STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: [email protected]...

53
STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD - ORIENTALE DELLA PROVINCIA DI LECCE (CON RILEVAMENTO GEOLOGICO ALLA SCALA 1:25.000) Alessandro Bossio*, Luca Maria Foresi**, Stefano Margiotta***, Roberto Mazzei**, Gianfranco Salvatorini**, Francesca Donia** Geologica Romana 39 (2006), 63-87 *Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Pisa, Via S. Maria 53, Pisa. e-mail: [email protected] **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8, Siena. e-mail: [email protected] ***Dipartimento di Scienze dei Materiali, Università degli Studi di Lecce, Via per Arnesano, Lecce. e-mail: [email protected] RIASSUNTO - In questo lavoro è illustrata, nelle sue caratteristiche litologiche e nei suoi significati stratigra- fico e paleoambientale, la successione delle formazioni riconosciute nel settore Nord-orientale della Provincia di Lecce e riportate nella allegata carta geologica (scala 1:25.000). In ordine dalla più antica, tali formazioni sono: Calcari di Melissano, Formazione di Galatone, Formazione di Lecce, Pietra leccese, Calcareniti di Andrano, For- mazione di Lèuca, Formazione di Uggiano la Chiesa, Calcareniti del Salento. Esse rappresentano l’espressione di 7 cicli sedimentari sviluppatisi dal Cretacico Superiore al Pleistocene inferiore. Il 1° ciclo è rappresentato dai Calcari di Melissano. Questa unità, che affiora estesamente nei dintorni di Surbo (Nord di Lecce), è costituita da calcari, calcari dolomitici e micritici, di colore biancastro, grigio chiaro o noccio- la, in strati di spessore variabile da qualche centimetro a circa un metro. I macrofossili sono scarsi e rappresenta- ti da frammenti di rudiste oltre che da coralli e pettinidi. L’ambiente deposizionale della formazione è riconduci- bile alla parte meno profonda della piattaforma interna; ricostruibili sono anche episodici periodi di emersione. I Calcari di Melissano sono attribuiti all’intervallo Turoniano-Senoniano. Il 2° ciclo è materializzato dalla Formazione di Galatone, un’unità che affiora lungo una fascia orientata NO- SE, a Sud-Ovest dell’abitato di Lecce. Dal punto di vista litologico, essa è caratterizzata da un’irregolare alternan- za di calcari compatti grigio-biancastri, calcari sottilmente stratificati di colore variabile dall’avana al bianco e marne laminitiche giallastre. Le associazioni fossilifere sono costituite da numerosi esemplari di gasteropodi (pre- valgono quelli della famiglia Potamididae; presenti anche modelli interni di Ampullinopsis crassatina) e bivalvi (dominano quelli di piccole dimensioni appartenenti alle famiglie Cardidae e Veneridae), nonché da impronte ri- feribili probabilmente ad ostracodi. L’ambiente deposizionale della formazione è essenzialmente lacustre, episo- dicamente lagunare. Per il ritrovamento di A. crassatina, la Formazione di Galatone è da riferirsi all’Oligocene Superiore. La Formazione di Lecce, formalizzata in questo lavoro, costituisce il 3° ciclo ed è caratterizzata da calcareniti massive di colore variabile dal biancastro all’avana, con accennata stratificazione in banchi di spessore variabile. Talvolta, agli strati calcarenitici si intercalano strati sia di calcari micritici biancastri che di marne di colore ava- na. Tra i fossili, sono stati riconosciuti modelli di bivalvi (in particolare di Cardium), numerosi resti di Scutella e gasteropodi, nonché di macroforaminiferi appartenenti al genere Operculina. Le associazioni a foraminiferi planc- tonici ed a nannofossili calcarei permettono di attribuire la parte superiore della formazione rispettivamente alla porzione basale della Zona a Paragloborotalia kugleri e a quella sommitale della Zona a Sphenolithus delphix; di conseguenza, risulta evidente la sua appartenenza al tratto iniziale del piano Aquitaniano (Miocene Inferiore). Re- lativamente alla parte inferiore dell’unità, è verosimile un riferimento al Cattiano sommitale. Dal punto di vista paleoambientale, una serie di elementi come la scarsità di strutture sedimentarie e l’ottimo stato di conservazione dei macroforaminiferi inducono ad ipotizzare un accumulo sedimentario senza vistosi fenomeni di trasporto; il co- mune rinvenimento di Scutella indica, inoltre, fondali sabbiosi di debole profondità e basso idrodinamismo. Il 4° ciclo è documentato dalla Pietra leccese e dalle successive e ovunque soprastanti Calcareniti di Andrano. Nella sua espressione generale la Pietra leccese è una biomicrite di colore giallo-paglierino, a prevalenti organi- smi planctonici e con bentonici indicativi della parte più profonda della zona neritica esterna. Talora alla base del- l’unità è presente una breccia, tal’altra il contatto con unità precedenti è marcato da una “spalmatura” fosfatica o da un livello fosforitico (spessore di pochi centimetri). Quest’ultimo ed il significato delle associazioni bentoni- che del tratto inferiore, non compatibili con livelli trasgressivi basali, suggeriscono un quadro di subsidenza e di ingressione marina caratterizzato da fasi alterne di fosfatizzazione (probabilmente in regime di “upwelling”) e di erosione dovuta a correnti. Tale quadro, comunque, si esaurisce nel Burdigaliano superiore (Zona a Globigerinoi- des trilobus dei foraminiferi e Zona a Sphenolithus heteromorphus dei nannofossili calcarei), poco dopo il debut- to generale della formazione. Questa probabile anche se locale “lacunosità” basale è la prima di una serie più o meno numerosa (a seconda delle località) che caratterizza la formazione nel suo intero arco di distribuzione stra- tigrafica (fino al Messiniano basale, Zone a Globorotalia conomiozea e ad Amaurolithus delicatus-A. amplificus) e che giustifica il suo spessore relativamente modesto (circa 80 m) rispetto a quello che avrebbe dovuto raggiun- gere, per tipologia sedimentaria, nel tempo della sua deposizione (circa 11 M.A.). L’azione erosiva/dispersiva del- le correnti, responsabile di questa “lacunosità” riscontrata sempre entro un intervallo più o meno intensamente

Transcript of STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: [email protected]...

Page 1: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIADEL SETTORE NORD - ORIENTALE DELLA PROVINCIA DI LECCE

(CON RILEVAMENTO GEOLOGICO ALLA SCALA 1:25.000)

Alessandro Bossio*, Luca Maria Foresi**, Stefano Margiotta***,Roberto Mazzei**, Gianfranco Salvatorini**, Francesca Donia**

Geologica Romana 39 (2006), 63-87

*Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Pisa, Via S. Maria 53, Pisa.e-mail: [email protected]

**Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8, Siena.e-mail: [email protected]

***Dipartimento di Scienze dei Materiali, Università degli Studi di Lecce, Via per Arnesano, Lecce.e-mail: [email protected]

RIASSUNTO - In questo lavoro è illustrata, nelle sue caratteristiche litologiche e nei suoi significati stratigra-fico e paleoambientale, la successione delle formazioni riconosciute nel settore Nord-orientale della Provincia diLecce e riportate nella allegata carta geologica (scala 1:25.000). In ordine dalla più antica, tali formazioni sono:Calcari di Melissano, Formazione di Galatone, Formazione di Lecce, Pietra leccese, Calcareniti di Andrano, For-mazione di Lèuca, Formazione di Uggiano la Chiesa, Calcareniti del Salento. Esse rappresentano l’espressione di7 cicli sedimentari sviluppatisi dal Cretacico Superiore al Pleistocene inferiore.

Il 1° ciclo è rappresentato dai Calcari di Melissano. Questa unità, che affiora estesamente nei dintorni di Surbo(Nord di Lecce), è costituita da calcari, calcari dolomitici e micritici, di colore biancastro, grigio chiaro o noccio-la, in strati di spessore variabile da qualche centimetro a circa un metro. I macrofossili sono scarsi e rappresenta-ti da frammenti di rudiste oltre che da coralli e pettinidi. L’ambiente deposizionale della formazione è riconduci-bile alla parte meno profonda della piattaforma interna; ricostruibili sono anche episodici periodi di emersione. ICalcari di Melissano sono attribuiti all’intervallo Turoniano-Senoniano.

Il 2° ciclo è materializzato dalla Formazione di Galatone, un’unità che affiora lungo una fascia orientata NO-SE, a Sud-Ovest dell’abitato di Lecce. Dal punto di vista litologico, essa è caratterizzata da un’irregolare alternan-za di calcari compatti grigio-biancastri, calcari sottilmente stratificati di colore variabile dall’avana al bianco emarne laminitiche giallastre. Le associazioni fossilifere sono costituite da numerosi esemplari di gasteropodi (pre-valgono quelli della famiglia Potamididae; presenti anche modelli interni di Ampullinopsis crassatina) e bivalvi(dominano quelli di piccole dimensioni appartenenti alle famiglie Cardidae e Veneridae), nonché da impronte ri-feribili probabilmente ad ostracodi. L’ambiente deposizionale della formazione è essenzialmente lacustre, episo-dicamente lagunare. Per il ritrovamento di A. crassatina, la Formazione di Galatone è da riferirsi all’OligoceneSuperiore.

La Formazione di Lecce, formalizzata in questo lavoro, costituisce il 3° ciclo ed è caratterizzata da calcarenitimassive di colore variabile dal biancastro all’avana, con accennata stratificazione in banchi di spessore variabile.Talvolta, agli strati calcarenitici si intercalano strati sia di calcari micritici biancastri che di marne di colore ava-na. Tra i fossili, sono stati riconosciuti modelli di bivalvi (in particolare di Cardium), numerosi resti di Scutella egasteropodi, nonché di macroforaminiferi appartenenti al genere Operculina. Le associazioni a foraminiferi planc-tonici ed a nannofossili calcarei permettono di attribuire la parte superiore della formazione rispettivamente allaporzione basale della Zona a Paragloborotalia kugleri e a quella sommitale della Zona a Sphenolithus delphix; diconseguenza, risulta evidente la sua appartenenza al tratto iniziale del piano Aquitaniano (Miocene Inferiore). Re-lativamente alla parte inferiore dell’unità, è verosimile un riferimento al Cattiano sommitale. Dal punto di vistapaleoambientale, una serie di elementi come la scarsità di strutture sedimentarie e l’ottimo stato di conservazionedei macroforaminiferi inducono ad ipotizzare un accumulo sedimentario senza vistosi fenomeni di trasporto; il co-mune rinvenimento di Scutella indica, inoltre, fondali sabbiosi di debole profondità e basso idrodinamismo.

Il 4° ciclo è documentato dalla Pietra leccese e dalle successive e ovunque soprastanti Calcareniti di Andrano.Nella sua espressione generale la Pietra leccese è una biomicrite di colore giallo-paglierino, a prevalenti organi-smi planctonici e con bentonici indicativi della parte più profonda della zona neritica esterna. Talora alla base del-l’unità è presente una breccia, tal’altra il contatto con unità precedenti è marcato da una “spalmatura” fosfatica oda un livello fosforitico (spessore di pochi centimetri). Quest’ultimo ed il significato delle associazioni bentoni-che del tratto inferiore, non compatibili con livelli trasgressivi basali, suggeriscono un quadro di subsidenza e diingressione marina caratterizzato da fasi alterne di fosfatizzazione (probabilmente in regime di “upwelling”) e dierosione dovuta a correnti. Tale quadro, comunque, si esaurisce nel Burdigaliano superiore (Zona a Globigerinoi-des trilobus dei foraminiferi e Zona a Sphenolithus heteromorphus dei nannofossili calcarei), poco dopo il debut-to generale della formazione. Questa probabile anche se locale “lacunosità” basale è la prima di una serie più omeno numerosa (a seconda delle località) che caratterizza la formazione nel suo intero arco di distribuzione stra-tigrafica (fino al Messiniano basale, Zone a Globorotalia conomiozea e ad Amaurolithus delicatus-A. amplificus)e che giustifica il suo spessore relativamente modesto (circa 80 m) rispetto a quello che avrebbe dovuto raggiun-gere, per tipologia sedimentaria, nel tempo della sua deposizione (circa 11 M.A.). L’azione erosiva/dispersiva del-le correnti, responsabile di questa “lacunosità” riscontrata sempre entro un intervallo più o meno intensamente

Page 2: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

BOSSIO et al.64 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

glauconitico, si è estrinsecata con intensità variabile nello spazio e nel tempo anche in zone vicine. Il risultato piùeclatante di tale variabilità è il seguente: nel settore settentrionale dell’area di Lecce la fase di glauconizzazione èseguita, pressochè immediatamente, da quella di deposizione dei carbonati messiniani che costituiscono le Calca-reniti di Andrano; nel settore meridionale, invece, tra le due fasi è interposta la ripresa della sedimentazione cal-careo-detritica della Pietra leccese, la quale prosegue senza soluzione di continuità almeno per gran parte del Tor-toniano, producendo uno spessore di circa 30 m. La Pietra leccese dei livelli tortoniani più recenti mostra diversi-tà nella granulometria, nel colore e nel contenuto fossilifero rispetto alla tipica Pietra leccese, verosimilmente inconseguenza di un progressivo innalzamento dell’area che diviene alquanto rapido con l’inizio del Messiniano. LeCalcareniti di Andrano rappresentano il prodotto sedimentario di questo trend regressivo. Con i calcari e le calca-reniti di questa unità, i cui contenuti fossiliferi sono indicativi di un contesto ambientale di acque basse con con-dizioni chimico-fisiche sempre più riconducibili verso l’alto a quelle della ben nota “crisi di salinità” mediterra-nea, si chiude il ciclo miocenico sia localmente che nell’intero Salento.

Il 5° ciclo sedimentario, di età zancleana, è rappresentato dalla Formazione di Lèuca. Questa unità, spessa qual-che decina di metri, è costituita da brecce e conglomerati e, in netto subordine, da biomicriti glauconitiche. Il pri-mo litotipo, che si presenta come una massa caotica di clasti generalmente non elaborati e di dimensioni variabi-li, contiene nella matrice associazioni a foraminiferi planctonici ed a nannofossili calcarei indicative rispettiva-mente della Zona a Sphaeroidinellopsis seminulina s.l. e di quella a Discoaster variabilis s.l.; le associazioni ben-toniche (foraminiferi ed ostracodi), invece, individuano una deposizione in ambienti di debole profondità. Il se-condo litotipo, di pertinenza delle Zone a Globorotalia margaritae e ad Amaurolithus tricorniculatus, è l’espres-sione di un approfondimento, fino alla parte più profonda della zona neritica esterna, oltre che di un’intensa atti-vità erosiva da parte di correnti.

Il 6° ciclo sedimentario è costituito dalla Formazione di Uggiano la Chiesa. L’unità è rappresentata da varie de-cine di metri di sedimenti calcareo-detritici giallo-chiari, a grana da fine a grossolana, con ricorrenti fossili. Se nel-le altre località finora studiate la formazione è sempre risultata di età piacenziano-gelasiana (fino addirittura a san-terniana nell’area tipo), negli affioramenti di Lecce essa si è invece rivelata di età zancleana (Zona a Globorota-lia puncticulata dei foraminiferi; Zona a Discoaster tamalis dei nannofossili). Nonostante questa diversità, il de-butto della formazione si è comunque verificato in un contesto di subsidenza analogo, con fasi alterne di fosfatiz-zazione e di erosione da parte di correnti; prova ne è la presenza alla base dell’unità di un conglomerato a elemen-ti fosfatizzati e di associazioni bentoniche che esprimono batimetrie non compatibili con quelle di un sedimentotrasgressivo. Durante le cronozone a G. puncticulata ed a D. tamalis è documentabile un trend regressivo, da pro-fondità della zona neritica esterna a quelle della zona neritica interna.

Il 7° e ultimo ciclo è individuato dalle Calcareniti del Salento. Questa unità prevalentemente calcarenitica e dipoche decine di metri di spessore, contiene fossili indicativi di ambienti deposizionali di modesta profondità e ri-feribili al Sottopiano Siciliano (Zona a Globorotalia truncatulinoides excelsa dei foraminiferi e Zona a “small”Gephyrocapsa dei nannofossili) del Piano Calabriano (Pleistocene Inferiore).

PAROLE CHIAVE: Stratigrafia, Neogene-Quaternario, Salento Nord-orientale, Lecce.

ABSTRACT - The lithological features and the stratigraphical and paleoenvironmental significance of the for-mations outcropping in the north-eastern sector of the Lecce Province, (the respective Geologic Map in scale1:25.000 has been attached) are shown here. Starting from the oldest one, the units are: Calcari di Melissano for-mation, Galatone Formation, Lecce Formation, Pietra leccese formation, Calcareniti di Andrano formation, Lèu-ca Formation, Uggiano la Chiesa Formation and Calcareniti del Salento formation. They represent the results of7 sedimentary cycles developed from the Late Cretaceous to the Early Pleistocene.

The first cycle is represented by the Calcari di Melissano formation. This unit widely outcrops north of Lecce,in the surroundings of Surbo village, and it is constituted by compact limestones, dolomitic limestones and micrit-ic limestones whitish to grey in colour. The Calcari di Melissano formation generally consists of centimetric tometric layers, but locally it can be laminated. The rare macrofossils are fragments of rudists as well as corals andbivalves. Its depositional environment corresponds to shallow water marine conditions with continental episodes.In literature the formation has been attributed to the Turonian-Senonian interval (Late Cretaceous).

The second cycle is represented by the Galatone Formation, which outcrops south-west of Lecce , along NW-SE oriented strip. The unit is characterized by white-greyish micritic limestones, white-brownish limestones andyellowish marls. The litotypes are organized in layers from a few centimetres to several decimetres thick, common-ly showing planar laminae. The abundant fossil assemblages are mainly constituted by gastropods (especially ofthe Potamididae family; inner moulds of Ampullinopsis crassatina also occur), ostracods and small bivalves(mainly of the Cardidae and Veneridae families). The sedimentological features and the macro-microfossil con-tent indicate a lacustrine depositional environment; episodic connections with coastal restricted environmentscharacterized by brackish waters are also recorded. The presence of A. crassatina allow to refer the Galatone For-mation to the late Oligocene.

The Lecce Formation, formalized in this paper, represents the third cycle. The unit consists of whitish massivecalcarenites (often characterized by more or less distinct decimetric stratification) with intercalations of greyishmarly and micritic limestones. Rare bivalves (particularly Cardium), echinoids (Scutella), gastropods and macro-foraminifers (Operculina) occur. The planktonic foraminifer and calcareous nannofossil assemblages allow to at-tribute the upper part of the formation to the Paragloborotalia kugleri Zone and to the Sphenolithus delphix Zonerespectively and, thus, to the basal part of the Aquitanian (Early Miocene). Although, the lower part of the unit

Page 3: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 65Geologica Romana 39 (2006), 63-87

INTRODUZIONE

Le ricerche geologiche a carattere generale dello scor-so secolo sul territorio salentino (tra gli altri, si ricorda-no: Dainelli, 1901; De Benedetti, 1930; D’Erasmo,1959; De Giorgi, 1903, 1922; Ciaranfi et al., 1988,1993; Ricchetti et al., 1988; Sacco, 1911), nonchè quel-le più specifiche relative alla preparazione della CartaGeologica d’Italia (scala 1:100.000) (Largaiolli et al.,1969; Rossi, 1969 a, b) e alla migliore definizione diparticolari depositi (Del Prete & Santagati, 1972; D’A-lessandro et al., 1994), erano da considerarsi insuffi-cienti a fornire un quadro geologico d’insieme, moder-

no ed unitario, per l’area di Lecce (con inclusi i suoi im-mediati dintorni). Per questo motivo e alla luce degli in-coraggianti risultati ottenuti nel resto del Salento, sia sullato ionico (area di S.Maria al Bagno-S.Caterina; Bos-sio et al., 1992 ed in ultimazione), sia soprattutto suquello adriatico (dall’altezza di Otranto-Palmariggi aNord a S.Maria di Lèuca a Sud; Bossio et al., 2002 cumbibl.), è stato da noi impostato un programma di ricercageo-paleontologica che prevedeva: a) il rilevamentogeologico alla scala 1:25.000 (originariamente alla sca-la 1:10.000) dell’area estesa da Lecce a Surbo e all’alli-neamento Mass. Coccioli - T.re Chianca verso Nord, dalcapoluogo salentino all’allineamento Mass. Maria

has been doubtfully referred to the late Chattian. From a paleoenvironmental point of view, the lacking of sedi-mentary structures and the good preservation of the macroforaminifers led to hypothesize a sedimentary accumu-lation showing any transport evidences; furthermore, the common occurrence of Scutella indicates sandy back-drops and low hydrodynamism in shallow water marine conditions.

The fourth cycle is formed by the Pietra leccese and Calcareniti di Andrano formations. The first unit consistof pale yellow biomicrite, very rich of planktonic foraminifers. Its base is characterized by a breccia with carbon-atic heterometric elements and scarce matrix or by a thin brown level with small phosphatic elements. The fea-tures of this basal level and the paleoenvironmental evidence deriving from the benthonic assemblages, are in dis-agreement with a transgression, they rather suggest that the sedimentation started within depositional conditionscharacterized both by phases of phosphatization, probably in upwelling regime, and phases of erosion/dispersionlinked to the action of deep sea currents. During the late Burdigalian (Globigerinoides trilobus and Sphenolithusheteromorphus cronozones) these particular conditions ended (shortly after the early stage of the formation dep-osition). In addition, a strong activity of deep sea currents responsible for erosion and partial redistribution ofsediments, has also been hypothesized for the deposition of the glauconitic layers located in the upper part of theformation. In this contest, the local basal hiatus represents the first of a series which affected the Pietra lecceseformation up to the early Messinian (Globorotalia conomiozea Zone and Amaurolithus delicatus - A. amplificusZone); the presence of sedimentary hiatuses also justifies the relatively limited thickness of the formation itself(about 80 m) in spite of its long - lasting deposition (about 11 M.A.). The extension of the hiatuses changes in thedifferent sectors of the considered area. In the northern sector, for example, it has been observed that the glau-conitic layers immediately underlie the Messinian carbonatic deposits of the Calcareniti di Andrano formation;on the contrary, in the southern sector, these levels are overlaid by the Tortonian calcareous - detritic sedimentsof the Pietra leccese formation; these sediments, up to 30 m thick, show some differences in the granules size,colour and fossil content, in comparison with the typical Burdigalian Pietra leccese; this is probably due to theprogressive raising of the area, suddenly increasing since the Messinian. The Calcareniti di Andrano formationrepresents the regressive term closing the Miocene cycle in the whole Salento area.

The fifth sedimentary cycle is represented by the Lèuca Formation. This unit, over ten meters thick, is constitut-ed by breccias, conglomerates and, subordinately, by glauconitic biomicrites. Breccias and conglomerates areformed by carbonatic heterometric pebbles included in a mainly sandy or marly sandy matrix. The matrix yieldsforaminifers and nannofossils of the Sphaeroidinellopsis seminulina s.l. and Discoaster variabilis s.l. zones (basalZanclean, Early Pliocene) and benthonic assemblages (foraminifers and ostracods) indicating a shallow watermarine environments. The glauconitic biomicrites, attributed to the Globorotalia margaritae and Amaurolithus tri-corniculatus zones (Zanclean), are the sedimentary expression of an abrupt deepening (up to the deepest outerneritic zone) and of an intense erosive/dispersive action of the currents.

The sixth cycle is represented by the Uggiano la Chiesa Formation consisting of stratified and fossiliferousbiodetritical limestones and yellowish calcareous sands; about 50 meters thick. The calcareous plankton contentis referable to the Globorotalia puncticulata and D. tamalis zones, Zanclean in age; in other areas of the Salentothis formation has been referred to the Piacenzian and Gelasian; while, in its type area it has shown a wider strati-graphic range spanning from the Piacenzian to the Santernian time interval. In spite of these diachroneity, in theLecce area, the deposition of the formation starts in a similar context, characterized by erosive/dispersive process-es alternated to active processes of phosphatization. In fact, the local occurrence of a basal conglomerate withphosphatic pebbles, as well as the benthonic assemblages, indicating the outer neritic zone, are in contrast withthe evidence of a trasgression.

The last sedimentary cycle is represented by the Calcareniti del Salento formation. It consist of a fossiliferous(among the other, Arctica islandica, Mya truncata and Panopea norvegica) biodetritical carbonatic unit up to 20meters thick. The calcareous micro- and nannofossil content allow to refer it to the Globorotalia truncatulinoidesexcelsa and “small” Gephyrocapsa zones and, then to the Sicilian (Early Pleistocene). The benthonic assemblagesindicate a shallow water marine depositional environment.

KEY WORDS: Stratigraphy, Neogene-Quaternary, north-eastern Salento, Lecce.

Page 4: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

Quarta-Strudà-Vanze verso Sud; b) la relativa nota illu-strativa della stratigrafia e dell’evoluzione ambientale.

La nota, accentrata in particolare sulle unità neogeni-co-pleistoceniche, è qui presentata unitamente alla carta

geologica (Bossio et al., 1999). A riguardo, si precisa chele analisi biostratigrafiche hanno avuto come strumentofondamentale lo schema a foraminiferi planctonici ed anannofossili calcarei proposto da Foresi et al. (in Bossio

BOSSIO et al.66 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 1 - Schema zonale a plancton calcareo (foraminiferi e nannofossili) utilizzato per i sedimenti miocenici dell’area di Lecce. In sinistra, il suoinquadramento nelle scale magnetostratigrafica, cronostratigrafica e geocronologica.– Calcareous plankton (foraminifera and nannofossils) zonal scheme used for the Miocene sediments of the Lecce area. On the left, its frame in themagnetostratigraphic, chronostratigraphic and geochronologic scales.

Page 5: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 67Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 2 - Schema zonale a plancton calcareo (foraminiferi e nannofossili) utilizzato per i sedimenti plio-pleistocenici dell’area di Lecce. In sinistra, ilsuo inquadramento nelle scale magnetostratigrafica, cronostratigrafica e geocronologica.– Calcareous plankton (foraminifera and nannofossils) zonal scheme used for the Plio-Pleistocene sediments of the Lecce area. On the left, its framein the magnetostratigraphic, chronostratigraphic and geochronologic scales.

Page 6: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

et al., 2002), tra l’altro tarato alle scale standard crono-stratigrafica e magnetostratigrafica (Figg. 1 - 2), e che leconsiderazioni paleoambientali sono state sviluppate so-prattutto tramite i foraminiferi bentonici e gli ostracodi.Si evidenzia, ancora, che le due unità pre-neogeniche ri-levate sono state trattate in modo più sintetico: sostan-zialmente su basi bibliografiche quella cretacica dei Cal-cari di Melissano, con particolare riferimento al lavorodi Bossio et al. (1998) in cui è stata istituita, e a quelli diEsu et al. (1994) e Margiotta (1999, 2004) in cui è stataampiamente trattata, quella oligocenica della Formazio-ne di Galatone.

STRATIGRAFIA

Nell’area di Lecce sono state riconosciute otto unità li-tostratigrafiche: Calcari di Melissano, Formazione diGalatone, Formazione di Lecce, Pietra leccese, Calcare-niti di Andrano, Formazione di Lèuca, Formazione diUggiano la Chiesa, Calcareniti del Salento.

Calcari di Melissano

Caratteristiche

La formazione affiora estesamente a Nord di Lecce, neidintorni di Surbo. L’intervallo stratigrafico localmenterappresentato è costituto da un’alternanza di calcari, cal-cari dolomitici e micritici. Questi si presentano in generecompatti, di colore biancastro, grigio chiaro o nocciola,in strati di spessore variabile da qualche centimetro a cir-ca un metro. A luoghi gli strati risultano fratturati e disar-ticolati; talvolta essi sono fittamente laminati. In que-st’ultimo caso, i calcari costituiscono la varietà denomi-nata dai cavatori “Calcari di Surbo”, non distinta nellacartografia geologica ma largamente utilizzata nella pavi-mentazione di esterni per la facilità con cui essi possono

essere ridotti in lastre (volgarmente “chianche” o “chian-carelle di Surbo”). Gli affioramenti sono generalmente li-mitati a qualche metro di spessore; tuttavia una potenzamaggiore, sino a trenta o quaranta metri, è osservabilenelle cave (attive e no) ubicate a Nord della Cappellad’Aurio (nei pressi di Mass. Barba) ed in aree attigue aquella considerata. In corrispondenza degli affioramentipiù significativi e delle pareti delle cave (Fig. 3) si osser-va una giacitura suborizzontale o in debole monoclinaleimmersa a SO interessata da blande pieghe con direzioneassiale pressocchè costante (140°). Tra Mass. Frascusa eMass. Santoni, a Nord-Est di Surbo, dall’esame delle gia-citure è inoltre possibile ipotizzare un sistema di fagliesubverticali coniugate, anch’esse con direzione costante(140°), le quali suddividono i depositi in horst e graben,questi ultimi colmati dalla deposizione dei sedimenti piùrecenti (miocenici e pleistocenici).

I macrofossili sono in genere scarsi, caratterizzati daframmenti di rudiste e, in subordine, da coralli e pettini-di. Si segnala che Ciaranfi et al. (1988, 1993), inquadran-do l’evoluzione paleogeografica della regione salentinanel contesto di quella sedimentaria e tettonica dell’Avam-paese apulo, riferiscono i depositi salentini del Cretaceosuperiore alla formazione del Calcare di Altamura.

Età ed ambiente

Sulla base degli elementi litologici e paleontologici,nonché su basi bibliografiche (Largaiolli et al., 1969,Rossi, 1969 a, b; Martinis, 1970, Ricchetti et al.,1988),l’ambiente deposizionale è riconducibile alla parte menoprofonda della piattaforma interna; sono comunque do-cumentati anche episodici periodi di emersione.

Dalle Note Illustrative relative alla II° edizione dellaCarta Geologica d’Italia (Rossi, 1969 a,b), risulta che iCalcari di Melissano sono riferibili al Cretacico Superio-re (Turoniano-Senoniano).

Formazione di Galatone

Caratteristiche

Affiora saltuariamente lungo una fascia orientata NO-SE, a Sud-Ovest dell’abitato di Lecce. Dal punto di vistalitologico l’unità è caratterizzata da un’irregolare alter-nanza di calcari micritici compatti grigio-biancastri, cal-cari sottilmente stratificati di colore variabile dall’avanaal bianco e marne laminitiche giallastre. Gli strati calca-rei sono generalmente interessati da numerose fratturesubverticali che fanno loro assumere il tipico aspetto adenti di sega.

Una buona esposizione della formazione, dello spes-sore di circa 13 m, è ubicata in corrispondenza di un ta-glio della SS 101 Lecce-Gallipoli (Fig. 4). A causa del-l’assetto plicativo (anticlinale con ampio raggio di cur-vatura nel tratto meridionale, seguita da una monoclina-le con immersione a SO nel tratto settentrionale) la par-te inferiore dell’unità, costituita in prevalenza da strati

BOSSIO et al.68 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 3 - Calcari, calcari dolomitici e micritici appartenenti ai Calcari diMelissano ed esposti nella cava “Acquabona” nei pressi di Surbo(Nord di Lecce).– Limestones, dolomitic and micritic limestones of Calcari diMelissano formation in “Acquabona” quarry near Surbo (North ofLecce).

Page 7: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

marnosi (spessi da una decina ad una quarantina di cen-timetri) alternati a strati calcarei (di spessore decimetri-co), affiora nel tratto Nord del taglio stradale; viceversa,gli strati sommitali della successione, interessati da nu-merose deformazioni delle facies marnose (che impedi-scono il riconoscimento delle superfici di strato) e da in-tensa fratturazione dei livelli calcarei, sono osservabilinel tratto centrale. In quello Sud, infine, si rilevano livel-li di calcari, a luoghi sottilmente stratificati, con rare in-tercalazioni marnose.

Ulteriori osservazioni sulla formazione sono state ef-fettuate durante lo scavo di fondazione di un edificio, al-l’interno dell’area occupata dall’ospedale “Vito Fazzi”.Dal basso, le pareti dello scavo sono risultate costituiteda circa un metro di argille sabbiose di colore giallo ocrae da circa 5 m di calcari e calcari marnosi laminitici,blandamente piegati e ricchi in gasteropodi e bivalvi. Incorrispondenza del piano d’opera sono stati eseguiti tresondaggi a carotaggio continuo, profondi dai 15 ai 20 m.In particolare il sondaggio S1, profondo 18 m, ha attra-versato le argille sabbiose ancora per 5 m e, quindi, i cal-cari cretacici del substrato. Lo spessore delle argille sab-biose così identificato, concorda con quello indicato daDel Prete & Santagati (1972) per gli scavi adiacenti, re-lativi agli allora erigendi edifici ospedalieri. Da rilevareche questi Autori interpretano le argille sabbiose comedepositi di “terra rossa” interposti fra i calcari cretacici ela parte basale della Pietra leccese (qui riconosciuta co-me Formazione di Galatone).

“Terra rossa” interposta tra la Formazione di Galatonee i calcari del Cretacico è stata osservata anche in corri-spondenza del Pozzo Seminario (si veda più avanti) e dialtri pozzi esaminati da Margiotta (2004) nell’area diLecce; in alcuni casi, il deposito è caratterizzato dallapresenza di frequenti pisoliti bauxitiche, con diametrovariabile da pochi millimetri sino ad un centimetro.

L’apertura di un cantiere per la posa in opera di una tu-batura dell’acqua ha consentito di rilevare, nei pressi

dell’ospedale di Lecce, i rapporti stratigrafici tra la For-mazione di Galatone e la soprastante Formazione di Lec-ce (Margiotta, 1999). Per la precisione, la sezione consi-derata da questo Autore e` stata messa in luce da unatrincea, di profondità variabile (massima intorno ai 4 m)e con direzione ONO-ESE, al margine della strada checollega la SS 101 Lecce-Gallipoli con la SS 16 Lecce-San Cesario. A causa della giacitura anticlinalica deglistrati, il contatto tra le due unità è risultato visibile solonei tratti estremi (occidentale ed orientale) della trincea.Per i rapporti stratigrafici e le modalità di passaggio allaFormazione di Lecce si rimanda alla descrizione di que-st’ultima. Qui si mette in evidenza solo che: a) la Forma-zione di Galatone si è presentata per circa 2 m con stratiprevalentemente calcarei, a luoghi dolomitici e minuta-mente fratturati, di spessore variabile da centimetrici adecimetrici, raramente intercalati da millimetrici livelliargillosi; b) nei 30 cm sommitali dell’esposizione essaha mostrato una sottile stratificazione, con lamine paral-lele piane e, subordinatamente, ondulate; c) la sua super-fice superiore è di norma ondulata. Riguardo a quest’ul-tima si è dedotta l’esposizione subaerea dalla presenza dimud cracks, con poligoni di lato non superiore ad unpaio di centimetri, separati da fessure larghe un paio dimillimetri e profonde al massimo 1 cm, che si chiudonoa cuneo verso il basso. Sulla superficie sono stati notatianche rilievi mammellonari a base subcircolare e condiametro non superiore al decimetro, dovuti probabil-mente alla risalita di fluidi per “pompaggio evaporitico”attraverso fratture, nonchè impronte erosive dovute altrascinamento di oggetti.

La Formazione di Galatone è stata riconosciuta anchein corrispondenza di alcune perforazioni profonde, ese-guite nell’abitato di Lecce e nelle sue immediate vicinan-ze. In particolare, si fa riferimento ai pozzi S. Oronzo(ubicato a ridosso della piazza omonima), Alfarano (al-l’incrocio della strada per Maglie) e Seminario (nei pres-si della località Giardino Cupa), i quali hanno attraversa-to litotipi dell’unità alle seguenti profondità: il primo, da-159 m dal piano campagna fino a fondo pozzo (-201 m);il secondo, da -135 m a -156 m (fondo pozzo); l’ultimo,da -75 m a -154 m (Fig. 5). Relativamente al Pozzo Semi-nario, profondo 173 m, si rileva ancora che esso ha intac-cato alla base e per un paio di metri, calcari vacuolari gri-gi (con resti di Rudiste) di pertinenza dei Calcari di Me-lissano; questi sono sovrastati, per circa 17 m, da argillerosse residuali a luoghi ricche in pisoliti bauxitiche e conalla base una breccia costituita da elementi provenientidai sottostanti calcari cretacici. Le argille rosse sono sor-montate da un’alternanza di calcari stratificati, marne liti-che e argille grigie (Formazione di Galatone) dello spes-sore di circa 50 m. Al di sopra si hanno un livello di argil-le residuali (spesso circa 5 m) e successivamente, per unaventina di metri, litotipi (marne e calcari laminitici confrustoli vegetali) della Formazione di Galatone.

Per quanto riguarda il contenuto in fossili, le associa-zioni (più povere rispetto a quelle osservate nelle aree diGalatone e di S. Maria al Bagno) sono caratterizzate inprevalenza da numerosi gusci di gasteropodi e bivalvi,

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 69Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 4 - Affioramento della Formazione di Galatone, nei pressidell’Ospedale di Lecce (al margine della strada SS 101 a Ovest diLecce), rappresentato da un’alternanza irregolare di strati calcarei, cal-carenitici e marnosi di diverso spessore.– Galatone Formation outcrop, near the Lecce hospital (along the SS101 road to West of Lecce), characterized by an irregular alternationof differently thick calcareous, calcarenitic and marly layers.

Page 8: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

nonché da impronte riferibili verosimilmente ad ostraco-di (già riconosciuti in questa unità ed esaurientementestudiati da Esu et al., 1994). In particolare, i bivalvi so-no rappresentati da piccoli gusci di Cardidi e Veneridi(probabilmente Astartidae) oltre che da Dreissena, men-tre i resti di gasteropodi appartengono generalmente allafamiglia Potamididae; sono stati riconosciuti anche mo-delli interni (dimensioni di circa 6-7 cm) di Ampullinop-sis crassatina (Lamarck). La determinazione di questaspecie è confortata dalla presenza della stessa, con esem-plari provvisti di guscio e splendidamente conservati, insedimenti marnosi riferibili alla Formazione di Galatone(Bossio et al., in preparazione) e affioranti in aree nondistanti da quella considerata.

Lo spessore complessivo della Formazione di Galato-ne è difficilmente valutabile in ragione sia della scarsez-za delle esposizioni che dell’assetto tettonico; si ricorda,

comunque, che nel Pozzo Seminario esso raggiunge ilvalore di 79 m. In proposito si evidenzia ancora che laformazione affiora per uno spessore di circa 85 m nell’a-rea di Galatone (Bossio et al., 1998) e di una ventina dimetri in quella di S. Maria al Bagno (Bossio et al.,1992);essa è stata inoltre riconosciuta, in affioramento e nelsottosuolo di altre aree del Salento, con spessori moltovariabili (Margiotta & Ricchetti, 2002; Margiotta, 2004;Margiotta & Varola, 2004).

Età ed ambiente

Le analisi micropaleontologiche sono state effettuatein prevalenza su campioni provenienti da carote di poz-zi ubicati all’interno dell’abitato di Lecce (Fig. 5). Qui diseguito, si riportano i risultati più significativi relativi aipozzi S.Oronzo e Seminario. Per quanto riguarda il pri-mo pozzo, dalla Formazione di Galatone sono stati pre-levati 7 campioni; questi hanno fornito un residuo di la-vaggio piuttosto abbondante, costituito da numerosiframmenti carbonatici biancastri, da frequenti ostracodie gasteropodi a guscio liscio, oltre che da qualche otoli-te. Relativamente al secondo pozzo sono tati analizzati 9campioni provenienti dall’intervallo inferiore della for-mazione e uno al di sopra del livello di argille residuali(Fig. 5). I primi hanno messo in evidenza residui carat-terizzati da frammenti carbonatici biancastri e, dal puntodi vista organico, talora da ostracodi a guscio liscio, ta-laltra da ostracodi e foraminiferi bentonici; l’ultimo, unresiduo con frazione terrigena molto fine, frequenti ga-steropodi a guscio liscio e sottile, nonché rari ostracodi.

In ragione delle osservazioni litologiche e sedimento-logiche oltre che del contenuto in fossili, l’ambiente de-posizionale della formazione è da ritenersi essenzial-mente lacustre, episodicamente lagunare per contatti ef-fimeri con l’ambiente marino costiero. Questa ipotesi èconfortata da quanto osservato da Bossio et al. (1992) eda Esu et al. (1994) rispettivamente nell’area di S. Mariaal Bagno e in quella di Galatone. Circa l’età e le dedu-zioni ambientali, decisamente significativo appare il ri-trovamento di A. crassatina; infatti, il taxon è ritenuto ti-pico di sedimenti calcarei e calcareo-marnosi dell’Oligo-cene superiore depostisi in ambienti lagunari della Ger-mania (Lof P., 1985), del Belgio, dei bacini di Parigi e diAquitania (Moret, 1958), del bacino Mesoellenico dellaGrecia e di quello iraniano di Esfahan - Syrian (Harzhau-ser et al., 2002).

Formazione di Lecce

Caratteristiche

Affiora a Sud-Ovest dell’abitato di Lecce in discor-danza sulla Formazione di Galatone. Questa unità nontrova riscontro in alcuna delle unità litostratigrafiche si-nora formalizzate, né risultano in letteratura descrizionidella stessa se si eccettua quella riportata nella legendadella Carta Geologica allegata. La Formazione di Leccepresenta il suo affioramento migliore lungo la strada perArnesano. L’unità è caratterizzata da calcareniti massive

BOSSIO et al.70 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 5 - Stratigrafie di alcune perforazioni eseguite all’interno dell’a-bitato di Lecce.– Stratigraphies of some corings in Lecce.

Page 9: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

litificate, a luoghi marnose e di colore variabile dal bian-castro all’avana, che mostrano una stratificazione in ban-chi (spessi da 0,5 a 3 m) appena accennata (Fig. 6). Al-l’interno dei banchi sono osservabili superfici ondulateche si incrociano formando un basso angolo, riconduci-bili verosimilmente a strutture trattive. Talvolta, ai livel-li calcarenitici si intercalano altri costituiti da calcari mi-critici biancastri e da marne avana. Tra i fossili, si rin-vengono modelli di bivalvi (tra cui Cardium) e numero-si resti di echinoidei (Scutella, Fig. 7), gasteropodi e ma-croforaminiferi (Operculina, Fig. 8). La formazione pre-senta evidenti analogie litologiche e paleontologiche conla “calcarenite a Scutelle” segnalata da Barbera et al.(1993) nella cava “I Rizzi”, presso Galatone (a Sud del-l’area in esame, lato occidentale del Salento), e riferita

alla Pietra leccese nella Carta Geologica d’Italia(1:100.000).

La base dell’unità non è esposta; come detto in prece-denza, però, una trincea aperta nei pressi dell’ospedale diLecce per l’installazione di una condotta dell’acqua hamesso alla luce il contatto con la sottostante Formazionedi Galatone. Questo si realizza attraverso l’interposizio-ne di un livello costituito da fango dolomitico, di coloregiallo ocra e di spessore variabile da 40 cm a circa 2 m,a luoghi inglobante frammenti calcarei della Formazionedi Galatone. Tale livello, in genere privo di strutture se-dimentarie vere e proprie, localmente presenta bande dispessore millimetrico e di colore alternativamente mar-roncino scuro, giallo ocra e rossastro. Esso mostra anco-ra concrezioni carbonatiche di origine vegetale, spesso

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 71Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 6 - Calcareniti e calcari micritico-marnosi della Formazione di Lecce, in corrispondenza di un taglio della strada Lecce - Novoli (Ovest di Lecce).– Calcarenites and micritic and marly limestones of the Lecce Formation, outcropping along the Lecce - Novoli road (West of Lecce).

Fig. 7 - Esemplare di Scutella in calcareniti della Formazione diLecce.– Scutella specimen in calcarenites of the Lecce Formation.

Fig. 8 - Esemplare di Operculina in calcareniti della Formazione diLecce.– Operculina specimen in calcarenites of the Lecce Formation.

Page 10: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

di forma tubolare e con diametro massimo intorno ai 2cm, disposte generalmente in posizione orizzontale.

La presenza di questo deposito fangoso fu segnalata daCotecchia (1975) in una relazione professionale relativaallo studio geologico e geotecnico dell’area dell’ospeda-le. Nella locale successione stratigrafica l’Autore rico-nobbe depositi oligoalini (corrispondenti alla Formazio-ne di Galatone) e individuò alla base della Pietra leccese(in realtà corrispondente alla Formazione di Lecce) unintervallo rappresentato da un “livello limoso sabbiosodi colore bruno-nerastro inglobante numerosi elementilapidei tondeggianti di calcare concrezionale. A questolivello limo-sabbioso segue un banco, potente un metrocirca, di calcari bianco-marroncini brecciformi che, ver-so il basso, passa a livelli calcarei, calcarenitici ed an-che argillosi”. È evidente che il livello limoso-sabbiosodi cui parla questo Autore corrisponde all’intervallo co-stituito da fango dolomitico; dai sondaggi effettuati inquell’occasione emerge che lo spessore di questo variada 30 cm a 1,50 m.

Sul deposito fangoso giace una marna calcarea, di co-lore giallo ocra e spessa una trentina di centimetri, a suavolta seguita da calcareniti a grana medio fine e di colo-re biancastro, le quali rappresentano la facies tipica del-la Formazione di Lecce. Fra l’altro, nelle calcareniti so-no comuni i fossili (rappresentati da bivalvi, tra cui Car-dium, gasteropodi e macroforaminiferi appartenenti algenere Operculina) e le bioturbazioni (tubolari e condiametro non superiore al centimetro). Gli strati dellaFormazione di Lecce hanno giacitura discordante suquelli dell’unità sottostante; talvolta, essi risultano de-bolmente inclinati con immersione nella stessa direzionerispetto a quella degli strati della Formazione di Galato-ne ma con angolo non congruente.

Gli affioramenti dell’unità sono ricorrenti ma di spes-sore in genere contenuto (al massimo 10 m in corrispon-denza dell’intersezione tra la vecchia strada provincialeper Novoli e la tangenziale Ovest di Lecce, al margineorientale dell’area rilevata; Margiotta & Varola, 2004).Nel sottosuolo, invece, sono stati individuati spessori fi-no a 60 m. Per questi si fa riferimento ai pozzi S. Oron-zo, Alfarano e Seminario, precedentemente citati: l’uni-tà è stata attraversata da -102 a -158 m nel primo, da -130 a -90 m nel secondo, da -75 a -55 m nell’ultimo.

Età ed ambiente

Dal punto di vista paleoambientale, la scarsità di strut-ture sedimentarie e l’ottimo stato di conservazione deimacroforaminiferi inducono ad ipotizzare una deposi-zione senza vistosi fenomeni di trasporto; inoltre, la pre-senza e talvolta l’abbondanza di Scutella indicano fon-dali sabbiosi di debole profondità e relativamente bassoidrodinamismo (Matteucci e Parente, 1993).

Per quanto riguarda l’età della formazione, si fa riferi-mento principalmente ai risultati ottenuti dall’analisi mi-cropaleontologica (foraminiferi planctonici e nannofos-

sili calcarei) dei campioni provenienti dal Pozzo S.Oronzo (Fig. 5). Le associazioni a plancton calcareo dei9 campioni esaminati non sono sempre significative dalpunto di vista biostratigrafico. Solo quelle del tratto su-periore della formazione (SO 12-15) sono risultate, in-fatti, più ricche e diversificate e, quindi, più idonee in talsenso. In particolare, le presenze di Paragloborotalia ku-gleri (SO 13) tra i foraminiferi planctonici e di Spheno-lithus delphix (SO 13) tra i nannofossili consentono diindividuare le rispettive zone omonime di Foresi et al.(2002). Oltre ai marker zonali si ricordano altre forme,alcune delle quali particolarmente significative: Tenui-tellinata angustiumbilicata, Globigerina praebulloides,Globorotalia angulisuturalis, Paragloborotalia siaken-sis, P. pseudokugleri, Globigerinella obesa, Globigeri-noides sp. per il primo gruppo di organismi, Coccolithusmiopelagicus, Cyclicargolithus abisectus, C. floridanus,Helicosphaera euphratis, H. kamptneri (SO 14), Sphe-nolithus capricornutus (SO 12), S. compactus e S. mori-formis per il secondo gruppo. Tra i nannofossili, del tut-to significativo è anche il rinvenimento di Sphenolithuscapricornutus, la cui scomparsa precede quella di S. del-phix e la comparsa di P. kugleri nella sezione di Lemme-Carrosio, proposta per il GSSP (Global Stratotype Sec-tion and Point) della base del Neogene (Steininger et al.,1997). In termini cronostratigrafici, se la porzione supe-riore della Formazione di Lecce è quindi da attribuire al-la parte iniziale dell’Aquitaniano (Miocene Inferiore),non è da escludere che quella inferiore possa appartene-re al tratto sommitale del Cattiano (Oligocene superio-re). In proposito si rileva che anche nel campione basaleSO 9 è stato ritrovato S. capricornutus, un taxon che se-condo Perch-Nielsen (1985) compare nella parte supe-riore della oligocenica Zona NP 25. Questi risultati, otte-nuti dopo la pubblicazione della carta geologica, correg-gono l’esclusivo riferimento all’Aquitaniano in essa pre-sentato.

BOSSIO et al.72 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 9 - Contatto discordante tra la Pietra leccese ed i Calcari diMelissano in una cava ubicata al margine della strada Lecce - T.reChianca (Nord-Est di Lecce).– Discordant contact between Pietra leccese and Calcari di Melissanoformations in a quarry located to the border of the Lecce - T.re Chiancaroad (North-East of Lecce).

Page 11: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

Pietra leccese

Caratteristiche

L’unità affiora ampiamente, con andamento NW-SE,nei settori centro-occidentale e meridionale dell’areaconsiderata, dove attualmente è molto estesa l’urbaniz-zazione. Con lo stesso andamento ma di entità più limi-tata, sono gli affioramenti del settore sud - orientale; traquesti il più esteso è messo a nudo dall’erosione delleCalcareniti di Andrano nell’anticlinale di Acaia.

La Pietra leccese giace trasgressiva e in discordanzasia sui calcari del Cretacico, a NW dell’abitato di Lecce,sia sulla Formazione di Lecce, a W e SW dello stesso

abitato. Il contatto con quest’ultima è quasi ovunqueobliterato da costruzioni, coltivazioni o detriti; solo aESE dell’ospedale, alla base della Pietra leccese si rilevauna breccia dello spessore di 30-40 cm, costituita da ele-menti dell’unità sottostante. Al contrario, il contatto coni Calcari di Melissano è pressochè sempre scoperto. Inparticolare, ottime esposizioni si osservano nella zona aN di Mass. Pigno, dove peraltro è ben evidente che laPietra leccese si modella solo in parte sulle ondulazionidel calcare mesozoico o addirittura ne taglia gli strati.Lungo il taglio stradale per T.re Chianca e in cave adia-centi il contatto tra le due unità è netto (Fig. 9); infatti,con non più di 2 m di sedimenti bruni e privi di stratifi-cazione l’unità miocenica si adagia su quella cretacicabiancastra e ben stratificata ma spesso brecciata allasommità. In più punti, alla base della Pietra leccese èpresente una breccia dello spessore di 20-30 cm, con ele-menti cretacici clastosostenuti (delle dimensioni da po-chi millimetri a qualche decimetro) e matrice costituitada una calcarenite bruna. La superficie di trasgressionesui Calcari di Melissano spesso è ben levigata e a luoghiinteressata da fori di litofagi. Talvolta essa presenta unaspalmatura fosfatica con sparsi piccoli noduli di apatite(Fig. 10); in alcuni casi questo peculiare orizzonte puòraggiungere anche qualche centimetro di spessore.

Una superficie spianata e levigata alla sommità deiCalcari di Melissano e una breccia alla base della Pietraleccese, in genere localizzata in tasche della superficiecalcarea, è ben visibile ai bordi della “lingua” di Pietraleccese a NW di Surbo e, più a Est, al margine occiden-tale dell’esile fascia di quest’ultima risparmiata a trattidalla copertura quaternaria.

Nella sua tipica e più diffusa espressione, la Pietra lec-cese si presenta come una biomicrite a prevalenti forami-niferi planctonici, più o meno compatta e friabile, a gra-na fine, talora marnosa, di colore giallo-paglierino (Fig.11). La stratificazione, mal definibile, appare in banchiche superano il metro di spessore; solo eccezionalmente(ad esempio, negli affioramenti della zona di Mass. Fa-rache attraversati dalla strada per T.re Chianca) essa èben marcata per la presenza di livelli meno competenti epiù o meno marnosi, spessi da 20 a 30 cm. I fossili (inprevalenza pettinidi ed echinoidei) sono ricorrenti anchese sparsi; talvolta risultano frequenti le bioturbazioni aprevalente andamento orizzontale.

Nei 5-6 metri inferiori la Pietra leccese è molto com-patta, tenace, di aspetto cristallino, di colore variabiledall’avana chiaro all’avana scuro o al grigio-nocciola,con tonalità spesso rosate o verdastre; essa mostra inol-tre, per i primi 20-30 cm, sparsi noduletti fosfatici e, ta-lora, balanidi, pettinidi e piccoli denti di pesci. Nellaporzione superiore la formazione assume un contenutoleggermente glauconitico e, per alcuni metri, conservaun colore giallo ma con “picchiettature” verdi scure; di-viene quindi bruscamente ed estremamente ricca di gra-nuli di glauconite, assumendo di conseguenza una colo-razione verde intenso, oltrechè una manifesta friabilità(Fig. 12). Il contatto tra il sedimento intensamente glau-conitico e quello sottostante “picchiettato” ha un anda-

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 73Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 10 - Particolare del contatto tra Pietra leccese e Calcari diMelissano, nei pressi della cava di Fig. 9; la base dell’unità miocenicaè caratterizzata da un sottile livello fosfatico con sparsi piccoli nodulidi apatite.– Particular of the contact between Pietra leccese and Calcari diMelissano formations, near the quarry of Fig. 9; the base of theMiocene unit is characterized by a thick phosphatic level with smallnodules of apatite.

Fig. 11 - Parete della cava “Macello” (Nord di Lecce) costituita da tipi-ca Pietra leccese.– Wall of the “Macello” quarry (North of Lecce) constituted by typi-cal Pietra leccese.

Page 12: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

mento irregolare e ondulato; questo andamento è accen-tuato dallo sviluppo verso il basso di infiltrazioni più omeno estese, le quali appaiono come tasche o plagheverdi nelle sezioni verticali (Fig. 12). Oltre a numerosinoduletti fosfatici di dimensioni millimetriche fino a 2-3cm, al contatto si rinvengono frequenti fossili (in parti-colare Neopycnodonte, Amusium, Flabellipecten; pre-senti anche modelli fosfatizzati di gasteropodi, pteropo-di, bivalvi, brachiopodi e resti di vertebrati). La loro con-centrazione costituisce un caratteristico livello, spessoda 10 a 50 cm, indicato dai locali cavatori come “lineadelle cozze”. L’intervallo molto ricco in glauconite èspesso circa 2 m; al suo interno i fossili si rarefanno sem-pre più verso l’alto.

Nelle aree della fascia orientale della Penisola Salenti-na, da Otranto a S. Maria di Léuca, con le biomicritiglauconitiche termina la Pietra leccese; direttamente suqueste ultime, infatti, giacciono le Calcareniti di Andra-no (Bossio et al., 1989 a, b, 1991, 1994, 1997 b, 1999, inpreparazione). Nell’area di Lecce questa situazione è os-servabile dalla periferia settentrionale dell’abitato versoNord e nella fascia più orientale (ad esempio, negli affio-ramenti di Mass. Ospedale a Nord e di Acaia e Struda aEst). Nel settore meridionale, invece, al di sopra dei se-dimenti glauconitici è presente un deposito (con strati di20 - 30 cm di spessore) solo inizialmente simile alla tipi-ca Pietra leccese. In esso la litologia diviene gradual-mente verso l’alto a grana media, passando da un coloreavana chiaro (con locali concentrazioni di Neopycno-donte, Amusium, Chlamys, Flabellipecten, nonchè conrare bioturbazioni e sparsi granuli di glauconite), ad unogiallo-ocra (ricca in bivalvi, generalmente modelli, di-versi da quelli del sottostante intervallo). Ciò è partico-larmente evidente in una cava presso C. Treppida e, an-cor più, in alcune cave tra Lecce e Cavallino, come illu-strato nei particolari da Foresi et al. in un lavoro prossi-

mo alla stampa. A Sud lo spessore della Pietra leccese, aldi sopra dell’intervallo intensamente glauconitico di 2m, è di circa 30 m; esso diminuisce progressivamenteverso N, tanto che nell’abitato di Lecce è ridotto a pochimetri e, successivamente, si annulla del tutto.

Sulla base delle osservazioni di superficie e del sotto-suolo, lo spessore massimo della Pietra leccese non su-pera gli 80 m (Fig. 5).

Età ed ambiente

Nel suo complesso, la locale Pietra leccese ricoprel’intervallo Burdigaliano superiore - Messiniano inferio-re. Il riferimento al Burdigaliano superiore è stato rico-nosciuto nei campioni di superficie prelevati al contattosia con la Formazione di Lecce (fascia meridionale del-l’area rilevata) che con i Calcari di Melissano (fascia set-tentrionale). In tali campioni, infatti, sono state riscon-trate associazioni della Zona a Globigerinoides trilobus(con Globigerinoides altiaperturus, G. subquadratus,Paragloborotalia acrostoma, P. incognita, P. bella, P.siakensis, Dentoglobigerina langhiana, D. larmeui eCassigerinella chipolensis, tra le altre) e della Zona aSphenolithus heteromorphus (costituite prevalentemen-te, oltre che dal taxon nominale, da Coccolithus miope-lagicus, C. pelagicus, Cyclicargolithus floridanus, Dis-coaster deflandrei, Helicosphaera ampliaperta, H.euphratis, H. kamptneri, Reticulofenestra spp. e Spheno-lithus moriformis). L’età messiniana è stata documentatanei sedimenti debolmente glauconitici alla sommità del-la Pietra leccese, per uno spessore da poco meno a pocopiù di 1 m. Essa è confortata principalmente dal rinveni-mento di Globorotalia conomiozea, G. exerta, G. medi-terranea, G. miotumida e G. saheliana tra i foraminife-ri, di Amaurolithus delicatus e Discoater quinqueramustra i nannofossili, che consente di individuare rispettiva-mente la Zona a G. conomiozea e la Zona ad A. delica-tus-A.amplificus.

Lo spessore complessivo della Pietra leccese (di circa80 m al Pozzo S. Oronzo) è da considerarsi modesto ri-spetto a quello che essa avrebbe dovuto raggiungere, co-me sedimento detritico di piattaforma, in oltre 11 M.A.La ragione di questa riduzione risiede in alcune lacunenella sedimentazione, spiegate con l’azione di correntiche hanno inibito a più riprese la deposizione e/o aspor-tato e disperso i sedimenti già deposti (Bossio et al.,2002 cum bibl.; Bossio et al., in preparazione). Questihiatus sono stati individuati (e definiti nella loro esten-sione) per via biostratigrafica; tuttavia, un indice macro-scopico della loro esistenza è la presenza più o menoconsistente di glauconite, un minerale tipico delle areead intensa attività dinamica delle acque (per la genesi diquesto minerale nella Pietra leccese si rimanda a Balen-zano et al., 2002, 1994 e 1997). Tre lacune sono state ri-conosciute nel sottosuolo leccese da Foresi et al. (in pre-parazione), con caratteri generalizzabili a tutta l’area ri-levata; le loro ubicazioni e definizioni sono di seguito ri-portate, in ordine dal basso stratigrafico:

a) lacuna al passaggio tra la Pietra leccese non glauco-

BOSSIO et al.74 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 12 - Contatto irregolare e ondulato (marcato anche da concentra-zione di fossili) tra Pietra leccese intensamente glauconitica (“piroma-fo”) e Pietra leccese leggermente glauconitica, in un taglio della tan-genziale Est di Lecce; nel secondo litotipo sono evidenti le infiltrazio-ni del primo.– Irregular and undulated contact (pointed out by accumulations offossils) between the intensely glauconitic Pietra leccese (“piromafo”)and slightly glauconitic Pietra leccese; in the second lithotype they areevident the infiltrations of the first one.

Page 13: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

nitica delle zone a G. trilobus ed a S. heteromorphus equella debolmente glauconitica appartenente alle sotto-zone a Orbulina suturalis (Zona a O. suturalis-Globoro-talia peripheroronda) e a Sphenolithus moriformis (Zo-na a Discoaster exilis-S. heteromorphus). In termini bio-stratigrafici, la lacuna include almeno l’intera zona lan-ghiana a Praeorbulina glomerosa s.l. e la corrisponden-te parte della Zona a D. exilis-S. heteromorphus. L’enti-tà di questa lacuna è alquanto variabile (in funzione del-la variabilità nello spazio e nel tempo dell’azione dellecorrenti) e la prova più eclatante è stata fornita dal Poz-zo Seminario, eseguito alla periferia meridionale dellacittà. In esso i sedimenti burdigaliani hanno uno spesso-re inferiore ai 18 m, contro i 62 m raggiunti nei pozzi dilocalità vicine; i sedimenti soprastanti leggermente glau-conitici hanno al contrario uno sviluppo maggiore, noninferiore ai 30 m, mentre ad esempio nel Pozzo S. Oron-zo sono solo di qualche metro. Nel caso specifico delPozzo Seminario, questi ultimi sedimenti comprendonoanche la Sottozona a Praeorbulina glomerosa sicana(parte inoltrata) e la Sottozona a P. glomerosa circularis(suddividenti la Zona a Praeorbulina glomerosa s.l.) deiforaminiferi oltre che gran parte della Sottozona a S. mo-riformis dei nannofossili;

b) lacuna al passaggio tra la Pietra leccese debolmen-te glauconitica del Langhiano superiore, appartenente al-le Sottozone a Orbulina universa (Zona a O. suturalis -G. peripheroronda) ed a Helicosphaera walbersdorfen-sis-S. heteromorphus (Zona a D. exilis-S. heteromor-phus), e quella intensamente glauconitica del Serraval-liano superiore, di pertinenza della Zona a Paragloboro-talia siakensis e della Zona a Discoaster bollii (parte ini-ziale). La lacuna ingloba, quindi, almeno parte della Zo-na a O. suturalis-G. peripheroronda e le intere zone aDentoglobigerina altispira altispira, Paragloborotaliapartimlabiata e a Neogloboquadrina atlantica praeat-lantica dei foraminiferi (zone a Calcidiscus premacinty-rei, C. macintyrei e Discoaster kugleri dei nannofossili).Nel Pozzo Morello la lacuna avrebbe una estensione mi-nore, essendo presenti sedimenti del Serravalliano me-dio, ovvero della Sottozona a Paragloborotalia mayeri(Zona a P. partimlabiata) e della Zona a C. macintyrei.

c) lacuna alla sommità dell’intervallo serravalliano in-tensamente glauconitico, sul quale giacciono i sedimen-ti debolmente glauconitici della parte inoltrata del Torto-niano inferiore (Zona a Neogloboquadrina acostaensisdei foraminiferi, Zona a Discoaster calcaris dei nanno-fossili). Il terzo intervallo mancante comprende, quindi,almeno la Zona a Globigerinoides obliquus obliquus eparte della successiva Zona a N. acostaensis, nonchègran parte della Zona a Discoaster bollii e l’intera Zonaa D. bellus.

Nel settore centro-settentrionale dell’area rilevata laripresa della sedimentazione è alquanto effimera, produ-cendo solo qualche metro di Pietra leccese delle suddet-te biozone del Tortoniano inferiore, sulle quali giaccionopochi metri di sedimenti debolmente o per niente glau-conitici della Zona a Globorotalia suterae e di quella adAmaurolithus primus (parte sommitale del Tortoniano)

o, addirittura, delle zone a G. conomiozea e ad A. delica-tus-A. amplificus (Messiniano basale). Anche nel settoreorientale (zona di Acaia) i pochi metri di Pietra lecceseche affiorano sotto le Calcareniti di Andrano sono debol-mente glauconitici e appartengono alle zone a G. cono-miozea e ad A. delicatus-A. amplificus (si veda anche inMargiotta, in stampa). Questa locale quarta lacuna inqueste aree sarebbe quindi comprensiva almeno dell’in-tera Zona a G. obliquus extremus e di buona parte dellaZona a G. suterae (parte sommitale della Zona a Disco-aster calcaris e Zona a D. surculus). Nel settore meridio-nale, invece, la sedimentazione prosegue senza soluzio-ne di continuità dalla Zona a N. acostaensis alla Zona aG. conomiozea (intervallo Zona a D. calcaris - Zona adA. delicatus-A. amplificus dei nannofossili), costituendocosì un’eccezione per il territorio con la deposizione diuna trentina di metri di spessore di una “Pietra leccese”parzialmente diversa da quella tipica, come già espressoin altra parte.

Per quel che concerne l’ambiente di sedimentazione,da un punto di vista generale la formazione presenta as-sociazioni a foraminieri bentonici e ad ostracodi indican-ti batimetrie riconducibili alla parte profonda della zonaneritica esterna. A titolo di esempio si ricordano in esse:Anomalinoides helicinus, Bolivina spp. (arta, reticulata,hebes, ecc.), Bulimina costata, Burseolina calabra, Cas-sidulina cruysi, Cibicidoides pseudoungerianus, Gyroidi-na soldanii, Gyroidinoides altiformis, Heterolepa bellin-cionii, Melonis pompilioides, M. soldanii, Neoeponidesschreibersii, Planulina ariminensis, Siphonina reticulata,Spiroplectammina carinata, Uvigerina spp. (peregrina,ouberiana, ecc.), tra i foraminiferi; Buntonia dertonensis,Henryhowella asperrima, Puricytheretta melitensis, Ar-gilloecia acuminata, Retibythere vandenboldi, Cytherellavandenboldi, C. scutulum, Trachyleberidea lanceolata,Xestoleberis prognata. tra gli ostracodi.

Non sono disponibili elementi favorevoli per docu-mentare l’evoluzione paleoambientale che ha portato aqueste profondità a partire dalla base dei sedimenti tra-sgressivi. Comunque, nei pochi campioni disponibili perla base dell’unità (ad esempio, quelli del Pozzo S. Oron-zo), tra i pochissimi foraminiferi bentonici riconoscibilisono presenti Ammonia beccarii e Florilus boueanus,mentre tra gli ostracodi si ricordano Carinocythereismessapica, Carinovalva rotundata e Cytheretta sp.; tut-te queste forme sono indicative di ambienti di piattafor-ma interna. Certo è che l’approfondimento deve esserestato molto rapido tant’è che campioni prelevati poco so-pra la base della trasgressione mostrano già evidenze diun ambiente neritico esterno. Da far presente poi che,laddove sulla superficie di trasgressione vi è una spalma-tura fosfatica od uno straterello di fosfati (ad esempio aNord di Mass. Pigno), i primi livelli della Pietra leccesenon corrispondono a quelli della base della trasgressio-ne, come del resto già evidenziato da Bossio et al. (1989f, 2002) per l’area di Lèuca. Si rileva, infine, una pro-gressiva ma rapida riduzione batimetrica nel corso dellaparte superiore del Tortoniano e, soprattutto, nel Messi-niano basale; in conseguenza di questo trend regressivo

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 75Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 14: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

l’ambiente deposizionale tornò a trovarsi a profonditànon lontane da quelle del limite zona neritica esterna/zo-na neritica interna. Nelle associazioni a foraminiferi sipresentano infatti, tra le altre, Ammonia beccarii, Asteri-gerinata planorbis, Cancris auriculus, Cibicides lobatu-lus, Elphidium crispum, Florilus boueanus, Reussellaspinulosa, Rosalina globularis, che vanno ad associarsia taxa più profondi, quali Bolivina apenninica, B. dilata-ta, B. jerensis, B. tortuosa, Bulimina minima, B. subula-ta, Hopkinsina bononiensis, Lenticulina spp., Marginuli-na costata, Rectuvigerina gaudrynoides, R. siphogeneri-noides, Siphonina planoconvexa, oltre a parte di quelli

già nominati. Anche le ostracofaune, caratterizzate dallapresenza di Carinovalva aquila, Loxoconcha cristatissi-ma, Loxocorniculum quadricornis, Sagmatocythere te-nuis e Nonurocythereis semilunum esprimono chiara-mente il trend regressivo.

Calcareniti di Andrano

Caratteristiche

È l’unità più estesamente rappresentata nell’area rile-vata, con ampi affioramenti ad andamento SE-NW, daVanze a T.re Chianca. Senza soluzione di continuità si ri-

BOSSIO et al.76 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig.13 - Affioramento di calcareniti stratificate della formazione di Andrano, al margine orientale dell’abitato di Lecce. – Stratified calcarenites of the Andrano formation, outcropping in the eastern side of Lecce.

Fig. 14 - “Lumachella” di serpulidi nelle Calcareniti di Andrano, lungo la tangenziale Est di Lecce.– Accumulation of serpulids in the Calcareniti di Andrano formation, along the East by-pass road of Lecce.

Page 15: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

congiungono a questi affioramenti quelli altrettanto am-pi sui quali è costruita la parte orientale di Lecce.

Le Calcareniti di Andrano giacciono in concordanzasulla Pietra leccese, con la quale mostrano una transizio-ne graduale ma rapida. Nel tratto inferiore la formazionerisulta costituita in prevalenza da calcari più o menomarnosi e da calcareniti spesso molto friabili ed a granada fine a media, di colore avana chiaro fino al biancosporco o al giallo tenue, ben stratificati in livelli decime-trici e ricchi in fossili (Fig. 13). Tra questi ultimi, i ser-pulidi (Fig.14) e le alghe calcaree sono i più diffusi (tal-volta si rinvengono concentrati in plaghe); ricorrenti so-no anche i brachiopodi, i bivalvi (ostreidi, pettinidi, lito-domi, cardidi, ecc.), i gasteropodi (prevalgono quelli dipiccole dimensioni) ed i briozoi. La parte restante dellaformazione si presenta come un deposito carbonaticopiuttosto tenace, generalmente micritico ma anche gros-solanamente detritico, di colore dal bianco al grigio e algiallastro, a livelli privo di fossili o con fossili molto dif-fusi. In alcuni intervalli la stratificazione è netta, constrati di spessore variabile da pochi centimetri fino ad ol-tre 50 cm; in altri, invece, è irregolare e grossolana.

Le esposizioni dell’unità sono in genere ridotte a po-chi metri di spessore; ciò è osservabile anche lungo i ta-gli stradali che maggiormente la incidono (ad esempio,quelli della strada Lecce-S. Cataldo). Anche se le blandee ripetute ondulazioni palesate dai suoi strati contribui-scono a rendere difficoltosa la valutazione del suo spes-sore complessivo, questo sembra restare entro i 90 m; ta-le misura è stata accertata in pozzi eseguiti poco a Suddell’area considerata (Margiotta, in stampa).

Età ed ambiente

Tranne poche eccezioni i campioni per le analisi mi-cropaleontologiche provengono dal tratto inferiore del-l’unità, dove sono più ricorrenti i livelli a maggiore com-ponente marnosa. In questi ultimi il plancton calcareo èrelativamente comune, con associazioni alquanto similinelle varie località ed indicative della Zona a Globorota-lia conomiozea per i foraminiferi planctonici, della Zonaad Amaurolithus delicatus-A. amplificus per i nannofos-sili. Tra i taxa più significativi si ricordano, oltre ai mar-ker zonali, Globorotalia mediterranea, G. miotumida, G.saheliana, G. suterae, G. menardii (sinistrorsa), Neoglo-boquadrina acostaensis (sinistrorsa), Globigerina ne-penthes, Globigerinoides obliquus extremus, G. bollii,G. seigliei, G. cf. mitra, G. fragilis e G. thyrrenicus peri foraminiferi, Amaurolithus delicatus, A. primus, Crico-lithus jonesi, Discoaster brouweri, D. pentaradiatus, D.surculus, D. variabilis s.l., Helicosphaera carteri, Reti-culofenestra pseudoumbilica e Umbilicosphaera sibo-gae per i nannofossili. In termini cronostratigrafici, l’u-nità è di pertinenza del Messiniano inferiore preevapori-tico.

Dopo alcuni metri dalla base della formazione ilplancton calcareo diviene sempre più scarso, fino ascomparire completamente; risulta impossibile, quindi,definire direttamente l’età della parte superiore delle

Calcareniti di Andrano. In proposito si rileva, comunque,che sulla base delle conoscenze fino ad ora acquisite sul-l’intera area di affioramento dell’unità (si veda, ad esem-pio, in Bossio et al., 1989a, 1991), oltre che sulla valuta-zione non indifferente del locale spessore di quest’ulti-ma, è del tutto verosimile che anche nella zona di Lecceessa si spinga verso l’alto a comprendere strati della fa-se preevaporitica messiniana riferibili all’intervallo Zo-na a Turborotalita quinqueloba-Zona Sterile dei forami-niferi e Zona ad A. delicatus-A. amplificus - parte basaledella Zona Sterile dei nannofossili.

Per quel che riguarda l’ambiente deposizionale, è daevidenziare che anche per gli organismi bentonici i pri-mi metri della formazione rappresentano l’intervallo dimaggiore diversità (fra l’altro, i foraminiferi bentonicisuperano quantitativamente i planctonici). Nelle associa-zioni vi è una mescolanza di forme a carattere più pro-fondo (Bolivina apenninica, B. dilatata, B. reticulata, B.tortuosa, Bolivinoides miocenicus, Bulimina echinata,Burseolina calabra, Cassidulina cruysi, Cibicidoidespseudoungerianus, Heterolepa bellincionii, Hopkinsinabononiensis, Gyroidina soldanii, Marginulina costata,Melonis soldanii, Rectuvigerina siphogenerinoides, Uvi-gerina peregrina fra i foraminiferi; Acantocythereis hi-strix, Callistocythere assueta, C. joachinoi, C. pallida,Eucytherura complexa, Semicytherura inversa fra gliostracodi) e di forme che preferiscono minori profondità(Ammonia beccarii, Asterigerinata planorbis, Cancrisauriculus, Cibicides lobatulus, Cribroelphidium deci-piens, Elphidium complanatum, E. crispum, Eponidesrepandus, Florilus boueanus, Gypsina vesicularis, Mis-sissippina concentrica, Neoconorbina terquemi, Protel-phidium granosum, Reussella laevigata, R. spinulosa,Spirillina vivipara, Quinqueloculina spp. e Aurila con-vexa, A. freudenthali, A. philippi, Carinocythereis gali-lea, Celtia quadridentata, Cletocythereis haidingeri,Cytheretta semiornata, Cytheridea neapolitana, Hilter-mannicythere rubra, Leptocythere sanmarinensis, Loxo-concha cristatissima, L. rhomboidea, L. tenuis, L. varie-sculpta, Neocytherideis fasciata, Nonurocythereis semi-lunum, Olimfalunia sicula, Pachycaudites ungeri,Paracytheridea triquetra, Pokornyella italica, Ruggieriatetraptera, Semicytherura raulini, Xestoleberis dispar,X. plana, X. reymenti rispettivamente per i due gruppi).Verso l’alto, le prime tendono a scomparire rapidamentementre alcune delle seconde acquisiscono maggiore im-portanza numerica. In campioni raccolti a vari livelli nelresto della formazione i taxa di acque basse, spesso indi-vidualmente poco rappresentati, sono i soli costituentidelle associazioni a foraminiferi. Ne emergono contestipaleoambientali con batimetrie riconducibili a quelle dellimite zona neritica interna/zona neritica esterna per i li-velli basali dell’unità; i livelli successivi sono indicatividi profondità più modeste (parte media e superiore dellazona neritica interna). È probabile che questo trend re-gressivo porti ad un ambiente costiero fortemente in-fluenzato dagli apporti dulcicoli continentali e testimo-nianza ne è la presenza di Cribrononion articulatum(una specie che predilige gli ambienti sottosalati), con-

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 77Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 16: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

statata in livelli presumibilmente sommitali della forma-zione (di poco sottostanti quelli trasgressivi pliocenicinella zona a W di S. Cataldo).

Formazione di Lèuca

Caratteristiche

È un’unità litostratigrafica formalizzata nel 2002 daBossio et al., ma dagli stessi utilizzata informalmente findal 1986. La componente più cospicua e diffusa (quindicartografabile), oltre che più tipica della formazione, ècostituita da brecce e conglomerati; questi litotipi rap-presentano il tratto basale del Pliocene in quasi tutta l’a-rea salentina. Ciò nondimeno, gli Autori sono stati co-stretti, per la saltuarietà e l’esiguità degli affioramenti,ad inserire nell’unità altre due tipologie sedimentarieseppur molto diverse: marne tipo “Trubi” della Sicilia-Calabria e biomicriti glauconitiche (per ulteriori precisa-zioni in merito si rimanda a Bossio et al., 2002). Nell’a-rea rilevata sono presenti quasi esclusivamente brecce econglomerati, i quali affiorano in una esigua ma conti-nua fascia orientale, tra le sottostanti Calcareniti di An-drano e la soprastante Formazione di Uggiano la Chiesa.Nonostante pochi siano gli affioramenti favorevoli, laformazione (nonché il contatto con le Calcareniti di An-drano) è agevolmente rilevabile dal ciottolame sparsosul terreno, oltre che dalla diversa morfologia rispetto aquella dei sedimenti miocenici. Talvolta, è addiritturascoperta la superficie di trasgressione, la quale riguardastrati miocenici diversi ed è spesso perforata da organi-smi litofagi.

Un ottimo affioramento della formazione, a partire dalcontatto di questa con le rocce calcaree mioceniche, èosservabile nel taglio stradale poco a Nord di Mass.Tor-ricella e parallelo alla strada Lecce-S.Cataldo. Tale affio-ramento è lungo circa 150 m ed alto mediamente 2 m;

esso ha invece un’altezza di soli 30 cm in corrisponden-za del contatto, discordante e quasi verticale (lato di unaprobabile tasca nelle Calcareniti di Andrano), con ilMiocene. L’unità è qui rappresentata da una breccia (an-che se talora si rinvengono elementi elaborati) dall’as-setto completamente caotico, costituita da clasti carbo-natici della formazione di Andrano di dimensioni estre-mamente variabili: prevalgono quelli con diametro intor-no ai 10 cm o meno, sono comuni quelli di alcuni deci-metri, sono rari quelli che raggiungono il metro (Fig.15). Anche la matrice, in genere di colore giallastro (ra-ramente più chiara), è in quantità variabile: scarsa in al-cuni punti, molto abbondante in altri (tanto da formareplaghe di vari metri con disseminati sia piccoli ciottoli,anche elaborati, che grossi elementi a spigoli vivi). Talo-ra essa si presenta come una argilla più o meno marno-sa, talaltra come una sabbia o una calcarenite. I fossiliche contiene, spesso in frammenti, sono rari e general-mente rappresentati da bivalvi (Ostrea e Chlamys).

Lo spessore dell’unità non è ben misurabile ma nondovrebbe superare qualche decina di metri.

Per quanto riguarda le biomicriti glauconitiche si rile-va che queste sono state riconosciute esclusivamente al-l’interno di uno scavo per edificazione (attualmente oc-cupato da un ristorante) situato poco a Nord della stradaLecce-S.Cataldo. Nei circa 3 m dello scavo, sono statericonosciute sia le calcareniti glauconitiche (nella metàinferiore), sia le calcareniti giallastre della Formazionedi Uggiano la Chiesa (in quella superiore). Purtroppol’esposizione del taglio era in condizioni tali da non mo-strare il contatto e le modalità di transizione delle secon-de dalle prime.

Altre annotazioni sulla formazione concernono: la ma-nifesta variabilità dello spessore (nei pressi di Mass. Me-le e a NE di Acaia è ridotto a poco più di 1 m) e la ricor-rente presenza, nella parte inferiore, di calcari vacuolariin blocchi anche di oltre 1 m, di colore scuro, talora vi-naccia, molto compatti e a luoghi laminitici (Fig. 16).Questi calcari, di cui al momento non è conosciuto il si-gnificato, sono già stati evidenziati in numerose altre lo-

BOSSIO et al.78 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 15 - Breccia alla base della Formazione di Lèuca, costituita daclasti delle Calcareniti di Andrano immersi in una matrice prevalente-mente sabbiosa o calcarenitica, al margine di una strada a Nord diMass. Torricella (Est di Lecce). – Breccias at the base of Lèuca Formation, constituted by clasts of theCalcareniti di Andrano formation and by mainly sandy or calcareniticmatrix, along a road to North of Mass. Torricella (East of Lecce).

Fig. 16 - Calcari vacuolari scuri alla base della Formazione di Lèuca,in prossimità di Mass. Torricella (Est di Lecce).– Vacuole dark limestones at the base of Lèuca Formation, near Mass.Torricella (East of Lecce).

Page 17: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

calità del territorio salentino, ad iniziare da Giannelli etal. (1965, 1966); essi sembrano, quindi, costituire unbuon marker di riconoscimento della base della Forma-zione di Lèuca (si veda anche in Bossio et al., 1991).

Età ed ambiente

Date le caratteristiche dell’unità, sono pochi i campio-ni favorevoli per le analisi micropaleontologiche. In alcu-ni campioni, comunque, il plancton calcareo si presentacon taxa che possono raggiungere quantità significative:per i foraminiferi planctonici si ricordano Globigerinoi-des obliquus obliquus, G. obliquus extremus, Neoglobo-quadrina acostaensis, Globoturborotalita decoraperta(sono rari e sporadici Globigerinoides seigliei, G. bollii,Globigerinella pseudobesa, Neogloboquadrina humero-sa, Sphaeroidinellopsis seminulina seminulina, S. semi-nulina paenedehiscens, Globoturborotalita nepenthes epochi altri taxa); per i nannofossili sono da segnalare Cal-cidiscus macintyrei, Coccolithus pelagicus, Helicosphae-ra carteri, Reticulofenestra pseudoumbilica, Sphenoli-thus abies e Umbilicosphaera sibogae (sono di rinveni-mento decisamente raro e saltuario Amaurolithus delica-tus, Calcidiscus leptoporus, Cricolithus jonesi, D. brou-weri, D. pentaradiatus, D. surculus, D. variabilis s.l.,Pontosphaera japonica, Rhabdosphaera procera, Sphe-nolithus neoabies e poche altre forme). In questo conte-sto, di importanza biostratigrafica fondamentale risultaG. seigliei, una forma sviluppatasi nel Tortoniano edestintasi nel Pliocene basale (Foresi et al., 2001); per laprecisione Bossio et al. (1997a) focalizzano l’ultima suapresenza all’interno del Bacino Mediterraneo nella partesuperiore della Zona a Sphaeroidinellopsis seminulinaseminulina. La conseguente attribuzione delle brecce econglomerati a questa biozona è in perfetta armonia conil riconoscimento della Zona a Discoaster variabilis s.l.,con l’assenza di Globorotalia margaritae ed Amauroli-thus tricorniculatus e, quindi, con quanto sinora cono-sciuto nella Penisola Salentina. Dal punto di vista crono-stratigrafico l’unità è da riferire alla parte iniziale delloZancleano.

Nei campioni provenienti dalle biomicriti glauconiti-che sono frequenti i foraminiferi planctonici che, addirit-tura, superano quantitativamente i foraminiferi bentoni-ci. Tra i taxa non rinvenuti nelle brecce e nei conglome-rati spicca in primo piano Globorotalia margaritae, an-che con ricorrenti individui; essa consente l’immediato esicuro riferimento alla zona omonima. Per quanto riguar-da il contenuto in nannofossili calcarei, peraltro abbon-dante, si rileva la presenza di A. tricorniculatus, Syraco-sphaera histrica, Helicosphaera cf. sellii e l’assenza didiscoasteridi a maggiore affinità miocenica (D. challen-geri, D. variabilis s.l.) come principale differenza rispet-to alle associazioni riscontrate nelle brecce e nei conglo-merati. Tale contenuto è indicativo della Zona ad A. tri-corniculatus. Il riconoscimento delle due biozone nellebiomicriti glauconitiche non lascia dubbi circa la loroappartenenza ad una porzione inoltrata dello Zancleano.

Non sono disponibili campionature in serie per una ra-

zionale ricostruzione paleoambientale. È certo, comun-que, che i campioni prelevati poco al di sopra della basedell’unità contengono esclusivamente associazioni mol-to povere in organismi bentonici (costituite da alcuni diquesti taxa: Ammonia beccarii, Asterigerinata planor-bis, Cancris auriculus, Cibicides lobatulus, Elphidiumcrispum, Florilus boueanus, Neoconorbina terquemi,Protelphidium granosum, Quinqueloculina seminulum,Reussella spinulosa, Triloculina trigonula; Aglaiocypriscomplanata, Aurila punctata, Costa edwardi, Cyprideistorosa, Cytheridea neapolitana, Paracytheridea trique-tra, Xestoleberis communis), le quali caratterizzano am-bienti di modeste batimetrie. Nei campioni stratigrafica-mente più alti, invece, le associazioni sono più diversifi-cate e possono contenere, oltre al plancton e ad alcuneforme già citate, l’uno o l’altro di questi taxa a significa-to più profondo: Anomalinoides helicinus, Bolivinaapenninica, B. lucana, B. punctata, Bulimina minima, B.subulata, Cassidulina cruysi, Cibicidoides pseudounge-rianus, Dimorphina tuberosa, Gyroidina soldanii, Glo-bocassidulina subglobosa, Marginulina costata, Neoe-ponides schreibersii, Uvigerina longistriata; Acantocy-thereis histrix, Callistocythere pallida, Carinocythereiswithei, Loxoconcha oculata, Semicytherura dispar). Insostanza, nell’ambito della formazione è osservabile unapprofondimento che, in tempi relativamente brevi, deveaver raggiunto batimetrie compatibili con la parte piùprofonda della zona neritica interna.

Le biomicriti glauconitiche mostrano, oltre a valori delrapporto plancton/ benthos maggiori di 1, associazioni aforaminiferi bentonici alquanto diversificate e senzadubbio indicative almeno della parte più profonda dellazona neritica esterna. Sono evidenza di questa batime-tria, oltre alla rarità dei taxa di acque basse, la presenzae talora l’abbondanza delle forme seguenti, scelte a tito-lo di esempio: Anomalinoides helicinus, Biogenerina no-dosaria, Bolivina apenninica, B. aenariensis, B. lucana,B. leonardii, B. plancentina, Bulimina costata, B. mini-ma, B. subulata, Cancris oblongus, Cassidulina carina-ta, Cibicidoides pseudoungerianus, Globocassidulinasubglobosa, Gyroidina soldanii, Hoeglundina elegans,Karreriella bradyi, Liebusella rudis, Lenticulina spp.,Marginulina costata, Martinottiella communis, Melonispadanus, Neoeponides schreibersii, Nodosaria raphani-strum, Planularia auris, Planulina ariminensis, Ramuli-na globulifera, Saracenaria italica, Siphonina plano-convexa, Stilostomella spp., Uvigerina peregrina, U. ru-tila, Vaginulina striatissima per i foraminiferi e Argilloe-cia robusta, Bairdia conformis, Bosquetina dentata,Buntonia dertonensis, B. sublatissima, Bythocypris pro-duca, Cytherella terquemi, Eucytherura gibbera, E. mi-strettai, Kangarina abyssicola, Loxoconcha moncha-monti, L. rhomboidea, Rectobuntonia rectangularis, Se-micytherura spp., Xestoleberis spp. per gli ostracodi.

Formazione di Uggiano la Chiesa

Caratteristiche

È la più orientale delle unità e affiora senza soluzione

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 79Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 18: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

di continuità da Vanze a Sud fino al Casino del Guardia-no (nei pressi del bacino per la piscicoltura) a Nord. Sitratta di una monotona successione calcareo-detritica piùo meno friabile, con grana da fine a grossolana, di colo-re grigio fino al giallo chiaro (Fig. 17), irregolarmentestratificata, con ricorrenti fossili (soprattutto pettinidi eostreidi). Nella parte inferiore la formazione ha una gra-na fine e, talvolta, una componente marnosa (con Amus-sium e Neopycnodonte); in quella medio-superiore lagrana è, invece, da media a grossolana.

La Formazione di Uggiano la Chiesa giace ovunquesulla Formazione di Lèuca. Spesso il contatto tra le dueunità è rilevabile su basi morfologiche: la formazionepiù antica dà luogo, infatti, ad uno sbalzo morfologicosul quale si adagia la formazione più recente. Il contattoè invece ben esposto nel taglio della strada che costeggiaMass. Gennarano, poco più di 1 km a Sud della stradaLecce-S.Cataldo. Qui le calcareniti giallastre della For-mazione di Uggiano la Chiesa, alquanto tenaci e a granamedia, giacciono su brecce e conglomerati (dal solitoaspetto caotico e con i tipici calcari cariati color bruno)dell’unità di Lèuca. Alla base delle calcareniti è presen-te un conglomerato costituito da ciottoli fosfatizzati bru-ni (da pochi millimetri a qualche centimetro) in matricecalcareo-fosfatica (Fig. 18). Questo livello di base (spes-sore massimo di 70 cm), che forma vistose sacche nellaFormazione di Lèuca, nei 30-40 cm superiori mostra unamatrice più abbondante ed elementi più piccoli.

Lo spessore complessivo della Formazione di Uggia-no la Chiesa non è ben misurabile ma certamente di va-rie decine di metri.

Età ed ambiente

Sono stati esaminati, nel contenuto in plancton calca-reo, numerosi campioni della formazione prelevati siasparsi che secondo direzioni prestabilite. Per quanto ri-guarda le associazioni a foraminiferi, il tratto inferiore(più marnoso) dell’unità è caratterizzata da comuni esem-plari di Globorotalia puncticulata e da rari esemplari di

G. margaritae, quello medio-superiore solo dalla presen-za del primo taxon. Da ciò deriva il riferimento dell’inte-ra successione calcareo-detritica alla Zona a G. puncticu-lata (intervallo che segue la LCO di G. margaritae e cheprecede la FO di Globorotalia bononiensis). Questo ri-sultato è in buon accordo con i dati forniti dai nannofos-sili calcarei. Infatti, le associazioni più favorevoli di que-sto gruppo sono costituite da elementi indicativi della Zo-na a Discoaster tamalis (oltre al taxon nominale si rin-vengono generalmente Discoaster asymmetricus, Pseu-doemiliania lacunosa e Gephyrocapsa spp.; limitatamen-te alla porzione basale della formazione sono presenti Re-ticulofenestra pseudoumbilica e Sphenolithus spp.).

I riferimenti biostratigrafici effettuati consentono diassegnare la Formazione di Uggiano la Chiesa al pianoZancleano e, quindi, al Pliocene Inferiore. Questo risul-tato è del tutto nuovo e addirittura sorprendente poichèin tutte le aree salentine da noi investigate l’unità hasempre fornito elementi per una sua attribuzione al Plio-cene Medio e Superiore, fino al Pleistocene Inferiore ba-sale nell’area di Otranto (Bossio et al., 1989 c). Ritorne-remo sul significato di questa novità nelle conclusioni.

Nella porzione inferiore della formazione le associa-zioni a foraminiferi bentonici sono relativamente diver-sificate ed indicative della zona neritica esterna. Tra i ta-xa più comuni si ricordano Astrononion stelligerum, Bo-livina apenninica, B. lucana, Bulimina subulata, Cassi-dulina crassa, C. carinata, Cibicidoides pseudoungeria-nus, Globobulimina affinis, Gyroidinoides umbonatus,Liebusella rudis, Melonis soldanii, Trifarina bradyi eUvigerina peregrina per i foraminiferi e Aurila bulla-punctata, A. convexa, A. veniliae, Bairdia formosa, Cal-listocythere montana, C. pallida, Carinocythereis withei,Costa edwardi, Cytherella russoi, C. terquemi, Cythe-ropteron latum, Echinocythereis postulata, Eucytheruramistrettai, Grinioneis haidingeri, Loxoconcha napolia-na, L. oculata, L. rhomboidea, Pterigocythereis jonesi,Ruggieria tetraptera, Tetracytherura angolosa, Xestole-

BOSSIO et al.80 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 17 - Affioramento di calcari detritici della Formazione di Uggianola Chiesa, nei pressi di San Cataldo (Est di Lecce).– Detritic limestones of Uggiano la Chiesa Formation near St.Cataldo (East of Lecce).

Fig.18 - Base della Formazione di Uggiano la Chiesa, caratterizzata daciottoli fosfatizzati in matrice calcareo-fosfatica, nei pressi di Mass.Gennarano (Est di Lecce).– Phosphatized pebbles in calcareous-phosphatic matrix at the base ofthe Uggiano la Chiesa Formation, near Mass. Gennarano (East ofLecce).

Page 19: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

beris communis, X. plana per gli ostracodi. Essi sono ingenere accompagnati, oltre che da rare forme di analogosignificato batimetrico (ad esempio, Anomalinoides heli-cinus, Baggina gibba, Bolivina spp., Cassidulinoidesbradyi, Gyroidina soldanii, Planulina ariminensis, Si-phonina planoconvexa; Buntonia robusta, Eucytherurapatercoli, Loxoconcha bonaducei, Occultocythereisdohrni), da non poche specie che prediligono acque dipiattaforma interna (le meglio rappresentate sono Cibici-des lobatulus, Elphidium crispum, E. complanatum, Flo-rilus boueanus; Cytherelloidea beckmanni, Cytherideaneapolitana, Hiltermannicythere rubra, Neocytherideisfasciata, Urocythereis favosa, U. lumbricularis, Xestole-beris spp.).

Procedendo verso l’alto dell’unità, nei foraminiferi enegli ostracodi si assiste ad una progressiva diminuzionesia della quantità che del numero di specie. In questo ge-nerale impoverimento assumono maggiore importanzanumerica taxa tipici della piattaforma interna e soprattut-to Asterigerinata planorbis, Cibicides lobatulus, Elphi-dium crispum, Florilus boueanus tra i foraminiferi eCytheridea neapolitana, Urocythereis spp. tra gli ostra-codi. Rappresentanti di questi ultimi e/o di altri indicati-vi di acque basse (Eponides repandus, Ammonia becca-rii, Gypsina vesicularis, Amphistegina gibbosa, Cancrisauriculus, Rosalina globularis, Reussella spinulosa) ri-mangono, infine, i soli costituenti delle associazioni deilivelli superiori della formazione.

Da tutto ciò è evidente che, dopo un iniziale approfon-dimento fino a profondità della zona neritica esterna(prossima però al limite con quella interna), nel corsodella Cronozona a G. puncticulata si è realizzato nell’a-rea leccese un trend regressivo che ha raggiunto batime-trie della parte mediana della zona neritica interna.

Sul livello a ciottoli fosfatici alla base della Formazio-ne di Uggiano La Chiesa e sugli interrogativi che essopropone ci siamo già espressi in Bossio et al. (2002, p.144), dove non si esclude che la sua genesi risieda in unmeccanismo di fosfatizzazione analogo a quello ipotiz-zato per il livello di base della Pietra leccese nella zonadi Lèuca (op. cit., pp. 109-111). Si ricorda che questomodello renderebbe ragione anche della presenza di as-sociazioni relativamente profonde fin da poco sopra ilcontatto con l’unità sottostante o da poco sopra il con-glomerato fosfatico quando osservato.

Un dato aggiuntivo a quanto esposto deriva da cam-pionature effettuate poco a Sud dell’area rilevata, dovelo spessore della Formazione di Uggiano è sensibilmen-te maggiore. Anche se necessitano ulteriori controlli sulterreno, al momento risulta che la sedimentazione biode-tritica si sia sviluppata senza soluzione di continuità dal-le biozone citate fino alla Zona a Globorotalia aemilia-na (post FO di Bulimina marginata) e alla Zona a Disco-aster pentaradiatus dei due gruppi di organismi. Conquesta constatazione, è ipotizzabile che nel corso dellaCronozona a G. puncticulata il sollevamento che ha in-teressato l’area di Lecce (e di cui vi sono evidenze nelleassociazioni bentoniche) si sia progressivamente estesonella Penisola Salentina ed abbia prodotto, alla fine del

Pliocene Inferiore, l’emersione di una parte di essa (al-meno dell’area tra Otranto e Lèuca). La successiva tra-sgressione medio-pliocenica in quest’ultima sarebbe re-gistrabile dalle associazioni della Zona a G. aemilianasolo come un sensibile approfondimento nella zona im-mediatamente a Sud di quella rappresentata nell’allegatacarta geologica.

Calcareniti del Salento

Caratteristiche

Bossio et al. (2002) hanno già fatto presente che le sud-divisioni litostratigrafiche relative ai depositi più recentied effettuate dai rilevatori della 2a edizione della CartaGeologica d’Italia (alla scala 1:100.000), ai quali si devetra l’altro il nome di Calcareniti del Salento (si veda in:Rossi, 1969 a,b; Largaiolli et al., 1969; Martinis, 1967,1970), non sono più condivisibili. Ciò nonostante, datal’esiguità degli affioramenti in esame, nella presente no-ta si preferisce non procedere a distinzioni nell’ambitodei “tufi” pleistocenici e utilizzare per essi, informalmen-te, il termine coniato dai suddetti rilevatori. Comunque, simette in evidenza ancora una volta la necessità di una re-visione stratigrafica dei sedimenti pleistocenici salentini,la quale deve essere impostata con studi di dettaglio suun’area ben più vasta e più favorevole di quella qui con-siderata. Un lavoro in tal senso è stato intrapreso in datarecente da alcuni ricercatori e sono già stati ottenuti datidel tutto interessanti (si veda, ad esempio, D’Alessandroet al., 1994; D’Alessandro & Massari, 1997; Massari etal., 2001; D’Alessandro et al., 2004).

Nell’area rilevata le Calcareniti del Salento affioranoai margini centro-occidentale e meridionale ed a Nord diLecce (grossomodo tra Mass. Zingarello e Mass. Rauc-cio). Nel settore settentrionale esse trasgrediscono suicalcari cretacici e sulle unità mioceniche; a Sud e adOvest, invece, la trasgressione si realizza, oltrechè sulCretacico e sul Miocene (solo Pietra leccese), sulla For-mazione di Galatone e su quella di Lecce.

A Nord di Lecce, il contatto con le unità sottostanti ènetto e talora marcato da un conglomerato di 30-40 cmdi spessore, con elementi (fino a 20 cm di diametro) di-versi dipendenti dalla natura del substrato; talvolta que-st’ultimo è perforato da organismi litofagi (Fig. 19). Dinorma, però, l’unità trasgredisce direttamente con il lito-tipo che la caratterizza maggiormente e cioè con le cal-careniti. Esse non mostrano generalmente un’evidentestratificazione (talvolta questa è visibile in banchi da 50cm a oltre 1 m di spessore); la grana è grossolana, da fi-ne a media solo in alcuni livelli; il colore, tipicamentegiallo-chiaro, presenta a tratti tonalità grigio-biancastre.In alcuni casi, le calcareniti si presentano alternate a cal-cari bioclastici vacuolari biancastri; in altri, esse sono lo-calmente interessate da orizzonti a componente argillosae friabili. Caratteristica della formazione è la ricchezzadi fossili; talora questi sono concentrati in livelli o for-mano vere e proprie lumachelle. Le orictocenosi sonorappresentate soprattutto da bivalvi (con Cardium, estre-mamente frequente alla base della formazione, e Ostrea

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 81Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 20: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

perfino di grosse dimensioni) e da colonie di balanidi edi anellidi (con Ditrupa); ricorrenti anche pettinidi (conPecten jacobaeus), mitilidi, arcidi, veneridi, panopeidi(spesso in posizione fisiologica), pettunculidi, anomidi,scafopodi, briozoi, gasteropodi, echinoidei e rodoliti al-gali. A caratterizzarle fin dai livelli basali è comunqueArctica islandica, talora in grosse concentrazioni. Da ri-levare, infine, che nelle pareti di alcune cave (profonde3-4 m) sono diffuse le bioturbazioni, in rilievo per diage-nesi e alterazione differenziate.

Lo spessore complessivo dell’unità nell’area setten-trionale probabilmente non supera i 10 m.

Purtroppo, nel settore meridionale non sono possibiliosservazioni di dettaglio in quanto l’area di affioramen-to delle Calcareniti del Salento è totalmente coltivata.Tuttavia, gli scarsi e modesti affioramenti mostrano lito-tipi sostanzialmente paragonabili a quelli illustrati perl’area settentrionale.

Età ed ambiente

L’appartenenza delle Calcareniti del Salento ad un ci-clo distinto da quello della Formazione di Uggiano laChiesa (alcuni livelli dell’uno sono litologicamente si-

mili ad alcuni livelli dell’altro) e di età pleistocenica èmacroscopicamente evidenziata dalla presenza di Arcti-ca islandica fin dalla base delle prime. Il plancton calca-reo è maggiormente rappresentato nei livelli superioridell’unità: a titolo di documentazione e di esempio, si ri-cordano Globorotalia inflata, G. truncatulinoides s.l.,Neogloboquadrina pachyderma, Globoturborotalita ru-bescens, Globigerinella pseudobesa (nell’accezione diForesi et al., 2002), Globigerinoides ruber, G. elongatuse Globigerina falconensis tra i foraminiferi, Coccolithuspelagicus, Calcidiscus leptoporus, Cricolithus jonesi,Crenalithus doronicoides, Gephyrocapsa spp. (di picco-le dimensioni), Helicosphaera carteri, Pseudoemilianialacunosa, Rhabdosphaera clavigera e Syracosphaerahistrica tra i nannofossili.

Per il secondo gruppo si rileva che le associazioni piùfavorevoli sono caratterizzate dal rinvenimento relativa-mente comune di rappresentanti del genere Gephyrocap-sa con piccole dimensioni, in presenza di Pseudoemilia-nia lacunosa ed in assenza di Helicosphaera sellii; essesono da considerarsi indicative della Zona a “small”Gephyrocapsa. Questi risultati consentono l’attribuzionedella formazione al Sottopiano Siciliano (Calabriano,Pleistocene Inferiore). Relativamente ai foraminiferi

BOSSIO et al.82 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 19 - Contatto ondulato tra Calcareniti del Salento e Pietra leccese lungo la tangenziale Ovest di Lecce; la superficie sommitale dell’unità mio-cenica è caratterizzata da fori di organismi litofagi.– Undulated contact between Calcareniti del Salento and Pietra leccese formations, along the West by-pass road of Lecce; the uppermost surface ofthe Miocene unit is characterized by holes of lithofagous organisms.

Page 21: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

planctonici, si evidenzia solo che fin dai livelli basalidella formazione è presente Globorotalia truncatulinoi-des s.l. con esemplari non adulti e, quindi, non idonei al-la distinzione della sottospecie excelsa, marker del limi-te inferiore del Siciliano. Indicazioni sull’appartenenzadell’unità al sottopiano sono fornite, invece, dalla pre-senza ricorrente nelle associazioni bentoniche di Astro-nonion sallentinum, Ephidium sp., Actinocythereis du-nelmensis, Aurila punticruciata e Callistocythere intri-catoides, taxa che secondo l’esperienza degli scriventi(Bossio et al., 1989 d, e; in preparazione) sembrano ini-ziare la loro distribuzione proprio nel Siciliano.

Per quanto riguarda il contesto deposizionale, le carat-teristiche qualitative e quantitative delle associazioni aforaminiferi bentonici e ad ostracodi evidenziano un am-biente che evolve da profondità iniziali modeste a pro-fondità maggiori ma sempre contenute entro il limite in-feriore della zona neritica interna. Per la relativa docu-mentazione si ricorda che: a) nei livelli inferiori le asso-ciazioni a foraminiferi (prive o quasi di plancton) sonodominate da Asterigerinata planorbis, Ammonia becca-rii, Elphidium crispum, E. complanatum, Cibicides loba-tulus e Florilus boueanus, con la compartecipazione dialtri taxa di modeste batimetrie (Asterigerinata mamilla,Aubignyna perlucida, Buccella frigida granulata, Cri-broelphidium decipiens, Gypsina vesicularis, Planorbu-lina mediterranensis, Protelphidium granosum, Reussel-la spinulosa e Rosalina globularis); le ostracofaune so-no rappresentate, invece, da Aurila convexa, A. favorita,A. lanciaeformis, A. pigadiana, A. punticruciata, A. qua-drata, Bardia conformis, B. longevaginata, Callistocy-there flavidofusca, C. intricatoides, C. littoralis, C. pal-lida, Carinocythereis withei, Celtia quadridentata,Cytheretta subradiosa, Hiltermannicythere ficarazzen-sis, Loxoconcha spp., Pontocythere turbida, Semicythe-rura spp., Urocythereis spp., Xestoleberis communs, X.decipiens e X. plana; b) nei livelli superiori le associa-zioni a foraminiferi (con una certa quantità di plancton)mostrano un benthos più diversificato, anche se a domi-nare le associazioni permangono alcune delle specie pri-ma nominate. Tre le forme tipiche di batimetrie più con-sistenti, alcune relativamente frequenti, sono da segnala-re Hyalinea baltica, Bulimina marginata, B. etnea, Boli-vina catanensis, Uvigerina canariensis, U. peregrina,Cassidulina neocarinata, Coryphostoma perforata, Pla-nulina ariminensis, Cibicidoides pseudoungerianus, Bi-generina nodosaria e Gyroidina soldani fra i foraminife-ri e Argilloecia acuminata, A. robusta, Bosquetina cari-nella, Bythocypris producta, Cytheropteron latum,Henryhowella sarsi, Monoceratina mediterranea e Oc-cultocythereis dohrni fra gli ostracodi.

Depositi continentali recenti

A ridosso della zona costiera prevalgono estese areepalustri, a luoghi colmate per opere di bonifica; i depo-siti relativi sono caratterizzati da torba frammista a per-centuali variabili di fango sabbioso-limoso ed argilla.Laddove i sedimenti sono di ambiente lagunare, questi

sono rappresentati da limi argillosi e/o sabbioso-argillo-si, a struttura laminitica e di colore grigio-verde e noc-ciola, i quali contengono residui carboniosi e concrezio-ni calcaree interessati da patine di ossidazione.

Le zone lagunari e palustri sono separate dalla costa,bassa e prevalentemente sabbiosa, tramite un disconti-nuo sistema di dune. La discontinuità nel cordone duna-re è legata ad una erosione per fenomeni naturali (testi-moniata dai gradini formatisi al piede della duna chescoprono il substrato roccioso, dalle ampie aree dunariprive di vegetazione e dalle profonde incisioni) e/o a fat-ti antropici (escavazioni per accessi alla spiaggia, perviabilità, ecc.). A luoghi, per esempio nella zona retro-stante il Viale dei Marinai a San Cataldo, sono presentipiù cordoni dunari di ordine differente.

La spiaggia vera e propria è costituita da sabbia a gra-nulometria fine, con elementi in prevalenza carbonatici esilicatici. Essa è, talvolta, interrotta da piccoli affiora-menti di rocce plioceniche con strati immergenti versomare.

CONCLUSIONI

La carta geologica presentata con questa nota com-prende l’abitato di Lecce ed i suoi dintorni. In quest’areasono state documentate otto unità litostratigrafiche: Cal-cari di Melissano, Formazione di Galatone, Formazionedi Lecce (di nuova istituzione), Pietra leccese, Calcare-niti di Andrano, Formazione di Lèuca, Formazione diUggiano la Chiesa e Calcareniti del Salento. Queste uni-tà materializzano 7 cicli sedimentari (Fig. 20) succeduti-si dal Cretacico Superiore al Pleistocene Inferiore.

I Calcari di Melissano, che affiorano estesamente aNord di Lecce nei dintorni di Surbo, risultano essersi de-posti in un ambiente di piattaforma interna caratterizza-to anche da episodici periodi di emersione; su basi bi-bliografiche la formazione è stata attribuita all’interval-lo Turoniano-Senoniano del Cretacico Superiore.

Tra il Cretacico Superiore e l’Oligocene Superiore l’a-rea leccese ha attraversato un lungo periodo di emersio-ne per cui ha subito gli effetti di una forte continentaliz-zazione. Nell’Oligocene Superiore essa è stata interessa-ta dalla deposizione, in corrispondenza di depressioni, disedimenti prevalentemente carbonatici di tipo lacustre elagunare pertinenti la Formazione di Galatone. Tale uni-tà, che affiora lungo una fascia orientata NO-SE a Sud-Ovest dell’abitato di Lecce, è seguita in discordanza dal-la Formazione di Lecce. Quest’ultima, pur caratterizzataprevalentemente da calcareniti depostesi in ambientemarino di debole profondità, ha offerto nella sua porzio-ne superiore un contenuto in plancton calcareo (forami-niferi e nannofossili) favorevole per riconoscere le zonea Sphenolithus delphix e a Paragloborotalia kugleri e,conseguentemente, per riferire la stessa porzione all’A-quitaniano. La mancanza di dati biostratigrafici probantiper la parte inferiore dell’unità non ha consentito invecedi escludere l’ appartenenza di questa all’Oligocene Su-periore (Cattiano).

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 83Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 22: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

Durante l’intervallo Aquitaniano superiore-Burdiga-liano inferiore, la Penisola Salentina ha visto un nuovoperiodo di emersione. Nel Burdigaliano superiore è se-guita una trasgressione marina che ha portato alla depo-sizione della Pietra leccese, un’unità peculiare del Salen-to che nell’area di Lecce, più in particolare nel suo set-tore meridionale, presenta una caratteristica sconosciutaalle altre aree da noi investigate. Infatti, il livello di bio-micriti glauconitiche di colore verde scuro, con il qualegeneralmente termina l’unità, nel settore considerato siritrova all’interno di biomicriti giallo-paglierine che ver-so l’alto conservano solo parzialmente le caratteristichetipiche della formazione e che, con spessori crescentiverso Sud, sfumano gradualmente nelle soprastanti Cal-careniti di Andrano. Comunque, la Pietra leccese conser-va ancora il suo stato di successione lacunosa (sono do-cumentati tre hiatus principali), tant’è che con uno spes-sore relativamente modesto ricopre un intervallo di oltre11 MA, dal Burdigaliano superiore al Messiniano basale(in termini biostratigrafici essa abbraccia gli intervalliZona a Globigerinoides trilobus - Zona a Globorotaliaconomiozea dei foraminiferi planctonici e Zona a Sphe-nolithus heteromorphus - Zona ad Amaurolithus delica-tus-A. amplificus dei nannofossili calcarei). Come altro-ve nel Salento, l’azione erosivo-dispersiva delle correntimarine, che hanno prodotto lacune rilevabili nel livelloglauconitico, è stata variabile nello spazio e nel tempoanche su piccole distanze. Per quanto riguarda il settoresettentrionale, quest’azione doveva persistere fino alMessiniano iniziale inibendo la sedimentazione o deter-minando la mobilità del suo prodotto; relativamente alsettore meridionale, invece, la corrente doveva cessare lasua azione in precedenza consentendo la ripresa della se-dimentazione

La Pietra leccese locale può essere accomunata a quel-la incontrata in altre parti del Salento anche per la speci-ficità, mostrata nel suo tratto basale (livello o spalmatu-ra fosfatica, associazioni bentoniche della parte più pro-fonda della piattaforma esterna), di una sedimentazionein area a rapida subsidenza e in probabile regime di “up-welling”, con fasi alterne di attività idrodinamica erosi-va. È verosimile che questo approfondimento abbia de-terminato la completa sommersione della zona rilevata(e di buona parte della Penisola Salentina).

I primi sintomi di un trend regressivo sono fornite dal-le associazioni bentoniche dei sedimenti tortoniani e, nelsettore meridionale, soprattutto dalle associazioni a ma-crofossili della Pietra leccese soprastante il livello glau-conitico. I sintomi divengono comunque più chiari nelleassociazioni del Tortoniano sommitale-Messiniano basa-le, le quali registrano la rapida variazione batimetria re-

BOSSIO et al.84 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 20 - Estensione cronostratigrafica e geocronologica delle forma-zioni oligocenico pleistoceniche dell’area di Lecce (in grigio); in riga-to sono indicate le lacune legate all’emersione e quelle individuateall’interno della Pietra leccese e della Formazione di Lèuca.– Chronostratigraphic extension of the Oligo-Miocene Lecce area for-mations and evaluation of the hiatus recorded in the Pietra leccese;the stripes indicate the lacunes linked to the emersion and those recog-nised within the Pietra leccese and Lèuca Formation.

Page 23: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

sponsabile del cambiamento nella tipologia sedimenta-ria, materializzato dalle Calcareniti di Andrano. Nell’a-rea leccese, come altrove, questa monotona unità carbo-natica è risultata del Messiniano inferiore ed è costituita,con l’esclusione di una breve parte iniziale, da un depo-sito tipico di modeste batimetrie. Alle soglie della bennota “crisi di salinità” del Bacino Mediterraneo (e forseper suo parziale effetto, anche se è evidente una compo-nente tettonica) si è chiusa la sedimentazione messinia-na e l’intera Penisola Salentina è andata in emersione.

Agli inizi del Pliocene (probabilmente in concomitan-za della riapertura delle comunicazioni tra Mediterraneoed Atlantico), una brusca e rapida ripresa della subsiden-za ha innescato non solo una repentina ingressione mari-na ma anche una rapida erosione costiera, con conse-guente deposizione di una breccia basale di pertinenzadella Formazione di Lèuca. Questa unità, appartenentealle zone a Sphaeroidinellopsis seminulina seminulina ea Discoaster variabilis s.l., affiora nell’area studiata inmodo assai ridotto per la copertura delle formazioni so-prastanti ed è rappresentata pressoché esclusivamenteda. sedimenti clastici grossolani. Da rilevare, tuttavia, laconservazione (limitata ad un solo punto) al tetto di brec-ce e conglomerati di biomicriti glauconitiche con asso-ciazioni bentoniche profonde; la loro presenza evidenziaun rapido cambiamento nell’area che conduce al’innescodi correnti erosive, in un contesto analogo a quello de-scritto da Bossio et al., 2002 (pp.124-126, 141-142) perla zona di Lèuca, ma abbastanza generalizzabile al restodel Salento.

La successiva tappa dell’evoluzione sedimentaria èrappresentata dalla Formazione di Uggiano la Chiesa, af-fiorante principalmente nella fascia orientale dell’arearilevata. In tutte le zone da noi studiate, da Otranto aLèuca, la base di questa formazione è diacrona iniziandodal Pliocene Medio (Piacenziano, zone a Globorotaliaaemilina ed a Discoaster pentaradiatus) al Pliocene Su-periore (Gelasiano, zone a Globorotalia inflata ed a Dis-coaster brouweri). Entro i limiti dell’area considerata es-sa è invece di pertinenza del Pliocene Inferiore (Zanclea-no, zone a Globorotalia puncticulata ed a Discoaster ta-malis), anche se le modalità deposizionali iniziali sonoanaloghe a quelle delle altre zone. Infatti, la base è anco-ra costituita da un livello a ciottoli fosfatizzati il qualeinduce a ritenere, insieme al significato batimetrico del-

le associazioni bentoniche immediatamente soprastanti(zona neritica esterna), che nel corso della trasgressione,e quindi dell’approfondimento, si siano verificati episo-di di “upwelling” alternati a episodi erosivi, con il risul-tato di una fosfatizzazione e di una”lacunosità” nellasuccessione. Nell’ambito dell’unità è documentabile untrend regressivo che ha ricondotto le profondità deposi-zionali nell’ambito della zona neritica interna. È verosi-mile che innalzamento e conseguente trend regressivo,documentati nell’area di Lecce durante le cronozone aG. puncticulata ed a D. tamalis, corrispondano all’emer-sione di un ampio areale salentino (almeno da Otrantoverso Sud, ma probabilmente anche a Nord di questocentro). Il successivo approfondimento e conseguentesommersione di questo areale nella Cronozona a G. ae-miliana, è avvertito anche nell’area più settentrionaledove è persistito incessantemente il dominio marino.

Almeno parte dell’area rilevata ha conosciuto un ulte-riore ed ultimo ciclo marino nel Pleistocene Inferiore,per la precisione nel Siciliano (cronozone a G. truncatu-linoides excelsa e a “small” Gephyrocapsa); nel suo do-minio, sempre contenuto entro i limiti della zona neriti-ca interna, si sono deposti i sedimenti carbonatico-detri-tici che costituiscono le Calcareniti del Salento. Nell’a-rea non sono stati invece osservati sedimenti appartenen-ti ad unità pleistoceniche più recenti, documentati in zo-ne limitrofe da Massari et al. (2001) e D’Alessandro etal. (2004).

La preesistente cartografia ufficiale dell’area di Lecce(Largaiolli et al., 1969; Rossi, 1969a, b) risulta profon-damente modificata, negli aspetti generali come in quel-li particolari, da quella presentata nella carta allegata. Lostesso dicasi per il significato cronologico e paleoam-bientale delle singole unità, le quali inoltre vengono piùadeguatamente documentate dal punto di vista paleonto-logico. È quindi evidente che la conseguente evoluzionepaleogeografica dell’area risulta ben più articolata diquanto finora conosciuto, peraltro scandita da tappe cor-relate ad una moderna impalcatura bio-crono- e magne-tostratigrafica e quindi geocronometrica.

RINGRAZIAMENTI - Si ringrazia il Comune di Lecce per ilcontributo dato al lavoro, in special modo avendo sostenuto lespese relative alla stampa della carta.

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 85Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Balenzano F., Margiotta S., Moresi M. (2002) - Significato diun deposito glauconitico - fosfatico appartenente ad unaunità miocenica del salento. Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. Mem.,Serie A, 109, 1-16.

Balenzano F., Moresi M., Tria A. (1994) - Significato paleo-geografico della presenza di Glauconite nella “Pietra lecce-se” (Calcarenite Miocenica del Salento). Miner. Petrogr.Acta, 37, 437-450.

Balenzano F., Moresi M., Tria A. (1997) - Il substrato precur-sore del processo di glauconitizzazione nella calcarenitemiocenica del Salento. Miner. Petrogr. Acta, 40, 159-175.

Barbera C., Bossio A., Mazzei R., Monteforti B., SalvatoriniG. (1993) - Un flash sul ciclo miocenico del Salento. In:

Guida alle escursioni. XII Convegno Soc. Paleont. Italia-na, 79-84.

Bossio A. , Dall’Antonia B., Margiotta S., Ricchetti G., VarolaA. (in stampa) - Le argille lignitifere di Gagliano del Capo(Lecce): attribuzione cronostratigrafica ed inquadramentoformazionale. In stampa sulla Geologica Romana.

Bossio A., Esu D., Foresi L.M., Girotti O., Iannone A., Luper-to E., Margiotta S., Mazzei R., Monteforti B., Ricchetti G.,Salvatorini G. (1998) - Formazione di Galatone, nuovo no-me per un’unità litostratigrafia del Salento (Puglia, Italiameridionale). Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. Mem., Serie A, 105,151-156.

Bossio A., Foresi L., Margiotta S., Mazzei R., Monteforti B.,

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Page 24: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

Salvatorini G. (1999) - Carta geologica del settore nordorientale della Provincia di Lecce; scala 1:25000; settore 7,8, 10 scala 1:10000. Università degli Studi di Siena.

Bossio A., Foresi L.M., Mazzanti R., Mazzei R., Salvatorini G.(1997a) - Note micropaleontologiche sulla successionemiocenica del Torrente Morra e su quella pliocenica delBacino dei fiumi Tora e Fine (province di Livorno e Pisa).Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. Mem., Serie A, 104, 85-134.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.(1989a) - Studi sul Neogene e Quaternario della PenisolaSalentina. III - Stratigrafia del Pozzo Poggiardo (N. 54, PS1490/3). Atti Conv. Conosc. Geol. Territ. Sal., Lecce 1987.Quad. Centro Studi Geotecn. D’Ing., 11, 55-88.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.(1989b) - Studi sul Neogene e Quaternario della PenisolaSalentina. V - Note geologiche sulla zona di Castro. AttiConv. Conosc. Geol. Territ. Sal., Lecce 1987. Quad. Cen-tro Studi Geotecn. D’Ing., 11, 127-146.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.(1989c) - Studi sul Neogene e Quaternario della PenisolaSalentina. VII. Precisazioni sull’età della Formazione diUggiano la Chiesa nella zona di Otranto (Lecce). AttiConv. Conosc. Geol. Territ. Sal., Lecce 1987. Quad. Cen-tro Studi Geotecn. D’Ing., 11, 175-193.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.(1991) - Note geologiche e stratigrafiche sull’area di Pal-mariggi (Lecce, Puglia). Riv. It. Paleont. Strat., 97(2), 175-234.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.(1994) - La successione miocenica dell’area tipo delle Cal-careniti di Andrano (Puglia, Italia Meridionale). Boll. Soc.Paleont. It., 33(2), 249-255.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.,Varola A. (1989d) - Studi sul Neogene e Quaternario dellaPenisola Salentina. IV. Inquadramento bio-cronostratigra-fico delle Calcareniti del Salento di Porto Miggiano-S.Ce-sarea Terme. Atti Conv. Conosc. Geol. Territ. Sal., Lecce1987. Quad. Centro Studi Geotecn. D’Ing., 11, 89-125.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.,Varola A. (1989e) - Studi sul Neogene e Quaternario dellaPenisola Salentina. VI. Precisazioni sull’età dei sedimentipleistocenici di due cave del leccese (San Pietro in Lama eCutrofiano). Atti Conv. Conosc. Geol. Territ. Sal., Lecce1987. Quad. Centro Studi Geotecn. D’Ing., 11, 147-175.

Bossio A., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G. (1986) -Carta geologica dell’estremità meridionale del Salento.S.E.L.C.A., Firenze.

Bossio A., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G. (1989f) -Studi sul Neogene e Quaternario della Penisola Salentina.II - Evoluzione paleogeografica dell’area di Lèuca nel con-testo della dinamica mediterranea. Atti Conv. Conosc.Geol. Territ. Sal., Lecce 1987. Quad. Centro Studi Geo-tecn. D’Ing., 11, 31-54.

Bossio A., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G. (1992) -Notizie preliminari sul Miocene di S. Maria al Bagno - S.Caterina presso Nardò (Lecce). Paleopelagos, 2, 99-107.

Bossio A., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G. (1997b) -Carta geologica del Salento sud-orientale. Dip. Scienzedella Terra, Univ. Siena.

Bossio A., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G. (2002) -Note illustrative alla carta geologica della zona di S.Mariadi Lèuca (con appendice bio-cronostratigrafica a cura diForesi L.M., Mazzei R., Salvatorini G). Atti Soc. Tosc. Sc.Nat. Mem., Serie A, 107, 97-163.

Ciaranfi N., Pieri P., Ricchetti G. (1988) - Carta geologica del-le Murge e del Salento. Mem. Soc. Geol.1t., 42.

Ciaranfi N., Pieri P., Ricchetti G. (1993) - La Penisola salenti-na nel quadro dell’evoluzione sedimentaria e tettonica del-l’Avampaese apulo. XII Conv. Soc. Pal. It., Lecce.

Cotecchia V. (1975) - Studio geologico e geotecnica dell’areadel centro oncologico talentino (Lecce). Indirizzi proget-tuali per le strutture di fondazione e degli interventi di risa-namento dei terreni. Relazione professionale; Committen-te: Azienda ospedaliera di Lecce: 14 pp.

Dainelli G. (1901) - Appunti geologici sulla parte meridionaledel Capo di Lèuca. - Boll. Soc., Geol. It., 20, pag. 616-690,tavv. 3, 1 carta geologica 1:50.000.

D’Alessandro A., Massari F. (1997) - Pliocene and Pleistocenedepositional environments Pesculuse area (Salento, Italy).Riv. It. Paleont. Strat., 103 (2), 221-258.

D’Alessandro A., Massari F., Davaud E., Ghibaudo G. (2004)- Pliocene - Pleistocene sequences bounded by subaerialunconformities within foramol ramp calcarenites andmixed deposits (Salento, SE Italy). Sedimentary geology166, 89-144.

D’Alessandro A., Mastronuzzi G., Palmentola G., Sansò P.(1994) - Pleistocene deposits of Salento leccese (SouthernItaly): Problematic relationships. Boll. Soc. Paleont. It.,33(2), 257-263.

De Benedetti A. (1930) - Osservazioni geologiche sull’estremi-tà meridionale della Penisola Salentina. Bollettino del R.Ufficio geologico d’Italia 55 (5), 1-10.

De Giorgi C. (1903) - La serie geologica dei terreni nella peni-sola salentina. Mem. Acc. Nuovi Lincei, 20, 155-218.

De Giorgi C. (1922) - Descrizione geologica e idrografica del-la Provincia di Lecce. Tip. Salomi, Lecce, 1-50.

Del Prete M., Santagati G. (1972) - Depositi oligoalini interpo-sti tra calcari cretacici e pietra leccese nei dintorni di Lec-ce. Geol. Appl. e Idrogeol., 7, 225-233.

D’Erasmo G. (1959) - Bibliografia geologica d’Italia. Vol. VPuglia. Consiglio nazionale delle ricerche, comitato per lageografia, geologia e mineralogia. 1-73.

Esu D., Girotti O., Iannone A., Pignatti J.S., Ricchetti G.(1994) - Lagoonal - continental Oligocene of southernApulia (Italy). Boll. Soc. Paleont. Italiana 33 (2), 183-196.

Foresi L.M., Iaccarino S., Mazzei R., Salvatorini G., BambiniA.M. (2001) - Il plancton calcareo (Foraminiferi e nanno-fossili) del Miocene delle Isole Tremiti. Palaeont. Ita., 88,1-64.

Giannelli L., Salvatorini G., Tavani G. (1965) - Notizie preli-minari sulle formazioni neogeniche di Terra d’Otranto (Pu-glia). Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. Mem., Serie A, 72, 520-536.

Giannelli L., Salvatorini G., Tavani G. (1966) - Nuove osser-vazione sulle formazioni neogeniche di Terra d’Otranto(Puglia). Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. Mem., Serie A, 73, 613-619.

Harzhauser M., Piller W., Steinenger F. (2002) - Circum - Me-diterranean Oligo - Miocene Biogeographic evolution - thegastropods point of view. Paleogeography, Paleoclimato-logy, Paleoecology, 183, 102-133.

Largaiolli T., Martinis B., Mozzi G., Nardin M., Rossi D., Un-garo S. (1969) - F° 214 - Gallipoli. Note illust. Carta Ge-ol. d’It., Serv. Geol. D’It., 64 pp.

Lof P. (1985) - Elsevier’s invertebrate fossils chart.Margiotta S. (1999) - Il contatto Formazione di Galatone - For-

mazione di Lecce: evidenze stratigrafico - sedimentologi-che. Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. Mem., Serie A, 106, 73-77.

Margiotta S. (2004) - Nuovi dati stratigrafici nel Salento lecce-

BOSSIO et al.86 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 25: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

se. In: Nuove conoscenze sul sottosuolo nel Salento lecce-se, pp. 208. Osservatorio di Chimica, Fisica e GeologiaAmbientali, Dip. Scienza dei Materiali, Univ. degli Studidi Lecce.

Margiotta S., Ricchetti G. (2002) - Stratigrafia dei depositi oli-gomiocenici del Salento (Puglia). Boll. Soc. Geol. It., 121,243-252.

Margiotta S. (in stampa) - Bio-cronostratigrafia a foraminiferiplanctonici dei sedimenti miocenici nell’area di Strudà(Lecce, Puglia). In stampa sulla Geologica Romana.

Margiotta S., Varola A. (2004) - Nuovi dati geologici - paleon-tologici su alcuni affioramenti nel territorio di Lecce. AttiSoc. Tosc. Di Scienze Naturali, Mem., Serie A, 109,1-12.

Martinis B. (1967) - Note geologiche sui dintorni di Casaranoe Castro (Lecce). Riv. Ital. Paleont., 73(4), 1297-1380.

Martinis B. (1970) - F° 223 - Capo S.Maria di Lèuca. Note il-lustr. Carta Geol. d’It., Serv. Geol. D’It., 69 pp.

Massari F., Ghibaudo G., D’Alessandro A., Davaud E. (2001)- Water-upwelling pipes and soft-sediment-deformationstructures in lower Pleistocene calcarenites (Salento, Sou-thern Italy). Geol. Soc. Amer. Bull., 113 (5), 545-560.

Matteucci R., Parente M. (1993) - Le calcareniti di Porto Badi-sco. In: Guida alle escursioni. XII Convegno Soc. Paleont.Italiana, 39-43.

MORET (1958) - Manuel de Paleontologie Animale. MassonParigi 771 pp.

Perch-Nielsen K. (1985) - Cenozoic calcareous nannofossils.In: Bolli, H.M. et al., Plankton Stratigraphy, 1, 427-554.

Ricchetti G., Ciaranfi N., Luperto Sinni E., Mongelli F., Pieri P.(1988) - Geodinamica ed evoluzione sedimentaria e tettoni-ca dell’Avampaese Apulo. Mem. Soc. Geol. It., 41, 57-82.

Rossi D. (1969a) - F° 215 - Otranto. Note illustrative alla CartaGeol. d’It., Serv. Geol. d’It., 31 pp.

Rossi D. (1969b) - Fi 203, 204, 213 - Brindisi - Lecce - Mareg-gio. Note illustrative Carta Geol. d’It., Serv. Geol. D’It., 42pp.

Sacco F. (1911) - La Puglia, schema geologico. Boll. Soc. Geol. It., 30, 529-637.

Steininger F.F., Aubry M.P., Biolzi M., Borsetti A.M., Cati F.,Corfield R., Gelati R., Iaccarino S., Napoleone C., Rogl F.,Rotzel R., Spezzaferri S., Tateo F., Villa G., Zevenboom D.(1997) - Proposal for the Global Stratotype Section andPoint (G.S.S.P.) for the base of the Neogene (the Paleo-gene/Neogene boundary). In: Montanari, A., Odin, G.S.,Coccioni, R., Miocene Stratigraphy, an Integrated Ap-proach. Develop. in Paleont. And Stratigr., 15, 125-147.

Accettato per la stampa: Novembre 2006

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 87Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 26: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,
Page 27: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIADEL SETTORE NORD - ORIENTALE DELLA PROVINCIA DI LECCE

(CON RILEVAMENTO GEOLOGICO ALLA SCALA 1:25.000)

Alessandro Bossio*, Luca Maria Foresi**, Stefano Margiotta***,Roberto Mazzei**, Gianfranco Salvatorini**, Francesca Donia**

Geologica Romana 39 (2006), 63-87

*Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Pisa, Via S. Maria 53, Pisa.e-mail: [email protected]

**Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8, Siena.e-mail: [email protected]

***Dipartimento di Scienze dei Materiali, Università degli Studi di Lecce, Via per Arnesano, Lecce.e-mail: [email protected]

RIASSUNTO - In questo lavoro è illustrata, nelle sue caratteristiche litologiche e nei suoi significati stratigra-fico e paleoambientale, la successione delle formazioni riconosciute nel settore Nord-orientale della Provincia diLecce e riportate nella allegata carta geologica (scala 1:25.000). In ordine dalla più antica, tali formazioni sono:Calcari di Melissano, Formazione di Galatone, Formazione di Lecce, Pietra leccese, Calcareniti di Andrano, For-mazione di Lèuca, Formazione di Uggiano la Chiesa, Calcareniti del Salento. Esse rappresentano l’espressione di7 cicli sedimentari sviluppatisi dal Cretacico Superiore al Pleistocene inferiore.

Il 1° ciclo è rappresentato dai Calcari di Melissano. Questa unità, che affiora estesamente nei dintorni di Surbo(Nord di Lecce), è costituita da calcari, calcari dolomitici e micritici, di colore biancastro, grigio chiaro o noccio-la, in strati di spessore variabile da qualche centimetro a circa un metro. I macrofossili sono scarsi e rappresenta-ti da frammenti di rudiste oltre che da coralli e pettinidi. L’ambiente deposizionale della formazione è riconduci-bile alla parte meno profonda della piattaforma interna; ricostruibili sono anche episodici periodi di emersione. ICalcari di Melissano sono attribuiti all’intervallo Turoniano-Senoniano.

Il 2° ciclo è materializzato dalla Formazione di Galatone, un’unità che affiora lungo una fascia orientata NO-SE, a Sud-Ovest dell’abitato di Lecce. Dal punto di vista litologico, essa è caratterizzata da un’irregolare alternan-za di calcari compatti grigio-biancastri, calcari sottilmente stratificati di colore variabile dall’avana al bianco emarne laminitiche giallastre. Le associazioni fossilifere sono costituite da numerosi esemplari di gasteropodi (pre-valgono quelli della famiglia Potamididae; presenti anche modelli interni di Ampullinopsis crassatina) e bivalvi(dominano quelli di piccole dimensioni appartenenti alle famiglie Cardidae e Veneridae), nonché da impronte ri-feribili probabilmente ad ostracodi. L’ambiente deposizionale della formazione è essenzialmente lacustre, episo-dicamente lagunare. Per il ritrovamento di A. crassatina, la Formazione di Galatone è da riferirsi all’OligoceneSuperiore.

La Formazione di Lecce, formalizzata in questo lavoro, costituisce il 3° ciclo ed è caratterizzata da calcarenitimassive di colore variabile dal biancastro all’avana, con accennata stratificazione in banchi di spessore variabile.Talvolta, agli strati calcarenitici si intercalano strati sia di calcari micritici biancastri che di marne di colore ava-na. Tra i fossili, sono stati riconosciuti modelli di bivalvi (in particolare di Cardium), numerosi resti di Scutella egasteropodi, nonché di macroforaminiferi appartenenti al genere Operculina. Le associazioni a foraminiferi planc-tonici ed a nannofossili calcarei permettono di attribuire la parte superiore della formazione rispettivamente allaporzione basale della Zona a Paragloborotalia kugleri e a quella sommitale della Zona a Sphenolithus delphix; diconseguenza, risulta evidente la sua appartenenza al tratto iniziale del piano Aquitaniano (Miocene Inferiore). Re-lativamente alla parte inferiore dell’unità, è verosimile un riferimento al Cattiano sommitale. Dal punto di vistapaleoambientale, una serie di elementi come la scarsità di strutture sedimentarie e l’ottimo stato di conservazionedei macroforaminiferi inducono ad ipotizzare un accumulo sedimentario senza vistosi fenomeni di trasporto; il co-mune rinvenimento di Scutella indica, inoltre, fondali sabbiosi di debole profondità e basso idrodinamismo.

Il 4° ciclo è documentato dalla Pietra leccese e dalle successive e ovunque soprastanti Calcareniti di Andrano.Nella sua espressione generale la Pietra leccese è una biomicrite di colore giallo-paglierino, a prevalenti organi-smi planctonici e con bentonici indicativi della parte più profonda della zona neritica esterna. Talora alla base del-l’unità è presente una breccia, tal’altra il contatto con unità precedenti è marcato da una “spalmatura” fosfatica oda un livello fosforitico (spessore di pochi centimetri). Quest’ultimo ed il significato delle associazioni bentoni-che del tratto inferiore, non compatibili con livelli trasgressivi basali, suggeriscono un quadro di subsidenza e diingressione marina caratterizzato da fasi alterne di fosfatizzazione (probabilmente in regime di “upwelling”) e dierosione dovuta a correnti. Tale quadro, comunque, si esaurisce nel Burdigaliano superiore (Zona a Globigerinoi-des trilobus dei foraminiferi e Zona a Sphenolithus heteromorphus dei nannofossili calcarei), poco dopo il debut-to generale della formazione. Questa probabile anche se locale “lacunosità” basale è la prima di una serie più omeno numerosa (a seconda delle località) che caratterizza la formazione nel suo intero arco di distribuzione stra-tigrafica (fino al Messiniano basale, Zone a Globorotalia conomiozea e ad Amaurolithus delicatus-A. amplificus)e che giustifica il suo spessore relativamente modesto (circa 80 m) rispetto a quello che avrebbe dovuto raggiun-gere, per tipologia sedimentaria, nel tempo della sua deposizione (circa 11 M.A.). L’azione erosiva/dispersiva del-le correnti, responsabile di questa “lacunosità” riscontrata sempre entro un intervallo più o meno intensamente

Page 28: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

BOSSIO et al.64 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

glauconitico, si è estrinsecata con intensità variabile nello spazio e nel tempo anche in zone vicine. Il risultato piùeclatante di tale variabilità è il seguente: nel settore settentrionale dell’area di Lecce la fase di glauconizzazione èseguita, pressochè immediatamente, da quella di deposizione dei carbonati messiniani che costituiscono le Calca-reniti di Andrano; nel settore meridionale, invece, tra le due fasi è interposta la ripresa della sedimentazione cal-careo-detritica della Pietra leccese, la quale prosegue senza soluzione di continuità almeno per gran parte del Tor-toniano, producendo uno spessore di circa 30 m. La Pietra leccese dei livelli tortoniani più recenti mostra diversi-tà nella granulometria, nel colore e nel contenuto fossilifero rispetto alla tipica Pietra leccese, verosimilmente inconseguenza di un progressivo innalzamento dell’area che diviene alquanto rapido con l’inizio del Messiniano. LeCalcareniti di Andrano rappresentano il prodotto sedimentario di questo trend regressivo. Con i calcari e le calca-reniti di questa unità, i cui contenuti fossiliferi sono indicativi di un contesto ambientale di acque basse con con-dizioni chimico-fisiche sempre più riconducibili verso l’alto a quelle della ben nota “crisi di salinità” mediterra-nea, si chiude il ciclo miocenico sia localmente che nell’intero Salento.

Il 5° ciclo sedimentario, di età zancleana, è rappresentato dalla Formazione di Lèuca. Questa unità, spessa qual-che decina di metri, è costituita da brecce e conglomerati e, in netto subordine, da biomicriti glauconitiche. Il pri-mo litotipo, che si presenta come una massa caotica di clasti generalmente non elaborati e di dimensioni variabi-li, contiene nella matrice associazioni a foraminiferi planctonici ed a nannofossili calcarei indicative rispettiva-mente della Zona a Sphaeroidinellopsis seminulina s.l. e di quella a Discoaster variabilis s.l.; le associazioni ben-toniche (foraminiferi ed ostracodi), invece, individuano una deposizione in ambienti di debole profondità. Il se-condo litotipo, di pertinenza delle Zone a Globorotalia margaritae e ad Amaurolithus tricorniculatus, è l’espres-sione di un approfondimento, fino alla parte più profonda della zona neritica esterna, oltre che di un’intensa atti-vità erosiva da parte di correnti.

Il 6° ciclo sedimentario è costituito dalla Formazione di Uggiano la Chiesa. L’unità è rappresentata da varie de-cine di metri di sedimenti calcareo-detritici giallo-chiari, a grana da fine a grossolana, con ricorrenti fossili. Se nel-le altre località finora studiate la formazione è sempre risultata di età piacenziano-gelasiana (fino addirittura a san-terniana nell’area tipo), negli affioramenti di Lecce essa si è invece rivelata di età zancleana (Zona a Globorota-lia puncticulata dei foraminiferi; Zona a Discoaster tamalis dei nannofossili). Nonostante questa diversità, il de-butto della formazione si è comunque verificato in un contesto di subsidenza analogo, con fasi alterne di fosfatiz-zazione e di erosione da parte di correnti; prova ne è la presenza alla base dell’unità di un conglomerato a elemen-ti fosfatizzati e di associazioni bentoniche che esprimono batimetrie non compatibili con quelle di un sedimentotrasgressivo. Durante le cronozone a G. puncticulata ed a D. tamalis è documentabile un trend regressivo, da pro-fondità della zona neritica esterna a quelle della zona neritica interna.

Il 7° e ultimo ciclo è individuato dalle Calcareniti del Salento. Questa unità prevalentemente calcarenitica e dipoche decine di metri di spessore, contiene fossili indicativi di ambienti deposizionali di modesta profondità e ri-feribili al Sottopiano Siciliano (Zona a Globorotalia truncatulinoides excelsa dei foraminiferi e Zona a “small”Gephyrocapsa dei nannofossili) del Piano Calabriano (Pleistocene Inferiore).

PAROLE CHIAVE: Stratigrafia, Neogene-Quaternario, Salento Nord-orientale, Lecce.

ABSTRACT - The lithological features and the stratigraphical and paleoenvironmental significance of the for-mations outcropping in the north-eastern sector of the Lecce Province, (the respective Geologic Map in scale1:25.000 has been attached) are shown here. Starting from the oldest one, the units are: Calcari di Melissano for-mation, Galatone Formation, Lecce Formation, Pietra leccese formation, Calcareniti di Andrano formation, Lèu-ca Formation, Uggiano la Chiesa Formation and Calcareniti del Salento formation. They represent the results of7 sedimentary cycles developed from the Late Cretaceous to the Early Pleistocene.

The first cycle is represented by the Calcari di Melissano formation. This unit widely outcrops north of Lecce,in the surroundings of Surbo village, and it is constituted by compact limestones, dolomitic limestones and micrit-ic limestones whitish to grey in colour. The Calcari di Melissano formation generally consists of centimetric tometric layers, but locally it can be laminated. The rare macrofossils are fragments of rudists as well as corals andbivalves. Its depositional environment corresponds to shallow water marine conditions with continental episodes.In literature the formation has been attributed to the Turonian-Senonian interval (Late Cretaceous).

The second cycle is represented by the Galatone Formation, which outcrops south-west of Lecce , along NW-SE oriented strip. The unit is characterized by white-greyish micritic limestones, white-brownish limestones andyellowish marls. The litotypes are organized in layers from a few centimetres to several decimetres thick, common-ly showing planar laminae. The abundant fossil assemblages are mainly constituted by gastropods (especially ofthe Potamididae family; inner moulds of Ampullinopsis crassatina also occur), ostracods and small bivalves(mainly of the Cardidae and Veneridae families). The sedimentological features and the macro-microfossil con-tent indicate a lacustrine depositional environment; episodic connections with coastal restricted environmentscharacterized by brackish waters are also recorded. The presence of A. crassatina allow to refer the Galatone For-mation to the late Oligocene.

The Lecce Formation, formalized in this paper, represents the third cycle. The unit consists of whitish massivecalcarenites (often characterized by more or less distinct decimetric stratification) with intercalations of greyishmarly and micritic limestones. Rare bivalves (particularly Cardium), echinoids (Scutella), gastropods and macro-foraminifers (Operculina) occur. The planktonic foraminifer and calcareous nannofossil assemblages allow to at-tribute the upper part of the formation to the Paragloborotalia kugleri Zone and to the Sphenolithus delphix Zonerespectively and, thus, to the basal part of the Aquitanian (Early Miocene). Although, the lower part of the unit

Page 29: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 65Geologica Romana 39 (2006), 63-87

INTRODUZIONE

Le ricerche geologiche a carattere generale dello scor-so secolo sul territorio salentino (tra gli altri, si ricorda-no: Dainelli, 1901; De Benedetti, 1930; D’Erasmo,1959; De Giorgi, 1903, 1922; Ciaranfi et al., 1988,1993; Ricchetti et al., 1988; Sacco, 1911), nonchè quel-le più specifiche relative alla preparazione della CartaGeologica d’Italia (scala 1:100.000) (Largaiolli et al.,1969; Rossi, 1969 a, b) e alla migliore definizione diparticolari depositi (Del Prete & Santagati, 1972; D’A-lessandro et al., 1994), erano da considerarsi insuffi-cienti a fornire un quadro geologico d’insieme, moder-

no ed unitario, per l’area di Lecce (con inclusi i suoi im-mediati dintorni). Per questo motivo e alla luce degli in-coraggianti risultati ottenuti nel resto del Salento, sia sullato ionico (area di S.Maria al Bagno-S.Caterina; Bos-sio et al., 1992 ed in ultimazione), sia soprattutto suquello adriatico (dall’altezza di Otranto-Palmariggi aNord a S.Maria di Lèuca a Sud; Bossio et al., 2002 cumbibl.), è stato da noi impostato un programma di ricercageo-paleontologica che prevedeva: a) il rilevamentogeologico alla scala 1:25.000 (originariamente alla sca-la 1:10.000) dell’area estesa da Lecce a Surbo e all’alli-neamento Mass. Coccioli - T.re Chianca verso Nord, dalcapoluogo salentino all’allineamento Mass. Maria

has been doubtfully referred to the late Chattian. From a paleoenvironmental point of view, the lacking of sedi-mentary structures and the good preservation of the macroforaminifers led to hypothesize a sedimentary accumu-lation showing any transport evidences; furthermore, the common occurrence of Scutella indicates sandy back-drops and low hydrodynamism in shallow water marine conditions.

The fourth cycle is formed by the Pietra leccese and Calcareniti di Andrano formations. The first unit consistof pale yellow biomicrite, very rich of planktonic foraminifers. Its base is characterized by a breccia with carbon-atic heterometric elements and scarce matrix or by a thin brown level with small phosphatic elements. The fea-tures of this basal level and the paleoenvironmental evidence deriving from the benthonic assemblages, are in dis-agreement with a transgression, they rather suggest that the sedimentation started within depositional conditionscharacterized both by phases of phosphatization, probably in upwelling regime, and phases of erosion/dispersionlinked to the action of deep sea currents. During the late Burdigalian (Globigerinoides trilobus and Sphenolithusheteromorphus cronozones) these particular conditions ended (shortly after the early stage of the formation dep-osition). In addition, a strong activity of deep sea currents responsible for erosion and partial redistribution ofsediments, has also been hypothesized for the deposition of the glauconitic layers located in the upper part of theformation. In this contest, the local basal hiatus represents the first of a series which affected the Pietra lecceseformation up to the early Messinian (Globorotalia conomiozea Zone and Amaurolithus delicatus - A. amplificusZone); the presence of sedimentary hiatuses also justifies the relatively limited thickness of the formation itself(about 80 m) in spite of its long - lasting deposition (about 11 M.A.). The extension of the hiatuses changes in thedifferent sectors of the considered area. In the northern sector, for example, it has been observed that the glau-conitic layers immediately underlie the Messinian carbonatic deposits of the Calcareniti di Andrano formation;on the contrary, in the southern sector, these levels are overlaid by the Tortonian calcareous - detritic sedimentsof the Pietra leccese formation; these sediments, up to 30 m thick, show some differences in the granules size,colour and fossil content, in comparison with the typical Burdigalian Pietra leccese; this is probably due to theprogressive raising of the area, suddenly increasing since the Messinian. The Calcareniti di Andrano formationrepresents the regressive term closing the Miocene cycle in the whole Salento area.

The fifth sedimentary cycle is represented by the Lèuca Formation. This unit, over ten meters thick, is constitut-ed by breccias, conglomerates and, subordinately, by glauconitic biomicrites. Breccias and conglomerates areformed by carbonatic heterometric pebbles included in a mainly sandy or marly sandy matrix. The matrix yieldsforaminifers and nannofossils of the Sphaeroidinellopsis seminulina s.l. and Discoaster variabilis s.l. zones (basalZanclean, Early Pliocene) and benthonic assemblages (foraminifers and ostracods) indicating a shallow watermarine environments. The glauconitic biomicrites, attributed to the Globorotalia margaritae and Amaurolithus tri-corniculatus zones (Zanclean), are the sedimentary expression of an abrupt deepening (up to the deepest outerneritic zone) and of an intense erosive/dispersive action of the currents.

The sixth cycle is represented by the Uggiano la Chiesa Formation consisting of stratified and fossiliferousbiodetritical limestones and yellowish calcareous sands; about 50 meters thick. The calcareous plankton contentis referable to the Globorotalia puncticulata and D. tamalis zones, Zanclean in age; in other areas of the Salentothis formation has been referred to the Piacenzian and Gelasian; while, in its type area it has shown a wider strati-graphic range spanning from the Piacenzian to the Santernian time interval. In spite of these diachroneity, in theLecce area, the deposition of the formation starts in a similar context, characterized by erosive/dispersive process-es alternated to active processes of phosphatization. In fact, the local occurrence of a basal conglomerate withphosphatic pebbles, as well as the benthonic assemblages, indicating the outer neritic zone, are in contrast withthe evidence of a trasgression.

The last sedimentary cycle is represented by the Calcareniti del Salento formation. It consist of a fossiliferous(among the other, Arctica islandica, Mya truncata and Panopea norvegica) biodetritical carbonatic unit up to 20meters thick. The calcareous micro- and nannofossil content allow to refer it to the Globorotalia truncatulinoidesexcelsa and “small” Gephyrocapsa zones and, then to the Sicilian (Early Pleistocene). The benthonic assemblagesindicate a shallow water marine depositional environment.

KEY WORDS: Stratigraphy, Neogene-Quaternary, north-eastern Salento, Lecce.

Page 30: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

Quarta-Strudà-Vanze verso Sud; b) la relativa nota illu-strativa della stratigrafia e dell’evoluzione ambientale.

La nota, accentrata in particolare sulle unità neogeni-co-pleistoceniche, è qui presentata unitamente alla carta

geologica (Bossio et al., 1999). A riguardo, si precisa chele analisi biostratigrafiche hanno avuto come strumentofondamentale lo schema a foraminiferi planctonici ed anannofossili calcarei proposto da Foresi et al. (in Bossio

BOSSIO et al.66 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 1 - Schema zonale a plancton calcareo (foraminiferi e nannofossili) utilizzato per i sedimenti miocenici dell’area di Lecce. In sinistra, il suoinquadramento nelle scale magnetostratigrafica, cronostratigrafica e geocronologica.– Calcareous plankton (foraminifera and nannofossils) zonal scheme used for the Miocene sediments of the Lecce area. On the left, its frame in themagnetostratigraphic, chronostratigraphic and geochronologic scales.

Page 31: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 67Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 2 - Schema zonale a plancton calcareo (foraminiferi e nannofossili) utilizzato per i sedimenti plio-pleistocenici dell’area di Lecce. In sinistra, ilsuo inquadramento nelle scale magnetostratigrafica, cronostratigrafica e geocronologica.– Calcareous plankton (foraminifera and nannofossils) zonal scheme used for the Plio-Pleistocene sediments of the Lecce area. On the left, its framein the magnetostratigraphic, chronostratigraphic and geochronologic scales.

Page 32: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

et al., 2002), tra l’altro tarato alle scale standard crono-stratigrafica e magnetostratigrafica (Figg. 1 - 2), e che leconsiderazioni paleoambientali sono state sviluppate so-prattutto tramite i foraminiferi bentonici e gli ostracodi.Si evidenzia, ancora, che le due unità pre-neogeniche ri-levate sono state trattate in modo più sintetico: sostan-zialmente su basi bibliografiche quella cretacica dei Cal-cari di Melissano, con particolare riferimento al lavorodi Bossio et al. (1998) in cui è stata istituita, e a quelli diEsu et al. (1994) e Margiotta (1999, 2004) in cui è stataampiamente trattata, quella oligocenica della Formazio-ne di Galatone.

STRATIGRAFIA

Nell’area di Lecce sono state riconosciute otto unità li-tostratigrafiche: Calcari di Melissano, Formazione diGalatone, Formazione di Lecce, Pietra leccese, Calcare-niti di Andrano, Formazione di Lèuca, Formazione diUggiano la Chiesa, Calcareniti del Salento.

Calcari di Melissano

Caratteristiche

La formazione affiora estesamente a Nord di Lecce, neidintorni di Surbo. L’intervallo stratigrafico localmenterappresentato è costituto da un’alternanza di calcari, cal-cari dolomitici e micritici. Questi si presentano in generecompatti, di colore biancastro, grigio chiaro o nocciola,in strati di spessore variabile da qualche centimetro a cir-ca un metro. A luoghi gli strati risultano fratturati e disar-ticolati; talvolta essi sono fittamente laminati. In que-st’ultimo caso, i calcari costituiscono la varietà denomi-nata dai cavatori “Calcari di Surbo”, non distinta nellacartografia geologica ma largamente utilizzata nella pavi-mentazione di esterni per la facilità con cui essi possono

essere ridotti in lastre (volgarmente “chianche” o “chian-carelle di Surbo”). Gli affioramenti sono generalmente li-mitati a qualche metro di spessore; tuttavia una potenzamaggiore, sino a trenta o quaranta metri, è osservabilenelle cave (attive e no) ubicate a Nord della Cappellad’Aurio (nei pressi di Mass. Barba) ed in aree attigue aquella considerata. In corrispondenza degli affioramentipiù significativi e delle pareti delle cave (Fig. 3) si osser-va una giacitura suborizzontale o in debole monoclinaleimmersa a SO interessata da blande pieghe con direzioneassiale pressocchè costante (140°). Tra Mass. Frascusa eMass. Santoni, a Nord-Est di Surbo, dall’esame delle gia-citure è inoltre possibile ipotizzare un sistema di fagliesubverticali coniugate, anch’esse con direzione costante(140°), le quali suddividono i depositi in horst e graben,questi ultimi colmati dalla deposizione dei sedimenti piùrecenti (miocenici e pleistocenici).

I macrofossili sono in genere scarsi, caratterizzati daframmenti di rudiste e, in subordine, da coralli e pettini-di. Si segnala che Ciaranfi et al. (1988, 1993), inquadran-do l’evoluzione paleogeografica della regione salentinanel contesto di quella sedimentaria e tettonica dell’Avam-paese apulo, riferiscono i depositi salentini del Cretaceosuperiore alla formazione del Calcare di Altamura.

Età ed ambiente

Sulla base degli elementi litologici e paleontologici,nonché su basi bibliografiche (Largaiolli et al., 1969,Rossi, 1969 a, b; Martinis, 1970, Ricchetti et al.,1988),l’ambiente deposizionale è riconducibile alla parte menoprofonda della piattaforma interna; sono comunque do-cumentati anche episodici periodi di emersione.

Dalle Note Illustrative relative alla II° edizione dellaCarta Geologica d’Italia (Rossi, 1969 a,b), risulta che iCalcari di Melissano sono riferibili al Cretacico Superio-re (Turoniano-Senoniano).

Formazione di Galatone

Caratteristiche

Affiora saltuariamente lungo una fascia orientata NO-SE, a Sud-Ovest dell’abitato di Lecce. Dal punto di vistalitologico l’unità è caratterizzata da un’irregolare alter-nanza di calcari micritici compatti grigio-biancastri, cal-cari sottilmente stratificati di colore variabile dall’avanaal bianco e marne laminitiche giallastre. Gli strati calca-rei sono generalmente interessati da numerose fratturesubverticali che fanno loro assumere il tipico aspetto adenti di sega.

Una buona esposizione della formazione, dello spes-sore di circa 13 m, è ubicata in corrispondenza di un ta-glio della SS 101 Lecce-Gallipoli (Fig. 4). A causa del-l’assetto plicativo (anticlinale con ampio raggio di cur-vatura nel tratto meridionale, seguita da una monoclina-le con immersione a SO nel tratto settentrionale) la par-te inferiore dell’unità, costituita in prevalenza da strati

BOSSIO et al.68 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 3 - Calcari, calcari dolomitici e micritici appartenenti ai Calcari diMelissano ed esposti nella cava “Acquabona” nei pressi di Surbo(Nord di Lecce).– Limestones, dolomitic and micritic limestones of Calcari diMelissano formation in “Acquabona” quarry near Surbo (North ofLecce).

Page 33: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

marnosi (spessi da una decina ad una quarantina di cen-timetri) alternati a strati calcarei (di spessore decimetri-co), affiora nel tratto Nord del taglio stradale; viceversa,gli strati sommitali della successione, interessati da nu-merose deformazioni delle facies marnose (che impedi-scono il riconoscimento delle superfici di strato) e da in-tensa fratturazione dei livelli calcarei, sono osservabilinel tratto centrale. In quello Sud, infine, si rilevano livel-li di calcari, a luoghi sottilmente stratificati, con rare in-tercalazioni marnose.

Ulteriori osservazioni sulla formazione sono state ef-fettuate durante lo scavo di fondazione di un edificio, al-l’interno dell’area occupata dall’ospedale “Vito Fazzi”.Dal basso, le pareti dello scavo sono risultate costituiteda circa un metro di argille sabbiose di colore giallo ocrae da circa 5 m di calcari e calcari marnosi laminitici,blandamente piegati e ricchi in gasteropodi e bivalvi. Incorrispondenza del piano d’opera sono stati eseguiti tresondaggi a carotaggio continuo, profondi dai 15 ai 20 m.In particolare il sondaggio S1, profondo 18 m, ha attra-versato le argille sabbiose ancora per 5 m e, quindi, i cal-cari cretacici del substrato. Lo spessore delle argille sab-biose così identificato, concorda con quello indicato daDel Prete & Santagati (1972) per gli scavi adiacenti, re-lativi agli allora erigendi edifici ospedalieri. Da rilevareche questi Autori interpretano le argille sabbiose comedepositi di “terra rossa” interposti fra i calcari cretacici ela parte basale della Pietra leccese (qui riconosciuta co-me Formazione di Galatone).

“Terra rossa” interposta tra la Formazione di Galatonee i calcari del Cretacico è stata osservata anche in corri-spondenza del Pozzo Seminario (si veda più avanti) e dialtri pozzi esaminati da Margiotta (2004) nell’area diLecce; in alcuni casi, il deposito è caratterizzato dallapresenza di frequenti pisoliti bauxitiche, con diametrovariabile da pochi millimetri sino ad un centimetro.

L’apertura di un cantiere per la posa in opera di una tu-batura dell’acqua ha consentito di rilevare, nei pressi

dell’ospedale di Lecce, i rapporti stratigrafici tra la For-mazione di Galatone e la soprastante Formazione di Lec-ce (Margiotta, 1999). Per la precisione, la sezione consi-derata da questo Autore e` stata messa in luce da unatrincea, di profondità variabile (massima intorno ai 4 m)e con direzione ONO-ESE, al margine della strada checollega la SS 101 Lecce-Gallipoli con la SS 16 Lecce-San Cesario. A causa della giacitura anticlinalica deglistrati, il contatto tra le due unità è risultato visibile solonei tratti estremi (occidentale ed orientale) della trincea.Per i rapporti stratigrafici e le modalità di passaggio allaFormazione di Lecce si rimanda alla descrizione di que-st’ultima. Qui si mette in evidenza solo che: a) la Forma-zione di Galatone si è presentata per circa 2 m con stratiprevalentemente calcarei, a luoghi dolomitici e minuta-mente fratturati, di spessore variabile da centimetrici adecimetrici, raramente intercalati da millimetrici livelliargillosi; b) nei 30 cm sommitali dell’esposizione essaha mostrato una sottile stratificazione, con lamine paral-lele piane e, subordinatamente, ondulate; c) la sua super-fice superiore è di norma ondulata. Riguardo a quest’ul-tima si è dedotta l’esposizione subaerea dalla presenza dimud cracks, con poligoni di lato non superiore ad unpaio di centimetri, separati da fessure larghe un paio dimillimetri e profonde al massimo 1 cm, che si chiudonoa cuneo verso il basso. Sulla superficie sono stati notatianche rilievi mammellonari a base subcircolare e condiametro non superiore al decimetro, dovuti probabil-mente alla risalita di fluidi per “pompaggio evaporitico”attraverso fratture, nonchè impronte erosive dovute altrascinamento di oggetti.

La Formazione di Galatone è stata riconosciuta anchein corrispondenza di alcune perforazioni profonde, ese-guite nell’abitato di Lecce e nelle sue immediate vicinan-ze. In particolare, si fa riferimento ai pozzi S. Oronzo(ubicato a ridosso della piazza omonima), Alfarano (al-l’incrocio della strada per Maglie) e Seminario (nei pres-si della località Giardino Cupa), i quali hanno attraversa-to litotipi dell’unità alle seguenti profondità: il primo, da-159 m dal piano campagna fino a fondo pozzo (-201 m);il secondo, da -135 m a -156 m (fondo pozzo); l’ultimo,da -75 m a -154 m (Fig. 5). Relativamente al Pozzo Semi-nario, profondo 173 m, si rileva ancora che esso ha intac-cato alla base e per un paio di metri, calcari vacuolari gri-gi (con resti di Rudiste) di pertinenza dei Calcari di Me-lissano; questi sono sovrastati, per circa 17 m, da argillerosse residuali a luoghi ricche in pisoliti bauxitiche e conalla base una breccia costituita da elementi provenientidai sottostanti calcari cretacici. Le argille rosse sono sor-montate da un’alternanza di calcari stratificati, marne liti-che e argille grigie (Formazione di Galatone) dello spes-sore di circa 50 m. Al di sopra si hanno un livello di argil-le residuali (spesso circa 5 m) e successivamente, per unaventina di metri, litotipi (marne e calcari laminitici confrustoli vegetali) della Formazione di Galatone.

Per quanto riguarda il contenuto in fossili, le associa-zioni (più povere rispetto a quelle osservate nelle aree diGalatone e di S. Maria al Bagno) sono caratterizzate inprevalenza da numerosi gusci di gasteropodi e bivalvi,

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 69Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 4 - Affioramento della Formazione di Galatone, nei pressidell’Ospedale di Lecce (al margine della strada SS 101 a Ovest diLecce), rappresentato da un’alternanza irregolare di strati calcarei, cal-carenitici e marnosi di diverso spessore.– Galatone Formation outcrop, near the Lecce hospital (along the SS101 road to West of Lecce), characterized by an irregular alternationof differently thick calcareous, calcarenitic and marly layers.

Page 34: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

nonché da impronte riferibili verosimilmente ad ostraco-di (già riconosciuti in questa unità ed esaurientementestudiati da Esu et al., 1994). In particolare, i bivalvi so-no rappresentati da piccoli gusci di Cardidi e Veneridi(probabilmente Astartidae) oltre che da Dreissena, men-tre i resti di gasteropodi appartengono generalmente allafamiglia Potamididae; sono stati riconosciuti anche mo-delli interni (dimensioni di circa 6-7 cm) di Ampullinop-sis crassatina (Lamarck). La determinazione di questaspecie è confortata dalla presenza della stessa, con esem-plari provvisti di guscio e splendidamente conservati, insedimenti marnosi riferibili alla Formazione di Galatone(Bossio et al., in preparazione) e affioranti in aree nondistanti da quella considerata.

Lo spessore complessivo della Formazione di Galato-ne è difficilmente valutabile in ragione sia della scarsez-za delle esposizioni che dell’assetto tettonico; si ricorda,

comunque, che nel Pozzo Seminario esso raggiunge ilvalore di 79 m. In proposito si evidenzia ancora che laformazione affiora per uno spessore di circa 85 m nell’a-rea di Galatone (Bossio et al., 1998) e di una ventina dimetri in quella di S. Maria al Bagno (Bossio et al.,1992);essa è stata inoltre riconosciuta, in affioramento e nelsottosuolo di altre aree del Salento, con spessori moltovariabili (Margiotta & Ricchetti, 2002; Margiotta, 2004;Margiotta & Varola, 2004).

Età ed ambiente

Le analisi micropaleontologiche sono state effettuatein prevalenza su campioni provenienti da carote di poz-zi ubicati all’interno dell’abitato di Lecce (Fig. 5). Qui diseguito, si riportano i risultati più significativi relativi aipozzi S.Oronzo e Seminario. Per quanto riguarda il pri-mo pozzo, dalla Formazione di Galatone sono stati pre-levati 7 campioni; questi hanno fornito un residuo di la-vaggio piuttosto abbondante, costituito da numerosiframmenti carbonatici biancastri, da frequenti ostracodie gasteropodi a guscio liscio, oltre che da qualche otoli-te. Relativamente al secondo pozzo sono tati analizzati 9campioni provenienti dall’intervallo inferiore della for-mazione e uno al di sopra del livello di argille residuali(Fig. 5). I primi hanno messo in evidenza residui carat-terizzati da frammenti carbonatici biancastri e, dal puntodi vista organico, talora da ostracodi a guscio liscio, ta-laltra da ostracodi e foraminiferi bentonici; l’ultimo, unresiduo con frazione terrigena molto fine, frequenti ga-steropodi a guscio liscio e sottile, nonché rari ostracodi.

In ragione delle osservazioni litologiche e sedimento-logiche oltre che del contenuto in fossili, l’ambiente de-posizionale della formazione è da ritenersi essenzial-mente lacustre, episodicamente lagunare per contatti ef-fimeri con l’ambiente marino costiero. Questa ipotesi èconfortata da quanto osservato da Bossio et al. (1992) eda Esu et al. (1994) rispettivamente nell’area di S. Mariaal Bagno e in quella di Galatone. Circa l’età e le dedu-zioni ambientali, decisamente significativo appare il ri-trovamento di A. crassatina; infatti, il taxon è ritenuto ti-pico di sedimenti calcarei e calcareo-marnosi dell’Oligo-cene superiore depostisi in ambienti lagunari della Ger-mania (Lof P., 1985), del Belgio, dei bacini di Parigi e diAquitania (Moret, 1958), del bacino Mesoellenico dellaGrecia e di quello iraniano di Esfahan - Syrian (Harzhau-ser et al., 2002).

Formazione di Lecce

Caratteristiche

Affiora a Sud-Ovest dell’abitato di Lecce in discor-danza sulla Formazione di Galatone. Questa unità nontrova riscontro in alcuna delle unità litostratigrafiche si-nora formalizzate, né risultano in letteratura descrizionidella stessa se si eccettua quella riportata nella legendadella Carta Geologica allegata. La Formazione di Leccepresenta il suo affioramento migliore lungo la strada perArnesano. L’unità è caratterizzata da calcareniti massive

BOSSIO et al.70 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 5 - Stratigrafie di alcune perforazioni eseguite all’interno dell’a-bitato di Lecce.– Stratigraphies of some corings in Lecce.

Page 35: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

litificate, a luoghi marnose e di colore variabile dal bian-castro all’avana, che mostrano una stratificazione in ban-chi (spessi da 0,5 a 3 m) appena accennata (Fig. 6). Al-l’interno dei banchi sono osservabili superfici ondulateche si incrociano formando un basso angolo, riconduci-bili verosimilmente a strutture trattive. Talvolta, ai livel-li calcarenitici si intercalano altri costituiti da calcari mi-critici biancastri e da marne avana. Tra i fossili, si rin-vengono modelli di bivalvi (tra cui Cardium) e numero-si resti di echinoidei (Scutella, Fig. 7), gasteropodi e ma-croforaminiferi (Operculina, Fig. 8). La formazione pre-senta evidenti analogie litologiche e paleontologiche conla “calcarenite a Scutelle” segnalata da Barbera et al.(1993) nella cava “I Rizzi”, presso Galatone (a Sud del-l’area in esame, lato occidentale del Salento), e riferita

alla Pietra leccese nella Carta Geologica d’Italia(1:100.000).

La base dell’unità non è esposta; come detto in prece-denza, però, una trincea aperta nei pressi dell’ospedale diLecce per l’installazione di una condotta dell’acqua hamesso alla luce il contatto con la sottostante Formazionedi Galatone. Questo si realizza attraverso l’interposizio-ne di un livello costituito da fango dolomitico, di coloregiallo ocra e di spessore variabile da 40 cm a circa 2 m,a luoghi inglobante frammenti calcarei della Formazionedi Galatone. Tale livello, in genere privo di strutture se-dimentarie vere e proprie, localmente presenta bande dispessore millimetrico e di colore alternativamente mar-roncino scuro, giallo ocra e rossastro. Esso mostra anco-ra concrezioni carbonatiche di origine vegetale, spesso

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 71Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 6 - Calcareniti e calcari micritico-marnosi della Formazione di Lecce, in corrispondenza di un taglio della strada Lecce - Novoli (Ovest di Lecce).– Calcarenites and micritic and marly limestones of the Lecce Formation, outcropping along the Lecce - Novoli road (West of Lecce).

Fig. 7 - Esemplare di Scutella in calcareniti della Formazione diLecce.– Scutella specimen in calcarenites of the Lecce Formation.

Fig. 8 - Esemplare di Operculina in calcareniti della Formazione diLecce.– Operculina specimen in calcarenites of the Lecce Formation.

Page 36: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

di forma tubolare e con diametro massimo intorno ai 2cm, disposte generalmente in posizione orizzontale.

La presenza di questo deposito fangoso fu segnalata daCotecchia (1975) in una relazione professionale relativaallo studio geologico e geotecnico dell’area dell’ospeda-le. Nella locale successione stratigrafica l’Autore rico-nobbe depositi oligoalini (corrispondenti alla Formazio-ne di Galatone) e individuò alla base della Pietra leccese(in realtà corrispondente alla Formazione di Lecce) unintervallo rappresentato da un “livello limoso sabbiosodi colore bruno-nerastro inglobante numerosi elementilapidei tondeggianti di calcare concrezionale. A questolivello limo-sabbioso segue un banco, potente un metrocirca, di calcari bianco-marroncini brecciformi che, ver-so il basso, passa a livelli calcarei, calcarenitici ed an-che argillosi”. È evidente che il livello limoso-sabbiosodi cui parla questo Autore corrisponde all’intervallo co-stituito da fango dolomitico; dai sondaggi effettuati inquell’occasione emerge che lo spessore di questo variada 30 cm a 1,50 m.

Sul deposito fangoso giace una marna calcarea, di co-lore giallo ocra e spessa una trentina di centimetri, a suavolta seguita da calcareniti a grana medio fine e di colo-re biancastro, le quali rappresentano la facies tipica del-la Formazione di Lecce. Fra l’altro, nelle calcareniti so-no comuni i fossili (rappresentati da bivalvi, tra cui Car-dium, gasteropodi e macroforaminiferi appartenenti algenere Operculina) e le bioturbazioni (tubolari e condiametro non superiore al centimetro). Gli strati dellaFormazione di Lecce hanno giacitura discordante suquelli dell’unità sottostante; talvolta, essi risultano de-bolmente inclinati con immersione nella stessa direzionerispetto a quella degli strati della Formazione di Galato-ne ma con angolo non congruente.

Gli affioramenti dell’unità sono ricorrenti ma di spes-sore in genere contenuto (al massimo 10 m in corrispon-denza dell’intersezione tra la vecchia strada provincialeper Novoli e la tangenziale Ovest di Lecce, al margineorientale dell’area rilevata; Margiotta & Varola, 2004).Nel sottosuolo, invece, sono stati individuati spessori fi-no a 60 m. Per questi si fa riferimento ai pozzi S. Oron-zo, Alfarano e Seminario, precedentemente citati: l’uni-tà è stata attraversata da -102 a -158 m nel primo, da -130 a -90 m nel secondo, da -75 a -55 m nell’ultimo.

Età ed ambiente

Dal punto di vista paleoambientale, la scarsità di strut-ture sedimentarie e l’ottimo stato di conservazione deimacroforaminiferi inducono ad ipotizzare una deposi-zione senza vistosi fenomeni di trasporto; inoltre, la pre-senza e talvolta l’abbondanza di Scutella indicano fon-dali sabbiosi di debole profondità e relativamente bassoidrodinamismo (Matteucci e Parente, 1993).

Per quanto riguarda l’età della formazione, si fa riferi-mento principalmente ai risultati ottenuti dall’analisi mi-cropaleontologica (foraminiferi planctonici e nannofos-

sili calcarei) dei campioni provenienti dal Pozzo S.Oronzo (Fig. 5). Le associazioni a plancton calcareo dei9 campioni esaminati non sono sempre significative dalpunto di vista biostratigrafico. Solo quelle del tratto su-periore della formazione (SO 12-15) sono risultate, in-fatti, più ricche e diversificate e, quindi, più idonee in talsenso. In particolare, le presenze di Paragloborotalia ku-gleri (SO 13) tra i foraminiferi planctonici e di Spheno-lithus delphix (SO 13) tra i nannofossili consentono diindividuare le rispettive zone omonime di Foresi et al.(2002). Oltre ai marker zonali si ricordano altre forme,alcune delle quali particolarmente significative: Tenui-tellinata angustiumbilicata, Globigerina praebulloides,Globorotalia angulisuturalis, Paragloborotalia siaken-sis, P. pseudokugleri, Globigerinella obesa, Globigeri-noides sp. per il primo gruppo di organismi, Coccolithusmiopelagicus, Cyclicargolithus abisectus, C. floridanus,Helicosphaera euphratis, H. kamptneri (SO 14), Sphe-nolithus capricornutus (SO 12), S. compactus e S. mori-formis per il secondo gruppo. Tra i nannofossili, del tut-to significativo è anche il rinvenimento di Sphenolithuscapricornutus, la cui scomparsa precede quella di S. del-phix e la comparsa di P. kugleri nella sezione di Lemme-Carrosio, proposta per il GSSP (Global Stratotype Sec-tion and Point) della base del Neogene (Steininger et al.,1997). In termini cronostratigrafici, se la porzione supe-riore della Formazione di Lecce è quindi da attribuire al-la parte iniziale dell’Aquitaniano (Miocene Inferiore),non è da escludere che quella inferiore possa appartene-re al tratto sommitale del Cattiano (Oligocene superio-re). In proposito si rileva che anche nel campione basaleSO 9 è stato ritrovato S. capricornutus, un taxon che se-condo Perch-Nielsen (1985) compare nella parte supe-riore della oligocenica Zona NP 25. Questi risultati, otte-nuti dopo la pubblicazione della carta geologica, correg-gono l’esclusivo riferimento all’Aquitaniano in essa pre-sentato.

BOSSIO et al.72 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 9 - Contatto discordante tra la Pietra leccese ed i Calcari diMelissano in una cava ubicata al margine della strada Lecce - T.reChianca (Nord-Est di Lecce).– Discordant contact between Pietra leccese and Calcari di Melissanoformations in a quarry located to the border of the Lecce - T.re Chiancaroad (North-East of Lecce).

Page 37: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

Pietra leccese

Caratteristiche

L’unità affiora ampiamente, con andamento NW-SE,nei settori centro-occidentale e meridionale dell’areaconsiderata, dove attualmente è molto estesa l’urbaniz-zazione. Con lo stesso andamento ma di entità più limi-tata, sono gli affioramenti del settore sud - orientale; traquesti il più esteso è messo a nudo dall’erosione delleCalcareniti di Andrano nell’anticlinale di Acaia.

La Pietra leccese giace trasgressiva e in discordanzasia sui calcari del Cretacico, a NW dell’abitato di Lecce,sia sulla Formazione di Lecce, a W e SW dello stesso

abitato. Il contatto con quest’ultima è quasi ovunqueobliterato da costruzioni, coltivazioni o detriti; solo aESE dell’ospedale, alla base della Pietra leccese si rilevauna breccia dello spessore di 30-40 cm, costituita da ele-menti dell’unità sottostante. Al contrario, il contatto coni Calcari di Melissano è pressochè sempre scoperto. Inparticolare, ottime esposizioni si osservano nella zona aN di Mass. Pigno, dove peraltro è ben evidente che laPietra leccese si modella solo in parte sulle ondulazionidel calcare mesozoico o addirittura ne taglia gli strati.Lungo il taglio stradale per T.re Chianca e in cave adia-centi il contatto tra le due unità è netto (Fig. 9); infatti,con non più di 2 m di sedimenti bruni e privi di stratifi-cazione l’unità miocenica si adagia su quella cretacicabiancastra e ben stratificata ma spesso brecciata allasommità. In più punti, alla base della Pietra leccese èpresente una breccia dello spessore di 20-30 cm, con ele-menti cretacici clastosostenuti (delle dimensioni da po-chi millimetri a qualche decimetro) e matrice costituitada una calcarenite bruna. La superficie di trasgressionesui Calcari di Melissano spesso è ben levigata e a luoghiinteressata da fori di litofagi. Talvolta essa presenta unaspalmatura fosfatica con sparsi piccoli noduli di apatite(Fig. 10); in alcuni casi questo peculiare orizzonte puòraggiungere anche qualche centimetro di spessore.

Una superficie spianata e levigata alla sommità deiCalcari di Melissano e una breccia alla base della Pietraleccese, in genere localizzata in tasche della superficiecalcarea, è ben visibile ai bordi della “lingua” di Pietraleccese a NW di Surbo e, più a Est, al margine occiden-tale dell’esile fascia di quest’ultima risparmiata a trattidalla copertura quaternaria.

Nella sua tipica e più diffusa espressione, la Pietra lec-cese si presenta come una biomicrite a prevalenti forami-niferi planctonici, più o meno compatta e friabile, a gra-na fine, talora marnosa, di colore giallo-paglierino (Fig.11). La stratificazione, mal definibile, appare in banchiche superano il metro di spessore; solo eccezionalmente(ad esempio, negli affioramenti della zona di Mass. Fa-rache attraversati dalla strada per T.re Chianca) essa èben marcata per la presenza di livelli meno competenti epiù o meno marnosi, spessi da 20 a 30 cm. I fossili (inprevalenza pettinidi ed echinoidei) sono ricorrenti anchese sparsi; talvolta risultano frequenti le bioturbazioni aprevalente andamento orizzontale.

Nei 5-6 metri inferiori la Pietra leccese è molto com-patta, tenace, di aspetto cristallino, di colore variabiledall’avana chiaro all’avana scuro o al grigio-nocciola,con tonalità spesso rosate o verdastre; essa mostra inol-tre, per i primi 20-30 cm, sparsi noduletti fosfatici e, ta-lora, balanidi, pettinidi e piccoli denti di pesci. Nellaporzione superiore la formazione assume un contenutoleggermente glauconitico e, per alcuni metri, conservaun colore giallo ma con “picchiettature” verdi scure; di-viene quindi bruscamente ed estremamente ricca di gra-nuli di glauconite, assumendo di conseguenza una colo-razione verde intenso, oltrechè una manifesta friabilità(Fig. 12). Il contatto tra il sedimento intensamente glau-conitico e quello sottostante “picchiettato” ha un anda-

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 73Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 10 - Particolare del contatto tra Pietra leccese e Calcari diMelissano, nei pressi della cava di Fig. 9; la base dell’unità miocenicaè caratterizzata da un sottile livello fosfatico con sparsi piccoli nodulidi apatite.– Particular of the contact between Pietra leccese and Calcari diMelissano formations, near the quarry of Fig. 9; the base of theMiocene unit is characterized by a thick phosphatic level with smallnodules of apatite.

Fig. 11 - Parete della cava “Macello” (Nord di Lecce) costituita da tipi-ca Pietra leccese.– Wall of the “Macello” quarry (North of Lecce) constituted by typi-cal Pietra leccese.

Page 38: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

mento irregolare e ondulato; questo andamento è accen-tuato dallo sviluppo verso il basso di infiltrazioni più omeno estese, le quali appaiono come tasche o plagheverdi nelle sezioni verticali (Fig. 12). Oltre a numerosinoduletti fosfatici di dimensioni millimetriche fino a 2-3cm, al contatto si rinvengono frequenti fossili (in parti-colare Neopycnodonte, Amusium, Flabellipecten; pre-senti anche modelli fosfatizzati di gasteropodi, pteropo-di, bivalvi, brachiopodi e resti di vertebrati). La loro con-centrazione costituisce un caratteristico livello, spessoda 10 a 50 cm, indicato dai locali cavatori come “lineadelle cozze”. L’intervallo molto ricco in glauconite èspesso circa 2 m; al suo interno i fossili si rarefanno sem-pre più verso l’alto.

Nelle aree della fascia orientale della Penisola Salenti-na, da Otranto a S. Maria di Léuca, con le biomicritiglauconitiche termina la Pietra leccese; direttamente suqueste ultime, infatti, giacciono le Calcareniti di Andra-no (Bossio et al., 1989 a, b, 1991, 1994, 1997 b, 1999, inpreparazione). Nell’area di Lecce questa situazione è os-servabile dalla periferia settentrionale dell’abitato versoNord e nella fascia più orientale (ad esempio, negli affio-ramenti di Mass. Ospedale a Nord e di Acaia e Struda aEst). Nel settore meridionale, invece, al di sopra dei se-dimenti glauconitici è presente un deposito (con strati di20 - 30 cm di spessore) solo inizialmente simile alla tipi-ca Pietra leccese. In esso la litologia diviene gradual-mente verso l’alto a grana media, passando da un coloreavana chiaro (con locali concentrazioni di Neopycno-donte, Amusium, Chlamys, Flabellipecten, nonchè conrare bioturbazioni e sparsi granuli di glauconite), ad unogiallo-ocra (ricca in bivalvi, generalmente modelli, di-versi da quelli del sottostante intervallo). Ciò è partico-larmente evidente in una cava presso C. Treppida e, an-cor più, in alcune cave tra Lecce e Cavallino, come illu-strato nei particolari da Foresi et al. in un lavoro prossi-

mo alla stampa. A Sud lo spessore della Pietra leccese, aldi sopra dell’intervallo intensamente glauconitico di 2m, è di circa 30 m; esso diminuisce progressivamenteverso N, tanto che nell’abitato di Lecce è ridotto a pochimetri e, successivamente, si annulla del tutto.

Sulla base delle osservazioni di superficie e del sotto-suolo, lo spessore massimo della Pietra leccese non su-pera gli 80 m (Fig. 5).

Età ed ambiente

Nel suo complesso, la locale Pietra leccese ricoprel’intervallo Burdigaliano superiore - Messiniano inferio-re. Il riferimento al Burdigaliano superiore è stato rico-nosciuto nei campioni di superficie prelevati al contattosia con la Formazione di Lecce (fascia meridionale del-l’area rilevata) che con i Calcari di Melissano (fascia set-tentrionale). In tali campioni, infatti, sono state riscon-trate associazioni della Zona a Globigerinoides trilobus(con Globigerinoides altiaperturus, G. subquadratus,Paragloborotalia acrostoma, P. incognita, P. bella, P.siakensis, Dentoglobigerina langhiana, D. larmeui eCassigerinella chipolensis, tra le altre) e della Zona aSphenolithus heteromorphus (costituite prevalentemen-te, oltre che dal taxon nominale, da Coccolithus miope-lagicus, C. pelagicus, Cyclicargolithus floridanus, Dis-coaster deflandrei, Helicosphaera ampliaperta, H.euphratis, H. kamptneri, Reticulofenestra spp. e Spheno-lithus moriformis). L’età messiniana è stata documentatanei sedimenti debolmente glauconitici alla sommità del-la Pietra leccese, per uno spessore da poco meno a pocopiù di 1 m. Essa è confortata principalmente dal rinveni-mento di Globorotalia conomiozea, G. exerta, G. medi-terranea, G. miotumida e G. saheliana tra i foraminife-ri, di Amaurolithus delicatus e Discoater quinqueramustra i nannofossili, che consente di individuare rispettiva-mente la Zona a G. conomiozea e la Zona ad A. delica-tus-A.amplificus.

Lo spessore complessivo della Pietra leccese (di circa80 m al Pozzo S. Oronzo) è da considerarsi modesto ri-spetto a quello che essa avrebbe dovuto raggiungere, co-me sedimento detritico di piattaforma, in oltre 11 M.A.La ragione di questa riduzione risiede in alcune lacunenella sedimentazione, spiegate con l’azione di correntiche hanno inibito a più riprese la deposizione e/o aspor-tato e disperso i sedimenti già deposti (Bossio et al.,2002 cum bibl.; Bossio et al., in preparazione). Questihiatus sono stati individuati (e definiti nella loro esten-sione) per via biostratigrafica; tuttavia, un indice macro-scopico della loro esistenza è la presenza più o menoconsistente di glauconite, un minerale tipico delle areead intensa attività dinamica delle acque (per la genesi diquesto minerale nella Pietra leccese si rimanda a Balen-zano et al., 2002, 1994 e 1997). Tre lacune sono state ri-conosciute nel sottosuolo leccese da Foresi et al. (in pre-parazione), con caratteri generalizzabili a tutta l’area ri-levata; le loro ubicazioni e definizioni sono di seguito ri-portate, in ordine dal basso stratigrafico:

a) lacuna al passaggio tra la Pietra leccese non glauco-

BOSSIO et al.74 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 12 - Contatto irregolare e ondulato (marcato anche da concentra-zione di fossili) tra Pietra leccese intensamente glauconitica (“piroma-fo”) e Pietra leccese leggermente glauconitica, in un taglio della tan-genziale Est di Lecce; nel secondo litotipo sono evidenti le infiltrazio-ni del primo.– Irregular and undulated contact (pointed out by accumulations offossils) between the intensely glauconitic Pietra leccese (“piromafo”)and slightly glauconitic Pietra leccese; in the second lithotype they areevident the infiltrations of the first one.

Page 39: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

nitica delle zone a G. trilobus ed a S. heteromorphus equella debolmente glauconitica appartenente alle sotto-zone a Orbulina suturalis (Zona a O. suturalis-Globoro-talia peripheroronda) e a Sphenolithus moriformis (Zo-na a Discoaster exilis-S. heteromorphus). In termini bio-stratigrafici, la lacuna include almeno l’intera zona lan-ghiana a Praeorbulina glomerosa s.l. e la corrisponden-te parte della Zona a D. exilis-S. heteromorphus. L’enti-tà di questa lacuna è alquanto variabile (in funzione del-la variabilità nello spazio e nel tempo dell’azione dellecorrenti) e la prova più eclatante è stata fornita dal Poz-zo Seminario, eseguito alla periferia meridionale dellacittà. In esso i sedimenti burdigaliani hanno uno spesso-re inferiore ai 18 m, contro i 62 m raggiunti nei pozzi dilocalità vicine; i sedimenti soprastanti leggermente glau-conitici hanno al contrario uno sviluppo maggiore, noninferiore ai 30 m, mentre ad esempio nel Pozzo S. Oron-zo sono solo di qualche metro. Nel caso specifico delPozzo Seminario, questi ultimi sedimenti comprendonoanche la Sottozona a Praeorbulina glomerosa sicana(parte inoltrata) e la Sottozona a P. glomerosa circularis(suddividenti la Zona a Praeorbulina glomerosa s.l.) deiforaminiferi oltre che gran parte della Sottozona a S. mo-riformis dei nannofossili;

b) lacuna al passaggio tra la Pietra leccese debolmen-te glauconitica del Langhiano superiore, appartenente al-le Sottozone a Orbulina universa (Zona a O. suturalis -G. peripheroronda) ed a Helicosphaera walbersdorfen-sis-S. heteromorphus (Zona a D. exilis-S. heteromor-phus), e quella intensamente glauconitica del Serraval-liano superiore, di pertinenza della Zona a Paragloboro-talia siakensis e della Zona a Discoaster bollii (parte ini-ziale). La lacuna ingloba, quindi, almeno parte della Zo-na a O. suturalis-G. peripheroronda e le intere zone aDentoglobigerina altispira altispira, Paragloborotaliapartimlabiata e a Neogloboquadrina atlantica praeat-lantica dei foraminiferi (zone a Calcidiscus premacinty-rei, C. macintyrei e Discoaster kugleri dei nannofossili).Nel Pozzo Morello la lacuna avrebbe una estensione mi-nore, essendo presenti sedimenti del Serravalliano me-dio, ovvero della Sottozona a Paragloborotalia mayeri(Zona a P. partimlabiata) e della Zona a C. macintyrei.

c) lacuna alla sommità dell’intervallo serravalliano in-tensamente glauconitico, sul quale giacciono i sedimen-ti debolmente glauconitici della parte inoltrata del Torto-niano inferiore (Zona a Neogloboquadrina acostaensisdei foraminiferi, Zona a Discoaster calcaris dei nanno-fossili). Il terzo intervallo mancante comprende, quindi,almeno la Zona a Globigerinoides obliquus obliquus eparte della successiva Zona a N. acostaensis, nonchègran parte della Zona a Discoaster bollii e l’intera Zonaa D. bellus.

Nel settore centro-settentrionale dell’area rilevata laripresa della sedimentazione è alquanto effimera, produ-cendo solo qualche metro di Pietra leccese delle suddet-te biozone del Tortoniano inferiore, sulle quali giaccionopochi metri di sedimenti debolmente o per niente glau-conitici della Zona a Globorotalia suterae e di quella adAmaurolithus primus (parte sommitale del Tortoniano)

o, addirittura, delle zone a G. conomiozea e ad A. delica-tus-A. amplificus (Messiniano basale). Anche nel settoreorientale (zona di Acaia) i pochi metri di Pietra lecceseche affiorano sotto le Calcareniti di Andrano sono debol-mente glauconitici e appartengono alle zone a G. cono-miozea e ad A. delicatus-A. amplificus (si veda anche inMargiotta, in stampa). Questa locale quarta lacuna inqueste aree sarebbe quindi comprensiva almeno dell’in-tera Zona a G. obliquus extremus e di buona parte dellaZona a G. suterae (parte sommitale della Zona a Disco-aster calcaris e Zona a D. surculus). Nel settore meridio-nale, invece, la sedimentazione prosegue senza soluzio-ne di continuità dalla Zona a N. acostaensis alla Zona aG. conomiozea (intervallo Zona a D. calcaris - Zona adA. delicatus-A. amplificus dei nannofossili), costituendocosì un’eccezione per il territorio con la deposizione diuna trentina di metri di spessore di una “Pietra leccese”parzialmente diversa da quella tipica, come già espressoin altra parte.

Per quel che concerne l’ambiente di sedimentazione,da un punto di vista generale la formazione presenta as-sociazioni a foraminieri bentonici e ad ostracodi indican-ti batimetrie riconducibili alla parte profonda della zonaneritica esterna. A titolo di esempio si ricordano in esse:Anomalinoides helicinus, Bolivina spp. (arta, reticulata,hebes, ecc.), Bulimina costata, Burseolina calabra, Cas-sidulina cruysi, Cibicidoides pseudoungerianus, Gyroidi-na soldanii, Gyroidinoides altiformis, Heterolepa bellin-cionii, Melonis pompilioides, M. soldanii, Neoeponidesschreibersii, Planulina ariminensis, Siphonina reticulata,Spiroplectammina carinata, Uvigerina spp. (peregrina,ouberiana, ecc.), tra i foraminiferi; Buntonia dertonensis,Henryhowella asperrima, Puricytheretta melitensis, Ar-gilloecia acuminata, Retibythere vandenboldi, Cytherellavandenboldi, C. scutulum, Trachyleberidea lanceolata,Xestoleberis prognata. tra gli ostracodi.

Non sono disponibili elementi favorevoli per docu-mentare l’evoluzione paleoambientale che ha portato aqueste profondità a partire dalla base dei sedimenti tra-sgressivi. Comunque, nei pochi campioni disponibili perla base dell’unità (ad esempio, quelli del Pozzo S. Oron-zo), tra i pochissimi foraminiferi bentonici riconoscibilisono presenti Ammonia beccarii e Florilus boueanus,mentre tra gli ostracodi si ricordano Carinocythereismessapica, Carinovalva rotundata e Cytheretta sp.; tut-te queste forme sono indicative di ambienti di piattafor-ma interna. Certo è che l’approfondimento deve esserestato molto rapido tant’è che campioni prelevati poco so-pra la base della trasgressione mostrano già evidenze diun ambiente neritico esterno. Da far presente poi che,laddove sulla superficie di trasgressione vi è una spalma-tura fosfatica od uno straterello di fosfati (ad esempio aNord di Mass. Pigno), i primi livelli della Pietra leccesenon corrispondono a quelli della base della trasgressio-ne, come del resto già evidenziato da Bossio et al. (1989f, 2002) per l’area di Lèuca. Si rileva, infine, una pro-gressiva ma rapida riduzione batimetrica nel corso dellaparte superiore del Tortoniano e, soprattutto, nel Messi-niano basale; in conseguenza di questo trend regressivo

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 75Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 40: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

l’ambiente deposizionale tornò a trovarsi a profonditànon lontane da quelle del limite zona neritica esterna/zo-na neritica interna. Nelle associazioni a foraminiferi sipresentano infatti, tra le altre, Ammonia beccarii, Asteri-gerinata planorbis, Cancris auriculus, Cibicides lobatu-lus, Elphidium crispum, Florilus boueanus, Reussellaspinulosa, Rosalina globularis, che vanno ad associarsia taxa più profondi, quali Bolivina apenninica, B. dilata-ta, B. jerensis, B. tortuosa, Bulimina minima, B. subula-ta, Hopkinsina bononiensis, Lenticulina spp., Marginuli-na costata, Rectuvigerina gaudrynoides, R. siphogeneri-noides, Siphonina planoconvexa, oltre a parte di quelli

già nominati. Anche le ostracofaune, caratterizzate dallapresenza di Carinovalva aquila, Loxoconcha cristatissi-ma, Loxocorniculum quadricornis, Sagmatocythere te-nuis e Nonurocythereis semilunum esprimono chiara-mente il trend regressivo.

Calcareniti di Andrano

Caratteristiche

È l’unità più estesamente rappresentata nell’area rile-vata, con ampi affioramenti ad andamento SE-NW, daVanze a T.re Chianca. Senza soluzione di continuità si ri-

BOSSIO et al.76 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig.13 - Affioramento di calcareniti stratificate della formazione di Andrano, al margine orientale dell’abitato di Lecce. – Stratified calcarenites of the Andrano formation, outcropping in the eastern side of Lecce.

Fig. 14 - “Lumachella” di serpulidi nelle Calcareniti di Andrano, lungo la tangenziale Est di Lecce.– Accumulation of serpulids in the Calcareniti di Andrano formation, along the East by-pass road of Lecce.

Page 41: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

congiungono a questi affioramenti quelli altrettanto am-pi sui quali è costruita la parte orientale di Lecce.

Le Calcareniti di Andrano giacciono in concordanzasulla Pietra leccese, con la quale mostrano una transizio-ne graduale ma rapida. Nel tratto inferiore la formazionerisulta costituita in prevalenza da calcari più o menomarnosi e da calcareniti spesso molto friabili ed a granada fine a media, di colore avana chiaro fino al biancosporco o al giallo tenue, ben stratificati in livelli decime-trici e ricchi in fossili (Fig. 13). Tra questi ultimi, i ser-pulidi (Fig.14) e le alghe calcaree sono i più diffusi (tal-volta si rinvengono concentrati in plaghe); ricorrenti so-no anche i brachiopodi, i bivalvi (ostreidi, pettinidi, lito-domi, cardidi, ecc.), i gasteropodi (prevalgono quelli dipiccole dimensioni) ed i briozoi. La parte restante dellaformazione si presenta come un deposito carbonaticopiuttosto tenace, generalmente micritico ma anche gros-solanamente detritico, di colore dal bianco al grigio e algiallastro, a livelli privo di fossili o con fossili molto dif-fusi. In alcuni intervalli la stratificazione è netta, constrati di spessore variabile da pochi centimetri fino ad ol-tre 50 cm; in altri, invece, è irregolare e grossolana.

Le esposizioni dell’unità sono in genere ridotte a po-chi metri di spessore; ciò è osservabile anche lungo i ta-gli stradali che maggiormente la incidono (ad esempio,quelli della strada Lecce-S. Cataldo). Anche se le blandee ripetute ondulazioni palesate dai suoi strati contribui-scono a rendere difficoltosa la valutazione del suo spes-sore complessivo, questo sembra restare entro i 90 m; ta-le misura è stata accertata in pozzi eseguiti poco a Suddell’area considerata (Margiotta, in stampa).

Età ed ambiente

Tranne poche eccezioni i campioni per le analisi mi-cropaleontologiche provengono dal tratto inferiore del-l’unità, dove sono più ricorrenti i livelli a maggiore com-ponente marnosa. In questi ultimi il plancton calcareo èrelativamente comune, con associazioni alquanto similinelle varie località ed indicative della Zona a Globorota-lia conomiozea per i foraminiferi planctonici, della Zonaad Amaurolithus delicatus-A. amplificus per i nannofos-sili. Tra i taxa più significativi si ricordano, oltre ai mar-ker zonali, Globorotalia mediterranea, G. miotumida, G.saheliana, G. suterae, G. menardii (sinistrorsa), Neoglo-boquadrina acostaensis (sinistrorsa), Globigerina ne-penthes, Globigerinoides obliquus extremus, G. bollii,G. seigliei, G. cf. mitra, G. fragilis e G. thyrrenicus peri foraminiferi, Amaurolithus delicatus, A. primus, Crico-lithus jonesi, Discoaster brouweri, D. pentaradiatus, D.surculus, D. variabilis s.l., Helicosphaera carteri, Reti-culofenestra pseudoumbilica e Umbilicosphaera sibo-gae per i nannofossili. In termini cronostratigrafici, l’u-nità è di pertinenza del Messiniano inferiore preevapori-tico.

Dopo alcuni metri dalla base della formazione ilplancton calcareo diviene sempre più scarso, fino ascomparire completamente; risulta impossibile, quindi,definire direttamente l’età della parte superiore delle

Calcareniti di Andrano. In proposito si rileva, comunque,che sulla base delle conoscenze fino ad ora acquisite sul-l’intera area di affioramento dell’unità (si veda, ad esem-pio, in Bossio et al., 1989a, 1991), oltre che sulla valuta-zione non indifferente del locale spessore di quest’ulti-ma, è del tutto verosimile che anche nella zona di Lecceessa si spinga verso l’alto a comprendere strati della fa-se preevaporitica messiniana riferibili all’intervallo Zo-na a Turborotalita quinqueloba-Zona Sterile dei forami-niferi e Zona ad A. delicatus-A. amplificus - parte basaledella Zona Sterile dei nannofossili.

Per quel che riguarda l’ambiente deposizionale, è daevidenziare che anche per gli organismi bentonici i pri-mi metri della formazione rappresentano l’intervallo dimaggiore diversità (fra l’altro, i foraminiferi bentonicisuperano quantitativamente i planctonici). Nelle associa-zioni vi è una mescolanza di forme a carattere più pro-fondo (Bolivina apenninica, B. dilatata, B. reticulata, B.tortuosa, Bolivinoides miocenicus, Bulimina echinata,Burseolina calabra, Cassidulina cruysi, Cibicidoidespseudoungerianus, Heterolepa bellincionii, Hopkinsinabononiensis, Gyroidina soldanii, Marginulina costata,Melonis soldanii, Rectuvigerina siphogenerinoides, Uvi-gerina peregrina fra i foraminiferi; Acantocythereis hi-strix, Callistocythere assueta, C. joachinoi, C. pallida,Eucytherura complexa, Semicytherura inversa fra gliostracodi) e di forme che preferiscono minori profondità(Ammonia beccarii, Asterigerinata planorbis, Cancrisauriculus, Cibicides lobatulus, Cribroelphidium deci-piens, Elphidium complanatum, E. crispum, Eponidesrepandus, Florilus boueanus, Gypsina vesicularis, Mis-sissippina concentrica, Neoconorbina terquemi, Protel-phidium granosum, Reussella laevigata, R. spinulosa,Spirillina vivipara, Quinqueloculina spp. e Aurila con-vexa, A. freudenthali, A. philippi, Carinocythereis gali-lea, Celtia quadridentata, Cletocythereis haidingeri,Cytheretta semiornata, Cytheridea neapolitana, Hilter-mannicythere rubra, Leptocythere sanmarinensis, Loxo-concha cristatissima, L. rhomboidea, L. tenuis, L. varie-sculpta, Neocytherideis fasciata, Nonurocythereis semi-lunum, Olimfalunia sicula, Pachycaudites ungeri,Paracytheridea triquetra, Pokornyella italica, Ruggieriatetraptera, Semicytherura raulini, Xestoleberis dispar,X. plana, X. reymenti rispettivamente per i due gruppi).Verso l’alto, le prime tendono a scomparire rapidamentementre alcune delle seconde acquisiscono maggiore im-portanza numerica. In campioni raccolti a vari livelli nelresto della formazione i taxa di acque basse, spesso indi-vidualmente poco rappresentati, sono i soli costituentidelle associazioni a foraminiferi. Ne emergono contestipaleoambientali con batimetrie riconducibili a quelle dellimite zona neritica interna/zona neritica esterna per i li-velli basali dell’unità; i livelli successivi sono indicatividi profondità più modeste (parte media e superiore dellazona neritica interna). È probabile che questo trend re-gressivo porti ad un ambiente costiero fortemente in-fluenzato dagli apporti dulcicoli continentali e testimo-nianza ne è la presenza di Cribrononion articulatum(una specie che predilige gli ambienti sottosalati), con-

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 77Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 42: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

statata in livelli presumibilmente sommitali della forma-zione (di poco sottostanti quelli trasgressivi pliocenicinella zona a W di S. Cataldo).

Formazione di Lèuca

Caratteristiche

È un’unità litostratigrafica formalizzata nel 2002 daBossio et al., ma dagli stessi utilizzata informalmente findal 1986. La componente più cospicua e diffusa (quindicartografabile), oltre che più tipica della formazione, ècostituita da brecce e conglomerati; questi litotipi rap-presentano il tratto basale del Pliocene in quasi tutta l’a-rea salentina. Ciò nondimeno, gli Autori sono stati co-stretti, per la saltuarietà e l’esiguità degli affioramenti,ad inserire nell’unità altre due tipologie sedimentarieseppur molto diverse: marne tipo “Trubi” della Sicilia-Calabria e biomicriti glauconitiche (per ulteriori precisa-zioni in merito si rimanda a Bossio et al., 2002). Nell’a-rea rilevata sono presenti quasi esclusivamente brecce econglomerati, i quali affiorano in una esigua ma conti-nua fascia orientale, tra le sottostanti Calcareniti di An-drano e la soprastante Formazione di Uggiano la Chiesa.Nonostante pochi siano gli affioramenti favorevoli, laformazione (nonché il contatto con le Calcareniti di An-drano) è agevolmente rilevabile dal ciottolame sparsosul terreno, oltre che dalla diversa morfologia rispetto aquella dei sedimenti miocenici. Talvolta, è addiritturascoperta la superficie di trasgressione, la quale riguardastrati miocenici diversi ed è spesso perforata da organi-smi litofagi.

Un ottimo affioramento della formazione, a partire dalcontatto di questa con le rocce calcaree mioceniche, èosservabile nel taglio stradale poco a Nord di Mass.Tor-ricella e parallelo alla strada Lecce-S.Cataldo. Tale affio-ramento è lungo circa 150 m ed alto mediamente 2 m;

esso ha invece un’altezza di soli 30 cm in corrisponden-za del contatto, discordante e quasi verticale (lato di unaprobabile tasca nelle Calcareniti di Andrano), con ilMiocene. L’unità è qui rappresentata da una breccia (an-che se talora si rinvengono elementi elaborati) dall’as-setto completamente caotico, costituita da clasti carbo-natici della formazione di Andrano di dimensioni estre-mamente variabili: prevalgono quelli con diametro intor-no ai 10 cm o meno, sono comuni quelli di alcuni deci-metri, sono rari quelli che raggiungono il metro (Fig.15). Anche la matrice, in genere di colore giallastro (ra-ramente più chiara), è in quantità variabile: scarsa in al-cuni punti, molto abbondante in altri (tanto da formareplaghe di vari metri con disseminati sia piccoli ciottoli,anche elaborati, che grossi elementi a spigoli vivi). Talo-ra essa si presenta come una argilla più o meno marno-sa, talaltra come una sabbia o una calcarenite. I fossiliche contiene, spesso in frammenti, sono rari e general-mente rappresentati da bivalvi (Ostrea e Chlamys).

Lo spessore dell’unità non è ben misurabile ma nondovrebbe superare qualche decina di metri.

Per quanto riguarda le biomicriti glauconitiche si rile-va che queste sono state riconosciute esclusivamente al-l’interno di uno scavo per edificazione (attualmente oc-cupato da un ristorante) situato poco a Nord della stradaLecce-S.Cataldo. Nei circa 3 m dello scavo, sono statericonosciute sia le calcareniti glauconitiche (nella metàinferiore), sia le calcareniti giallastre della Formazionedi Uggiano la Chiesa (in quella superiore). Purtroppol’esposizione del taglio era in condizioni tali da non mo-strare il contatto e le modalità di transizione delle secon-de dalle prime.

Altre annotazioni sulla formazione concernono: la ma-nifesta variabilità dello spessore (nei pressi di Mass. Me-le e a NE di Acaia è ridotto a poco più di 1 m) e la ricor-rente presenza, nella parte inferiore, di calcari vacuolariin blocchi anche di oltre 1 m, di colore scuro, talora vi-naccia, molto compatti e a luoghi laminitici (Fig. 16).Questi calcari, di cui al momento non è conosciuto il si-gnificato, sono già stati evidenziati in numerose altre lo-

BOSSIO et al.78 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 15 - Breccia alla base della Formazione di Lèuca, costituita daclasti delle Calcareniti di Andrano immersi in una matrice prevalente-mente sabbiosa o calcarenitica, al margine di una strada a Nord diMass. Torricella (Est di Lecce). – Breccias at the base of Lèuca Formation, constituted by clasts of theCalcareniti di Andrano formation and by mainly sandy or calcareniticmatrix, along a road to North of Mass. Torricella (East of Lecce).

Fig. 16 - Calcari vacuolari scuri alla base della Formazione di Lèuca,in prossimità di Mass. Torricella (Est di Lecce).– Vacuole dark limestones at the base of Lèuca Formation, near Mass.Torricella (East of Lecce).

Page 43: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

calità del territorio salentino, ad iniziare da Giannelli etal. (1965, 1966); essi sembrano, quindi, costituire unbuon marker di riconoscimento della base della Forma-zione di Lèuca (si veda anche in Bossio et al., 1991).

Età ed ambiente

Date le caratteristiche dell’unità, sono pochi i campio-ni favorevoli per le analisi micropaleontologiche. In alcu-ni campioni, comunque, il plancton calcareo si presentacon taxa che possono raggiungere quantità significative:per i foraminiferi planctonici si ricordano Globigerinoi-des obliquus obliquus, G. obliquus extremus, Neoglobo-quadrina acostaensis, Globoturborotalita decoraperta(sono rari e sporadici Globigerinoides seigliei, G. bollii,Globigerinella pseudobesa, Neogloboquadrina humero-sa, Sphaeroidinellopsis seminulina seminulina, S. semi-nulina paenedehiscens, Globoturborotalita nepenthes epochi altri taxa); per i nannofossili sono da segnalare Cal-cidiscus macintyrei, Coccolithus pelagicus, Helicosphae-ra carteri, Reticulofenestra pseudoumbilica, Sphenoli-thus abies e Umbilicosphaera sibogae (sono di rinveni-mento decisamente raro e saltuario Amaurolithus delica-tus, Calcidiscus leptoporus, Cricolithus jonesi, D. brou-weri, D. pentaradiatus, D. surculus, D. variabilis s.l.,Pontosphaera japonica, Rhabdosphaera procera, Sphe-nolithus neoabies e poche altre forme). In questo conte-sto, di importanza biostratigrafica fondamentale risultaG. seigliei, una forma sviluppatasi nel Tortoniano edestintasi nel Pliocene basale (Foresi et al., 2001); per laprecisione Bossio et al. (1997a) focalizzano l’ultima suapresenza all’interno del Bacino Mediterraneo nella partesuperiore della Zona a Sphaeroidinellopsis seminulinaseminulina. La conseguente attribuzione delle brecce econglomerati a questa biozona è in perfetta armonia conil riconoscimento della Zona a Discoaster variabilis s.l.,con l’assenza di Globorotalia margaritae ed Amauroli-thus tricorniculatus e, quindi, con quanto sinora cono-sciuto nella Penisola Salentina. Dal punto di vista crono-stratigrafico l’unità è da riferire alla parte iniziale delloZancleano.

Nei campioni provenienti dalle biomicriti glauconiti-che sono frequenti i foraminiferi planctonici che, addirit-tura, superano quantitativamente i foraminiferi bentoni-ci. Tra i taxa non rinvenuti nelle brecce e nei conglome-rati spicca in primo piano Globorotalia margaritae, an-che con ricorrenti individui; essa consente l’immediato esicuro riferimento alla zona omonima. Per quanto riguar-da il contenuto in nannofossili calcarei, peraltro abbon-dante, si rileva la presenza di A. tricorniculatus, Syraco-sphaera histrica, Helicosphaera cf. sellii e l’assenza didiscoasteridi a maggiore affinità miocenica (D. challen-geri, D. variabilis s.l.) come principale differenza rispet-to alle associazioni riscontrate nelle brecce e nei conglo-merati. Tale contenuto è indicativo della Zona ad A. tri-corniculatus. Il riconoscimento delle due biozone nellebiomicriti glauconitiche non lascia dubbi circa la loroappartenenza ad una porzione inoltrata dello Zancleano.

Non sono disponibili campionature in serie per una ra-

zionale ricostruzione paleoambientale. È certo, comun-que, che i campioni prelevati poco al di sopra della basedell’unità contengono esclusivamente associazioni mol-to povere in organismi bentonici (costituite da alcuni diquesti taxa: Ammonia beccarii, Asterigerinata planor-bis, Cancris auriculus, Cibicides lobatulus, Elphidiumcrispum, Florilus boueanus, Neoconorbina terquemi,Protelphidium granosum, Quinqueloculina seminulum,Reussella spinulosa, Triloculina trigonula; Aglaiocypriscomplanata, Aurila punctata, Costa edwardi, Cyprideistorosa, Cytheridea neapolitana, Paracytheridea trique-tra, Xestoleberis communis), le quali caratterizzano am-bienti di modeste batimetrie. Nei campioni stratigrafica-mente più alti, invece, le associazioni sono più diversifi-cate e possono contenere, oltre al plancton e ad alcuneforme già citate, l’uno o l’altro di questi taxa a significa-to più profondo: Anomalinoides helicinus, Bolivinaapenninica, B. lucana, B. punctata, Bulimina minima, B.subulata, Cassidulina cruysi, Cibicidoides pseudounge-rianus, Dimorphina tuberosa, Gyroidina soldanii, Glo-bocassidulina subglobosa, Marginulina costata, Neoe-ponides schreibersii, Uvigerina longistriata; Acantocy-thereis histrix, Callistocythere pallida, Carinocythereiswithei, Loxoconcha oculata, Semicytherura dispar). Insostanza, nell’ambito della formazione è osservabile unapprofondimento che, in tempi relativamente brevi, deveaver raggiunto batimetrie compatibili con la parte piùprofonda della zona neritica interna.

Le biomicriti glauconitiche mostrano, oltre a valori delrapporto plancton/ benthos maggiori di 1, associazioni aforaminiferi bentonici alquanto diversificate e senzadubbio indicative almeno della parte più profonda dellazona neritica esterna. Sono evidenza di questa batime-tria, oltre alla rarità dei taxa di acque basse, la presenzae talora l’abbondanza delle forme seguenti, scelte a tito-lo di esempio: Anomalinoides helicinus, Biogenerina no-dosaria, Bolivina apenninica, B. aenariensis, B. lucana,B. leonardii, B. plancentina, Bulimina costata, B. mini-ma, B. subulata, Cancris oblongus, Cassidulina carina-ta, Cibicidoides pseudoungerianus, Globocassidulinasubglobosa, Gyroidina soldanii, Hoeglundina elegans,Karreriella bradyi, Liebusella rudis, Lenticulina spp.,Marginulina costata, Martinottiella communis, Melonispadanus, Neoeponides schreibersii, Nodosaria raphani-strum, Planularia auris, Planulina ariminensis, Ramuli-na globulifera, Saracenaria italica, Siphonina plano-convexa, Stilostomella spp., Uvigerina peregrina, U. ru-tila, Vaginulina striatissima per i foraminiferi e Argilloe-cia robusta, Bairdia conformis, Bosquetina dentata,Buntonia dertonensis, B. sublatissima, Bythocypris pro-duca, Cytherella terquemi, Eucytherura gibbera, E. mi-strettai, Kangarina abyssicola, Loxoconcha moncha-monti, L. rhomboidea, Rectobuntonia rectangularis, Se-micytherura spp., Xestoleberis spp. per gli ostracodi.

Formazione di Uggiano la Chiesa

Caratteristiche

È la più orientale delle unità e affiora senza soluzione

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 79Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 44: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

di continuità da Vanze a Sud fino al Casino del Guardia-no (nei pressi del bacino per la piscicoltura) a Nord. Sitratta di una monotona successione calcareo-detritica piùo meno friabile, con grana da fine a grossolana, di colo-re grigio fino al giallo chiaro (Fig. 17), irregolarmentestratificata, con ricorrenti fossili (soprattutto pettinidi eostreidi). Nella parte inferiore la formazione ha una gra-na fine e, talvolta, una componente marnosa (con Amus-sium e Neopycnodonte); in quella medio-superiore lagrana è, invece, da media a grossolana.

La Formazione di Uggiano la Chiesa giace ovunquesulla Formazione di Lèuca. Spesso il contatto tra le dueunità è rilevabile su basi morfologiche: la formazionepiù antica dà luogo, infatti, ad uno sbalzo morfologicosul quale si adagia la formazione più recente. Il contattoè invece ben esposto nel taglio della strada che costeggiaMass. Gennarano, poco più di 1 km a Sud della stradaLecce-S.Cataldo. Qui le calcareniti giallastre della For-mazione di Uggiano la Chiesa, alquanto tenaci e a granamedia, giacciono su brecce e conglomerati (dal solitoaspetto caotico e con i tipici calcari cariati color bruno)dell’unità di Lèuca. Alla base delle calcareniti è presen-te un conglomerato costituito da ciottoli fosfatizzati bru-ni (da pochi millimetri a qualche centimetro) in matricecalcareo-fosfatica (Fig. 18). Questo livello di base (spes-sore massimo di 70 cm), che forma vistose sacche nellaFormazione di Lèuca, nei 30-40 cm superiori mostra unamatrice più abbondante ed elementi più piccoli.

Lo spessore complessivo della Formazione di Uggia-no la Chiesa non è ben misurabile ma certamente di va-rie decine di metri.

Età ed ambiente

Sono stati esaminati, nel contenuto in plancton calca-reo, numerosi campioni della formazione prelevati siasparsi che secondo direzioni prestabilite. Per quanto ri-guarda le associazioni a foraminiferi, il tratto inferiore(più marnoso) dell’unità è caratterizzata da comuni esem-plari di Globorotalia puncticulata e da rari esemplari di

G. margaritae, quello medio-superiore solo dalla presen-za del primo taxon. Da ciò deriva il riferimento dell’inte-ra successione calcareo-detritica alla Zona a G. puncticu-lata (intervallo che segue la LCO di G. margaritae e cheprecede la FO di Globorotalia bononiensis). Questo ri-sultato è in buon accordo con i dati forniti dai nannofos-sili calcarei. Infatti, le associazioni più favorevoli di que-sto gruppo sono costituite da elementi indicativi della Zo-na a Discoaster tamalis (oltre al taxon nominale si rin-vengono generalmente Discoaster asymmetricus, Pseu-doemiliania lacunosa e Gephyrocapsa spp.; limitatamen-te alla porzione basale della formazione sono presenti Re-ticulofenestra pseudoumbilica e Sphenolithus spp.).

I riferimenti biostratigrafici effettuati consentono diassegnare la Formazione di Uggiano la Chiesa al pianoZancleano e, quindi, al Pliocene Inferiore. Questo risul-tato è del tutto nuovo e addirittura sorprendente poichèin tutte le aree salentine da noi investigate l’unità hasempre fornito elementi per una sua attribuzione al Plio-cene Medio e Superiore, fino al Pleistocene Inferiore ba-sale nell’area di Otranto (Bossio et al., 1989 c). Ritorne-remo sul significato di questa novità nelle conclusioni.

Nella porzione inferiore della formazione le associa-zioni a foraminiferi bentonici sono relativamente diver-sificate ed indicative della zona neritica esterna. Tra i ta-xa più comuni si ricordano Astrononion stelligerum, Bo-livina apenninica, B. lucana, Bulimina subulata, Cassi-dulina crassa, C. carinata, Cibicidoides pseudoungeria-nus, Globobulimina affinis, Gyroidinoides umbonatus,Liebusella rudis, Melonis soldanii, Trifarina bradyi eUvigerina peregrina per i foraminiferi e Aurila bulla-punctata, A. convexa, A. veniliae, Bairdia formosa, Cal-listocythere montana, C. pallida, Carinocythereis withei,Costa edwardi, Cytherella russoi, C. terquemi, Cythe-ropteron latum, Echinocythereis postulata, Eucytheruramistrettai, Grinioneis haidingeri, Loxoconcha napolia-na, L. oculata, L. rhomboidea, Pterigocythereis jonesi,Ruggieria tetraptera, Tetracytherura angolosa, Xestole-

BOSSIO et al.80 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 17 - Affioramento di calcari detritici della Formazione di Uggianola Chiesa, nei pressi di San Cataldo (Est di Lecce).– Detritic limestones of Uggiano la Chiesa Formation near St.Cataldo (East of Lecce).

Fig.18 - Base della Formazione di Uggiano la Chiesa, caratterizzata daciottoli fosfatizzati in matrice calcareo-fosfatica, nei pressi di Mass.Gennarano (Est di Lecce).– Phosphatized pebbles in calcareous-phosphatic matrix at the base ofthe Uggiano la Chiesa Formation, near Mass. Gennarano (East ofLecce).

Page 45: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

beris communis, X. plana per gli ostracodi. Essi sono ingenere accompagnati, oltre che da rare forme di analogosignificato batimetrico (ad esempio, Anomalinoides heli-cinus, Baggina gibba, Bolivina spp., Cassidulinoidesbradyi, Gyroidina soldanii, Planulina ariminensis, Si-phonina planoconvexa; Buntonia robusta, Eucytherurapatercoli, Loxoconcha bonaducei, Occultocythereisdohrni), da non poche specie che prediligono acque dipiattaforma interna (le meglio rappresentate sono Cibici-des lobatulus, Elphidium crispum, E. complanatum, Flo-rilus boueanus; Cytherelloidea beckmanni, Cytherideaneapolitana, Hiltermannicythere rubra, Neocytherideisfasciata, Urocythereis favosa, U. lumbricularis, Xestole-beris spp.).

Procedendo verso l’alto dell’unità, nei foraminiferi enegli ostracodi si assiste ad una progressiva diminuzionesia della quantità che del numero di specie. In questo ge-nerale impoverimento assumono maggiore importanzanumerica taxa tipici della piattaforma interna e soprattut-to Asterigerinata planorbis, Cibicides lobatulus, Elphi-dium crispum, Florilus boueanus tra i foraminiferi eCytheridea neapolitana, Urocythereis spp. tra gli ostra-codi. Rappresentanti di questi ultimi e/o di altri indicati-vi di acque basse (Eponides repandus, Ammonia becca-rii, Gypsina vesicularis, Amphistegina gibbosa, Cancrisauriculus, Rosalina globularis, Reussella spinulosa) ri-mangono, infine, i soli costituenti delle associazioni deilivelli superiori della formazione.

Da tutto ciò è evidente che, dopo un iniziale approfon-dimento fino a profondità della zona neritica esterna(prossima però al limite con quella interna), nel corsodella Cronozona a G. puncticulata si è realizzato nell’a-rea leccese un trend regressivo che ha raggiunto batime-trie della parte mediana della zona neritica interna.

Sul livello a ciottoli fosfatici alla base della Formazio-ne di Uggiano La Chiesa e sugli interrogativi che essopropone ci siamo già espressi in Bossio et al. (2002, p.144), dove non si esclude che la sua genesi risieda in unmeccanismo di fosfatizzazione analogo a quello ipotiz-zato per il livello di base della Pietra leccese nella zonadi Lèuca (op. cit., pp. 109-111). Si ricorda che questomodello renderebbe ragione anche della presenza di as-sociazioni relativamente profonde fin da poco sopra ilcontatto con l’unità sottostante o da poco sopra il con-glomerato fosfatico quando osservato.

Un dato aggiuntivo a quanto esposto deriva da cam-pionature effettuate poco a Sud dell’area rilevata, dovelo spessore della Formazione di Uggiano è sensibilmen-te maggiore. Anche se necessitano ulteriori controlli sulterreno, al momento risulta che la sedimentazione biode-tritica si sia sviluppata senza soluzione di continuità dal-le biozone citate fino alla Zona a Globorotalia aemilia-na (post FO di Bulimina marginata) e alla Zona a Disco-aster pentaradiatus dei due gruppi di organismi. Conquesta constatazione, è ipotizzabile che nel corso dellaCronozona a G. puncticulata il sollevamento che ha in-teressato l’area di Lecce (e di cui vi sono evidenze nelleassociazioni bentoniche) si sia progressivamente estesonella Penisola Salentina ed abbia prodotto, alla fine del

Pliocene Inferiore, l’emersione di una parte di essa (al-meno dell’area tra Otranto e Lèuca). La successiva tra-sgressione medio-pliocenica in quest’ultima sarebbe re-gistrabile dalle associazioni della Zona a G. aemilianasolo come un sensibile approfondimento nella zona im-mediatamente a Sud di quella rappresentata nell’allegatacarta geologica.

Calcareniti del Salento

Caratteristiche

Bossio et al. (2002) hanno già fatto presente che le sud-divisioni litostratigrafiche relative ai depositi più recentied effettuate dai rilevatori della 2a edizione della CartaGeologica d’Italia (alla scala 1:100.000), ai quali si devetra l’altro il nome di Calcareniti del Salento (si veda in:Rossi, 1969 a,b; Largaiolli et al., 1969; Martinis, 1967,1970), non sono più condivisibili. Ciò nonostante, datal’esiguità degli affioramenti in esame, nella presente no-ta si preferisce non procedere a distinzioni nell’ambitodei “tufi” pleistocenici e utilizzare per essi, informalmen-te, il termine coniato dai suddetti rilevatori. Comunque, simette in evidenza ancora una volta la necessità di una re-visione stratigrafica dei sedimenti pleistocenici salentini,la quale deve essere impostata con studi di dettaglio suun’area ben più vasta e più favorevole di quella qui con-siderata. Un lavoro in tal senso è stato intrapreso in datarecente da alcuni ricercatori e sono già stati ottenuti datidel tutto interessanti (si veda, ad esempio, D’Alessandroet al., 1994; D’Alessandro & Massari, 1997; Massari etal., 2001; D’Alessandro et al., 2004).

Nell’area rilevata le Calcareniti del Salento affioranoai margini centro-occidentale e meridionale ed a Nord diLecce (grossomodo tra Mass. Zingarello e Mass. Rauc-cio). Nel settore settentrionale esse trasgrediscono suicalcari cretacici e sulle unità mioceniche; a Sud e adOvest, invece, la trasgressione si realizza, oltrechè sulCretacico e sul Miocene (solo Pietra leccese), sulla For-mazione di Galatone e su quella di Lecce.

A Nord di Lecce, il contatto con le unità sottostanti ènetto e talora marcato da un conglomerato di 30-40 cmdi spessore, con elementi (fino a 20 cm di diametro) di-versi dipendenti dalla natura del substrato; talvolta que-st’ultimo è perforato da organismi litofagi (Fig. 19). Dinorma, però, l’unità trasgredisce direttamente con il lito-tipo che la caratterizza maggiormente e cioè con le cal-careniti. Esse non mostrano generalmente un’evidentestratificazione (talvolta questa è visibile in banchi da 50cm a oltre 1 m di spessore); la grana è grossolana, da fi-ne a media solo in alcuni livelli; il colore, tipicamentegiallo-chiaro, presenta a tratti tonalità grigio-biancastre.In alcuni casi, le calcareniti si presentano alternate a cal-cari bioclastici vacuolari biancastri; in altri, esse sono lo-calmente interessate da orizzonti a componente argillosae friabili. Caratteristica della formazione è la ricchezzadi fossili; talora questi sono concentrati in livelli o for-mano vere e proprie lumachelle. Le orictocenosi sonorappresentate soprattutto da bivalvi (con Cardium, estre-mamente frequente alla base della formazione, e Ostrea

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 81Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 46: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

perfino di grosse dimensioni) e da colonie di balanidi edi anellidi (con Ditrupa); ricorrenti anche pettinidi (conPecten jacobaeus), mitilidi, arcidi, veneridi, panopeidi(spesso in posizione fisiologica), pettunculidi, anomidi,scafopodi, briozoi, gasteropodi, echinoidei e rodoliti al-gali. A caratterizzarle fin dai livelli basali è comunqueArctica islandica, talora in grosse concentrazioni. Da ri-levare, infine, che nelle pareti di alcune cave (profonde3-4 m) sono diffuse le bioturbazioni, in rilievo per diage-nesi e alterazione differenziate.

Lo spessore complessivo dell’unità nell’area setten-trionale probabilmente non supera i 10 m.

Purtroppo, nel settore meridionale non sono possibiliosservazioni di dettaglio in quanto l’area di affioramen-to delle Calcareniti del Salento è totalmente coltivata.Tuttavia, gli scarsi e modesti affioramenti mostrano lito-tipi sostanzialmente paragonabili a quelli illustrati perl’area settentrionale.

Età ed ambiente

L’appartenenza delle Calcareniti del Salento ad un ci-clo distinto da quello della Formazione di Uggiano laChiesa (alcuni livelli dell’uno sono litologicamente si-

mili ad alcuni livelli dell’altro) e di età pleistocenica èmacroscopicamente evidenziata dalla presenza di Arcti-ca islandica fin dalla base delle prime. Il plancton calca-reo è maggiormente rappresentato nei livelli superioridell’unità: a titolo di documentazione e di esempio, si ri-cordano Globorotalia inflata, G. truncatulinoides s.l.,Neogloboquadrina pachyderma, Globoturborotalita ru-bescens, Globigerinella pseudobesa (nell’accezione diForesi et al., 2002), Globigerinoides ruber, G. elongatuse Globigerina falconensis tra i foraminiferi, Coccolithuspelagicus, Calcidiscus leptoporus, Cricolithus jonesi,Crenalithus doronicoides, Gephyrocapsa spp. (di picco-le dimensioni), Helicosphaera carteri, Pseudoemilianialacunosa, Rhabdosphaera clavigera e Syracosphaerahistrica tra i nannofossili.

Per il secondo gruppo si rileva che le associazioni piùfavorevoli sono caratterizzate dal rinvenimento relativa-mente comune di rappresentanti del genere Gephyrocap-sa con piccole dimensioni, in presenza di Pseudoemilia-nia lacunosa ed in assenza di Helicosphaera sellii; essesono da considerarsi indicative della Zona a “small”Gephyrocapsa. Questi risultati consentono l’attribuzionedella formazione al Sottopiano Siciliano (Calabriano,Pleistocene Inferiore). Relativamente ai foraminiferi

BOSSIO et al.82 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 19 - Contatto ondulato tra Calcareniti del Salento e Pietra leccese lungo la tangenziale Ovest di Lecce; la superficie sommitale dell’unità mio-cenica è caratterizzata da fori di organismi litofagi.– Undulated contact between Calcareniti del Salento and Pietra leccese formations, along the West by-pass road of Lecce; the uppermost surface ofthe Miocene unit is characterized by holes of lithofagous organisms.

Page 47: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

planctonici, si evidenzia solo che fin dai livelli basalidella formazione è presente Globorotalia truncatulinoi-des s.l. con esemplari non adulti e, quindi, non idonei al-la distinzione della sottospecie excelsa, marker del limi-te inferiore del Siciliano. Indicazioni sull’appartenenzadell’unità al sottopiano sono fornite, invece, dalla pre-senza ricorrente nelle associazioni bentoniche di Astro-nonion sallentinum, Ephidium sp., Actinocythereis du-nelmensis, Aurila punticruciata e Callistocythere intri-catoides, taxa che secondo l’esperienza degli scriventi(Bossio et al., 1989 d, e; in preparazione) sembrano ini-ziare la loro distribuzione proprio nel Siciliano.

Per quanto riguarda il contesto deposizionale, le carat-teristiche qualitative e quantitative delle associazioni aforaminiferi bentonici e ad ostracodi evidenziano un am-biente che evolve da profondità iniziali modeste a pro-fondità maggiori ma sempre contenute entro il limite in-feriore della zona neritica interna. Per la relativa docu-mentazione si ricorda che: a) nei livelli inferiori le asso-ciazioni a foraminiferi (prive o quasi di plancton) sonodominate da Asterigerinata planorbis, Ammonia becca-rii, Elphidium crispum, E. complanatum, Cibicides loba-tulus e Florilus boueanus, con la compartecipazione dialtri taxa di modeste batimetrie (Asterigerinata mamilla,Aubignyna perlucida, Buccella frigida granulata, Cri-broelphidium decipiens, Gypsina vesicularis, Planorbu-lina mediterranensis, Protelphidium granosum, Reussel-la spinulosa e Rosalina globularis); le ostracofaune so-no rappresentate, invece, da Aurila convexa, A. favorita,A. lanciaeformis, A. pigadiana, A. punticruciata, A. qua-drata, Bardia conformis, B. longevaginata, Callistocy-there flavidofusca, C. intricatoides, C. littoralis, C. pal-lida, Carinocythereis withei, Celtia quadridentata,Cytheretta subradiosa, Hiltermannicythere ficarazzen-sis, Loxoconcha spp., Pontocythere turbida, Semicythe-rura spp., Urocythereis spp., Xestoleberis communs, X.decipiens e X. plana; b) nei livelli superiori le associa-zioni a foraminiferi (con una certa quantità di plancton)mostrano un benthos più diversificato, anche se a domi-nare le associazioni permangono alcune delle specie pri-ma nominate. Tre le forme tipiche di batimetrie più con-sistenti, alcune relativamente frequenti, sono da segnala-re Hyalinea baltica, Bulimina marginata, B. etnea, Boli-vina catanensis, Uvigerina canariensis, U. peregrina,Cassidulina neocarinata, Coryphostoma perforata, Pla-nulina ariminensis, Cibicidoides pseudoungerianus, Bi-generina nodosaria e Gyroidina soldani fra i foraminife-ri e Argilloecia acuminata, A. robusta, Bosquetina cari-nella, Bythocypris producta, Cytheropteron latum,Henryhowella sarsi, Monoceratina mediterranea e Oc-cultocythereis dohrni fra gli ostracodi.

Depositi continentali recenti

A ridosso della zona costiera prevalgono estese areepalustri, a luoghi colmate per opere di bonifica; i depo-siti relativi sono caratterizzati da torba frammista a per-centuali variabili di fango sabbioso-limoso ed argilla.Laddove i sedimenti sono di ambiente lagunare, questi

sono rappresentati da limi argillosi e/o sabbioso-argillo-si, a struttura laminitica e di colore grigio-verde e noc-ciola, i quali contengono residui carboniosi e concrezio-ni calcaree interessati da patine di ossidazione.

Le zone lagunari e palustri sono separate dalla costa,bassa e prevalentemente sabbiosa, tramite un disconti-nuo sistema di dune. La discontinuità nel cordone duna-re è legata ad una erosione per fenomeni naturali (testi-moniata dai gradini formatisi al piede della duna chescoprono il substrato roccioso, dalle ampie aree dunariprive di vegetazione e dalle profonde incisioni) e/o a fat-ti antropici (escavazioni per accessi alla spiaggia, perviabilità, ecc.). A luoghi, per esempio nella zona retro-stante il Viale dei Marinai a San Cataldo, sono presentipiù cordoni dunari di ordine differente.

La spiaggia vera e propria è costituita da sabbia a gra-nulometria fine, con elementi in prevalenza carbonatici esilicatici. Essa è, talvolta, interrotta da piccoli affiora-menti di rocce plioceniche con strati immergenti versomare.

CONCLUSIONI

La carta geologica presentata con questa nota com-prende l’abitato di Lecce ed i suoi dintorni. In quest’areasono state documentate otto unità litostratigrafiche: Cal-cari di Melissano, Formazione di Galatone, Formazionedi Lecce (di nuova istituzione), Pietra leccese, Calcare-niti di Andrano, Formazione di Lèuca, Formazione diUggiano la Chiesa e Calcareniti del Salento. Queste uni-tà materializzano 7 cicli sedimentari (Fig. 20) succeduti-si dal Cretacico Superiore al Pleistocene Inferiore.

I Calcari di Melissano, che affiorano estesamente aNord di Lecce nei dintorni di Surbo, risultano essersi de-posti in un ambiente di piattaforma interna caratterizza-to anche da episodici periodi di emersione; su basi bi-bliografiche la formazione è stata attribuita all’interval-lo Turoniano-Senoniano del Cretacico Superiore.

Tra il Cretacico Superiore e l’Oligocene Superiore l’a-rea leccese ha attraversato un lungo periodo di emersio-ne per cui ha subito gli effetti di una forte continentaliz-zazione. Nell’Oligocene Superiore essa è stata interessa-ta dalla deposizione, in corrispondenza di depressioni, disedimenti prevalentemente carbonatici di tipo lacustre elagunare pertinenti la Formazione di Galatone. Tale uni-tà, che affiora lungo una fascia orientata NO-SE a Sud-Ovest dell’abitato di Lecce, è seguita in discordanza dal-la Formazione di Lecce. Quest’ultima, pur caratterizzataprevalentemente da calcareniti depostesi in ambientemarino di debole profondità, ha offerto nella sua porzio-ne superiore un contenuto in plancton calcareo (forami-niferi e nannofossili) favorevole per riconoscere le zonea Sphenolithus delphix e a Paragloborotalia kugleri e,conseguentemente, per riferire la stessa porzione all’A-quitaniano. La mancanza di dati biostratigrafici probantiper la parte inferiore dell’unità non ha consentito invecedi escludere l’ appartenenza di questa all’Oligocene Su-periore (Cattiano).

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 83Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 48: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

Durante l’intervallo Aquitaniano superiore-Burdiga-liano inferiore, la Penisola Salentina ha visto un nuovoperiodo di emersione. Nel Burdigaliano superiore è se-guita una trasgressione marina che ha portato alla depo-sizione della Pietra leccese, un’unità peculiare del Salen-to che nell’area di Lecce, più in particolare nel suo set-tore meridionale, presenta una caratteristica sconosciutaalle altre aree da noi investigate. Infatti, il livello di bio-micriti glauconitiche di colore verde scuro, con il qualegeneralmente termina l’unità, nel settore considerato siritrova all’interno di biomicriti giallo-paglierine che ver-so l’alto conservano solo parzialmente le caratteristichetipiche della formazione e che, con spessori crescentiverso Sud, sfumano gradualmente nelle soprastanti Cal-careniti di Andrano. Comunque, la Pietra leccese conser-va ancora il suo stato di successione lacunosa (sono do-cumentati tre hiatus principali), tant’è che con uno spes-sore relativamente modesto ricopre un intervallo di oltre11 MA, dal Burdigaliano superiore al Messiniano basale(in termini biostratigrafici essa abbraccia gli intervalliZona a Globigerinoides trilobus - Zona a Globorotaliaconomiozea dei foraminiferi planctonici e Zona a Sphe-nolithus heteromorphus - Zona ad Amaurolithus delica-tus-A. amplificus dei nannofossili calcarei). Come altro-ve nel Salento, l’azione erosivo-dispersiva delle correntimarine, che hanno prodotto lacune rilevabili nel livelloglauconitico, è stata variabile nello spazio e nel tempoanche su piccole distanze. Per quanto riguarda il settoresettentrionale, quest’azione doveva persistere fino alMessiniano iniziale inibendo la sedimentazione o deter-minando la mobilità del suo prodotto; relativamente alsettore meridionale, invece, la corrente doveva cessare lasua azione in precedenza consentendo la ripresa della se-dimentazione

La Pietra leccese locale può essere accomunata a quel-la incontrata in altre parti del Salento anche per la speci-ficità, mostrata nel suo tratto basale (livello o spalmatu-ra fosfatica, associazioni bentoniche della parte più pro-fonda della piattaforma esterna), di una sedimentazionein area a rapida subsidenza e in probabile regime di “up-welling”, con fasi alterne di attività idrodinamica erosi-va. È verosimile che questo approfondimento abbia de-terminato la completa sommersione della zona rilevata(e di buona parte della Penisola Salentina).

I primi sintomi di un trend regressivo sono fornite dal-le associazioni bentoniche dei sedimenti tortoniani e, nelsettore meridionale, soprattutto dalle associazioni a ma-crofossili della Pietra leccese soprastante il livello glau-conitico. I sintomi divengono comunque più chiari nelleassociazioni del Tortoniano sommitale-Messiniano basa-le, le quali registrano la rapida variazione batimetria re-

BOSSIO et al.84 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Fig. 20 - Estensione cronostratigrafica e geocronologica delle forma-zioni oligocenico pleistoceniche dell’area di Lecce (in grigio); in riga-to sono indicate le lacune legate all’emersione e quelle individuateall’interno della Pietra leccese e della Formazione di Lèuca.– Chronostratigraphic extension of the Oligo-Miocene Lecce area for-mations and evaluation of the hiatus recorded in the Pietra leccese;the stripes indicate the lacunes linked to the emersion and those recog-nised within the Pietra leccese and Lèuca Formation.

Page 49: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

sponsabile del cambiamento nella tipologia sedimenta-ria, materializzato dalle Calcareniti di Andrano. Nell’a-rea leccese, come altrove, questa monotona unità carbo-natica è risultata del Messiniano inferiore ed è costituita,con l’esclusione di una breve parte iniziale, da un depo-sito tipico di modeste batimetrie. Alle soglie della bennota “crisi di salinità” del Bacino Mediterraneo (e forseper suo parziale effetto, anche se è evidente una compo-nente tettonica) si è chiusa la sedimentazione messinia-na e l’intera Penisola Salentina è andata in emersione.

Agli inizi del Pliocene (probabilmente in concomitan-za della riapertura delle comunicazioni tra Mediterraneoed Atlantico), una brusca e rapida ripresa della subsiden-za ha innescato non solo una repentina ingressione mari-na ma anche una rapida erosione costiera, con conse-guente deposizione di una breccia basale di pertinenzadella Formazione di Lèuca. Questa unità, appartenentealle zone a Sphaeroidinellopsis seminulina seminulina ea Discoaster variabilis s.l., affiora nell’area studiata inmodo assai ridotto per la copertura delle formazioni so-prastanti ed è rappresentata pressoché esclusivamenteda. sedimenti clastici grossolani. Da rilevare, tuttavia, laconservazione (limitata ad un solo punto) al tetto di brec-ce e conglomerati di biomicriti glauconitiche con asso-ciazioni bentoniche profonde; la loro presenza evidenziaun rapido cambiamento nell’area che conduce al’innescodi correnti erosive, in un contesto analogo a quello de-scritto da Bossio et al., 2002 (pp.124-126, 141-142) perla zona di Lèuca, ma abbastanza generalizzabile al restodel Salento.

La successiva tappa dell’evoluzione sedimentaria èrappresentata dalla Formazione di Uggiano la Chiesa, af-fiorante principalmente nella fascia orientale dell’arearilevata. In tutte le zone da noi studiate, da Otranto aLèuca, la base di questa formazione è diacrona iniziandodal Pliocene Medio (Piacenziano, zone a Globorotaliaaemilina ed a Discoaster pentaradiatus) al Pliocene Su-periore (Gelasiano, zone a Globorotalia inflata ed a Dis-coaster brouweri). Entro i limiti dell’area considerata es-sa è invece di pertinenza del Pliocene Inferiore (Zanclea-no, zone a Globorotalia puncticulata ed a Discoaster ta-malis), anche se le modalità deposizionali iniziali sonoanaloghe a quelle delle altre zone. Infatti, la base è anco-ra costituita da un livello a ciottoli fosfatizzati il qualeinduce a ritenere, insieme al significato batimetrico del-

le associazioni bentoniche immediatamente soprastanti(zona neritica esterna), che nel corso della trasgressione,e quindi dell’approfondimento, si siano verificati episo-di di “upwelling” alternati a episodi erosivi, con il risul-tato di una fosfatizzazione e di una”lacunosità” nellasuccessione. Nell’ambito dell’unità è documentabile untrend regressivo che ha ricondotto le profondità deposi-zionali nell’ambito della zona neritica interna. È verosi-mile che innalzamento e conseguente trend regressivo,documentati nell’area di Lecce durante le cronozone aG. puncticulata ed a D. tamalis, corrispondano all’emer-sione di un ampio areale salentino (almeno da Otrantoverso Sud, ma probabilmente anche a Nord di questocentro). Il successivo approfondimento e conseguentesommersione di questo areale nella Cronozona a G. ae-miliana, è avvertito anche nell’area più settentrionaledove è persistito incessantemente il dominio marino.

Almeno parte dell’area rilevata ha conosciuto un ulte-riore ed ultimo ciclo marino nel Pleistocene Inferiore,per la precisione nel Siciliano (cronozone a G. truncatu-linoides excelsa e a “small” Gephyrocapsa); nel suo do-minio, sempre contenuto entro i limiti della zona neriti-ca interna, si sono deposti i sedimenti carbonatico-detri-tici che costituiscono le Calcareniti del Salento. Nell’a-rea non sono stati invece osservati sedimenti appartenen-ti ad unità pleistoceniche più recenti, documentati in zo-ne limitrofe da Massari et al. (2001) e D’Alessandro etal. (2004).

La preesistente cartografia ufficiale dell’area di Lecce(Largaiolli et al., 1969; Rossi, 1969a, b) risulta profon-damente modificata, negli aspetti generali come in quel-li particolari, da quella presentata nella carta allegata. Lostesso dicasi per il significato cronologico e paleoam-bientale delle singole unità, le quali inoltre vengono piùadeguatamente documentate dal punto di vista paleonto-logico. È quindi evidente che la conseguente evoluzionepaleogeografica dell’area risulta ben più articolata diquanto finora conosciuto, peraltro scandita da tappe cor-relate ad una moderna impalcatura bio-crono- e magne-tostratigrafica e quindi geocronometrica.

RINGRAZIAMENTI - Si ringrazia il Comune di Lecce per ilcontributo dato al lavoro, in special modo avendo sostenuto lespese relative alla stampa della carta.

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 85Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Balenzano F., Margiotta S., Moresi M. (2002) - Significato diun deposito glauconitico - fosfatico appartenente ad unaunità miocenica del salento. Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. Mem.,Serie A, 109, 1-16.

Balenzano F., Moresi M., Tria A. (1994) - Significato paleo-geografico della presenza di Glauconite nella “Pietra lecce-se” (Calcarenite Miocenica del Salento). Miner. Petrogr.Acta, 37, 437-450.

Balenzano F., Moresi M., Tria A. (1997) - Il substrato precur-sore del processo di glauconitizzazione nella calcarenitemiocenica del Salento. Miner. Petrogr. Acta, 40, 159-175.

Barbera C., Bossio A., Mazzei R., Monteforti B., SalvatoriniG. (1993) - Un flash sul ciclo miocenico del Salento. In:

Guida alle escursioni. XII Convegno Soc. Paleont. Italia-na, 79-84.

Bossio A. , Dall’Antonia B., Margiotta S., Ricchetti G., VarolaA. (in stampa) - Le argille lignitifere di Gagliano del Capo(Lecce): attribuzione cronostratigrafica ed inquadramentoformazionale. In stampa sulla Geologica Romana.

Bossio A., Esu D., Foresi L.M., Girotti O., Iannone A., Luper-to E., Margiotta S., Mazzei R., Monteforti B., Ricchetti G.,Salvatorini G. (1998) - Formazione di Galatone, nuovo no-me per un’unità litostratigrafia del Salento (Puglia, Italiameridionale). Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. Mem., Serie A, 105,151-156.

Bossio A., Foresi L., Margiotta S., Mazzei R., Monteforti B.,

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Page 50: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

Salvatorini G. (1999) - Carta geologica del settore nordorientale della Provincia di Lecce; scala 1:25000; settore 7,8, 10 scala 1:10000. Università degli Studi di Siena.

Bossio A., Foresi L.M., Mazzanti R., Mazzei R., Salvatorini G.(1997a) - Note micropaleontologiche sulla successionemiocenica del Torrente Morra e su quella pliocenica delBacino dei fiumi Tora e Fine (province di Livorno e Pisa).Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. Mem., Serie A, 104, 85-134.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.(1989a) - Studi sul Neogene e Quaternario della PenisolaSalentina. III - Stratigrafia del Pozzo Poggiardo (N. 54, PS1490/3). Atti Conv. Conosc. Geol. Territ. Sal., Lecce 1987.Quad. Centro Studi Geotecn. D’Ing., 11, 55-88.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.(1989b) - Studi sul Neogene e Quaternario della PenisolaSalentina. V - Note geologiche sulla zona di Castro. AttiConv. Conosc. Geol. Territ. Sal., Lecce 1987. Quad. Cen-tro Studi Geotecn. D’Ing., 11, 127-146.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.(1989c) - Studi sul Neogene e Quaternario della PenisolaSalentina. VII. Precisazioni sull’età della Formazione diUggiano la Chiesa nella zona di Otranto (Lecce). AttiConv. Conosc. Geol. Territ. Sal., Lecce 1987. Quad. Cen-tro Studi Geotecn. D’Ing., 11, 175-193.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.(1991) - Note geologiche e stratigrafiche sull’area di Pal-mariggi (Lecce, Puglia). Riv. It. Paleont. Strat., 97(2), 175-234.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.(1994) - La successione miocenica dell’area tipo delle Cal-careniti di Andrano (Puglia, Italia Meridionale). Boll. Soc.Paleont. It., 33(2), 249-255.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.,Varola A. (1989d) - Studi sul Neogene e Quaternario dellaPenisola Salentina. IV. Inquadramento bio-cronostratigra-fico delle Calcareniti del Salento di Porto Miggiano-S.Ce-sarea Terme. Atti Conv. Conosc. Geol. Territ. Sal., Lecce1987. Quad. Centro Studi Geotecn. D’Ing., 11, 89-125.

Bossio A., Guelfi F., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G.,Varola A. (1989e) - Studi sul Neogene e Quaternario dellaPenisola Salentina. VI. Precisazioni sull’età dei sedimentipleistocenici di due cave del leccese (San Pietro in Lama eCutrofiano). Atti Conv. Conosc. Geol. Territ. Sal., Lecce1987. Quad. Centro Studi Geotecn. D’Ing., 11, 147-175.

Bossio A., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G. (1986) -Carta geologica dell’estremità meridionale del Salento.S.E.L.C.A., Firenze.

Bossio A., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G. (1989f) -Studi sul Neogene e Quaternario della Penisola Salentina.II - Evoluzione paleogeografica dell’area di Lèuca nel con-testo della dinamica mediterranea. Atti Conv. Conosc.Geol. Territ. Sal., Lecce 1987. Quad. Centro Studi Geo-tecn. D’Ing., 11, 31-54.

Bossio A., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G. (1992) -Notizie preliminari sul Miocene di S. Maria al Bagno - S.Caterina presso Nardò (Lecce). Paleopelagos, 2, 99-107.

Bossio A., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G. (1997b) -Carta geologica del Salento sud-orientale. Dip. Scienzedella Terra, Univ. Siena.

Bossio A., Mazzei R., Monteforti B., Salvatorini G. (2002) -Note illustrative alla carta geologica della zona di S.Mariadi Lèuca (con appendice bio-cronostratigrafica a cura diForesi L.M., Mazzei R., Salvatorini G). Atti Soc. Tosc. Sc.Nat. Mem., Serie A, 107, 97-163.

Ciaranfi N., Pieri P., Ricchetti G. (1988) - Carta geologica del-le Murge e del Salento. Mem. Soc. Geol.1t., 42.

Ciaranfi N., Pieri P., Ricchetti G. (1993) - La Penisola salenti-na nel quadro dell’evoluzione sedimentaria e tettonica del-l’Avampaese apulo. XII Conv. Soc. Pal. It., Lecce.

Cotecchia V. (1975) - Studio geologico e geotecnica dell’areadel centro oncologico talentino (Lecce). Indirizzi proget-tuali per le strutture di fondazione e degli interventi di risa-namento dei terreni. Relazione professionale; Committen-te: Azienda ospedaliera di Lecce: 14 pp.

Dainelli G. (1901) - Appunti geologici sulla parte meridionaledel Capo di Lèuca. - Boll. Soc., Geol. It., 20, pag. 616-690,tavv. 3, 1 carta geologica 1:50.000.

D’Alessandro A., Massari F. (1997) - Pliocene and Pleistocenedepositional environments Pesculuse area (Salento, Italy).Riv. It. Paleont. Strat., 103 (2), 221-258.

D’Alessandro A., Massari F., Davaud E., Ghibaudo G. (2004)- Pliocene - Pleistocene sequences bounded by subaerialunconformities within foramol ramp calcarenites andmixed deposits (Salento, SE Italy). Sedimentary geology166, 89-144.

D’Alessandro A., Mastronuzzi G., Palmentola G., Sansò P.(1994) - Pleistocene deposits of Salento leccese (SouthernItaly): Problematic relationships. Boll. Soc. Paleont. It.,33(2), 257-263.

De Benedetti A. (1930) - Osservazioni geologiche sull’estremi-tà meridionale della Penisola Salentina. Bollettino del R.Ufficio geologico d’Italia 55 (5), 1-10.

De Giorgi C. (1903) - La serie geologica dei terreni nella peni-sola salentina. Mem. Acc. Nuovi Lincei, 20, 155-218.

De Giorgi C. (1922) - Descrizione geologica e idrografica del-la Provincia di Lecce. Tip. Salomi, Lecce, 1-50.

Del Prete M., Santagati G. (1972) - Depositi oligoalini interpo-sti tra calcari cretacici e pietra leccese nei dintorni di Lec-ce. Geol. Appl. e Idrogeol., 7, 225-233.

D’Erasmo G. (1959) - Bibliografia geologica d’Italia. Vol. VPuglia. Consiglio nazionale delle ricerche, comitato per lageografia, geologia e mineralogia. 1-73.

Esu D., Girotti O., Iannone A., Pignatti J.S., Ricchetti G.(1994) - Lagoonal - continental Oligocene of southernApulia (Italy). Boll. Soc. Paleont. Italiana 33 (2), 183-196.

Foresi L.M., Iaccarino S., Mazzei R., Salvatorini G., BambiniA.M. (2001) - Il plancton calcareo (Foraminiferi e nanno-fossili) del Miocene delle Isole Tremiti. Palaeont. Ita., 88,1-64.

Giannelli L., Salvatorini G., Tavani G. (1965) - Notizie preli-minari sulle formazioni neogeniche di Terra d’Otranto (Pu-glia). Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. Mem., Serie A, 72, 520-536.

Giannelli L., Salvatorini G., Tavani G. (1966) - Nuove osser-vazione sulle formazioni neogeniche di Terra d’Otranto(Puglia). Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. Mem., Serie A, 73, 613-619.

Harzhauser M., Piller W., Steinenger F. (2002) - Circum - Me-diterranean Oligo - Miocene Biogeographic evolution - thegastropods point of view. Paleogeography, Paleoclimato-logy, Paleoecology, 183, 102-133.

Largaiolli T., Martinis B., Mozzi G., Nardin M., Rossi D., Un-garo S. (1969) - F° 214 - Gallipoli. Note illust. Carta Ge-ol. d’It., Serv. Geol. D’It., 64 pp.

Lof P. (1985) - Elsevier’s invertebrate fossils chart.Margiotta S. (1999) - Il contatto Formazione di Galatone - For-

mazione di Lecce: evidenze stratigrafico - sedimentologi-che. Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. Mem., Serie A, 106, 73-77.

Margiotta S. (2004) - Nuovi dati stratigrafici nel Salento lecce-

BOSSIO et al.86 Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 51: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,

se. In: Nuove conoscenze sul sottosuolo nel Salento lecce-se, pp. 208. Osservatorio di Chimica, Fisica e GeologiaAmbientali, Dip. Scienza dei Materiali, Univ. degli Studidi Lecce.

Margiotta S., Ricchetti G. (2002) - Stratigrafia dei depositi oli-gomiocenici del Salento (Puglia). Boll. Soc. Geol. It., 121,243-252.

Margiotta S. (in stampa) - Bio-cronostratigrafia a foraminiferiplanctonici dei sedimenti miocenici nell’area di Strudà(Lecce, Puglia). In stampa sulla Geologica Romana.

Margiotta S., Varola A. (2004) - Nuovi dati geologici - paleon-tologici su alcuni affioramenti nel territorio di Lecce. AttiSoc. Tosc. Di Scienze Naturali, Mem., Serie A, 109,1-12.

Martinis B. (1967) - Note geologiche sui dintorni di Casaranoe Castro (Lecce). Riv. Ital. Paleont., 73(4), 1297-1380.

Martinis B. (1970) - F° 223 - Capo S.Maria di Lèuca. Note il-lustr. Carta Geol. d’It., Serv. Geol. D’It., 69 pp.

Massari F., Ghibaudo G., D’Alessandro A., Davaud E. (2001)- Water-upwelling pipes and soft-sediment-deformationstructures in lower Pleistocene calcarenites (Salento, Sou-thern Italy). Geol. Soc. Amer. Bull., 113 (5), 545-560.

Matteucci R., Parente M. (1993) - Le calcareniti di Porto Badi-sco. In: Guida alle escursioni. XII Convegno Soc. Paleont.Italiana, 39-43.

MORET (1958) - Manuel de Paleontologie Animale. MassonParigi 771 pp.

Perch-Nielsen K. (1985) - Cenozoic calcareous nannofossils.In: Bolli, H.M. et al., Plankton Stratigraphy, 1, 427-554.

Ricchetti G., Ciaranfi N., Luperto Sinni E., Mongelli F., Pieri P.(1988) - Geodinamica ed evoluzione sedimentaria e tettoni-ca dell’Avampaese Apulo. Mem. Soc. Geol. It., 41, 57-82.

Rossi D. (1969a) - F° 215 - Otranto. Note illustrative alla CartaGeol. d’It., Serv. Geol. d’It., 31 pp.

Rossi D. (1969b) - Fi 203, 204, 213 - Brindisi - Lecce - Mareg-gio. Note illustrative Carta Geol. d’It., Serv. Geol. D’It., 42pp.

Sacco F. (1911) - La Puglia, schema geologico. Boll. Soc. Geol. It., 30, 529-637.

Steininger F.F., Aubry M.P., Biolzi M., Borsetti A.M., Cati F.,Corfield R., Gelati R., Iaccarino S., Napoleone C., Rogl F.,Rotzel R., Spezzaferri S., Tateo F., Villa G., Zevenboom D.(1997) - Proposal for the Global Stratotype Section andPoint (G.S.S.P.) for the base of the Neogene (the Paleo-gene/Neogene boundary). In: Montanari, A., Odin, G.S.,Coccioni, R., Miocene Stratigraphy, an Integrated Ap-proach. Develop. in Paleont. And Stratigr., 15, 125-147.

Accettato per la stampa: Novembre 2006

STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL SETTORE NORD-... 87Geologica Romana 39 (2006), 63-87

Page 52: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,
Page 53: STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA DEL ... 39/8 Bossio-Mazzei.pdfe-mail: bossio@dst.unipi.it **Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8,