Studio Danni Traforo Del MonteGrappa

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Studio del 2013 sui danni derivati dal traforo del Monte Grappa

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Monte Grappa “Altare Sacro alla Patria” a cura di dott.ssa Silvia Forni ___________________________________________________________________________

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INDICE

1 INTRODUZIONE ............................................................................................................3

2 RETE NATURA 2000 ......................................................................................................4

3 MASSICCIO DEL MONTE GRAPPA ..........................................................................5

3.1 Descrizione sito ......................................................................................................5 3.2 Descrizione del paesaggio vegetale........................................................................5 3.3 Descrizione fauna ...................................................................................................9

3.3.1 Insetti ..............................................................................................................9 3.3.2 Anfibi e rettili ...............................................................................................10 3.3.3 Avifauna .......................................................................................................10 3.3.4 Mammiferi ....................................................................................................10 3.3.5 Fauna di grotte ..............................................................................................11

4 IL PAESAGGIO.............................................................................................................12

4.1 Caratteri del paesaggio .........................................................................................12 4.2 Integrità naturalistico-ambientale e storico-culturale ...........................................13 4.3 Rilevanza naturalistico-ambientale e storico-culturale.........................................14

5 ASSETTO DEL TERRITORIO ...................................................................................14

5.1 Assetto geologico e strutturale .............................................................................14 5.2 Stratigrafia ............................................................................................................15 5.3 Tettonica ...............................................................................................................19 5.4 Sismica .................................................................................................................22 5.5 Faglie e fratture.....................................................................................................25

6 LINEAMENTI GEOMORFOLOGICI........................................................................27

6.1 Assetto morfologico .............................................................................................27 6.2 Carsismo ...............................................................................................................27

6.2.1 Catasto delle grotte .......................................................................................31 6.2.2 Carsismo ipogeo del Massiccio del Grappa .................................................31 6.2.3 Le grandi cavità del Massiccio del Grappa ..................................................35

7 LINEAMENTI IDROGEOLOGICI.............................................................................35

7.1 Acque superficiali.................................................................................................36 7.2 Acque sotterranee .................................................................................................36 7.3 Sorgenti.................................................................................................................36

7.3.1 Prove con traccianti nel Massiccio del Monte Grappa.................................37 7.4 Acquifero sotterraneo dell’Alta Pianura del Brenta (APB)..................................39

8 CRITICITA’ DELLA PROPOSTA DI PROGETTO.................................................39

9 CONCLUSIONI .............................................................................................................44

10 BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................46

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1 INTRODUZIONE

Il progetto “Itinerario della Valsugana Valbrenta - Bassano Ovest. Superstrada a

pedaggio” prevede la realizzazione di un traforo lungo circa 12 km all’interno del Massiccio

del Monte Grappa in provincia di Vicenza. Come Comitato di cittadini residente alle pendici

del Monte si vuole mettere in evidenza le peculiarità naturalistiche - storico - culturali

dell’area interessata dall’opera e le possibili incidenze - difficoltà che la realizzazione del

progetto può creare. La presente relazione è strutturata in una prima parte, dove si evidenzia

l’importanza dell’area in oggetto, mentre la seconda parte evidenzia le difficoltà ed i dubbi

che il progetto preliminare presenta (progetto approvato dalla Giunta Regionale Veneta con

Delibera n. 2399 del 4 agosto 2009 ed attualmente fermo alla Commissione VIA nazionale).

La seguente relazione, come pure le relazioni del progetto preliminare si basano

esclusivamente su dati bibliografici, che per quanto attendibili e descrittivi dell’area

presentano delle incertezze, che invece un’opera di queste dimensioni dovrebbe chiarire fin

dall’inizio per valutare la reale la fattibilità di un traforo di queste dimensioni.

Il Massiccio del Monte Grappa per le sue valenze naturalistiche è stato inserito nei Siti

di Importanza Comunitaria (direttiva 92/43/CEE) e Zona di Protezione Speciale (direttiva

74/409/CEE) “IT3230022 Massiccio del Grappa”, inoltre dal punto di vista geomorfologico

presenta evidenti fenomeni carsici; ne è prova che tutte le valli sono prive di acque

superficiali e per la presenza di numerosi inghiottitoi (circa 400).

Tutta l’area montana è priva di sorgenti, ad alta quota ne sono censite solamente un

paio, mentre ricca è la circolazione idrica sotterranea alimentata dalle acque meteoriche che si

infiltrano nel sottosuolo per alimentare le sorgente di pendici o direttamente il ricco acquifero

dell’alta pianura veneta. Quest’acquifero è utilizzato dalla maggior parte degli acquedotti dei

centri abitati di pianura della Provincia di Vicenza e Padova.

Si vuole sottolineare che le ultime normative europee (Direttiva 2000/60/CE), a seguito

dei ricorrenti fenomeni di siccità estivi verificatesi negli ultimi anni, hanno evidenziato

chiaramente che la priorità assoluta dell’acqua potabile è rivolta al benessere della

popolazione.

Dal punto di vista sismico, inoltre, tutto il Massiccio del Monte Grappa è attraversato da

moltissime faglie e fratture, che oltre ad evidenziare il fenomeno carsico sopra esposto,

possono generare fenomeni tettonici anche elevati.

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2 RETE NATURA 2000

La Rete Natura 2000 costituisce il punto centrale della politica europea sulla

conservazione della biodiversità, obiettivo questo che l’Unione Europea si è dato in

esecuzione della Direttiva Habitat 92/43/CEE. Tale obiettivo è perseguito attraverso la

realizzazione di un sistema coordinato di aree protette, istituite con l’intento di realizzare una

rete ecologica di siti caratterizzati dalla presenza di habitat naturali e di specie vegetali ed

animali minacciate o rare a livello comunitario.

Con la Direttiva Habitat la Comunità Europea ha dato seguito a quanto sottoscritto

durante la conferenza di Rio de Janeiro, in merito alla conservazione della Biodiversità, dando

avvio all’individuazione di Zone Speciali di Conservazione (ZSC), a partire da una lista di

Siti di Importanza Comunitaria (SIC), proposti dai singoli paesi. L’Italia ha recepito tale

Direttiva con il D.P.R. n° 357 dell’8 settembre 1997, integrato e modificato con il D.P.R. n°

120 del 12 marzo 2003.

Nella rete ecologica Natura 2000, secondo la stessa Direttiva Habitat, sono incluse

anche le Zone di Protezione Speciale (ZPS), identificate dai paesi membri ai sensi della

Direttiva Uccelli 79/409/CEE (oggi modificata dalla nuova Direttiva 2009/147/CE),

concernente la conservazione degli uccelli selvatici, recepita dall’Italia con la Legge n° 157

dell’11 febbraio 1992 ed integrata successivamente dalla legge n° 221 del 3 ottobre 2002.

La Direttiva Uccelli si propone la conservazione degli uccelli selvatici e mira alla

conservazione di tutte le specie di uccelli viventi allo stato selvatico nel territorio europeo.

La Direttiva si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie e ne

disciplina lo sfruttamento. In particolare nell’Allegato I sono previste delle misure speciali di

conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione

nella loro area di distribuzione delle specie minacciate di sparizione, di quelle che possono

essere danneggiate dalle modifiche del loro habitat, da quelle considerate rare e dalle specie,

che richiedono una particolare attenzione per la specificità del loro habitat

In Italia la designazione dei siti è cominciata con l’attuazione del Progetto Bioitaly,

recependo anche quanto disposto dalla Legge n° 394 del 6 dicembre 1991, “Legge quadro

sulle aree protette”.

La Giunta Regionale Veneta, con D.G.R. n° 448 del 21 febbraio 2003 ha prodotto un

elenco di 99 SIC, tra cui l’ “IT3230022 Massiccio del Grappa” e, con la D.G.R. n° 449/2003,

adottata nella stessa seduta, la lista di 70 ZPS, che comprende l’area del Massiccio del

Grappa.

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Il formulario standard nella descrizione del sito riporta in sintesi le peculiarità dell’area:

“Massiccio prealpino, notevole per i fenomeni carsici e per la complessità ambientale dovuta

a gran diversità geomorfologica e a secolare presenza dell’uomo. Fiumi alpini con

vegetazione riparia, perticaie di pino mugo e foreste alluvionali residue dell’Alnion

glutinoso-incanae. Formazioni vegetali di grande interesse ed originalità su prati aridi

pedemontani (Saturejon subspicatae) e montani (Caricionaustroalpinae) ed in ambienti di

forra (Tilio-Acerion, Cystopteridion).”

Il formulario riporta anche come l’importanza dell’area è data dalla “Grande ricchezza

floristica e presenza di entità endemiche, minacciate, rare e/o significative. Il Sito comprende

anche Valle S. Felicita, situata nel versante Sud-occidentale del Massiccio, che si caratterizza

per la grande estensione di prati arido-rupestri con notevoli presenze floristiche e

faunistiche”.

3 MASSICCIO DEL MONTE GRAPPA

3.1 Descrizione sito

Il Massiccio del Grappa nel contesto delle Prealpi Venete appare delimitato a Est ed a

Ovest rispettivamente dalla Valle del Piave e dalla Val del Brenta (Valsugana). A Nord

invece, è una tipica depressione strutturale, la “Sinclinale Bellunese”, che la separa dalle Alpi

di Feltre.

Strutturalmente il Massiccio è definibile come una piega anticlinale asimmetrica, con

asse Sud-Ovest – Nord-Est; questo è il motivo per cui il versante sale abbastanza dolcemente

da Nord, mentre è piuttosto brusco il contatto con la pianura veneta a Sud. Il Massiccio

presenta quindi le maggiori sommità proprio in corrispondenza del margine meridionale e

prima fra tutte, Cima Grappa (1775 m s.l.m.), con la sua forma a piramide tronca a base

quadrangolare legata sicuramente a locali movimenti tettonici. È da questa cima che si

dipartono i cinque displuvi, che formano l’ossatura del Grappa.

3.2 Descrizione del paesaggio vegetale

Il Sito in esame si caratterizza per la presenza di ambienti che vanno dalla fascia

collinare a quella altimontana con una profonda ed evidente influenza delle attività umane a

delineare ed articolare il paesaggio.

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La vegetazione è caratterizzata da boschi di latifoglie che nella zona sommitale però si

mescola a boschi di conifere con situazioni generalmente miste di faggio e abete rosso e, più

raramente, di abete bianco.

Il “Mosaico edafo-altitudinale delle faggete submontane-altimontane su substrati a

reazione alcalina (Aremonio-Fagion)” interessa le quote maggiori ed i versanti più freschi

per occupare circa il 35% del territorio. In tutto il Massiccio è stato favorito, anche in seguito

agli interventi effettuati per risanare i danni della Grande Guerra, l’abete rosso che ora è

presente sia in consorzi chiaramente artificiali sia in aree di faggete coniferate con maggiori

connotati di naturalità. Altre specie utilizzate con le medesime finalità sono il larice oppure,

nelle zone più dirupate della zona meridionale, il pino silvestre ed il pino nero.

Nelle valli con maggior ristagno di umidità si sono affermati interessanti nuclei di abete

bianco, le cui potenzialità sono maggiori rispetto all’attuale diffusione.

Nella zona collinare, alla base dei versanti, sono presenti piccoli nuclei di carpineto

(Ornithogalo pyrenaici-Carpinetum betuli), che si insediano in aree a sufficiente capacità di

ritenzione idrica e quindi su suoli con significativa componente marnoso-argillosa. Nelle

stesse aree sono molto diffusi i castagneti, che si spingono fino a 700-800 metri di quota.

Questa comunità forestale è particolarmente diffusa nella zona pedemontana del

versante meridionale. I castagneti presentano aspetti diversificati: in parte legati alla

coltivazione del castagno, quindi con struttura di ex-castagneto da frutto, e in parte come aree

di naturale espansione della specie, con il classico governo a ceduo. Gli stessi castagneti sono

spesso alterati nella loro composizione arborea con la massiccia presenza di robinia, che in

alcune aree forma anche consorzi quasi puri. In corrispondenza di suoli più superficiali, o

anche relativamente evoluti, ma in stazioni più calde, è molto ben rappresentata la serie che

comprende querceti e orno-ostrieti “Mosaico morfologico degli ostrio-querceti (Buglossoido-

Ostryetum) e degli orno-ostrieti (Mercuriali ovatae-Ostryetum, Ostryo carpinifoliae-

Fraxinetum orni) su substrati a reazione alcalina”.

Gli orno-ostrieti sono diffusi in tutta la fascia submontana del Massiccio, gli ostrio-

querceti sono più sporadici (circa 200 ha) e confinati al versante meridionale della Valbrenta.

Molto comune, nell’ambito degli orno-ostrieti, è il sottotipo primitivo di rupe contraddistinto

da portamento quasi arbustivo di carpino nero e orniello e buona presenza di pero corvino

(Amelanchier ovalis).

Il Monte Grappa si distingue per la straordinaria ricchezza di boschi di forra del Tilio-

Acerion che si insediano in aree molto prossime alla naturalità, spesso difficilmente

accessibili. A livello quasi puntiforme, ma certamente meritevoli di approfondimento, sono

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invece alcune aree dominate dalla rovere (Quercus petraea), che si localizzano su suoli più

evoluti e tendenzialmente acidi derivanti con buona probabilità da formazioni marnoso-

arenacee.

Circa il 5% del territorio è occupata da prati con aspetti riferibili ai Brometi, su suoli più

superficiali e su versanti caldi e agli arrenatereti e triseteti per la rimanente parte.

I pascoli insieme ai boschi e ai prati sono un altro importante elemento, che caratterizza

il Massiccio del Grappa, con più di 2500 ettari di superficie (circa l’11% del territorio). La

fascia montana, soprattutto nel versante meridionale, è una ampia distesa pascoliva interrotta

qua e là da piccoli nuclei di faggeta o rimboschimenti di abete rosso.

Le tipologie vegetazionali sono molto articolate con prevalenza di brometi e

brachipodieti nelle aree meno intensamente pascolate e poste in versanti soleggiati,e pascoli

pingui riferibili al Festuco-cinosureto (con diversi sottotipi) nelle zone più intensamente

utilizzate. Piuttosto rare e localizzate sono invece le situazioni acidificate riferibili ai nardeti,

spesso molto arricchite di mirtillo (calluno-vaccinieti) diffuse presso alcune malghe dell’area

sommitale (Camparonetta, Cason del Sol). Ancora più rare sono le praterie a Festuca

paniculata presenti nei pascoli meridionali del Monte Tomatico (stalle Tomatico, Lucerna).

Nella parte sommitale e lungo la cresta a Nord, al di sopra dei 1600-1700 metri di

quota, sono invece presenti lembi di seslerieto. L’aspetto più tipico è ad Avenula praeusta, ad

esempio nei versanti Ovest di Col dell’Orso. Negli stessi versanti, orientati però a meridione,

sono presenti situazioni più termofile di Seslerio-Brometo o di Seslerieto primitivo xerico

subrupestre a Festuca alpestris ad esempio nei ripidi ed estesi versanti prativi del monte Santo

e Sassumà. Qui sono presenti anche situazioni molto interessanti dominati dalla graminacea

Helictotrichon parlatorei. In situazioni di abbandono, a contatto con le comunità forestali,

sono invece diffusi i Calamagrostideti.

Del tutto singolari sono invece le situazioni di seslerieto di forra diffuse in alcune valli

laterali fresche della Valbrenta.

Sempre nella zona sommitale sono invece localizzate delle interessanti stazioni relitte

con presenza di salici nani (Salix retusa e Salix reticulata) in piccole depressioni lungamente

innevate.

Legate all’attività di pascolo sono le zone umide, che per l’area carsica del Grappa,

notoriamente povera d’acqua, sono rappresentate esclusivamente dalle lame d’alpeggio. La

flora che le caratterizza è generalmente povera con predominanza, nelle situazioni migliori, di

comunità a Zannichellia palustris e/o Potamogeton nutans.

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Anche le aree nitrofile sono strettamente connesse con le attività pastorali: nuclei di

romiceto, mirrideto, urticeto e raggruppamenti a Sambucus ebulus e Veratrum album o a

Deschampsia caespitosa si localizzano a macchie nelle aree di pascolo. Nelle situazioni poco

estese contribuiscono a creare nicchie ecologiche e aree rifugio per il Re di Quaglie, una delle

specie di uccelli più interessanti del Monte Grappa.

L’abbandono delle tradizionali attività pastorali ha creato una forte trasformazione del

paesaggio con l’affermazione di estese comunità a ginepro comune (Juniperus communis) e

rosa di macchia. In altre aree invece si osservano estese zone di neoformazione forestale con

diverse essenze tra cui certamente la più diffusa è il nocciolo. I corileti possono occupare,

come ad esempio in Val di Prada, interi versanti. Nelle stesse aree possono insistere, quali

stadi di degradazione legati a impoverimenti generati da incendi, comunità a Felce aquilina

(Pteridium aquilinum). Più rari sono i betuleti, mentre nella zona montana sono abbastanza

diffuse le situazioni con Salix appendiculata e aspetti talora più evoluti con abete rosso e

larice. Localizzate, ma di elevato pregio paesaggistico, vista la spettacolare fioritura, sono le

neoformazioni dominate da maggiociondolo alpino (Laburnum alpinum).

Nella zona altimontana, in aree lungamente innevate, sono invece diffuse delle

interessanti comunità di saliceto, in prevalenza Salicetum waldsteinianae, ma non mancano

anche altri salici, tra cui Salix hastata. In alcuni dossi sono invece presenti dei nuclei di

rodoreto acidofilo che contribuiscono, anche se di limitata estensione, a differenziare e

arricchire il paesaggio vegetale. In situazioni meno acidificate (Val dei Lebi) si localizzano

invece piccoli nuclei di junipero-rodoreto e di rodoreto basifilo.

Più rare sono le alnete, limitate a impluvi lungamente innevati (versante Nord del monte

Solarolo), mentre i citisanteti, con la bella Genista radiata, sono confinati a piccole aree a

contatto dei selserio-brometi nella zona del Monte Santo. Le mughete basifile, di indubbia

origine naturale sono molto rare e dislocate soprattutto nel versante occidentale sotto la cima.

Il Sito si caratterizza anche per la presenza di interessantissimi nuclei di prato arido

localizzati nei ripidi e accidentati versanti della Valbrenta e Val di Santa Felicita (circa 167

ha). Si tratta di aree floristiche notevoli con stazioni della rarissima Centaurea alpina, ma

anche di Centaurea rupestris, Moltkia sufruticosa, Gladiolus palustris, Lilium carniolicum,

Ophrys apifera, Iris cengialti ecc..

Questi prati, mantenuti grazie al pascolo ovi-caprino esercitato in passato, si stanno

progressivamente chiudendo con perdita di uno degli elementi naturalistici più importanti

dell’intero Massiccio.

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Rupi e ghiaioni occupano infine una superficie abbastanza limitata, circa del 4%, ma

delineano il paesaggio in un’area quasi circolare attorno al Massiccio creando degli habitat

molto interessanti per specie sia di flora che di fauna.

3.3 Descrizione fauna

La fauna del Sito Natura 2000 “IT3230022 – Massiccio del Grappa” comprende

numerose specie degne di nota, alcune delle quali inserite negli Allegati II e IV della Direttiva

92/43/CEE. Oltre alle specie in Direttiva Habitat, sono da sottolineare alcune presenze

endemiche di significativo valore naturalistico. La particolare fauna della zona deriva dalla

presenza di strutture di origine carsica e dal clima, nonché dal fatto che il Massiccio del

Grappa ha assunto la funzione di zona di rifugio durante le glaciazioni del prequaternario.

Queste peculiarità del Sito hanno determinato lo sviluppo di specie endemiche.

3.3.1 Insetti

Tra gli invertebrati presenti sul Massiccio sono gli Insetti a rappresentare il gruppo più

numeroso, con la prevalenza di alcuni ordini in particolare (Lepidotteri, Imenotteri, Coleotteri

e, in misura inferiore, Rincoti ed Ortotteri). In particolare emergono le specie inserite negli

Allegati II e IV della Direttiva 92/43/CEE in particolare i lepidotteri (Rhopalocera Parnassius

mnemosyne, Parnassius apollo, Coenonympha oedippus, Zerynthia polyxena, Heterocera

Callimorpha (Euplagia) quadripunctaria), coleotteri (Lucanus cervus e Cerambyx cerdo) e

l’ortottero Saga Pedo.

Tra i molluschi gasteropodi terrigni vi sono degli endemismi interessanti, quali Helix

pomatia pomatia, Cochlostoma henricae lissogyrus e Cochlodina commutata fusca.

In merito agli aracnidi, sul Massiccio del Monte Grappa sono stati riscontrati più specie

endemiche di ragni, quali Harpactea grisea e Amaurobius ruffoi.

Tra i coleotteri si cita la specie di Direttiva 92/43/CEE Lucanus cervus segnalato in

corrispondenza dei castagneti e dei querceti maturi, ma anche in prossimità di gelsi, salici e

altre latifoglie presenti nella la fascia pedemontana del Massiccio. Si segna anche la specie,

sempre di Direttiva, Cerambyx cerdo tipica dei querceti, ma che non disdegna i boschi di

latifoglie. Oltre alle specie in Direttiva Habitat sono da sottolineare alcune presenze

endemiche di significativo valore naturalistico. Le specie endogene sono di primaria

importanza ai fini conservazionistici, in quanto strettamente dipendenti da habitat molto poco

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diffusi e sensibili anche a minime perturbazioni ambientali. Queste specie vivono tra i clasti in

ambiente endogeo, ovvero nel suolo profondo.

3.3.2 Anfibi e rettili

Tra le specie citati in Direttiva trovano il loro habitat ideale nel Massiccio del Grappa:

tritone cristato italiano (Triturus carnifex), ululone dal ventre giallo (Bombina variegata),

rospo smerandino (Bufo viridis), rana di lessona (Rana lessonae), rana agile (Rana

dalmatina), Rana di lataste (Rana latastei). Si segnalano anche altri anfibi tipici del Massiccio

anche se non segnalati negli Allegati di Direttiva.

Tra i rettili presenti negli Allegati si trovano: ramarro (Lacerta bilineata), lucertola

muraiola (Podarcis muralis), colubro liscio (Coronella austriaca), biacco (Hierophis

viridiflavus) e natrice tassellata (Natrix tessellata tessellata).

3.3.3 Avifauna

La Direttiva Uccelli 74/409/CEE e sua modifica 2009/147/CEE indica nell’Allegato I

numerose specie presenti sul Massiccio del Grappa, in particolare si segnala la presenza di

gallo cedrone (Tetrao urogallus), fagiano di monte (Tetrao tetrix), francolino di monte

(Bonasa bonasa), coturnice (Alectoris graeca), re di quaglia (Crex crex), aquila reale (Aquila

chysaetos), biancone (Circaetus gallicus), nibbio bruno (Milvus migrans), albanella reale

(Circus cyaneus), falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), falco pellegrino (Falco peregrinus),

gufo reale (Bubo bubo), civetta capogrosso (Aegolius funereus), civetta nana (Glaucuduim

passerinum), succiacapre (Caprimulus europaeus), picchio nero (Drycopus martius), bigia

padovana (Sylvia nisoria) e averla piccola (Lanius collurio).

Inoltre sono presenti altre specie di notevole importanza naturalistica benchè non

presenti nella lista della Direttiva Uccelli, tra cui si rileva la starna (Perdix perdix), quaglia

(Coturnix coturnix), poiana (Buteo buteo), sparviero (Accipiter nisus), astore (Accipiter

gentilis), gheppio (Falco tinnunculus), beccaccia (Scolopax rusticola), cuculo (Cuculus

canorus), gufo comune (Asio otus), allocco (Strix aluco), civetta (Athena noctua), upupa

(Upupa epops), picchio verde (Picus viridis), picchio rosso maggiore (Dendrocopos major),

solo per citare i più noti.

3.3.4 Mammiferi

Negli Allegati II e IV della Direttiva Habitat sono elencati anche numerosi mammiferi

presenti sul Massiccio del Grappa, tra cui si segnala ferro di cavallo maggiore (Rhinolophus

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ferrumequinum), ferro di cavallo minore (Rhinolophus hipposideros), ferro di cavallo euriale

(Rhinolophus euryale), vespertilio di capaccini (Myotis capaccinii), vespertilio di daubenton

(Myotis daubentoni), vespertilio smarginato (Myotis emarginatus), pipistrello albolimbato

(Pipistrellus kuhli), nottola di Leisler (Nyctalus leisleri), moscardino (Muscardinus

avellanarius) e camoscio alpino (Rupicapra rupicapra).

Inoltre sono presenti altre specie di notevole interesse naturalistico non presenti nella

Direttiva, come ad esempio lo scoiattolo (Sciurus vulgaris), ghiro (Myoxus glis), arvicola

rossastra (Clethrionomys glareolus), arvicola campestre (Microtus arvalis), topo selvatico

(Apodemus sylvaticus), lepre europea (Lepus europaeu), tasso (Meles meles), donnola

(Mustela nivalis), cinghiale (Sus scrofa), cervo (Cervus elaphus) e capriolo (Capreolus

capreolus).

3.3.5 Fauna di grotte

Le specie endogene troglobie posseggono un spiccato valore naturalistico e sono di

primaria importanza ai fini conservazionistici, in quanto strettamente dipendenti da habitat

molto poco diffusi e sensibili anche a minime perturbazioni ambientali. Queste specie vivono

all'interno di cavità del terreno più o meno sviluppate in profondità, quali anfratti, fessure o

strutture quali le grotte.

Sul Massiccio del Grappa questa fauna è costituita soprattutto da invertebrati artropodi

Crostacei, Aracnidi, Insetti e Diplopodi, con numerose entità endemiche.

Tra i Crostacei si segnala la presenza degli Isopodi Androniscus (Dentigeroniscus)

subterraneus e di Spelaeonethes sp.. Tra i Crostacei acquatici sono citati gli Anfipodi

Niphargus galvagnii, Niphargus costozzae e il genere Monolistra.

Tra i Molluschi troglobi delle famiglia Ellobiidae si segnala la presenza di Zospeum sp..

Tra gli Aracnidi Opilionidi è segnalato Ischyropsalis ravasinii.

Tra gli Pseudoscorpioni della famiglia Chthoniidae sono note le specie endemiche

Chtonius lessiniensis e Chtonius pivai.

Tra i Coleotteri si segnala la presenza di Laemostenus (Antiphodrus) schreibersi,

Orotrechus stephani prenottoi, Orotrechus gracilis e Orotrechus giordanii antennarius. Sono

inoltre presenti le specie Orothrecus fiorii e Orothrecus gestroi Tamanini. Tra i Cholevidae

sono note le forme troglobie endemiche Neobathyscia antrorum fenzoi, Aphaotus cadamuroi

e Aphaotus cfr. nivalis. Appartenenti alla famiglia Pselaphidae, sono presenti due endemiti

troglobi: Bryaxis troglodytes pierottii e Bryaxis troglodytes lausbergeri.

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Tra gli ortotteri si segnala Troglophilus cavicola, mentre tra i Diplopodi è noto

Typhloiulus montellensis.

Per quanto riguarda la rimanente fauna delle grotte i Chirotteri, precedentemente

nominati, assumono una rilevanza notevole.

4 IL PAESAGGIO

4.1 Caratteri del paesaggio

Il Massiccio del Monte Grappa é definito strutturalmente una piega anticlinale, risultato

degli sforzi compressivi a cui sono state sottoposte le rocce nel corso del tempo, che le ha

deformate plasticamente, asimmetrica, con asse SudOvest- NordEst, passante grossomodo per

Cima Grappa. Il versante sale abbastanza dolcemente da Nord, mentre é piuttosto brusco il

contatto con la pianura veneta a Sud.

Da cima Grappa si dipartono, formando l’ossatura del Massiccio, cinque linee di cresta,

che a loro volta costituiscono lo spartiacque per alcune valli principali che intagliano in

maniera più o meno profonda il rilievo; accanto a queste valli vi sono numerosi solchi vallivi

minori altrettanto interessanti e forse più suggestivi e conservati.

La porzione centrale del Massiccio ha origine carsica, glaciale o mista e presenta

numerose doline, inghiottitoi e “piani carsici”; qui le grotte formano intrecci di cavità

sotterranee solo in parte raggiungibili e per lo più inesplorabili.

La vegetazione si presenta assai ricca e varia grazie alla notevole diversità di ambienti

riscontrabili. Purtroppo, le attività di rimboschimento a conifere, realizzati soprattutto a

cavallo tra le due Guerre Mondiali a pino nero (Pinus nigra), costituiscono popolazioni

artificiali che, anche se hanno contribuito al consolidamento dei versanti, formano ambienti

deboli, delicati, che vanno incontro a periodici incendi e all’attacco di parassiti e malattie.

La fascia sommitale, posta al di sopra dei 1.500 metri, è essenzialmente a pascolo,

rappresentativa della zona interessata dall’attività di alpeggio, da arbusteti e da popolamenti

dei ghiaioni e degli affioramenti rocciosi.

L’insediamento umano si è sviluppato essenzialmente nel fondovalle e sulle parti

inferiori dei versanti. Lungo il Canale di Brenta gli insediamenti maggiori sono ubicati lungo i

tracciati di collegamento tra il Veneto e le regioni più settentrionali o alla confluenza dei

percorsi, che dalle valli minori si collegano alla Valsugana. Si tratta in genere di centri di

piccole dimensioni, di poche case raccolte lungo le strade, posti dove la valle si allarga e si

apre un pianoro, fra le sponde per lo più assai ripide. I diversi insediamenti si sono sviluppati

in stretta aderenza all’antica coltivazione del luogo, ossia quella del tabacco introdotta alla

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fine del XVI secolo e praticata mediante la sistemazione dei versanti con infiniti piccoli

terrazzamenti.

In quota l’insediamento è tradizionalmente temporaneo, legato alle pratiche

dell’alpeggio (casere, malghe). A partire dalla fine degli anni ’60 si sono sviluppati nuclei di

seconde case ad uso turistico, in particolare nella porzione occidentale e meridionale del

Massiccio.

Il paesaggio aperto, di spiccata verticalità, dai grandi orizzonti visuali, dai cromatismi

litologici, e dalle frastagliate linee di cresta, dai ripidi pendii e dai forti dislivelli, le aree di

pascolo, i lunghi e declinanti versanti boscati, il paesaggio agrario e la presenza di antichi

nuclei abitativi, si integrano alle nuove consuetudini, ai luoghi in divenire.

La ricchezza del paesaggio costituisce senza dubbio la maggiore risorsa per questo

territorio e la consapevolezza delle sue peculiarità e della sua natura in continuo

mutamento ci permette di cogliere l’instabilità di questa potenziale risorsa.

4.2 Integrità naturalistico-ambientale e storico-culturale

L’integrità naturalistico- ambientale e storico- culturale del sito è buona e diversi sono

gli ambiti che dimostrano caratteristiche naturalistico - ambientali di grande interesse,

nonostante l’impatto della Prima Guerra mondiale abbia indotto una trasformazione

notevolissima del paesaggio, a causa della distruzione del patrimonio boschivo e naturalistico

in generale, in parte reintegrato con rimboschimenti artificiali, della distruzione degli

insediamenti in quota (malghe e manufatti rurali in genere) e di molti centri di fondovalle,

della costruzione di strutture e infrastrutture legate alle presenza del fronte.

Le trasformazioni successive mostrano i caratteri comuni alle aree montane, quali

l’abbandono delle attività agricolo- pastorali e quello conseguente dei manufatti rurali ad esse

collegati, attivando un processo di degrado ambientale di cui sono un chiaro esempio i pascoli

montani di media ed alta quota.

Lo sviluppo del turismo ha determinato ulteriori trasformazioni: sia quello di tipo

escursionistico, sia quello cosiddetto storico, che pure non abbisognano di ingenti strutture,

determinano problemi ambientali legati allo sfruttamento concentrato nei fine settimana.

Il turismo delle seconde case ha favorito la costituzione di nuovi nuclei dalla quale sono

derivati ulteriori problemi ambientali per la mancanza di adeguate e opportune opere di

urbanizzazione.

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4.3 Rilevanza naturalistico-ambientale e storico-culturale

La complessità ambientale creatasi, la grande diversità geomorfologica e la secolare

presenza dell’uomo che ha influenzato l’ambiente rendendolo più vario, arricchiscono quella

che è la rilevanza naturalistica già presente nel territorio all’intorno. L’ambito infatti non

ospita solamente boschi di latifoglie, ma sono presenti anche castagneti, importanti per

l’economia montana del passato, versanti a pino mugo, prati aridi pedemontani, montani ed in

ambiente di forra, pascoli e pozze di abbeveraggio utilizzati durante l’alpeggio, prati da

sfalcio alle quote intermedie, torrenti e fiumi con vegetazione riparia. Sono presenti siti che

mostrano entità di grande interesse biogeografico, sia preglaciali, sia migrate dalla penisola

balcanica.

L’area offre aspetti naturalistici e paesaggistici molto interessanti sia dal punto di vista

botanico sia storico. L’organizzazione degli insediamenti è modellata sulle caratteristiche

morfologiche, orografiche e climatiche; tipologie costruttive particolarmente funzionali allo

sfruttamento semipermanente delle risorse montane e all'allevamento del bestiame al pascolo

caratterizzano i nuclei, mostrando l’uso di tecnologie appropriate e di materiali del luogo

particolarmente interessanti e distintive. Tra queste la peculiare copertura in fojaról, estesa a

tutto il Massiccio indipendentemente dalla dimensione e dalla periodicità dell'uso dei

fabbricati, è costituita da un manto di fogliame di faggio.

Le trasformazioni in atto riguardano essenzialmente la copertura boschiva che ha

guadagnato in estensione, a discapito delle aree caratterizzate da vegetazione arbustiva e/o

erbacea e dei coltivi; lungo la fascia pedemontana e valliva del Canal di Brenta si osserva un

incremento di superficie edificata che ha interessato le zone semi urbanizzate o rurali.

5 ASSETTO DEL TERRITORIO

5.1 Assetto geologico e strutturale

Le formazioni rocciose più antiche che affiorano nel Monte Grappa risalgono al Trias

superiore, ma al di sotto di queste rocce, sotto la base del rilievo montuoso, sono presenti

formazioni più antiche del tutto simili a quelle che costituiscono i rilievi montuosi più a nord

nella catena Alpina. Così la Dolomia Principale, che costituisce la grande scarpata che

delimita nella Valsugana il Massiccio del Grappa, è la stessa formazione che a Nord forma il

Gruppo del Civetta o delle Tre Cime di Lavaredo; inoltre sotto il Massiccio sono presenti

filladi quarzifere del tutto simili a quelle che affiorano alla testata della Valsugana.

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L’assetto strutturale delle intere Prealpi Venete è quello di una sorta di piastrone (Unità

strutturale delle Alpi Meridionali), deformato in una serie di ondulazioni con orientazioni e

dimensioni variabili, delimitato verso SE dalla importante struttura denominata Flessura

pedemontana. Questa è rappresentata morfologicamente dalla grande scarpata che segna il

margine dei rilievi verso la Pianura veneta. Il limite occidentale di questo piastrone è dato dal

complesso Sistema di fratture delle Giudicarie, in corrispondenza del quale è impostata la

valle omonima. Verso nord il limite naturale è costituito dalla grande dislocazione della Linea

della Pusteria, mentre ad est le Alpi Meridionali fanno transizione graduale verso l’Unità delle

Dinaridi, con caratteristiche strutturali non molto dissimili se non per l’orientazione degli

elementi, il cui limite può essere individuato in corrispondenza della Valle del Tagliamento.

Il Massiccio del Monte Grappa fa parte dell’unità Strutturale delle Alpi Meridionali. Le

incisioni della Valsugana e della media valle del Piave non sono i limiti strutturali, ma di per

sé la struttura continua sia nell’Altopiano di Asiago, sia nel Gruppo delle Prealpi Feltrine sia

nel rilievo del Monte Cesen – Col Visentin.

5.2 Stratigrafia

Il Massiccio del Grappa è costituito da numerose formazioni rocciose, tutte di origine

marine. La loro distribuzione a quote differenti è dovuta ai processi di deformazione e di

sollevamento che le rocce hanno subito dopo la loro originaria sedimentazione. L’attuale

situazione di una formazione rocciosa rappresenta l’effetto sommato di un iniziale processo di

formazione delle rocce (litogenesi), di una successiva vicenda deformazionale (tettogenesi) ed

infine della sequenza di eventi erosionali (morfogenesi), che ne hanno determinato

l’affioramento.

Le formazioni rocciose affioranti del Massiccio del Grappa sono rappresentate

principalmente da calcari e da dolomie: i calcari sono rocce costituite essenzialmente da

granuli, di dimensioni variabili, di carbonato di calcio (calcite), mentre la dolomia è costituita

da una mescolanza di granuli di carbonato di calcio e carbonato di doppio calcio e magnesio

(dolomite).

Durante la parte superiore del Trias superiore, nella zona attuale del Massiccio del

Grappa, era presente l’antico oceano Tetide; dal corrugamento dei sedimenti, accumulati sul

fondo dell’oceano, delle rocce, che ne formavano il substrato, e delle aree marginali si

formarono le catene montuose. Il settore del fondo marino su cui si sono deposte le

formazioni, che costituiscono il Massiccio del Grappa, faceva parte dell’estesa piattaforma

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profonda in media non più di 200 metri sviluppata lungo le coste nordoccidentali della Tetide,

ai margini del continente paleo africano. Questo settore era soggetto a ripetute e sensibili

oscillazioni del livello marino dovute alle maree. A questo contesto ambientale può essere

condotta la formazione della Dolomia principale. Quest’unità litologica è caratterizzata

dall’alternanza di banchi di dolomia di colore biancastro – rosato con rare impronte di

gasteropodi, molluschi e di pacchi di lamine dolomitiche prodotte invece dall’attività biotiche

di alghe.

L’areale di affioramento della dolomia principale è più a nord del Grappa, nell’area

dolomitica, dove costituisce i più famosi rilievi; nel Massiccio del Grappa invece affiora solo

con la parte più alta e recente lungo la fascia inferiore delle scarpate che lo delimita verso

ovest nella Valsugana tra Solagna e Cismon del Grappa. La parte visibile raggiunge uno

spessore di circa 300 m.

Durante il periodo geologico successivo l’estesa piattaforma marina si smembrò in

blocchi separati da fratture orientate circa N-S. Nell’area in esame si individuano dunque due

unità paleogeografiche: ad ovest dell’attuale allineamento Valle di Seren – Cima Grappa si

ebbero condizioni di sedimentazione di alto fondo; ad est si instaurarono invece condizioni di

mare più profondo. Questo smembramento e la diversificazione degli ambienti di

sedimentazione di deposito fu il riflesso dell’evento geologico che portò all’apertura

dell’oceano. L’espansione delle placche determinò la deriva della massa continentale paleo

africana verso NE con la progressiva chiusura della Tetide e ciò portò alla formazione delle

Alpi e del Massiccio del Grappa.

Nel periodo del Giurese inferiore, al di sopra della dolomia principale, si depositarono

in tutta l’area corrispondente all’attuale Massiccio dei fanghi calcarei alternati ad

incrostazioni algali o a sabbie costituite da ooliti. Nella piattaforma più a nord invece si

instaurarono condizioni di mare più aperto e profondo con sedimenti caratterizzati da

associazioni di molluschi bivalvi a guscio sottile, radiolari e spicole. Alla fine del periodo

geologico anche il settore ad ovest dell’allineamento Valle di Seren – Cima Grappa fu

coinvolto da depositi di mare profondo, ma con affinità più simili al bacino bellunese con

formazione dei Calcari Grigi.

L’originaria composizione dei calcari grigi è stata spesso modificata durante la

diagenesi o più tardi durante la deformazione da processi di dolomitizzazione: questi processi

sono legati alla rimobilizzazione di soluzioni magnesiche da parte delle acque circolanti.

Le successioni giuresi inferiori, nei settori occidentale ed orientale del Grappa

presentano dunque una parte basale comune, costituita da banchi calcarei di colore grigio –

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biancastro quasi completamente dolomizzato, potente 1 – 2 metri, che conservano rare

impronte di molluschi bivalvi, tracce di lamine stromatolitiche e qualche lente di calcari

oolitici (calcari grigi di Noriglio).

Questa formazione nel settore occidentale del Grappa raggiunge una potenza totale di

più 600 metri correlabili cronologicamente con l’unità di formazione dell’Oolite di S.

Virgilio, la quale non è delimitabile nel Massiccio del Grappa.

Poco a NE di Cima Grappa, un ridotto lembo di dolomie chiare, ricche di piccole

ammoniti, chiude a tetto le formazioni dei Calcari Grigi.

Nel settore orientale i Calcari Grigi basali sono sostituiti verso l’alto da un complesso

dolomitico nettamente stratificato con frequenti letti e noduli di selce bianca e con lenti di

ooliti silicizzate. Questa unità affiora con il suo massimo spessore, circa 250 m, nei dintorni di

Carpen e di Schievanin, riducendosi molto rapidamente nelle scarpate occidentali della

dorsale Monte Peurna - Monte Fontanasecca, fino ad annullarsi più ad ovest.

Nell’estremità orientale del Massiccio la successione giurese inferiore si conclude con

un’alternanza di calcari dolomitici selciferi, fittamente stratificati, e di lenti centimetriche di

argille verdastre. Nei dintorni di Carpen raggiunge la potenza superiore al centinaio di metri,

mentre va esaurendosi nell’area di Schievenin.

Durante il Giurese medio nel settore occidentale, dopo un progressivo e lento

abbassamento, testimoniato dalle dolomie oolitiche a brachiopodi ed a ludwigia murchisonae,

avvenne la definitiva trasformazione della piattaforma. In quest’area i depositi plelagici

presentano spessori ridotti costituiti da calcarei rosa in banchi zeppi di bivalvi pelagici e di

crinoidi e da calcari rossastri a stratificazione irregolare, contenenti resti di ammoniti e di

belemniti.

Questi due livelli, noti come Lumachella a Bositra buchi e Rosso ammonitico inferiore,

sono normalmente separati da un livello concrezionare rosso – bruno di ossidi di ferro e di

magnesio. Queste due formazioni testimoniano la storia geologica dell’attuale settore

occidentale del Grappa nel Giurese medio.

Sui fanghi calcarei durante il Giurese superiore e tutto il Cretaceo si impostò e si

espanse una scogliera organogena. I depositi del settore orientale del Grappa sono derivati in

parte dalla demolizione di questa scogliera; sono costituiti dunque da sottili strati calcarei

selciferi contenenti associazioni di fossili pelagici. Intercalati a quest’ultimi si osservano

banchi costituiti da una breccia calcarea compatta con frammenti di fossili di ambiente

neritico quali coralli, briozoi, alghe, spugne calcaree e crinoidi. Nell’area orientale questa

formazione raggiunge gli spessori maggiori andando ad assottigliarsi invece verso ovest fino a

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ridursi a sottili starti lentiformi di calcari rossastri argillosi finemente laminati a belemniti ed

aptici detti scisti ad aptici.

1 2 3 5 6 7

8 11 13 14 16 17 LEGENDA: 1.Depositi alluvionali, fluvioglaciali, lacustri e palustri; 2. Depositi eluviali, colluviali, detritici e di frana, 3. Depositi morenici; 6. Molassa Subalpina: conglomerati poligenici, argilliti e arenarie, siltiti e marne, calcareniti e arenarie; 7. Calcari nummulitici, calcareniti, arenarie e marne (Oligocene-Eocene); 8. Vulcaniti basaltiche del Marosticano; 11. Calcari, calcari argillosi e marne (Scaglia Rossa); 12. Calcari, calcareniti e brecce (Calcare di M.Cavallo); 13. Calcari e calcari argillosi selciferi (Biancone); 14. Calcari nodulari e selciferi (Rosso Ammonitico, Lumachella a Posidonia Alpina, Formazione di Fonzaso); 16. Calcari oolitici ed encriniti,calcari con intercalazioni marnose, dolomie (Gruppo di S.Vigilio, Calcari Grigi, Encrinite di Fanes, Dolomia del Nusieda); 17. Dolomia Principale

Figura 1 - Schema geologico da Carta Geologica del Veneto, scala 1: 250.000

Verso la fine del Giurese superiore in tutta l’area dell’attuale Massiccio del Grappa si

ebbe la deposizione del Rosso ammonitivo superiore.

Alla deposizione del Rosso ammonitivo superiore seguì quella di una potente

successione di calcari biancastri con noduli e lenti di selce rossastra, grigia fittamente

stratificata (Biancone o Maiolica). Questa formazione è ben diffusa lungo la dorsale

sommitale e nelle scarpate meridionali del Massiccio. Limitatamente al settore sudorientale

del Massiccio, gli strati inferiori sono spesso intercalati a piccoli banchi di brecce calcaree

minute, che rappresentano le ultime frange torbiditiche.

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La parte alta del Biancone è caratterizzata dalla presenza di interstrati argillosi scuri

ricchi di sostanze organiche e solfuri di ferro, che vanno aumentando di frequenza e di

spessore nelle zone a nord di Crespano del Grappa.

Al di sopra dell’orizzonte argilloso scuro, durante il Cretaceo superiore e all’inizio del

Terziario, sui fondali si andarono depositando fanghi calcareo argillosi ricchi di gusci di

microorganismi pelagici dando origine alla formazione della Scaglia Rossa, costituita da

calcari argillosi fittamente stratificati di color rosso per la presenza di ossidi di ferro con rari

noduli di selce rossa. Questa formazione è ben conservata solo nei dintorni di Seren e di

Quero e alle falde meridionali del Massiccio tra Borso e Pederobba. Quest’ultima formazione

non è certamente l’ultimo deposito avvenuto, ma i depositi successivi, che dovevano rivestire

tutto o in parte l’attuale Massiccio, sono stati asportati dalle successive erosioni.

5.3 Tettonica

La struttura complessa del Massiccio del Grappa corrisponde ad un’ampia piega

anticlinale allungata in direzione circa NE – SW, nota come Anticlinale Monte Grappa –

Monte Tomatico; questa è fiancheggiata ad est da una diramazione minore diretta ENE –

WSW denominata Anticlinale del Monte Toma. Tra queste due anticlinali è compresa la

Sinclinale di Alano, il cui nucleo è formato da rocce argillose – calcaree terziarie. Questo

complesso strutturale è interrotto verso nord dalla Fossa Tettonica della Valle di Seren e

verso sud dalla grande Fessura della Pedemontana, che segna il margine dei rilievi prealpini

verso l’Alta Pianura Veneta.

L’anticlinale Monte Grappa – Monte Tomatico nel settore compreso tra il Brenta e

Cima Grappa, manifesta i caratteri di anticlinale composta articolata in pieghe minori: i loro

assi tendono a convergere verso la direzione della piega maggiore, chiaramente individuabili

più a NE lungo le dorsali del Col dell’Orso – Monte Fontanasecca e Monte Santo – Monte

Tomatico. Da qui l’asse flessa versa est ed è intersecata dall’incisione del Piave collegandosi

più a est con l’Anticlinale Monte Cesen – Monte Visentin.

L’Anticlinale Monete Grappa – Monte Tomatico è complessivamente assimetrica: il

fianco occidentale si presenta dolcemente inclinato con una leggera inflessione verso il Lago

del Corlo fino a raccordarsi con la Sinclinale di Mellame; quello sudorientale si immerge

invece con forte pendenza nella zona pedemontana tra il Brenta e la Valle di San Liberale e

lungo i rilievi del Monte Tese – Rocca Cisa e Madal.

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Il nucleo dell’Anticlinale Monte Grappa - Monte Tomatico è costituito dalla Dolomia

Principale e dalle dolomie e calcari del giurese inferiore, mentre i fianchi della piega sono

impostati nei calcari marnosi cretacei del Biancone e della Scaglia.

Lungo il margine meridionale dell’altopiano sommitale del Grappa si osserva un brusco

cambiamento di inclinazione degli strati, che da debolmente inclinati verso sud, come sono in

prevalenza nel settore settentrionale, si flettono rapidamente fino a diventare verticali o

rovesciti al margine meridionale delle dorsali di Monte La Gusella – Monte Cornosega –

Monte Pala – Monte Colombera – Monte Boccaor. Questa situazione rappresenta

l’espressione della nota flessura o piega a ginocchio, che interrompe bruscamente verso sud il

fianco meridionale dell’anticlinale principale. La flessura fa parte di una struttura tettonica

d’importanza regionale, estesa dalle falde meridionali dell’Altopiano di Asiago e quelle del

Col Visentin, nota come Flessura pedemontana. La sua evoluzione è tutt’ora in atto, ed è

particolarmente ben riconoscibile nel settore sinistro della testata della Valle San Liberale.

La geometria dell’anticlinale in realtà è complicata da faglie a sviluppo sia longitudinale

che trasversale, rispetto al suo asse. Infatti, un fascio di faglie longitudinali di tipo inverso

complica la Flessura pedemontana tra Romano d’Ezzelino e Punta Muscè (Archeson). Il

principale elemento di questo sistema è lo Scorrimento di Romano, che separa il blocco

corrispondente al Massiccio dalla fascia di rilievi collinari pedemontani. Questa grande

struttura corre tra Rivagge e Romano, Borso e Crespano, S. Andrea e Fietta. Si tratta di una

faglia sepolta, con superficie di movimento inclinata verso NW, la cui presenza è indicata

dall’anomalia dei rapporti laterali tra le formazioni affioranti; in particolare nella zona di

Romano d’Ezzelino si può dedurre, che essa porta le formazioni cretacee sopra quelle del

Miocene superiore.

Altro importante elemento di questo sistema è lo Scorrimento di Semonzo, anch’esso

immergente verso NW. Questa struttura affiora portando le dolomie massicce della

formazione dei Calcari Grigi ad accavallarsi sui calcari cretacei del Biancone; la fitta

stratificazione ne ha favorito la pieghettatura e l’intensa fatturazione, come si può ben notare

in corrispondenza del primo tornante della Strada Cadorna.

Altre faglie, a sviluppo più o meno longitudinale, interessano la zona mediana del

Massiccio, tra Cima Grappa e Seren e quella ad oriente tra il Monte Pollon e il Monte Paoda.

Nel primo settore sono state rilevate due faglie allungate in direzione NNE – SSW, che

convergono a sud fino a riunirsi in un’unica faglia, che corre ad Est di Cima Grappa,

assumendo una direzione N – S, Faglia dell’Ardosa.

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Figura 2 - Carta tettonica del Massiccio del Monte Grappa

Nel settore orientale un’altra importante struttura tettonica è rappresentata dalla Faglia di

Schievenin. Si tratta di una faglia trascorrente, il cui piano di movimento quasi verticale mette

localmente a contatto formazioni giuresi inferiori con il Biancone. Essa separa una zona con

strati poco inclinati corrispondenti al settore assiale della grande Anticlinale Monte Grappa –

Monte Tomtico, ad ovest, da una zona ad est in cui le rocce si presentano intensamente

pieghettate. Questa struttura segna la terminazione occidentale dell’Anticlinale del Monte

Tomba. La sua prosecuzione meridionale verso la zona pedemontana è giustificata dai diversi

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rapporti di giacitura del Biancone. La terminazione meridionale della Faglia di Schievenin

tronca la Flessura pedemontana, che ad est è sostituita dal fianco meridionale dell’Anticlinale

del Monte Tomba.

5.4 Sismica

L’attività deformativa dell’Italia Nord-Orientale è comprovata da una significativa e

documentata sismicità. I cataloghi storici, considerati completi a partire da magnitudo attorno

a M=6 per gli ultimi 700 anni, elencano numerosi eventi di rilievo nell’area pedemontana tra

il Lago di Garda e la Slovenia (CPTI04).

Secondo i cataloghi più recenti la sismicità massima dell’area situata a cavallo del

fronte pliocenico – quaternario della catena sud alpina orientale tra Vicenza e Udine, in

corrispondenza del passaggio fra i rilievi prealpini e l’alta pianura veneto – friulana,

raggiunge magnitudo comprese fra 6 e 7 ed è legata all’evoluzione del sistema di

sovrascorrimenti sud vergenti, che formano la porzione più esterna del fronte sud alpino

orientale.

Il quadro sismotettonico disponibile fino alla metà degli anni ‘90 era dominato da un

rilevante cilindrismo, con lunghi fronti di accavallamento, ritenuti attivi durante il Quaternario

nella loro interezza, senza evidenze di segmentazione. Da sud a nord si trattava dei

sovrascorrimenti di Sacile, di Aviano, di Bassano – Valdobbiadene e della linea di Belluno –

sovrascorrimento periadriatico.

Più recenti ricerche hanno, tuttavia, ridefinito l’architettura del fronte sepolto, lo schema

dei rapporti tra i sovrascorrimenti paleocenici dinarici (WSW – vergenti) e neoalpini (SSE –

vergenti) e il quadro dell’evoluzione dell’area nel Miocene superiore-Quaternario.

Le informazioni sismologico – storiche sulla distribuzione del danno legato ai terremoti

di età moderna e contemporanea (es. 1695, 1873, 1936) e quelle strumentali per i terremoti

recenti (sequenza del 1976 in Friuli) sono state variamente utilizzate in prospettiva

sismotettonica.

Gli studiosi hanno individuato l’insieme di segmenti di faglie attive potenzialmente in

grado di generare terremoti con MC6 e definito le sorgenti sismogenetiche potenzialmente

responsabili di terremoti di tale magnitudo, sulla base dell’ipotesi che le porzioni dei piani di

faglia caratterizzate dal maggior angolo («thrust ramps») rappresentano le porzioni attive

delle strutture compressionali adatte a rilasciare eventi sismici.

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L’identificazione e la classificazione delle sorgenti sismogeniche e la loro distinzione

nell’ambito del fronte meridionale della catena alpina si avvale di dati geologico –

geomorfologici, geofisici e dei risultati dell’analisi della sismicità storica e strumentale.

Queste osservazioni sono correlate mediante relazioni empiriche che legano magnitudo

momento (Mw) e caratteristiche dimensionali delle superfici di rottura cosismica, stimate da

Wells e Coppermith in conformità a un dataset di eventi avvenuti a scala mondiale tra il 1857

e il 1993.

Le informazioni parametriche relative alle sorgenti ipotizzate sono raccolte nel Database

of Individual Seismogenic Sources (DISS 3. 0.4 - 2007); ad esse sono stati associati gli otto

maggiori terremoti che hanno interessato la regione fra il 1117 e il 1976. Di queste, le sorgenti

di Thiene - Bassano, Montello, Sequals e Medea sono riconosciute solo su base geologico -

geomorfologica e/o geofisica. Non essendo associate ad eventi sismici storici, ad eccezione

della sorgente di Thiene - Bassano, correlata al controverso terremoto di Verona del 1117

(Mw=6.5), le sorgenti sono messe in relazione ad aree di gap sismico potenzialmente capaci

di generare terremoti di magnitudo superiore a Mw=6.4.

Il territorio interessato dal traforo previsto nell’“Itinerario della Valsugana Valbrenta -

Bassano Ovest. Superstrada a pedaggio” si colloca in corrispondenza dell’area di influenza

delle sorgenti sismogenetiche Bassano - Cornuda (ITGG102) e Monte Grappa (IT GG113), al

margine della zona Thiene - Bassano (ITGG127).

La sorgente Bassano - Cornuda (ITGG127) rappresenta un segmento della Linea di

Aviano allineato con la sorgente Thiene – Bassano lungo il margine di un paleopaesaggio del

Pleistocene medio sospeso sull'attuale pianura. La sorgente è caratterizzata da una relazione

en-echelon con la più orientale struttura sismogenetica Montello - Conegliano ed è associata

al terremoto di Asolo del 1695 (Mw=6.6).

La valle del Fiume Brenta sembra indicare la terminazione occidentale di questo

segmento, evidenziata dalla chiusura della struttura arcuata (in pianta) riferibile al thrust in

oggetto e sottolineata da una faglia di direzione NNW-SSE, trasversale rispetto al set

principale. La geometria e l’andamento di questa faglia sono stati definiti sulla base di

risultanze di indagini geoelettriche.

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24

Figura 3 – Sorgenti sismogenetiche nel territorio interessato dal potenziale imbocco del traforo nel Monte Grappa [fonte: DISS, 3.0.4 – 2007]

La sorgente Monte Grappa (ITGG113), associata al terremoto di Bassano del 1836

(Mw=5.5), rappresenta un retroscorrimento (nord vergente) del thrust Bassano - Cornuda. In

ogni caso, in questo territorio i terremoti a magnitudo maggiore (M 6+) sono generati dal

fronte dei thrusts, mentre quelli a magnitudo inferiore (M 5+), ma non meno potenzialmente

distruttivi, possono essere generati da strutture secondarie.

La sismicità recente, documentata con maggior dettaglio e precisione con le

registrazioni strumentali che seguirono il terremoto del Friuli del 1976

(http://www.crs.inogs.it/bollettino/RSFVG/), testimonia chiaramente lo stato di deformazione

in atto al fronte della catena alpina.

Nel dintorno di 50 km dal potenziale imbocco del traforo nel Monte Grappa dal 2005 ad

oggi (2013) sono stati registrati 188 eventi sismici con magnitudo da 0 a 3,6, di cui ben 41

eventi con magnitudo > 2 a profondità non superiori dei 12 km.

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Figura 4 – Eventi sismici nell’intorno di 50 km dal 2005 ad oggi

5.5 Faglie e fratture

L’ “Itinerario della Valsugana Valbrenta - Bassano Ovest” prevede un traforo sul Monte

Grappa di circa 12 km andando ad interessare zone ad elevato rischio sismico. Dai dati

bibliografici a disposizione si è cercato di mappare le possibili faglie e fratture presenti sul

Massiccio del Monte Grappa. Purtroppo i dati a disposizione non hanno coperto interamente

tutto il territorio interessato dalla galleria, ma la ricostruzione generale sicuramente rende

l’idea di quante faglie e fratture sono presenti sul Massiccio del Monte Grappa. Inoltre nel

fondo valle sono presenti 2 faglie capaci segnalate sul sito dell’Istituto Superiore per la

Protezione e la Ricerca Ambientale.

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Figura 5 - Presunte faglie e fratture presenti sul Massiccio del Monte Grappa

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6 LINEAMENTI GEOMORFOLOGICI

6.1 Assetto morfologico

Il Massiccio del Monte Grappa si configura come una prosecuzione verso Est

dell'Altopiano dei Sette Comuni, dal quale è separato dalla stretta e profonda incisione della

Valle del Brenta. In particolare, dal punto di vista morfologico, mentre la porzione

settentrionale del Massiccio montuoso è modellata in un sistema di dorsali divergenti rispetto

alla cima più elevata (Cima Grappa, 1.775m), il settore meridionale manifesta caratteri di

altopiano circondato da alte e ripide scarpate e mostra evidenti analogie con il settore

meridionale dell’Altopiano di Asiago per la presenza di un fitto reticolo di valli relitte.

Nell’insieme il rilievo appare asimmetrico, con il versante meridionale molto più ripido di

quello settentrionale.

L’altopiano occidentale, rappresentato da una superficie substrutturale modellata in

formazioni carbonatiche del Mesozoico, è dissecato da un reticolo di valli appartenenti ai

bacini delle Valli di S. Lorenzo – Santa Felicita, dirette verso Sud, e della Val Cesilla, diretta

verso Nord.

A Sud del Massiccio del Grappa è presente un’estesa fascia pedemontana in cui si

alternano superfici poco inclinate di coni rocciosi e dorsali collinari di tipo monoclinale,

immerse verso SSE, modellate nelle formazioni marnoso – arenacee del Terziario. Le dorsali

sono allungate in senso WSW-ENE, subparallelamente alla grande scarpata meridionale del

Grappa.

Il modellamento recente dell’area montana va prevalentemente ascritto ai processi

dovuti alla gravità e allo scorrimento delle acque superficiali. Le forme di erosione legate alla

dinamica di versante sono essenzialmente costituite dagli orli di scarpata, la cui evoluzione

avviene per processi di dilavamento superficiale e locali fenomeni di crollo, che ne

determinano il progressivo arretramento. Per quanto concerne le forme di accumulo, alla base

dei versanti si sviluppano falde detritiche ad elevata acclività, derivate dalla degradazione

delle scarpate rocciose, costituite da clasti spigolosi a granulometria estesa. L’azione

morfogenetica esercitata dalle acque correnti superficiali si esplica sia attraverso processi

areali dovuti alle acque dilavanti, sia mediante erosione lineare da parte di quelle incanalate.

6.2 Carsismo

Un tipo particolare di erosione esercitata dall’acqua nelle rocce calcaree, come sono

quelle che costituiscono il Massiccio del Grappa, è il fenomeno della dissoluzione carsica: le

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acque di scorrimento superficiali, ricche di anidride carbonica e quindi aggressive nei

confronti delle rocce carboniti che, si infiltrano nei giunti di stratificazione e nel reticolo di

fessure durante la loro discesa, corrodendo le superfici in corrispondenza delle discontinuità

creando dei vuoti. A questo fenomeno si contrappone quello di rideposizione del carbonato di

calcio in corrispondenza del fondo del circuito carsico o nelle emergenze d’acqua dai massicci

carbonatici. Mentre l’acqua scava delle cavità all’interno della compagine rocciosa, in

superficie si formano, in corrispondenza dei punti di assorbimento ed infiltrazione, delle

conche chiuse a forma di ciotola o di imbuto, dette doline.

Il processo carsico quindi porta all’individuazione di un paesaggio tutto particolare

privo di un reticolo di corsi d’acqua superficiale, ma caratterizzato da un sistema di cavità

sotterranee, che sono in grado di convogliare l’acqua in profondità.

Il carsismo ha incominciato ad agire nella morfogenesi del Massiccio quando l’erosione

ha messo in evidenza le formazioni carbonifiche, ed i processi carsici hanno continuato ad

agire con maggiore o minore intensità in relazione al variare delle condizioni climatiche. Nel

Massiccio quindi s’identificano forme carsiche risalenti a momenti differenti, ma è evidente il

fenomeno nel suo insieme, ossia che tutte le valli sono prive di corsi d’acqua superficiali.

Il patrimonio speleologico è una ricchezza generale, che deve essere sempre più

conosciuta e meglio conservata. La sua conservazione non può essere passiva, con

conseguente abbandono e degrado, ma di tipo attivo in modo che sia garantita

prioritariamente la tutela e consenta una gestione di valorizzazione.

Alcune acque sotterranee sono prive di vita, ma la maggior parte ospita una fauna

altamente specializzata rara o unica. Le grotte o parte di esse sono rigorosamente da

proteggere. Oggi giorno, poi, c’è anche una certa letteratura legislativa che tutela questi

ambienti, sia civilmente ma anche penalmente.

Sul Monte Grappa, nonostante la natura calcarea delle formazioni ed il notevole

dislivello tra zone di alimentazione e punti di sbocco del sistema idrico sotterraneo, i

fenomeni carsici superficiali sono poco sviluppati. A quote superiori a 1000 m s.l.m. si

rilevano essenzialmente cavità di modesta estensione e le doline sono poco numerose (alcune

decine) e di piccole dimensioni (diametro medio di circa 50 m ). Più accentuato appare il

fenomeno ipogeo, evidenziato dai numerosi imbocchi di grotte e inghiottitoi, diffusi in tutta

l’area montana. Nell’area si sono sviluppate prevalentemente forme carsiche profonde;

complessivamente nel Massiccio del Grappa sono state censite oltre 450 cavità sotterranee.

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1.- Città di roccia in calcare molto resistente; 2.- Spuntoni di roccia con solchi di corrosione; 3.- Imboccatura di pozzo carsico; 4.- Suolo; 5.- Dolina a ciotola con riempimenti; 6.- Dolina a pozzo di crollo; 7.- Pozzo di abisso carsico; 8.- Depositi di crollo; 9.- Fessure assorbenti; 10.- Sala sotterranea con stalattiti e stalagmiti; 11.- Cavità; 12.- Cavità composta; 13.- Cavità anastomizzate; 14.- Sezione di ex condotte freatiche; 15.- Condotte freatiche attive;

Figura 6 - Esempio di forme carsiche superficiali e sotterranee

Le doline presenti sono soprattutto localizzate ai margini meridionali e sudorientali del

Massiccio in maniera disomogenea. Le doline di medie dimensioni si distribuiscono

altimetricamente sopra gli 800 m s.l.m, mentre quelle con diametri variabili tra 5- 30 m si

localizzano tra i 1200 – 1500 m s.l.m.. Quest’ultime in particolare presentano forme ad

imbuto ed a pozzo con accessi a cavità sotterranee a sviluppo verticale. La scarsità di doline di

medie dimensioni nella parte alta del Massiccio si spiega anche con lo smantellamento

crioclastico del rilievo particolarmente efficace negli ambienti periglaciali. Quindi lo sviluppo

del fenomeno carsico nel Monte Grappa è successivo all’individuazione di una rete

idrografica antica, la quale risulta modificata sia dagli ultimi episodi di sollevamento, sia dai

fenomeni di glaciazione locale. L’incarsimento della rete ne facilita in un certo senso la

conservazione, come reticolo di valli relitte. Lo sviluppo di forme carsiche, accelerato dagli

ultimi episodi di sollevamento è stato in qualche modo ostacolato da processi di altra natura,

durante le fasi fredde del Pleistocene.

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Figura 7 - Inghiottitoi e doline presenti sul Massiccio del Grappa

Le conche carsiche di grandi dimensioni non sono molto numerose, tra le più ampie si

segnala quella localizzata in zona Boscon, circa 3 km a SSW di Cima Grappa: si tratta di

un’uvala lunga circa 300 m e larga 350 m, il cui fondo è costellato di piccole doline e

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inghiottitoi. In quest’area sono presenti altre conche, in parte sventrate per l’approfondimento

eroso della valle dei Lebi e della Valle Sacra: risulta evidente che in quest’area in passato si

erano sviluppate forme carsiche meglio definite delle attuali, ma che in seguito queste sono

state soggette a fenomeni di smantellamento ad opera di processi di erosione diversi da quello

carsico (fluviali, glaciali, periglaciali).

Fra le aree interessanti ricordiamo quella dei prati di Borso e delle Marmorine. I Prati di

Borso si estendono su un complesso di ripiani strutturali determinati da uno stretto blocco

ribassato per una tettonica di versante rispetto alla zona di Campo Croce. Sono qui presenti

doline poco profonde allineate lungo la linea di dislocazione e, più a est, “filoni” di calcite

concrezionale, depositi entro ampi crepacci allargati dal fenomeno carsico lungo dei piani di

rilascio tensionale. La deposizione di calcite, che è stata soggetta a sfruttamento di cava,

testimonia la concomitanza di un processo tettonico con il procedere del fenomeno carsico.

6.2.1 Catasto delle grotte

A seguito dell’entrata in vigore della legge regionale n. 54 del 8 maggio 1980 per lo

sviluppo della ricerca speleologica e per la conservazione del patrimonio speleologico del

Veneto, nonché del regolamento regionale 28 agosto 1981 n. 1 di attuazione della predetta

legge è stato istituito il catasto delle aree carsiche e delle grotte. I dati raccolti secondo la

scheda predisposta dalla Società Speleologica Italiana, comprendenti i rilievi topografici in

pianta e sezione, nonché le informazioni geografiche delle aree carsiche, sono memorizzate

nel sistema informativo regionale.

6.2.2 Carsismo ipogeo del Massiccio del Grappa

Il versante della sinistra Brenta, identificato come area carsica nel catasto delle grotte

con la sigla MG01, presenta poco più di 30 grotte: si tratta per lo più di antri, covoli, caverne

oppure esutori talora attivi; rare le cavità verticali, rilevate per arretramento dei versanti.

Partendo da Nord, troviamo qualche grotticella nel territorio di Cismon del Grappa,

come ad esempio in Val dei Ponti e in Val Nassa. Non lontano dal paese c’è l’emittente Val

dei Mori (2626 V Vi), un curioso vano ascendente provvisto di camino, che risale per una

quarantina di metri dall’imbocco della cavità, e dal quale fuoriesce a cascata una discreta vena

d’acqua. Modeste grotticelle si trovano anche nel territorio di San Nazario, soprattutto nelle

località Val del Covolo, Bastianazzi, Rivalta, Pian dei Zocchi.

In località Fontanazzi di Solagna si apre la cavità più importante dell’area: è la grotta

dei Fontanazzi (2243 V Vi), un esutore attivo esplorato da esperi speleologi per uno sviluppo

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di 260 m. La cavità è costituita da una breve galleria inclinata, che subito immette in una

profonda frattura verticale normalmente allargata; l’esplorazione subacquea ha rivelato la

complessità di questo sifone, che si smembra in numerose fessure laterali presto

impercorribili, e ha permesso di individuare, a 20 metri di profondità, una lunga e tortuosa

galleria, con fondo ad andamento irregolare, esplorata per oltre 200 m. Ancora nel territorio di

Solagna troviamo un interessante gruppo di cavità a Bresagge, scavate entro conglomerati

cementati quaternari; fra queste sono da ricordare la caverna della Giara (986 V Vi), dotata di

due ingressi e lunga 27 m, e la grotta di Bresagge (987 V Vi), un ampio vano lungo una

ventina di metri con la volta sfondata da un pozzetto. Più in alto sul versante, in località

Matteci, si apre il notevole Buso de la Torta (603 V Vi); si tratta di una cavità lunga poco più

di 50 m, costituita da un’irregolare galleria, che immette in un sistema di grandi vani,

ingombri di massi e concrezioni, che si evolvono verso l’alto (CARRARO e RALLO, 1973).

Ancora più in alto nel versante, in alta Val del Coston, è ubicato un pozzo di 50 m, la

Voragine I° del Formaiaro (1545 V Vi), costituita da un sistema di fusi che si esauriscono in

un ampio vano chiuso da detriti. Altre cavità minori si trovano infine al Col Limone, a Casera

Marchi, in Val Caprile e altre località.

La grande scarpata meridionale del Massiccio del Grappa, identificata nel catasto delle

grotte con la sigla carsica MG02, presenta almeno 40 grotte, ripartite fra i territori di Vicenza

e Treviso. Una grotticella è quella conosciuta ai Colli Alti di San Nazario, ma tutte le altre

cavità vicentine sono ubicate nel territorio di Romano d’Ezzelino, nelle località Costalunga,

Casara Bontorin, Valle di Santa Felicita, e soprattutto Pra’ Gollin. Si tratta prevalentemente di

cavernette e piccole gallerie, come ad esempio la grotta n. 2 Val del Brocco (2524 V Vi) a

Pra’ Gollin, un ampio vano di 20 m provvisto di una doppia apertura, e la Grotta degli Illusi

(2121 V Vi) a Costalunga, una cavità fossile lunga 47 m costituita da una condotta ad

irregolare andamento discendente. Una cavità verticale, il Buco dei Nosellari (2122 V Vi), si

apre presso la Casera Bontorin; è costituita da un pozzetto di una ventina di metri, che

immette in un articolato sistema di vani discendenti, che ha lo sviluppo complessivo di 50 m.

Nel trevigiano troviamo grotte nel territorio di Borso del Grappa, ancora nella Valle di

Santa Felicita, sul Col Puppolo, in Val Colombera, Val Fagarole e sul Corno Sega; le cavità

sono tutte di modeste dimensioni. A Crespano del Grappa, in località Beata Vergine del

Covolo, si apre il Bus de le Anguane (1388 V Tv), un ampio vano irregolare lungo una

trentina di metri e provvisto di due ingressi adiacenti.

Importanti cavità si trovano nel territorio di Paderno del Grappa, specialmente nei pressi

di Malga Val Vecchia e sulle pendici del monte Boccaor. In quest’ultima località si apre ad

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esempio la Grotta dei Valli (1562 V Tv), una fessura discendente profonda 70 m, molto

articolata in stretti vani laterali, che ha uno sviluppo di 105 m. Non molto lontano in località

Le Valli, c’è infine il Bus de Refoss (1049 V Tv), un’emittente temporanea esplorata per 243

m fino ad un laghetto sifone situato alla base di alti vani ascendenti; la cavità è costituita da

una fessura ad andamento molto irregolare, da prima piano discendente fino ad una profondità

di 25 m, e quindi regolarmente ascendente fino a superare la quota d’ingresso.

Nel territorio di Possagno ci sono cavità per lo più verticali, a Punta Muscè, Casera

Campini, Casarole, Bastianei; proprio qui si apre il Bus dei Campini (1961 V Tv), una cavità

discendente che chiude in frana alla profondità di 30 m. A Casera Caserole si apre il Buso del

Ragno (1960 V Tv), una cavità verticale piccola ma complessa, mentre la cavità maggiore,

profonda quasi 200 m, è il Buco del Dinosauro (1579 V Tv) presso la Casera Campini.

Un ultimo pozzo si trova infine a Caldazzen, nel territorio di Pederobba; è la Spiloncia

de Gira (1003 V Tv) profonda 18 m e costituita da un breve condotto inclinato, che immette

sulla volta di un vasto ambiente lungo una cinquantina di metri.

Il sistema di altopiani del Grappa, identifica invece l’area carsica con sigla MG03. E’

l’unità morfocarsica sicuramente più importante di tutto il sistema montuoso; vi si conoscono

una settantina di cavità, una quarantina nel territorio vicentino e le rimanenti nel trevigiano.

Nel territorio di Cismon del Grappa ci sono molte cavità verticali sul Col dei Prai,

presso le Casare Fondi, Colli, Cancell’Alto, del Busetto, e altre in direzione di Cima Grappa.

La cavità più profonda è la Spiloncia del Finestron (680 V Vi) in Val Fontana, ma altri pozzi

interessanti sono sul Col dei Prai: la Spiloncia de Brocco (2213 V Vi), pozzo di 48 m; il Bus

dee Femene (2214 V Vi) profondo 40 m e costituito da un pozzo di 34 m, cui si accede

attraverso una galleria inclinata; la Spiloncia Val di Lavello (2215 V Vi), una notevole cavità

discendente di 38 m, che si articola in complessi vani discendenti per uno sviluppo di 80 m;

ed infine, nei pressi di Casara del Busetto, la Grotta Ananasso della Brutta Luna (2595 V Vi),

un complicatissimo sistema di vani laterali intercomunicanti profondo 25 m e con uno

sviluppo di quasi 90 metri.

Nel territorio di San Nazario c’è qualche pozzetto nelle località Prà Zerona, Col Caprile

e Colli Alti; proprio qui si apre il Pertuso (2522 V Vi), un ponte di roccia alto una ventina di

metri che è in connessione con un sistema di ripari, con piccole sorgenti, che si estendono alla

base del Rosso Ammonitico.

Nel territorio di Solagna ci sono pozzetti nella località Ponte San Lorenzo, Le Buse,

Casara Felinotti e cavità a sviluppo orizzontale ancora a Le Buse e in Val Putifaia; qui si apre

ad esempio la Grotta dee Fade (2535 V Vi), una galleria ascendente lunga 61 m, con vani

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laterali. Nell’omonima località troviamo la Speloncia delle Buse (1034 V Vi), profonda 50

metri, costituita da un pozzo di 35 m, che immette in un vano inclinato lungo una quarantina

di metri, che si evolve verso l’alto in numerosi e stretti camini, ed il Meandro del Fagaro

(2920 V Vi), una cameretta con accesso artificiale. Presso Casara Felinotti, alla fine di una

lunga galleria in buona parte artificiale, si apre un pozzo di 24 m della Spironcia Marbella

(3329 V Vi).

Ancora cavità verticali si trovano nel territorio di Pove del Grappa, nella località

Calzeron, Val Sotta, Val del Costo, Casara Paina e Prà Pelai; a Calzeron si apre, sul fondo di

un ampio imbuto, un grandioso pozzo di una quarantina di metri della Grotta Carlo Querini

(2228 V Vi); la cavità si esaurisce in un vano laterale ad una profondità di 82 m. Non lontano

da questa c’è anche il Pozzo Invisibile (2859 V Vi), profondo 37 m, mentre in Val Sotta si

apre il grande Pozzo del Simberlon (2913 V Vi), che con più salti raggiunge la profondità di

82 m.

Presso Casara Paina troviamo infine la Spelonca delle Vacche (1036 V Vi), un ampio

pozzo profondo 26 m. Qualche cavità c’è anche in territorio di Romano d’Ezzelino; presso

l’Osteria del Campo si segnala la Grotta della Val del Campo (1033 V Vi), composta da un

sistema a pozzetti profondi almeno 22 m.

Nel territorio trevigiano di Borso del Grappa troviamo molte cavità, in genere poco

profonde, nei campi carreggiati che si estendono su Cima Grappa e nelle aree circostanti;

altre, talora più grandi, sul Monte Meda, Le Saline, Bosco, Malga Foglie, Casara Bordignon,

Val di Poise, Monte Oro e Cason d’Oro. In quest’ultima località si apre l’Abisso di Monte

Oro (1037 V Tv), profondo 83 m; la cavità è costituita da un grande pozzo profondo oltre 60

m e da un ulteriore sistema di pozzetti, che si apre tra i massi del fondo del pozzo di accesso.

Al Boscon, non lontano da Cima Grappa, si trova l’ampio imbuto di 34 m della Grotta del

Cristo (1044 V Tv) e, nei pressi di Malga Foglia, il Buco della Salamandra (2854 V Tv), un

pozzo di 26 m, che si estende in un vano chiuso da frana. Nel territorio di Crespano del

Grappa troviamo alcune cavità nei pressi del Cason d’Ardosa, fra le quali la Speoncia dei

Forni (1045 V Tv), un pozzo a doppio imbuto profondo 27 m. Nel territorio di Paderno del

Grappa troviamo infine il Pozzo I di Val Vecchia (1045 V Tv), profondo 37 m.

Il Massiccio del Monte Grappa comprende altre aree carsiche che ricadono nel territorio

bellunese e nel versante est; queste sono la dorsale Monte Prassolan, con sigla MG04, che

ricade nel territorio bellunese e conta circa una decina di cavità; l’area Salarol – Tomatico –

Miesna con sigla MG05, ricadente soprattutto in territorio bellunese e solo marginalmente in

quello trevigiano con circa 40 cavità; l’area inerente le Colline di Crespano, con sigla MG06,

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con appena una decina di cavità localizzate in territorio comunale di Castelcucco; ed infine

l’unità morfoclastica delle Colline di Asolo, sigla MG07, che attualmente sembra non

presentare nessuna cavità carsica.

6.2.3 Le grandi cavità del Massiccio del Grappa

Nelle unità morfoclastiche MG01-05, appena analizzate nel dettaglio è presente

un’unica grande cavità, ovvero la Spiloncia del Finestron (680 V Vi). Situata in Comune di

Cismon del Grappa in Località Val Fontana presenta la quota di ingresso a 1040 m s.l.m., uno

sviluppo spaziale di 380 m e una profondità di 121 m; e’ stata visitata fin dal 1968 e con varie

spedizioni sono stati esplorati i diversi sistemi di meandri a sviluppo ascendentale, che la

compongono. E’ costituita da un pozzo di accesso di 75 m cui segue, oltre un ripiano

ingombro di detriti, un secondo pozzo di 35 m. Questo fondo, a -115 m, corrisponde alla base

di un enorme salone sormontato da altissimi camini. Un distinto meandro, preceduto da una

vasta area del salone, che spesso è occupata da un laghetto, assume rapidamente l’andamento

ascendente con salti, fino a raggiungere una finestra del salone posta a –85 m. Un sistema di

pozzetti all’interno del meandro conduce infine al punto più profondo della cavità.

7 LINEAMENTI IDROGEOLOGICI

I caratteri idrogeologici del territorio sono profondamente influenzati dall’elevata

permeabilità primaria e secondaria delle formazioni litoidi e dei depositi sciolti presenti,

nonché da rocce carbonatiche fratturate.

La maggior riserva d’acqua sotterranea della regione Veneto è contenuta nell’acquifero

indifferenziato dell’Alta Pianura. Per le caratteristiche di permeabilità dei suoli e sottosuoli

risulta essere il più vulnerabile agli inquinamenti, per tale motivo la falda freatica dell’alta

pianura veneta del bacino del Brenta è stata monitorata con una serie di indagini sperimentali

sullo stato dell’inquinamento fin dal 1983. I principali fattori di ricariche possono essere

individuati nella dispersione dei corsi d’acqua, nelle precipitazioni, nell’irrigazione e negli

afflussi sotterranei provenienti dagli acquiferi fessurati presenti nei rilievi prealpini, quali il

Massiccio del Grappa.

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7.1 Acque superficiali

La circolazione idrica superficiale è limitata e nell’area prevalgono i processi di

infiltrazione delle acque meteoriche nel sottosuolo, con mancanza di sviluppo di una rete di

drenaggio superficiale, ancorché la piovosità media superi i 1500 mm/anno di apporto.

7.2 Acque sotterranee

Le acque di infiltrazione alimentano un importante sistema carsico, in cui la

circolazione idrica è prevalentemente legata a fratture e cavità sotterranee. Il livello di base di

tale circuito sotterraneo è molto profondo e determinato dalla profonda incisione del Brenta a

valle di Primolano.

L’andamento dei flussi sotterranei è stato determinato in base a valori di portata e

chimismo e a considerazione di tipo geologico secondo tracciati per lo più sub-orizzontali e

brevi nelle formazioni più recenti (calcari cretacei stratificati) e prevalentemente verticali

nelle unità giurassiche massicce.

7.3 Sorgenti

Nell’area montuosa Grappa – Col Moschin si segnalano solo una decina di sorgenti, di

cui la maggior parte con portate trascurabili e temporanee. Tre di esse sono alte sui versanti e

sono legate a circolazione locale entro il Biancone o stillicidi nel livello sommitale dei calcari

Grigi. Alla base del Massiccio, invece, esistono importanti sorgenti che si localizzano entro i

depositi detritici alla base della scarpata meridionale.

Tra le sorgenti di maggiore portata si citano, in particolare, i Fontanazzi di Solagna

(codice sorgente 2410102) rappresentati da un fronte sorgentifero attivo di circa 200 m di

lunghezza. Le misure di portata effettuate da ARPAV durante i primi mesi del 2006 hanno

evidenziato che il deflusso della sorgente varia da un minimo di 1,4 m³/s a gennaio fino ad un

massimo di 8,4 m³/s a maggio dopo eventi di pioggia. Vi sono molte bocche di emergenza,

principalmente in roccia di cui alcune sommerse del livello del Fiume. Uno di questi punti è

un esutore carsico per un dislivello di 120 m (a 7 m s.l.m.), raggiungibile percorrendo

principalmente un pozzo verticale completamente allagato ed una sottostante galleria

inclinata, dove vi è il principale flusso d’acqua, il quale esce da una bocca posta nella

porzione più meridionale (Gruppo Grotte G. G. M. 2006). La planimetria della stessa cavità

mostra un reticolo di cunicoli disposti principalmente in direzione E – O e N – S nella parte

superficiale, e NE – SO nella parte più profonda e distale. Prove di tracciamento condotte

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nelle cavità dell’Abisso di Monte Oro a quota 1000 m s.l.m. e nell’Abisso Spaurasso a quota

1320 m s.l.m. indicano che il bacino di alimentazione comprende la zona di Monte Oro e di

Cima Grappa.

Nel 2011 il Gruppo Speleologo Prometeo ha effettuato 10 giorni di immersioni per

ritracciare la via subacquea distrutta degli eventi meteorici dei mesi precedenti; nelle diverse

discese sono state esplorate varie gallerie che si sono immerse fino ad un dislivello che

oscilla tra -125 e -130 m dalla quota di imbocco; praticamente sotto il livello del Fiume

Brenta.

I Fontanazzi di Solagna rivestono anche un’importanza storica in quanto durante la

Prima Guerra Mondiale le 2 fontane principali furono utilizzate per la costruzione di un

acquedotto militare; inoltre nel 1922 il Consiglio del Comune deliberava di derivare dalle

stesse un nuovo acquedotto per usi civili che servisse di acqua potabile il paese ed in

particolare la zona di Lanari e Lughi.

Di portata ancora superiore sono i Fontanazzi di Cismon del Grappa, con portate medie

di 400 l/s, sfruttate dal Comune di Bassano e da alcuni comuni del Canal di Brenta per gli

impianti acquedontistici.

Più abbondanti ed importanti le sorgenti sui versanti delle valli settentrionali e orientali,

fra cui ricordiamo la Fonte Caup, la Fontana del Moro e le sorgenti del Tegorzo.

7.3.1 Prove con traccianti nel Massiccio del Monte Grappa

Negli anni ’90 sono state effettuate sul Massiccio del Monte Grappa delle prove con

traccianti per individuare i possibili percorsi sotterranei delle acque meteoriche che si

infiltrano nei numerosi inghiottitoi, doline ed abissi presenti. In particolare si riportano i

risultati ottenuti nel 1991 dalla Dott.ssa Monica Celi e nel 1998 dal P.M.P. di Treviso.

Nel 1991 sono state effettuate delle immissioni di fluoresceina sodica in Val Piana

(ovest di Cima Grappa) e nella grotta di Monte Oro ( sud-ovest di Cima Grappa). Nel primo

caso il colorante è stato ritrovato dopo circa 10 giorni nei Fontanazzi di Cismon, per cui a

monte dell’area interessata dal tracciato dell’ “Itinerario della Valsugana Valbrenta - Bassano

Ovest. Superstrada a pedaggio”; nel secondo caso invece, dopo soli 6 - 9 giorni il tracciante è

stato individuato nei Fontanazzi di Solagna. In entrambi i casi comunque si è dimostrata una

velocità di deflusso sotterraneo tra i 15 e 34 m/ora.

Nel 1998 si è eseguita un’altra prova prendendo come punto di immissione del

tracciante una delle più importanti cavità presenti sul territorio, ovvero l’Abisso dello

Spaurasso, che si localizza a circa 800 m a nord di Cima Grappa alla quota di 1728 m s.l.m..

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La cavità presenta uno scorrimento idrico tutto l’anno, per cui l’immissione del tracciante è

avvenuto ad una profondità di 450 m, a quota 1278 m s.l.m. in un torrente che si origina

all’incrocio di fratture. Benchè siano state monitorate 4 sorgenti alla base del Massiccio del

Monte Grappa (Fontanazzi di Solagna ad ovest, sorgente di Refoss a nord, sorgente della

Madonna del Covolo ad est e sorgente del Tegorzo a nord), il tracciante è stato rilevato

solamente nei Fontanazzi di Solagna, dopo 15 - 30 giorni. Considerando la distanza ed i tempi

di rilevazione medi si sono ottenuti anche in questo esperimento valori di velocità di

scorrimento sotterraneo dell’ordine di 14 - 33 m/ora.

Figura 8 - Prove con traccianti nel Massiccio del Monte Grappa

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7.4 Acquifero sotterraneo dell’Alta Pianura del Brenta (APB)

In questo bacino idrogeologico è presente un acquifero indifferenziato molto potente,

tale da rappresentare una delle maggiori riserve d’acqua d’Europa. Il limite occidentale

corrisponde con la direttrice di deflusso idrico sotterraneo riconducibile alle acque di

dispersione in destra idrografica del Fiume Brenta, con direzione “Marostica – Sandrigo”,

mentre il limite orientale è stato identificato con la direttrice dello scorrimento freatico in

sinistra idrografica del Fiume Brenta, con direzione “Bassano del Grappa – San Martino di

Lupari”. Lo spessore dell’acquifero non risulta omogeneo, a causa della morfologia del

basamento roccioso, ma varia da uno spessore minimo in corrispondenza di Bassano del

Grappa, fino ad uno spessore massimo di oltre 600 m in prossimità di Cittadella.

L’acquifero è sostenuto anche dalle infiltrazioni carsiche che si verificano su tutto il

Massiccio del Monte Grappa.

8 CRITICITA’ DELLA PROPOSTA DI PROGETTO

La relazione di indagine geologica e geotermica preliminare (elaborato A.01.01RE.01)

della proposta di finanza di progetto - progetto preliminare dell’ “Itinerario della Valsugana

Valbrenta - Bassano Superstrada a pedaggio” mette in evidenza alcune problematiche di

realizzazione dell’opera oppure evidenzia delle criticità che, a detta degli stessi redattori degli

elaborati, andranno approfondite nelle fasi successive.

Come comitato di cittadini crediamo invece che fin dall’inizio siano necessari gli studi e

gli approfondimenti necessari per verificare la reale fattibilità del progetto e chiarire fin da

subito gli aspetti di carattere tecnico, al fine di evitare in fase di realizzazione delle varianti e

l’adozione di soluzioni progettuali con un aumento esponenziale dei costi dell’opera e

problemi irreversibili di natura ambientale, specie sulla risorsa acqua.

In particolare si vuole sottolineare che per lo studio preliminare i progettisti si sono

“avvalsi dei numerosi dati bibliografici” (cfr. pag. 2 elaborato A.01.01RE.01); ciò è stato

verificato anche dallo scrivente dimostrando che i dati non sono sicuramente sufficienti per

inquadrare completamente la situazione geomorfologica del Massiccio del Grappa; si

sottolinea che un traforo di circa 12 km necessiterebbe fin dal principio di uno studio

strutturale di persistenza e lunghezza delle faglie e fratture presenti nell’area interessata

dalle 3 gallerie.

Come nella presente relazione, anche nell’elaborato in esame del progetto preliminare,

si sottolinea la presenza di sistemi tettonici importanti che possono generare eventi sismici

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significativi; si sottolinea in particolare che l’assetto geologico dell’area interessata dal

progetto è molto complesso e legato alla così detta “Linea di Bassano - Marostica”, piega

faglia disgiuntiva (cfr. pag. 8 elaborato A.01.01RE.01); e ancora nello stesso paragrafo è

riportato “Con riferimento all’area di studio, particolarmente importante risulta la struttura

impostata a nord di Bassano, lungo il Canale di Brenta, che trova proseguimento sotto la

pianura fino verso Padova (Progetto finalizzato Geodinamica CNR) e denominata “Faglia di

Bassano - Valstagna”. L’inquadramento sismico che il progetto propone mette in evidenza

come “L’area è come detto caratterizzata da importanti lineamenti geotettonici. … nell’area

d’interesse è segnalata la sorgente sismica composita Linea Thiene - Cornuda, che comprende

3 sorgenti sismiche individuali: la linea Thiene - Bassano, la linea Monte Grappa e la linea

Bassano - Cornuda.” (cfr. pag. 9 - 10 elaborato A.01.01RE.01).

Inoltre nello stesso capitolo, a conclusione della descrizione sismica si conclude

evidenziando (cfr. pag. 13 elaborato A.01.01RE.01) “Le condizioni geologiche e

geomorfologiche locali possono influenzare, in occasione di eventi sismici, la pericolosità

sismica producendo effetti diversi (effetti di sito) che devono essere presi in considerazione

nella valutazione generale della pericolosità sismica dell’area ai fini progettuali. Gli scenari

sismici che si possono individuare qualitativamente attraverso un’analisi di valutazione della

pericolosità sismica locale, sono riassunti nella tabella 3.1.1 seguente. Con riferimento al

quadro geologico geomorfologico dell’area e al quadro geotettonico ricostruito, è evidente

come lungo il tracciato siano quindi rilevabili elementi di possibile amplificazione dell’onda

sismica per fattori di instabilità geomorfologica, per fattori topografici, per fattori litologici,

per fattori geometrici e per comportamenti differenziali. Tali elementi dovranno essere

oggetto di una attenta individuazione e definizione in fase di studio geologico di supporto alla

progettazione definitiva.”

La descrizione geomorfologica sottolinea “la presenza del fenomeno del carsismo” con

presenza di “numerosi fenomeni carsici: doline, inghiottitoi, voragini che si sono sviluppate

grazie all’azione dell’acqua sulle rocce di natura calcarea degli strati più alti spesso anche

fortemente fratturati. Il carsismo si è sviluppato anche in profondità, interessando la dolomia

negli strati di roccia più bassi, fino a raggiungere i livelli idrici in corrispondenza del letto

del fiume Brenta …” (cfr. pag. 17 elaborato A.01.01RE.01)

In particolare nell’analisi idrogeologica si rileva come il fenomeno del carsismo si

sviluppi maggiormente in alcuni tipi di rocce rispetto ad altre, in particolare: “ … Il carsismo

si è tuttavia sviluppato anche in profondità, nei Calcari grigi di Noriglio e nella Dolomia, fino

a raggiungere i livelli idrici in corrispondenza del letto del fiume Brenta, dando così origine a

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varie emergenze di cui le grotte di Ponte Subiolo ed Oliero (versante dell’Altipiano di

Asiago), Fontanazzi di Solagna e Fontanazzi di Cismon (Massiccio del Monte Grappa) sono

le più significative, testimoniando quindi una circolazione idrica carsica profonda all’interno

del massiccio carbonatico e che trova il suo livello di base nel fiume Brenta.

Sui versanti sono comunque presenti cavità carsiche relitte, doline, inghiottitoi e altre

forme minori come grotte/caverne. Sono per lo più presenti entro il Calcare di Noriglio e

distribuite a varie quote. Mediamente le morfologie ad inghiottitoio si trovano distribuite

principalmente sopra i 1.300 metri s.l.m.m., e le doline più importanti a quote inferiori ai

1.200 metri s.l.m.m.. La profondità delle cavità carsiche può raggiungere in qualche caso

anche più di cento metri. Le varie forme rilevate rappresentano probabilmente quote di sfioro

sorgentizio relitte abbandonate mano a mano che la valle del Brenta si approfondiva e quindi

anche la circolazione carsica si approfondiva. Una di queste forme carsiche relitte,

denominata Grotta San Francesco, ricade particolarmente vicino al tracciato, a circa 30-

40 metri di distanza, all'altezza della progressiva 11+200 presso località San Giorgio.

Lo scarso ed incerto reticolo idrografico superficiale sul Massiccio del Grappa,

testimonia una tendenza delle formazioni calcaree superficiali fratturate a favorire

l’infiltrazione a scapito dello scorrimento superficiale. Infiltrazione che va ad alimentare i

circuiti carsici profondi. La circolazione ed il fenomeno carsico sono fondamentalmente

controllati dall’assetto strutturale tettonico e quindi le lineazioni e le discontinuità tettoniche

diventano direzioni preferenziali di circolazione idrica e di sviluppo del carsismo. Peraltro tale

condizione crea circuiti alimentanti “veloci” caratterizzati da correlazioni strette tra piogge e

ricarica quindi con regimi sorgentizi generalmente caratterizzati da oscillazioni improvvise ed

importanti di portata legate alle regime pluviometrico.” (cfr. pag. 19 - 20 elaborato

A.01.01RE.01).

Il fenomeno del carsismo assume talmente tanta importanza che il concetto viene

continuamente richiamato nell’ elaborato A.01.01RE.01; anche nel capitolo descrittivo delle

sorgenti si sottolinea la mancanza di una rete idrica superficiale e che le sorgenti più

importanti si sviluppano alle pendici del Massiccio a livello del Fiume Brenta.

Come fin qui riportato, anche per quanto riguarda il quadro geotecnico e geomeccanico,

il progetto preliminare si è rifatto solamente a dati bibliografici, i quali, per stessa

dichiarazione dei redattori degli elaborati, sono da intendersi come dati “di larga massima e

preliminari e quindi andranno rivisti e/o confermati con un attento e opportuno programma di

indagini geognostiche e geotecniche in fase di progetto definitivo.” (cfr. pag. 28 elaborato

A.01.01RE.01). Le capacità geomeccaniche del materiale di escavazione potranno essere

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definite solamente attraverso analisi dirette sulle carote estratte da sondaggi geognostici e da

rilievi geostrutturali in situ, che attualmente non sono stati effettuati.

Dal profilo presentato in elaborato comunque, a differenza di quanto sostenuto dai

progettisti, sembra più verosimile che le gallerie siano impostate per la maggior parte sui

calcari grigi, che come litotipo si presenta il più fratturato e carsificato.

Si riscontrano pure dei potenziali effetti inquinanti anche nel tratto che precede il traforo

del Monte Grappa, in particolare nel “Tratto Svincolo Cave - Imbocco Galleria”, sono previsti

i rifacimenti di alcuni sottopassi e le fondazioni del viadotto dello Svincolo di Bassano centro

che si spingono a profondità di almeno -22 m, per cui molto vicine alla quota della falda

freatica, che se generalmente posta a -40 m, presenta oscillazioni di +10 m.

Nell’ultimo capitolo dell’elaborato A.01.01RE.01 (Capitolo 8 - problematiche

geologiche e criticità lungo il tracciato), vengono messe in rilievo già nel tratto di pianura

possibili inquinamenti dell’acquifero freatico, per l’alta vulnerabilità dei terreni sovrastanti

composti prevalentemente da ghiaie molto permeabili.

In merito al tratto in galleria della zona montana le criticità sono solamente ipotizzate,

in quanto i dati raccolti non consentono un effettivo esame e presa di coscienza delle reali

problematiche che possono esistere. Tutto ciò è confermato nel paragrafo (cfr. pag. 40)

8.2.1 - Classi geomeccaniche, “L’ammasso roccioso da scavare è quindi prevalentemente

costituito da dolomie e calcari grigi che dal punto di vista geomeccanico e di modalità di

scavo sono molto simili, tuttavia nei calcari sono più diffuse le cavità carsiche. Il limite

stratigrafico tra queste due litologie non è sempre ben netto e considerato che, come evidenzia

lo studio si sviluppa all’incirca parallelo al tracciato della galleria, le percentuali relative alle

due litologie potrebbero, in fase esecutiva, risultare leggermente diverse da quelle prevedibili

sulla base degli studi eseguiti e indicati sui profili. Si può stimare un errore percentuale

intorno al 15%.” ed ancora “Si desume che lo scavo potrebbe intercettare anche alcune

strutture minori e/o giunti paralleli alla faglia di Valstagna, non necessariamente sempre

individuate sulla carta geologica allegata allo studio, ma la cui presenza può essere comunque

ipotizzata sulla base di indizi geomorfologici quali valli, impluvi e canaloni. Sussistono ad

oggi significative incertezze relative alle zone di fratturazione …. si passa da zone di

fratturazione a vere e proprie faglie, con indizi di attività carsica”. Inoltre, si sottolinea che la

permeabilità per fratturazione ricade nella classe medio - alta.

Secondo i progettisti “Lo scavo della galleria è a quote maggiori rispetto al supposto

livello “piezometrico” dei fontanazzi di Solagna.”, ma “A seguito di forti piogge i condotti

carsici che alimentano le grotte di Solagna sono sicuramente percorsi da acqua in pressione e

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non si può escludere che in limitati periodi (alcuni giorni), tale pressione provochi la

risalita lungo fratture di acqua fino al piano galleria prevalentemente in Canna Nord.

Lungo le fratture sono previsti stillicidi e in corrispondenza delle zone di faglia venute. Sulla

base degli studi eseguiti non è possibile una quantificazione delle portate per metro lineare di

galleria, che rimangono al momento un dato a forte grado di incertezza. La presenza nel

massiccio calcareo dolomitico di circuiti carsici che trovano proprio lungo i campi di frattura

direzioni preferenziali di sviluppo e quindi possibili vie di infiltrazione e circolazione idrica,

potrà richiedere di prevedere l’impermeabilizzazione nelle tratte interessate dalle fratture. In

fase di scavo, come segnalato sul profilo, si ha probabilità di incontrare cavità carsiche.”

Oltre al traforo, gli stessi imbocchi e relative piste di accesso presentano criticità di

realizzazione, infatti il paragrafo 8.2.4 - imbocchi e relative piste di accesso, sottolinea la

necessita di porre particolare attenzione nella realizzazione di queste opere per potenziali

fenomeni di debris-flow, per tratti in forte pendenza, per possibili fenomeni di caduta massi

dalle pareti dolomitiche subverticali.

Inoltre se l’imbocco della galleria principale a Romano d’Ezzelino lambisce solamente

il SIC - ZPS “IT3230022 Massiccio del Grappa”, parte della pista di accesso alla finestra

Valle dei Lanari ricade nella zona di Rete Natura 2000.

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9 CONCLUSIONI

La presente relazione, che accompagna la petizione contro il traforo del Monte Grappa e

la costruzione della Nuova Valsugana, dopo aver descritto le peculiarità naturalistiche ed

ambientali dell’area oggetto di intervento, ha messo in rilievo le criticità geologiche e

sismiche presenti nel territorio: il Massiccio del Monte Grappa fa parte del SIC - ZPS

“IT3230022” della Rete Natura 2000, presenta una spiccata propensione ai fenomeni

carsici con quasi totale assenza di circolazione superficiale di acqua e con circolazione

sotterranea, che porta all’alimentazione di uno dei più grandi ed importanti acquiferi

sotterranei del Veneto, ovvero quello dell’Alta Pianura del Brenta.

Il progetto preliminare dell’ “Itinerario della Valsugana Valbrenta - Bassano Ovest.

Superstrada a pedaggio” si è basato quasi esclusivamente su dati bibliografici non effettuando

studi specifici sismici e geomeccanici sulla natura del terreno che dovrà essere traforato, come

riportato nell’elaborato A.01.01RE.01 - Relazione di indagine geologica e geotermica

preliminare. Lo stesso elaborato nell’ultimo capitolo mette in rilievo le criticità emerse nello

studio preliminare e rimanda alle fasi successive di progettazione l’effettiva analisi e

considerazioni di fattibilità.

Per gli scriventi, invece, un’opera di queste dimensioni, ovvero una galleria di circa 12

km necessita fin dall’indagine preliminare di un adeguato studio strutturale di

persistenza e lunghezza delle faglie presenti sul territorio, nonché una adeguata valutazione

sulla effettiva possibilità di intercettazione del flusso sotterraneo delle acque con possibili

deviazioni e problemi alle sorgenti poste alle pendici del Massiccio del Monte Grappa. Il

Decreto del Presidente della Repubblica del 5 ottobre 2010 n. 207 – Regolamento di

esecuzione e attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante “Codice dei

contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle Direttive 2044/17/CE

e 2004/18/CE” prescrive, nella Sezione II – Progetto Preliminare, che il progetto preliminare

contenga “gli studi necessari per un’adeguata conoscenza del contesto in cui è inserita l’opera,

corredati da dati bibliografici, accertamenti ed indagini preliminari – quali quelle storiche

archeologiche ambientali, topografiche, geologiche, idrologiche, idrauliche, geotecniche e

sulle interferenze e relative relazioni ed elaborati grafici – atti a pervenire ad una completa

caratterizzazione del territorio ed in particolare delle aree impegnate” (art. 17 comma 1 lettera

d). Inoltre, l’art. 17 al comma 3 prevede che “qualora il progetto debba essere posto a base di

gara di un appalto, di cui all’articolo 53, comma 2, lettera c), del codice o di una concessione

di lavori pubblici: a) sono effettuate, sulle aree interessate dall’intervento, le indagini

necessarie quali quelle geologiche, idrologiche, idrauliche, geotecniche, nonché

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archeologiche e sulle interferenze e sono redatti le relative relazioni ed elaborati grafici

nonché la relazione tecnica sullo stato degli immobili da ristrutturare;”.

Tale sollecitazione scaturisce da quanto dimostrato nella presente relazione (capitoli 6.2

Carsismo e 7 Lineamenti idrogeologici) ed in particolare nel paragrafo 7.3.1 Prove con

traccianti nel Massiccio del Monte Grappa, nel quale è dimostrato come esista correlazione tra

il fenomeno carsico presente nel Massiccio del Monte Grappa e l’alimentazione delle sorgenti

delle pendici, in particolar modo quelle dei Fontanazzi di Solagna, e dell’acquifero

sotterraneo, che si sviluppa sotto il Fiume Brenta.

Inoltre, nella stessa relazione geologica del progetto preliminare (elaborato

A.01.01RE.01) si dà per scontato che il tracciato dell’opera incontri nella zona di galleria

cavità carsiche e la circolazione d’acqua sotterranea. Questo fatto a detta dello scrivente

rischia di comportare uno scompenso nella circolazione sotterranea delle acque con

rischio evidente di prosciugare o spostare i Fontanazzi di Solagna, con rischio di

inquinare le acque sotterranee, che alimentano l’importante bacino dell’Alta Pianura

del Brenta, in violazione ai principi generali della Direttiva 2000/60/CE.

Il comitato di cittadini residenti in questi luoghi si auspica che non accada ciò che è

avvenuto nella galleria della Tav sul Mugello, con sparizione di sorgenti, pozzi e torrenti in un

ampio raggio dalla galleria!

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