"Storie per i musei - Storytelling digitale e musei scientifici inclusivi: un progetto europeo"

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La pubblicazione " Storie per i musei - Storytelling digitale e musei scientifici inclusivi: un progetto europeo" è il resoconto dell'attività e della ricerca di due anni del progetto "Diamond: Dialoguing museum for a new cultural democracy" d'ispirazione per altri musei e associazioni che lavorano per allargare la partecipazione alla cultura anche con l'uso delle nuove tecnologie.

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Storytelling digitale e musei scientifici inclusivi: un progetto europeo

A cura di:

Cristina Da Milano e Elisabetta Falchetti

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Crediti fotografici

2 storie per i musei

Traduzione:Simona Bodoper Eccom Progetti srl

Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione europea.L’autore è il solo responsabile di questa pubblicazione e la Commissione declinaogni responsabilità sull’uso che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute.

Copertina: Il Museo che incanta. Foto: M. Keita.Retro copertina: L’esposizione sulla diversità dei mammiferi della savana africana, nellaGrande Galerie de l’Évolution del Muséum d’Histoire Naturelle di Parigi (M. Picone)

P. 1: Il Museo che incanta (particolare)P. 5: Il nuovo MUSE di Trento (E. Falchetti)P. 7: Esposizione astronomica al Natural History Museum di Londra (E. Falchetti)P. 9: Laboratorio/invito al Civico Zero (M. Keita)P. 16: DS Storycircle (G. Năzăreanu)P. 18: Galleria di Paleontologia del Museum d’Histoire Naturelle di Parigi (M. Picone)P. 19: L’esposizione sulla diversità dei mammiferi della savana africana, nella GrandeGalerie de l’Évolution del Muséum d’Histoire Naturelle di Parigi (M. Picone)P. 20: L’interno del Darwin Center. Natural History Museum di Londra (E. Falchetti)P. 21: Museo di Storia Naturale, Venezia (E. Falchetti)P. 23: L’esposizione sulla preistoria umana al MUSE di Trento (E. Falchetti)P. 24: Un pannello realizzato dall’artista pittore-disegnatore Stefano Maugeri per unaesposizione al Museo Civico di Zoologia di Roma (E. Falchetti)P. 25: Pannello interattivo al Natural History Museum di Londra; la curatrice della colle-zione entomologica illustra il suo lavoro ai visitatori (E. Falchetti)P. 27: La Sala Pic Nic del Natural History Museum di Londra (E. Falchetti)P. 29: Due giovanissimi visitatori esplorano un sussidio interattivo al MUSE di Trento (E.Falchetti)P. 34: ll Civico Zero in visita al Museo Civico di Zoologia di Roma (E. Falchetti)P. 37: L’attrice Sista Bramini durante un performance al Museo Civico di Zoologia di Roma(E. Falchetti)P. 38: Il binario 9 e ¾ di King’s Cross a Londra (E. Falchetti)P. 41: Lotta tra maschi di alce nel periodo riproduttivo. Diorama dell’American Museumof Natural History di New York (M. Picone)P. 43: Un momento della scrittura degli storytelling al Civico Zero di Roma (E. Falchetti)P. 59: La notte di Halloween al Museo Civico di Zoologia di Roma (E. Falchetti)P. 59: Visitatori in attesa di entrare al Museo Civico di Zoologia di Roma durante la Nottedei Musei (I. De Angelis)P. 64: Preparazione dei calchi al Museo Civico di Zoologia di Roma (E. Falchetti)P. 67: Disegno di lucertola realizzato da una giovane detenuta (E. Falchetti)P. 67 Modello di ghiro realizzato da una giovane detenuta (E. Falchetti)P. 68: Storie sugli animali raccontate e scritte in doppia lingua dagli immigrati del CTP(E. Falchetti)P. 68: Storie sugli animali raccontate e scritte in doppia lingua dagli immigrati del CTP(E. Falchetti)P. 69: Laboratorio di approfondimento con giovani immigrati al Museo Civico di Zoologiadi Roma (E. Falchetti)P. 70: La visita dei non udenti al Museo Civico di Zoologia di Roma (E. Falchetti)P. 71: Alcuni immigrati in visita al Museo Civico di Zoologia (E. Falchetti)P. 71: Laboratorio di tassidermia al Museo Civico di Zoologia di Roma con i giovani delCivico Zero (E. Falchetti)P. 71: Giovani rifugiati del Civico Zero in visita al Museo Civico di Zoologia di Roma (E.Falchetti)P. 74: Laboratorio di approfondimento con giovani immigrati (E. Falchetti)P. 76: “Le foreste della Romania” – la mostra permanente (Archivio del Complesso Mu-seale di Scienze Naturali “Ion Borcea” di Bacau)

P. 77: “Fiori dalle profondità del Pianeta” – la mostra permanente (Archivio del ComplessoMuseale di Scienze Naturali “Ion Borcea” di Bacau)P. 77: “Proteggere la natura” – la mostra permanente (Archivio del Complesso Musealedi Scienze Naturali “Ion Borcea” di Bacau)P. 78: Il lancio ufficiale del progetto pilota (G. Gurau)P. 79: I partecipanti visitano la mostra temporanea “A caccia di trofei” (G. Gurau)P. 79: I partecipanti visitano la mostra temporanea “A caccia di trofei” (G. Gurau)P. 82: La condivisione delle storie digitali al Museo con i partecipanti della Fondazione“Constantin Brancoveanu” (G. Gurau)P. 83: Visitatori di fronte al Museo (G. Năzăreanu)P. 84: Il diorama “Mar Nero” (G. Năzăreanu)P. 84: Scheletro di balena (Megaptera novaeangliae) (G. Năzăreanu)P. 84 Il diorama “Cervo attaccato da un branco di lupi” (G. Năzăreanu)P. 85: Visitatori alla mostra fotografica “Liberi al Museo” (G. Năzăreanu)P. 85: Bambini ipovedenti leggono in Braille (G. Năzăreanu)P. 85: Aurora Stănescu guida i partecipanti negli spazi espositivi permanenti (G.Năzăreanu)P. 86: Un partecipante esplora le collezioni di farfalle attraverso le tecnologie digitali (G.Năzăreanu)P. 86: Bambini ipovedenti esplorano la riproduzione in bassorilievo del diorama sulla“Fauna romena” (G. Năzăreanu)P. 86: Angela Petrescu presenta le collezioni ornitologiche (G. Năzăreanu)P. 86: Il gruppo di progetto e i partecipanti (G. Năzăreanu)P. 90: Il primo catalogo in bassorilievo in Europa, a cura del Museo “Grigore Antipa” (G.Năzăreanu)P. 91: Il Museo di Paleontologia all’Almudín (G. Cutillas, 1960. Archivio Fotografico delMuseo di Scienze Naturali di Valencia)P. 92: Museo di Scienze Naturali, Collezione Rodrigo Botet. Veduta parziale. (S. Illobre)P. 93: Ospiti della Residencia Fortuny in visita al Museo di Scienze Naturali (A. Sanchis)P. 93: “Ricordi della Terra” alla Residencia Fortuny (A. Sanchis)P. 95: “Il Museo dietro le sbarre”: valigette didattiche al Penitenziario Picassent, Valencia2006 (M. Belinchón)P. 95: Valigette didattiche del Museo di Scienze Naturali, Valencia (S. Illobre)P. 96: “Il Mondo invisibile” alla Residencia Fortuny (A. Sanchis)P. 96: Un’anziana esplora un uovo al Centro de Día Albors (C. Ferri)P. 97: “Una casa sulle spalle” al Centro de Día Albors (C. Ferri)P. 97: “Masticare” alla Residencia Fortuny (S. Illobre)P. 98: Un partecipante al laboratorio registra la sua storia (S. Illobre)P. 99: I visitatori donano i loro oggetti al Museo (A. Ortiz Fuster, 2014. Archivio Fotograficodel Museo di Scienze Naturali)P. 100: Ospiti del Centro de Día Albors in visita al Museo di Scienze Naturali (S. Illobre)P. 103: Un momento della scrittura degli Storytelling al Civico Zero di Roma (E. Falchetti)P. 107: Fase di montaggio di video e audio (S. Caracciolo)P. 108: Registrazione con microfono (P. Braga)P. 112: Scripting (M. Aho)P. 113: Training session. Partecipanti. (P. Braga)P. 115: Penitenziario di Rahova, il mini-diorama dedicato alla fauna di un’area limitrofaa Bucarest (G. Năzăreanu)P. 116: Fase di montaggio di video e audio (S. Caracciolo)

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Indice

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4 PremessaSteve Bellis

6 Nuove storie (e modi diversi di raccontarle)Richard Sandell

8 DIAMOND – Musei a confronto per una nuova democrazia culturale: il progetto e il contestoCristina Da Milano e Elisabetta Falchetti

11 Cultura, accesso e apprendimento permanenteCristina Da Milano

17 Musei scientifici, cultura e societàElisabetta Falchetti

31 DIAMOND - Il progettoRoberta Agnese

35 Dal pensiero narrativo allo storytelling digitale in museoElisabetta Falchetti

49 L’esperienza di Melting Pro - Laboratorio per la Culturanel progetto DIAMOND: lo storytelling digitale al museoAntonia Silvaggi e Patrizia Braga

59 Il Museo come spazio di dialogo e costruzione culturaleI progetti pilota del Museo Civico di Zoologia di RomaElisabetta Falchetti

75 La conoscenza attiva del Museo scientifico, un ponte tra generazioniIl progetto pilota del Complesso Museale di Scienze Naturali “Ion Borcea” di BacauGabriela Gurau

83 Liberi … al Museo!Il progetto pilota del Museo Nazionale di Storia Naturale “Grigore Antipa” di BucarestAurora Stanescu

91 Da un Museo tradizionale a un Museo per tuttiIl progetto pilota del Museo di Scienze Naturali di ValenciaMargarita Belinchón e Sandra Illobre

101 La valutazione in DIAMONDCristina Da Milano e Elisabetta Falchetti

111 L’attività di dissemination Carla Marangoni

114 ConclusioniCristina Da Milano e Elisabetta Falchetti

117 Il gruppo di progetto

118 Nota sugli autori

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Premessa

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Questo manuale riflette il talento collettivo di un gruppo interdisciplinare di operatori di diverse parti d’Eu-ropa, tra cui alcuni che ho avuto il piacere di formare. Ho anche avuto l’opportunità di collaborare con diversi musei del mio Paese, e ho un grande rispetto per lesfide che queste istituzioni devono affrontare per raggiungere nuovi pubblici, per coinvolgere persone tra-dizionalmente escluse dalla partecipazione culturale. Nella mia carriera di docente di Vocational Media hotoccato con mano l’impatto positivo che i progetti partecipativi di community media possono avere sui de-stinatari, che si tratti di studenti che fanno ancora parte del sistema di apprendimento formale o di cittadiniche partecipano spinti dalle motivazioni più disparate. I risultati sono sempre speciali.

Il manuale vi aiuterà a esplorare il potenziale di queste attività applicate al settore culturale, con particolareriferimento ai musei scientifici e allo storytelling digitale.

Mi piacerebbe raccontarvi una piccola storia.Qualche hanno fa mi trovavo insieme a un gruppo di persone alla fine di un intenso workshop internazionalesullo storytelling digitale in Turchia. Il gruppo era composto da formatori provenienti da sette diversi Paesi,che per la prima volta imparavano a creare storie digitali. Avevamo appena passato in rassegna le storie rea-lizzate: ventidue in tutto. È difficile valutare le reazioni di un gruppo quando sei seduto in prima fila, ma erodavvero colpito dalla ricchezza dei contenuti di quelle storie. Accanto a me c’era una delle coordinatrici delprogetto, cui era stato affidato l’onere di formulare i commenti conclusivi. Non sapeva che avevo tenuto perultima una storia particolarmente commovente, non tanto per fare effetto, quanto perché mi sembrava unagrande storia con cui chiudere la rassegna. Un brivido mi ha attraversato quando ho visto le lacrime comin-ciare a riempirle gli occhi. Era escluso che riuscisse a parlare, e difatti, nel momento in cui l’emozione hapreso il sopravvento, ha dovuto lasciare la stanza. Trattandosi di un gruppo coeso, questa defezione dell’ul-tim’ora non ha creato alcun problema, e a dire il vero eravamo tutti un po’ commossi alla fine di una seriedi giornate molto intense sotto il profilo emotivo.Ma credo che in lei, in quel momento, sia scattato qualcosa, qualcosa di molto più importante che non il sem-plice essere stata sopraffatta da una storia.

Lo storytelling digitale ha questo effetto. Lo ha avuto su di me quando Daniel Meadows ha visitato per la primavolta il mio college in Galles una decina di anni fa. E lo ha avuto su molti miei amici e colleghi, e continueràad averlo, finché impareremo a riflettere sulle nostre esperienze e a condividere onestamente le nostre storiecon gli altri.

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E allora qual è la conclusione … nonè evidente? Quella coordinatrice hafatto quello che molti di noi hannofatto quando è giunto il “nostro mo-mento”: ha esplorato modi originalie innovativi di utilizzare lo storytel-ling digitale, e sono felice che siauno degli autori di questo eccellentemanuale.

Steve Bellis

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Le attività svolte nel progetto e i prodotti ottenuti comprendono:

- Una ricerca sul ruolo sociale dei musei, con particolare riferimento ai musei scientifici, e sull’uso del DSin questo contesto.

- Corsi di formazione nell’uso del DS rivolti a professionisti dei musei e di altre istituzioni che con essi col-laborano, per il coinvolgimento di fasce di pubblici non tradizionali.

- La progettazione e la realizzazione di progetti pilota per cittadini potenzialmente marginalizzati, realizzatinei musei in Italia, Spagna e Romania.

- La disseminazione dei risultati attraverso la partecipazione a conferenze internazionali e diverse attivitàdi comunicazione.

La documentazione relativa a tutti gli aspetti elencati – ognuno dei quali ha contribuito alla realizzazione delpresente manuale - è disponibile sul sito web del progetto (www.diamondmuseums.eu).

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10 DIAMOND. Il progetto e il contesto

Il manuale ha come obiettivo il racconto e la testimonianza delle attività su indicate e dei loro risultati. Il suovalore, a nostro parere, non risiede solo nel racconto (dovuto) di esperienze e buone pratiche effettuate incampo europeo, ma anche nella diffusione dei risultati di una sperimentazione sia di nuove tecniche ICT (ilDS) e dei loro effetti, sia di nuove forme di dialogo interculturale e di inclusione sociale che hanno come og-getto/risorsa il patrimonio culturale. Pertanto, il contenuto del manuale può essere visto ed utilizzato comeun resoconto, ma anche come un modello di progetto che può essere riproposto in altri ambiti museali o cul-turali e come schema di ricerca per ulteriori sperimentazioni di strategie per l’inclusione culturale e la lorovalutazione.Infine, scopo di questa pubblicazione è anche quello di presentare il DS come uno strumento dalle ampie po-tenzialità nel far emergere sempre più chiaramente il ruolo inclusivo della cultura e dei musei in particolaree anche come strumento di valutazione dell’impatto sociale che le attività svolte all’interno dei musei pos-sono avere sui cittadini.

Il volume comprende contributi che illustrano il contesto europeo e nazionale riferito ai Paesi partner del pro-getto, riguardo al tema del ruolo sociale dei musei e dell’accesso alla cultura; saggi relativi all’uso del DScome strumento di democrazia culturale e di valutazione di impatto; contributi tecnici relativi alle modalitàdi utilizzo del DS; resoconti delle esperienze formative e dei progetti pilota in cui il DS è stato usato comestrumento di coinvolgimento e partecipazione attiva alle attività proposte dai musei.

Il volume è rivolto principalmente ai professionisti che lavorano nei musei – educatori, mediatori, curatori –e nelle istituzioni che collaborano con essi nello svolgimento delle attività che vedono coinvolti gruppi par-ticolari di visitatori (o non visitatori), nonché a coloro interessati a saperne di più sull’argomento.

Ci auguriamo che questo manuale possa favorire lo scambio e la condivisione delle buone pratiche tra col-leghi a livello nazionale e internazionale, e fornire un piccolo contributo al dibattito sui grandi problemi dellademocrazia culturale, sul ruolo che i musei possono avere nel miglioramento delle società e sull’uso delletecnologie digitali nel facilitare nuove forme di dialogo socio-culturale.

Cristina Da Milano e Elisabetta Falchetti

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12 Cultura, accesso e apprendimento permanente

biente, le acquisisce, le conserva, le comunica e spe-cificamente le espone per scopi di studio, educazionee diletto”3). Anche dal punto di vista istituzionale, DIA-MOND si prefigura come un progetto di notevole rile-vanza interna ed esterna all’istituzione stessa, inquanto si basa sul presupposto della necessità di atti-vare forme di partenariato inter-istituzionale con altrisoggetti operanti nella società civile e di investire for-temente nella formazione degli operatori culturali.

Accesso alla culturaTanto sul versante delle amministrazioni pubbliche,quanto su quello delle istituzioni culturali, gli sforzi perl’accesso alla cultura nascono da prospettive filosofiche

differenti e spesso complementari: da un lato, le ammi-nistrazioni pubbliche dovrebbero essere interessate allapossibilità che i finanziamenti pubblici vengano utilizzatiin modo ridistribuivo, raggiungendo in tal modo un seg-mento di popolazione che sia il più ampio possibile;dall’altro lato, le istituzioni culturali dovrebbero con-centrarsi sul bisogno di ampliare i propri pubblici perragioni di sostenibilità così come di responsabilità.Deve essere inoltre presa in considerazione un’altraquestione trasversale, strettamente connessa alla no-zione di cultura come agente per la trasformazione so-ciale, e cioè il diritto di prendere parte alla vita culturalein quanto questione legata alle pari opportunità: l’ideacioè della cultura come agente facilitatore per l’inclu-sione sociale e la nozione di partecipazione culturalecome modo per superare le divisioni in classi e culture e

Accesso alla cultura“L’accesso alla cultura rimane un argomento centrale per l’Europa. I dati disponibili sulla par-tecipazione culturale mostrano che una parte significativa della popolazione ancora non par-tecipa alle principali attività culturali e che le persone in condizioni svantaggiate (rispetto allerisorse economiche e al livello d’istruzione) partecipano molto meno rispetto alle persone conun’educazione più elevata e una situazione economica migliore. La partecipazione culturale èriconosciuta come un diritto dell’uomo e un importante blocco formativo per lo sviluppo perso-nale, la creatività e il benessere. Tuttavia, l’offerta di cultura delle istituzioni finanziate pubbli-camente spesso va a beneficio solo di un segmento ridotto della popolazione. Questa situazionepotrebbe richiedere l’identificazione di strategie volte ad aumentare la partecipazione, al finedi garantire equità e efficienza nell’uso delle risorse”.

“Policies and good practices in the public arts and in cultural institutions to promote better access to and wider participation in culture”(http://ec.europa.eu/culture/our-policy-development/documents/omc-access-to-culture.pdf)4

3. http://icom.museum/the-vision/museum-definition/4. Il Rapporto OMC Policies and good practices in the public arts and in the cultural institutions to promote better access to and wider participation

in culture (http://ec.europa.eu/culture/our-policy-development/documents/omc-access-to-culture.pdf) è il risultato del lavoro svolto dal WorkingGroup on better access to and wider participation in culture, composto da 24 esperti in rappresentanza degli Stati membri dell’UE. Il lavoroè iniziato ne 2011 nell'ambito del Council Work Plan for Culture 2011-2014 per l’implementazione dell’Agenda Europea per la Cultura. Ilgruppo ha utilizzato la metodologia Open Method of Coordination (OMC) – una forma di co-operazione volontaria tra Stati membri.

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Allo stesso tempo, le organizzazioni culturali sperimen-tano nuovi modelli manageriali e la loro ambizione èdivenuta quella di assumersi nuove responsabilità conlo scopo di contraddistinguere le proprie politiche peri visitatori. Il settore culturale tradizionalmente inteso(e i musei in particolare) è – come dimostrano nume-rose ricerche sui pubblici – tendenzialmente chiuso edesclusivo6: proprio per questo motivo, il tema della de-mocratizzazione della cultura è stato oggetto delle po-litiche culturali dei Paesi occidentali negli ultimidecenni7. Gli ambiti principali in cui si gioca la partita del patri-monio come contesto inclusivo sono l’accesso, la rap-presentazione e la partecipazione8. Tradizionalmente, le problematiche legate all’accessosono state per lo più associate alle barriere architetto-niche e finanziarie (che peraltro rappresentano ancoraoggi uno dei principali ostacoli alla partecipazione, so-prattutto nel caso delle fasce di utenza “svantag-giate”), mentre solo di recente si è prestata maggioreattenzione a tipologie più “immateriali”, quali adesempio le barriere sensoriali e cognitive, le barriereculturali (gli interessi, le esperienze di vita), attitudi-nali (la cultura e l’atmosfera complessiva di un’istitu-zione) e tecnologiche (mancato utilizzo delle ICT perpotenziare l’accesso all’offerta culturale), le percezionidei “non pubblici” (es. percezione delle istituzioni cul-turali come luoghi esclusivi, riservati a persone coltee sofisticate; rifiuto di determinate forme di espres-sione culturale, ritenute di scarso interesse o offen-sive; bassa priorità accordata alla partecipazioneculturale).

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come competenza chiave e base per la creatività. Ai vi-sitatori viene oggi riconosciuto un ruolo chiave nell’am-bito dei progetti culturali per i musei e il patrimonioculturale: coinvolgere il pubblico è una priorità per laCommissione europea, così come per la maggior partedelle organizzazioni culturali e le amministrazioni pub-bliche in Europa5. Ne è testimonianza la crescente at-tuazione di politiche per lo sviluppo dei pubblici; lapromozione da parte delle istituzioni culturali del lororuolo formativo e sociale; la maggiore attenzione rivoltaal pubblico e al contesto locali. Un nuovo quadro econo-mico e sociale sta ridisegnando le politiche per i pubblicisul piano locale e globale.

5. Nell’Ottobre del 2012 l’ EACEA-Education, Audiovisual and Culture European Agency ha dedicato una conferenza internazionale al temadell’Audience Development (cfr. http://www.cultureinmotion.eu/European-Audiences/index.jsp).

6. European Commission, Cultural Access and Participation, Report, 2013, http://ec.europa.eur/public_opinion/archives/ebs/ebs_399_en.pdf.In particolare, si fa riferimento qui ai dati sulla partecipazione dei cittadini residenti e non dei turisti: il tema dell’accesso e della parteci-pazione alla cultura sono infatti intesi non rispetto alle dinamiche del turismo culturale bensì a quelle che riguardano aspetti quali l’identitàculturale acquisita e rafforzata attraverso la cultura e lo sviluppo sociale e culturale in senso ampia delle comunità residenti.

7. Da un punto di vista storico, dopo la seconda guerra mondiale in Europa si sono sviluppati modelli differenti di politiche culturali, incentratisul concetto dell’accesso alla cultura: il modello di sviluppo dell’accesso, basato sulla nozione di democratizzazione della cultura; il mo-dello di sviluppo socio-economico, basato sull’utilizzo delle attività artistiche e culturali come strumento di sviluppo sociale ed econo-mico; il modello di inclusione culturale, che ha come scopo non solo l’ampliamento dell’accesso ai consumi culturali ma anche allaproduzione e alla distribuzione della cultura in senso lato. (cfr. F. Matarasso, 2004).

8. R. Sandell, “Museums as Agents of Social Inclusion” in Museum Management and Curatorship, vol. 17, issue 4, 1998.

“I musei sono un prodotto dell’esta-blishment e rispecchiano i valori stabi-liti e l’immagine ufficiale di una società,in diversi modi: direttamente, promuo-vendo e affermando i valori dominanti,e indirettamente, subordinando o rifiu-tando valori alternativi.”

R. Sandell

Museums as Agents of Social Inclusionin Museum Management and Curatorshipvol. 17, issue 4, 1998

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14 Cultura, accesso e apprendimento permanente

Al fine di mettere a punto delle strategie più articolatedi inclusione sociale e culturale è necessario che allepolitiche di sviluppo dell’accesso si affianchino quelle dipromozione della partecipazione (ai processi decisio-nali, ai processi creativi, alla costruzione dei signifi-cati…), che riconoscono nei pubblici di riferimento degliinterlocutori attivi, coinvolti attraverso una gamma dipratiche che vanno dalla consultazione a forme “leg-gere” ed episodiche di coinvolgimento, da una costru-zione condivisa di significati sollecitata dalla mediazionefino a una vera e propria progettazione partecipata (unprincipio ormai riconosciuto anche nei documenti uffi-ciali di associazioni internazionali di categoria qualiICOM – International Council of Museums e ICOMOS –International Council on Monuments and Sites).

Per eliminare le barriere alla partecipazione, le istitu-zioni culturali hanno a loro disposizione una riccagamma di strategie e prassi anche molto diverse traloro (ad esempio la creazione di organismi consultivi inrappresentanza dei giovani, delle comunità immigrate,degli utenti portatori di disabilità; lo sviluppo di percorsiformativi finalizzati a coinvolgere attivamente i destina-tari nella progettazione e/o nell’erogazione di serviziculturali; i programmi di “collezionismo di comunità”;l’incentivazione della partecipazione dei giovani attra-verso la manipolazione dei contenuti basata su piatta-forme e tecnologie informatiche a loro familiari o lacreazione di prodotti culturali indirizzati ai loro coeta-nei), ma accomunate dall’obiettivo di diventare menoautoreferenziali, più radicate nella vita delle comunità diriferimento e più aperte alle esigenze dei loro pubblici edei diversi stakeholders sul territorio9.

Oltre all’accesso e alla partecipazione, un ulteriore am-bito di potenziale esclusione dalla fruizione culturaleconcerne la mancata o distorta rappresentazione dideterminati gruppi e culture o “sotto-culture” – ad

esempio nella programmazione dei teatri, nelle colle-zioni e negli allestimenti dei musei, nel patrimonio li-brario e nei servizi delle biblioteche – conl’affermazione e la promozione di valori sociali e cultu-rali dominanti e quindi, sia pure in maniera indiretta, lasubordinazione o il rifiuto di valori alternativi.

Con lo scopo di affrontare il problema dell’accesso allacultura, le istituzioni culturali potrebbero ricorrere astrategie specifiche – secondo quanto affermato nelrapporto dell’OMC10 - come:

L’analisi dei pubblici: l’analisi dovrebbe operare unadistinzione tra i diversi tipi di pubblico - che può esseresegmentato in pubblico principale, occasionale, poten-ziale - e non-pubblico. L’analisi dei pubblici è chiara-mente il primo passo che un’istituzione culturale devecompiere per comprendere a chi vuole rivolgersi e permettere in campo strategie per raggiungere i pubbliciscelti.

La rimozione degli ostacoli all’accesso: si veda ilparagrafo sull’accesso.

La creazione di partenariati tra diverse figure-chiave: la partecipazione dei cittadini è centrale perattuare questa strategia, dal momento che le misureda adottare possono essere meglio delineate attra-verso un approccio partecipativo, tramite una consul-tazione dei pubblici potenziali. È richiesta inoltre anchela cooperazione tra le differenti istituzioni e gli stake-holder politici, su un piano nazionale e europeo.

La condivisione di modelli e la diffusione dibuone pratiche: è molto importante conoscere cosaaccade nel resto dell’Europa e imparare reciproca-mente sulle modalità di approccio alle questioni di ac-cesso culturale.

9. S. Bodo, C. Da Milano, S. Mascheroni, “Periferie, cultura ed inclusione sociale” in Quaderni dell’Osservatorio, n. 1/2009, Fondazione Cariplo,Milano 2009. http://www.fondazionecariplo.it/portal/upload/ent3/1/Quaderno1_testo_integrale.pdf

10. Cfr. nota 5.

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La costruzione del pubblico: diversi studi dimos-trano che la questione dell’accesso e della parteci-pazione appare sbilanciata più dal lato delladomanda che da quello dell’offerta. Tuttavia gli sforzirelativi allo sviluppo del pubblico riguardano prima ditutto la creazione di una domanda: le istituzioni cul-turali dovrebbero adeguare l’offerta ai bisogni delpubblico, passando da un metodo di lavoro guidatodall’offerta a uno guidato dalla domanda.

Formazione dello staff: un lavoro approfondito sullosviluppo del pubblico richiede un supporto sul lungo ter-mine e i progetti hanno bisogno di vivere a lungo sevengono condotti con lo spirito di produrre un cambia-mento all’intero dell’organizzazione. Integrare la pros-pettiva dell’accesso alle istituzioni culturali richiede uninvestimento sostanziale nella formazione dello staff. Atal riguardo, il ruolo del Programma per l’Apprendi-mento Permanente 2007-2013 è stato cruciale, dal mo-mento che ha offerto ai professionisti del settore lapossibilità di una formazione professionale in diversiambiti (apprendimento degli adulti nei musei, lavorocon gruppi in condizioni svantaggiate, ruolo delle ICTnell’educazione culturale, etc.).

Produzione di dati coerenti: c’è un forte bisogno diuna metodologia di valutazione accurata, basata sudati quantitativi e qualitativi. Inoltre, c’è un evidentebisogno di una valutazione sul medio e sul lungo ter-mine, con lo scopo di analizzare processi complessi,come la costruzione di nuovi pubblici e la definizione distrategie per la partecipazione.

Apprendimento permanentenei museiL’Unione Europea si impegna nell’ambito dell’apprendi-mento permanente, considerandolo una parte inte-grante dell’obiettivo di rendere quella europeal’economia più competitiva e dinamica del mondo, ispi-rata dalla cultura. Sin dal Consiglio Europeo di Lisbonanel marzo del 2000, l’apprendimento permanente è di-venuto un elemento chiave delle strategie europee, nonsolo per la competitività e l’impiego ma anche per unamaggiore inclusione sociale, una cittadinanza più attivae il raggiungimento delle aspirazioni personali. Nel 2004 è stato avviato un programma di azione inte-grata per l’apprendimento permanente11: noto comeProgramma di Apprendimento Permanente 2007-2013,tale programma include azioni specifiche indirizzate –tra le altre cose – anche all’apprendimento per adulti(sottoprogramma Grundtvig) e alla formazione profes-sionale (sottoprogramma Leonardo da Vinci). A partiredal 2014 questo programma sarà sostituito da un nuovoprogramma che coprirà il periodo 2014-2020, chiamatoErasmus+12.Piuttosto di recente, è stato sottolineato dall'UE anche ilruolo delle ICT nei processi di apprendimento perma-nente, attraverso l'iniziativa europea i201013 che miraall'inclusione, al miglioramento dei servizi per i cittadinie della qualità della vita, promuovendo inoltre un mag-giore uso delle ICT per l'apprendimento permanente el'inclusione sociale. Lo scopo è rendere il ricco patrimo-nio letterario e audiovisivo europeo disponibile per ilmaggior numero di persone possibile, associando la cre-atività personale e le ICT. Gli sviluppi tecnologici stannofacendo sì che l'educazione possa essere fornita ancheattraverso una gamma sempre crescente di strumentiinterattivi e mobili, per andare incontro a una genera-zione di discenti che si aspetta che l'uso della tecnologia

11. http://eacea.ec.europa.eu/llp/12. http://eacea.ec.europa.eu/programmes-2014-2020_en.php13. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2005:0229:FIN:EN:PDF

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16 Cultura, accesso e apprendimento permanente

sia parte dell'apprendimento, in un modo interattivo ecoinvolgente. Il ruolo che deve essere svolto dalle istitu-zioni per l'apprendimento non-formale, come bibliotechee musei, nel fornire politiche europee per l'apprendi-mento permanente è un ruolo chiave nell'agenda euro-pea, ed è divenuta una questione centrale – crocevia traeducazione, cultura e politiche sociali – per gli anni a ve-nire. L'attenzione rivolta a queste modalità informali diapprendimento permette inoltre di concentrarsi di piùsulla natura sperimentale dell'apprendimento, e di in-cludere in questo processo anche la meraviglia, la sor-presa, le emozioni, le risposte altrui e quelle personali, ildivertimento e il piacere. Un nuovo tipo di relazioni stainfatti emergendo tra gli oggetti, i discenti e le tecnolo-gie digitali, e le istituzioni culturali diventano luoghi diesplorazione, scoperta e interpretazione.

Una maggiore e più concreta comprensione del ruolo edei risultati dell’apprendimento informale attraverso le

istituzioni culturali è un requisito importante per il futurosviluppo dei musei, delle biblioteche e di altre struttureinformali del settore, per migliorare tecnologie, approc-cio e valutazione dei risultati.

ConclusioniDIAMOND riflette – proprio come un diamante –tutte le diverse sfaccettature che caratterizzano larelazione tra la cultura e la società nel suo insieme:l'importanza di attuare strategie appropriate perpromuovere l'accesso alla cultura; lo stretto legametra le questioni di accesso culturale e i processi diapprendimento permanente, con un'attenzione spe-cifica rivolta alla formazione dello staff e all'usodelle ICT per la produzione di dati coerenti; i parte-nariati tra i diversi attori – sociali e culturali; l'elimi-nazione degli ostacoli all'accesso.

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tempo. I musei scientifici costituiscono un supportometodologico, empirico e teorico ai cambiamenti dellascienza ed allo stesso tempo ne sono un’espressionetangibile. Pertanto sono cambiati, seguendo l’evolu-zione del pensiero scientifico che ha prodotto rivolu-zioni concettuali come la teoria dell’evoluzionebiologica, le teorie della relatività, della complessità edei sistemi. L’epistemologia e i modelli deterministi,meccanicistici, riduzionisti e dogmatici della primascienza e della prima museologia hanno lasciato spa-zio anche nei musei a una visione post-moderna com-plessa, sistemica, relazionale, dinamica e critica,aperta al dubbio e all’incertezza. I cambiamenti sonovisibili nelle ricerche che vengono effettuate, nei me-todi e nei temi che ne costituiscono l’oggetto. Neimusei di storia naturale, ad esempio, alle storiche ri-cerche tassonomiche, con le quali sono state descrittee nominate migliaia di specie viventi, sono stati affian-cati studi di biologia evoluzionistica, ecologici e bio-geografici; le tecniche di biologia molecolare hannopermesso una revisione delle collezioni alla luce dinuove problematiche filogenetiche, proponendo nuove

classificazioni. Anche l’interpretazione del cielo e dellaTerra sono oggi evolutive; la tettonica a zolle crostali èla chiave di interpretazione dell’evoluzione della crostaterrestre; il big bang e l’espansione dell’universo spie-gano le dinamiche dei corpi celesti. I cambiamenti pa-radigmatici della scienza, prima e dopo le rivoluzioni,sono testimoniati anche dall’approccio, dalle forme e itemi delle esposizioni. Alcuni antichi musei scientifici(ad esempio quello di Anatomia Umana di Torino o al-cune gallerie del Museo di Storia Naturale di Parigi o diFirenze) hanno musealizzato la loro storia e quelladella scienza, mantenendo quasi inalterate collezionied esposizioni originali, ma la maggior parte sonocambiati, nello stile espositivo e nei contenuti. I temidella bio e geodiversità, l’evoluzione della Terra e dellavita sulla Terra sono ora trattati in tutti i musei di storianaturale (il Museo di Leiden, ad esempio, ha assunto ilnome di Naturalis: Biodiversity Center). Gli esemplaribiologici, prevalentemente animali e piante, sonoesposti/interpretati con tecniche museografiche più omeno rinnovate o ricostruite, nei loro ambienti natu-rali, alla luce degli adattamenti o di altre relazioni evo-

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lutive. Lo storico Museo di Zoologia di Jardin des Plan-tes di Parigi si è trasformato nella “Grande Galerie del’Évolution”, un grandioso Museo dedicato ai problemievoluzionistici e dell’ecologia.

Il settore nuovo del Natural History Museum di Londra,il Darwin Center (il nome è dei più appropriati!), pro-pone una rivisitazione delle collezioni, dell’attività diricerca e delle problematiche naturalistiche basatesulla scienza evoluzionistica. Ma anche nuove branchedella scienza come le nanotecnologie sono entrate neimusei; il progetto di ricerca e contemporaneamentedi comunicazione/diffusione NanoToTouch, intrapresosperimentalmente dal Deutches Museum di Monaco èstato esteso a numerosi altri musei della scienza, tra iquali il “Leonardo da Vinci” di Milano e il Museo di Go-themburg.

I cambiamenti dei musei scientifici trovano ragioneanche in altri fenomeni socio-culturali. La secondametà, in particolare gli ultimi decenni del secoloscorso, sono stati caratterizzati da una sempre cre-scente richiesta di cultura, principalmente di culturascientifica. La Dichiarazione Universale dei Diritti del-l’Uomo (1948) ha sancito per tutti il diritto alla co-noscenza1. I principi espressi nella Dichiarazione, uni-tamente al miglioramento della qualità della vita inmolti Paesi del mondo, hanno prodotto un aumentodell’istruzione per tutti, sia scolastica, sia attraverso imass media. La formazione scientifica, scientific lite-racy, è stata (e resta) un obiettivo di tutte le cultureoccidentali e/o industrializzate, sia per il suo valore for-mativo, sia applicativo: le società moderne sono forte-mente dipendenti dalla scienza e dalla tecnologia;sono infatti state definite/qualificate proprio “scientifi-

1. Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita [...] deve essere messa alla portata di tutti [...] accessibile a tutti[...] deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertàfondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorirel’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. (Art. 26). Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vitaculturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici [...] (Art. 27).

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che e tecnologiche” e della “conoscenza scientifica”. Ilcrescere dell’impatto scientifico e tecnologico haanche cambiato i rapporti tra scienza e società; lascienza, prima confinata nelle università e nelle acca-demie, è diventata oggetto di interesse anche permolte altre componenti della società, politiche-ammi-nistrative, economiche, civili (fenomeno che EricZiman, nel saggio La vera scienza del 2002, definisce“trasformazione della scienza da accademica a post-accademica”). In generale sono aumentati gli stake-holder cioè le categorie di persone potenzialmenteinteressate o coinvolte nei processi e nei dibattitiscientifici; per questo alcuni scienziati hanno visto inquesto ampliamento di relazioni anche nuove forme epotenzialità di conoscenza scientifica, definendola“post – normal science”, ed includendo negli algoritmie nei modelli che la caratterizzano sia i punti di vistadegli scienziati che della società civile. La maggiore ri-chiesta di conoscenza scientifica è legata anche ad undiritto democratico di partecipazione alle scelte am-bientali, tecnologiche, della salute, che richiedonocompetenze scientifiche. Già agli inizi del secolo il filo-

sofo pedagogista John Dewey, consapevole del valoredella conoscenza per la libertà di pensiero e la parte-cipazione pubblica, sottolineava l’importanza dell’edu-cazione, in particolare scientifica, dei cittadini. Questa “socializzazione” della scienza ha richiestonuove strategie e collaborazione da parte di tutte leistituzioni scientifiche: manifestazioni come “La nottedei ricercatori” ormai diffusa nelle università, negli isti-tuti di ricerca e nei musei scientifici di tutta l’Europa,ne sono una dimostrazione. Nel processo di forma-zione scientifica e democratizzazione della scienza, ilruolo dei musei scientifici è stato fondamentale, inquanto uniche istituzioni oltre la scuola, aperte a tuttie in condizione di coinvolgere ampie fasce delle popo-lazioni. Jorge Wagensberg, ideatore e direttore del Co-smocaixa di Barcellona, ad esempio, scrive che oggiun museo scientifico è uno spazio dedicato a fornirestimoli alla conoscenza scientifica, al metodo scienti-fico e all’opinione scientifica (2005). I musei scientificihanno partecipato ai progetti internazionali di PublicUnderstanding of Science (PUS) e Public Engagementwith Science and Technology (PEST). I progetti di PUS

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e PEST nati inizialmente per avere un consenso pub-blico e un sostegno alla ricerca e alle imprese scienti-fiche, hanno avuto poi come obiettivo anche ilrecupero di un dialogo tra cittadini e scienza, quandofiducia e interesse sono diminuiti. La crisi di fiduciaverso l’impresa scientifica, già apprezzabile alla finedel secolo scorso e attestata da molte indagini, inclusequelle dell’Eurobarometer, ancora persiste ed è anchetestimoniata dalla diminuzione delle carriere scientifi-che dei giovani. I musei scientifici, apprezzati e stimatiper la loro visione formativa-culturale, meno utilitari-stica e tecnologica, hanno portato un contributo posi-tivo a questa relazione controversa tra società escienza. Il Natural History Museum di Londra, ad esem-pio, ha incluso l’obiettivo di “mediazione” tra cittadinie scienza nel suo Statuto, accanto a quello di sensibi-lizzazione naturalistica: “...We aim to help peopleenjoy the natural world, develop their scientific kno-wledge and understand the impact of science on theirlives”. Gli Science Center, musei scientifici di nuovaconcezione interattiva e inclusiva, sono nati nella se-conda metà del ventesimo secolo proprio per popola-

rizzare ulteriormente la scienza, renderla accessibile eattraente per tutti, attraverso il coinvolgimento diretto.Le scuole costruttiviste che vedono nella esplorazione,il questioning e l’esperienza le strategie idonee perl’auto-costruzione delle conoscenze, ne hanno orien-tato l’approccio educativo. Gli Science Center general-mente sono privi di collezioni, ma ricchi di strumenti erisorse che propongono ai visitatori non-esperti un ap-proccio partecipativo e sperimentale. Per questa po-tenzialità di coinvolgimento e per i loro impliciti oespliciti messaggi di democrazia culturale, questinuovi musei della scienza hanno riscosso un grandesuccesso di pubblico e ora sono diffusi in tutto il mondoindustrializzato.Nuovi obiettivi della scienza (e quindi nuovi ruoli per imusei scientifici) sono stati esplicitati nel corso dellaWorld Conference on Science, nella sezione “Sciencefor the Twenty-First Century” (Budapest, 1999) e pub-blicati in due documenti fondamentali: The Declarationon Science and the Use of Scientific Knowledge e TheScience Agenda-Framework for Action. Questi docu-menti sostengono un nuovo ruolo della scienza nella

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società: sottolineano la necessità di nuove relazioni,un rafforzamento della conoscenza e collaborazionescientifica; la necessità di connettere conoscenze mo-derne e tradizionali; la necessità di ricerche e cultureinterdisciplinari; di sostenere la scienza nei Paesi in viadi sviluppo; l’importanza dell’etica nelle pratiche scien-tifiche e l’uso della conoscenza scientifica per aumen-tare la capacità di esaminare i problemi da diversipunti di vista e cercare spiegazioni per i fenomeni na-turali e sociali, sottoponendoli costantemente adun’analisi critica. Infine, “A new commitment” è statoattribuito alla conoscenza scientifica per portare aiutoalle società affette da crisi: Science in Society and forSociety per promuovere sviluppo socio-culturale edambientale, partecipazione democratica dei cittadinialle imprese sociali, pensiero critico e nuove forme dicultura e, soprattutto, la pace nel mondo. L’Unione Eu-ropea ha programmi quadro nella voce “Scienza e So-cietà”; tutte le maggiori istituzioni o agenzie culturali,compresi i musei, hanno incluso questi aspetti nelleloro ricerche, insegnamenti o attività ed accettato ilnuovo ruolo di mediatori di dialogo e partecipazione.

Musei capaci di autocriticae di rinnovamentoQuesto piano/progetto dei musei scientifici modernidenota un cambiamento di prospettiva rispetto ai po-tenziali visitatori; tende infatti ad ampliare i pubblici,nella loro diversità di età, genere e formazione, di in-teresse e necessità, contando sulla potenzialità deimusei di interessare chiunque in ogni periodo dellavita e su strategie di richiamo/accoglienza attraenti,stimolanti, coinvolgenti. Nelle rappresentazioni so-ciali diffuse in ambienti di scarsa cultura, fino al se-colo scorso (forse non completamente sparite), imusei scientifici sono stati visti come contenitori sta-tici di oggetti o esemplari, identificandoli con gli edi-fici contenenti le collezioni, piuttosto che con le

attività che all’interno vi si svolgevano. Un’altra rap-presentazione sociale tuttora molto diffusa, anche inambienti con un buon fermento culturale, è quella diistituzioni istruttive-educative, soprattutto dei gio-vani; scuole e famiglie con bambini restano infatti trai più assidui visitatori di musei scientifici e gli studisulle motivazioni dei visitatori rivelano che questi,per la maggior parte, vi si recano “Per incrementarela loro cultura” e “Per educare i figli”. Numerosi visi-tor studies e inchieste come quelle dell’Eurobarome-ter sulle relazioni tra cittadini europei e scienza,confermano questa immagine, spesso associata adun’idea elitaria e selettiva dei musei scientifici. In realtà l’immagine didattico-educativa si avvicinaa quella che fino a non molto tempo fa anche i museiavevano di se stessi, che si manifestava nella sceltarigorosamente disciplinare dei temi delle esposizionie dei linguaggi, e nell’impostazione prevalentementecognitiva delle attività per i visitatori. Questa impo-stazione ha dato luogo a un valido partenariato conla scuola ed altre istituzioni di formazione, che an-cora oggi costituiscono il nucleo centrale delle atti-vità dirette ai pubblici dei musei, ma ha tenutolontano dai musei scientifici numerosi cittadini inti-miditi o poco incoraggiati da un’immagine che lasciapoco spazio all’ispirazione o al divertimento. Ancoraalla fine del secolo scorso, il futuro dei musei scien-tifici era visto nella “didattica” (Bloom, 1988), impli-citamente ribadendone la connotazione istruttiva,informativa o divulgativa. Tuttavia, nel giro di pocotempo, i musei scientifici hanno rivelato la loro capa-cità di adeguarsi alle nuove esigenze sociali, rivolu-zionando l’immagine culturale delle istituzioni,cambiando il rapporto con i visitatori e i non-visita-tori, adottando nuove modalità museografiche, di co-municazione, divulgazione e didattica. Museistoricamente collection-oriented, hanno attivato unapolitica visitor-oriented, che si rivela non solo nelleforme di dialogo, ma anche in quelle di accoglienzae di comfort. Ad esempio, in risposta alle odierne at-titudini sociali che vedono la cultura anche come

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obiettivo ricreativo e del tempo libero, hanno poten-ziato/introdotto risorse e servizi a disposizione dei vi-sitatori, creando un’immagine più familiare ed unapossibilità di fruizione maggiore per categorie di pub-blici più ampie e con diverse esigenze. Ricordiamo ilmomentaneo disorientamento che ha prodotto circaventi anni fa la collocazione della caffetteria nellaGrande Galerie de l’Évolution di Parigi a stretto con-tatto con le esposizioni storiche del Museo. Oggi caf-fetterie, aree di sosta o picnic per famiglie, attraentie ricchi book-gift shop ed altre forme di intratteni-mento rappresentano un punto fermo del rapportocon i visitatori dei musei scientifici. Per coinvolgere diversi pubblici (non più pubblico, asottolineare la consapevolezza delle diversità dei vi-sitatori), i musei scientifici hanno esplorato nuovetecniche di comunicazione, intrapreso sperimenta-zioni e ricerche, avviato nuovi itinerari, anche ispi-randosi a indicazioni pedagogiche e teoriedell’apprendimento ed inserendo la valutazione nelleloro attività. Proprio il concetto di apprendimento è

stato arricchito in museo di nuove prospettive edobiettivi. Hein e Alexander (1998), ad esempio, defi-niscono l’apprendimento come un processo indivi-duale e sociale, consapevole o inconsapevole,costante, attivo, complesso e lungo tutto il corsodella vita; consiste in cambiamenti di conoscenze,abilità, attitudini, convinzioni, valori, sentimenti, con-cetti, comportamenti; dipende dal contesto, dallacultura di appartenenza e riferimento, dagli stru-menti e dalle situazioni di apprendimento. L’impor-tanza delle emozioni nell’apprendimento e nellamotivazione è stata riconosciuta anche nei museiscientifici; la conseguenza si è percepita particolar-mente sugli allestimenti, diventati suggestivi, esteti-camente “belli” e coinvolgenti, a volte moltospettacolari, capaci di suscitare ammirazione, mera-viglia e stupore. La visione delle intelligenze multipledi Howard Gardner (1987), ha ispirato i musei nellaricerca di diverse opportunità esperienziali e di ap-prendimento, oltre le espressioni ed i linguaggi dellascienza. Pittura, drammatizzazione, disegno, musica

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e altre forme di arte ed estetica vengono utilizzateper coinvolgere emotivamente e cognitivamente i vi-sitatori. Un esempio di eccellenza è costituito dal Na-turama di Svendborg (Danimarca); il progetto diquesto Museo richiama il Teatro della natura, lastessa affascinante definizione/visione che Ulisse Al-drovandi diede al suo Museo pioniere a Bologna, allafine del ‘500. Naturama è definito nella forma con-tratta delle parole Natura e drama; inaugurato nel2005, è l’erede dello storico Museo di Storia Naturaledi Svendborg che dopo settantacinque anni di atti-vità ha rivoluzionato l’assetto classico dei diorami,realizzando tre diversi livelli di esposizioni di grande

suggestione dedicate agli animali di terra, del maree del cielo, ispirandosi nella scenografia al Museo diParigi e quello di Leiden; racconta la storia naturale“in modo nuovo”, attraverso la drammatizzazione, glieffetti speciali delle luci, dei suoni e dei filmati. Lamaggior parte dei musei scientifici, oggi, utilizza con-sapevolmente la potenzialità comunicativa dell’artee della scienza in sinergia ed introduce nuove impo-stazioni interdisciplinari ed interculturali. La ricercadi interattività nelle esposizioni e nelle esperienzemuseali, ispirata dai Science Center ha costituito unodegli aspetti più interessanti della trasformazione,anche nei musei tradizionali/storici. Le tecniche di co-

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municazione mediatica–digitale vanno da semplicisupporti integratori di informazioni a complessi si-stemi che permettono partecipazione diretta ed in-terazione.

Le forme di dialogo con i visitatori, l’idea stessa divisitatore “indifferenziato”, “non esperto” da indiriz-zare ed educare, sono cambiate. Una delle trasfor-mazioni più apprezzabili è il superamento di quelloche i sociologi della scienza hanno definito deficit

model, schema d’azione/di lavoro che presume uni-direzionalità e trasmissione di conoscenza dagliesperti ai non esperti, generalmente adottato neimusei scientifici. I pubblici sono visti oggi come per-sone portatrici di legittime conoscenze, con motiva-zioni, interessi ed opinioni personali e consapevoli;da varie inchieste risulta che i visitatori non deside-rano essere considerate né utenti, né consumatoripassivi, né soggetti da educare, ma piuttosto comeco-attori dell’impresa culturale sociale della costru-zione scientifica. Il dialogo con i curatori e ricerca-tori dei musei scientifici è stato quindi intensificato,sia con appositi incontri e dibattiti, sia rendendo vi-sibili le attività di ricerca con pareti “trasparenti”:non più laboratori chiusi e misteriosi, ma aperti aivisitatori o partecipativi. Tutti i nuovi musei o le se-zioni rinnovate stanno adottando questo principio di“trasparenza” ed inclusione. Il già citato programmaNanoToTouch, ad esempio, ha investito proprio sulcontatto diretto tra ricercatori e visitatori, per coin-volgerli e sensibilizzarli ad un tema così dibattuto,lasciando i laboratori aperti. Nei siti web dei museivengono rese pubbliche le collezioni, le ricerche, lepubblicazioni, le politiche di indirizzo, aderendo al-l’invito di open access (Berlin Declaration, 2003:“Our mission of disseminating knowledge is onlyhalf complete if the information is not widely andreadily available to society”).La tendenza odierna è quella di includere i visitatorinelle politiche e scelte museali (Inclusive museum),di aumentare le relazioni con il territorio ed ascol-tarne le richieste (il nuovo MUSE, Museo delleScienze di Trento, è stato realizzato dopo anni di con-sultazione on-line e sul campo con i residenti). Lamaggior parte dei musei hanno blog o altre forme disocial media per dialogare con i cittadini. Sono in atto altri fenomeni importanti, rappresenta-tivi del cambiamento di relazioni musei scientifici-so-cietà: molti musei stanno coinvolgendo comunità,amatori, scuole ed altre istituzioni attraverso il web,nella digitalizzazione delle collezioni, in ricerche, o

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raccolta di dati sul campo. L’obiettivo è promuoverei musei come luoghi dove si sviluppano processi so-ciali di costruzione di conoscenze, che culminanonella Citizen science o nella Crowd Science, processivantaggiosi per le istituzioni ed i partecipanti. Nume-rosi musei scientifici fanno parte della CitizenScience Alliance, che attraverso i progetti/siti Zoou-niverse e Zoogalaxy, raccolgono dati su tutti gliaspetti scientifici del cielo e della Terra; in particolare“Take notes from Nature” è il progetto che arricchiscei dati sulle collezioni museali. Un esempio di suc-cesso è rappresentato anche dal progetto EvolutionMegaLab che coinvolge musei, università e cittadininella raccolta di dati sul polimorfismo di una chioc-ciola (Cepaea nemoralis) ed i processi evolutivi inatto per questa specie. Anche il progetto “DINA” coin-volge istituzioni museali che ospitano le maggiori col-lezioni di storia naturale in Svezia, Danimarca edEstonia. Lo scopo è sviluppare un sistema informa-tivo che permetta alle istituzioni partecipanti, a natu-ralisti amatori e altri partner di gestire efficacementele collezioni e condividere le informazioni associate,a livello nazionale ed internazionale. Il sistema infor-mativo è in corso di sviluppo ed è basato su compo-nenti open-source. La partecipazione dei cittadinialle politiche e alle scelte museali è parte e stru-mento del processo di democratizzazione e dellaproduzione di forme culturali nuove e partecipate,proprio sul modello della post-normal science cheprevede conoscenze condivise e relazione paritarietra portatori di diverse conoscenze.

Ruoli consolidati e nuovi ruoli da esplorareBernard Schiele e Emlyn Kostner già nel 1998 avevanopubblicato un saggio intitolato “La révolution de la Mu-séologie des Sciences”, nel quale illustravano alcuni deicambiamenti museali più significativi del ventesimo se-

colo cercando di spiegarne le cause, ed anticipando letrasformazioni, ma anche le nuove esigenze per il ven-tunesimo secolo. Gli Autori ribadivano l’azione deimusei scientifici nella formazione dei cittadini, nella fa-miliarizzazione con la scienza e la tecnica, la sensibiliz-zazione alla ricerca, e la produzione di consapevolezzadell’impatto della scienza nella trasformazione dellenostre società (e di quanto questa influenza il nostrodivenire collettivo ed individuale). Tuttavia, gli Autorimettevano anche in luce l’inventiva dei musei scienti-fici, la loro capacità di creare sempre nuove attività e ri-cerche, di rispondere alle esigenze dei visitatori e dellasocietà, di affrontare sempre nuovi problemi; in partico-lare sottolineavano che i musei scientifici fanno moltodi più che iniziare e sensibilizzare i visitatori allascienza: li coinvolgono in un dibattito sull’avvenire dellenostre società e suggeriscono dei percorsi di azione eriflessione. La complessità crescente della nostra mo-dernità esige che chiunque, per essere un cittadino,possa comprendere i problemi e le sfide con le quali siconfronta. I musei, secondo gli Autori, debbono chie-dersi a chi tocca questa responsabilità, implicitamenteritenendo che debbano assumerla. Questo in realtà staaccadendo. Uno dei primi passi dei musei scientificimoderni è stata l’assunzione di una nuova responsabi-lità nella conservazione dell’ambiente, che ha coinvoltotutte le attività museali: dalla cura delle collezioni, allaricerca scientifica all’educazione/learning. Molti statutisono stati ampliati in funzione di questo obiettivo e leagende hanno incluso azioni concrete nei musei e sulcampo. Le collezioni sono state rivisitate alla luce deinuovi problemi di controllo dello stato della biodiver-sità. Molti musei hanno specifici progetti di ricerca econservazione di specie a rischio, nei territori di appar-tenenza e in varie aree della Terra e/o finanziano la ri-cerca stessa. Partecipano a progetti per la valutazionedi impatto ambientale, turistico, ecc. L’educazionescientifica è stata integrata con quella definita “am-bientale”, con l’introduzione di nuove problematichema anche di nuove tecniche di sensibilizzazione ed ap-prezzamento del mondo naturale. Anche i principi etici

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dell’educazione ambientale, tra i quali il valore intrin-seco di tutte le specie viventi, continuano ad ispirarele attività educative nei musei. Nelle esposizioni di tuttii musei scientifici sono presenti ormai da oltre ventianni, tematiche e messaggi impostati sulla conserva-zione della bio e geo diversità e sulle attività di conser-vazione dei musei stessi, sullo stato dell’ambiente el’impatto umano sulla natura. Dopo la pubblicazionedell’Agenda 21 (1992) che raccomandava la sensibiliz-zazione e l’educazione allo sviluppo sostenibile, moltimusei hanno dedicato interi settori espositivi a questoprogetto. Temi “caldi” e controversi, come l’uso dellebio-tecnologie, il riscaldamento globale, l’inquina-mento, l’utilizzazione delle risorse terresti, vengonoproposti sia attraverso le esposizioni che specifici pro-getti di formazione/informazione.Il concetto di sostenibilità, tuttavia, inizialmente riferitoa processi di sviluppo compatibili con le risorse terrestriattualmente presenti ed in grado di garantire le futuregenerazioni, si sta estendendo a tutti gli aspetti dellarelazione uomo ambiente, inclusi quelli individuali e so-ciali. Il concetto/progetto moderno di sostenibilità hacome obiettivo un cambiamento di pensiero e di azionedelle nostre società in vista di una sostenibilità “plane-taria”, cioè di condizioni di vita qualitativamente mi-gliori per tutti i viventi del Pianeta, ed il Pianeta stesso.Non si tratta quindi solo di “conservare” l’ambiente, lespecie o le risorse necessarie alla sopravvivenzaumana, ma di ripensare le società in termini anche digiustizia, equità, diritto al benessere, solidarietà. Il pro-cesso della sostenibilità richiede cambiamenti culturalimolto profondi (Edgar Morin, 2000, parla di cambia-menti paradigmatici di pensiero “complesso, sistemico,transdisciplinare, critico”, ma anche di nuove forme di“etica planetaria”). I musei scientifici hanno grandi po-tenzialità nell’attivare questi processi di cambiamentoculturale, sia stimolando la formazione del pensiero at-traverso i contenuti e gli approcci delle esposizioni edelle attività culturali/educative, che attivando progetti“socialmente” nuovi e sostenibili. L’armonia sociale èuno degli obiettivi dichiarati dell’ICOM, come la pace e

la democrazia nel mondo sono tra gli obiettivi della for-mazione degli adulti dichiarati dall’UNESCO (1997).Molti musei, anche all’interno di associazioni musealinazionali, stanno includendo la sostenibilità nei lorostatuti e nelle loro agende e progettano nuovi ruoli peril futuro in considerazione della qualità della vita (nondell’aumento di visitatori). Questo aspetto della museo-logia moderna ci porta a riesaminare la domanda ini-ziale di questo articolo: cosa stimola i museipartecipanti al progetto DIAMOND (ed altri musei scien-tifici moderni) ad inserire nelle loro agende obiettivi diinclusione socio-culturale? Esiste un secondo livello diriposta dopo quello della formazione scientifica dellepersone: i musei scientifici (tutti i musei?) si sentonoimpegnati a collaborare con altre istituzioni e con la so-cietà civile nel miglioramento della qualità della vita edelle relazioni all’interno e tra le nostre società. Questoprogetto, dichiarato o no negli statuti, è sempre piùpresente nelle azioni/politiche dei musei scientifici mo-derni e si percepisce nelle attività che intraprendono,nei loro temi, nelle forme di comunicazione, di acco-glienza, di dialogo con le comunità ed il territorio.L’esclusione socio-culturale, reale o potenziale, la de-privazione del diritto alla cultura con le conseguenzeche comporta socialmente, è uno dei problemi dei no-stri tempi e tocca anche i musei (vedi ad esempio TheGLLAM Report, Hooper-Greenhill et al., 2000; Museums& Society, dell’American Association of Museums,2008; INCLUDING MUSEUMS, Dodd & Sandell, 2001;

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Social inclusion, the museum and the dynamics of sec-toral change, Sandell, 2003). I musei scientifici sonoparimenti interessati: il progetto di musei per tutti, pertutta la vita e per tutte le culture sembra ancora lon-tano dall’essere raggiunto. I visitor studies nei museiscientifici vantano una lunga tradizione. Dagli anni ‘50-‘60 del ventesimo secolo a oggi, sono stati oggetto diricerche le caratteristiche socio-demografiche dei visi-tatori, attitudini culturali, frequenza di visita, motiva-zioni, e modalità/tempi della visita, conoscenzeacquisite, impressioni, soddisfazione … e recentementeanche le connessioni con le conoscenze preesistenti. Aoggi, sono disponibili molti dati sui pubblici dei museiscientifici. Tutti evidenziano che la popolazione mu-seale non è rappresentativa di quella comune; che i vi-sitatori di musei scientifici appartengono a categorie dicittadini generalmente con buone attitudini culturali,visitatori abituali di musei; le loro preconoscenze ed illoro stato sociale influiscono sulla scelta della culturanel tempo libero e quindi sulla frequenza dei musei. InEuropa esistono osservatori sui visitatori e i maggiorimusei scientifici conducono visitor studies. Anche laComunità Europea prende in considerazione questoaspetto, ad esempio con l’Eurobarometer che indagaanche la relazione dei cittadini con la scienza e le loroattitudini/opinioni rispetto ai musei scientifici. Questi inEuropa sono meno visitati di altre istituzioni scientifichecome zoo ed acquari e di istituzioni non scientifiche,come musei d’arte e biblioteche. Le analisi delle carat-teristiche socio-demografiche dei visitatori di museo oScience Center riportano che questi sono uomini piùche donne, giovani più che anziani, prevalentementemanager e studenti più che cittadini con livello di istru-zione più basso. Ulteriori inchieste nazionali rivelanoche intere categorie di cittadini sono sottorappresentatio assenti tra i visitatori museali, ad esempio gli adole-scenti, ma anche anziani, immigrati, abitanti di areeculturalmente depresse. Questi dati obbligano i museiscientifici (tutti i musei) a una riflessione sulla loro effi-cacia nel progetto di diffusione democratica della cul-tura e sul contributo che essi danno ai problemi sociali

e del territorio. Il “Bilancio sociale”, cioè la rendiconta-zione della mission e dell’impatto del museo rispettoalla comunità, alle esigenze ed alla qualità della vita ditutti i diversi cittadini diventa un elemento di valuta-zione interna ed esterna al museo. Il concetto chiave di“Inclusive museum” oggi può essere riferito non soloalle tecniche partecipative che il museo ha adottatonelle esposizioni o nel dialogo con i pubblici, ma anchealla capacità di diventare spazio, luogo di incontro e didialogo tra diverse persone e diverse culture.I musei scientifici hanno certamente grandi potenzia-lità nell’inclusione di categorie svantaggiate o a rischiodi isolamento socio-culturale (i risultati di DIAMOND, ri-portati in questo manuale, ne rappresentano una con-ferma); le collezioni, particolarmente quellenaturalistiche, possono costituire il contesto, l’ele-mento di dialogo, scambio e ri-composizione di cono-scenze necessario per dare spazio ed opportunitàanche a cittadini svantaggiati, incoraggiare nuove rela-zioni sociali e nuovi processi partecipativi. Inoltre, la piùche dimostrata capacità di evolvere rispondendo aiprocessi evolutivi delle società, di mettersi in gioco, diaccettare sfide, gioca a vantaggio di nuovi ruoli e tra-sformazioni. Il loro successo è testimoniato dal fattoche costituiscono ancora un punto di riferimento cul-turale importante per cittadini ed istituzioni e che con-tinuano a sorgere o vengono rinnovati, riportati anuova vita e splendore nella maggior parte dei Paesidel mondo. Solo qualche esempio in Europa: il DarwinCenter del Natural History Museum di Londra, Il MuseuBlau di Barcellona, il nuovo MUSE di Trento, il rinnovatoMuseo di Storia Naturale di Venezia, la Città dellaScienza e l’Acquario di Valencia. Gli stessi musei co-organizzatori del progetto DIAMONDhanno avviato profonde trasformazioni culturali (vedila presentazione dei Musei nei progetti pilota). Anchefuori dell’Europa sorgono nuovi musei scientifici, nonsolo in paesi culturalmente “fratelli” come gli Stati Unitid’America (vedi ad esempio il grandioso California Aca-demy of Science di Berkeley, California), ma anche neipaesi emergenti, dove prima non era affermata una

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cultura museale scientifica.Si può stimare oggi il valore di un museo scientifico? LaNetherlands Museum Association (2011) ha sceltocome parametri del significato sociale di un museo i va-lori connessi con: le collezioni ed il patrimonio (Collec-tion value); la capacità di agire come network emediatore tra vari gruppi sociali, di istituire partenariati,di costituirsi come piattaforma per comunicare, dibat-tere, di dar rilievo a temi importanti ed attuali, di offrirecontenuti rilevanti e significativi (Connecting value); lacapacità di proporsi come ambiente di apprendimento(formale, informale, permanente) per tutte le persone diogni livello e grado di istruzione (Educational value); lacapacità di fornire opportunità di divertimento, espe-rienze, avventure, rilassamento, ispirazione, azione, sti-molazione fisica ed intellettuale (Experience value);infine, la capacità di contribuire all’economia del terri-torio (Economic value). Se proviamo ad applicarli aimusei scientifici, ne ricaviamo un alto profilo socio-cul-turale. Il valore delle collezioni permane immutato: siprestano sempre a nuovi studi ed interpretazioni, pro-

ducono nuove informazioni e sono stimolo per nuove ri-flessioni disciplinari. Il loro valore è in aumento, in par-ticolare per le collezioni naturalistiche che costituisconola testimonianza della vita passate e presente a livellolocale o globale, sulla Terra; di molte specie, anche nonantiche, gli unici esemplari restano custoditi nei musei.Le ricerche tassonomiche non perdono di significato,visto che si presume che sulla Terra ci siano ancora mi-lioni di specie da scoprire e descrivere; inoltre, l’approc-cio evoluzionistico ed ecologico estende le ricerche allaconoscenza dell’ambiente, alle sue trasformazioni e allasua “salute”. Il valore di agorà, di luogo di dibattito pub-blico, la tendenza a creare reti e partenariati di ricerca,ma anche di partecipazione pubblica è nel caratterestorico dei musei scientifici ed è cresciuto proporzional-mente alle trasformazioni sociali ed alle esigenze di de-mocrazia ed inclusione culturale. Le nuove potenzialitàdi azione come luoghi di “contatto”, scambio e dialogosocio-culturale, confermate anche nel progetto DIA-MOND, ne aumentano il valore e le prospettive future.Quanto al valore educativo… anche questo rientra nella

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mission storica dei musei scientifici; la ricerca e la ri-flessione sull’educazione sono aumentate ed hannotoccato livelli di alta professionalità nella maggior partedei musei; i dipartimenti educativi deputati allo studiodelle migliori condizioni di apprendimento e valorizza-zione delle risorse museali allo scopo di sensibilizza-zione/educazione sono una realtà consolidate dei museiscientifici.

Scuole, università ed altre agenzie di cultura e forma-zione trovano nei musei scientifici partner ideali ed effi-cientissimi. Molte ricerche (incluse quelle di DIAMOND)testimoniano che nei musei scientifici si apprende, sicambiano idee, valori, attitudini interessi; vengono sol-lecitate ispirazioni e creatività, meraviglia, immagina-zione; vengono potenziate capacità e competenze.

Questi risultati sono connessi anche al valore esperien-ziale. I musei scientifici hanno inaugurato ormai moltianni fa la riflessione su come creare situazioni stimo-lanti, gratificanti, accoglienti e costruttive per ogni pub-blico; le strategie espositive, le esperienze diversificatenegli approcci e nei linguaggi mirano a creare condizioniottimali per tutti, anche per visitatori con problemi disalute o disabilità. Le visite al museo si prospettanoanche come “curative” e stimolatrici di benessere. In-fine, molti musei scientifici hanno un valore consistentenelle economie locali anche come opportunità ricreativae/o costituiscono una grande attrattiva turistica, produ-cendo “impresa” e impiego. In considerazione deigrandi problemi del ventunesimo secolo, i musei scien-tifici potranno rivestire ancora ruoli futuri di grande va-lore socio-ambientale.

BibliografiaAmerican Association of Museums, 2008. Museums & Society: Trends and Potential Futures.Bloom J., 1988. I musei della scienza e della tecnica di fronte al futuro. In: Durant J. (Ed.), Scienza in pubblico. CLUEB, Bologna: pp.3-15.Dodd J. & Sandell R., 2001. Including Museums. RCMG, 2001; ISBN 1 898489 19 X. Research Centre for Museums and Galleries. Dept. ofMuseum Studies. University of Leicester.Hein G., & Alexander M., 1998. Museums: Places of Learning. Washington: American Association of Museums.Hooper-Greenhill E., Sandell R., Moussouri T., O’Riain H., 2000. GLLAM Report. Museum and Social Inclusion. Research Centre for Museumsand Galleries (RCMG), Dept. of Museum Studies, University of Leicester.Gardner H. 1987. Formae mentis. Feltrinelli Editore, Milano. (Titolo originale: Frames of mind).Morin E., 2000. La testa ben fatta. Raffaello Cortina Editore, Milano. (Titolo originale: La tête bien faite).THE NETHERLAND MUSEUMS ASSOCIATION, DSP-GROEP, 2011. More than worth it. The Social Significance of Museums.www.museumverenuging.nl/Portal/0/NMV%20’More%than%20worth%it’.pdf .Sandell R., 2003. Social inclusion, the museum and the dynamics of sectoral change. Museum and Society, 1 (1) pp. 45-62.Schiele B. & Koestner H.H., 1998. La révolution de la Muséologie des Sciences. Presses Universitaires de Lyon.UNESCO, 1997. Adult learning, democracy and peace. http://www.unesco.org/education/uie/confitea/pdf/1a.pdf.Wagensberg J., 2005. The “total” museum, a tool for social change. Història, Ciencias, Saùde-Manguinhos, 12: 309-21.Ziman E., 2002. La vera scienza. Edizioni Dedalo, Bari. (Titolo originale: Real Science).

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mondo. Il Museo propone percorsi didattici differenziatie all’avanguardia e negli ultimi anni ha approfondito illavoro con gruppi di adulti in situazioni marginali, pro-muovendo il rispetto e la conoscenza della biodiversità.(www.antipa.ro)

Il Museo di Scienze Naturali “Ion Borcea” diBacau è attivo nella ricerca scientifica, nella conserva-zione e valorizzazione della sua collezione, in progettieducativi e didattici. L’attività scientifica è infatti affian-cata da una sempre maggiore consapevolezza dellacomplessità dei rapporti tra museo e pubblici, con unaattenzione particolare rivolta al lavoro con gruppi spe-ciali presenti sul territorio.(http://www.adslexpress.ro/muzstnat)

Il Museo di Scienze Naturali di Valencia proponeun emozionante viaggio alla scoperta della storia natu-rale e conserva, tra le altre cose, l’importante collezionepaleontologica di Rodrigo Botet. Il Museo si impegna at-tivamente per il coinvolgimento del pubblico nelle atti-vità educative e didattiche, organizzando incontri eworkshop anche destinati a gruppi speciali, come i di-versi workshop didattici realizzati nel centro penitenzia-rio di Picassent.(http://www.museosymonumentosvalencia.com/museos/museo-ciencias-naturales/)

“Siamo tutti profughi, senza fissa dimoranell’intrico del mondo. Respinti alla fron-tiera da un esercito di parole, cerchiamouna storia dove avere rifugio.”

Wu Ming 2Antar Mohamed

Timira

I partnerIl partenariato riunisce differenti organizzazioni e istitu-zioni impegnate, ciascuna secondo le proprie caratteri-stiche, nel lavoro di promozione della cultura comestrumento di integrazione sociale e nel processo di life-long learning.

Dal 1995 ECCOM–European Centre for CulturalOrganization and Management (coordinatore delprogetto) ha sviluppato attività nei campi dell’analisi edella progettazione culturale. Ha operato e opera già innumerosi progetti europei, realizzati per promuovere ilruolo dei musei per l’inclusione sociale e nell’ambitodell’apprendimento permanente e lavora da undici annisul tema della cultura come strumento per l’integra-zione sociale.(www.eccom.it)

Laboratorio di idee, proposte e iniziative, Melting Pro-Laboratorio per la Cultura opera per promuoverel’accesso alla cultura e al patrimonio, a livello italianoed europeo. Negli ultimi anni, lo staff di MeP ha parteci-pato a diversi progetti europei nell‘ambito del lifelonglearning e realizzato importanti attività nell’ambito dellostorytelling digitale.(www.meltingpro.org/it)

Il Museo Civico di Zoologia di Roma ha una lungastoria, una ricca collezione e una grande esperienza nel-l’attuazione di progetti pilota per l’integrazione socialeattraverso l’istituzione museale. Numerosi sono i pro-getti educativi e le attività svolte, fuori e dentro ilMuseo, con gruppi speciali e nell’ambito del lifelong le-arning. (www.museodizoologia.it)

Il Museo Nazionale di Storia Naturale “GrigoreAntipa” di Bucarest occupa un ruolo di primo pianonell’ambito della ricerca zoologica e collabora conmusei, università e centri di ricerca in Romania e nel

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Le fasi, gli obiettivie l’impatto del progettoLa narrazione appartiene agli uomini da sempre, strut-tura il linguaggio, consente la possibilità di attribuire unsignificato alla realtà che ci circonda, permette la co-municazione e lo scambio. È una pratica condivisa daogni cultura e tradizione. La narrazione autobiograficaconsente di acquisire una maggiore consapevolezza disé e delle proprie esperienze di vita, attuando così nellanarrazione un duplice movimento, rivolto a sé e all’altro.L’utilizzo delle nuove tecnologie permette di tradurre inun video o di associare ad una sequenza di immagini lanarrazione orale, che acquista in tal modo forza comu-nicativa e ricchezza espressiva. La pratica e la metodo-logia di lavoro dello storytelling digitale, che nasconodall’unione di questi due elementi, sono quindi vero eproprio motore di questo progetto, innovativo perché ingrado di operare su diversi livelli: l’acquisizione di co-noscenze e competenze, lo sviluppo della creatività,delle capacità espressive, della consapevolezza di sé edell’altro e la valorizzazione del patrimonio.

Tra gli obiettivi principali del progetto c’è sicuramentequello di incoraggiare l’utilizzo dello storytelling digi-tale nei musei come strumento di espressione di sé edi comunicazione con l’altro, e di farne quindi uno stru-mento utile a superare le barriere culturali. La realizza-zione delle storie e dei video permette da un lato diacquisire competenze tecniche e dall’altro di svilup-pare la propria creatività (e favorisce lo scambio inter-generazionale nel caso di progetti che vedano coinvoltigli anziani). Questo obiettivo, che rappresenta il cuoredel progetto DIAMOND, è accompagnato da altri obiet-tivi, tutti fondamentali per la riuscita del progetto: ana-lizzare le attività educative già praticate nei musei erivolte a gruppi speciali; prevedere poi la formazione inDS dei professionisti che lavorano nei musei; indivi-duare strumenti e metodologie utili per valutare corret-tamente l’impatto sociale dei musei e delle attività da

questi proposte; promuovere il ruolo dei musei scien-tifici come luoghi privilegiati per l’accrescimento di co-noscenze e lo sviluppo dell’individuo e come strumentiper la lotta all’esclusione sociale e all’emarginazione;applicare i risultati ottenuti sul piano scientifico, me-todologico e pratico.

Nel corso dei due anni previsti per l’attuazione, sonostate realizzate nell’ambito del progetto DIAMOND di-verse attività. Il Museo Civico di Zoologia di Roma hafornito del materiale importantissimo alla ricerca e allapratica, avendo condotto un progetto pilota nell’ambitodel DS, preliminare al progetto stesso. Le fasi strutturalidel progetto sono state sei e hanno ricalcato i principaliobiettivi che esso si poneva.

1) La parte più strettamente operativa è stata prece-duta da una fase di ricerca teorica, che aveval’obiettivo di analizzare le pratiche di educazionemuseale già messe in atto nei musei dei paesi par-tner per i gruppi speciali o marginali e di individuarequindi le attività e le modalità di attuazione più effi-caci per promuovere lo sviluppo sociale e culturaledell’individuo. Un’attenzione particolare è stata ac-cordata ai musei scientifici, che costituiscono ilcuore del progetto DIAMOND.

2) Una seconda fase si è rivolta più nello specifico aiprofessionisti che lavorano nei musei di Spagna eRomania, e a quanti operano nel settore sociale coo-perando col museo, attraverso la realizzazione didue corsi di formazione in storytelling digitale a curadi MeP.

3) La terza fase del progetto ha previsto la pianifica-zione congiunta da parte dei partner di attività dieducazione museale rivolte a gruppi di adulti, prin-cipalmente in situazioni marginali, che possano es-sere condivise e ripetute in diversi contesti museali.L’analisi delle modalità di svolgimento e dei dei risul-tati dei progetti ha fatto parte di questa fase.

4) Una quarta fase ha riguardato le attività di dissemi-nation, ovvero la diffusione del progetto attraverso

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eventi, tramite il web e i social network e tramite ladiffusione dei video delle storie realizzate durante ilprogetto.

5) La realizzazione di un corso di formazione sullo sto-rytelling digitale inserito nel catalogo Grundtvig, ri-volto a venti professionisti museali.

6) La pubblicazione di questo manuale in quattro lin-gue.

Tramite le diverse attività previste dal progetto e la ri-cerca messa in atto, DIAMOND è riuscito a coinvolgerepienamente e attivamente i Musei che, anche grazieagli obiettivi specifici del progetto, hanno potuto raffor-zare il ruolo che rivestono in ambito sociale; i centri diricerca, che hanno potuto sperimentare nuove metodo-logie di sviluppo e valutazione delle attività e del loroimpatto; i professionisti che lavorano nel campo del so-ciale e che hanno avuto l’opportunità di misurarsi conun progetto di respiro europeo nell’ambito del lifelonglearning; i professionisti che lavorano nei Musei, chehanno potuto sperimentare nuove pratiche educative edi mediazione; gli adulti e tutti coloro che sono staticoinvolti nei progetti educativi realizzati con il DS, conla possibilità di crescere e di rafforzare le proprie abilitàcomunicative, creative e intellettuali in un contesto non

formale; le altre istituzioni sociali e culturali che nonsono state direttamente coinvolte nel progetto ma chepotranno trarre beneficio dalla pubblicazione dei risul-tati e dalla condivisione delle esperienze.

L’ampio respiro di DIAMOND si è riflesso anche sulla di-mensione spiccatamente europea che il progetto ha as-sunto. La rete europea degli educatori museali chehanno beneficiato immediatamente delle attività delprogetto potrà farsi carico del compito di diffondere esviluppare i risultati del progetto e DIAMOND stessopotrà diventare luogo di scambio, condivisione, ricercae attuazione di buone pratiche nell’ambito dell’educa-zione museale, del lifelong learning e della lotta al-l’emarginazione delle culture altre.

La bellezza di un diamante è determinata dall’abilitàdelle mani che lo tagliano, la sua brillantezza non puòessere rivelata se non attraverso un’accurata lavora-zione: allo stesso modo DIAMOND ha preso forma gra-zie all’esperienza, alle competenze e alla passione deipartner coinvolti, che con cura e dedizione hanno per-messo ai Musei coinvolti – e insieme ad essi, a tutte leistituzioni, i professionisti e i cittadini toccati dall’espe-rienza – di risplendere di nuova luce.

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dell’educazione, 2002 e La fabbrica delle storie, 2002),in particolare in funzione dell’educazione, e ne riconoscel’universalità e il grande valore nell’attribuzione di signi-ficati alla realtà. Il pensiero astratto (che Bruner descrivecome analitico deduttivo) è ideale per interpretare il re-golare, l’atteso, il normale, l’ordinario, il non sorpren-dente, ciò che è terreno… le cose scontate. Per contrasto, il pensiero narrativo, incapsulato nelle sto-rie e nella narrazione, è adatto idealmente a discuterel’eccezionale, il fuori dall’ordinario, l’inaspettato, i con-flitti, le deviazioni, le sorprese, l’inusuale; questo generala curiosità e l’eccitazione che tutti noi sentiamo quandoascoltiamo una buona storia. Le storie, quindi, piacciononon solo alla mente, ma anche al cuore. Hanno il poteredi ascendere dall’universale al particolare, in contrastoa quello della scienza di ascendere al generale dal par-ticolare (Denning, 2009). Bruner ribadisce anche il va-lore della narrazione nella conoscenza. Pensierologico-scientifico e pensiero narrativo sono i modi prin-cipali con cui tutti gli esseri umani organizzano la cono-scenza del mondo. Si esprimono in modo diverso nellediverse culture, ma non esistono culture che ne sianoprive. Tuttavia, è consuetudine della maggior parte dellescuole trattare le arti narrative – la canzone, il dramma,il romanzo, il teatro e via dicendo – come qualcosa di più“decorativo” che necessario, qualcosa con cui renderepiacevole il tempo libero. Ciò non toglie che noi co-struiamo l’analisi delle nostre origini culturali e delle cre-denze che ci sono più care sotto forma di storia e non èsolo il contenuto di queste storie ad affascinarci, maanche l’abilità con cui vengono narrate. Anche la nostraesperienza immediata, quello che ci è successo ieri ol’altro ieri, la esprimiamo sotto forma di racconto. Cosaancora più significativa, rappresentiamo la nostra vita(a noi stessi ed agli altri) in forma di narrazione: moltoprobabilmente la narrazione ha la stessa importanza perla coesione di una cultura che per la strutturazione dellavita di un individuo. Tutti gli esseri umani dovunque ed in ogni tempo hannoutilizzato la narrazione. Informalmente, raccontiamo sto-rie potenzialmente in ogni momento della vita quoti-

diana. Anche i bambini imparano presto il ritmo e lastruttura della narrazione. La nostra mente è organiz-zata per compiere questa funzione. Gli esseri umani ap-prendono e ricevono informazioni osservando azioni,comportamenti ed emozioni dei conspecifici, attraversoil sistema dei “neuroni specchio”, una via nervosa spe-cializzata che permette di capire e prevedere azioni, mo-vimenti, intenzioni degli altri. Il pensiero narrativo ècapace di ricevere e mettere in relazione le sequenze diazioni e le emozioni. Pensiero narrativo e narrazione pos-sono essere interpretati come adattamenti connessi conle esigenze sociali della nostra specie. Attraverso questecompetenze comunichiamo azioni, eventi, pericoli, ne-cessità di interventi per gestire problemi; manteniamorelazioni sociali; condividiamo emozioni; istruiamo;scambiamo conoscenze ed informazioni. La forma narrativa si rivela la più adatta socialmente,perché è pratica, immediata e diretta: fornisce informa-zioni su un soggetto che agisce o la sequenza delle sueazioni, i tempi e i luoghi. Inoltre, la struttura narrativa èfacilmente accessibile anche a chi non possiede una so-lida cultura formale, mentre altre strutture espressive,esplicative, comunicative (come la logico quantitativa, lafilosofico concettuale, l’estetico-sensoriale e l’esperien-ziale descritte da Gardner) richiedono esercizio ed inse-gnamento. L’abilità di formulare, creare storie ha unulteriore valore adattativo nella sua potenzialità di spie-gare ciò che è misterioso o inspiegabile con le cono-scenze a disposizione, rispondendo in modo efficace allanecessità di misticismo umano. Le culture di ogni tempoe luogo hanno prodotto modelli esplicativi della realtà,sotto forma di cosmogonie, leggende, miti, storie fanta-stiche con simboli universali. Questo spiega anche per-ché gli esseri umani amino la narrazione e lapreferiscono alla descrizione o altre forme espressive: ladescrizione può supportare, integrare la narrazione, manon ha lo stesso ruolo cognitivo ed emotivo. A livello piùelementare, la narrazione piace perché coinvolge e sti-mola le persone, siano narratori che ascoltatori, in unarelazione empatica, non solo mentale; perché si riferisceall’esperienza umana individuale o sociale, ad aspetti

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che tutti gli esseri umani possono conoscere e condivi-dere in modo quasi “innato”. La narrazione, inoltre, noncostringe in un linguaggio preciso ed è aperta a molti si-gnificati ed interpretazioni. Infine, la narrazione stimolal’ispirazione e la creatività che alimentano nuove idee,nuove storie e significati e nuove forme culturali. Le storie (pensate, narrate) hanno un grande valore in-dividuale e sociale. Hanno un ruolo fondamentale nel-l’apprendimento del linguaggio, nella costruzione escambio di conoscenze, nei processi educativi, nellacondivisione di regole morali ed etiche, valori, tradizioni.Contribuiscono a costruire o rinforzare l’identità perso-nale e l’autostima; ogni individuo, infatti, si definisce e siriconosce in un processo di “creazione narrativa del sé”(così la definisce Bruner), attraverso storie personali,delle proprie famiglie o comunità, delle culture di appar-tenenza. La creazione di un’identità personale rendepossibile anche la comprensione degli altri e contribui-sce alla costruzione o al consolidamento di identità so-ciali e culture condivise. Queste culture condivise, dicomunità, a loro volta arricchiscono il pensiero narrativocon i loro racconti, le loro storie, tradizioni, linguaggi,pratiche educative, costruendo quelle che sono le carat-teristiche simboliche, conoscitive ed espressive dei di-versi popoli nei diversi tempi e luoghi.

I linguaggi della narrazioneIl pensiero narrativo si manifesta e si esprime in unagrande ricchezza di forme; i linguaggi della narrazionespaziano dai gesti alle manifestazioni verbali, scritte,fino ai manufatti e prodotti artistici. Dalle semplici formeespressive della vita quotidiana, la competenza narra-tiva stimolata e potenziata dalla cultura in sinergia conle altre abilità mentali, si espande fino a produrre ciòche riteniamo prodotti o comportamenti di valore co-municativo universale. I gesti e la mimica, ad esempio,sono parte di linguaggi e culture nel quotidiano, mapossono assumere un grande valore narrativo ed arti-stico: la tradizione dei mimi è diffusa in molte culture e

forme d’arte tradizionali, ma anche nella prima cinema-tografia, di cui Charlot è stato uno degli esponenti piùapprezzati. Molte opere pittoriche narrano più o menoesplicitamente storie di persone o di eventi (come le se-quenze di Giotto che raccontano la vita di San France-sco ad Assisi o le battaglie famose come quella di SanRomano di Paolo Uccello o la nascita di Venere di SandroBotticelli). Parimenti, la scultura ha la capacità di rac-contare storie (che dire dell’Apollo e Dafne di Gian Lo-renzo Bernini!). Il teatro, in tutti i tempi, ha narrato lavita umana sotto forma di spettacolo popolare o colto ecoinvolge nella narrazione attraverso i linguaggi verbali,i gesti, la mimica facciale, le azioni, le emozioni che ineuroni specchio recepiscono e fanno propri, creandouna speciale comunicazione motoria ed empatica traattori e spettatori. I gesti, le sequenze di movimento e

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la musica sono anche le forme narrative della danza(“[...] posso cambiare il modo in cui comprendo unacosa danzandola?” Gregory Bateson in Dove gli angeliesitano, 1989). Anche la musica ed il canto, incluse lecomuni canzoni, hanno grandi potenzialità nella narra-zione di eventi ed emozioni; in tutti i Paesi del mondoesiste una tradizione di canti popolari che raccontanostorie di vita quotidiana o storie emblematiche, simbo-liche, istruttive. Nel passato i cantori, i bardi, narravanoin musica eventi a un pubblico popolare o ai signori cheli accoglievano; nella cultura europea ogni paese ha ge-nerato le sue “ballate”, canti popolari narrativi per ec-cellenza, che sopravvivono al tempo e vengono spessoriconosciuti come l’anima di un popolo del quale rac-contano storie di vita arricchite di spirito lirico e fanta-stico. Storie in forma musicale esistono nella tradizioneeuropea anche per un pubblico colto (ad esempio, il Lie-der di Schubert “Erlkoenig”, nel quale i diversi strumentie voci interpretano i personaggi che raccontano e vi-vono una storia drammatica). Tutto il melodramma rac-conta drammi in musica, in passato molto amati, ancheperché accessibili ad un pubblico vasto e spesso menoacculturato musicalmente. Un esempio speciale di nar-razione attraverso linguaggi musicali è quello descrittoda Bruce Chatwin (1988) nel suo libro Le vie dei canti;gli Aborigeni australiani raccontano con melodie cheChatwin definisce misteriose e bellissime i miti dellacreazione e sono capaci di descrivere e comunicare lecaratteristiche geografiche e topografiche delle loroterre, attraverso suoni; le songlines sarebbero una sortadi banca della memoria per raccontare il mondo.Il linguaggio più conosciuto, diffuso ed apprezzato ovun-que è quello della grande narrativa, presente in tutte leculture scritte, ma anche quelle orali, sotto forma di an-tichi codici, novelle, romanzi, poemi epici ed allegorici,ecc. La maggior parte delle conoscenze fondamentali edelle regole etiche e morali dei vari popoli sono conte-nute in questa grande narrativa (anche i cosiddetti “librisacri”); vi sono descritte tutte le vicende e le tragedieumane, virtù e vizi, sogni e speranze. Il loro valore cul-turale e pratico, formativo, supera i tempi e non invec-

chia; le comprendiamo malgrado le differenze genera-zionali, le studiamo anche a scuola, le utilizziamo per co-noscere meglio l’animo umano. Anche i nostri tempiproducono una grande quantità di opere narrative, tal-volta di grande impatto socio-culturale; ne sono unesempio la trilogia The Lord of the Rings di John R.R.Tol-kien e i sette romanzi di Harry Potter di Jane Rowling,che hanno riscosso successo ed apprezzamento mon-diali tra giovani ed adulti.

“Where is this school, anyway?” “I don’tknow, said Harry”, realizing this for the firsttime. He pulled the ticket Hagrid had givenhim out of his pocket. “I just take the trainfrom platform nine and three quarters ateleven o’clock”, he read. His aunt anduncle stared. “Platform what?’” “Nine andthree quarters.” Don’t talk rubbish”, saiduncle Vernon, “there is no platform nineand three quarters.” “It’s on my ticket.”J.K. Rowling: Harry Potter and the Philosopher’s Stone

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Racconti come quelli appena citati appassionano, coin-volgono, in quanto i loro protagonisti sono figure di eroiche intraprendono grandi prove, difendono la giustizia ei valori universali, lottano per il bene contro il male. Gliarchetipi, le metafore, la saggezza accumulata nei tempisono racchiuse nella grande narrativa che ne garantiscela conoscenza e la conservazione intergenerazionale. Edgar Morin, nel saggio La testa ben fatta, afferma chela saggistica propria della nostra cultura costituisce unpatrimonio di contributi e riflessioni sulla condizioneumana. Tuttavia, il romanzo, come il cinema, ci offronociò che è invisibile alle scienze umane; ci fanno vederela relazione dell’essere umano con gli altri, con la so-cietà, con il mondo; ci trasportano nella storia ed attra-verso i continenti, nella guerra e nella pace. E il miracolodi un grande romanzo, come di un grande film, è cheimmergendosi nella singolarità dei destini, localizzatinel tempo e nello spazio, rivela l’universalità della con-dizione umana. In ogni grande opera della letteratura,del cinema, della poesia, della musica, della pittura,della scultura, c’è un pensiero profondo sulla condizioneumana. “Una sola opera letteraria cela un infinito cultu-rale che ingloba scienza, storia, religione, etica” (G. Ma-this in Morin). È il romanzo che estende il regno deldicibile alla complessità infinita della nostra vita sogget-tiva […] che utilizza l’estrema sottigliezza dell’analisiper tradurre la vita dell’anima e del sentimento. È dun-que nella letteratura che l’insegnamento sulla condi-zione umana può prendere forma vivente e attiva perilluminare ciascuno sulla propria vita.

Le storie, la narrazione e il paradigma culturalepost-moderno

Il mondo, i viventi, l’esistente può essere interpretatoper storie. Nel celebre metalogo tra Gregory Bateson esua figlia Mary Catherine “Perché racconti delle storie?”

(Dove gli angeli esitano, cap. III) viene espresso conchiarezza il pensiero di Bateson sul ruolo delle storie,delle metafore e del mito che le storie raccontano, nellaconoscenza della realtà: gli esseri umani pensano perstorie… sognano anche attraverso storie. Le storie sonoimportanti, perché comunicano relazioni ed esemplifi-cano idee, anche se non riguardano cose veramente ac-cadute; i modelli stessi sono storie che esistono perfacilitare il pensiero su qualche tema. Bateson identificala natura umana proprio con la capacità/abilità di pen-sare per storie e raccontarle. Tuttavia, la potenzialità diraccontare storie è comune a tutto il mondo naturale (“Egli alberi pensano per storie? O raccontano storie? Macerto! Aspetta, dammi un momento quella conchiglia là.Ecco, questa è né più né meno che una raccolta di storiediverse, e molto belle […] Quello che vedi qui è il pro-dotto di milioni di passi, di un numero sconosciuto di mo-dulazioni successive in successive generazioni digenotipo, DNA e tutto il resto. Sicché questa è una storia[…] Quindi la forma geometrica della conchiglia è tuttaimpregnata del racconto della sua crescita individuale,oltre che della storia della sua evoluzione”). Ogni orga-nismo o sistema è quindi il risultato di una storia o in-clude una storia sulla sua origine, comportamento,strutture, ma anche le storie del mondo. Pensare perstorie deve essere comune a tutte le menti, siano essele nostre che delle foreste di sequoie e degli anemoni dimare (Bateson in Mente e natura, 1984). Pensare perstorie, quindi, costituisce una chiave di lettura relazio-nale della realtà. “L’embriologia dell’anemone di maredeve essere fatta in qualche modo della stessa sostanzadi cui sono fatte le storie. E risalendo ancora più indietro,il processo evolutivo che, attraverso milioni di genera-zioni, ha generato l’anemone di mare, così come ha ge-nerato voi e me, anche questo processo dev’essere fattodella sostanza di cui sono fatte le storie”. Quello che Gregory Bateson propone, pensare per storie,è un modello interpretativo della realtà considerato digrande ed attuale valore formativo. La complessità deiproblemi moderni ambientali, sociali, culturali, tecnolo-gici, richiede forme mentali complesse, nuovi paradigmi

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di pensiero e nuove forme di educazione. Le esigenzeeducative e le competenze necessarie per affrontare lacomplessità (che Morin delinea nel saggio I sette saperinecessari all’educazione del futuro, 2001, e che l’UNESCOriprende nei principi guida dell’educazione alla sostenibi-lità) si identificano in forme di pensiero sistemico, com-plesso, critico e relazionale, riassumibili in quellaattitudine che Bateson definisce la “mente ecologica”.Il pensiero complesso e sistemico richiede stili narrativi,più che astratti e simbolici. La narrazione ha un potenzialedi e per capire, fronteggiare la complessità: permette diconnettere informazioni/conoscenze, percezioni/emo-zioni, esperienze, vissuti, dati simbolici e visioni delmondo. Con la narrazione pratichiamo e rinforziamo abi-lità mentali relazionali, unitarie, trasversali (i romanzisono un capolavoro di complessità, Morin, 2000) e riferitea un contesto. Alla forma del pensiero narrativo ed allasua espressione sotto forma di storie, viene quindi attri-buito un valore paradigmatico nell’interpretazione dellacomplessità e un nuovo ruolo formativo nella ristruttura-zione del pensiero e della conoscenza. Di conseguenza,l’educazione moderna tende ad alimentare il pensieronarrativo e tutte le forme comunicative o culturali che siesprimono attraverso storie. Il mito, la letteratura, le arti,secondo Edgar Morin, debbono essere integrate nelle at-tività, nei percorsi e nei curricoli educativi, come la narra-tiva deve essere re-inserita nel percorso della scienza,particolarmente della scienza sistemica.

Scienza e narrativaLa forma narrativa può rappresentare un modello inter-pretativo, un paradigma, anche per la scienza. Il pensierodarwiniano evolutivo ha introdotto una dimensione sto-rica nello studio dei viventi e nelle altre scienze naturali:“I sistemi biologici presentano queste caratteristiche stu-pefacenti, perché sono figli di una lunga storia di eventiche li hanno modificati nel corso del tempo […] Le causeche hanno prodotto una struttura organica oggi funzio-nante sono racchiuse in un passato lontano anche milioni

e miliardi di anni, che possiamo studiare solo a partireda indizi frammentari, da prove indirette sulla base dellequali ricostruire una storia plausibile” (Telmo Pievani, inIntroduzione alla filosofia della biologia, 2005). L’evoluzione è in effetti la storia della vita sulla Terra. Allen e Giampietro (2006) hanno sviluppato un’originalediscussione sui vantaggi dell’uso delle forme narrativenelle scienze sistemiche: la narrazione non richiede laconsistenza interna (oggettività) che i modelli richiedono;riduce quindi costrizioni, legami e limiti dei modelli, deilinguaggi e delle codificazioni. Le narrazioni riguardano ilsignificato delle esperienze, e non sono una descrizioneobbiettiva della realtà materiale. Inoltre, la scienza siste-mica è opposta al riduzionismo: la narrazione usa unamodalità di pensiero complessa, non analitica, catturarelazioni, include cambiamento ed incertezza ad ogni li-vello; è quindi coerente con la visione sistemica e com-plessa della realtà, che include il caos, la diversità, lamolteplicità degli algoritmi; dunque, la narrazione puòessere sinergica alla forma logico scientifica e deve es-sere recuperata nella nostra cultura scientifica analitica.Anche Bruner vede questa opportunità: non si tratta diminare la scienza o ricondurre indietro il mondo all’etàoscura del mito e della superstizione. Al contrario, laforma narrativa non sostituisce il pensiero analitico, malo supporta rendendolo capace di immaginare nuoveprospettive e nuovi mondi; è adatto idealmente a comu-nicare cambiamenti e stimolare innovazioni. L’analisiastratta è più facile da capire quando viene vista attra-verso le lenti di una storia ben scelta e può naturalmenteessere usata per rendere esplicite le implicazioni di unastoria (Denning, 2009).

I musei scientificie la narrazioneTutti i musei scientifici (tutti i musei) hanno una storiache riguarda origini, eventi, esperienze ed evoluzioneculturale. In particolare i musei scientifici hanno storie

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da narrare. Ogni collezione ha la sua storia. Ogni esem-plare ha la sua storia. Ci sono poi le storie che i pubblicicostruiscono con le loro esperienze ed impressioni e chedeterminano le rappresentazioni sociali dei musei stessi.Le storie di un museo vanno a costituire l’esprit du lieu (lospirito del luogo), che si legge o si percepisce quando cisi avvicina ad un museo o si visitano le sue sale.Lo stile narrativo, comunque, è parte dello spirito deimusei scientifici moderni. L’approccio epistemologico deivecchi musei di storia naturale era essenzialmente di de-scrizione e catalogazione dei reperti naturalistici, ed illoro statuto si rifletteva in un obiettivo prevalentementeinformativo-didattico nelle esposizioni, ricche di esem-plari. I nuovi musei, trasformati dall’evoluzione delle co-noscenze, degli approcci cognitivi, ma anche da nuoverelazioni con i pubblici, si presentano sotto forma narra-tiva; il passaggio da museo esplicativo razionalista e co-gnitivo- informativo, al museo narrativo, immaginifico,illustrativo, è palpabile in tutti i musei scientifici; questimediano tra le culture, le motivazioni dei curatori e quelle

antiche e recenti che raccontano della loro trasforma-zione, dei cambiamenti di ruolo, di approcci epistemici, direlazione con i pubblici e con la società o anche di perso-naggi che ne hanno segnato il percorso. I musei di Jardindes Plants a Parigi, ad esempio, sono legati a storie di re(i giardini nei quali gli antichi Musei sorgono sono una do-nazione reale) e di illustri personaggi come Cuvier, Buf-fon, Lamarque, von Linné; le collezioni studiate daLamarque sono ancora esposte nella sala Cuvier, comed’altra parte sono esposte quelle di Darwin nel MuseoZoologico di Cambridge. L’antico Orto Botanico di Pa-dova, riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio del-l’umanità, ricorda tra gli altri illustri personaggi UlisseAldrovandi. Anche nuovissimi musei come il MUSE diTrento o il Darwin Center associato al Natural History Mu-seum di Londra, con le loro innovazioni architettoniche econcettuali, hanno storie che narrano del loro nuovo le-game con il territorio, di un patrimonio culturale condi-viso e di una scienza democratica e accessibile a tutti.Ogni scienziato, curatore, tassidermista ha le sue storie

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dei visitatori; usano una pluralità di linguaggi ed effettispeciali che coinvolgono, stimolano, aiutano a formulare“un racconto”. La narrazione non si dipana solo nei testiche accompagnano gli oggetti, ma anche nei percorsiespositivi, negli exhibit tematizzati e nella loro contestua-lizzazione ambientale. Gli esemplari stessi divengono og-getto/soggetto di storie: raccontano le loro storie,insieme alle storie di idee degli scienziati (musei post-darwiniani ed illustrativi). Le perfomance che sempre piùspesso vengono organizzate nei musei, come le esibi-zioni di attori, pièce teatrali o altre forme di arti visive, fi-gurative o drammatiche, contribuiscono ad arricchire lestorie, insieme ai sussidi multimediali. Anche le strategieeducative museali includono le forme e le modalità nar-rative, riconoscendone il valore nel coinvolgimento deivisitatori, nella mediazione dei contenuti del museo e deiconcetti disciplinari. In molti musei l’ascolto o la produ-zione di storie da parte dei pubblici è parte integrantedei progetti educativi, in particolar modo di programmiinterculturali. L’attenzione nei musei oggi è diretta al vi-sitatore; l’agenda culturale tiene conto delle esigenze dimolti pubblici diversi, si orienta verso una strategia rias-sumibile nel lifelong learning, piuttosto che su praticheinformative o educative in senso tradizionale; le strategiecomunicative sono multidimensionali nelle impostazionie nei linguaggi; le attività hanno carattere partecipativo,valorizzano aspetti cognitivi ed affettivi delle esperienzemuseali ed i contributi dei visitatori. In questa prospettivadi dialogo e co-costruzione di cultura, conoscenza, dinuova interattività e coinvolgimento totale dei visitatori,la narrativa ha grande possibilità di successo.

Lo storytelling digitale (DS)e i processi educativi in museoTutto quanto esposto finora costituisce la base teorica,programmatica e di coerenza sulla quale è stato costruitol’obiettivo del progetto DIAMOND di sperimentare il DSnei quattro musei scientifici partecipanti al progetto, con

pubblici/non pubblici speciali. Il DS potrebbe occupare unposto privilegiato nel potenziamento delle esperienzemuseali: è infatti una forma di racconto breve digitaliz-zato, che quindi combina il potere/valore della narrativacon le potenzialità creative del mezzo digitale; richiede,armonizza e potenzia competenze narrative, linguistiche,ma anche artistiche, musicali, logiche; coinvolge cogni-tivamente ed emotivamente; insomma è capace di im-pegnare le varie forme di intelligenza, compresa quellaemozionale e sociale. Alcune ricerche rivelano il valoredel DS nella sua dimensione sia personale che sociale ecollaborativa, e nel ruolo di rinforzo dell’identità perso-nale. Il DS sta entrando nei musei; viene proposto ai vi-sitatori con modalità diverse (le storie sono realizzatedagli operatori museali o dai visitatori; sono utilizzate nelcorso della visita o dopo…), per rinforzare le relazioni tramuseo e comunità di appartenenza o per accrescere l’in-tensità/il valore dell’esperienza museale. Culture Shock,ad esempio, è un progetto europeo sperimentale realiz-zato nel 2008 da Tyne & Wear Archives and Museums(TWAM) con lo scopo di raccogliere mille storie ispiratedalle collezioni dei musei, dalle persone nel Nord Est del-l’Inghiterra, conservarle sotto forma di DS e condividerlepiù ampiamente possibile, per ridefinire le relazioni conla comunità. La valutazione effettuata sulle storie pro-dotte e raccolte, ha rivelato che il DS era una eccellentescelta per un servizio di musei con forti obiettivi sociali eche la tecnica era adatta al linguaggio ed alla cultura delMuseo. La realizzazione di storie aveva avuto un impattosui partecipanti produttori di DS, sulle loro famiglie, sugliamici, ecc.. L’impatto era sensibile anche su tutte le or-ganizzazioni toccate dal progetto, compresa TWAM, sui iloro partner e su un’ampia audience della comunità.

Il progetto DIAMOND ha avuto come obiettivo prioritarioproprio la sperimentazione del DS in ambito museale, concittadini potenzialmente marginalizzati o svantaggiati cul-turalmente. L’obiettivo di ricerca era di verificare le poten-zialità di questa forma narrativa nel coinvolgimento deipartecipanti e nel rendere più intensa ed efficace la loroesperienza museale, ed inoltre sperimentare il DS come

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nuovo strumento di valutazione dell’impatto museale. Gliobiettivi erano davvero originali, in quanto fino ad oggi laproduzione del DS è stata appannaggio prevalente dipubblici o non pubblici comuni (esiste un progetto di pro-duzione di DS da parte di comunità di sordi;https://open.abc.net.au/posts/deaf-awareness-breaking-the-sound-barrier-09un2nv) e non abbiamo ri-scontro di esperienze di ricerca connesse con lavalutazione dell’impatto delle esperienze museali. Sonostate prodotte circa cento DS nei tre Paesi che hannopartecipato al progetto, coinvolgendo diverse categoriedi pubblici: anziani, migranti, rifugiati politici, detenuti,non udenti (i DS prodotti sono pubblicati nel sitowww.diamondmuseums.eu ed una selezione è visibilenel DVD allegato a questo volume). Le storie sono stateraccolte nel corso o al termine di progetti pilota condottinei Musei o nei luoghi di accoglienza/residenza dei par-tecipanti (vedi capitolo dedicato ai progetti pilota), dopoun breve corso di formazione degli operatori dei Musei(vedi capitolo successivo sullo storytelling digitale almuseo). In tutti i casi, la realizzazione di Ds è stata pro-spettata ai diversi partecipanti all’inizio dei progetti pi-lota, come obiettivo e come opportunità di produzione diqualcosa di creativo e personale. In generale la propostaè stata accolta favorevolmente, anche se con dubbi daparte degli anziani sulle capacità di digitalizzazione dellestorie; ad eccezione dei giovanissimi, infatti, la praticadel computer dei vari partecipanti non era sufficiente arealizzare un filmato anche semplice. Questo aspettonon ha influito sulla determinazione e disponibilità a rac-contare storie, ed alla fine è stato gestito e sentito comenuova opportunità di scambio e sinergia tra età, espe-rienze e formazioni diverse. Gli operatori dei Musei, in-fatti, hanno “vissuto” insieme ai partecipanti larealizzazione delle storie digitalizzate, aiutando maggior-mente gli inesperti nelle difficoltà tecniche, nella ricercadi immagini e nella composizione finale delle storie. Que-sto aspetto relazionale ha rappresentato una ulterioreopportunità di crescita, sensibilizzazione e formazionedegli staff dei Musei, che si sono confrontati con lin-guaggi, culture, modalità espressive e problematiche di

comunicazione insolite o poco esplorate nelle attività coni consueti pubblici museali. Tutti gli staff hanno vistocome crescita professionale e personale umana, questaesperienza (vedi capitolo sulla valutazione).Da parte loro gli storyteller hanno dichiarato la loro sod-disfazione nella realizzazione di questo prodotto edhanno approvato la loro diffusione/presentazione sia incircoli ristretti che sul web; certamente il processo di pro-duzione ha permesso loro di mettere in campo o incre-mentare risorse anche insospettate di creatività e dicomunicazione, rinforzando autostima e fiducia nelleproprie capacità. Alcuni di questi “speciali” partecipantiavevano dichiarato la loro incapacità di scrivere le infor-mazioni (“quello che voi dite o raccontate”) o descriverele conoscenze raccolte in Museo; la forma narrativa hapotenziato le competenze linguistiche, ha facilitatol’espressione di chi era carente di culture o linguaggi for-mali, ha favorito la consapevolezza di nuove conoscenzee abilità ed infine una sorta di metacognizione dei pro-

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cessi mentali ed emotivi innescati dalle esperienze vis-sute (“Ho capito che… pensavo che… non credevo che…immaginavo diversamente…“). Qualcuno è stato capacedi rielaborare in modo creativo nel DS le nuove cono-scenze, evidentemente “interiorizzate”; ad esempio,nella storia fantastica di una ragazza, Filomena, cheaveva osservato il criptismo degli insetti stecco duranteuna delle esperienze del Museo di Zoologia di Roma,quando nella storia lo stecco ferito sparisce: “Tutti gli ani-mali lo cercarono ma non riuscivano a trovarlo perchéSteccuccio si confondeva tra i rami …”; anche nella storiadi Dimitri, un giovane immigrato greco, l’esperienza alMuseo emerge in forma quasi poetica (vedi pagine suc-cessive); nella storia di Riccardo l’esperienza è stata rie-laborata con un linguaggio ed un ritmo rap. Questi nonsono effetti trascurabili, in considerazione dello stato dipotenziale o reale marginalizzazione o difficoltà linguisti-che-culturali dei partecipanti ai progetti pilota. Ci sonostati momenti di grande emozione, partecipazione e so-lidarietà durante i racconti e le visioni collettive o pubbli-che dei DS. Tutte le storie contengono riferimenti alleesperienze museali, filtrate tuttavia e proiettate su storiedi vita, ricordi, aspirazioni, valori e conoscenze diverse.Ad esempio, le storie degli anziani di Roma e di Valenciaappaiono simili nella struttura che associa oggetti e me-morie del passato, ma allo stesso tempo sono sorpren-dentemente variate e ricche nelle forme espressive.Anche le storie dei detenuti del Museo Antipa di Bucareste degli anziani del Museo “Ion Borcea” di Bacau narranodell’entusiasmo e l’interesse per l’esperienza museale,introducendo tuttavia ricordi di visite giovanili o infantilial Museo. Ancora una volta la narrazione, anche sottoforma digitalizzata, si conferma come forma espressivacomunicativa di grande valore individuale e sociale. Ilcoinvolgimento dei partecipanti nella pratica narrativaha permesso di condividere il senso delle loro storie, mal-grado esperienze, provenienze e culture diverse; ha fa-vorito un atteggiamento di attenzione e fiducia primaancora della comprensione effettiva dei testi o dei rac-conti; ha avuto quindi in DIAMOND un grande valore dicoesione, comprensione, fiducia interculturale, inter-età

e interumana. Si è rivelata anche nel progetto DIAMONDla forma relazionale più capace di generare un clima re-almente dialogico, democratico, valorizzatore di diversepersonalità, esperienze e potenzialità e rivelatore di di-versi approcci, interpretazioni e fruizioni museali. Tuttequeste diverse caratteristiche emergono da una letturadei DS prodotti; ogni DS (ma anche ogni storia non digi-talizzata) rappresenta un esempio di biodiversità cultu-rale ed individuale. Dal punto di vista del rapporto con iMusei e le loro collezioni, la richiesta di realizzare storiesembra aver rinforzato la relazione tra oggetti osservatie partecipanti; li ha aiutati a riflettere sull’esperienza(vedi ad esempio, le storie di Mircea, Masud, Dimitri, allepagine successive) e ad associarla a memorie importantie altre esperienze di vita (“[...] vedendo le cavallette misono ricordato di una volta in cui ho chiesto a una caval-letta dove andare ed essa, con la zampa, mi ha indicatola strada”; Mose, giovane emigrato dal Marocco); a riflet-tere su nuovi approcci conoscitivi, ad esempio quellodella scienza (“Per sfuggire ai predatori, inoltre, ho no-tato che alcuni animali come la pernice e il topo del de-serto possono cambiare colore del mantello e dellepenne oppure essere dello stesso colore dell’ambientein cui vivono”; Mircea), interessi (“L’attività che mi è pia-ciuta di più è stata quella dei ragni. Ho scoperto chehanno otto zampe e mi è piaciuto scoprire il modo in cuii ragni usano i loro sensi per sentire, per vedere, permangiare, per tessere la tela. Mi sono ricordato che dapiccolo avevo paura dei ragni mentre ora mi piaccionomolto”; Francesco, giovane rumeno) valori, attitudini ecomportamenti: molti ragazzi afgani, al Museo di Zoolo-gia di Roma, abituati tradizionalmente ad utilizzare glianimali nel combattimento, hanno dichiarato dopo le vi-site di voler rinunciare a questa pratica, perché avevano“considerato/visto” gli animali sotto altri aspetti. Un altroaspetto fortemente emerso dalle storie raccontate è ilvalore del Museo (in sinergia con la narrazione?!) nel ri-chiamo e nell’esplorazione delle proprie radici culturali.La maggior parte delle storie includono ricordi, espe-rienze e saperi richiamati e/o messi a confronto con inuovi. L’orgoglio delle identità culturali, ma anche il de-

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siderio di condividerle e vederle apprezzate è una co-stante negli immigrati di qualsiasi età. Parimenti emergedai racconti degli anziani il ricordo di diversi tempi e cul-ture, misto a compiacimento o rimpianto (vedi la storiadi Lucia di Roma “…a quei tempi non si usava pro-prio…”). L’esperienza nei Musei (o con gli oggetti mu-seali) sembra aver stimolato l’immaginazione di tutti glistoryteller, giovani ed anziani. Questo conferma il poteredei musei come ispiratori dell’immaginazione per eccel-lenza e Il DS sembra potenziare ulteriormente l’immagi-nazione. Il futuro è un atto di immaginazione…immaginare un futuro migliore (Tilbury & Wortman,2004); nelle linee guida per l’educazione alla sostenibi-lità, l’UNESCO invita a potenziare tutte le pratiche chestimolano la capacità di immaginare, perché senza im-maginazione non è possibile attivare cambiamenti, sce-gliere tra tante alternative, rielaborare conoscenze,costruire possibilità o risorse. Il modello sviluppato in DIA-MOND, che vede in sinergia musei e DS potrebbe fornireun ulteriore spunto per il cambiamento culturale richiestodai progetti di sostenibilità. Il progetto DIAMOND, sep-pure nei limiti rappresentati dalla singolarità dell’espe-rienza, ha evidenziato che il DS, associato a progettipilota strategicamente programmati, è uno strumentopromettente sia per il potenziamento delle attività cultu-

rali museali, sia per la valutazione dell’impatto del museo(impatti attesi ed inattesi), sia infine per evidenziare lamultidimensionalità e potenzialità dell’esperienza mu-seale, anche con pubblici/non pubblici speciali. Ma que-sto strumento, opportunamente utilizzato o letto, nonrivela solo variazioni di abilità o di apprendimenti/lear-ning; fornisce infatti qualche indicazione anche sulla qua-lità e l’efficacia dell’attività museale: il suo valoreeducativo, relazionale, esperienziale; la sua capacità diinclusione e di accoglienza emergono infatti nei raccontie nell’entusiasmo (di Ana, Amparo, Encarna, Anna e tantialtri: mi sono sentita molto fortunata; mi hanno incantatoil canto degli uccelli e i fossili; ho sentito tanta emozionee curiosità…) e negli atteggiamenti di gratitudine o dicoinvolgimento partecipativo degli storyteller.

Questo aspetto ci aiuta a delineare anche il ruolo socialeche i musei hanno o potrebbero avere nella relazione concittadini culturalmente svantaggiati e marginalizzati o al-meno il ruolo che questi auspicano per il museo (vedi adesempio la storia di Masud, che vede le potenzialità delMuseo come luogo per far conoscere la propria identitàculturale e di paese): luogo di incontro non discriminanteo gerarchico, di scambio, conoscenza, comprensione,contatto e ritrovo sociale, di inclusione.

BibliografiaAllen T.F.H., & Giampietro M., 2006. Narratives and transdisciplines for a post-industrial world. System Research and Behavioral Science, 23: pp.595-615.Bateson G., 1984. Mente e natura. Adelphi Editore, Milano. (Titolo originale: Mind and Nature).Bateson G., 1989. Dove gli angeli esitano. Adelphi Editore, Milano. (Titolo originale: Angels Fear).Bruner J., 2002. La cultura dell’educazione. Feltrinelli Editore, Milano. (Titolo originale: The Culture of Education).Bruner J., 2002. La fabbrica delle storie. Editore Laterza, Bari. (Titolo originale: Making Stories: Law, Literature, Life).Chatwin B., 1988. Le vie dei canti. Adelphi Editore, Milano. (Titolo originale: The Songlines).Denning S., 2009. http://www.stevedenning.com/Business-Narrative/narrative-vs-abstract-thinking-Bruner.aspx.Gardner H., 1987. Formae mentis. Feltrinelli Editore, Milano. (Titolo originale: Frames of Mind).Morin E., 2000. La testa ben fatta. Raffaello Cortina Editore, Milano. (Titolo originale: La tête bien faite).Morin E., 2001. I sette saperi necessari all’educazione del futuro. Raffaello Cortina Editore, Milano. (Titolo originale: Les sept savoirsnécessaires à l‘éducation du future).Pievani T., 2005. Introduzione alla filosofia della biologia. Editore Laterza, Bari.Tilbury D. & Wortman D., 2004. Engaging people in sustainability. IUCN The World Conservation Union, Commission on Education and Conser-vation. IUCN Publications, Gland, Suisse.

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La storia di Masud, giovane rifugiato

Quando sono andato al Museo ho visto tanti ani-mali che mi sono piaciuti tanto. Ho visto il bufalo,la tartaruga, tanti uccelli e la tigre. Quando hovisto la tigre ho pensato di stare nel mio Paese: inBangladesh. Il Bangladesh è il Paese delle tigri. C’èuna foresta che si chiama Sundarbans che è di-chiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità dal1997. Non è solo una bellissima foresta di man-grovie e penso che qualcuno non sa dove sitrova… è in Bangladesh. Nella Sundarbans vivonomolti tipi di uccelli, serpenti, coccodrilli e circa 500tigri. La tigre è un animale nazionale e un simbolonazionale del Bangladesh. Il suo nome non è solo“tigre”, il suo nome è Tigre Reale del Bengala. Latigre c’è anche sul Taka del Bangladesh. Io sonostato vicino alla foresta però non sono mai andatodentro perché ci sono le tigri. Io le tigri le ho vistesolo da lontano e ho paura. Tutti quelli che vivonovicino alla foresta hanno paura perché le tigri si

possono avvicinare alle case in campagna. Tutto il mondo conosce la tigre maspesso non sanno che è una particolarità del Bangladesh. Tutti, gli Europei spessonon conoscono il mio Paese… non sanno che ci sono tante cose particolari come ilmare, le spiagge, il cibo… non sanno come viviamo. Nel Museo non ho visto tutti glianimali che ci sono in Bangladesh, sarebbero utili per far conoscere il mio Paese. Nonho visto i cervi, non ho visto alcuni uccelli perché nella foresta di Sundarbans ce nesono tantissimi. In Bangladesh ci sono tanti uccelli acquatici migratori perché ilclima è buono, c’è poco freddo… minimo ci sono 9-10 gradi. Quando tutti gli uccellivolano oscurano il cielo. Nel Museo ho visto anche animali acquatici che quandonel mio Paese si pesca nei fiumi si catturano nelle reti e che poi si ributtano nell’ac-qua. Ho visto animali che non avevo mai visto prima, che vivono sulla neve e sulghiaccio come l’orso polare e i pinguini. Masud

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Per esplorare l’impattodelle esperienze musealisui partecipanti, sono statianalizzati alcuni testi deiDS attraverso le categoriedi valutazione Generic Le-arning Outcomes (GLO) eGeneric Social Outcomes(GSO) del UK Museums, Li-braries and Archives Coun-cil (2008).

Oltre all’aumento di competenze linguistiche, utilizzando le catego-rie valutative GLO e GSO si riscontrano nuove conoscenze, emo-zioni, piacere della scoperta/dell’esperienza, rinforzo edesplorazione dell’identità, autostima, partecipazione/proposte, in-clusione, dialogo... connessione con proprio background e cultura.

La storia “rap” di Riccardo

Il 7 marzo ho conosciuto Steccuc-cio, un animale piccolo e robusto,sembrava quasi un tronco, eramolto affascinante, sulla manobarcollava, da una parete all’altra,sulla mia mano stava moltocalmo, sentiva il mio calore e ioragionavo con il mio ultimo neu-rone, in cosa faceva questo ani-male bello piccolo e leale.Quel giorno c’era anche il Museodi Zoologia, ma alla fine che tri-stezza, Steccuccio è andato via.Ma lo stesso ringraziamo il Museodi Zoologia che quel giorno mi hafatto vivere una poesia.Riccardo

Rielaborazione creativadell’esperienza. Stimo-lazione della creatività edell’ispirazione, inte-resse, gratificazione.

Dal pensiero narrativo allo storytelling digitale in museo

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La storia di Lucia,anziana cittadina della periferia di Roma

Io mi dimentico tutto, anche quello che ho mangiato ieri, ma que-ste cose non le dimentico. Certe esperienze non si dimenticano.Dalla prima visita al Museo io ho avuto veramente una grandeemozione perché io non sapevo neanche che esistesse. Io sononata nel’ 36 a Settecamini, che è un quartiere di Roma, però iocerte zone proprio non le conosco e sì, sapevo che c’erano deimusei, ma entrarci dentro per me è stata una scoperta. Quandoeravamo giovani, ma chi ci mandava? Non c’avevamo tempo eneanche i soldi; adesso invece che ci possiamo andare, siamo di-ventati vecchi.Quello che mi è piaciuto molto sono state le scolaresche e i bam-bini e quella volta che sono venuta sono rimasta meravigliata avedere tutti quei ragazzini seduti, a cavalcioni, ma carini, proprioun amore, così entusiasti.Poi mi sono piaciute tutte quelle esposizioni messe così bene, chesono veramente da ammirare, e poi anche tutto quello che ciavete insegnato a noi. E anche quella volta che quell’insegnanteha imbottito quegli animali mi è rimasta impressa perché mi ha ri-cordato mio marito che era un cacciatore e lui una volta ha pre-parato un falco con la paglia.E poi la cosa bella è andare in gruppo perché andare sola è belloma andare in gruppo, specie un gruppo di anziani, bellissimo per-ché ognuno di noi si racconta.Per esempio quando sono andata nella grotta del Museo e ho vistoi pipistrelli, mi sono ricordata che noi da bambini giocavamo da-vanti il piazzale di casa e verso sera uscivano tantissimi pipistrellie allora mamma e nonna ci dicevano “state attenti ai capelli” e noicorrevamo con le mani e dei panni in testa e avevamo paura.Lucia

La storia di Mircea, giovane Rom

Durante la mia visita al Museo mi sono piaciuti tuttigli animali, ma quello che mi ha colpito di più èstata la tigre, perché da vicino sembrava piùgrande di come me la immaginavo, soprattutto aconfronto con il leone. Poi mi è piaciuto anche illupo siberiano, perché aveva delle zampe grosse erobuste, e una testa enorme e appuntita. Mi inte-ressavano anche gli scheletri degli animali, perchési poteva vedere la composizione delle ossa ecome funzionavano: alcuni erano molto diversi dacome me li aspettavo! Dei rapaci mi è piaciutal’aquila di mare dalla testa bianca, perché era mae-stosa e aveva un’apertura alare molto grande. Delgufo reale, invece, mi hanno colpito i suoi occhigrandi e splendenti, e i suoi artigli aguzzi. Mi hannoanche stupefatto le dimensioni di alcuni animali,per esempio uccelli più piccoli di un pollice, o quelledella scimmia che sembrava in miniatura, mentrel’alce sembrava un cavallo, molto alto e con cornacome rami di un albero. Anche le zampe della cico-gna sembravano lunghe cannucce. Non mi aspet-tavo che alcuni animali riuscissero a vivere indeterminati ambienti, molto caldi o molto freddi,dove è difficile la sopravvivenza. Per sfuggire aipredatori, inoltre, ho notato che alcuni animalicome la pernice e il topo del deserto possono cam-biare colore del mantello e delle penne oppure es-sere dello stesso colore dell’ambiente in cui vivono.Guardando tutti questi diversi tipi di uccelli mi sonoricordato di alcune giornate della mia infanzia,quando ero ancora in Romania con la mia famiglia,e andavo a trovare mio zio: in giardino lui avevauna grandissima voliera in cui teneva tanti tipi diuccellini. Io ci entravo dentro e passavo le mie gior-nate a rincorrerli e a volte aiutavo mio zio a darglii semi da mangiare.Mircea

Cambiamento di idee, interesse, ap-prendimento consapevole, meraviglia,capacità di modellizzazione, sorpresa,identità, piacere/enjoyment...

Nuove conoscenze, meraviglia, apprezzamento,piacere dell’esperienza, relazioni sociali, rinforzodell’identità, associazioni alla vita personale.

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La storia di Dimitri, giovane immigrato dalla Grecia

Sopra il verso è nascosto un filo rosso delicato,al telaio è appoggiato una favola eterna,dai un calcio alla matassa e si sfilerà un’idea.C’era una volta, amici, all’epoca dei zoopalontologi,vicino ai tempi di acquario, un museo zoologico, nella antica città di Roma, museo di tassidermia.Scienza antica che passa da un museologo all’altro, doni magici, che creano un’arte scientifica, quella di mummificazione deglianimali di tutto il Mondo, Europa, Africa, Asia, Australia, America, Polo nord e sud.Una scienza cosmopolita.Là dentro a questo museo mi sono trovato un pomeriggio che pioviccicava.Mi hanno invitato i ragazzi del Civico Zero che andavano pure loro per visitarlo. Che bello! Sono sempre stato curioso della natura e questo invito è una bella occasione per conoscere i ragazzi di tutto il Mondo,del Civico Zero.Sta vicino al Bioparco mi hanno detto. Prendiamo allora il tram ed eccoci. Davanti alla porta una statua di una alca, tutta orgogliosa,appare alla mia vista. Entriamo dentro e vedo un gruppo di persone meravigliate dal mondo degli scheletri: elefanti, giraffe, balene, tigri, leoni, umanie scimmie, pesci e uccelli, colori naturali e pennellate artistiche, uscite dal dominio naturale.Quante domande da fare!!!Grazie alla professoressa e al suo gruppo, questa sete di sapere che aveva la mia psiche si soddisfa e andava oltre, a fare altre do-mande.Miti, storie, racconti giravano nel Museo, parole e lingue diverse si mescolavano, così il Museo ha diventato un punto di riferi-mento.Mi sembrava un punto di riferimento questo Museo, molto comune per tutto. Avevamo qualcosa di comune per tutto. Avevamoqualcosa di comune tutti insieme là dentro al Museo. Abbiamo parlato di un sacco di cose anche della nostra vita là dentro. Siamo andati oltre il conoscere.Il Museo di Zoologia è un bel punto di riferimento anche per scambiare emozioni, oltre che per conoscere gli animali.Ho voluto sapere come si orientano gli uccelli perché io sono migrato e ho fatto un parallelismo con loro. Le rondini che girano ilmondo e io mi sono ricordato che ho fatto un percorso simile. Sono andato qua come sono andato là. Qual è dentro di noi l’orien-tamento degli umani migranti?“Sapete come cantano gli uccelli?” ha detto la professoressa in due o tre diverse lingue. In quel momento tutti hanno utilizzato lo stesso linguaggio e hanno cominciato a fischiare.Ma come si orientano gli uccelli chiedo curioso curioso pensando a un parallelismo con l’uomo, ma come si orientano?Sono pure loro immigrati!Se uno lascia la casa gli servono strumenti per orientarsi.Parallelismi tra animali e umani e sincretismi di rapporti tra di loro.Mi hanno fatto pensare al mio viaggio di vita e al viaggio di ragazzi cosmopoliti.Se prendi l’andata per il viaggio,spera che la strada sia lunga, dice il Poeta.Orientati verso le costellazioni dei Centauri,ma non ti scordare della tua casa,creati punti di riferimento,esprimiti e vai oltre,insieme con le rondini.Dimitri

Rielaborazione creativa dell’esperienza; inte-resse e curiosità, incremento della socialità; in-contro interculturale; piacere dell’esperienza,meraviglia, ispirazione... Il Museo come punto diriferimento sociale e culturale.

Dal pensiero narrativo allo storytelling digitale in museo

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50 L’esperienza di Melting Pro - Laboratorio per la Cultura nel progetto DIAMOND: lo storytelling digitale al museo

DIAMOND. Nel progetto precedente questa metodolo-gia d’apprendimento informale era stata utilizzata comestrumento per raccontare storie personali che prendes-sero ispirazione dal concetto di allargamento europeo.I partecipanti avevano restituito e raccontato digital-mente la loro visione di una Europa allargata.

Grazie ai risultati positivi ottenuti, si è intuito comequesta metodologia si allineasse perfettamente con lamissione sociale di un museo che interpreta il proprioruolo di soggetto volto a favorire processi di inclusionesociale. Pertanto l’idea è stata quella di concentrarsimaggiormente sul processo, piuttosto che sulla qualitàtecnica della storia digitale, e sperimentarne le poten-zialità come strumento attraverso il quale le personepotessero esprimere la propria percezione del museo.Stabilito quest’obiettivo, si è cercato di adattare la me-todologia il più possibile alle esigenze dei Musei, alle ri-sorse a loro disposizione e alla tipologia dei beneficiariindividuati all’interno di gruppi quali anziani, rifugiati,giovani in carceri minorili, ipovedenti ai quali i workshoperano diretti e che gli operatori avevano l’intenzione dicoinvolgere in attività museali. L’innovatività del pro-getto DIAMOND risiede nel fatto che lo storytelling digi-tale è stato testato con un duplice obiettivo: comemezzo didattico e partecipativo da utilizzare con gruppimarginalizzati nelle attività dei musei scientifici e comestrumento di valutazione e monitoraggio dell’impattosociale, cognitivo ed emozionale per lo sviluppo di indi-catori misurabili delle attività degli enti museali coinvoltinel progetto. Il ruolo di Melting Pro nel progetto è statoquello di formare gli operatori museali di tre museiscientifici europei: il Museo di Scienze Naturali di Valen-cia, in Spagna e, in Romania, sia il Museo Nazionale diStoria Naturale “Grigore Antipa” di Bucarest, sia il Com-plesso Museale di Scienze Naturali “Ion Borcea” diBacau2. Nessuna di queste organizzazioni aveva mai

utilizzato o sperimentato prima questa metodologia.Sono stati organizzati due workshop di cinque giorni neidue paesi, cui hanno partecipato non solo lo staff deidipartimenti didattici dei musei ma anche assistenti so-ciali, fisioterapisti, guide, insegnanti e la direttrice di uncarcere di Bucarest, soggetti con cui i Musei manten-gono una collaborazione stabile. Tutti si sono cimentatinella creazione di storie digitali (allo scopo di capire levarie fasi del processo), con l’obiettivo di acquisire abi-lità e competenze funzionali alla facilitazione di altret-tanti workshop, ma soprattutto nell’ottica a lungotermine di inserire la metodologia come pratica didat-tica nella propria programmazione e come strumentoper sviluppare nuove relazioni con differenti pubblici. Come preparazione alla fase di formazione sono stateinviate delle domande ai partecipanti per incoraggiarlia riflettere e identificare storie personali legate alla pro-pria professione. E’ stato loro chiesto di riflettere su al-cuni momenti ben precisi: ad esempio, l’istante in cuiavevano preso la decisione di lavorare nel settore mu-seale; come descriverebbero la loro professione ad unpubblico esterno; che cosa li rendesse felici e le motiva-zioni che li spingessero nel loro lavoro. Queste domandehanno avuto la finalità di aiutare i partecipanti all’indi-viduazione del soggetto da raccontare. L’idea era di at-tivare una riflessione sui valori che come operatoreculturale ognuno di loro considerava fondamentale vei-colare attraverso il proprio lavoro. Chi lavora nel settoreè fortemente spinto dalla motivazione che la culturapossa avere un reale impatto sulla società in termini diuna crescita più inclusiva e solidale. Oltre a questo, è stato chiesto ai partecipanti di reperiree portare con loro foto e oggetti, da poter condividerecon gli altri, che fossero rappresentativi di questi parti-colari momenti o sensazioni. E’ questo, un lavoro di ri-cerca vera e propria, tra vecchie fotografie e ricordi,fondamentale in un workshop di storytelling digitale.

2. Il report completo dell’attività di formazione è scaricabile dal sito del progetto:http://www.diamondmuseums.eu/downloads/training%20report%20MEP.pdf.

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conta7. Questa tecnica, grazie alle sue potenzialità es-pressive, alla sua duttilità e applicabilità a qualsiasi si-tuazione - artistica, educativa, sociale, sanitaria8 - iniziaad avere successo e ampia diffusione.

Nel contesto internazionale si sono sviluppati una va-rietà di metodi che vengono utilizzati e rielaborati peressere adattati alle specifiche esigenze, ai software uti-lizzati9 o ai supporti scelti, come tablet e smartphone.

Inoltre, è il processo di condivisione in gruppo a con-quistare chi si accosta allo strumento. Infatti, è unametodologia che non può essere concepita senza at-tivare un processo di partecipazione, di condivisionee di aiuto reciproco in ogni fase. Per questo si rivelaestremamente adatta a persone che hanno difficoltàad esprimersi o che non hanno mai avuto la possibi-lità di farlo.

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Breve introduzioneallo storytelling digitaleLo storytelling digitale è un processo creativo orientatoallo sviluppo di una storia personale in formato digitale,in cui si unisce l’arte della narrazione alla tecnologia: uncomputer dotato di un software di video montaggio eun registratore diventano strumenti poliedrici nellemani e nella mente dello storyteller che li utilizza perraccontare la sua storia.Nato in America negli anni ’70-‘80 dalla mente genialedi Dana Atchley e Joe Lambert, lo storytelling digitale èstato il risultato di un fermento artistico che, attraversol’uso e la diffusione delle nuove tecnologie, voleva ga-rantire una partecipazione all’arte più inclusiva per tutti.Nel 1994 fu fondato il Center for digital storytelling4 aBerkeley in California, punto di riferimento mondiale pergli operatori e appassionati della metodologia. DanielMeadows5, giornalista, fotografo, professore e “canta-storie” è il primo a sperimentarlo in Europa. Nel 2003,grazie ad un progetto finanziato dalla BBC chiamatoCapture WALES6, sono stati formati molti digital story-teller che hanno raccolto, grazie ai molti workshop or-ganizzati sul territorio, centinaia di storie degli abitantidel Galles, in Gran Bretagna, creando così un archivio distorie digitali consultabile online. Meadows, rispetto allaversione americana, apporta delle modifiche, semplifi-candolo e teorizzando quella che tuttora è conosciutacome la “forma breve” della BBC. Questa intende la storia come narrazione personale nonpiù lunga di tre minuti, con un testo di trecentoventi pa-role, e con una selezione di fotografie, non più di quin-dici, venti immagini, fornite dallo stesso storyteller. Ivideo clip sono di solito evitati, sempre che non sianocentrali per la storia, così come la musica, salvo che nonabbia un legame rilevante con la storia o con chi la rac-

3. “Digital Storytelling: Capturing Lives, Creating Community” Lambert, J., 2013, p. 54.4. http://storycenter.org/.5. Per conoscere i lavori di Daniel Meadows http://www.photobus.co.uk/.6. http://www.bbc.co.uk/wales/audiovideo/sites/galleries/pages/capturewales.shtml.7. Vedi box alla fine del paragrafo.8. Un progetto di storytelling digitale nel campo ospedaliero in UK http://www.patientvoices.org.uk/.9. Segnaliamo il sito della comunità di pratica www.dtellers.eu e vari gruppi su Facebook.

“Vogliamo storie. Amiamo le storie. Lestorie ci fanno sentire vivi. Storie cheemergono da una intuizione profonda eammiccano all’uditorio, storie che ci esor-tano a scandagliare i nostri stessi senti-menti e le nostre convinzioni, e storie checi guidano sul sentiero. Ma, soprattutto,storie raccontante come storie3.”

Joe Lambert

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1. Sessione informativa. BriefingUn workshop di storytelling digitale inizia in genere conuna sessione di briefing, che ha lo scopo di informarei partecipanti, in maniera più dettagliata, sulle attivitàpreviste, al fine di rassicurarli sul lavoro da intrapren-dere nei giorni successivi. In DIAMOND è stato fatto lo stesso e per incoraggiareun’atmosfera rilassata e distesa e per facilitare la co-llaborazione tra i partecipanti si è partiti con attività diicebreaking, coinvolgendoli in dinamiche spaziali e fi-siche per rafforzare la fiducia del gruppo e di presen-tazione di se stessi in modo più divertente e creativo. Sono state mostrate vari tipi di storie digitali, a titoloesemplificativo, cosi da far capire ai partecipanti comesarebbe stato il risultato finale del loro lavoro e la di-versità delle storie che era possibile realizzare. Si è poipassati nel vivo della spiegazione della creazione eproduzione, per cui è stata fatta una panoramica deiseguenti argomenti:

- Concetto dello storytelling digitale.- Riferimenti della letteratura sullo storytelling12.- Programma del training.- Linee guida del copyright13 e l’importanza della pri-

vacy.- Struttura fondamentale di una storia e il concetto di

“Pass the dragon”, la descrizione di un momentoche ha cambiato la vita.

- Elementi tecnici della storia e attrezzature.- Consigli su come registrare la propria voce.

Inoltre, si ritiene importante informare i partecipantidelle conseguenze legali che si possono incorrere nelcaso si usi materiale coperto da copyright: infrangerlopuò portare a conseguenze legali, per cui non bisognamai dare niente per scontato. Per questo abbiamo incoraggiato i partecipanti ausare materiale proprio; è importante proteggere lostoryteller, chi è rappresentato nelle foto e l’organiz-zazione. Perciò, ad esempio, è necessario sempre ac-certarsi di avere il consenso all’utilizzo delle immagini.La mancanza di esse in realtà può essere uno stimoloper i partecipanti ad essere più creativi (anche inquesto caso si sono sbizzarriti), e il risultato è spessodivertente. Anche in questo caso abbiamo richiestoloro di firmare una liberatoria per essere certi che nonavessero utilizzato materiale coperto da copyright e diavere il consenso di pubblicare la loro storia. Informarei partecipanti sull’utilizzo finale delle proprie storie, èimportante, perché li fa sentire parte del processo. InDIAMOND era previsto fin dall’inizio, che le storie fos-sero pubblicate sul sito del progetto per promuovernei risultati. Come spesso avviene, però, anche alcuni dei parte-cipanti non hanno rilasciato il consenso: nonostanteli avessimo incoraggiati a parlarci del proprio lavoro,

10. Melting Pro ringrazia per la condivisione dei materiali Steve Bellis, Gareth Morlais e Alex Henry di Curiosity Creative, coordinatrice delprogetto Culture Shock!

11. Ringraziamo Steve Bellis per essere il bravo digital storyteller che è.12. La parte sui riferimenti scientifici dello storytelling è stata curata da Elisabetta Falchetti, del Museo Civico di Zoologia di Roma.13. È importante tutelare l’opera dello storyteller: una licenza molto utilizzata è quella di Creative Commons http://creativecommons.org/.

1. Briefing 2. Scrittura 3. Registrazione 4. Montaggio 5. Condivisione� � � �Figura 1. Cinque passi della Forma Breve BBC. (Fonte Steve Bellis11)

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per rimanere in un campo più neutro, le esperienzeche si decidono di raccontare possono essere tal-mente personali che non tutti sono disponibili a pub-blicarle sulla rete.

2. Circolo delle storie. StorycircleL’individuazione della storia da raccontare inizia con il“circolo delle storie”. Attraverso una serie di giochi14, ilfacilitatore aiuta gli storyteller a identificare l’argo-mento della storia che verrà poi prodotta digital-mente. Una storia è il racconto di un cambiamento perlo storyteller, quello che è chiamato il “Pass the dra-gon”, il racconto della risoluzione di un conflitto, un ri-cordo che porta dentro di sé, una decisione che gli hacambiato la vita in campo professionale o personale.Sia in Spagna che in Romania sono stati creati duegruppi di dieci persone. La sessione di storytelling èiniziata rassicurando tutti del fatto che fosse un am-biente protetto in cui potevano esprimersi senza ti-more di sbagliare. La regola è che quello che è dettonel circolo rimane nel circolo. Perciò attraverso deigiochi di scrittura, gli storyteller sono stati incorag-giati, prima a esercitarsi sulla possibilità di indivi-duare una storia in modo creativo pescando nel lorovissuto quotidiano, sia a raccontare l’esperienza die-tro gli oggetti che avevano portato con sé, restituen-dola al gruppo, per scegliere, infine, dopo varistimoli, la storia da raccontare.

Scrivere la storia e redigere lo storyboardUna volta identificata la storia, ogni partecipante ha adisposizione un breve periodo per elaborare il proprioscritto secondo le caratteristiche della forma breve15.In questa fase i partecipanti sono incoraggiati a condi-

videre le storie tra di loro, per capire se hanno unsenso o - per esempio - se il messaggio che si vuoletrasmettere sia chiaro. Una volta completato lo script, si passa allo story-board. In pratica, in un file word o su carta, si associaogni frase ad un’immagine seguendo la sequenzascelta che poi verrà sincronizzata sulla voce con l’aiutodel software di montaggio. Nei laboratori di DIAMOND abbiamo lasciato circaquattro ore per finire lo script e abbiamo revisionato itesti uno ad uno, per chi lo chiedesse, oppure ingruppo. Abbiamo dato consigli su come centrare ilfocus della storia, quando l’argomento che si volevaraccontare era vasto: ad esempio, Gabriela voleva co-municare l’importanza del proprio lavoro di ricerca perla comprensione della natura e della sua conserva-zione, oltre alla passione per gli insetti e per la foto-grafia, e noi l’abbiamo incoraggiata a concentrarsi suun evento specifico, che esemplificasse il suo mestieread un pubblico esterno16.

3. Registrazione audioUna volta terminata la stesura del testo della storia, lostoryteller deve registrare la propria voce da sincroniz-zare con le immagini nella fase successiva. In entrambii corsi, alla fine della fase di scrittura ogni storyteller,è passato alla registrazione audio della propria storia.Questa è stata fatta nelle stanze più adatte individuateall’interno delle strutture museali, in cui eco e rumoridi sottofondo fossero ridotti al minimo. Sono stati uti-lizzati dei registratori portatili, economici ma di buonaqualità. La registrazione è una fase importante, perchépiù la registrazione è accurata e meno dovrà essere ri-pulita con il programma di editing audio. Inoltre, in una

14. Per utili suggerimenti su giochi, questioni legali e di copyright si consiglia di consultare:http://downloads.bbc.co.uk/raw/pdf/tutormanual.pdf.http://storycenter.org/cookbook-download.http://www.bbc.co.uk/wales/audiovideo/sites/about/pages/computer.shtml.http://www.detales.net/wp/digital-storytelling/

15. Vedi gli standard di una storia secondo il metodo della “forma breve” BBC.16. La storia di Gabriela è stata pubblicata sul sito di DIAMOND: http://www.diamondmuseums.eu/stories-romania.html.

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storia digitale è la voce a condurre lo spettatore attra-verso le immagini, per questo abbiamo chiesto ai par-tecipanti di fare molte prove prima di procedere con laregistrazione. Li abbiamo guidati e incoraggiati a leg-gere piano, con voce naturale, rispettando la punteg-giatura e dando le dovute intonazioni. In questo casovisti i tempi ristretti, non abbiamo potuto far registrareuna persona più di tre volte: avendo a disposizionepiù tempo, è lo stesso facilitatore a decidere quantevolte si può registrare una storia.

4. MontaggioIl montaggio prevede la fase di sincronizzazione dellefoto con l’audio grazie a software di video editing. Aquesto punto i nostri partecipanti avevano la loro trac-cia audio e il loro storyboard pronto. E’ stata anchefatta una breve sessione introduttiva all’utilizzo delsoftware di editing video e di montaggio audio. Inquesto caso sono stati sfruttati i programmi già in do-tazione dei musei: Moviemaker per i sistemi Pc e Imo-vie per quelli Mac. Per l’editing della voce è statoutilizzato il programma gratuito Audacity. I softwareche si possono utilizzare sono numerosi e variano siaper qualità sia per prezzo, la scelta dipende dalle cir-costanze in cui si lavora. I software gratuiti hanno ilvantaggio di essere molto intuitivi e semplici da usaree hanno un basso costo per l’organizzazione. Al contra-rio quelli professionali permettono di editare la storiacon più precisione, ma hanno lo svantaggio di averecosti superiori ed essere un po’ più complicati da usareper chi si avvicina per la prima volta al mezzo. E’ con-sigliabile avere i medesimi software per tutti e il sup-porto di un tecnico che possa risolvere problemispecifici.Questa fase può essere delegata anche a soggetti es-terni al progetto, ma è sempre importante che lo story-teller abbia il controllo e senta che il prodotto finalerifletta la sua idea e di conseguenza senta la “owner-ship” sulla storia finale. Solitamente, e anche questocaso non ha fatto eccezione, è la parte più problema-tica da affrontare, ma anche in questi workshop i par-

tecipanti più esperti hanno aiutato quelli con meno fa-miliarità, che comunque hanno avuto l’opportunità dimigliorare le loro competenze digitali, e tutti sono statiin grado di finire le proprie storie.

5. Condivisione L’ultima fase è quella della visione e condivisione dellestorie con gli altri partecipanti. È un momento di forteempatia, in cui si restituisce ai partecipanti l’impor-tanza delle giornate precedenti e si chiariscono even-tuali dubbi. In entrambi i laboratori di DIAMOND, è stata preparataun’ambientazione ad hoc, come se si fosse nella saladi un cinema, il che ha messo tutti a proprio agio. Allafine è stata fatta una piccola sessione di gruppo, perdare la possibilità ai partecipanti di esprimersi e con-dividere le loro riflessioni.Oltre a queste sessioni, le osservazioni dei partecipantisono state raccolte anche tramite dei questionari som-ministrati all’inizio, durante e alla fine del corso. Le va-lutazioni sul processo e sull’efficacia di questo sonostate positive, la fase più difficile segnalata dai parte-cipanti è stata la parte tecnica, ma nonostante ciò,sono state completate trentasei storie.

Le storie prodotte durante i due workshop hanno re-galato, secondo noi, una chiave di lettura privilegiatadel dietro le quinte della professione museale e delleattività nei musei scientifici e del lavoro che questisvolgono con il pubblico. Ci raccontano della necessitàdella continua ricerca, delle scoperte, degli attrezzi delmestiere; e ancora, esprimono, passione e amore peril proprio lavoro, e dell’importanza della divulgazionescientifica per il benessere e il miglioramento della co-munità.Così Mihaela, curatrice del museo “Ion Borcea” diBacau, ci racconta di come sia stata fortunata e comeabbia fatto della sua passione per la natura il suo la-voro di ricercatrice alla scoperta di nuove specie, chetrasferisce ai bambini grazie alle attività educative chegestisce nel museo.

L’esperienza di Melting Pro - Laboratorio per la Cultura nel progetto DIAMOND: lo storytelling digitale al museo

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Oana, educatrice didattica del “Grigore Antipa” di Bu-carest, ci racconta del primo progetto per non vedentirealizzato e di come fosse fiera di un museo final-mente accessibile a tutti. La storia di David, paleontologo e educatore del Museodi Scienze Naturali di Valencia, ci racconta di come lascoperta fortuita di un fossile abbia innescato la suacuriosità di studiare paleontologia.O ancora Sandra, sempre del Museo di Scienze Natu-rali di Valencia, che ci racconta del lavoro che svolgeper portare il Museo fuori dalle sue mura, grazie aduna valigia piena di oggetti che porta in giro nei suoivari workshop con gli anziani per tutta la città.

Le valutazioni positive ricevute dai partecipanti con-fermano la validità dello storytelling digitale comestrumento di formazione degli adulti e di coinvolgi-mento attivo anche nel settore museale, e sono unarestituzione preziosa per Melting Pro e uno stimolo acontinuare a sperimentare in questo campo. Adattan-dosi alle esigenze economiche o tecniche di un’orga-nizzazione, lo storytelling digitale, per citare Daniel

Meadows, dal suo sito, “È un media democratico”17.

Crediamo che l’importanza di focalizzarsi sul processodi condivisione, del raccontare, sia più importantedella parte tecnica. Le nuove tecnologie cambiano incontinuazione, migliorano, ma le storie e le ricaduteche questo processo d’apprendimento ha sulle per-sone che vi partecipano, dimostrano avere un impattoa lungo termine in chiave di crescita personale e pro-fessionale.

17. “Digital Stories are best made in workshops where participants come together to share skills and benefit from the assistance of facili-tators. A workshop gives its participants courage, for making a Digital Story isn't easy. It can, though, be remarkably empowering and,when imagined as a tool of democratised media, it has I think the potential to change the way we engage in our communities. At theBBC we created an itinerant workshop, a lab we could take out on the road: to miners' institutes and welfare halls, community IT suitesand arts centres, schools and colleges.” Daniel Meadows, dal sito Photobus.

“Cercare di far comprendere perché i museisono importanti, che impatto possonoavere sulla nostra vita e sul nostro patrimo-nio, e per quale motivo sono descritti comedelle vere e proprie fonti di conoscenza.”

Partecipante al Workshop, DIAMOND,

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Spunti di riflessione sul workshope sul ruolo del facilitatorePatrizia Braga

L’utilizzo dello storytelling, come è ormai ampiamentericonosciuto, favorisce processi cognitivi e di apprendi-mento19 e lo storytelling digitale permette lo sviluppoe la combinazione di diverse abilità: capacità di scrit-tura e di espressione orale, abilità tecnologiche e sen-sibilità artistica20. Non meno importante, l’atto liberatorio di dare voce ase stessi ha una valenza terapeutica21 – è al cuore delcolloquio clinico, perché consente di sviluppare e man-tenere un senso di identità, di dare un significato aquello che succede, di riconoscere l’abilità di superaregli eventi, di scoprire di essere portatori di qualcosache interessa ad una platea22.Proprio perché la parte intima ed emotiva delle storiepersonali gioca un ruolo fondamentale, è importantepianificare all’inizio dei workshop una serie di attivitàdi costruzione del gruppo che aiutino a sciogliere il

ghiaccio e a creare un ambiente di lavoro aperto e si-curo in cui le persone possano aprirsi agli altri. Inquesto contesto la figura del facilitatore è fondamen-tale per creare un ambiente di lavoro familiare e perguidare gli storyteller nell’identificazione e nella crea-zione di una storia personale che abbia un significatospeciale nel panorama della propria esistenza attra-verso dinamiche23 di interazione messe in atto perdare forma alla storia. Essa deve raccontare un mo-mento specifico e unico della vita, un momento in cuiqualcosa è cambiato e la storia è il racconto di questocambiamento. Un aspetto delicato per il facilitatore è riuscire a far sin-tetizzare agli storyteller “la storia del momento” inmassimo trecento parole. Sebbene possa sembrare in-dice di scarsa sensibilità consigliare di omettere alcuneparti della storia, essere obbligati ad utilizzare un nu-mero di parole limitato aiuta il processo creativo e sti-mola gli storyteller a concentrarsi su un unicomomento e ad approfondirlo. Lo stesso vale per i limitidi tempo di ciascuna delle cinque fasi: i partecipantisono invitati a concentrarsi e a produrre tutto in untempo stabilito, utilizzando soprattutto capacità chenon pensavano di avere. Organizzare il workshop ris-pettando tutte le fasi e i tempi permette di compren-derne e apprezzarne la dinamica al fine di assimilarlo eadattarlo al proprio contesto di lavoro.

“Non sei fregato veramente finché haida parte una buona storia e qualcuno acui raccontarla.”

Alessandro Baricco18

18. Tratto da Novecento, di Alessandro Baricco, Feltrinelli, 1994.19. Smorti A. , Narrazioni. Cultura, memoria, formazione del sé, Milano, Giunti, 2007; Goleman, Intelligenza emotiva, Milano, Rizzoli Editore, 1996.20. Marina De Rossi, Corrado Petrucco, Le narrazioni digitali per l’educazione e la formazione, Milano, Carocci, 2009.21. Duccio Demetrio, Raccontarsi. L'autobiografia come cura di sé. Milano, Raffaello Cortina editore, 1995.22. Vedi anche il report di valutazione del progetto Culture Shock http://www.cultureshock.org.uk/inspiration/newcastle-story.html.23. Per trovare suggerimento sulle dinamiche/giochi si consiglia di leggere. Inoltre da anche utili suggerimenti su questioni legali e di copyright:

http://downloads.bbc.co.uk/raw/pdf/tutormanual.pdf;http://storycenter.org/cookbook-download;http://www.bbc.co.uk/wales/audiovideo/sites/about/pages/computer.shtml;http://www.detales.net/wp/digital-storytelling/.

Spunti di riflessione sul workshop e sul ruolo del facilitatore

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Nell’ambito di DIAMOND – per quel che riguarda la for-mazione degli operatori - abbiamo preferito concen-trarci inizialmente sul processo più che sulla qualitàdel prodotto finito: esercizio, ascolto, ragionamento,elaborazione, creazione e condivisione. Quest’ultima,la condivisione, è importante non solo alla fine delworkshop con la visione in plenaria delle storie pro-dotte, ma anche nella fase della revisione dei testi. Ab-biamo fatto in modo che i partecipanti si aiutassero tradi loro nella scrittura e nella lettura e si fornissero sug-gerimenti sull’impatto che ha la loro storia. Ciò ha cre-ato un legame più stretto tra loro e ha permesso nuovipunti di vista utili a stimolare la creatività. Abbiamo ris-contrato la fertile dinamica di gruppo che si crea du-rante il laboratorio: in un luogo di lavoro spesso siconoscono i colleghi solo da un punto di vista professio-

nale e si danno per scontate molte cose. Durante ilworkshop invece, le persone hanno avuto la possibilitàdi mostrare uno o più lati inediti del proprio carattere odella propria vita. È evidente dunque il beneficio umano e professionaleche si può ottenere creando un gruppo di lavorocoeso, che si conosce al di là dei pregiudizi o dellaroutine lavorativa giornaliera e quanto questa conos-cenza possa influire nella gestione dei conflitti in con-testi lavorativi.

Per molti storyteller, il processo d’identificazione e discrittura ha dimostrato di essere una trasformazioneesperienziale, per noi, un viaggio gratificante.Il compito del facilitatore è quello di aiutarli in questoprocesso di creazione e condivisione.

“Ho apprezzato molto la disponibilità e la vi-vacità dei formatori, così come la dimen-sione emotiva del ‘circolo delle storie’(faticosa all’inizio del processo, ma emozio-nante alla fine).”

Partecipante al Workshop, DIAMOND, 2013

“L’esperienza, il processo della narrazionesaranno un ottimo strumento per le nostreattività con i detenuti, perché offriranno lorol’opportunità di condividere i propri pensierie di sentire che stanno comunicando conaltre persone fuori dal carcere.”

Partecipante al Workshop, DIAMOND, 2013

“Lavorando in un contesto museale, credoche l’impatto visivo sia molto importante, eche debba essere collegato al momentoesatto descritto nella storia per catturarel’attenzione dei partecipanti, creare unponte con le loro esperienze emotive, e in-coraggiarli a raccontare la loro storia.”

Partecipante al Workshop, DIAMOND, 2013

“Sì, penso che il Digital Storytelling possaessere utilizzato come uno strumento di va-lutazione, perché dà alle persone la possibi-lità di esprimersi e di manifestare la propriaopinione su un’attività.”

Partecipante al Workshop, DIAMOND, 2013

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Caratteristiche di una storia digitale

Testo: 180-320 paroleImmagini: 10-25 Durata: 1.5-2.5 minuti

Dovrebbe:- Avere un inizio, uno sviluppo e una fine- Contenere le parole dello storyteller - Essere raccontata in prima persona- Mantenere sempre il focus sul cuore della storia

Possibili soggetti e spunti per una storia:- Una passione- Un momento decisivo nella carriera professionale - Un momento di cambiamento, un viaggio- La risoluzione di un conflitto- Oggetti della collezione museale- Osservazioni Culturali

Fonte: BBC, Manuale elaborato da Steve Bellis nel progetto De-TALES e dall’esperienza di Melting Pro in vari Progetti europeisullo storytelling digitale.

Diritti d’autore

Si consiglia sempre di utiliz-zare materiali propri (foto,musica, etc.) per la creazionedelle storie. E’ importante tu-telare lo storyteller informan-dolo sulle regole dei dirittid’autore e delle consguenzelegali per la pubblicazione dimateriale coperti da diritto diautore e per la violazionedella privacy. Sta diventandouna prassi quella di tutelarele opere dello storytellersotto le licenze CreativeCommons.

Possibile check list per organizzareun Workshop DS

Partecipanti preparati ed informati!

Almeno 2 stanze: una per la registrazione,uno per lo storyicrcle a seconda del numero dipartecipanti

Software gratuiti o a pagamento ma ugualiper tutti

Hardware: Pc, Mac, tablet or smartphone

Wi–Fi, prese, prolunghe, USB, CD, macchinefotografiche, casse

Registratore per la vocee/o microfono

Strumenti di valutazione

Cibo & ospitalità

Sitografia utile da cui iniziare, ma non esaustiva:Link a manuali di storytelling digitale http://www.bbc.co.uk/wales/audiovideo/sites/yourvideo/pdf/aguidetodigitalstorytelling-bbc.pdf http://www.storycenter.org/cookbook.pdf http://www.bbc.co.uk/tellinglives/ http://www.bbc.co.uk/wales/audiovideo/sites/about/pages/editing.shtml.http://downloads.bbc.co.uk/raw/pdf/tutormanual.pdf http://www.detales.net/wp/module-2-digital-storytelling/Link utili allo storytelling digitalehttp://www.aberth.com/blog/ds6-digital-storytelling-conference-review-2011.htmlhttp://curiositycreative.wordpress.com/what-is-digital-storytelling/http://www.photobus.co.uk/?id=534 http://www.bbc.co.uk/wales/arts/yourvideo/category_index.shtml http://www.storycenter.org/stories/http://www.digitalstoriesyale.co.uk http://www.untoldstories.eu/eng/About-the-Projecthttp://lillehammer2011.wordpress.com/http://www.umbc.edu/oit/newmedia/studio/digitalstories/profiles.phphttp://storiesforchange.net/http://electronicportfolios.org/digistory/index.htmlhttp://www.socraticarts.com/index.cfmhttp://www.cultureshock.org.uk/inspiration/newcastle-story.html http://digitalstorytelling.coe.uh.edu/page.cfm?id=24&cid=24http://www.youtube.com/user/TWAMDigitalStories

Spunti di riflessione sul workshop e sul ruolo del facilitatore

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collaborazione di operatori esterni (Myosotis mm) for-mati nel/dal Museo stesso, che ancora oggi contribui-scono al successo dei progetti educativi. L’obiettivoiniziale, allineato alle richieste internazionali, è statocontribuire alla diffusione della cultura scientifica, perla “democrazia culturale e partecipazione pubblica”(e.g. UNESCO, 1999; Strategia di Lisbona 2005, 2010). Negli anni è stato intensificato il rapporto con le scuolecittadine, che attualmente frequentano in gran numeroil Museo come parte integrante delle attività curricolari.Alle scuole viene prestata assistenza nella programma-zione, nelle visite e nel dopo-visita. L’indirizzo culturaledei progetti educativi è stato sempre quello naturali-stico-ambientale ed alla sostenibilità; le strategie messein atto valorizzano le risorse, le specificità e le attivitàmuseali, attraverso la conoscenza diretta degli esem-plari e l’utilizzazione piena degli spazi: il Museo disponedi aule didattiche e ZooLab, ma la maggior parte delleesperienze si svolgono nelle sale espositive. Le metodo-logie sono ispirate a modalità di apprendimento attivoe costruttivo, e mirano al coinvolgimento cognitivo,emotivo, sensoriale; al dialogo, allo scambio ed intera-zione socio-culturale.

L’attenzione ai diversi pubblici e le politiche culturaliDopo il consolidamento della partnership con la Scuola,l’attenzione è stata dedicata al pubblico comune, realeo potenziale. Il Museo, malgrado l’unicità e la specificitàtematica è ancora poco conosciuto e visitato da citta-dini comuni; è probabile che la grande quantità e im-portanza dei numerosi musei d’arte romani rappresentiun fattore di competizione; tuttavia, anche una rappre-sentazione sociale diffusa di Museo “cognitivo-educa-tivo” e adatto alla formazione di bambini e ragazzi puòinfluire su numero e qualità dei visitatori. Il Museo èstato quindi arricchito di nuovi progetti culturali, pensatiper varie categorie di visitatori (famiglie, anziani, bam-bini, adolescenti, ecc.), cercando di valorizzare gliaspetti di fruizione sociale - necessità/condizioneemersa anche dai visitor studies condotti dal Diparti-

mento educativo - e di enjoyment/esperienza piacevole.Il Museo oggi offre anche programmi pomeridiani (e.g.gli Happy hours), festivi o notturni (e.g. Le notti alMuseo, Notturno scienziato, La notte di Halloween,ecc.), per accogliere più visitatori e più “variati”. Co-struire in Museo un luogo di incontro e scambio tra di-versità di età, genere, cultura, livello di studio,condizione sociale, è diventata un obiettivo del Diparti-mento educativo. Negli anni, tuttavia, è stato profondo anche il cambia-mento di impostazione culturale: dalla iniziale didatticascientifico-naturalistica (ritenuta a lungo compito istitu-zionale nei musei scientifici) al progetto di lifelong-life-wide learning, in una visione della proposta culturalepiù moderna e adeguata a nuove esigenze sociali, a di-verse personalità, saperi, idee, età. È stata rimodulatal’immagine classica, autorevole e consolidata di “Museoeducatore/formatore”, in favore di una struttura dina-mica, aperta a nuove esperienze culturali, al dialogo,all’ascolto delle opinioni e richieste della cittadinanza.Gli educatori hanno maturato la consapevolezza che ilMuseo può offrire/attivare nuove conoscenze, ma anchenuovi interessi e valori, nuove sensibilità, competenze,attitudini, esperienze gratificanti; socialmente parlando,può contribuire a formare non solo generazioni di indi-vidui più colti ed informati, ma anche più capaci di au-tostima, partecipazione, critica, dialogo sociale… I progetti educativi, quindi, oggi offrono sia tematicheconsolidate che oggetto di sperimentazione e dibattitoed includono molte varietà di attività e linguaggi (anchequelli dell’arte), in sinergia con quelli della scienza. Leforme di comunicazione hanno consapevolmente supe-rato il trasferimento di informazioni, in favore di un con-fronto e scambio di culture e punti di vista. Anche il sitoweb è stato rinnovato per promuovere la partecipazionedei cittadini; ha caratteristiche di open access, offre in-formazioni e spazi di interazione, che richiamano e fide-lizzano. Il lavoro innovativo del Dipartimento educativo è statosostenuto e consolidato dalla ricerca educativa e dallaformazione continua come “prassi”. La riflessione cri-

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tica sulle strategie e gli strumenti, i metodi e i contenutiproposti rappresenta il punto di forza dell’azione cultu-rale educativa del Museo e la sua potenzialità dinamico-evolutiva. In questo contesto di ricerca attiva, flessibilitàed esplorazione, si colloca l’interesse del Museo a rive-stire un ruolo istituzionale moderno, adeguato alle ne-cessità del territorio e dei suoi problemi socio-culturali.

Identità e ruoli in evoluzioneIl Museo di Zoologia, nel definire l’agenda e le prioritàin un periodo di crisi globale, vive, similmente ad altreistituzioni museali, un incerto equilibrio tra ruoli istitu-zionali consolidati e nuove esigenze socio-culturali. IlMuseo mantiene salda l’immagine scientifica e nonvive la diminuzione di visitatori che ha messo in crisialtre istituzioni. Tuttavia, in una prospettiva di “bilancio sociale”, cioèdi rendicontazione del ruolo e dell’impatto rispetto allacomunità, alle esigenze ed alla qualità della vita di tuttii diversi cittadini, il Museo ha ancora molta strada dapercorrere. I circa cinquantamila visitatori l’anno costi-tuiscono un pubblico consistente per le sue dimensionie risorse, ma questi appartengono prevalentemente almondo della Scuola. I pubblici “comuni” del Museosono per lo più rappresentati da visitatori abituali dimusei e di buon livello culturale, interessati allascienza, residenti prevalentemente in quartieri cittadinicentrali. Negli ultimi anni è stata riscontrata una cre-scita del pubblico non-esperto, in particolare durantele manifestazioni pubbliche gratuite come la Notte deimusei o i programmi per famiglie; tuttavia, i visitor stu-dies effettuati denotano ancora una grande distanzatra Museo e diverse categorie di cittadini; risultano in-fatti scarsi o assenti abitanti di periferie o aree cittadinedepresse, minoranze, immigrati, anziani, teen agers...Interviste random effettuate a cittadini adulti “non vi-sitatori” in varie parti della città hanno rivelato igno-ranza dell’esistenza del Museo, rinuncia per le distanze

o per l’assenza di strutture informative, ma anchescarse attitudini culturali e senso di inadeguatezza esoggezione verso la scienza; il Museo, se conosciuto,viene spesso percepito dai non visitatori come elitario,esclusivo ed inaccessibile (Falchetti 2007, 2010). Que-sti dati confermano il quadro europeo e nazionale: imusei scientifici non arrivano a tutti per motivi orga-nizzativi, ma anche disagio o demotivazione socio-cul-turale e non costituiscono un riferimento significativoper informazioni e opinioni sulla scienza (Eurobarome-ter, 2005, 2008).Il Museo, quindi, deve impegnarsi attivamente per coin-volgere i potenziali esclusi e offrire loro un’immagine diaccessibilità culturale ed accoglienza. L’Italia ha aderitoalla Convention on the Value of Cultural Heritage for So-ciety (Council of Europe Framework; Faro, 27/10/2005),per un uso del patrimonio etico, benefico per l’insiemedelle società e la qualità della vita, per la promozionedel legame sociale, la valorizzazione delle diversità cul-turali e la promozione del dialogo interculturale. Il Museo di Zoologia, con questi obiettivi, ha avviato spe-rimentazioni e ricerca di nuovi partenariati, che hannocostituito l’apertura verso problematiche socio-culturalicomplesse e la base concettuale e pratica per il progettoDIAMOND.

Due prove di dialogo con il territorioDal 2009 al 2012 sono stati realizzati due Progetti pi-lota sul territorio1. “Il Museo esce dalle mura e va nelleperiferie della Città” è stato dedicato ai residenti deiquartieri periferici romani (non-visitatori di musei),dove sono scarse le risorse, le stimolazioni (e spesso leattitudini) culturali. La sperimentazione si è articolataintorno a tre strategie, che si supponeva potessero ri-durre le barriere spaziali, motivazionali e comunicative: 1) uscire dal Museo per raggiungere i cittadini nel loro

territorio, aprire un dialogo e indurli a conoscere ilMuseo, anche presentando loro campioni degli

1. vedi Background Research May 2013; www.diamondmuseums.eu/download/DIAMOND_Background_research.pdf

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esemplari delle collezioni per suscitare interesse;l’ipotesi da verificare era che un contatto stimolanteed un invito esplicito del personale del Museoavrebbe messo in discussione l’immagine di inacces-sibilità/irraggiungibilità ed avrebbe dimostrato l’in-teresse del Museo a dialogare con tutti;

2) supportarli nella scoperta del Museo, delle attivitàche vi si svolgono e delle sue potenzialità socio-cul-turali; l’ipotesi da verificare era che un coinvolgi-mento ed un dialogo diretto con gli scienziatiavrebbe stimolato motivazione e facilitato la com-prensione del ruolo del Museo;

3) rinforzare il valore/l’impatto e l’eventuale gratifica-zione delle esperienze al Museo, stimolando i nuovivisitatori a divenire essi stessi promotori culturali,con iniziative sul territorio di appartenenza o alMuseo stesso; l’ipotesi da verificare era che l’assun-zione di un ruolo attivo e creativo avrebbe motivatomaggiormente questi nuovi visitatori poco coinvoltinell’impresa culturale.

È stato allestito un Museo mobile, con esemplari mu-seali e strumenti scientifici trasportabili in un’auto. Nelcorso degli anni l’équipe del Museo ha visitato, con ilMuseo mobile, Centri anziani, Scuole di frontiera, Centridi aggregazione giovanile, biblioteche, piazze e luoghidella vita quotidiana delle periferie romane. Giovani eadulti, classi scolastiche, gruppi o singoli, dopo i primiincontri nelle sedi periferiche, sono stati ospiti delMuseo, dove nel corso di più visite hanno osservato leesposizioni, partecipato ad esperienze laboratoriali eincontrato gli scienziati che hanno illustrato il loro la-voro. Tutti i partecipanti, con l’aiuto degli operatori delMuseo hanno successivamente organizzato iniziativein varie sedi dei loro quartieri di appartenenza e/o nelMuseo, riproponendo esperienze ed osservazioni, coin-volgendo un gran numero di concittadini giovani edadulti. I risultati sono stati positivi e incoraggianti sulpiano della conoscenza, dell’interesse e della parteci-pazione nel Museo e nei luoghi di restituzione del-l’esperienza, anche da parte di persone con

precedente demotivazione, disagio e insicurezza. Puntidi forza del progetto sono stati: l’incontro diretto sul ter-ritorio, che ha contribuito a superare barriere di lonta-nanza, ma anche diffidenza e disinteresse; lamancanza di contenuti, itinerari e linguaggi rigidi e for-mali, che ha permesso a tutti di partecipare,coltivare/esprimere motivazioni e interessi spontanei;l’attività laboratoriale condotta con “gli scienziati”, cheha coinvolto i partecipanti e li ha aiutati a dare un sensoall’esistenza ed alle attività del Museo; le modalità cor-diali e familiari di accoglienza che hanno contribuito asuperare soggezioni e sensazioni di inadeguatezza; leiniziative di restituzione che hanno rinforzato auto-stima, fiducia nella possibilità di partecipazione alla cul-tura scientifica e gratificazione di poter esercitare unruolo sociale propositivo nel proprio quartiere o alMuseo. Dal pubblico del Museo mancano anche cittadini chetuttavia costituiscono una realtà consistente a Roma,come molti nuovi immigrati, minoranze etniche come iRomanès e rifugiati politici.

Al di fuori dell’integrazione scolastica (quando avviene),questi cittadini rimangono chiusi, per necessità o perscelta, per mancanza di opportunità o scarsa inclina-zione, nelle loro “isole culturali”. Ad essi è stato dedicatoil secondo progetto pilota realizzato tra il 2011 e 2012,“Il Museo come spazio per il dialogo e l’inclusione socio-culturale” che ha coinvolto una piccola comunità di gio-vani ed adulti Romanès, minori ed adulti rifugiati politicidi varie nazionalità e provenienze, con prevalenza diPaesi d’Africa. In mancanza di altre esperienze, è statoseguito il modello sperimentato nel progetto prece-dente, rivelatosi di successo: conoscenza nelle sedi sulterritorio e invito a visitare il Museo, con osservazione diesemplari per interessare e fornire un saggio della ric-chezza ed attrattiva delle collezioni; successivi incontriin Museo che hanno incluso l’esplorazione delle esposi-zioni, ma anche laboratori di tassidermia, disegno, pit-tura naturalistica; restituzione e/o attività sul territorio oin Museo. I minori rifugiati politici hanno visitato più volte

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il Museo in gruppi, inizialmente con i loro accompagna-tori e successivamente senza di loro e/o con amici. Gliadulti Rom che avevano partecipato all’incontro prelimi-nare in una parrocchia sono tornati in Museo più voltecon i bambini della comunità. Il Museo e le attività pro-poste sembravano entusiasmare tutti i nuovi visitatori;tuttavia nel giro di breve tempo le visite sono cessate enessuno dei gruppi ha spontaneamente chiesto altri in-terventi o continuato rapporti con il Museo. Questo,quindi, è visto come possibilità di un’esperienza piace-vole, ma sporadica e non necessaria o forse impratica-bile costantemente date le difficili condizioni di vita diqueste persone.I due progetti pilota hanno confermato la possibilità di in-contrare questi cittadini, sensibilizzarli e coinvolgerli constrategie che facilitino la comunicazione ed il dialogo edaiutino a costruire un’immagine accessibile ed amica delMuseo, ma anche la necessità di una continuità/co-stanza di interventi e relazioni, per incidere realmentesu un cambio di attitudini.

Nell’ambito dello stesso progetto è iniziata una collabo-razione tra il Museo e l’Istituto di Pena Minorile (IPM) diCasal del Marmo, all’interno del quale sono stati organiz-zati laboratori di carattere museale per giovani detenutidi ambo i sessi e di varie nazionalità. La strategia è statasempre quella dell’esplorazione di esemplari, della di-mostrazione di tecniche e attività specifiche della mu-seologia naturalistica, di dialogo interculturale suglianimali. I laboratori hanno avuto molto successo tra igiovani detenuti, che (all’infuori di due romani) non ave-vano precedenti esperienze museali.

Tutti hanno chiesto di continuare e per questo, l’Istitutodi Pena Minorile è stato considerato nuovamente al mo-mento di scegliere il target di DIAMOND.

DIAMOND e il progetto pilotaper una nuova democraziaculturale

Gli obiettivi, l’organizzazione e le strategieGli obiettivi condivisi tra i partner di DIAMOND sono statila sperimentazione e valutazione di progetti pilota edello storytelling digitale in musei scientifici, con sog-getti potenzialmente svantaggiati o marginalizzati e ladisseminazione dei risultati. Il lavoro con la marginaliz-zazione o l’esclusione rappresenta una sfida program-matica e tecnica per un museo, mettendolo a confrontocon nuove dimensioni/competenze ed attività professio-nali, nuovi pubblici, nuovi obiettivi e ruoli socioculturali.Oltre la sperimentazione, il progetto pilota di DIAMONDal Museo di Zoologia è stato visto come una sfida, maanche come un’opportunità di arricchimento multidi-mensionale dell’esperienza istituzionale e di riflessionesu nuovi ruoli e potenzialità del Museo stesso.

Un’équipe mista, multi-professionale ed interdisciplinarecomposta da personale interno ed esterno al Museo halavorato nei due anni di progetto in sinergia, nella pro-grammazione, nella preparazione del materiale, nelladocumentazione e “sul campo”, sperimentando nuoviapprocci, attività e competenze professionali. L’interdi-sciplinarità ha rappresentato un punto di forza del pro-getto, perché ha permesso di ampliare approcci,linguaggi e prospettive. Il lavoro del gruppo è stato co-stantemente orientato alla ricerca-azione, alla valuta-zione interna ed esterna, all’autoformazione continua edalla documentazione. Nella scelta dei “compagni di sperimentazione” (il tar-get), l’équipe ha tenuto conto delle esperienze e compe-tenze acquisite nei progetti precedenti del Museo conanziani, immigrati e giovani carcerati e delle specializza-zioni all’interno dell’équipe stessa (ad esempio l’espe-rienza professionale di Valeria Bodò con i sordi). Sonostati realizzati cinque percorsi sperimentali con persone

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in condizione potenziale o reale di marginalizzazione so-ciale, culturale e fisica nella città di Roma:- Giovani detenuti (Istituto di Pena Minorile - IPM - Casal

del Marmo, Roma);- Giovani rifugiati (Centro diurno Civico Zero, Roma); - Immigrati adulti (1° Centro Territoriale Permanente –

CTP - Funzione Strumentale EDA, Istituto Compren-sivo Daniele Manin, Roma);

- Anziani di un’area periferica Romana (Centro anziani“Luigi Petroselli” di Settecamini);

- Adulti non udenti (Circolo “Tommaso Silvestri” diRoma).

Con le variazioni necessarie alle specificità e diversitàdei gruppi pilota, sono state riproposte alcune delle stra-tegie risultate vincenti nei precedenti progetti sperimen-

tali: l’incontro preliminare nelle varie sedi con l’osserva-zione del materiale del Museo mobile e l’invito alla visita;le visite al Museo con modalità sperimentali, interattiveed informali; l’attività di restituzione in Museo o in altresedi territoriali, che per DIAMOND ha incluso anche lostorytelling digitale. Per il gruppo dei giovani detenuti, ilMuseo è stato portato dentro le mura del carcere. Coe-rentemente con l’obiettivo di sperimentare le potenzia-lità del Museo nel coinvolgimento di cittadini a rischio diesclusione, tutte le attività, sia all’interno che all’esternodel Museo, con tutti i gruppi pilota sono state impostatesull’uso e la valorizzazione delle risorse museali, comestrategia. Trattandosi in generale di persone con carenzeo handicap comunicativi e culturali e, per diversi motivi,“non visitatori” di musei, si è ritenuto più strategico farconoscere la realtà Museo, i suoi significati culturali, lesue attività ed il suo ruolo sociale, piuttosto che i conte-nuti formali delle esposizioni o altri programmi pre-defi-niti. I presupposti da verificare erano che:1) il contatto con gli oggetti/esemplari museali (in questo

caso animali) potesse stimolare interessi e costruireconoscenze e significati indipendentemente da livellidi studio, preconoscenze o differenze culturali;

2) attività pratiche ed osservative e visite poco struttu-rate avrebbero potuto dare spazi a interessi, creativitàe attribuzione di significati personali, più che le visiteformali, guidate e con temi prefissati e che avrebberofacilitato l’approccio al pensiero/all’attività dellascienza, e al lavoro del Museo;

3) l’uso di linguaggi informali e variati, potesse aumen-tare la possibilità di comunicazione e dialogo con per-sone di diversa preparazione, impostazione culturale,esperienza di studio;

4) il Museo e le sue collezioni potessero rappresentareun contesto per alimentare l’incontro tra diversità cul-turali, intendendo con queste sia culture comuni cheformali, sia culture “altre”, piuttosto che di trasmis-sione di contenuti o informazioni;

5) condizioni di visita “dialoganti” (prive di interventiculturalmente impositivi, autoritari o paternalistici)potessero incoraggiare persone insicure o disinserite

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culturalmente ad esprimere/confrontare i propri va-lori e saperi. Il Museo e le sue collezioni animali sonostati quindi utilizzati come contesto concettuale edesperienziale per mettere a confronto precono-scenze, visioni, esperienze, significati, valori, e percostruirne o accettarne di nuovi, come quelli scienti-fici. I problemi di comunicazione interlinguistica sonostati superati dalla conoscenza di più lingue deglioperatori e con la collaborazione di mediatori lingui-stici (ad esempio per i numerosi ragazzi afgani o divari Paesi africani).

Le attività pilota con gli anzianiLa gratificazione del ruolo socialeI progetti pilota precedentemente realizzati avevano sot-tolineato la mancanza di contatto del Museo con gli an-ziani residenti in periferia, ed il rischio del loroisolamento culturale in una città grande e dispersivacome Roma. Pertanto con DIAMOND si è scelto di speri-mentare ancora percorsi per anziani, intensificando gliincontri con uno dei Centri periferici coinvolto in prece-denti Progetti. Un problema che abbiamo tenuto pre-sente è la frequente diminuzione di autostima neglianziani connessa con il decadimento fisico e la perditadel ruolo attivo e sociale. Dalle esperienze precedenticon anziani di periferie era emerso l’interesse e la grati-ficazione nel riproporre a familiari o altri concittadini ilMuseo e le sue attività. Pertanto, la strategia del pro-getto pilota è stata la valorizzazione di questo aspettoche poteva restituire, anche se temporaneamente, unruolo sociale propositivo nel o attraverso il Museo. Glianziani del Circolo coinvolto sono tornati più volte in vi-sita al Museo, dove hanno frequentato laboratori conesperienze museali da riproporre nel loro Centro agli stu-denti delle scuole del quartiere e per condurli poi in visitain Museo. L’esperienza laboratoriale centrata sull’osser-vazione di esemplari preparati e la realizzazione di calchisi è rivelata una strategia idonea, in quanto permettevaa tutti gli anziani di essere attivi e propositivi, non richie-deva particolari abilità fisiche o conoscenze scientifichecomplesse. Le esperienze sono state culturalmente co-

struttive e socialmente gratificanti, malgrado le prevedi-bili oscillazioni del numero di partecipanti, per malattieed impegni familiari. La realizzazione di storytelling digi-tali è stata richiesta ad un campione di tre partecipantiparticolarmente assidui, come espressione della loro re-lazione con il Museo. La loro narrazione è stata piacevole, spontanea e fluida;la digitalizzazione, data la scarsa esperienza al compu-ter degli anziani coinvolti, ha richiesto l’aiuto degli ope-ratori, con una costruttiva sinergia intergenerazionale.L’inclinazione/gratificazione nel riassumere un ruolo so-ciale, propositivo e di riferimento culturale, è un dato daconsiderare nella programmazione di attività museali“benefiche” per gli anziani potenzialmente marginaliz-zati. Dopo l’esperienza favorevole di DIAMOND, gli edu-catori del Museo hanno organizzato altri progettiall’interno dei quali erano previste attività culturali crea-tive e di socializzazione (incluso lo storytelling digitale),in cui gli anziani avevano un ruolo di protagonisti nel ter-ritorio e nel Museo, con grande successo di partecipa-zione dello stesso e di altri Centri per anziani.

Le attività pilota con i giovani detenutiPortare “le voci” fuori dal carcereI residenti di un carcere minorile sono soggetti alla ovviamarginalizzazione dovuta allo stato di detenzione, maanche a problematiche derivanti da storie di vita dram-matiche o di degrado sociale, che determinano spessodanni fisici o mentali, ma anche attitudinali: disinteresse,demotivazione, distacco, discontinuità o mancanza diapplicazione, rifiuto di esperienze culturali e di tutte le si-tuazioni o rapporti interpersonali che impongono regoleo sforzi, come le lezioni scolastiche tradizionali. Portareil Museo dentro al carcere e sperimentare la qualità del-l’impatto con ragazzi così problematici è stata una sfida,sostenuta dalla precedente esperienza meno strutturatae più esplorativa, ma comunque positiva. Le riflessioniche hanno ispirato le strategie sono state concentratesoprattutto sul superamento dello stato di disinteresse erifiuto e sulla qualità delle relazioni interpersonali. Perquesto, di nuovo si è puntato sul valore e le potenzialità

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di coinvolgimento dell’esperienza pratica e diretta congli esemplari museali, su forme di dialogo e confrontopiuttosto che di trasmissione di informazioni, e su moda-lità di interazione basata sulla fiducia ed il rispetto di per-sone, idee, valori e ruoli.Le attività previste nel progetto DIAMOND, in accordocon la Direzione del carcere e con i docenti, sono stateinserite nel curricolo scolastico annuale. Questo eventoha introdotto una profonda, sostanziale, “benefica” inno-vazione nelle attività e strategie scolastiche dell’Istitutodi pena, ma anche nell’organizzazione dei servizi giorna-lieri (grazie alla disponibilità della Direzione e degliagenti di sicurezza). Gli operatori del Museo hanno par-tecipato attivamente alle lezioni che quotidianamentesi svolgevano all’interno delle aule del carcere, talvoltahanno lavorato con i ragazzi negli spazi esterni. Oltrecentocinquanta ragazzi di entrambi i sessi e di diversiPaesi e culture, hanno partecipato ai laboratori delMuseo, durante cinque mesi, in numerose sessioni di la-voro. Le attività consistevano nell’osservazione edesplorazione di specimen naturali (animali e piante) vivio musealizzati, nella loro classificazione e descrizione;osservazioni al microscopio; preparazione di calchi omodelli di animali e allestimento di piccoli diorami atema naturalistico; preparazione di esemplari animali evegetali per la musealizzazione. Gli incontri avevano unalinea tematica definita e completa, senza tuttavia rigi-dità che potesse annoiare o togliere spazio a interessi ecommenti dei ragazzi. Le conoscenze scientifiche, sol-lecitate/supportate dalle esperienze e dalle osservazioni,venivano integrate progressivamente, in risposta a do-mande, osservazioni e dibattiti collettivi. L’immagina-zione, l’ispirazione e la creatività che l’osservazione delmateriale museale sviluppava, sono state incoraggiatecon la realizzazione di espressioni anche artistiche (traarte e scienza), come il disegno, la pittura, le composi-zioni letterarie, tavole illustrative, ecc., che sono stateesposte in Museo. Lo storytelling ha fatto parte di questeattività creative ed espressive, certamente preferite allacompilazione di resoconti o questionari. Molti ragazzihanno gradito raccontare sotto forma di storia le loro im-

pressioni ed hanno apprezzato il fatto che queste venis-sero “portate fuori”, cioè fatte conoscere all’esterno delcarcere come loro prodotto/voce. La digitalizzazione èstata realizzata con un gruppo campione di sei ragazzi,con risultati di grande soddisfazione e orgoglio dei ra-gazzi stessi e degli operatori sia del carcere che delMuseo. Gli storytelling digitalizzati e le esperienze mu-seali sono stati oggetto e tema dell’esame di licenzamedia sostenuto dai giovani detenuti. La valutazioneglobale di questo progetto appare estremamente posi-tiva e mette in luce le grandi potenzialità del Museoanche in situazioni imprevedibili e inesplorate. In tutti iragazzi, malgrado le problematiche di demotivazione,comunicazione e apprendimento, sono stati riscontraticonsapevoli incrementi o revisioni di conoscenze, au-mento di interesse ed anche cambiamento di attitudiniverso gli animali e le piante, la natura in generale, testi-moniati anche negli storytelling. Le attività, basate sull’esperienza piuttosto che sullatrasmissione frontale, hanno coinvolto tutti, di ogni etàe nazionalità ed hanno facilitato la partecipazioneanche di chi non conosceva la lingua italiana o non erascolarizzato. Lo staff del Museo è stato generalmenteben accolto, rispettato e stimato per la particolare spe-cializzazione /competenza (a tutti sconosciuta) e per lanovità dei temi e delle modalità di lavoro. Molti ragazzi erano interessati ad una possibile profes-sionalizzazione museale (anche il tassidermista ha par-tecipato alle esperienze). Il Museo in classe ha datoun’impronta di rinnovamento e di vivacità anche al la-voro degli insegnanti e degli operatori del carcere. Nu-merosi ragazzi, appena usciti dal carcere hanno visitatoil Museo, soli o in compagnia di amici. Ad oggi il rapportodel Museo con l’IPM continua con una nuova serie diesperienze.

Le attività pilota con i giovani rifugiatiUscire dall’invisibilitàIl Civico Zero è un Centro diurno sostenuto da Save theChildren, situato in un quartiere popolare di Roma (SanLorenzo). Accoglie giovani rifugiati politici, ma anche ra-

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gazzi Rom, ex-detenuti e/o con disagi sociali. I giovaniricevono assistenza, ma sono anche coinvolti in varie at-tività culturali e di intrattenimento. Per i ragazzi rifugiatiesistono prevedibili problemi di inclusione nella vita enella cultura cittadina (come in altri Paesi europei). Moltidi questi giovani sono reduci da storie terribili di guerra,persecuzione, violenza e sono in cerca di migliori qualitàdi vita; tuttavia le condizioni che trovano al loro arrivonon sono sempre quelle sperate; vivono generalmenteconfinati nei centri di accoglienza, dove diventano “invi-sibili”; qualcuno riesce a frequentare le scuole speciali(CTP), tuttavia in una situazione transitoria, instabile,spesso senza prospettive per il futuro. Diversamente dairagazzi del carcere, abbiamo riscontrato nei numerosiragazzi rifugiati incontrati interessi e motivazioni ad ap-prendere, frenati/offuscati tuttavia dai problemi del sen-tirsi accettati o dell’essere inseriti, della perditadell’identità e delle differenze culturali e linguistiche, maanche della mancanza di riferimenti. Probabilmente que-sti ragazzi necessitano solo di contatti, incoraggiamentoe accoglienza socialmente generosa, per partecipare at-tivamente alle attività culturali; un museo può in questocaso fungere da “contact zone” (Clifford, 1997) intercul-turale e luogo dell’accoglienza ed è questa l’immaginestrategica del Museo che abbiamo cercato di alimentarecon questi giovani.

Dopo preliminari contatti con i responsabili del Centro,sono stati organizzati incontri con i primi ragazzi al CivicoZero, portando gli esemplari del Museo mobile. Nessunodei ragazzi incontrati (e nessuno di quelli che successi-vamente ha visitato il Museo) aveva mai visitato unmuseo scientifico; la maggior parte non ne immaginaval’esistenza o anche non aveva rappresentazioni mentalidi alcun museo, in quanto proveniva da Paesi in cui l’isti-tuzione museale non esiste o non è interiorizzata/colti-vata come valore. Il Museo è stato visitato, nel corso dinumerosi incontri concordati, da oltre un centinaio di ra-gazzi; le visite si svolgevano nelle sale e nei laboratori,giovani ospiti e équipe del Museo insieme, senza itine-rari rigidi, fermandosi dove l’attrattiva e la curiositàerano maggiori per i ragazzi (generalmente dove questiritrovavano ricordi o testimonianze dei loro Paesi di pro-venienza) e lasciando loro tempo per “orientarsi” in unastruttura spaziale, comunicativa, concettuale e filosoficatotalmente nuova. Gli operatori del Museo incoraggia-vano curiosità e osservazioni, racconti e commenti, nelrispetto di identità e differenze culturali; fornivano infor-mazioni scientifiche in risposta ai quesiti o come ele-mento di dialogo e scambio di saperi. Tutti i ragazzihanno partecipato ad un laboratorio di tassidermia(come e perché venivano conservati gli animali eranogeneralmente la domande più frequenti). Gli incontri

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sono continuati al Civico Zero ed alMuseo, per realizzare numerosi sto-rytelling digitali.Il successo delle strategie messe incampo è testimoniato da vari ele-menti. I rapporti con l’équipe delMuseo sono stati sempre cordiali eanimati da apertura ed apprezza-mento reciproco, trasformando gliincontri in occasioni di cono-scenza, ma anche di socializza-zione; questa rappresenta unacondizione essenziale per incre-mentare autostima, sicurezzadell’accettazione e fiducia nel-l’Istituzione in questi ragazzi.Tutti hanno mostrato vivacità,curiosità, una straordinaria ca-pacità di entusiasmarsi e mera-vigliarsi di fronte agli animalidel Museo, alla lettura/interpretazionescientifica fornita daglioperatori ed infine du-rante i laboratori. Moltisono tornati al Museo piùvolte, superando difficoltà,distanze e problemi ditempo, conducendo ancheparenti ed amici, semprepiù spontaneamente esenza richiedere particolareassistenza. Hanno preparatoarticoli sul loro giornale, rea-lizzato filmati e servizi foto-grafici. Per tutti il Museo èstata una gratificante sco-perta e un luogo dove ritro-varsi con atteggiamentosereno e amichevole. Datol’apprezzamento dei ragazzi,si è concordato con il Centro

Civico Zero di effettuare men-silmente visite al Museo con i“veterani” e con i nuovi.Anche con i giovani rifugiati èstato sperimentato lo storytel-ling digitale, sperimentazioneparticolarmente interessante,in quanto ha coinvolto ragazzidi culture diverse. Gli storycir-cle avevano grande successo dipartecipazione anche con i piùtimidi e riservati, che di fronteall’opportunità di “raccontarsi”ed essere ascoltati si sono apertied hanno scritto o dettato la lorostoria. Tra le molte storie raccoltene sono state digitalizzate undicicon la partecipazione attiva(anche se discontinua) di molti ra-gazzi. Da tutte emergono nuoveconoscenze, emozioni e ricordi in-nescati dal Museo, oltre a memo-

rie di vita passata e dei Paesi o delleculture di provenienza.

Le attività pilotacon i nuovi cittadini immigratiLa cultura oltre la scuolaGli immigrati “regolari” e inseriti nelmondo del lavoro, a Roma (come inaltri Paesi d’Europa) sono diverse mi-gliaia e di varie nazionalità. General-mente questi nuovi cittadini nonsono rappresentati nei pubblici mu-seali ed abbiamo avuto indizi discarsa partecipazione culturale (al difuori di iniziative speciali), dovuta amancanza di informazioni, risorseeconomiche, ma anche poca attitu-dine alla fruizione. A Roma esistono

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scuole speciali per adulti, frequentate da extracomunitaridi età, culture, professioni diverse, evidentemente desi-derosi di acquisire un titolo di studio e una formazioneculturale del Paese accogliente (CTP). La caratteristica ècomunque che le classi sono formate unicamente da cit-tadini stranieri senza titoli di studio riconosciuti in Italia (ototalmente senza titoli di studio). Le difficoltà di comuni-cazione sono sensibili, perché all’infuori degli insegnanti,nelle classi nessuno è padrone della lingua italiana. Lascuola viene frequentata con discontinuità per motivi dilavoro, di permessi di soggiorno o semplicemente di pocacostanza (o interesse culturale) degli studenti. I pro-grammi scolastici sono parzialmente allineati a quellidella scuola pubblica e spesso risultano difficili, astratti oestranei rispetto alla preparazione/concezione culturalee linguistica ed alle problematiche di questi studenti; al-cuni insegnanti selezionano gli argomenti sulla base dellapresunta utilità. Le lezioni, anche per esigenze di orarioed organizzazione, non vengono supportate da laboratorio esperienze pratiche e le occasioni di ampliamento delleesperienze culturali sono scarse o assenti, affidate allabuona volontà dei docenti. Malgrado quindi la stabilizza-zione a Roma, l’integrazione e lo scambio culturale traquesti nuovi residenti e la cultura locale “restano in su-perficie” e avvengono solo attraverso la scuola o la vitadi ogni giorno; la fruizione culturale libera (e/o l’attitu-dine) è praticamente assente e, apparentemente, lascuola non è sufficiente a stimolarla o a costruirla comealternativa per la qualità della vita. Il progetto pilotaquindi, ha avuto lo scopo di valutare la risposta di uncampione consistente di questi nuovi cittadini ad un’of-ferta culturale per loro così insolita come quella delMuseo. Il progetto è stato proposto agli insegnanti di unodi questi Centri/Scuola speciale per adulti. Alcuni inse-gnanti hanno accettato di partecipare in vista di una in-tegrazione delle lezioni scolastiche, altri insegnanti sonostati più aperti all’esplorazione ed alle potenzialità di que-ste nuove esperienze, senza irrigidirle necessariamentenei curricoli. Anche con questo gruppo pilota è stata riproposta la for-mula dell’incontro con invito in sede e osservazione del

materiale, delle visite informali al Museo e della restitu-zione. Sono state coinvolte durante un anno numeroseclassi, per un totale di oltre duecento studenti. Pur risie-dendo a Roma e frequentando una scuola pubblica, nes-suno di questi conosceva musei scientifici, ma anche altrimusei, malgrado l’abbondanza di questi in Città. Quasitutti non avevano rappresentazioni mentali di musei e/osi chiedevano cosa fossero (“Cos’è un Museo? Non riescoa pensarlo”). L’attività di esplorazione in classe ha solle-vato interessi, curiosità e voglia di conoscere, eviden-ziando l’esigenza di concretezza e sperimentazionediretta degli studenti. Molte storie con animali, anchepersonali, sono state raccontate e scritte prima delle vi-site al Museo, contribuendo a creare un ponte tra espe-rienze e culture comuni e formali. Il Museo è statopresentato come campo di esplorazione e confronto tranarrative locali/comuni e della scienza, più che comeun’aula scolastica. Per tutti è stata una scoperta che glianimali siano oggetto di conservazione patrimoniale (ilconcetto di musealizzazione). Dopo le prime visite “en-tusiastiche”, alcuni studenti sono tornati al Museo in piùturni per frequentare laboratori di approfondimento inorario scolastico; hanno realizzato vari lavori sull’espe-rienza e organizzato una manifestazione di restituzione

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presso un Centro culturale cittadino. Delle numerose sto-rie raccolte, tre sono state digitalizzate con una parteci-pazione attiva (sebbene discontinua) degli storyteller,che anche nelle forme espressive riflettono le peculiaritàculturali. Non ci risulta tuttavia che qualcuno di questigruppi/studenti sia tornato liberamente al Museo el’esperienza condotta sembra che sia rimasta confinatanella dimensione scolastica; l’immagine della fruizioneculturale libera e spontanea come elemento di crescitapersonale e sociale probabilmente è difficile da costruire;come può contribuire il Museo?

Le attività pilota con i non udentiRompere il silenzio“A seconda dell’età di insorgenza e del grado di sordità,ci può essere una compromissione più o meno grave dellinguaggio e nell’apprendimento della lettura e scrittura[...] si presenta come disabilità silenziosa o invisibile [...]l’handicap rappresenta l’insieme degli impedimenti edei limiti che la persona sorda incontra nel parteciparealle attività sociali e non è oggettivamente misurabile

[...] Ciò ha portato a costituire tra le persone sorde unavera e propria comunità molto coesa a volte anchechiusa all’esterno a causa di questa mancanza di atten-zione, riconoscimento e servizi. Si parla infatti di un’iden-tità sorda o addirittura di un orgoglio sordo incontrapposizione al modello udente” (Valeria Bodò). An-cora oggi, nonostante una crescente attenzione nei con-fronti della sordità e della comunità sorda, la realtàquotidiana delle persone sorde è spesso quella di isola-mento culturale, dovuta alla mancata garanzia dei ser-vizi: raramente infatti gli eventi o i servizi culturali anchepubblici prevedono l’uso della lingua dei segni, igno-rando la marginalizzazione e l’isolamento a cui vengonoconfinati i portatori di questa disabilità, per mancanzadi interazioni, stimoli, percezioni e feedback esterni.Questo è stato il primo progetto del Museo dedicato atale categoria di disabili ed è stato reso possibile dallapresenza nello staff di due esperte nella lingua dei segni(LIS), in grado di colmare il gap comunicativo; la loroesperienza anche come educatrici è stata tuttavia fon-damentale nella gestione dinamica e stimolante delle

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attività. Inizialmente sono stati presi accordi di collabo-razione con l’Istituto Statale per i Sordi di Roma, che or-ganizza scuole e programmi culturali specializzati edinclude esperti per la sordità. Alcuni esponenti dell’Isti-tuto, essi stessi sordi, hanno visitato il Museo con lo staff,per esplorarne le potenzialità. Si è deciso quindi di coin-volgere i potenziali visitatori attraverso un messaggio inweb, invitandoli a partecipare ad un progetto di valoriz-zazione e promozione del Museo presso la popolazionesorda; il presupposto era che un coinvolgimento attivo inquesta impresa sarebbe stato più invitante delle sem-plici visite. Il messaggio visibile su Youtube non ha avutoil successo sperato. Pertanto si è deciso di contattareesponenti della comunità sorda, adottando lo schema disuccesso dell’invito diretto e dell’attivazione di curiositàattraverso l’esplorazione degli animali del Museo mo-bile. È stato scelto per questo il Circolo “Tommaso Silve-stri” di Roma, con i cui esponenti erano in contatto ledue esperte LIS. Sono stati necessari numerosi incontri,anche settimanali, per catturare la curiosità; “la parteci-pazione attiva del pubblico speciale è possibile soloquando il pubblico si sente accolto, protetto, compreso”(Valeria Bodò): il filo conduttore dell’esperienza è statostabilire un rapporto di fiducia e riuscire a comunicare,prima della visita al Museo. La visita si è svolta con lapresenza contemporanea di personale del Museo e delledue esperte della lingua dei segni, che hanno lavoratosia come attivatori della visita che come traduttori e me-diatori degli scambi con i museologi. L’approccio è statointerattivo, mai frontale, arricchito dal contatto direttocon esemplari e da un laboratorio di tassidermia. Tutti ipartecipanti hanno espresso vivo interesse e desiderio ditornare in Museo. Gli stimoli e le domande sono statitanti; è possibile che la grande quantità di messaggi vi-sivi (e tattili) che il Museo fornisce costituiscano un am-biente favorevole alla motivazione ed all’interazione perquesta disabilità, compensando la mancanza di comuni-cazione/percezione sonora. Gli incontri sono proseguiti alCentro per la realizzazione di tre storytelling, con vocenarrante e lingua dei segni.

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Dall’esperienzaalla riflessione

Le metodologie di lavoro adottate dall’équipe, che pre-vedevano ricerca azione, valutazione e formazione con-tinua, hanno stimolato alcune considerazionisull’impatto delle singole esperienze e il valore delMuseo rispetto a parametri come, ad esempio, “il valoreeducativo, esperienziale e la capacità di mettere in rela-zione/agire come network e mediatore tra gruppi socialio istituire partenariati” (The Netherland Museum Asso-ciation, DSP-GROEP, 2011).

L’impatto e il valore socio-culturaledelle esperienze in MuseoLe attività del progetto pilota sembrano aver avuto unruolo determinante nello stimolare nuoveconoscenze/competenze, cambiamenti di idee, atteg-giamenti e valori, incremento della creatività e dell’ispi-razione, rinforzando anche identità ed autostima;ulteriore conferma della grande potenzialità e ricchezzadell’esperienza museale anche con persone potenzial-mente marginalizzate e/o con svantaggi socio-culturali ofisici. Le esperienze nel Museo sono state vissute conevidente interesse e grande partecipazione da tutti, in-dipendentemente da età, provenienza e preparazioneculturale. I nuovi visitatori entravano per la prima voltain un museo scientifico (o per la prima volta conosce-vano oggetti museali) e, a quanto emerge dalle loro di-chiarazioni, nessuno è rimasto deluso, annoiato oscontento. Il Museo ha inoltre creato nuove occasioni diaggregazione sociale, basate sul richiamo/approccio cul-turale, nuove per la maggior parte dei gruppi e rivelatomodalità di lavoro o stili di vita sconosciute a questi par-ticolari cittadini. Per gli operatori, i progetti pilota hannofornito occasioni di sperimentazione di nuovi percorsimuseali e forme di comunicazione; nuove esperienzeprofessionali con produzione e scambio di innovazioneculturale «inter» professionale-istituzionale-culturale-

generazionale, ecc.; opportunità di ricerca sociale ededucativa.

Lo storytelling digitale in DIAMONDL’obiettivo di DIAMOND era di utilizzare lo storytelling di-gitale come mezzo espressivo della relazione col Museoe valutare la sua efficacia, con persone a rischio di mar-ginalizzazione o con problemi di inclusione culturale(vedi anche il capitolo sullo storytelling). In questa spe-rimentazione lo storytelling si è confermato idoneo atutte le diversità culturali ed allo stesso tempo ha per-messo di valorizzarle. Il DS si è rivelato uno strumentoefficace: ha favorito l’espressione della creatività, la fan-tasia, l’ispirazione sollecitate dal Museo ed allo stessotempo ha agito come rinforzo dell’esperienza museale;si è rivelato uno mezzo versatile e non escludente o se-lettivo, non discriminante culturalmente, altro che perle competenze tecniche della digitalizzazione (benchémodeste). È quindi uno strumento promettente per lavalutazione della qualità e dell’efficacia del Museo, perla sua potenzialità di esplicitare impatti diversi, attesi edinattesi.

Dagli storytelling realizzati per DIAMOND emergono leconoscenze/esperienze più significative, ma anche leemozioni provate in Museo o con gli oggetti museali.Emergono le storie personali, le identità ed i valori cultu-rali degli storyteller. I due temi suggeriti “Io mi raccontoal Museo” e “Io racconto il Museo” sono stati sviluppatidiversamente da persona a persona, facendo emergerediversi stili ed obiettivi narrativi. In alcune storie il Museoè l’elemento attivatore, in altre è il pretesto per raccon-tare/elaborare ricordi o esperienze personali; in partico-lare, comprensibilmente, nei giovani detenuti, rifugiatipolitici ed anziani. Le esperienze di storytelling hanno ri-badito il valore sociale degli storycircle, cioè della rela-zione emotiva e cognitiva che si stabilisce tra narratori edascoltatori, verificato in particolare con immigrati, rifu-giati e detenuti. L’attività di registrazione, recupero delle immagini e di-gitalizzazione ha creato opportunità di nuove relazioni e

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sinergie tra gli storyteller/visitatori e operatori del Museo.La sperimentazione ha evidenziato il valore del Museocome attivatore di storytelling e viceversa il valore dellostorytelling come esaltatore del potere comunicativo edimmaginifico del Museo e dell’esperienza museale. Oltreil valore cognitivo, il Museo (i musei) è per eccellenza ilposto dell’immaginazione e questa potenzialità va sfrut-tata per incontrare persone con disagio, svantaggio,esclusione o marginalizzazione culturale e permettereloro di rendere personalmente significativa l’esperienzamuseale.

Lavori in corso...ovvero, oltre il progetto pilotaContributo al rinnovamentodell’Agenda del MuseoLe richieste di intervento continuano ad arrivare daglistessi gruppi sperimentali del progetto pilota, in partico-lare dal carcere e dal Civico Zero. Le attività con questigruppi proseguono con varie iniziative. Il progetto pilotasviluppato con DIAMOND (come d’altra parte i due pro-getti preliminari) ha un valore di sperimentazione e rap-presenta solo un modello di lavoro, ma ha fornitoindicazioni che possono essere utili per interventi benpiù consistenti e continuativi sui contesti di marginaliz-

zazione di una città come Roma. Il successo ottenutocon i gruppi pilota, infatti, testimonia la bontà dei metodie stimola a allargare questo tipo di esperienze; rivelainoltre le potenzialità del Museo (dei musei scientifici)nel campo della sostenibilità sociale, dell’inclusione cul-turale e delle ricerche connesse con il miglioramentodella qualità della vita. Dal punto di vista del Museo edel suo Bilancio sociale (elemento fondamentale di va-lutazione) l’esperienza è positiva oltre la sperimenta-zione, sia per il contributo di cultura comunque fornito aquesti particolari cittadini, sia perché ha promosso inMuseo un’apertura verso complesse realtà territoriali,ruoli e impegni più rilevanti per la trasformazione e l’ar-monia sociale e una ricerca sulle forme di dialogo capacidi far da ponte tra culture, interessi, linguaggi e contestisocio-culturali dimenticati o disagiati. L’esperienza haincoraggiato una ridefinizione del ruolo e dell’immagineinterna ed esterna del Museo, senza nulla togliere airuoli storici: Museo come spazio per l’accoglienza e lapartecipazione, l’incontro e la mediazione multi-intercul-turale e l’integrazione sociale. Oggi il Museo rivolgemaggiore e consapevole attenzione ai cittadini “non vi-sitatori” e potenzialmente esclusi e ha avviato ricerchepiù assidue per monitorare l’evoluzione del rapporto conil territorio.

BibliografiaClifford J., 1997. Routes: Travel and Translation in the Late Twentieth Century. Harvard University Press.Eurobarometer 224/2005. Europeans, Science and Technology.Eurobarometer 2008. Qualitative study on the image of science and the research policy of E.U.THE NETHERLAND MUSEUMS ASSOCIATION, DSP-GROEP, 2011. More Than Worth It. The Social Significance of Museums.www.museumverenuging.nl/Portal/0/NMV%20’More%20than%20worth%20it’.pdf.Falchetti E., 2007. Costruire il pensiero scientifico in museo. Museologia Scientifica Memorie, n°1.Falchetti E., 2010. Perché visito i musei scientifici. Risultati preliminari di un’inchiesta sui pubblici del Museo Civico di Zoologia diRoma. In: Falchetti, E. & Forti G., Musei scientifici italiani verso la sostenibilità. Museologia scientifica memorie, 6, pp. 242-247.UNESCO, 1999. Declaration on Science and the Use of Scientific Knowledge. http://www. Unesco.org/science/wcs/eng/declaration_e.htm.

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l’ambiente, e anche alla museologia. Queste giornaterappresentano un’opportunità per gli specialisti da di-verse istituzioni (a livello sia nazionale che internazio-nale) di presentare i risultati del loro lavoro di ricerca.La maggior parte dei visitatori è costituita da scola-resche (dalla scuola primaria a quella superiore), male nostre mostre sono visitate anche da altre catego-rie di pubblico, quali ad esempio i pensionati, i bam-bini in affido, i detenuti.Se inizialmente il rapporto tra Museo e pubblico potevaessere semplicemente ricondotto alla visita (in gruppo oindividuale), oggi la rete di relazioni si è estesa. Ad esem-pio, allestiamo mostre itineranti presso diverse scuolecon il supporto educativo dei nostri operatori. La colla-borazione tra il Museo e istituzioni quali le scuole e i col-lege si fonda su progetti educativi che possono andaredalla semplice visita ai nostri spazi espositivi a presenta-zioni multimediali che prevedono il coinvolgimento dialunni e studenti. Sempre in collaborazione con la scuola,

il Museo organizza attività a tema organizzate in un ciclodi eventi che seguono una sorta di “calendario ecolo-gico” (“La Giornata della Terra”, “La Giornata della Biodi-versità”, ecc.).Il nostro Museo è attualmente interessato da un processodi rinnovamento: gli allestimenti sono moderni, e i me-todi da noi impiegati per promuovere un accesso quantopiù ampio possibile sono di natura interattiva, ovvero tesia incoraggiare un grado più elevato di coinvolgimentodel visitatore nel processo di scoperta delle informazioniscientifiche.Anche il rapporto tra gli specialisti e il pubblico è statoconsolidato negli ultimi anni grazie a una serie di progettieducativi che hanno reso il Museo un’istituzione semprepiù aperta. Abbiamo le risorse finanziarie e (soprattutto)umane necessarie a sviluppare una connessione piùstretta con la comunità locale.Il numero dei progetti educativi è cresciuto nel corsodegli anni, e così il numero di idee. Nel 2009, ad esempio,

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abbiamo promosso un progetto dal titolo “Il Museo vienea trovarti”, che ci ha offerto l’opportunità di sviluppareuna serie di mostre itineranti per le scuole. Gli specialistihanno ideato mostre che andavano incontro ai bisognidegli insegnanti di biologia che non potevano organiz-zare una gita al Museo per i loro studenti. Nella Conteadi Bacau vi sono numerosi piccoli centri abitati molto di-stanti dal Museo, e le nostre mostre sono state una ven-tata d’aria fresca per le comunità locali. Le più popolarisono state: “L’inquinamento, quali scenari futuri?”, Spe-cie protette di anfibi e rettili” e “La trappola e il tesoronel tuo piatto”. Le metodologie impiegate sono ispirate ai modelli di ap-prendimento attivo e costruttivo e finalizzate al coinvol-gimento cognitivo, emotivo e sensoriale dei visitatori,come pure alla promozione del dialogo socio-culturale,dello scambio e dell’interazione.

Lo sviluppo del nostro pubblicoAbbiamo consolidato i rapporti di partenariato con lescuole e dedicato una nuova attenzione ad altre catego-rie di pubblico. Quando ci siamo trasferiti nella nuovasede, il Museo non era molto conosciuto. I nostri pubbliciprecedenti tornavano a visitarci quando inauguravamouna mostra temporanea, ma abbiamo dovuto svilupparediversi progetti espositivi permanenti per fidelizzarli.La Contea di Bacau ha un contesto culturale vivace, e la

nostra offerta doveva essere migliorata. Abbiamo imple-mentato una politica ispirata al principio che “tutti hannodiritto di accesso alla cultura”, mantenendo i prezziquanto più bassi possibile. Ma nonostante la ricchezzadelle sue collezioni e dei suoi programmi, il Museo è an-cora relativamente poco conosciuto e visitato dai citta-dini di Bacau. Per questo abbiamo arricchito l’offertaculturale della nostra istituzione con nuove attività rivoltea diverse categorie di pubblico, cercando di potenziarel’aspetto sociale delle visite.Offriamo programmi quali ad esempio scuole estive, vi-site in diverse fasce orarie (ad es. “Una notte al museo”),presentazioni multimediali su temi specifici, tavole ro-tonde, in modo da accogliere un pubblico più diversifi-cato.Il museo è così diventato uno spazio nuovo, dovevisitatori di età, genere, background culturale, educativoe sociale diversi si possono incontrare. Questa strategiaci ha portati a sviluppare un progetto di apprendimentopermanente tarato sulle esigenze sociali del nostro ter-ritorio. In tal modo, gli specialisti dei musei scientifici di-ventano specialisti con un ruolo importante nella società.Sviluppando i nostri pubblici di riferimento, contribuiamoallo sviluppo della nostra società. I progetti educativisono parte integrate dei piani annuali del Museo, comestrumento cruciale per l’ampliamento del pubblico. IlComplesso museale di Scienze Naturali “Ion Borcea” hauna lunga esperienza nella ideazione e realizzazione di

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progetti educativi rivolti alle scuole locali, dalle aree ur-bane e rurali della Contea di Bacau. All’inizio, questi pro-getti erano incentrati sulla presentazione di informazioniriguardanti determinate tematiche scientifiche; neltempo, si sono trasformati e adattati ad altri gruppi di de-stinatari. Così, gli specialisti della nostra istituzione sonocoinvolti in progetti educativi che si propongono di intrec-ciare la sfera educativa e quella sociale.Nella sfera educativa, i progetti sono rivolti agli studentidelle aree urbane e rurali, con l’obiettivo esplicito di age-volare l’accesso alla cultura e alla scienza. In tal senso, ilComplesso museale di Scienze Naturali ha realizzato piùdi duecento progetti negli ultimi cinque anni.Nella sfera sociale, i nostri progetti educativi sono dedi-cati a categorie di persone che abitualmente non fre-quentano il museo, quali ad esempio i pensionati, idetenuti, i pazienti delle case di riposo, i bambini in affidoe quelli che vivono nelle aree più deprivate della Contea.

Questi progetti comprendono:- presentazioni multimediali;- esperienze sul campo;- workshop;- mostre itineranti;- visite al Museo;- scuole estive;- attività scolastiche.

Oggi i musei hanno un ruolo chiave, in linea con le esi-genze della comunità locale e con le sue problematichesocio-culturali.

Uno sguardo al futuroGli attuali programmi del nostro Museo saranno svilup-pati in modo da rispondere all’agenda culturale della co-munità. Dall’inizio della crisi globale il Museo “IonBorcea”, come altri musei, ha riformulato la propria

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fondazioni culturali, centri sociali e case di riposo.Il coinvolgimento nel progetto europeo DIAMOND è statoun’opportunità per sviluppare una maggiore consapevo-lezza di bisogni sociali che normalmente non vengonopresi in considerazione. L’ampliamento dei pubblici cuici rivolgiamo è o dovrebbe essere una attenzione co-stante del museo. Molti dei nostri partner tradizionalisono attualmente coinvolti in progetti che prevedono lamobilità di studenti europei con visite alla nostra Conteae naturalmente al nostro museo. Questo è un altro fat-tore che ci ha convinto a diversificare il nostro pubblico.In Romania, pochi musei hanno sinora adottato strategiemoderne e interattive per creare nuove connessioni conil pubblico, migliorando ad esempio i propri allestimenti.Questa situazione è in larga parte dovuta alle condizionifinanziarie del settore culturale nel nostro Paese. Più direcente, grazie alle opportunità offerte dai finanziamentidell’Unione Europea, alcune istituzioni culturali hanno co-nosciuto una vera e propria rinascita. Alla luce di questeriflessioni, il Museo “Ion Borcea” ha promosso un pro-getto pilota dal titolo “DIAMOND – La conoscenza attivadel museo scientifico, un ponte tra generazioni”. I museiscientifici devono essere pronti a creare connessioni contutte le categorie di pubblico. L’utilizzo di metodologieinterattive, la tecnologia digitale e i progetti che portanoil museo fuori dalle mura sono alcune tra le azioni da svi-luppare nel futuro.

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agenda e riequilibrato la propria offerta in linea con lenuove esigenze socio-culturali. I risultati sono incorag-gianti e la reazione del pubblico non ha portato a un calodel numero di visitatori – al contrario. Il nostro Museo rap-presenta un’oasi di normalità in mezzo a una società chevive in una fretta continua, e non sembra avere tempoper sé. In una prospettiva sociale, i musei scientifici hanno do-vuto potenziare il proprio ruolo e impatto sulla vita dellacomunità di riferimento. La disponibilità del pubblico avisitare i musei scientifici è strettamente connessa nonsolo alle condizioni socio-economiche, ma anche a que-stioni più ampie di qualità della vita. Negli ultimi anni ab-biamo condotto studi accurati sui nostri pubblici, epossiamo affermare con orgoglio non solo che il numerodi visitatori è cresciuto, ma anche che le fasce di popo-lazione coinvolte sono più diversificate rispetto a diversianni fa. I numeri: ventitremila visitatori circa all’annosono una cifra significativa per un museo di dimensionimedio-piccole come il nostro (ma c’è sempre spazio peraltri visitatori). Sebbene la tipologia di pubblico più rappresentata siasempre quella delle scolaresche, negli ultimi anni si sonoaggiunte nuove categorie grazie ai progetti che hannovisto il coinvolgimento della comunità locale. In tal modo,ai nostri partner abituali (le scuole) si sono aggiunte as-sociazioni locali e centri di aggregazione per gli anziani,

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DIAMOND, la conoscenza attiva del Museo scientifico,un ponte tra generazioni

Progetto pilotaIl progetto pilota è stato ufficialmente lanciato nel lugliodel 2013, per concludersi alla fine di marzo del 2014. Ilsuo obiettivo principale è stato di implementare la meto-dologia dello storytelling digitale (DS) e di rendere lascienza accessibile a una categoria di pubblico normal-mente esclusa dalla partecipazione attiva alla vita cultu-rale della città – gli anziani.Nella Contea di Bacau, e più in generale in Romania, iprogetti dedicati a questa fascia di età sono rari e occa-sionali. Alcuni passi nella giusta direzione sono già staticompiuti, soprattutto a partire dal 2007, quando la Ro-mania è entrata a far parte dell’Unione Europea. Gli ul-timi anni hanno visto l’implementazione di numerosiprogetti, con il conseguente incremento delle attività cheprevedono il coinvolgimento degli anziani.Il progetto pilota ha portato i giovani specialisti del Museo“Ion Borcea” a confrontarsi con gli anziani ospitati nellestrutture assistenziali della Contea di Bacau. Per i desti-natari, è stata un’opportunità di incontrare gli specialistidel Museo e di conoscere nuovi modi di utilizzare la tec-nologia.Il gruppo dei partecipanti era composto da venticinqueanziani. I nostri partner erano due enti della città diBacau impegnati in ambito sociale: il Centro per la curae l’assistenza degli anziani da Rãchitoasa, Contea diBacau (parte del Dipartimento generale per l’assistenzasociale e la cura dei bambini) e la Fondazione “Constan-tin Brâncoveanu” per l’Educazione, lo Sviluppo e il So-stegno alla Comunità.Il progetto pilota si è proposto di promuovere la compren-sione, la comunicazione e la diffusione delle informazioniscientifiche, tenendo in considerazione le differenze so-ciali e culturali della società contemporanea.

Obiettivi:- facilitare l’accesso dei destinatari all’informazione

scientifica grazie a nuove modalità interattive; - formazione professionale degli specialisti del Museo

(settore culturale) e dei partner di progetto (settoresociale) nella metodologia del DS;

- ampliamento del pubblico del Museo “Ion Borcea” at-traverso l’inclusione di anziani ricoverati o assistiti, chenormalmente non prendono parte alle attività pro-mosse dal Museo;

- implementazione nelle istituzioni partner della meto-dologia del DS, offrendo a 12 professionisti (8 dalmuseo e 2 da ciascuno degli enti partner) l’opportu-nità di partecipare a un percorso formativo;

- promuovere una maggiore consapevolezza del ruolodei musei scientifici come veicoli per mobilitare gliadulti e favorire nuove opportunità di inclusione so-ciale di categorie svantaggiate.

Risultati attesi:- formazione professionale nell’utilizzo del DS degli spe-

cialisti selezionati presso il Museo (settore culturale) ele due istituzioni partner (settore sociale);

- facilitare l’accesso dei destinatati all’informazionescientifica;

- creare venticinque storie digitali, parte delle quali sa-ranno incluse nel video finale del progetto DIAMOND;

- utilizzare le storie digitali realizzate nell’ambito di DIA-MOND sia per diffondere il progetto, sia per promuo-vere la comprensione del ruolo che i musei scientificisvolgono nei processi di inclusione socio-culturale.

La sostenibilità del progettoIn un mondo in continuo movimento e in un contesto dicontinuo sviluppo delle tecnologie digitali, l’inclusione so-ciale, culturale ed educativa sta acquisendo un ruolosempre più centrale nella missione dei musei. I musei devono contribuire alla promozione di un sensodi identità collettivo, alla coesione sociale, alla lotta con-tro qualsiasi forma di discriminazione, allo sviluppo dicompetenze interculturali e della partecipazione attiva

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In un momento successivo, abbiamo fornito ai parteci-panti alcune informazioni sull’Himalaya attraverso la pre-sentazione multimediale “Himalaya – una montagna,una leggenda”; in questa occasione, abbiamo anche par-lato di DS in generale, e presentato alcune delle storiedigitali realizzate nell’ambito del percorso formativo cuiabbiamo partecipato a Bucarest.Questa scelta ha messo i destinatari a loro agio, li ha resipiù aperti a nuove esperienze e più curiosi rispetto alMuseo e alle sue collezioni.Negli incontri successive, i temi presentati erano “Piantecarnivore”, “Flora e vegetazione dalla Contea di Bacau”e “La Foresta – un inestimabile diamante del Pianeta”.Seguendo la metodologia del DS, abbiamo scritto in-sieme le storie, registrato le voci e illustrato le storie condelle immagini. Infine, le storie sono state presentate e condivise in duesessioni finali, una per ciascun partner di progetto.Dopo le attività di condivisione abbiamo organizzato dueulteriori incontri al Museo e al Centro Anziani per som-ministrare i questionari di valutazione del livello di gradi-mento dei partner di progetto e dei destinatari, chehanno anche avuto l’opportunità di acquisire maggioriinformazioni sulle piante medicinali e i loro fiori. La scansione temporale delle attività è stata pensata infunzione del raggiungimento degli obiettivi del progettopilota, alternando le attività scientifiche agli incontri de-dicati alla implementazione della metodologia del DS.Sebbene all’inizio del progetto il metodo del DS sia statoaccettato con qualche riserva, nella fase di realizzazionedelle attività i destinatari hanno cambiato atteggiamentoe si sono aperti al gruppo di lavoro, raccontandoci storiesu di sé e anche sulle loro famiglia.Al fine di valutare l’efficacia del progetto pilota, abbiamoutilizzato una serie di strumenti che potessero dimo-strarne gli esiti sotto il profilo dello sviluppo di nuove co-noscenze e capacità da parte dei destinatari.Come appena accennato, abbiamo somministrato deiquestionari di valutazione del gradimento del progettoda parte sia del gruppo di lavoro coinvolto, sia dei parte-cipanti.

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alla democrazia. Un progetto è sostenibile se tiene inconsiderazione tutte queste componenti. La sostenibilitàè determinata dal fatto che il progetto pilota:- offre casi di studio per i musei e lo sviluppo professio-

nale degli specialisti (che possono essere utilizzati infuturi progetti rivolti agli anziani);

- potenzia il ruolo degli specialisti del Museo e i rapportidi partenariato con altre istituzioni;

- offre modelli facilmente replicabili a livello locale;- offre la possibilità di integrare queste metodologie

nelle attività ordinarie dei musei.

Prima del lancio ufficiale il gruppo di lavoro, compostoda rappresentanti del settore culturale e del settore so-ciale, ha preso parte a numerosi incontri per definire lacronologia del progetto pilota.

Innanzitutto abbiamo pianificato alcune visite dei desti-natari al Museo, in modo che potessero incontrare glioperatori museali nel loro ambiente di lavoro. Dopo unaprima visita, i partecipanti sono tornati portando amici enipoti a vedere una delle nuove mostre.Le visite al Museo sono state seguite da visite del gruppodi lavoro ai destinatari nel loro ambiente di vita quoti-diana. Queste visite avevano l’obiettivo di promuoverela conoscenza reciproca, mettere a proprio agio i parte-cipanti in nostra presenza, e far conoscere l’accessibilitàdel Museo per diverse fasce di pubblico.Le prime visite sono state effettuate allo scopo di pre-sentare ai destinatari la mostra itinerante “Alla caccia ditrofei” e la presentazione multimediale “Le piante medi-cinali e la loro importanza nella vita di ogni giorno”. Peril personale del nostro Museo non è una novità imballarealcuni oggetti e reperti selezionati e portarli in contesti di-versi. Nel corso degli anni abbiamo organizzato diversemostre itineranti nei musei di altre città romene maanche in una serie di scuole della Contea di Bacau. Poiché le attività sono state progettate al fine di creareun rapporto più stretto tra le diverse parti coinvolte, granparte di esse è stata realizzata nel contesto di riferimentodei destinatari.

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Liberi al Museo! Museo Nazionale di Storia Naturale “Grigore Antipa” di Bucarest

fauna protetta nazionale e mondiale, e di trasmissionedelle conoscenze scientifiche con modalità accessibili alpubblico di tutte le età e di tutte le fasce sociali. Il Museo“Antipa” di Bucarest conserva una collezione compostada oltre due milioni di esemplari, alcuni dei quali estre-mamente importanti sotto il profilo scientifico e storico,tanto da poter essere considerati patrimonio dell’uma-

nità. L’esposizione permanente del Museo, con gli esem-plari organizzati in diorami, vetrine chiuse e aperte, siestende su circa quattromila mq. L’offerta culturale ededucativa si è arricchita soprattutto negli ultimi quindicianni, con programmi dedicati a tutte le categorie di visi-tatori, inclusi i portatori di disabilità e altri gruppi social-mente svantaggiati. Grazie alla ricchezza dei serviziofferti ai visitatori, il team del Dipartimento Educativo èriuscito a trasformare la percezione pubblica del Museo.Fino a venti-trenta anni fa, infatti, i visitatori tendevano aprivilegiare le visite occasionali, mentre successivamentela scelta è ricaduta sulle attività di intrattenimento e altreiniziative che il Museo ha iniziato a proporre. Inoltre,l’apertura del Museo al pubblico dei giovani, i programmigrazie ai quali i visitatori sono coinvolti attivamente nel-l’organizzazione di mostre ed eventi, ma anche una seriedi progetti non convenzionali hanno trasformato il Museonella istituzione più popolare e visitata nel suo genere inRomania, come dimostrano le indagini condotte dal Mi-nistero della Cultura. Accanto agli obiettivi di incremen-tare il numero di visitatori, fidelizzare il pubblico eraggiungere alcune fasce sottorappresentate, negli ul-timi cinque anni il Museo ha intrapreso il complesso e de-licato sentiero dell’accessibilità del patrimonio perindividui portatori di disabilità sensoriali e motorie, afronte dei timidi passi sinora compiuti a livello di politichesociali integrate.

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L’impatto sociale dei progetti di educazionescientifica

Dal 2003 il Museo ha promosso progetti speciali ad altavalenza sociale sotto il profilo sia degli obiettivi, sia deidestinatari, ovvero bambini ipovedenti e adulti non ve-denti in visita autonoma al Museo.

Il progetto, dal titolo “Il mondo visto da noi”, realizzatonel 2003 e dedicato agli studenti della scuola di amblio-pia a Bucarest, è stato il primo di questo genere in Roma-nia, incentrato sull’accessibilità del patrimonio esposto esulla trasmissione di informazioni scientifiche sulla biodi-versità. Attualmente, il Museo “Antipa” è il primo museoromeno ad aver creato una guida alle esposizioni per-manenti che può essere utilizzata da persone ipovedentio non vedenti nelle sale più importanti, per i diorami e levetrine dotate di apparati informativi in bassorilievo,sussidi audio e testi scientifici in Braille. Per questo motivo, il Museo di Storia Naturale di Buca-rest è stato menzionato nel 2013 durante la cerimoniadel Premio per la Società Civile, dedicato a progetti e isti-tuzioni che si propongono di cambiare la percezione dideterminati gruppi della società romena, in particolare

quella delle persone con esigenze speciali.Grazie al suo impegno sul fronte dell’accessibilità,solo negli ultimi tre anni il Museo “Antipa” ha otte-nuto diversi finanziamenti (ad esempio da OrangeRomania e da Fondazione Orange Romania) per pro-getti speciali indirizzati a persone con disabilità vi-sive, uditive e motorie.

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“Liberi al Museo!”

Progetto pilotanell’ambito del progetto DIAMOND Alla luce di questa esperienza e dell’impatto dei progettiappena descritti, l’invito a partecipare a DIAMOND èstata un’opportunità preziosa per realizzare un progettodedicato ai detenuti cui pensiamo da molto tempo. Gra-zie a un’indagine sui progetti finora realizzati per i carce-rati del Penitenziario di Rahova (un quartiere della città diBucarest), abbiamo scoperto che gran parte delle espe-rienze aveva quale obiettivo la formazione professionaledei detenuti e del personale penitenziario, mentre nes-sun progetto è stato dedicato a promuovere l’accessibi-lità alla conoscenza scientifica nel campo della storianaturale e del patrimonio museale.

Sebbene il Museo non avesse alcuna esperienza pre-gressa in materia di progetti educativi indirizzati ai dete-nuti, la conoscenza dei nostri pubblici di riferimento,acquisita nel tempo attraverso una serie di indagini, ciha convinti che anche per i detenuti sarebbe stato affa-scinante conoscere la biologia e l’ecologia delle specie ola storia della Terra sotto il profilo geologico. Più in parti-colare, abbiamo puntato sull’opportunità di risvegliarel’interesse dei detenuti, aprendo loro le porte chiuse delmuseo e introducendoli al lavoro svolto dagli specialisti eal patrimonio normalmente non accessibile al visitatoreoccasionale. Nel nostro progetto pilota, ci siamo propostidi presentare le attività professionali che si possono tro-vare solo in un museo di storia naturale, quali ad esem-pio la preparazione e la naturalizzazione (ovverol’adattamento in luoghi diversi da quello d’origine) delmateriale biologico. Anche se il progetto pilota non haprevisto la formazione dei destinatari nelle professiona-lità del personale del Museo, dalle discussioni con ilgruppo di partecipanti e dalle loro storie è emerso chealcuni detenuti, una volta usciti dal carcere, potrebberorientrare nel sistema educativo per ottenere la qualificadi tassidermisti, conservatori e biologi, e questo cre-

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diamo sia uno degli esiti più significativi del progetto. “Liberi al Museo” si è articolato in diverse fasi di lavoro:ricerca (novembre 2012 – marzo 2013), ideazione, pro-gettazione e implementazione delle attività destinate aidetenuti (aprile 2013 – febbraio 2014).Gli obiettivi specifici del progetto pilota coordinato dalMuseo “Antipa” sono stati:- promuovere l’accesso al Museo di persone private

della libertà e offrire loro l’opportunità di trascorrere illoro tempo libero in un’istituzione culturale di Bucarest;

- promuovere l’accessibilità dell’informazione scientificanei campi della biodiversità e in quelli rappresentatidalle collezioni esposte (ma anche dagli esemplari con-servati in speciali depositi) per individui che non hannomai visitato un museo di zoologia o lo hanno fattomolto tempo fa, quando erano bambini e in occasionedi visite organizzate dalla scuola;

- promuovere nei detenuti la consapevolezza dell’impor-tanza del Museo “Antipa” come istituzione deputataalla tutela e alla conservazione del patrimonio culturaleromeno, e nel caso di alcuni esemplari del patrimoniodell’umanità;

- promuovere l’accesso all’informazione sulle attività dizoologi, conservatori e tassidermisti come professioniche possono essere coltivate da chiunque ami lescienze naturali;

- promuovere nei destinatari una consapevolezza delMuseo di Storia Naturale di Bucarest come istituzionedi riferimento per l’informazione scientifica, ma anchecome opportunità di svago.

Il gruppo di destinatari comprendeva venticinque dete-nuti del Penitenziario di massima sicurezza di Rahova aBucarest, il carcere più grande della Romania. La sele-zione è stata effettuata in collaborazione con gli psicologidel carcere, in base ai seguenti criteri: i partecipanti alprogetto pilota avrebbero dovuto essere detenuti in re-gime di semi-libertà, in grado di leggere e scrivere e conun buon livello di dimestichezza con i computer.Tutti i partecipanti erano uomini in età compresa tra iventiquattro e i cinquantasette anni. Cinque partecipanti

su venticinque avevano un titolo di studio universitario,o hanno dovuto interrompere questi studi a causa delladetenzione; diciannove avevano un diploma di scuola su-periore, e solo uno si era fermato all’istruzione seconda-ria. Accanto a ricercatori e conservatori del Museo (diecispecialisti), il gruppo di progetto comprendeva psicologied educatori del Penitenziario (tre persone).

Le fasi di lavoro del progetto pilota“Liberi al Museo!”Il percorso ha avuto inizio nel novembre 2013, quando ipartecipanti sono stati guidati alla scoperta degli spaziespositivi permanenti.Le quattro visite successive al Museo avevano diversiobiettivi. Una è stata dedicata all’approfondimento di al-cuni tra gli esemplari più importanti della collezione per-manente del Museo “Antipa”.Alle visite ai depositi del Museo hanno fatto seguito dimo-strazioni pratiche ed esercitazioni per la preparazione dimateriali entomologici. Un’altra visita si è concentratasulla tematica della fauna protetta, estinta o a rischio diestinzione in Romania e in Europa, anche in questo casoseguita da esercitazioni pratiche nel laboratorio di tassi-dermia del Museo, dove i venticinque partecipanti hannoassistito a una dimostrazione sulla naturalizzazione degliuccelli.

Le visite integrate da attività pratiche di tipo laboratorialeduravano dalle quattro alle sei ore, e miravano a far fa-miliarizzare i partecipanti non solo con la fauna espostae conservata al Museo, ma anche con tecniche museo-logiche specifiche. Un’altra visita ancora è stata dedicataalla presentazione delle collezioni etnografiche, durantela quale i detenuti hanno avuto l’opportunità non solo diammirare esemplari di particolare valore da diverse partidel mondo, ma anche di conoscere, grazie agli specialistiche li guidavano, alcuni aspetti della vita di comunità pic-cole o a rischio di estinzione come gli indiani Jivaro, iTamil, i Pigmei, i Lapponi e così via. Nell’ultimo incontroabbiamo ascoltato le storie scritte dai partecipanti; ab-biamo selezionato le foto che avevano portato con sé,

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quelle che avevamo scattato nelle diverse fasi del pro-getto pilota, di stesura dello script e di illustrazione dellestorie digitali.

La diversità delle motivazioni sottese alle venticinquestorie ci ha portato a concludere che i partecipanti sonostati molto coinvolti dal progetto, e che per molti di lororivedere da adulti il Museo “Antipa” ha risvegliato le me-morie dell’infanzia, quando avevano visitato il museo so-prattutto in occasione di visite organizzate dalla scuola. La possibilità di accedere non solo alle esposizioni perma-nenti, ma anche alle attività svolte nel Museo e scono-sciute al grande pubblico, quali ad esempio lo studiodella fauna protetta o la conservazione e naturalizza-zione degli esemplari biologici, ha portato molti parteci-panti a vedere il Museo “Antipa” sotto una nuova luce:non più “un’esposizione di animali morti”, ma un’istitu-zione viva, una “fabbrica” di cultura e di scienza.I percorsi di visita Museo hanno stimolato i destinatari adattivare una particolare modalità di comunicazione all’in-terno del gruppo e con la loro guida. Così, alla tradizionaleguida del ricercatore, una sorta di monologo scientifico,sono subentrati dei dialoghi in cui i partecipanti condivi-devano la propria esperienza di pescatori o cacciatori di-lettanti, o di appassionati del mondo animale. Questa èstata una delle piacevoli sorprese che ci ha riservato ilprogetto, considerata l’eterogeneità delle fasce di età deipartecipanti, del loro livello di istruzione, dell’area di ori-gine (urbana o rurale) e del contesto di provenienza (adesempio contesti familiari o centri di riabilitazione).

Un dato significativo: i detenuti con figli hanno affermatoche alla loro uscita dal Penitenziario porteranno i loro ra-gazzi al Museo “Antipa” per trasmettere loro le informa-zioni che più li hanno sorpresi e affascinati durante levisite a cura degli esperti.Al fine di valutare l’impatto del progetto pilota realizzatodal Museo in collaborazione con il Penitenziario di Rahovaabbiamo registrato le risposte dei partecipanti a un sem-plice questionario. L’analisi dei risultati ci porta a conclu-dere che per tutti i partecipanti l’esperienza delle visite

al Museo sia stata interessante, piena di sorprese e riccadi informazioni.

Risultati del progetto1) Quattro visite alle collezioni permanenti, dedicate alla

fauna mondiale, alla geologia e paleontologia e all’et-nografia, integrate da quattro laboratori finalizzati allapreparazione del materiale biologico (preparazionedegli insetti e dimostrazione di tassidermia).

2) Le venticinque storie digitali raccontate dai parteci-panti, tradotte e sottotitolate dal Museo. Quindici diessere erano dedicate ad alcuni esemplari zoologici;due partecipanti sono rimasti molto impressionatidall’esposizione permanente, le modalità di presenta-zione del patrimonio conservato nel Museo, le strate-gie di comunicazione e informazione associate aglioggetti; il tema del 20% delle storie ruotava intornoall’esperienza personale degli autori, che conosce-vano il Museo fin dall’infanzia. Anche la sezione di et-nografia ha ispirato una delle storie, dedicata aipigmei e alla loro vita.

3) Produzione di un mini-diorama presso la sede del Pe-nitenziario e sua collocazione nella sala centrale.Ideato dallo staff del Museo, il diorama è stato realiz-zato con la partecipazione attiva dei detenuti.

4) Realizzazione di una mostra fotografica temporaneadel titolo “Liberi al Museo!”, allestita in una delle saleespositive permanenti. Aperta a tutti i visitatori, que-sta mostra documentaria, dedicata a illustrare le di-verse fasi del progetto, è stata una importanteopportunità per dare visibilità alle storie create dai de-tenuti, proiettandole su uno schermo alla fine del per-corso espositivo.

5) Interviste audio registrate in occasione dell’ultimo in-contro al Museo, nelle quali alcuni partecipanti parlanodell’impatto che il progetto ha esercitato su di loro. Aldi là della possibilità di uscire dal carcere, di seguire levisite al Museo e di partecipare agli incontri con ricer-catori, conservatori e il tassidermista, l’esperienza èstata vissuta come un’opportunità di partecipazioneculturale attiva e di presa di coscienza dell’importanza

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di tutelare le specie e il loro habitat. L’assenza di qual-siasi riferimento alla condizione dei detenuti, il rap-porto spontaneo instaurato dal gruppo di lavoro con idestinatari, la serietà del lavoro svolto, mai semplici-stico, sono tutti fattori che hanno trasmesso ai parte-cipanti una sensazione di reale coinvolgimento, al paridi qualsiasi altro visitatore del Museo.

Infine, va sottolineata la valenza sociale del progetto. Lafamiliarizzazione dei detenuti con il Museo “Antipa” e ilpatrimonio in esso custodito ha avuto tra le sue finalitàla riduzione del senso di esclusione sociale dei carceratinon solo nel periodo di detenzione, ma anche al mo-mento del loro reinserimento nella società romena, pienadi pregiudizi nei loro confronti.Grazie a questo progetto, si sono ridotte le differenze travisitatori abituali e detenuti nei livelli di conoscenza ecomprensione di alcune tematiche biologiche, ecologi-che e ambientali, sebbene in realtà sia molto difficile perun visitatore casuale partecipare ai laboratori di ricerca,preparazione e conservazione degli esemplari. In altri

“Desidero ricordare e ringraziare tuttele persone che ci hanno accolti al Museo“Antipa” e ci hanno spiegato tutto dellecollezioni, dimostrando una passioneper le persone e per l’ambiente che noncredo incontrerò ancora.”

C.T.S., 27 anni

termini, la partecipazione al progetto pilota ha offerto aidetenuti un vantaggio culturale considerevole rispetto atutti gli altri visitatori. Prova ne sia il fatto che i familiaridi tre detenuti abbiano richiesto al Museo una relazionesulla loro partecipazione al progetto e sul dettaglio delleattività svolte, al fine di dimostrare al comitato per il rila-scio sulla parola il valore del loro coinvolgimento in “Liberial Museo!”.

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Da un Museo tradizionale a un Museo per tutti. Il Museo di Scienze Naturali di Valencia

inaugurato il primo museo esclusivamente paleontolo-gico d’Europa, mentre altre istituzioni analoghe conti-nuavano a essere definite musei di geologia nonostanteavessero importanti collezioni paleontologiche. Il MuseoPaleontologico ospitava anche una grandiosa collezionedi conchiglie provenienti da tutte le parti del mondo, as-semblata da Eduardo Roselló Bru.Nel Museo attuale, accanto a questi nuclei collezionisticistorici, vi sono altre raccolte di notevole importanza, checomprendono fossili risalenti a tutte le ere geologichestudiate in Europa. I fossili del territorio di Valencia sonoparticolarmente numerosi. Gli spazi espositivi del Museo,tuttavia, non si esauriscono nelle collezioni paleontolo-giche. Vi sono anche una sezione dedicata alle areeverdi più emblematiche della municipalità di Valencia,come la Devesa del Saler e la laguna di Albufera, e unasezione dedicata alla Scienza e alla Tecnologia, che illu-stra come i progressi della scienza siano normalmentecollegati al progresso tecnologico.Oggi le istituzioni pubbliche sono consapevoli che le po-litiche di un museo civico rispecchiano fedelmente la ric-chezza culturale dei cittadini. Il Museo di ScienzeNaturali, uno strumento di educazione permanente, èstato concepito come un tassello essenziale della vita

culturale dei cittadini di oggi e delle future generazioni.In sintesi, la finalità ultima del Museo di Scienze Natu-rali è quella di portare la scienza nella società e di of-frire un efficace forum per il dialogo e il dibattito tra laricerca avanzata e i cittadini. Solo attraverso la cono-scenza scientifica che scaturisce dalla partecipazionealle attività del museo è possibile apprezzare il valoreintrinseco dello straordinario patrimonio conservato neimusei. In tal senso, il cittadino svolge un ruolo attivonello sviluppo di questa conoscenza e diventa la risorsapiù importante per la tutela del nostro patrimonio na-turalistico e scientifico.

L’allestimento dellecollezioni e le strategiedi comunicazione:l’impatto sociale del museoL’intento sotteso all’allestimento degli spazi espositividel Museo è quello di creare uno spazio per la diffusionedella scienza allo scopo di favorirne una percezione po-

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gresso in un mondo scientifico fino a quel momento sco-nosciuto. Il Museo, accessibile a tutti, è diventato unluogo di socializzazione e di integrazione per la colletti-vità dove i visitatori si sentono a proprio agio.

Il ruolo sociale delmuseo: musei per tuttiLa definizione contemporanea di museo sottolinea la na-tura pubblica della funzione che questa istituzionesvolge. In linea con questa convinzione, crediamo che icontenuti del museo debbano stimolare la comunica-zione, l’educazione e l’integrazione sociale. Il museo èun centro di educazione non accademica, uno spaziocontraddistinto da un progetto educativo. I canali di co-municazione utilizzati devono fare in modo che il mes-saggio del museo arrivi a diverse fasce della collettività,a prescindere dalle loro condizioni e peculiarità fisiche,cognitive, sociali e culturali. In sintesi, i musei devonoaspirare a veicolare in maniera efficace le conoscenzesviluppate nelle istituzioni dedite alla ricerca (università,laboratori, centri di ricerca) in modo che i cittadini pos-sano trarne beneficio, poiché in ultima analisi sono pro-prio loro, in quanto contribuenti, a sostenere lo sviluppo

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sitiva, come qualcosa di comprensibile e affascinanteper tutti i visitatori. Lungo il percorso, il visitatore puòverificare come, grazie alle diverse strategie di comuni-cazione messe in campo, ogni processo in natura sia in-telligibile, anche quelli più complessi, dallafossilizzazione al modo in cui un ecosistema funziona.Uno degli incentivi più potenti a visitare il Museo è lapossibilità di toccare alcuni esemplari, spettacolari o af-fascinanti che siano, che normalmente si possono os-servare solo dietro il vetro di una bacheca. Abbiamo tuttisentito parlare dei dinosauri, ma essere in grado di toc-care con mano l’osso di uno di questi animali estinti èun’esperienza unica e indimenticabile. Le metodologieimpiegate per potenziare la natura divulgativa degli al-lestimenti comprendono un uso adeguato e semplicedel linguaggio negli apparati informativi. L’efficacia di-dattica degli spazi espositivi si basa inoltre sull’impattovisivo prodotto dagli esemplari in mostra, selezionati concura a tal fine. Molti di essi sono stati contestualizzati at-traverso la ricostruzione grafica di ambienti del passato,in modo che il visitatore possa farsi un’idea complessivadi come quegli animali vivessero milioni di anni fa. Losviluppo di software appositi ha consentito al Museo divalorizzare le proprie risorse educative e di adottare unapproccio ricreativo a concetti semplici e complessi dicui il visitatore non era consapevole, favorendo il suo in-

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di nuova conoscenza. Eppure, vi sono spesso cause ecircostanze che compromettono seriamente la possibi-lità di accesso dei cittadini ai musei. Talvolta si trattadella distanza fisica del luogo in cui vivono dai luoghidella cultura di una città, in altri casi di barriere fisiche,legali o socioculturali. Il Museo di Scienze Naturali ha direcente sviluppato un programma di outreach ambi-zioso e pionieristico, portato con successo nelle carceri,negli ospedali, nelle case di cura per anziani e in centrieducativi per individui con esigenze speciali.

Il museo inclusivo: iniziativeal Museo di Scienze Naturalidi Valencia In occasione dell’Anno Europeo delle Persone con Disa-bilità, il museo ha sviluppato il programma “Ven a disfru-tar con la Ciencia” (Novembre 2013 – giugno 2014). Ilprogramma, finanziato dalla Obra Social de la Caja deAhorros del Mediterráneo e dalla Fondazione ONCE, epresentato alle “Jornadas de Ciencia y Tecnología al ser-vicio de personas con discapacidad” organizzate da IVA-DIS e dal Príncipe Felipe Science Museum (Belinchón,2004), consisteva in una serie di visite guidate e attivitàprogettate appositamente per individui con disabilità fi-siche e mentali. Era la prima volta che il Museo svilup-pava un programma completo per questo tipo di utenza. Alla luce di questa esperienza, ci siamo resi conto diquanto fosse importante “portare” i contenuti del museoa determinati gruppi della collettività che non visitanospesso la nostra sede e che non usufruiscono delle no-stre attività. In questo modo il Museo si è avvicinato ai bi-sogni della società e ha offerto un servizio a tutti icittadini, con una particolare attenzione a quelli affetti dauna qualche forma di disabilità. Ci siamo impegnati a ri-muovere qualsiasi barriera di natura architettonica, cul-turale e anche ideologica che potesse interferire con ilruolo del museo come “relè” culturale per tutti i cittadini.Se i pubblici potenziali non possono andare al Museo, è

il Museo a dover raggiungere queste comunità. La crea-zione e l’utilizzo di valigette didattiche ha consentito diportare esemplari rappresentativi delle collezioni delmuseo a ogni gruppo che non sia in grado di visitare glispazi espositivi. La prima di queste iniziative si è svoltaal Penitenziario Picassent negli anni 2006 e 2007, nel-l’ambito di un programma che ha coinvolto più di 90 de-tenuti per ciascuna delle sessioni previste. Il successo diqueste sessioni ci ha convinti a estendere il programmaitinerante a diversi ospedali e case di cura, tra cui:

2008-2010: Ambulatorio dell’Ospedale Padre Jofré, UnitàPsichiatria; attività con pazienti psichiatrici.2009: Ospedale Provinciale “La Magdalena” a Castellón;attività con pazienti anziani e disabili a seguito di lesionitraumatiche.2010: Unità Psichiatria del Centro Medico “Fuente de SanLuís”, Consellería de Sanidad, Comunidad Valenciana. 2010-2011: Centri per l’impiego “Isabel de Villena”, “Juande Garay” e “Gravador Planes”; attività con utenti affettida diverse forme di disabilità fisica o psichica.2012: Hospital Clínico Universitario de Valencia, UnitàEducativa; attività con bambini affetti da malattie a lungotermine.2013: Unità Pediatrica di Emodialisi all’Ospedale Univer-sitario “La Fe” di Valencia.2013: Unità Oncologica Pediatrica all’Ospedale Universi-tario “La Fe” di Valencia.

Attraverso le valigette didattiche puntiamo a risvegliarel’interesse degli utenti nei confronti del loro patrimonioculturale e a portare la conoscenza più vicina ai cittadini,a prescindere dalla loro distanza fisica dalla sede delmuseo, dalle risorse a loro disposizione e da ogni altrogenere di ostacolo.

Con il servizio appena descritto ci proponiamo di rendereil Museo veramente accessibile a qualsiasi pubblico, rag-giungendo tutte quelle istituzioni che ne fanno richiesta.

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Musei a confronto per unanuova democrazia culturale

La scelta dei destinatari Dopo una attenta riflessione sui possibili destinatari deiprogetti DIAMOND, abbiamo deciso di concentrarci suglianziani. Un primo motivo di questa scelta è stato l’as-senza di attività specificamente dedicate a questogruppo nella programmazione precedente del museo.Un altro elemento importante è stato la presenza di di-verse case di cura per anziani nei pressi del Museo: unafascia di utenza che eravamo interessati a coinvolgeremaggiormente nelle nostre attività. Ciò detto, la nostrasede è completamente priva di barriere per portatori didisabilità fisiche, una caratteristica comune in questa fa-scia di età; nel percorso espositivo vi sono inoltre diversearee di sosta. All’origine della nostra scelta vi è anche laconvinzione che questa fascia di destinatari sia partico-larmente ricettiva nei confronti del messaggio e dei con-tenuti del Museo; crediamo infine che sia importanterecuperare e valorizzare le memorie di queste personecome una parte preziosa del nostro patrimonio imma-

teriale, anch’esso degno di essere preservato e tutelatoda apposite leggi.Le persone con cui abbiamo lavorato provenivano dadue case di cura della Fondazione Fortuny-Albors. Anchese tutte hanno preso parte alle attività con le valigettedidattiche sia presso la casa di cura che nel corso dellevisite al museo, solo alcuni partecipanti, scelti in basealle loro caratteristiche personali e cognitive, hanno pro-dotto delle storie digitali.

Le valigette didattiche del Museo di Scienze Naturali: strategie di comunicazioneUna delle sfide più impegnative che abbiamo dovuto af-frontare durante la progettazione delle valigette didatti-che è stata la selezione dei materiali che i partecipantipotevano toccare. In base ai criteri da noi adottati, glioggetti/esemplari dovevano essere:- originali (ove possibile) e rappresentativi dei concetti

che volevamo illustrare;- sorprendenti;- sostituibili;- dal valore non eccessivo sotto il profilo patrimoniale.Nel caso di oggetti troppo preziosi o insostituibili, ab-biamo optato per repliche identiche appositamentecreate per le valigette.

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Gli oggetti offerti agli utenti per la manipolazione e l’os-servazione stimolano molto spesso i processi interattiviillustrati da Wagensberg:1) interazione manuale o emozione stimolante (Han-

dsOn);2) interazione mentale o emozione intelligibile (Min-

dsOn);3) interazione culturale o emozione culturale (HeartOn).

Al momento abbiamo creato cinque valigette didattiche,che rappresentano una sorta di piccola “delegazione iti-nerante” per il Museo:

Il mondo invisibile: consiste in slides per osservare e stu-diare con un microscopio stereoscopico (microscopio dadissezione) creature viventi o parti di esse che non sonopercepibili a occhio nudo. La valigetta è equipaggiatacon una serie di microscopi stereoscopici e numeroseslides che gli utenti possono visionare a piacimento gra-zie a uno schermo. Gli esemplari da noi scelti sono par-ticolarmente affascinanti da osservare al microscopio,quali ad esempio l’apparato boccale di una zanzara oaltre slides più esotiche e impressionanti, come quelleche illustrano il dettaglio della dentatura di un pipistrello,una zanzara di venticinque milioni di anni fa intrappolatanell’ambra, un frammento di uovo di dinosauro o la

piuma di un uccello. Il concetto che vogliamo veicolarecon queste immagini spettacolari è: “C’è un interomondo invisibile ai vostri occhi”.

Masticare: questa unità illustra la struttura e le tipologiedi dentatura dei vertebrati, insieme ai diversi meccani-smi di masticazione. In questo caso incoraggiamo l’os-servazione dell’anatomia di diversi crani di animali, percomprendere che la visione stereoscopica dipende dallaposizione delle orbite oculari e dalla sua relazione conla dieta dell’animale. Mostriamo inoltre la dentatura didiversi gruppi di vertebrati, il processo di masticazionenegli esseri umani e il confronto tra la dentatura degliuomini e quella di altri mammiferi.

Ricordi della Terra: consiste in un’ampia presentazione difossili veri, che aiuta a spiegare i processi di fossilizza-zione e illustrare le diverse tipologie di fossili, collegan-doli a illustrazioni che ricostruiscono gli ecosistemi diepoche remote. Gli utenti sono liberi di toccare e pren-dere in mano i fossili, come ad esempio le ossa di un di-nosauro di settantacinque milioni di anni fa ritrovate aValencia, il dente di un rinoceronte di diciassette milionidi anni fa ritrovato in uno scavo a Buñol, un trilobite ma-rino o un esemplare di ammonite di duecentocinquantamilioni di anni fa, una creatura marina di settantacinque

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assolutamente idonee all’utilizzo da parte di gruppi sottola supervisione di un operatore museale. Nelle attivitàpresso le case di cura cerchiamo di evitare il tradizionaleapproccio mnemonico all’apprendimento, che rende-rebbe l’attività complessa e poco coinvolgente. È inveceimportante coniugare il fascino intrinseco delle collezionia una metodologia che sfrutti al meglio l’opportunità ditoccare e vedere oggetti autentici come quelli contenutinelle valigette, stimolando un atteggiamento di rispettoe ammirazione. I principi sottesi al processo di apprendimento possonoessere così riassunti:a) le collezioni veicolano informazioni essenziali e osser-

vabili, che fungono da punto di partenza per il pro-cesso di comprensione;

b) il Museo si concepisce come uno “spazio dedicatoall’apprendimento attraverso la scoperta”;

c) le esperienze pregresse e i tratti specifici del gruppodi destinatari rappresentano un punto di partenzafondamentale per raggiungere gli obiettivi prestabiliti

d) l’apprendimento deve essere attivo e fondarsi sullacooperazione.

In linea con questi principi, l’attività educativa propostaè costruita intorno a un’ampia gamma di materiali e ri-sorse, tali da soddisfare gli interessi, le attitudini e i bi-

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milioni di anni fa ritrovata a Teruel. Questi esemplari il-lustrano il cambiamento degli ecosistemi della Terranelle diverse epoche. L’antichità dei materiali e la lororicchezza contribuiscono al fascino di questa attività.

Uccelli in città: attraverso supporti audiovisivi e unaserie di oggetti (piume, uova, nidi, crani …) si dimostrala varietà degli uccelli che popolano le nostre città e learee rurali limitrofe. Questa attività illustra l’aspetto, il canto e l’habitat deipiù comuni uccelli di Valencia come gli storni, i piccioni,i passeri, i verdoni, i cardellini o le rondini.

Una casa sulle spalle: presenta la varietà dei molluschiche hanno colonizzato praticamente ogni ambiente ter-restre e acquatico. La loro morfologia è molto variegata:i molluschi possono avere o non avere una conchiglia,come i lumaconi, avere una conchiglia a spirale, come lecomuni lumache, o avere due valve, come le cozze. Pos-sono essere una risorsa economica (madreperla, perle,coloranti, gastronomia) o un organismo infestante. Abbiamo creato diversi bauli piuttosto grandi e facil-mente trasportabili in cui riporre le valigette didattiche(si tratta infatti di vecchi bauli da viaggio, riciclati e ria-dattati a tale scopo). Le cinque unità didattiche che licompongono rispecchiano i contenuti del Museo e sono

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sogni di ciascuno, riconoscendo nella diversità unaspetto fondamentale.

La visita al Museo di Scienze NaturaliLe persone che hanno partecipato alla visita erano a co-noscenza del museo e di ciò che vi avrebbero trovato,essendo state già coinvolte nelle attività delle valigettedidattiche presso la casa di cura.

Al Museo, hanno avuto l’opportunità di ammirare nelloro contesto espositivo i materiali inclusi nelle valigettedidattiche, oltre a poter osservare e toccare esemplarioriginali che non erano stati in grado di vedere nelle at-tività precedenti.Il successo della visita è in larga parte dovuto al fattoche il Museo, come precedentemente accennato, fosseperfettamente accessibile alle persone portatrici di di-sabilità fisiche e pieno di aree di sosta lungo il percorso.La visita al Museo è stata molto apprezzata, tanto che di-versi ospiti delle strutture coinvolte vi sono tornati unaseconda volta con la loro famiglia. Molti partecipantihanno collegato il tema delle aree espositive ai ricordidella loro gioventù, sviluppando interessanti sinergie almomento della produzione delle loro storie digitali.

Le storie digitaliPrima delle attività con le valigette didattiche e della vi-sita al Museo, abbiamo gettato le basi per la produzionedelle storie digitali insieme ai responsabili delle attivitàculturali nelle due case di cura coinvolte (psicologi, edu-catori e assistenti sociali).L’aspetto saliente del gruppo di destinatari prescelto,anziani senza accesso alle più recenti tecnologie dell’in-formazione e della comunicazione, era la loro disponibi-lità a stabilire delle connessioni tra le proprie esperienzedi vita attuali e quelle passate (ricette di cucina, aned-doti sulle aree rurali, visite al vecchio Museo di paleon-tologia e confronto con il Museo di oggi…). Questi processi cognitivi e legati alla reminiscenza cihanno consentito di individuare una struttura portanteper le storie: “Il Museo mi dice” e “Io dico al Museo”.

Sebbene le venticinque storie digitali prodotte sianotutte sottese da questa struttura, dimostrano una va-rietà e una ricchezza straordinaria, e potrebbero diven-tare le basi di un archivio di patrimonio orale e memoriastorica dei visitatori del Museo, oltre a rappresentare unaparte importante del nostro patrimonio intangibile.

Tenendo presente la diversità delle capacità cognitive diquesti visitatori, legata alla loro età avanzata, abbiamoadottato una serie di strategie differenti per la produ-zione delle storie. Un gruppo di quindici visitatori è statoperfettamente capace di progettare e narrare personal-mente la propria storia, anche se ha avuto bisogno del-l’assistenza del personale del Museo per il processo dimontaggio digitale; un altro gruppo, per contro, avevaserie difficoltà di espressione orale e di memoria, e per

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Il progetto, inoltre, ha consentito alle famiglie dei desti-natari di condividere la loro routine presso entrambe lecase di cura, promuovendo la comunicazione intergene-razionale e un atteggiamento positivo verso gli anziani,che hanno dimostrato grande interesse e apprezza-mento delle attività svolte. Di fatto, stimolare lo sviluppopersonale degli anziani attraverso la cultura e l’educa-zione si è rivelato un modo di contrastare la percezionegeneralmente negativa della vecchiaia, e di aiutare glianziani a sentirsi una parte attiva della società, custo-dendo nel contempo le loro preziose esperienze così cheessi possano essere di esempio alle generazioni future.

questo ha dettato i propri ricordi mentre un operatoredel Museo trascriveva e procedeva al montaggio video.Sorprendentemente, entrambi i gruppi hanno dimo-strato una notevole coerenza ed eterogeneità nella crea-zione dei prodotti finali.

Riflessioni conclusiveIl progetto pilota ha promosso l’inclusione sociale dei de-stinatari, anziani che solitamente non sono in grado diprendere parte attiva a eventi sociali organizzati a causadella loro età e delle loro condizioni di salute. Siamo riu-sciti a risvegliare il loro interesse nei confronti delle atti-vità del Museo, che ora è percepito come un veicolo dipartecipazione culturale e di coinvolgimento attivo neldinamismo socioculturale della città. È stata attivata unasinergia tra i ricordi degli anziani e il loro patrimonio cul-turale. Attraverso il progetto e la sua continuità neltempo, abbiamo conseguito i seguenti risultati:- evitare l’isolamento sociale e l’apatia dei destinatari.- Promuoverne l’autonomia e quindi l’autostima.- Potenziare le relazioni interpersonali.- Stimolare diverse aree cognitive, motivando i destina-

tari a sentirsi attivi e utili, e aiutandoli a preservare leloro capacità fisiche, intellettuali ed espressive.

- Favorire l’arricchimento personale attraverso canaliche gli anziani sono in grado di utilizzare per condivi-dere i propri ricordi e tramandare le loro usanze e tra-dizioni.

- Far sentire gli anziani importanti, sottolineando la ne-cessità di conservare le loro memorie come parte delnostro patrimonio intangibile per il beneficio delle ge-nerazioni presenti e future.

Va inoltre sottolineato l’entusiasmo dimostrato nei con-fronti del progetto, anche da parte di anziani che ave-vano difficoltà cognitive lievi o moderate o un bassolivello di autonomia, e come le attività cui i destinatarihanno preso parte abbiano contribuito a rallentare il pro-cesso di deterioramento cognitivo e a conservare o in-crementare le capacità necessarie a svolgere le normaliattività quotidiane.

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come se i visitatori fossero indifferenziati. Come moltistudi testimoniano, c’è una marcata diversità di fruizione,di interessi, di comportamenti dei visitatori ed anche “diruolo” durante la visita (Kelly, 2007). L’esperienza del visitatore è fortemente personale,anche negli stili di apprendimento (Kolb & Kolb, 2005);dipende dall’inclinazione culturale, dalle conoscenze pre-cedenti e dalle motivazioni di ogni singola persona; in-fine, per il visitatore è importante la costruzione attiva diqualcosa di nuovo e personalmente significativo, chenon coincide automaticamente con obiettivi e attese deicuratori o con l’acquisizione di conoscenze o compe-tenze. Data l’ampiezza degli effetti possibili, è difficilestabilire anche cosa valutare e con quali parametri. Finoa qualche tempo fa l’elemento di valutazione maggior-mente considerato era l’apprendimento; tuttavia, i datibasati su questo parametro possono essere scarsamenteattendibili o insufficienti per capire l’effetto delle visite,perché l’apprendimento può non essere un obiettivo deivisitatori o verificarsi in un secondo momento; inoltre,l’attenzione a questo unico aspetto rischia di far trascu-rare altri possibili effetti attesi o inattesi. Infine, non esi-stono in campo museale figure professionalispecializzate per la valutazione; questa implica cono-scenze metodologiche oltre che disciplinari che nonfanno parte del tradizionale bagaglio culturale dei cura-tori, dei ricercatori delle varie discipline o del personaleamministrativo. Tutte queste difficoltà scoraggiano l’usocostante di pratiche valutative nei musei; non c’è quindiun’esperienza consolidata alla quale fare riferimento e lavalutazione rappresenta ancora uno dei maggiori pro-blemi della museologia moderna, malgrado sia uno stru-mento prezioso per stimolare in modo sostanziale lariflessione nei musei.

102 La valutazione in DIAMOND

I problemi della valutazione aumentano, parallelamenteall’ampliamento del ruolo sociale dei musei moderni. Imusei del ventunesimo secolo hanno infatti avviato pro-fonde trasformazioni degli obiettivi, degli approcci cultu-rali1 e dei ruoli, che implicano cambiamenti a livelloculturale, gestionale, professionale; le politiche musealisi spostano dai ruoli istituzionali basati sulle collezioni(conservazione, ricerca, comunicazione, PRC model dellaReinwardt Academie) a nuovi ruoli sociali più orientativerso i visitatori e le comunità territoriali. I musei oggi siconfigurano come luoghi di cambiamento sociale ed ac-coglienza per pubblici di ogni età, formazione, cultura2.Tra gli obiettivi dei musei, quindi, compare sempre piùfrequentemente l’inclusione socio-culturale (e questo ciriporta a DIAMOND), intendendo non solo programmi edazioni che tendono ad attrarre l’audience sottorappre-sentata a scopo di formazione culturale, ma anche pro-getti che più ambiziosamente mirano ad unmiglioramento della qualità della vita degli individui edelle comunità e alla riduzione del rischio di esclusione.Con quali strumenti valutare, allora, l’efficacia socio-cul-turale dei musei? Molti musei, anche scientifici, hannoadottato obiettivi sociali di grande rilievo nei loro statuti,connessi con un progetto di sostenibilità e quindi dinuove politiche culturali che promuovano società più at-tente all’ambiente, democratiche, solidali, pacifiche, ac-coglienti, rispettose delle diversità. Esistono alcuneinteressanti sperimentazioni che mirano a valutare l’effi-cacia delle azioni per la sostenibilità degli individui e dellecomunità, attraverso una serie di indicatori utilizzabilianche per i musei (ad esempio, la CAF-Critical Asses-sment Framework della Canadian Association Museums;Worts, 2006); tuttavia, le sperimentazioni sono rare e leforme di valutazione per obiettivi così complessi sono

1. Vedi ad esempio LEM Report n. 7: New trends in the 21st Century Museums, August 2013, http://futureofmuseums.org/reading/publications.Understanding the Future Museums and 21st Century Life – A summary of Responses.Webarchives.go.uk+/http://www.culture.gov.uk/imags/publication/understanding_the_future_responses.pdf; Trends WTCH 2012. Museums and the Pulse of the Future, http://futureofmuseums.org/reading/publications.

2. La più volte citata Convention on the Value of Cultural Heritage for Society (Council of Europe Framework; Faro, 27/X/2005 prevede unuso del patrimonio museale etico, benefico per l’insieme delle società e la qualità della vita, per la promozione del legame sociale, lavalorizzazione delle diversità culturali e il dialogo interculturale, e per combattere forme di esclusione.

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tutte da esplorare. Così è stato per il progetto DIAMOND,per il quale la valutazione ha costituito una sfida che hasommato le già note difficoltà metodologiche dei pro-cessi valutativi in contesti museali a quelle che si presen-tano quando si percorre un sentiero nuovo e così pocoesplorato, come un’esperienza pilota di inclusione cultu-rale attraverso un museo, in particolare con pubblici “in-consueti”.

DIAMOND ha richiesto la sperimentazione di sistemi va-lutativi sia primariamente capaci di esplicitare l’impattoculturale delle esperienze museali e del DS sugli aspetticomplessi del lifelong learning e delle competenze deipartecipanti, sia anche su possibili cambiamenti di per-sonalità ed infine sugli aspetti sociali delle esperienzevissute.

Gli indicatori di valutazionenel progetto DIAMOND

Nel dominio della museologia scientifica il problema dellavalutazione è presente; tuttavia, questo si è concentratosoprattutto nel campo dei visitor studies; da metà del se-colo passato, fino ad oggi, sono stati effettuati centinaiadi studi sui visitatori e la loro relazione con il museo3.

In alcuni musei scientifici del mondo la valutazione èprassi diffusa e consolidata, anche con osservatori per-manenti; tra questi eccelle quello del Natural History Mu-seum di Londra, che con la pubblicazione in open accessdelle ricerche in corso4 offre uno dei migliori esempi di at-tenzione, consapevolezza e capacità di riflessione sull’ef-ficacia della missione culturale istituzionale. Questi studihanno fornito preziose informazioni sui visitatori, le loroattese, interessi, gradimento ed hanno indirizzato le po-litiche museali per i pubblici. Sono ancora relativamentepoche, invece, le ricerche che mirano a valutare l’impattodei musei su vari aspetti della personalità dei visitatori, acausa delle difficoltà che si incontrano nello stabilire cri-teri, parametri ed indicatori di valutazione. Tuttavia, le in-formazioni disponibili riguardano visitatori che rientranoin un ambito di “normalità” nelle relazioni con i musei;poco si sa, invece, sui non visitatori e praticamente nullasu cittadini svantaggiati o a rischio di marginalizzazione,che non frequentano musei e spesso non ne hanno nem-meno rappresentazioni “ereditate” socialmente. Con ilprogetto DIAMOND sono stati quindi sperimentati per-corsi nuovi e dall’esito imprevedibile (non a caso le espe-rienze effettuate sono considerate progetti pilota) e suvisitatori nuovi nei musei. Dei potenziali pubblici a rischio

3. I classici lavori di Lynn & Dierking, Serrell, Miles, Tout, Hood, Borun, Miller, Kropf, Lakota, Griggs, McManus (solo per ricordarne alcunidel mondo anglosassone) appartengono ormai alla memoria storica della ricerca valutativa museale. Dalla museologia francofona sonovenuti contributi decisivi (ad esempio da Davallon, Schiele, Le Marec) anche per indirizzare le indagini verso una visione socio-culturalepiuttosto che consumistica e di marketing, che ha rischiato - e forse rischia ancora - di divenire predominante nella valutazione delleattività museali.

4. Visitor research and evaluation: Methods, Exhibition evaluation; Learning programme evaluation.

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104 La valutazione in DIAMOND

di marginalizzazione coinvolti nel progetto non si cono-scevano attitudini culturali, capacità linguistiche, inte-ressi, ecc. (è stato poi verificato che la quasi totalità nonconosceva musei scientifici o altri musei) e tanto meno siconoscevano sistemi di valutazione “su misura”. I progettiquindi, sono da considerare pilota sia per le esperienze,che per la sperimentazione del DS e delle strategie di va-lutazione. In DIAMOND, il Museo Civico di Zoologia diRoma era incaricato degli aspetti di ricerca, in quanto lostaff tecnico aveva esperienze precedenti nel campodella valutazione e della sperimentazione educativa5; leprocedure utilizzate sono state elaborate riproponendomodelli già sperimentati con successo al Museo, ed i risul-tati e le considerazioni proposte sono il frutto di un lavorodi valutazione effettuato prevalentemente per e sul pro-getto pilota del Museo di Zoologia. Per coerenza con lacomplessità di prospettive del progetto e per rilevare esitiattesi o inattesi, sono stati adottati criteri e strumenti divalutazione qualitativa-interpretativa, capaci di rivelareconoscenze, opinioni e percezioni spontanee dei parteci-panti, non solo a proposito dei DS, ma piuttosto dell’interaesperienza.I criteri che hanno indirizzato la valutazione sono stati iseguenti: a) l’impatto del museo è molto personale e ciascun indi-

viduo lo percepisce come esperienza unica; in partico-lare, le persone coinvolte nel progetto avrebberopotuto percepirlo in modo totalmente originale ed im-prevedibile; pertanto, oltre a fornire molteplici oppor-tunità di espressione ai partecipanti stessi e/opermetterne la scelta (DS, testi, disegni, foto, produ-zioni artistiche, film, ecc.), era conveniente adottaresistemi di raccolta dati non standardizzati, ma piutto-sto ampi e variati, per aumentare la probabilità di co-gliere le diverse reazioni individuali;

b) le attività museali possono avere un impatto su cono-scenze e competenze, ma anche su molti altri aspettidella personalità dei visitatori, come creatività, inte-

resse, ispirazione, valori, motivazioni, e delle loroforme di intelligenza emozionale, estetica, linguistica,ecc.; per i partecipanti al progetto, di diverse culture(ma anche spiritualità diverse) e/o diversi livelli scola-stici, nulla si poteva prevedere dell’impatto dei pro-getti pilota e del Museo su questi aspetti; pertanto, eraopportuno utilizzare strategie di raccolta dati e valuta-zione che permettessero di rilevare eventuali effettisu un ampio spettro di potenzialità mentali, emozio-nali, sensoriali e comportamentali;

c) ispirandosi alla psicologia costruttivista, si è conside-rato che il valore delle esperienze culturali non è solonei risultati/esiti o prodotti, ma anche nei processi at-tivati; nel caso dei partecipanti a DIAMOND, in partico-lare, non era prevedibile l’esito della realizzazione diDS, ma è stato ritenuto interessante valutare quantoe come i partecipanti fossero coinvolti nelle azioni enegli interventi propedeutici o di preparazione, sia dalpunto di vista cognitivo/emotivo individuale, sia dalpunto di vista delle relazioni sociali implicate; pertantosono stati osservati e considerati nella valutazioneanche i comportamenti dei partecipanti;

d) sempre riferendosi alla psicologia costruttivista, si èconsiderato che gli interventi culturali/educativi mi-rano ad attivare nuovi approcci, idee, soluzioni e nonsemplicemente buone prestazioni. Negli studi feno-menografici sui processi di apprendimento, si misu-rano cambiamenti di concezioni o di approccio ocapacità di sperimentare un fenomeno in modonuovo. Il cambiamento dovrebbe essere accompa-gnato dalla consapevolezza delle differenze e varia-zioni di prospettiva. Per DIAMOND, sono staticonsiderati come parametri di valutazione i cambia-menti che si potevano osservare/registrare e/o quellipercepiti dai partecipanti, di conoscenze, ma anche diinteressi, attitudini, valori, comportamenti e/o altriaspetti della personalità, potenzialmente sollecitatidalle esperienze proposte.

5. Vedi Background Research May 2013; www.diamondmuseums.eu/download/DIAMOND_Background_research.pdf.

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Coerentemente con questi criteri, sono stati utilizzati perla valutazione questionari con risposte aperte, interviste,focus group, brain storming, conversazioni tra parteci-panti e/o con gli operatori museali, di cui è stata effet-tuata l’analisi del testo. Gli incontri e le attività effettuatesono stati documentati, e tutti i materiali prodotti oltre aiDS (storie, filmati, disegni, foto, composizioni scritte, dio-rami, ecc.,) sono stati gestiti come documentazione evalutati. Ad ogni incontro, almeno un ricercatore regi-strava dati ed osservava i comportamenti dei parteci-panti. Durante e dopo le esperienze effettuate in Museo,i partecipanti venivano interrogati (o venivano propostiloro questionari) su cosa e perché ricordavano meglio oconsideravano interessante; su cosa avevano apprez-zato; su eventuali cambiamenti nel modo di pensare,nelle conoscenze, attitudini, interessi; sulla loro soddi-sfazione ed il divertimento, o emozioni particolari pro-vate durante le esperienze. Questo tipo di inchiesta haper messo ai valutatori di identificare alcuni punti diforza e debolezza delle esperienze, allo stesso tempoaiutava i partecipanti a prendere consapevolezza deiloro processi mentali, emotivi e dei cambiamenti dellaloro personalità.

Quanto agli indicatori di impatto/cambiamento, sonostati usati con flessibilità alcuni modelli di cui il Museo diZoologia aveva già esperienza: i Generic Learning Outco-mes-GLOs (MLA, 2008) e i Generic Social Outcomes-GSOs (MLA, 2008). Questi sono simili al modello propostodalla National Science Foundation (NSF) (Friedmann,2008), che contempla una serie di categorie di impattomisurabili, qualitative ed interpretative, oltre che quan-titative: consapevolezza, conoscenza e comprensione,coinvolgimento ed interesse, attitudini, comportamenti,abilità ed “altro”. I GLOs propongono ulteriori (trentatre)

indicatori all’interno di cinque principali categorie: “Kno-wledge and Understanding, Skills, Activity behaviour pro-gression, Enjoyment inspiration creativity, Attitudes andValues”, arrivando ad un livello molto raffinato di inda-gine e rilevamento dati. Il principio a cui si ispirano i GLOsè la raccolta di informazioni su cosa il visitatore dice/ri-tiene di aver appreso, vissuto, cambiato, attraversol’esperienza museale. I nuovi approcci di valutazione ri-conoscono il valore sociale del museo come contributo“culturale” intrinseco e strumentale, alla persona ed allecomunità, ad esempio nel promuovere non solo cono-scenze, attitudini, ispirazione, creatività ed empower-ment, ma anche coesione sociale, cittadinanza, salute ebenessere, eguaglianza e giustizia, integrazione di citta-dini marginalizzati. I GSOs, utilizzato in DIAMOND, valu-tano conoscenza e lifelong learning come valori associatialla cittadinanza ed all’inclusione sociale e suggerisconotre principali linee di “valori” (Stronger and Safer Com-munities, Strengthening Public Life, Health & Well-Being),all’interno delle quali identifica quattrodici categorie diriferimento per misurare l’efficacia dell’azione museale.Questi criteri e le strategie sono stati applicati sia alla va-lutazione dei DS sia alle altre esperienze e processi o pro-dotti dei partecipanti.

I cambiamentiValutazioni effettuate per gruppi di partecipanti sui testidei DS, dei questionari o delle conversazioni, rivelano in-cremento di conoscenze, di interesse, curiosità, motiva-zione e divertimento, partecipazione e impegnopersonale riscontrati anche con l’osservazione dei com-portamenti; sviluppo di abilità/competenze confermatianche nella realizzazione dei prodotti e nell’organizza-zione di eventi, nuove visite, ecc., cambiamenti di idee,atteggiamenti, valori.

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106 La valutazione in DIAMOND

Aumento e revisione consapevole di conoscenze: Ho imparato sugli insetti…; non sapevo che…ora so…; prima conoscevo solo i cani perché ho un cane, ora conosco molti animali…; ho imparato i nomidi animali e piante; non sapevo come gli animali si riproducono...; non conoscevo la metamorfosi delle

farfalle...; pensavo di sapere tutto sugli animali, ora mi accorgo che non sa-pevo niente...; ho imparato tanto sul colore degli animali, soprattutto sul mi-metismo...; ho imparato che negli uccelli sono più colorati i maschi...; che nellescimmie i capi sono colorati per farsi riconoscere, far paura...; aumento di in-teresse: tutto era interessante...; mi sono entusiasmato con gli insetti...; hovisto tante bellissime cose...; mi sono interessato molto ai pipistrelli, agli in-setti…; vorrei approfondire le conoscenze sui serpenti...; conoscere più ani-mali...; cambiamento di attitudini: prima avevo paura dei ragni ora miinteressano molto hanno un bellissimo corpo...; I bruchi prima mi disgusta-vano… ora non ho più paura di quei lunghi vermi…; il mondo animale è piùbello di quanto pensassi...; aumento di competenze: sono stato capace diassemblare e disassemblare un microscopio e sono stato capace di osservaregli animali microscopici...; sono stato capace di classificare gli insetti…; ho pre-parato e dipinto i calchi in gesso e ho capito come si prepara un diorama...; ho

imparato a classificare le foglie...; ho imparato a disegnare i pesci...; cambio di attitudini e valoriverso i viventi: ho capito che gli animali debbono essere rispettati di più… e io penso di amarli...; misento di apprezzare di più la natura...; ho capito che a volte siamo crudeli con gli animali...; divertimentoe partecipazione: è stato divertente...; era bellissimo...; è stato piacevole...; mi piace molto ciò chefacciamo insieme...; il tempo vola...; sono felice di aver conosciuto gli insetti...; abbiamo fatto tante bel-lissime esperienze...; sono felice di aver imparato come gli animali si difendono...; mi piacciono tanto lelezioni del Museo di Zoologia...; le farfalle mi sono piaciute perché sono colorate e belle e mi hanno emo-zionato molto...; mi sono sentito sollevato e gratificato, a mio agio e felice...; bene perché ho visto gli ani-mali...; ci ho messo il cuore. Molti di questi cambiamenti sono stati accompagnati da crescita diautostima e da un rinforzo dell’identità: Pensavo di non essere capace di... invece...; ora posso fareda guida ai miei amici...; voglio accompagnare i nipoti al Museo e spiegare tutto...; sono orgoglioso delmio lavoro...; vorrei far vedere a tutti i miei parenti lo storytelling...

Ecco, come esempio, al-cune frasi estratte daconversazioni o questio-nari di giovani detenuti,che rivelano diversi im-patti dell’esperienza mu-seale, seguendo i modelliGLO e GSO.

Oltre ai DS, le foto, i filmati, i disegni, i componimentiletterari, le opere pittoriche, la grande quantità e la qua-lità dei prodotti durante e dopo le esperienze musealidai vari partecipanti, si sono rivelati preziosi a scopo divalutazione, non solo perché anch’essi testimonianol’aumento di conoscenze, ma anche ad esempio l’incre-

mento di attenzione e/o il cambiamento di rappresenta-zioni mentali, rispetto agli animali; anche attraversoquesti prodotti è stato possibile verificare la stimolazionedi creatività ed ispirazione nella maggior parte dei par-tecipanti, inclusi soggetti con difficoltà espressive e/oproblemi linguistici o comportamentali.

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L’approccio estetico al Museo è stato dominante, perva-sivo, non solo nelle fasi iniziali, nella maggior parte deipartecipanti, inclusi i non udenti; dall’analisi di testi econversazioni risulta che alcune parole chiave frequen-temente usate sono “bello, meraviglioso, tutto bellis-simo” ed anche “maestoso, stupendo” (ad esempio, daparte degli anziani), riferite agli animali ed alle esposi-zioni. Questa visione del bello ha certamente incorag-giato l’espressione personale di emozioni e conoscenzeoltre che nei DS (per chi li ha realizzati), anche attra-verso disegni o altre opere artistiche e poetiche. Tutti iprodotti denotano coinvolgimento, impegno e parteci-pazione. Questi comportamenti sono confermati dall’osserva-zione costante del comportamento dei partecipanti,condotta da almeno uno dei componenti dell’équipe, du-rante le attività e dalla grande quantità di fotografie ef-fettuate a scopo di documentazione.Il gradimento delle attività è stato dichiarato da tutti ipartecipanti e coincide anche con la raccolta di opinionieffettuata negli altri Musei partecipanti al progetto. Sianei DS che nei testi e commenti si leggono o si espri-

mono esplicitamente ringraziamenti e senso di gratitu-dine per le esperienze vissute.

Anche dal punto di vista dell’impatto sociale, seguendoil modello GSOs, è stato possibile avere una visione ge-nerale e valutativa. Per tutti l’esperienza DIAMOND hacostituito un’occasione di aggregazione, scambio socialee culturale, di valorizzazione di saperi e culture diverse,di apprezzamento reciproco; tutti i DS, i testi, le conver-sazioni, le foto ed i filmati testimoniano relazioni ami-chevoli, fiduciose e costruttive e contengono esplicitedichiarazioni riferite al piacere dell’incontro reciproco. Al-cuni ragazzi (ma anche gli anziani) hanno assunto ruolisignificativi nell’ambito delle proprie comunità, sia coneventi di restituzione nel territorio o nei propri centri, siaorganizzando la visita di altre persone, ed hanno dichia-rato la loro soddisfazione per questo (ad esempio, “lacosa che mi è piaciuta di più è stato raccontare aglialtri…”). Molti partecipanti sia giovani che anziani hannovissuto le visite e gli scambi al Museo come esperienzegioiose e lo hanno espresso nei loro racconti, questionario conversazioni.

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1. Qualità del programma e delle attivitàAbbiamo trovato la qualità del programma e delle attivitàdavvero alta e perfettamente in linea con il programmacurricolare, le attività non sono state di intralcio bensì di

stimolo, compensazione e va-lidissimo supporto.

2. Punti di forza/debolezzaPunti di forza: l’enorme capa-cità comunicativa e la grandeattenzione alle piccole coseche avete dimostrato; il par-tire dalle conoscenze/espe-rienze dei ragazzi per poiallargare il discorso a livellogenerale. Il coinvolgimentopratico ed esperienziale el’utilizzo di strumenti mai vistidai ragazzi (es: microscopio).L’utilizzo di un linguaggiosemplice per trasmettere ter-mini tecnici e concetti com-plessi. La capacità dicambiare argomento quando

percepivate un calo di attenzione.

3. Impatto sui ragazziL’impatto è stato positivo sotto ogni punto di vista, ilmodo di gestire la lezione ha reso ogni ragazzo “protago-nista”, “primo attore” riuscendo a coinvolgere sia i ra-gazzi più “passivi” che quelli più “attivi”. Siete riusciti afar leva sulla loro curiosità spingendoli così ad avvicinarsiad argomenti ai più sconosciuti. Con il tempo hanno di-mostrato di aver recepito i concetti ma soprattutto hannoutilizzato le nuove “scoperte” come strumento per “eva-dere dalla realtà” in cui vivono trasformandosi in “narra-tori” (tutte le storie sull’insetto stecco), Rapper (lecanzoni sugli insetti) artisti e scienziati (creazione di unhabitat), ecc..

4. Ricadute successiveSicuramente guarderanno la natura con occhi diversi masoprattutto speriamo che abbiano imparato a trattare glianimali con umanità e gentilezza…

5. Attività più apprezzate dai ragazziLa conoscenza diretta degli animali, il poterli toccare, ve-dere, carezzare. L’uso del microscopio. La manualità.

6. Attività apprezzate dagli insegnantiL’utilizzo di materiali naturali per sviluppare la creativitàe la fantasia degli studenti. Lo story telling digitale.Molti dei ragazzi non hanno mai giocato e spesso l’unicocontesto in cui si rapportavano con animali era quello deicombattimenti clandestini, oppure possedevano animaliesotici, come i serpenti, non certo per amore per ilmondo animale ma come status symbol per sottolineareil loro “potere”, il dominio sulla natura. Vedere una realtàdiversa, la conoscenza scientifica, ha rappresentato l’ac-quisizione di un nuovo punto di vista, ha aperto loro unnuovo mondo fatto di tenerezza, di rispetto verso l’altro.

Per una valutazione“multilaterale” e menoautoreferenziale del-l’impatto del progetto,è stata richiesta unavalutazione anche agliinsegnanti del CTP edagli insegnati ed edu-catori del Carcere mi-norile. Il parere è statounanimemente posi-tivo; in particolare si ri-portano alcuni stralcidella valutazione degliinsegnanti dell’IPMCasal del Marmo.

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I valori aggiuntiDIAMOND nell’insieme ha avuto impatti positivi anchesugli operatori del Museo, che hanno espresso soddisfa-zione e gratificazione non tanto per le possibilità di la-voro che offriva, ma soprattutto per l’opportunità di

crescita professionale ed il valore esperienziale. Focusgroup di autovalutazione e riflessione sugli eventi e suiprodotti hanno accompagnato tutto il periodo di lavorodell’équipe. Così scrivono, ad esempio, alcuni collabora-tori esterni del Museo:

“Ripensando al progetto DIAMOND, ho l’impressione di aver percorso molti chilometri, valicato svariate montagne, ma ancheraggiunto notevoli traguardi. La fase iniziale del progetto, in particolare, la ricordo piuttosto travagliata: “Da dove cominciare?Chi coinvolgere? In che modo?”. Sebbene le esperienze pregresse in questo campo ci aiutassero, c’era una nuova strada da in-ventare. Ricordo svariate riunioni con i miei colleghi, tutte molto animate e partecipate. L’entusiasmo era tanto, ma anche unfilo di tensione per la paura di non riuscire si percepiva nel nostro ufficio. Quando finalmente dalla teoria siamo passati allapratica, tutti i dubbi, le perplessità e i timori sono svaniti in un attimo. Sono bastati i sorrisi e i ringraziamenti dei ragazzi di Casaldel Marmo e del Civico Zero a farci capire che eravamo sulla buona strada“. (Elisa di Carlo)

“Il progetto DIAMOND si apre con obiettivi nuovi in merito al ruolo svolto dai musei scientifici in contesti sociali caratterizzati dasituazioni di marginalità e disagio socio-culturale. [...] La fase iniziale del progetto all’interno del carcere è stata la più complessasoprattutto nel ricercare e creare un dialogo tra lo staff museale e i ragazzi, richiamando volta per volta la curiosità e l’interesseverso oggetti e argomenti poco conosciuti e proponendo modalità di comunicazione nuove poste su relazioni di fiducia e ascolto.[...] Creare un obiettivo finale è stato molto importante, aver dato un significato educativo e formativo alle attività ha valorizzatoil ruolo e la partecipazione di tutti; così di volta in volta i ragazzi ci hanno accolto con grande entusiasmo, impegno e voglia difare. Abbiamo costruito storie, musicato racconti attraverso l’utilizzo dello storytelling digitale per raccontare concentrati distorie e descrivere questa esperienza, quello che hanno imparato, condiviso e vissuto e filtrato dalle loro emozioni. Come edu-catrice museale posso dire che è stata un’esperienza che mi ha arricchito tanto, mi sono confrontata con una realtà socialediversa dal quotidiano che mi ha insegnato un nuovo modo di costruire la conoscenza, attraverso l’ascolto, il dialogo, il confrontoe la valorizzazione delle diverse conoscenze ed idee”. (Angela Pelosi)

“Nella fase iniziale del progetto abbiamo individuato le linee guida su cui stabilire i criteri di valutazione ed esse si basano su unsolo concetto chiave: il cambiamento. Il cambiamento lo abbiamo registrato in tutte le fasi del progetto (in quelle teoriche, pra-tiche, e in alcuni casi ludiche), ed è stato gratificante vedere gli effetti del nostro lavoro [...] ad esempio, superare e contraddirecon i fatti un atteggiamento iniziale di scetticismo di alcune strutture e figure professionali che ora hanno cambiato idea nei con-fronti del nostro operato. Partecipare a questo progetto è stato per me un momento di crescita professionale e personale”.(Gloria Guida)

“Vorrei focalizzare l’attenzione su un aspetto particolare del lavoro svolto, ossia il momento della narrazione. Attraverso di essa,sono emerse forme di conoscenza, di razionalità cui i soggetti fanno riferimento nel loro agire e modi di attribuzione di significatoalle proprie esperienze. La narrazione è stata dunque la tela su cui abbiamo potuto tessere tutto il lavoro di ricerca e valutazione,a partire dall’accesso alle conoscenze pregresse del soggetto fino alla valutazione di cambiamenti avvenuti, nel sistema di cre-denze, idee, atteggiamenti durante e al termine di tutto il percorso svolto”. (Nausicaa Ventresco)

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BibliografiaFriedmann A., 2008. Framework for evaluating impacts of informal science education projects. National Science Foundation.http://www.insci.org/resources/Eval_Framework.pdf.Kelly L., 2007. Learning in the 21st Century Museum. project/library/books-papers/learning-in-the-21st-century-museum.Kolb A.Y., Kolb D.A., 2005. The Kolb Learning Style Inventory-Version 3-1, 2005. Technical Specifications. LEM - The Learning Museum Network Project, 2013. Report n.3. ISBN 978-88-97281-11-5.UK MLA (Museums, Libraries and Archives Council), 2008. Generic Learning Outcomes (GLO).http://www.Inspiringlearningforall.Gov.uk/toolstemplates/genericlearning/.UK MLA (Museums, Libraries and Archives Council), 2008. Generic Social Outcomes (GSO).http://www.Inspiringlearningforall.Gov.uk/toolstemplates/genericsocial/.Worts D., 2006. Measuring Museum Meaning. A critical Assessment Framework. The Journal of Museum Education, 31(1), Muse-ums and Relevancy: 41-49.

7. Cfr. Lem 2013 per i parametri.

In conclusione, DIAMOND appare come un progetto disuccesso, valido nei presupposti, nell’impianto, nei risul-tati. Le tecniche ed i criteri di valutazione utilizzati sisono dimostrati idonei a rivelare l’ampiezza dell’impattodelle esperienze realizzate, sia i DS, che i progetti pilotache li hanno resi possibili. La valutazione utilizzata, conla sua potenzialità di misurare un ampio spettro di pos-sibili effetti individuali e sociali (cognitivi, emozionali, spi-rituali, dei valori, delle competenze, delle relazioni, dellapartecipazione, ecc.), conferma inoltre la grande ric-chezza e sfaccettatura dell’esperienza museale, lagrande diversità di fruizione del museo da parte dei di-versi visitatori e la diversità dell’impatto connessa conbackground, conoscenze precedenti, motivazioni, at-tese, etc.; ma soprattutto, la valutazione ha rivelato lagrande potenzialità del museo scientifico di avviare unproficuo dialogo interculturale anche con cittadini poten-zialmente marginalizzati o con difficoltà di comunica-zione e partecipazione, e quello che potrebbe essere il

suo ruolo determinante nell’inclusione e stimolazioneanche di persone di diversi livelli sociali ed origini/prove-nienze culturali. Tutto ciò incoraggia a sperimentare/esplorare ulterior-mente questo campo di intervento pressoché scono-sciuto nei musei, ma apparentemente moltopromettente. Infine, la valutazione ha creato presuppo-sti credibili/oggettivi per un bilancio del Museo stesso eper una verifica del suo valore sociale7: il successo diDIAMOND nell’apprendimento permanente e nel creareispirazione, il numero e la diversità dei nuovi visitatori, ilcontatto/dialogo più assiduo e consapevole con la realtàterritoriale, il suo intervento nell’inclusione socio-cultu-rale costituiscono elementi positivi di valutazione dellamissione stessa del Museo, della sua capacità di offrireaccoglienza, democrazia culturale, coesione sociale, mi-glioramento della qualità della vita dei cittadini; inoltre,forniscono una base di riflessione per orientare politichemuseali socialmente più efficaci e sostenibili.

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112 L’attività di dissemination

italiano, romeno e spagnolo). Ogni Museo ha avuto cosìla possibilità di promuovere il progetto nel proprio Paesein occasioni pubbliche, come corsi di formazione, conve-gni, seminari, ecc. Il dépliant presentava il progetto sot-tolineando l’importanza che l’Unione Europea riservaall’educazione permanente degli adulti. Inoltre conte-neva una breve presentazione dei partner, descrivendoil ruolo di ciascuno di essi in DIAMOND. Successivamente è stato realizzato il sito web. Il sito rap-presenta uno strumento fondamentale non soltanto perla comunicazione tra i partner, che avevano accesso adun’area riservata in cui potevano scambiarsi documenti,notizie e aggiornamenti, ma soprattutto per l’intera co-munità virtuale. Questo importante mezzo ha permessodi illustrare gli obiettivi e le attività di DIAMOND, presen-tare i singoli partner e il loro ruolo nel progetto, metterea disposizione dei visitatori del sito i documenti prodotti,visionare alcuni DS realizzati nel corso della formazione

e del progetto, pubblicizzare gli eventi. Tutti i contenutidel sito venivano costantemente aggiornati. Ogni partnerha poi dedicato a DIAMOND delle pagine sul sito dellapropria istituzione, in cui veniva presentato il progettocon i collegamenti ai diversi partner. In particolareECCOM e Melting Pro hanno diffuso le attività legate alprogetto attraverso le rispettive mailing list, raggiun-gendo diverse centinaia di contatti.DIAMOND è stato promosso anche attraverso alcuni so-cial network (Facebook, LinkedIn). Alla fine del progetto irisultati saranno condivisi con la comunità virtuale, oltreche in inglese anche in italiano, spagnolo e rumeno. Il progetto è stato diffuso anche attraverso alcuni net-work internazionali, in particolare quelli che compren-dono istituti o gruppi di lavoro che si occupano diformazione nel settore culturale ed educativo (per esem-pio ENCATC1, LEM Project2, organizzazioni per l’educa-zione degli adulti nel campo delle arti), attraverso lapubblicazione di notizie o di articoli. La strategia della dissemination ha individuato come tar-get principale i manager e gli operatori museali che ave-vano già svolto attività educative rivolte a particolaricategorie di pubblico (anziani, immigrati, reclusi, porta-tori di handicap, ricoverati in ospedale, etc.) o che eranocomunque interessati a sperimentare attività innovativefinalizzate all’inclusione culturale. Per questo motivosono state organizzate numerose iniziative di diffusionein occasione di incontri con professionisti museali, sia alivello locale (ad esempio i manager della Rete dei MuseiNaturalistici nella Regione Lazio) sia a quello nazionale(in Italia i soci dell’ANMS - Associazione Nazionale MuseiScientifici). In ambito europeo il progetto è stato presen-tato anche all’Aja alla Conferenza Annuale 2014 di EC-SITE, il network europeo dei musei e dei Science Center,dedicato al tema “People Planet Peace”, nell’ambito delpanel “Science Centres and Museums: Inclusiveness forSocial Changes”3.Il progetto DIAMOND è stato illustrato anche, come

1. http://www.encatc.org/pages/index.php.2. http://www.lemproject.eu/

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esempio di buona pratica finalizzata all’inclusione cultu-rale, in occasione di vari corsi di formazione e di aggior-namento per professionisti che operano in ambitoculturale, provenienti da diversi Paesi europei.L’attività di dissemination è stata rivolta anche al targetdegli educatori. In particolare la metodologia del DS ap-plicata nell’ambito dell’educazione permanente è stataoggetto della presentazione alla Conferenza internazio-nale “The Future of Education” a Firenze4, alla “6th Inter-national Conference of Education, Research andInnovation” a Siviglia5 e all’“International Digital Story-telling Conference” ad Atene6.

La partecipazione a queste due importanti opportunitàdi comunicazione ha consentito di descrivere le attivitàdel progetto e il ruolo svolto dal DS, anche come metodoper la valutazione finale degli obiettivi raggiunti. Alla fine del progetto è stato prodotto un video conte-nente una selezione dei DS prodotti sia dai partecipanti

ai corsi di formazione sia dai partecipanti alle attività deiprogetti pilota. Il video è stato reso disponibile anche sulsito del progetto, sui siti web dei singoli partner, sulle pa-gine dei social network e su altre piattaforme come You-Tube e Vimeo. Inoltre è stato presentato ufficialmente nelcorso dell’evento finale.

Il progetto si è concluso con una conferenza, che si è te-nuta presso il Museo di Scienze Naturali di Valencia, du-rante la quale sono stati illustrati i processi e i risultatiottenuti nel corso del progetto. L’incontro era aperto atutti i professionisti che lavorano nei musei, nelle biblio-teche, nelle agenzie per la formazione e l’educazione,nelle organizzazioni giovanili, nelle università e in altreistituzioni di ricerca, nelle organizzazioni sociali, ecc.DIAMOND ha previsto anche la pubblicazione del pre-sente manuale, che contiene consigli pratici per la repli-cabilità delle attività e delle buone pratiche esercitate nelcorso del progetto.

3. http://www.ecsite.eu/activities_and_resources/annual_conferences/annual-conference-2014-25th-anniversary-edition.4. http://conference.pixel-online.net/foe2013/5. http://iated.org/iceri2013/6. http://www2.media.uoa.gr/main/eng/labs/new_tech_lab.html.

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premessaConclusioni

DIAMOND è un progetto sperimentale che ha coinvolto quattro istituzioni museali di tre Paesi europei e dueAssociazioni promotrici di cultura, anch’esse appartenenti ad uno di questi Paesi. È quindi un progetto cheha un valore riferito ai contesti in cui è stato realizzato ed i cui risultati, per essere generalizzabili, necessi-tano di ulteriori sperimentazioni e verifiche in altri musei e/o in altri Paesi. Come già scritto, ha tuttavia unvalore attendibile di modello (di successo), in quanto accompagnato da dati di ricerca e documentazione. Ilsuo valore consiste anche nell’aver intrapreso nuovi percorsi totalmente da esplorare nei musei scientifici(ma potremmo dire nei musei in generale). Da questo punto di vista, se volessimo utilizzare alcune parolechiave riferite al progetto DIAMOND, la prima potrebbe essere proprio: innovazione. Questa parola ricorrefrequentemente nelle politiche e nei progetti della Comunità Europea, che vede proprio nell’innovazioneuna chiave per lo sviluppo e il miglioramento della qualità della vita dei cittadini europei. Pur nel suo oriz-zonte limitato, DIAMOND di innovazione ne ha prodotta e sperimentata, dando origine ad un piccolo, ma si-gnificativo, effetto sistemico, che si è manifestato a vari livelli.Nuova ed originale è stata la sperimentazione dello storytelling digitale in un contesto di possibile margina-lizzazione, come strumento di valorizzazione di esperienze culturali museali, ma anche come mezzo espres-sivo di personalità che spesso nella società non hanno “voce”; innovativo è stato anche l’uso che se ne èfatto come strumento di valutazione; i risultati positivi ottenuti costituiscono uno stimolo ad approfondire ul-teriormente questa tecnica nello stesso contesto museale ed anche in altri contesti dove la cultura può fareda ponte per l’integrazione sociale.A livello delle istituzioni museali coinvolte, l’innovazione ha riguardato diversi ambiti.Innovazione è stata prodotta nel campo dell’apprendimento permanente e in generale nelle pratiche “edu-cative” museali; i progetti pilota, infatti, sono stati ideati e sperimentati ex-novo nei temi, nelle attività e neimetodi; anche in questo caso l’impatto positivo sull’apprendimento, la creatività, l’interesse, la gratificazionedei partecipanti, incoraggiano ad inserire nei percorsi museali esperienze simili, per aprire realmente/poten-zialmente a tutti, tutte le età e tutte le culture le porte dei musei scientifici. Certamente nuove sono state anche le competenze professionali che si sono delineate (e che sono statemesse alla prova) con DIAMOND: non solo e non tanto competenze sui temi museali, ma anche nel campodella comunicazione e dell’uso delle nuove tecnologie (DS), delle relazioni sociali, del dialogo interculturale,dell’approccio ai problemi del territorio e della marginalizzazione, ecc.. Queste competenze trasversali nonvengono insegnate nei corsi di museologia, e non hanno ancora una conformazione ben delineata; allora,anche in una esperienza pilota come questa prendono forma le nuove figure professionali che dovranno ac-

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1. http://www.coe.int/t/dg4/cultureheritage/heritage/Identities/default_en.asp

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compagnare il tanto auspicato am-pliamento dei ruoli sociali dei museidel ventunesimo secolo. Nuova è anche la visione dei museiche molti dei partecipanti hanno co-struito a seguito degli incontri: luo-ghi del sapere, di un saperediverso, ma non ostile, anzi invi-tante; luoghi di accoglienza, discambio sociale, di rispetto e com-prensione delle diversità di cultura,di lingua, di vita e/o di fortuna; luo-ghi dove la creatività personale nonviene soffocata da stili autoritari, ri-gidi e formali. Innovazione viene portata anchenelle forme di accountability e dellaverifica della mission dei quattromusei partecipanti; i progetti di in-clusione culturale introducononuovi valori ed elementi di valuta-zione nel bilancio sociale delle isti-tuzioni.Innovazione è stata prodotta anchenel creare partenariati tra istituzionimuseali e altre strutture che lavo-rano sul territorio, occupandosi dimarginalizzazione o svantaggio;l’esperienza, seppure circoscritta,ha dimostrato che l’intervento deimusei sul territorio può essere benpiù incisivo/significativo dal puntodi vista sociale ed incoraggia ad ap-profondirlo ed intensificarlo.DIAMOND ha portato anche nuovacultura all’interno dei musei, nelle

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116 Conclusioni

attività di ricerca, di formazione del personale interno e dei collaboratori esterni, nuove concezioni delle pra-tiche educative e degli itinerari museali, nuovi scambi culturali con i partner di progetto. Nuova cultura di gestione e di relazione (interna ed esterna) è stata co-prodotta con le altre istituzioni coin-volte: carceri, scuole speciali, centri di accoglienza e di cura, con scambio di saperi e modalità operative, diriflessioni sul benessere e la qualità della vita degli ospiti/partecipanti (ed anche con nuove forme di solida-rietà e comprensione tra operatori di musei e delle strutture coinvolte). Infine, nuove prospettive sono state date alla cultura, come elemento di sostenibilità individuale e socio-am-bientale, di dialogo tra persone ed istituzioni, come contesto di comprensione e di pace: i musei hanno ri-velato ancora una volta le loro grandi potenzialità nel sostenere le innovazioni benefiche per la qualità dellavita di ogni persona, che anche la Convenzione di Faro1 richiede ed auspica.

Cristina Da Milano e Elisabetta Falchetti

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Il gruppo di progetto

ECCOMCristina Da Milano (project manager), Roberta Agnese, Chiara Andrighetto,Maria Guida, Giulio Stumpo

Museo Civico di Zoologia, RomaElisabetta Falchetti (manager), Antonella Ajello, Pasquale Gattabria, CarlaMarangoni, Maurizio Morelli; collaboratori esterni: Valeria Bodò, Elisa DiCarlo, Gloria Guida, Andrea Iuli, Nicola Margnelli, Michela Pagano, Pier Fran-cesco Pandolfi, Angela Pelosi, Nausicaa Ventresco

Museo Nazionale di Storia Naturale “Grigore Antipa”, BucarestAurora Stanescu (manager), Maria Bezede, Elena Cursaru, Florentina Purde-scu, Oana Tudorache; collaboratore esterno: Liviu Moise

Complesso Museale di Scienze Naturali “Ion Borcea”, BacauGabriela Gurau (manager), Anca Virginia Sava Gaina

Melting Pro-Laboratorio per la CulturaPatrizia Braga (manager), Laura Bove, Ludovica De Angelis, Giulia Fiaccarini,Federica Pesce, Maura Romano, Antonia Silvaggi

Museo di Scienze Naturali, ValenciaMargarita Belinchón (manager), Monica Ginerg, Salvador Hernandez; colla-boratrice esterna: Sandra Illobre

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Gli autoriRoberta Agnese, dottoranda e assistente di ricerca al Dipartimento di Filosofia dell’Università Paris-Est,lavora per ECCOM come ricercatrice nell’ambito di progetti europei dedicati ai musei e al patrimonioculturale (“MuseumMediators”; “DIAMOND-Dialoguing Museum for a New Cultural Democracy”; “Broke-ring Migrants’ Cultural Participation”). Ha al suo attivo una Laurea Triennale in Filosofia all’Università “LaSapienza” di Roma, un Master in Storia e Storiografia alla Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales(EHESS) di Parigi, e un corso di formazione professionale in “Gestione del patrimonio culturale” a Bari(co-finanziato dall’Unione Europea e Regione Puglia).

Margarita Belinchón ha conseguito un dottorato in Scienze Biologiche. È Direttrice del Museo Civicodi Scienze Naturali di Valencia dal 1999. Autrice di diverse pubblicazioni sulla paleontologia, sulla mu-seologia e sulla divulgazione scientifica, ha partecipato a progetti internazionali di ricerca scientifica ea numerosi convegni sui temi della paleontologia, della museologia e del ruolo sociale della scienza. Èstata responsabile del progetto “Museos sin fronteras, cultura sin barreras”, che ha ricevuto una men-zione d’onore in occasione della quarta edizione del “Premio Iberoamericano de Educación y Museos”.

Steve Bellis è un esperto in storytelling digitale. Formatosi nei campi della produzione televisiva e del-l’insegnamento, dal 2004 dirige il Yale Centre for Digital Storytelling, producendo più di ottocento storiee coordinando workshop in contesti diversi. Attualmente sta lavorando a una serie di progetti europei distorytelling digitale in qualità di partner di progetto, ricercatore e formatore.

Patrizia Braga, manager culturale, co-fondatrice di Melting Pro - Laboratorio per la Cultura, laureata inLingue e letterature Straniere, fin da giovane sperimenta le opportunità di studio e lavoro all’estero for-nite dalla Comunità Europea, viaggiando e rielaborando valori culturali comuni e approcci professionalidifferenti. Da anni si occupa di formazione informale e non formale per adulti, di formazione di managerculturali e di gestione di progetti a livello nazionale ed europeo. Approfondisce la metodologia del sto-rytelling digitale coordinando tre progetti europei: “DeTales”, “DIAMOND”, “Enkdist”. Collabora conmusei, organizzazioni del terzo settore, università e imprese.

Cristina Da Milano è laureata in Archeologia e ha conseguito un Master in Museum Studies. Ha presoparte a numerosi progetti di ricerca a livello nazionale e internazione sui temi del ruolo sociale dei museie dei processi di apprendimento permanente in ambito museale. Ha inoltre partecipato in qualità di co-ordinatrice e di partner a diversi progetti europei finanziati nell’ambito del Lifelong Learning Programme2007-2013 (“LLML-Lifelong Museum Learning”, “VoCH-Volunteers for Cultural Heritage”, “MuseumMe-diators”; “DIAMOND-Dialoguing Museum for a New Cultural Democracy”, “Open All Areas”) e di Cultura2007-2013 (“She-Culture”). Insegna in diversi master e corsi post-universitari, ed è presidente di ECCOMdal 2010.

Elisabetta Maria Falchetti, laureata in Scienze Naturali all’Università “La Sapienza” di Roma e spe-cializzata in Zoologia (particolarmente in Etologia), ha effettuato ricerche ed esperienze sul campo.Ha lavorato allo Zoo di Roma per molti anni come zoologa e responsabile del Dipartimento educativo.Dal 1998 ha lavorato al Museo Civico di Zoologia di Roma, come curatore e responsabile del Diparti-mento educativo. Ha insegnato in Università italiane sia nei corsi universitari che post-universitariEducazione e comunicazione scientifica e museale, Museologia e museografia naturalistica, Didatticadella Biologia. I suoi attuali interessi di ricerca includono musei e apprendimento permanente e sco-lastico; ruolo dei musei nell’inclusione socio-culturale, nella sostenibilità individuale, sociale, ambien-tale. È autrice di molti contributi e libri nei vari campi di sua specializzazione e in particolaresull’educazione e comunicazione museale.

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Gli autoriGabriela Gurau è direttrice del Complesso Museale di Scienze Naturali “Ion Borcea” di Bacau dal 2007. Biologacon una specializzazione in entomologia, è responsabile del coordinamento delle attività del Museo, dai progetticulturali, educativi e di ricerca scientifica alla conservazione delle collezioni, dai rapporti di partenariato alla di-rezione amministrativa. Tra i progetti da lei coordinati si ricordano “Il museo viene a trovarti”, nell’ambito delquale un team di specialisti del Museo ha creato una serie di mostre itineranti, e le mostre permanenti “Le Fo-reste della Romania”, “Proteggere la natura” e “Fiori dalle profondità della Terra”.

Sandra Illobre Jiménez è laureata in Scienze dell’Ambiente e ha conseguito un Master in Educazione alla Bio-logia e alla Geologia, per il quale è stata insignita del Premio di Eccellenza 2011-2012 dall’Università di Valencia.Specializzata in pedagogia dei musei scientifici, ha curato numerosi materiali educativi ed è co-autrice di pubbli-cazioni di divulgazione scientifica. È stata co-responsabile del progetto “Museos sin fronteras, cultura sin barre-ras”, che ha ricevuto una menzione d’onore in occasione della quarta edizione del “Premio Iberoamericano deEducación y Museos”. Attualmente coordina il Dipartimento Educativo del Museo di Scienze Naturali di Valencia.

Carla Marangoni, laureata in Scienze Biologiche presso l’Università “La Sapienza” nel 1983, per diversi anniha svolto la libera professione presso una società privata, occupandosi di studi finalizzati alla gestione am-bientale. Nel 1997 viene assunta come zoologo al Comune di Roma. Dopo un breve periodo presso l’Ufficio Di-ritti Animali, viene trasferita al Museo Civico di Zoologia. Attualmente è curatore delle collezioni ornitologichedel Museo; in questo ambito ha svolto attività di conservazione, catalogazione e studio dei materiali zoologici,e valorizzazione a fini scientifici e divulgativi. Inoltre è responsabile dell’Ufficio Eventi e Comunicazione delMuseo, e autrice di diversi lavori scientifici e divulgativi.

Richard Sandell è professore ordinario alla School of Museum Studies dell’Università di Leicester, dove inse-gna nei programmi di Master, supervisiona gli studenti di dottorato e collabora con i colleghi a una serie di pro-getti promossi dal Research Centre for Museums and Galleries. La sua attività di ricerca, spesso condotta incollaborazione con i musei, si concentra sul ruolo che queste istituzioni possono svolgere a sostegno dei dirittiumani, della giustizia sociale e dell’uguaglianza. Su questi temi ha vinto borse di studio presso la SmithsonianInstitution (2004/2005) e il Humanities Research Center della Australian National University (2008). Ha curatocinque libri, il più recente dei quali si intitola Museums, Equality and Social Justice (2012, con Eithne Nightin-gale).

Antonia Silvaggi è cofondatrice di Melting Pro - Laboratorio per la Cultura. Nel corso degli anni ha sviluppatoabilità manageriali e di progettazione europea nel campo culturale e formativo, sperimentando e utilizzandotra le varie metodologie anche lo Storytelling digitale in progetti europei come “DeTales”, “Kvalues”, “DIA-MOND”. Porta avanti la ricerca su attività di formazione innovativa, creativa e modelli di competenze per ilsettore culturale orientato allo sviluppo delle capacità legate all’imprenditorialità e alla leadership culturale. Col-labora con musei, organizzazioni del terzo settore, università e imprese. È laureata in Conservazione dei Beniculturali, con un Master in Management e Governance delle organizzazioni non profit (Luiss University in Bu-siness studies, Roma).

Aurora Stanescu, entomologa specializzata nello studio degli Eterotteri, lavora al Museo Nazionale di StoriaNaturale “Grigore Antipa” di Bucarest dal 1989. Dal 1998 dirige il Dipartimento di Pubbliche Relazioni, MarketingCulturale e Servizi Educativi. Ha pubblicato diversi saggi dedicati ai programmi educativi del Museo nella rivistascientifica Travaux du Museum National d’Histoire Naturelle Grigore Antipa e in una serie di periodici di mu-seologia romeni. Ha collaborato alla progettazione e all’implementazione di numerosi corsi di museologia rivoltia giovani operatori museali, che si tengono periodicamente al Centro di Formazione per Professionisti della cul-tura a Bucarest.

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