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SECONDA RACCOLTA DI CONTRIBUTI TECNICI, NORMATIVI E DI ATTUALITÀ SULLA SALUTE E SICUREZZA DEL LAVORO

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SECONDA RACCOLTADI CONTRIBUTI TECNICI,

NORMATIVI E DI ATTUALITÀ

SULLA SALUTE E SICUREZZA DEL LAVORO

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ISTITUTO SUPERIORE PER LA PREVENZIONE E LA SICUREZZA DEL LAVORO

00184 Roma - via Urbana, 167 Tel. 06/47141 - Fax 06/4820323 - www.ispesl.it

Commissario StraordinarioAntonio Moccaldi

Sub Commissario StraordinarioUmberto Sacerdote

Dipartimento Processi OrganizzativiVia Alessandria 220/E Roma 00198

DirettoreGerardo Capozza

Redazione “Prevenzione Oggi”

Direttore ResponsabileGerardo Capozza

Coordinamento editorialeMaria Castriotta

Segreteria e revisione editorialeFrancesca Romana Romani

Website: http://prevenzioneoggi.ispesl.it

Supplemento di Prevenzione Oggi numero 3 anno 2008

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IL FONDO PER LE VITTIME DELL’AMIANTO: RISULTATI DELLA RICERCAEPIDEMIOLOGICA PER UNA GESTIONE CORRETTA

Alessandro Marinaccio , Enzo Merler

IL POLO INDUSTRIALE DI PORTOSCUSO: INQUINAMENTO DELLE ACQUEE DEI SUOLI DA METALLI PESANTI

Paolo Falcone, Enrico Raffaele Carradori

MOVIMENTAZIONE MANUALE CENTRATA SULLA PERSONA

Massimo Ragonesi, Alessandro Perrone, Sergio Perticaroli, Adriano Papale, Giuseppe Campo, FrancescaCerullo, Fulvio Forino, Gabriella Magliocca, Luciano Cervini, Roberto Corsi, Claudia Sardelli

RISULTATI DELL'INDAGINE SISTEMATICA EFFETTUATA SUI PRESIDI SANITARIDI RISONANZA MAGNETICA INSTALLATI NEL TERRITORIO DELLA ASL ROMAC NEL BIENNIO 2005-2007

Francesco Campanella, Tiziana De Cristofano, Manuela Guardati, Alessandro Ledda, Massimo Mattozzi,Antonio Sabatino Panebianco

STRUTTURE DI SOSTEGNO IN ACCIAIO PER APPARECCHI A PRESSIONE:SOVRACCARICO SULLE MENSOLE DI APPOGGIO A CAUSA DELLO SCARICODI UN’ESPLOSIONE

Daniele Cionchi

LAVORATORI STRANIERI E INIZIATIVE DI INCLUSIONE SOCIALE NELLAREGIONE VENETO

Emilio Cipriani, Fiorisa Lentisco

I MEDICI E I LAVORATORI FUMATORI

Tiziana Paola Baccolo, Maria Rosaria Marchetti

ESSERE AL SERVIZIO DEGLI ALTRI, IMPLICA PRENDERSI CURA DI NOI STESSI

Vittorio Tripeni

BENESSERE PSICO-FISICO DEI LAVORATORI E DEGLI OPERATORI ADDETTI

ALL'AIUTO DELLA PERSONA

Fiorisa Lentisco

LE NANOTECNOLOGIE E LA PERCEZIONE DEI RISCHI EMERGENTI

Ronchetti Matteo, Boccuni Fabio, Iavicoli Sergio

INDICE

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IL FONDO PER LE VITTIME DELL’AMIANTO:RISULTATI DELLA RICERCA EPIDEMIOLOGICA

PER UNA GESTIONE CORRETTA

Alessandro Marinaccio *, Enzo Merler **

* Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), Dipartimento Medicina del Lavoro Registro nazionale dei

mesoteliomi, Roma

** Ausl Padova, Registro mesoteliomi del Veneto

La legge di bilancio, Finanziaria 2008 (Gazzetta uffi-ciale n. 300 del 28 dicembre 2007, supplementoordinario n. 285), istituisce un Fondo per le vittime

dell’amianto, ne definisce l’ammontare per alcunianni e indica alcune norme di contorno. Il testodelle disposizioni è riportato in figura 1.

FIGURA 1 - Legge 244 del 24 dicembre 2007 Disposizioni per la formazione delbilancio annuale e pluriennale dello Stato, articoli 241-246

241. È istituito presso l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), concontabilità autonoma e separata, un Fondo per le vittime dell’amianto, in favore di tutte le vittimeche hanno contratto patologie asbesto-correlate per esposizione all’amianto e alla fibra “fiberfrax”,e in caso di premorte in favore degli eredi.

242. Le prestazioni del Fondo di cui al comma 241 non escludono e si cumulano ai diritti di cui allenorme generali e speciali dell’ordinamento.

243. Il Fondo di cui al comma 241 eroga, nel rispetto della propria dotazione finanziaria, una presta-zione economica, aggiuntiva alla rendita, diretta o in favore di superstiti, liquidata ai sensi del testounico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, o dell’articolo 13,comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, fissata in una misura percen-tuale della rendita stessa definita dall’Inail.

244. Il finanziamento del Fondo di cui al comma 241 è a carico, per un quarto, delle imprese e, per trequarti, del bilancio dello Stato. L’onere a carico dello Stato è determinato in 30 milioni di euro per glianni 2008 e 2009 e 22 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010. Agli oneri a carico delle imprese siprovvede con una addizionale sui premi assicurativi relativi ai settori delle attività lavorative compor-tanti esposizione all’amianto.

245. Per la gestione del Fondo di cui al comma 241 è istituito, senza maggiori oneri a carico della finan-za pubblica, un comitato amministratore la cui composizione, la cui durata in carica e i cui compiti sonodeterminati con decreto del ministro del Lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il ministrodell’Economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della pre-sente legge.

246. L’organizzazione e il finanziamento del Fondo di cui al comma 241, nonché le procedure e lemodalità di erogazione delle prestazioni, sono disciplinati con regolamento adottato con decreto delministro del Lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il ministro dell’Economia e delle finan-ze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

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2 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

Il contenuto delle norme approvate merita unariflessione attenta. Si tratta di una positiva innova-zione e di una svolta nelle politiche di riconosci-mento delle responsabilità sociali della malattia. Iltesto impegna il Governo ad emanare entronovanta giorni disposizioni attuative e può essereutile quindi porre all’attenzione del lettore alcuniaspetti critici relativi all’epidemiologia delle malat-tie asbesto-correlate che derivano dall’attività chesvolgiamo nell’ambito del circuito del Registronazionale dei mesoteliomi e che intrecciano i crite-ri (da definire) per una corretta ed efficace gestio-ne del Fondo.Le malattie da amianto possono essere classificate,in relazione alla gravità della compromissione dellasalute dell’individuo, come “benigne” (placchepleuriche, ispessimenti pleurici) o “non benigne”(asbestosi parenchimale, tumori). L’associazione conl’esposizione ad amianto è indiscutibilmente accer-tata per il mesotelioma e il tumore del polmone. Èstata inoltre dimostrata l’associazione (pure se diminore entità) con il tumore dell’esofago e dellalaringe. Il mesotelioma rappresenta una patologia aprognosi infausta, la correlazione con l’amianto èestremamente marcata, si sta ancora osservandouna crescita della sua frequenza a causa della lungalatenza che intercorre tra esposizione e insorgenzadella malattia e dell’abbandono, in questo sensoancora troppo vicino nel tempo, dell’amianto edegli elevati consumi che hanno caratterizzato ilnostro paese [1]. Oggi in Italia sono registrati ognianno circa 1.200 casi di decesso per tumore dellapleura. La rete del Registro nazionale dei mesotelio-mi ha stimato un tasso standardizzato di incidenzanel 2004 di 3,4 casi per 100.000 abitanti negli uominie 1,1 nelle donne [2], confermando le dimensionidell’occorrenza di mesotelioma nella popolazioneitaliana.La rete di sorveglianza epidemiologica dei casi dimesotelioma è stata definita da una specifica normadi legge (Dpcm 308/02) che definisce le modalità diattuazione del Registro nazionale dei mesoteliomiche ha sede presso l’ISPESL. La rete è basata suCentri operativi regionali (Cor), istituiti attualmentesu quasi tutto il territorio nazionale (esclusa laRegione Molise e la Provincia autonoma di Bolzano).Ogni Cor si prefigge di individuare ogni nuovo caso

di malattia e procede per ciascuno a una ricostruzio-ne anamnestica volta a rilevare se sia stata presente,a diversi livelli di probabilità, una pregressa esposi-zione ad amianto. Attualmente l’archivio del Renamcontiene più di 9.100 segnalazioni di casi di mesote-lioma e per più di 6.400 di esse sono disponibili lemodalità di esposizione ad amianto. ISPESL e Corstanno procedendo con un’attività integrata che haportato a due volumi di rapporto (il terzo è in corsodi pubblicazione) dell’attività svolta e numerosiapprofondimenti di ricerca (già definiti, in corso o infase di progetto) che riguardano in particolare l’ana-lisi del tempo di latenza, i fattori prognostici disopravvivenza, l’entità delle esposizioni subite nonin Italia, la diffusione della malattia nelle donne, leconseguenze di esposizioni di breve durata,ambientali o familiari, l’epidemiologia dei casi alocalizzazione extrapleurica. L’attività di approfondi-mento anamnestico e di assegnazione di una proba-bilità di esposizione ad amianto indica che, comeatteso, una frazione rilevante dei casi di mesotelio-ma approfonditi mostra di avere avuto nella propriastoria personale una esposizione ad amianto. Unnumero rilevante di casi di mesotelioma è statodocumentato come originato da esposizioni in set-tori lavorativi per la presenza di amianto in materialiche entravano nel ciclo lavorativo.I risultati dell’attività di sorveglianza epidemiologicadei mesoteliomi con modalità sistematica e coordi-nata consentono di disporre di informazioni prezio-se e, a nostro giudizio, utili per una gestione corret-ta ed efficace del fondo di cui si tratta.Una rilevante frazione di casi di mesotelioma èdeterminata dall’attività lavorativa svolta dai sog-getti; tuttavia emerge una frazione, che è di circa il10% dei casi rilevati e approfonditi, nei quali è iden-tificabile piuttosto un’esposizione ambientale odomestica ad amianto. Per questi soggetti le occa-sioni di esposizione risultano determinate dall’averrisieduto in aree limitrofe a insediamenti produttiviche hanno causato un inquinamento esterno, oppu-re dalla convivenza con un soggetto esposto [3].La quota di soggetti per i quali, a fronte di un appro-fondimento anamnestico tramite questionario cheha consentito la ricostruzione completa della storialavorativa, residenziale e familiare del paziente, nonè stata identificata la fonte di esposizione ad amian-

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3Il Fondo per le vittime dell’amianto: risultati della ricerca epidemiologica per una gestione corretta

to è strettamente correlata alla qualità delle infor-mazioni raccolte, alle conoscenze tecnico-scientifi-che disponibili, alle condizioni di salute e all’affida-bilità e accuratezza delle risposte ottenute.In Italia l’amianto è stato utilizzato in maniera assaiestesa in diversificati contesti industriali e la suapresenza come materiale coibentante è stata spes-so portata alla luce in contesti inattesi (e non tradi-zionali). Inoltre, le caratteristiche eziologiche dellamalattia sono tali per cui, malgrado sia accertatoche il rischio di ammalarsi è una funzione dell’inten-sità e della durata dell’esposizione, tuttavia sonopossibili casi di mesotelioma a fronte di esposizionibrevi e non intense. Qualora si disponga di infor-mazioni dettagliate, raccolte da pazienti in condi-zioni di salute tali da mantenere lucidità sufficiente,quando l’intervistatore ha una conoscenza adegua-ta delle possibili circostanze di esposizione e dipossibile presenza di amianto, allora la quota disoggetti per i quali è possibile identificare la fontedi contaminazione cresce in maniera significativa.Questo insieme di considerazioni induce a ritenereche, se l’obiettivo della disponibilità del fondo èquello di prevedere per “tutte le vittime che hannocontratto patologie asbesto-correlate” il giusto rico-noscimento, tale riconoscimento debba essere asse-gnato a ogni caso di mesotelioma diagnosticato.Attualmente i casi di “neoplasie da asbesto” aiquali l’Istituto assicuratore assegna un indennizzosono tra i 500 e i 550 per anno (nel periodo 2002-2005, fonte: Rapporto Inail 2007). Si tratta di unnumero grandemente in ascesa rispetto agli anniimmediatamente precedenti e tale andamento, acui ha certamente contribuito anche il mondo dellaricerca epidemiologica in tema di malattie asbesto-correlate, deve essere valutato positivamente.Tuttavia, i dati epidemiologici disponibili mostranocome solo una parte dei casi di neoplasie asbesto-correlate accedono al riconoscimento assicurativo,spesso per ragioni di carattere amministrativo. Pertali motivi, l’istituzione del Fondo appare comeun’importante e positiva iniziativa e ci auguriamoche non circoscriva i beneficiari ai soggetti per iquali è stato assegnato un indennizzo, ma a tutticoloro colpiti da mesotelioma o altra patologiaasbesto-correlata.

Bibliografia

[1] A. Marinaccio, F. Montanaro, M. Mastrantonio,R. Uccelli, P. Altavista, M. Nesti, A. SenioriCostantini, G. Gorini. Predictions of mortalityfrom pleural mesothelioma in Italy: a modelbased on asbestos consumption figures sup-ports results from age-period-cohort models.International Journal of Cancer. 115(1): 142-7. 20maggio 2005.

[2] A. Marinaccio, G. Cauzillo, E. Chellini et al (ed.).Il Registro nazionale dei mesoteliomi. secondorapporto. Ispesl. Roma, novembre 2006.Internet: http://www.ispesl.it/renam.

[3] D. Mirabelli, D. Cavone, E. Merler, C. Mensi, C.Magnani, M. Musti. I casi di mesotelioma mali-gno ad eziologia ambientale e familiare: consi-derazioni generali ed analisi dei dati Renam. InA. Marinaccio, G. Cauzillo, E. Chellini et al (ed.).Il Registro nazionale dei mesoteliomi. Secondorapporto. Ispesl. Roma, novembre 2006.Internet: http://www.ispesl.it/renam.

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IL POLO INDUSTRIALE DI PORTOSCUSO:INQUINAMENTO DELLE ACQUE E DEI

SUOLI DA METALLI PESANTI

Paolo Falcone, Enrico Raffaele Carradori

Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), Dipartimento Installazioni di Produzione e Insediamenti

Antropici, Roma

Premessa

Il polo industriale di Portoscuso nella Sardegna sud-occidentale è uno dei più notevoli del Mezzogiornoper numero di insediamenti produttivi e di mae-stranze occupate. Si tratta di un complesso minero-metallurgico di importanza nazionale per la produ-zione di alluminio, piombo, zinco e cadmio.Esistono nel polo seri problemi di impatto ambien-tale sull’atmosfera, sui suoli, sulle acque superficialie sotterranee e sulle coste marine. Il presente lavo-ro, dopo avere illustrato l’area di Portoscuso dalpunto di vista geologico e idrogeologico, affronta ilproblema dell’inquinamento chimico delle acque edei suoli, evidenziando la presenza costante dimetalli pesanti come zinco, piombo e cadmio.

Introduzione

Il polo industriale di Portoscuso è ubicato a circa 75chilometri da Cagliari. Esso sorge nella pianura allu-vionale tra Portoscuso-Portovesme e i primi rilievidel Sulcis in una zona che, a parte la centrale ter-moelettrica di Portovesme, è stata fino alla metàdegli anni sessanta priva di insediamenti produttivi.Sul territorio anticamente coltivato a vigneti conpresenza di allevamenti ovini e suini, si sono poiinsediate numerose industrie. Attualmente sono infunzione i seguenti impianti principali (figura 1):• A, (produzione di allumina a partire dalla bauxite),• B (produzione di alluminio per via elettrolitica),• C (produzione di laminati in alluminio),• D (produzione di zinco, piombo e cadmio),

• E (centrale termoelettrica),• F (discarica di scorie metalliche),• G (discarica di fanghi rossi).

Il polo industriale è compreso nel sito contaminatodi interesse nazionale del Sulcis-Iglesiente-Guspinese (DM 471/99) ed è attualmente oggettodi caratterizzazioni chimiche, geologiche e idro-geologiche e di interventi di messa in sicurezza diemergenza. La relazione che segue illustra la situa-zione precedente come risulta da indagini eseguitedall’ISPESL negli anni ’90.

Inquadramento geologico

La pianura su cui sorgono gli stabilimenti è costitui-ta da terreni quaternari con una potenza massimadi 60 m.In dettaglio si tratta di sabbie con livelli impermea-bili limoso-argillosi; in profondità si ha una transi-zione verso sabbie compatte e ghiaie; al disottodelle alluvioni compaiono le trachiti del vulcanismocenozoico con intercalati strati tufacei.A nord tra la linea di costa e il canale di Paringianuaffiorano le colate laviche trachitiche incise damodesti corsi d’acqua che le suddividono in rilievitabulari. Anche lungo la costa tra Portoscuso eCapo Altano affiorano le trachiti, formando scoglie-re verticali davanti all’isola di San Pietro.Dal punto di vista tettonico le trachiti e i sottostan-ti terreni marnoso-arenacei sono interessati da ungran numero di faglie, alcune delle quali termica-mente attive. Due di esse, in particolare, corrono amonte e a valle del polo industriale.

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6 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

Idrologia superficiale

L’area del polo industriale è percorsa da due torren-telli (Riu de su Cannoni e Riu Resputzus). A sud-estdegli insediamenti scorre il Riu Perdaias con direzio-ne nord-sud. Parallelo a quest’ultimo corre il canaledi Paringianu che sfocia nella laguna di Bau Cerbusdopo aver raccolto, tramite il canale Pedemontanoest, le acque piovane del polo industriale nonché ipercolati della discarica di Sa Piramide.

Idrogeologia

La stratigrafia dell’area considerata mostra un’alter-nanza di terreni permeabili e impermeabili per cui siha a che fare con una struttura idrogeologica afalde parallele.Le falde acquifere principali sono due; la prima,intestata nelle sabbie quaternarie a una profonditàmassima di 20 m p.c., ha come letto i livelli argillosiintercalati; la seconda, nelle trachiti permeabili perfessurazione, è più profonda (almeno 60 m p.c.) e haal letto livelli di argilla bentonitica.La falda superficiale si muove con direzione dideflusso prevalente nord-sud verso il golfo diPortovesme con marcati fenomeni di ingressionemarina, esaltati dall’intenso emungimento per usoindustriale.

FIGURA 1 - Il polo industriale di Portoscuso (scala 1:25.000)

Fonte: ministero dell’Ambiente

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7Il polo industriale di Portoscuso: inquinamento delle acque e dei suoli da metalli pesanti

Vulnerabilità degli acquiferi

La falda superficiale, sfruttata per uso industriale eirriguo, non è protetta ed è perciò potenzialmenteinquinabile dalle polveri e dagli effluenti liquidi delpolo produttivo.Gli acquiferi nelle trachiti a 60 m ed oltre dal piano-campagna sono sfruttati anche per uso potabile;malgrado la notevole profondità essi non possonoconsiderarsi protetti perché intestati in rocce serba-

toio molto fratturate e tagliate da faglie. Non è inol-tre da escludere la possibilità che i percolati delladiscarica di Sa Piramide raggiungano le falde inte-state nelle trachiti, tramite la faglia che limita versosud la discarica stessa.Come già detto i terreni al disotto delle alluvioniquaternarie sono intensamente fagliati. Non è daescludere che tale situazione comporti anche uninquinamento della falda intestata nelle trachiti chedà origine alle sorgenti sottomarine a nord diPortoscuso.

Fonte: università di Cagliari, dipartimento di Scienze della terra.

Fonte: università di Cagliari, dipartimento di Scienze della terra.

TABELLA 1 - Polo industriale di Portoscuso: concentrazione di zinco e piombo nei corsi d’acqua

corso d’acqua Zn (mg/l) Pb (mg/l)

Riu de su Cannoni 0,9 0,45(attraverso zona industriale)

Riu Resputzus e Ghillotta 0,4 0,16(lato discarica Sa Piramide)

canale Pedemontano est 0,7 4,4(canale di gronda )

canale di Paringianu 0,06 0,02

TABELLA 2 - Polo industriale di Portoscuso: concentrazione di metalli nelle falde sotterranee

punto di campionamento Pb (µg/l) Zn (µg/l) Cd (µg/l) Hg (µg/l)

a monte del polo industriale 7,8 55 0,4 0,5

lato discarica sa Piramide 2,5 1.200 2,2 0,3

a sud-est della discarica 10,5 800 9 n.r.

a valle del polo industriale 2 140 2,4 n.r.

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8 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

Fonte: università di Cagliari, dipartimento di Scienze della terra

Legenda

A: strato superficiale del suolo,B: strato intermedio,C: strato profondo.

TABELLA 3 - Polo industriale di Portoscuso: valori di piombo rilevati nei vari orizzonti del suolo

località Pb ppm

A B C

a monte del polo industriale 418 10,9 6,3

a lato discarica sa Piramide 380 37 4,9

306 47 11

a valle discarica sa Piramide 490 24 7,9

a valle del polo industriale 33 21 9,3

canale di Paringianu 222 66 179

286 59 11

TABELLA 4 - Polo industriale di Portoscuso: valori di zinco rilevati nei vari orizzonti del suolo

località Zn ppm

A B C

a monte del polo industriale 872 32 20,4

a lato discarica sa Piramide 591 100 17,3

585 130 25,8

a valle discarica sa Piramide 2529 438 79,1

a valle del polo industriale 191 130 18,4

canale di Paringianu 247 255 157

601 123 27

Fonte: università di Cagliari, dipartimento di Scienze della terra

Legenda

A: strato superficiale del suolo,B: strato intermedio,C: strato profondo.

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9Il polo industriale di Portoscuso: inquinamento delle acque e dei suoli da metalli pesanti

Considerazioni finali

I corsi d’acqua nell’area del polo industriale presen-tano un modesto inquinamento da piombo. Leconcentrazioni più alte si rilevano nel canale pede-montano est che, oltre a raccogliere le acque pio-vane di tutta l’area, riceve i percolati della discaricadi Sa Piramide.Tale inquinamento si ripercuote sul canale e sullostagno di Paringianu. Risulta infatti che in quest’ul-timo le carni dei molluschi bivalvi eduli presentanofino a 101,55 µg/g di Pb e fino a 127 µg/g di Zn1.Per quanta riguarda l’inquinamento da metalli dellefalde sotterranee intestate nelle alluvioni quater-narie, i dati rilevati da enti pubblici mostrano la pre-senza costante di Pb, Cd e Zn, con quest’ultimonettamente prevalente.Gli orizzonti superficiali dei suoli (strato A) sonoinquinati da Pb, Cd e Zn, con quest’ultimo netta-mente prevalente; i valori massimi sembrerebberoessere nella zona immediatamente a valle della dis-carica di Sa Piramide (sito 3).

Le concentrazioni diminuiscono nettamente negliorizzonti più profondi (strati B e C), senza che sinotino variazioni significative tra lo strato interme-dio e quello immediatamente successivo.Per quanto riguarda la contaminazione dei suoli siritiene che essa tragga origine da polveri aerodis-perse o veicolate da acque superficiali, anche se ènoto che i sedimenti dell’area Sulcis-Iglesiente pre-sentano concentrazioni anomale di piombo, cadmioe zinco collegate alle pregresse attività minerarie.

La discarica di Sa Piramide

I rifiuti prodotti nello stabilimento D sono classifi-cati come pericolosi in quanto contengono arseni-co, piombo, cadmio e loro composti. Essi vengonostoccati in località Eca de Chiccu Sedda immediata-mente a monte degli insediamenti industriali.La discarica è ubicata su ignimbriti trachitiche frat-turate che hanno al letto un banco di tufiti. Il fondodella discarica non è impermeabilizzato e il perco-

località Cd ppm

A B C

a monte del polo industriale 9,6 0,2 0,03

a lato discarica sa Piramide 9,7 0,5 0,03

6 1 0,1

a valle discarica sa Piramide 20 4,5 0,4

a valle del polo industriale 0,7 0,05 1,9

canale di Paringianu 2,3 1,3 0,5

4,4 0,7 0,07

TABELLA 5 - Polo industriale di Portoscuso: valori di cadmio rilevati nei vari orizzonti del suolo

Fonte: università di Cagliari, dipartimento di Scienze della terra

Legenda

A: strato superficiale del suolo,B: strato intermedio,C: strato profondo.

1 Cfr. Università di Padova, Istituto di igiene: Determinazione dei metalli pesanti nelle carni di organismi marini nell’area di

Portoscuso. 1990.

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lato raccolto viene immesso nel canale pedemon-tano est (canale di gronda del polo industriale) equindi raggiunge il mare attraverso il canale diParingianu.La discarica di cui sopra si poteva definire incontrol-lata prima dell’entrata in vigore del DM 471/99 chel’ha inserita tra i siti contaminati da bonificare diinteresse nazionale.

Conclusioni

Nell’area di Portoscuso i suoli e le acque sotterra-nee e superficiali sono inquinati da metalli pesanti(piombo, cadmio e zinco, con quest’ultimo preva-lente). Pur non escludendo un apporto eolico daparte delle numerose discariche minerarie piombo-zincifere a nord e nord-ovest di Portoscuso, si riten-gono fonti principali dell’inquinamento gli stabili-menti metallurgici che lavorano i solfuri e gli ossi-dati di Pb e Zn e la discarica di scorie metalliche diSa Piramide, della quale occorrerebbe studiare piùapprofonditamente l’impatto sulle falde acquiferesuperficiali e soprattutto su quelle profonde chedanno origine alle sorgenti sottomarine a nord diPortoscuso.

Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro10

FIGURA 2 - Carta geologica dell’area di Portoscuso

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Il polo industriale di Portoscuso: inquinamento delle acque e dei suoli da metalli pesanti 11

FIGURA 3 - Polo industriale di Portoscuso, profilo geologico tra la discarica di Sa piramide e Portovesme

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FIGURA 4 - Carta idrogeologica, tettonica e idrologica

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13Il polo industriale di Portoscuso: inquinamento delle acque e dei suoli da metalli pesanti

FIGURA 5 - Concentrazione di Zn nei vari orizzonti del suolo

FIGURA 6 - Concentrazione di Cd nei vari orizzonti del suolo

FIGURA 7 - Concentrazione di Pb nei vari orizzonti del suolo

Strato AStrato BStrato C

Strato AStrato BStrato C

Strato AStrato BStrato C

Sito 1 Sito 2 Sito 3 Sito 4 Sito 5

Sito 1 Sito 2 Sito 3 Sito 4 Sito 5

Sito 1 Sito 2 Sito 3 Sito 4 Sito 5

3000

2500

2000

1500

1000

500

0

500450400350300250200150100500

20181614121086420

ppm

ppm

ppm

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15

MOVIMENTAZIONE CENTRATA SULLA PERSONA

Massimo Ragonesi*, Alessandro Perrone*, Sergio Perticaroli**, Adriano Papale**, Giuseppe Campo**, FrancescaCerullo**, Fulvio Forino***, Gabriella Magliocca***, Luciano Cervini***, Roberto Corsi***, Claudia Sardelli***

* Associazione IGIEA, Viterbo/Roma

** Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), Roma

*** Azienda Ospedaliera San Camillo - Forlanini, Roma

Sintesi

Contesto - Affezioni cronico-degenerative dellacolonna vertebrale nella mobilizzazione dei pazienti.Ridurre quindi il rischio da movimentazione manualedei pazienti è una condizione necessaria alla salutedegli operatori sanitari.Obiettivi - Considerare la movimentazione comeparte del processo terapeutico-riabilitativo, in cui ilpaziente viene stimolato ad usare tutte le risorsedisponibili.Metodi - Un gruppo di infermieri - coppie di diverseunità operative dell’Ospedale San Camillo Forlanini- sono addestrati ad una valutazione dello sforzofisico da loro percepito nella movimentazione deipazienti, utilizzando la Scala di Borg e l’Indice diBraden. Successivamente, lo stesso gruppo di ope-ratori in un ulteriore momento formativo, è indirizza-to ad una valutazione delle capacità residue dimovimento dei pazienti e all’acquisizione di capa-cità relazionali per il coinvolgimento attivo, deglistessi nella movimentazione, promuovendo in que-sto modo, un ulteriore momento terapeutico e,potenzialmente, una riduzione del loro carico dilavoro.Risultati - Lo studio ha permesso di dimostrare chequesto approccio innovativo della movimentazionedei pazienti riduce sensibilmente lo sforzo fisicocomplessivo richiesto al personale sanitario

Introduzione

Le affezioni cronico-degenerative della colonnavertebrale sono di frequente riscontro presso le dif-ferenti collettività lavorative dell’industria, dell’agri-

coltura e del terziario; nell’ambito delle professioni-sanitarie esse assumono particolare rilievo tra gliaddetti alla movimentazione dei pazienti. Sotto ilprofilo dei costi economici e sociali, indotti in termi-ni di assenze per malattia, cure, spostamenti dimansione ed invalidità, le lombalgie rappresentanouno dei principali problemi per chi si occupa degliaspetti sanitari nel mondo del lavoro. Da studi diMagora (1970) [1] ancora oggi tra i più citati sull’ar-gomento, risulta che gli infermieri professionali pre-sentano una prevalenza elevata di lombalgie all’in-terno delle varie categorie professionali. L’autoreha, infatti, esaminato la relazione fra lombalgia eprofessione in un vasto campione di addetti a diffe-renti settori lavorativi considerati a rischio.Nell’elaborazione dei dati effettuata con tassi grez-zi, riportati nello studio, veniva posta in rilievo fra gliinfermieri una prevalenza pari al 16,8% del totaledel personale esaminato. Il dato risultava inferioreunicamente a quello relativo ai lavoratori occupatinell’industria tessile e della carta (21,6%).La prevalenza della lombalgia registrata tra gli infer-mieri ha assunto dimensioni maggiori in seguitoall’elaborazione statistica effettuata da Occhipinti eColombini [2] i quali, in seguito alla standardizzazio-ne dei dati grezzi dello studio di Magora, hannodimostrato che gli infermieri presentavano il tassopiù elevato di lombalgie, precedendo addirittura gliaddetti dell’industria pesante.La ricerca di Magora fornisce, inoltre, importantiinformazioni in merito le modalità di comparsadella lombalgia degli infermieri: il sintomo compa-re nel 46% dei casi prima dei 30 anni di età, nel49,5% nei primi 3 anni di lavoro ed è equamenteripartito tra un esordio improvviso (45% dei casi) eun esordio subdolo (49,5% dei casi).Nel settore ospedaliero, pur non sottovalutando la

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16 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

movimentazione di carichi generici, bisogna consi-derare che tale attività è svolta dal personale sanita-rio (caposala, infermieri, OTA, fisioterapisti) preva-lentemente nei confronti del paziente. I reparti amaggior rischio menzionati sono da considerarsi inparticolare la geriatria, la rianimazione, la riabilita-zione, il pronto soccorso, ortopedia e neurologia.Le sollecitazioni meccaniche del rachide, durante leattività di sollevamento e di spostamento delpaziente, costituiscono il fattore causale principaledell' alta incidenza del sintomo “mal di schiena” trail personale infermieristico; molti studi hanno infattidocumentato l'alto livello di stress biomeccanicosubito dal rachide che queste manovre comportano.I diversi tipi di attività e posture implicano movi-menti di torsione, flessione, estensione del tronco,accovacciamento, spinta, traino e sollevamento,con un carico variabile sui diversi segmenti corporeiin funzione della frequenza, della durata e intensitàdell'impegno lavorativo.Varie strategie sono state approntate al fine di pre-venire l'insorgenza di disturbi muscolo-scheletricinel personale infermieristico, anche in considerazio-ne degli elevati costi sociali che tali disturbi com-portano. Tali strategie sono state basate finora fon-damentalmente su tre punti:1. l’utilizzo di manovre corrette nelle operazioni

manuali di sollevamento e spostamento delpaziente;

2. l'uso di dispositivi tecnici (ausili per la movimen-tazione);

3. interventi educativi e formativi;

È utile sottolineare che nonostante l’utilizzo dimanovre corrette (buona tecnica) possa considerar-si un buono strumento di prevenzione, non esisto-no evidenze sperimentali che quest’ultimo possa dasolo ridurre l'incidenza o la gravità dei disturbimuscolo-scheletrici nel personale infermieristico.Ciò probabilmente è dovuto da un lato alle diffi-coltà che si incontrano nella formazione del perso-nale infermieristico all'utilizzo di tali manovre e nel-l’esecuzione abituale, e dall'altro alla difficoltà dellaloro attuazione dettata da vari fattori quali, adesempio, la mancanza di spazio, la presenza diattrezzature sanitarie collegate al paziente, i lettinon regolabili in altezza, sedie a rotelle non idonee,ecc. Pertanto si consiglia di inserire la buona tecni-

ca in un programma di prevenzione che prevedaanche l'impiego di ausili.Sono considerate tecniche di ausiliazione per lamovimentazione manuale, tutte quelle manovre espostamenti che si avvalgono di dispositivi tecnici; inquesto modo l'impegno biomeccanico e funzionaledell'operatore viene ridotto al fine di rendere mini-mo il rischio di insorgenza di lesioni dorso-lombari.Il rischio posturale può, inoltre, essere ridotto ricor-rendo ad interventi di tipo educativo e formativo,orientati a fornire le nozioni fondamentali sia riguar-do le corrette modalità di esecuzione delle mano-vre che possono determinare scorrettezze postura-li, sia in meirto le postille corrette da mantenere.Gli interventi educativi - formativi possono essereriassunti in tre momenti:- Formazione alla "buona tecnica" di movimenta-

zione;- Educazione posturale;- Esercizi fisici.

Come è noto, uno dei cardini della filosofia comuni-taria di prevenzione si fonda sulla partecipazioneattiva dei lavoratori, attuata proprio mediante atti-vità formative qualificate e specificatamente orienta-te ai rischi più significativi attività nei contesti lavora-tivi.In questo quadro l’ISPESL, attraverso il DipartimentoDocumentazione, Informazione e Formazione(attualmente Dipartimento Processi Organizzativi),ha programmato una serie di ricerche didattichevolte alla formazione dei lavoratori.Nel caso in specie il bando di ricerca riguardava laformazione degli operatori sanitari (infermieri).L’Associazione IGIEA è risultata vincitrice del bandoed ha prodotto una serie di moduli formativi inmerito ai rischi specifici degli operatori sanitari:rischio chimico, rischio biologico, rischio da movi-mentazione manuale dei malati (MMM), etc.In merito alla MMM l’Associazione in questione,nata nel 1995 con l’obiettivo di svolgere attività distudio e ricerca nell’ambito della sicurezza sul lavo-ro all’interno delle strutture sanitarie, ha posto unariflessione e proposto un modello gestionale inno-vativo per la movimentazione del paziente.La riflessione nasceva dalla considerazione che l’ap-proccio alla MMM, che si andava affermando aseguito dell’applicazione del DL 626/94, era orienta-

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17Movimentazione manuale centrata sulla persona

to ad un modello interpretativo di tipo Bio-Meccanico nel quale l’attività di movimentazioneera centrata quasi esclusivamente su principi diergonomia e di organizzazione del lavoro (metodo-logie condotte, ausili meccanici). Questa modalitàpuò essere definita come Movimentazione Centratasull’Operatore (MCO), in quanto l’obiettivo genera-le di questo approccio è la tutela delle condizioni disalute dell’operatore coinvolto.Secondo l’analisi dell’Associazione IGIEA, supporta-ta da indicazioni provenienti da altri Paesi (come adesempio Gran Bretagna) e sulla base di riferimentietico professionali, la Movimentazione Manuale deiPazienti poteva e doveva essere interpretata comeuna “attività essenziale infermieristica a valore riabi-litativo terapeutico”.Questa impostazione proponeva la movimentazio-ne del paziente come aiuto terapeutico, attraversola partecipazione attiva dello stesso, valutata e sol-lecitata dall’operatore sanitario. Una movimenta-zione, quindi, centrata sulla persona (MCP) che pre-supponeva una qualificazione specifica dell’infer-miere con competenze disciplinari teoriche, etichee relazionali.Partendo da questa premessa, il percorso didatticosulla MCP, prodotto dalla Associazione IGIEA esperimentato presso l’Ospedale San PietroFatebenefratelli di Roma, ha sviluppato una serie diobiettivi didattici innovativi, necessari ad imple-mentare le conoscenze/capacità degli operatorisanitari.La sperimentazione ha consentito di confermarel’esistenza di nuove aree di osservazione ed inter-pretazione del nuovo approccio, evidenziando ulte-riori fattori di rischio presenti nella movimentazio-ne, rispetto al modello bio - meccanico.Ma questa nuova impostazione culturale ed il suoderivato percorso formativo, quale vantaggio ha? Larisposta ha richiesto l’avvio di un nuovo progetto diricerca pilota, in collaborazione con l’AziendaOspedaliera San Camillo Forlanini di Roma, in occa-sione del quale sono stati posti a confronto, attra-verso uno studio/controllo, l’approccio tradizionale(MCO) con quello della Associazione IGIEA (MCP).L’importanza di avere un modello concettuale diriferimento risiede nella necessità di definire a prio-ri, all’interno del contesto da osservare, gli elemen-ti che il modello concettuale stesso definisce. Avere

ben chiaro l’obiettivo assistenziale nelle funzioniinfermieristiche, definire chiaramente l‘individuocome soggetto delle cure e determinare con chia-rezza l’ambiente in cui si va’ ad operare, permetteall’infermiere di strutturare qualunque tipo di inter-vento tenendo conto dei reali obiettivi che la pro-fessione dichiara, secondo criteri di appropriatezza,garantita dall’utilizzo di una metodologia scientifi-ca, che si esprime attraverso il processo di nursing.In pratica l’adozione di un modello concettuale giu-stifica un approccio professionale e, in questo caso,trasforma l’attività di movimentazione da attività dispostamento di una persona (prestazione), ad atti-vità finalizzata al raggiungimento di un obiettivoassistenziale (processo), inserita nel processo dicura e riabilitazione.L’ipotesi di ricerca parte dal modello teorico diOrem[3], che definisce la persona, sana o malata,come soggetto attivo di cure nella determinazionedel proprio stato di salute, e parte integrante dellerisorse utili per il raggiungimento degli obiettiviassistenziali; ciò richiede all’infermiere il possessodi capacità valutative, progettuali e di formulazionedegli obiettivi, oltre a elevate competenze relazio-nali/educative.Per questo ultimo aspetto è fondamentale il riferi-mento alla teoria di Goleman[4], il quale identifical’ambiente lavorativo ideale come quello che tieneconto degli aspetti strutturali e interpersonali, intermini di presa di decisionalità e condivisionedegli obiettivi.In Inghilterra [5-7] la strategia di prevenzione deirischi lavorativi ha trovato espressione in una dichia-rata politica di tutela del malato, considerata ilmomento fondamentale del processo della tuteladella salute dei lavoratori .Questa interpretazione, che si esprime in tre livellidi intervento (persona - ambiente - organizzazione)sostiene la promozione dell’autonomia del malatocome intervento preventivo specifico nella elimina-zione o riduzione del rischio alla fonte.A partire dall’esperienza inglese pragmatica, ispira-ta alla soluzione dei problemi direttamente sulcampo piuttosto che alla loro misurazione, a partiredal 1998, l’associazione IGIEA ha sviluppato unmodello professionale definito “MovimentazioneCentrata sulla Persona”.

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18 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

La presente ricerca intende dimostrare una riduzio-ne del rischio da movimentazione attraverso questoapproccio professionale.Obiettivi specifici:1. riduzione della domanda di movimentazione

derivante dal malato (eliminazione o riduzionedel rischio alla fonte);

2. riduzione dello sforzo fisico richiesto all’operato-re nell’esecuzione dell’attività (gestione delrischio residuo);

3. rispetto della dignità del malato e dei riferimentietici.

Materiali e metodi

PRIMA FASE

Obiettivi:1. identificazione del gruppo di infermieri secondo

il criterio di due coppie per reparto operanti indue turni diversi;

2. formazione di un gruppo di 30 infermieri per lamovimentazione centrata sull’operatore e perl’uso degli strumenti di ricerca.

SECONDA FASE

Obiettivo:1. applicare il modello di movimentazione centrato

sull’operatore (MCO) e verificarne gli effetti.

Obiettivi specifici:• verificare lo sforzo fisico;• verificare le risorse;• verificare il gradimento dei malati;• controllo qualità dei dati acquisiti.

TERZA FASE

Obiettivo:1. formazione dello stesso gruppo di 30 infermieri

sul modello della movimentazione centrata sullapersona (MCP).

QUARTA FASE

Obiettivo:1. applicare il modello di movimentazione centrato

sulla Persona e verificarne gli effetti.

Obiettivi specifici:• verificare lo sforzo fisico;

• verificare le risorse;• verificare il gradimento dei malati;• controllo qualità dei dati acquisiti.

QUINTA FASE

Obiettivo:1. elaborazione dei risultati;

Obiettivi specifici:• elaborazione dei dati;• stesura della relazione finale;• pubblicazione dei risultati.

Individuazione campione infermieri ed arruolamen-to pazienti

Campione infermieri30 Infermieri, di diverse realtà ospedaliere, operan-ti in coppia in tre turni.

Criteri di inclusione:1. personale con qualifica di infermiere;2. due coppie di infermieri per reparto;3. personale esposto al rischio.

Criteri di esclusione:1. personale senza qualifica di infermiere;2. personale non esposto al rischio o con esposizio-

ne non significativa;3. personale che eserciti funzione di addestramen-

to/formazione nell’ambito della sicurezza sullavoro.

Campione pazientiPer ogni U.O. sono stati arruolati 20 malati da osser-vare ciascuno nell’arco di 5 giorni per un periodo diosservazione complessivo di 30 giorni (fase due equattro del progetto di ricerca).I malati cronici sono stati presi in carico nel corso delprimo giorno utile.I malati acuti chirurgici sono statipresi in carico a partire dal giorno successivo l’inter-vento. I pazienti appartenenti alle varie UU.OO.delle categorie di malati cronici e acuti, sono statiidentificati per fascia di età, sesso, e classe di dipen-denza secondo MAPO e Braden.

Controllo qualitàIl controllo qualità ha previsto una verifica della cor-

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19Movimentazione manuale centrata sulla persona

retta classificazione del grado di autonomia delpaziente, il corretto uso dei criteri di arruolamentodei malati, la verifica della corretta e completa com-pilazione delle schede di rilevazione dati. Inoltre eradelegato al gruppo controllo qualità anche il supe-ramento di criticità emergenti, come ad esempio, iltrasferimento/assenza di uno o più operatori delgruppo, risolto con l’aiuto di addetti al servizio diprevenzione e protezione dell’ospedale opportuna-mente preformati nelle due fasi del progetto stesso.

StrumentiGli strumenti utilizzati nello studio sono stati identi-ficati tra quelli comunemente validati a livello scien-tifico, mentre altri sono stati appositamente creati evalidati attraverso uno studio pilota.La scelta di realizzare degli strumenti dedicati èstata fatta poichè non sono stati reperiti, neppureattraverso una accurata ricerca bibliografica, stru-menti idonei alla applicazione del modello concet-tuale proposto.

Gli strumenti già validati sono stati:1. scala di Borg (Tabella 1): permette di rilevare lo

sforzo fisico percepito da un soggetto; è unostrumento comunemente utilizzato nelle provecardiologiche da sforzo e gode di una validitàstrumentale attraverso il confronto tra sforzo fisi-co percepito e risultati elettromiografici;

2. indice di Braden (Tabella 2): è un indice utilizzatonell’assistenza infermieristica per determinare illivello di rischio che presenta un paziente di svi-luppare lesioni da pressione; comprende 6 varia-bili; nello studio presente, è stata considerataesclusivamente la variabile mobilità, in quantoera necessario utilizzare un criterio, per definire illivello di autosufficienza del paziente, che fosse disemplice comprensione e che permettesse di dif-ferenziare il livello di autosufficienza su più varia-bili rispetto al criterio dicotomico non collaboran-te-parzialmente collaborante dell’indice MAPO.

TABELLA 1 - La scala di Borg

La scala di Borg CR 10

• 0 assolutamente niente “no P”• 0.3• 0.5 estremamente debole appena percettibile• 1 molto debole• 1.5• 2 debole leggero• 2.5• 3 moderato• 4• 5 forte pesante• 6• 7 molto forte• 8• 9• 10 estremamente forte “max P”• 11• ° massimo assoluto Il più alto possibile

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20 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

Gli strumenti creati ad hoc per lo studio sono stati:

1. Percorso Tradizionale o della “movimentazionecentrata sull’operatore” (Tabella 3)

TABELLA 2 - L’indice di Braden, variabile MOBILITA’

Mobilità

Capacità divariare e

controllare la

posizione

corporea

1 - completa-mente immobile

Non riesce a

produrre

neppure piccoli

movimenti

del corpo

e delle

estremità senza

assistenza

2 - molto

limitata

Riesce occasio-

nalmente a fare

piccoli movi-

menti corporei o

delle estremità,

ma non riesce a

realizzare

frequenti o

significativi

movimenti in

modo

indipendente

3 - parzialmentelimitata

Cambia frequen-

temente la posi-

zione con mini-

mi spostamenti

del corpo

4 - limitazioniassenti

Si sposta fre-

quentemente e

senza

assistenza

1

2

3

4

TABELLA 3 - Percorso tradizionale o “movimentazione centrata sull’operatore” (MCO)

Obiettivi: acquisire le competenze fondamentali per la valutazione della performance individuale nell’applicazio-ne del modello della “movimentazione centrata sull’operatore” (MCO)

Ore 08.00 - 09.00Gli strumenti di autovalutazione della performance nell’effettuazione della “movimentazione centrata sull’operatore”.Docente: M. Ragonesi. Sostituto: A. Perrone

Ore 09.00 - 10.00Addestramento all’utilizzo degli strumenti di autovalutazione della performance.Docenti: M. Ragonesi, A. Perrone

Ore 10.00 - 10.30 pausa

Ore 10.30 - 13.30Esercitazione pratica all’uso delle tecniche della “movimentazione centrata sull’operatore” ed all’utilizzo deglistrumenti di valutazione della performance.

Ore 13.30 - 14.30Discussione in plenaria dei risultati raggiunti.Docenti: M. Ragonesi, A. Perrone

Tirocinio guidatoEsecuzione diretta da parte di tutti i partecipanti di attività pratica o tecnica 2a, 3a, giornata dalle ore 08.00alle ore 13.00.Applicazione nella U.O. di appartenenza delle tecniche di “movimentazione centrata sull’operatore” e valutio-zione della performance su apposito strumento cartaceo. Requisito minimo previsto: esecuzione e registrazionedi 4 attività per giorno di tirocinioApplicazione pratica del modello della “movimentazione centrata sulla persona (MCP)” e rilevazione dei datiper 1 mese

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21Movimentazione manuale centrata sulla persona

2. Percorso Innovativo o della “movimentazionecentrata sulla persona” (MCP) (Tabella 4)

TABELLA 4 - Percorso innovativo o “movimentazione centrata sulla persona” (MCP)

PRIMA GIORNATA

Obiettivi: leggere e decodificare l’interazione dinamica persona/ambiente/infermiere

Ore 08.00 - 09.00Criteri generali della sicurezza e paradigma di riferimento delmodello della “movimentazione centrata sulla per-sona”.La promozione dell’autonomia del malato come intervento di prevenzione dei rischi da MMC.Docenti: M. Ragonesi, A. Perrone

Ore 09.00 - 10.00La lettura della domanda di movimentazione manuale dei malati e dei fattori ostacolanti l’autonomia del malato.Docenti: M. Ragonesi, A. Perrone

Ore 10.00 - 10.30 pausa

Ore 10.30 - 11.30Strumenti per leggere e decodificare la relazione dinamica persona/ambiente/infermiere.Strumenti e criteri per la valutazione della performance individuale nell’applicazione del modello della “movi-mentazione centrata sulla persona”.Docenti: M. Ragonesi, A. Perrone

Ore 11.30 - 13.30Esercitazione pratica: applicare lo strumento per leggere e decodificare l’interazione dinamica persona/ambien-te/infermiere ad un caso osservato durante il tirocinio.Riprogettazione dell’intervento assistenziale nel caso scelto sulla base della nuova lettura.Docenti: M. Ragonesi, A. Perrone

Ore 13.30 - 14.30Discussione guidata dei risultati e delle osservazioni prodotte durante l’esercitazione in aula e confronto direttocon l’esperienza di tirocinio.Docenti: M. Ragonesi, A. Perrone

SECONDA GIORNATA

Obiettivi: governare il rischio da movimentazione manuale dei malati (MMM)

Ore 08.00 - 11.00Role playing: leggere e decodificare l’interazione dinamica persona/ambiente/infermiere, progettare, effettuaree valutare un intervento di movimentazione centrato sulla persona (MCP). (esercitazione pratica individuale video-registrata con utilizzo di appositi strumenti di cartacei)Docenti: M. Ragonesi, A. Perrone

Ore 11.00 - 11.30 pausa

Ore 11.30 - 13.30Role playing: leggere e decodificare l’interazione dinamica persona/ambiente/infermiere, progettare, effettuaree valutare un intervento di movimentazione centrato sulla persona. (esercitazione pratica individuale video-regi-strata con utilizzo di appositi strumenti di cartacei)Docenti: M. Ragonesi, A. Perrone

Ore 13.30 -14.30Discussione guidata tra i discenti sui risultati dell’applicazione del modello della “movimentazione centrata sullapersona” Previsto l’utilizzo di contributi filmati.Discussione sui dati raccolti sugli strumenti cartacei e sui risultati dei test di autovalutazione.Docenti: M. Ragonesi, A. Perrone

Segue

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22 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

3. Schede dell’interazione dinamica persona-ambi-ente-infermiere: queste schede sono state utiliz-zate durante la formazione d’aula per definire evalutare le relazioni dinamiche che si instauranofra questi tre elementi durante l’effettuazione del-l’attività di movimentazione-riabilitazione; leschede in questione attengono alle relazionibilaterali che si instaurano in maniera dinamicatra persona/ambiente/infermiere, considerandol’ambiente nella qualità di ambiente terapeutico(per la persona) e di ambiente di lavoro (per l’op-eratore) (le schede e le relative check list possonoessere richieste direttamente agli autori).

4. Griglia per la valutazione dell’impegno dell’op-eratore durante la MCO - gruppo InfermieriPrima fase (Tabella 5): questa scheda ha permes-so di indicare lo sforzo fisico percepito dall’oper-atore per ogni singola fase di attività di movi-mentazione di attività predefinite (spostamentoletto-sedia e spostamento sul letto da laterale acontrolaterale);

5. Griglia per la valutazione dell’impegno dell’op-eratore durante la MCP - gruppo InfermieriSeconda fase (Tabella 6): questa scheda ha per-messo di indicare lo sforzo fisico percepito dallooperatore per ogni singola fase di attività dimovimentazione predefinite (spostamento letto-sedia e spostamento sul letto da laterale a con-trolaterale); in questa scheda è stato chiesto diidentificare la tipologia di intervento assisten-ziale effettuato secondo il modello concettualedi Orem (intervento in sostituzione di forza, inintegrazione di forza, in educazione o nessunintervento); era anche richiesto di segnalare glieventuali ostacoli, della persona o dell’ambienteterapeutico, che il discente aveva imparato aosservare e valutare con le schede dell’inter-azione dinamica persona-ambiente-infermiere.

Esame finale

La valutazione finale dei discenti verrà effettuata individualmente e prevede la verifica dell’avvenuta acquisizionedelle competenze necessarie a:- Leggere e decodificare l’interazione dinamica persona/ambiente/infermiere;- Progettare un intervento di movimentazione “centrato sulla persona”;- Utilizzare gli strumenti di valutazione dello sforzo fisico applicato alle attività di movimentazione;- Utilizzare la metodologia di revisione tra pari applicata ai singoli progetti dimovimentazione centrata sul malato”;

Tirocinio guidato

Esecuzione diretta da parte di tutti i partecipanti di attività praticaApplicazione nella U.O. di appartenenza delle tecniche di “movimentazione centrata sulla persona” e valutazio-ne della performance su apposito strumento cartaceo.Requisito minimo previsto: esecuzione e registrazione di 4 attività per giorno di tirocinio

Applicazione pratica del modello della “movimentazione centrata sulla persona” (MCP) e rilevazione dei datiper 1 mese

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23Movimentazione manuale centrata sulla persona

TABELLA 5 - Griglia per la valutazione dell’impegno dell’operatore durante la MCO - Gruppo Infermieri - Prima fase

Griglia per la valutazione dell’impegno dell’operatore durante la MMM U.O.

Classe dipendenza sesso età Attività

Scomporre l’attività in fasi elementari e descriverla sinteticamente nella sequenza.

A

B

C

D

E

Giorno ____/____/________ esecutore Attività elementari

Livelli dell’intervento assistenziale A B C D EinfermieristicoNumero operatori Temporilevato

Giorno ____/____/________ esecutore Attività elementari

Livelli dell’intervento assistenziale A B C D EinfermieristicoNumero operatori Temporilevato

Giorno ____/____/________ esecutore Attività elementari

Livelli dell’intervento assistenziale A B C D EinfermieristicoNumero operatori Temporilevato

Giorno ____/____/________ esecutore Attività elementari

Livelli dell’intervento assistenziale A B C D EinfermieristicoNumero operatori Temporilevato

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24 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

RISULTATI

Ai fini del confronto dei due modelli di movimen-tazione, uno centrato sull’operatore (MCO) e l’altrocentrato sulla persona (MCP), sono stati utilizzatialcuni indicatori di sintesi delle valutazioni sullo sfor-zo fisico espresse dagli infermieri che hanno parteci-pato alla sperimentazione. La verifica della riduzionedello sforzo da parte dell’operatore è stata condottaosservando un’attività di movimentazione a 3 fasi euna a 5 fasi.L’assistenza al malato negli spostamenti nel lettodalla posizione laterale a controlaterale consistenelle seguenti 3 fasi:

a) da laterale a supino-lato letto;b) da supino-lato letto a supino-lato letto opposto;

da supino-lato letto opposto a controlaterale(Grafico 1).

Sono state effettuate misure dello sforzo fisico pertale movimentazione su due distinti gruppi didegenti, il gruppo chiamato 3A seguito da infermieriformati secondo l’approccio MCO ed il gruppo 3Bseguito dagli stessi infermieri dopo che erano for-mati secondo i canoni della MCP.Per i due gruppi sono state inizialmente analizzatele caratteristiche descrittive di età, sesso e classe didipendenza Braden (voce mobilità). Il gruppo 3A,composto da 141 degenti di cui il 36% donne, ha

TABELLA 6 - Griglia per la valutazione dell’impegno dell’operatore durante la MCP - Gruppo Infermieri - Seconda fase

Griglia per la valutazione dell’impegno dell’operatore durante la MCP U.O.

Classe dipendenza sesso età Attività

Scomporre l’attività in fasi elementari e descriverla sinteticamente nella sequenza.

A

B

C

D

E

Numero operatori Tempo rilevato

Descrizione sintetica dei fattori X - Y, ostacolanti l’autonomia del malato

A

B

C

D

E

Giorno ____/____/________ Attività elementari

Livelli dell’intervento assistenziale A B C D EinfermieristicoIntervento in sostituzione di forzaIntervento in integrazione di forzaIntervento in educazioneNessun interventoFattori ostacolanti l’autonomia rilevati: personaX; ambiente Y (specificare sotto)

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25Movimentazione manuale centrata sulla persona

riportato un’età media di 74,4 anni con deviazionestandard (descrive la variabilità della caratteristicaconsiderata, in questo caso l’età) pari a 12,5; il valoremedio dell’indice Braden è risultato pari a 2,9 condeviazione standard pari a 0,7. Il gruppo 3B di 74degenti, di cui 42% donne, si è presentato con etàmedia di 75,4 anni e deviazione standard pari a 13;l’indice Braden è risultato anche in questo caso paria 2,9 in media, con deviazione standard pari a 0,6. Insostanza, in base alle caratteristiche descrittive i duegruppi di degenti risultano omogenei e con-frontabili.Nell’arco di cinque successivi interventi di movi-mentazione è stato dapprima calcolato lo sforzofisico medio per ognuna delle tre fasi, valutato sec-

ondo la scala di Borg, quindi la somma di questi 15punteggi medi (5 interventi per tre fasi ognuno) hafornito lo sforzo fisico totale per il gruppo di degen-ti considerato, nel caso del gruppo 3A pari a 48,6 eper il gruppo 3B a 38,8, con una diminuzione per-centuale dello sforzo totale pari al 20,3% laddove siè operato secondo l’approccio MCP.Per controllare l’effetto di fattori di confondimento,come ad esempio il peso dei degenti, si è calcola-to la differenza percentuale tra i valori dello sforzomedio nel primo e nel quinto intervento. Il risultatomostra come la diminuzione sia molto evidente nelcaso dell’approccio MCP, con quasi un dimezza-mento dello sforzo dopo cinque interventi (-46,9%)sul gruppo di degenti 3B, che non nel caso della

GRAFICO 1 - Attività di movimentazione a tre fasi

Gruppo intervento 3A

Gruppo intervento 3B

A

A

B

C

B

C

3 fasi

3 fasi

1 2 3 4 5

1 2 3 4 5

4,0

3,5

3,0

2,5

2,0

1,5

1,0

0,5

0,0

4,0

3,5

3,0

2,5

2,0

1,5

1,0

0,5

0,0

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26 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

dell’approccio MCO, dove per il gruppo di degen-ti 3A si registra solo un modesto decremento dellosforzo fisico degli infermieri (-7,3%). I grafici diseguito riportati illustrano i decrementi per ciascu-na delle tre fasi nei due gruppi.L’assistenza al malato negli spostamenti dal lettoalla sedia/carrozzina si esplica in 5 fasi:

a) sollevamento del busto (da supino a semiseduto);b) gambe fuori dal letto;c) posizione eretta spalle al letto;d) spostamento spalle alla sedia/carrozzina;e) da eretto a seduto sulla sedia/carrozzina (Grafico 2).

Anche in questo caso sono state effettuate misuredello sforzo fisico per la movimentazione su duedistinti gruppi di degenti, il gruppo chiamato 5Aseguito da infermieri formati secondo l’approccioMCO ed il gruppo 5B seguito dagli stessi infermieridopo che erano formati alla MCP.In termini di età, sesso, e classe di dipendenzaBraden (voce mobilità), il gruppo 5A, composto da103 degenti di cui il 30% donne, ha riportato un’etàmedia di 74,8 anni con deviazione standard pari a13,3; il valor medio dell’indice Braden è risultatopari a 2,7 con deviazione standard pari a 0,6. Ilgruppo 3B di 80 degenti, di cui 38% donne, si ècaratterizzato per un’età media di 74,6 anni e devi-azione standard pari a 12,5; l’indice Braden haassunto anche in questo caso il valore medio di 2,7,con deviazione standard pari a 0,6. Ancora unavolta i due gruppi di degenti risultano omogenei econfrontabili.Considerati cinque successivi interventi di movi-mentazione, lo sforzo fisico medio valutato secon-do la scala di Borg per ognuna delle cinque fasi èstato riassunto nello Sforzo fisico totale, nel caso

del gruppo di degenti 5A è risultato pari a 71,5 eper il gruppo 3B a 59,5, con una diminuzione per-centuale dello sforzo totale pari al 16,7% laddove siè operato secondo l’approccio MCP.La differenza percentuale tra i valori dello sforzomedio nel primo e nel quinto intervento ha mostra-to anche nell’intervento a cinque fasi un dimezza-mento dello sforzo (-49,2%) nel caso dell’approccioMCP, per l’approccio MCO si registra un piùmodesto decremento dello sforzo fisico degli infer-mieri (-10,2%). I grafici sotto riportati illustrano idecrementi per ciascuna delle cinque fasi nei duegruppi.In definitiva, i risultati delle analisi condotte sui duegruppi di degenti mostrano con evidenza come lamovimentazione centrata sul paziente conduca adun deciso decremento, nell’ambito di successiviinterventi, dello sforzo fisico richiesto al personaleinfermieristico. Viene così a ridursi significativa-mente il rischio residuo per l’operatore (sforzo fisi-co richiesto nell’esecuzione dell’attività) in con-seguenza della riduzione della domanda di movi-mentazione da parte del malato (cosiddetto rischioalla fonte).

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27Movimentazione manuale centrata sulla persona

Conclusioni

I livelli di riduzione dello sforzo fisico ottenuti costitu-iscono un elemento estremamente positivo e poten-zialmente capace di produrre la riduzione del dannoper l’operatore, ma sono sicuramente solo una partedei potenziali risultati. Mancano infatti indicazioniquantitative sulla portata delle azioni terapeutiche erelative analisi costi/benefici anche economici.Lo studio ha permesso di evidenziare che l’attività dimovimentazione da “prestazione”, ossia attività cheha alla base uno standard definito, può essere rein-terpretata in chiave di processo, consentendo unaapplicazione più estesa di quanto previsto in mate-ria di responsabilità professionale (profilo profes-

sionale degli infermieri). Utilizzando, infatti, le com-petenze acquisite con la formazione di base e per-manente, implementate dalla capacità di osser-vazione, di analisi e di valutazione è possibile dareuna risposta assistenziale appropriata al pazientebasata sulla analisi della situazione, sulla definizionedelle risorse e degli obiettivi condivisi con ilpaziente stesso e sulla valutazione dei risultati(processo di nursing).È quindi possibile affermare che il modello della“movimentazione centrata sulla persona” (MCP),intesa come attività terapeutica e riabilitativa, èstato determinate per:• il miglioramento del livello di autonomia dei

malati (circa l’80% degli osservati) con con-

GRAFICO 2 - Attività di movimentazione a 5 fasi

Gruppo intervento A

Gruppo intervento B

A

B

C

D

E

A

B

C

D

E

1 2 3 4 5

1 2 3 4 5

4,0

3,5

3,0

2,5

2,0

1,5

1,0

0,5

0,0

4,0

3,5

3,0

2,5

2,0

1,5

1,0

0,5

0,0

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28 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

seguente riduzione della domanda di movimen-tazione in termini qualitativi e quantitativi;

• la potenziale riduzione dei rischi da MMM;• il miglioramento della qualità del servizio assis-

tenziale;• l’acquisizione di nuove conoscenze e dati utili

alla sperimentazione di un modello di valu-tazione dei rischi da MMM basato sulle evidenze.

Riferimenti bibliografici

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classificazione. Med. Lav. 1999; 90,2: 152-172.3. Orem D. Nursing. Concetti di pratica profes-

sionale. SUMMA, Padova, 19924. Goleman D. Lavorare con intelligenza emotiva.

Come inventare un nuovo rapportocon il lavoro.BUR, Bergamo 2001

5. Baldasseroni A., Abrami V., Arcangeli G. et al.Studio longitudinale per la valutazione dell’effi-cacia di misure preventive in una popolazione dioperatori sanitari esposta al rischio di movimen-tazione manuale di pazienti. G Ital Med Lav Erg2005; 27:1, 101-105

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29

RISULTATI DELL’INDAGINE SISTEMATICAEFFETTUATA SUI PRESIDI SANITARI DI RISONANZAMAGNETICA INSTALLATI NEL TERRITORIO DELLA

ASL ROMA C NEL BIENNIO 2005-2007

Francesco Campanella*, Tiziana De Cristofano**, Manuela Guardati*, Alessandro Ledda*, Massimo Mattozzi*, AntonioSabatino Panebianco*

* Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), Dipartimento Igiene del lavoro, laboratorio Radiazioni ioniz-

zanti e non ionizzanti, settore Radiazioni ionizzanti e risonanza magnetica, Monte Porzio Catone, Roma

** Azienda sanitaria locale Roma C

Introduzione

L’applicazione della normativa attualmente vigentein materia di autorizzazione all’installazione e uso diapparecchiature diagnostiche a risonanza magneti-ca (Rm) comporta, a tutt’oggi, una serie di incertez-ze nell’interpretazione dei disposti contenute nellenorme medesime, poiché la tecnica legislativaadottata per la regolamentazione della protezionedel paziente e degli operatori in Rm risente delladistribuzione e in parte della sovrapposizione, dellevarie disposizioni che sono state oggetto di provve-dimenti fra loro distanziati nel tempo.Ne consegue che l’osservanza degli obblighi sanci-ti dalla legge risulta a volte di non facile attuazionee che, conseguentemente, le condizioni di sicurez-za che connotano la gestione del presidio Rm nonrisultano sempre conformi al livello qualitativo piùadeguato.Peraltro, l’emanazione del D.Lgs. 626/94 riguardanteil miglioramento della sicurezza e della salute deilavoratori sul luogo di lavoro, comporta necessaria-mente, anche per le strutture sanitarie utilizzantiapparecchiature Rm, il rispetto di disposizioni atte atutelare i lavoratori durante lo svolgimento di attivitàprofessionali con le succitate apparecchiature, comesancito dall’art. 1 del Decreto Legislativo medesimo.A compendio di quanto sopra, nelle tabelle 1 e 2che seguono vengono evidenziati tutti i riferimentinormativi - specifici per la Rm e generali per quan-

to attiene all’igiene del lavoro - a cui bisognaottemperare, al fine di assicurare l’esistenza di unpresidio Rm effettivamente in linea con opportunistandard di sicurezza e qualità.Per un opportuno e completo approfondimentodelle interrelazioni presenti fra le diverse norme e diun’auspicabile uniformità di applicazione dellemedesime sull’intero territorio nazionale, il labora-torio Radiazioni ionizzanti e non ionizzanti del dipar-timento Igiene del lavoro dell’Ispesl ha inteso realiz-zare un documento-linea guida [1], con il quale havoluto rappresentare in modo puntuale l’iter proce-durale a cui ottemperare, sia in fase di autorizzazio-ne all’installazione ed uso delle apparecchiature diRm, sia in fase di gestione delle stesse. Tale docu-mento, reso disponibile online sul sito webdell’Ispesl (Internet: http://www.ispesl.it), si prefiggealtresì di sollecitare gli utilizzatori di apparecchiatu-re Rm a rispettare le disposizioni di cui all’attualenormativa specifica del settore, al fine di adottare leopportune misure di tutela volte ad eliminare, ocomunque ridurre, i rischi connessi a tale uso, comeesplicitamente riportato nell’art. 98, punto 1 delD.Lgs. 626/94 (infatti, alcuni precisi adempimentiprevisti dalla normativa vigente sulla Rm costituisco-no adempimenti anche rispetto alle disposizioni dicui al D.Lgs. 626/94).Al riguardo di quanto sopra esplicitato, si evidenziacome l’Ispesl sia l’organo tecnico-scientifico del Mini-stero della Salute incaricato di effettuare - in ognitempo e anche su libera iniziativa - accertamenti

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30 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

ispettivi su tutti i presidi di risonanza magnetica instal-lati sul territorio nazionale, sui quali invece la vigilan-za sistematica spetta agli organi del servizio sanitario.In particolare il rappresentante legale della struttu-ra sanitaria autorizzata, prima di esperire un’attivitàconnessa alla Rm, deve acquisire, dal proprio esper-to responsabile (Er) di cui all’allegato 3, punto 4-10del DM 2 agosto 1991 (Gazzetta ufficiale serie gene-rale 194 del 20 agosto 1991, pag. 3337), all’uopo econ congruo anticipo opportunamente identificatoe formalmente incaricato, una relazione scritta con-tenente le valutazioni e le indicazioni di protezioneinerenti l’attività stessa e di cui agli standard di sicu-rezza dell’art. 2 del DPR 542/94. A tal fine, lo stessofornisce all’Er i dati, gli elementi e le informazioninecessarie. La relazione rilasciata dall’Er e che ripor-ta, ai sensi dello stesso punto 4-10 già citato: la vali-dazione del progetto esecutivo; la stesura dellenorme interne di sicurezza elaborate congiunta-mente al medico responsabile (Mr) incaricato per lagestione delle problematiche di sicurezza relativeagli aspetti clinici; la distribuzione delle curvemagnetiche in relazione alla definizione delle areead accesso controllato e alle zone di rispetto; costi-tuisce il documento di cui all’art. 4 comma 2 delD.Lgs. 626/94, per gli aspetti connessi con i rischi daradiazioni non ionizzanti e da campi magnetici cor-relati all’attività del presidio Rm. Inoltre, il rappre-sentante legale della struttura sanitaria autorizzatagarantisce altresì le condizioni per la collaborazio-ne, nell’ambito delle rispettive competenze, fra l’Ere il Servizio di prevenzione e protezione (Spp) di cuiall’art. 8 del D.Lgs. 626/94. L’Er è tenuto a partecipa-re alle riunioni periodiche di cui all’art. 11 del pre-detto decreto.L’Er espleta le funzioni di cui al punto 4 -10 dell’alle-gato 3 del DM 2 agosto 1991, con particolareriguardo all’esecuzione dei controlli di qualità [2],rispettando quanto previsto dall’art. 1, comma 3,lettera r del D.Lgs. 626/94.Fermo restando quanto sopra riportato, nelle pagi-ne seguenti verranno delineate le procedure daosservare in fase di autorizzazione all’installazioneed uso delle apparecchiature di Rm.Avendo al riguardo già in precedenza evidenziatol’attuale estrema articolazione, complessità e fram-

mentarietà delle normativa, si rende però indispen-sabile l’identificazione di una metodologia di lavoro,ovvero di una linea applicativa, efficace e razionale,che tenga conto del fatto che l’ultimo disposto nor-mativo specifico emanato in materia, ovvero il DPR542/94, è solo un regolamento recante norme per lasemplificazione di autorizzazione all’uso diagnosticodi apparecchiature Rm sul territorio nazionale e nonabroga in alcun modo l’obbligo della comunicazio-ne di detenzione di apparecchiature Rm, che deveessere opportunamente inviata alle autorità statalicompetenti, sulla base della determinazione sancitadalla Corte Costituzionale (sentenza 216 del febbra-io 1988) che ha assegnato allo Stato e non alleRegioni la responsabilità degli atti connessi all’usodi apparecchiature diagnostiche a Rm e sulla basedella circolare emanata dal Ministero della Sanitànel 1995 (i cui estremi sono riportati in tabella 2).A compendio di quanto sopra evidenziato e a com-pletamento della panoramica già illustrata, sisegnala come la normativa europea Regole partico-lari di sicurezza relative agli apparecchi di risonanzamagnetica per diagnostica medica, di cui al proget-to 62b/240 (Dis dell’Iec), sancisca che esistono pro-blematiche tipicamente tecnico-fisico-ingegneristi-che che non possono essere trattate nell’ambitodella radiologia medica, ma che invece sono di per-tinenza esclusiva di un tecnico (Er), in quanto sonoproblematiche relative a:• zone controllate,• altri apparecchi in dotazione e che potrebberoessere utilizzati in zone sottoposte ad un campomagnetico superiore a 5 gauss, o comunque inzone soggette ad un’intensità di campo compre-sa fra 1 e 5 gauss,

• vibrazioni e rumore presenti nell’ambiente,• protezione dai gradienti e alla loro misura tem-porale,

• gestione di liquidi e gas criogeni.

Tali tematiche si ritrovano pedissequamente ripor-tate fra le attribuzioni dell’Er, specificatamenteidentificate nel punto 4.10, allegato 3 del DM 2 ago-sto 1991.

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31Risultati dell’indagine sistematica effettuata sui presidi sanitari di risonanza magnetica

installati nel territorio della Asl Roma C nel biennio 2005-2007

TABELLA 1 - Riferimenti normativi specifici nel settore Rm

Riferimento legislativo data validità

Decreto Ministeriale 29 novembre 1985 artt. 1 e 2

Sentenza 216 della Corte 11 febbraio 1988 sìCostituzionale

Decreto Ministeriale 2 agosto 1991 art. 7, allegati 1-6

Sentenza della Corte Costituzionale 17 marzo 1992 sì

Decreto Ministeriale 3 agosto 1993 artt. 2, 4 e 5, allegati a, b

Decreto Presidente della 8 agosto 1994 tutti gli articoliRepubblica 542

TABELLA 2 - Riferimenti di altre norme protezionistiche specifiche e di carattere generale per la Rm

Riferimento legislativo data oggetto

Circolare del Ministero della Sanità, 28 aprile 1992 • comunicazione di avvenutadir. gen. Ospedali, divisione II installazioneprot.-900.2/4.1-Ag/581 • modalità di espletamento

della sorveglianza fisica emedica, modalità e frequenzadei controlli di qualità

Decreto Legislativo 626 e s.m.i. 19 settembre 1994 tutela della salute e sicurezzadei lavoratori:• valutazione del rischio• minimizzazione del rischio• programmazione interventiper la sicurezza• formazione/informazionedel personale• sorveglianza sanitaria

Circolare del Ministero della Sanità, 7 giugno 1995 definizione delle Rmn settorialidir. gen. Ospedali, divisione II

prot.-900.2/14.1/351

Parere del Consiglio Superiore di 13 dicembre 1995 • definizione degli standardSanità, sessione XLI, sezione II per il rumore delle apparec-

chiature• D.Lgs. 277/91 (lavoratori),DPCM 1 marzo 1991 (popolazione)

Decreto Legislativo 46, allegato XI 24 febbraio 1997 relativo ai dispositivi medici:chi può fare manutenzione e Cq

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32 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

1. L’indagine

1.1 Il contesto: il territorio della Asl Rm C

Il territorio della Asl Rm C comprende i municipi VI,IX, XI e XII del Comune di Roma. L’Ispesl ha effet-tuato nel triennio 2005-2007 una serie di accerta-menti che hanno interessato tutti i presidi sanitari,pubblici e privati, per un totale di tredici strutturedove sono state installate apparecchiature Rm.Tali accertamenti sono stati effettuati sulla base delDPR 542/94 che cita all’articolo 7:

“Vigilanza e controlli1. La vigilanza sulle apparecchiature Rm è deman-

data alle Asl.2. Accertamenti ispettivi per verificare la conformità

dell’installazione e dell’uso delle apparecchia-ture alle prescrizioni possono essere effettuati inogni tempo dal ministero nonché dall’ISS edall’ISPESL, anche su richiesta del ministero stes-so, della Regione o Provincia autonoma.

3. L’accertata violazione delle prescrizioni può com-portare la sospensione temporanea o la revocadell’autorizzazione”.

FIGURA 1 - Il territorio della Asl Rm C

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33Risultati dell’indagine sistematica effettuata sui presidi sanitari di risonanza magnetica

installati nel territorio della Asl Roma C nel biennio 2005-2007

1.2 Il verbale di ispezione Rm

È stato utilizzato il modello di verbale di ispezionepredefinito [3] per ciascuna delle principali tipolo-gie di apparecchiature, al fine di garantire: mag-giore scientificità del metodo, efficienza più elevatae omogeneità di giudizio e di assolvere a un ruolofortemente costruttivo, finalizzato certamenteanche alla repressione di eventuali comportamentiscorretti, ma soprattutto volto al perseguimento diopportuni standard di prevenzione e sicurezza.

1.3 Presentazione del campione analizzato

Dato il numero di apparecchiature oggetto del-l’indagine lo studio dei dati che sono stati rilevatidall’analisi delle informazioni ricavate ci consente diavere uno spaccato della situazione dei siti presen-ti sul territorio, rendendo possibile l’individuazionedelle criticità maggiori e delle carenze più fre-quentemente riscontrate.

Delle tredici strutture sanitarie ispezionate si puòvalutare come la maggioranza sia di tipo privato-convenzionato (46%), mentre il restante 54% è quasiequamente suddiviso tra pubbliche e private-nonconvenzionate (figura 2).Per quanto concerne la tipologia delle apparec-chiature utilizzate, dal punto di vista strettamentetecnico, i magneti superconduttori sono quellimaggiormente utilizzati (64%) rispetto ai magnetipermanenti/resistivi; ciò sta a evidenziare la ten-denza dell’utenza a utilizzare sempre più questotipo di tecnologia, dati gli indubbi vantaggi in ter-mini di intensità del campo magnetico statico, dellamigliore immagine ottenuta e del minor tempo diesecuzione degli esami.Infatti, suddividendo i magneti per intensità dicampo (figura 4), si evidenzia come la maggiorparte, sette magneti sui tredici considerati, abbiaun campo superiore ad 1 T e in un caso è statoadottato un magnete con intensità di campo di 3 Tutilizzato prevalentemente a scopo di ricerca.

FIGURA 2 - Suddivisione delle strutture sanitarie a livello amministrativo: tipologia del presidio

privata

convenzionata

pubblica

31%

46%

23%

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Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro34

FIGURA 3 - Suddivisione delle apparecchiature presenti per tipologia di magnete

FIGURA 4 - Ripartizione delle apparecchiature in base all’intensità del campo magnetico statico

superconduttore

permanente

resistivo

0,2 T 0,3 T 0,4 T 1,0 T 1,5 T 3,0 T

6; 46%

5; 38%

1; 8%2; 15%

3; 23%

1; 8%1; 8%

0; 0%

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1.4 Discussione dei risultati

I punti salienti che appare opportuno evidenziarecome risultati significativi a livello macroscopicosono i seguenti:• tutti i presidi esaminati sono stati trovati confor-mi rispetto ai requisiti minimi di sicurezza,

• in nessun presidio è stato rilevato il completorispetto degli standard di sicurezza di cui all’art. 2del DPR 542/94,

la media delle prescrizioni rilasciate è risultataessere di circa undici per presidio (figura 5).La procedura adottata per effettuare l’indagineoggetto di questa tesi si è articolata nei seguentimomenti:1. lo studio preliminare dei documenti presentinegli uffici della Asl territorialmente competente;

2. il confronto di questi dati con quelli in possessodell’Ispesl per verificare eventuali discrepanze ocarenze;

3. l’ispezione vera e propria del sito di risonanzamagnetica, avvalendosi della competenza tecni-ca del personale Ispesl;

4. la verifica delle ottemperanze alle prescrizioniimpartite;

5. l’analisi dei dati raccolti durante la fase ispettiva.

A tale proposito si è elaborata una scheda di valu-tazione molto estesa, per analizzare nel modo piùesauriente possibile le informazioni ottenute insede di ispezione sui siti interessati al progetto.La tabella elaborata comprende una prima partefinalizzata ad avere una descrizione del sito a livellodi sistemazione degli spazi e di destinazione d’usodei locali.La seconda parte è dedicata alla descrizione deltipo di carenze che, in base a una valutazione delrischio associato, si sono ritenute più importanti egravi dal punto di vista della sicurezza per i lavora-tori, la popolazione e i pazienti.Di seguito viene riportata per esteso la tabella con-tenente i dati raccolti in sede di sopralluogo.

Risultati dell’indagine sistematica effettuata sui presidi sanitari di risonanza magneticainstallati nel territorio della Asl Roma C nel biennio 2005-2007

35

FIGURA 5 - Suddivisione delle apparecchiature presenti per tipologia di magnete

16

P.1 P.2 P.3 P.4 P.5 P.6 P.7 P.8 P.9 P.10 P.11 P.12 P.13

19

9

5

16

6

8

11 11

8

17

7

14

20

18

16

14

12

10

8

6

4

2

0

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Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro36

TABELLA 3 - Elenco parametri analizzati relativi a sistema di accoglienza e gestione del paziente

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37Risultati dell’indagine sistematica effettuata sui presidi sanitari di risonanza magnetica

installati nel territorio della Asl Roma C nel biennio 2005-2007

TABELLA 4 - Elenco parametri analizzati relativi ai locali di preparazione ed emergenza

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38 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

TABELLA 5 - Elenco parametri analizzati relativi ai dispositivi di sicurezza e agli impianti accessori

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39Risultati dell’indagine sistematica effettuata sui presidi sanitari di risonanza magnetica

installati nel territorio della Asl Roma C nel biennio 2005-2007

TABELLA 6 - Elenco parametri analizzati relativi ai dispositivi di sicurezzae agli impianti accessori per magneti superconduttori

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40 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

TABELLA 7 - Elenco parametri analizzati relativi alla protezione e sicurezza degli operatori

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41Risultati dell’indagine sistematica effettuata sui presidi sanitari di risonanza magnetica

installati nel territorio della Asl Roma C nel biennio 2005-2007

1.4.1 Carenze relative all’area accettazione eanamnesi dei pazienti

Relativamente alla accettazione dei pazienti le crit-icità più rilevanti si sono riscontrate principalmentenella fase anamnestica (compilazione del ques-tionario) relativa all’accertamento di eventuali con-troindicazioni all’esame.L’aspetto che è risultato maggiormente significati-vo è la mancanza o l’errato posizionamento dellafirma del medico responsabile della prestazione:ciò, in caso di pazienti che in corso di esame sidimostrassero non idonei alla tecnica diagnostica,potrebbe provocare pesanti e dirette ricadute dicarattere legale sul presidio. A tale riguardo ha unagrande importanza, in fase ispettiva, la sensibiliz-zazione della direzione sanitaria e del responsabiledel reparto ai quali è demandato il compito di farrispettare la corretta procedura di compilazione delquestionario anamnestico.

1.4.2 Carenze relative alle aree preparazionepazienti e emergenza medica

In circa il 30% delle strutture la carenza di spazi hadeterminato la coincidenza dell’area preparazionecon quella di emergenza. Tale scelta nell’asseg-nazione degli spazi, di per sé non contraria alle dis-posizioni di legge, ha causato, poiché mal gestita,una mancanza di ottimizzazione nella gestione deimedicinali, dei dispositivi e di quanto necessarioalla corretta conduzione di entrambe le fasi.Altro aspetto che spesso è trascurato, ma cheincide fortemente sui tempi di intervento in caso diemergenza medica, è l’assenza della barella amag-netica all’interno del sito Rm.

FIGURA 6 - Area accettazione pazienti

Mancata o errataidentificazione dellocale anamnesi

Mancanza del lettinonel locale anamnesi

Errata posizionefirma MRP

nel questionarioanamnesico

131211109876543210

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42 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

1.4.3 Carenze relative a dispositivi e indi-cazioni di sicurezza

Numerosi sono gli aspetti trascurati per quantoriguarda i rischi connessi alla presenza del campomagnetico statico: il più rilevante è sicuramenterappresentato dall’assenza o dalla non completaadeguatezza, in otto casi su tredici, di una barrierache delimiti l’accesso controllato al sito, così comerichiesto dalle disposizioni di legge. Anche gliaspetti legati alla prevenzione degli incendi all’in-terno del reparto Rm sono trascurati in circa unterzo dei casi. Meno grave può essere consideratala mancanza della telecamera, poiché per lo piùriscontrata nei casi in cui la disposizione del tomo-grafo consente una visione diretta del pazientedalla consolle.

1.4.4 Carenze relative alla zona consolle eporta di accesso alla sala magnete

La porta di accesso alla sala magnete è risultata unaltro elemento non adeguatamente curato dalpunto di vista manutentivo. La corretta continuitàdella gabbia di Faraday è direttamente correlata allostato di manutenzione della porta di accesso allasala del tomografo e l’ottimale schermatura fornitadalla gabbia è a garanzia di una buona qualità delleimmagini acquisite durante l’esame diagnostico (infigura 9 sono evidenziati gli elementi di criticità con-nessi a quanto sopra descritto). Nella zona consolle,la mancanza più marcata è risultata essere l’assenzadi chiara identificazione dei pulsanti che attivano idispositivi di emergenza (ventilazione di emergenza,sgancio elettrico del tomografo, espulsione forzatadell’elio o quench): è opportuno che l’operatoreabbia immediatamente visibile la posizione e il signi-ficato di tali pulsanti, al fine di garantire l’immedi-atezza e l’opportunità dell’intervento.

FIGURA 7 - Area preparazione pazienti e area emergenza medica

13

12

11

10

9

8

7

6

5

4

3

2

1

0Area preparazionecoincidente conemergenza

Armadio dei far-maci di prepara-zione in comunecon i farmaci diemergenza

Assenza diidonea

etichettatura

Mancataseparazionefarmaci/emer-

genza

Dispositivi diemergenza nonpronti all’uso

Mancanza dellabarella

amagnetica

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43Risultati dell’indagine sistematica effettuata sui presidi sanitari di risonanza magnetica

installati nel territorio della Asl Roma C nel biennio 2005-2007

FIGURA 8 - Dispositivi e indicazioni di sicurezza

FIGURA 9 - Zona consolle e porta di accesso alla sala magnete

13

12

11

10

9

8

7

6

5

4

3

2

1

0

13

12

11

10

9

8

7

6

5

4

3

2

1

0

Assenza della barrieradi accesso controllato

Mancanza di etichettaturapulsanti di emergenza

Mancata manutenzione porta di accessoe fingers mancanti

Mancanzatelecamera

Assenza degli estintoriamagnetici

Assenza di idoneosistema di ritenutadegli estintori

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44 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

1.4.5 Carenze relative ai sistemi di climatiz-zazione, ventilazione e sensore ossigeno

Il controllo da parte dell’operatore dei parametrimicroclimatici presenti in sala magnete è fonda-mentale per la limitazione del Sar (rateo di assorbi-mento specifico) sui pazienti e quindi appare comeparticolarmente significativa l’assenza o comunquel’impossibilità di controllare i dati tramite il ter-moigrometro. Bisogna comunque evidenziarecome nella maggioranza dei casi, i parametri ditemperatura e umidità misurati in ispezione rientri-no nel range consigliato per la limitazione del Sar eper il benessere climatico del paziente. Gli impiantidi climatizzazione e di ventilazione sono stati valu-tati con particolare attenzione sotto l’aspetto dellafunzionalità e della correttezza dello schema diprogetto. In ispezione sono state effettuate sistem-aticamente verifiche del corretto funzionamento e

taratura del sensore O2, essendo questo l’elementofondamentale per la sicurezza, nelle installazionicon magnete superconduttore.

1.4.6 Carenze relative alla documentazione

Dall’analisi della documentazione sono state verifi-cate alcune mancanze ricorrenti. Seppure questenon abbiano una ricaduta diretta sulla sicurezza dipazienti e operatori, influiscono negativamentesulla gestione ottimale del sito e quindi presentanouna ricaduta indiretta sugli aspetti legati allasicurezza del reparto.In quest’ambito, una carenza che risulta essere digrande rilevanza è la formazione/informazione insuf-ficiente o addirittura mai attuata nei confronti deglioperatori, con conseguente infrazione a quanto sta-bilito anche dagli art. 21 e 22 del D.Lgs. 626/94.

FIGURA 10 - Sistemi di climatizzazione e ventilazione e sensore ossigeno

Mancanza deltermoigrometro

o erratavisualizzazione

Errato posizionamentocanalizzazionedi ripresa vicinoalla flangia

Assenza certificatoaggiornato di

taratura del sensore

Errato posizionamentosensore ossigeno

1312

11

10

9

8

7

6

5

4

3

2

1

0

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45Risultati dell’indagine sistematica effettuata sui presidi sanitari di risonanza magnetica

installati nel territorio della Asl Roma C nel biennio 2005-2007

Conclusioni

I punti salienti che si possono evidenziare dai datiraccolti a seguito dell’indagine svolta, sono ripor-tati di seguito.A. Un elemento critico rilevato in un numero consis-tente di presidi è l’insufficiente restrizione dellazona ad accesso controllato, sia per la mancanzadi porte apribili solo dall’interno che impedis-cano l’ingresso accidentale a persone non autor-izzate, che per la mancanza di idonea o chiarasegnaletica indicante il divieto di accesso aisoggetti per cui esiste controindicazione all’es-posizione al campo magnetico.

B. Lo studio della sistemazione degli spazi e delladestinazione d’uso dei locali ha evidenziatocome sia mediamente critica la gestione deipazienti all’interno della zona ad accesso con-trollato.In questo ambito, talvolta, risultano favorite dallascarsità di spazi la commistione fra area

preparazione e area emergenza pazienti e lamancanza di idonei locali per la raccolta dei datidi anamnesi.

La presenza di più di un paziente per volta,potrebbe comportare inoltre problemi nel rispet-to della privacy e nella gestione di un’ipoteticaemergenza medica contemporanea, si tratta diun evento peraltro poco probabile, ma la cuievenienza non va trascurata e questo con-trasterebbe con la necessità di gestire in qualitàla sicurezza del presidio.

C. Spesso è stato tralasciato l’aspetto inerente lasicurezza antincendio del sito Rm, è stata infattirilevata nel 30% dei casi l’assenza degli estintoriamagnetici o comunque la mancanza dei sup-porti o della cartellonistica che ne evidenzi lapresenza.

D. La gestione dell’emergenza si è dimostrata spes-so carente per la mancanza della barella amag-netica, di una chiara identificazione e sepa-razione dei farmaci di emergenza da quelli per la

FIGURA 11 - Documentazione

Mancanza di alcune parti delregolamento di sicurezza

Regolamento di sicurezzanon esposto

Formazione mai svolta

13

12

11

10

9

8

7

6

5

4

3

2

1

0

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46 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

preparazione e per la presenza di dispositivi diprimo soccorso non sempre pronti all’uso.

E. Quella dei magneti superconduttori è risultata digran lunga la tipologia di apparecchiatura piùcritica ai fini della gestione della sicurezza per lasua stessa natura, in particolare le carenze hannoriguardato la non corretta installazione, controlloe manutenzione degli impianti accessori, conspecifico riferimento al sensore di rilevamentodella percentuale di ossigeno, all’impianto diventilazione della sala Rm e a quello di evac-uazione dei gas criogenici in caso di quench.Nello specifico il sensore ossigeno è risultatotarato o posizionato erroneamente in cinque casisu tredici, tale dato ha una rilevanza particolareessendo questo un elemento basilare per lasicurezza del paziente e degli operatori in caso difuoriuscita dell’elio.La mancanza in diversi presidi del termoigrometroin sala magnete o di un display facilmente visualiz-zabile dalla consolle, evidenzia l’impossibilità, daparte dell’operatore, di rilevare i valori di temper-atura e umidità ambientali, necessari per limitarenei pazienti il valore medio del Sar.

F. Per quanto concerne la documentazione va evi-denziato come in tre presidi non è mai stataeffettuata la formazione/informazione del per-sonale; è questo un aspetto che risulta essereparticolarmente importante perché gli operatoripossano conoscere tutti gli elementi connessialla sicurezza propria, dei pazienti e gli effettisulla salute e per saper individuare le eventualisorgenti di rischio.La normativa vigente in materia di autorizzazioneall’installazione ed uso di apparecchiature a Rmcomporta una serie di incertezze interpretativenei confronti delle disposizioni contenute nellestesse, poiché è frutto di sovrapposizioni diprovvedimenti fra loro distanziati nel tempo.Ne consegue la non facile attuazione dell’osser-vanza a tali obblighi a scapito delle condizioni disicurezza del presidio di Rm che non risultanosempre conformi al livello qualitativo adeguato.È auspicabile che al più presto venga emanatoun aggiornamento della norma che costituisca

un punto di riferimento valido sia per chi deveinstallare e gestire in sicurezza e qualità un pre-sidio di Rm, che per chi deve controllare il rispet-to delle condizioni di sicurezza negli stessi.

Bibliografia

[1] F. Campanella, M. Mattozzi, E. Marchetti, A.S.Panebianco, C. Petrucci, G. Spagnoli. Procedureautorizzative e gestionali relative all’installazionee all’uso di apparecchiature diagnostiche a riso-nanza magnetica - indicazioni operative.Supplemento di Fogli d’informazione. Ispesl. 2.Roma, aprile-maggio 2005.

[2] Aifm (Associazione italiana di fisica in medici-na). Report n. 2. 2004.

[3] F. Campanella, M. Salatti. Standardizzazionedell’attività ispettiva dell’Ispesl nel settore dellarisonanza magnetica. Fogli d’informazione.Ispesl. 3: 27-48. Roma, luglio-settembre 2007.

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STRUTTURE DI SOSTEGNO IN ACCIAIO PERAPPARECCHI A PRESSIONE: SOVRACCARICO

SULLE MENSOLE DI APPOGGIO A CAUSADELLO SCARICO DI UN’ESPLOSIONE

Daniele Cionchi

Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), Dipartimento territoriale di Ancona

Introduzione

Nel D.Lgs. 626/94 per la prima volta si introduce lanecessità di effettuare la valutazione dei rischi perla salute e la sicurezza dei lavoratori: tra i rischi com-paiono sicuramente quelli legati ad atmosfereesplosive. Il datore di lavoro nell’assolvimento degliobblighi dell’art. 4 del D.Lgs. 626/94 deve valutarequindi in maniera specifica il rischio di esplosione.Tale valutazione sarà tanto più efficace quanto piùampio sarà lo spettro dei rischi che il progettista,per conto del datore di lavoro, prenderà in analisi.Il progettista utilizzerà i dati statistici a sua disposi-zione per capire l’entità del fenomeno studiato, siaper fare prevenzione, cioè evitare quelli che potreb-bero essere gli effetti indesiderati e distruttivi diun’esplosione. I dati statistici gli saranno poi utilianche per definire il rischio accettabile a livello teo-rico, definendo se questo possa determinare unasicurezza anche nella realtà. Se non fosse così, biso-gnerebbe aumentare il livello di sicurezza rivalutan-do il rischio accettabile. A seguito di verifiche inambienti lavorativi in cui gli operatori possono esse-re esposti al rischio di atmosfere esplosive, come inparticolare quello delle industrie chimiche e/o far-maceutiche, a volte può capitare di trovare dellestrutture di sostegno e di supporto agli apparecchia pressione installati, che possono risultare sottodi-mensionate. Naturalmente a un primo esame risul-terebbero correttamente progettate. Se si prendo-no invece in considerazione delle condizioni ecce-zionali, ma ragionevolmente prevedibili, che nonandrebbero sottovalutate, come la possibilità che si

verifichi un’esplosione in uno di questi apparecchi apressione, o più correttamente un inizio del feno-meno esplosivo, può capitare di trovarsi di fronte astrutture metalliche non propriamente idonee.Non idonee proprio perché dimensionate per il nor-male carico nominale prevedibile, quindi non com-prensivo di un eventuale sovraccarico dovuto acause non poi così remote come può essere l’inne-sco di un fenomeno esplosivo internamente a unapparecchio a pressione o anche a un evento sismi-co. Tali condizioni di sollecitazioni eccezionali vannoa gravare su una struttura che dovrebbe essere pro-gettata per scongiurare un collasso strutturale e diconseguenza un successivo effetto domino inun’area così sensibile e spesso con un sovraffolla-mento di tubazioni e serbatoi a rischio. Tutti normal-mente si preoccupano di soddisfare le varie direttiveda applicare che pongono in primo piano gli appa-recchi a pressione, lasciando a una progettazione avolte frettolosa le strutture di sostegno, consideran-do questa una problematica di secondo ordine.Si vuole prendere in considerazione lo studiodimensionale e deformativo delle mensole diappoggio della struttura di sostegno in acciaio diun recipiente in pressione. In particolare ci riferia-mo a un reattore per l’industria chimica o farmaceu-tica all’interno del quale avvengono reazioni chepotrebbero innescare l’inizio di una esplosione.Secondo quanto previsto dall’allegato I dellaDirettiva 94/9 Atex (Atmosfere esplosive), il fabbri-cante di apparecchi a pressione è tenuto a proget-tare i propri prodotti secondo il principio della sicu-rezza integrata contro le esplosioni. Ma sia laDirettiva Ped che si occupa delle sollecitazioni cau-

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48 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

sate da pressione e temperatura (anche da altri cari-chi e sovraccarichi vari sul recipiente “reattore”) chela Atex (Apparecchi e sistemi di protezione destina-ti ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmenteesplosiva) sensibile alle problematiche relative aeventuali sorgenti d’innesco e all’esplosione delreattore, in realtà si occupano soltanto del recipien-te a pressione in sé stesso. Tra le direttive socialiche integrano il D.Lgs. 626/94 troviamo la 99/92/CEche fissa alcuni obblighi specifici per il datore dilavoro per l’adeguamento sia dei luoghi di lavoroche delle attrezzature. Analizziamo quindi lo scena-rio prevedibile, anche se raro, di un eventuale con-traccolpo sulle mensole di appoggio del reattore acausa dello scarico di un’esplosione. Sarà importan-te per il progettista valutare preventivamente anchequesta ulteriore problematica. In definitiva, attra-verso un’accurata analisi interna del sito (spazi,distanze, vie di fuga, ecc.) che contenga anche unaanalisi strutturale, si vuole giungere a realizzareun’adeguata struttura in acciaio a completamentodel serbatoio. Tali elementi di sostegno dovrannoessere in grado di attutire il forte colpo, in caso sidovesse verificare l’ipotesi più sfavorevole cioèl’esplosione. Avendo preso in considerazione unreattore di un’azienda chimica, ammettiamo l’ipote-si iniziale che all’interno del recipiente in cui avven-gono le reazioni chimiche sia presente una atmosfe-ra esplosiva e siano anche presenti potenziali sor-genti d’innesco proprie che dovranno essereopportunamente valutate. La valutazione del fab-bricante dell’apparecchio a pressione può non con-sentirgli di apportare misure tecniche in grado dieliminare le sorgenti d’innesco, in tal caso risultanecessario che lo stesso installi dei dispositivi dilimitazione degli effetti dell’esplosione come è pre-visto al punto 1.0.1 dell’allegato II alla Direttiva Atex94/9/CE. Il fabbricante quindi, oltre ad avere il com-pito di valutare la resistenza strutturale del reattorealle condizioni di esercizio per pressione e tempera-tura ecc., come previsto dalla Direttiva Ped, dovràanche prendere in considerazione la resistenzastrutturale del recipiente alla pressione di esplosio-ne che si potrebbe ipoteticamente generare.Dovranno essere considerati e valutati vari tipi disorgenti d’innesco, in generale le sorgenti d’inne-sco possono essere: superfici calde, fiamme liberee/o gas caldi, scintille di origine meccanica, scintille

elettriche, archi, scariche elettrostatiche, onde elet-tromagnetiche, radiazioni ionizzanti, ultrasuoni,compressioni adiabatiche e onde d’urto, e reazioniesotermiche. Il nostro reattore avrà all’interno unagitatore per cui le possibilità che si verifichi qual-cosa, un innesco all’interno del recipiente, è concre-ta. Tra le misure di protezione a disposizione: pro-gettazione resistente all’esplosione, scarico del-l’esplosione, soppressione dell’esplosione, preven-zione della propagazione delle fiamme e dell’esplo-sione.Ipotizziamo il metodo dello scarico: per scarico del-l’esplosione intendiamo un principio di protezionein cui si ha lo scarico della miscela combusta eincombusta con gas della combustione, allo scopodi ridurre la pressione che si genera con l’esplosio-ne. Noi prevediamo di realizzare delle aperture chesiano sufficienti a impedire la distruzione dell’appa-recchio; in particolare come dispositivo di scaricoipotizziamo dei dischi di rottura progettati e realizza-ti secondo normative europee armonizzate comeprEn 14491 e prEn 14994. Può essere un utile riferi-mento, anche se non sono è una norma armonizza-ta, la Guide for venting of deflagrazions (Nfpa 68,National fire protection association). È logico che talisistemi devono essere realizzati in maniera tale danon determinare lesioni agli operatori eventualmen-te presenti nelle vicinanze o causare danni alle cosee all’ambiente. Supponiamo di considerare il reatto-re sostenuto da quattro mensole in acciaio che sca-ricano le azioni su opportune strutture verticali, cal-colate anche nei confronti di un evento sismico,quindi opportunamente controventate. Tali mensoledovranno sopportare il peso del contenuto internoal reattore e il peso proprio del serbatoio del diame-tro di circa 1.000 mm, dello spessore di 30 mm, deri-vante dalla progettazione dello spessore del man-tello per sopportare una pressione di 50 bar. Noi ciponiamo nella condizione di prevedere, a causadelle trasformazioni chimiche interne, un rapidissi-mo aumento di pressione che andrà a sollecitare alcollasso le strutture del serbatoio. Per evitare il col-lasso, come abbiamo già spiegato, scegliamo di uti-lizzare un disco di rottura che vada a scaricare l’accu-mulo di pressione. Si tratta cioè di prevedere unarottura programmata di tale disco con delle incisio-ni per facilitare l’evento voluto. L’efflusso di prodot-to misto gassoso sarà caratterizzato da un’energia

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49Strutture di sostegno in acciaio per apparecchi a pressione: sovraccarico

sulle mensole di appoggio a causa dello scarico di un’esplosione

che solleciterà le mensole con un incremento diforza che, semplificando, assimiliamo al prodottodella superficie del disco per la pressione di rottura.A causa di questo “colpo” le strutture di sostegnoin acciaio del serbatoio saranno sollecitate da unareazione verso il basso, pari alla somma di questacomponente in aggiunta al peso proprio del reci-

piente e al peso del fluido contenuto. Utilizziamocome codice di calcolo per la verifica delle sollecita-zioni indotte sul mantello del serbatoio-reattoredalle forze agenti sulle mensole, un codice ricono-sciuto come ad esempio quello del Regno UnitoBritish Standard Bs 5500, diventato successivamen-te Published Document Pd 5500.

FIGURA 1 - Recipiente reattore in esame

Sm

R

b

Di

L

H

h

Mt

Fs

Bm

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50 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

Verifica del mantello serbatoio

Materiali: SA 240 304.Dimensioni mensola e dati relativi alla pressioneinterna:• pressione 5 MPa,• temperatura 200 °C,• h = altezza piatto = 600 mm,• b = larghezza piatto = 350 mm,• Bm = braccio della mensola = 175 mm,• H = centro mensola da L T = 800 mm,• Fw = peso totale = 367.875 N,• Nm = numero mensole = 4,• Di = diametro interno = 950 mm,• L = lunghezza tra L T = 1.500 mm,• Sm = spessore mantello = 30 mm,• tm = tolleranza mantello = 0,2 mm.

La sollecitazione massima ammissibile nella verificaviene determinata applicando adeguati coefficientidi sicurezza alle caratteristiche meccaniche delmateriale alla temperatura media di parete:• fm = sollecitazione ammissibile mantello = 95.78

N/mm2,• Rs = snervamento mantello = 143,67 N/mm2,• Smc = Sm - Cmi - Cme - Pmi - tm = 29,80 mm,

dove:

• Cmi = corrosione interna mantello = 0• Cme = corrosione esterna mantello = 0• Pmi = placcatura interna mantello = 0

D = Di + 2 Cmi + 2 Pmi + Smc = 979,80 mm• r = D/2 = 489,90 mm• d = |H - L/2| = 50• Le = L - (4d2)/L = 1.493,33.

Reazione sul supporto

Momenti esterni

Fs = taglio totale = 0 NM circonferenziale = 0,5 Fs Bm = 0 NmmM longitudinale = R* Bm = 16094530 Nmm

Sforzi sul mantello per peso e pressione:

fw= = 4,41 N/mm2

fpl = 41,1 N/mm2

Sforzi generati dal momento longitudinale:

Cz = h = 600 mm

Cx = Cz/6 = 100 mm

Cφ = b/2 = 175 mm

W = 1,5 Ml/Cz = 40.236

t = Smc = 29,8 mm

W/t2 = 45,31

r/t = 16,44

Cx/r = 0,204

Cφ/Cx = 1,75

2Cx/Le = 0,134

64(r/t)(Cx/r)2 = 43,839

K2 = 2,5 (dalla tabella)

0,049

0,041

Per K2 < 5 assumiamo:

Mφ2 = 0; Mx2 = 0; Nφ2 = 0; Nx2 = 0

Prendendo in considerazione tutti gli sforzi circon-ferenziali di membrana (Nφ/t), dovuti a momentolongitudinale, carichi locali e pressione (fpc), totale(fφm) e gli sforzi circonferenziali di flessione (6 M/t2)dovuti a momento longitudinale, totale (fφb) e tota-le circonferenziale (fφ). Allo stesso modo, prenden-do in considerazione tutti gli sforzi longitudinale di

fpc = 82,2 N/mm2

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51Strutture di sostegno in acciaio per apparecchi a pressione: sovraccarico

sulle mensole di appoggio a causa dello scarico di un’esplosione

membrana (Nx/t), dovuti a momento longitudinale,carichi locali e pressione (fpl + fw), totali (fxm) e glisforzi longitudinali di flessione (6 Mx/t2) dovuti amomento longitudinale, totale (fxb) e totale longi-tudinale (fx). Abbiamo quanto di seguito riportato.

Intensità degli sforzi totale circonferenziale e longi-tudinale (membrana + flessione):

f1= 101,12

f2= 61,9

f2 - f1=-39,22

massima intensità totale = 101,12 N/mm2

sollecitazione ammissibile al bordo piastra o sup-porto = [2 f m] = 191,55 N/mm2

verificato

massimo sforzo di compressione = –18,92

sollecitazione ammissibile = [-0,9 Rs] = -129,3 N/mm2

verificato.

Verifica sforzi di membrana al bordo della piastra:

f1m= 87,86

f2m= 50,68

f 2m – f 1m = – 37,18

massimo sforzo di membrana = 87,86

sollecitazione ammissibile = [1,2 fm] = 114,93 N/mm2

verificato.

In questo modo abbiamo terminato la verifica sulmantello in maniera positiva.Ora se ci poniamo in una situazione ancora più sfa-vorevole per la presenza anche di un momentototale sollecitante Mt e un taglio totale Fs.Ipotizzando dei valori di Mt = 64.378.000 Nmm e unFs = 367.876 N, quello che cambia saranno la rea-zione al supporto e i momenti esterni:

139306

• momento circonferenziale = 0,5 Fs Bm =32.189.150 Nmm,

• momento longitudinale = R* Bm = 24.378.510Nmm.

Oltre agli sforzi generati dal momento longitudina-le ora avremo anche significativi sforzi generati dalmomento circonferenziale.

Momento longitudinale:

Momento circonferenziale:

Intensità degli sforzi totale circonferenziale e longi-tudinale (membrana + flessione):

f1= 187,78

f2= 115,26

f2 – f1 = –75,52

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52 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

massima intensità totale = 187,78 N/mm2

sollecitazione ammissibile al bordo piastra o sup-porto = [2 f m] = 191,55 N/mm2

verificato

massimo sforzo di compressione = -105,04

sollecitazione ammissibile = [-0,9 Rs] = -129,3 N/mm2

verificato.

Verifica sforzi di membrana al bordo della piastra:

f1m= 98,81

f2m= 72,5

f2m – f1m = –26,31

massimo sforzo di membrana = 98,81

sollecitazione ammissibile = [1,2 fm] = 114,93 N/mm2

verificato.

Anche in questo caso più gravoso ipotizzato abbia-mo terminato la verifica sul mantello in maniera

positiva, è interessante però notare che ora i valoriottenuti sono in alcuni casi quasi al limite.

Verifica della mensola

Materiali: piastra A 240 - TP 316; saldatura Aisi 316;squadrette A 240 - TP 316

• a = 25 mm,

• c = 30 mm,

• h = 600 mm,

• b =350 mm;

• s = 12 mm,

• s1 = 12 mm,

• t = 14 mm,

• f = 75 mm,

• B = b - 2a = 300 mm,

• b1 = B - 2s = 276 mm,

• H = h - 2c = 540 mm,

• N = (Df – De)/2 = 175,0 mm.

FIGURA 2

b

a ac

c s

h

B

R

H

N

Df

De

Fn

e2

b1

s1

e1

t

f

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53Strutture di sostegno in acciaio per apparecchi a pressione: sovraccarico

sulle mensole di appoggio a causa dello scarico di un’esplosione

Temperatura di progetto T = 200 °C.Sollecitazione ammissibile piastra σa = 98,678N/mm2.Sollecitazione ammissibile squadrette σa1= 98,678N/mm2.Sollecitazione ammissibile saldature σa2 = 98,678N/mm2.De = diametro esterno mantello = 1.010 mm.Interasse di foratura = Df = 1.360 mm.Numero delle mensole = Nm = 4.Peso totale apparecchio considerando i vari effetti =Fw = 367.875 N.FN = forza normale = S/Nm = 0.S = taglio al vento o sisma.M = momento dovuto al vento o Sisma.

Forza longitudinale = R = = 91.968,8 N

(forza su ogni mensola dovuta ai vari effetti ipotizzati).

Lato minimo saldatura mensola mantello:

tw = R * N/(h * b * 0,49 * σa2) = 1,6 mm

tw ≤ 0,7 * t = 9,8 mm

verificato.

Portata massima di una mensola:

Q1 = b*H2* t2* σa/(18 Na2) = 1.002.631,6 N

Q2 = b*h2* t2 σa/

= 592.824,2 N

Q = minimo (Q1 e Q2) = 592.824,2 N

Q > R

verificato.

Modulo di resistenza:

e1 = 0,5(2*s *H2 + b1 + s12)/(2* s * H + b1 *s1)=216,3 mm

e2 = H - e1 = 323,7 mm

W = {[Be13 - b1 (e1 - s1)3 + 2se2

3]/3e2}/1.000=1.540,8 cm3.

Momento sulla mensola:

Ml = /1.000 = 14.807 Nm.

Modulo di resistenza minimo necessario:

Wa = Ml/σa1 = 150,053 cm3

Wa ≤ W

verificato.

Deformazioni e sollecitazioni equi-valenti

Vogliamo ora analizzare lo stato di deformazione esollecitazione della mensola sottoposta al sovrac-carico. Per simulare il suo comportamento in condi-zioni di carico strutturale, possiamo utilizzare ilmetodo degli elementi finiti dall’acronimo femossia finite element method, mentre con fea indi-chiamo la finite element analysis, cioè l’analisi aglielementi finiti. Questo metodo si basa sulla “discre-tizzazione” del dominio continuo di partenza in undominio discreto mesh, mediante l’utilizzo di primi-tive (elementi finiti) di semplice forma (triangoli equadrilateri per domini 2D, esaedri e tetraedri perdomini 3D). Utilizzando quindi delle shape functioncioè delle funzioni di forma o funzioni di base, siottengono delle combinazioni che ci porterannoalla risoluzione del nostro problema. Il metododegli elementi finiti fa parte dei metodi di tipoGalerkin, fondati sul concetto di approssimare lasoluzione mediante delle combinazioni lineari difunzioni, cioè le shape function. Queste combina-zioni lineari hanno coefficienti detti anche gradi dilibertà che rappresentano le incognite del proble-ma ottenuto dalla discretizzazione. Le fasi per arri-vare al modello comportano l’inserimento di errorinella soluzione finale. La prima fase è l’idealizzazio-ne con cui si passa dal sistema fisico a un modellomatematico, il sistema fisico se complesso vienesuddiviso in sottosistemi. Tali sottosistemi verrannoa sua volta suddivisi in elementi finiti, a cui appli-cheremo un modello matematico. La seconda faseè la discretizzazione con la quale vogliamo ottene-re un modello discreto, caratterizzato da un nume-ro finito di gradi di libertà.In particolare attraverso un programma di calcoloricerchiamo la soluzione relativa alla nostra menso-la, considerando 3.853 nodi e 1.810 elementi. Perquesta analisi partiamo dai seguenti presupposti dicomportamento del materiale:

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54 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

1. lineare = la sollecitazione è direttamente propor-zionale alla deformazione;

2. costante = tutte le proprietà sono indipendentidalla temperatura;

3. omogeneo = le proprietà non cambiano in tuttoil volume della parte;

4. isotropico = le proprietà del materiale sonoidentiche in tutte le direzioni.

Considerando una pressione superficiale di 1,226Mpa, un valore del modulo di Young = 2e + 005MPa, e un coefficiente di Poisson = 0,29, con tale

programma siamo in grado di mettere in evidenzasia la sollecitazione equivalente (figura 3), congiun-tamente con la sollecitazione principale massima(figura 4) e minima (figura 5), la deformazione (figu-ra 6) e in fine il fattore di sicurezza (figura 7):

• sollecitazione equivalente massima = 62,94 MPa,

• sollecitazione principale massima = 57,8 MPa,

• sollecitazione principale minima = 6,02 MPa,

• deformazione = 0,2123 mm,

• fattore di sicurezza minimo = 5,561.

FIGURA 3 - Sollecitazione equivalente

62,943 max

55.95

48.956

41.962

34.969

27.975

20.981

13.988

6.994

0.00032744 min

Tipo: sollecitazione equivalenteUnità: Mpa

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55Strutture di sostegno in acciaio per apparecchi a pressione: sovraccarico

sulle mensole di appoggio a causa dello scarico di un’esplosione

FIGURA 4 - Sollecitazione principale massima

FIGURA 5 - Sollecitazione principale minima

57.8 max

50.683

43.565

36.447

29.32922.211

15.094

7.9758

0.85801

-6.2598 min

Tipo: sollecitazione principale massimaUnità: Mpa

6.0203 max

-1.8013

-9.623

-17.445

-25.266-33.088

-40.91

-48.731

-56.553

-64.375 min

Tipo: sollecitazione principale minimaUnità: Mpa

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56 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

FIGURA 6 - Deformazione

FIGURA 7 - Fattore di sicurezza

0.2123 max

0.18871

0.16512

0.14154

0.117950.094357

0.070768

0.047178

0.023589

0 min

Tipo: deformazioneUnità: mm

15 max

10

5.5606 min

1

0

Tipo: fattore di sicurezza

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57Strutture di sostegno in acciaio per apparecchi a pressione: sovraccarico

sulle mensole di appoggio a causa dello scarico di un’esplosione

Pilastro di appoggio della mensola

Ipotizziamo di utilizzare dei profilati tipo Heb 160con piastra di transizione:• materiali: pilastro Fe 42 B Uni 7070 - 72,• bulloni di ancoraggio A 193 B7 – A 194 2H,• nb = numero bulloni = 4 fb = 103,46 N/mm2,• Db = diametro nominale bulloni = 36 mm W =

peso = 6.170,8 N,• Ab = area bulloni = 745 mm2 St = spessore pias-

tra transizione = 14 mm,• De = diametro esterno apparecchio = 1.010 mm

h = altezza pilastro = 2.500 mm,• Sbp = spessore base piastra = 35 mm Rsp =

snervamento pilastro = 254,97 Nmm2,• Rrp = rottura pilastro = 411,88 N/mm2 J = dimen-

sione J = 145 mm,• A = dimensione piastra a terra = A = 260 mm B

= dimensione piastra a terra = B = 260 mm,• Ri = raggio d’inerzia pilastro = 40,5 mm Aa =

area trasversale pilastro = 5.430 mm,• σc = sollecitazione ammissibile cemento = 4,9

N/mm2.

Df = De + 2J + 2St = 1.328 (arrotondato ai 5 mm)

Dbc = - Cb = 30,8

Abc = πDbc2/4 = 745.

Compressione pilastro:

σl1 = Rrp/3 = 137,29σl2 = 2 Rsp/3 = 169,98σl = min (σl1; σl2 ) = 137,29nl = nb = 4λ= 2h/Ri = 123,457α= 0,279 dalla tabella del manualeNla = σl Aaα = 207.998,2 N.Ipotizzando anche una forza verticale=Fv=91.969 N,momento dovuto al terremoto = Mea = 64.378.000Nmm,taglio terremoto = Tt = 91.969 N

Nle= + + = 73.012,35 N < Nla

verificato.

Tensione bulloni:

Nba = Abc * fb = 77.078,21 N

Nbe= = 46.934,7 N < 77.078,21 N

verificato.

Taglio bulloni:

Tba = Nba/2 = 38.539,11 NTb = Tt/nb = 22.992,2 N < 38.539,11 N

verificato.

Compressione piastra base:

σcc = Nle/A * B = 1,08 N/mm2 < σc

verificato.

A completamento di tali determinazioni, come perla mensola calcoliamo le deformazioni e la sol-lecitazione equivalente con il metodo degli ele-menti finiti anche per il pilastro sottoposto alsovraccarico ipotizzato:

• sollecitazione equivalente massima = 242,4 MPa,• sollecitazione principale massima = 82,13 MPa,• sollecitazione principale minima = 14,16 MPa,• deformazione = 0,2998 mm,• fattore di sicurezza minimo = 1,444.

FIGURA 8

A

B

J

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58 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

FIGURA 10 - Sollecitazione principale massima

FIGURA 9 - Sollecitazione equivalente

242.44 max

215.5

188.57

161.64

134.71

107.78

80.845

53.914

26.982

0.05016 min

Tipo: sollecitazione equivalenteUnità: Mpa

82.133 max

67.501

52.869

38.237

23.605

8.9723

-5.6599

-20.292

-34.924

-49.557 min

Tipo: sollecitazione principale massimaUnità: Mpa

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59Strutture di sostegno in acciaio per apparecchi a pressione: sovraccarico

sulle mensole di appoggio a causa dello scarico di un’esplosione

FIGURA 11 - Sollecitazione principale minima

FIGURA 12 - Deformazione

14.159 max

-21.43

-57.019

-92.608

-128.2

-163.79

-199.37

-234.96

-270.55

-306.14 min

Tipo: sollecitazione principale minimaUnità: Mpa

0.29984 max

0.26653

0.23321

0.1999

0.16658

0.13326

0.099948

0.06663

0.03331 min

0 min

Tipo: deformazioneUnità: mm

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60 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

FIGURA 13 - Fattore di sicurezza

150 max

10

5

1.4437 min

0

Tipo: fattore di sicurezza

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61

LAVORATORI STRANIERI E INIZIATIVE DIINCLUSIONE SOCIALE NELLA REGIONE VENETO

Emilio Cipriani *, Fiorisa Lentisco **

* Dipartimento di Prevenzione, Spisal, azienda Ulss 22 Bussolengo, Varese

* * Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), Dipartimento Medicina del Lavoro, Roma

Gli infortuni sul lavoro sono sempre meno causatidalla pericolosità intrinseca delle macchine e del-l’ambiente di lavoro e sono sempre più legati all’or-ganizzazione del lavoro, ai comportamenti dei lavo-ratori e, quindi, alla corretta informazione e forma-zione sia degli imprenditori che dei lavoratori.Gli enti che maggiormente si occupano di preven-zione, per essere efficaci nel prevenire infortuni emalattie professionali, si stanno adeguando connuove strategie di intervento e affiancano all’ap-proccio tradizionale interventi mirati, anche alloscopo di non disperdere risorse inutilmente. IServizi di prevenzione da un lato devono impostaregli interventi sulla responsabilità dei singoli cittadi-ni, del mondo produttivo e degli erogatori di servi-zi e, dall’altro, devono favorire la sinergia possibiletra altri enti, istituzioni e associazioni che, spessoseparatamente, hanno garantito fino ad oggicomunque importanti risultati.Le aziende produttive, per la loro organizzazione aifini della sicurezza sul lavoro e per la loro importantefunzione sul territorio, rappresentano il contesto piùfavorevole anche per interventi volti al raggiungi-mento di obiettivi di salute della popolazione. Sullabase di questa evidenza1, la pianificazione regionaledella promozione della salute nei luoghi di lavorodeve prevedere da una parte la progettazione diinterventi volti ad affrontare problemi come il fumodi tabacco e l’alcol, che peraltro sono regolati darecenti norme di legge sul lavoro e, dall’altra parte,progetti che coinvolgano efficacemente le istituzioniscolastiche, le associazioni datoriali e sindacali e i

professionisti, come i medici competenti aziendali.Questa è una politica per la salute che si basa sullagestione responsabile (governance) della salute sulterritorio che deve integrare le attività di promozio-ne della salute, diagnosi, cura e riabilitazione.Gli stili di vita sono tra le cause modificabili delle“malattie croniche” cioè cardiopatie, ictus, tumori,diabete, disturbi respiratori cronici, che sonoaumentate del 50% negli ultimi 10 anni. I pazienticronici rappresentano già il 25% della popolazioneitaliana e assorbono il 70% della spesa2.Così gli interventi a favore di comportamenti indivi-duali sani e corretti sul lavoro sono una delle nuovestrategie della Direzione Regionale Prevenzione inVeneto. È ovvio che l’approccio a questi problemiva realizzato non secondo il modello ispettivo, macon la condivisione degli obiettivi con le parti socia-li, con la trasparenza nelle modalità di verifica deirisultati, sensibilizzando gli imprenditori e i lavora-tori sulla responsabilità della propria salute. Perquesta ragione gli interventi di promozione dellasalute nei luoghi di lavoro trovano la loro specificaapplicazione nella progettazione. Ogni progetto sibasa su una scientifica ricerca dei problemi di unapopolazione, o categoria di lavoratori nel nostrocaso, sulla programmazione delle fasi di realizzazio-ne, sulla verifica dei risultati tramite il monitoraggiodi indicatori misurabili.Il complesso fenomeno delle migrazioni è diretta-mente collegato al bisogno di lavoro, indotto dallaricerca di un miglioramento delle condizioni di vita,ma determina nei Paesi di accoglienza una serie di

1 Ispesl: Banca dati dei modelli di buona pratica (Internet: http://www.ispesl.it/whp2 Fonte: Ministero del lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. La vita buona nella società attiva. Libro verde sul futuro del

modello sociale. In: http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/libro_verde_welfare/libro_verde_welfare.pdf)

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62 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

problemi che evidenziano debolezze e difficoltà ditutto il sistema sociale. Secondo i dati INAIL, la pre-senza di stranieri residenti nella regione del Venetoha raggiunto nel 2007 il numero di 350.215 unità,con un ulteriore incremento rispetto al 2006 [1]mentre, a livello nazionale, l’incremento della pre-senza di stranieri residenti nel 2007 è stato del16,8% in più rispetto all’anno precedente. Il trenddella presenza di stranieri residenti continua adavere un andamento crescente come già verificato-si negli anni precedenti e il dato è confermato dallerilevazioni ISTAT che dimostrano che, al 1 gennaio2008, l’ammontare dei cittadini stranieri in Italia èstato di oltre 3.400.000 unità, pari al 5,8% del totaledella popolazione [2]. I cittadini stranieri residentituttavia rappresentano in Veneto il 7,3% della popo-lazione, una quota più rilevante rispetto a quella del5,8% relativa all’intero territorio nazionale [3]. I lavo-ratori stranieri rappresentano oggi il 7% della totali-tà degli occupati nella Regione [3] e a questo feno-meno si accompagna lo sviluppo dell’imprenditoriaextracomunitaria, sintomo di un’aumentata integra-zione [3]. Negli ultimi sei anni gli imprenditori extra-comunitari hanno superato le 34.000 unità in Veneto

e collocano la regione al terzo posto dopoLombardia e Lazio.Questa relazione intende illustrare alcuni progetti dipromozione della salute realizzati in Veneto peropera dei dipartimenti di Prevenzione di aziendeUlss della provincia di Verona. L’approccio multidi-sciplinare e il coinvolgimento di una larga parte dienti e istituzioni sul territorio sono probabilmentel’aspetto più importante. Si tratta di tre progetti cheaffrontano in modo diverso alcuni determinanti disalute dei lavoratori stranieri:1. Building safety;2. Promossi in classe;3. Disagio abitativo.

Il progetto “Building safety” edialogo interculturale in cantiere

Si tratta di un progetto sperimentale di promozionedella salute della direzione per la Prevenzione dellaRegione del Veneto, finanziato dall’INAIL Veneto. Ilprogetto è inserito nella pianificazione regionaledelle attività dei Servizi di prevenzione, igiene e

FIGURA 1 - Logo del progetto “Building safety” La sicurezza dei lavoratori stranieri in edilizia

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63Lavoratori stranieri e iniziative di inclusione sociale nella Regione Veneto

sicurezza negli ambienti di lavoro (Spisal) nell’areadella promozione della salute. La realizzazione èaffidata allo Spisal della Ulss 15 Alta Padovana(Padova), in collaborazione con lo Spisal della Ulss22 di Bussolengo (Verona).Gli obiettivi sono tre, il primo prevede la costruzio-ne di una rete di soggetti sociali a sostegno delprogetto nelle due province di Padova e Verona.L’obiettivo è stato raggiunto dopo alcuni incontripreparatori, con la partecipazione a due conferen-ze stampa organizzate a Padova e a Verona, inoccasione delle quali hanno partecipato, oltre allescuole edili delle due province, anche la Consultaper la prevenzione della Provincia di Padova cuiaderiscono: le aziende Ulss 14, 15, 16 e 17, ilComune di Padova, la Provincia di Padova, leassemblee dei sindaci, la Camera di Commercio,Industria e Artigianato, la Direzione provinciale del

Lavoro, il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco,il Dipartimento provinciale Arpav, L’INAIL provincia-le, CGIL, CISL, UIL provinciale, Unindustria, CNA,UPA, Ascom, l’Unione Provinciale Agricoltori, ilCollegio costruttori edili, Ordini e Collegi profes-sionali. Alle conferenze stampa di presentazionedel progetto ha inoltre partecipato la Conferenzaper l’edilizia della Provincia di Verona, cui aderisco-no i servizi Spisal delle aziende Ulss 20, 21 e 22,INAIL, INPS, DPL, il Collegio costruttori, Artigianiriuniti, CNA, UPA e i sindacati confederali CGIL,CISL e UIL. Va sottolineato che l’adesione non èstata solo formale, tanto che la Provincia di Padovaha assegnato al progetto un ulteriore finanziamen-to e le Casse edili sono state parte attiva nel rag-giungimento del secondo obiettivo del progetto.Il secondo obiettivo consiste nella stampa e distri-buzione di InCantiereVeneto (figura 2), rivista pub-

FIGURA 2 - La copertina di InCantiereVeneto numero 1/2007

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64 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

blicata in cinque lingue: italiano, inglese, francese,romeno e albanese. La distribuzione avviene condue modalità: le Casse edili provinciali dei collegidei costruttori e quelle regionali degli artigianiCEAV e CEVA, inviano per posta a casa dei lavora-tori stranieri copia del giornale nelle due provincedi Padova e Verona. Gli Spisal delle due provinceconsegnano invece le copie del giornale nelle sedidove possono transitare i lavoratori stranieri comeSindacati, Associazioni artigiane cui sono inscrittenumerose aziende a ragione sociale straniera, sediistituzionali di INAIL, INPS, DPL, Questura, i distret-ti sanitari di base, consultori famigliari e ambulatoriper stranieri delle Ulss. Infine, i Servizi e i CTP lascia-no copie del giornale nei cantieri edili oggetto diinterventi di vigilanza.Con il finanziamento a disposizione sono stati stam-

pati e distribuiti quattro numeri di InCantiereVenetocon una tiratura di 50-70.000 copie in formatotabloid di sedici pagine a quattro colori. I contenu-ti del giornale sono diversi e organizzati in rubriche,ad esempio: la descrizione di un infortunio grave ele misure di sicurezza che avrebbero evitato l’even-to; la presentazione di alcuni enti come INAIL, CPT,DPL e Casse edili; un vocabolario dell’attrezzaturada cantiere nelle cinque lingue del giornale e anchein dialetto veneto (figura 3); alcune vignette cheriproducono comportamenti sbagliati e corretti incantiere (figura 4); e vari articoli informativi volti afornire indicazioni utili per evitare i rischi non pro-priamente professionali come l’intossicazione damonossido di carbonio, oppure la disidratazione e ilcolpo di calore durante la stagione, incoraggiandol’adozione di una corretta alimentazione.

FIGURA 3 - InCantiereVeneto numero 1/2007: dizionario a puntate

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65Lavoratori stranieri e iniziative di inclusione sociale nella Regione Veneto

Il terzo obiettivo del progetto “Building safety” èstato raggiunto con la definizione di un modulo for-mativo che le scuole edili potranno utilizzare nellaformazione dei capi cantiere e capimastri. La forma-zione di queste figure fondamentali per la sicurezzanei cantieri dura quattro semestri. I concetti svilup-pati riguardano i ruoli del capocantiere e del capo-mastro nella gestione del personale, la multicultura-lità valutata soprattutto nell’ambito della comunica-zione non verbale e, infine, il rispetto delle norme disicurezza. La capacità di gestire la multiculturalità neicantieri e nei luoghi di lavoro in genere è un’altradelle soluzioni che si vogliono offrire alle imprese.Impartire ordini, lavorare o semplicemente parlare in

un ambiente in cui, sempre più, sono occupati indi-vidui appartenenti a culture assolutamente diverse,costituisce ancora un’esperienza del tutto inconsue-ta in Italia. Di conseguenza, con il progetto“Building safety”, si intende fornire le conoscenzenecessarie per aiutare particolarmente i lavoratorigiovani e quelli con incarichi direttivi, a evitare il veri-ficarsi di conflitti interculturali nel luogo di lavoro.Altro obiettivo che “Building safety” consente diraggiungere, è il miglioramento del clima lavorativo.L’azienda Ulss 15 Alta Padovana, titolare di questoprogetto, ha vinto la quarta edizione del concorsonazionale Marketing per la salute 2007 (figura 5),organizzato dall’azienda Usl di Modena, in collabo-

FIGURA 4 - InCantiereVeneto numero 1/2007: piccola guida per immagini

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razione con l’Associazione Italiana della Comunica-zione Pubblica e Istituzionale. Il concorso costituisceuna delle attività proprie del Coordinamento nazio-nale di marketing sociale e ha lo scopo di valorizza-re e stimolare la realizzazione dei progetti di promo-zione della salute che utilizzano il marketing socialeper dare visibilità ai progetti che si sono maggior-mente contraddistinti, oltre che per lo spirito creati-vo e per il carattere innovativo, anche per il rigorescientifico nello sviluppo di strategie di promozionedella salute modulate sulla base dei bisogni e dellecaratteristiche specifiche dei gruppi target.La Delibera della Giunta regionale del Veneto 590del 13 marzo 2007 ha finanziato interventi sociosani-tari da rivolgere alla popolazione immigrata nellaregione e definisce cinque aree di intervento priori-tario. L’ambiente di lavoro è tra i contesti sociali incui la promozione della salute è particolarmente effi-cace e per questo è stato approvato l’intervento:“Sicurezza e inserimento sul lavoro degli immigrati”.La scarsa comprensione della lingua è tra i proble-mi principali della sicurezza sul lavoro degli stranie-ri e va messa in relazione all’elevato numero diinfortuni: circa un quarto dei morti sul lavoro inVeneto è di origine straniera. Per affrontare la que-stione dell’apprendimento della lingua italiana daparte dei lavoratori immigrati è in corso di realizza-zione il progetto “Promossi in classe”, che utilizza ilCommon European framework elaborato dalConsiglio europeo per classificare le competenzelinguistiche degli stranieri (figura 6). È stato intervi-stato un gruppo di lavoratori utilizzando un test chepermette di evidenziare, oltre alla capacità di lettu-ra autonoma, tre situazioni sulla base delle risposteottenute. Il primo livello di conoscenza della lingua

italiana non garantisce la comprensione dellasegnaletica antinfortunistica e dei contenuti deicorsi di formazione erogati dall’azienda. I lavoratoriinseriti in questo gruppo devono seguire assoluta-mente corsi di alfabetizzazione della lingua italianaper poter lavorare in sicurezza.Il secondo livello di conoscenza appartiene ai lavo-ratori che necessitano comunque di un rinforzodelle basi della lingua italiana per un efficace inseri-mento lavorativo e sociale in Italia.Infine, il terzo livello di conoscenza permette ailavoratori stranieri di seguire efficacemente i corsiprofessionalizzanti e di sicurezza sul lavoro. Se daun lato la conoscenza della lingua è un importantestrumento di empowerment per gli immigrati, dal-l’altro rappresenta anche un interesse specifico deldatore di lavoro, che ha così modo di accertare l’ef-ficacia dell’informazione e formazione somministra-te ai propri dipendenti nel rispetto delle norme(D.Lgs. 626/94, D.Lgs. 81/2008)3.La sperimentazione in 6 aziende della provincia diVerona per un totale di 103 lavoratori ha evidenzia-to una realtà preoccupante, sebbene i lavoratoristranieri intervistati avessero alle spalle già alcunianni di lavoro dipendente. Lo scopo di “Promossi inclasse” è quello di fare in modo che i lavoratori chene hanno bisogno si iscrivano ai corsi di linguaorganizzati dai Centri territoriali permanenti, pre-senti in molti distretti scolastici della nostraRegione. L’utilizzo operativo di questo test andràcondiviso con le associazioni datoriali e sindacali.Il progetto ha originato un opuscolo edito a stampascaricabile anche dal sito della A.Ulss 22 diBussolengo4 .

Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro66

3 Decreto Legislativo 9 aprile 2008 , n. 81 Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salutee della sicurezza nei luoghi di lavoro.

4 L’opuscolo a stampa può essere richiesto alla A.Ulss 22 Dipartimento di Prevenzione - SPISAL - U.O. di promozione della salute neiluoghi di lavoro c/o Ospedale di Valeggio sul Mincio 37067 (VR) oppure è scaricabile dal sito www.ulss22.ven.it dipartimento diprevenzione>Servizio di prevenzione igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro>promozione della salute nei luoghi dilavoro>immigrati e lavoro

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Lavoratori stranieri e iniziative di inclusione sociale nella Regione Veneto 67

FIGURA 5 - Il logo del concorso Marketing per la salute 2007

FIGURA 6

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Il progetto “Disagio abitativo”

Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro68

FIGURA 7 - Disagio abitativo a Verona: appartamento con impianto elettrico non a norma

FIGURA 8 - “Disagio abitativo” a Verona: appartamento con impianto di riscaldamento non a norma

Foto: Daniele Faccioli

Foto: Daniele Faccioli

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69Lavoratori stranieri e iniziative di inclusione sociale nella Regione Veneto

Il dipartimento di Prevenzione della azienda Ulss 20di Verona da alcuni anni ha avviato una serie diinterventi volti a migliorare le condizioni abitativedelle fasce deboli della popolazione, rappresentatein buona parte, ma non solo, da immigrati [4]. Sulsito Internet: http://prevenzione.ulss20.verona.it/sono reperibili i documenti cui eventualmente fareriferimento per più precise indicazioni o approfon-dimenti [4].Il problema del “Disagio abitativo” va affrontato inmodo complessivo, sia sul fronte della disponibilitàche su quello della qualità delle abitazioni immessesul mercato. L’indisponibilità di alloggi adeguati hafavorito l’emergere di iniziative speculative, tra lequali è da ricordare il fenomeno dell’affitto di boxricavati frazionando abusivamente gli appartamen-ti, soprattutto nel nucleo urbano.Per rispondere alle necessità di chiarezza poste dalleaziende agricole in particolare e dai progettisti, madi interesse anche per la cantieristica, nelle grandiopere soprattutto, sono state definite le caratteristi-che degli “alloggi temporanei in edifici rurali”: crite-ri per la progettazione e la realizzazione e degli“alloggi temporanei in prefabbricati”: criteri per laprogettazione, la costruzione e l’installazione5.Ogni anno le aziende agricole della provincia occu-pano personale stagionale solitamente di prove-

nienza straniera che è ospitato in edifici rurali dellestesse aziende o in prefabbricati tipo monoblocco.Il principale riferimento legislativo in materia rima-ne il DPR 303/56, cui vanno aggiunti i requisiti disicurezza degli impianti, fatte salve le eventuali indi-cazioni dei regolamenti edilizi comunali, ponendoanche particolare attenzione al numero delle perso-ne ospitate in ciascun alloggio. Per quanto riguardai prefabbricati sono stati considerati i criteri perprogettazione, costruzione e installazione deglistessi.Gli interventi di contrasto alla insalubrità delle abi-tazioni seguono un accordo con il Comune diVerona, il Protocollo d’intesa per il miglioramentodelle condizioni di “Disagio abitativo”, in quanto ilfabbisogno abitativo costituisce spesso una vera epropria emergenza sociale. Nel corso del 2000 aVerona sono stati assegnati soltanto 271 alloggi diedilizia residenziale pubblica - le cosiddette casepopolari - a fronte di 1.699 richieste; nel 2003, leassegnazioni sono state ancora inferiori, ossia 129su 1.462 richieste. Il problema è complesso se sipensa che, sempre a Verona, in occasione dell’ulti-mo censimento, è emerso che 2.845 alloggi risulta-vano classificati come non occupati, mentre eranoutilizzate come alloggi 260 unità non classificatecome abitazioni, ma consistenti, al contrario, in

FIGURA 9 - “Disagio abitativo” a Verona: appartamento con umidità sulle pareti

5 Internet: http://prevenzione.ulss20.verona.it/alloggistagionali.html.

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inconvenienti 2004 2005 2006riscontrati

strutturali alloggio improprio 1 1 6

case inabitabili 19 13 15

carenze manutentive 55 68 37

umidità o muffe 48 32 22

impianti imp. riscaldamento assente o pericoloso 193 154 67

imp. elettrico pericoloso 31 18 11

espulsione di fumi o vapori dei fornelli 376 414 116

sovraffollamento medio 33 38 4

grave 32 26 31

coabitazione 6

igienici infestazioni (blattella germanica) 15 125 127

altro 3 4 2

70 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

ripari precari o privi di qualsiasi requisito igienico-sanitario. Non vi è quindi scarsità di edifici, masiamo semmai dinanzi a un fenomeno di indisponi-bilità di abitazioni per alcune fasce di popolazione.L’obiettivo centrale del progetto di sanità pubblicasviluppato in accordo con il comune è di rilevare lesituazioni di degrado abitativo, individuando glielementi potenzialmente pericolosi per la salutepresenti negli alloggi e procedere a rimuoverne ifattori più importanti di insalubrità, con l’ausilio distrumenti che sono spesso di difficile utilizzo6.

Nella maggior parte dei casi, i sopralluoghi (tabel-la 1) sono stati richiesti dall’interessato stesso, alfine di ottenere l’idonea certificazione che consen-tisse di poter concorrere ai bandi di assegnazionedegli alloggi di edilizia residenziale pubblica; inaltri casi, si sono verificate segnalazioni di degradoa cura di enti o privati cittadini. I provvedimentiadottati sono stati calibrati secondo il grado dimaggiore entità dei problemi riscontrati (tabella 2).

anno numero di abitazioni visitate numero di abitazioni con fattori di insalubrità

2004 786 462

2005 1.093 478

2006 295 159

TABELLA 1 - Comune di Verona: sopralluoghi nelle abitazioni

TABELLA 2 - Inconvenienti riscontrati

6 Internet: http://prevenzione.ulss20.verona.it/edilizia.html.

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71Lavoratori stranieri e iniziative di inclusione sociale nella Regione Veneto

Immigrati e lavoro, analisi delle ini-ziative svolte in Italia: conclusioni

L’iniziativa intrapresa con il progetto “Building safe-ty” dalle Province di Padova e Verona, prevede unafase finale di monitoraggio dei risultati conseguiticon interviste a un campione rappresentativo diimmigrati iscritti alle Casse edili, con cui verificarel’utilità del giornale, la comprensibilità del messag-gio comunicativo e il gradimento espresso dai lavo-ratori che frequentano i corsi per capo-cantiere incui è stato inserito il modulo di comunicazioneinterculturale. Alcuni elementi di criticità si sonopresentati, però, proprio riguardo alla rete di distri-buzione del giornale, nonché nel reperimento difinanziamenti e nella valutazione finale dell’impattoreale. Pur in presenza di tali fattori di criticità, il pro-getto ha però presentato chiari elementi di innova-zione a livello organizzativo, tramite la cooperazio-ne in rete tra soggetti pubblici, privati, istituzionalie non. Anche l’utilizzo di tecnologie per l’informa-zione e la comunicazione (Tic) quali Internet, laIntranet regionale e programmi di grafica vettoria-le, è un elemento di innovazione che risponde aiprincipi della società della conoscenza.Con i principi espressi successivamente nella rela-zione intermedia congiunta del Consiglio e dellaCommissione europei del 2006, è stata affrontata lanecessità di adeguare all’attuale situazione socialegli obiettivi della società della conoscenza fissaticon l’Agenda di Lisbona del 2000. Acquisire cono-scenze, capacità e competenze, attualizzare perma-nentemente quelle che già si possiedono grazieall’istruzione e alla formazione permanente, sonoprocessi che si accompagnano ora con la conside-razione dei bisogni specifici delle persone minac-ciate dall’emarginazione sociale, al fine di accresce-re il numero delle persone attive, sostenere la cre-scita economica del Paese e garantire la coesionesociale [5].In conclusione, riguardo allo svolgimento delProgetto “Building safety”, le maggiori criticità

avvertite si sono verificate nella fase di distribuzio-ne di Incantiere poiché la rete di distribuzione pre-disposta ha consentito di distribuire la pubblicazio-ne soprattutto ai lavoratori immigrati regolari. Laconsapevolezza di dover informare adeguatamentela parte sommersa dei lavoratori stranieri clandesti-ni, quelli maggiormente esposti al rischio di infortu-nio nel luogo di lavoro, ha comunque fatto sì chealcuni nodi della rete distributiva includessero,però, anche luoghi raggiungibili dai lavoratorianche nelle fasi di vita privata, come i consultori ealtre strutture sanitarie e sociali.Il progetto, dunque, ha risposto all’esigenza diaffrontare il tema delle politiche migratorie permezzo dello strumento dell’integrazione sociale elavorativa degli stranieri regolari, secondo lo spiritodi quanto è stato discusso in occasione delConsiglio europeo di Tampere (Portogallo) del 1999e del Consiglio europeo di Siviglia (Spagna) del2002. I tre progetti “Building safety”, “Promossi inclasse” e “Disagio abitativo”, costituiscono la rea-lizzazione, a opera della Regione Veneto e deglienti cooperanti già indicati, di azioni di interventonell’ambito di politiche di istruzione e di formazio-ne linguistica, nonché di politiche abitative con cuiassicurare ai lavoratori un alloggio sano e dignito-so. L’insieme dei tre ambiti di azione dei progettiillustrati, contribuisce a incentivare la partecipazio-ne attiva degli stranieri nella vita civile, a potenzia-re le loro capacità di integrazione e le loro compe-tenze linguistiche, tracciando così il percorso checonduce alla riduzione del tasso di infortuni nellavoro. Come richiesto dall’Unione europea e comeprevisto dagli impegni assunti in sede diConferenza Stato-Regioni, infatti, si vuole raggiun-gere l’obiettivo di ridurre tale tasso del 25%.Riguardo al collegamento con quanto prefissatodai partner europei impegnati nell’ambito dellapromozione della salute nei luoghi di lavoro, le ini-ziative svolte nel Veneto costituiscono una concretaapplicazione dei principi espressi nelle raccoman-dazioni 1-47 del Decalogo della Sicilia [6]. Le critici-

7 “Raccomandazione 1: individuare con chiarezza i ruoli dei vari organismi pubblici a livello centrale, regionale e locale e assicuraretra di essi un’efficace collaborazione per quanto concerne i luoghi di lavoro e coordinare le attività delle varie amministrazioni.Raccomandazione 2: elaborare programmi di intervento personalizzati, in grado di soddisfare le esigenze specifiche dei diversiPaesi, regioni e località, nel rispetto delle norme nazionali. Raccomandazione 3: rafforzare la collaborazione e accrescere lacooperazione tra tutti i soggetti interessati. Raccomandazione 4: instaurare un efficace coordinamento tra le iniziative dei varisoggetti interessati”.

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72 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

tà già esaminate riguardo alle modalità di realizza-zione dei progetti di inclusione e integrazionesociale e interculturale a favore dei lavoratori immi-grati, sono dovute principalmente alla difficoltà direperire finanziamenti per proseguire l’opera intra-presa. La raccomandazione 5 del decalogo recita:“produrre strumenti per promuovere la salute chesiano specifici, facili da usare, semplici e di bassocosto”; essa è stata pienamente rispettata dai pro-motori dei progetti veneti ma, a fronte della croni-ca carenza di finanziamenti che affliggono iniziativedi tal genere, è necessario attivare altre risorse ecapacità per attingere con creatività a nuove fontidi sostegno. L’ISPESL può effettivamente contribui-re sia diffondendo la conoscenza di tali esperienzevirtuose tramite divulgazione via web e fonti astampa, sia fornendo patrocinio e risorse per lo svi-luppo ulteriore di esse, in modo che l’informazione,la formazione dei lavoratori e la comunicazionepresso la comunità civile trovino una forma di attua-zione, raccomandazioni 8 e 98 [6].I progetti esaminati presentano un elemento dipotenziamento di azioni proattive di responsabilitàsociale, in termini di maggior investimento sul rap-porto umano e di valorizzazione del capitale intan-gibile dell’impresa costituito dalle risorse umane,compiuti andando oltre la legge e incrementando ildialogo sociale e favorendo così l’inclusione dellecategorie più svantaggiate, tra cui troviamo anche ilavoratori stranieri. Nel dicembre 2007, i commissa-ri europei Danuta Hübner e Vladimír Špidla hannoposto l’accento sulla centralità del ruolo svoltodalle politiche di coesione sociale e hanno identifi-cato nella loro realizzazione, il modo più efficienteper contribuire a uno sviluppo della strategia diLisbona e a una riduzione di incomprensioni e con-flitti in una società più equa e integrata [7].

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8 “Raccomandazione 8: sviluppare programmi specifici di formazione e informazione per i datori di lavoro e i lavoratori.Raccomandazione 9: pubblicizzare la promozione della salute nei luoghi di lavoro a tutti gli interessati”.

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I MEDICI E I LAVORATORI FUMATORI

Tiziana Paola Baccolo, Maria Rosaria Marchetti

Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), Dipartimento Medicina del Lavoro, Roma

Premessa

La Convenzione quadro dell’OrganizzazioneMondiale della Sanità (OMS) sul controllo del tabac-co (WHO Framework Convention on TobaccoControl -WHO FCTC-), votata all'unanimità dagliStati membri nel 2003 ed entrata in vigore nel 2005,indica misure di tutela applicabili dai diversi paesiper la protezione della popolazione dalle conse-guenze del consumo del tabacco (dipendenza,malattie e decessi), promuovendo la cessazione delfumo e il trattamento della dipendenza [1]. Nellaparte dedicata alle misure per la diminuzione delconsumo di tabacco (parte III, art. 14), l’OMS invitagli Stati membri a includere nei piani sanitari nazio-nali le strategie per la lotta al tabagismo, coinvolge-re in esse le persone che lavorano nell’ambito sani-tario, sviluppare programmi di prevenzione, diagno-si e trattamento della dipendenza dal fumo di tabac-co, creare centri anti fumo e facilitarne l’accessibilità.

I medici di famiglia

Secondo la strategia europea dell’OMS per la lottaal tabagismo, una breve consulenza individuale o digruppo da parte di un medico è uno dei metodi piùefficaci per indurre un’astinenza a lungo terminedal fumo di tabacco [2]. Il coinvolgimento dellaclasse medica è tra le prime dieci principali azioniantifumo indicate anche dall’Istituto Superiore diSanità (ISS) nel rapporto nazionale sul fumo 2006[3]; il Parlamento europeo, inoltre, in una relazionesul libro verde “Verso l’Europa senza fumo: opzioniper un’iniziativa dell’Unione europea” pubblicatonel 2007, invita gli Stati membri a inserire nel siste-ma sanitario nazionale le consulenze mediche,destinate a porre termine alla dipendenza da nico-

tina. Sempre gli Stati membri dovrebbero incorag-giare e formare i medici generici, perché invitino ipazienti che fumano a smettere e rimborsare glistessi sanitari per questa consulenza intensiva [4].Secondo i dati ISTAT, nel 2006, solo al 21% deifumatori il medico di famiglia ha suggerito sponta-neamente di smettere. L’OMS ha dimostrato che ilcounselling breve dei medici di medicina generale,degli infermieri, dei dentisti, dei farmacisti, deiginecologi e di altri operatori sanitari favorisce lacessazione del fumo [5], con risultati che secondoalcuni autori raggiungono il 30 % [6] o il 50% [7].Nella lotta al fumo di tabacco il medico ha la possi-bilità di rivestire un ruolo incisivo dato dallo strettorapporto fiduciario con il paziente, dalla caratteristi-ca di lavorare spesso in un contesto in cui i pazien-ti possono essere più ricettivi (ospedali, ambulato-ri, ecc.), dalla conoscenza approfondita delle malat-tie, e dall’opportunità di fornire consigli individualiai propri assistiti.Il medico, essendo al corrente delle patologie fami-liari nonché delle pregresse e delle attuali condizio-ni di salute del proprio assistito, può individuarecon maggiore precisione le motivazioni che posso-no indurre il paziente a smettere di fumare. I primielementi che potrebbero essere utilizzati per sensi-bilizzare il fumatore sono l’informazione del sog-getto sui danni indotti dal tabagismo, l’analisi del-l’abitudine al fumo, il riscontro di sintomi e segni dipatologie correlabili al tabagismo e la definizionedel grado di dipendenza dalla nicotina (test diFagerström). Altro contributo per sostenere la deci-sione di smettere è l’informazione sui danni indottidal fumo passivo alle persone che li circondano e inparticolare ai bambini, per i quali è stato dimostra-to nocivo anche il “cattivo esempio” (i figli di fuma-tori sono a maggior rischio di diventare a loro voltafumatori) [8]. Una buona motivazione a smettere è

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74 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

anche la consapevolezza dei danni provocati aglianimali domestici, principalmente ai cani, ai gatti eai canarini [9]. Un ulteriore intervento del medico èil supporto psicologico al tabagista con l’eventualeprescrizione della terapia sostitutiva della nicotinae/o l’invio presso centri specialistici territoriali didisassuefazione.Uno strumento utile per imparare a gestire il percor-so di disassuefazione dal fumo di tabacco sono le“Linee guida cliniche per promuovere la cessazionedell'abitudine al fumo” [10] che offrono al medicol’opportunità di applicare la formula delle cinque A:1. indagare sull’abitudine al fumo (ask);2. formulare brevi raccomandazioni sull’importanza

di smettere di fumare (advise);3. individuare i soggetti da avviare alla cessazione

dal fumo (assess);4. prestare consulenza per la definizione delle

modalità di cessazione (assist);5. valutare l’efficacia dell’intervento di disassuefa-

zione e prevenire le ricadute (arrange).

Riguardo agli adolescenti, il medico e ancorameglio il pediatra (fino all’età di quattordici anni),può iniziare a instaurare un dialogo sui temi dellasalute, compresa l’abitudine al fumo di tabacco;alcuni studi, infatti, hanno dimostrato che i sogget-ti in età adolescenziale sviluppano molto rapida-mente una dipendenza dalla nicotina [11].Riguardo ai lavoratori è auspicabile uno stretto rap-porto tra il medico di famiglia e il medico compe-tente che congiuntamente potranno gestire le variefasi che contraddistinguono il percorso del fumato-re per la decisione di smettere.

I medici competenti

Una figura sanitaria particolare è il medico compe-tente aziendale (MC), come definito dalla normativavigente. Tale professionista potrebbe rivestire unruolo centrale nell’attività di disassuefazione daltabagismo nei confronti di soggetti sani nella fasciad’età che va dalla giovinezza alla maturità piena,considerando che il 34% di tutte le cause di morteattribuibili al fumo di tabacco si verifica nella popo-lazione fra i 35 e i 69 anni [12]. Il MC è l’unico sanita-rio che, dovendo definire l’idoneità al lavoro, incon-tra i suoi “pazienti” nel momento in cui generalmen-

te “sono in buona salute”, quindi la sua azione puòraggiungere quei soggetti che non si rivolgono aimedici di famiglia. Durante le visite mediche preven-tive e periodiche, può condurre un’azione informati-va sulla nocività del fumo attivo e passivo e dissua-dere i fumatori, cercando di intervenire nei diversimomenti delle fasi di cambiamento rispetto all’abi-tudine al fumo (voglia di iniziare, desiderio di smet-tere, ricaduta), rafforzando le motivazioni di chi hadeciso di smettere o sostenendo chi ha avuto unaricaduta. Proprio nel luogo di lavoro anche il medicocompetente, se adeguatamente formato, potràapplicare la formula internazionale delle cinque A.Uno studio del British Medical Journal riporta cheun ambiente di lavoro completamente libero dalfumo oltre a difendere i non fumatori dai danni delfumo passivo, è associato a una riduzione del 4%dei fumatori e a una diminuzione del numero disigarette fumate dai fumatori [13].È stato dimostrato che l’abitudine al fumo di tabac-co sul luogo di lavoro può indurre una diminuzionedella produttività del lavoratore con perdita econo-mica per l’azienda dovuta alle assenze per malattiefumo correlate, a frequenti pausa-sigaretta, ecc.;inoltre, è stato riscontrato un aumento degli infortu-ni e degli incidenti, compresi gli incendi, per distra-zione mentre si fuma [14-17].Le patologie causate dal fumo di tabacco (sigaretta,sigaro, pipa) possono essere causa o concausa dilimitazioni, prescrizioni e inidoneità per i lavoratori eostacolare il riconoscimento di eventuali malattieprofessionali. Infatti, come i medici del lavoro bensanno, il fumo, oltre a essere un fattore di confondi-mento nel monitoraggio biologico (ad es. CO, ben-zene, ecc.), può agire con un meccanismo additivoo moltiplicativo con alcune sostanze presenti nel-l’ambito lavorativo (asbesto, polveri di silicio, polve-ri di cemento, sostanze cancerogene, ecc.), favoren-do l’insorgenza di patologie respiratorie, cardiova-scolari e neoplastiche (bronchiti, ischemie, neopla-sie del polmone e della vescica, ecc.) [18-19].L’eventuale giudizio di inidoneità può costituire unproblema di ricollocamento lavorativo e un ulterio-re aumento dei costi aziendali per l’acquisizione e laformazione di altro personale.Una soluzione per la salute, la sicurezza e la produt-tività del lavoro potrebbe essere la creazione di unGruppo di lavoro aziendale che coinvolga i lavora-

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75I medici e i lavoratori fumatori

tori (fumatori e non), la Dirigenza, il MC (ove pre-sente), le strutture specialistiche delle ASL e i centriantifumo territoriali. Nell’ambito del Gruppo il MC,oltre all’azione persuasivo-dissuasiva verso i tabagi-sti, si inserirebbe nel contesto lavorativo, analizzan-do l’influenza dell’ambiente di lavoro, con i rischigià in esso presenti, su ogni singolo lavoratore. IlMC, infatti, almeno una volta l’anno esamina gliambienti, visita i lavoratori, istituisce le cartelle sani-tarie e di rischio e impartisce informazioni sui rischiper la salute. È anche in grado di effettuare il“counselling breve” sull’opportunità di smettere difumare e può prestare consulenza al Datore di lavo-ro, valutando con lui i costi/benefici delle politicheantifumo e collaborando alle iniziative aziendali didisassuefazione.

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ESSERE AL SERVIZIO DEGLI ALTRI IMPLICAPRENDERSI CURA DI NOI STESSI

Vittorio Tripeni

Elpore Thraseia - associazione per lo sviluppo della psicologia delle risorse umane e la promozione della salute al lavoro. Milano

Dale G. Larson, l’autore di Aiutare chi soffre (Thehelpers journey: Working with people facing grief,loss, and life-threatening illness. Research Press,Champaign, Illinois, 1993) [1] che La Meridiana hapubblicato in traduzione italiana nel 2007, ci ha aiu-tato negli anni a comprendere con molto realismoed umanità perché così tanti, fra chi svolge una pro-fessione d’aiuto, cadono nel burnout. Quella formainvasiva di esaurimento emotivo, fisico e psicologi-co, derivante da un coinvolgimento intenso e alungo termine con persone che richiedono partico-lare impegno ed attenzione. Uno stato in cui unapersona arriva a dire "non ne posso più".Larson, con questo suo libro ci offre un manualeche cerca di divulgare aspetti psicologici e fornire allettore strumenti che accrescono concretamente lasua efficacia. Egli - a ragione - ritiene che, perdiventare caregiver più efficaci e capaci di affronta-re lo stress, sia necessaria la conoscenza e l’acquisi-zione di specifiche abilità psicologiche che non siapprendono automaticamente lungo il percorso diaiuto, come il senso comune vorrebbe affermarenel dire “si impara facendo”. Il libro propone moltiesercizi ed attività pratiche che il lettore potràapplicare e personalizzare valutando criticamentele idee e le tecniche presentate.La prima parte del libro si focalizza sulle esperienzeinteriori di chi aiuta, sul coinvolgimento emotivo ela realtà intima dell’helper. La seconda parte sioccupa della dimensione interpersonale e appro-fondisce la relazione d’aiuto e le abilità comunicati-ve che sono i mezzi attraverso cui si esprime e con-cretizza l’aiuto all’altro. La terza parte, infine, analiz-za il lavoro di gruppi, équipe e sistemi di aiuto ope-ranti nella realtà statunitense.Il libro è frutto della lunga e autorevolissima espe-rienza dell’autore, viene presentato come guida

per chi offre relazioni d’aiuto a persone colpite dalutti e malattie terminali; in realtà contiene numero-si spunti di riflessione validi per tutti coloro chedesiderano affrontare il problema del burnout apartire da un orientamento “centrato sul cliente” o“sul paziente”, così come ci è stato trasmesso daCarl Rogers, il quale per primo ci ha fatto compren-dere la importanza del counseling condotto inmodo non direttivo. Larson in questa sua operaoffre spunti di osservazione e suggerimenti praticiche ci aiutano a considerare in modo nuovo un pro-blema che coinvolge molte attività professionali e,di conseguenza, molte organizzazioni di lavoro.Attraverso questo libro ogni lettore, a partire dallapropria esperienza del proprio ruolo sociale e deicompiti ad esso connessi, potrà rendersi conto cheogni attività di “servizio” o di aiuto, qualsiasi formadi consulenza, utilizza un insieme coerente di atteg-giamenti che sono profondamente radicati nell’or-ganizzazione individuale dell’operatore. Pertantose chi presta aiuto o consulenza cerca di usare soloun “metodo” di intervento, egli è votato all’insuc-cesso (burnout); soprattutto se tale metodo non ègenuinamente in linea con i suoi stessi atteggia-menti: i sentimenti, le azioni, i pensieri.Riusciremo a comprendere meglio tale assunto,rendendoci conto che il primo elemento di stress,quello che può creare molti problemi, è situato pro-prio nel nostro modo di porci di fronte agli eventi.Riguarda il modo in cui noi vediamo le cose, comele pensiamo. Noi stessi siamo fonte delle nostretensioni, del nostro "scoppiare". Molto spessoabbiamo pensieri irrazionali che ci possono dan-neggiare. I fatti o le situazioni scatenanti non hannoun valore emotivo in sé ma è il nostro modo di valu-tarli che provoca una diversa reazione psicologica.A volte è capitato - e capita tutt'ora - di trovarci di

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fronte a una situazione difficile in cui non sappiamocosa fare, non sappiamo come affrontarla o nonabbiamo gli strumenti necessari per intervenire inmodo efficace su di essa, non possiamo agire inmodo adeguato. Si tratta in genere di un evento, uncompito o una prova che in quel momento fa emer-gere il limite delle nostre possibilità, un sentimentoche viene da noi vissuto con un certo grado di disa-gio. A questo punto, il segnale della nostra inade-guatezza si manifesta attraverso l'ansia che a suavolta sottintende l'indice della nostra fatica psicofi-sica o del nostro stress. Tutto questo capita quoti-dianamente: in famiglia, a scuola, al lavoro, ecc..Avviene anche nei casi in cui noi agiamo professio-nalmente con l'obiettivo di aiutare un'altra persona.Ma nel momento in cui non riusciamo a raggiunge-re quella meta, a realizzare cioè quel compito richie-sto al nostro ruolo, questo può - in moltissimi esem-pi - tramutarsi in una minaccia nei nostri confronti.Diventa un attacco alla nostra autostima, in quantoci sentiamo a disagio e immaginiamo che qualcuno- oltre il nostro senso di colpa - potrebbe ancheavere da ridire sul nostro modo di agire.È pur vero però che quando riusciamo a renderciconto di vivere una tale situazione possiamo dire:"io posso lottare, posso fronteggiare la minacciaalla mia autostima"; quindi attivarci di conseguen-za, tuttavia, quasi mai ce ne accorgiamo in tempo.C'è un aneddoto simpatico raccontato da Larsonche definisce, molto argutamente, la situazione vis-suta dagli operatori delle professioni di aiuto.Un uomo si trova a casa sua nel bel mezzo di un’al-luvione. L'acqua ha invaso il piano terra e lui è sali-to al primo piano. Arriva a un certo punto una barcaa soccorrerlo e lui risponde così: "No, rimango per-ché ho fede in Dio", poi l'acqua sale ancora e luisale al piano superiore. Arriva un'altra barca a soc-correrlo e lui soggiunge: "Resto, perché ho fede inDio". L'acqua continua ad aumentare: l'uomo ècostretto a salire sul tetto. A quel punto arriva unelicottero che gli getta una corda e lui ancora: "No,resto perché ho fede in Dio". L'acqua raggiunge iltetto, lo travolge e lui annega. Giunge poco dopoalle porte del Paradiso, vede San Pietro e si lamen-ta con lui: "Come mai è successo questo? … Horiposto tutta la mia fede in Dio e sono annegato!"San Pietro, serafico, risponde: "Non so di cosa ti

lamenti, noi ti abbiamo mandato due barche e unelicottero! …Ecco, esistono barche ed elicotteri intorno a noi epossiamo servircene, per farci aiutare e per trarnebeneficio. Certo, possiamo ricevere un supportodagli amici o dalla famiglia, ma l'ideale è riceverloda persone adeguatamente preparate; meglioancora, le persone che abbiano la capacità di met-tersi negli stessi nostri "panni".In conclusione, sembra voler dire Dale Larson, l’at-tività di cura ed assistenza, cioè l’essere al serviziodegli altri, implica il prendersi cura di noi stessi. Inquesto caso una formazione specifica è fondamen-tale.Questo libro va oltre il suo scopo, ci fa capire chenon solo i caregiver, ma i medici, gli infermieri, gliinsegnanti e quanti svolgono un’attività di serviziocon forte coinvolgimento emotivo, si trovano conti-nuamente sfidati a ricercare la "giusta distanza",che permette loro di essere adeguatamente coin-volti senza rovinare il rapporto professionale. Sfidatia mettere in pratica adeguate modalità di compor-tamento per evitare il rischio di scoppiare (burnout)mantenendo un proprio equilibrio, con un coinvol-gimento emotivo adeguatamente distaccato; chenon sia del tutto distaccato e tantomeno sia uncoinvolgimento totale. Una sfida continua in cui cia-scuno è chiamato a ricercare ogni volta la “giustadistanza” (empatia), un modo consapevole di esse-re emotivamente coinvolti, per evitare di soccom-bere allo stress emotivo.

Bibliografia

[1] Dale G. Larson. Aiutare chi soffre. Una guida perchi offre relazioni di aiuto a persone colpite dalutti e malattie terminali. Molfetta (Bari), Edizionila meridiana, 2007. 322 p. (Persone). ISBN 978-88-6153-027-0

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BENESSERE PSICO-FISICO DEI LAVORATORI E DEGLIOPERATORI ADDETTI ALL'AIUTO DELLA PERSONA

Stimoli e riflessioni tratte dalla lettura di opere dedicate a potenziare

autoconsapevolezza e capacità comunicative all’interno dei luoghi di lavoro

Fiorisa Lentisco

Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), Dipartimento Medicina del Lavoro, Roma

Premessa

Il possesso di competenze multisettoriali e multidi-sciplinari costituisce una premessa indispensabileper compiere interventi efficaci di promozione dellasalute nei luoghi di lavoro. Indichiamo alcuni ambi-ti di queste competenze: il diritto, soprattutto ildiritto del lavoro e quello comunitario; la medicina,la psicologia, la demografia, le scienze della forma-zione, della comunicazione, gli studi statistici ingenere, l’economia e le politiche di micro e macro-economia. Per fare un esempio, la rilevazione deglistili di vita dei lavoratori e lo studio degli interventimirati al loro miglioramento, pur richiedendo com-petenze di tipo medico e psicologico non potreb-bero però produrre mutamenti significativi per lasalute nei luoghi di lavoro se non tenessimo contoanche delle osservazioni condotte su base econo-mico-sociale e statistica, con lo studio dei trenddemografici ed economici. Gli ambiti di competen-ze citati sono suscettibili di ulteriori ampliamenti, aseconda dei mutamenti sociali e storici che si verifi-cano e, pertanto, non possiamo prevedere tutte lefuture linee di tendenza.Per la complessità e la varietà di competenze, di tipidi approccio e di settori di interventi che entrano ingioco nelle pratiche di promozione della salute deilavoratori nei luoghi di lavoro, segnaliamo ancheopere e documenti relativi ad ambiti che non sonodedicati alla promozione della salute nei luoghi dilavoro.In questo caso, intendendo soffermarci sulle azionidi supporto e sostegno a malati o anche a lavoratoriche presentino, in forme varie, casi di difficoltà per-

sonale, prendiamo in esame le azioni di counseling,le figure professionali ad esso addette e confrontia-mo i risultati ottenuti con quanto riguarda i principidi partecipazione e valorizzazione del personalenella promozione della salute nei luoghi di lavoro.In tal modo, pertanto, possiamo fondare i principidella promozione della salute nei luoghi di lavorosulla base di un’integrazione tra settori e disciplinevarie e tracciare una linea che possa condurci a iden-tificare con un approccio più ampio altre modalitàcon cui si possono realizzare buone prassi lavorative.I contenuti interdisciplinari delle attività di counse-ling che qui esaminiamo, infatti, ci permettono diporre in evidenza la base di integrazione culturaletra le competenze già indicate, quali quelle econo-mico-sociologiche, formative, psicologiche e oltre,necessarie per la promozione della salute nei luo-ghi di lavoro.

Ruolo del counselor

Il counselor costruisce una relazione colcliente/paziente, caratterizzata da ascolto, fiducia ecomprensione empatica. Il counseling consiste inun intervento di aiuto alla persona con cui il sog-getto è incoraggiato a riflettere in modo nuovosulle sue difficoltà, a apprendere a esprimereautenticamente il suo punto di vista e a vedere lecose con diversa reattività, in modo da ideare comesviluppare soluzioni efficaci ai suoi problemi. Ilcounselor, dunque, è un professionista in grado diutilizzare appropriatamente le tecniche del collo-quio come strumento per facilitare la comunicazio-ne, la riflessione, la consapevolezza e il cambia-

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mento dell’altro, riguardo alla capacità di affrontaree risolvere problemi e difficoltà che lo affliggono [1].Al proposito, è utile porre in rilievo le difficoltà e lasolitudine che tutti noi proviamo nei momenti dicrisi personale: siamo spesso indotti a credere chevivere una crisi sia un’esperienza negativa che ci fac-cia trovare in situazioni di blocco, senza capacità diintravedere alcuna soluzione. Ne deriva un senso diimpotenza che ci fa dimenticare che anche imomenti più difficili, se accettati e affrontati concoraggio, possono rivelarsi occasioni preziose dicambiamento e di apertura alla libertà. A quale tipodi libertà ci riferiamo? A quella procurata, parados-salmente, proprio dalle cause di crisi personale: ilcampo delle nostre scelte può ampliarsi, riusciamoa individuare bivi dove decidere in quale direzioneintendiamo compiere il nostro tragitto, riconoscen-do che, nella realtà, è presente una dialettica degliopposti che, nelle esperienze di vita ordinaria ten-diamo a ignorare [2].

Letteratura: un caposaldo delleopere sul counseling centrato sullapersona

Un’opera che ci permette di comprendere congrande immediatezza il valore e l’importanza dellarelazione interpersonale e della comunicazioneentro i luoghi di lavoro, è “Aiutare chi soffre. Unaguida per chi offre relazioni di aiuto a persone col-pite da lutti e malattie terminali”, edita nel 2007 peri tipi de La meridiana [3]. Si tratta della edizione ita-liana di The helper’s journey. Working with peoplefacing grief, loss, and life-threatening illness del1993, di Dale G. Larson, ora pubblicata a curadell’Istituto dell’Approccio Centrato sulla Personadi Roma, nella collana diretta da Alberto ZucconiPersone, nella traduzione di Orazio Drago.D’ora in poi ci riferiremo a questo testo denominan-dolo brevemente Aiutare chi soffre [3]. La sua lettu-ra presenta un fascino particolare per ogni tipo dipersona: non occorre essere specialisti del counse-ling centrato sulla persona per apprendere da que-sto testo che è possibile prendersi cura degli altrisenza rinunciare a se stessi e compiendo, anzi, uncammino di scoperta e crescita personale. Larson,che appartiene alla scuola del counseling centrato

sulla persona, di cui Carl Rogers è stato il fondato-re, ci spiega dinanzi a quali dilemmi e sfide si imbat-te il counselor addetto all’aiuto all’altro, inoltre, ci facapire quali atteggiamenti bisogna adottare e qualiabilità mettere in campo per far fronte alla presta-zione di aiuto alla persona. Larson, infatti, è psicolo-go clinico, impegnato nel counseling, la salute psi-chica, la gestione dello stress; ha maturato unalunga esperienza in pratiche cliniche della psicote-rapia cognitivo-comportamentale, nelle tecniche dicounseling per la coppia e la famiglia e nel campodella didattica, come docente universitario pressol’Università di Santa Clara (California) e come forma-tore degli operatori addetti alla cura dell’altro. Il suolibro presenta un’analisi accurata del processo diaiuto all’altro offerto dal counselor adottando com-portamenti di empatia, congruenza e accettazioneincondizionata dell’altro, senza i quali il counselingcentrato sulla persona non potrebbe sortire risultatiefficaci. I counselor cui Larson dedica la sua analisi,sono i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, gliassistenti sociali e i volontari di ospedali e hospice(strutture di ricovero per malati terminali) che hannobisogno di una formazione specifica per poter svi-luppare le competenze con cui fornire le relazioni diaiuto ai pazienti ammalati e ai loro familiari. La for-mazione a loro dedicata si fonda sulla capacità direndere efficaci le équipe e i gruppi di supporto, dialimentare le energie personali degli operatori del-l’aiuto all’altro, delle organizzazioni di volontariato,di ciascuno di noi e della società stessa. Infatti, larelazione di cura dell’altro, ha un valore socialeassai alto: possiamo affermare che, ogni volta cheoffriamo aiuto all’altro, lo offriamo a noi stessi e for-niamo un contributo alla creazione di una societàpiù ricca di valori e di attenzione e sensibilità versole persone.Oltre a esaminare l’opera di Larson secondo l’otticainterdisciplinare enunciata, con cui individuiamoalcuni elementi caposaldo nella cura della salutedella persona anche all’interno dei luoghi di lavoro,faremo riferimento ai contenuti di altri documentiche indagano la medesima area dell’intervento for-mativo e di sostegno centrato sulla persona e sulpotenziamento delle capacità individuali nell’affron-tare efficacemente le situazioni di disagio e doloremorale o fisico vissute dal singolo.In generale, in tali opere si trovano esempi concreti

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di addestramento della persona all’utilizzo di tecni-che di auto-aiuto, di strategie di miglioramentodelle capacità di comunicazione interpersonale e dicapacità empatica nel rapporto con l’altro. Lacomunicazione empatica con l’altro consenteall’operatore di fornire un ascolto delle esigenze diquest’ultimo e di sostenerlo nello sviluppare unbuon livello di autostima, maggiore capacità dinutrire fiducia nelle proprie capacità e di sapercogliere il valore interiore delle persone e delle isti-tuzioni con cui entra in contatto. Di conseguenza, lapersona cui è stata offerta un’azione di aiuto, impa-ra a trovare nel proprio intimo le motivazioni neces-sarie per un coinvolgimento personale e per unapartecipazione ai processi organizzativi della strut-tura in cui si trova ad agire. Il potenziamento dellecapacità personali, produce un effetto positivoanche sul grado di cooperazione con strutture, sog-getti, istituzioni della comunità locale e, più gene-ralmente, del mondo esterno.Iniziamo, pertanto, la lettura di quanto contenuto inAiutare chi soffre di Larson, coerentemente con lascelta di porre in evidenza le parti che ci fanno capi-re quali competenze e quali pratiche formative pos-sono essere utili ai fini di individuare spunti e chia-rimenti per attuare più efficaci programmi di pro-mozione della salute nei luoghi di lavoro. Larson,citando le proprie esperienze di aiuto all’altro con-dotte direttamente sul campo, fa riferimento anchealle esperienze e alle opere di numerosi esperti estudiosi delle azioni di sostegno psicologico eempatico rivolte a chi soffre per lutti o per gravimalattie.Larson e gli studiosi da lui citati, pongono grandeattenzione ai processi comunicativi e al fabbisognoinformativo e formativo di operatori, pazienti grave-mente ammalati, persone colpite da lutti e lorofamiliari o amici.Nella Prefazione all’opera, curata dallo stessoLarson, egli avverte il lettore di aver adottato unaterminologia indifferenziata fra i due termini dicaregiver e helper e che con tali termini egli indivi-dua medici, infermieri e psicoterapeutici addettialla offerta di aiuto a pazienti e persone in lutto.Anche noi, dunque, ci riferiremo a tali espertiseguendo la medesima scelta terminologica.Avvertiamo, inoltre, che d’ora in poi, trattando le

teorie e le pratiche formative proposte da Larson,utilizzeremo principalmente la categoria del“paziente”, includendovi sia la figura del familiare,sia quella della persona in lutto.Gli operatori di cui qui si discute, sono espertideputati a fornire aiuto all’altro, forniscono il soste-gno necessario nel momento dell’incontro terapeu-tico, gli strumenti cognitivi e di autoanalisi in virtùdei quali pazienti e familiari potranno proseguireautonomamente nel superare i momenti di difficol-tà e sofferenza.Per quanto riguarda i caregiver e helper, la necessi-tà maggiormente avvertita è quella di apprenderead accostarsi ai pazienti con modalità efficaci diapproccio sensibile e attento e di ascolto empaticodei loro problemi.I pazienti, dal loro canto, avvertono con urgenza ildiritto/bisogno di ricevere informazioni esatte sulloro stato di salute, sui vantaggi e sugli eventualisvantaggi che possono aspettarsi dall’accettare disottoporsi a un determinato tipo di terapia in luogodi un’altra. Di conseguenza, caregiver e helperapprendono a trasmettere alle persone in cura lacapacità di vivere le proprie emozioni, di esternarlecon efficacia comunicativa, in modo tale che ipazienti possano avere un dialogo condotto su unpiano di parità con i professionisti dei luoghi di curae con amici e parenti e che, sostenuti da idoneerelazioni di aiuto, trovino i modi e i tempi giusti perelaborare la situazione di malattia o di lutto, perindividuare le strategie personali relative ai modiper comunicare, sulla base di una reciproca condivi-sione, emozioni e sentimenti nuovi che lo stato didifficoltà ha creato in loro e per risolvere positiva-mente il problema della solitudine e il senso diabbandono causati dalla malattia o dalla situazionedi sofferenza interiore causata dal lutto subito. Lacondivisione di sentimenti basata sull’acquisizionedi abilità comunicative, la capacità di porsi comeagenti attivi rispetto al dolore che li ha colpiti, fa sìche i pazienti possano fornire la propria collabora-zione attiva per l’instaurarsi di un clima positivo nellerelazioni interpersonali. Utilizzando le capacitàacquisite in seguito alla relazione di aiuto ricevuta, ipazienti possono evitare sentimenti negativi e auto-distruttivi, quali il senso di impotenza, il risentimen-to, il distacco e l’isolamento dal mondo esterno.

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82 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

In sintesi, Larson propone esercitazioni sui modimigliori con cui caregiver e helper possono appren-dere a potenziare le proprie capacità di forniresostegno, incoraggiamento e appoggio empaticoai pazienti. A tal fine, Larson riporta il resocontodelle esperienze vissute da caregiver e helper nellosvolgimento della loro attività lavorativa. Spesso, leesperienze e, in parallelo, i dubbi, le emozioni e iconflitti vissuti dai caregiver e dagli helper nel corsodelle loro prestazioni, emergono con maggiore effi-cacia in occasione di focus group organizzati daiconsulenti per facilitare il confronto tra i metodiadottati dagli operatori nei loro rapporti con ipazienti. In tali occasioni, essi esternano le situazio-ni di disagio, i conflitti interiori che, anche loro mal-grado, emergono nei comportamenti con cui essireagiscono rispetto al carattere del paziente orispetto alla eccessiva gravità delle sue condizioni. Ifocus group, le esercitazioni condotte in gruppo ela stessa costituzione di team di esperti sono occa-sione per caregiver e helper per accrescere la con-sapevolezza dei propri limiti e per apprendere,l’uno dall’altro, come migliorare le proprie strategiecomportamentali nelle fasi di sostegno e incorag-giamento ai pazienti, in modo da ottenere risultatidi maggiore o minore efficacia.Conoscere le proprie e le altrui difficoltà e le attivi-tà svolte dagli altri operatori, consente a ciascunodei caregiver e helper di arricchirsi l’uno dell’espe-rienza maturata dall’altro.Le esperienze lavorative raccolte da Larson rientra-no in tre casi principali. Il primo caso riguarda i care-giver e gli helper che si dichiarano capaci di avvici-narsi alle sofferenze dell’altro con atteggiamento diautentica comprensione ed empatia; il secondocaso riguarda invece gli operatori che adottano, neiconfronti della persona in difficoltà, un atteggia-mento di “evitamento” e di distacco che, di fatto,tradisce il timore di non saper gestire la relazione diaiuto da offrirle e che, pertanto, si difendono rispet-to al disagio e alla sofferenza palesati dal paziente.Al fine di scongiurare il pericolo di cedere allo stressemotivo, gli operatori di questo tipo, come giàaffermato, adottano strategie di “evitamento” che,di fatto, provocano in loro un atteggiamento di con-flittualità nei confronti del paziente, ignorandone ominimizzandone timori, dubbi e paure che il pazien-te prova rispetto alla gravità della propria malattia o

rispetto alla sofferenza psichica causata dal luttosubito. Gli operatori di questo tipo, adottando lastrategia di “evitamento” del paziente, mancano alproprio compito fondamentale di fornire l’aiutodovuto e sviluppano, spesso inconsapevolmente,forti sensi di colpa verso il paziente e un grave statodi ansia e di insoddisfazione personale.Il terzo caso, riguarda invece gli operatori privi distrumenti di formazione idonei e che, pur dotati disensibilità e di sincero interesse verso il paziente,offrono una relazione di aiuto in maniera incondizio-nata, con un coinvolgimento talmente intenso daesaurire le proprie risorse interiori e dover pagare,nel tempo, un grosso prezzo a livello personale,dovendo amaramente constatare di non essere ingrado di fornire proprio ciò a cui avevano tenutocon sincerità di atteggiamento, vale a dire la quali-tà e l’efficacia nella prestazione professionale diofferta di aiuto ai pazienti affidati alle loro cure.Larson sottolinea come sia nel caso degli operatoriche adottano atteggiamenti di “evitamento” edistacco dal paziente, sia in quello dell’operatoreche si lascia invece coinvolgere in maniera eccessi-va, si rischi il medesimo risultato di cadere vittimedel burnout.Le esercitazioni, le attività di confronto condotte ingruppo e la costituzione di efficaci team di azionecondotti da esperti, sono occasione perché i caregi-ver e gli helper riescano a far emergere con fran-chezza il vissuto interiore delle loro esperienze.Coloro che sono in grado di riferire il senso di gra-tificazione che gli deriva dai successi conseguiti nelrapporto con il paziente, possono essere di stimoloe fonte di ottimismo per gli operatori che, con lamedesima franchezza, hanno invece dichiarato ilproprio fallimento nelle relazioni di aiuto.Gli incontri tra caregiver e helper, condotti sotto lasupervisione di counselor formatori, hanno la finali-tà di potenziare le capacità di ascolto e di compren-sione empatica di questi operatori. Al tempo stes-so, questi incontri hanno anche la finalità di fornirea caregiver e helper il grado di auto-consapevolez-za necessario per aiutare il paziente in maniera pro-fessionale, con l’attivazione di abilità comunicativee di sostegno da mettere in campo senza caderenell’illusione dell’onnipotenza e nell’eccessivo coin-volgimento personale che, alla lunga, come giàspiegato più su, produce quella sorta di “esauri-

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mento” delle energie e anche delle motivazionipersonali da cui deriva una condizione di stress pro-fessionale e di burnout.

Come utilizzare i principi di coun-seling per promuovere la salutenei luoghi di lavoro

Quali sono i collegamenti diretti tra le tematicheillustrate in Aiutare chi soffre e la promozione dellasalute nei luoghi di lavoro, cui è dedicato questoarticolo? Le iniziative di apprendimento di compe-tenze professionali di aiuto all’altro e di comunica-zione interpersonale dedicate alla formazione deicaregiver e degli helper all’interno delle loro orga-nizzazioni lavorative che, nel caso in esame, sonoessenzialmente costituite dalle strutture deputatealla cura dell’ammalato, consiste nel fatto cheabbiamo notato una profonda analogia tra i conte-nuti espressi nei principi della promozione dellasalute nei luoghi di lavoro e i temi teorici e le espe-rienze concretamente condotte sul campo illustrateda Larson anche tramite numerosi riferimenti allaletteratura e alle azioni formative di tipo esperien-ziale esistenti nel campo.Con l’ausilio di riferimenti a esperienze aziendali e auna letteratura dedicata alla promozione della salu-te nei luoghi di lavoro, potremo capire come le ini-ziative volte alla relazione di aiuto alla persona pos-sono essere particolarmente utili per consentire allavoratore di sentirsi maggiormente valorizzato nel-l’ambito del proprio lavoro, di ricevere aiuto nonsoltanto all’interno delle relazioni interpersonali inazienda ma, anche, in relazione alle diverse condi-zioni di vita privata e lavorativa, alle diverse fasced’età cui il lavoratore appartiene, di modo tale cheegli possa essere “accompagnato” temporanea-mente nel suo percorso lavorativo. In conclusione, illavoratore che ha ricevuto le azioni di aiuto neces-sarie, partecipa più volentieri alla vita aziendale, aicompiti professionali che gli competono, fornisceprestazioni lavorative di qualità migliore e può cosìdare il proprio personale contributo al successoeconomico dell’azienda in cui è impiegato.Infatti, si riscontra che, nei luoghi di lavoro dove la

struttura organizzativa è centrata soltanto sull’effi-cienza dei sistemi produttivi e dove il lavoratore èconsiderato esclusivamente un onere da cui biso-gna a ogni costo trarre il massimo profitto, conflit-tualità, assenteismo e riduzione di produttività siaccompagnano con alti tassi di rischio infortunio,con oneri aggiuntivi per imprese e società e perdi-ta di capacità competitiva per l’impresa medesima.Per l’insieme delle esemplificazioni presentate,ribadiamo che la lettura condotta in maniera “tra-sversale” dell’opera di Larson, ci fornisce una guidaper chi si occupi di benessere e di equilibrio psico-fisico dei lavoratori di un’azienda. Fornire una basedi crescita personale per gli operatori preposti allatutela del benessere dei lavoratori, particolarmenteper ciò che riguarda il potenziamento dei processidi comunicazione interpersonale, dell’apprendi-mento delle abilità e delle micro-abilità comunicati-ve nell’ambito dell’aiuto fornito all’altro, costituisceun modello di formazione e di potenziamento dellecapacità e delle competenze degli operatori impie-gati in luoghi di lavoro di altro genere, quali azien-de, imprese, uffici.Luoghi, cioè, dove è altrettanto importante svolge-re attività di prevenzione dei rischi psico-sociali, dipromozione di stili di vita corretti e di piani di for-mazione del personale che sviluppino non soltantole competenze tecniche necessarie ma anche lecapacità di interazione con l’altro. Riconoscere pertempo i comportamenti che producono conflittuali-tà, stress lavorativo, affaticamento, burnout, frustra-zione derivata da aspettative deluse riguardo allavalorizzazione del lavoratore in quanto elementocardine dell’azienda, incrementa il successo econo-mico e sociale dell’organizzazione lavorativa. Altrifattori che provocano aspettative deluse sonodovuti al mancato riconoscimento della professio-nalità del lavoratore o alle scarse aspettative di pro-gressione di carriera.Riconoscere per tempo tali fattori, consente di pia-nificare in maniera ragionata interventi per la realiz-zazione personale del lavoratore all’interno dell’or-ganizzazione lavorativa, per accrescerne la motiva-zione professionale e la partecipazione attiva.Soffermiamoci ora su altre opere che allargano oriflettono, quasi in maniera speculare, quanto giàposto in evidenza rispetto all’opera di Larson.

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I contributi della medicina del lavo-ro alla promozione della salute nellavoro

In primo luogo, soffermiamoci sull’utilità di opereche, come quella di Larson finora commentata,costituiscono anch’esse un esempio delle tecnichedi counseling centrato sulla persona realizzato al finedi consentirle di elaborare in maniera positiva lesituazioni di dolore emozionale e di migliorare sen-sibilmente la qualità di vita. Tali opere contribuisco-no a potenziare le competenze di operatori di altriambiti, per esempio, quelle dei medici del lavoro.A questo riguardo, citiamo gli Atti del seminariotenutosi il 15 novembre 2005 a cura del Dipartimentodi Sanità Pubblica della AUSL di Bologna e del SIRS,il Servizio Informativo Rappresentanti dei lavoratoriper la Sicurezza, con sede presso il Dipartimento diprevenzione dell’Azienda USL, Città di Bologna1 [4].Tra le relazioni presentate, quella di Barbieri, medi-co competente dell’Azienda ULS di Bologna, illustrail ruolo cruciale che il medico competente può svol-gere in azienda, nel trovare una mansione più ido-nea al lavoratore “particolare”. Con l’espressione di“lavoratore particolare”, Barbieri indica i lavoratorivittime di situazioni personali, anche contingentioppure di patologie croniche che fanno di loro:“quei soggetti che hanno difficoltà nell’inserimentolavorativo, che possono appartenere, a mio parere,a due fondamentali categorie: una di natura perso-nale e un’altra che definiremo più propriamente dinatura occupazionale”2 [4]. Secondo la classificazio-ne di Barbieri, le difficoltà di inserimento lavorativodei “lavoratori particolari” rientrano nella categoriadella “natura personale” del lavoratore. Barbieriprocede identificando le difficoltà che contraddistin-

guono i lavoratori “particolari” come “debolezze”che suddivide nel gruppo delle “debolezze perso-nali” causate da atteggiamenti e comportamentipersonali, oppure in quello delle “debolezze perso-nali” causate da condizioni oggettive, di tipo sanita-rio o legate all’età avanzata del lavoratore.Riguardo alle “debolezze personali” del primo tipo,Barbieri afferma che esse “possono derivare, estanno sempre più derivando, da comportamentilegati all’ambiente di vita esterna o di situazioni chepossono rappresentare un problema di inserimentoin rapporto ad abitudini di natura voluttuaria”3 [4].Tra queste abitudini, Barbieri annovera, per fare unesempio, l’abitudine al fumo. È dunque evidentel’appartenenza di stili di vita scorretti tra le “debo-lezze” che causano condizioni di cattiva salute per-sonale.Barbieri include nel secondo gruppo di “debolezzepersonali” le “patologie che il lavoratore può por-tare con sé legate a situazioni fisiche o all’età”4. Sitratta, dunque, di condizioni di cattiva salute dovu-te a condizioni oggettive, di tipo sanitario o al sem-plice dato anagrafico dell’età avanzata.Riguardo ai lavoratori anziani, Barbieri pone in rilie-vo che essi presentano il dato positivo di esseredotati di esperienza ma che, però, possono incon-trare varie difficoltà quando sono “inseriti in situa-zioni lavorative in cui si richiedono forza energia equant’altro”5 [4].Dopo aver paventato il rischio che il lavoratore “par-ticolare” vada incontro a discriminazioni nel lavoro,Barbieri si sofferma su un altro tipo di “debolezza”del lavoratore particolare; si tratta della ”debolezzaoccupazionale dovuta a patologie derivanti dal lavo-ro” - tali patologie, denuncia Barbieri, sono incostante aumento e ciò è dovuto al fatto che l’attivi-tà lavorativa si sta prolungando6 [4].

Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro84

1 Morisi L.,. Spisni A, Patelli D. Amico fragile: dalla inidoneità alla mansione alla incompatibilità con il lavoro. Atti del seminario,Bologna 15 novembre 2006. Dipartimento di sanità pubblica AUSL di Bologna.. SIRS. 88. [s.d]. (Collana InfoSIRS, n. 2, 2006)

2 G. Barbieri. La debolezza e la criticità dell’essere lavoratori “particolari”, in L. Morisi,.A. Spisni, D. Patelli. Amico fragile: dallainidoneità alla mansione alla incompatibilità con il lavoro. Cit., p. 11

3 Ibidem, p. 124 G. Barbieri. La debolezza e la criticità dell’essere lavoratori “particolari”, in L. Morisi,.A. Spisni, D. Patelli. Amico fragile: dalla

inidoneità alla mansione alla incompatibilità con il lavoro. Cit., p. 125 G. Barbieri. La debolezza e la criticità dell’essere lavoratori “particolari”, in L. Morisi,.A. Spisni, D. Patelli. Amico fragile: dalla

inidoneità alla mansione alla incompatibilità con il lavoro. Cit. p. 136 Ivi

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L’attenzione al lavoratore in diffi-coltà

Si stanno dunque presentando parecchi temi crucia-li, dallo stato di malattia correlata con il lavoro, allavoratore parzialmente inabile a causa di patologiemediche, a quello considerato ugualmente limitatonelle proprie prestazioni lavorative, a causa dell’etàavanzata. Su questi temi numerose istituzioni si stan-no interrogando, al fine di prevenire le situazioni didisagio lavorativo che possono produrre esposizio-ne al rischio e stress e burnout. In proposito, anchel’ISPESL ha svolto ricerche e pubblicato guide per ilsostegno agli operatori sanitari [5].Riguardo alle tematiche già affrontate da Larson erelative al problema della sofferenza della persona,numerose associazioni sono attive e, a loro volta,pubblicano guide di riferimento per gli operatori. Inparticolare, la Lega Italiana per la Lotta contro iTumori, ha pubblicato nel 2006 un opuscolo dove lecompetenze comunicative riguardo alla capacità disaper dar voce alle proprie emozioni, vengono esal-tate al fine di consentire a chi è in difficoltà di affron-tare la situazione di sofferenza vissuta per cercareun proprio percorso con cui diventare “attori” dellapropria vita personale e di relazione, sottraendosi aldisagio interiore e esistenziale7 [6].Le stesse istituzioni della Comunità europea si sonopiù volte pronunciate con direttive e documenti uffi-ciali in merito. Tra questi rientrano i cosiddettiManifesti consensuali. Citeremo uno dei primiManifesti, la Dichiarazione di Lussemburgo in quantoesso contiene gli enunciati più significativi per illu-strare con chiarezza le problematiche legate ai temicruciali fin qui evidenziati, vale a dire l’opportunità dicompiere azioni volte a garantire il benessere lavora-tivo e a prevenire le cause della demotivazione deilavoratori rispetto al lavoro e la loro conseguentetendenza all’assenteismo. Il successo delle organiz-zazioni lavorative è qui chiaramente accompagnatoda politiche di ascolto e di valorizzazione del perso-nale. La Dichiarazione di Lussemburgo si apre conl’affermazione che: “La promozione della salute nei

luoghi di lavoro (WHP) è lo sforzo congiunto diimprese, addetti e società per migliorare la salute e ilbenessere dei lavoratori.” [7]. La Dichiarazione èstata adottata, nel periodo di presidenza europea daparte del Lussemburgo, da tutti i membri delNetwork Europeo per la Promozione della Salute neiLuoghi di lavoro (ENWHP), il 14 novembre 1997, sullabase di una condivisione dei principi in essa espres-si, con i Ministri della Salute dei Paesi membridell’Unione europea. Nella Dichiarazione diLussemburgo, la realizzazione della promozionedella salute nei luoghi di lavoro viene condensata neiseguenti principi: “partecipazione”, in virtù dellaquale tutti i dipendenti, inclusi i componenti dei ver-tici aziendali, siano coinvolti; “integrazione”, comeprincipio base con cui assicurare che le decisionisiano prese in tutti i settori dell’organizzazione azien-dale; “gestione e risoluzione dei problemi”, consi-stente nell’analisi dei bisogni, nell’individuazionedelle priorità, nella programmazione, l’attuazione, ilcontrollo e la valutazione continui dei processi e deirisultati aziendali. La Dichiarazione di Lussemburgoafferma anche il principio di “globalità”, inteso comel’insieme delle misure adottate in azienda e rivoltealla tutela della persona e dell’ambiente, nonché allariduzione del rischio e allo sviluppo dei fattori di pro-tezione e di promozione della salute.Vengono in tal modo affrontati sia le cause di stressnel lavoro, sia i problemi riguardanti i fattori gestio-nali nelle organizzazioni lavorative, con attenzionealla produttività, alla chiarezza nella definizione degliobiettivi, dei valori aziendali, dei ruoli all'interno del-l'organizzazione, all'equilibrio nel grado di respon-sabilità e autorità, alla buona comunicazione inter-personale nell’azienda. Dall’adozione dell’insiemedei principi indicati, si ottengono una più coerenteprogettazione del lavoro, accordi sulla consultazionee sulla partecipazione dei dipendenti, politiche diprevenzione dei conflitti o delle molestie più efficacie, infine, la riduzione del sovraccarico lavorativo, deiritmi di lavoro e degli orari di lavoro.Citando la Dichiarazione di Lussemburgo, abbiamogià accennato al Network per la promozione dellasalute nei luoghi di lavoro (ENWHP). Il Network è

Benessere psico-fisico dei lavoratori e degli operatori addetti all'aiuto della persona 85

7 Commissione “Supporto Psicologico”, Lega Italiana per la Lotta al Cancro. Emozioni e cancro: come affrontare la malattia.Opuscolo presentato in occasione del Simposio congiunto LILT/ECL (European Cancer League) “Intersociety Symposium”,tenutosi nell’ambito dell’VIII Congresso IPOS, 18-21 ottobre 2006, Venezia. Le Sezioni Provinciali della LILT ne assicurano ladistribuzione sul territorio nazionale.

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stato costituito nel 1995, al fine di coordinare glisforzi di imprenditori, lavoratori e parti sociali nelmondo economico e sociale europeo e comunitario.Finalità principale del Network, sin dalla sua costitu-zione, è stata quella espressa sinteticamente nel-l’enunciato: “lavoratori sani in aziende sane“8 [7].Affinché tale obiettivo si traduca in realtà, il ENWHPsi impegna a sviluppare e a sostenere gli esempi checostituiscono “buone pratiche” di promozione dellasalute nel lavoro, al fine di contribuire a un livello piùalto di protezione della salute nel lavoro e a garanti-re uno sviluppo sostenibile nella crescita sociale eeconomica in Europa. Numerose associazioni sioccupano di problematiche legate alla valorizzazio-ne della persona. Tra queste, la già citata LegaItaliana per la Lotta contro i Tumori che, in Emozionie cancro: come affrontare la malattia, rileva che allaluce degli sviluppi economico-sociali e sanitari del-l’ultimo ventennio, il fattore “umano” ha assuntorilevanza crescente e, precisamente, che: “la dimen-sione psicologica, sociale, fisica, comportamentale,etica e spirituale hanno assunto negli anni un ruoloimportante, via va che si andava consolidando l’at-tenzione alla soggettività del paziente e si andavaaffermando il principio della ‘patient-centered care’.La dimensione psicologica spesso definita con il ter-mine aspetti ‘psicosociali’, ‘riabilitazione psicologi-ca’ o più recentemente ‘qualità di vita’ ha acquista-to, così, nel tempo, una considerazione sempremaggiore”9 [6]. Anche nelle aziende, il ruolo svoltodall’equilibrio psico-fisico dei lavoratori, dai loro stilidi vita e abitudini comportamentali, dalle loro con-vinzioni più profonde e interiori, sono stati ricono-sciuti come elementi significativi per la programma-zione delle iniziative di miglioramento dell’organiz-zazione del lavoro e delle modalità di partecipazio-ne dei lavoratori. Le osservazioni condotte sullavalutazione dell’efficacia di tali iniziative per miglio-rare la competitività dell’azienda e il grado di soddi-sfazione dei lavoratori, permettono di individuare ilruolo del lavoratore che costituisce l’elemento chia-ve per fornire un contributo essenziale per il succes-so economico e reputazionale dell’azienda.

Nel luogo di lavoro si compiono molte attività chesi traducono in buone pratiche o azioni compiuteda un gruppo di lavoro cui dovrebbero partecipareanche esperti nell’aiuto alla persona. L’attività di taliesperti si potenzia grazie alle esperienze formativee di cooperazione che essi maturano lavorandoinsieme in gruppi di lavoro.Ritornando alla lettura di Aiutare chi soffre diLarson, troviamo ampiamente sviscerato il temadello sviluppo di gruppi di lavoro efficaci, compostida membri addetti a fornire aiuto all’altro e che,attraverso l’esperienza maturata direttamente sulcampo, acquisiscono competenze professionalispecifiche di potenziamento delle abilità comunica-tive. In tal modo, la formazione che il caregiver ol’helper hanno già seguito nel percorso curriculareper diventare medico, infermiere, psicoterapeuta, siarricchisce delle numerose e specifiche competen-ze acquisite tramite esercizi e attività ad hoc che nepotenziano l’efficacia di azione nei rapporti inter-personali.L’adozione del Modello biopsicosociale da parte diLarson i cui principi sono implicitamente dichiaratianche nella pubblicazione della Lega Italiana per laLotta ai Tumori sopra commentata, comporta che lapersona bisognosa di aiuto non sia considerata sol-tanto come “paziente”, vale a dire come un sog-getto passivo, ma bensì come una persona la cuicentralità è di importanza primaria. Utilizzare taleModello è più idoneo rispetto all’attuale sistemaeconomico e sociale e, pertanto, più utile per lavalutazione dei fini, dei modi e dei risultati di un’ef-ficace promozione della salute all’interno delleorganizzazioni lavorative. Al contrario, il precedenteModello bio-organicistico, come si afferma anchenel testo Emozioni e cancro: come affrontare lamalattia, è inadeguato perché limitato rispetto “aibisogni nuovi che richiedono modi alternativi diconcepire le relazioni tra i soggetti presenti sulloscenario della malattia che i vecchi schemi, datispesso per scontati, fanno fatica a comprendere equindi a soddisfare”10 [6].

Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro86

8 “Dichiarazione di Lussemburgo”, 1997, aggiornata nel 2005. Cit.9 Commissione Nazionale Psico-Oncologica della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, Emozioni e cancro: come affrontare la

malattia. Cit. p. 510 Commissione Nazionale Psico-Oncologica della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, Emozioni e cancro: come affrontare la

malattia. Cit. p. 5

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Conclusioni

Le opere citate considerano la salute come un fatto-re personale da curare a partire da un punto di vistasociale, con una visione sistemica in cui essa vienecorrelata con una moltitudine di determinanti cheemergono dalle dimensioni biologica, psicologica esociale del Modello biopsicosociale promosso daCarl R. Rogers.In conclusione, gli interventi da adottare negliospedali, luoghi di cura, a favore di pazienti e com-ponenti delle loro famiglie, sono stati qui utilizzatiper estrapolare le modalità con cui stabilire un soli-do processo comunicativo entro le comunità e iluoghi di lavoro. In tal modo, il paziente, o il lavora-tore e, in ogni caso, il cittadino che è in loro, èmesso in grado di assumere un atteggiamento diconsapevole responsabilità verso il proprio stato disalute. Nella nostra elaborazione dei principiespressi proponiamo di trasferire e adottare taliprincipi anche all’interno dei luoghi di lavoro perfavorire l’adozione di stili di vita più sani.In particolare, preme porre in rilievo l’autonomia discelta del lavoratore che si pone come protagoni-sta partecipe dei programmi di promozione dellasalute nei luoghi di lavoro.Già qualche anno fa ci siamo soffermati su un’ope-ra pubblicata nella collana “Persone” delle edizioniLa meridiana, riscontrando anche in quella prece-dente occasione che l’opera esaminata si prestavaa una lettura capace di porre in evidenza i metodi ei processi utili per la promozione della salute neiluoghi di lavoro. Nel 2004, infatti, avevamo citato Lapromozione della salute. Un approccio globale peril benessere della persona e della società, edita peri tipi de “la meridiana”, Molfetta (Bari) a cura diAlberto Zucconi e Patty Howell, con prefazione acura di Francis La Ferla. [8]In quell’opera, Zucconi e Howell, partendo dalledefinizioni del concetto di salute contenute nella“Carta di Ottawa” del 1986 emanata dall’OMS, loavevano sviluppato fino a estenderlo all’ambitodella psicologia di indirizzo umanistico esistenziale

che ha la salute come un obiettivo prioritario da rag-giungere nella società moderna. La società moder-na, infatti, è caratterizzata dalla complessità dellestrutture di potere, di mediazione del potere e dallacomplessità delle forme di partecipazione da partedei componenti della società civile. Occorre, in talcaso, potenziare la coesione sociale sia con lo svi-luppo di forme di sostegno reciproco e di cura del-l’altro, sia con la valorizzazione delle risorse umaneall’interno di comunità e luoghi di lavoro.Nelle opere esaminate, si rilevano contenuti capacidi contribuire alla divulgazione di ambiti disciplina-ri che interessano la gestione di un processo disistema sia dal punto di vista sanitario, sia sociale,sia economico.In conclusione, il fattore umano riceve valorizzazio-ne in quanto l’individuo diventa promotore dellosviluppo delle capacità personali di governare unostato di benessere psico-fisico costruito socialmen-te, grazie a un’azione di aiuto e “empowerment”dell’individuo che, nel nostro parallelo coincide oracon i lavoratori.Circa l’empowerment in azienda, troviamo gli inter-venti tenuti da Dianora Natoli Casalegno, psicote-rapeuta del Centro Berne, Vice Presidente diA.I.A.T. (Associazione Italiana Analisi Transazionale)e partner di Tesi, nell’area del Counselig. In occa-sione del Convegno S.I.Co. Counseling: una nuovaprofessione. Milano, 11 novembre 2000, l’autrice hatenuto un intervento sul counseling in azienda, defi-nendolo come la “Relazione professionale tra ilconsulente ed il lavoratore che si focalizza sulla con-dizione di criticità psicologica esposta da quest’ul-timo a causa di ostacoli e/o problemi nell’ambitolavorativo, che ne impediscono la piena valorizza-zione delle proprie risorse.”11 [9].Successivamente, in occasione del ConvegnoS.I.C.o. Professione counseling: individuo, azienda,società. Milano, 29-30 novembre 2003, la medesimaautrice ha tenuto la relazione Il counseling comepercorso di ben-essere per l’individuo e per l’azien-da12 [10]. Ci riferiamo, anche in questo secondocaso, a quanto pubblicato nel sito Internet dell’au-trice medesima. Discutendo circa gli effetti che l’in-

11 Counseling in azienda: uno strumento di sviluppo professionale. Da: http://www.casalegno.net/dianora/paper/casalegno_SISCO_11_11_2000.pdf

12 Da: http://www.casalegno.net/dianora/paper/casalegno_SICO_29_11_2003.pdf

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novazione tecnologica in azienda e i cambiamentisociali producono negli individui, Diadora NatoliCasalegno afferma che: “Le persone soprattutto acerti livelli aziendali si sentono fortemente spinte arinnovarsi, a rivedere i propri schemi mentali, adacquisire strumenti utili per reinterpretare la realtàesterna e per potere gestire la dimensione dellacomplessità. Sentono cioè di dovere operare conflessibilità, fronteggiare l’incertezza e gestire l’ansiadel nuovo” e che, pertanto “per mantenere buonilivelli di performance, per confrontarsi con le situa-zioni nuove, in evoluzione e di maggiore comples-sità, occorre che ognuno sviluppi ed esprima nuoviaspetti di sé.” Illustra il processo con il seguentegrafico:

Per completezza d’informazione, segnaliamo chegli Atti del Convegno SI.Co. del 2003 sono statipubblicati anche in volume, a cura dell’editrice Ilveltro [11].Concludiamo che con il counseling centrato sullapersona che abbiamo finora analizzato, i lavoratoriapprendono a percepire se stessi come “il centrodella propria salute”, del proprio stato di benesse-re e come “i principali curatori” della propria vita.Con tale ruolo attivo, dunque, essi acquisiscono lacapacità di accettare e partecipare in maniera atti-va ai processi di cambiamento in atto nella società,secondo il principio espresso nella Dichiarazione diLussemburgo, secondo cui l’integrazione di inter-venti organizzativi che coinvolgano e valorizzino ilavoratori come risorse per il successo stesso del-l’azienda, fa sì che si abbiano “Lavoratori sani inaziende sane” [7]

11 Cfr p. 2 della relazione presentata dall’autrice in: http://www.casalegno.net/dianora/paper/casalegno_SICO_29_11_2003.pdf

GRAFICO 1 - Processo di integrazione azieda/lavoratori

Fonte: D. Natoli Casalegno

Risposta aibisogni organizzativi

Risposta aibisogni dell’individuo

Risposta aziendale =supporto alla persona

Risposta aziendale =supporto alla persona

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89Benessere psico-fisico dei lavoratori e degli operatori addetti all'aiuto della persona

Bibliografia

[1] V. Calvo. Il colloquio di counseling. Tecniche diintervento nella relazione di aiuto. Il Mulino.224. Bologna, 2007 (Aspetti della psicologia)ISBN: 9788815120458

[2] F. Nanetti. Superare i momenti di crisi Per unapedagogia del discernimento. Pendagron.197. 2007 (Collana Varia). ISBN 978-88-8342-593-6

[3] D. G. Larson. Aiutare chi soffre. Una guida perchi offre relazioni di aiuto a persone colpite dalutti e malattie terminali. Edizioni la meridiana.322. Molfetta (Bari), 2007 (Persone). ISBN 978-88-6153-027-0

[4] L. Morisi, A. Spisni, D. Patelli. Amico fragile:dalla inidoneità alla mansione alla incompatibi-lità con il lavoro. Atti del seminario, Bologna 15novembre 2006, Dipartimento di sanità pubbli-ca AUSL di Bologna. SIRS. 88. Bologna, [s.d],(Collana InfoSIRS, n. 2, 2006). [scaricabile gra-tuitamente dal sito Internet <www.sirsrer.it>]

[5] ISPESL. Dipartimento di Medicina del Lavoro.Centro ricerche di Monte Porzio Catone Roma,Stress e burnout. Come riconoscere i sintomi eprevenire il rischio. Guida per gli Operatorisanitari. ISPESL. 31. Roma, 2003

[6] Commissione Nazionale Psico-Oncologicadella Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori.Emozioni e cancro: come affrontare la malattia.LILT - Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori.34. [stampato a Roma, ottobre 2006]

[7] European Network for Workplace HealthPromotion, Consiglio europeo. LuxembourgDeclaration on Workplace Health Promotion inthe European Union. BKK. Essen, Germania,1997. Trad. it. ISPESL. Dichiarazione diLussemburgo: la Promozione della Salute neiLuoghi di Lavoro nell’Unione Europea. ISPESL.5. Roma. [scaricabile gratuitamente dal sitoInternet http://www.ispesl.it/whp/manifesti/lussemburgo.pdf]

[8] Zucconi A., Howell P. La promozione della salu-te. Un approccio globale per il benessere dellapersona e della società, Prefazione a cura diFrancis La Ferla, Edizioni la meridiana. 388.Molfetta (Bari), 2003 (Persone). ISBN 88-87507-91-0.

[9] Natoli Casalegno D. Counseling in azienda:uno strumento di sviluppo professionale.Relazione tenuta nel corso del ConvegnoS.I.C.o. Counseling: una nuova professione.Torino, 11 novembre 2000. Tratto dal sito Webdell’autrice: http://www.casalegno.net/diano-ra/paper/casalegno_SISCO_11_11_2000.pdf>

[10] Natoli Casalegno D. Il counseling come per-corso di ben-essere per l’individuo e perl’azienda. Relazione tenuta nel ConvegnoS.I.C.o. Professione counseling: individuo,azienda, società. Milano, 29-30 novembre2003. Tratto dal sito Web dell’autrice:http://www.casalegno.net/dianora/paper/casalegno_SICO_29_11_2003.pdf

[11] Professione counseling: individuo, azienda,società. A cura di Donatella De' Marinis,Giovanni Montani. Il veltro. 218. Roma, 2006.ISBN: 8885015522

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LE NANOTECNOLOGIE E LA PERCEZIONEDEI RISCHI EMERGENTI

Ronchetti Matteo, Boccuni Fabio, Iavicoli Sergio

Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) - Dipartimento Medicina del Lavoro, Monte Porzio Catone, Roma

Introduzione

Le nanotecnologie sono definite come l’insieme diprogettazione, caratterizzazione, produzione eapplicazione di strutture, dispositivi e sistemi, man-tenendo forma e dimensioni al disotto dei 100nanometri [1].Le potenzialità offerte dalle nanotecnologie sonomoltissime poichè su tale scala la materia ha mag-giore superficie attiva e ciò può influire sulle pro-prietà reattive, ottiche e catalitiche [2]. Ciò permet-te di produrre materiali, strutture e dispositivi conproprietà e funzionalità migliori.Le nuove tecnologie in scala nanometrica coinvol-gono molti ambiti disciplinari e apporteranno gran-di cambiamenti in ogni settore, tanto da essereconsiderate come la principale rivoluzione tecnolo-gica ed industriale del XXI secolo.Attualmente i prodotti in commercio che utilizzanonanotecnologie e nanomateriali sono più di 800(come indicato dal Woodrow Wilson NanotechInventory1) e interessano vari settori. Nelle scienzedei materiali, sono impiegati per la realizzazione dimateriali nuovi o per il miglioramento di quelli giàesistenti da sfruttare nelle tecnologie dell’informa-zione, delle telecomunicazioni e nei trasporti, eancora per trovare nuovi prodotti dell’industria ali-mentare, tessile e cosmetica. Nel campo dell’elet-tronica e dell’informatica sono usati per la produzio-ne di memorie sempre più ampie in dispositivi piùpiccoli tramite l’utilizzo di nanotubi di carbonio; incampo medico e farmaceutico inoltre, potrannoessere utilizzati per migliorare le protesi ortopedi-che e cardiache, per la veicolazione di farmaci diret-

tamente all’organo bersaglio e per migliorare le tec-niche diagnostiche. Infine in ambito ambientale, leaspettative si riferiscono a processi sostenibili diproduzione energetica con minor consumo di mate-rie prime, sistemi più efficaci di smaltimento rifiuti,distribuzione e potabilizzazione delle risorse idriche.A livello internazionale, le aspettative legate allenanotecnologie sono molto alte. Governi, organi-smi pubblici, industria e ricerca si stanno occupan-do già da qualche anno di queste tecnologie: il 7°Programma Quadro dell’Unione europea, ad esem-pio, ha stanziato 3.5 miliardi di euro per la ricercanel settore delle nanotecnologie considerandole digrande importanza a livello socioeconomico, inquanto “rendono possibili nuove soluzioni epotrebbero migliorare le prestazioni di tutto il set-tore produttivo nonché dei settori salute/medici-na/agricoltura” [3].Nella comunità scientifica internazionale, parallela-mente al diffuso entusiasmo, si è posta l’attenzionesui potenziali rischi connessi alle nanotecnologie.Le principali preoccupazioni sono riferibili al fattoche si possiedono ancora poche informazioni sul-l’impatto che tali prodotti possono avere sull’am-biente e sulla salute umana, rispetto all’entità degliinvestimenti stanziati per la produzione di prodottinanotecnologici e alla velocità della loro diffusione.Il timore è che le stesse proprietà che rendono rivo-luzionari i nanomateriali, quali l’elevata estensionesuperficiale per cui una data massa di materiale informa di nanoparticelle è più reattiva della stessamassa composta da particelle più grandi e la capa-cità di attraversare le membrane cellulari, possanoanche renderli estremamente pericolosi.

1 http://www.nanotechproject.org/inventories/consumer/

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92 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

Organismi pubblici, enti di ricerca e organizzazioniscientifiche sono al lavoro per garantire uno svilupporesponsabile delle nanotecnologie; a livello interna-zionale tra gli obiettivi principali emerge la necessitàdi creare normative che regolino la produzione e ladiffusione di prodotti nanotecnologici e strategiecondivise di valutazione e gestione dei rischi, perprevenirne e rendere minimo l’impatto negativosulla salute dei consumatori e dei lavoratori.

Rischi per la salute connessi con lenanotecnologie

Le attuali conoscenze sui rischi derivanti dall’espo-sizione di nanoparticelle, derivano da studi condot-ti su modelli animali e su colture cellulari. Le consi-derazioni sui potenziali danni all’uomo derivano dasimilitudini con l’esposizione alle polvere ultrafini,alle fibre di amianto e all’inquinamento urbano.Innanzitutto le nanoparticelle entrano nell’organi-smo per inalazione, per ingestione o per contattodermico, ed hanno una notevole capacità di spo-starsi accumulandosi negli organi interni, dove pos-sono interagire con i sistemi biologici e avere effet-ti tossici [4-5]. Altri studi presentano l’ipotesi che lenanoparticelle possano raggiungere il sistema ner-voso centrale tramite il nervo olfattivo [6-7]. Nelcaso di inalazione di nano particelle, alcune ricerchehanno evidenziato la presenza di infiammazioni pol-monari, formazione di granulomi, aumento di infe-zioni batteriche e fibrosi [7]; nel caso di assorbimen-to tramite la pelle, i nanotubi di carbonio hannoeffetti tossici con conseguenti problemi di stressossidativo [8]. Altri studi presenti in letteraturamostrano che le nano particelle possono indurredanni anche a carico del Dna e dei cromosomi [9].

Risk Management e percezione delrischio

La complessità, la rapida evoluzione e la trasversali-tà scientifica delle nanotecnologie richiedono unapproccio multidisciplinare all’analisi del rischio; un

adeguato processo deve articolarsi attraverso unapproccio integrato alla valutazione del rischio perla salute umana e per l’ambiente, tenendo in consi-derazione lo stato della normativa, gli aspetti etici ela comunicazione tra gli stakeholders coinvolti.È necessario quindi incrementare le conoscenze persviluppare metodologie efficaci e condivise chepermettano analisi dettagliate dei potenziali rischiconnessi alle nanotecnologie.Per effettuare adeguate strategie di risk manage-ment è necessario analizzare come le nanotecnolo-gie vengano percepite dalle persone e quali sianogli atteggiamenti e le conoscenze rispetto ad esse;ciò significa analizzare la percezione del rischio cheil pubblico ha nei confronti di tali tecnologie emer-genti, soprattutto in questa fase di grande sviluppoe diffusione.Gli studi nell’ambito della psicologia della percezio-ne del rischio, hanno ampiamente messo in eviden-za che gli individui non sempre hanno una precisaconsapevolezza dell’obiettiva rischiosità di sostanzee tecnologie prodotte dall’uomo e di comporta-menti che possono produrre conseguenze negati-ve, ne segue che le loro valutazioni sono spessosoggette a distorsioni o bias [10] e spesso appaio-no completamente insensibili all’obiettiva rischiosi-tà delle varie fonti di rischio.L’indagine sperimentale ha messo in luce che lepersone, nel momento in cui devono effettuarevalutazioni su determinati rischi, adottano escamo-tage mentali di ragionamento, dette “euristiche”[11] che risultano più veloci e semplici rispetto adanalisi dettagliate; tali euristiche fanno riferimentoprincipalmente alle caratteristiche del rischio valu-tato [12] ed ai feedback immediati che si ottengonodal proprio sistema cognitivo, quali contenuti inmemoria e reazioni emotive [13]. L’utilizzo di questiprocessi valutativi comporta spesso delle distorsio-ni percettive che portano gli individui a sottovaluta-re, o sopravvalutare, la reale pericolosità di determi-nate sostanze, attività o tecnologie, influenzandonotevolmente il comportamento rispetto a esse. Ilrischio percepito è esso stesso un rischio, poichériduce lo stato di benessere, indipendentementedal fatto che (il rischio) sia reale o meno.

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93Le nanotecnologie e la percezione dei rischi emergenti

La percezione dei rischi emergenti

Lo sviluppo e l’implementazione di nuove tecnolo-gie sono inevitabilmente accompagnate da analisidei rischi potenziali per la salute umana e per l’am-biente, soprattutto a causa di una maggiore sensi-bilità manifestata recentemente dalla popolazionenei confronti dei rischi tecnologici.La necessità di informazioni puntuali e dettagliatesui rischi relativi alle nuove tecnologie, detti anche“rischi emergenti o da innovazione”, è arrivata adun punto tale che l’introduzione di qualsiasi nuovatecnologia si rivela problematica se non è accom-pagnata anche da una diffusione solida di dati inmerito ai potenziali rischi.Se da un lato la tecnologia è diventata fondamen-tale nella nostra società, dall’altro ha spaventato econtinua ad incutere timore e perplessità in moltepersone; basti pensare alle polemiche sorte neldibattito politico e nell’opinione pubblica sull’utiliz-zo dell’energia nucleare, degli organismi genetica-mente modificati, delle biotecnologie e dei campielettromagnetici. L’impatto delle nanotecnologiepotrebbe suscitare attualmente le stesse reazioni.Emblematico è il caso del disastro di Chernobyl,responsabile del totale ribaltamento della conce-zione del nucleare tra la popolazione mondiale. Dauna entusiastica fiducia iniziale verso tale fonteenergetica, si è passati, infatti, ad una totale stig-matizzazione della stessa, considerata come unpericolo terrificante, con conseguenze troppo gravirispetto ai benefici connessi al suo utilizzo. Di con-seguenza, l’energia nucleare è stata bandita damolte nazioni (tra cui l’Italia a seguito delReferendum del 1987), malgrado il parere favorevo-le di esperti e scienziati, che la consideravano nonsolo sicura, ma anche economicamente vantaggio-sa ed ecologica.I primi grandi studi sulla percezione del rischiohanno ampiamente affrontato la questione dell’uti-lizzo dell’energia nucleare; in particolare i lavori diSlovic e Fischhoff [14-15], hanno valutato la perce-zione e gli atteggiamenti delle persone nei con-fronti dei rischi connessi a tecnologie che utilizzinoradiazioni. Questi studi hanno evidenziato che ilnucleare suscita paure irrazionali soprattutto peralcune sue caratteristiche: viene, infatti, percepitodalle persone come terrificante, con esposizione

involontaria e incontrollabile, che traduce effettigravissimi, sia immediati sia a lungo termine, comead esempio la contaminazione ambientale chediviene un rischio per le generazioni future.Un altro aspetto controverso del nucleare è, infatti,quello concernente lo smaltimento delle scorieradioattive, dannose per l’ambiente e per la saluteumana; l’atteggiamento prevalente dei cittadini neiconfronti dei siti di stoccaggio è stato, ed è tuttoradi profondo rifiuto, suscitando notevoli polemichee mobilitazioni per bloccare la costruzione deglistessi. Questo fenomeno di rigida opposizione èstato etichettato con l’acronimo NIMBY, che sta pernot in my back yard (ovvero non nel mio giardino)che indica, appunto, la reticenza delle persone adaccettare siti per lo smaltimento di scorie in prossi-mità del loro territorio di vita. Il fenomeno NIMBY siè verificato anche nei confronti dei campi elettroma-gnetici generati da elettrodotti o da ripetitori pertelefonia mobile, che hanno suscitato reazioni dipaura nella popolazione analoghe a quella delnucleare, seppur in minore misura. L’allarme verso ipossibili rischi per la salute, connessi con l’esposi-zione a campi elettromagnetici (CEM), risulta anco-ra notevolmente diffuso nella popolazione, nono-stante le numerose evidenze scientifiche che smen-tiscono l’alta pericolosità di tali tecnologie e l’ado-zione di normative cautelative. L’elettrosmog è per-cepito dalle persone come una sorta di “nemicoinvisibile”, fuori dal controllo personale, con effettipoco conosciuti ma gravi soprattutto in relazionealle generazioni future: uno dei maggiori timori nellapopolazione, si riferisce al presunto legame traesposizione a campi elettromagnetici ed aumentodell’incidenza di leucemia infantile. L’impatto socia-le delle tecnologie CEM fornisce inoltre un esem-pio di come le percezioni delle persone possono avolte assumere connotazioni paradossali; in questocaso si assiste, da un lato a un elevato timore neiconfronti di ripetitori ed elettrodotti, mentre dall’al-tro a un uso indiscriminato dei cellulari, con scarsaconsiderazione dei possibili effetti negativi sullasalute. A questo riguardo non va sottovalutato chel’impatto sociale delle nuove tecnologie rivestesempre un ruolo determinante nel loro sviluppo,diffusione e, soprattutto, nell’accettazione dellevarie applicazioni di tali tecnologie, come nel casodell’ingegneria genetica e delle biotecnologie.

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94 Seconda raccolta di contributi tecnici, normativi e di attualità sulla salute e sicurezza del lavoro

Negli anni corrispondenti alla preliminare diffusionedi tali progressi scientifici, movimenti politici e di opi-nione hanno dato vita ad una forte opposizione,prima in Europa e successivamente in America,soprattutto nei confronti degli Organismi Geneti-camente Modificati (OGM) e della clonazione.In Europa, le biotecnologie hanno da subito susci-tato paura e diffidenza, ed infatti nel 1998 l’Unioneeuropea ha bloccato la commercializzazione di pro-dotti geneticamente modificati; nel 1999, in occa-sione del meeting dell’Organizzazione mondialedel commercio (WTO) svoltosi a Seattle, si è verifi-cata la prima grande manifestazione contro le bio-tecnologie, ad opera del “Popolo di Seattle”, ovve-ro migliaia di manifestanti, giunti da tutto il mondoper opporsi alla diffusione di alimenti OGM e alpotere delle multinazionali nel controllo delle risor-se genetiche.Attualmente, l’opposizione di cittadini e consuma-tori nei confronti delle biotecnologie è lievementediminuita; secondo i sondaggi dell’Unione europea(Eurobarometro 2005)2, si riscontra infatti un gradomaggior di accettazione nei confronti delle applica-zioni mediche di tali tecnologie, mentre le applica-zioni agro-alimentari registrano un grado di consen-so molto basso tra i paesi dell’Unione, poichè con-siderate pericolose per l’uomo e per l’ambiente edeticamente inaccettabili.In merito all’impatto attuale e futuro delle nanote-nologie sulla società, è ipotizzabile uno scenarioanalogo a quello per le tecnologie emergenti pre-cedentemente esposte, caratterizzato da fortidiscrepanze di opinione tra il mondo scientifico e ilgrande pubblico.Gli studi preliminari statunitensi ed europei sultema della percezione del rischio relativo alle nano-tecnologie [16-19], hanno evidenziato sia un diffusoentusiasmo circa i benefici delle loro applicazionimediche e commerciali, sia una loro scarsa cono-scenza, con conseguente livello basso di percezio-ne del rischio.In particolare, i dati di queste ricerche mostrano chei soggetti che sostengano maggiormente lo svilup-po e la diffusione di tali tecnologie emergenti,abbiamo un grado più approfondito di conoscenza

e consapevolezza delle varie applicazioni dellenanotecnologie e siano in prevalenza adulti di razzabianca; al contrario anziani, donne e membri diminoranze etniche, evidenziano scarsa accettabilitàcon livelli di percezione del rischio più alti.In generale, le principali preoccupazioni dei sog-getti intervistati, riguardano la possibilità che lenanotecnologie possano creare sconvolgimentieconomici con conseguenti perdite di lavoro e unaradicale diminuzione della privacy, piuttosto chedanni alla salute dei consumatori e dei lavoratori edanni ambientali.I risultati conseguiti da tali ricerche, sono in lineacon alcuni studi attuali che si sono occupati dell’im-patto sociale delle tecnologie emergenti [20-24] incui si sottolinea il ruolo moderatore della fiduciadelle persone nei confronti della scienza, delleIstituzioni governative e delle fonti di informazione;nello specifico, il grado di fiducia è correlato positi-vamente con l’accettabilità dei rischi tecnologici enegativamente con la percezione del rischio, ed haun ruolo fondamentale nell’esito di interventi for-mativi e comunicativi efficaci.

Conclusioni

Il rischio correlato all’innovazione tecnologica risul-ta meno individuabile e più complesso rispetto aquello naturale, pertanto la reazione del cittadinocomune di fronte ad esso può coincidere con unatteggiamento di completa indifferenza, oppurecon una sovrastima o sottostima del rischio. Il livel-lo di comprensione ed accettazione di nuove tecno-logie nella società sono funzione anche del modo incui queste vengono presentate e dell’interpretazio-ne che ne viene data [25] .A questo proposito i media possono avere un ruolodeterminante nella creazione di atteggiamenti eopinioni nella popolazione generale su determinatirischi; l’eccessiva attenzione mediatica, infatti, puòcausare un’amplificazione sociale del rischio [26],ovvero un fenomeno in cui le conseguenze negati-ve derivanti da un evento si estendono a dominiche non sono direttamente collegati all’evento stes-

2 http://ec.europa.eu/public_opinion/index_en.htm

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95Le nanotecnologie e la percezione dei rischi emergenti

so, con un conseguente stato di allarme e di terro-re diffuso nella popolazione. L’aspetto controversodella comunicazione mediatica su argomenti com-plessi come quelli dei rischi tecnologici, è relativo alfatto che talvolta le informazioni vengono semplifi-cate e si concentrano solo su determinati aspettidel problema; si può verificare ad esempio, chevenga data un’eccessiva enfasi alle potenziali con-seguenze negative di un’applicazione tecnologica,piuttosto che illustrare dettagliatamente i beneficiderivanti dal suo perseguimento o descrivere le ini-ziative promosse da organismi di controllo pergarantire la tutela dei consumatori.Tutto questo può contribuire a formare pregiudizi eatteggiamenti stereotipati nella popolazione, chepossono determinare fenomeni allarmistici, a volte

ingiustificati, e compromettere la diffusione nellasocietà di progressi scientifici e tecnologici.Per contrastare tali “distorsioni” è necessario effet-tuare adeguati processi di comunicazione delrischio, tramite i quali diffondere informazioni pun-tuali e adeguate a promuovere un processo conti-nuo di condivisione di conoscenza tra tutti gli stake-holders coinvolti.In quest’ottica si sono individuate alcune criticitàrelative sia a caratteristiche intrinseche al rischiolegato alle nanotecnologie che possono influire sullapercezione della popolazione, sia all’impatto socialedelle nanotecnologie (Tabella 1); pertanto occorreprendere in considerazione e sviluppare tali aspetti,al fine di integrare e completare il processo digestione del rischio correlato alle nanotecnologie.

TABELLA 1

Criticità intrinseche al rischio legato alle nanotecnologie che possono influenzarne la percezione

Criticità intrinseche al rischio legato alle nanotecnologie che possono influenzarne la percezione

Mancanza di controllo personale e involontarietà dell’esposizione connesse alle dimensioni ridotte ealla non osservabilità

Sbilanciamento tra l’ampiezza e la velocità di diffusione della tecnologia rispetto alla conoscenza daparte della comunità scientifica e della popolazione

Incremento delle applicazioni e conseguente aumento dell’esposizione nei prossimi anni

Possibilità di strumentalizzazioni correlate alle limitate conoscenze disponibili

Influenza dei media e possibile amplificazione sociale del rischio

Assimilazione della nuova tecnologia al concetto di globalizzazione e conseguente presa di posizio-ne preventiva da parte della popolazione

Necessità di adeguate strategie di comunicazione in collaborazione con la comunità scientifica

Questioni etiche relative alle possibili applicazioni della tecnologia

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Le nanotecnologie e la percezione dei rischi emergenti 97

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