Storia delle istituzioni politiche - UniBG Storia Istituzioni 12 13... · Editto di Beaulieu...
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Storia delle istituzioni politiche
Corso di laurea triennale in filosofia
a.a. 2012-2013
Lezione terza
IL PENSIERO POLITICO DELLA PRIMA ETA’ MODERNA / TRASFORMAZIONI DELLO STATO DI GIUSTIZIA
Attori delle guerre di religione in Francia
Partito cattolico - GUISA, duchi di Lorena; BORBONE (Antonio); altri.
Partito ugonotto (calvinista) - ALBRET, re di Navarra → BORBONE (Enrico), re di Navarra, infine re di Francia; Gaspard de Coligny; altri scrittori “monarcomachi”: François Hotman (Francogallia, 1573); Théodore de Bèze
(Du droit des Magistrats sur leur sujets, 1574); Junius Brutus-Philippe Du Plessis Mornet (Vindicae contra tyrannos, 1579).
MONARCHIA Valois - re: Francesco II, Carlo IX, Enrico III; reggenti: Antonio di Borbone; Caterina de’ Medici.
Scrittori e consiglieri moderati, “politiques”, pacifisti - Michel De l’Hospital, cancelliere del Regno; Michel de Montaigne, magistrato, autore degli Essais (1580) Jean Bodin, giurista e autore dei Six livres de la Republique (1576);
Potenze estere - Inghilterra (regina Elisabetta I Tudor); Spagna (re Filippo II Asburgo); Province Unite (repubblica).
Geografia delle guerre di religione in Francia
(da C. Vivanti, Le guerre di religione nel CInquecento, Laterza, 2007, p. 2)
Linee generali delle guerre di religione in Francia
1. Conflitto confessionale, generato dalla riforma protestante e dalla reazione cattolica;
2. Processo di disciplinamento dell’aristocrazia feudale francese (guerra dei 100 anni – guerra del bene pubblico – guerre di religione – fronda);
3. Problemi successori della monarchia francese (re immaturi – Francesco II / minori – Carlo IX / senza discendenti – Enrico III);
4. Interferenza delle potenze straniere, in virtù della rete di parentele transnazionale
Cronologia delle guerre di religione in Francia (1)
Anni Venti inizia a diffondersi il luteranesimo
Anni Trenta prende piede il calvinismo 1534 affare dei manifesti (placards); Francesco I manifesta volontà
repressiva 1547 Enrico II re di Francia 1553 Nasce Enrico di Borbone, da Antonio e da Giovanna d’Albret, sovrani di
Navarra 1559 Primo sinodo delle chiese riformate (clandestino) Muore Enrico II Francesco II re di Francia; la regina è Maria Stuart [regina di Scozia,
nipote di Francesco di Guisa] → ascesa dei Lorena, duchi di Guisa Si inaspriscono le persecuzioni contro gli ugonotti da C. Vivanti, Le guerre di religione nel Cinquecento, Roma-Bari, Laterza, 2007
Cronologia delle guerre di religione in Francia (2)
1560 Congiura ugonotta di Amboise, sventata Muore Francesco II Carlo IX re di Francia; la regina madre Caterina de’ Medici è reggente influenza dell’ammiraglio di Francia, ugonotto, Gaspard de Coligny Convocazione degli Stati Generali a Orleans 1561 Secondo sinodo delle chiese riformate Giovanna d’Albret, regina di Navarra, stabilisce il culto riformato nel
Regno Colloqui di religione a Poissy fra prelati cattolici e teologi calvinisti 1562 Primo editto di Saint Germain (IMPORTANTE) Massacro di ugonotti a Vassy [apannaggio di Maria Stuart] a opera del
duca Francesco di Guisa da C. Vivanti, Le guerre di religione nel Cinquecento, Roma-Bari, Laterza, 2007
Cronologia delle guerre di religione in Francia (3)
1562-1563 PRIMA GUERRA DI RELIGIONE
Elisabetta, regina di Inghilterra, concede aiuti agli ugonotti Prima assemblea politica dei riformati Muore Antonio di Borbone, primo principe del sangue,
schierato in battaglia sul fronte cattolico 1563 Pace di Amboise: termina la prima guerra di religione Orientamenti intransigenti di Carlo IX 1567-1568 SECONDA GUERRA DI RELIGIONE 1566 Disordini provocati dai riformati nella contea di Foix 1567 I riformati cercano di catturare Carlo IX 1568 Pace di Longjumeau: finisce seconda guerra di religione da C. Vivanti, Le guerre di religione nel Cinquecento, Roma-Bari, Laterza, 2007
Cronologia delle guerre di religione in Francia (4)
1568-1570 TERZA GUERRA DI RELIGIONE
Carlo IX emana un editto che sopprime ogni libertà di culto per i riformati
Michel de l’Hospital, leader dei moderati, viene privato di ufficio di guardasigilli
1569 Sentenza capitale del Parlamento di Parigi contro l’ammiraglio Coligny
1570 Pace di Saint Germain: finisce terza guerra di religione [consentito culto calvinista in due città per circoscrizione, fuori da mura urbane; assegnazione di fortezza di La Rochelle agli ugonotti]
da C. Vivanti, Le guerre di religione nel Cinquecento, Roma-Bari,
Laterza, 2007
Cronologia delle guerre di religione in Francia (5)
1572
18 agosto: Matrimonio della sorella del re, Margherita, cattolica,
con Enrico di Borbone, re di Navarra e primo principe del sangue, ugonotto
23-24 agosto: Massacro della notte di San Bartolomeo. Subito dopo il matrimonio reale sono uccisi migliaia di ugonotti a Parigi. Il massacro si diffonde in altre città francesi
Muore Coligny, assassinato da Enrico di Guisa Enrico di Borbone, fatto prigioniero, abiura al
calvinismo I superstiti del partito ugonotto si ritirano nell’ovest
della Francia da C. Vivanti, Le guerre di religione nel Cinquecento, Roma-Bari, Laterza, 2007
Cronologia delle guerre di religione in Francia (6)
1572-1573 QUARTA GUERRA DI RELIGIONE
1572-1576 “Cattività” di Enrico di Borbone presso la Corte di Francia 1573 Editto di Boulogne: restringe le concessioni al culto dei riformati.
Guienna, Linguadoca e Delfinato lo respingono 1574-76 QUINTA GUERRA DI RELIGIONE 1574 Muore Carlo IX Enrico III re di Francia (Enrico era re di Polonia al momento;
rientra in Francia) 1576 Enrico di Borbone fugge dalla corte e raggiunge i capi del partito
ugonotto; riorganizza la resistenza appoggiandosi ai suoi domini nel Béarn (Navarra francese), in Guascogna e nell’ovest
I Guisa, a capo del partito cattolico, formano la Lega santa Editto di Beaulieu conclude la V guerra di religione: riformati
ottengono maggiori libertà di culto, camere bipartite nei parlamenti, otto piazzeforti di garanzia.
Bodin pubblica a Parigi i Sei libri dello Stato. Da C. Vivanti, Le guerre di religione nel Cinquecento, Roma-Bari, Laterza, 2007
Cronologia delle guerre di religione in Francia (7)
1777 SESTA GUERRA DI RELIGIONE (che si conclude rapidamente per difficoltà finanziarie di entrambi gli schieramenti; con l’editto di Poitiers sono ridotte le libertà previste dall’editto di Beaulieu)
1578 Caterina e Margherita nel sud della Francia presso Enrico di Borbone. Clima di pace, descritto da Margherita nelle sue memorie
1579-1580 SETTIMA GUERRA DI RELIGIONE. Enrico assume la guida del fronte ugonotto. Pace di Fleix
1580 Essais di Michel de Montaigne 1584 Muore l’erede di Enrico III, il fratello Francesco d’Angiò,
duca di Alençon: la dinastia Valois non ha discendenti. Enrico di Borbone è il nuovo erede presuntivo alla corona di Francia
da C. Vivanti, Le guerre di religione nel Cinquecento, Roma-Bari, Laterza, 2007
Cronologia delle guerre di religione in Francia (8)
1584-1589 OTTAVA GUERRA DI RELIGIONE o Guerra “dei Tre Enrichi”. Filippo II di Spagna appoggia i cattolici
1587 Vittoria di Enrico di Borbone a Coutras 1588 La Lega santa occupa Parigi e governa gran parte della
Francia Assassinio del duca Enrico di Guisa, ordito dal re 1589 Muore Caterina de’ Medici Enrico III e Enrico di Borbone, alleati, riconquistano
Parigi. Enrico III designa il Borbone come successore Il re muore assassinato Enrico di Borbone diventa re di Francia con l’ordinale
IV. Si impegna a mantenere la religione cattolica nel Regno e a convocare un concilio nazionale
da C. Vivanti, Le guerre di religione nel Cinquecento, Roma-Bari, Laterza, 2007
Enrico IV Borbone re di Francia 1589-1610
[il re porta la croce dell’Ordine cavalleresco di Santo Spirito,
fondato dal predecessore, Enrico III per proteggere la persona
sacra del monarca]
Cronologia delle guerre di religione in Francia (9)
1593-1598 Guerra di Filippo II contro Enrico IV per la successione al
trono 1591 Editto di Mantes rimette in vigore norme editto di Poitiers 1593 Conversione di Enrico IV al cattolicesimo 1594 Incoronazione di Enrico a Chartres 1598 EDITTO DI NANTES regola definitivamente la questione
religiosa Pace di Vervins fra Francia e Spagna: la monarchia
spagnola riconosce la legittimità della successione Borbone Morte di Filippo II 1610 Assassinio di Enrico IV Gli succede il figlio Luigi XIII, minore; reggenza della regina
madre Maria de’ Medici da C. Vivanti, Le guerre di religione nel Cinquecento, Roma-Bari, Laterza, 2007
Politiques francesi
Michel de l’Hospital, cancelliere del Regno di Francia sotto Francesco II e Carlo IX:
agli Stati generali di Orleans del 1560 pronuncia parole di pace, auspicando la convocazione di un concilio nazionale.
Sostiene che «la causa di Dio non vuole essere difesa con le armi» e che occorre rimuovere le «parole diaboliche» (“luterani”, “ugonotti”, “papisti”), che generano fazioni e sedizioni:
«Non cambiamo il nome di cristiani»
Nel 1568, in conseguenza della soppressione della libertà di culto voluta da Carlo IX, è destituito dall’ufficio.
Michel de l’Hospital cancelliere di Francia
1560-1568
“Se vi è alcuno degno di governare il Regno di Francia, nessuno lo sarà più di Michele Ospitalio”
Bodin, I sei libri dello Stato. Dedica
Dedicatario: Guy du Faur, presidente del Parlamento di Parigi “Quando … mi si fa innanzi agli occhi l’immagine dello Stato che va in
rovina, e penso a tutti quelli che una disperazione estrema spinge precipitosamente a contribuire a questa distruzione della nostra grandezza, penso che di niente di più e di meglio la Francia può far preghiera a Dio immortale che di avere come capi di questo parlamento, che con sagge deliberazioni potrebbe governare tutta la terra, uomini sapienti ed eccellenti […] Da parte mia, se non altro posso fare, cercherò di stimolare sempre i più tiepidi e infiammare i volenterosi con le mie alte grida.
“In uno di questi ultimi anni, nei miei libri che trattano dello Stato, ho cercato di attuare proprio questo proposito, e son convinto di aver con ciò fatto cosa gradita a tutti i buoni cittadini” (I, 140-141).
[…]
Bodin, I sei libri dello Stato. Dedica (2)
“E tuttavia io, proprio io che ho posposto il potere e la dignità regia agli interessi del popolo, ho anche condannato inesorabilmente, con scritti e discorsi, quelli che sotto il pretesto di lottare contro la tirannide, fanno macchinazioni ai danni del loro sovrano, si adoperano perché siano promulgati editti con cui si affermi il principio dell’elezione popolare dei re, tentano di strappare violentemente lo scettro dalle mani dei principi legittimi” (I, 148).
[…]
Bodin, I sei libri dello Stato. Indice (1)
Libro I Capitolo I – Qual è il fine ultimo di uno Stato ben ordinato Cap. II – Del governo domestico, e della differenza fra lo Stato e la famiglia Cap. III – Del potere maritale Cap. IV – Del potere paterno Cap. V – Del potere del signore Cap. VI – Del cittadino e della differenza fra suddito, cittadino e straniero, e
fra città, cittadinanza e Stato Cap. VII – Di quelli che sono sotto la protezione altrui, e della differenza fra
alleati, stranieri e sudditi Cap. VIII – Della sovranità Cap. IX – Del principe tributario o feudatario; se egli possa dirsi sovrano Cap. X - Delle vere prerogative della sovranità
Bodin, I sei libri dello Stato. Indice (2)
Libro II
Capitolo I – Di tutte le forme di Stato, in generale; e se ve ne siano solamente tre o di più
Cap. II – Della monarchia dispotica
Cap. III – Della monarchia regia
Cap. IV – Della monarchia tirannica
Cap. V – Se sia lecito attentare alla vita del tiranno e annullare le sue ordinanze dopo la sua morte
Cap. VI – Della democrazia
Bodin, I sei libri dello Stato. Indice (3)
Libro III Capitolo I – Del senato e dei suoi poteri Cap. II – Degli ufficiali e dei commissari Cap. III – Dei magistrati Cap. IV – Dell’obbedienza che il magistrato deve alle leggi e al
principe sovrano Cap. V – Del potere che i magistrati hanno sui privati Cap. VI – Del potere che i magistrati esercitano gli uni sugli
altri Cap. VII – Dei corpi, collegi, stati e comunità Cap. VIII – Degli ordini dei cittadini
Bodin, I sei libri dello Stato. Indice (4)
Libro IV Capitolo I – Della nascita, crescita, perfezione, decadenza e rovina degli Stati Cap. II – Se vi sia modo di prevedere il combinamento e la distruzione degli
Stati Cap. III – Di come i combinamenti degli Stati e delle leggi non si debbano fare
repentinamente Cap. IV – Se è opportuno che gli ufficiali di uno Stato siano perpetui Cap. V – Se è opportuno che i magistrati siano d’accordo fra loro Cap. VI – Se è opportuno che il principe amministri egli stesso la giustizia e
abbia spesso rapporti diretti con i sudditi Cap. VII – Se il principe, in caso di guerra civile, debba aderire ad una delle
parti; e se il suddito debba essere obbligato ad aderire all’una o all’altra. I mezzi per portare rimedio alle lotte civili
Bodin, I sei libri dello Stato. Indice (5)
Libro IV Capitolo I – Della nascita, crescita, perfezione, decadenza e rovina degli Stati Cap. II – Se vi sia modo di prevedere il combinamento e la distruzione degli
Stati Cap. III – Di come i combinamenti degli Stati e delle leggi non si debbano fare
repentinamente Cap. IV – Se è opportuno che gli ufficiali di uno Stato siano perpetui Cap. V – Se è opportuno che i magistrati siano d’accordo fra loro Cap. VI – Se è opportuno che il principe amministri egli stesso la giustizia e
abbia spesso rapporti diretti con i sudditi Cap. VII – Se il principe, in caso di guerra civile, debba aderire ad una delle
parti; e se il suddito debba essere obbligato ad aderire all’una o all’altra. I mezzi per portare rimedio alle lotte civili
Bodin, I sei libri dello Stato. Indice (6)
Libro V Capitolo I – Del metodo da seguirsi per adattare la forma dello
Stato alla diversa natura degli uomini; e del modo di conoscere la natura dei popoli
Cap. II – Dei mezzi per ovviare a quei cambiamenti degli Stati che avvengono per la ricchezza degli uni e la povertà estrema degli altri
Cap. III – Se i beni dei condannati debbano essere aggiudicati al fisco o alla Chiesa, oppure lasciati agli eredi
Cap. IV – De premio e della pena Cap. V – Se sia opportuno armare e rendere abili alla guerra i
sudditi, fortificare le città e alimentare la guerra Cap. VI – Della sicurezza delle alleanze e dei trattati fra i principi
Bodin, I sei libri dello Stato. Indice (7)
Libro VI Capitolo I – della censura, e se sia utile rilevare il numero dei sudditi, e
costringerli a dichiarare i beni ch’ei possiedono Cap. II – Delle finanze Cap. III – Del mezzo per impedire che le monete siano alterate di prezzo o
falsificate Cap. IV – Confronto fra i tre Stati legittimi, ossia la democrazia, l’aristocrazia
e la monarchia regia; e che la migliore forma è il potere regio Cap. V – Che la monarchia regia e ben ordinata non cade sotto elezione,
sorteggio o eredità alle donne, ma deriva per diritto di successione al discendente maschile più prossimo in linea paterna, all’infuori di qualsiasi divisione
Cap. VI – Della giustizia distributiva, commutativa, armonica: quale proporzione fra esse troviamo nella monarchia, nell’aristocrazia, nella democrazia
Bodin, I sei libri dello Stato, Libro I, capitolo II
“La seconda parte della nostra definizione dello Stato riguarda la famiglia, ch’è la vera origine dello Stato e ne costituisce parte fondamentale. A torto, ritengo, Aristotele e Senofonte hanno separato nettamente economia e politica; ciò equivale a staccare una parte dal tutto cui appartiene o a edificare una città senza case […] Come la famiglia ben governata è la vera immagine dello Stato, come l’autorità domestica somiglia al potere sovrano, così il governo giusto della casa è il vero modello del governo dello Stato. E come il corpo gode buona salute se tutte le membra, ciascuna dal canto suo, compiono l’ufficio ch’è loro proprio, così lo Stato procede bene se tutte le famiglie in esso sono ben governate” (I, 2, p. 172-173)
Bodin, I sei libri dello Stato, BRANI
Libro I, capitoli 1 e 8
Libro II, capitoli 1-2, 3-4, 6-7
Libro VI, capitolo 6
[da C. Galli, I grandi testi del pensiero politico.
Parti selezionate]
Bodin, I sei libri dello Stato, BRANI (1)
Libro I, capitolo 1
- Definizione di STATO
- Fine dello Stato: il governo giusto (legittimo – il riferimento alle bande di predoni viene da Agostino, De civitate dei, IV, 4))
- Esclusione della felicità dal fine dello Stato
- Inclusione del ‘bene’
- Bene non come frutto di contemplazione ma di azione
Bodin, I sei libri dello Stato, BRANI (2)
Libro I, capitolo 8 Concetto di SOVRANITA’: - Definizione: potere assoluto, perpetuo, indivisibile, inalienabile - Distinzione fra il potere del sovrano e il potere dell’ufficiale - Sovranità e leggi (essere sovrani = dare leggi ai sudditi) - Carattere assoluto del potere sovrano rispetto alla legge civile - Riferimento alla lex regia de imperio [“Per questo la legge dice
che] - “nulla obligatio consistere potest, quae a voluntate promittentis
statum capit” = non può esservi obbligazione che sia fondatra sulla volontà di chi si obbliga [concetto di ETERONOMIA]
Ma: - Il sovrano è soggetto alle leggi divine e naturali - Il sovrano deve osservanza ai patti giusti e ragionevoli - Il sovrano è vincolato alle leggi fondamentali del regno [es. la legge
di successione al trono]
Bodin, I sei libri dello Stato, BRANI (3)
Libro II, capitolo 1-2 LE FORME DI STATO E DI GOVERNO - Per la forma di stato il criterio della classificazione è l’attribuzione della
sovranità - Rifiuta il criterio platonico-aristotelico del bene (forme buone/forme
cattive) perché estrinseco - classificazione tripartita: a. monarchia (popolo escluso dalla sovranità) b. aristocrazia (popolo partecipe tramite una sua porzione) c. democrazia (popolo sovrano) - Classificazione della monarchia: a. dispotica (il principe dispone dei beni dei sudditi e delle loro persone)
b. regia o legittima (il re ha potere assoluto sui sudditi ma obbedisce alle leggi di natura, lasciando ai sudditi libertà personale e proprietà)
c. tirannica (potere arbitrario esercitato a danno dei sudditi) - Regime (forma di stato) ≠ governo (forma di governo) poiché la sovranità può essere attribuita a un solo soggetto, non esistono
FORME MISTE di stato. L’idea della forma mista nasce dalla confusione fra regime e governo
Bodin, I sei libri dello Stato, BRANI (4)
Libro II, capitolo 3-4, 6
LA MONARCHIA REGIA e la TIRANNICA
- “principis locum obtines, ne sit domino locus”: occupa il posto proprio del principe, affinché non vi sia luogo al tiranno”
- ritratto del monarca regio
- ritratto del monarca tirannico
- accenno critico alle cariche venali (p. 104)
ARISTOCRAZIA
- elemento di personalità che distingue la forma monarchica, in positivo
- sfiducia nella forma aristocratica
Bodin, I sei libri dello Stato, BRANI (5)
Libro II, capitolo 7
DEMOCRAZIA
- È caratterizzata dalla dialettica fra maggioranza e minoranza
- nella democrazia è sovrana la maggioranza. Essa ha potere:
a. sui singoli cittadini
b. sulla minoranza in corpo
- modo di voto
a. per testa [individualistico]
b. per tribù o per parrocchie [corporativo]
- voto di pari o di diverso peso
- ancora sull’insussistenza dello stato misto
- Il caso della Svizzera
Bodin, I sei libri dello Stato, BRANI (6)
Libro VI, capitolo 6
CONCLUSIONI DELL’ANALISI
- La monarchia regia è la migliore forma di stato
- Essa deve avere un governo misto e temperato, aristocratico e popolare, caratterizzato da GIUSTIZIA ARMONICA
- Giustizia armonica = giustizia distributiva [a ciascuno il suo] + giustizia commutativa [redistribuzione]
- Giustizia = equa ripartizione dei premi e delle pene, e di ciò che appartiene a ciascuno in termini legali
Bibliografia
Jean Bodin, I sei libri dello Stato (Parigi 1576), edizione italiana a cura di Margherita Isnardi Parente e Diego Quaglioni, collezione “I classici della politica”, diretta da Luigi Firpo, UTET, Torino, 3 voll., 1964-1997
Testi monarcomachi
Svizzera e Francia, secondo Cinquecento, area calvinista
Monarcomaco = “in guerra con il re”
• [Giovanni Calvino, Catechismo, 1537]
• François Hotman, Francogallia (1573)
• Theodore de Béze, Du droit de magitrats sur leurs sujects (1574)
• Stephanus Junius Brutus [Philippe Du-Plessis de Mornay / Hubert Languet], Vindicae contra tyrannos (1579)
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos. Il potere legittimo del principe sul popolo e del popolo sul principe (1579)
Philippe Du-Plessis de Mornay
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos. Il potere legittimo del principe sul
popolo e del popolo sul principe (1579)
Quattro questioni discusse nel trattato: 1. Se i sudditi siano obbligati a obbedire al loro principe,
qualora questi ordini cose contrarie alla legge di Dio; 2. Se sia lecito resistere a un principe che violi la Legge di Dio, o
che danneggi la Chiesa; da chi, come e in che misura ciò sia lecito;
3. Se sia lecito resistere a un principe che opprima o rovini lo Stato, e sino a dove tale resistenza possa spingersi; da chi, come e in base a quale diritto o legge ciò sia permesso;
4. Se i principi o gli Stati vicini possano, o debbano, soccorrere i sudditi di tali principi, afflitti per cause inerenti alla vera religione o oppressi dalla tirannide.
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE PRIMA «Oggi re e principi cristiani alla loro incoronazione sono
chiamati servitori di Dio, destinati a governare il Suo popolo. Poiché i re sono solo luogotenenti di Dio, posti sul trono di Dio dal Signore di Dio infinito, e il popolo è popolo di Dio, e poiché l’onore che si fa ai luogotenenti non procede che dalla riverenza che si porta a coloro che li hanno inviati, non è difficile dedurne che bisogna obbedire ai re a causa di Dio, non contro Dio, e quand’essi servano e obbediscano a Dio, non altrimenti»
Edizione a cura di Saffo Testoni Binetti, Torino, La Rosa, 1994 (p. 17)
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
Chi stabilisce che il re ha agito contro Dio? La dottrina riformata ha annullato la MEDIAZIONE con Dio da
parte della gerarchia, sia quella ecclesiastica, sia quella secolare. Il re non è più riconosciuto interprete della volontà di Dio.
Per inferenza dal testo si ricava che il giudizio spetta al popolo sulla base della Scrittura.
Anche il popolo è vincolato con il re da un PATTO con Dio «Ora, noi leggiamo di due tipi di patto nell’investitura dei re: il
primo tra Dio, il re e il popolo, affinché il popolo fosse popolo di Dio; il secondo tra il re e il popolo, affinché il popolo obbedisse fedelmente al re che avesse comandato con giustizia… Il re si impegnò, e così fece il popolo, non separatamente, bensì insieme, come le parole attestano, all’istante » (ivi, p. 19 e ss.).
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
O IL RE O DIO
«Con queste premesse si potrà facilmente risolvere la nostra questione.
Infatti, se Dio tiene il luogo di signore sovrano e il re di vassallo, chi osa negare che bisogna obbedire al sovrano piuttosto che al vassallo? Se Dio comanda una cosa e il re ne comanda una contraria, chi sarà tanto orgoglioso da chiamare ribelle colui che rifiuta di obbedire al re in contraddizione con Dio?....» (28)
Stephanus Junius Brutus, Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE SECONDA Che cosa si intende con la parola «popolo»? «Sì che a questo punto mi si farà un’obiezione: sarà proprio necessario che
l’intera popolazione, questa bestia da un milione di teste, si ammutini e dia luogo a disordini per dare ordine alla situazione suddetta? Che direzione c’è in una moltitudine senza briglie? Quale disegno e quale discernimento per prendere provvedimenti? Quando parliamo del popolo nel suo complesso, intendiamo con questa parola coloro che hanno l’autorità dal popolo, ovvero i magistrati che sono inferiori al re e che il popolo ha delegato, o in qualche modo istituito, come consociati nel potere e controllori del re, e che rappresentano tutto il corpo del popolo. Intendiamo anche gli stati, che non sono altro che l’epitome o una breve sintesi del regno, cui tutti gli affari pubblici si rapportano…
Gli ufficiali sopra nominati sono singolarmente inferiori al re, ma, considerati tutti insieme come corpo, gli sono superiori. Infatti, in accordo con quanto i concili di Basilea [1431] e di Costanza [1414] hanno determinato (e ben determinato), cioè che il concilio universale fosse superiore al vescovo di Roma, il capitolo è superiore al vescovo, l’università è superiore al rettore, la corte è superiore al presidente; in breve colui a cui tutta una compagnia dà autorità è sempre inferiore alla compagnia, ancorché sia superiore a ciascuno dei suoi membri…
E poiché ciò che è fatto pubblicamente dalla maggior parte è attribuito a tutti, si dirà che tutti hanno fatto ciò che LA MIGLIOR PARTE dei primi ha fatto, o, in breve, che tutto il popolo vi ha messo mano» (51)
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
I privati
«Qui non parliamo dei PRIVATI E DEI SINGOLI CONSIDERATI UNO PER UNO e che non sono stimati parti del corpo intero, così come le assi, i chiodi, i cavicchi non sono parti di una barca, né le pietre, le capriate, il pietrisco sono parti di una casa; parliamo invece di città o province, che costituiscono una porzione del regno, così come la prua, la poppa, la carena e altre parti del genere sono la barca, e le fondamenta, il tetto, le pareti sono la casa. Parliamo quindi dei MAGISTRATI che governano queste città o province» (51)
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA
Ovvero se è lecito resistere a un principe che opprime o rovina lo Stato, e fino a qual punto tale resistenza si estende. Parimenti a chi, in qual modo e da quale diritto ciò è permesso.
[ed. Testoni Binetti, p. 69]
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA (2)
- Il popolo fa i re
Riferimenti biblici
- Il corpo del popolo è superiore al re
Tutto il popolo è ordinariamente rappresentato dagli ufficiali della corona e straordinariamente, o anno per anno, dagli stati del regno
- Ufficiali del regno in Israele
- L’assemblea dei tre stati
Attribuisce all’assemblea potere deliberativo, insieme al re, facendo riferimento ai costumi degli antichi Franchi / si richiama all’esempio dell’Aragona e all’istituzione del justicia
- Se la prescrizione può estinguere il diritto
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA (3)
- A qual fine i re sono stati creati
“Dopo aver visto che i re sono stati istituiti dal popolo e che sono stati posti al loro fianco delle specie di associati che li trattenessero entro i limiti del proprio dovere, inferiori al re se considerati singolarmente, ma superiori se considerati tutti insieme in un sol corpo, dobbiamo ora vedere perché inizialmente furono istituiti e qual è il loro primo dovere. Una cosa è stimata giusta e buona quando perviene al fine per cui è stata ordinata. In primo luogo tutti concordano che gli uomini, che per natura amano la libertà, odiano la servitù e sono nati piuttosto per comandare che per obbedire, non hanno volontariamente accettato di essere governati da altri, se non per qualche grande profitto che ne potevano sperare, e che per obbedire alle leggi di u terzo hanno per così dire rinunciato al loro impulso naturale [..] Diciamo pure che [i re] sono stati posti nella loro carica per mantenere e difendere con giustizia e con la forza delle armi il pubblico e il privato da ogni oltraggio e da ogni avversità”. [94-95]
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA (4)
- A qual fine i re sono stati creati
“Del resto quando le parole ‘MIO’ e ‘TUO’ entrarono nel mondo e sopravvennero differenze tra i cittadini circa la proprietà dei beni e guerre tra i popoli vicini a causa dei loro confini, il popolo decise di ricorrere a qualcuno che potesse e sapesse impedire che i poveri fossero oppressi dai ricchi e che gli abitanti del paese subissero la violenza degli stranieri. Ora, quando i processi e le guerre crebbero, si scelse il più stimato fra tutti per valore e saggezza. Ecco dunque perché una volta i re furono creati, vale a dire per amministrare la giustizia nel paese e condurre i sudditi alla guerra, e non solo per frenare le incursioni dei nemici, impedire le devastazioni e i danneggiamenti della campagna, ma anche e assai più per cacciare lontano dai sudditi tutti i vizi e le malvagità”. [96]
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA (5)
- A qual fine i re sono stati creati
“Visto allora che i re furono ordinati da Dio e istituiti dal popolo per provvedere al bene dei sudditi e che questo bene o profitto si manifesta principalmente in due cose, ossia nell’amministrazione della giustizia per i sudditi e nella guida delle armi contro i nemici, certamente bisogna dedurre e concludere che il principe che serve solo il suo profitto o i suoi piaceri, che disprezza e stravolge tutti i diritti e i doveri, che tratta il suo popolo più crudelmente d quanto non farebbe un nemico disperato., può essere propriamente chiamato tiranno, e i regni così governati, per quanto estesi in lungo e in largo, non sono nient’altro che grandi bande di briganti”. [99]
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA (6)
- Se il re è superiore alla legge
“[…] la legge è come lo strumento dato da Dio per ben governare e condurre a felice fine la società degli uomini […] Chi ha dubbi sul fatto che sia più utile e onesto obbedire alla legge piuttosto che al re, che non è altro che un uomo? La legge è l’anima del buon re, gli dà movimento, sentimento e vita. Il re è lo strumento e per così dire il corpo con cui la legge spiega le sue forze, esercita il suo peso, esprime le sue concezioni. Ora, è assai più ragionevole obbedire all’anima che al corpo.
“[…] Chi pone la legge al governo degli Stati, vi introduce Dio stesso; chi invece si rimette al re, si affida a una bestia [Aristotele,
Politica, III, 16] “ [p. 101]
“[…] Insomma, i principi legittimi ricevono le leggi dalle mani del popolo e, quanto alla corona e allo scettro, segni dell’onore e del potere, li ammoniscono a difendere le leggi e a trarre gloria soprattutto dalla loro conservazione” [105]
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA (7)
- Se il principe può fare nuove leggi
“… Se bisogna abbreviare, aggiungere o togliere qualcosa alle leggi, il suo dovere è di riunire gli stati e domandare il loro parere e la loro decisione, senza tentare di pubblicare nulla prima che il tutto non sia stato da loro debitamente esaminato e approvato”. (105)
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA (8)
- Se il principe ha potere di vita e di morte sui sudditi
- Se il re può assolvere coloro che la legge condanna
- I sudditi sono fratelli, non schiavi del re
- Se i beni del popolo appartengono al re
- Se il re è proprietario del regno
- Se il re è usufruttuario del regno
- Il patto tra il re e il popolo
Sostiene che il patto avvenga sempre, non solo nelle monarchie elettive, ma anche in quelle ereditarie (135). Fa riferimento alla cerimonia di incoronazione dei re di Francia, in cui i vescovi officianti “domandano al popolo ivi presente se desidera e ordina che quello sia re, e la formula della consacrazione dice che allora egli viene eletto dal popolo. Dopo che il popolo ha dato segno di consenso, il re giura che conserverà tutti i diritti, i privilegi e le leggi di Francia in generale etc”
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA (9)
- I tiranni
Di due tipi, o per conquista, o per esercizio. Un re legittimo può farsi tiranno se viene meno al fine della sua funzione. “Poiché il regno è un diritto piuttosto che un’eredità, UNA CARICA PIUTTOSTO CHE UN POSSESSO, colui che mal adempie la sua FUNZIONE sembra meritare il nome di tiranno più di colui che è giunto a questa carica dalla porta sbagliata”
- Tiranni senza titolo
- Tiranni per esercizio
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA (10) - A chi spetta reprimere i tiranni senza titolo “In primo luogo il DIRITTO NATURALE ci insegna e ci ingiunge
di difendere e custodire contro ogni ingiuria e violenza la nostra vita e la nostra libertà, senza la quale la vita non è vita.”
Quindi diritto/dovere di difendersi Argomento per analogia con il DIRITTO DELLE GENTI: come uno
stato ha diritto di difendersi dall’aggressione da parte di un latro, così il suddito nei confronti del sovrano (150)
Se il re viola il DIRITTO CIVILE, si mette contro la società che ne è regolata, e la società ha dovere di resistergli.
“Ora, come i diritti di natura e delle genti e le leggi civili ci ingiungono di prendere le armi contro tali tiranni, così si può dire che non c’è alcuna ragione che ci possa convincere del contrario. Non c’è giuramento, convenzione né obbligazione pubblica o privata che ci debba trattenere”.
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA (11)
- I tiranni per esercizio e il diritto che si ha contro di loro
“Ma se il principe con deliberato proposito rovina lo Stato, se calpesta protervamente tutti i diritti e i doveri, se non si cura in alcun modo della parola data, se non ha riguardo per le convenzioni, né per la giustizia, né per la pietà, se è nemico dei suoi sudditi, in breve se pratica tutte o le principali fra le malvagità che abbiamo enumerato, allora certamente lo si potrà giudicare tiranno, vale a dire nemico di Dio e degli uomini” (155)
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA (11) - I tiranni per esercizio e il diritto che si ha contro di loro In questo caso è lecito reagire. Il compito spetta ai rappresentanti del
popolo. Essi devono andare per gradi: - Dapprima AMMONIRE - Se il principe persiste, “allora egli è colpevole di tirannia e contro di lui si
può fare tutto ciò che il diritto e una giusta violenza permettono contro il tiranno”.
- Ciò si fonda sull’analogia fra la tirannide e il crimine: come si reprime il criminale, così si reprime il tiranno (156)
- Inoltre si fonda sul fatto che poiché il potere del re viene dal popolo e poiché il tiranno è traditore del popolo, egli è paragonabile al fellone nei confronti del signore feudale, che, come dice Bartolo, può essere deposto dal signore, o punito secondo la legge Giulia che condanna coloro che fanno violenza allo Stato [Bartolo, De tyranno]
Dunque l’atto tirannico ripetuto è equiparato a atto di LESA MAESTA’, perché “sovrano è tutto il popolo o coloro che lo rappresentano”.
- Se il sovrano si spinge fino dove non si può fermarlo altro che con le armi
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA (11) - I tiranni per esercizio e il diritto che si ha contro di loro Se il sovrano si spinge fino dove non si può fermarlo altro che con le
armi, “allora sarà lecito a quelli far prendere le armi al popolo, arruolare un esercito, impiegare tutti i mezzi della forza e gli stratagemmi di guerra contro di lui, che sarà stato giudicato nemico della patria e dello Stato.
[…] Gli ufficiali del regno non incorrono nel crimine di sedizione per questo.” Cita Bartolo e S. Tommaso: “Per questo dice San Tommaso d’Aquino che il dominio tirannico non è
giusto, poiché non mira a procurare il bene pubblico ma solo quello privato del dominatore, e che pertanto turbarlo non significa far sedizione [Summa theologiae, II-II, q. 42, art. 2]
La sedizione si commette contro un principe legittimo, “il quale non è altro che una legge parlante [Digesto, 48, 4 – Ad legem Jualia maiestatis]. Chi distrugge le leggi non può essere considerato legittimo e pertanto chi agisce contro di lui non è sedizioso.
“In questa loro azione non bisogna considerarli privati e sudditi intriganti, bensì il CORPO DEL POPOLO, ossia i signori o sovrani, che chiedono conto al loro procuratore della sua amministrazione”.
Stephanus Junius Brutus Vindiciae contra tyrannos (1579)
QUESTIONE TERZA (12)
- I tiranni per esercizio e il diritto che si ha contro di loro
“ […] Se il principe non mantiene la sua promessa il popolo è libero, il contratto rescisso, e secondo il diritto l’obbligazione è nulla … Il popolo non è colpevole di alcun crimine di slealtà se, pur comportandosi secondo i dettami di Dio, rifiuta apertamente colui che comanda con la spada in pungo o se tenta di respingerlo con le armi.
“Sarà dunque permesso a tutti gli ufficiali del regno, o almeno alla maggioranza di essi, reprimere il tiranno”.
Riferimento di Brutus sul diritto di resistenza
S. Tommaso d’Aquino, Summa theologiae Trattato sui peccati contro la carità Questione 42: La sedizione Articoli 1-2 [Bibliografia: S. Tommaso d’Aquino, La somma teologica, traduzione e commento
a cura dei Domenicani italiani, testo latino dell’edizione leonina, vol. XVI: Peccati contro la carità. La prudenza [II-II, qq. 34-56), Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1986]
Editti conciliatori EDITTI conciliatori, basati su un principio di «tolleranza», che anticipano lo
spirito dell’editto di Nantes, con aperture più o meno ampie alle richieste degli ugonotti
• editto di gennaio, o di Saint-Germain, 1562 (voluto da Caterina de’ Medici, su influenza di Coligny - permette il culto riformato fuori dalla cinta urbana);
• secondo editto di Saint Germain, 1570 (finisce terza guerra di religione - consentito culto calvinista in due città per circoscrizione, fuori da mura urbane; assegnazione di fortezza di La Rochelle)
• editto di Boulogne, 1573 (fine IV guerra - restringe le concessioni al culto dei riformati)
• editto di Beaulieu, 1576 (che conclude la V guerra di religione – maggiori libertà di culto, istituzioni di Camere bipartite nei parlamenti, otto piazzeforti di garanzia)
• editto di Poitiers, 1577 (chiude sesta guerra - restringe i termini del precedente)
• editto di Mantes, 1591 (restaura i termini del precedente) • editto di Nantes, 1598 (termina le guerre di religione e resta in vigore sino
al 1683, con emendamenti apportati sotto Richelieu)
Editto di Nantes (1598)
Enrico, per grazia di Dio re di Francia e di Navarra, a tutti coloro che ora vivono, e a coloro che verranno, salute. Tra le infinite grazie che è piaciuto a Dio elargirci, la più insigne e notevole è quella di averci dato la virtù e la forza di non cedere alle spaventose tempeste, confusioni e disordini che imperversavano nel momento del nostro avvento in questo regno, il quale era diviso in così tanti partiti e fazioni, che la parte più legittima era quasi la meno numerosa; nondimeno, abbiamo fortemente resistito a quella tormenta, tanto che alla fine l’abbiamo dominata e ora abbiamo finalmente raggiunto un porto di salvezza e di riposo per questo Stato […].
[da G. dall’Olio, Storia moderna. I temi e le fonti, Roma, Carocci 2004, pp. 133-135]
Editto di Nantes (1598) / 2
Se a Dio piacerà, Egli ci farà gioire di un riposo migliore; ma intanto abbiamo pensato che l’uso migliore di questo intervallo di tempo sia quello di occuparci di ciò che concerne la gloria del Suo santo nome e del servizio a Lui dovuto, cioè di provvedere che Egli possa essere adorato e pregato da tutti i nostri sudditi; e, se a Lui non è ancora piaciuto permettere che vi sia una sola forma di religione, [abbiamo pensato di provvedere a] che vi sia almeno una stessa intenzione, e così regolata, che a causa della religione non vi sia più disordine e tumulto tra i sudditi, e che noi e questo regno possiamo sempre meritare e conservare il titolo glorioso di “Cristianissimo”, che è stato acquisito e mantenuto per tanto tempo a causa di molti meriti.
Editto di Nantes (1598) / 3
Perciò, avendo riconosciuto questa materia [della religione] come importantissima e degna di molto attenta considerazione, dopo aver considerato i documenti di rimostranze dei nostri sudditi cattolici, e aver permesso ai sudditi della religione cosiddetta riformata di riunirsi in assemblea di deputati per compilare i loro e mettere insieme tutte le loro rimostranze […], noi abbiamo giudicato necessario di DARE IN QUESTO MOMENTO […] A TUTTI I NOSTRI SUDDITI UNA LEGGE GENERALE, CHIARA, SEMPLICE E ASSOLUTA, attraverso la quale si possano regolare riguardo a tutte le differenze che sono insorte tra loro in passato a questo riguardo, e che potranno ancora sorgere in futuro.
[… segue la parte dispositiva dell’editto]
Editto di Nantes (1598) / 4
[…]
Dato a Nantes, nel mese di aprile dell’anno di grazia millecinquecentonovantotto, il nono del nostro regno. Firmato: ENRICO
[Al di sotto] Per il re, nel suo Consiglio: FORGET e, a lato: VISTO. Sigillo grande di cera verde […]
Letto, pubblicato e registrato, consenziente il Procuratore Generale del Re, a Parigi, in Parlamento, il venticinque febbraio millecinquecentonovantanove. Firmato: VOISIN.