STORIA DELLE ISTITUZIONI POLITICHE - UniBG Storia Istituzioni 15 16... · DIETA DI WORMS, 18 APRILE...

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STORIA DELLE ISTITUZIONI POLITICHE CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN FILOSOFIA a.a. 2015-2016 RIFORMA E DOTTRINE MONARCOMACHE

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STORIA DELLE ISTITUZIONI

POLITICHECORSO DI LAUREA TRIENNALE IN FILOSOFIA

a.a. 2015-2016

RIFORMA E DOTTRINE MONARCOMACHE

LE DOTTRINE RIFORMATE

MARTIN

LUTERO(LUCAS

CRANACH 1529)

CRONOLOGIA

1517 Divulgazione delle 95 tesi di Lutero contro la Chiesa Romana

1520 Scomunica papale

1521 Dieta di Worms e successivo editto imperiale: Lutero è bandito dall’Impero

→ si rifugia in Sassonia presso l’elettore Federico III

1522 Lutero pubblica la traduzione in tedesco del Nuovo Testamento, dalla

edizione greco-latina di Erasmo. Torna a insegnare a Wittemberg

DIETA DI WORMS, 18 APRILE 1521(Luther auf dem reichstag in Worms,

xilografia dipinta 1557)

DIETA DI WORMS, 18 APRILE 1521

Alla domanda se fosse pronto o no a ritrattare Lutero rispose in latino:

«Poiché la vostra maestà e le vostre signorie domandano una rispostasemplice, ne darò una senza corna né denti: se non sarò convintomediante le testimonianze della Scrittura e chiare ragioni – poichénon credo né al papa, né ai concili da soli, poiché è evidente chehanno errato e si contraddicono – io sono vinto dalla mia coscienza eprigioniero della Parola di Dio, a motivo dei passi della Sacra Scritturache ho addotti. Perciò non posso né voglio ritrattarmi, poiché non èsicuro né salutare fare alcunché contro la coscienza». Ed aggiunse intedesco «Dio mi aiuti. Amen».

G. Miegge, Lutero giovane, Milano, Feltrinelli, 1977, p. 464

DIETA DI WORMS, 19 APRILE 1521CARLO V

“Voi sapete che io discendo dai cristianissimi imperatori della nobile nazionetedesca, dai re cattolici di Spagna, dagli arciduchi d’Austria, dai duchi diBorgogna, i quali tutti furono sino alla morte figli fedeli della Chiesa romana,difensori della fede cattolica, dei sacri usi, decreti e consuetudini del culto, iquali, alla loro morte, mi hanno rimesso tutto ciò in eredità, e secondo il cuiesempio sono anche vissuto fino a quest’ora. Perciò sono risoluto ad attenermia tutto quanto è stato stabilito dal Concilio di Costanza in poi. Poiché èindubitato che un singolo fratello è nell’errore quando si pone control’opinione di tutta la cristianità, altrimenti la cristianità sarebbe dovuta esserenell’errore per mille e più anni. Pertanto sono risoluto ad arrischiare i miei regnie possessi, i miei amici, il mio corpo e il mio sangue, la mia vita e la mia anima.Giacché sarebbe una vergogna per noi e per voi, membri della nobile nazionetedesca, se nel nostro tempo per nostra negligenza, anche solo un’apparenza dieresia e di pregiudizio recato alla religione cristiana penetrasse nel cuore degliuomini. Dopo che ieri abbiamo udito qui il discorso di Lutero, vi dico chedeploro di aver tardato così a lungo a procedere contro di lui. Io non loascolterò mai più: si abbia pure il suo salvacondotto; ma da oggi in poi loconsidererò come un eretico notorio, e spero che voi, da buoni cristiani faretealtrettanto”.

K. Brandi, Carlo V, Torino 1961, p. 315

MARTIN LUTERO, SULL’AUTORITA’ SECOLARE, 1523

Parte prima.

Terzo: «Qui dobbiamo dividere i figli di Adamo e gli uomini tutti in due parti: la prima spetta al regno di Dio e la seconda al regno della terra. Appartengono al Regno di Dio quanti credono rettamente in Cristo ed a Cristo sono soggetti». […]

Quarto: «Al regno della terra, vale a dire sotto la legge, appartengono tutti coloro che non sono cristiani […] Dio […] li ha posti sotto la spada [...] Proprio come con lacci e catene si lega una bestia selvaggia e feroce […] mentre un animale mite e domestico non ne ha bisogno […]».

«Ora se uno volesse reggere il mondo secondo il Vangelo, e abolire il diritto e la spada secolare, e sostenere che, essendo tutti nel mondo battezzati e cristiani, tra i quali il Vangelo non vuole legge né spada alcuna, tutto ciò non è necessario […] carissimo, comprendi cosa farebbe costui? Scioglierebbe lacci e catene alle bestie selvagge e feroci».

Quinto: […] «Orbene, […] Cristo (Matth V, 39) […] insegna bensì che i cristiani tra loro non devono aver spada né leggi secolari, ma non proibisce di servire e d’esser sudditi di quanti posseggono tale spada e legge; anzi, quanto meno tu stesso ne hai bisogno, tanto più devi servire gli altri, i quali, non essendo da tanto, ne hanno ancora bisogno».

Parte seconda.

[…] «Ora, nessuna potestà umana può estendersi fino al Cielo sopra le

anime, ma solo sopra la terra, sui rapporti esteriori degli uomini tra di

loro, là dove gli uomini possono vedere, conoscere, guidare, giudicare,

punire e salvare. Le due cose anche Cristo stesso bellamente distingue

e riassume in breve, là dove dice (Matth, XXII, 21): ‘Date a Cesare quel

ch’è di Cesare e a Dio quel ch’è di Dio’. Ora, se l’autorità di Cesare si

estendesse fino al regno e alla potestà di Dio e non fosse una cosa

limitata, Cristo non avrebbe fatto tale distinzione. Perché, com’è detto,

l’anima non soggiace al potere di Cesare, egli non la può ammaestrare,

né traviare, né uccidere, né far vivere, né legare, né liberare, né

giudicare, né condannare, né trattenere né lasciare […] Bensì lo può

fare sopra il corpo, i beni e gli onori, perché queste cose sono sotto la

sua signoria.»

« […] Con queste parole è assegnata all’uomo una signoria solo su cose

esterne. Insomma le cose stanno come dice S. Pietro (Act V, 29):

‘Conviene ubbidire a Dio anziché agli uomini’. Con ciò stesso egli pone

chiaramente dei limiti all’autorità temporale; se invece ci si dovesse

attenere a tutto quanto l’autorità temporale ordina, inutilmente egli

avrebbe detto: ‘Conviene ubbidire a Dio anziché agli uomini’.

«Ora, se il tuo principe o signore terreno ti ordina di stare col papa o di

credere così o cosà, ovvero di scrivere dei libri, tu gli dirai: - Non si

conviene a Lucifero sedere accanto a Dio. Diletto signore, io sono

tenuto ad obbedirvi con il corpo e i beni, quindi comandatemi secondo

la misura del vostro potere sulla terra e io vi obbedirò. Ma se mi

ordinate di credere o di scrivere dei libri, io non vi obbedirò. Infatti qui

sareste un tiranno e pretendereste troppo, dando ordini dove non

avete diritto né facoltà, ecc. – E se egli ti togliesse i beni per punire tale

disobbedienza, siine beato e ringrazia Iddio, poiché fosti degno di

soffrire per amore della parola di Dio; e lascia pure che quel pazzo

infurii, troverà infine anche lui il suo Giudice. In verità ti dico: se non gli

resisterai, ma consentirai che ti estorca la fede o i libri, avrai rinnegato

Iddio».Trad. da C. Galli (a cura di), I grandi testi del pensiero politico. Antologia, il Mulino, Bologna 2003, p. 91 ss.

Martin Lutero

Contro le bande brigantesche e assassine dei contadini1525

Lutero nega che la sua dottrina abbia implicazioni

politiche, in occasione della guerra dei contadini

Tuttavia i fondamenti teologici e ecclesiologici

della Riforma ebbero grande rilievo

nell’elaborazione di una nuova cultura politica.

CALVINO, CATECHISMO, 1537

«Il Signore non solo ha attestato che la magistratura aveva la suaapprovazione e gli era grata, ma ce l’ha pure grandementeraccomandata, avendo onorato tale dignità con titoli molto onorevoli.Infatti, egli afferma [Proverbi 8, 15-16] che è opera della sua sapienza ilfatto che i re regnino, che i consiglieri ordinino cose giuste e che igrandi della terra siano giudici ... Perciò i principi e i magistrati devonopensare a chi servono nel loro ufficio e a non far nulla d’indegno diministri e luogotenenti di Dio … D’altro lato, il dovere reciproco deisudditi è non solo d’onorare e riverire i loro superiori, ma diraccomandare al Signore in preghiera la loro salvezza e prosperità. Essidevono sottomettersi volentieri al loro dominio, ubbidire ai loro editti ealle costituzioni e non devono rifiutare i gravami che vengono loroimposti, siano tasse, pedaggi, tributi e altre contribuzioni … Bisognaanche sopportare quelli che abusano tirannicamente del loro potere,finché per ordine legittimo non siamo liberati dal loro giogo.

CALVINO, CATECHISMO, 1537

«Ma dall’obbedienza ai superiori bisogna sempre escludere una cosa:che ci distolga dall’obbedienza a Colui, agli editti del quale devonocedere i comandi di tutti i re … Se comandano qualcosa contro a Lui,non si deve fare nulla, né tener conto di tal ordine, ma si dia luogopiuttosto alla sentenza, che è meglio obbedire a Dio che agli uomini[Atti degli Apostoli 4, 19]»

(da G. Dall’Olio, Storia moderna, Roma, Carocci, 2004, p. 176-177)

LE GUERRE DI RELIGIONE IN FRANCIA(1562-1598)

ATTORI DELLE GUERRE DI RELIGIONE IN

FRANCIA

Partito cattolico - GUISA, duchi di Lorena; BORBONE (Antonio); altri.

Partito ugonotto (calvinista) -

ALBRET, re di Navarra →

BORBONE (Enrico), re di Navarra, infine re di Francia;

Gaspard de Coligny; altri

scrittori “monarcomachi”: François Hotman (Francogallia, 1573); Théodore de Bèze (Du droit des Magistrats surleur sujets, 1574); Junius Brutus-Philippe Du Plessis Mornet (Vindicae contra tyrannos, 1579).

MONARCHIA Valois -

re: Francesco II, Carlo IX, Enrico III;

reggenti: Antonio di Borbone; Caterina de’ Medici.

Scrittori e consiglieri moderati, “politiques”, pacifisti -

Michel De l’Hospital, cancelliere del Regno;

Michel de Montaigne, magistrato, autore degli Essais (1580)

Jean Bodin, giurista e autore dei Six livres de la Republique (1576);

Potenze estere -

Inghilterra (regina Elisabetta I Tudor);

Spagna (re Filippo II Asburgo);

Province Unite (repubblica).

GEOGRAFIA DELLE

GUERRE DI

RELIGIONE IN

FRANCIA

(DA C. VIVANTI, LE GUERRE DI RELIGIONE NEL CINQUECENTO, LATERZA, 2007, P. 2)

LINEE GENERALI DELLE GUERRE DI

RELIGIONE IN FRANCIA

1. Conflitto confessionale, generato dalla riforma protestante e dalla reazione cattolica;

2. Processo di disciplinamento dell’aristocrazia feudale francese (guerra dei 100 anni – guerra del bene pubblico – guerre di religione – fronda);

3. Problemi successori della monarchia francese (re immaturi – Francesco II / minori – Carlo IX / senza discendenti – Enrico III);

4. Interferenza delle potenze straniere, in virtù della rete di parentele transnazionale

CRONOLOGIA DELLE GUERRE DI RELIGIONE IN

FRANCIA (1)

Anni Venti inizia a diffondersi il luteranesimo

Anni Trenta prende piede il calvinismo

1534 affare dei manifesti (placards); Francesco I manifesta volontà repressiva

1547 Enrico II re di Francia

1553 Nasce Enrico di Borbone, da Antonio e da Giovanna d’Albret, sovrani di

Navarra

1559 Primo sinodo delle chiese riformate (clandestino)

Muore Enrico II

Francesco II re di Francia; la regina è Maria Stuart [regina di Scozia,

nipote di Francesco di Guisa] → ascesa dei Lorena, duchi di Guisa

Si inaspriscono le persecuzioni contro gli ugonotti

1560 Congiura ugonotta di Amboise, sventata

Muore Francesco II

Carlo IX re di Francia; la regina madre Caterina de’ Medici è reggente

influenza dell’ammiraglio di Francia, ugonotto, Gaspard de Coligny

Convocazione degli Stati Generali a Orleans

1561 Secondo sinodo delle chiese riformate

Giovanna d’Albret, regina di Navarra, stabilisce il culto riformato nel Regno

Colloqui di religione a Poissy fra prelati cattolici e teologi calvinisti

1562 Primo editto di Saint Germain (IMPORTANTE)

Massacro di ugonotti a Vassy [apannaggio di Maria Stuart] a opera del duca Francesco di Guisa

1562-1563 PRIMA GUERRA DI RELIGIONE

Elisabetta, regina di Inghilterra, concede aiuti agli ugonotti

Prima assemblea politica dei riformati

Muore Antonio di Borbone, primo principe del sangue, schierato in

battaglia sul fronte cattolico

1563 Pace di Amboise: termina la prima guerra di religione

Orientamenti intransigenti di Carlo IX

1567-1568 SECONDA GUERRA DI RELIGIONE

1566 Disordini provocati dai riformati nella contea di Foix

1567 I riformati cercano di catturare Carlo IX

1568 Pace di Longjumeau: finisce seconda guerra di religione

1568-1570 TERZA GUERRA DI RELIGIONE

Carlo IX emana un editto che sopprime ogni libertà di culto per i

riformati

Michel de l’Hospital, leader dei moderati, viene privato di ufficio di

guardasigilli

1569 Sentenza capitale del Parlamento di Parigi contro l’ammiraglio Coligny

1570 Pace di Saint Germain: finisce terza guerra di religione [consentito

culto calvinista in due città per circoscrizione, fuori da mura urbane;

assegnazione di fortezza di La Rochelle agli ugonotti]

1572

18 agosto: Matrimonio della sorella del re, Margherita, cattolica, con

Enrico di Borbone, re di Navarra e primo principe del

sangue, ugonotto

23-24 agosto: Massacro della notte di San Bartolomeo. Subito dopo il

matrimonio reale sono uccisi migliaia di ugonotti a Parigi. Il

massacro si diffonde in altre città francesi

Muore Coligny, assassinato da Enrico di Guisa

Enrico di Borbone, fatto prigioniero, abiura al calvinismo

I superstiti del partito ugonotto si ritirano nell’ovest della

Francia

1572-1573 QUARTA GUERRA DI RELIGIONE

1572-1576 “Cattività” di Enrico di Borbone presso la Corte di Francia

1573 Editto di Boulogne: restringe le concessioni al culto dei riformati. Guienna, Linguadoca e Delfinato lo respingono

1574-76 QUINTA GUERRA DI RELIGIONE

1574 Muore Carlo IX

Enrico III re di Francia (Enrico era re di Polonia al momento; rientra in Francia)

1576 Enrico di Borbone fugge dalla corte e raggiunge i capi del partito ugonotto; riorganizza la resistenza appoggiandosi ai suoi domini nel Béarn (Navarra francese), in Guascogna e nell’ovest

I Guisa, a capo del partito cattolico, formano la Lega santa

Editto di Beaulieu conclude la V guerra di religione: riformati ottengono maggiori libertà di culto, camere bipartite nei parlamenti, otto piazzeforti di garanzia.

Bodin pubblica a Parigi i Sei libri dello Stato.

1777 SESTA GUERRA DI RELIGIONE (che si conclude rapidamente per difficoltà finanziarie di entrambi gli schieramenti; con l’editto di Poitiers sono ridotte le libertà previste dall’editto di Beaulieu)

1578 Caterina e Margherita nel sud della Francia presso Enrico di Borbone. Clima di pace, descritto da Margherita nelle sue memorie

1579-1580 SETTIMA GUERRA DI RELIGIONE. Enrico assume la guida del fronte ugonotto. Pace di Fleix

1580 Essais di Michel de Montaigne

1584 Muore l’erede di Enrico III, il fratello Francesco d’Angiò, duca di Alençon: la dinastia Valois non ha discendenti. Enrico di Borbone è il nuovo erede presuntivo alla corona di Francia

1584-1589 OTTAVA GUERRA DI RELIGIONE o Guerra “dei Tre Enrichi”. Filippo II di Spagna appoggia i cattolici

1587 Vittoria di Enrico di Borbone a Coutras

1588 La Lega santa occupa Parigi e governa gran parte della Francia

Assassinio del duca Enrico di Guisa, ordito dal re

1589 Muore Caterina de’ Medici

Enrico III e Enrico di Borbone, alleati, riconquistano Parigi.

Enrico III designa il Borbone come successore

Il re muore assassinato

Enrico di Borbone diventa re di Francia con l’ordinale IV. Si impegna a mantenere la religione cattolica nel Regno e a

1593-1598 Guerra di Filippo II contro Enrico IV per la successione al trono

1591 Editto di Mantes rimette in vigore norme editto di Poitiers

1593 Conversione di Enrico IV al cattolicesimo

1594 Incoronazione di Enrico a Chartres

1598 EDITTO DI NANTES regola definitivamente la questione religiosa

Pace di Vervins fra Francia e Spagna: la monarchia spagnola riconosce la legittimità della successione Borbone

Morte di Filippo II

1610 Assassinio di Enrico IV

Gli succede il figlio Luigi XIII, minore; reggenza della regina madre Maria de’ Medici

CATERINA DE’ MEDICIREGINA-MADRE DI FRANCIA

CARLO IXRE DI

FRANCIA1560-1574

Enrico III

Re di Francia

1574-1589

ENRICO IV BORBONE

RE DI FRANCIA

1589-1610

LE TEORIE MONARCOMACHE

PRINCIPALI SCRITTORI MONARCOMACHI

François Hotman (Francogallia, 1573)

Théodore de Bèze (Du droit des Magistrats sur leursujets, 1574)

Junius Brutus-Philippe Du Plessis Mornet (Vindicaecontra tyrannos, 1579)

DEFINIZIONI

monarcomaco = in guerra con il re

Stephanus Junius Brutus

Vindiciae contra tyrannos. Il potere legittimo del principe sul popolo e del popolo sul principe

(1579)

Philippe Du-Plessis de Mornay

Stephanus Junius Brutus

Vindiciae contra tyrannos. Il potere legittimo del principe sul popolo e del popolo sul principe (1579)

Quattro questioni discusse nel trattato:

1. Se i sudditi siano obbligati a obbedire al loro principe, qualora questi ordini cose contrarie alla legge di Dio;

2. Se sia lecito resistere a un principe che violi la Legge di Dio, o che danneggi la Chiesa; da chi, come e in che misura ciò sia lecito;

3. Se sia lecito resistere a un principe che opprima o rovini lo Stato, e sino a dove tale resistenza possa spingersi; da chi, come e in base a quale diritto o legge ciò sia permesso;

4. Se i principi o gli Stati vicini possano, o debbano, soccorrere i sudditi di tali principi, afflitti per cause inerenti alla vera religione o oppressi dalla tirannide.

VINDICAE

QUESTIONE PRIMA

«Oggi re e principi cristiani alla loro incoronazione sono chiamati servitori di Dio, destinati a governare il Suo popolo. Poiché i re sono solo luogotenenti di Dio, posti sul trono di Dio dal Signore di Dio infinito, e il popolo è popolo di Dio, e poiché l’onore che si fa ai luogotenenti non procede che dalla riverenza che si porta a coloro che li hanno inviati, non è difficile dedurne che bisogna obbedire ai re a causa di Dio, non contro Dio, e quand’essi servano e obbediscano a Dio, non altrimenti»

Edizione a cura di Saffo Testoni Binetti, Torino, La Rosa, 1994 (p. 17)

VINDICAE

Chi stabilisce che il re ha agito contro Dio?

La dottrina riformata ha annullato la MEDIAZIONE con Dio da parte della gerarchia, sia quella ecclesiastica, sia quella secolare. Il re non è più riconosciuto interprete della volontà di Dio.

Per inferenza dal testo si ricava che il giudizio spetta al popolo sulla base della Scrittura.

Anche il popolo è vincolato con il re da un PATTO con Dio

«Ora, noi leggiamo di due tipi di patto nell’investitura dei re: il primo tra Dio, il re e il popolo, affinché il popolo fosse popolo di Dio; il secondo tra il re e il popolo, affinché il popolo obbedisse fedelmente al re che avesse comandato con giustizia… Il re si impegnò, e così fece il popolo, non separatamente, bensì insieme, come le parole attestano, all’istante » (ivi, p. 19 e ss.).

VINDICAE

O IL RE O DIO

«Con queste premesse si potrà facilmente risolvere la nostra questione.

Infatti, se Dio tiene il luogo di signore sovrano e il re di vassallo, chi osa negare che bisogna obbedire al sovrano piuttosto che al vassallo? Se Dio comanda una cosa e il re ne comanda una contraria, chi sarà tanto orgoglioso da chiamare ribelle colui che rifiuta di obbedire al re in contraddizione con Dio?....» (28)

QUESTIONE SECONDA

Che cosa si intende con la parola «popolo»?

«Sì che a questo punto mi si farà un’obiezione: sarà proprio necessario che l’intera popolazione, questa bestia da un milione di teste, si ammutini e dia luogo a disordini per dare ordine alla situazione suddetta? Che direzione c’è in una moltitudine senza briglie? Quale disegno e quale discernimento per prendere provvedimenti? Quando parliamo del popolo nel suo complesso, intendiamo con questa parola coloro che hanno l’autorità dal popolo, ovvero i magistrati che sono inferiori al re e che il popolo ha delegato, o in qualche modo istituito, come consociati nel potere e controllori del re, e che rappresentano tutto il corpo del popolo. Intendiamo anche gli stati, che non sono altro che l’epitome o una breve sintesi del regno, cui tutti gli affari pubblici si rapportano…

Gli ufficiali sopra nominati sono singolarmente inferiori al re, ma, considerati tutti insieme come corpo, gli sono superiori. Infatti, in accordo con quanto i concili di Basilea [1431] e di Costanza [1414] hanno determinato (e ben determinato), cioè che il concilio universale fosse superiore al vescovo di Roma, il capitolo è superiore al vescovo, l’università è superiore al rettore, la corte è superiore al presidente; in breve colui a cui tutta una compagnia dà autorità è sempre inferiore alla compagnia, ancorché sia superiore a ciascuno dei suoi membri…

E poiché ciò che è fatto pubblicamente dalla maggior parte è attribuito a tutti, si dirà che tutti hanno fatto ciò che LA MIGLIOR PARTE dei primi ha fatto, o, in breve, che tutto il popolo vi ha messo mano» (51)

I privati

«Qui non parliamo dei PRIVATI E DEI SINGOLI CONSIDERATI UNO PER UNO e che non sono stimati parti del corpo intero, così come le assi, i chiodi, i cavicchi non sono parti di una barca, né le pietre, le capriate, il pietrisco sono parti di una casa; parliamo invece di città o province, che costituiscono una porzione del regno, così come la prua, la poppa, la carena e altre parti del genere sono la barca, e le fondamenta, il tetto, le pareti sono la casa. Parliamo quindi dei MAGISTRATI che governano queste città o province» (51)

QUESTIONE TERZA

Ovvero se è lecito resistere a un principe che opprime o rovina lo Stato, e fino a qual punto tale resistenza si estende. Parimenti a chi, in qual modo e da quale diritto ciò è permesso.

[ed. Testoni Binetti, p. 69]

QUESTIONE TERZA (2)

- Il popolo fa i re

Riferimenti biblici

- Il corpo del popolo è superiore al re

Tutto il popolo è ordinariamente rappresentato dagli ufficiali della corona e straordinariamente, o anno per anno, dagli stati del regno

- Ufficiali del regno in Israele

- L’assemblea dei tre stati

Attribuisce all’assemblea potere deliberativo, insieme al re, facendo riferimento ai costumi degli antichi Franchi / si richiama all’esempio dell’Aragona e all’istituzione del justicia

- Se la prescrizione può estinguere il diritto

QUESTIONE TERZA (3)

A qual fine i re sono stati creati“Dopo aver visto che i re sono stati istituiti dal popolo e che sono

stati posti al loro fianco delle specie di associati che li trattenessero entro i limiti del proprio dovere, inferiori al re se considerati singolarmente, ma superiori se considerati tutti insieme in un sol corpo, dobbiamo ora vedere perché inizialmente furono istituiti e qual è il loro primo dovere. Una cosa è stimata giusta e buona quando perviene al fine per cui è stata ordinata. In primo luogo tutti concordano che gli uomini, che per natura amano la libertà, odiano la servitù e sono nati piuttosto per comandare che per obbedire, non hanno volontariamente accettato di essere governati da altri, se non per qualche grande profitto che ne potevano sperare, e che per obbedire alle leggi di u terzo hanno per così dire rinunciato al loro impulso naturale [..] Diciamo pure che [i re] sono stati posti nella loro carica per mantenere e difendere con giustizia e con la forza delle armi il pubblico e il privato da ogni oltraggio e da ogni avversità”. [94-95]

“Del resto quando le parole ‘MIO’ e ‘TUO’ entrarono nel mondo e sopravvennero differenze tra i cittadini circa la proprietà dei beni e guerre tra i popoli vicini a causa dei loro confini, il popolo decise di ricorrere a qualcuno che potesse e sapesse impedire che i poveri fossero oppressi dai ricchi e che gli abitanti del paese subissero la violenza degli stranieri. Ora, quando i processi e le guerre crebbero, si scelse il più stimato fra tutti per valore e saggezza. Ecco dunque perché una volta i re furono creati, vale a dire per amministrare la giustizia nel paese e condurre i sudditi alla guerra, e non solo per frenare le incursioni dei nemici, impedire le devastazioni e i danneggiamenti della campagna, ma anche e assai più per cacciare lontano dai sudditi tutti i vizi e le malvagità”. [96]

“Visto allora che i re furono ordinati da Dio e istituiti dal popolo per provvedere al bene dei sudditi e che questo bene o profitto si manifesta principalmente in due cose, ossia nell’amministrazione della giustizia per i sudditi e nella guida delle armi contro i nemici, certamente bisogna dedurre e concludere che il principe che serve solo il suo profitto o i suoi piaceri, che disprezza e stravolge tutti i diritti e i doveri, che tratta il suo popolo più crudelmente d quanto non farebbe un nemico disperato., può essere propriamente chiamato tiranno, e i regni così governati, per quanto estesi in lungo e in largo, non sono nient’altro che grandi bande di briganti”. [99]

QUESTIONE TERZA (6)

- Se il re è superiore alla legge

“[…] la legge è come lo strumento dato da Dio per ben governare e condurre a felice fine la società degli uomini […] Chi ha dubbi sul fatto che sia più utile e onesto obbedire alla legge piuttosto che al re, che non è altro che un uomo? La legge è l’anima del buon re, gli dà movimento, sentimento e vita. Il re è lo strumento e per così dire il corpo con cui la legge spiega le sue forze, esercita il suo peso, esprime le sue concezioni. Ora, è assai più ragionevole obbedire all’anima che al corpo.

“[…] Chi pone la legge al governo degli Stati, vi introduce Dio stesso; chi invece si rimette al re, si affida a una bestia [Aristotele, Politica, III, 16] “ [p. 101]

“[…] Insomma, i principi legittimi ricevono le leggi dalle mani del popolo e, quanto alla corona e allo scettro, segni dell’onore e del potere, li ammoniscono a difendere le leggi e a trarre gloria soprattutto dalla loro conservazione” [105]

QUESTIONE TERZA (7)

- Se il principe può fare nuove leggi

“… Se bisogna abbreviare, aggiungere o togliere qualcosa alle leggi, il suo dovere è di riunire gli stati e domandare il loro parere e la loro decisione, senza tentare di pubblicare nulla prima che il tutto non sia stato da loro debitamente esaminato e approvato”. (105)

QUESTIONE TERZA (8)

- Se il principe ha potere di vita e di morte sui sudditi

- Se il re può assolvere coloro che la legge condanna

- I sudditi sono fratelli, non schiavi del re

- Se i beni del popolo appartengono al re

- Se il re è proprietario del regno

- Se il re è usufruttuario del regno

- Il patto tra il re e il popolo

Sostiene che il patto avvenga sempre, non solo nelle monarchie elettive, ma anche in quelle ereditarie (135). Fa riferimento alla cerimonia di incoronazione dei re di Francia, in cui i vescovi officianti “domandano al popolo ivi presente se desidera e ordina che quello sia re, e la formula della consacrazione dice che allora egli viene eletto dal popolo. Dopo che il popolo ha dato segno di consenso, il re giura che conserverà tutti i diritti, i privilegi e le leggi di Francia in generale etc”

QUESTIONE TERZA (9)

I tiranni

Di due tipi, o per conquista, o per esercizio. Un re legittimo può farsi tiranno se viene meno al fine della sua funzione.

“Poiché il regno è un diritto piuttosto che un’eredità, UNA CARICA PIUTTOSTO CHE UN POSSESSO, colui che mal adempie la sua FUNZIONE sembra meritare il nome di tiranno più di colui che è giunto a questa carica dalla porta sbagliata”

- Tiranni senza titolo

- Tiranni per esercizio

QUESTIONE TERZA (10)

- A chi spetta reprimere i tiranni senza titolo

“In primo luogo il DIRITTO NATURALE ci insegna e ci ingiunge di difendere e custodire contro ogni ingiuria e violenza la nostra vita e la nostra libertà, senza la quale la vita non è vita.”

Quindi diritto/dovere di difendersi

Argomento per analogia con il DIRITTO DELLE GENTI: come uno stato ha diritto di difendersi dall’aggressione da parte di un latro, così il suddito nei confronti del sovrano (150)

Se il re viola il DIRITTO CIVILE, si mette contro la società che ne è regolata, e la società ha dovere di resistergli.

“Ora, come i diritti di natura e delle genti e le leggi civili ci ingiungono di prendere le armi contro tali tiranni, così si può dire che non c’è alcuna ragione che ci possa convincere del contrario. Non c’è giuramento, convenzione né obbligazione pubblica o privata che ci debba trattenere”.

QUESTIONE TERZA (11)

I tiranni per esercizio e il diritto che si ha contro di loro

“Ma se il principe con deliberato proposito rovina lo Stato, se calpesta protervamente tutti i diritti e i doveri, se non si cura in alcun modo della parola data, se non ha riguardo per le convenzioni, né per la giustizia, né per la pietà, se è nemico dei suoi sudditi, in breve se pratica tutte o le principali fra le malvagità che abbiamo enumerato, allora certamente lo si potrà giudicare tiranno, vale a dire nemico di Dio e degli uomini” (155)

QUESTIONE TERZA (11)

I tiranni per esercizio e il diritto che si ha contro di loro

In questo caso è lecito reagire. Il compito spetta ai rappresentanti del popolo. Essi devono andare per gradi:

- Dapprima AMMONIRE

- Se il principe persiste, “allora egli è colpevole di tirannia e contro di lui si può fare tutto ciò che il diritto e una giusta violenza permettono contro il tiranno”.

- Ciò si fonda sull’analogia fra la tirannide e il crimine: come si reprime il criminale, così si reprime il tiranno (156)

- Inoltre si fonda sul fatto che poiché il potere del re viene dal popolo e poiché il tiranno è traditore del popolo, egli è paragonabile al fellone nei confronti del signore feudale, che, come dice Bartolo, può essere deposto dal signore, o punito secondo la legge Giulia che condanna coloro che fanno violenza allo Stato [Bartolo, De tyranno]

Dunque l’atto tirannico ripetuto è equiparato a atto di LESA MAESTA’, perché “sovrano è tutto il popolo o coloro che lo rappresentano”.

- Se il sovrano si spinge fino dove non si può fermarlo altro che con le armi

QUESTIONE TERZA (11)

- I tiranni per esercizio e il diritto che si ha contro di loro

Se il sovrano si spinge fino dove non si può fermarlo altro che con le armi, “allora sarà lecito a quelli far prendere le armi al popolo, arruolare un esercito, impiegare tutti i mezzi della forza e gli stratagemmi di guerra contro di lui, che sarà stato giudicato nemico della patria e dello Stato.

[…] Gli ufficiali del regno non incorrono nel crimine di sedizione per questo.”

Cita Bartolo e S. Tommaso:

“Per questo dice San Tommaso d’Aquino che il dominio tirannico non è giusto, poiché non mira a procurare il bene pubblico ma solo quello privato del dominatore, e che pertanto turbarlo non significa far sedizione [Summa theologiae, II-II, q. 42, art. 2]

La sedizione si commette contro un principe legittimo, “il quale non è altro che una legge parlante [Digesto, 48, 4 – Ad legem Jualia maiestatis]. Chi distrugge le leggi non può essere considerato legittimo e pertanto chi agisce contro di lui non è sedizioso.

“In questa loro azione non bisogna considerarli privati e sudditi intriganti, bensì il CORPO DEL POPOLO, ossia i signori o sovrani, che chiedono conto al loro procuratore della sua amministrazione”.

QUESTIONE TERZA (12)

- I tiranni per esercizio e il diritto che si ha contro di loro

“ […] Se il principe non mantiene la sua promessa il popolo è libero, il contratto rescisso, e secondo il diritto l’obbligazione è nulla … Il popolo non è colpevole di alcun crimine di slealtà se, pur comportandosi secondo i dettami di Dio, rifiuta apertamente colui che comanda con la spada in pungo o se tenta di respingerlo con le armi.

“Sarà dunque permesso a tutti gli ufficiali del regno, o almeno alla maggioranza di essi, reprimere il tiranno”.

RIFERIMENTO DI BRUTUS SUL DIRITTO

DI RESISTENZA

S. Tommaso d’Aquino, Summa theologiae

Trattato sui peccati contro la carità

Questione 42: La sedizione

Articoli 1-2

[Bibliografia:

S. Tommaso d’Aquino, La somma teologica, traduzione e commento a cura dei Domenicani italiani, testo latino dell’edizione leonina, vol. XVI: Peccati contro la carità. La prudenza [II-II, qq. 34-56), Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1986]

BARTOLO DA SASSOFERRATO (1314-1357)

De tyranno

D. Quaglioni, Politica e diritto nel Trecento italiano: il De tyranno di Bartolo da Sassoferrato, Olschki, Firenze 1983

BIBLIOGRAFIA

Stephanus Junius Brutus, Vindiciae contra tyrannos: il potere legittimo del principe sul popolo e del popolo sul principe, a cura e traduzione di Saffo

Testoni Binetti, La rosa, Torino 1994

Corrado Vivanti, Le guerre di religione nel Cinquecento, Laterza, Roma Bari

2007