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305 Summer School Medicina d’Urgenza Villasimius (CA), 19-23 settembre 2004 ABSTRACT La Redazione accoglie favorevolmente l’invito del Presidente Pier Mannuccio Mannucci di pubblicare gli abstract presentati alla Summer School Gli Specializzandi che hanno partecipato alla Summer School sono indicati in neretto

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Summer School Medicina d’Urgenza

Villasimius (CA), 19-23 settembre 2004

ABSTRACT

La Redazione accoglie favorevolmente l’invito del Presidente Pier Mannuccio Mannucci di pubblicare gli abstract presentati alla Summer School

Gli Specializzandi che hanno partecipato alla Summer School sono indicati in neretto

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Villasimius (CA), 19-23 settembre 2004

no indicati in pazienti emodinamicamente instabili in cui persi-ste il dolore addominale o quando la terapia farmacologica an-tipertensiva è inefficace o vi è una progressione nell’evoluzio-ne della dissecazione. In altri casi può essere sufficiente il sem-plice follow-up clinico.

Pseudoermafroditismo femminile: diagnosi in paziente di 71 anni con dolori addominali e massa pelvica di ndd

Nicola Arezzi, E. Venturi

Clinica Medica III, IRCCS Policlinico San Matteo,

Università degli Studi di Pavia

Uomo di 71 anni, ricoverato per dolori addominali e vomito.In anamnesi oligofrenia da encefalopatia anossica perinatale eritardo nello sviluppo psico-somatico. Dall’età di 40 anni isti-tuzionalizzato con progressiva perdita dell’autonomia e della ca-pacità di interagire con l’ambiente. All’ingresso ipoteso (pres-sione arteriosa 70/50 mmHg), tachicardico (frequenza cardiaca120 b/min), febbrile (temperatura corporea 37.5°C).

Obiettivamente disidratazione cutaneo-mucosa. Addome trat-tabile, dolente e dolorabile nei quadranti inferiori di sinistra,Blumberg negativo, peristalsi torpida. All’esplorazione rettalepresenza di feci normocolorate in ampolla. Murmure vescicolaresu tutto l’ambito polmonare. Ipostaturalità. Ipospadia ed assen-za di testicoli nella borsa scrotale, peraltro ben conformata.

Le indagini bioumorali mostrano leucocitosi neutrofila edaumento degli indici infiammatori. All’esame radiologico dell’ad-dome è presente qualche livello idroaereo di modesta entità.L’esame ecografico evidenzia tumefazione surrenalica bilateraleed una massa, disposta posteriormente alla vescica, di circa 20cm a struttura disomogenea di non univoca interpretazione (neo-plasia del sigma? raccolta colliquativa? diverticolo perforatocon peritonite circoscritta?). La TAC dell’addome non risolveil dubbio diagnostico.

L’obiettivo iniziale è la stabilizzazione emodinamica del pa-ziente, che si ottiene peraltro rapidamente con terapia idratan-te, antibiotica empirica ed aminica vasoattiva; si osserva inol-tre la spontanea risoluzione della sintomatologia addominale edun miglioramento degli indici di flogosi. Vengono eseguite a que-sto punto indagini strumentali mirate all’inquadramento dia-gnostico della massa addominale. Lo studio radiologico ed en-doscopico del tratto digerente non documenta alterazioni di ri-lievo ed in particolare esclude le patologie a carico del sigma,

(Ann Ital Med Int 2004; 19: 307-330)

Dissecazione spontanea dell’arteria celiaca:report di un caso

Attilio Allione

Dipartimento di Medicina Interna,

Università degli Studi di Torino

Premessa. La dissecazione spontanea dell’arteria celiaca rap-presenta un evento clinico eccezionale ed in letteratura solamentepochi casi sono stati segnalati. Circa la metà di tutte le disseca-zioni coinvolgenti le arterie viscerali sono generalmente asin-tomatiche e la diagnosi viene effettuata incidentalmente duran-te l’autopsia.Caso clinico. Descriviamo il caso di un paziente di 41 anni chegiunge in Pronto Soccorso nel settembre 2002 per la comparsaimprovvisa di dolore in ipocondrio, fianco, fossa iliaca sinistraingravescente non modificabile con la postura in assenza difebbre e con alvo regolare. Non si segnalano precedenti inter-nistici di rilievo, in particolare non traumi addominali recenti.Per il persistere della sintomatologia veniva eseguita una TACaddome che rivelava la presenza di un ampio infarto splenico.Per tale ragione veniva quindi eseguito lo studio vascolaredell’aorta e dei vasi dei visceri addominali che dimostravaun’ectasia del tripode celiaco nel cui lume era evidenziabileun’immagine lineare ipodensa con le caratteristiche del flap in-timale; a valle del tripode si evidenziava inoltre la completa trom-bosi dell’arteria epatica e dell’arteria splenica che risultavano ri-canalizzate a valle attraverso i circoli collaterali derivanti dall’ar-teria gastrica e dall’arteria mesenterica superiore. Queste os-servazioni suggerivano che la dissecazione dell’arteria celiacaera stato un evento antecedente all’infarto splenico. Per presenzadei circoli collaterali, non veniva eseguita correzione chirurgi-ca. Un ecocardiogramma transtoracico non dimostrava la presenzadi trombi nelle cavità cardiache. Per valutare eventuali malfor-mazioni vascolari a livello degli altri distretti arteriosi è stato ese-guito uno studio eco-Doppler dei tronchi sovraortici e degli ar-ti inferiori che evidenziava vasi con calibro, decorso e flussi nel-la norma. Circa 2 mesi dopo la dimissione, il paziente presen-tava accettabili valori pressori (130/80 mmHg) con trattamen-to con enalapril 10 mg/die, atenololo 50 mg/die ed era in tera-pia anticoagulante.Discussione. La dissecazione dell’arteria celiaca rappresentaun evento raro che dovrebbe essere incluso nella diagnosi dif-ferenziale del dolore addominale dei quadranti superiori. L’in-tervento chirurgico o l’utilizzo di procedure endovascolari so-

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suggerite da ecografia e TAC. Una attenta valutazione dei ra-diogrammi TAC fa sorgere il sospetto che la massa pelvica siain realtà un utero. Un secondo esame ecografico mirato confer-ma questa ipotesi e riconosce inoltre la presenza di vagina ed an-nessi. All’analisi cromosomica il paziente presenta un cariotipo46 XX. I dosaggi ormonali supportano il sospetto di sindromeadreno-genitale con virilizzazione (elevati livelli di ACTH, an-drostenedione, 17-OH progesterone, testosterone e normali li-velli di cortisolo ed aldosterone). La conferma diagnostica vie-ne dalla successiva analisi genetica, che evidenzia una sola co-pia del gene P450c21B (CYP21,CA21H) ed una mutazione Ile-172-Asn (999). La combinazione di questa mutazione con la de-lezione del gene P450c21B (o conversione genica estesa) può es-sere associata a deficit di 21-idrossilasi. La ridotta sintesi diidrocortisone che ne consegue induce un aumento compensato-rio di ACTH, causa dell’iperplasia surrenalica, ed una sovrap-produzione secondaria di androgeni con conseguente virilizzazionenelle femmine e mascolinizzazione precoce negli uomini.

Il caso dimostra come nessuna ipotesi diagnostica debba es-sere scartata a priori e come una alterazione genetica gravepossa rimanere misconosciuta sino a tarda età.

Difetto acquisito del setto interatriale: caso clinico

Luisa Arnaldi, F. Mecca, E. Scalabrino, A. Lacaria,P. Cavallo Perin

SCDU Medicina Interna, Dipartimento di Medicina Interna,

Università degli Studi di Torino

Il paziente F.V., di 56 anni, giungeva alla nostra osservazio-ne per astenia, cardiopalmo e dispnea per sforzi moderati di re-cente insorgenza.

In anamnesi si segnalava ipertensione arteriosa essenziale inportatore di protesi meccanica valvolare mitralica, posizionataun anno e mezzo prima della nostra osservazione, e di pacemakerVVI per blocco atrioventricolare di III grado, insorto nel post-operatorio. L’obiettività all’ingresso era caratterizzata da toni car-diaci tachicardici, ritmici, turgore delle giugulari a 30°, positi-vità del reflusso epato-giugulare, crepitii bibasali e succulenzaagli arti inferiori. La saturazione di ossigeno in aria ambiente eradell’88%. Tra gli esami di laboratorio spiccava lieve anemia nor-mocitica, modesta attivazione degli indici aspecifici di flogosisenza leucocitosi, modesto rialzo delle transaminasi. La tropo-ninemia seriata e il D-dimero erano negativi. L’emogasanalisiarteriosa mostrava ipossia e normocapnia. All’ECG si osserva-va una tachicardia a 120 b/min con ritmo di pacemaker. La ra-diografia del torace evidenziava accentuazione vascolare dellatrama con congestione ilare da stasi del piccolo circolo senza le-sioni pleuroparenchimali; ombra cardiaca ai limiti superiori del-la norma.

Veniva posta diagnosi di scompenso cardiaco congestizio e ilpaziente veniva trattato con ossigenoterapia, furosemide e diu-retici risparmiatori di potassio, carvedilolo e ramipril.

Dopo due giorni di terapia il peso corporeo era ridotto, ma per-sistevano segni di scompenso cardiaco. Con il rallentamento del-

la frequenza cardiaca all’ECG si osservava flutter atriale condottodal pacemaker 2:1 e quindi il paziente, già in terapia anticoa-gulante orale, veniva sottoposto con successo a cardioversioneelettrica.

Nei giorni successivi tuttavia persisteva dispnea con impor-tante riduzione della saturazione di ossigeno sotto sforzo, turgoredelle giugulari e stasi bibasale; anche il reperto radiograficodel torace risultava invariato rispetto all’ingresso. Con il ripri-stino del ritmo sinusale e di una frequenza ventricolare intornoa 60 b/min si poteva ora apprezzare un soffio sistolico 2/6 a li-vello del II spazio intercostale destro. Veniva quindi eseguito eco-cardiogramma transesofageo che svelava la presenza di un am-pio difetto interatriale di tipo ostium secundum con shunt bidi-rezionale. Il paziente veniva dunque sottoposto ad intervento car-diochirurgico di chiusura del difetto con patch e successiva ri-soluzione del quadro clinico.

Il difetto del setto interatriale è una complicanza minore e po-co frequente della chirurgia valvolare mitralica quando si ricorraall’approccio transettale. Generalmente tuttavia lo shunt si riduceprogressivamente fino a sparire entro 2 mesi dall’intervento.

Nel caso in esame il difetto del setto interatriale persisteva a18 mesi dall’intervento cardiochirurgico. Perciò questa patolo-gia deve essere considerata anche dopo 2 mesi fra le diagnosi dif-ferenziali delle cause di scompenso cardiaco nei pazienti con pre-gresso intervento valvolare mitralico. Particolare attenzione vainoltre posta in presenza di aritmie atriali e di ipertensione ar-teriosa polmonare, che sono frequentemente associate a tale di-fetto e pertanto ne possono mascherare la presenza, rendendo dif-ficile la diagnosi.

Tromboembolismo venoso:sinergismo tra fattori di rischio genetici e ambientali

M. Arquati, Beatrice Porta, A. Guardoni, M. Cortellaro

Cattedra di Medicina Interna, Istituto Policlinico San Donato,

Università degli Studi di Milano

Il tromboembolismo venoso è spesso una malattia multifat-toriale dovuta all’interazione di più fattori di rischio. Descriviamoun caso di una giovane adulta, dell’età di 18 anni, di razza cau-casica, giunta alla nostra attenzione per edema e dolore all’ar-to inferiore sinistro insorto da 5 giorni. La paziente riferiva as-sunzione di estroprogestinico di terza generazione da 8 mesi perdismenorrea e, 2 giorni prima dell’insorgenza della sintomato-logia, viaggio aereo di durata > 6 ore. Anamnesi familiare ne-gativa per malattie tromboemboliche, anamnesi fisiologica ne-gativa per aborti spontanei e anamnesi patologica remota muta.I dati clinici e anamnestici suggerivano una diagnosi di trombosivenosa profonda (TVP) confermata dall’eco color Doppler chedocumentava estensione iliaco-femoro-poplitea sinistra. Tra i da-ti di laboratorio si segnala incremento dei valori di D-dimero(1830 µg/L) e fibrinogeno (570 mg/dL) in assenza di alterazio-ni dei rimanenti parametri della coagulazione. L’elettrocardio-gramma e la radiografia del torace non evidenziavano alterazionisuggestive per sospette complicanze tromboemboliche polmo-

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nari. In considerazione della giovane età e dell’assenza di pa-tologie concomitanti, si effettuava screening trombofilico (omo-cisteina basale, fattore V Leiden, mutazione fattore II, ACA,LLAC, proteina C, proteina S, antitrombina III) che rilevavanopresenza di mutazione eterozigote G20120 della protrombina. Lapaziente veniva posta a riposo a letto con arto in scarico per i pri-mi giorni e in terapia con LMWH (enoxaparina 100 UI/kg � 2volte/die) successivamente sostituita da somministrazione didicumarolico (acenocumarolo) con range terapeutico INR tra 2.5-3. Il decorso clinico non presentava complicanze di rilievo e siassisteva a progressivo miglioramento del quadro clinico con ri-presa di deambulazione con calza elastica compressiva. Alla di-missione veniva stilato programma terapeutico caratterizzatoda prosecuzione di trattamento anticoagulante orale per circa 6mesi, sospensione dell’assunzione di estroprogestico in via de-finitiva, messa in atto di adeguate misure profilattiche in caso disituazioni ad elevato rischio trombotico (immobilizzazione pro-lungata, interventi chirurgici, gravidanze) e la necessità di iden-tificare altri componenti familiari portatori di anomalie geneti-che con effetti protrombotici.

Il caso clinico sopra esposto è paradigmatico degli effetti de-rivanti dall’interazione tra fattori genetici misconosciuti e am-bientali. La paziente in esame ha manifestato la comparsa di pa-tologia trombotica venosa a rischio embolico pur in assenza diprecedenti patologici di rilievo. La sovrapposizione di immo-bilizzazione prolungata in concomitanza del viaggio aereo el’assunzione di estroprogestinici hanno slatentizzato gli effettidi anomalia genetica (mutazione eterozigote G20120) condi-zionante incremento del rischio trombofilico. Tale reperto rap-presenta un dato di fondamentale importanza dal punto di vistaprognostico per la paziente, in quanto permette counseling infor-mato circa la necessità di misure profilattiche antitrombotichein situazioni ad elevato rischio.

Fibrosi retroperitoneale iatrogena: descrizione di un caso clinico trattato in modo incruento

Marco Atteritano

Dipartimento di Medicina Interna, Università degli Studi di Messina

Introduzione. La fibrosi retroperitoneale è una malattia rara, de-scritta per la prima volta nel 1905 da un urologo francese, mache solo nel 1948 grazie ad un lavoro di Ormond, divenne no-ta descrivendola come una entità clinica ben definita. È unamalattia caratterizzata dalla proliferazione di tessuto fibroso, insostituzione del normale, generalmente a livello della zona cen-trale del peritoneo. Le cause possono essere di natura autoim-mune (anche se a tutt’oggi non molto chiaro) o neoplastica o ia-trogena.Presentazione. Un uomo di 67 anni veniva ricoverato per com-parsa improvvisa di sintomatologia ingravescente caratterizza-ta da: nausea, coliche addominali e stipsi ostinata; tosse seccae dispnea a riposo ingravescente; rialzo dei valori pressori sisto-diastolici; oligo-anuria. Alla prima osservazione il paziente si pre-sentava: febbrile (38°C), dispnoico con tosse scarsamente pro-

duttiva. Addome disteso, meteorico, non trattabile. Attività car-diaca ritmica a bassa frequenza (47 b/min), toni parafonici.EOT emitorace di destra ipoespansibile agli atti del respiro,suono ottuso in campo medio-basale polmone di destra, riduzionee abolizione del MV in campo medio e basale polmone di de-stra. Pressione arteriosa 190/100 mmHg. Dalla sua storia anam-nestica risultava affetto da ipertensione arteriosa trattata condiscreto compenso, a 60 anni; diagnosi di emicrania sinistra, daallora, in trattamento ininterrotto, con methysergide. Null’altrodi patologico da segnalare. Di PS effettuava Rx addome (non li-velli idroaerei), Rx torace (evidenziava versamento pleuricodestro senza lesioni a focolaio) ed esami ematochimici che evi-denziavano: leucocitosi con neutrofilia, anemia, iperazotemia,ipercreatininemia, alterati gli indici di flogosi. Successivamentein reparto si eseguì una ecografia addome che evidenziava idro-

nefrosi bilaterale con riduzione dello spessore corticale dei re-ni. TAC addome-torace: in corrispondenza del segmento apicaledel lobo inferiore destro, in sede paravertebrale, si documentala presenza di addensamento rotondeggiante del diametro dicirca 4 cm nel cui contesto si apprezzano alcune immagini ae-ree con perdita di volume del polmone omolaterale da verosimileatelettasia rotonda. Coesiste abbondante versamento nel cavopleurico omolaterale. In addome superiore si evidenzia quadrodi idronefrosi bilaterale con apprezzabile dilatazione degli ure-teri sino allo sbocco in vescica senza immagini riferibili a cal-coli. Non si rilevano grossolane lesioni espansive in sede ad-domino-pelvica, né versamento ascitico. Alla pielo-RM si do-cumenta quadro di uretero-idronefrosi bilaterale di severa entitàsostenuta da stenosi al passaggio tra il tratto lombare e pelvicodell’uretere, con gli ureteri che mostrano tendenza alla media-lizzazione nella sede della stenosi. Lo studio RM convenziona-le documenta insudiciamento del tessuto adiposo retroperitoneale,espresso da scarsa apprezzabilità dei vasi iliaci, con tessuto fi-brotico disposto anteriormente al promontorio sacrale in sede me-diana. Il quadro RM rilevato, in assieme al quadro convenzio-nale, depone per fibrosi retroperitoneale causa di uretero-idro-nefrosi bilaterale. La methysergide, acido 1-metil-d-lisergicobutanolamide, è un derivato semisintetico della segale cornuta;antagonista del recettore per la serotonina, utilizzato in terapiacome vasocostrittore nel trattamento delle cefalee severe di ori-gine vascolare. Oltre alla sospensione del farmaco è stata intra-presa terapia immunosoppressiva con prednisolone 40 mg/die peril primo mese per poi dimezzare la dose nei successivi mesi emantenerla a 8 mg/die per circa 8 mesi. Dopo 2 mesi di terapiail quadro ecografico di idroureteronefrosi sinistra si era risoltomentre a destra era ancora presente una lieve idroureteronefro-si, regredita al controllo dopo 6 mesi. Il paziente ancora oggi nonpresenta nessun segno della malattia.Conclusione. In questo caso di fibrosi retroperitoneale iatroge-na sia la parte diagnostica (RMN), che quella terapeutica (tera-pia immunosoppressiva oltre naturalmente alla sospensione im-mediata della methysergide) sono state condotte in modo in-cruento, senza sottoporre il paziente a prelievi bioptici e ad unintervento di ureterolisi.

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L’agobiopsia epatica, eseguita 2 settimane dopo l’accessopresso il Dipartimento di Emergenza, mostrava un quadro di ne-crosi focale modesta associata a steatosi macrovescicolare concaratteristiche istologiche compatibili con l’eziologia farmaco-logica.

Nella pratica clinica resta difficile definire il rapporto causa-le tra un singolo trattamento farmacologico e le reazioni osser-vate. In questo caso il paziente assumeva da tempo anche clo-nazepam e gabapentin, di cui non si hanno segnalazioni di epa-totossicità o nefrotossicità ed il paracetamolo era stato introdottoquando i sintomi erano già presenti a dosi molto basse e tali danon poter indurre un danno tossico. La possibilità di una riatti-vazione virale sembra poter essere esclusa sulla base del quadroistologico che non presentava caratteristiche compatibili conl’eziologia virale.

Alla luce del metabolismo prevalentemente epatico dellaBPN, nel sospetto di alterazioni a carico del citocromo P450, èstata esclusa la presenza di polimorfismi noti per essere associatiad un alterato metabolismo dei farmaci, potendo ragionevolmenteescludere una suscettibilità genetica.

D’altra parte, basse dosi di paracetamolo e la presenza del vi-rus HCV nel fegato, possono aver facilitato una tossicità mito-condriale che caratterizza il meccanismo epatolesivo di questofarmaco. Anche gli elevati livelli di BPN possono aver favori-to la comparsa del danno tubulare renale.

In conclusione la BPN a dosaggi terapeutici può condurre aduna severa tossicità epatica e renale. È pertanto consigliabile, inparticolare in pazienti potenzialmente predisposti (HCV+, HIV+,HBV+, etilisti, ecc.), specie se in trattamento con farmaci conpotenziale tossicità mitocondriale, eseguire un periodico moni-toraggio degli indici epatici e renali.

L’approccio alla patologia acuta nell’anziano fragile: descrizione di un caso clinico

Ilaria Bindi, F. Maggi, M. Bicchi, S. Forconi

Dipartimento di Medicina Interna, Cardiovascolare e Geriatrica,

Università degli Studi di Siena

Presentiamo il caso clinico relativo alla degenza della pazien-te B.A. di anni 75, affetta da demenza senile, ospite in ResidenzaSanitaria Assistenziale e ricoverata in regime di urgenza pressoil nostro Dipartimento per dispnea ingravescente. All’ingresso inClinica la paziente si presentava disorientata, intensamente dis-pnoica, cianotica. Al torace si apprezzava ottusità plessica a li-vello dell’intero emitorace di sinistra nel cui ambito risultava pres-soché abolito, all’auscultazione, il murmure vescicolare. L’addomesi presentava espanso, teso, scarsamente trattabile con voluminosolaparocele sotto-ombelicale; la palpazione superficiale e profon-da evocavano intensa dolorabilità diffusa e rivelavano la presenzadi una tumefazione dura, di consistenza teso-elastica, mobile, inregione lombare destra; l’alvo risultava chiuso a feci e gas. Al cuo-re i toni erano validi in successione aritmica come confermato daun ECG che documentava la presenza di fibrillazione atriale. Dagliesami ematochimici emergeva modesta insufficienza renale e lie-ve squilibrio idroelettrolitico con tendenza all’ipokaliemia, ipo-

Epatite acuta severa ed insufficienza renale acuta in corso di terapia con buprenorfina a dose terapeutica

Alberto Benetti, A. Giorgini, M. Colpani, M. Podda, M. Zuin

Divisione di Clinica Medica, Unità di Epatologia

e Gastroenterologia Medica, Dipartimento di Medicina

Chirurgia e Odontoiatria, Polo Universitario San Paolo,

Università degli Studi di Milano

La buprenorfina (BPN), analogo semisintetico derivato dal-la morfina/tebaina, con effetti agonisti/antagonisti sui recettoridella morfina, è da anni prescritta a bassa dose a scopo analge-sico. Più recentemente è stata utilizzata come farmaco sostitu-tivo nel trattamento delle farmaco-dipendenze in alternativa almetadone. Un dosaggio compreso tra 8 e 32 mg/die per viasublinguale è considerato sicuro ed efficace anche per trattamentiprolungati. In letteratura sono descritti casi di epatiti acute se-vere in seguito ad uso improprio per via endovenosa od assun-zione per via orale di un’overdose a scopo suicidario, mentre so-no state osservate solo modeste alterazioni dei livelli delle tran-saminasi in circa il 10% dei pazienti quando impiegata a dosaggioterapeutico.

Viene qui riportato un caso di epatite acuta severa ed insuf-ficienza renale secondaria alla terapia con BPN per via sublin-guale utilizzata al dosaggio raccomandato.

Un uomo di 33 anni antiHCV+ e con storia di abuso di alcool,cocaina e di eroina si è presentato presso il nostro centro per lacomparsa di epatite acuta severa ed insufficienza renale. Il pa-ziente era inserito da 3 mesi in un programma di disintossica-zione per cui aveva assunto inizialmente metadone, sostituito suc-cessivamente dalla somministrazione di 20 mg/die di BPN pervia sublinguale nelle 3 settimane precedenti l’accesso in ProntoSoccorso. Tale farmaco è stato assunto dal paziente in presen-za del medico del centro psico-sociale.

All’ingresso il paziente lamentava una sintomatologia simil-influenzale; si presentava itterico (bilirubina totale 6.4 mg/dL),anurico, con segni di severo danno epatico con deterioramentodegli indici di sintesi (PT-INR 2.4) e citolisi epatocitaria (ALT300 volte i valori normali) associati ad insufficienza renale(creatinina 4.6 mg/dL). La terapia farmacologica in corso checomprendeva, oltre alla BPN, il clonazepam (2 mg/die), il ga-bapentin (300 mg/die) ed il paracetamolo (4 g nelle 72 ore pre-cedenti il ricovero), assunto autonomamente come sintomatico,è stata prontamente sospesa.

L’esame delle urine escludeva la presenza di cocaina od op-pioidi, mentre si rilevavano elevati livelli sierici di BPN (115ng/mL). Nelle successive 24 ore il paziente sviluppava encefa-lopatia epatica e persisteva anuria, per cui sono state necessarie2 sedute emodialitiche. Dopo la sospensione della terapia incorso si è osservato un rapido miglioramento del quadro epati-co e renale con normalizzazione dei parametri ematochimici nei2 mesi successivi. La determinazione sierica dell’HCV-RNA, per-sistentemente negativa ai controlli precedenti il ricovero, era ri-sultata positiva (HCV-RNA 100 000 copie/mL) durante l’even-to acuto per poi negativizzarsi ai successivi controlli.

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glicemia, aumento del CA-125 (156.3 U/mL vs 35). L’emogas-analisi, effettuata su prelievo da arteria radiale in aria ambiente,rilevava marcata ipossiemia. In regime di urgenza venivanoquindi effettuati un ecocardiogramma che documentava la pre-senza di una massa mobile (2 � 1 cm), con sottile peduncolo, inauricola sinistra verosimilmente riferibile a trombosi ed un esa-me radiografico del torace che mostrava completo opacamentodel polmone sinistro da atelettasia. Per chiarire l’origine dell’ate-lettasia ed in considerazione della presenza di intensa sintoma-tologia dispnoica si richiedeva pertanto una broncoscopia che con-cludeva per ostruzione completa dell’emisistema bronchiale si-nistro da abbondanti secrezioni muco-purulente a partire dallo spe-rone tracheale e veniva eseguita adeguata aspirazione delle stes-se con successiva scomparsa della dispnea. Collateralmente, da-ta la sintomatologia e l’obiettività addominale veniva effettuatauna Rx diretta dell’addome che mostrava accentuata distensio-ne delle anse intestinali con numerosi livelli idroaerei. L’emer-gere di un quadro subocclusivo ed il rilievo della tumefazione ad-dominale ci inducevano a richiedere una consulenza chirurgicavolta a stabilire il corretto iter diagnostico-terapeutico: veniva-no pertanto applicati sonda rettale e sondino naso-gastrico con par-ziale miglioramento della distensione addominale ed effettuatevarie indagini strumentali per accertare la natura della neofor-mazione addominale tra cui una TAC addome completo checonfermava la presenza di formazione di aspetto ateromatoso di14 cm di diametro, notevolmente mobile, di verosimile originemesenterica. Veniva quindi affrontato il problema della strategiaterapeutica ottimale sussistendo le indicazioni per l’asportazio-ne della massa retroperitoneale, responsabile certamente degli epi-sodi subocclusivi intestinali. Per tale motivo esaminavamo at-tentamente il caso con i colleghi chirurghi che escludevano, sul-la base dell’elevatissimo rischio perioperatorio legato alle con-dizioni generali della paziente, ogni possibilità di intervento.Pertanto ci limitavamo ad una terapia medica volta al ripristinodel metabolismo glucidico ed al riequilibrio dei quadri elettroli-tico, respiratorio ed emodinamico, con risoluzione degli eventiacuti e ritorno ad una situazione clinica che, per quanto poten-zialmente precaria, presentava le caratteristiche di stabilità e cro-nicità. In conclusione, questo caso clinico ci sembra emblema-tico delle difficoltà di portare a termine un corretto iter diagno-stico e terapeutico nel caso di pazienti anziani, dementi, non au-tosufficienti, con le caratteristiche della polipatologia in cui l’ele-mento di “fragilità” finisce per costituire una sorta di ostacolo,più presunto che reale, per l’esecuzione di procedimenti sicura-mente invasivi e rischiosi ma, contemporaneamente, gli unici ingrado di risolvere una patologia acuta o riacutizzata.

Tromboembolia polmonare a esordio atipico

Benedetta Boari, E. Bergami, M. Gallerani, R. Manfredini, R. Fellin

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale,

Sezione di Medicina Interna, Gerontologia e Geriatria,

Università degli Studi di Ferrara

Caso clinico. Paziente di sesso maschile, età 64 anni, giunto al-la nostra osservazione per l’insorgenza post-prandiale di algie

all’ipocondrio destro e all’epigastrio, con irradiazione scapola-re e sottoscapolare destra.

Anamnesi (particolarmente difficoltosa per una tendenza al-la reticenza e uno stato depressivo giustificato da una situazio-ne familiare pesantemente segnata da patologie neoplastiche):ipotiroidismo primitivo in terapia sostitutiva. Esame obiettivo:paziente vigile, lucido, orientato, collaborante. Toni cardiacivalidi, ritmici, normofrequenti. FVT normotrasmesso, suonochiaro polmonare, MV diffusamente ridotto, non rumori ag-giunti; addome trattabile, dolente alla palpazione profonda in ipo-condrio destro e positività del segno di Murphy. Pressione ar-teriosa 140/80 mmHg; SO2 97% (aria ambiente). ECG: ritmo si-nusale 68/min; tracciato esente da anomalie significative.Laboratorio: incremento degli indici di flogosi (globuli bianchi12 000, neutrofili 85.9%, fibrinogeno 735, α2-globuline 15.5%)e di quelli di colestasi (γ-GT 97, bilirubina totale 2.10, diretta 0.6).Esami strumentali: Rx torace (negativo per lesioni pleuropa-renchimali); ecografia addome superiore (colecisti con note co-lecistosiche di tipo colesterolosico in assenza di formazioni li-tiasiche o dilatazione delle vie biliari). Decorso: nelle 48 ore suc-cessive la sintomatologia dolorosa all’ipocondrio destro regre-diva, ma il paziente lamentava un intensificarsi del dolore sca-polare destro che si accentuava con gli atti respiratori, e risul-tava scarsamente o per nulla responsivo ai farmaci antidolorifi-ci. All’esame obiettivo compariva ipofonesi e assenza del MValla base destra, e si verificavano alcuni lievi episodi emoftoi-ci. D-dimero: negativo. Rx torace: sopraelevazione dell’emi-diaframma destro, presenza di versamento pleurico parieto-ba-sale omolaterale di modesta entità. TC toracica: tromboembo-lia a carico del ramo per il lobo inferiore dell’arteria polmona-re destra.

In assenza di riscontri obiettivi di processi tromboflebitici, do-po insistente approfondimento anamnestico il paziente ammet-teva di avere omesso l’informazione (giudicata ininfluente) diun recente trauma contusivo all’arto inferiore destro trattatocon posizionamento di un apparecchio gessato (poi autorimos-so per intolleranza). L’eco-Doppler venoso rivelava una trom-bosi venosa profonda parcellare coinvolgente il tronco peronealefino al terzo inferiore della vena femorale superficiale. Il pazienteveniva trattato con enoxaparina e anticoagulanti orali con com-pleta risoluzione del quadro sintomatologico e clinico. Discussione. Le manifestazioni cliniche dell’embolia polmonaresono spesso aspecifiche e talora addirittura fuorvianti, con qua-dri in grado di “imitare” interessamenti di tutt’altri distretti ana-tomici. Inoltre, in casistiche nordamericane, circa il 28% dei ca-si di embolia polmonare osservati in Pronto Soccorso non ha al-cun fattore di rischio1. In particolare, un quadro di esordio si-mulante una colica biliare è particolarmente insolito, ed in let-teratura è riportato un solo caso analogo, caratterizzato da un esor-dio con dolore localizzato al fianco destro e ai quadranti addo-minali superiori, e positività del segno di Murphy2. Nel nostrocaso, solo il dolore toracico e il rilievo semeiologico della com-parsa del lieve versamento pleurico ha consentito di individua-re la patologia tromboembolica, in presenza di un quadro che se-condo il punteggio di Wells3 sarebbe stato considerato di bas-sa probabilità clinica.

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Pancreatite acuta necrotizzante: un caso a rapida evoluzione in insufficienza multiorganica

Daniela Boscolo

Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi,

I Scuola di Specializzazione in Medicina Interna,

Ospedale San Giovanni Battista di Torino

La pancreatite acuta è una comune emergenza di ProntoSoccorso. Si distinguono forme lievi e forme severe. La pan-creatite acuta severa è di solito il risultato di una necrosi del pa-renchima ghiandolare. La morbilità e mortalità associate con lapancreatite acuta sono sostanzialmente maggiori se è presentenecrosi, specialmente se questa è infetta (la mortalità supera il40% se la necrosi inizialmente sterile diventa infetta).

Il caso clinico presentato si riferisce ad un paziente maschio di46 anni che giunge al Pronto Soccorso con un dolore addomina-le epigastrico insorto acutamente. All’ecografia addominale ese-guita in emergenza sono presenti segni di pancreatite acuta, dia-gnosi che viene confermata alla TC eseguita entro 24 ore dal ri-covero e che evidenzia inoltre un’evoluzione in senso necrotizzante.Nelle prime 48 ore di ricovero il paziente svilupperà un progres-sivo deterioramento delle condizioni cliniche che condurrà allo svi-luppo di un quadro di insufficienza multiorganica e la necessitàdi un ricovero in regime di terapia intensiva. Durante la degenzaprolungatasi per alcuni mesi compariranno, inoltre, numerosecomplicanze che risulteranno in ultima istanza all’exitus.

Porpora trombotica trombocitopenica post-partumcomplicata da acute lung injury trasfusione-correlata

Sara Casalis, F. Olliveri, F. Pagnozzi, M. Converso

Medicina d’Urgenza, Ospedale San Giovanni Bosco di Torino

Caso clinico. Daniela, 31 anni, giunge in Pronto Soccorso il 13/5per astenia ed ittero. In anamnesi: glomerulonefrite a 5 anni.Gravidanza senza complicanze, condotta a termine il 20/4 contaglio cesareo. La settimana successiva al parto la paziente vie-ne nuovamente ricoverata in Ostetricia per progressiva ane-mizzazione con emolisi, ittero, riduzione delle piastrine, insuf-ficienza renale lieve. Inoltre segnalato episodio fugace di afasiatransitoria con TC cranio negativa. Viene trattata con trasfusio-ni di plasma e steroidi e dimessa il 3/5, con Hb 10 g/dL e pia-strine 257 000.

Il 13/5 giunge in Pronto Soccorso per ittero: riscontro di Hb7.1 g/dL, piastrine 5000, creatinina, PT, PTT, fibrinogeno e D-dimero di norma, bilirubina 5 mg/dL, LDH 2395. Si eseguestriscio di sangue periferico, con riscontro di schistociti.

Obiettività di norma, non segni di sanguinamento né petecchie.La paziente viene ricoverata in Medicina d’Urgenza con diagnosidi porpora trombotica trombocitopenica post-partum e si avvianoprocedure di plasma-exchange con reinfusione di plasma frescocongelato quotidiane e prednisone 1 mg/kg. Per la progressivaanemizzazione si è resa necessaria inoltre la trasfusione di 1 unitàdi emazie. A partire dal 14/5 progressivo miglioramento degliesami ematochimici, in corso di procedure di plasma-exchangee cortisone. Il 17/5, durante infusione di plasma, improvvisa com-parsa di tosse stizzosa, dispnea ed ipossiemia. All’esame obiet-tivo compaiono rumori umidi polmonari bilaterali, all’Rx tora-ce sfumati addensamenti parenchimali bilaterali. Il rapportoPaO2/FiO2 è pari a 76, viene pertanto posta diagnosi di acute lunginjury (ALI) e la paziente viene trasferita in Rianimazione, ovesi avvia supporto respiratorio con CPAP. Si assiste al progres-sivo miglioramento degli scambi gassosi e risoluzione del qua-dro radiologico. Considerata la riduzione dei valori piastrinici,si riprende il trattamento di plasmaferesi con infusione di pla-sma da donatori di sesso maschile, senza ulteriori complicanze.Vista la graduale normalizzazione e stabilizzazione dei datiematochimici (LDH, piastrine, Hb) e l’assenza di schistociti al-lo striscio di sangue periferico, le sedute di plasmaferesi vengonoeseguite a cadenza decrescente e la paziente viene dimessa il 28maggio con indicazioni alla prosecuzione dei controlli emato-chimici e delle procedure terapeutiche.Discussione. La gravidanza ed il peri-partum sono il più comuneevento precipitante la porpora trombotica trombocitopenica,patologia gravata da un’elevata mortalità quando non trattata. Iltrattamento consiste in sedute di plasmaferesi e reinfusione di pla-sma.

La ALI trasfusione-correlata (TRALI) è una rara ma perico-losa complicanza delle trasfusioni, clinicamente simile allaARDS. Si verifica entro le prime 6 ore dopo la trasfusione di emo-componenti contenenti plasma, con meccanismo sconosciuto, pro-babilmente a causa di una alloimmunizzazione verso anticorpi deldonatore. Tali anticorpi si trovano usualmente nel sangue di do-natrici multipare e, con meccanismo citochino-mediato, scatenanoil danno endoteliale e l’aumentata permeabilità alveolare. Ladiagnosi di TRALI, terza causa di morte associata alle trasfusioni,è di tipo clinico. Essa va distinta dal sovraccarico circolatorio (nel-la TRALI la pressione venosa centrale non è incrementata) e dareazioni trasfusionali di tipo infettivo. La prognosi di tale pato-logia è migliore rispetto a quella dell’ARDS ed il danno polmo-nare è reversibile. Il trattamento consiste principalmente in un in-tenso supporto respiratorio, in grado di condurre nella maggiorparte dei casi ad un rapido miglioramento clinico e radiologico.

Malattia drepanocitica eterozigote rivelata da un’infezioneacuta con shock cardiocircolatorio ed infarto epatico

Iride Francesca Ceresa, G. Casella

Clinica Medica III, IRCCS Policlinico San Matteo,

Università degli Studi di Pavia

Lo stato di eterozigosi per malattia drepanocitica è cono-sciuto come una condizione clinica benigna che non determina

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di norma alterazioni della crasi ematica pur potendo rappre-

sentare una causa estremamente rara, ma possibile, di morbilità.

Il paziente di cui presentiamo il caso è un uomo giunto all’età

di 66 anni senza essere a conoscenza del trait falciforme di cui

era portatore, affetto da tempo da cardiopatia ischemica, arte-

riopatia obliterante agli arti inferiori, insufficienza renale e già

sottoposto a colecistectomia per colelitiasi. Si rivolge al Pronto

Soccorso per la comparsa di febbre elevata, insorta il giorno pre-

cedente e non responsiva alla terapia antipiretica, e di dispnea.

All’ingresso in reparto il paziente si presenta vigile, colla-

borante, orientato, eupnoico in aria ambiente. All’esame obiet-

tivo si rilevano toni cardiaci validi, ritmici, normofrequenti

con soffio sistolico 2/6 udibile su tutti i focolai; murmure ve-

scicolare presente all’auscultazione polmonare con fini crepi-

tii bibasilari e in campo medio sinistro; addome globoso per adi-

pe, trattabile, non dolorabile, lieve splenomegalia. Pressione ar-

teriosa 170/80 mmHg, frequenza cardiaca 80 b/min, tempera-

tura corporea 39.1°C. La radiografia del torace evidenzia im-

bibizione interstizio-alveolare più evidente alle basi e versamento

pleurico basale destro. Gli esami ematochimici rilevano insuf-

ficienza renale (creatinina 2.87 mg/dL), anemia normocitica (Hb

10.2 g/dL, MCV 83 fL), lieve piastrinopenia, non leucocitosi,

funzionalità epatica ed elettroliti sierici nella norma. Dopo es-

sere stato sottoposto ad indagini colturali di routine, inizia trat-

tamento antibiotico empirico e terapia diuretica per via endo-

venosa.

Dopo 6 ore compare uno stato di agitazione psicomotoria, si

rileva una crisi ipertensiva associata a tachicardia, importante sin-

tomatologia dispnoica in ossigenoterapia e marezzatura della cu-

te, inizialmente localizzata all’addome che è teso ma trattabile.

Nonostante la terapia medica effettuata si assiste al rapido de-

terioramento dello stato di coscienza fino al coma, alla comparsa

di shock cardiocircolatorio, edema polmonare acuto ed anuria con

quadro emogasanalitico di acidosi mista e grave ipercapnia

ipossiemica. Vista la gravità della situazione il paziente viene tra-

sferito nel reparto di rianimazione. Dopo 24 ore rientra in reparto

per completa risoluzione del quadro acuto con diagnosi di shock

settico in paziente cardiopatico e vasculopatico noto. È già pre-

sente un iniziale rialzo delle transaminasi che si accentua il

giorno successivo (AST 1296 mU/mL, ALT 2002 mU/mL),

per cui il paziente, asintomatico, viene sottoposto ad ecografia

addominale con riscontro di un’area di infarto epatico al lobo si-

nistro. Le successive indagini volte ad approfondire le cause

dell’anemia evidenziano lo stato di eterozigosi per malattia dre-

panocitica (HbS 36.6%), precedentemente non nota, che potrebbe

rendere conto della sindrome da disfunzione multiorgano con ipo-

perfusione periferica e della formazione della lesione infartua-

le parcellare epatica. Questo caso dimostra quanto sia importante

la considerazione dei disordini dell’emoglobina anche al di fuo-

ri delle aree storicamente conosciute come ad alta prevalenza e

nei pazienti di tutte l’età.

Edema polmonare acuto: manifestazione di esordio di vasculite crioglobulinemica

Antonio Ciavattone, L. Tibullo, D. Bartiromo, R. Torella, G. Cotticelli

Cattedra di Medicina Interna, Seconda Università degli Studi di Napoli

Paziente di 53 anni, sesso femminile, affetta da epatopatia cro-nica da HCV giunge in Pronto Soccorso per un episodio di ede-ma polmonare acuto (EPA). Successivamente veniva trasferitanel nostro reparto per ulteriori indagini. All’ingresso presenta-va: epatomegalia, discromia cutanea a carico degli arti inferio-ri con distribuzione “a calzettone”, ipostenia mano destra con atro-fia muscolare a livello dell’eminenza tenare ed ipotenare, valo-ri di pressione arteriosa 160/80 mmHg; VES prima ora 135mm, Bun 47 mg/dL, creatinina 1.42 mg/dL, esame urine: pro-teinuria e microematuria, clearance della creatinina 36 mL/min,proteinuria delle 24 ore 3 g/L, presenza di componenti mono-clonali sieriche del tipo IgM tipo k, crioglobuline con criocrito2.5%. Fu effettuato un iter diagnostico comprensivo delle seguentiindagini strumentali ed istopatologiche: 1) ECG: segni di so-vraccarico ventricolare sinistro; 2) ecocardiogramma: ipertrofiaventricolare sinistra con normale funzione di pompa e pattern mi-tralico da alterato rilasciamento diastolico; 3) biopsia epatica: qua-dro di epatite cronica lieve con fibrosi portale moderata-inten-sa e formazione di setti; 4) biopsia renale: glomerulonefritemembrano-proliferativa con depositi di IgG ed IgM e C3 sullamembrana basale glomerulare; 5) ENG: marcata e diffusa sof-ferenza neurogena da assonopatia più evidente agli arti superiori;6) RNM cerebrale: encefalopatia multinfartuale; 7) TAC cere-brale: assenza di definite alterazioni densitometriche del paren-chima cerebrale; 8) biopsia nervo surale sinistro: alterazioniistopatologiche suggestive di vasculite necrotizzante. Sulla scor-ta di essi era possibile formulare la seguente diagnosi: “crio-globulinemia di tipo II associata a 1) epatite cronica da HCV amoderata attività; 2) sindrome nefrosica secondaria a glomeru-lonefrite di tipo membrano-proliferativa; 3) neuropatia perife-rica; 4) encefalopatia multinfartuale”. La crioglobulinemia èuna vasculite sistemica con interessamento dei vasi arteriosi evenosi di piccolo e medio calibro. Secondo Brouet si distinguonotre tipi sulla base della composizione immunoistochimica: tipoI composta da un’unica classe di Ig; tipo II mista con componentemonoclonale o con componente policlonale e tipo III con com-ponente esclusivamente policlonale. Agli inizi degli anni ’90, mol-teplici studi hanno dimostrato una stretta correlazione tra crio-globulinemia ed infezione da HCV con una percentuale che va-ria dal 43 al 90%. La sintomatologia nella crioglobulinemia è rap-presentata da: porpora (90%); artralgie (60%); astenia (60%);splenomegalia (50%); Raynaud (40%); polineuropatie (36%);ipertensione arteriosa (35%); ulcere arti inferiori (30%); edemiagli arti inferiori (8%); pericardite (4%); versamento pleurico(3%); scompenso cardiaco congestizio (1%). Un coinvolgi-mento renale quale manifestazione d’esordio della sindromecrioglobulinemica si riscontra nel 17% con un quadro di sindromenefrosica nel 20%, di sindrome nefritica nel 12%, e di IRA nel10%; si appalesa con manifestazioni urinarie isolate del tipo pro-teinuria e/o microematuria nel 50-60% dei casi; il quadro isto-

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logico di più frequente riscontro è una glomerulonefrite mem-brano-proliferativa, con depositi di materiale amorfo elettro-denso, costituito da frammenti del complemento (C3) ed Ig(IgM-IgG) in sede sottoendoteliale. La singolarità del caso cli-nico di nostra osservazione è dovuta alla modalità di esordio del-la crioglobulinemia con un quadro di emergenza quale l’EPA;infatti la riduzione della pressione colloido-osmotica provoca-ta dalla proteinuria massiva ha costituito l’elemento trigger perl’innesco su una condizione preesistente di ipertensione arteriosae di scompenso diastolico che usualmente è caratterizzato da unapiù bassa pressione polmonare, rispetto allo scompenso sistoli-co del ventricolo sinistro dove si creano fenomeni di adattamentodel circolo polmonare.

Un caso di porpora trombotica trombocitopenica associata a lupus eritematoso sistemico

Marianna Curioni, D. Bignamini, A. Tedeschi, G. Fiorelli

U.O. di Medicina Interna I, Padiglione Granelli, IRCCS,

Policlinico di Milano

La porpora trombotica trombocitopenica (PTT) è una rarama temibile sindrome ematologica, caratterizzata da microan-giopatia trombotica a carico delle arteriole e dei capillari diogni distretto corporeo, la cui eziopatogenesi rimane poco chia-ra. Può associarsi a infezioni, gravidanza, farmaci e a malattieautoimmuni sistemiche, tra le quali il lupus eritematoso sistemico(LES) riveste una particolare importanza. In letteratura sonoriportati più di 50 casi di PTT associata a LES; si stima che l’in-cidenza di PTT in corso di LES sia pari a 1-4%.

Descriviamo il caso di una donna caucasica di 36 anni, giun-ta alla nostra osservazione nel maggio 2004 per ematuria, pia-strinopenia ed anemia emolitica. La paziente, dall’età di 14 an-ni, era affetta da LES caratterizzato da sierosite, coinvolgimen-to articolare (artralgie), renale (GN membranosa) e neurologi-co (cefalea con quadro RMN indicativo di lesioni vasculitiche).Circa 10 mesi prima del ricovero compariva una cistite emor-ragica, verosimile complicanza di una pregressa terapia con ci-clofosfamide; in tale occasione riscontro di piastrinopenia au-toimmune. Negli 8 mesi precedenti il ricovero la malattia, trat-tata con micofenolato mofetile (1500 mg/die) e con prednisone(10/5 mg a giorni alterni), era in remissione stabile. Circa 3settimane prima del ricovero la paziente riduceva autonomamenteil dosaggio dell’immunosoppressore. All’arrivo in reparto lapaziente presentava modesta diatesi emorragica (petecchie agliarti inferiori e al cavo orale, macroematuria) e un episodio di per-dita di coscienza a risoluzione spontanea interpretato come sin-copale. Agli esami di laboratorio si evidenziavano piastrinope-nia marcata (5000/mm3) e anemia emolitica rapidamente in-gravescente (calo emoglobinico da 12 a 5 g/dL in 3 giorni, LDH4157, aptoglobina indosabile).

Nel sospetto di riacutizzazione di LES venivano somministrati3 boli di metilprednisolone da 1 g e veniva iniziata infusione e.v.di Ig ad alte dosi (25 g/die), senza beneficio sulla crasi emati-ca. In considerazione della negatività del test di Coombs e del

reperto di schistociti (4-5 per campo microscopico) allo strisciodi sangue periferico veniva posta diagnosi di PTT. La pazienteveniva trattata con plasmaferesi ottenendo la normalizzazione del-la conta piastrinica dopo 5 sedute. Si segnala l’assenza di feb-bre, insufficienza renale e alterazioni neurologiche.

La diagnosi differenziale tra LES e PTT è spesso difficile acausa della somiglianza delle manifestazioni cliniche. In en-trambi i processi, infatti, possono essere presenti trombocitopenia,anemia emolitica, febbre, insufficienza renale o deficit neuro-logici. Tuttavia è molto importante distinguere le due patologieperché diverso è l’approccio terapeutico: la plasmaferesi è at-tualmente considerato il trattamento più efficace per la PTTmentre la sua efficacia nel LES è controversa. Ai fini della dia-gnosi differenziale uno degli elementi più significativi è il ri-scontro di schistociti, che sono invece presenti nel LES solo inrare condizioni (vasculite grave, ipertensione arteriosa mali-gna, sindrome da anticorpi antifosfolipidi).

Infine, va sottolineato che la coesistenza della PTT e del LESnon sarebbe casuale. Vari studi indicano una genesi autoimmu-ne della PTT; in un significativo numero di casi, è stata rileva-ta la presenza di autoanticorpi diretti contro la metalloproteasiclivante il fattore von Willebrand con conseguente abnorme at-tivazione dell’aggregazione piastrinica. Nel caso in questione,la stretta associazione temporale tra riduzione dell’immuno-soppressione e sviluppo di PTT sembra sottolineare il mecca-nismo patogenetico autoreattivo.

Sclerodermia ed insufficienza renale

Anna Maria Di Carlo, M.M.D. Imperatore, A. Gabrielli, G. Danieli

Istituto di Clinica Medica, Università Politecnica delle Marche

A.M.P., donna di 34 anni, veniva posta la diagnosi di sclero-si sistemica variante limitata nel maggio 2001, sulla scorta di unquadro clinico caratterizzato da fenomeno di Raynaud, ulcere tro-fiche acrali, teleangectasie ed artromialgie diffuse associate a po-sitività laboratoristica per anti-Scl70. Nell’anamnesi storia di abu-so di sostanze stupefacenti. Nell’ottobre 2001 veniva iniziato trat-tamento ciclico mensile con analogo sintetico della prostacicli-na, per un peggioramento del fenomeno di Raynaud. Nel di-cembre del 2002 per episodi ricorrenti di dolore addominale connausea e vomito, associati ad alvo diarroico la paziente venivastudiata in ambiente gastroenterologico e veniva posta diagno-si di colite di sospetta natura infettiva ed iniziata terapia con ce-falosporina per 10 giorni con scarso beneficio clinico.

Nel febbraio del 2003 comparivano cefalea, offuscamentodel visus, fotofobia, e senso di oppressione toracica, con obiet-tività negativa ad eccezione della dolenzia in fossa iliaca sini-stra, ma riscontro pressorio di ipertensione arteriosa con valoriin clinostatismo di 230/130 mmHg. Il laboratorio mostrava:anemia microcitica associata ad incremento degli indici di emo-lisi, trombocitopenia ed incremento della creatinina (2.1 mg/dL).Notevolmente aumentati risultavano i valori sierici di renina edi aldosterone.

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Veniva posta diagnosi di crisi renale sclerodermia ed inizia-ta terapia con ACE-inibitori, analogo sintetico delle prostacicline,calcioantagonisti ed alfa-litici centrali e periferici con progres-sivo buon controllo dei valori pressori, normalizzazione degli in-dici di emolisi e miglioramento dell’anemia. I valori sierici del-la creatinina si stabilizzavano intorno a 2 mg/dL. Veniva esclu-sa una ipertensione nefrovascolare ed una patologia endocrina.

La crisi renale sclerodermica è una rara ma catastrofica con-dizione responsabile di insufficienza renale acuta nelle fasi pre-coci della malattia. È caratterizzata da ipertensione maligna,iperreninemia, azotemia, anemia emolitica microangiopatica einsufficienza renale. Questa complicanza, che nel passato è sta-ta quasi uniformemente fatale, è ora trattata con successo nellamaggior parte dei casi con ACE-inibitori. Questa terapia ha mi-gliorato la sopravvivenza, ridotto la necessità di dialisi e nei pa-zienti in dialisi ne ha spesso consentito l’interruzione 6-18 me-si dopo. La somministrazione di alte dosi di steroidi, specialmentein bolo, può precipitare la crisi. Una diagnosi pronta e un trat-tamento precoce ed aggressivo con ACE-inibitori porta nella mag-gior parte dei casi ad un esito ottimale.

Una presentazione clinica atipica di appendicite acuta in un giovane con malposizione intestinale

Domenico Di Raimondo, A. Pinto, P. Fernandez, A. Tuttolomondo, E. Fiorello, G. Licata

Dipartimento Biomedico di Medicina Interna e Specialistica,

Università degli Studi di Palermo

Caso clinico. Un giovane uomo di 28 anni, studente, con anam-nesi patologica sostanzialmente negativa, giunge alla nostra os-servazione per la comparsa, da circa 6 giorni, di una sintoma-tologia caratterizzata da dolore addominale puntorio localizza-to in fossa iliaca sinistra. Nella mattina del ricovero, per la esa-cerbazione della sintomatologia algica addominale, e la comparsadi febbre (temperatura massima 38.5°C) veniva disposto il ri-covero. All’ingresso in reparto il paziente appariva di discretecondizioni generali, febbrile (temperatura ascellare 38.6°C).Nulla da segnalare all’esame obiettivo generale ed a carico deltorace e del cuore; l’addome appariva modicamente trattabile al-la palpazione superficiale, mentre alla profonda si evocava do-lore in fossa iliaca ed al fianco sinistro. I principali parametri ema-tochimici valutati durante la degenza evidenziavano leucocito-si neutrofila ed incremento degli indici di flogosi. La radiogra-fia diretta dell’addome eseguita in urgenza non ha mostrato re-perti patologici; l’ecografia dell’addome evidenziava invece,in corrispondenza della sede del dolore (fossa iliaca sinistra) del-le anse intestinali con parete ispessita, edema parietale e sottilefalda fluida circostante e due masse iso-ipoecogene caratteriz-zabili ecotomograficamente come ascessi periviscerali; per la mi-gliore definizione di tale reperto viene eseguita una TC dell’ad-dome con mezzo di contrasto endovena che evidenziava comefianco e fossa iliaca destra fossero disabitati dalla cornice coli-ca, essendo il colon dislocato a sinistra, realizzando un quadroradiologico compatibile con malrotazione intestinale di tipo Ia

con persistenza di mesenterium comune. In fossa iliaca sinistrasi apprezzavano, inoltre, due formazioni rotondeggianti (diametridi 3 e 5 cm), la maggiore delle quali in stretta contiguità conun’ansa ileale che appariva ispessita e con lume notevolmenteridotto. Il reperto suddescritto deponeva, quindi, in prima ipo-tesi, in relazione alla malposizione colica, per formazioni asces-suali di pertinenza appendicolare. Alla luce di questo dato è sta-ta intrapresa terapia con ceftazidima per via endovenosa che èvalsa a determinare una pronta remissione della sintomatologiadolorosa insieme alla normalizzazione dell’emocromo e degli in-dici di flogosi; all’ecografia di controllo si aveva altresì signi-ficativa riduzione del diametro degli ascessi periviscerali pre-cedentemente evidenziati. Il paziente è stato quindi dimessocon l’indicazione di eseguire un attento follow-up chirurgicodell’appendicopatia. Discussione. Le anomalie congenite del tratto gastrointestina-le sono frequentemente causa di morbilità nei bambini, molto piùraramente negli adulti. Queste malformazioni comprendono leostruzioni congenite dell’intestino tenue, le anomalie di svilup-po del colon, le anomalie di fissazione e rotazione, le anomalieanorettali e le duplicazioni intestinali. Questo tipo di anomaliecongenite possono rimanere asintomatiche per tutta la vita, o es-sere accidentalmente riscontrate ad un esame radiologico o adun intervento chirurgico eseguito per altri motivi. In alcuni ca-si possono invece dare segno di sé precocemente, spesso entroil primo anno di vita, a causa dell’occorrenza di un volvolo in-testinale, o di una torsione dell’arteria mesenterica superiore, cheprovoca un infarto intestinale, conseguenze della abnorme mo-bilità dell’intestino (Barrocal 1999). Lo sviluppo dell’intestinoprevede, dalla sesta settimana di gestazione, la formazione diun’ansa che supera la capacità dell’addome fetale ed ernia dal-la parete addominale; compiendo una rotazione di 270° in sen-so antiorario intorno ai vasi onfalomesenterici (che formerannol’arteria e la vena mesenterica superiore) questa ansa ritorna nel-la cavità addominale tra la decima e la dodicesima settimana digestazione. Alla fine del primo trimestre l’orientamento del tu-bo digerente è già quello definitivo, con il legamento del Treitza sinistra dell’arteria mesenterica superiore e la valvola ileo-ce-cale in fossa iliaca destra. Le anomalie di rotazione dell’intestinotenue sono il risultato di un arresto della rotazione intestinale pri-ma dei 270°: Stringer le classifica in base al periodo dello svi-luppo embrionale in cui si verificano: malrotazione di tipo Ia (ca-ratterizzata da un arresto della rotazione antioraria dell’intesti-no dopo i primi 90°); malrotazioni di tipo II (anomalia della ro-tazione dell’intestino che si realizza tra la settima e la decima set-timana di gestazione con arresto dello sviluppo dopo 180° di ro-tazione; tipica di questo tipo di malrotazione è la persistenza del-le cosiddette “briglie di Ladd” che possono determinare ostru-zione meccanica del duodeno per aderenza con la parete addo-minale laterale o posteriore); malrotazioni di tipo III (caratterizzateda una abnorme mobilità di intestino tenue e colon con un altorischio di volvolo intestinale). La reale incidenza di queste mal-posizioni è ignota, dal momento che, solo una limitata percen-tuale di esse è scoperta perché sintomatica o rilevata acciden-talmente. La malrotazione di tipo Ia è stimata presente nello 0.2%degli adulti (Mindelzum 1999). Nel caso del paziente da noi esa-

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minato, la malrotazione di tipo Ia non aveva mai dato segno disé e, quando lo ha fatto, non è stato per complicanze vascolariischemiche od ostruttive ma per la presentazione clinica atipi-ca di una patologia piuttosto comune, specie nel giovane, qua-le è l’appendicite acuta. Ciò a dimostrazione del fatto che in pa-zienti con malrotazione intestinale i più comuni sintomi di pa-tologia addominale possono non essere interpretati corretta-mente, con conseguente significativo ritardo nella corretta dia-gnosi e nella opportuna terapia, medica o eventualmente chi-rurgica, costituendo una ulteriore variabile da considerare inun paziente complesso quale è quello con addome acuto.

Insufficienza respiratoria acuta in anziano: un caso di edema polmonare acuto non cardiogeno

Caterina Divella

Dipartimento di Clinica Medica, Immunologia e Malattie Infettive,

Sezione di Clinica Medica, Università degli Studi di Bari

Caso clinico. Donna di 89 anni, ipotiroidea in trattamento so-stitutivo, portatrice di pacemaker ed affetta da cardiopatia iper-tensiva si ricovera per dispnea ed iperpiressia insorte da circa 3giorni. All’ingresso appare dispnoica, vigile e ben orientata neltempo e nello spazio, non edemi declivi, obiettività cardiaca edaddominale nella norma; all’auscultazione toracica, rantoli cre-pitanti in sede medio-basale bilaterale. All’EGA, evidenza di aci-dosi respiratoria scompensata (pH 7.3) con ipossiemia ed iper-capnia. All’Rx standard del torace, segni di subedema polmo-nare. Si inizia terapia con diuretici, antibiotici ad ampio spettro,si somministra ossigeno con cannula nasale. La paziente presentain breve tempo peggioramento acuto della dispnea, con comparsadi stato soporoso, evidenza all’EGA di ipossiemia, ipercapnia emarcata acidosi (pH 7.2). Si effettua ventilazione a pressione po-sitiva con maschera + AMBU ed ossigeno ad alti flussi; recu-pero dello stato di coscienza e posizionamento di BiPAP. ECG,ecocardiogramma e valutazione degli enzimi cardiaci permettonodi escludere problemi acuti cardiologici, mentre la TC torace ri-sulta negativa per processi embolici polmonari. Agli esami di la-boratorio compaiono i segni di danno renale. Si inizia subito svez-zamento con maschera di Venturi e si sospende NIMV in setti-ma giornata con recupero dei parametri emogasanalitici. La pa-ziente viene dimessa in buone condizioni generali, apiretica, vi-gile, eupnoica ed esegue attualmente periodici controlli pressoil nostro Dipartimento.Discussione. L’edema polmonare acuto “lesionale” o “non car-diogeno” rientra nel quadro clinico della sindrome da distress re-spiratorio acuto dell’adulto, una grave forma di insufficienza re-spiratoria acuta caratterizzata da dispnea ad andamento pro-gressivamente ingravescente, con marcata ipossiemia e, nelle fa-si avanzate, ipercapnia, che impone il trattamento con ventila-zione meccanica ad elevate FiO2. L’interruzione del processoeziologico alla base del danno a carico del capillare polmonaree la prevenzione delle complicanze può garantire una comple-ta risoluzione del grave quadro clinico.

Un caso complesso di tromboembolismo venoso

Paola Fernandez, A. Pinto, D. Di Raimondo, A. Tuttolomondo, E. Fiorello, G. Licata

Dipartimento Biomedico di Medicina Interna e Specialistica,

Università degli Studi di Palermo

Donna di 74 anni, affetta da diabete mellito, è giunta alla no-stra osservazione lamentando dispnea a riposo e transitorio do-lore toracico puntorio sottoscapolare destro. Riferiva, tra l’altro,da circa una settimana, dolore a riposo, impotenza funzionale eprogressivo incremento volumetrico a carico dell’arto inferio-re destro. All’arrivo in reparto la paziente era sofferente, dispnoicaa riposo, frequenza cardiaca 120 b/min, frequenza respiratoria28 atti/min, pressione arteriosa omerale 100/60 mmHg, tempe-ratura ascellare 36.8 °C. L’obiettività all’ingresso mostrava tu-mor e calor fino al terzo medio dell’arto inferiore di destra, edun reperto toracico di riduzione del murmure vescicolare alle ba-si. Gli esami eseguiti in urgenza nell’ipotesi diagnostica di unaembolia polmonare hanno evidenziato leucocitosi neutrofila,modesto incremento dei valori di LDH e del D-dimero, mode-sta ipossiemia con ipocapnia di grado lieve all’EGA. L’ECG evi-denziava un blocco di branca destro; l’Rx del torace ha mostratoun addensamento parenchimale disomogeneo dell’angolo costo-frenico destro con minimo versamento pleurico omolaterale;l’eco color Doppler venoso arti inferiori ha deposto per unatrombosi subcompleta della vena femorale superficiale e popli-tea di destra; nella norma il quadro ecocardiografico. È stata quin-di intrapresa terapia con eparina a basso peso molecolare(LMWH) ed acenocumarolo. Non potendosi eseguire scinti-grafia polmonare perfusionale per motivi di ordine tecnico è sta-ta prontamente eseguita angio-TC spirale del torace con ri-scontro di embolia polmonare subsegmentaria a carico dei seg-menti basali del lobo inferiore di destra. Con la rapida remissionedel quadro respiratorio ed a carico dell’arto inferiore destro lapaziente viene dimessa con l’indicazione di proseguire la tera-pia con eparina ed anticoagulante orale al proprio domicilio. Dopoappena 2 giorni, la paziente torna alla nostra osservazione perla comparsa di lesioni petecchiali diffuse a carico del tronco edegli arti inferiori, associate a severa piastrinopenia (23 000/mm3

vs 235 000/mm3 del precedente ricovero). Nel sospetto di unapiastrinopenia da eparina (HIT) è stata sospesa la terapia conLMWH e somministrato prednisone per os (50 mg/die). Dopoalcuni giorni si è assistito alla parziale remissione delle lesionipurpuriche e lieve incremento della conta piastrinica (PLT alladimissione: 60 000/mm3); la paziente è stata dunque dimessa.Dopo 5 giorni dalla dimissione nuovo ricovero per comparsa ditumor, dolor e functio lesa a carico della gamba sinistra. L’ecocolor Doppler venoso eseguito in urgenza conferma il sospettoclinico mettendo in evidenza una trombosi completa dell’asse ilia-co-femoro-popliteo di sinistra. Sussistendo la controindicazio-ne all’impiego di eparina, è stata intrapresa terapia con derma-tan solfato e.v. (al dosaggio di 12 mg/kg/die); persistendo cia-nosi, ipotermia distale ed edema di severa entità fino alla radi-ce dell’arto sinistro, è stata associata terapia con defibrotidee.v. e furosemide ad alte dosi associata a piccoli volumi di so-luzioni saline ipertoniche, con progressiva riduzione dell’edema

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e miglioramento del trofismo dell’arto. In relazione alla gravità,bilateralità ed alla ricorrenza della trombosi, in virtù dell’asso-ciazione esistente tra trombosi venosa profonda (TVP) e neo-plasie, abbiamo eseguito uno screening comprendente la ricer-ca dei principali marker neoplastici (elevati livelli di CEA, TPA,CA 125 e CA 15.3) e TC torace ed addome, con riscontro di unaneoformazione di verosimile pertinenza colecistica che ha con-fermato il nostro sospetto clinico.Discussione. Risale ai tempi di Trousseau (1865), la prima os-servazione di una possibile associazione tra neoplasie e vascu-lopatie trombotiche. Le neoplasie sono generalmente associate aduna condizione di ipercoagulabilità, ed è noto l’incrementato ri-schio di TVP dei pazienti neoplastici. Esistono oggi numerosi da-ti in letteratura che evidenziano altresì la più alta incidenza di neo-plasie in soggetti con tromboembolismo venoso, particolarmen-te entro il primo anno dall’evento. La TVP idiopatica può rap-presentare non solo un fattore predittivo indipendente per inci-denza di neoplasie (Baron et al., 1998) ma anche un indice pro-gnostico negativo nei pazienti in cui la neoplasia è stata diagno-sticata entro un anno dalla comparsa della TVP (Sorensen et al.,2000). Aperto è il dibattito su quale sia l’opportuno iter clinicoe diagnostico da tenere in questi pazienti nella ricerca di una neo-plasia occulta. Nel caso in oggetto la rapida ricorrenza e la no-tevole rilevanza clinica dei due episodi trombotici, in conside-razione della assenza di anemizzazione, calo ponderale od altrisintomi sospetti, e della sostanziale negatività degli esami discreening di primo livello nei pazienti a rischio (radiografia deltorace, ecografia dell’addome), insieme al consensuale incre-mento dei marker neoplastici, hanno motivato l’esecuzione di TCtorace ed addome con il riscontro della neoformazione colecistica.Per quanto riguarda la HIT, si tratta di una reazione avversa im-muno-mediata legata sia a terapia con eparina non frazionata chea LMWH. Compare tipicamente dopo 5 o più giorni dall’iniziodella terapia (Chong 1995) ed è mediata da anticorpi che causa-no attivazione piastrinica in presenza di eparina; si pensa che inquesti soggetti l’eparina determini la formazione di anticorpispecifici, prevalentemente IgG1 che legandosi al fattore piastri-nico 4 comportano la formazione di un immuno-complesso in gra-do di attivare le piastrine determinandone l’aggregazione e quin-di trombocitopenia e/o trombosi venosa e arteriosa (Kelton 1994).L’incidenza di HIT differisce molto nei diversi studi effettuatisull’argomento, anche se quasi tutti convergono nel confermar-ne la minore incidenza nei pazienti trattati con LMWH a dimo-strazione di una sua minore immunogenicità: 0.3-5.0% dei pazientitrattati con eparina non frazionata (Warkentin 2000), 2.8-3.7%nei pazienti trattati con LMWH (Lindhoff-Last 2002).

Dispnea e infarto splenico: semplice coincidenza?*

Francesca Ferrara, M. Gandolfo, M.L. Zeneroli, A. Pietrangelo

Dipartimento di Medicina Interna, Divisione di Medicina II,

Policlinico di Modena

Un uomo di 58 anni viene ricoverato per la comparsa di di-spnea; nelle settimane precedenti lamentava profonda astenia e

anoressia. L’anamnesi patologica remota è negativa se si esclu-

de la diagnosi recente di diabete mellito non insulino-dipendente

per il quale assume ipoglicemizzanti orali. All’ingresso l’esame

obiettivo è sostanzialmente negativo, il paziente è apiretico,

normoteso, dispnoico a riposo senza rumori patologici all’au-

scultazione del torace. Dagli esami bioumorali emergono una con-

ta leucocitaria ai limiti superiori della norma e un D-dimero mo-

deratamente aumentato mentre, all’emogasanalisi si rilevano

ipossia e ipocapnia marcate. La TC trifasica del torace risulta ne-

gativa. Viene eseguita una scintigrafia polmonare perfusionale

che mostra un reperto a bassa probabilità per embolia. Persistendo

le alterazioni emogasanalitiche e la dispnea, si decide di in-

staurare comunque una terapia con eparina a basso peso mole-

colare a dosaggio terapeutico. Con tale provvedimento le con-

dizioni respiratorie migliorano rapidamente. Nel frattempo ven-

gono eseguiti un eco-Doppler degli arti inferiori che risulta ne-

gativo e un’ecografia dell’addome che mostra una milza di di-

mensioni aumentate con aree di disomogeneità ecostrutturale.

Viene pertanto richiesta una TC dell’addome urgente che do-

cumenta la presenza di trombosi della vena splenica e di un’este-

sa area di infarto splenico. Il paziente viene pertanto sottoposto

a splenectomia in urgenza per l’elevato rischio di rottura della

milza. Alla laparotomia il fegato si presenta a contorni bozzuti

e di consistenza aumentata. Viene eseguita una biopsia e il suc-

cessivo esame istologico mostra un quadro di cirrosi micro-

macronodulare. Tra i marcatori virali risultano positivi solo

l’HBsAb e l’HBcAb-IgG; positivo ma a basso titolo l’ANA

con fluorescenza nucleolare. Il decorso postoperatorio è regolare

e le condizioni generali del paziente appaiono in miglioramen-

to. Lo screening per trombofilia risulta negativo se si esclude un

lieve deficit di antitrombina III. Il paziente viene dimesso in te-

rapia con eparina a basso peso molecolare mentre vengono pro-

grammati esami endoscopici di approfondimento nell’ipotesi di

una condizione di trombofilia paraneoplastica. Pochi giorni do-

po la dimissione il paziente torna in reparto lamentando nuova-

mente dispnea a riposo e astenia e viene pertanto nuovamente

ricoverato. Ancora negativo l’esame obiettivo generale. Gli esa-

mi bioumorali mostrano notevole leucocitosi neutrofila e rialzo

di tutti gli indici di flogosi. L’emogasanalisi mostra nuova-

mente ipossia e ipocapnia marcate. La scintigrafia polmonare per-

fusionale rileva un reperto a probabilità medio-bassa per embolia.

All’Rx torace sono presenti addensamenti multipli bibasali. In

seconda giornata di degenza compare febbre fino a 39°C. Viene

eseguito un ecocardiogramma che mostra una vegetazione di 1

cm a livello della valvola aortica; sono presenti modico versa-

mento pericardico e insufficienza aortica moderata. L’emocol-

tura risulta positiva per Streptococcus bovis e viene instaurata

terapia antibiotica mirata. Il quadro clinico migliora nelle suc-

cessive giornate di ricovero. Il paziente è attualmente candida-

to a intervento cardiochirurgico di valvuloplastica o sostituzio-

ne valvolare aortica.

*Abstract scelto dai Docenti per la Sessione Gymnasium (105° CongressoNazionale della Società Italiana di Medicina Interna - Palermo, 24 otto-bre 2004) presentato da Francesca Ferrara.

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Insufficienza renale acuta da necrosi tubulare iatrogena

Ermanno Fiorello, A. Pinto, A. Tuttolomondo, P. Fernandez, D. Di Raimondo, G. Licata

Dipartimento Biomedico di Medicina Interna e Specialistica,

Università degli Studi di Palermo

Caso clinico. Donna di 68 ani affetta da ipertensione arteriosain trattamento con amlodipina e clonidina, diabete mellito di ti-po 2 in trattamento con ipoglicemizzanti orali e gozzo multino-dulare tossico in terapia tireostatica; giunge alla nostra osser-vazione per la comparsa da circa 2 giorni di nausea, vomito, ede-mi declivi con progressiva contrazione della diuresi in conco-mitanza dell’assunzione di ciprofloxacina (per un intercorrenteepisodio di infezione delle vie urinarie) e dell’incremento del-la posologia della metformina motivata dal cattivo compenso gli-co-metabolico. All’ingresso la paziente si presentava anurica conindici di funzionalità renale incrementati (Az 231, Cr 8.2, K+ 7.4)ed alterazione dell’EAB (pH 7.29 HCO3- 13.4). Alla luce dei da-ti ematochimici, e dopo l’esecuzione di una ecografia dei renie delle vie urinarie che ha escluso la genesi postrenale dell’in-sufficienza renale acuta (IRA), è stata intrapresa terapia con al-te dosi di diuretici dell’ansa (furosemide) in infusione continua,resine leganti il potassio (sodio polistiren solforato) e bicarbo-nati e.v. con normalizzazione della kaliemia ed dell’EAB. Inoltre,alla ripresa della diuresi, sono stati valutati gli elettroliti urina-ri, la creatininuria, il peso specifico, la proteinuria nelle 24 oreed il sedimento urinario (UNa 28 mE/L, creatininuria 24 mg/dL,PS 1.012, 856 mg/24 ore, alcuni eritrociti e cilindri granulosi)al fine di definire meglio la natura dell’episodio di IRA. Durantela fase poliurica si è provveduto ad adeguare il bilancio idro-elettrolitico fino alla normalizzazione dei parametri di funzio-nalità renale (alla dimissione: Az 30, Cr 0.9, K+ 3.9, pH 7.36,HCO3- 22.3). Da segnalare infine come il decorso clinico sia sta-to complicato da un episodio di fibrillazione atriale parossisti-ca, la cui patogenesi è verosimilmente da attribuire all’acidosied alle turbe elettrolitiche concomitanti, e ad un episodio di co-ma diabetico.Discussione. L’IRA è una patologia caratterizzata da una rapi-da (ma reversibile) riduzione del filtrato glomerulare con con-temporaneo incremento dei valori di creatinina e dell’azotoureico associata ad oliguria ed anasarca. La classificazione fi-siopatologica distingue: 1) IRA prerenale (70-80% di tutti i ca-si, legata a drastica riduzione della volemia o della pressione ar-teriosa); 2) IRA intrinseca o organica (5-10% del totale, derivada danno a carico di una o più strutture del parenchima renale,tubuli, glomeruli, vasi, interstizio); 3) IRA postrenale (da ostru-zione delle vie escretrici). Nel caso da noi osservato, alla lucedell’anamnestica assenza di insufficienza renale e sulla scorta delreperto ecografico e dei dati di laboratorio all’ingresso ed allaripresa della diuresi (UNa, Cr urinaria/Cr plasmatici = 23, pesospecifico ridotto, proteinuria < 1 g 24 ore e dal sedimento uri-nario) è stata posta l’ipotesi diagnostica di IRA da necrosi tubulareiatrogena, considerata la recente contemporanea assunzione diciprofloxacina e metformina. La necrosi tubulare acuta è la for-ma più frequente di IRA organica (70% del totale) e si caratte-

rizza per la necrosi dell’epitelio tubulare; si distinguono la va-riante ischemica e la variante tossica. Le sostanze più comune-mente chiamate in causa nel determinismo di necrosi tubulareacuta tossica sono molteplici: metalli pesanti (mercurio, cadmio,arsenico), insetticidi (esteri organofosforici), solventi (glicole eti-lenico), mezzi di contrasto radiologici e molti farmaci di uso co-mune (anestetici, ciclosporina, antiblastici, antibiotici amino-glicosidi). Per quanto riguarda ciprofloxacina e metforminal’evenienza di necrosi tubulare acuta è riportata in letteratura seb-bene infrequente.

Una strana sindrome neurologica

Christian Folli, L. Curti, M. Fanelli, A. Costa*, P. Baron§, A. Guariglia

Divisione di Medicina d’Urgenza, *Dipartimento di Neuroradiologia,§Dipartimento di Neurologia, IRCCS Ospedale Maggiore di Milano

Un paziente di 61 anni venne ricoverato nella nostra Divisioneper la comparsa da 10 giorni di inappetenza e astenia in segui-to ad una sindrome simil-influenzale, accompagnata da una set-timana da disuria e stranguria. In anamnesi risultava unica-mente ipertensione arteriosa in terapia con ACE-inibitore e diu-retico. Gli esami all’ingresso mostravano un quadro di disidra-tazione ed insufficienza renale di lieve entità (creatininemia 2mg/dL), modesta anemia e incremento delle CPK. Il paziente,che all’ingresso in reparto presentava febbricola, veniva postoin terapia con levofloxacina e idratazione per via endovenosa.In quinta giornata dal ricovero il paziente si presentava lievementerallentato, con positività del segno di Romberg e grossolani tre-mori alle dita delle mani. Una valutazione neurologica docu-mentava la presenza di sfumati segni piramidali a sinistra e sof-ferenza cerebellare. Non si documentavano squilibri elettroliti-ci e la creatininemia si era normalizzata. L’instabilità alla deam-bulazione peggiorava progressivamente, come pure la difficoltàad iniziare la minzione. Veniva eseguita una RMN encefalo, chemostrava una sfumata alterazione di segnale a livello della so-stanza bianca profonda peritrigonale di incerto significato, an-che se ancora compatibile con sofferenza vascolare cronica. Ilpaziente lamentava successivamente la comparsa di sonnolen-za e quindi di ipostenia e mialgie all’arto superiore destro, di-plopia e calo del visus. Una nuova valutazione neurologica do-cumentava inoltre atassia prevalente agli arti di sinistra. Venivaquindi eseguita una rachicentesi, con riscontro di liquor limpi-do con segni aspecifici di uno stato infiammatorio e negativitàdello screening per virus, miceti e BK. La sierologia per Lue,Brucella, Rickettsie, Borrelia, HIV risultava negativa. Nel so-spetto di encefalite veniva intrapresa empiricamente una terapiacon aciclovir per via endovenosa. Una seconda RMN encefalodi controllo senza e con mdc documentava una estensionedell’alterazione di segnale della sostanza bianca peritrigonale ela comparsa di enhancement patologico in tale sede, con com-parsa di enhancement lungo la superficie bulbare. Veniva inol-tre riscontrato un modesto versamento pleurico bilaterale. Neigiorni successivi si assisteva alla comparsa di stato soporoso edi deficit della deglutizione per cui veniva iniziata nutrizione en-

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terale. Una seconda rachicentesi risultava sovrapponibile alla pri-ma. Una terza RMN encefalo mostrava un ulteriore aggravamentodel quadro e veniva segnalato enhancement ependimale a livellotrigonale. Veniva sospesa la terapia con aciclovir. In ventiseie-sima giornata dal ricovero il paziente si presentava del tutto di-sorientato e sviluppava una insufficienza respiratoria ipossico-ipercapnica con referto radiologico di impegno interstizio-al-veolare e incremento del versamento pleurico. La coltura del li-quido pleurico risultava positiva per S. aureus. Una nuova TCcerebri risultava negativa. Gli esami ematochimici mostravanoimportante leucocitosi (globuli bianchi 28 000) e peggiora-mento dell’anemia. Veniva richiesta assistenza del rianimatore,che decideva l’intubazione del paziente. Il paziente veniva quin-di trasferito in Unità di Terapia Intensiva. Dopo stabilizzazio-ne delle condizioni cliniche veniva eseguito un ecocardiogram-ma transesofageo che dimostrava la presenza di una vegetazio-ne a livello della valvola mitralica con empiema dell’anello mi-tralico. La diagnosi conclusiva fu quella di endocardite mitrali-ca da S. aureus ed ependimite secondaria. Venne instaurata unaterapia con vancomicina, con progressiva regressione dei disturbineurologici e normalizzazione del quadro clinico.

Richiamiamo ancora una volta l’attenzione sulla difficoltànel porre una diagnosi di endocardite, soprattutto ove i segni cli-nici siano del tutto atipici, come nel caso presentato. Anche ladiagnosi neuroradiologica è difficoltosa quando non sono pre-senti i segni radiologici “tipici”.

Un caso di tumore neuroendocrino: un esordio acuto ma con un lieto fine

Giulia M.L. Gobbo

II Scuola di Specializzazione in Medicina Interna,

Università degli Studi di Milano

Una giovane donna di 25 anni, di razza caucasica, giungevaalla nostra osservazione per mialgie a carico degli arti inferio-ri, palpitazioni, intensa astenia ed ingravescenza di una mode-sta diarrea (2-3 scariche/die di feci semiformate) presente da 6mesi per cui era già stata sottoposta ambulatoriamente ad esa-mi ematici, esame delle feci, coprocoltura, EGDS e colonsco-pia tutti risultati nei limiti di norma. Dai primi accertamenti ri-sultava all’ECG quadro caratterizzato da frequenti extrasistoliventricolari, bigemine, polimorfe, precoci e ripetitive con de-pressione del tratto ST ed aumento del QT e agli esami emato-chimici grave ipopotassiemia (1.7 mEq/L) con massivo incre-mento degli indici di citolisi muscolare (CK 20 000 U/L). Unabiopsia muscolare permetteva di escludere un quadro di poli-miosite, mostrando al contrario un quadro compatibile con rab-domiolisi di origine metabolica (verosimilmente legata al gra-ve squilibrio elettrolitico). Con terapia suppletiva endovenosa diKCl ad alte dosi si assisteva a normalizzazione dei livelli ema-tici di potassio con risoluzione delle turbe del ritmo cardiaco. Lapaziente proseguiva gli accertamenti necessari a spiegare ladiarrea presente da vari mesi, verosimile responsabile dell’ipo-potassiemia. Ai fini di escludere una malattia celiaca, una ma-

lattia infiammatoria cronica intestinale, una patologia infettivao un tumore neuroendocrino, venivano eseguiti ecografia ad-dominale, esami endoscopici (EGDS e colonscopia con bio-psie multiple), esami colturali sulle feci, dosaggio degli ormo-ni intestinali e degli anticorpi anti-gliadina (AGA) ed anti-en-domisio (EmA). L’ecografia, seppur limitata da abbondantemeteorismo intestinale, risultava negativa, gli esami colturali, leIgA e IgG anti-gliadina risultavano negative, le IgA EmA de-bolmente positive. All’EGDS si riscontrava quadro di antropa-tia iperemica e la colonscopia risultava nei limiti di norma. Il do-saggio degli ormoni intestinali mostrava: polipeptide pancrea-tico: > 500 (v.n. < 10); VIP: 39.7 (v.n. < 10); cromogranina: 64.6(v.n. 2-18); gastrina: 53 (v.n. < 108). La paziente veniva sotto-posta a scintigrafia con In111-Pentetreotide che evidenziavaampia lesione ipercellulare con alta densità recettoriale per la so-matostatina situata verosimilmente a livello pancreatico. UnaTAC spirale dell’addome con mezzo di contrasto confermava lapresenza di una lesione di 3-4 cm a livello della coda pancrea-tica, ed anche un’ecografia eseguita in migliori condizioni, per-metteva di evidenziare la lesione. La paziente veniva sottopo-sta ad intervento chirurgico di pancreasectomia distale; l’esameistologico macroscopico mostrava porzione di parenchima pan-creatico di 4.5 � 3.5 � 3 cm pressoché totalmente sostituita daneoformazione apparentemente capsulata di 3.2 cm di diametro,costituita da tessuto di colorito giallo-grigiastro, di consistenzamolle. La neoplasia risultava, alle indagini immunocitochimiche,immunoreattiva per polipeptide pancreatico (30%) e focalmen-te per somatostatina (< 1%); l’indice di proliferazione MIB-1 eradi 2.2%. Al follow-up la paziente si presentava in buone con-dizioni generali; una scintigrafia con In111-Pentetreotide eseguitadopo 1 anno dall’intervento risultava negativa.

Iponatremia: una situazione clinica che richiede spesso un approccio diagnostico e terapeutico d’urgenza

M. Gorini, R. Bettini, Katia Marzetta

Medicina II, Ospedale di Circolo di Varese

M.T., uomo di 60 anni, con normali abitudini di vita e senzaprecedenti patologici di rilievo, veniva ricoverato lamentando daqualche giorno cefalea e confusione mentale. L’esame obietti-vo non presentava alterazioni di rilievo ad esclusione di un ral-lentamento psichico e disorientamento temporo-spaziale.Sottoposto con urgenza a TAC cerebrale, si escludevano lesio-ni intracraniche. Gli esami ematochimici di routine risultavanonella norma ad eccezione del riscontro di iponatremia (115mEq/L) con ipoosmolarità plasmatica (250 mOsm/kg).

L’edema cerebrale secondario all’ipotonicità dei liquidi ex-tracellulari poteva giustificare la sintomatologia neurologica.Rimaneva da chiarire la causa dell’iponatremia; nella diagnosidifferenziale delle iponatremie si escludeva:- l’iponatremia osmotica (glicemia normale);- l’iponatremia fittizia (lipidemia e proteinemia normali);- l’iponatremia da deplezione di sodio (anamnesi negativa pervomito, diarrea, sudorazione, uso di diuretici, assenza di ipo-

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tensione ortostatica, di tachicardia, di iperazotemia prerenale, nonsegni clinici e laboratoristici di insufficienza surrenalica);- l’iponatremia da diluizione per edemi (assenza di scompensocardiaco congestizio, di cirrosi epatica ascitogena, di sindromenefrosica);- l’iponatremia da nefropatie (funzionalità renale normale);- l’iponatremia da polidipsia (assenza di potomania).

Rimaneva la possibilità di una “sindrome da inaproppriata se-crezione di ADH” (SIADH).

In questo ambito si poteva escludere:- la SIADH da farmaci (non assumeva alcun tipo di medica-mento);- la SIADH da malattie polmonari o del sistema nervoso centrale(assenza di segni clinici e strumentali);- la SIADH in corso di endocrinopatie (assenza di segni di ipo-tiroidismo e di ipopituitarismo).

Sembrava di poter escludere anche la SIADH da neoplasie (as-senza di sintomatologia specifica, normalità delle comuni indaginiradiologiche ed ecografiche).

Nel frattempo, confermata l’importante iponatremia, il pazienteveniva trattato con restrizione dell’apporto di liquidi (800mL/die); si constatava, nei giorni successivi, un progressivoaumento della concentrazione plasmatica di sodio ed una re-gressione della sintomatologia neurologica.

Tenuto presente che in 4 casi su 5 la SIADH è dovuta ad uncarcinoma polmonare, abbiamo voluto indagare più a fondo inquesto campo: in effetti la revisione della TAC toracica evi-denziava un piccolo espanso in sede ilare a destra che era statosottovalutato in prima lettura e che veniva poi riconfermatodalla RMN. La biopsia in corso di broncoscopia permetteva ladiagnosi di microcitoma. Si è iniziata chemioterapia ciclica a ba-se di carboplatino ed etoposide, che è tuttora in corso e che è sta-ta in grado di indurre una remissione parziale della neoplasia.

Un caso di granulomatosi di Wegener a rapida evoluzione

Michele Maria Domenico Imperatore, A. Di Carlo, A. Gabrielli, G. Danieli

Istituto di Clinica Medica, Università Politecnica delle Marche

Introduzione. La granulomatosi di Wegener è una vasculite gra-nulomatosa e necrotizzante che può coinvolgere le vie aeree su-periori ed inferiori, il rene, la cute il SNP e l’occhio. Se non trat-tata la malattia presenta un decorso rapidamente fatale, con unasopravvivenza media di circa 5 mesi. Gli attuali schemi terapeuticihanno portato la sopravvivenza media a 5 anni in più del 70%dei casi. Caso clinico. M.M., uomo di anni 61, riferiva una sintomatologiacaratterizzata da iperpiressia (T max 39°C), dispnea, compro-missione del sensorio, epatosplenomegalia associati a importantiedemi declivi e lesioni cutanee di tipo bolloso-emorragico ad evo-luzione ulcerativa. Un ricovero in altra sede nel settembre 2001non conduceva ad una diagnosi certa. In quella occasione unabiopsia cutanea delle lesioni cutanee veniva refertata come nondiagnostica. Nonostante non vi fosse evidenza colturale e sie-rologia di infezione, per il riscontro all’imaging toracico di ad-

densamenti polmonari multipli veniva intrapresa terapia anti-biotica, associata a steroide a basse dosi, con parziale beneficioclinico e riduzione degli addensamenti polmonari. Per un ag-gravamento dei sintomi sopra menzionati, nel gennaio 2002veniva ricoverato presso il nostro Istituto. Obiettivamente era pre-sente iperpiressia (T max 39°C), decadimento delle condizionigenerali, dispnea al minimo sforzo, edemi declivi improntabi-li, ulteriore estensione delle lesioni cutanee di tipo bolloso emor-ragico ad evoluzione necrotico-ulcerativa, e rallentamento del sen-sorio. Presente anche una ipofonesi basale bilaterale con m.v. ri-dotto su tutto l’ambito, con rantoli crepitanti medio-basali bila-teralmente ed epatosplenomegalia. Gli esami ematochimici evi-denziavano una severa anemia normocromiva normocitica, un in-cremento dei valori di creatinina con una importante sindrome bio-logica da flogosi, ipoalbuminemia, proteinuria e c-ANCA posi-tività. Uno studio TC del torace evidenziava multipli diffusiaddensamenti parenchimali polmonari, in parte confluenti dientrambi i polmoni e versamento pleurico bilaterale, mentre unesame broncoscopico corredato di BAL ed esame istologicomostrava reperti aspecifici. Uno studio US dell’addome oltre aconfermare l’epatosplenomegalia evidenziava una aumentatadimensione di entrambi i reni con ecostruttura iperecogena e scar-sa differenziazione cortico-midollare. Nel sospetto clinico di unagranulomatosi di Wegener si procedeva all’esecuzione di una bio-psia renale che mostrava un quadro di glomerulonefrite necro-tizzante con formazione di semilune, e di una seconda biopsiacutanea, con riscontro di vasculite necrotizzante. A completa-mento diagnostico una EMG-ENG mostrava la presenza di unamultineuropatia sensitivo-motoria, mentre per quanto concernele alte vie aeree segnaliamo la presenza di lesioni crostose na-sali, rivelatesi essere all’esame istologico, localizzazione di ma-lattia. Si iniziava terapia immunosoppressiva con ciclofosfami-de 1 mg/kg/die con boli di prednisone. Al successivo controlloa 3 mesi le condizioni cliniche generali risultavano nettamentemigliorate con scomparsa degli edemi declivi, non comparsa dinuove lesioni cutanee, mentre quelle preesistenti erano in faseavanzata di guarigione, con normalizzazione degli indici di flo-gosi, miglioramento dell’emocromo ma persistenza di una mo-derata insufficienza renale (creatinina 2.5 mg/dL) e di una pro-teinuria pari a 3.6 g/24 ore. Il controllo TC polmonare mostra-va pressoché completa risoluzione degli addensamenti polmo-nari. Il decorso successivo è stato caratterizzato da peggioramentodel quadro renale, sindrome mielodisplastica che ha indotto lasospensione della ciclofosfamide, neoplasia del pavimento buc-cale. Questo case report sottolinea l’importanza di una diagno-si precoce della granulomatosi di Wegener per evitare l’instau-rarsi di un danno renale irreversibile nonché gli effetti collate-rali della terapia immunosoppressiva con ciclofosfamide.

Dal territorio all’ospedale: un esempio di buona coordinazione!

Simona Melis

Pronto Soccorso, Ospedale “G. Brotzu” di Cagliari

Squilla il telefono. La centrale operativa del 118 allerta ilpronto soccorso dell’ospedale G. Brotzu. Arriva con l’ambulanza

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medicalizzata un paziente maschio di 51 anni, non cosciente, coninfarto acuto del miocardio. Codice rosso.

In Pronto Soccorso si chiamano il medico cardiologo ed il ria-nimatore.

Il paziente giunge privo di coscienza, in respiro spontaneo, maassistito con pallone Ambu, ed in circolo spontaneo.Caso clinico. Il paziente viene trovato dal medico del 118 in ar-resto cardiorespiratorio per fibrillazione ventricolare, presso ilproprio domicilio. Sottoposto a defibrillazione con 200 J e a ria-nimazione cardiopolmonare per circa 5 min, si ha ripristino delritmo sinusale con ricomparsa del polso carotideo e respirospontaneo, pur se insufficiente.

In Pronto Soccorso il paziente si presenta stabile emodina-micamente con pressione arteriosa 130/80 mmHg, frequenza car-diaca 80 b/min, SaO2 98%. L’ECG conferma l’infarto in sedeanteriore.

Il paziente viene trasferito in UTIC, intubato per via oro-tra-cheale e immediatamente sottoposto ad esame emodinamicoche mostra occlusione prossimale di un ramo intermedio dellainterventricolare anteriore. Esegue PTCA con buon risultato. Ilpaziente è in coma farmacologico, recupera lo stato di coscien-za nelle successive 48 ore senza deficit neurologici. Esegue unanuova PTCA + stent. Viene dimesso dal reparto di cardiologia12 giorni dopo, in buona salute.

Questo caso clinico mostra che un rapido intervento, unabuona coordinazione ed una pronta assistenza ospedaliera sonotre anelli concatenati che consentono di gestire al meglio un pa-ziente in condizioni critiche.

Un caso di sindrome coronarica acuta secondaria a miocardite neoplastica in giovane paziente affetta da LnH

Elena Montini, R. Delsignore

Dipartimento di Medicina Interna e Scienze Biomediche,

Università degli Studi di Parma

Il caso clinico che descriviamo è relativo ad una paziente di24 anni, affetta da LnH B anaplastico a grandi cellule, giunta al-la nostra osservazione per dolore toracico di tipo “coronarico”e cardiopalmo con segni di alterata ripolarizzazione ventricola-re sinistra (T negative in D1, D2, aVL, V2-V6 ed ST soprasli-vellato in V2-V5) con troponina I positiva.

All’ecocardiogramma si evidenziava una dilatazione del ven-tricolo sinistro con cinetica globale severamente depressa (fra-zione di eiezione-FE 35%), acinesia puntale. In tale sede era pre-sente una massa iperecogena fissa compatibile con trombo api-cale ed ecocontrasto spontaneo. Si rilevava, inoltre, lieve ver-samento pericardico circonferenziale con marcato ispessimen-to dei foglietti pericardici.

Alla RMN cardiaca si confermavano i rilievi ecocardiografi-ci, mettendo in rilievo (nelle sequenze SAX medioventricolari)una stretta contiguità tra pericardio postero-laterale del ventri-colo sinistro ed un’area di addensamento sopradiaframmatica ri-feribile verosimilmente a tessuto neoplastico; era presente, inol-tre, un consistente versamento pleurico sinistro. Durante la de-

genza in reparto la paziente ha presentato, inoltre, episodi di ta-chicardia ventricolare non sostenuta manifestatisi come episo-di sincopali, documentati da ripetuti ECG-Holter (frequenti epi-sodi di RIVA e TVNS).

È stata intrapresa terapia antiblastica secondo lo schema VACOP-B, ottenendo un sensibile miglioramento dei reperti eco-cardiografici ed RMN già dopo i primi cicli di terapia. L’RMNdi controllo documentava miglioramento della funzione contrattile(FE 46%) e riduzione dei volumi. All’ecocardiogramma riduzionedel trombo apicale e recupero della cinetica (FE 55%), con fo-glietti pericardici ispessiti senza significativo versamento. Nelfrattempo è stata intrapresa terapia anticoagulante orale e tera-pia farmacologica con sotalolo per la profilassi degli eventiaritmici.

La paziente è stata infine sottoposta a terapia mieloablativa consupporto di cellule staminali periferiche, ottenendo un’ottima ri-sposta clinica (all’esame TAC non si evidenziavano adenome-galie residue). Nel contempo si è osservato, all’ecocardiogram-ma, la normalizzazione delle dimensioni e della FE (60%) delventricolo sinistro, persistendo lieve ipocinesia apicale con esi-ti fibrotici della pregressa formazione trombotica. Alla RMN cuo-re non erano più evidenziabili significative alterazioni parieta-li cardiache, senza versamento né ispessimenti dei foglietti pe-ricardici. All’ultimo ECG-Holter, in assenza di terapia antiarit-mica, si osservano esclusivamente una spiccata variabilità del-la frequenza cardiaca con tachicardizzazioni sinusali frequenticon isolati BEV e rarissimi BESV isolati. In conclusione, si è trat-tato, verosimilmente, di sindrome coronarica acuta secondariaa miocardite neoplastica o coronarite in LnH.

Ulcere trofiche arti inferiori: “un raro caso di calcifilassi idiopatica”

Lorenzo Morini, R. Ricci*, I. Montanari, S. Corradini, G. Carolla, G. Passeri, R. Delsignore

Dipartimento di Medicina Interna e Scienze Biomediche,

*Servizio di Anatomia Patologica, Università degli Studi di Parma

La paziente, di 76 anni, viene ricoverata nella U.O. di Clinicae Terapia Medica il 05/03/2004 in seguito alla comparsa diastenia ingravescente, calo ponderale, lesione ulcerata moltodolente, con perdita di sostanza, sulla faccia esterna della gam-ba sinistra ed una chiazza violacea in parte crostosa sulla me-desima regione dell’arto controlaterale.

In anamnesi: isteroannessiectomia per fibromi uterini, car-diopatia ischemica, arteriopatia obliterante agli arti inferiori inTAO, ipertensione arteriosa, diabete mellito NID e recente(2001) resezione colica per ADK del sigma. Nel febbraio 2003riscontro di lesioni bollose a contenuto sieroso sulla faccia ester-na della gamba sinistra; alla colonscopia di controllo, riscontrodi polipo villoso del sigma non trattato.

Gli esami bioumorali dell’ingresso hanno evidenziato un au-mento degli indici di flogosi con una sostanziale normalità di quel-li autoimmunitari ed infettivologici; negativi i marker neoplastici.

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Rx torace: non lesioni pleuroparenchimali in atto. Eco addo-me: segni di epatopatia cronica; sistema biliare nei limiti; reniin sede, regolari, non idronefrosi; milza e pancreas normali.Colonscopia: polipo del sigma (all’istologia: frustoli di adeno-ma tubulare con displasia lieve e frustoli di mucosa di grosso in-testino con lieve flogosi cronica aspecifica) ed isolati diverticolidel sigma. EGDS: ernia iatale da scivolamento e gastrite croni-ca antrale da reflusso biliare. Eco arti inferiori: calcificazioni este-se delle arterie femoro-poplitee, flussimetria conservata; non TVP;edema sottocutaneo.

La paziente viene valutata anche dal Chirurgo vascolare, il qua-le esclude una patologia di sua competenza, poi dal Chirurgo pla-stico e dal Dermatologo. Si esegue biopsia cutanea: calcificazionidelle pareti delle arterie ed arteriole del derma profondo con fi-brosi intravascolare e parziale ricanalizzazione; diagnosi com-patibile con calcifilassi.

Agli inizi di giugno 2004 il quadro è così evoluto: estese le-sioni ulcerate con perdita di sostanza, estremamente dolenti,sulla faccia interna ed esterna delle gambe, sulla faccia internadelle cosce e chiazze violacee in parte crostose sulla facciaesterna delle cosce; paziente molto defedata.

La calcifilassi è una malattia sistemica evolutiva caratterizzatada calcificazioni delle pareti delle arterie ed arteriole del dermaprofondo con successiva necrosi tessutale. La maggior partedei casi in letteratura si riferiscono a pazienti con insufficienzarenale cronica in dialisi ed iperparatiroidismo secondario, ma ab-biamo trovato alcuni casi legati ad insufficienza epatica e qual-che caso idiopatico.

Nella nostra paziente non vi erano insufficienze d’organo néiperparatiroidismo o ipercalcemia patologica per cui riteniamotrattarsi di un caso idiopatico escludendo una forma paraneo-plastica o necrosi cutanee da warfarin.

Molti dei casi in letteratura purtroppo hanno avuto esito in-fausto o sono andati incontro ad estese amputazioni per evitarepericolose sovrainfezioni. Stiamo valutando l’effetto di un ciclodi terapia iperbarica che talora ha dato promettenti risultati.

Tromboembolia polmonare submassiva trattata con fibrinolisi. Utilità della diagnostica ecografica

nelle mani del medico di emergenza-urgenza

Peiman Nazerian, S. Vanni, F. Burberi, F. Moroni, S. Grifoni

Dipartimento Emergenza Accettazione,

Azienda Universitaria Ospedaliera Careggi di Firenze

Caso clinico. C.F. maschio di 78 anni giunge al nostro DEA il16 dicembre alle ore 10.30 trasportato da ambulanza con medi-co a bordo. Il paziente 2 giorni prima aveva lamentato dolore re-trosternale oppressivo che si era attenuato in circa 1 ora. La mat-tina del 16 dicembre (circa 1 ora prima del ricovero), dopo alcunipassi aveva presentato improvviso episodio di capogiro associatoa sudorazione algida, dispnea e dolore toracico analogo al pre-cedente. Il sospetto diagnostico del medico 118, dopo l’esecuzionedi ECG in 12 derivazioni a domicilio, era di infarto miocardicosubacuto. All’anamnesi patologica remota da segnalare iperten-

sione arteriosa, obesità e un episodio di tromboflebite superficialeall’arto inferiore destro 4 anni prima. Al paziente viene assegnatoun codice giallo e alle ore 10.37 inizia la valutazione medica.All’esame obiettivo d’ingresso emerge: lieve agitazione psico-motoria, tachipnea (40 atti resp/min), lieve sudorazione, tonicardiaci tahicardici (114 b/min), aritmici, pressione arteriosasimmetrica ai due arti 100/50 mmHg, murmure vescicolare ridottoma presente su tutti i campi polmonari, lieve edema all’arto in-feriore destro con dolorabilità al poplite e coscia.

L’emogasanalisi evidenzia ipossiemia e alcalosi respiratoria:pH 7.51, pO2 50 mmHg, pCO2 25 mmHg. Finita la valutazio-ne di base il medico internista del DEA esegue ecocardiogram-ma (focalizzato) ed eco-Doppler venoso degli arti inferiori (CUSsemplificata) in emergenza con rilievo di trombo flottante tipoA in ventricolo destro, dilatazione delle sezioni cardiache destre,movimento paradosso del setto interventricolare e trombosi del-la vena grande safena destra estesa fino alla giunzione safeno-femorale. Il tempo necessario per l’esecuzione di tale diagnosticaultrasonografica è stato di 7 min. Pervengono nel frattempo i ri-sultati degli esami ematochimici d’urgenza effettuati in DEA(Biosite Triage Meterplus): troponina 0.24 ng/mL, BNP > 1300pg/mL e D-dimero positivo.

Alla fine della valutazione clinico-strumentale la diagnosi èdi tromboembolia polmonare submassiva in paziente in preca-rio compenso emodinamico con più fattori prognostici negati-vi: disfunzione ventricolare destra, trombo flottante tipo A in atriodestro, troponina elevata e BNP elevato. Dopo acquisizione delconsenso informato alle ore 11.30 si inizia trattamento fibrino-litico con Alteplase endovena con netto e rapido miglioramen-to del quadro clinico ed emogasanalitico (pO2 70.2 mmHg,pCO2 35, pH 7.43). Alle ore 17.30 all’ecocardiogramma di con-trollo non è più presente il trombo in ventricolo destro e non so-no più presenti i segni di disfunzione ventricolare destra. Ilgiorno seguente la TC spirale con mdc del torace conferma la pre-senza di segni di embolia polmonare con parziale deficit diriempimento delle arterie polmonari e lobari bilateralmente.Conclusioni. L’ecocardiogramma e l’eco-Doppler venoso de-gli arti inferiori eseguiti in emergenza dal medico del DEA so-no risultati utili per il rapido inquadramento e il trattamento delpaziente potenzialmente instabile.

La diagnostica con ultrasuoni sta avendo sempre più impor-tanza in varie condizioni cliniche afferenti ai DEA; sarebbequindi auspicabile che all’interno del training formativo delmedico internista dedicato alla emergenza-urgenza fosse dato unpiù ampio spazio all’apprendimento delle tecniche ecografiche.

“Nodulo solitario critico”: management tempestivo di una diagnosi incerta

Elisabetta Panella, S. Antonaci

Sezione di Medicina Interna, Dipartimento di Medicina Interna,

Immunologia e Malattie Infettive, Facoltà di Medicina e Chirurgia,

Università degli Studi di Bari

Un uomo di 42 anni, forte fumatore e dedito ad abuso alcoli-co, si è presentato alla nostra attenzione con vivo dolore locale

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e impotenza funzionale per la presenza, da 5 mesi, di vistosa tu-mefazione laterocervicale sinistra fistolizzata, con gemizio ema-to-purulento, associata a febbre. Recava con sé unicamente esa-me istologico su biopsia effettuata all’epoca della comparsadella lesione che aveva mostrato la presenza di frammenti di car-cinoma squamocellulare, senza informazioni circa la struttura isto-logica su cui la neoplasia si era innestata. L’indagine tomoden-sitometrica ha rivelato infiltrazione del muscolo sternocleido-mastoideo, dei grossi rami arterovenosi omolaterali, con francainclusione di alcuni tratti di essi nella sua compagine, e vistosisegni di flogosi suppurativa; le scansioni total-body non hannorilevato alcun segnale suggestivo di metastatizzazione. Negativetutte le indagini circa una natura infettiva. Negativo è risultatol’iter diagnostico volto a determinare una plausibile sede pri-mitiva. Nell’assoluta impossibilità di effettuare necessario trat-tamento chirurgico, dato il vistoso interessamento delle struttu-re vitali del collo, il paziente è stato sottoposto a chemioterapiacitoriduttiva, decisione, questa, non scevra da dubbi. In prece-denza a tale scelta terapeutica, l’istologia su nuova biopsia ha con-fermato la presenza di frustoli in regressione di carcinoma ver-rucoso accanto a diffusi segni di flogosi granulomatosa gigan-tocellulare da corpo estraneo e a formazioni stratificate di papilledi tessuto cheratinico. Dopo due cicli di chemioterapia (CDDP+ novalbina), il paziente si è sottoposto a nuovo esame TC cheha mostrato marcata riduzione volumetrica della suddetta lesione,tale da rendere possibile l’intervento eradicante. L’analisi isto-logica del pezzo operatorio ha rivelato assenza di cellule neo-plastiche in situ e nei linfonodi loco-regionali, ma persistenza diflogosi da corpo estraneo. Il paziente esegue tuttora follow-uppresso il nostro Dipartimento con esecuzione di ulteriori cicli che-mioterapici di consolidamento. Una diagnosi definitiva verrà for-mulata solo se nel tempo si presenteranno lesioni metastatichenelle sedi tipiche, o una chiara evidenza di sede primitiva con-tigua (testa e collo) o a distanza, oppure, nell’ipotesi di tumoreprimitivo originatosi da cute, annessi, o preesistente disontogenìa,se si presenterà ripresa della malattia locale.

Un caso di chetoacidosi in un paziente con diabete mellito insorto in età adulta

Antonio Perciaccante, P. Serra

Istituto di III Clinica Medica, Policlinico Umberto I di Roma

Un uomo di 45 anni giungeva alla nostra osservazione per lacomparsa da circa 4 giorni di nausea e vomito associati ad un pro-gressivo obnubilamento del sensorio. I familiari riferivano unadiagnosi di diabete mellito di tipo 2, per cui aveva iniziato te-rapia con glibenclamide con buon controllo del profilo glicemico.Successivamente, dopo 2 anni di terapia continuativa, in segui-to al riscontro di elevati valori di glicemia, veniva associato trat-tamento con metformina, senza però ottenere un adeguato con-trollo glico-metabolico. Non venivano riferite altre patologie de-gne di nota, né recenti traumi o assunzione di bevande alcoliche.

All’ingresso, il paziente, di costituzione longitipo (venivanoriferiti un peso corporeo ≅ 60 kg e un’altezza di 180 cm), si pre-

sentava in condizioni generali scadute, in stato soporoso, afeb-brile, pressione arteriosa 110/70 mmHg, frequenza cardiaca100 b/min ritmica, respiro tachipnoico (frequenza respiratoria 24atti resp/min) e profondo, cute e mucose lievemente disidrata-te. All’esame obiettivo neurologico si evidenziava stato sopo-roso, midriasi pupillare bilaterale, riflessi pupillari evocabili bi-lateralmente, apertura degli occhi in seguito a comando verba-le, risposta verbale inintellegibile, risposta motoria caratterizzatadall’allontanamento dello stimolo doloroso, assenza di segni dilato, ROT evocabili bilateralmente, Babinski negativo bilate-ralmente, Glasgow Coma Scale: 9. Non si apprezzavano reper-ti patologici all’esame obiettivo cardiaco, toracico e addomina-le. Venivano eseguiti: stick glicemico su sangue capillare 400mg/dL; emocromo: GB 8500/mm3 (neutrofili 70%), HGB 14g/dL, PLT 350 000/mm3, creatinina 1.2 mg/dL, azotemia 20mg/dL, sodiemia 134 mEq/L, potassiemia 5.5 mEq/L, cloremia100 mEq/L, osmolarità plasmatica 297 mOsm/kg. Nella normarisultavano gli indici di funzionalità epatica e le prove di coa-gulazione. L’emogasanalisi, eseguita in aria ambiente, mostra-va: pH 7.20; pO2 90 mmHg; pCO2 28 mmHg; HCO3- 11 mEq/LSaO2 96%; l’anion gap (AG) risultava aumentato (pari a 23) eil rapporto ∆AG/∆HCO3- era pari a 0.85, indice di acidosi me-tabolica pura. Il paziente veniva sottoposto a cateterizzazione ve-scicale e veniva eseguito uno stick su campione di urine che evi-denziava: glicosuria +++, albuminuria ++, leucocituria assente,chetonuria +++.

L’ECG mostrava una frequenza cardiaca di 100 b/min, ritmosinusale e assenza di disturbi della conduzione e della fase di re-cupero ventricolare. Al fine di escludere una patologia cere-brovascolare, il paziente veniva sottoposto ad esame tomogra-fico dell’encefalo senza mdc che risultava nella norma. L’esa-me, ripetuto, con iniezione di mdc, a distanza di 48 ore, risulta-va invariato.

Il paziente veniva, pertanto, sottoposto a terapia reidratante einsulinica con somministrazione di X UI (0.15 UI/kg/ora) in bo-lo e.v. di insulina rapida, seguiti da una infusione continua di VIUI/ora (0.1 UI/kg/ora) di insulina rapida in 500 mL di soluzio-ne fisiologica 0.9%. Venivano eseguiti monitoraggio della gli-cemia ogni 30 min, degli elettroliti e del quadro emogasanaliti-co. Una volta raggiunti valori glicemici < 250 mg/dL veniva in-trapresa infusione di VI UI/ora (0.1 UI/kg/ora) di insulina rapi-da in 500 mL di soluzione glucosata al 5%. Si assisteva, quin-di, a graduale riduzione dei valori di glicemia, a normalizzazionedel quadro emogasanalitico e notevole miglioramento delle con-dizioni cliniche del paziente.

Sulla base del quadro clinico, dei dati anamnestici, dell’habi-tus del paziente e del riscontro di iperglicemia e chetonuria, nelsospetto di una forma autoimmune di diabete mellito, veniva suc-cessivamente eseguito il dosaggio degli anticorpi anti-GAD e delpeptide C, che risultavano di 11.7 U/mL (v.n. fino a 0.9 U/mL)e 0.2 ng/mL (v.n. 1-3 ng/mL), rispettivamente. Negativa risultavala ricerca degli anticorpi anti-IA2 e anti-tireoglobulina e anti-TPO.

Alla luce dei dati laboratoristici e strumentali sopra elencativeniva pertanto posta diagnosi di: “Chetoacidosi in pazienteaffetto da diabete mellito autoimmune a insorgenza in età adul-ta (LADA - latent autoimmune diabetes in the adult)”.

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Ann Ital Med Int Vol 19, N 4 Ottobre-Dicembre 2004

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Un caso di osteoporosi secondaria

Lucio Privitelli

Istituto di Medicina Interna e Patologie Sistemiche, Clinica Medica

“L. Condorelli”, Università degli Studi di Catania

Un impiegato di 55 anni si presenta alla nostra osservazioneaccusando da circa 3 mesi dolore diffuso e mal definibile a ca-rico del tratto dorso-lombare della colonna vertebrale. Il dolo-re, che era esacerbato dalla stazione eretta, si presentava anchenelle ore notturne. Alla sintomatologia dolorosa si associava aste-nia e progressivo dimagrimento. Il medico curante, consultato,diagnosticava una lombosciatalgia, e prescriveva FANS e de-contratturanti, con apparente risoluzione della sintomatologia do-lorosa. Il benessere perdurava per una settimana. A seguito di unosforzo fisico (spinta dell’autovettura in panne) il dolore ricom-pariva, ed il medico curante nuovamente consultato, prescrive-va Rx della colonna (referto non pervenuto) e consigliava visi-ta ortopedica.

L’ortopedico prescriveva 90 giorni di riposo, busto ortopedi-co e terapia antinfiammatoria e antidolorifica (Co-Efferalgan).

Nel mese di gennaio 2004 (a 3 mesi circa dall’inizio dei sin-tomi), per il persistere della sintomatologia, veniva consultatoun altro ortopedico che, pur confermando la precedente terapia,richiedeva una scintigrafia ossea (negativa) ed una densitome-tria ossea.

Il paziente arriva al nostro ambulatorio per eseguire MOCl’08/02/2004.

Esame obiettivo: condizioni generali scadenti. Altezza 162 cm,peso 55 kg. Dolente alla digitopressione il tratto lombosacrale.Riferisce di aver perduto circa 10 kg in 4 mesi.

Esame MOC: total body: T score -2.42 Lombare: T score -5.07.Esami eseguiti: Rx rachide dorso-lombare: deformazione del

soma T10 e T12 per interruzione ed infossamento della limitantesuperiore.

Hb 10.4 g/dL; Ht 30.3%; leucociti 6690/mm3 (N 43; L 49; M3.6; E 0.6); piastrine 382 000/mm3; VES (I ora) 108; calcemia9.4 mg/dL; fosforemia 2.8 mg/dL; creatinemia 1.2 mg/dL; Na136 mEq/L; K 4.2 mEq/L; beta-2 microglobulina sierica 0.24mg/dL (< 0.22); calciuria 100 mg/24 ore; proteine totali 13.5 g;albumina 30.4%; A/G 0.4; fosfatasi alcalina 59 U/L (v.n. < 48);IgA 25 mg/dL (69-382); IgG 6490 mg/dL (720-1685); IgM 26mg/dL (63-277); catene H tipo gamma; catene L tipo K; cateneK 422 mg/dL (< 1.85).

Rx scheletrico: cranio - omero - avambraccio - bacino - femore- gamba. “Aree di rimaneggiamento strutturale a carico della te-ca cranica, della mandibola, delle ali iliache e dei femori”.

Diagnosi: mieloma multiplo. In conclusione, il caso clinico descritto ci sembra meritevo-

le di interesse perché focalizza l’attenzione sulla necessità di va-lutare accuratamente le cause di osteoporosi nel paziente di ses-so maschile, nel quale la suddetta patologia è con elevata fre-quenza secondaria. Inoltre ci sembra utile ricordare che l’inte-ressamento scheletrico del mieloma multiplo non è limitatoall’eventuale osteolisi, ma include l’osteoporosi generalizzata qua-le componente fondamentale del quadro clinico.

Grave ipoglicemia in anziana diabetica ipertesa in trattamento insulinico: considerazioni cliniche

Daniela Quartarone, S. Greco, F. Bordonaro, P. Noto, G. Molino, R. Noto

Dipartimento di Medicina Interna e Patologie Sistemiche,

Università degli Studi di Catania

Gli autori, proponendo un caso clinico di grave ipoglicemia,hanno voluto evidenziare l’importanza del continuo monito-raggio glicemico nei pazienti anziani diabetici in trattamento in-sulinico, in cui è elevato e frequente il rischio di ipoglicemia in-sulino-indotta, tentando anche di spiegarne i possibili meccani-smi patogenetici.

Donna di 82 anni, giunta all’osservazione in seguito ad unagrave crisi ipoglicemica.

In anamnesi remota si rileva: malattia cardioipertensiva da cir-ca 40 anni in trattamento farmacologico; diabete mellito da cir-ca 20 anni, in trattamento insulinico da 3 anni; vasculopatia ce-rebrale cronica con lieve deficit cognitivo da 3 anni. Recenti cri-si ipoglicemiche. Terapia praticata: ACE-inibitori, diuretici, di-gossina, nitroderivati, antiaggreganti piastrinici, insulina.

La paziente è stata condotta al Pronto Soccorso durante le pri-me ore del mattino (ore 4.30) in coma, subito identificato comeipoglicemico in base ai dati anamnestici e poiché i primi dati ema-tochimici eseguiti mostravano una grave ipoglicemia (19 mg/dL),lieve ipopotassiemia (3.2 mEq/L), lieve iperazotemia (64 mg/dL).Parametri cardioemodinamici controllati nei limiti della nor-ma. La paziente ha praticato terapia con soluzioni ipertoniche glu-cosate al 33%, soluzione glucosata al 5% e si è rilevato un gra-duale recupero delle funzioni cognitive e dei valori glicemici, ri-portati in poco tempo nel range di normalità (ore 5.00: 60mg/dL; ore 6.20: 122 mg/dL). Ai successivi controlli la pa-ziente si presentava collaborante, vigile, in buon compensoemodinamico.

Gli autori ricordano come gli anziani siano generalmentepaucisintomatici in presenza di ridotti valori glicemici. In quel-li con diabete mellito insulino-dipendente è inoltre tipica la sin-drome dell’“ipoglicemia autonomica” che include l’inadegua-ta risposta ormonale neuroendocrina, la ridotta azione degli or-moni controregolatori, e l’insufficiente percezione dei sintomiautonomici. L’insufficienza della risposta adrenergica all’ipo-glicemia potrebbe essere il principale fattore responsabile del-la soppressione della glicogenolisi epatica e della gluconeoge-nesi, così come la diminuita risposta del glucagone e l’ipotiroi-dismo moderato senile potrebbero essere fattori contribuentialla spontanea ipoglicemia a digiuno. I possibili e talvolta fre-quenti episodi di ipoglicemia sembrano aumentare la soglia dirisposta a quest’ultima esponendo i soggetti ad un maggior ri-schio, che certamente aumenta anche in rapporto all’età piùavanzata.

Un ulteriore momento patogenetico, secondo gli autori, puòessere indotto dalla terapia antipertensiva spesso coesistentenell’anziano diabetico, come nel caso descritto. Tale problemaè stato analizzato in diversi studi clinici, ma a tutt’oggi rimanecontroverso, specie per quanto riguarda la classe del farmaco im-

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piegata. Un aumentato rischio di ipoglicemia è, infatti, presen-te nei diabetici anziani ipertesi che presentano una ridotta rispostacontroregolatoria all’ipoglicemia. Uno studio recente dimostrache la terapia antipertensiva ha un impatto sul rischio di ipogli-cemia negli anziani diabetici trattati con insulina o sulfoniluree;il rischio è ulteriormente aumentato in pazienti con malattieepatiche e renali. Sebbene siano ancora necessari ulteriori stu-di per meglio valutare il rischio di ipoglicemia associata all’usodi farmaci antipertensivi, questo rischio probabilmente non in-ficia i benefici che questi farmaci inducono in pazienti diabeti-ci con complicanze croniche vascolari. Gli autori ritengono cheun continuo e buon controllo glicemico si renda necessario neisoggetti anziani diabetici sottoposti a terapie multiple e quandoaffetti da coesistenti patologie epatiche e/o renali.

Un caso di ipercalcemia in paziente anziana

Monica Ranzini, L. Giusto, G.B. Vigna, R. Fellin

Sezione di Medicina Interna Gerontologia e Geriatria,

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale,

Università degli Studi di Ferrara

L’ipercalcemia è un disturbo idroelettrolitico dovuto nel 90%dei casi a iperparatiroidismo primitivo o neoplasie maligne.Una grave ipercalcemia, definita per valori ≥ 7.5 mEq/L (15mg/dL), è un’emergenza medica perché può provocare coma oarresto cardiaco.

Presentiamo il caso di una donna di 83 anni, ricoverata per con-fusione mentale e astenia con deambulazione difficoltosa e al-gie lombari dopo recente caduta.

La paziente, portatrice di trait β-talassemico, presentava sto-ria di ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia e morbo diParkinson. All’ingresso appariva disorientata nello spazio e neltempo e rallentata; l’esame obiettivo neurologico mostrava ROTipoelicitabili e simmetrici.

Gli esami ematochimici dell’ingresso evidenziavano anemiamicrocitica (Hb 9 mg/dL, MCV 63 fL), insufficienza renalelieve (creatinina 1.5 mg/dL, azotemia 88 mg/dL), ipercalcemia(7.3 mEq/L), mentre erano nella norma fosfatemia, elettrofore-si sieroproteica ed elettroliti urinari. Veniva effettuato dosaggiodel paratormone che risultava notevolmente aumentato (930pg/mL, v.n. < 78).

Il decorso clinico era caratterizzato da progressivo incre-mento della calcemia (8.8 mEq/L), consensuale rapido obnubi-lamento del sensorio e comparsa di coma, che induceva ad ese-guire TC cerebrale per escludere una possibile genesi ischemi-ca (riscontro di aree di malacia diffuse in assenza di lesioniischemiche). Era posizionato catetere venoso centrale ed iniziataterapia con difosfonato e.v. (clodronato 300 mg/die) ed iper-idratazione. A partire dalla seconda giornata si assisteva a pro-gressivo decremento della calcemia con risoluzione dello statodi coma.

Una radiografia del rachide dorso-lombare non evidenziavalesioni traumatiche recenti od osteolitiche. Un’ecografia para-tiroidea mostrava, a destra, due formazioni ovaliformi ipoeco-

gene di 12 e 14 mm di diametro; la scintigrafia delle paratiroi-di con Tc99 sestamibi evidenziava immagine ipercaptante ilradionuclide nella stessa sede. La paziente era trasferita pressoreparto chirurgico e sottoposta ad intervento di paratiroidecto-mia superiore ed inferiore destra; l’esame istopatologico depo-neva per iperplasia nodulare. Alla successiva dimissione ladeambulazione era autonoma e il sensorio integro.

Una sindrome ipercalcemica necessita di stretta sorveglianzain quanto eventuali condizioni favorenti (es. disidratazione) po-trebbero indurre la comparsa e l’evoluzione di disturbi motorie deficit dello stato di coscienza. Il trattamento di elezionedell’iperparatiroidismo primitivo nell’anziano è chirurgico, an-che se l’eziologia prevalente è benigna (80% adenoma, 15% iper-plasia nelle casistiche più recenti).

Sindrome da anticorpi antifosfolipidi

Tiziana Rapino

Scuola di Specializzazione in Medicina Interna,

Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti

Giovane donna di 16 anni, studentessa, giunta in ProntoSoccorso per la comparsa improvvisa di sensazione di oppres-sione toracica retrosternale associata a dispnea e lipotimia.

In anamnesi la diagnosi posta un anno prima di angioneuro-si per fenomeni di cianosi alla mano destra.

All’ECG in Pronto Soccorso: ritmo sinusale, frequenza car-diaca 65 b/min, conduzione atrioventricolare accelerata, T ne-gative in aVF e D3.

Enzimi di miocardiocitonecrosi: troponina 3.58 ng/mL. Durantel’esecuzione dell’ecocardiogramma (risultato nella norma), la pa-ziente presentava la comparsa improvvisa di afasia, emiplegiadestra con ipo-anestesia omolaterale e deficit del VII n.c. didestra.

La TC encefalo eseguita in urgenza risultava negativa. La pa-ziente veniva trasferita in Medicina dove eseguiva ulteriori esa-mi strumentali: Rx torace, Doppler dei vasi epiaortici ed eco-cardiogramma transesofageo risultati nella norma. Si eseguivainoltre un RMN encefalo (a 5 giorni dall’insorgenza dei sinto-mi), che documentava la presenza di lesione ischemica in fasesubacuta a carico della regione temporo-parietale mesiale, nel pu-tamen e nella corona radiata di sinistra con lieve effetto massasulla cella media e sul corno frontale del ventricolo omolatera-le. Negativa per la presenza di malformazioni vascolari l’angio-RMN del circolo intracranico. Tra gli esami di laboratorio da se-gnalare: lieve ipersedimetria (33� 22 mm/ora), lieve anemia nor-mocromica normocitica (HGB 10.8 g/dL). Nella norma: C3, C4,batteria autoanticorpale, screening emocoagulativo, crioglobu-line, marcatori epatite B e C. Si procedeva a valutazione dellostato trombofilico della paziente: assenti LAC, APC resistance,assente la mutazione del gene della protrombina e del gene delfattore V Leiden. Nella norma omocisteina, proteina C e S coa-gulatoria. Da segnalare la positività degli anticorpi IgM anti-cardiolipina (16 MPL/mL� 121 dopo 10 giorni) e anticorpi an-tifosfolipidi (IgM 18 MPL/mL). Veniva pertanto posta la diagnosi

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di “lesione ischemica sul territorio della cerebrale media sinistraed ischemia miocardica in paziente con sindrome da anticorpiantifosfolipidi”. La paziente veniva trattata con eparina in infu-sione (20 000 U/die) per 5 giorni e quindi con warfarin (man-tenendo PT-INR tra 2-3).

Un paziente particolarmente astenico

Stefania Riccobene

Istituto di Medicina Interna e Patologie Sistemiche,

Clinica Medica “L. Condorelli”, Università degli Studi di Catania

Caso clinico. N.M., un giovane di 28 anni, giunge alla nostra os-servazione nell’estate del 2003 per l’insorgenza da alcuni mesidi marcata astenia, dolore sordo di tipo oppressivo in sede pre-cordiale, complicatosi nell’ultima settimana da dispnea a ripo-so, poliuria, polidipsia. Dal colloquio con il paziente ed i fami-liari si evince una storia di ipostaturalismo e di scarso rendimentoscolastico. Negli ultimi 3 anni ripetuti ricoveri presso Divisionidi Cardiologia e Cardiochirurgia per versamento pericardicorecidivante, più volte sottoposto a pericardiocentesi. Viene esi-bito referto di una biopsia endomiocardica (effettuata nel 2001)che documenta un quadro di fibrosi diffusa.

L’esame colturale del liquido pericardico eseguito in tale oc-casione esclude un’eziologia batterica della pericardite.Sospettando una genesi autoimmune della miocardiopatia, vie-ne posta indicazione a trattamento con corticosteroidi (pratica-to dal paziente in maniera continua dal 2001 fino all’atto del ri-covero presso la nostra Divisione) e FANS. Dalla stessa epocaN.M. riferisce frequenti episodi di rachialgia da carico, preva-lentemente notturni. Giunto al Pronto Soccorso del nostro no-socomio, per la sintomatologia su riferita, viene sottoposto ad esa-me ecocardiografico che evidenzia la presenza di significativoversamento pericardico, con modesto impegno emodinamico.L’Rx del torace evidenzia una cardiomegalia. Viene inoltre ri-scontrata una iperglicemia (HGT 450 mg%) trattata pronta-mente con insulina per via e.v. e terapia reidratante.

Obiettività all’ingresso: condizioni generali scadenti. Cutesecca e ruvida. Bradilalia. Edemi al volto più accentuati in sedeperipalpebrale. Toni cardiaci parafonici. All’ispezione toracicamarcata cifoscoliosi del rachide dorsale, con notevole limita-zione funzionale. Vengono pertanto richiesti alcuni esami ema-tochimici che evidenziano un modesta anemia microcitica (traittalassemico), confermando inoltre elevati valori glicemici con gli-cosuria. Alla luce dei dati clinici ed anamnestici vengono ri-chiesti i seguenti esami strumentali e gli ulteriori esami emato-chicimici: MOC total body e MOC lombare, che evidenziano unagrave osteoporosi (t-score al total body -3.00; t-score in corri-spondenza del tratto L2-L4 -3.45); Rx del rachide dorso-lomba-re con studio morfometrico dei corpi vertebrali: “crolli vertebralimultipli a rocchetto ed a cuneo anteriore di numerosi corpi ver-tebrali del tratto toraco-lombare”; ecografia tiroidea: tiroide adecostruttura disomogenea, tendenzialmente ipoecogena e di vo-lume ridotta (diametro AP 8 mm a destra, 7 mm a sinistra). Pocovalutabile la vascolarizzazione parenchimale.

A tal punto vengono dosati gli ormoni tiroidei che confermanoil sospetto clinico di ipotiroidismo conclamato (FT3 < 1.00pg/mL, FT4 < 0.20 ng/dL, TSH > 75 µUI/mL).Conclusioni. Il caso clinico in questione ci sembra interessan-te in quanto ci permette di formulare alcune considerazioni: unversamento pericardico cronico rappresenta spesso (30%) unamodalità di presentazione di un ipotiroidismo occulto. Tale pa-tologia va pertanto sempre indagata ed esclusa in presenza di unapericardite cronica recidivante ad eziologia apparentementeignota. Nel caso in questione la mancata definizione diagnosti-ca della patologia cardiaca ha condotto ad un impiego protrat-to ed inappropriato di alte dosi di corticosteroidi, responsabilidell’insorgenza di una grave osteoporosi secondaria con crollivertebrali multipli. Da qui la necessità per l’internista di adot-tare un approccio multisistemico alla patologia d’organo, al fi-ne di ridurre i costi in termini umani ed economici derivanti dauna visione ultraspecialistica della Medicina.

Una dispnea di difficile inquadramento

Stefania Sabatino

Medicina Interna II Universitaria “Cesare Frugoni”,

Policlinico di Bari

Caso clinico. Nel luglio 2003 veniva inviata dal Pronto Soccorsoalla nostra U.O. la paziente M.I., di anni 79, per modica dispneaed intensa astenia da circa 48 ore. L’anamnesi patologica risul-tava sostanzialmente muta, ad eccezione di ipertensione arteriosain trattamento. All’esame obiettivo la paziente presentava ta-chicardia, tachipnea, valori pressori al limite basso della normae crepitii basali all’auscultazione polmonare. Gli esami emato-chimici rilevavano leucocitosi neutrofila, modica anemia mi-crocitica, PT allungato con notevole incremento dei D-dimeri(7064, con v.n. < 200). Lo screening enzimatico per IMA risultavanegativo, tranne che per un lieve incremento di CPK-MB.L’EGA evidenziava alcalosi respiratoria con ipossiemia me-dio-severa. All’ECG si rilevava tachicardia sinusale con spora-diche ExSVe, onda P polmonare e deviazione assiale destra.L’esame Rx torace escludeva presenza di addensamenti pleuro-parenchimali, con riscontro isolato di slargamento dell’ombra car-diaca in toto. Posta indicazione all’esecuzione di scintigrafia pol-monare perfusiva d’urgenza, veniva instaurata O2-terapia. Ilquadro scintigrafico concludeva per severa ipoperfusione plu-risegmentaria del polmone sinistro, come da processo emboli-co in atto. Dopo circa 12 ore dall’ingresso in reparto la pazien-te presentava un netto peggioramento delle condizioni genera-li e dello status emodinamico, presentando agitazione psico-mo-toria, sudorazioni algide, dispnea ingravescente, ipotermia agliarti inferiori, ipotensione severa e contrazione della diuresi.L’EOP mostrava riduzione diffusa del MV e rantoli grossolanimedio-basali. Richiesta TAC torace spirale urgente, si eviden-ziava “voluminoso aneurisma dell’aorta endotoracica con lumeeccentrico a livello del tratto discendente. Severa compressio-ne delle sezioni cardiache sinistre. Versamento pleurico bilate-rale ed iniziale edema interstiziale”. Le scansioni Angio-TAC to-

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raco-addominali, richieste dal consulente chirurgo vascolare,documentavano l’imponente dilatazione aneurismatica dai ter-ritori toracici basali sino in sede iatale e sovrarenale. L’ecocar-diogramma bidimensionale mostrava una severa riduzione del-la funzione contrattile globale del ventricolo sinistro e all’emo-cromo di controllo si constatava un significativo calo dell’emo-globina. Si instaurava, quindi, terapia con plasma expanders edemotrasfusione. Disposto il trasferimento presso l’U.O. diChirurgia Vascolare, a circa 18 ore dall’ingresso nel nostro re-parto, la paziente presentava una compromissione drammaticadel quadro emodinamico esitando in exitus.Discussione. Il caso esposto dimostra da un lato la possibilità dipresentazione atipica di dissecazione aortica, in assenza di algieretrosternali e/o addominali, dall’altro l’evenienza non infrequentedi falsa positività della scintigrafia polmonare perfusiva nella dia-gnostica di tromboembolia polmonare.

Una sindrome emorragica inusuale

Simona Sada, I. Tenuti, D. Girelli

Medicina Interna B, Ospedale Policlinico di Verona

Una donna di 51 anni si presentava in Pronto Soccorso per lacomparsa improvvisa e spontanea di un vasto ematoma a livel-lo della parete toracica anteriore esteso in regione mammaria.Erano inoltre presenti da alcune settimane astenia, disfonia, dis-fagia e dispnea. I parametri vitali erano nei limiti di norma e gliesami ematochimici evidenziavano: Hb 7.3 g/dL, PLTs 95 000/mm3, GB 6000, nella norma PT e aPTT. Una TC torace eseguitain urgenza rilevava la presenza di emorragia mediastinica re-trotracheale, versamento ematico pleurico destro. La paziente per-tanto, dopo emotrasfusione, veniva sottoposta a toracotomiacon riscontro ed evacuazione di ematoma peri-esofageo. Il de-corso postoperatorio era complicato dalla necessità di procede-re a tracheotomia e ventilazione artificiale per la comparsa di sof-fusioni emorragiche all’ingresso delle vie respiratorie e della la-ringe. La prosecuzione degli accertamenti con EGDS e angio-RM dell’encefalo nel sospetto di sindrome di Rendu-Osler do-cumentavano rispettivamente la presenza di diffuse angiodi-splasie del corpo gastrico e di un macroadenoma ipofisario (3 �2.2 cm). L’anamnesi familiare e personale risultava negativa perdiatesi emorragica. Si segnalava che la paziente riferiva l’aumentodelle dimensioni dei piedi e la necessità di passare da calzaturen. 37, utilizzate in età giovanile, al n. 40 attuale.

Alla nostra osservazione la paziente giungeva asintomatica eapiretica. La facies denotava aspetti di tipo acromegalico.L’obiettività cardiopolmonare ed addominale era nei limiti. Nonsi rilevava linfoadenomegalia. Vi era uno sfumato deficit diconvergenza della motilità oculare. L’emocromo confermavaun’anemia normocitica ed evidenziava leucopenia con neutro-penia e piastrinopenia (PLTs 45 000/mm3). Si rilevavano inol-tre: marcato aumento di PRL e di somatomedina C (IGF-1), cal-cemia e PTH aumentati, GH ed ACTH ai limiti superiori, cor-tisolo, FSH, LH, TSH, serotonina, cromogranina A e gastrina nel-la norma. Lo studio del sistema emostatico non dimostrava al-

terazioni. L’ecografia dell’addome e la successiva angio-RM evi-denziavano milza aumentata di volume e multiple formazioniespansive rotondeggianti iperecogene, la maggiore di circa 3 cm,di incerta natura. L’ecografia tiroidea mostrava una neoforma-zione paratiroidea destra e struma multinodulare. Dalla biopsiaosteomidollare emergeva un quadro midollare ipercellulato conalterazioni angiomatose diffuse. Il caso veniva collegialmente di-scusso con il Collega Patologo e con gli Ematologi e si decide-va di porre indicazione alla splenectomia. L’esame istologico del-le lesioni spleniche multiple mostrava reperti compatibili con an-giomi tipo “littoral cell”. La paziente veniva contestualmente sot-toposta ad emitiroidectomia destra e paratiroidectomia omola-terale; la diagnosi istologica era di iperpalsia tiroidea e parati-roidea.

Ci siamo trovati di fronte ad un caso clinico singolare che hasollevato più di un quesito di non facile soluzione. I punti fer-mi sono rappresentati della diagnosi di MEN 1 (macroadenomaipofisario a secrezione mista di PRL/GH ed iperparatiroidismo)e dalla presenza di lesioni angiomatose in sedi multiple (milza,stomaco, midollo osseo e verosimilmente anche in sede della pre-gressa emorragia mediastinica spontanea). È noto inoltre che laMEN 1 si associa a neoformazioni in altre sedi non endocrine.Una possibile, unitaria, spiegazione del quadro clinico potreb-be essere ricondotta all’iperproduzione di un fattore angiogeneticoVEGF-like (per deficit di menina? da parte dell’adenoma ipo-fisario?). Tale ipotesi è tuttora in corso di verifica. Il quadro ipo-fisario veniva sottoposto alla valutazione del Collega Neuro-chirurgo e si decideva di procrastinare l’intervento chirurgico va-lutando la risposta a medio termine al trattamento farmacologi-co impostato con cabergolina. Una RM dell’encefalo eseguita a4 mesi dalla dimissione ha documentato la riduzione delle di-mensioni dell’adenoma ipofisario (1.8 � 1.5 � 1.2 cm). Non sisono verificati ad oggi nuovi eventi emorragici. La conta pia-strinica è stabile e si attesta su valori di 250 000/mm3.

Iperkalemia iatrogena nel soggetto diabetico

Marta Salzillo, R. Ricciotti, S. Del Gaudio*, L. Morelli*, F. Paladino*, F. Schiraldi**

Specializzanda Medicina Interna, Istituto di Terapia Medica,

Ospedale Gesù e Maria SUN, *Dirigente Medico I livello,

**Dirigente Medico II livello, Medicina d’Urgenza,

Ospedale San Paolo di Napoli

Introduzione. Si è presentata alla nostra osservazione una don-na di 84 anni in cui l’utilizzo di ACE-inibitori ed antialdosteroniciha esaltato l’iperpotassiemia spesso presente nel paziente dia-betico probabilmente per deficit nella biosintesi di renina e/o al-dosterone1.Caso clinico. Donna di 84 anni, giunge in Pronto Soccorso persindrome vertiginosa. Da circa 2 giorni la paziente riferisce dif-ficoltà a mantenere la stazione eretta, e alla deambulazione.

All’anamnesi patologica prossima: BPCO; diabete mellitotipo 2 in terapia con metformina ed insulina; cardiopatia sclero-ipertensiva in trattamento con ramipril 2.5 mg 1 cp/die; spiro-

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nolattone 100 mg 1 cp/die. La paziente è vigile no deficit nervicranici, no angor, no sudorazione. Pratica: ECG blocco seno atria-le 2:1 frequenza cardiaca 80 b/min, emiblocco anteriore sinistro.Esami ematochimici: glicemia 232 mg/dL; creatinina 1.8 mg/dL;K 8.9 mEq/L; Na 133 mEq/L. EGA: pH 7.2; PCO2 34.2 mmHg;HCO3

- 16.7 mEq/L; Hbg 11 g/dL; K 8.22 mEq/L; Na 132mEq/L; glicemia 242 mg/dL; lat 1.6. Viene dunque ricoveratanel Reparto di Medicina d’Urgenza dove opportunamente mo-nitorizzata, inizia la terapia dell’iperpotassiemia con: bicarbo-nato di sodio e.v.; soluzione glucosata 10% con insulina R; cal-cio gluconato e.v.; furosemide e.v.; sodio polistiren solfato piùlattulosio per os. Nonostante i presidi terapeutici messi in atto,la paziente per circa 12 ore non ha presentato riduzione dei li-velli ematici di potassio. Si è contattato, pertanto, la Nefrologiaper una seduta emodialitica. Nell’attesa del trasferimento pres-so l’Unità di Dialisi si è deciso di somministrare metilprednisone40 mg e.v. con riduzione della kalemia a valori di 7.4 mEq/L.Visto il trend in discesa si è deciso di procrastinare la seduta dia-litica. Dopo circa 20 ore si è somministrata una ulteriore dosedi 40 mg di metilprednisone e.v. più una cp da 25 mg di corti-sone acetato con riduzione della kalemia a valori di 5.4 mEq/L.Conclusioni. Nel paziente diabetico, non andrebbero utilizzatiin associazione farmaci risparmiatori di potassio come antial-dosteronici ed ACE-inibitori, essendo presente, in un’elevata per-centuale di questi pazienti, una primitiva tendenza all’iperpo-tassiemia probabilmente legata a deficit nella biosintesi di reninae/o aldosterone. Qualora fosse necessario l’utilizzo combinatodelle suddette classi farmacologiche, il paziente dovrebbe esserestrettamente monitorizzato da un punto di vista idroelettroliticoBibliografia- deLeiva A, Christlieb AR, Melby JC, et al. Big renin and biosynthetic defect of

aldosterone in diabetes mellitus. N Engl J Med 1976; 295: 639-43.

- Braithwaite SS, Barbato AL, Emanuele MA. Acquired partial corticosterone

methyl oxidase type II defect in diabetes mellitus. Case of hyperreninemic hy-

poaldosteronism. Diabetes Care 1990; 13: 790-2. Related articles, books, linkout.

Tetania ipocalcemica da alcalosi metabolica

Lidia Santarpia, F. Pasanisi, F. Contaldo, O. de Divitiis

Scuola di Specializzazione in Medicina Interna,

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Università degli Studi “Federico II” di Napoli

Introduzione. L’ipocalcemia ionizzata clinicamente significa-tiva può determinarsi anche in condizioni di alcalosi metaboli-ca, specie nel paziente “critico” (sepsi, insufficienza renale,ipomagnesiemia, nutrizione parenterale totale, ecc.).Caso clinico. B.G., femmina, 29 anni, 42 kg, 150 cm, indice dimassa corporea 18.6 kg/m2, con sindrome dell’intestino corto daampia resezione intestinale (residuano solo 30 cm di digiuno) perS. di Gardner, portatrice di digiunostomia e di catetere venosocentrale (CVC) tunnellizzato per nutrizione parenterale totale(NPT) dal marzo 2000. Si ricovera nel gennaio 2003 in condi-zioni generali scadute per febbre settica secondaria ad infezio-ne del CVC da Enterobacter Intermedius. Altri segni clinicisono: ipotensione marcata (pressione arteriosa 80/50 mmHg), bra-

dicardia (frequenza cardiaca 52 b/min) e disidratazione. Le se-crezioni emesse dalla digiunostomia sono valutabili intorno agli8-10 L/die, in particolare Na 71 mmol/L, 639 mmol/24 ore; K8.4 mmol/L, 75.6 mmol/24 ore. Diuresi 350 mL/die. Elettrolitiurinari: Na 6 mmol/L: 2.1 mmol/24 ore (v.n. 40-200), K 66.6mmol/L, 23.3 mmol/24 ore.

Gli esami ematochimici all’ingresso rilevano: Ca 9.4 mg/dL;creatinina 1.3 mg/dL; P 5.5 mg/dL; albumina 3.7 g/dL. Al rico-vero viene praticata rimozione del CVC con sospensione dellaNPT in vena centrale e si inizia terapia antibiotica mirata e nu-trizione parenterale periferica di supporto, che la paziente riescea praticare solo in parte per inadeguatezza degli accessi venosiperiferici (la paziente rifiuta il posizionamento di nuovo CVC).

La mattina del giorno successivo al ricovero riferisce im-provvisa comparsa di crampi alle mani che rapidamente coin-volgono i 4 arti fino a precipitare in una crisi tetanica generalizzataanche ai muscoli della faccia fino al laringospasmo, con ciano-si e perdita di coscienza.

Gli esami ematochimici mostrano: Ca 9.0 mg/dL; Caion 3.0mg/dL; albumina 3.4 g/dL; creatinina 2.4 mg/dL; all’EAB (pH7.5; H2CO3std 41 mmol/L; BE 15.8 mmol/L) ed ECG (bradi-cardia, allungamento del QT).Diagnosi. Tetania da ridotta disponibilità di calcio ionizzato peralcalosi metabolica da massive perdite dalla digiunostomia noncompensate. Iperfosforemia. Insufficienza renale acuta prerenale(GFR calcolato intorno a 20 mL/min).Intervento terapeutico. Somministrazione in infusione rapidae.v. di 2 fl di Ca gluconato (186 mg) in 250 mL di soluzione fi-siologica, seguita da 1 fl di Mg solfato (8 mEq) in 250 mL di fi-siologica e poi da Ca gluconato in infusione lenta. Posizionamentodi CVC per NPT (volume 3000 mL/die) + 1000 mL di soluzio-ne fisiologica. Monitoraggio ECG, ematochimico e clinico.Conclusioni. Rapida regressione della sintomatologia. Ripristinodella volemia, dell’equilibrio acido-base (pH = 7.45), della diu-resi con normalizzazione della funzionalità renale entro 24 ore(creatinina 1.2 g/dL). La paziente continua la NPT a domiciliocon miscele nutrizionali la cui composizione viene personaliz-zata in base a periodici controlli ematochimici e clinici. Nel mag-gio 2004 riceve trapianto intestinale presso il Policlinico S.Orsola di Bologna.

Ictus ischemico ed ischemia degli arti inferiori in pazientecon trombocitemia essenziale misconosciuta

Francesca Santilli

Patologia Medica, Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento,

Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti

Paziente maschio, 75 anni, ex-fumatore, affetto da cardiopa-tia ischemica postinfartuale ad evoluzione dilatativa, in terapiacon anticoagulanti orali, giunge all’osservazione dell’Ambulatoriodella Patologia Medica dell’Ospedale Policlinico “SS. Annun-ziata” in seguito alla persistenza, da alcuni giorni, di una sinto-matologia caratterizzata da dolore intenso, a carattere continuo,a carico del IV dito del piede destro. La stessa sede all’ispezio-

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ne mostrava la presenza di lesione ulcerativa con iniziali segnidi necrosi.

Dopo aver prescritto indagini diagnostiche atte a spiegarnel’eziologia (glicemia a digiuno in 2 determinazioni, che haescluso la presenza di diabete mellito, Doppler arterioso e ve-noso degli arti inferiori nella ricerca di fenomeni tromboembo-lici arteriosi o venosi periferici, entrambi nella norma, autoan-ticorpi, crioglobuline, anticorpi anti-HCV, nel sospetto di una va-sculite, tutti negativi), e praticato nei giorni successivi medica-zioni ripetute, si è proceduto all’amputazione del IV dito in se-guito all’avanzare della necrosi. È stato sollevato il sospetto diuna rara eppur descritta reazione avversa a warfarin (“sindromedelle dita porporine e necrosi cutanea”) che è stato pertanto so-speso e sostituito con l’associazione terapeutica di aspirina 100mg/die e clopidogrel 75 mg/die. Dopo circa 15 giorni il pa-ziente giunge al Pronto Soccorso dello stesso Ospedale in statosoporoso. Presenta deviazione della rima buccale a destra. Al ri-sveglio dopo alcuni minuti manifesta la presenza di disartria. Lapressione arteriosa è di 140/80 mmHg, sovrapponibile a quellaobbiettivata domiciliarmente dai familiari alla comparsa della sin-tomatologia. La TC encefalo in fase acuta esclude la presenzadi emorragia cerebrale. L’ECG documenta la presenza di ritmosinusale a risposta ventricolare 75/min. Ammesso nel Repartodi Medicina, vengono eseguiti prelievi per esami ematochimi-ci e Doppler dei vasi epiaortici, privo di connotati patologici.L’esame emocromocitometrico evidenzia la presenza di trom-bocitosi (850 000 piastrine/mm3) in assenza di alterazioni del-la serie eritroide e mieloide. Il dato laboratoristico è stato mo-nitorizzato nel tempo nell’arco di circa 20 giorni per escludereuna trombocitosi reattiva (il recente intervento di amputazioneed il sanguinamento ad esso associato potevano giustificarla).L’ecografia addome mostrava la presenza di splenomegalia(area splenica 111 cm3). Il paziente è stato nel frattempo dimessocon diagnosi di “ictus ischemico in paziente con cardiopatia ische-mica postinfartuale e trombocitosi in via di definizione diagno-stica” e indirizzato al Centro di Emostasi e Trombosi dell’Ospe-dale. Qui è stato sottoposto a biopsia midollare che ha docu-mentato la presenza di trombocitemia essenziale. È stata quin-di intrapresa terapia con idrossiurea, in associazione alla dupli-ce terapia antiaggregante già in atto.

L’ictus ischemico, in assenza di fibrillazione atriale o signi-ficativa ateromasia carotidea, e l’ischemia e necrosi dell’arto in-feriore, in assenza di diabete mellito, vasculite o apparenti fe-nomeni tromboembolici arteriosi o venosi, possono essere ve-rosimilmente associati alla presenza di trombocitemia essenzialemisconosciuta, che annovera entrambe le entità cliniche tra le pos-sibili complicanze.

Un raro caso di epatotossicità acuta da paroxetina

Paola Tittoto, M. Pompili, R. Mascianà, A. Grieco, N. Gentiloni-Silveri*, G.L. Rapaccini, G. Gasbarrini

Istituto di Medicina Interna e Geriatra, *Dipartimento di Emergenza

e Accettazione, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma

Sebbene l’epatite da farmaci sia un evento nel complessofrequente, a cui anche il medico di medicina generale deve pen-

sare, l’epatotossicità da paroxetina (antidepressivo inibitore se-lettivo della ricaptazione della serotonina) è un evento molto ra-ro; finora sono stati descritti in letteratura 9 casi di epatite acu-ta attribuibile a tale farmaco. Nel presente caso una donna di 84anni affetta da sindrome ansioso-depressiva, ipertensione arte-riosa, fibrillazione atriale cronica e vasculosclerosi cerebrale giun-geva alla nostra osservazione per la comparsa di una sintoma-tologia caratterizzata da agitazione psicomotoria, sensazione dioppressione toracica e cardiopalmo, iporessia, nausea e vomi-to, insorta progressivamente in stretto rapporto temporale conl’inizio dell’assunzione di paroxetina (10 mg/die per os per unperiodo di 3 giorni). Una settimana prima dell’insorgenza del-la sintomatologia la paziente era stata sottoposta a controlliematochimici di routine indicativi di normale funzionalità epa-tica; al momento del ricovero, invece, erano presenti: marcataepatocitonecrosi (valore di picco di alanina aminotransferasi > 2000 UI/L), colestasi intraepatica, alterazione dei parametriemocoagulativi ed iperammoniemia in assenza di reperti pato-logici all’ecografia epatobiliare. L’assunzione del farmaco erastata sospesa al momento del ricovero e nei giorni successivi siassisteva ad un graduale miglioramento della sintomatologia edei parametri bioumorali fino a pressoché completa normaliz-zazione. Durante la degenza tutte le comuni cause virali, dis-metaboliche, vascolari ed autoimmunitarie di epatite acuta so-no state escluse. Il Naranjo score di probabilità per reazioni av-verse da farmaci era pari a 7/13.

Il presente caso evidenzia come la paroxetina, pur essendo unantidepressivo largamente usato sia nella popolazione generaleche nei pazienti affetti da epatopatia cronica, possa essere rara-mente responsabile di epatotossicità severa con verosimile mec-canismo idiosincrasico.

Sindrome di Fitz Hugh Curtis: una particolare causa di dolore in ipocondrio destro

con innalzamento delle transaminasi

Gianpaolo Vidili, F. Piscaglia*, L. Bolondi*

Istituto di Clinica Medica, Università degli Studi di Sassari,

*Medicina Interna, Dipartimento di Medicina Interna

e Gastroenterologia, Alma Mater Studiorum,

Università degli Studi di Bologna

Introduzione. La sindrome di Fitz Hugh Curtis (FHC) si veri-fica in donne in età fertile ed è caratterizzata da dolore addominalenei quadranti superiori di destra, periepatite ed infezione geni-tale causata prevalentemente da Chlamydia Tracomatis,Nesisseria gonorrea e raramente da Mycobacterium tuberculo-sis. La diagnosi viene quasi sempre realizzata dopo laparosco-pia che dimostra la presenza di aderenze con aspetto a corda diviolino tra la capsula glissoniana, il diaframma e la parete ad-dominale anteriore. La terapia è medica, mediante antibiotici mi-rati verso i microrganismi responsabili. Caso clinico. Una donna di 39 anni, si è presentata al ProntoSoccorso per la comparsa di un dolore addominale improvvisolocalizzato nell’emiaddome destro. Un’ecografia dell’addome in-

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feriore ha dimostrato la presenza di una massa ovarica destra conlieve versamento nel cavo del Douglas. La paziente è stata per-tanto ricoverata in un reparto di ginecologia per trattamentomedico e intervento di ovariectomia destra. In seguito alla rapidaremissione della sintomatologia e alla presenza di un aumentodegli indici di flogosi e delle transaminasi, si è deciso di posti-cipare l’intervento chirurgico, e la paziente è stata nel frattem-po dimessa. Dopo 3 giorni si è presentato un quadro clinico ca-ratterizzato da dolore in ipocondrio destro, irradiato alla spallaomolaterale, interpretato come colica biliare e trattato con anal-gesici e spasmolitici. La sintomatologia si è risolta dopo qual-che ora ed è stata consigliata terapia domiciliare con ceftriaxo-ne per 7 giorni. Dato il ripresentarsi, nei giorni a seguire, dellastessa sintomatologia la paziente si è rivolta presso il nostrocentro. Un’ecografia completa dell’addome ha confermato la pre-senza della massa ovarica destra ed ha evidenziato alcune areeipoecogene di dubbio significato tra fegato e diaframma. L’an-gioecografia perfusionale e la TC addome hanno escluso la na-tura maligna delle lesioni (Figg. 1-4). I marker tumorali tra cuiil CA125 sono risultati nella norma. La paziente è stata sottopostaad exeresi chirurgica della massa ovarica, che all’esame istolo-gico è risultata un teratoma cistico, e su nostra indicazione si èchiesto al chirurgo l’esplorazione dell’area corrispondenteall’ipocondrio destro, dove è stata praticata un’adesiolisi per lapresenza di tralci fibrosi che formavano delle aderenze tra il dia-framma e la capsula epatica (Fig. 5). Tale quadro ci ha permes-so di formulare la diagnosi di FHC, nonostante gli esami mi-crobiologici siano risultati ripetutamente negativi, per i germi so-praddetti.Discussione. La FHC è una sindrome clinica di natura benigna,che si verifica in donne in età fertile, ed è successiva alla diffu-sione di germi che dal tratto genitale, mediante le fimbrie ute-rine, si diffondono in peritoneo, dove attraverso le docce para-coliche raggiungono l’addome superiore, per poi impiantarsi sul-la capsula epatica. La FHC è caratterizzata, dapprima da un’in-fiammazione acuta con dolore in ipocondrio destro, talora irra-diato alla spalla omolaterale, innalzamento delle transaminasi eassociato ad una diagnostica strumentale spesso negativa. La ma-lattia può evolvere in una fase cronica, durante la quale si crea-no delle aderenze tra la capsula Glissoniana, il diaframma e laparete addominale che risultano più facilmente identificabilimediante diagnostica strumentale. La terapia di tale sindrome èmedica. Un buon trattamento con antibiotici, sensibili ai germiindicati, risolve il quadro infiammatorio prevenendo la croni-cizzazione e le ricadute della malattia. Sarebbe pertanto auspi-cabile realizzare una diagnosi non invasiva. Dati anamnestico-clinici, come l’età, l’associazione di una malattia ginecologicacon un problema epatico, ed una buona diagnostica strumenta-

le con ecografia, angioecografia perfusionale e TC contribuiscono

a fornire degli elementi fondamentali per la diagnosi precoce di

tale sindrome, soprattutto se si riflette sugli aspetti morfologi-

ci, clinici e strumentali che tale sindrome può creare nello spa-

zio tra diaframma e capsula epatica (Figg. 1-4) e che non devono

essere sottovalutati.

La descrizione di questo caso vuole fornire un contributo al-

la letteratura scientifica clinica ed ultrasonografica di un’ulteriore

causa di dolore in ipocondrio destro e del particolare aspetto con

cui questo si è presentato all’ecografia e alla TC.

Bibliografia- Curtis AH. A cause of adhesions in the right upper quadrant. JAMA 1930; 94:

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- Nishie A, Yoshimimitsu K, Irie H, Yoshitake T, Aibe H. Fitz-Hugh-Curtis syn-

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FIGURA 1. Ecografia ad-dome superiore che dimostra inoduli ipoecogeni tra dia-framma e capsula epatica.

FIGURA 2. Angioecografiaperfusionale con mezzo di con-trasto che dimostra l’aspettoavascolare dei noduli.

FIGURA 3. TC addome su-periore che mette in evidenzal’area tra il diaframma e lacapsula glissoniana.

FIGURA 4. TC addome su-periore che mette in evidenzala presenza di ulteriori nodu-li avascolari.

FIGURA 5. Visione in lapa-roscopia delle aderenze tra fe-gato e diaframma.