

Presso-flessione Nelle sezioni in cui è prevista la formazione di zone dissipative, la domanda a presso-flessione è quella ottenuta dall’analisi globale della struttura per le combinazioni di carico di cui al § 2.5.3.

Per i ponti in CD“A” ed in CD“B” la domanda a compressione nelle pile non deve eccedere, rispettivamente, il 55% ed il 65% della capacità massima a compressione della sezione di solo calcestruzzo, per tutte le combinazioni considerate.

Nelle sezioni comprese nelle zone dissipative, deve risultare:

RdEd MM [7.9.8]

nella quale:

MEd è la domanda flessionale (accompagnata dalla domanda flessionale in direzione ortogonale assunta come ad essa contemporanea) derivante dall’analisi;

MRd è la capacità flessionale, calcolata sul relativo dominio di resistenza allo SLU in corrispondenza della sollecitazione assiale agente.

Nelle sezioni poste al di fuori delle zone dissipative, deve risultare:

ydprc MM

[7.9.9]

nella quale Mprc è la domanda flessionale (accompagnata dalla domanda flessionale in direzione ortogonale assunta come ad essa contemporanea) calcolata come descritto al § 7.9.5 e Myd è la capacità flessionale corrispondente alla curvatura convenzionale di prima plasticizzazione di cui al § 7.4.4.1.2, in corrispondenza della sollecitazione assiale agente.

Qualora, al di fuori delle zone dissipative delle pile, la domanda flessionale Mprc superi il valore MRd delle zone dissipative stesse, si adotta quest’ultimo al posto di Mprc.

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Taglio Ai fini della progettazione in capacità, per ciascuna direzione di applicazione del sisma, la domanda a taglio VEd si ottiene imponendo l’equilibrio tra le capacità a flessione delle sezioni di estremità della pila Ms,prc e Mi,prc e il taglio Vprc applicato nelle stesse sezioni, secondo le espressioni:

VEd = Bd Vprc [7.9.10a]

Vprc = (Ms,prc + Mi,prc ) / lp [7.9.10b] dove lp è la distanza tra le due sezioni di estremità della pila (nel caso di pila incastrata solamente alla base è la distanza tra la sezione di incastro e la sezione di momento nullo) e Bd è calcolato sulla base del rapporto tra il taglio derivante dall’analisi VE e il taglio Vprc mediante la formula seguente:

25,1)/V(Vq-2,251,00 prcEBd

[7.9.11]

La capacità a taglio delle sezioni delle pile è calcolata come indicato nel § 4.1.2.3.5, dove il braccio delle forze interne z può essere assunto pari a 0,9d per le sezioni rettangolari piene o cave, 0,75d per le sezioni circolari piene e 0,60d per le sezioni circolari cave.

Nelle zone dissipative delle pile progettate in CD”A”, l’angolo di inclinazione delle bielle di calcestruzzo compresso deve essere assunto pari a 45°.

Le dimensioni della sezione sono da riferirsi al solo nucleo confinato di calcestruzzo laddove sia necessaria armatura di confinamento.

Per elementi tozzi, con < 2,0 (vedi § 7.9.2.1), deve essere eseguita anche la verifica a scorrimento.

7.9.5.1.2 Verifiche di duttilità (DUT) La verifica di duttilità deve essere eseguita per le zone dissipative delle pile che richiedono armatura di confinamento come indicato al § 7.9.6.1.

Il rispetto dei dettagli costruttivi indicati al § 7.9.6.1 consente di omettere la verifica esplicita di duttilità. Quest’ultima, laddove necessaria, deve essere eseguita come indicato al § 7.4.4.1.2.

7.9.5.2 IMPALCATO Al fine di evitare il martellamento tra diverse parti di impalcato tra loro contigue si dovranno rispettare i criteri enunciati al § 7.2.1, nella sezione “distanza fra costruzioni contigue”.

Valori inferiori di tali distanze potranno essere adottati se il martellamento tra le parti produce meccanismi di rottura controllata e, compatibilmente con l’esercizio dell’infrastruttura, facilmente riparabili.

7.9.5.2.1 Verifiche di resistenza (RES) In ogni sezione la capacità deve risultare superiore o uguale alla corrispondente domanda.

Il criterio di dimensionamento per l’impalcato è che esso non subisca danni per le azioni corrispondenti allo SLV ossia per effetto delle massime sollecitazioni indotte dall’azione sismica di progetto.

Le verifiche di resistenza sono in generale superflue nella direzione longitudinale per ponti ad asse rettilineo o con curvatura poco pronunciata, salvo effetti locali nelle zone di collegamento con gli apparecchi d’appoggio.

In direzione trasversale, la domanda in resistenza si ottiene con i criteri della progettazione in capacità.

In particolare, in sommità della generica pila i si ha una sollecitazione di taglio data da:

qVM

MVV iE,

i,E

i,RdRdiE,Ed [7.9.12]

nella quale VE,i è il valore dello sforzo di taglio ottenuto dall’analisi, ME,i il corrispondente momento flettente alla base della pila, ed MRd,ii l’effettivo momento resistente alla base della pila.

Se la pila trasmette anche momenti all’impalcato, i valori da assumere per la verifica di quest’ultimo sono dati dai valori dei momenti resistenti delle membrature che li trasmettono, moltiplicati per il fattore di sovraresistenza Rd .

Per azione sismica diretta trasversalmente al ponte, quando si verifica l’impalcato con il criterio della progettazione in capacità, deve essere considerata la riduzione della sua rigidezza torsionale.

In direzione verticale, la verifica dell’impalcato deve essere eseguita nei casi indicati al § 7.2.2, assumendo per l’azione sismica il valore q = 1.

7.9.5.3 APPARECCHI DI APPOGGIO E ZONE DI SOVRAPPOSIZIONE

7.9.5.3.1 Apparecchi d’appoggio o di vincolo fissi Gli apparecchi d’appoggio o di vincolo fissi devono essere dimensionati con i criteri della progettazione in capacità. Essi devono quindi essere in grado di trasmettere, mantenendo la piena funzionalità, forze orizzontali tali da produrre, nella zona o nelle zone

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dissipative alla base della pila, un momento flettente pari a: Rd MRd , dove MRd è il momento resistente della zona o delle zone dissipative. Questa verifica può essere eseguita in modo indipendente per le due direzioni dell’azione sismica.

Le forze determinate come sopra possono essere superiori a quelle che si ottengono dall’analisi ponendo q = 1; in tal caso, per il progetto degli apparecchi è consentito adottare queste ultime.

7.9.5.3.2 Apparecchi d’appoggio mobili Nelle zone di appoggio dove è previsto un movimento relativo tra elementi diversi della struttura (impalcato-pila, impalcato-spalle, seggiole “Gerber”, ecc.) gli appoggi mobili devono essere dimensionati come indicato al § 7.2.2.

7.9.5.3.3 Dispositivi di fine corsa Con il termine di dispositivi di fine corsa si indicano diversi elementi costruttivi aventi lo scopo di limitare il movimento relativo tra impalcato e sommità della pila o spalla. Questi dispositivi possono consistere in elementi ammortizzanti in gomma o altro, collegamenti a fune, ecc.

Il ricorso a tali elementi è necessario quando le condizioni di progetto non permettono di realizzare appoggi, fra travata e testa pila o spalla o nei giunti in travata (seggiole ‘Gerber’), di prestazioni pari a quelle richieste al § 7.9.5.3.4.

In tali casi, in mancanza di verifica analitica in campo dinamico dell’interazione impalcato-pila o spalla e delle sollecitazioni indotte nei dispositivi, questi ultimi possono venire dimensionati per resistere ad una forza pari ad Q, in cui = 1,5 S ag/g è l’accelerazione normalizzata di progetto valutata allo SLC, S, ag e g sono definiti al § 3.2.3.2.1 e Q è il peso della parte di impalcato collegato ad una pila od alle spalle, oppure, nel caso di due parti di impalcato collegate tra loro, il minore dei pesi di ciascuna delle due parti.

7.9.5.3.4 Zone di sovrapposizione Nelle zone di appoggio dove è previsto un movimento relativo tra elementi diversi della struttura (impalcato-pila, impalcato-spalle, seggiole “Gerber”, ecc.) deve essere comunque disponibile una adeguata zona di sovrapposizione.

La lunghezza minima di tale zona è ottenuta aggiungendo allo spostamento relativo tra le parti, valutato come indicato al § 7.2.2, lo spazio necessario, pari almeno a 400 mm, per disporre l’apparecchio di appoggio.

7.9.5.4 SPALLE Le spalle dei ponti devono essere progettate in modo che tutte le parti componenti non subiscano danni che ne compromettano la completa funzionalità sotto l’azione sismica relativa allo SLV.

La verifica sismica delle spalle può essere eseguita, a titolo di accettabile semplificazione, separatamente per la direzione trasversale e per quella longitudinale.

Il modello da adottare per l’analisi delle spalle dipende dal grado di accoppiamento con l’impalcato che esse sostengono (vedi §§ 7.9.5.4.1 e 7.9.5.4.2).

7.9.5.4.1 Collegamento mediante apparecchi d’appoggio mobili Questo tipo di collegamento viene in generale realizzato solo per i movimenti in senso longitudinale.

In questo caso il comportamento della spalla sotto azione sismica è praticamente disaccoppiato da quello del resto del ponte.

Nella determinazione delle sollecitazioni sismiche di progetto si devono considerare i seguenti contributi:

– le spinte dei terreni comprensive di effetti sismici, come specificato in § 7.11.3, valutando, laddove previsto e debitamente tenuto in conto anche nelle prestazioni cinematiche degli appoggi, eventuali spostamenti relativi rispetto al terreno.

– le forze d’inerzia agenti sulla massa della spalla e del terreno presenti sulla sua fondazione, cui va applicata un’accelerazione pari ad agS.

7.9.5.4.2 Collegamento mediante apparecchi d’appoggio fissi Questo tipo di collegamento è adottato in maniera generalizzata per la direzione trasversale ed in genere su una delle due spalle per la direzione longitudinale.

In entrambi i casi le spalle e il ponte formano un sistema accoppiato ed è quindi necessario utilizzare un modello strutturale che consenta di analizzare gli effetti di interazione tra il terreno, la spalla e la parte di ponte accoppiata.

L’interazione terreno-spalla può in molti casi essere trascurata (a favore di stabilità) quando l’azione sismica agisce in direzione trasversale al ponte, ossia nel piano della spalla. In questi casi l’azione sismica può essere assunta pari all’accelerazione ag S.

Nel senso longitudinale il modello deve comprendere, in generale, la deformabilità del terreno retrostante e quella del terreno di fondazione.

Qualora non venga effettuata l’analisi d’interazione di cui sopra, le forze d’inerzia agenti sulla massa della spalla, del terreno presente sulla sua fondazione e dell’impalcato saranno calcolate in base all’accelerazione valutata con lo spettro di progetto in corrispondenza del periodo TB . Nel caso in cui il sistema costituito dalla spalla, dal terreno presente sulla sua fondazione e

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dall’impalcato sia considerabile come infinitamente rigido (periodo proprio inferiore a 0,05s) le forze d’inerzia direttamente applicate ad esso possono essere assunte pari al prodotto delle masse per l’accelerazione del terreno ag S.

Nel caso in cui la spalla sostenga un terreno rigido naturale per più dell’80% dell’altezza, si può considerare che essa si muova con il suolo. In questo caso le forze d’inerzia di progetto possono essere determinate considerando un’accelerazione pari ad ag S.

77.9.6. DETTAGLI COSTRUTTIVI PER ELEMENTI DI CALCESTRUZZO ARMATO

7.9.6.1 PILE Al fine di conferire la necessaria duttilità è necessario disporre idonee armature trasversali all’interno delle zone dissipative delle pile:

- armature atte a confinare adeguatamente il nucleo in calcestruzzo della sezione;

- armature atte a contrastare l’instabilità delle barre verticali compresse.

Le prescrizioni sulle armature trasversali sono volte a conseguire determinati obiettivi prestazionali. Esse non determinano dei quantitativi di acciaio da sommare tra di loro, pertanto nelle zone dissipative di una pila, fermi restando i dettagli costruttivi e il passo minimo delle armature prescritti nei successivi tre paragrafi, il quantitativo di armatura trasversale è il massimo tra quelli necessari a:

- soddisfare le verifiche di resistenza a taglio;

- confinare adeguatamente il nucleo in calcestruzzo della sezione;

- contrastare l’instabilità delle barre verticali compresse.

Salvo studi specifici le armature in parola sono indicate nei §§ 7.9.6.1.1, 7.9.6.1.2 e 7.9.6.1.3.

7.9.6.1.1 Armature per il confinamento del nucleo di calcestruzzo Le armature per il confinamento del nucleo di calcestruzzo non sono necessarie nei casi seguenti:

- se la sollecitazione di compressione normalizzata risulta k 0,08;

- nel caso di sezioni delle pile in parete sottile a doppio T o cave, mono o multi cellulari, purché risulti k 0,2;

- nel caso di sezioni delle pile progettate in CD”A” o in CD”B” ove è possibile raggiungere una duttilità in curvatura non inferiore, rispettivamente, a μ = 13 o a μ = 7, senza che la deformazione di compressione massima nel calcestruzzo superi il valore 0,0035.

La percentuale meccanica minima di armatura trasversale per il confinamento costituita da tiranti o staffe di forma rettangolare wd,r è data da:

minw,reqw,rwd, 67,0 ;max

[7.9.15]

con:

01,0ff

13,0AA

Lcd

ydk

cc

creqw,

[7.9.16]

dove:

- Ac è l’area totale di calcestruzzo della sezione.

- Acc è l’area del nucleo confinato della sezione.

- k è stato precedentemente definito.

- vale 0,37 per le pile progettate in CD”A” e 0,28 per le pile progettate in CD”B”.

- w,min vale 0,18 per le pile progettate in CD”A” e 0,12 per le pile progettate in CD”B”.

- L è la percentuale geometrica di armatura longitudinale.

Per staffe di forma circolare, la percentuale meccanica minima di armatura di confinamento è data da:

minw,reqw,cwd, ;4,1max

[7.9.17]

La percentuale meccanica è definita dalle espressioni seguenti:

– sezioni rettangolari

cd

ydswrwd, f

fbs

A

[7.9.18]

in cui:

- Asw = area complessiva dei bracci delle staffe chiuse e dei tiranti in una direzione

- s = interasse verticale delle armature di confinamento = SL

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- b = dimensione nel piano orizzontale del nucleo confinato di calcestruzzo misurata in direzione ortogonale a quella dei bracci delle staffe.

– sezioni circolari

cd

yd

sp

spcwd, f

fsD

A4

[7.9.19]

in cui

- Asp, Dsp = area della sezione delle barre circonferenziali e diametro della circonferenza;

- s = interasse verticale delle armature di confinamento = SL .

Il passo dell’armatura trasversale di confinamento lungo l’asse verticale della pila SL deve rispettare le seguenti condizioni:

*bLL b1.5 ; d6minS

[7.9.20]

in cui dbL è il diametro delle armature longitudinali e b* è la dimensione minore del nucleo confinato di calcestruzzo.

In direzione trasversale la distanza ST nel piano orizzontale tra due bracci di staffa rettangolare o tra due tiranti deve risultare:

mm 200 ; b31minS *

L

[7.9.21]

La porzione di calcestruzzo effettivamente confinata si misura dal baricentro delle staffe di confinamento alla fibra in cui la deformazione di compressione nel conglomerato è pari al valore 0,0035/2.

7.9.6.1.2 Armature per contrastare l’instabilità delle barre verticali compresse Esse non sono necessarie nel caso di sezioni delle pile progettate in CD”B” ove sia possibile omettere l’armatura di confinamento.

Il passo dell’armatura trasversale per contrastare l’instabilità delle barre verticali compresse lungo l’asse verticale della pila SL deve rispettare la seguente condizione:

bLL d6S

[7.9.22]

con il significato già esposto dei simboli.

Lungo i bordi rettilinei delle sezioni l’obiettivo di trattenere le barre longitudinali può essere raggiunto in due modi alternativi:

- mediante un braccio di staffa assicurato per mezzo di tiranti intermedi disposti in posizioni alternate lungo l’asse verticale della pila.

- attraverso la sovrapposizione di più staffe chiuse disposte in modo tale che le barre verticali interne risultino alternativamente legate.

In direzione trasversale la distanza ST nel piano orizzontale tra due bracci di staffa o tiranti deve risultare inferiore o uguale a 200 mm. Il quantitativo minimo di tiranti o bracci trasversali necessari a limitare i fenomeni d’instabilità delle barre longitudinali lungo i bordi rettilinei è fornito dalla relazione seguente:

t,yks,ykS

T

T

f6,11fA

SA

[7.9.23]

In cui: - AT ed ST sono rispettivamente l’area di un braccio di staffa o tirante (in mm2) e la distanza misurata in direzione

trasversale fra i bracci dei tiranti (m). - As è la somma delle aree delle barre verticali (in mm2) di competenza di un braccio di staffa o tirante. - fyk,s e fyk,t sono rispettivamente le tensioni di snervamento dell’acciaio dell’armatura verticale e delle staffe o tiranti.

7.9.6.1.3 Dettagli costruttivi per le zone dissipative La lunghezza, misurata lungo l’asse verticale, della zona dissipativa di una pila progettata in CD”A” ove risulti k 0,3 è pari alla maggiore delle due:

- la profondità della sezione in direzione ortogonale all’asse di rotazione del momento flettente; - la distanza tra la sezione di momento massimo e la sezione in cui il momento si riduce del 20%. Il diagramma dei

momenti flettenti su cui computare il decremento del 20% è quello in cui il valore massimo del momento vale Mprc. Per 0,3 k 0,6 tale valore deve essere incrementano del 50%. Per un’ulteriore estensione di lunghezza pari alla precedente si dispone solo l’armatura di confinamento gradualmente decrescente, in misura non inferiore in totale a metà di quella necessaria nel primo tratto.

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La lunghezza, misurata lungo l’asse verticale, della zona dissipativa di una pila progettata in CD”B” è pari alla distanza tra la sezione di momento massimo e la sezione ove risulti MR,d 1,3 ME,d .Tale distanza può essere nulla. Tutte le armature di confinamento, staffe o tiranti, devono terminare con piegature a 135° che si ancorano verso l’interno per una lunghezza minima di 10 diametri. I tiranti devono essere sempre ancorati alle staffe in prossimità delle barre verticali. Nel caso di sezioni ove risulti k 0,30 è possibile impiegare tiranti con piegature a 135° su una estremità e a 90° sull’altra estremità, purché siano alternati i versi di posa. Tiranti con entrambe le piegature di estremità a 135° possono essere costituiti da due elementi distinti con tratti rettilinei convenientemente sovrapposti all’interno della zona centrale del nucleo di calcestruzzo. Nel caso di sezioni delle pile in parete sottile a doppio T o cave, mono o multi cellulari, il rapporto tra la lunghezza netta di ogni parete interna e il proprio spessore dovrà essere inferiore o uguale a 8. Per le pareti esterne tale limite vale 4. Per le pile circolari cave tale limitazione si intende riferita al diametro interno.

7.9.6.2 IMPALCATO, FONDAZIONI E SPALLE Ferme restando le prescrizioni inerenti le armature di cui al § 7.2.5, in conseguenza dei criteri di progetto adottati, non sono da prevedere per gli elementi costruttivi in titolo accorgimenti specifici per conferire duttilità.

77.10. COSTRUZIONI CON ISOLAMENTO E/O DISSIPAZIONE

7.10.1. SCOPO

Il presente capitolo fornisce criteri e regole per il progetto di costruzioni nuove e per l’adeguamento di quelle esistenti, nelle quali un sistema d’isolamento sismico sia posto al di sotto della costruzione medesima, o sotto una sua porzione rilevante, allo scopo di migliorarne la risposta nei confronti delle azioni sismiche orizzontali.

La riduzione della risposta sismica orizzontale, qualunque siano la tipologia e i materiali strutturali della costruzione, può essere ottenuta mediante una delle seguenti strategie d’isolamento, o mediante una loro appropriata combinazione:

a) incrementando il periodo fondamentale della costruzione per portarlo nel campo delle minori accelerazioni di risposta;

b) limitando la massima forza orizzontale trasmessa.

In entrambe le strategie le prestazioni dell’isolamento possono essere migliorate attraverso la dissipazione nel sistema di isolamento di una consistente aliquota dell’energia meccanica trasmessa dal terreno alla costruzione.

Le prescrizioni del presente capitolo non si applicano ai sistemi di protezione sismica basati sull’impiego di elementi dissipativi distribuiti, a vari livelli, all’interno della costruzione.

7.10.2. REQUISITI GENERALI E CRITERI PER IL LORO SODDISFACIMENTO

Il sistema d’isolamento è composto dai dispositivi d’isolamento e, eventualmente, di dissipazione, ciascuno dei quali espleta una o più delle seguenti funzioni: – sostegno dei carichi verticali con elevata rigidezza in direzione verticale e bassa rigidezza o resistenza in direzione orizzontale,

permettendo notevoli spostamenti orizzontali; – dissipazione di energia con meccanismi isteretici e/o viscosi; – ricentraggio del sistema; – vincolo laterale, con adeguata rigidezza sotto carichi orizzontali di servizio (non sismici).

Fanno parte integrante del sistema d’isolamento gli elementi di connessione, nonché eventuali vincoli supplementari disposti per limitare gli spostamenti orizzontali dovuti ad azioni non sismiche (ad es. vento).

Detta “interfaccia d’isolamento” la superficie di separazione sulla quale è attivo il sistema d’isolamento, si definiscono:

– “sottostruttura”, la parte della struttura posta al di sotto dell’interfaccia del sistema d’isolamento e che include le fondazioni, avente in genere deformabilità orizzontale trascurabile e soggetta direttamente agli spostamenti imposti dal movimento sismico del terreno;

– “sovrastruttura”, la parte della struttura posta al di sopra dell’interfaccia d’isolamento e, perciò, isolata.

La sovrastruttura e la sottostruttura si devono mantenere in campo sostanzialmente elastico. Per questo la struttura può essere progettata con riferimento ai particolari costruttivi richiesti per le costruzioni caratterizzate, allo SLV, da agS 0,075g, con deroga, per le strutture in c.a., a quanto previsto al § 7.4.6 e al § 7.9.6.

Un’affidabilità superiore è richiesta al sistema d’isolamento per il ruolo critico che esso svolge. Tale affidabilità si ritiene conseguita se il sistema d’isolamento è progettato e verificato sperimentalmente secondo quanto stabilito nel § 11.9.

7.10.3. CARATTERISTICHE E CRITERI DI ACCETTAZIONE DEI DISPOSITIVI

I dispositivi si possono utilizzare solo qualora posseggano le caratteristiche e soddisfino integralmente le prescrizioni riportate nel § 11.9 delle presenti norme.

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77.10.4. INDICAZIONI PROGETTUALI

7.10.4.1 INDICAZIONI RIGUARDANTI I DISPOSITIVI L’alloggiamento dei dispositivi d’isolamento e di dissipazione ed il loro collegamento alla struttura devono essere concepiti in modo da assicurarne l’accesso e rendere i dispositivi stessi ispezionabili e sostituibili. È necessario anche prevedere adeguati sistemi di contrasto, idonei a consentire l’eventuale ricentraggio dei dispositivi qualora, a seguito di un sisma, si possano avere spostamenti residui incompatibili con la funzionalità della costruzione e/o con il corretto comportamento del sistema d’isolamento.

Ove necessario, i dispositivi devono essere protetti da possibili effetti derivanti da attacchi del fuoco, chimici o biologici. In alternativa, occorre prevedere dispositivi che, in caso di distruzione degli isolatori, siano idonei a trasferire il carico verticale alla sottostruttura.

7.10.4.2 CONTROLLO DI MOVIMENTI INDESIDERATI Per minimizzare gli effetti torsionali, la proiezione del centro di massa della sovrastruttura sul piano degli isolatori ed il centro di rigidezza dei dispositivi o, nel caso di sottostruttura flessibile, il centro di rigidezza del sistema sottostruttura-isolamento devono essere, per quanto possibile, coincidenti. Inoltre, nei casi in cui il sistema di isolamento affidi a pochi dispositivi le sue capacità dissipative e ricentranti rispetto alle azioni orizzontali, occorre che tali dispositivi siano, per quanto possibile, disposti in maniera da minimizzare gli effetti torsionali (ad esempio perimetralmente) e siano in numero staticamente ridondante. Nel caso dei ponti, si potranno trascurare gli effetti dell’eccentricità accidentale delle masse.

Per minimizzare le differenze di comportamento dei dispositivi, le tensioni di compressione a cui lavorano devono essere per quanto possibile uniformi. Nel caso di sistemi d’isolamento che utilizzino dispositivi di diverso tipo, particolare attenzione deve essere posta sui possibili effetti della differente deformabilità verticale sotto le azioni sia statiche che sismiche.

Per evitare o limitare azioni di trazione nei dispositivi, gli interassi della maglia strutturale devono essere scelti in modo tale che il carico verticale “V” di progetto agente sul singolo isolatore sotto le azioni sismiche e quelle concomitanti risulti essere di compressione o, al più, nullo (V 0). Nel caso in cui dall’analisi risultasse V < 0, occorre che la tensione di trazione sia in modulo inferiore al minore tra 2G (G modulo di taglio del materiale elastomerico) e 1 MPa, negli isolatori elastomerici, oppure, per i dispositivi di altro tipo, dimostrare, attraverso adeguate prove sperimentali, che il dispositivo è in grado di sostenere tale condizione, oppure predisporre opportuni vincoli in grado di assorbire integralmente la trazione.

7.10.4.3 CONTROLLO DEGLI SPOSTAMENTI SISMICI DIFFERENZIALI DEL TERRENO Negli edifici, sia le strutture del piano di posa dei dispositivi sia le strutture del piano da cui spicca la sovrastruttura devono essere dimensionate in modo da assicurare un comportamento rigido nel piano suddetto, così da limitare gli effetti di spostamenti sismici differenziali. Altrimenti la variabilità spaziale del moto del terreno deve essere messa in conto secondo quanto specificato nel § 3.2.4.

La condizione precedente si considera soddisfatta se un diaframma rigido costituito da un solaio in c.a., oppure da una griglia di travi progettata tenendo conto di possibili fenomeni di instabilità, è presente sia al di sopra sia al di sotto del sistema di isolamento e se i dispositivi del sistema di isolamento sono fissati ad entrambi i diaframmi o direttamente o attraverso elementi verticali il cui spostamento orizzontale in condizioni sismiche sia minore di 1/20 dello spostamento relativo del sistema di isolamento. Tali elementi devono essere progettati per rispondere in campo rigorosamente elastico, tenendo anche conto della maggiore affidabilità richiesta ai dispositivi di isolamento e dissipazione.

7.10.4.4 CONTROLLO DEGLI SPOSTAMENTI RELATIVI AL TERRENO E ALLE COSTRUZIONI CIRCOSTANTI Adeguato spazio deve essere previsto tra la sovrastruttura isolata e il terreno o le costruzioni circostanti, per consentire liberamente gli spostamenti sismici in tutte le direzioni. Per i ponti, i giunti di separazione tra le diverse porzioni di impalcato e tra l’impalcato e la sottostruttura devono essere dimensionati in modo da permettere il corretto funzionamento del sistema d’isolamento, senza impedimenti al libero spostamento delle parti isolate.

Occorre anche attuare adeguati accorgimenti affinché l’eventuale malfunzionamento delle connessioni a cavallo dei giunti non possa compromettere l’efficienza dell’isolamento.

7.10.5. MODELLAZIONE E ANALISI STRUTTURALE

7.10.5.1 PROPRIETÀ DEL SISTEMA DI ISOLAMENTO Le proprietà meccaniche del sistema di isolamento da adottare nelle analisi di progetto, derivanti dalla combinazione delle proprietà meccaniche dei singoli dispositivi che lo costituiscono, sono le più sfavorevoli che si possono verificare durante il periodo di riferimento VR considerato. Esse devono tener conto, ove pertinente, di:

– entità delle deformazioni subite in relazione allo stato limite per la verifica del quale si svolge l’analisi;

– variabilità delle caratteristiche meccaniche dei dispositivi, nell’ambito della fornitura;

– velocità massima di deformazione (frequenza) in un intervallo di variabilità di ±30% del valore di progetto;

– entità dei carichi verticali agenti simultaneamente al sisma;

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– entità dei carichi e delle deformazioni in direzione trasversale a quella considerata;

– temperatura, per i valori massimo e minimo di progetto.

Inoltre, si deve tener conto dell’eventuale variazione nel tempo delle caratteristiche meccaniche durante la vita utile del dispositivo.

Si devono, pertanto, eseguire più analisi per ciascuno stato limite da verificare, attribuendo ai parametri del modello i valori estremi più sfavorevoli ai fini della valutazione delle grandezze da verificare e coerenti con l’entità delle deformazioni subite dai dispositivi.

Nel caso in cui i valori estremi (massimo oppure minimo) differiscano di non più del 20% dal valor medio, si potranno adottare i valori medi delle proprietà meccaniche del sistema di isolamento.

7.10.5.2 MODELLAZIONE La sovrastruttura e la sottostruttura devono essere modellate come sistemi a comportamento elastico lineare aventi rigidezza corrispondente al comportamento strutturale non dissipativo. Il sistema di isolamento può essere modellato, in relazione alle sue caratteristiche meccaniche, come avente comportamento visco-elastico lineare oppure con legame costitutivo non lineare. La deformabilità verticale degli isolatori dovrà essere messa in conto quando il rapporto tra la rigidezza verticale del sistema di isolamento KV e la rigidezza equivalente orizzontale Kesi è inferiore a 800.

Se è utilizzato un modello lineare, si deve adottare una rigidezza equivalente riferita allo spostamento totale di progetto per lo stato limite in esame di ciascun dispositivo facente parte del sistema di isolamento. La rigidezza totale equivalente del sistema di isolamento, Kesi, è pari alla somma delle rigidezze equivalenti dei singoli dispositivi. L’energia dissipata dal sistema d’isolamento deve essere espressa in termini di coefficiente di smorzamento viscoso equivalente del sistema d’isolamento esi, valutato con riferimento all’energia dissipata dal sistema di isolamento in cicli con frequenza nell’intervallo delle frequenze naturali dei modi considerati. Per i modi superiori della struttura, al di fuori di tale intervallo, il rapporto di smorzamento del modello completo deve essere quello della sovrastruttura nella condizione di base fissa.

Quando la rigidezza e/o lo smorzamento equivalenti del sistema di isolamento dipendono significativamente dallo spostamento di progetto, deve applicarsi una procedura iterativa fino a che la differenza tra il valore assunto e quello calcolato non sia inferiore al 5%.

Il comportamento del sistema di isolamento può essere modellato come lineare equivalente se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) la rigidezza equivalente del sistema d’isolamento è almeno pari al 50% della rigidezza secante per cicli con spostamento pari al 20% dello spostamento di riferimento;

b) lo smorzamento lineare equivalente del sistema di isolamento, come definito in precedenza, è inferiore al 30%;

c) le caratteristiche forza-spostamento del sistema d’isolamento non variano di più del 10% per effetto di variazioni della velocità di deformazione in un campo del ±30% intorno al valore di progetto, e dell’azione verticale sui dispositivi, nel campo di variabilità di progetto;

d) l’incremento della forza nel sistema d’isolamento per spostamenti tra 0,5 dc e ddc, essendo ddc lo spostamento del centro di rigidezza dovuto all’azione sismica, è almeno pari al 2,5% del peso totale della sovrastruttura.

Nel caso in cui si adotti un modello non lineare, il legame costitutivo dei singoli dispositivi del sistema d’isolamento deve riprodurre adeguatamente il loro comportamento nel campo di deformazioni e velocità che si verificano durante l’azione sismica, anche in relazione alla corretta rappresentazione dell’energia dissipata nei cicli di isteresi.

Se ritenuta rilevante ai fini della risposta sismica della struttura isolata, è opportuno tenere in conto l’eventuale interazione terreno-struttura come indicato al § 7.9.3.1.

7.10.5.3 ANALISI Per le costruzioni isolate alla base si applicano le prescrizioni di cui ai §§ 7.3.3 e 7.3.4 integrate o, se del caso, sostituite da quelle contenute nei successivi punti. Per esse non può essere usata l’analisi statica non lineare.

7.10.5.3.1 Analisi lineare statica Per le costruzioni dotate di isolamento alla base, il metodo dell’analisi statica lineare può essere applicato se la struttura isolata soddisfa i requisiti seguenti:

a) il sistema d’isolamento può essere modellato come lineare, in accordo con il precedente § 7.10.5.2;

b) il periodo equivalente Tis della costruzione isolata ha un valore compreso fra 3 Tbf e 3,0 s, in cui Tbf è il periodo della sovrastruttura assunta a base fissa, stimato con un’espressione approssimata;

c) la rigidezza verticale del sistema di isolamento KV è almeno 800 volte più grande della rigidezza equivalente orizzontale del sistema di isolamento Kesi;

d) il periodo in direzione verticale TV, calcolato come VV M/K2T , è inferiore a 0,1 s;

e) nessun isolatore risulta in trazione per l’effetto combinato dell’azione sismica e dei carichi verticali;

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f) il sistema resistente all’azione sismica possiede una configurazione strutturale regolare in pianta, come è definita al § 7.2.1.

Ai requisiti da a) ad f) si aggiungono, per gli edifici civili ed industriali, i seguenti: la sovrastruttura ha altezza non maggiore di 20 m e non più di 5 piani

la sottostruttura può essere considerata infinitamente rigida, per cui il suo periodo proprio è non maggiore di 0,05s.

la dimensione maggiore in pianta della sovrastruttura è inferiore a 50 m;

in ciascuna delle direzioni principali orizzontali, l’eccentricità totale tra il centro di rigidezza del sistema di isolamento e la proiezione verticale del centro di massa non è superiore al 3% della dimensione della sovrastruttura trasversale alla direzione orizzontale considerata.

Ai requisiti da a) ad f) si aggiungono, per i ponti, i seguenti:

– lo schema statico è ad impalcati semplicemente appoggiati, oppure lo schema statico è a impalcati continui con geometria regolare, caratterizzata da: sostanziale rettilineità dell’impalcato, luci uguali, rapporto massimo tra le rigidezze delle pile inferiore a 2, lunghezza totale dell’impalcato continuo inferiore a 150 m;

– la massa della metà superiore delle pile è inferiore a 1/5 della massa dell’impalcato;

– le pile hanno altezza inferiore a 20 m;

– in direzione trasversale la distanza tra il centro di rigidezza del sistema di isolamento e il centro di massa dell’impalcato non è superiore al 5% della dimensione trasversale della sovrastruttura.

Se le condizioni dette sono rispettate, il calcolo può essere svolto su due modelli separati, per ciascuno dei quali si assume il valore corrispondente dello smorzamento, uno per la sovrastruttura più sistema d’isolamento ed uno per la sottostruttura. Su quest’ultimo agiscono le forze ricavate dal primo modello e le forze d’inerzia prodotte direttamente dal moto del terreno.

La forza orizzontale complessiva applicata al sistema d’isolamento, da ripartire tra gli elementi strutturali costituenti la sottostruttura in proporzione alle rigidezze dei corrispondenti dispositivi d’isolamento, è pari a:

),(TSMF esiise

[7.10.1]

dove ),(TS esiise è l’accelerazione spettrale definita nel § 3.2.3 per la categoria di suolo di fondazione appropriata e Kesi,min,min è la rigidezza equivalente minima in relazione alla variabilità delle proprietà meccaniche del sistema di isolamento, per effetto dei fattori definiti nel § 7.10.5.1.

Lo spostamento del centro di rigidezza dovuto all’azione sismica ddc deve essere calcolato, in ciascuna direzione orizzontale, mediante la seguente espressione:

minesi,

esiisede K

),(TSMd [7.10.2]

Le forze orizzontali da applicare a ciascun livello della sovrastruttura devono essere calcolate, in ciascuna direzione orizzontale, mediante la seguente espressione:

),(TSmf esiisejj

[7.10.3]

in cui mj è la massa del livello j-esimo.

Gli effetti della torsione d’insieme della sovrastruttura sui singoli dispositivi di isolamento possono essere messi in conto amplificando in ciascuna direzione gli spostamenti e le forze precedentemente definiti mediante i fattori xi e yi da applicare, rispettivamente, alle azioni in direzione x e y:

i2y

ytot,xi y

re

1 i2x

xtot,yi x

re

1 [7.10.4]

in cui:

(xi, xi) sono le coordinate del dispositivo rispetto al centro di rigidezza;

etot,x etot,y è l’eccentricità totale nella direzione x, y;

rx ry sono le componenti, in direzione x e y del raggio torsionale del sistema di isolamento, date dalle seguenti espressioni:

yixi2iyi

2i

2x K/KyKxr

xixi2iyi

2i

2y K/KyKxr

[7.10.5]

Kxi, Kxi sono le rigidezze equivalenti del dispositivo i-esimo rispettivamente nelle direzioni x e y.

Ai fini della verifica degli elementi strutturali, gli effetti torsionali sulla sovrastruttura sono valutati come specificato in § 7.3.3.

7.10.5.3.2 Analisi lineare dinamica Per le costruzioni con isolamento alla base l’analisi dinamica lineare è ammessa quando risulta possibile modellare elasticamente il comportamento del sistema di isolamento, nel rispetto delle condizioni di cui al § 7.10.5.2. Per il sistema complessivo, formato

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dalla sottostruttura, dal sistema d’isolamento e dalla sovrastruttura, si assume un comportamento elastico lineare. Qualora il sistema di isolamento non sia immediatamente al di sopra delle fondazioni, il modello deve comprendere sia la sovrastruttura sia la sottostruttura, a meno che la sottostruttura non sia assimilabile ad una struttura scatolare rigida come definita al § 7.2.1. L’analisi può essere svolta mediante analisi modale con spettro di risposta o mediante integrazione al passo delle equazioni del moto, eventualmente previo disaccoppiamento modale, considerando un numero di modi tale da portare in conto anche un’aliquota significativa della massa della sottostruttura, se inclusa nel modello.

Nel caso si adotti l’analisi modale con spettro di risposta, questa deve essere svolta secondo quanto specificato in § 7.3.3.1, salvo diverse indicazioni fornite nel presente paragrafo. Le due componenti orizzontali dell’azione sismica si considerano in generale agenti simultaneamente, adottando, ai fini della combinazione degli effetti, le regole riportate in § 7.3.3.1. La componente verticale deve essere messa in conto nei casi previsti in § 7.2.2 e, in ogni caso, quando il rapporto tra la rigidezza verticale del sistema di isolamento KV e la rigidezza equivalente orizzontale Kesi risulti inferiore a 800. In tali casi si avrà cura che la massa eccitata dai modi in direzione verticale considerati nell’analisi sia significativa.

Lo spettro elastico definito in § 3.2.3.2 va ridotto per tutto il campo di periodi T 0,8 Tis , assumendo per il coefficiente riduttivo il valore corrispondente al coefficiente di smorzamento viscoso equivalente esi del sistema di isolamento.

Nel caso di analisi lineare con integrazione al passo, la messa in conto del corretto valore del coefficiente di smorzamento viscoso equivalente si ottiene, quando si opera sulle singole equazioni modali disaccoppiate, assegnando a ciascuna equazione il corrispondente valore modale di o, quando si opera sul sistema completo, definendo in maniera appropriata la matrice di smorzamento del sistema.

77.10.6. VERIFICHE

7.10.6.1 VERIFICHE DEGLI STATI LIMITE DI ESERCIZIO Il livello di protezione richiesto per la sottostruttura e le fondazioni nei confronti dello SLD è da ritenere conseguito se sono soddisfatte le relative verifiche nei confronti dello SLV, di cui al § 7.10.6.2.

La verifica dello SLD della sovrastruttura deve essere effettuata controllando che gli spostamenti d’interpiano ottenuti dall’analisi siano inferiori ai 2/3 dei limiti indicati per lo SLD nel § 7.3.6.1.

I dispositivi del sistema d’isolamento non devono subire danni che possano comprometterne il funzionamento nelle condizioni di servizio. Tale requisito si ritiene normalmente soddisfatto se sono soddisfatte le verifiche dello SLV dei dispositivi. In caso di sistemi a comportamento non lineare, eventuali spostamenti residui al termine dell’azione sismica allo SLD devono essere compatibili con la funzionalità della costruzione.

Le eventuali connessioni, strutturali e non, particolarmente quelle degli impianti, fra la struttura isolata e il terreno o le parti di strutture non isolate, devono assorbire gli spostamenti relativi corrispondenti allo SLD senza subire alcun danno o limitazione d’uso.

7.10.6.2 VERIFICHE DEGLI STATI LIMITE ULTIMI Per le costruzioni particolarmente esposte all’azione del vento e per i ponti in generale sarà condotta la verifica dello SLU dei dispositivi di isolamento e/o dissipazione di energia sottoposti alle combinazioni inerenti le azioni variabili orizzontali.

7.10.6.2.1 Verifiche dello SLV La capacità della sottostruttura e della sovrastruttura deve essere valutata adottando i valori di M utilizzati per le costruzioni non isolate.

Gli elementi della sottostruttura devono essere verificati rispetto alle sollecitazioni ottenute direttamente dall’analisi quando il modello include anche la sottostruttura. In caso contrario, essi devono essere verificati rispetto alle sollecitazioni prodotte dalle forze trasmesse dal sistema d’isolamento combinate con le sollecitazioni prodotte dalle accelerazioni di risposta direttamente applicate alla sottostruttura. Nel caso in cui la sottostruttura possa essere assunta infinitamente rigida (periodo proprio inferiore a 0,05s) le forze d’inerzia direttamente applicate ad essa possono essere assunte pari al prodotto delle masse della sottostruttura per l’accelerazione del terreno agS. La combinazione delle sollecitazioni deve essere eseguita adottando le regole riportate in § 7.3.5, tenendo in conto gli effetti pseudo-statici indotti dagli spostamenti relativi prodotti dalla variabilità spaziale del moto unicamente nei casi previsti ai §§ 3.2.4.1 e 3.2.4.2.

La domanda sugli elementi strutturali della sovrastruttura e della sottostruttura e sul terreno deve essere valutata, nel caso di analisi lineare, considerando un fattore di comportamento q 1,50 nel caso degli edifici e q = 1 nel caso dei ponti ed adottando le regole di combinazione di cui al § 2.5.3.

Nelle condizioni di massima sollecitazione, le parti dei dispositivi non impegnate nella funzione dissipativa devono rimanere in campo elastico, nel rispetto delle norme relative ai materiali di cui sono costituite, e comunque con un coefficiente di sicurezza almeno pari a 1,5.

Nelle costruzioni di classe d’uso IV, le eventuali connessioni, strutturali e non strutturali, particolarmente quelle degli impianti, fra la struttura isolata e il terreno o le parti di strutture non isolate devono assorbire gli spostamenti relativi previsti dal calcolo senza danni.

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Al fine di evitare il martellamento tra diverse parti tra loro contigue si dovranno rispettare i criteri enunciati al § 7.2.1, nella sezione “Distanza tra costruzioni contigue”, e, per i ponti, al § 7.9.5.2.

7.10.6.2.2 Verifiche dello SLC I dispositivi del sistema d’isolamento devono essere in grado di sostenere, senza rotture, gli spostamenti d2 , valutati per una azione sismica riferita allo SLC. Nel caso di sistemi a comportamento non lineare, allo spostamento ottenuto con l’azione sismica detta occorre aggiungere il maggiore tra lo spostamento residuo allo SLD e il 50% dello spostamento corrispondente all’annullamento della forza, seguendo il ramo di scarico a partire dal punto di massimo spostamento raggiunto allo SLD.

In tutte le costruzioni, le connessioni del gas e di altri impianti pericolosi che attraversano i giunti di separazione devono essere progettate per consentire gli spostamenti relativi della sovrastruttura isolata, con lo stesso livello di sicurezza adottato per il progetto del sistema d’isolamento.

Per i ponti e le costruzioni dotate anche di appoggi mobili devono essere rispettati i requisiti enunciati rispettivamente nei §§ 7.9.5.3.2 e 7.2.1.

I dispositivi di fine corsa, se previsti, devono permettere liberamente gli spostamenti massimi dei dispositivi di isolamento e/o dissipazione di energia e devono essere dimensionati secondo i criteri indicati nel § 7.9.5.3.3. Gli spostamenti massimi sono definiti al primo capoverso del presente paragrafo.

77.10.7. ASPETTI COSTRUTTIVI, MANUTENZIONE, SOSTITUIBILITÀ

Il progetto deve contenere la descrizione delle modalità di messa in opera dei dispositivi ed il relativo piano di manutenzione. I documenti di progetto devono indicare i dettagli, le dimensioni e le prescrizioni sulla qualità, come pure eventuali dispositivi di tipo speciale e le tolleranze concernenti la messa in opera. Elementi di elevata importanza, che richiedano particolari controlli durante le fasi di costruzione e messa in opera, devono essere indicati negli elaborati grafici di progetto, insieme alle procedure di controllo da adottare.

Il piano di qualità deve prevedere, inoltre, la descrizione delle modalità di installazione dei dispositivi durante la fase di costruzione dell’opera da isolare, nonché il programma dei controlli periodici, degli interventi di manutenzione e di sostituzione, durante la vita nominale della struttura, la cui durata deve essere specificata nei documenti di progetto.

Ai fini della qualità della posa in opera, gli isolatori devono essere installati da personale specializzato, sulla base di un disegno planimetrico recante le coordinate e la quota di ciascun dispositivo, l’entità e la preregolazione degli eventuali dispositivi mobili a rotolamento, le dimensioni delle eventuali nicchie predisposte nei getti di calcestruzzo per accogliere staffe o perni di ancoraggio, le caratteristiche delle malte di spianamento e di sigillatura.

Ai fini della sostituzione degli isolatori, il progetto delle strutture deve prevedere la possibilità di trasferire temporaneamente i carichi verticali dalla sovrastruttura alla sottostruttura per il tramite di martinetti oleodinamici, adiacenti all’isolatore da sostituire. A tale scopo il progetto delle strutture può prevedere nicchie per l’inserimento dei martinetti tra la sottostruttura e la sovrastruttura oppure altre disposizioni costruttive equivalenti.

Anche i percorsi, che consentono al personale addetto di raggiungere e di ispezionare gli isolatori, devono essere previsti e riportati sul progetto esecutivo delle strutture portanti e su quello delle eventuali murature di tamponamento, in modo da garantire l’accessibilità al dispositivo da tutti i lati.

Le risultanze delle visite periodiche di controllo devono essere annotate su un apposito documento che deve essere conservato con il progetto della struttura isolata durante l’intera vita di utilizzazione della costruzione.

7.10.8. ACCORGIMENTI SPECIFICI IN FASE DI COLLAUDO

Ai fini del collaudo statico, di fondamentale importanza è il controllo della posa in opera dei dispositivi, nel rispetto delle tolleranze e delle modalità di posa prescritte dal progetto, nonché la verifica della completa separazione tra sottostruttura e sovrastruttura e tra quest’ultima ed altre strutture adiacenti, con il rigoroso rispetto delle distanze di separazione previste in progetto.

Il collaudatore può disporre l’esecuzione di speciali prove per la caratterizzazione dinamica del sistema di isolamento atte a verificare, nei riguardi di azioni di tipo sismico, che le caratteristiche della costruzione corrispondano a quelle attese.

7.11. OPERE E SISTEMI GEOTECNICI

Le presenti norme disciplinano la progettazione e la verifica delle opere e dei sistemi geotecnici di cui al § 6.1.1 soggetti ad azioni sismiche, nonché i requisiti che devono essere soddisfatti dai siti di costruzione e dai terreni interagenti con le opere in presenza di tali azioni.

In aggiunta alle prescrizioni contenute nel presente paragrafo, le opere e i sistemi geotecnici devono soddisfare le prescrizioni contenute nel Capitolo 6, relative alle combinazioni di carico non sismico.

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77.11.1. REQUISITI NEI CONFRONTI DEGLI STATI LIMITE

Sotto l’effetto dell’azione sismica di progetto, definita al Capitolo 3, le opere e i sistemi geotecnici devono rispettare gli stati limite ultimi e di esercizio definiti al § 3.2.1, con i requisiti di sicurezza indicati nel § 7.1.

Le verifiche agli stati limite ultimi di opere e sistemi geotecnici si riferiscono al solo stato limite di salvaguardia della vita (SLV) di cui al § 3.2.1; quelle agli stati limite di esercizio si riferiscono al solo stato limite di danno (SLD) di cui allo stesso § 3.2.1.

Le verifiche degli stati limite ultimi in presenza di azioni sismiche devono essere eseguite ponendo pari a 1 i coefficienti parziali sulle azioni e sui parametri geotecnici e impiegando le resistenze di progetto, con i coefficienti parziali R indicati nel presente Capitolo 7 , oppure con i R indicati nel Capitolo 6 laddove non espressamente specificato.

7.11.2. CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA AI FINI SISMICI

Le indagini geotecniche devono essere predisposte dal progettista in presenza di un quadro geologico adeguatamente definito, che comprenda i principali caratteri tettonici e litologici, nonché l’eventuale preesistenza di fenomeni di instabilità del territorio. Le indagini devono comprendere l’accertamento degli elementi che, unitamente agli effetti topografici, influenzano la propagazione delle onde sismiche, quali le condizioni stratigrafiche e la presenza di un substrato rigido o di una formazione ad esso assimilabile. La caratterizzazione fisico-meccanica dei terreni e la scelta dei più appropriati mezzi e procedure d’indagine devono essere effettuate tenendo conto della tipologia del sistema geotecnico e del metodo di analisi adottato nelle verifiche. Nel caso di opere per le quali si preveda l’impiego di metodi d’analisi avanzata, è opportuna anche l’esecuzione di prove cicliche e dinamiche di laboratorio, quando sia tecnicamente possibile il prelievo di campioni indisturbati. In ogni caso, la caratterizzazione geotecnica dei terreni deve consentire almeno la classificazione del sottosuolo secondo i criteri esposti nel § 3.2.2. Nella caratterizzazione geotecnica è necessario valutare la dipendenza della rigidezza e dello smorzamento dal livello deformativo. Nelle analisi di stabilità in condizioni post-sismiche si deve tener conto della riduzione di resistenza al taglio indotta dal decadimento delle caratteristiche di resistenza per degradazione dei terreni e dall’eventuale accumulo di pressioni interstiziali che può verificarsi nei terreni saturi.

Nei terreni saturi si assumono generalmente condizioni di drenaggio impedito. In tal caso, nelle analisi condotte in termini di tensioni efficaci, la resistenza al taglio è esprimibile mediante la relazione

'tanu''c nf

[7.11.1]

Dove ’n è la tensione efficace iniziale normale alla giacitura di rottura, u è l’eventuale sovrappressione interstiziale generata dal sisma e i parametri c’ e ’

tengono conto della degradazione dei terreni per effetto della storia ciclica di sollecitazione.

Nei terreni a grana fina, le analisi possono essere condotte in termini di tensioni totali esprimendo la resistenza al taglio mediante la resistenza non drenata, valutata in condizioni di sollecitazione ciclica

c,uf c

[7.11.2]

dove cu,c include gli effetti di degradazione dei terreni.

7.11.3. RISPOSTA SISMICA E STABILITÀ DEL SITO

7.11.3.1 RISPOSTA SISMICA LOCALE Il moto generato da un terremoto in un sito dipende dalle particolari condizioni locali, cioè dalle caratteristiche topografiche e stratigrafiche del sottosuolo e dalle proprietà fisiche e meccaniche dei terreni e degli ammassi rocciosi di cui è costituito. Alla scala della singola opera o del singolo sistema geotecnico, l’analisi della risposta sismica locale consente quindi di definire le modifiche che il segnale sismico di ingresso subisce, a causa dei suddetti fattori locali. Le analisi di risposta sismica locale richiedono un’adeguata conoscenza delle proprietà geotecniche dei terreni, da determinare mediante specifiche indagini e prove. Nelle analisi di risposta sismica locale, l’azione sismica di ingresso è descritta in termini di storia temporale dell’accelerazione (accelerogrammi) su di un sito di riferimento rigido ed affiorante con superficie topografica orizzontale (sottosuolo tipo A del § 3.2.2). Per la scelta degli accelerogrammi di ingresso, si deve fare riferimento a quanto già specificato al § 3.2.3.6.

7.11.3.2 FATTORI DI AMPLIFICAZIONE STRATIGRAFICA In condizioni stratigrafiche e morfologiche schematizzabili con un modello mono-dimensionale e per profili stratigrafici riconducibili alle categorie di cui alla Tab. 3.2.II, il moto sismico alla superficie di un sito è definibile mediante l’accelerazione massima (amax) attesa in superficie ed una forma spettrale ancorata ad essa. Il valore di amax può essere ricavato dalla relazione amax = SS ag dove ag è l’accelerazione massima su sito di riferimento rigido ed SS è il coefficiente di amplificazione stratigrafica.

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7.11.3.3 FATTORI DI AMPLIFICAZIONE TOPOGRAFICA Per condizioni topografiche riconducibili alle categorie di cui alla Tab. 3.2.III, la valutazione dell’amplificazione topografica può essere effettuata utilizzando il coefficiente di amplificazione topografica ST. Il parametro ST deve essere applicato nel caso di configurazioni geometriche prevalentemente bidimensionali, creste o dorsali allungate, di altezza superiore a 30 m. Gli effetti topografici possono essere trascurati per pendii con inclinazione media inferiore a 15°, altrimenti si applicano i criteri indicati nel § 3.2.2.

7.11.3.4 STABILITÀ NEI CONFRONTI DELLA LIQUEFAZIONE

7.11.3.4.1 Generalità Il sito presso il quale è ubicato il manufatto deve essere stabile nei confronti della liquefazione, intendendo con tale termine quei fenomeni associati alla perdita di resistenza al taglio o ad accumulo di deformazioni plastiche in terreni saturi, prevalentemente sabbiosi, sollecitati da azioni cicliche e dinamiche che agiscono in condizioni non drenate.

Se il terreno risulta suscettibile di liquefazione e gli effetti conseguenti appaiono tali da influire sulle condizioni di stabilità di pendii o manufatti, occorre procedere ad interventi di consolidamento del terreno e/o trasferire il carico a strati di terreno non suscettibili di liquefazione.

In assenza di interventi di miglioramento del terreno, l’impiego di fondazioni profonde richiede comunque la valutazione della riduzione della capacità portante e degli incrementi delle sollecitazioni indotti nei pali.

7.11.3.4.2 Esclusione della verifica a liquefazione La verifica a liquefazione può essere omessa quando si manifesti almeno una delle seguenti circostanze:

1. accelerazioni massime attese al piano campagna in assenza di manufatti (condizioni di campo libero) minori di 0,1g;

2. profondità media stagionale della falda superiore a 15 m dal piano campagna, per piano campagna sub-orizzontale e strutture con fondazioni superficiali;

3. depositi costituiti da sabbie pulite con resistenza penetrometrica normalizzata (N1)60 > 30 oppure qc1N > 180 dove (N1)60 è il valore della resistenza determinata in prove penetrometriche dinamiche (Standard Penetration Test) normalizzata ad una tensione efficace verticale di 100 kPa e qc1N è il valore della resistenza determinata in prove penetrometriche statiche (Cone Penetration Test) normalizzata ad una tensione efficace verticale di 100 kPa;

4. distribuzione granulometrica esterna alle zone indicate nella Fig. 7.11.1(a) nel caso di terreni con coefficiente di uniformità Uc < 3,5 e in Fig. 7.11.1(b) nel caso di terreni con coefficiente di uniformità Uc > 3,5.

a)

b)

Fig. 7.11.1 – Fusi granulometrici di terreni suscettibili di liquefazione

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Quando la condizione 1 non risulti soddisfatta, le indagini geotecniche devono essere finalizzate almeno alla determinazione dei parametri necessari per la verifica delle condizioni 2, 3 e 4.

7.11.3.4.3 Metodi di analisi Quando nessuna delle condizioni del § 7.11.3.4.2 risulti soddisfatta e il terreno di fondazione comprenda strati estesi o lenti spesse di sabbie sciolte sotto falda, occorre valutare il coefficiente di sicurezza alla liquefazione alle profondità in cui sono presenti i terreni potenzialmente liquefacibili.

Salvo utilizzare procedure di analisi avanzate, la verifica può essere effettuata con metodologie di tipo storico-empirico in cui il coefficiente di sicurezza viene definito dal rapporto tra la resistenza disponibile alla liquefazione e la sollecitazione indotta dal terremoto di progetto. La resistenza alla liquefazione può essere valutata sulla base dei risultati di prove in sito o di prove cicliche di laboratorio. La sollecitazione indotta dall’azione sismica è stimata attraverso la conoscenza dell’accelerazione massima attesa alla profondità di interesse.

L’adeguatezza del margine di sicurezza nei confronti della liquefazione deve essere valutata e motivata dal progettista.

7.11.3.5 STABILITÀ DEI PENDII La realizzazione di strutture o infrastrutture su versanti o in prossimità del piede o della sommità di pendii naturali richiede la preventiva verifica delle condizioni di stabilità, affinché prima, durante e dopo il sisma, la resistenza del sistema sia superiore alle azioni (condizione [6.2.1] di cui al § 6.2.4.1) oppure gli spostamenti permanenti indotti dal sisma siano di entità tale da non pregiudicare le condizioni di sicurezza o di funzionalità delle strutture o infrastrutture medesime.

7.11.3.5.1 Azione sismica L’azione sismica di progetto da assumere nelle analisi di stabilità deve essere determinata in accordo con i criteri esposti nel § 3.2.3.

Nel caso di pendii con inclinazione maggiore di 15° e altezza maggiore di 30 m, l’azione sismica di progetto deve essere opportunamente incrementata o attraverso un coefficiente di amplificazione topografica (vedi §§ 3.2.2 e 3.2.3) o in base ai risultati di una specifica analisi bidimensionale della risposta sismica locale, con la quale si valutano anche gli effetti di amplificazione stratigrafica.

In generale l’amplificazione tende a decrescere sotto la superficie del pendio. Pertanto, gli effetti topografici tendono a essere massimi lungo le creste di dorsali e rilievi, ma si riducono sensibilmente in frane con superfici di scorrimento profonde. In tali situazioni, nelle analisi pseudostatiche gli effetti di amplificazione topografica possono essere trascurati (ST =1).

7.11.3.5.2 Metodi di analisi L’analisi delle condizioni di stabilità dei pendii in condizioni sismiche può essere eseguita mediante metodi pseudostatici, metodi degli spostamenti e metodi di analisi dinamica.

Nelle analisi, si deve tenere conto dei comportamenti di tipo fragile, che si manifestano nei terreni a grana fina sovraconsolidati e nei terreni a grana grossa addensati con una riduzione della resistenza al taglio al crescere delle deformazioni. Inoltre, si deve tener conto dei possibili incrementi di pressione interstiziale indotti in condizioni sismiche nei terreni saturi. Nei metodi pseudostatici l’azione sismica è rappresentata da un’azione statica equivalente, costante nello spazio e nel tempo, proporzionale al peso W del volume di terreno potenzialmente instabile. Tale forza dipende dalle caratteristiche del moto sismico atteso nel volume di terreno potenzialmente instabile e dalla capacità di tale volume di subire spostamenti senza significative riduzioni di resistenza. Nelle verifiche allo stato limite ultimo, in mancanza di studi specifici, le componenti orizzontale e verticale di tale forza possono esprimersi come Fh = kh W ed Fv = kv W, con kh e kv rispettivamente pari ai coefficienti sismici orizzontale e verticale:

gak max

Sh

[7.11.3]

kv = ± 0,5 kh

[7.11.4]

dove

s = coefficiente di riduzione dell’accelerazione massima attesa al sito;

amax = accelerazione orizzontale massima attesa al sito;

g = accelerazione di gravità.

In assenza di analisi specifiche della risposta sismica locale, l’accelerazione massima attesa al sito può essere valutata con la relazione

amax = S ag = ( SS ST ) ag

[7.11.5]

dove

S = coefficiente che comprende l’effetto dell’amplificazione stratigrafica (SS) e dell’amplificazione topografica (SS), di cui al § 3.2.3.2;

ag = accelerazione orizzontale massima attesa su sito di riferimento rigido.

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I valori di s sono riportati nella Tab. 7.11.I al variare della categoria di sottosuolo e dell’accelerazione orizzontale massima attesa su sito di riferimento rigido.

La condizione di stato limite deve essere valutata con riferimento ai valori caratteristici dei parametri geotecnici e riferita alla superficie di scorrimento critica, caratterizzata dal minore margine di sicurezza. L’adeguatezza del margine di sicurezza nei confronti della stabilità del pendio deve essere valutata e motivata dal progettista.

In terreni saturi e in siti con accelerazione orizzontale massima attesa amax > 0,15.g, nell’analisi statica delle condizioni successive al sisma si deve tenere conto della possibile riduzione della resistenza al taglio per incremento delle pressioni interstiziali o per decadimento delle caratteristiche di resistenza indotti dalle azioni sismiche.

Nell’analisi di stabilità di frane quiescenti, che possono essere riattivate dall’azione del sisma, si deve fare riferimento ai valori dei parametri di resistenza attinti a grandi deformazioni. L’eventuale incremento di pressione interstiziale indotto dal sisma, da considerare in dipendenza della natura dei terreni, deve considerarsi uniformemente distribuito lungo la superficie di scorrimento critica. Tab. 7.11.I – Coefficienti di riduzione dell’accelerazione massima attesa al sito

Categoria di sottosuoloA B, C, D, Es s

0,2 < ag (g) 0,4 0,30 0,28

0,1 < ag (g) 0,2 0,27 0,24

ag (g) 0,1 0,20 0,20

Le analisi del comportamento dei pendii in condizioni sismiche possono essere svolte anche mediante il metodo degli spostamenti, in cui la massa di terreno potenzialmente in frana viene assimilata ad un corpo rigido che può muoversi rispetto al terreno stabile lungo una superficie di scorrimento. Il metodo permette la valutazione dello spostamento permanente indotto dal sisma nella massa di terreno potenzialmente instabile.

L’applicazione del metodo richiede la valutazione dell’accelerazione critica, che deve essere valutata con i valori caratteristici dei parametri di resistenza, e dell’azione sismica di progetto, che deve essere rappresentata mediante storie temporali delle accelerazioni. Gli accelerogrammi impiegati nelle analisi, in numero non inferiore a 7, devono essere rappresentativi della sismicità del sito e la loro scelta deve essere adeguatamente giustificata (vedi § 3.2.3.6). Non è ammesso l’impiego di accelerogrammi artificiali.

Nel metodo degli spostamenti, la valutazione delle condizioni di stabilità del pendio è effettuata mediante il confronto tra lo spostamento calcolato per il cinematismo di collasso critico e i valori limite o di soglia dello spostamento. Le condizioni del pendio e dei manufatti eventualmente interagenti con esso possono essere riferite al raggiungimento di uno stato limite ultimo (SLV) o di esercizio (SLD) in dipendenza del valore di soglia dello spostamento. I criteri di scelta dei valori limite di spostamento devono essere illustrati e giustificati dal progettista.

Lo studio del comportamento in condizioni sismiche dei pendii può essere effettuato anche impiegando metodi avanzati di analisi dinamica, purché si tenga conto della natura polifase dei terreni e si descriva realisticamente il loro comportamento meccanico in condizioni cicliche. Per questi motivi, il ricorso alle analisi avanzate comporta indagini geotecniche adeguatamente approfondite. Per queste analisi, l’azione sismica di progetto deve essere rappresentata mediante accelerogrammi scelti utilizzando gli stessi criteri già indicati per il metodo degli spostamenti.

77.11.4. FRONTI DI SCAVO E RILEVATI

Il comportamento in condizioni sismiche dei fronti di scavo e dei rilevati può essere analizzato con gli stessi metodi impiegati per i pendii naturali; specificamente mediante metodi pseudostatici, metodi degli spostamenti e metodi avanzati di analisi dinamica.

Nei metodi pseudostatici l’azione sismica è rappresentata da un’azione statica equivalente, costante nello spazio e nel tempo, proporzionale al peso W del volume di terreno potenzialmente instabile. Le componenti orizzontale e verticale di tale forza devono essere ricavate in funzione delle proprietà del moto atteso nel volume di terreno potenzialmente instabile e della capacità di tale volume di subire spostamenti senza significative riduzioni di resistenza. In mancanza di studi specifici, le componenti orizzontale e verticale della forza statica equivalente possono esprimersi come Fh = kh W ed Fv = kv W, con kh e kv rispettivamente pari ai coefficienti sismici orizzontale e verticale definiti nel § 7.11.3.5.2 e adottando i seguenti valori del coefficiente di riduzione dell’accelerazione massima attesa al sito:

s = 0.38 nelle verifiche dello stato limite ultimo (SLV)

s = 0.47 nelle verifiche dello stato limite di esercizio (SLD).

Nelle verifiche di sicurezza si deve controllare che la resistenza del sistema sia maggiore delle azioni (condizione [6.2.1]) impiegando lo stesso approccio di cui al § 6.8.2 per le opere di materiali sciolti e fronti di scavo, ponendo pari all’unità i coefficienti parziali sulle azioni e sui parametri geotecnici (§ 7.11.1) e impiegando le resistenze di progetto calcolate con un coefficiente parziale pari a R = 1.2. Si deve inoltre tener conto della presenza di manufatti interagenti con l’opera.

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In alternativa, le verifiche degli stati limite ultimi (SLV) o di esercizio (SLD) possono essere eseguite con il metodo degli spostamenti, controllando che gli spostamenti permanenti indotti dal sisma siano di entità tale da non pregiudicare le condizioni di sicurezza o di funzionalità dei fronti di scavo o dei rilevati e dei manufatti eventualmente interagenti con essi. Nel metodo degli spostamenti, l’accelerazione critica deve essere valutata utilizzando i valori caratteristici dei parametri di resistenza. Le condizioni dell’opera possono essere riferite al raggiungimento di uno stato limite ultimo o di esercizio in dipendenza del valore di soglia dello spostamento. La valutazione delle condizioni di sicurezza è effettuata mediante il confronto tra lo spostamento calcolato e il corrispondente valore limite o di soglia. I criteri di scelta dei valori limite di spostamento devono essere illustrati e giustificati dal progettista.

77.11.5. FONDAZIONI

7.11.5.1 REGOLE GENERALI DI PROGETTAZIONE La progettazione delle fondazioni è condotta unitamente alla progettazione dell’opera alla quale appartengono e richiede preliminarmente:

1. la valutazione della risposta sismica locale del sito, secondo quanto indicato al § 7.11.3.1;

2. la valutazione della sicurezza del sito nei confronti della liquefazione e della stabilità globale, secondo quanto indicato rispettivamente ai §§ 7.11.3.4. e 7.11.3.5;

le analisi al punto (1) devono consentire di motivare la scelta dell’azione sismica adottata nella progettazione dell’intera opera; le analisi al punto (2) devono indicare esplicitamente gli interventi eventualmente necessari a garantire la stabilità globale del sito.

Per le azioni trasmesse in fondazione, nonché per i requisiti e i criteri di modellazione della stessa, si rinvia ai precedenti §§ 7.2.5 e 7.2.6.

7.11.5.2 INDAGINI E MODELLO GEOTECNICO Il modello geotecnico del sottosuolo da utilizzare nelle verifiche deve essere definito mediante l’interpretazione dei risultati di indagini e prove definite dal progettista ed eseguite con specifico riferimento alle scelte tipologiche del sistema di fondazione adottato per l’opera in progetto, tenendo conto di quanto riportato al precedente § 7.11.2 e al Capitolo 3 della presente norma.

7.11.5.3 VERIFICHE ALLO STATO LIMITE ULTIMO (SLV) E ALLO STATO LIMITE DI ESERCIZIO (SLD) Gli stati limite ultimi delle fondazioni superficiali e su pali si riferiscono allo sviluppo di meccanismi di collasso determinati dalla mobilitazione della resistenza del terreno e al raggiungimento di quella degli elementi strutturali che compongono la fondazione stessa. Devono essere considerati almeno gli stessi stati limite ultimi di cui ai § 6.4.2.1 e 6.4.3.1. Nelle verifiche si deve tener conto delle pressioni interstiziali preesistenti e di quelle eventualmente indotte dal moto sismico. Le verifiche allo stato limite ultimo di fondazioni superficiali e su pali sono condotte con le metodologie indicate nel Capitolo 6 e con le prescrizioni riportate al § 7.11.1.

7.11.5.3.1 Fondazioni superficiali La capacità del complesso fondazione-terreno deve essere verificata con riferimento allo stato limite ultimo (SLV) nei confronti del raggiungimento della resistenza per carico limite e per scorrimento, nel rispetto della condizione [6.2.1] e adottando i coefficienti parziali della Tabella 7.11.II. In tutte le verifiche, la procedura adottata per il calcolo della resistenza deve essere congruente con quella adottata per il calcolo delle azioni. Più precisamente, la resistenza può essere valutata con approcci di tipo pseudo-statico se la determinazione delle azioni discende da un’analisi pseudo-statica o di dinamica modale.

Stato Limite Ultimo (SLV) per carico limite Le azioni derivano dall’analisi della struttura in elevazione come specificato al § 7.2.5. Le resistenze sono i corrispondenti valori limite che producono il collasso del complesso fondazione-terreno; esse sono valutabili mediante l’estensione di procedure classiche al caso di azione sismica, tenendo conto dell’effetto dell’inclinazione e dell’eccentricità delle azioni in fondazione. Il corrispondente valore di progetto si ottiene applicando il coefficiente R di Tabella 7.11.II. Se, nel calcolo del carico limite, si considera esplicitamente l'effetto delle azioni inerziali sul volume di terreno significativo, il coefficiente R può essere ridotto a 1.8.

Stato Limite Ultimo (SLV) per scorrimento sul piano di posa Per azione si intende il valore della forza agente parallelamente al piano di scorrimento, per resistenza si intende la risultante delle tensioni tangenziali limite sullo stesso piano, sommata, in casi particolari, alla risultante delle tensioni limite agenti sulle superfici laterali della fondazione. Specificamente, si può tener conto della resistenza lungo le superfici laterali nel caso di contatto diretto fondazione-terreno in scavi a sezione obbligata o di contatto diretto fondazione-calcestruzzo o fondazione-acciaio in scavi sostenuti da paratie o palancole. In tali casi, il progettista deve indicare l’aliquota della resistenza lungo le superfici laterali che intende portare in conto, da giustificare con considerazioni relative alle caratteristiche meccaniche dei terreni e ai criteri costruttivi dell’opera. Ai fini della verifica allo scorrimento, si può considerare la resistenza passiva solo nel caso di effettiva permanenza di tale contributo, portando in conto un’aliquota non superiore al 50%.

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Tab. 7.11.II - Coefficienti parziali R per le verifiche degli stati limite (SLV) delle fondazioni superficiali con azioni sismiche

Verifica Coefficiente parziale R

Carico limite 2.3 Scorrimento 1.1 Resistenza sulle superfici laterali 1.3

Stato Limite di Esercizio (SLD) A meno dell’impiego di specifiche analisi dinamiche, in grado di fornire la risposta deformativa del sistema fondazione-terreno, la verifica nei confronti dello stato limite di danno può essere ritenuta soddisfatta impiegando le azioni corrispondenti allo SLD e determinando il carico limite di progetto con il coefficiente R riportato nella Tabella 7.11.II.

7.11.5.3.2 Fondazioni su pali

Stati limite ultimi (SLV) Le fondazioni su pali devono essere verificate per gli stati limite ultimi (SLV) sotto l’azione del moto sismico di riferimento.

Nelle verifiche, si devono prendere in considerazione tutti gli stati limite rilevanti e almeno i seguenti: raggiungimento della resistenza a carico limite verticale del complesso pali-terreno; raggiungimento della resistenza a carico limite orizzontale del complesso pali-terreno; liquefazione del terreno di fondazione; spostamenti o rotazioni eccessive che possano indurre il raggiungimento di uno stato limite ultimo nella struttura in elevazione;

rottura di uno degli elementi strutturali della palificata (pali o struttura di collegamento).

Le verifiche a carico limite consistono nel confronto tra le azioni (forza assiale e forza trasversale sul palo) e le corrispondenti resistenze, nel rispetto della condizione [6.2.1] e con le prescrizioni di cui al § 7.11.1.

In presenza di moto sismico, nei pali si sviluppano sollecitazioni dovute sia alle forze inerziali trasmesse dalla sovrastruttura (interazione inerziale) sia all’interazione tra palo e terreno dovuta allo scuotimento (interazione cinematica). Nei casi in cui gli effetti di interazione cinematica siano considerati importanti, devono essere motivate le assunzioni di calcolo adottate e i criteri di sovrapposizione o meno di tali effetti con quelli inerziali. E’ opportuno che la valutazione degli effetti dovuti all'interazione cinematica sia effettuata per le costruzioni di Classe d'uso III e IV, per sottosuoli tipo D o peggiori, per valori di ag > 0,25g e in presenza di elevati contrasti di rigidezza al contatto tra strati contigui di terreno. La valutazione delle resistenze del complesso pali-terreno soggetto all’azione assiale e trasversale deve essere effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui ai §§ 7.11.2 e 7.11.5.2, ponendo particolare attenzione alla caratterizzazione geotecnica per tener conto di eventuali riduzioni di resistenza dei terreni per effetto dell’azione sismica. Nelle verifiche condotte in termini di tensioni efficaci in terreni saturi si deve tenere conto degli eventuali incrementi di pressione interstiziale indotti dal moto sismico e, in particolare, si deve trascurare il contributo alla resistenza di eventuali strati di terreno suscettibili di liquefazione. Per le fondazioni miste, di cui al § 6.4.3, l’interazione fra il terreno, i pali e la struttura di collegamento deve essere studiata con appropriate modellazioni, allo scopo di pervenire alla determinazione dell’aliquota dell’azione di progetto trasferita al terreno direttamente dalla struttura di collegamento e dell’aliquota trasmessa ai pali. Nei casi in cui l’interazione sia considerata non significativa o, comunque, si ometta la relativa analisi, le verifiche SLV e SLD devono essere condotte con riferimento al solo gruppo di pali. Nei casi in cui si consideri significativa tale interazione e si svolga la relativa analisi, le verifiche SLV e SLD devono soddisfare quanto riportato ai §§ 6.4.3.3 e 6.4.3.4, ove le azioni e le resistenze di progetto ivi menzionate sono da intendersi determinate secondo quanto specificato nel presente Capitolo 7.

Stato Limite di Esercizio (SLD) A meno dell’impiego di specifiche analisi dinamiche, in grado di fornire la risposta deformativa del sistema fondazione-terreno, la verifica nei confronti dello stato limite di danno può essere ritenuta soddisfatta impiegando le azioni corrispondenti allo SLD e determinando il carico limite di progetto con il coefficiente R riportato nella Tabella 6.4.II.

7.11.6. OPERE DI SOSTEGNO

7.11.6.1 REQUISITI GENERALI La sicurezza delle opere di sostegno deve essere garantita prima, durante e dopo il terremoto di progetto.

Sono ammissibili spostamenti permanenti indotti dal sisma che non alterino significativamente la resistenza dell’opera e che siano compatibili con la sua funzione e con quella di eventuali strutture o infrastrutture interagenti con essa.

Le indagini geotecniche devono avere estensione tale da consentire la caratterizzazione dei terreni che interagiscono direttamente con l’opera e di quelli che determinano la risposta sismica locale.

L’analisi sismica delle opere di sostegno deve considerare quei fattori che ne influenzino significativamente il comportamento.

È comunque necessario tenere conto dei seguenti aspetti:

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effetti inerziali nel terreno, nelle strutture di sostegno e negli eventuali carichi aggiuntivi presenti;

comportamento anelastico e non lineare del terreno;

effetto della distribuzione delle pressioni interstiziali, se presenti, sulle azioni scambiate fra il terreno e l’opera di sostegno;

condizioni di drenaggio; in uenza degli spostamenti dell’opera sulla mobilitazione delle condizioni di equilibrio limite.

Per opere particolari con terrapieno in falda, quali le opere marittime, occorre tener conto degli effetti, diversi in ragione della permeabilità, indotti dall’azione sismica sullo scheletro solido e sull’acqua interstiziale.

In presenza di acqua libera contro la parete esterna dell’opera, si deve tenere conto dell’effetto idrodinamico indotto dal sisma, valutando le escursioni (positiva e negativa) della pressione dell’acqua rispetto a quella idrostatica.

È ammesso l’uso dei metodi pseudo-statici, come specificato nei successivi §§ 7.11.6.2.1 e 7.11.6.3.1.

Gli stati limite ultimi delle opere di sostegno si riferiscono allo sviluppo di meccanismi plastici determinati dalla mobilitazione della resistenza del terreno e al raggiungimento della resistenza degli elementi strutturali che compongono le opere stesse. Devono essere considerati almeno gli stessi stati limite ultimi di cui ai §§ 6.5.3.1.1, 6.5.3.1.2 e 6.6.2.

È necessario verificare che, per effetto del terremoto di progetto, il sito non sia suscettibile di liquefazione. In caso contrario, occorre predisporre le misure necessarie affinché non si verifichi tale fenomeno.

7.11.6.2 MURI DI SOSTEGNO I sistemi di drenaggio a tergo della struttura devono essere in grado di tollerare gli spostamenti transitori e permanenti indotti dal sisma, senza che sia pregiudicata la loro funzionalità.

7.11.6.2.1 Metodi di analisi A meno di specifiche analisi dinamiche, l’analisi della sicurezza dei muri di sostegno in condizioni sismiche può essere eseguita mediante i metodi pseudo-statici e i metodi degli spostamenti.

Se la struttura può spostarsi, l’analisi pseudo-statica si esegue mediante i metodi dell’equilibrio limite. Il modello di calcolo deve comprendere l’opera di sostegno, il volume di terreno a tergo dell’opera, che si suppone in stato di equilibrio limite attivo, e gli eventuali sovraccarichi agenti sul volume suddetto.

Nell’analisi pseudo-statica, l’azione sismica è rappresentata da una forza statica equivalente pari al prodotto delle forze di gravità per un opportuno coefficiente sismico.

Nelle verifiche, i valori dei coefficienti sismici orizzontale kh e verticale kv possono essere valutati mediante le espressioni

g

ak max

mh

[7.11.6]

kv = ± 0,5 kh

[7.11.7]

dove m = coefficiente di riduzione dell’accelerazione massima attesa al sito;

amax = accelerazione orizzontale massima attesa al sito;

g = accelerazione di gravità.

In assenza di analisi specifiche della risposta sismica locale, l’accelerazione massima può essere valutata con la relazione

amax = S ag = ( SS ST ) ag

[7.11.8]

dove

S = coefficiente che comprende l’effetto dell’amplificazione stratigrafica (SS) e dell’amplificazione topografica (SS), di cui al § 3.2.3.2;

ag = accelerazione orizzontale massima attesa su sito di riferimento rigido.

Nella precedente espressione, il coefficiente di riduzione dell’accelerazione massima attesa al sito è pari a:

m = 0.38 nelle verifiche allo stato limite ultimo (SLV)

m = 0.47 nelle verifiche allo stato limite di esercizio (SLD).

Per muri non liberi di subire spostamenti relativi rispetto al terreno, il coefficiente m assume valore unitario. I valori del coefficiente m possono essere incrementati in ragione di particolari caratteristiche prestazionali del muro, prendendo a riferimento il diagramma di Figura 7.11.3 di cui al successivo § 7.11.6.3.2.

Nel caso di muri di sostegno liberi di traslare o di ruotare intorno al piede, si può assumere che l’incremento di spinta dovuta al sisma agisca nello stesso punto di quella statica. Negli altri casi, in assenza di specifici studi, si deve assumere che tale incremento sia applicato a metà altezza del muro.

Lo stato limite di ribaltamento deve essere trattato impiegando coefficienti parziali unitari sulle azioni e sui parametri geotecnici (§ 7.11.1) e utilizzando valori di m incrementati del 50% rispetto a quelli innanzi indicati e comunque non superiori all’unità.

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7.11.6.2.2 Verifiche di sicurezza Per muri di sostegno ubicati in corrispondenza di versanti o in prossimità di pendii naturali devono essere soddisfatte le condizioni di stabilità del pendio, in presenza della nuova opera, con i metodi di analisi di cui al § 7.11.3.5. Deve inoltre essere soddisfatta la verifica di stabilità del complesso muro-terreno con i criteri indicati al § 7.11.4 nonché le verifiche di sicurezza delle fondazioni riportate al § 7.11.5.

Nelle verifiche di sicurezza si deve controllare che la resistenza del sistema sia maggiore delle azioni nel rispetto della condizione [6.2.1], ponendo pari all’unità i coefficienti parziali sulle azioni e sui parametri geotecnici (§ 7.11.1) e impiegando le resistenze di progetto con i coefficienti parziali R indicati nella tabella 7.11.III.

Tab. 7.11.III - Coefficienti parziali R per le verifiche degli stati limite (SLV) dei muri di sostegno.

Verifica Coefficiente parziale R Carico limite 1.2 Scorrimento 1.0 Ribaltamento 1.0 Resistenza del terreno a valle 1.2

Le azioni da considerare nelle analisi di sicurezza delle fondazioni sono fornite dalla spinta esercitata dal terrapieno, dalle azioni gravitazionali permanenti e dalle azioni inerziali agenti nel muro, nel terreno e negli eventuali sovraccarichi.

La verifica nei confronti dello stato limite di scorrimento può essere eseguita anche con il metodo degli spostamenti (§ 7.11.3.5.2). L’accelerazione critica deve essere valutata utilizzando i valori caratteristici dei parametri di resistenza. Le condizioni dell’opera possono essere riferite al raggiungimento di uno stato limite ultimo (SLV) o di esercizio (SLD) in dipendenza del valore di soglia dello spostamento. La valutazione delle condizioni di sicurezza è effettuata mediante il confronto tra lo spostamento calcolato e il corrispondente valore di soglia. I criteri di scelta dei valori limite di spostamento devono essere illustrati e giustificati dal progettista.

In aggiunta alle verifiche di sicurezza nei confronti degli stati limite ultimi SLV, devono essere condotte verifiche nei confronti degli stati limite di esercizio SLD. In particolare, gli spostamenti permanenti indotti dal sisma devono essere compatibili con la funzionalità dell’opera e con quella di eventuali strutture o infrastrutture interagenti con essa.

7.11.6.3 PARATIE L’analisi delle paratie in condizioni sismiche può essere eseguita con specifici metodi di analisi dinamica o mediante metodi pseudo-statici.

7.11.6.3.1 Metodi pseudo-statici Nei metodi pseudo-statici l’azione sismica è definita mediante un’accelerazione equivalente, costante nello spazio e nel tempo.

Le componenti orizzontale e verticale ah e av dell’accelerazione equivalente devono essere ricavate in funzione delle proprietà del moto sismico atteso nel volume di terreno significativo per l’opera e della capacità dell’opera di subire spostamenti senza significative riduzioni di resistenza.

In mancanza di studi specifici, ah può essere legata all’accelerazione di picco amax attesa nel volume di terreno significativo per l’opera mediante la relazione:

ah = kh g = amax [7.11.9]

dove g è l’accelerazione di gravità, kh è il coefficiente sismico in direzione orizzontale, 1 è un coefficiente che tiene conto della deformabilità dei terreni interagenti con l’opera e 1 è un coefficiente funzione della capacità dell’opera di subire spostamenti senza cadute di resistenza.

Per le paratie si può porre av = 0.

L’accelerazione di picco amax è valutata mediante un’analisi di risposta sismica locale, oppure come

amax = S ag = ( SS ST ) ag

[7.11.10]

dove S è il coefficiente che comprende l’effetto dell’amplificazione stratigrafica (SS) e dell’amplificazione topografica (SS), di cui al § 3.2.3.2, ed ag è l’accelerazione orizzontale massima attesa su sito di riferimento rigido. Il valore del coefficiente può essere ricavato a partire dall’altezza complessiva H della paratia e dalla categoria di sottosuolo mediante il diagramma di Fig. 7.11.2.

Per il sottosuolo di categoria E si utilizzano le curve dei sottosuoli C o D in dipendenza dei valori assunti dalla velocità equivalente Vs.

Per la valutazione della spinta nelle condizioni di equilibrio limite passivo deve porsi = 1.

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Il valore del coefficiente può essere ricavato dal diagramma di Fig. 7.11.3, in funzione del massimo spostamento permanente us che l’opera può tollerare, verificando l’effettivo sviluppo di meccanismi duttili nel sistema. In assenza di tale verifica, il coefficiente vale 1.

Per us = 0 è = 1. Deve comunque risultare:

us 0,005 H [7.11.11]

Se 0,2 deve assumersi kh = 0,2 amax /g.

Possono inoltre essere trascurati gli effetti inerziali sulle masse che costituiscono la paratia.

Per valori dell’angolo di resistenza al taglio tra terreno e parete > /2, ai fini della valutazione della resistenza passiva è necessario tener conto della non planarità delle superfici di scorrimento.

7.11.6.3.2 Verifiche di sicurezza Per paratie realizzate in corrispondenza di versanti o in prossimità di pendii naturali devono essere soddisfatte le condizioni di stabilità del pendio, in presenza della nuova opera, con i metodi di analisi di cui al § 7.11.3.5. Deve inoltre essere soddisfatta la verifica di stabilità del complesso paratia-terreno con i criteri indicati al § 7.11.4. Per le paratie devono essere soddisfatte le condizioni di sicurezza nei confronti dei possibili stati limite ultimi (SLV) verificando il rispetto della condizione [6.2.1] con i coefficienti di sicurezza parziali prescritti al § 7.11.1.

Nelle verifiche, per azioni s’intendono le risultanti delle spinte a tergo della paratia e per resistenze s’intendono le risultanti delle spinte a valle della paratia e le reazioni dei sistemi di vincolo.

0 10 20 30 40 50 60 70 80H (m)

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1.2

sottosuolo di tipo A

BCD

Fig. 7.11.2 – Diagramma per la valutazione del coefficiente di deformabilità

0.01 0.10.03 0.30.003us (m)

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

Fig. 7.11.3 – Diagramma per la valutazione del coefficiente di spostamento .

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7.11.6.4 SISTEMI DI VINCOLO Gli elementi di contrasto sollecitati a compressione (puntoni) devono essere dimensionati in maniera che l’instabilità geometrica si produca per forze assiali maggiori di quelle che provocano il raggiungimento della resistenza a compressione del materiale di cui sono composti. In caso contrario si deve porre = 1.

Nel caso di strutture ancorate, ai fini del posizionamento della fondazione dell’ancoraggio si deve tenere presente che, per effetto del sisma, la potenziale superficie di scorrimento dei cunei di spinta presenta un’inclinazione sull’orizzontale minore di quella relativa al caso statico. Detta Ls la lunghezza libera dell’ancoraggio in condizioni statiche, la corrispondente lunghezza libera in condizioni sismiche Le può essere ottenuta mediante la relazione:

ga1,51LL max

Se [7.11.12]

dove amax è l’accelerazione orizzontale massima attesa al sito.

Gli elementi di ancoraggio devono avere resistenza e lunghezza tali da assicurare l’equilibrio dell’opera prima, durante e dopo l’evento sismico.

Si deve inoltre accertare che il terreno sia in grado di fornire la resistenza necessaria per il funzionamento dell’ancoraggio durante il terremoto di riferimento e che sia mantenuto un margine di sicurezza adeguato nei confronti della liquefazione.

7.11.6.4.1 Verifiche di sicurezza Nei tiranti il cui tratto libero è realizzato con trefoli o barre di acciaio armonico, nel rispetto del criterio della progettazione in capacità, si deve verificare che la resistenza di progetto allo snervamento sia sempre maggiore del valore massimo della resistenza di progetto della fondazione dell’ancoraggio.