Storia Medievale II - nona e decima lezione

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Ambasciatori e doni giovedì 22 marzo 12

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Ambasciatori e doni. La lettera di Berta di Toscana e il circuito dei beni di lusso

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Ambasciatori e donigiovedì 22 marzo 12

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Berta e Muktafi

Lettera di Berta di Toscana a Muktafî, califfo di Baghdad, inviata presumibilmente nei primi mesi del 906 e giunta a destinazione nel giugno del medesimo anno

Scritta originariamente in latino è pervenuta attraverso fonti arabe posteriori

Commento ed ri-edizione in Catia Renzi Rizzo, Riflessioni sulla lettera di Berta di Toscana al califfo Muktafî: l’apporto congiunto de dati archeologici e delle fonti scritte, in «Archivio Storico Italiano», CLIX (2001), 3–47

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Berta di Toscana

Figlia di Lotario II, re di Lorena, aveva sposato in prime nozze Teobaldo, conte di Provenza, da cui aveva avuto quattro figli:

Ugo, poi re d’Italia

Bosone, poi marchese di Toscana

Ermengarda marchesa d’Ivrea

Teutberga sposa di Guarniero di Chalons.

Rimasta vedova precocemente, si era unita in seconde nozze con Adalberto il Ricco, marchese di Toscana, alla morte del quale (915) organizzò una coalizione di potentes, che confinò l’imperatore Berengario, appena eletto, nelle sue terre venete e lo costrinse a chiamare in sua difesa gli Ungheri

Conseguenze: l’assassinio di Berengario (924); ascesa al trono prima di Rodolfo di Borgogna poi di Ugo di Provenza (926), figlio di Berta (+925)

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La marca di Toscana

I 24 regni: Forse i territori che sovrintendeva giurisdizionalmente in qualità di moglie del marchese di Toscana: Toscana settentrionale, Emilia, Liguria, Corsica (i conti e duchi di Lucca avevano iniziato ad esercitare la funzione di tutores dell’isola già nella prima metà del secolo IX, successivamente all’estensione del loro dominio sulla contea di Luni)

Bonifacio II nell’828 aveva guidato una spedizione contro i musulmani, fin sulle coste africane; grazie a quell’impresa aveva ottenuto dall’imperatore l’incarico ufficiale di difendere la Corsica dagli attacchi degli arabi.

Adalberto I, suocero di Berta, era stato nominato da Carlo III, messo imperiale e tutore del Patrimonio di S. Pietro, in cambio del libero passaggio attraverso le vie di comunicazione della marca

Adalberto II bloccò con l’esercito il re Arnolfo di Carinzia sui valichi appenninici, impedendogli di recarsi a Roma e fece altre “prove di forza” a danno degli imperatori

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La marca di Toscana

Il marchese di Toscana nel IX-X secolo gestiva un potere superiore a quello denunciato dal suo status, detenendo una signoria territoriale in posizione geografica strategica e in assenza o latitanza del potere regio

dopo la morte di Lodovico II i suoi detentori, Adalberto I e Adalberto II esercitarono il loro potere in modo del tutto indipendente da quello regio, anzi, al contrario, riuscendo a condizionarlo per tutelare il pieno esercizio della propria sovranità

una fitta rete di parentele consentiva, di fatto, il controllo su un territorio assai più ampio di quello di diritto. Ugo, figlio di primo letto di Berta, già conte di Vienne, nel 905 ebbe da Lodovico il governo della Provenza, che mantenne per circa vent’anni; Ermengarda, anch’essa figlia di Teobaldo, divenne marchesa d’Ivrea negli anni 916-917.

una strategica politica di alleanze e di parentele, in un periodo di grave crisi del potere regio, consentì probabilmente al marchese di Toscana di esercitare una sovranità pari a quella di un vicario, su un territorio assai più vasto di quello delimitato dai confini marchionali

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Califfo Muktafi

Successore di Al-Mu’tadid, regnò sul trono di Baghdad dal 902 al 908 e come il suo predecessore è considerato un sovrano “capace ed energico”.

La sua vicenda califfale si intrecciò con i tragici casi dell’ultimo emiro aghlabide dell’Ifriqija, Ziyadat Allah III, figura corrotta e poco risoluta che dopo aver subito la caduta di Sétif (ottobre o novembre 904) e la sconfitta di Kayuna (giugno 905) per opera dello sciita Abu’Abd Allah al-Da’i, accelerò la fine della dinastia aglabide, avvenuta nel 909.

l’eunuco ‘Ali al -Hadim era stato un uomo proprio dell’emiro Ziyadat Allah III: a capo di una spedizione navale che doveva essere partita dalle coste africane nell’898, (prigionia di sette anni); l’unica battaglia riferibile agli anni 898-899 è registrata da una sola fonte, la Cronaca Arabo-Sicula di Cambridge: scontro tra musulmani e bizantini, probabilmente scatenato dal governatore aghlabide della Sicilia.

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Il segreto

Secondo Hamidullah si sarebbe trattato di una proposta di matrimonio: improbabile perché Berta si vantava di regnare addirittura sulla città sede della cristianità occidentale e a quella data non era ancora vedova.

Secondo Levi della Vida, invece, il segreto doveva consistere in una proposta di alleanza anti-bizantina, con l’obiettivo del possesso della Sardegna - ancora formalmente sotto il controllo di Costantinopoli e anche a detrimento degli Aghlabidi a cui il califfo poteva ordinare la fine degli attacchi

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Mediterraneo occidentale

La conquista della Sicilia da parte degli emiri aghlabidi di Kairuan, a partire dall‘827

il progressivo proliferare degli insediamenti musulmani nell’Italia meridionale

occupazione saracena di Frassineto, località costiera della Provenza, a est del Massiccio dei Mori (890)

occupazione saracena delle isole Baleari (902 )

901-902 l’emiro Ibrahim II attacca la Calabria e ostenta propositi minacciosi confronti di Roma e di Bisanzio

IX - metà X Generale peggioramento delle condizioni di sicurezza della navigazione dei cristiani nel Mediterraneo occidentale. Le navi che facevano capo ai porti tirrenici dovevano evitare le squadre dei pirati saraceni provenienti dalle coste andaluse, da Frassineto, dall’Italia meridionale tirrenica, dall’Ifrikjia, e infine dalla Sicilia.

Sia da parte imperiale che papale che marchionale si cominciano a impostare alleanze militari anti-saracene

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La diplomazia

negoziazioni tra sovrani cristiani e sovrani musulmani sono segnalate dalle fonti già in epoca carolingia

il figlio di Berta, Ugo, conte di Provenza e poi divenuto re d’Italia, intenzionato a bloccare le iniziative dei marinai-pirati di Frassineto, aveva mandato nel 940 un’ambasceria a Costantinopoli perché una flotta bizantina aggredisse per mare il nemico mentre l’esercito italico avrebbe portato l’assalto per via terrestre. L’impresa, iniziata nel 942, portò invece a una tregua perché Ugo dovette difendere la corona da Berengario. Nel 942 stabilì una tregua con il califfo ommayade di Cordova ‘Abd al-Rahmân III (912-961)

953 Ottone di Sassonia, già re di Germania ma non ancora imperatore affidò a Giovanni di Gorz, abate lorenese, l’incarico di mantenere buoni rapporti diplomatici con il califfo di Cordova

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Fatwa

le fatawa (sing.fatwa) sono fonti arabe assai preziose per la mole di informazioni che forniscono intorno a vari aspetti del viver quotidiano nel medioevo musulmano.

sono sentenze giuridiche emesse da dottori della legge islamica o da stimati interpreti del Corano, su alcuni “casi-limite”.

Ci informano sui frequenti atti di pirateria compiuti da corsari-cristiani, sui non rari matrimoni misti tra cristiani e musulmani, sul valore relativo della tregua, che raramente vincolava davvero un musulmano in comportamenti non-aggressivi, se la posta in gioco era il guadagno materiale, le condizioni dei cristiani che venivano catturati come schiavi.

«Quanto ai navigli cristiani che vengono verso di noi, che siano lontani dal porto o in prossimità di esso, non è permesso catturarli se si tratta di commercianti conosciuti per le loro relazioni commerciali con i musulmani, a meno di non attaccarli nei loro propri paesi o quando si dirigono verso un paese diverso dai paesi musulmani».

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Le navi

Probabilmente navi piccole e veloci, adatte a rapide incursioni costiere, dotate di vele latine in grado di stringere il vento e di consentire strette andature di bolina (50 uomini).

La baia di Agay (nei pressi di Cannes) conservava i relitti di due imbarcazioni andalusi del X: una molto piccola, lunga 8-10 metri e l’altra più grande, ma sempre di dimensioni modeste, 20-25 metri di lunghezza e 7 di larghezza; ugualmente a punta di Batéguier

La squadra aglabide intercettata dalla flotta di Berta era costituita probabilmente da ghirbân o da qatâ’i’, cioè da navi destinate essenzialmente alla guerra di corsa, ma che alcuni storici non escludono che possano essere stati utilizzati anche per il commercio.

Non riusciamo a sapere quante e quali fossero le navi della sua squadra uscita in perlustrazione ma testimonia l’esistenza di una flotta toscana in pattugliamento nel Tirreno

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SAINT-GERVAIS 2

Naufragio del VII d.C.

Il relitto della Saint-Gervais 2 è il solo a dimostrare, con il suo carico in grano, l’esistenza di un commercio marittimo di questa merce tra tarda antichità e medioevo.Tra i ritrovamenti :• le ultime produzioni di sigillata chiara africana (forme Hayes 108 e

109)• le varianti morfologiche più tarde dei tipi d’anfora africani e orientali

(spatheia, Keay VIIIA, Keay LXI, LRA 5-6)• una lampada del VII secolo

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AGAY A

Il carico della nave consisteva in ruote di riolite dell’Esterel, barre di rame (circa 300), vasellame in rame con maniglia (un pezzo reca un'iscrizione in caratteri arabi) e una dozzina di grandi vasi il cui contenuto è ignoto. Il vasellame consiste principalmente di forme chiuse o lampade ad olio che sembrano appartenere alla dotazione di bordo.

X secoloislamica

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Batéguier

Al largo di Cannes, 58 m. di profondità, relitto contemporaneo a quello di Agay (X secolo) e proveniente dal califfato andaluso. Ruote, vasellame in rame, lampade a olio e vasellame vario.

Il vasellame presenta una grande varità di forme (tipo jarritas, jarros, jarritos, marmitas, cantàros) e amche qualche forma aperta (grandi piatti poco profondi). Gli smalti sono rari, decorazioni con motivi geometrici, striature di ocra applicati dalle dita e scritte in arabo.

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Quale porto?

774 Adelchi, figlio del re longobardo Desiderio, si imbarca a Pisa per Costantinopoli prima della caduta di Pavia in mano franca

801 arrivano nel portum Pisas due ambasciatori del re di Persia, Harun al Rashid, inviati a Carlo Magno con grandi doni

926 vi approda Ugo di Provenza, figlio di Berta

Pisa era il porto più vicino a Lucca, sede della Marca; città in ripresa economica, sociale e politica

Luni fino all’inizio dell’XI secolo rappresentò ancora un obiettivo marittimo da parte di vichinghi e di musulmani, ma città in evidente decadenza

Sempre nell’XI fu il luogo prescelto per l’allestimento della flotta di Raimondo di Tolosa diretta a Gerusalemme

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Arrivo di Ugo

926Approda a Pisa Ugo di Provenza (re d'Italia dal 924 al 947) giungendo via mare dalla sua regione: poi si dirige, via terra, a Pavia. Pisa è sempre secondo Liutprando, caput Tuscie.Liutprando, Antapodosis, III, cap. XVI, p. 81*

XVI. Quod Rodulfus ut audivit, Italiam dereliquit et Burgundium percitus petiit. Haec itaque dum aguntur, Hugo, Arelatensium seu Provincialium comes, navim conscenderat et per Tyrrenum mare in Italiam festinabat. Deus itaque, qui hunc in Italia regnare cupiebat, prosperis eum flatibus brevi Alpheam, hoc est Pisam, que est Tusciae provinciae caput, duxerat [..].

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I doni

le armi (150 tra spade, scudi e lance): la Toscana possiede oltre la metà dei minerali di ferro del paese e i quattro quinti della pirite: è ragionevole pensare che a quella data lo sfruttamento delle miniere di ferro e/o degli altri minerali di cui la regione è ricca fosse in atto. Diverse scoperte archeologiche attestano la lavorazione del ferro in epoca tardo antica e altomedivale in Toscana; è molto probabile che le armi inviate da Berta siano state forgiate in Toscana e in particolare in area pisana

perle cosiddette di vetro, capaci di attrarre frammenti metallici conficcatisi nella pelle; forse frammenti, magari arrotondati ed opalescenti, di minerali ferrosi: ematiti.

i grossi cani di provenienza nordica; Liutprando testimonia che i sovrani occidentali li regalavano frequentemente agli orientali: il re Ugo, subito dopo la sua elezione, ne inviò due all’imperatore bizantino ed essi lo avrebbero presto sbranato se molte braccia non li avessero trattenuti

uccelli (falchi, sparvieri e forse stornelli) che erano, almeno in parte, di provenienza franca ma anche facilmente reperibili nelle foreste italiche

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I doni

padiglione di seta e dalle vesti con stoffe intessute d’oro: forse manufatti bizantini, procurati o direttamente a Venezia, o a Pavia (importante centro portuale e mercantile nel X secolo); se ne produceva tuttavia anche in val padana e nella penisola iberica; nella Spagna musulmana si confezionavano i tiraz, cioè i più lussuosi tessuti di seta, come i broccati, i rasi, i velluti e le migliori tessiture di lana e di lino, che venivano regalati dai sovrani musulmani ad altri sovrani, “eccellenti tessuti di raso e porpora” che i mercanti amalfitani giunti a Cordova, nel marzo del 942, ottennero a prezzo modico dal califfo ‘Abd al-Rahmân III

le stoffe di lana colorate: in lana-penna o lana-marina, di origine andalusa; una fibra sottile e flessibile prodotta da alcuni molluschi, estremamente preziosa; forse testimoniano possibili commerci tra la marca di Toscana e le regioni andaluse della Spagna oppure il prodotto di un saccheggio o ancora dal commercio dei radaniti

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I doni

gli schiavi, i venti eunuchi e le venti fanciulle belle e graziose di origine slava; le due aree di prelievo erano allora la regione compresa tra la Saal e il corso medio dell’Elba e l’interno della Dalmazia, mentre i centri di mercato specializzato erano in Occidente Verdun, Lione e S. Adalberto di Praga e, in Italia, Venezia. Al-Andalus divenne un mercato di transito cospicuo per le altre terre musulmane, e la stessa corte ommayade costituì, durante i secoli IX e X, un buon serbatoio sia di schiavi provenienti dai paesi occidentali, sia di baschi e galleghi. A partire dal X secolo fu anche l’Africa nera a fornire la preziosa mercanzia: attraverso le principali vie carovaniere transahariane e il corso del Nilo i mercanti arabi, in particolare, trasportavano oro e schiavi neri fino alle coste Mediterranee e di lì fino ai mercati europei ed orientali. Gli schiavi inviati da Berta avevano un valore complessivo di circa 40000 dinari

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Pirateria e commercioFenomeno reciproco: le navi bizantine tendevano agguati alle navi musulmane al largo delle coste della Siria e dell’Egitto; le navi toscane in pattugliamento catturano navi aghlabidi

la pirateria musulmana è diffusa e alimentata dalle strategie degli emiri;

esistevano minacce alla libera circolazione della navi a ciascun capo dei percorsi commerciali transmediterranei

MA almeno fino al secolo X è difficile e scorretto separare le attività commerciali dalla pirateria: le due attività erano praticate congiuntamente ed insieme hanno contribuito, in maniera diversa ma non distinguibile, a diffondere merci e tecnologie, conoscenze e manufatti. Il medesimo equipaggio si comportava da «pirata» all’andata e da «commerciante» al ritorno, razziando dapprima le imbarcazioni che la buona sorte gli faceva incontrare e andando a vendere successivamente il bottino preso.

Gli obiettivi dei raid sono spesso testimonianza della capacità del luogo rapinato di attrarre l’attenzione saracena

Lo sviluppo, a partire dalla metà del IX secolo, di alcune comunità di marinai-pirati sulla costa andalusa (Tortosa, Algeciras, Tudmîr, Pechina-Almeria) potrebbe costituire un forse segnale della ripresa di commerci marittimi.

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Considerazioni

Certamente attestato dal poema di Teudulfo e dalla lettera di Berta una circolazione di beni a lunga distanza e di lusso

Esistevano centri di raccolta e di smistamento di questi beni (empori)

anche questo tipo di circolazione, pure spinta da legami di tipo diplomatico e da scambi fondati sul DONO può aver costituito l’innesco di traffici più intensi

Perché questo si sia verificato bisogna comunque che ai due estremi ci siano economie di una certa complessità capaci di produrre (ferro), raccogliere (tasse, pirateria, commercio) e inviare (flotta) alcuni prodotti preziosi.

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L’inizioCh. Wickham: nel IX secolo il Mediterraneo era un mare relativamente tranquillo, formato da un set di economie regionali con scarsi legami tra loro.

Probabilmente la Sicilia faceva da cerniera nel traffico Est-Ovest.

Dal punto di vista dei beni di massa, si trattava di un epoca di scambi interni in diverse parti del bacino; le regioni erano legate tra loro da uno strato sottile di traffico di beni di lusso e dal movimento costante di piccole imbarcazioni da un porto a quello vicino che non smise mai.

Il Mediterraneo orientale era più ricco con economie più complesse di quello occidentale. Dal punto di vista degli scambi marittimi la rotta più battuta era fuori del dominio islamico, tra Egeo e Tirreno meridionale (testimoniata dall’arrivo a Roma della glazed pottery e delle conoscenze per la sua produzione da Costantinopoli nel IX sec.)

Nel IX i traffici a lunga distanza rinacquero probabilmente a causa della ricchezza (e quindi domanda) dell’impero carolingio a ovest e del califfato abbaside a est. Questo diede innesco a Venezia e ad altre rotte MA SOLO PER I BENI DI LUSSO

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