Storia Dell'Arte Contemporanea in Italia - Manifesti Poleche, Documenti

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Storia moderna dellarte in Italia. Manifesti polemiche documenti

di Paola Barocchi

Storia dellarte Einaudi

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Edizione di riferimento:

Paola Barocchi, Storia moderna dellarte in Italia. Manifesti polemiche documenti, vol. III, t. 2. Tra Neorealismo ed anni novanta. 1945-1990, Einaudi, Torino 1992

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Indice

A. Martini - Scultura lingua morta (1945) B. Zevi - Architettura organica (1945) G. Michelucci - Ricostruire (1945) L. Fontana - Manifesto bianco (1946) L. Venturi - Linguaggio attuale della pittura (1947) Forma (1947) Primo manifesto dello spazialismo (1948) L. Fontana - Proposta di un regolamento

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R. Longhi - Proposte per una critica darte (1950) 40 G. Dorfles - Manifesto del M.A.C. (1951) G.C.Argan Genesi del razionalismo (1953) U. Eco Lopera aperta (1958) P. Manzoni Libera dimensione (1960) U. Eco LInformale come opera aperta (1961) B. Zevi - Sul superamento dellarchitettura organica e della ricerca spaziale (1961-62) 50 55 59 64 67

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Indice

G. Dorfles - Nuovi riti e nuovi miti (1965) U. Eco - Teoria della comunicazione e arti visuali (1966) G. Celant - Arte povera (1968) G. Paolini - Note di lavoro (1973) G. Celant - Unarte critica (1983) G. Celant - Unarte iconoclasta (1984)

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ARTURO MARTINI

Scultura lingua morta*1

Ripetizione della statua2. Quando unarte si esprime in una natura monocroma e per mezzo di atteggiamenti del corpo umano, facile capire quali e quante possibilit di atteggiamenti nuovi possano ancora rimanere dopo tanti secoli. Perci il tormento dello scultore non sta nel realizzare unopera abbandonandosi allispirazione diretta, ma nella grande fatica di evitare il gi fatto. In pittura, nellassurda ipotesi che fosse imposto per secoli un soggetto, questa indigenza sarebbe sempre superata attraverso nuovi accordi di colore3. Ma nella statua cosa pu essere rimasto di non tentato e non risolto? Quante volte, guidato dal mio profondo, ho creduto di aver scoperto una soluzione nuova, accorgendomi poi che lavevano trovata dieci secoli prima! Oggi, per un artista che partecipi al suo tempo, pi viva una natura morta, ispirata da un avanzo di verdura, che tutti i miti esaltati nel tempo antico4. Ma la scultura leterna ripetizione della statua. Non pu rinnovare la mitologia antica nella nuova mitologia del cavolo e del carciofo; vive nel rimpianto di un passato felice, e malgrado il tramonto degli dei, sillude di una grandezza spenta5.

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La scultura sempre vissuta di vita parassitaria; aderendo come un rampicante alla superficie di unimmagine e assumendone la forma, ha finito per credere quella forma la sua propria essenza6...

Linguaggio. Il senso plastico crea un volume; il volume esprimendosi diventa forma: la forma prende forma da unaltra forma. Questo dovrebbe essere il verbo della scultura. La parola plastico in s non vuol dir niente; ma poich appartiene alluso, tentiamone la consistenza. Plastico, dice il vocabolario, ci che ha facolt di plasmare o di essere plasmato. Nel linguaggio delle arti per questa voce ha assunto tale senso ed ampiezza da diventare parola astratta, quasi sempre usata a sproposito al pari di poesia: di solito in scultura viene adoperata per indicare una interpretazione di grande formato7. Anche le forme non esistono come possibilit creative, perch devono conformarsi a proporzioni stabilite o annullare in esse la loro esistenza. Parole note volumi non sono che materiali, mezzi che lartista di volta in volta tramuta in valori essenziali. In pittura un colore diventa valore creativo quando si fa tono8. Nella scultura invece, per difetto di libert, tutto rimane alle origini: la forma resta un volume, cio quantit amorfa, semplice creta9. La sovranit di unarte deriva unicamente dal completo possesso dei mezzi creativi; e per mezzi creativi non sintenda labilit dellartista o i suoi strumenti di lavoro, ma il valore intrinseco di un particolare linguaggio. Ne risulta evidente la schiavit della scultura.

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Cos, dellattribuita importanza alla celebrata forma non rimane che un vocabolo per indicare certe fasi del mestiere: forma per conformazione, forma in gesso, forma per configurazione, forma granitica ecc. Volume poi viene interpretato come voluminoso, peso come ponderoso; tanto da far credere che la mole dellelefante sia traguardo di grande scultura.

Sensibilit. ... Costruzione e sensibilit non sono mai andate daccordo: la prima possiede, laltra non si mostra che in superficie. Anche la famosa sensibilit dei primitivi non regge la costruzione, n mai super, nellumiliazione a Dio, il piano della preghiera. La scultura, ultima fra le arti a subire il contagio, sembra vittima destinata a patirne le fatali conseguenze; ossigeno da moribondi, la sensibilit appare ormai come la sua risorsa estrema10. In arte qualsiasi sentimento deve essere dato e non sentito: chi sente trema e non far mai centro. La scultura antica, anche quando ha fermato i sentimenti, ha sempre sdegnato la sensibilit. Quello che gli scultori moderni chiamano con questo nome e pretendono di riscontrare nelle opere antiche, non che laspetto creato dalle corrosioni patine screpolature o rotture del tempo. Tre modi di sensibilit (fra molti altri che tralascio, bench non siano meno pericolosi) nella scultura contemporanea: fare indefinito, tipo flou in fotografia per dare il vago11; a croste, tipo rustico, per creare atmosfera; e il frammento: banalissimo trucco che mira a riscuotere gratitudine per il mistero delle parti mancanti. Insomma, la sensibilit in scultura o vive nellamore della carta vetrata che la consumi, o nel terrore che la

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carta vetrata le tolga tutto, livellando qualche asperit. Quanto al frammento fabbricato, una pietosa impotenza; come gli amanti che non combinano perch c sempre di mezzo una gamba o un braccio che non sanno dove mettere. Ne dir un altro: il malfatto. Ma per questo bastano le parole di Baudelaire: Con unarte siffatta, qualsiasi dilettante pu passare per artista12. Quando vedo gli scultori correre in fonderia e affannarsi a cercare sulla cera il tocco sensibile nella loro statua, oppure urlare perch non trovano quella tal graffiatura o quella caccola cos importante, mi viene subito in mente quanto sia fragile e provvisoria la loro creazione. Lopera darte vera come il mare: non pu cambiar colore per una pisciata. Malgrado limportanza che le dnno gli scultori di oggi, la sensibilit un fatto senza consistenza, una specie di coraggio della paura del balbuziente. Nel migliore dei casi resta un desiderio che suda e fatica come accade nello sforzo di qualsiasi stitichezza. Quando parlo darte, io intendo la sua ossatura, come un architetto vero quando parla della sua costruzione: futili gli aggeggi e destinati a perire. Larte un fatto assoluto e completo in s, dal fondo alla superficie e fino alla schiuma, che pu esserne la sensibilit. Parlare solo di sensibilit in unopera darte significa ridurre questo mare alla schiuma ed ai malinconici resti di naufragi che galleggiano alla superficie. Lo scultore come un albero: le foglie sono la sua sensibilit; n lalbero si occupa di questa esistenza fragile e passeggiera che il tempo far cadere inesorabilmente.

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Critica. ... Eppure bastano poche domande per denunciare la scultura come uno dei massimi esempi di vita apparente che si siano imposti allumanit in virt della tradizione. Perch, se pittura e scultura sono due mondi di pari grandezza, questa schiava del passato mentre quella in continuo divenire? Perch la prima ha trovato il suo volgare mentre laltra parla ancora greco e latino? Perch, in mezzo a tanta rivolta, la scultura non si ancora svegliata dal sonno dei secoli e dorme indisturbata nella sufficienza del suo piedestallo? Perch, in mezzo ad esigenze nuove, non fa che ripetersi come una stoviglia su vecchi stampi fatti per generazioni sepolte? Perch non avverte lindifferenza generale? Perch si ostina a fabbricar sembianze senza capire che ogni immagine, anche se sublimata, non che alterna vicenda di un linguaggio che alla fine scompare per altre necessit o per esaurimento? Perch la pittura ha fatto opera immortale di un pomo, perch tutte le arti trovano nuovi innesti di vita, mentre la scultura non pu? Laspetto della scultura squallido e triste come quello di un seme posato sul marmo, cio fuori di ogni possibilit di vita13.

Arte dei ciechi. Chi, una trentina danni fa, chiamasse la scultura arte dei ciechi, se io o altri, non ricordo; ma il nome ormai corre nei libri.

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Escludendo finalmente la vista, stanca e ingombra di tutte le simpatie e le incrostazioni delle opere antiche, sentivo la promessa di un rinnovamento. Il tatto ha una sua veggenza, pensavo, e mi guider in un mondo di primordiali possibilit. Passando da unisola decrepita a unaltra nuovissima, la mia inquietudine trover quello che da sempre cercavo. Mi riapparvero allora alla luce, quasi riemerse dal fango, le forme che la scultura aveva sepolte per rivelarle solo il giorno in cui, finite le costrizioni pratiche, potesse disporle, oltre la statua e i suoi attributi, per un libero canto. Larte non interpretazione, ma trasformazione. Quando si dice che unarte ha trovato se stessa, si afferma il suo avvenuto passaggio da una dimensione a unaltra, cio da un piano nativo a un piano creativo. A chi pretendesse di veder realizzato nelle statue antiche, in virt della loro bellezza, fattura od incanto, questo passaggio, rispondo che si tratta di una dimensione di ordine simpatico, mentre io intendo una dimensione di ordine costruttivo, cio tra veggenza e chiaroveggenza equidistante come simpatia e possesso. Anche il linguaggio si trasforma: il rumore si fa suono, la parola cambia senso, il colore diventa tono; in scultura il volume dovrebbe mutarsi in forma. In breve, sentimento bellezza o carattere sono per larte vera imbonimenti; il fatto eterno la sua sostanza. Anche solo stringendo la creta, uno scultore autentico pu dare scultura; ma finch, con la stessa prepotenza di facolt native, deve modellare una statua, essa lo trasciner sempre a negare latto essenziale. Se larte dei ciechi la verit, sia data libert a questarte: pure forme e lanima che in ogni luogo o cosa; n pi si confonda con la vita apparente di una statua, la vera vita della scultura14.

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Paola Barocchi - Storia moderna dellate in Italia. Manifesti polemiche documenti * A. Martini, Scultura lingua morta, Emiliana, Venezia 1945, secondo ledizione Verona 1948, pp. 19-22, 34-37, 39-41, 48-50. 1 In una lettera a Giovanni Scheiwiller del 28 febbraio 1945 Martini scriveva: Sto scrivendo un piccolo libretto sulla scultura. Saranno 50 pagine. Chi lha letto ha detto che una specie di rivelazione, sono dei discorsi di come vedo io la scultura dal primo giorno ad oggi. Gino Scarpa, non so se lo ricordi, quello che era redattore capo allAmbrosiano, fu molto impressionato. Ad ogni modo talmente coraggioso da essere certamente un successo editoriale. Se vuoi pubblicarlo tu, mi scrivi, altrimenti mi far editore io stesso, perch mi preme che esca subito a scanso di incidenti di bombe o altro scombussolamento, in A. Martini, Le lettere 1909-1947, Firenze 1967, p. 440. Scheiwiller accett subito la proposta (ibid., p. 441, nota 1). 2 In questo paragrafo Martini tiene ad evidenziare le difficolt della scultura, che soffre della sua stessa tradizione. 3 Cfr. la lettera di Martini a Silvio Branzi del 9 aprile 1945: Siccome il suo compito era di darmi torto, non vorrei che nella fretta si fosse sbagliato perch ha finito per darmi ragione. Lei scrive: In pittura anche nellipotesi che per secoli venga imposto un solo soggetto, il colore darebbe modo coi suoi accordi di evitare sempre le ripetizioni. Ecco, sempre no, ma per secoli, secoli e secoli certamente; ma in fine dovrebbe pur venire il giorno in cui anche qui tutte le situazioni si presentino esaurite come nella scultura ecc. ecc.. Ma, caro Branzi, ho detto per unipotesi; ma non cos, perch la pittura un fatto universale e quindi eterno, mentre con la sua affermazione di esaurimento per uno stesso soggetto e di valore relativo, come sono le passioni coi loro attributi, dopo secoli, secoli e secoli deve necessariamente esaurirei come lei dice, e quindi io non le ho chiesto altro allinfuori di questa sua approvazione. E solo per questo esaurimento la scultura non un fatto universale, ma episodico (ibid., p. 442). 4 Martini si allinea agli interrogativi dei pittori (cfr. Mafai, in P. Barocchi, Storia moderna dellarte in Italia, III, Torino 1991, pp. 400 sgg.). 5 Cio esaurita (cfr. nota 3). 6 Immagine assai suggestiva, in relazione anche alla problematica della scultura astratta. Cfr. la lettera di Arturo Martini a Giorgio Ferrari del 22 agosto 1945: Bisogna vedere se la scultura per diventare arte deve essere astrazione o se rimanendo un oggetto ha servito nel tempo ed finita dopo aver compiuto il suo naturale ciclo, in Martini, Le lettere cit., p. 459. 7 Laccostamento di plastico a poesia allude felicemente allinflazione di questi termini in clima crociano. 8 Secondo gli insegnamenti di Lionello Venturi; cfr. L. Venturi, La posizione dellItalia nelle arti figurative, in Nuova Antologia, CCLX (1915), pp. 213-25.

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Paola Barocchi - Storia moderna dellate in Italia. Manifesti polemiche documenti Sulle resistenze della scultura cfr. ancora la citata lettera di Martini a Giorgio Ferrari del 22 agosto 1945: Credo che la scultura sia un duplicato della pittura, solidificato per resistere alle intemperie dato che una volta le funzioni si svolgevano allaperto... e se la scultura si stacca muore per mancanza di vitalit propria... Perch la scultura ha bisogno di un corpo e della bellezza, mentre per le altre arti non sono che semplici pretesti? In scultura la deformazione insopportabile, nelle altre arti qualunque bruttezza pu essere stupenda, basta sia esaltata nellessenza della sua arte, in Martini, Le lettere cit., p. 459. 10 Cfr. la citata lettera di Arturo Martini a Silvio Branzi del 9 aprile 1945: La sensibilit un fenomeno che riguarda la carta vetrata, tanto vero che questa il suo terrore (ibid., pp. 442 sgg.). 11 Cfr. ancora la lettera di Arturo Martini a Giorgio Ferrari del 22 agosto 1945: Oggi tale linconsistenza della scultura che tutti gli artisti, appena fatta, ricorrono alla fotografia per fermare le ombre e tutti possono illuminarla diversamente e quindi falsarla. Ogni artista desidera morendo di dare alla sua opera una eternit di fermezza e questo tutte arti lo possono, mentre per la scultura ogni dilettante pu renderla irriconoscibile mediante le pi strane illuminazioni (ibid., p. 459). 12 Cfr. G. Comisso, in Martini, Le lettere cit., p. VI: Con lui andavo nei pomeriggi a camminare per le campagne; egli declamava Rimbaud e Baudelaire... 13 In una lettera a Giorgio Ferrari del settembre 1945 Arturo Martini scrive: S, forse una speranza c, che distrutta la statuaria come idolo ne nasca unaltra come essenza, ma questa probabilit... mi fa pi paura di quella di prima, dovendo abbandonare la vita per entrare nellastrazione. Lastrazione in arte una bestemmia come tutte le probabilit che vivono sulla supposizione, fuori dei confronti, lastrazione un comodo rifugio senza senso n sesso, buona alla mistica ma non allarte, che un fatto vivo e fisico, frutto di innesti come il figlio, e mai di un pensiero (ibid., p. 463). 14 Queste parole accorate sono accompagnate dallo stesso travaglio nellepistolario; cfr. la lettera del 15 settembre a Giorgio Ferrari, dove si legge: Io non sono lo scultore, ma sono uno scultore che ha creduto esser tale, invece come tutti non sono stato che uno statuario (ibid., p. 466).9

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BRUNO ZEVI

Architettura organica*

Io vi porto una nuova Dichiarazione dIndipendenza... Unarchitettura organica significa n pi n meno una societ organica. Gli ideali organici in architettura rifiutano le regole imposte dallestetismo esterno o dal puro gusto, come la gente cui apparterr questa architettura rifiuter le imposizioni alla vita che sono in disaccordo con la natura e il carattere delluomo... Troppo spesso nella storia la bellezza stata contro il buon senso. Io credo che sia giunta lora in cui la bellezza deve avere un senso... In questa ra moderna, larte, la scienza e la religione si incontreranno, diverranno la stessa cosa, e tale unit sar raggiunta attraverso un processo in cui larchitettura organica sar al centro.

Queste sono alcune apocalittiche frasi del messaggio che Frank Lloyd Wright port nel 1939 agli architetti inglesi1... Ma intanto, che cosa vuol dire organico, e particolarmente quale il significato dellarchitettura organica?... Luso della parola organico applicato allarchitettura data da lungo tempo2 e ha dato luogo a molta confusione. Bisogna subito dissipare due equivoci: quello naturalistico e quello biologico. 1) Lequivoco naturalistico. A forza di dire che bisogna guardare alla natura c il pericolo di fraintendere e di credere che bisogni imitare la natura. Dato che, come vedremo, coloro che

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sostengono unarchitettura organica guardano principalmente ai templi egiziani e alle cattedrali gotiche, tale equivoco ancora pi facile, poich la decorazione egiziana e gotica spesso naturalistica. Behrendt3, che pure mette in guardia contro tale interpretazione, continuamente si riferisce allarchitettura di Wright con dei come: come una pianta ledificio sorge dalla terra alla luce; i tetti sporgenti ricordano lessenza delle piante tradotte in termini architettonici; le forme delle varie finestre e il loro diverso accoppiamento rievocano la disposizione delle foglie; il rapporto tra il corpo della casa e i vari dettagli, il tronco che man mano che si innalza pi in alto da terra si fa pi libero e pi leggero, mentre i particolari dellalbero divengono pi elaborati e pi tenui. Questo compiacersi di associazioni esteriori, se legittimo per un critico fin tanto che gli permette una maggior vicinanza alloggetto poetico, ha dato allarchitettura organica lalone di un romanticismo naturalistico, di un contenutistico e meccanico ritorno alla natura, che nelluso che facciamo della parola in queste pagine totalmente respinto. Tutto il peggiore romanticume inglese del secolo scorso si ubriacato di questi ricordi naturalistici appiccicati allesterno dei cottages. Anche Wright non stato immune dallequivoco naturalistico nella sua architettura, non solo nella decorazione, ma nei blocchi di pietra tra i mattoni (per meglio legare ledificio alla terra) della Casa Williams a River Forest, Ill. (1895) o nelle famose colonne a fungo della S. C. Johnson, in cui evidente un certo compiacimento per la reminiscenza degli alberi4. 2) Lequivoco biologico. Esso molto pi grave del primo in quanto pi di una persona intelligente ci crede. Da quando Vasari afferm che per comunicare gli essenziali valori spirituali, larchitettura deve apparire organica come un corpo umano5, e da quando Michelangelo disse che chi non

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conosce a fondo lanatomia del corpo umano non potr mai comprendere larchitettura6, fino a Geoffrey Scott e a Arnold Whittick7, una lunga serie di critici, specialmente tedeschi ed inglesi, ha fatto delle metafore con cui diciamo che una torre si innalza e che una colonna si contrae, o che una facciata movimentata e unaltra calma e distesa un sistema estetico. Larte dellarchitettura la trascrizione degli stati del corpo nelle forme da costruire. condizione necessaria di questo godimento dellarchitettura che in essa vi sia il ritratto di abituali sollecitazioni del corpo umano, una rievocazione del mondo della vita organica attraverso lidentificazione immediata o il ricordo dellesperienza fisica sono assiomi dei due autori citati. Partendo da tale equivoco possibile trovare una corrispondenza architettonica per tutti i casi contemplati dalla psicologia moderna e, forma per forma (come vedemmo hanno fatto i russi), si pu del piacere estetico fare un piacere biologico e sessuale. Daltra parte si pu osservare che luomo reagisce alle forme organiche e a quelle inorganiche con uguale intensit; semmai alle seconde con intensit maggiore dato che p facile impossessarsi dellidea di un cerchio e di una sfera che della multiformit di quasi-cerchi e di quasi-sfere che si incontrano nel mondo organico. Nei limiti in cui una forma organica, un albero, pu dirsi bello, cos pu dirsi bella una forma geometrica... Cos come , lequivoco biologico dellarchitettura organica pu al massimo costituire una delle categorie di metafore. Per quello che ci riguarda il contrario di ci che noi intendiamo. Lequivoco biologico stato alla base dellespressionismo. In esso le case hanno cercato di rappresentare sentimenti, stati danimo o il contenuto stesso delledificio; fu infatti un fenomeno della decadenza8. Pu essere vero che si vada ad una partita di calcio per supera-

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re un nostro senso di debolezza fisica attraverso il piacere che si prova di fronte alla forza dei giocatori; che si ammirino le cose belle per un senso di inferiorit; che si gioisca del ritmo, dellordine, della fluenza di una sinfonia o di una architettura perch realizzano quello che nella nostra vita quotidiana solo allo stato di aspirazione. Ma il concetto di architettura organica qui espresso non ha nulla a che fare con quelle associazioni esteriori, in cui il fattore vitale, il protagonista ledificio e luomo solo lo spettatore con le sue psicologiche reminiscenze corporali. Lattenzione che larchitettura organica, contrariamente a quella accademica, stilistica, presta alluomo e alla vita va ben oltre la riproduzione diretta o indiretta delle sensazioni fisiche umane. Se larchitettura organica movimentata e dinamica, per esempio, diversamente da quella classica (antica e moderna), non perch le sue pareti siano ricoperte a mo dellArt Nouveau9 di un linearismo nervoso che suscita il ricordo del movimento nellosservatore. Non neanche perch la sua composizione figurativa sia tale che locchio si deve muovere per apprenderla10...; ma perch segue nei suoi spazi i fondamentali, reali movimenti delluomo nella casa, perch funzionale non astrattamente utilitaria nel senso integrale della parola11. Si ancora troppo abituati a vedere una casa come una pittura, e spesso anche i migliori critici sanno meglio analizzare separatamente una pianta, una sezione e un elevato di un edificio, che la sua struttura completa. alla struttura, intesa non come sola tecnica, ma come complesso delle attivit umane che vi si svolgono, che larchitettura organica presta la sua attenzione. Organica in quanto nei suoi spazi ricerca la felicit materiale e psicologica e spirituale delluomo, nellambiente isolato, nella casa, nella citt. Organico quindi un attributo che ha alla base unidea sociale, non unidea figurativa; in altre parole,

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che va riferito a unarchitettura che vuole essere, prima che umanistica, umana12.

* B. Zevi, Verso unarchitettura organica, Torino 1945, pp. 63, 71-75. 1 Nel corso di alcune conferenze tenute da Wright allIstituto Reale degli Architetti Britannici di Londra nel maggio 1939; cfr. F. Wright, An Organic Architecture, London 1939, tradotto in Italia a cura di A. Gatto e G. Veronesi, Milano 1945, pp. 43 sg. Per spiegare la sua Dichiarazione di indipendenza Wright afferma: Parlando seriamente, e per tornare alla natura dellidea che difendo e alla Dichiarazione di indipendenza possiamo domandarci: indipendenza da che cosa? Lasciate che mi ripeta: indipendenza da ogni imposizione esterna, da qualunque parte venga; indipendenza da ogni classicismo vecchio o nuovo e da ogni devozione ai classici; indipendenza da ogni standard commerciale o accademico che mette in croce la vita. 2 Almeno dal Lodoli (cfr. A. Memmo, Elementi dellarchitettura lodoliana, Roma 1786, p. 60) che sosteneva che si avesse da osservar la ragione e non il solo capriccio anche in quellaltro genere di architettura, chegli con termine suo originario chiamava organica e che relativa ad ogni sorta di arredi. Diceva che spettava alle spalliere delle sedie ed al deretano la forma del sedere delle medesime. 3 Cfr. B. Zevi, Storia dellarchitettura moderna, Torino 1950, pp. 332 sg.: Tra i maggiori storici del movimento moderno Walter Curt Bebrendt era stato il solo a dare un fondamentale valore alla parola organico in architettura. Egli ricordava come fosse stata usata dal Burckhardt osservando che, del resto, gi il Vasari alludeva a qualcosa di simile quando lodava ledifizio della Farnesina... Il Behrendt opinava che in un solo caso nella storia lorganico e il formale si sono uniti nella stessa opera darte, nel tempio dorico. 4 Ledificio della amministrazione della Societ S. C. Johnson a Racine (Wis.) del 1936-39. 5 Cfr. Vasari, DellArchitettura, in Le Vite, I, Firenze 1568, p. 30: di necessit che si distribuischino per lo edificio le stanze chabbino le lor corrispondenze di porte, finestre, camini, scale segrete, anticamere, destri, scrittoi, senza che vi si vegga errori; come saria una sala grande, un portico picciolo e le stanze minori; le quali, per esser membra delledificio, di necessit chelle siano, come i corpi umani, egualmente ordinate e distribuite secondo le qualit e variet delle fabriche, come tempii tondi [in] otto facce, in sei facce, in croce e quadri, e gli ordini varii secondo chi et i gradi in che si trova chi le fa fabricare, perci che, quando son disegnati da mano che abbia giudicio con bella

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Paola Barocchi - Storia moderna dellate in Italia. Manifesti polemiche documenti maniera, mostrano leccellenza dellartefice e lanimo dellauttor della fabrica. Ovviamente per Vasari resta prevalente la rispondenza tra le esigenze del committente e larticolazione dellarchitetto. 6 Cfr. la famosa lettera di Michelangelo al Cardinal Rodolfo Pio da Carpi del 1560: Quando una pianta diverse parti, tucte quelle che sono a un modo di qualit e quantit nno a essere adorne di un medesimo modo o di una medesima maniera; e similmente i lor riscontri. Ma quando la pianta muta del tutto forma, non solamente lecito ma necessario, mutare del tucto ancora gli adornamenti, e similmente i lor riscontri: e e mezzi sempre sono liberi come vogliono; s come il naso, che nel mezzo del viso, non obrigato n alluno n a laltro ochio, ma luna mana bene obrigata a essere come laltra, e luno ochio come laltro, per rispecto degli lati e de riscontri. E per cosa certa che le membra dellarchitettura dipendono dalle membra delluomo. Chi non stato o non buon maestro di figure e massimo di notomia, non se ne pu intendere, in Il carteggio di Michelangelo, edizione postuma di G. Poggi, a cura di P. Barocchi e R. Ristori, Firenze 1983, V, p. 123. 7 Zevi fa riferimento a G. Scott, Larchitettura dellumanesimo, Bari 1939 e a A. Whittick, Erich Mendelsohn, London 1940. 8 In tal modo si spiegano le affermazioni dellautore della monografia su Mendelsohn. Cfr. anche Zevi, Storia dellarchitettura moderna cit., p. 342. 9 Esemplificata con un rinvio a Victor Horta o a Henry van de Velde (ibid.). 10 Cfr. ibid., p. 343: Il razionalistico edificio del Bauhaus richiede tale movimento, non diversamente dai dormitori di Aalto o dalla Casa della Cascata. 11 E, in questo senso, travalica gli orizzonti figurativi del razionalismo del 1920-1930 (ibid., p. 343. 12 Con tale esigenza Zevi si ricollega a Persico e alla sua scoperta di Wright (cfr. Barocchi, Storia moderna dellarte in Italia cit., p. 299). Giustamente M. Tafuri, Storia dellarchitettura italiana 1944-1985, Torino 1986, p. 12 commenta: Zevi esordisce con un volume Verso unarchitettura organica (1945) scritto come manifesto non solo di una scelta storiografica ma anche di un principio di azione: la fondazione dellApao e della rivista Metron conseguente delle riflessioni depositate in quel volume, le cui linee metodologiche saranno esplicitate pi tardi in Saper vedere larchitettura pubblicato a Torino nel 1948.

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GIOVANNI MICHELUCCI

Ricostruire *1

Alla nostra generazione tocca ora in sorte il compito di cominciare a ricostruire. Si vorrebbe esser convinti che le chiaro quanto poco questa impresa onorevole e gigantesca abbia a che fare con i suoi meriti e le sue possibilit e come non sia stata determinata da un suo spontaneo e diffuso bisogno di realizzare un nuovo, cosciente, contenuto spirituale, ma che una situazione di fatto provocata da una sua anteriore deficienza. La ricostruzione si parata improvvisamente davanti con una sua severa necessit e improrogabilit che non ha alcun rapporto con il grado di capacit degli uomini a compierla. Si pone perci un quesito fondamentale: tentare di stabilire anzitutto questo rapporto, questa dipendenza, col ritrovare o creare la nuova capacit che limpresa richiede e conciliare questultima con le reali esigenze del nostro tempo. Quel che da ricostruire non sono soltanto case e citt, ma se anche solo queste fossero da rifare, ci non limiterebbe il problema al loro caso particolare. Limpegno che incombe oggi di ricostruire qualcosa di cui le case e le citt saranno una coerente espressione, cio un ambiente civile nuovo, richiesto non solo dal desiderio e dal disagio di molti, ma dal fallimento sempre pi palese e sempre pi clamoroso dellantico2. Non bisogna perci dimenticare che, nonostante tutto, noi siamo ancora uomini del vecchio mondo,

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ancora legati ai suoi schemi mentali, e occorre provvederci di una buona dose di coraggio per rintuzzare il nostro orgoglio e la nostra vanit di pretendere di costruire cos come siamo un mondo nuovo, che solo ancora confusamente in noi e che ciascuno immagina diversamente anche se sempre lo creda migliore. Una cosciente e dignitosa umilt che ci permetta di chiederci se siamo pari al compito che ci aspetta potr essere il solo legittimo punto di partenza per ogni ricostruzione; occorre dubitare umilmente della propria capacit a conciliare la causa occasionale e particolare che ci spinge allopera con il fine che ci attrae. Occorre riconoscere non solo che la nuova societ, la nuova citt, cio le nuove case come le nuove leggi, potranno essere costruite soltanto dalluomo nuovo, perch luomo crea solo cose che gli somigliano, ma che questo uomo nuovo dovremo trarlo necessariamente e unicamente da entro noi stessi3. Soltanto se riusciremo a trasformarci in nuovi cittadini potr sorgere la nuova citt e sar tanto nuova e tanto migliore quanto nuovi e migliori saremo. Tuttavia se non possiamo dire che siamo gi tali, daltra parte siamo tali in potenza un po tutti, da quelli che sempre hanno avvertito un disagio nelle condizioni sociali, economiche, spirituali e dambiente e desiderato un rinnovamento, a quelli che han sopportato tutto ci con indifferenza e disinteresse come cosa a loro estranea, perch n gli uni n gli altri han trovato, cercandola o no, una rispondenza tra se stessi, uomini, e lambiente scarsamente, o solo apparentemente umano. Oggi noi ci troviamo nella condizione di non sapere quale sar la societ futura n, in conseguenza, la sua rispondenza urbanistica, la forma costruttiva in cui potranno realizzarsi le sue esigenze nuove, perch il disagio o lindifferenza per lantica e laspirazione a un mutamento non implicano se non una personale e limi-

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tata visione della nuova, e non possiamo perci che partire da un desiderio, senza permetterci il lusso di lavorare con sicurezza, senza dubbi e fatiche alla sua realizzazione. La societ futura sar certamente organizzata in un determinato modo, ma quel che conta tener presente che questo non ha possibilit, in nessuna maniera, di esser prefissato, a meno di non cader nellerrore di chi ha sempre immaginato soluzioni di convivenza sociale in base a uno schema egoistico e limitato, pi falso che utopistico in quanto accettava la precedenza dellorganizzazione sulla vita: altrettanto indispensabile fare nel campo della realizzazione urbanistica. Pur non potendo fissarci a un modello, bisogna tener presente che dobbiamo operare con la consapevolezza che il nostro lavoro o sar un mezzo alla formazione di un mondo nuovo o un errore gravido di conseguenze fatali per tutti. A questopera di conciliazione tra la nostra attuale capacit, fatta pi che altro di desiderio e spogliata dogni orgoglio, e il compito che siamo costretti ad attuare; a questopera di rinnovamento di noi stessi e dellambiente in cui viviamo, sinformano le pagine che seguono e che seguiranno. La citt nuova, da parte nostra, non una promessa o un impegno che mai sarebbe possibile fare o prendere, ma un invito a tutti quelli che finora si son sentiti indifferenti o stranieri in un mondo che da secoli ha vissuto e rischia di continuare a vivere secondo schemi falsi o invecchiati, in gran parte artificiosi, e in un ambiente architettonico che rispecchia questi schemi. Ci rivolgiamo a tutti quelli che hanno dentro di s un qualsiasi stimolo a un miglioramento e che non dimenticano il principio che lopera di ciascuno pu essere valida se fatta consapevolmente a beneficio di tutti e che quando abbiano riconosciuto il beneficio che qualcosa pu dare allo spirito sentano di dover fare in modo che

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ne possano godere anche gli altri, sotto pena di renderlo sterile anche per loro stessi, senza tuttavia scambiare un istinto sociale e il riconoscimento di una collaborazione effettiva tra gli uomini con un male inteso amore per il prossimo che porta a un falso sentire e a una fittizia gerarchia di buoni e non buoni, di beneficati e benefattori. Convinti che questa superiore esigenza di socialit debba informare lattivit dellindividuo in ogni campo, e sensibili particolarmente ai suoi riflessi nel campo edilizio, noi cercheremo, attraverso lincontro di ogni pi varia tendenza, di contribuire a una loro chiarificazione, quanto ce lo permetter il nostro gusto e la nostra capacit dintendere e nella misura in cui ci riuscir di essere obiettivi4.

* G. Michelucci, premessa a La Nuova Citt, I, n. 1-2, dicembre 1945 - gennaio 1946, pp. 1-3. 1 Con questo articolo Michelucci d lavvio ad una nuova rivista fiorentina, nella quale persegue quegli onesti obbiettivi di una fruttuosa socialit, gi espressi nel corso della guerra. Si ricordi, ad esempio, lo scritto Funzione sociale dellurbanistica, in Critica fascista del 1 gennaio 1942 (ripubblicato in Giovanni Michelucci, a cura di F. Borsi, Firenze 1966, pp. 263-66). 2 Nel sopra citato articolo del 1942 Michelucci aveva scritto: Noi crediamo che ogni problema architettonico sia legato da una biunivoca corrispondenza con ogni problema urbanistico e che quindi ogni soluzione di questultimo debba preludere e concepire la conseguente soluzione architettonica. LArchitettura per, come espressione a s, pu vero essere manifestazione e simbolo di un certo periodo politico, in quanto espressione stilistica di un tempo, ma non pu essere elemento ordinatore, espressione di un ordine sociale, in quanto appunto risolve in s problemi limitati ad una visuale, ad un volume, ad un ambiente: casa, strada, piazza. LUrbanistica invece la disposizione pi alta e la soluzione a priori per la quale una citt, a parte il valore artistico e architettonico dei singoli elementi, case o palazzi, assume un determinato carattere e una determinata distribuzione sociale.

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Paola Barocchi - Storia moderna dellate in Italia. Manifesti polemiche documenti Il vecchio e il nuovo sono per Michelucci legati a una nuova visione urbanistica che superi le suddivisioni delle classi. Cfr. ancora il citato articolo del 1942 a p. 264: Chi faccia una rapida indagine sugli esempi pi cospicui e recenti pu facilmente rendersi conto che si partiti quasi dovunque con un concetto errato e si sono, con lintento di creare ordine, generate invece perniciose divisioni... Le citt vengono... ad essere suddivise urbanisticamente per classi con un risultato socialmente negativo. Se le moderne citt debbono essere, nella perfezione del loro organismo, lesempio limpido e chiaro del cammino livellatore della civilt, ecco che si fatto tutto il contrario: si accentuato, in questo insigne capolavoro della societ umana, quella differenziazione per ceti che tutte le ideologie sociali moderne tendono invece ad abolire. 4 Unaspirazione alla quale Michelucci rimasto fedele; lo pu documentare una sua lettera di congedo dalla scuola fiorentina, quando nel 1949 decise di trasferirsi alla Facolt di ingegneria di Bologna; cfr. Giovanni Michelucci cit., pp. 286-93, dove tra laltro (alle pp. 291 sg.) si legge: Le qualit artistiche dellallievo che si dedica allarchitettura, si rilevano se ci sono (e non si possono iniettare) soltanto come raggiunta maturit di tutta una preparazione tecnica, sociale, economica, spirituale, che deve aiutare anche la comprensione di ciascun periodo storico, non solo dei templi e dei palazzi, ma di case, ospedali, stabilimenti industriali, agricoli ecc. Soltanto un indirizzo di questo genere pu aiutare a quel controllo economico a cui ho accennato e che mi sembra indispensabile: controllo inteso nel senso pi vasto e profondo del termine ai fini del raggiungimento di una forma responsabile che assume larchitetto, operando oggi non tanto per i singoli di eccezione, quanto per la media propriet e per gli enti. Perch in verit, poco interessano ad una nazione povera le opere darte rappresentate da quelle ville favolose, sulle quali si cerca di attrarre lattenzione generale: poco interessano ai fini di una ricostruzione o costruzione in quanto non dnno alcun contributo tecnico alla soluzione economica di un problema urgente e fondamentale di popolazioni appunto come la nostra, che povera di mezzi, di case, di comodit, ha bisogno di un minimo decente indispensabile per la sua vita; e poco interessano anche ai fini della bellezza, perch nulla pi pietoso di quelle villette che ambiziosamente si vestono di qualche forma riflessa e che ormai accettata dal gusto corrente e aggiornato.3

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LUCIO FONTANA1

Manifesto bianco*

... Da che furono scoperte le forme darte conosciute, in distinti momenti della storia, si compie un processo analitico in ogni arte. Ogni arte ebbe il suo sistema in ordinamento indipendente. Si conobbero e svilupparono tutte le possibilit, si espresse tutto quello che si poteva esprimere. Identiche condizioni dello spirito si esprimevano con la musica, larchitettura e la poesia. Luomo divideva le sue energie in manifestazioni diverse rispondendo a questa necessit di conoscere. Lidealismo venne applicato quando lesistenza non pot essere espressa in modo concreto. I meccanismi della natura venivano ignorati. Si conoscevano i processi dellintelligenza. Tutto risiedeva nelle possibilit proprie allintelligenza. La ricerca consist in confusi esperimenti che molto di rado raggiungevano una verit. Larte plastica consist in rappresentazioni ideali delle forme conosciute, in immagini alle quali si attribuiva idealmente una realt. Lo spettatore immaginava un oggetto dietro laltro, immaginava la differenza fra i muscoli e le vesti rappresentate. Oggi la conoscenza sperimentale sostituisce la conoscenza immaginativa. Abbiamo coscienza di un mondo che esiste e si esprime da se stesso e che non pu esser modificato dalle nostre idee. Necessitiamo di unarte valida per se stessa. Nella quale non intervenga lidea che di essa ci siamo fatti. Il mate-

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rialismo stabilito in tutte le coscienze esige unarte in possesso di valori propri, lontana dalle rappresentazioni che oggi costituiscono una farsa. Noi, uomini di questo secolo, forgiati da questo materialismo siamo divenuti insensibili dinanzi alla rappresentazione delle forme conosciute e allesposizione di esperienze costantemente ripetute. Si concep lastrazione alla quale si arriv progressivamente attraverso la deformazione. Per questo nuovo stato di cose non corrisponde alle esigenze delluomo attuale. Si richiede un cambiamento nellessenza e nella forma. Si richiede il superamento della pittura, della scultura, della poesia e della musica. necessaria unarte maggiore in accordo con le esigenze dello spirito nuovo...2. Il subcosciente, magnifico ricettacolo dove alloggiano tutte le immagini che lintelligenza percepisce, adotta lessenza e le forme di queste immagini, alloggia le nozioni riguardanti la natura delluomo. Cos, nel trasformarsi il mondo oggettivo, si trasforma ci che il subcosciente assimila, la qual cosa produce modificazioni nella forma di concezione delluomo. Leredit storica ricevuta dagli stadi anteriori della civilt e ladattamento alle nuove condizioni di vita operano mediante questa funzione del subcosciente. Il subcosciente modella lindividuo, lo integra e lo trasforma. Gli d lordinamento che riceve dal mondo e che lindividuo adotta. Tutte le concezioni artistiche sono dovute al subcosciente. La plastica si svilupp in base alle forme della natura. Le manifestazioni del subcosciente si sono adattate pienamente a quelle in quanto dovute alla concezione idealistica dellesistenza. La coscienza materialistica, ossia la necessit di cose chiaramente provabili, esige che le forme darte sorgano direttamente dallindividuo, soppresso qualunque adattamento alle

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forme naturali. Unarte basata su forme create dal subcosciente, equilibrate dalla ragione, costituisce una reale espressione dellessere e una sintesi del momento storico. La posizione degli artisti razionalisti falsa. Nel loro sforzo per sovrapporre la ragione e negare la funzione del subcosciente ottengono solamente che la sua presenza sia meno visibile. In ognuna delle loro opere notiamo che questa facolt ha funzionato. La ragione non crea. Nella creazione delle forme, la sua funzione subordinata a quella del subcosciente. In tutte le attivit luomo funziona con la totalit delle sue facolt. Il libero sviluppo di tutte queste una condizione fondamentale nella creazione e nellinterpretazione della nuova arte. Lanalisi e la sintesi, la meditazione e la spontaneit, la costruzione e la sensazione sono valori che concorrono alla sua integrazione in ununit funzionale. E il suo sviluppo attraverso lesperienza lunico cammino che conduce ad una manifestazione completa dellessere3. La societ sopprime la separazione fra le sue forze e la integra in una sola forza maggiore. La scienza moderna si basa sulla unificazione progressiva dei suoi elementi. Lumanit riunisce i suoi valori e le sue conoscenze. un movimento radicato nella storia da vari secoli di sviluppo. Da questo nuovo stato di coscienza sorge unarte integrale, nella quale lessere funziona e si manifesta in tutta la sua totalit. Passati vari millenni di sviluppo artistico analitico, giunge il momento della sintesi. Prima la separazione fu necessaria. Oggi costituisce una disintegrazione dellunit concepita. Concepiamo la sintesi come una somma di elementi fisici: colore4, suono, movimento, tempo, spazio, la quale integri una unit fisico-psichica. Colore, lelemento dello spazio, suono, lelemento del tempo, il movimento che si sviluppa nel tempo e nello spazio,

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sono le forme fondamentali dellarte nuova, che contiene le quattro dimensioni dellesistenza. Tempo e spazio. La nuova arte richiede la funzione di tutte le energie delluomo, nella creazione e nellinterpretazione. Lessere si manifesta integralmente, con la pienezza della sua vitalit.

* L. Fontana, Manifesto bianco, versione italiana del testo redatto a Buenos Aires nel 1946 da Fontana e allievi, in L. Fontana, Concetti spaziali, a cura di P. Fossati, Torino 1970, pp. 118 sg., 124-26. 1 Gi ben noto in Italia per aver partecipato alle mostre del Milione e aver suscitato interventi, tra gli altri, di Persico (1934 e 1935, in Tutte le opere, Milano 1964, I, pp. 188-92) e di Argan (Lucio Fontana, 1939, in Studi e note cit., pp. 211-16) che notava: Fontana libera compiutamente limmagine artistica dalla condizione empirica dello spazio: ci che, se da un lato pu indubbiamente condurre alle facili applicazioni decorative, dallaltro crea una condizione essenziale al determinarsi di una scultura non solo esteriormente monumentale o approssimativamente pittorica. 2 Cfr. P. Fossati, Limmagine sospesa, Torino 1971, p. 177: La preoccupazione di Fontana... di veder volatizzare, in una serie di relazioni che sono logiche e dimostrative, ma incapaci di trasferirla integralmente, quella sostanza o pulsione o fantasma su cui avr modo di insistere nel pi tardo Manifesto bianco, e che non solo una risorsa linguistica di tipo psicanalitico, ma un bisogno di totalit e globalit. Tale sostanza necessita non di razionalizzazione o spiegazione, ma di esser recuperata ed usata come attivit, come prassi ed uso. Lo spostamento di talune matrici davanguardia, pure evidenti in Fontana, si determina proprio alla luce di questa preoccupazione, che porta ad una reinvenzione nel gesto e nella durata fisica la sostanza di cui si discorso, senza emblematizzarla psicologicamente e senza congelarla normativarnente. 3 Cfr. P. Fossati, in Fontana, Concetti spaziali cit., p. 8: Ci cui sar da badare... la consapevolezza del modo con cui si muove Fontana e come questultima sia il risultato di un preciso processo di esperienza e di acquisizione. 4 Cfr. Argan, Lucio Fontana, p. 212: Il colore non un fenomento di superficie, una determinazione o una variazione tonale del chiaroscuro inerente alla solidit materiale della cosa scolpita, ma il principio plastico, spaziale, della scultura di Fontana.

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LIONELLO VENTURI

Linguaggio attuale della pittura*

... Un altro pregiudizio riguarda il cubismo, e in genere quella che si chiama, con termine assai discusso, arte astratta1. Di fronte a una pittura che non rappresenti n una mela, n un albero, n una figura umana, il vicino di casa simpenna, non capisce che cosa rappresenti, fiuta il trucco, si offende e protesta. Bisogna spiegargli che unarchitettura esprime lanimo dellarchitetto in modo chiaro e persuasivo senza ricorrere n a mele n ad alberi n a figure umane. Una pittura cubista va giudicata come una architettura in pittura, che pu essere arte o no a seconda della qualit individuale dellartista, ma alla quale nulla si deve chiedere se non di essere unarchitettura ideale. E unarchitettura s astratta dalla natura fisica esteriore, ma concreta in quanto esprime la natura intima delluomo, il suo modo di sentire e dimmaginare2. Alla fine del periodo fra le due guerre lesperienza cubista sembrava affatto dimenticata. Il ritorno alla natura prima e il surrealismo poi avevano distratto gli animi dai problemi della forma, che il cubismo aveva posti. Perch il cubismo non era stato inventato per pater le bourgeois, ma per il bisogno di scoprire nuovi principi di struttura pittorica. Da quando finita la seconda guerra mondiale ci sono giovani artisti che non hanno prestato lorecchio ai soliti inviti del ritorno alla natura, ma hanno trovato

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realt nuove per mezzo di forme astratte o pseudoastratte. E questi giovani sono numerosi in Francia come in Belgio, in Italia come in Inghilterra. In America sono legione. I Romani hanno potuto accorgersene proprio in questi giorni guardando nella Galleria del Secolo alcune opere di Guttuso e di Turcato, di Monachesi e di Corpora3. Non sono i soli, per fortuna. Si tratta anche in Italia di accordarsi su un linguaggio comune, in cui ciascuna personalit metta il suo accento individuale. Costituire un linguaggio pittorico comune, ecco il problema essenziale del gusto odierno4.

* L. Venturi, Linguaggio attuale della pittura (gennaio 1947), in L. Venturi, Arte moderna, Roma 1956, pp. 247 sg. 1 Cfr. L. Venturi, Considerazioni sullarte astratta, in Domus, xviii, gennaio 1946, pp. 34-36. 2 Si confrontino ancora le affermazioni nellarticolo di Domus del 1946 (alla nota precedente). Il critico sembra inserirsi nel dibattito italiano, sia pur mantenendo il proprio distacco idealistico. 3 Realisti e astrattisti ancora solidali sulla scia del Fronte nuovo delle arti; cfr. ibid. 4 Raccomandazione accolta soprattutto dagli astrattisti di Forma.

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Forma*1

Noi ci proclamiamo formalisti e marxisti, convinti che i termini marxismo e formalismo non siano inconciliabili, specialmente oggi che gli elementi progressivi della nostra societ debbono mantenere una posizione rivoluzionaria e avanguardistica e non adagiarsi nellequivoco di un realismo spento e conformista che nelle sue pi recenti esperienze in pittura e in scultura ha dimostrato quale strada limitata ed angusta esso sia2. La necessit di portare larte italiana sul piano dellattuale linguaggio europeo ci costringe ad una chiara presa di posizione contro ogni sciocca e prevenuta ambizione nazionalistica e contro la provincia pettegola e inutile quale la cultura italiana odierna. Perci affermiamo che: 1. In arte esiste soltanto la realt tradizionale e inventiva della forma pura. 2. Riconosciamo nel formalismo lunico mezzo per sottrarci ad influenze decadenti, psicologiche, espressionistiche. 3. Il quadro, la scultura, presentano come mezzi di espressione: il colore, il disegno, le masse plastiche, e come fine unarmonia di forme pure.

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4. La forma mezzo e fine; il quadro deve poter servire anche come complemento decorativo di una parete nuda, la scultura anche come arredamento di una stanza il fine dellopera darte lutilit, la bellezza armoniosa, la non pesantezza. 5. Nel nostro lavoro adoperiamo le forme della realt oggettiva come mezzi per giungere a forme astratte oggettive, ci interessa la forma del limone, e non il limone. Noi rinneghiamo: 1. Ogni esperienza tendente ad inserire nella libera creazione darte fatti umani attraverso deformazioni, psicologismi e altre trovate; lumano si determina attraverso la forma creata dalluomo-artista e non da sue preoccupazioni aposterioristiche di contatto con gli altri uomini. La nostra umanit si attua attraverso il fatto vita e non attraverso il fatto arte. 2. La creazione artistica che si pone come punto di partenza la natura intesa sentimentalmente3. 3. Tutto ci che non ci interessa ai fini del nostro lavoro. Ogni nostra affermazione trae origine dalla necessit di dividere gli artisti in due categorie: quelli che ci interessano, e sono positivi4, quelli che non ci interessano, e sono negativi. 4. Il casuale, lapparente, lapprossimativo, il sensibilismo, la falsa emotivit, gli psicologismi, come elementi spur che pregiudicano la libera creazione.ACCARDI, ATTARDI, CONSAGRA, DORAZIO, GUERRINI, PERILLI, SANFILIPPO, TURCATO.

Roma, 15 marzo 1947.

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* Forma. Manifesto del gruppo romano, del 15 marzo 1947, in Sauvage, Pittura italiana del dopoguerra, cit., pp. 248 sg. 1 il nome della rivista, sulla quale fu pubblicato il manifesto del gruppo omonimo. Cfr. De Marchis, Larte in Italia dopo la seconda guerra mondiale cit., p. 565: Si tratta di un gruppo abbastanza composito, in parte di artisti siciliani [Accardi e Sanfilippo] venuti sul continente dopo la Liberazione e in parte di artisti romani, il cui punto in comune lappartenenza alla stessa generazione, infatti sono tutti ventenni o appena pi che ventenni, con leccezione di Turcato; altro punto in comune la messe di informazioni di cui dispongono: a quelle neocubiste della mostra francese a Roma si sommano quelle del Salon Ralits Nouvelles tenutosi a Parigi alla fine del 1946, quelle provenienti da Milano... il contatto con Guttuso, nonch il magistero di Venturi. 2 Evidente censura nei confronti del Fronte nuovo delle arti (cfr. qui p. 53). Nello stesso numero di Forma Piero Dorazio afferma: La polemica viene impostata sulla socialit dellarte, sul realismo, sulla pittura progressiva e sulla pittura nozionaria. Lequivoco fra pittura e animosit sociale, fra societ vecchia e nuova pittura, si deline chiarissimo, nessuno tuttavia si chiese quale sarebbe stata la forma e quali i mezzi che avrebbero espresso una societ nuova. Lesigenza di una forma di viva attualit che inserisse la pittura italiana nel filone della grande arte europea, si fece sempre pi urgente, finch noi non la denunciammo come solida base per il nostro lavoro (in Sauvage, Pittura italiana del dopoguerra cit., p. 113). 3 G. Turcato nello stesso numero di Forma, scrive: La realt per essere espressa ha bisogno di uno stile, il quale stile cambia secondo le epoche; e lastrazione la conquista pi certa di questa epoca. Ed il processo potrebbe essere questo: partire da una precisa padronanza di uno stile astratto per esprimere la realt contingente (Per realismo non intendere verismo). Perci non parliamo pi di neo-realismo, che stato un errore necessario ed utile, ma un errore. E parliamo invece di stile. Trovato lo stile di unepoca, appare risolto anche il problema della realt e cio della leggibilit dellopera darte. 4 Laffermazione sottintende una viva esigenza di informazione e di aggiornamento europeo, che fu in parte agevolato dal ritorno di Lionello Venturi. Cfr. De Marchis, Larte in Italia dopo la seconda guerra mondiale cit., p. 565 e G. C. Argan, Lionello Venturi e gli artisti, in Lionello Venturi e lavanguardia italiana, a cura di C. F. Teodoro, Modena 1991, p. 14: Era stato il primo a parlare darte moderna da una cattedra universitaria, ma il suo motivato e fermamente voluto intervento nella politica dellarte italiana cominci soltanto quando torn in Italia dopo la liberazione di Roma. In quel decennio desilio aveva

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Paola Barocchi - Storia moderna dellate in Italia. Manifesti polemiche documenti approfondito, con ricerche archivistiche e filologiche, la storia dellImpressionismo, specialmente dellopera di Czanne. E sera decisamente impegnato nella lotta antifascista: denunci, tra i primi, i servizi segreti italiani per lassassinio di Carlo e Nello Rosselli. Purtroppo i fatti gli davano e ancor pi gli avrebbero in futuro dato ragione: allimmoralit politica delle guerre dEtiopia e di Spagna si accompagnarono linasprimento dello sciovinismo, la repressione brutale, la crescente diffidenza verso ogni forma di cultura avanzata, lincriminazione dellarte come degenerata e dellarchitettura razionalista come sovversiva. Tutto poi peggior con lalleanza tra fascismo e nazismo: quasi fossero coscienti della loro vergogna, nelle cose peggiori i nazisti esigevano la complicit dei loro alleati: fu cos che in Italia la persecuzione degli ebrei e lavversione per larte moderna, gi effetto della senile imbecillit del regime, divennero pericolosa minaccia dincriminazione. Il comportamento della maggior parte degli artisti italiani, in quel frangente, fu dignitoso e spesso coraggioso: indubbiamente negli ultimi anni del fascismo si fece in Italia unarte chera di denuncia e, talvolta, di esplicita lotta contro il regime. Lealmente lo riconobbe Venturi quando, dopo circa quindici anni di esilio, pot rientrare in Italia. Non avanz rivendicazioni di sorta, non accamp diritti, si prescrisse pesanti doveri e vi ademp finch visse. Era alto il suo prestigio culturale e morale presso le nazioni che stavano vincendo la guerra: lo mise al servizio di una cultura italiana dissociata e depressa che aveva perduto il contatto col mondo civile. Venturi se ne fece garante.

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Primo manifesto dello spazialismo*

Lopera darte distrutta dal tempo. Quando, poi, nel rogo finale delluniverso, anche il tempo e lo spazio non esisteranno pi, non rester memoria dei monumenti innalzati dalluomo, sebbene non un solo capello della sua fronte si sar perduto. Ma non intendiamo abolire larte del passato o fermare la vita: vogliamo che il quadro esca dalla sua cornice e la scultura dalla sua campana di vetro. Una espressione darte aerea di un minuto come se durasse un millennio, nelleternit. A tal fine, con le risorse della tecnica moderna, faremo apparire nel cielo: forme artificiali, arcobaleni di meraviglia, scritte luminose1. Se, dapprima, chiuso nelle sue torri, lartista rappresent se stesso e il suo stupore e il paesaggio lo vide attraverso i vetri, e, poi disceso dai castelli nelle citt, abbattendo le mura e mescolandosi agli altri uomini vide da vicino gli alberi e gli oggetti, oggi, noi, artisti spaziali, siamo evasi dalle nostre citt, abbiamo spezzato il nostro involucro, la nostra corteccia fisica e ci siamo guardati dallalto, fotografando la Terra dai razzi in volo.

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Con ci non esaltiamo il primato della nostra mente su questo mondo, ma vogliamo ricuperare il nostro vero volto, la nostra vera immagine: un mutamento atteso da tutta la creazione, ansiosamente2. Lo spirito diffonda la sua luce, nella libert che ci stata data.LUCIO FONTANA, GIORGIO KAISSERLIAN, BENIAMINO JOPPOLO, MILENA MILANI, ANTONINO TULLIER.

Milano, 18 marzo 1948.

* Primo manifesto dello spazialismo, 18 marzo 1948, in Fontana, Concetti spaziali cit., pp. 127 sg. 1 Affermazioni che possono ricordare lontane istanze futuristiche, notate del resto anche nella simultaneit, ad esempio, delle tavolette graffite del 1935 (cfr. Fossati, Limmagine sospesa cit., p. 171). 2 Predomina anche nella metafora laspirazione a sperimentare. Cfr. Fossati, in Fontana, Concetti spaziali cit., pp. 8 sg.: Sar facile notare come in questi scritti non compare mai la tentazione di fondare... una poetica; ma di proporre la chiarificazione delle conseguenze di unesperienza: e basti confrontare il testo del Manifesto bianco del 46 con quello del Manifesto tecnico del 51. Questo e altri confronti mostrano che Fontana non mirava, com stato osservato, a determinare un corpo dottrinario, che si possa solo assumere pacificamente, in processi graduali di comprensione razionale, ma unavventura e un rischio, una provocazione alla stasi, un invito a inventare situazioni umane, possibilit, stupori. Stupori, vale a dire una mobilit psicologica che il risultato dellambito (continuo a citare Del Guercio) stesso sociale, psicologico e visivo duna realt cos fortemente segnata dalla presenza di quella particolare avventura. In questi manifesti sar possibile scoprire in tutta la sua portata unaltra venatura, e per nulla periferica, dellesperienza di Fontana: la tecnica, la macchina. Anche a tale riguardo il legame di Fontana con le avanguardie storiche, e principale il futurismo, evidente e cosciente: ma, anche qui, vale losservazione fatta per il surrealismo, e cio come lantica matrice sia del tutto diversa nella funzione e significato che Fontana assegna al mito-realt della macchina e a quello della tecnica. C, intanto, un deciso problema di annettere al polo meccanico il polo manuale, artigianale, libera-

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Paola Barocchi - Storia moderna dellate in Italia. Manifesti polemiche documenti mente determinato senza finalizzazioni prestabilite: sono due dimensioni di fattualit e di libera espansione umana che Fontana mira non a separare o a integrare forzosamente, ma a far scattare in un pi ampio senso di vitalit, che non rinuncia neppure al proprio vigore fisiologico, biologico quando se ne presenti loccasione. Lintenzionalit creatrice, cui Fontana mira, vuole condurre, cio, ad annettere alla capacit e alla libert umane una dimensione scientifica, intesa a sua volta come ampliamento di libert.

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Proposta di un regolamento*

Movimento SpazialePREMESSA

Nel 1946 Lucio Fontana, residente a Buenos Aires, fonda il Movimento Spaziale, firmando con un gruppo di suoi allievi il primo manifesto detto Manifesto Blanco, in lingua spagnola. Rientrato in Italia, nellaprile del 1947 Fontana invita artisti, letterati ed architetti ad iniziare uno scambio di idee, in riunioni tenute a Milano nello studio degli arch. Rogers, Peressutti e Belgioioso, alla Galleria del Naviglio e nello studio di Giampiero Giani. Nel maggio di quello stesso anno viene compilato il primo Manifesto italiano e nel marzo del 1948 il secondo Manifesto italiano. Il 5 febbraio 1949 Lucio Fontana allestisce per la prima volta in Italia e nel mondo un ambiente spaziale con forme spaziali ed illuminazione a luce nera, alla Galleria del Naviglio. La seguente proposta di Regolamento precisa quanto segue: 1. Si riconosce Lucio Fontana iniziatore e fondatore del Movimento Spaziale nel mondo. 2. Il Movimento Spaziale si propone di raggiungere una forma darte con mezzi nuovi che la tecnica mette a disposizione degli artisti.

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3. Aderiscono al Movimento Spaziale artisti e letterati che sentono levoluzione del mezzo nellarte, per il bisogno di esprimersi in un modo diverso da quello usato sino ad oggi. 4. La grande rivoluzione degli Spaziali sta nellevoluzione del mezzo nellarte1. 5. Pittori, scultori, letterati aderenti al Movimento Spaziale si chiamano Artisti Spaziali. 6. Gli Artisti Spaziali hanno a disposizione i mezzi nuovi, come la radio, la televisione, la luce nera, il radar e tutti quei mezzi che lintelligenza umana potr ancora scoprire. 7. Linvenzione concepita dallArtista Spaziale viene proiettata nello spazio. 8. LArtista Spaziale non impone pi allo spettatore un tema figurativo, ma lo pone nella condizione di crearselo da s, attraverso la sua fantasia e le emozioni che riceve. 9. Nellumanit in formazione una nuova coscienza, tanto che non occorre pi rappresentare un uomo, una casa, o la natura, ma creare con la propria fantasia le sensazioni spaziali2. La presente proposta sar distribuita a tutti gli Artisti Spaziali che attualmente fanno parte del Movimento.LUCIO FONTANA, MILENA MILANI, GIAMPIERO GIANI, BENIAMINO JOPPOLO, ROBERTO CRIPPA, CARLO CARDAZZO.

Milano, 2 aprile 1950.

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Paola Barocchi - Storia moderna dellate in Italia. Manifesti polemiche documenti * In Fontana, Concetti spaziali cit., pp. 131 sg. dove Fossati annota: Non si tratta di un manifesto vero e proprio, ma di una circolare dattiloscritta, distribuita tra gli aderenti al movimento a modo di bozza di regolamento vincolante gli artisti medesimi. Datato: 2 aprile 1950, porta la firma di Fontana, M. Milani, Giani, Joppolo, R. Crippa, Cardazzo. 1 Cfr. pp. 34 sgg. 2 Cfr. pp. 34 sgg.

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ROBERTO LONGHI

Proposte per una critica darte*

Si ascrive di solito a pregio, o almeno a distinto carattere, della cultura italiana laccordo che esisterebbe fra noi circa la perfetta identit di critica e di storia artistica. E sarebbe certo un punto importante se laccordo esistesse, preventivamente, anche su quel che storia e critica, cos conglomerate, abbiano ad essere. Ma dubito che sia cos. Per un esempio. In una storia della critica darte scritta recentemente da un italiano1, si pensato di far consistere il compito principale nella dichiarazione e, talvolta, ammetto, nella confutazione, di quella parte delle dottrine filosofiche che, depoca in epoca, avrebbe, per dir cos, autorizzato il relativo giudizio critico sullopera darte2. C per da domandarsi se, per questa strada, la migliore critica abbia ad incontrarsi spesso. Le dottrine procedono in assenza delle opere, o tuttal pi sbirciandole di lontano, la critica soltanto in presenza. Il loro convegno perci difficile e tutto a vantaggio delle parti astrattive che subito correranno a sforbiciare, ad amputare le facolt pi immediate e sensibili; tanto che i critici pi diretti han preferito quasi sempre tenersi a buona distanza da quelle nevi eterne del pensiero come le chiamava, con uno dei suoi motti pi brillanti, il Thibaudet3. E sar vero che la critica dovr pure sboccare al kantiano giudizio subbiettivo con pretesa di

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validit universale; purch si soggiunga, per, che vi sbocca per superfluit logica; quando gi il suo percorso si rivelato piuttosto illuminazione acerrima, terebrante, che non giudizio di esistenza: ove non sia quello soluto nella stessa bont del discorso e presunto gi nella scelta dellopera da illuminare. Cos quella storia della critica darte, a rifarla sincera, potrebbe alla fine convertirsi in una storia di evasioni, riuscite o no, dalle chiuse dottrinali4. E come non sarebbe se larte stessa ha dovuto faticare per sopravvivere ai princip che, lungo tanti secoli, ricusarono alla creazione figurativa una pur discreta autonomia? C bisogno di rifar la storia delle arti servili? Chi dice che anche Socrate non ne abbia qualche colpa con laccenno al vasaio?5. Sopprimer larte certo pi difficile, tanto essa adorna ed accarezza quasi ogni assetto sociale, ma la filosofia, quando riusc a passare in istituzione, non manc di provarsi anche in questo6. Meno difficile invece impedire la critica; almeno in quei riflessi pratici, e pure di gran portata, che si traducono in cura e sollecitudine per la stessa sopravvivenza fisica delle opere darte7. Catastrofi storiche alla fine del mondo antico non bastano, per esempio, a spiegare perch le sculture di Fidia sian lasciate a sbriciolarsi al gelo per pi di due millenni fino alla rapina di Lord Elgin, che fu finalmente un atto critico rilevante dopo il pi antico tentativo del nostro Morosini8. E se vi fu anche un solo capraio greco che, in quel lungo tratto, lamentasse lagonia di quei marmi, quel capraio fu certamente in nuce un buon critico darte. Ma c stato? Fuor depisodio, vi ha una parte di colpa anche quellantica condanna platonica che, ove mai si fosse tradotta in sanzione, gi ai garzoni di Fidia non restava che chiuder bottega ed attendere ad altro9. E ci furono tempi anche pi severi, chi pensi alle leggi che nella teocrazia bizantina ordinarono lo spezzamento delle immagini libere e non con-

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cessero che le pi legate. Lotta per le immagini che divamp pi volte anche in Occidente, con o senza editti visibili. Il congedo illimitato, anzi definitivo, proposto da Hegel per larte figurativa nella conclusione di una Estetica troppo ideale10, ne uno degli aspetti pi noti; altri ne abbiamo avuto sotto gli occhi anche ieri, altri ne abbiamo oggi e preferiamo non rammentarli. Ripeto che, nella ostinata sopravvivenza dellarte, la critica, come immediata risposta delluomo alluomo, ci sar stata sempre, anchessa; ma intendo che non abbia spesso avuto agio di esplicarsi in attivit specifica, in opera dinchiostro. Dove cercarla allora, se non ormai da sperare dalla vicinanza di universali filosofici quasi sempre ostili? A parte il lamento del supposto capraio ellenico, la ricerca va fatta btons rompus fin dallantico nei pi vari riflessi della polis: dai noti brevetti di gloria e di chiara fama concessi anche ad artisti figurativi, allaccertata esistenza di conoscitori, amatori, collezionisti, e cose simili. Ed ricerca da tornar utile in ogni epoca11. Recentemente, per colmare lassenza italiana dalla buona critica accanto allimpressionismo, proponevo, senzombra dironia12, di rammentare almeno il gesto della signora Giulia Ramelli che nel 1865, ancora durando il coro dinsulti allOlympia di Manet, ne chiedeva per lettera il prezzo al pittore. Per tornare allantico. significante che, volendo parlare degli artisti figurativi, Plinio sia costretto a includerli in una sua Storia naturale, come utenti di materiali naturalistici. E, del resto, anche nei tanti autori greci e romani da cui desume, sento che la buona critica si nasconde piuttosto entro la vicenda semantica dei vocaboli, che in altro. I trapassi di parola da arti diverse, tonon, armogh e simili, la dicon pi lunga che i soliti rilievi di progresso nella eterna mimesi. Su tutto spicca la famosa definizione de lineis tratta certo, e di presenza sensibile, da qualche opera di Parrasio: Ambire enim se

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ipsa debet extremitas et sic desinere ut promittat alia post se ostendatque etiam quae occultat13. Definizione tanto aderente che la moderna storia della critica14 credette di scoprirla soltanto nellAretino che si era limitato a trascriverla letteralmente; per dirla schietta, a plagiarla15... Dato, e non concesso, che la migliore critica darte sia la diretta e riuscita espressione (e in quanto tale anchessa inevitabilmente letteraria) dei sentimenti sollecitati da un dipinto, dove trovare il punto di consenso possibile sul nuovo risultato cos ottenuto? Ma se larte stessa storicamente condizionata, come non lo sarebbe la critica che la specchia, la specula? E di questo le si dovrebbe far carico? Qui anzi il punto per battere in breccia quegli ultimi relitti metafisici che sono i princip del capolavoro assoluto e del suo splendido isolamento. Lopera darte, dal vaso dellartigiano greco alla Volta Sistina, sempre un capolavoro squisitamente relativo. Lopera non sta mai da sola, sempre un rapporto. Per cominciare: almeno un rapporto con unaltra opera darte. Unopera sola al mondo, non sarebbe neppure intesa come produzione umana, ma guardata con reverenza o con orrore, come magia, come tab, come opera di Dio o dello stregone, non delluomo. E s gi troppo sofferto del mito degli artisti divini, e divinissimi; invece che semplicemente umani. dunque il senso dellapertura di rapporto che d necessit alla risposta critica. Risposta che non involge soltanto il nesso tra opera e opere, ma tra opera e mondo, socialit, economia, religione, politica e quantaltro occorra. Qui il fondo sodo di un nuovo antiromanticismo illuminato, semantico, terebrante, analitico, empirico o quel che volete, purch non voglia svagare. Lopera darte una liberazione, ma perch una lacerazione di tessuti propr ed alieni. Strappandosi, non sale in cielo, resta nel mondo. Tutto perci si pu

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cercare in essa, purch sia lopera ad avvertirci che bisogna ancora trovarlo, perch ancora qualcosa manca al suo pieno intendimento. Ed in questa ricerca poligenetica dellopera, come fatto aperto, che la critica coincide con la storia, fosse pur quella dun minuto fa16. Risorge la ricerca dellambiente? Pu darsi, ma non sar pi nel senso grossamente deterministico e parziale dei tempi di Ippolito Taine. Gli artisti crescevano allora (diceva il Cocteau) come buone cipolle da un determinato suolo, buono e favorevole anchesso. Ma se si ripercorre da allora il progresso nellintendere quasi ad infinitum la trama dei rapporti, si trova che anche qui il maggior merito dellarricchimento spetta soprattutto ai prosatori o poeti (non importa come chiamarli). Per un esempio: la costruzione quasi molecolare del destino terrestre del pittore Elstir nel poema (o romanzo storico) di Proust pu servire di eccellente modello al critico (dunque allo storico) dellarte per meglio intrecciare ad infinitum le cosiddette biografie spirituali dei suoi protagonisti, in una vera e propria recherche du temps perdu. E chi dice che quellesempio non abbia gi fruttificato?... O, mi si consenta, vagando in una zona pi antica e in apparenza meno ricuperabile, di rileggere questa atmosfera del gotico morente in Lombardia: Il gusto pi antico, eppur duro a morire, la singolare poetica che i Melanesi accampa ancora verso il 1460 ed oltre, sembrano il trionfo di una lussuosa follia profana. Qua se sfogia et triumpha cum recami de perle. Si fanno perfino ritratti ai cani delle mute ducali (retrato dun cane giamato Bareta). Tutto il cosmo pare volersi ridurre, depresso, entro la breve doga dorata di una carta da tarocco. Negli affreschi dei castelli la sollecitudine dellordinatore che si vegga la sua Signoria mangia in oro. Sulle pareti, duchi e famigli, addobbati nei capolavori di moda degli zibelari lombardi, cavalcano in

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un sogno di profanit fulgida e assurda. Ai loro piedi i prati si tramutano per incanto in bordi di alto liccio: i boschi dei feudi lontani si decalcano in un firmamento ormai tutto percorso dalle peripezie geroglifiche delle costellazioni araldiche famigliari; al di l delle Prealpi, brune come di cuoio impresso, coronate da manieri in pastiglia, il cielo a rombi bianchi e morelli scricchiola come le vetrate delloratorio di Corte nellossatura di peltro. Ogni veduta, ogni atto, si rinserrano bendati dal fasto greve e vacillante di un orizzonte privato17. Si pensi ci che si vuole di questo tentativo per far convenire, dai documenti rianimati, fatti darte, gesti di moda e di costume, una certa aristocratica insolenza, un lusso sfrenato, una larvata miscredenza; tutto ci, insomma, che, in quel dato momento e luogo, poteva affluire in un aspetto decadente, bacato; ma non si dica che qui si tratti di una divagazione subiettiva, irrelativa, non pertinente. Lilluminazione vi strettamente storicizzata, parola per parola: si potrebbe provarlo. Sta dunque il fatto che, chi si cimenti nella restituzione del tempo di questa o di quella opera darte, vicina o remota che sia, trova alla fine che il metodo per ricomporre la indicibile molteplicit degli accenni pi portanti non n potrebbe essere in essenza diverso da quello, anchesso critico, del romanzo storico: metodo evocativo, polisenso, trame tnue de tremblants prparatifs. Limpegno assunto dal Manzoni nel 1822: Io faccio quel che posso per penetrarmi dello spirito del tempo che debbo descrivere, per vivere in esso18, buono anche per noi e ci stringe a concludere che nella ripresa parlata del fatto pi profondo e in apparenza meno motivabile delluomo com il produrre artistico, composto, non gi di azioni e reazioni palmari, ma di sempre diverse condizioni libere, di occasioni imprevedibili e velate, non alla fine da pretendere pi che a una verisimiglianza non contradicevole, mai ad una

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certezza spietata e documentata che, del resto, dubbio se abbia veramente luogo in alcuna storia e persino in quella della scienza. Questi i pregi di una critica darte che voglia, de ipso iure, convertirsi in istoria. Altro non ci dato richiedere. Opere storicamente condizionate e critica storicamente condizionata chiedono e rispondono perennemente come specchi successivi che, di tempo in tempo, lumanit trasmette del suo sussistere pi profondo.

* R. Longhi, Proposte per una critica darte, in Paragone, I (1950), n. 1, pp. 5-7,15-18 e Opere complete, XIII, Firenze 1985, pp. 9-11, 1719. 1 La Storia della critica darte di Lionello Venturi, pubblicata in inglese a New York nel 1936, poi in francese a Bruxelles nel 1938 e in italiano a Firenze nel 1945 e nel 1948. 2 Cfr. diversamente N. Ponente, in L. Venturi, Storia della critica darte, Torino 1964, p. 14: Per quello che riguardava lidentificazione di storia e critica, il Venturi si rifaceva direttamente alle premesse crociane, secondo le quali linterpretazione storica e la critica estetica coincidevano, e affermava che la storia della critica darte consisteva nellillustrazione dei rapporti tra arte e gusto in ciascun artista, dellazione dellarte sul gusto e delle reazioni del gusto sullarte. Appare evidente che, con queste formulazioni e con la necessit dichiarata dellesperienza artistica Lionello Venturi si portava al di l dei postulati crociani. 3 Il giudizio longhiano parte dalla ben diversa esigenza di una storia strettamente aderente alle testimonianze figurative e alla loro complessa fortuna. 4 E avrebbe quindi un percorso assai accidentato, antiscolastico e antidottrinale. 5 Platone, Repubblica, IV, 421a. Cfr. invece L. Venturi, Storia della critica darte, Firenze 1948, p. 55: Modello per i cenni storici dei trattati darte dovette essere labbozzo di storia della filosofia greca che Aristotele premise alla Metafisica, dove il riconoscimento a Socrate di aver ritrovato luniversale e la definizione corrisponde alla soddisfazione per la perfezione raggiunta da Lisippo nella scultura e da Apelle nella pittura.

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Paola Barocchi - Storia moderna dellate in Italia. Manifesti polemiche documenti Da qui la profonda divergenza tra storia dellestetica e storia dellarte. 7 I problemi di buon governo del patrimonio artistico sono, sin dalleditoriale, oggetto di viva attenzione da parte di Paragone. 8 La capacit di intendere e valutare viene cos compiaciutamente esemplata anche in casi limite. 9 Si noti il divertimento con cui Longhi traduce i paludati riferimenti accademici in momenti pi concreti. 10 Cfr. invece Venturi, Storia della critica darte cit., p. 306: Unico compito dellartista [per Hegel] lespressione dellideale. Circa poi le scienze o la filosofia, egli conserva lopinione che il loro scopo uguale a quello dellarte e insiste sulla profondit del pensiero nel riconoscere la verit rispetto alla superficialit apparente dellarte. 11 Lorizzonte di indagine si allarga, libero da vincoli pseudofilosofici, e accoglie le esperienze pi varie. 12 Cfr. R. Longhi, Limpressionismo e il gusto degli Italiani, prefazione a J. Rewald, Storia dellimpressionismo, Firenze 1949, in Opere complete, XIV, Firenze 1984, pp. 3 sg.: E non dimentico una certa signora italiana, Giulia Ramelli, abitante a Versailles, rue Saint Julien 2, che nel 1865, dopo il vasto coro di insulti alla Olympia di Manet, ne chiedeva il prezzo al pittore. Anche questa buona critica in atto. 13 Plinio, Naturalis Historia, XXXV, 68. 14 Cfr. S. Ortolani, Pietro Aretino e Michelangiolo, in LArte, XXV (1922), pp. 15-26. 15 Cfr. la lettera di Pietro Aretino a Michelangelo del 16 settembre 1537, in Lettere sullarte di Pietro Aretino, a cura di E. Camesasca, Milano 1957-60, I, p. 64: Ne le man vostre vive occulta lidea di una nuova natura, onde la difficult de le linee estreme (somma scienza nella sottilit de la pittura) vi s facile che conchiudete ne lestremit dei corpi il fine de larte, cosa che larte propria confessa esser impossibile di condurre a perfezione, percioch lestremo (come sapete) dee circondare se medesimo. La fonte pliniana del testo dellAretino stata individuata da G. Becatti, Plinio e lAretino, in Arte figurativa, II (1946), pp. 3 sgg. 16 Cfr. diversamente Venturi, Storia della critica darte cit., pp. 493 sg.: Quando si dice che lopera darte trascende il suo tempo, si vuol dire che la sua creativit appartiene alluomo, senza distinzione di tempo e di luogo, a quel qualsiasi uomo che sente e immagina. Eppure limmaginazione non si esaurisce nella creativit, ma partecipa aderendo o ribellandosi alla vita della propria epoca. Perci larte trascende la storia e nello stesso tempo partecipa alla storia. Anzi non possibile distinguere criticamente la creativit di un artista, senza conoscere completamente le sue condizioni storiche. E a questa conoscenza contribuiscono sia il metodo di formulare gli ideali tipici dellumanit, quali6

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Paola Barocchi - Storia moderna dellate in Italia. Manifesti polemiche documenti lo Hegel immagin, sia quello della storia della cultura, del genere di Burckhardt e del Dvork. 17 Cfr. Me pinxit. La restituzione di un trittico darte cremonese circa il 1460 (Bonifacio Bembo), in Pinacotheca, II (1928) e Opere complete cit., IV, Firenze 1968, pp. 59 sg.: Non si crede di sforzare troppo la misura estetica di questi brani di privatissima cronaca ducale [degli Zavattari], dicendo chessi restano unici a rispecchiare per locchio il senso che si esprime nei tanti curiosi documenti milanesi dellepoca e, in primis, dal celebre programma scritto per gli affreschi che decorarono un tempo il castello di Pavia. Item, il Duca di Barri, D. Ludovico... Guglielmotto da Malpaga, con li cani tratti da naturale... Item el Duca Philippo... Item el Signore ad tavola solo cum Hieronimo de Becharia che gli daghi bevere lo sescalco et quello porta el piattello et se faci che sua Signoria mangia in oro... Item [citato nellinventario dellarciritrattista Zanetto Bugatto e mescolato fra quelli dei signori di Milano] un retracto del cane giamato Bareta. Uno stesso ardore, insomma, di omaggio veristico nei riguardi della pi stretta cerchia di corte, a comprendere i bipedi e quadrupedi pi eccellenti, ed anche, com da rilevare per altre testimonianze, la stessa contiguit con gli argomenti mitici. Cfr. ancora Il tramonto della pittura medievale nellItalia del Nord, lezioni tenute da Longhi nellanno accademico 193536 e pubblicate in Opere complete, VI, Firenze 1973, pp. 139 sg.: Ho gi detto come la scelta di questa leggenda cortese [degli Zavattari] a decorare un edificio sacro sia cosa assolutamente eccezionale, e perci tanto pi significativa nellarte di questi tempi; e non solo di essi. Nessun dubbio che essa dichiari come meglio non si potrebbe la invadente profanit cara allarte lombarda dallora: la religione come svago di corte, o poco pi. Nel caso particolare, era un vanto genealogico che veniva ostentato da un edificio sacro; ripetendo cio la storia delle proprie origini dinastiche e regali dal volere della regina longobarda. In che cosa poi dovesse risultare il complesso di queste figurazioni gi prevedibile: in una rappresentazione straricca della vita di corte lombarda... al tempo dellultimo dominio visconteo: feste, sposalizi, funebri regi, banchetti, partite di caccia, scampagnate, spedizioni militari, gli orefici di corte... Una cronaca di lusso e di mondanit insuperabile: una ostentazione di ogni particolare ricchezza. Qua se sfogia et triompha cum recami de perle, dice un cronista lombardo del lusso dei tempi; e ancora nel 1471 il programma scritto per gli affreschi del castello di Pavia, dove si ordina che i cani siano ritratti dal naturale e che nella sala della Torre si veda el signore [Francesco Sforza] solo cum Hieronimo de Becharia che gli daghi bevere lo sescalco et quello porta el piatello, et se faci che sua Signoria mangia in oro et che li siano cortesani et zentillomini intorno sembra davvero una trascrizione dagli affreschi degli Zavattari.

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Paola Barocchi - Storia moderna dellate in Italia. Manifesti polemiche documenti Cfr. A. Manzoni, Tutte le lettere, a cura di C. Arieti, Milano 1986, I, p. 271: Jose me flatter (jai appris cette phrase de mon tailleur Paris), jose me flatter du moins dviter le reproche dimitateur: cet effet je fais ce que je peux pour me pntrer de lesprit du temps que jai dcrire, pour y vivre: il tait si original, que ce sera bien ma faute, si cette qualit ne se communique pas la description. Quant la marche des vnements, et lintrigue, je crois que le meilleur moyen de ne pas faire comme les autres est de sattacher considrer dans la ralit la manire dagir des hommes, et de la considrer surtout dans ce quelle a doppos lesprit romanesque. Dans tous les romans que jai lus, il me semble de voir un travail pour tablir des rapports intressans et inattendus entre les diffrens personnages, pour les ramener sur la scne de compagnie, pour trouver des vnemens qui influent la fois et en diffrentes manires sur la destine de tous, enfin une unit artificielle que lon ne trouve pas dans la vie relle. Je sais que cette unit fait plaisir au lecteur, mais je pense que cest cause dune ancienne habitude; je sais quelle passe pour un mrite dans quelques ouvrages qui en ont un bien rel et du premier ordre, mais je suis davis quun jour ce sera un objet de critique: et quon citera cette manire de nouer les vnemens, comme un exemple de lempire que le coutume exerce sur les esprits les plus libres et les plus levs, ou des sacrifices que lon fait au got tabli (lettera del 29 maggio 1822 a Claude Fauriel).18

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GILLO DORFLES

Manifesto del M.A.C.*1

Una distinzione tra i due aggettivi: astratto e concreto, apparentemente contrastanti e antitetici, ma spesso usati negli ultimi anni a indicare uno stesso genere di pittura, merita forse desser fatta, anche per veder di chiarire alcuni concetti che di giorno in giorno vanno facendosi pi complessi e quindi pi confusi2. Oggi poi che larte astratto-concreta diventata di dominio pubblico, ha varcato i limiti angusti dei cenacoli, si sta affermando nelle manifestazioni artistiche pi generiche ed ufficiali3, sempre pi importante tentar di precisarne lesatta posizione. Ancora una ventina danni fa, questarte era apprezzata e considerata solo da pochi specialisti, da pochi iniziati, e le paratie stagne che dividevano un gruppo dallaltro (costruttivisti svizzeri, prounisti russi, neoplasticisti olandesi ecc.4) parevano pi rigide di quanto oggi non risultino. Fu lepoca delle prime opere di Van Doesburg, di Vantongerloo, di Mondrian5, di Kandinskij. Ma accanto a tali artisti che ormai possiamo definire come appartenenti alla corrente concretista (ossia a quella corrente che non cercava di creare delle opere darte togliendo lo spunto o il pretesto dal mondo esterno e astraendone una successiva immagine pittorica, ma che anzi andava alla ricerca di forme pure, primordiali, da porre alla base del dipinto senza che la loro possibile analogia con alcunch di naturalistico avesse la minima importanza; che quindi

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mirava a creare unarte concreta in cui i nuovi oggetti pittorici non fossero astrazione di oggetti gi noti)6 sandavano sviluppando altres le note correnti astrattiste; tra le quali possiamo senzaltro includere: cubismo, futurismo, e certa sottospecie di surrealismo astratto. Lerrore quindi di molti critici e di molti trattatisti fu quello di mescolare e confondere i due gruppi, fondamentalmente distinti e anzi inizialmente contrastanti, di astrattisti e concretisti, cercando spesso di ricondurre al cubismo il vanto dessere stato il primo embrione di pittura astratta7. Cerchiamo ora di svelare come avvenga la nascita duna di codeste opere concrete, di cui tanto si ragionato, quasi sempre osservandole e criticandole dal di fuori; mai cercando di penetrarne lintimo meccanismo formativo. Per molti artisti moderni un modulo grafico prima ancora che unimmagine cromatica il primus movens della creazione pittorica; modulo che pu svilupparsi da un ghirigoro, da un segno elementare, che pu derivare da un impulso dinamico non perfettamente cosciente e razionalizzato. Ma, pi spesso, invece la ricerca precisa e lucida duna determinata forma a guidare la matita o il pennello: forma che parte da alcunch di gi esperimentato o che a quello tende, sia che la mano tracci un segno preso a prestito a un elemento reale (ma non per copia doggetto naturalistico), sia che si valga di alcuni schemi formali sempre ricorrenti e che, a mio avviso, si possono considerare come i progenitori dogni espressione grafica, conscia od inconscia. Avremo cos: la voluta, la lemniscate, la S, la greca, o forme pi complesse e imprecisabili; potremo veder affiorare la forma ameboide duna cellula, gli a