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Storia della Medicina del Mesoamerica Quale posto occupa la medicina nella storia e nella cultura delle civiltà antiche? E' questa la domanda che mi sono posta quando mi sono trovata di fronte ad una mole di documenti e libri della storia della civiltà Mesoamericana. Ora partendo dal concetto che la cultura è la linfa vitale di un sistema delle idee di ogni tempo, quelle stesse idee delle quali l'uomo ha vissuto, vive e vivrà e applicando questo pensiero alla medicina, è chiaro che queste idee hanno subito nel tempo notevoli variazioni, si è passati dal concetto di medicina magica a quella religiosa, a quella empirica, per giungere alla medicina scientifica. Naturalmente la medicina di queste popolazioni ha seguito il percorso comune della medicina di tutte le civiltà antiche, sviluppandosi in maniera sorprendente nel campo delle conoscenze erboristiche, tanto che potremmo considerarla la più grande, grazie anche alla ricchezza della flora adattatasi in ogni nicchia ecologica, permettendo ad ogni gruppo etnico di disporre di una grande quantità di piante utilizzabili per la cura di numerose malattie Le origini della civiltà del Mesoamerica La civiltà Mesoamericana sorse e si sviluppò sul territori dell'attuale Messico. La parola Mesoamerica nel significato corrente è impiegata non tanto come connotazione geografica, ma storica e antropologica e designa una Regione dell'attuale America Centrale e del Nord, dove nacquero e si svilupparono avanzatissime culture indigene, solo uguagliate dalle culture indigene delle Civiltà Andine dell'America del Sud. Le popolazioni indigene, nel loro primo flusso migratorio,giungendo dall'Asia attraverso lo stretto di Bering, secondo un'opinione sempre più diffusa tra gli studiosi, si insediarono su un'ampia area di circa 320˙000 Km², comprendente la penisola dello Yucatan,Quintana Roo Chiapas, Tabasco, Campeche e parte dell'attuale Belize e Honduras. Queste genti costituivano un gruppo complesso di etnie con linguaggi, usi e costumi diversi, composte in prevalenza dai Quichè, Cachiquelas, Cholos e Maya. Tra i vari gruppi etnici, il gruppo degli Haxtec si separò, in un'epoca remota, per stanziarsi al di fuori del territorio comune, il flusso migratorio si indirizzò verso le terre basse e calde che occupano la zona di Nord Ovest comprese tra Veracuz e Taumalipas. L'antropologia fisica e linguistica stabiliscono un nesso indissolubile tra gli Huaxtec o Huastechi e i Maya, i primi pur sviluppando una cultura propria, mantennero un linguaggio strutturalmente simile a quello della famiglia linguistica di ceppo Maya. Questi popoli ebbe uno sviluppo ben diverso dalle culture precedentemente sviluppatesi nel Vecchio Continente; la civiltà cinese, sul finire del III° sec. a.C.,iniziò ad unirsi in Regni e si stanziò lungo lo Huang He, il Fiume Giallo e lungo il corso dello Chang Jang il Fiume Azzurro; i primi insediamenti delle popolazioni Indiane avvennero lungo l'Indo e sul Gange, mentre all'indomani della penetrazione dei Sumeri in Mesopotamia, stanziatisi tra il Tigri e l'Eufrate ebbe origine la civiltà Assiro -Babilonese. L'Egitto raggiunse quell'alto grado di civilizzazione grazie al Nilo, l'Egitto fu il Nilo; quello che per gli altri

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Storia della Medicina del Mesoamerica

Quale posto occupa la medicina nella storia e nella cultura delle civiltà antiche? E' questa la domanda che mi sono posta quando mi sono trovata di fronte ad una mole di documenti e libri della storia della civiltà Mesoamericana. Ora partendo dal concetto che la cultura è la linfa vitale di un sistema delle idee di ogni tempo, quelle stesse idee delle quali l'uomo ha vissuto, vive e vivrà e applicando questo pensiero alla medicina, è chiaro che queste idee hanno subito nel tempo notevoli variazioni, si è passati dal concetto di medicina magica a quella religiosa, a quella empirica, per giungere alla medicina scientifica. Naturalmente la medicina di queste popolazioni ha seguito il percorso comune della medicina di tutte le civiltà antiche, sviluppandosi in maniera sorprendente nel campo delle conoscenze erboristiche, tanto che potremmo considerarla la più grande, grazie anche alla ricchezza della flora adattatasi in ogni nicchia ecologica, permettendo ad ogni gruppo etnico di disporre di una grande quantità di piante utilizzabili per la cura di numerose malattie

Le origini della civiltà del Mesoamerica

La civiltà Mesoamericana sorse e si sviluppò sul territori dell'attuale Messico. La parola Mesoamerica nel significato corrente è impiegata non tanto come connotazione geografica, ma storica e antropologica e designa una Regione dell'attuale America Centrale e del Nord, dove nacquero e si svilupparono avanzatissime culture indigene, solo uguagliate dalle culture indigene delle Civiltà Andine dell'America del Sud. Le popolazioni indigene, nel loro primo flusso migratorio,giungendo dall'Asia attraverso lo stretto di Bering, secondo un'opinione sempre più diffusa tra gli studiosi, si insediarono su un'ampia area di circa 320˙000 Km², comprendente la penisola dello Yucatan,Quintana Roo Chiapas, Tabasco, Campeche e parte dell'attuale Belize e Honduras. Queste genti costituivano un gruppo complesso di etnie con linguaggi, usi e costumi diversi, composte in prevalenza dai Quichè, Cachiquelas, Cholos e Maya. Tra i vari gruppi etnici, il gruppo degli Haxtec si separò, in un'epoca remota, per stanziarsi al di fuori del territorio comune, il flusso migratorio si indirizzò verso le terre basse e calde che occupano la zona di Nord Ovest comprese tra Veracuz e Taumalipas. L'antropologia fisica e linguistica stabiliscono un nesso indissolubile tra gli Huaxtec o Huastechi e i Maya, i primi pur sviluppando una cultura propria, mantennero un linguaggio strutturalmente simile a quello della famiglia linguistica di ceppo Maya. Questi popoli ebbe uno sviluppo ben diverso dalle culture precedentemente sviluppatesi nel Vecchio Continente; la civiltà cinese, sul finire del III° sec. a.C.,iniziò ad unirsi in Regni e si stanziò lungo lo Huang He, il Fiume Giallo e lungo il corso dello Chang Jang il Fiume Azzurro; i primi insediamenti delle popolazioni Indiane avvennero lungo l'Indo e sul Gange, mentre all'indomani della penetrazione dei Sumeri in Mesopotamia, stanziatisi tra il Tigri e l'Eufrate ebbe origine la civiltà Assiro -Babilonese. L'Egitto raggiunse quell'alto grado di civilizzazione grazie al Nilo, l'Egitto fu il Nilo; quello che per gli altri

popoli furono i fiumi, per la civiltà Ellenica fu invece l'Egeo. Il binomio fiume-civiltà, è stato il presupposto per avallare l'ipotesi che le più grandi civiltà della Terra fossero civiltà fluviali. Le civiltà Mesoamericane, al contrario non furono civiltà fluviali, ma non si può negare il loro alto grado di sviluppo, tutte le città furono prospere e fiorenti. L'allevamento del bestiame e degli animali domestici, di importanza vitale per le popolazioni del Vecchio Continente, dove l'allevamento dei cavalli era stato diffuso dalle genti provenienti dalla steppa Euroasiatica, era del tutto sconosciuta tra queste popolazioni, uniche civiltà a non conoscere animali da tiro ed essere prive del tutto di mezzi di trasporto terrestri, allevavano solo animali da compagnia come il cane, i porcellini d'India e le api. Solo le civiltà andine degli Inca, iniziarono l'allevamento dei lama. Praticavano invece l'agricoltura, anche se probabilmente fu un'agricoltura di solo sostentamento, essendo sconosciuto l'aratro e l'uso della ruota scoperta dai Sumeri nel 3000 a.C. Le popolazioni del Mesoamerica le cui origini sono ancora fonte di accesi dibattiti, sembra si siano sviluppate in modo autonomo, indipendentemente dal contatto con altre civiltà. L'invenzione del bronzo, sembra sia avvenuta in Perù senza l'influenza di genti provenienti da flussi migratori del Vecchio Continente. Come ricordato, l'alba della civiltà del Vecchio mondo risale al 3000 a.C. In quella data le popolazioni precolombiane secondo il pensiero di Arnold Toynbee, iniziarono a dedicarsi alla coltivazione del mais, quello che chiamavano “Kukuruz”, pianta fonte principale del loro sostentamento. Nella Caverna del Pipistrello in Messico, sono state trovate pannocchie la cui datazione con il Carbonio risale attorno al 2500 a.C. Questo secondo la paleobotanica, lascia supporre una selezione genetica delle piante, non riscontrata nelle pannocchie di ritrovamenti di epoche più antiche come nella caverna di Coxcatlan presso Puebla risalente a 4000 a.C. Il loro sistema di scrittura era un sistema di pittografie ossia rappresentazioni stilizzate di persone, animali, piante, eventi e fenomeni naturali. Nonostante questi limiti, le popolazioni Pre-colombiane ebbero indubbiamente una superiorità intellettuale su tutto il Vecchio Continente. I Maya ad esempio possedevano una visione filosofica della vita, unita ad un grande senso di equanimità di giudizio, una architettura che aveva raggiunto la perfezione e una scienza matematica che faceva di loro i Greci del nuovo mondo. Gli Atzechi, al contrario, si svilupparono soprattutto nel campo militare e politico, paragonabile alla civiltà Romana. La cultura dei Greci influenzò quella dei Romani, così la cultura Maya influenzò moderatamente le civiltà Atzeche e Inca. Come per tutti gli uomini primitivi, la medicina indigena si confondeva con la magia e la conoscenza con la superstizione. I sacerdoti e gli stregoni erano i soli a lottare contro le malattie, i primi per calmare la collera degli Dei e i secondi per scongiurare l'influsso malevolo degli astri e degli spiriti. Le popolazioni del Mesoamerica quando cominciarono ad comprendere e a differenziare le malattie, le identificarono con nomi specifici e trovarono per ciascuna di loro un rimedio appropriato. Il contributo più grande alla medicina farmacologica, fu garantito dalle conoscenze erboristiche delle quali ne beneficiarono indubbiamente anche in Europa. Nella pratica medica certi personaggi erano specializzati in salassi l'equivalente dei medici flebotomi Spagnoli, altri praticavano un alto grado di chirurgia, curavano le ustioni, riducevano lussazioni, immobilizzavano gli arti fratturati, drenavano ascessi, effettuavano le trapanazioni del cranio. Queste procedure erano effettuate sotto l'azione di droghe allucinogene, ben note agli indigeni al fine di attenuare e ridurre la sensibilità individuale al dolore. In campo ostetrico le loro conoscenze per la gestione della gravidanza erano piuttosto avanzate, erano infatti in grado di intervenire con manovre esterne e in caso di

necessità di ricorrere al parto cesareo.

EziologiaPer le diverse culture Mesoamericane, le malattie erano la conseguenza della malevolenza o della vendetta degli Dei; oppure erano causate da certi fenomeni naturali (comete, eclissi), di conseguenza il trattamento delle malattie era un processo rituale che includeva in modo inscindibile oltre l'aspetto necessariamente medico anche offerte agli Dei, sacrifici umani e invocazioni agli astri. Tuttavia nonostante questa premessa, la medicina Messicana all'inizio non riuscì a catturare l'attenzione degli storici Spagnoli, e forse fu un vero peccato, perché sarebbe stato un confronto utile al progresso delle conoscenze mediche di entrambe le parti. Quando gli Spagnoli, intrapresero la conquista del Nuovo Mondo, erano animati da due cose, il desiderio di conquista e il miraggio dell'oro. Di fronte a queste due aspettative, necessariamente l'interesse scientifico per una natura tutta da scoprire cadeva in secondo piano. Tutti gli scritti, molti dei quali di missionari mandati sul posto per evangelizzare le popolazioni, si accontentavano di dire che i medici Messicani, avevano una vasta conoscenza delle erbe, e con queste riuscivano a curare un gran numero di malattie, senza specificare però in che modo progredirono in questa scienza. Sicuramente è indubbio che l'origine della loro medicina, al pari della medicina Cinese, Indiana e Greca sia passata da un'iniziale forma sciamanica ad una forma empirica, nata dalla necessità di sperimentare e trarre vantaggio da tutto quello che poteva offrire la natura per curare le malattie della gente

I Maya.

Il gruppo maggiormente rappresentativo era quello dei Maya e da loro ha preso il nome per estensione dei termini tutta la popolazione stanziata in quell'area. Dal 1° millennio a.C. Iniziarono la coltivazione del mais, coltura che segna il punto di passaggio da una vita nomade basata sulla caccia e sulla raccolta di vegetali e frutta cresciuti spontaneamente, ad una vita stanziale basata sull'agricoltura e sull'organizzazione dei primi insediamenti in villaggi. Questo periodo è anche conosciuto come periodo della ceramica monocromatica di Mamon (2000 a.C-500 a.C). Dopo il “Periodo Formativo”, iniziò il periodo della ceramica di Chicanel ( 500 a.C.-300 d.C.), una ceramica notevolmente più elaborata, Vengono fondate le prime Città-Stato, con edifici costruiti in pietra, nei centri cerimoniali gli edifici di culto vengono abbelliti da stucchi e decori. Il periodo classico ( 320 d.C.-900 d.C), rappresentò l'apogeo della civiltà Maya, contraddistinto da numerosi tratti caratteristici: periodicamente venivano erette stele e monumenti in pietra, assistiamo all'evoluzione della scrittura, e l'impiego dell'arco falso nell'architettura monumentale. Il ramo Maya della civiltà Mesoamericana dopo essersi affermato nella zona centrale, iniziò ad estendersi anche verso lo Yucatan. Si iniziò ad usare un sistema di calendario con il quale raggiunsero un'esattezza di gran lunga superiore a quello del computo del tempo finora conosciuto,sistema basato sul Long-Count, una misurazione lineare del tempo in rapporto ad una data di partenza, quella del 13 Agosto 3114 a.C.(del calendario Giuliano) data che ufficialmente segna l'inizio dell'epoca Maya (ovviamente rapportata alla loro cosmologia). Questa data inizio del loro calendario fu ritrovata incisa in una lastra di giada attualmente conservata nel museo di Etnografia di Leyden in Olanda. Il computo del tempo e la conoscenza dell'astronomia, uniti ad una lunghissima osservazione dei movimenti del sole della luna e delle stelle, furono applicati al

loro calendario con il risultato di misurare il tempo in perfetta sincronia con il movimento dei corpi terrestri. Il tempo si caricava così di importanti significati religiosi, il tempo che seguiva un andamento ciclico e dai quali i sacerdoti Maya potevano rintracciare gli avvenimenti futuri, visti come il perpetuarsi di una serie di influssi conosciuti a cui affidare il destino dell'uomo. Importanti centri cerimoniali sorsero nella regione di Peten, con Tikal, Uaxactun ma anche a Palenque, costituendo un sistema di città a pianificazione raccolta. La ceramica, divenne policroma, la prima fase conosciuta come fase della ceramica di Tzakol fu seguita dopo il 633 d.C. dalla ceramica di Tepeu. Il Periodo Messicano iniziò nel 633a.C. quando le popolazioni messicane degli Itzà (popolazioni non appartenenti al gruppo Maya), provenienti da Tula, capitale dei Toltechi penetrarono nello Yucatan provenienti dal Sud-Ovest, conquistarono e sottomisero molte città, forti della loro superiorità tattica e strategica. L'invasione di queste popolazioni, furono accompagnate a lungo da molte leggende, quella più nota identifica in Kukulkan il fondatore di Chichen Itza. Kukulcan. Il principe venuto dal Messico, emigrò nello Yucatan, edificando nuovi centri monumentali come Chichen Itza' o Mayapan, introdusse una nuova ritualistica che si trasferì alle popolazioni che seguirono e che furono all'origine del suo naturale processo di divinizzazione. (Ufficialmente la data che segna l'inizio dell'influenza messicana a Chichen Itzà è il 979-990 d.C.). L'influenza di queste popolazioni di origine Tolteca si fece sentire tra i Maya con l'incremento delle pratiche rituali e con la ritualistica sacrificale umana. Questo popolo invasore introdusse molti nuovi elementi nel loro modo di concepire la religione, la filosofia, l'architettura. I resti archeologici, dimostrano sicuramente un influsso straniero. In molti monumenti si vedono rappresentati personaggi che sono molto somiglianti a Quetzalcohuatl. I dati etnografici e storici avvalorano l'ipotesi dei Toltechi civilizzatori, in ragione di una lingua e di un'arte monumentale delle popolazioni più settentrionali. A Chichen Itza' uno dei monumenti più ammirati é il “Caracol”

una costruzione a pianta rotonda del tutto sconosciuta nel resto dell'America Centrale. Furono loro a dare un impulso dinamico all'arte della guerra e sotto la loro influenza i Maya iniziarono da allora ad usare l'arco con le frecce e le lance.

Il “Periodo Messicano” ebbe termine nel 1200 d.C. quando le tribù degli invasori furono sconfitti e iniziò il processo di assimilazione conosciuto come il Nuovo Impero. Per due secoli si assistette ad una sorta di rinascimento culturale che raggiunse il culmine con importanti opere architettoniche nell'area del Nord segnando il Periodo Neoclassico prima del loro declino finale. La scrittura e le conoscenze scientifiche in questo periodo ebbero anch'esse un impulso notevole, tuttavia quello che per il nostro modo di pensare, furono progressi della scienza, per i Maya erano solo una forma di religiosità, un modo per mettere in contatto l'uomo con gli astri che tanta influenza esercitavano sulla loro vita. I periodi del “Classico Terminale (750-1050 d.C.)” e il “Post Classico (1050-1550 d.C)” sono i periodi che segnano quello che è ormai noto come “ il collasso della civiltà Maya”, che portò all'abbandono in sequenza di molte importanti città e centri di culto, Tikal, Copan, Piedras Negras, Yaxchilan vennero completamente abbandonate. La causa è ancora sconosciuta e questo di fatto costituisce uno degli enigmi della civiltà Maya. Mentre per alcune città possiamo sicuramente ipotizzare la distruzione da parte di popoli invasori del Nord, provenienti dai deserti del Messico Meridionale, della città di Teotihuacan e più tardi di Cholula nell'800 d.C. non riusciamo ancora con certezza a conoscere le cause dell'abbandono di Tikal, Uaxactun e altri splendidi centri liturgici fioriti nel “Periodo Classico”.

Perché i Maya, giunti al culmine del loro sviluppo, con le città al massimo del loro splendore e della loro magnificenza, abbandonarono queste sedi per dirigersi verso le terre meno ospitali del Nord? Una delle ipotesi più accreditate è da cercare nel tessuto sociale in cui era organizzata la civiltà Maya, civiltà caratterizzata da fortissimi contrasti sociali, dove predominava l'elemento di una netta separazione delle classi. La classe dei nobili, chiamata “almehenoob,”

“coloro che hanno padre e madre” termine che si riferiva ad una discendenza genealogica nobiliare, tra questi c'erano di diritto i sacerdoti e i principi “halach unic - il vero uomo”. Costoro dall'alto delle città vivevano in palazzi e case costruite in pietra, alieni a qualsiasi forma di lavoro manuale, mentre ai piedi delle città vivevano in capanne di frasche, la classe degli agricoltori, una nutrita schiera di popolazioni oppressi dalle decime e dalle corveè, spesso vittime di gravi epidemie di febbre gialla e di malattie da carenza nutrizionale. Un terzo del loro raccolto era per la nobiltà, un terzo per la classe sacerdotale e il resto di quanto rimaneva poteva essere usato per il sostentamento e i bisogni della famiglia. Al lavoro dei campi si aggiungeva la prestazione obbligatoria di lavoro, assieme agli schiavi, alle opere di costruzione dei templi e della città. Considerando che tutto il lavoro veniva svolto senza l'ausilio di alcun mezzo di trasporto e di utensili, possiamo facilmente intuire come una struttura sociale basata su questi presupposti, senza la necessaria cooperazione di una classe colta in grado di proiettare parte del loro sapere verso lo sviluppo dell'agricoltura, dell'allevamento di bestie da tiro e di opere di bonifica, possa essersi avviata verso la decadenza. L'agricoltura dei Maya era una forma rudimentale di agricoltura, basato sul sistema agrotecnico della milpa, ossia la coltivazione sullo stesso terreno di colture geneticamente differenti, come, mais, amaranto, fagioli, cucurbitacee e quant'altro, con un ciclo produttivo di due anni e otto di riposo, durante i quali bisognava spostarsi per trovare nuove strisce di terreno da coltivare nella foresta. E' Diego de Landa che ci spiega come veniva praticata. Il metodo di semina ampiamente applicato era quello del “foraterra”. Da Gennaio ad Aprile si preparavano i campi per la semina. Non conoscendo altra tecnica di fertilizzazione del terreno, usavano bruciare la foresta a strisce, strisce di terra che venivano circondate da mura di pietre o da coltivazioni di maguey. L'anno successivo, il terreno bruciato veniva lasciato a riposo per permettere alle erbe spontanee di crescere per essere di nuovo bruciate. L'anno successivo il terreno veniva seminato mentre si lasciava a riposo quello seminato precedentemente. Per le irrigazioni ricorrevano al metodo delle acequie, tutt'ora in uso in molte parti del Sud America, si tratta di un sistema di canalizzazione delle acque provenienti dalle montagne. Con l'arrivo della stagione delle piogge, si procedeva alla semina praticando dei fori nel terreno con un palo di legno acuminato e indurito dal fuoco, dentro i quali venivano posti da cinque a sei grani di mais che venivano ricoperti con lo stesso palo. La stagione successiva ci si spostava su un'altra striscia di terra da trattare con la medesima tecnica. Con questo sistema, il terreno si impoveriva, il periodo di avvicendamento del terreno richiedeva tempi sempre più lunghi, di conseguenza, gli agricoltori erano sempre più spinti dalla necessità ad allontanarsi dalle città per cercare altro terreno da seminare, mediante il dissodamento incendiario. Alla povertà delle risorse agricole, si aggiunse anche la perdita della fede nei confronti di coloro che erano ritenuti gli intermediari tra loro e il divino. I sacrifici al Dio della pioggia, necessaria per avere un buon raccolto, non davano più i frutti sperati, i sacerdoti cominciarono allora a perdere quell'alone magico per essere visti solo come sfruttatori, da qui la ribellione del popolo che probabilmente rifiutò di continuare a lavorare per mantenere degli inutili parassiti. Infine quando tra le città e gli agricoltori ci fu solo un'arida steppa incendiata, fu la fame, unita forse ad un importante incremento demografico e forse un cambio climatico a spingere la popolazione ad emigrare. Tra le città abbandonate la giungla riprese lentamente il suo posto, invadendo quello che restava dei templi e palazzi, nascondendo al mondo la maestosità del loro splendore passato, fino a quando uomini del calibro di John

Lloyd Stephen o Edward Herbert Thompson, decisero di ripercorrere le vestigia di queste antiche popolazioni per far conoscere al mondo gli splendori e le miserie di queste genti che nel tempo avevano raggiunto un così elevato grado di civiltà, da sorprendere gli invasori spagnoli, giunti nel XVI° sec. i quali non immaginavano di certo di trovarsi di fronte ad una società così progredita, strutturalmente dotata dal punto di vista socio-politico, con conoscenze avanzate in ogni campo compreso quello medico-farmacologico.

Anatomia

I sacrifici umani abbondantemente presenti nel cerimoniale religioso, avevano ampliato sicuramente le conoscenze anatomiche dei medici-sacerdoti , soprattutto dopo l'invasione dei Messicani, quando la pratica dei sacrifici umani, venivano eseguiti sempre più frequentemente, e nel corso dei quali alla vittima sacrificata veniva strappato il cuore ancora palpitante. Nel dizionario pubblicato nel 1746 da padre Pedro Beltran, un francescano nativo, uno dei pochi completamente libero dalla contaminazione linguistica degli europeismi importati dagli Spagnoli, compaiono oltre 150 termini con precisi riferimenti anatomici. I Maya attribuivano nomi ben preci ad ogni parte del corpo, che dividevano in testa, organi toracici e organi addominali. Il cervello era Comel, il cuore, Puczikal, stomaco, Ichputzikal; polmoni, Zacol; bile, Kah; milza, Pek; fegato, Tamnel; intestino Hobnel;vescica, Temix e il pericardio Nactam. Le varie funzioni del corpo umano,gastriche, polmonari, e renali, erano ben conosciute. La Dea Ixchel, proteggeva tutte le funzioni legate all'apparato riproduttivo e presidiava la fertilità. L'utero era conosciuto come Zayomal; il secreto vaginale Lul, mestruazioni Ilmah e la placenta Ybin, la temuta febbre puerperale si era conosciuta con il nome di Zayaomcan,termini che senza ombra di dubbio denotavano un'approfondita conoscenza dell'apparato genitale femminile.

La Medicina dei Maya

Mentre i greci,gli indiani e i cinesi, si affidarono alle scritture per tramandare ai posteri gli scritti di carattere scientifico, come il “Susruta Sahmita” o il “ Qian Jing Fang o Cento rimedi che valgono mille pezzi di oro”, i Maya preferirono affidarsi ai pittogrammi, purtroppo di tutti i manoscritti originali dell'epoca Pre - colombiana ne restano solo tre, il “ Codex Dresdensis”, il “Codice Peresiano” conservato a Parigi e il “ Codice Trocortesiano o Matritense Maya” conservato a Madrid, nessuno della civiltà Azteca.

Questi preziosi codici furono scritti sulla corteccia di un albero chiamato copò probabilmente il nostro pioppo. La corteccia triturata finemente e mescolata con resine varie veniva distesa in fogli sottili e lasciata essiccare all'ombra per essere utilizzabile per le incisioni. L'arte della medicina veniva generalmente tramandata di padre in figlio. Si istruivano nel riconoscimento delle varie malattie che avrebbero potuto colpire il corpo umano, nella cura e nei rimedi erboristici specifici per ognuna di loro. Imparavano a distinguere i diversi gradi di gravità in cui si presentava la malattia, preparavano e applicavano i rimedi. La medicina era tenuta in grande considerazione. Nel mese di Zip, corrispondente a Settembre del calendario Giuliano,c'era una festa consacrata alla dea Ixchel, divinità lunare, protettrice della medicina. Questa festa in suo onore era chiamata Ihchil Ixchel. Il giorno della festa, i medici, le loro mogli e i sacerdoti, si recavano tutti insieme in processione a casa di uno di loro. I sacerdoti officiavano, con riti scaramantici per scacciare gli spiriti malvagi. Fatto questo, tiravano fuori gli involti in cui custodivano le medicine,una serie di statuine antropomorfe tra le quali quella che rappresentava la dea Ixchel e una pietra taumaturga chiamata Am e con profonda devozione pregavano tutte le divinità della medicina, Izamnà, Cit Bolon Ton e Ahuau Chamahez, dopo aver bruciato incensi sul fuoco precedentemente consacrato dai sacerdoti, tracciavano dei segni magici sulle medicine, con una tinta azzurra, la stessa dei libri sacri dei sacerdoti, riavvolgevano le medicine nei loro involucri, riponendoli al loro posto. La festa terminava con una danza propiziatoria chiamata Chan tun yab. Finita la danza, si sedevano, gli uomini da una parte e le donne dall'altra e iniziava il banchetto a base di abbondanti libagioni, per assicurarsi il successo professionale durante l'anno.

Preghiera mensile dei Medici a Cit Bolon Tun

Preghiera del mesedel medico saggio,affinché ci sia pomolche nei boschi, bec nei boschi,attecchisca nella terra la piantabacalche, il bohomcosì ad Oriente come a Nordcosì a Ponente come a Sud,Giunge dai quattro angolidel cammino dei cieli,dove c'è la dimora del saggio HunabkùColui che ricorda all'uomoche è difficile la vita qui nel mondoper chi desidera mettersi nell'affanno di imparare.E che qui nella terra da saluteperché è il Signore del fuoco,dell'acqua, dell'aria, della terra,Signore di questo mondo, di tutte le cose create da lui.Il saggio Hunabkùè colui che da il bene e il maletra i buoni e i cattivi,Perché egli da la sua luce sopra la terra;perché è il padrone di tutte le coseche sono in suo potere,lo stesso il sole e la luna;lo stesso la stella brillante,che è come il fiore luminoso dei cieli;lo stesso le nubi che portano la pioggia;lo stesso il raggio e il più piccolo insetto;lo stesso gli uccelli e gli altri animali;

Da Chilam Balam di Chumayel

Il contesto in cui va affrontato lo studio della medicina Maya è sicuramente quello etico-religioso, legato indissolubilmente alla visione cosmologica e alla ricerca di un equilibrio dell'uomo con il suo ambiente e alla ricerca della moderazione tra tutte le cose, il sesso, il lavoro, le modalità di comportamento. La preservazione di questo equilibrio era improntata alla ricerca del “giusto mezzo”. Nel “Codice Fiorentino”è riportato un “Huchuetlabtolli o conversazioni degli anziani” che riassume questi concetti:

... Viviamo sopra la terra, viaggiamo sopra l'abisso.Un abisso si apre qui, un abisso si apre la.Se ti inclini da una parte o se ti inclini dall'altra, cadi.Devi stare nel mezzo, solo così vivrai...Codice Fiorentino

Il mantenimento di questo equilibrio, inteso come moderazione, compimento del proprio dovere, armonia con l'ambiente, la religiosità e la società circostante, significava la conservazione della salute, la sua perdita generava la malattia. La perdita dell'equilibrio aveva grosse ripercussioni sul tonalli, (l'equivalente dello Shen cinese) il termine che sta ad indicare l'anima che è lo spirito vitale e il segno sotto il quale è nato il paziente, il suo destino, la sua fortuna. Il processo di cura era un rituale che comprendeva preghiere, infusi, salassi, abluzioni e bagni purificatori negli zumpulche, strutture in pietra equivalenti al temazcalli degli Aztechi, sacrifici e uso di erbe e sostanze ad azione psicotropa. La vita degli uomini era una perenne lotta tra il bene e il male, tra la benevolenza e la malevolenza degli Dei, legando a doppio filo la religione, la salute e le malattie. Queste ultime avevano, secondo il loro pensiero un'etiologia multipla, malattie da origine divina, quelle causate dall'intervento dell'uomo, che comprendevano il malocchio e le fatture di magia nera, infine le malattie da cause naturali, comprendenti tutti i traumatismi e le malattie causate dal caldo, dal freddo e dal vento. I sacerdoti-medici che curavano le malattie si dividevano in tre categorie: c'era l'Ah-men, un sacerdote metà profeta e metà indovino. La sua specializzazione era la cura delle malattie causate da atti di stregoneria che curava grazie alla pietra taumaturgica Am con la quale individuava la persona che aveva fatto la fattura o dalla malevolenza degli spiriti che curava grazie ai suggerimenti che riceveva durante lo stato di trance dagli spiriti che aveva invocato.

Il rituale dei BacabesUno dei testi più conosciuti, “Il rituale dei Bacabes”, è una raccolta sopra scongiuri, preghiere e ricette mediche, scritto nel linguaggio della classe sacerdotale, composto da circa 237 fogli, di questi 214 contengono scongiuri di diversi tipi e gli altri 23 sono ricette mediche. Riporta circa cinquanta formule di incantesimi per curare le malattie da parte di questi medici sacerdoti. I Bacabes erano le quattro divinità dei punti cardinali e del giorno che inizia. Erano quattro fratelli, secondo quanto riportato da Diego De Landa, collocati ai quattro angoli dell'Universo a sostenere il cielo e impedire la sua caduta. Sono chiamati Kan-u-Uayeyab, Chac-u-Uayeyab, Zac-u-Uayeyab e Ek-u-Uayeyab. A ciascuno di loro era assegnato un colore simbolico: il giallo al Sud, il rosso all'Est, il bianco al Nord, e il nero all'Ovest, di fondamentale importanza nell'architettura sacra. I Bacabes erano associati inoltre a fenomeni naturali come pioggia e vento,

considerate tra le forze patogene maggiori.L'invocazione riportata qui sotto in effetti racchiude in sé la sintesi della visione cosmologica delle malattie così come erano concepite dai Maya,la loro origine e il castigo divino per gli uomini che sono inadempienti nei loro doveri:

Invocazione sacra ai quattro angoli del cielo;

che tu sia benedetto santo padre vento del dell'Oriente;che tu sia benedetto santo padre vento di Ponente, che tu sia benedetto santo padre vento del Nordche tu sia benedetto santo padre vento del Sud!Hai qui davanti una persona di questa terra per chiederti:qual'è il suo peccato?Dicci che mancanza ha commesso?Qual'è il suo peccato contro di voi?Dicci se vi ha offesose è per il cibo della milpa, della pannocchianon puoi indicarmi una medicina per la sua testa,per i suoi piedi, per la sua mano, per il suo petto?Dimmi quale infermità gli hai procurato?se è per la pulizia del terreno Sarà una febbre da vento ingannevole?Sarà dissenteria? O il vostro mal di vento?Dimmi padre, dimmi o mio signore:Qual'è la sua mancanza nei vostri confronti?E' giusto che io lo sappia per liberarlo,Per fargli del bene, per poterlo curareLodato sia caro padre vento dei OrienteLodato sia caro padre vento del Nord.,Lodato sia caro padre vento di Ponente,Lodato sia caro padre vento del Sud...El Ritual de los Bacabes

Esempio di vari scongiuri e formule magiche, per la cura delle malattie:

Ricevo la forza del bianco arbustoDzulub-tok.Oh Dei, o Bacabes!Ricevo la forza del rosso chuc toc,del bianco chuc toc,Ricevo la forza del giallo chuc tocRecentemente fu presa la sua forza, oh Dei, oh Bacabes,Qual'è il suo simbolo?, La rossa farfalla pepem;la bianca pepem, la nera pepem,la gialla pepem sono i suoi simboli.Sono, di conseguenza, quattro in una.El Ritual de los Bacabes

Formula per scongiurare gli assalti di animali velenosi:

Pungi! Pungi!Pungi!Completamente articolata è la tua coda;anche la parte di mezzo del tuo corpo è articolata,

come una libellula; un guacamayo nella tua testa,Fuggisti lanciandoti verso la riva del mare,Lì cadesti nel pozzo delle cose gettate;li prendesti la tua pietra per affilare.Fuggisti lanciato nel luogo di Saba-yol in Chuen,Lì cadesti con le braccia distese,lì prendesti il tuo nome Snan,Maledizione sopra le tue punture.El Ritual de los Bacabes

La seconda categoria di sacerdoti-medici erano quelli chiamati Pul -Yahob. Costoro esercitavano la professione medica con una serie di rituali effettuati con piante, animali e simulacri di terracotta, con lo scopo di allontanare i venti avversi e gli spiriti maligni dagli infermi. Erano figure più simili ai maghi-stregoni che ai medici. Erano anche ricercati perché avevano il potere di fare del danno a qualsiasi persona ritenuta nemica, praticando una sorta di magia nera, tra questi sortilegi il più noto era il “ ah pul yaah o mal de ojos”, l'equivalente del nostro malocchio (ossia l'emanazione di una forza volontaria o involontaria, dovuta ad un forte desiderio o un forte odio, con effetti pregiudizievoli sull'essere desiderato o odiato). Tenuti in gran conto dalla gente e soprattutto temuti a causa della loro capacità di trasformarsi in qualsiasi animale ed entrare nel corpo del nemico per procurargli del male. Utilizzavano la pietra Am e anche le erbe e le piante. I medici secondo il nostro modo di pensare erano gli Dzac -Yahes. Erano questi ultimi i veri medici guaritori. Costoro avevano il pieno dominio sulla manipolazione chimica delle erbe e delle piante, avvicinandosi a quella che è per noi la nostra Farmacopea Ufficiale. Il loro sistema di cura si rivelò fondato su solide basi scientifiche. Le x-alanzah erano le donne che praticavano l'ostetricia (quest'ultima professione era esclusivamente riservata alle donne, mentre per l'arte della medicina il sesso non era un fattore discriminante). Predicevano il giorno e l'ora della nascita e attraverso il potere della suggestione, invocazione magiche e ingegnosi dispositivi riuscivano ad abbreviare e a rendere meno doloroso il travaglio, rendendo il parto più facile e meno sofferto per le donne. Dopo il parto le ostetriche praticavano appositi massaggi sull'addome per riposizionare l'utero e gli altri organi interni. Questo è stato dimostrato dall'immensa quantità di letteratura medica giunta fino a noi,che in piccola parte si salvò dall'Auto da fè di Mani, e dagli studi di scienziati Europei giunti dall'Europa per cercare di comprendere la loro visione della medicina e attratti dalla possibilità di sfruttare quell'enorme bagaglio di conoscenze mediche. Secondo i testi che si sono pervenuti, la prima scuola medica fu fondata nella città sacra di Izamal;in questa città accorrevano numerosi gli aspiranti Ah-men, per il culto di Izanmà, il mitico fondatore della città, conosciuto come un grande saggio. Izanmà era ritenuto lo scopritore delle virtù farmacologiche delle piante e cofondatore assieme a Ixchel e Cit Bolon Ton della prima scuola di medicina, il cui centro di culto era la città a lui consacrata. Dovettero trascorrere tantissimi anni prima che persone animate da un genuino interesse per la scienza si apprestarono ad indagare con rigore scientifico tutto ciò che poteva offrire la natura delle terre scoperte appena un secolo prima. Fu la spedizione scientifica guidata dal dottor Hernandez, missione voluta dal re Felipe II a svelare all'Europa un autentico tesoro, fatto non di favolosi tesori, come quello portato in patria da Cortez, ma un tesoro fatto di piante, animali e minerali del tutto sconosciuti in Europa. L'interesse principale per gli spagnoli era rivolto soprattutto sotto il profilo delle applicazioni terapeutiche delle piante. Hernandez, che ebbe sempre per guida e maestri i medici messicani, riuscì

a conoscere mille e duecento piante con il nome messicano, oltre duecento specie di uccelli, oltre che di animali e specie minerali. Di questo apprezzatissimo Corpus dottrinae, il dottor Farfan trasse spunto, per il suo libro “ Curaziones” servendosi di alcune traduzioni che aveva lasciato in Messico e che andarono perdute qualche anno dopo il suo ritorno in patria, così come il dottore Gregorio Lopez e altri celebri medici. Dal Messico giunsero in Europa rimedi a base di foglie di tabacco, la gomma coppale, la salsaparilla, e altri rimedi che sono tuttora in uso nella Farmacopea Ufficiale. Oltre che questi purganti facevano largo uso del mecioacan, del iziticpatli e la amamaitla conosciuta come rabarbaro dei frati. Usavano molti emetici come il mejochitl e il neicotlapatli, diuretici. Antidoti contro il morso dei serpenti, chiamata coanenepilli lingua di serpente, starnutori, febbrifughi. Usavano i Maya, infusioni, decotti, impiastri, unguenti e oli e tutte queste medicine erano in vendita al mercato. Gli oli erano la resina elastica chiamata tlapatl,un albero che produceva una specie di lattice simile al fico, il chile o peperoncino,e l'ocotl che era una specie di pino. Da quest'ultimo si ricavava per distillazione dagli altri per decozione. La resina di chian, una specie di pino veniva anche usata dai pittori come diluente. Tra i Maya erano molto comuni i salassi che i medici eseguivano con particolare destrezza servendosi di lancette ricavate dalla pianta di itztli. I contadini usavano spargere sangue a scopo rituale, incidendosi in genere le orecchie da soli, senza sospendere il lavoro usando la punta di maguey (agave) oppure si servivano degli aculei del porcospino americano. Tra i mezzi impiegati per la cura personale, un'importanza fondamentale era quella del rito del bagno, che facevano nei fiumi, negli stagni, nei laghi e nei fossi, Questo rito contribuì a far conoscere l'importanza e i benefici di questa comune pratica igienica, alquanto sconosciuta in Europa e addirittura avversata nelle corti dove si racconta che il re Sole Luigi XIV° fece il suo primo bagno a diciotto anni. I segni distintivi della classe dei nobili, erano un leggero strabismo e la fronte piatta. Ai neonati si applicava una sorta di pendaglio davanti agli occhi. L'applicazione continua del campo visivo verso l'oggetto pendente provocava uno sforzo eccessivo di alcuni muscoli oculari traducendosi nell'infanzia in uno strabismo conclamato. La fronte piatta era ottenuta invece tramite compressione dell'osso frontale e occipitale tra due tavolette di legno. La classe dei guerrieri usava limare i denti fino a dargli la forma acuminata e ad incastonare delle pietre preziose.

Classificazione delle malattie:

Le malattie più comuni erano conosciute e individuate in base all'organo colpito, all'eziologia e al decorso. Così erano individuate con il loro nome tutte le patologie dell'apparato digerente, partendo dalla bocca fino al duodeno: malattie dei denti, Chaenich; pirosi gastrica, Chuhual; indigestione, Balbuthil; colica, Tabnakil; costipazione, Zuuonakil; diarrea, Hubnak; per queste ultime avevano una denominazione precisa in base all'eziologia, la dissenteria era chiamata Hubnak puuk; la sindrome coleriforme, Pu taa, la forma parassitaria, in prevalenza amebiasi, thun, kikchoch, kiknak . L'appendicite era Tiptec mentre distinguevano le coliche addominali da quelle renali che chiamavano Tabnakil. Le malattie dell'apparato respiratorio venivano distinte in tubercolosi polmonare chiamata Tzemil e Xekik in presenza di emottisi. Tra le malattie della pelle conoscevano la lebbra, Naycan; la varicella, ix Thuchkak; la scabbia, Ueez sicuramente la sifilide, Sore, regalo dei conquistatori. Un cenno a parte meritano le malattie psichiatriche.

Nel nutrito Pantheon delle divinità Maya figurava la divinità protettrice dei suicidi; il suicidio commesso da coloro che non avevano speranze di guarire, era un atto meritorio per accedere al cielo, introdotti dalla Dea Ixtab. Questo probabilmente faceva si che persone affette da malattie mentali ricorressero sempre più spesso al suicidio rituale sotto l'impulso incontrollato di qualche patologia mentale. Le malattie mentali erano note e avevano un nome che le identificava: follia, Cooil; depressione, Tzeniolal; delirium, Coothan, allucinazioni Oxkokoltzeck Okomolal;

Francisco Hernandez

Hernandez nacque a Siviglia,ma la maggior parte dei suoi biografi sono concordi nell'individuare in Toledo il luogo dove venne alla luce nel 1514. Non ci sono notizie di chi fossero i suoi genitori né la loro posizione sociale o l'attività. Studiò medicina e si laureò all'Università Complutense di Alcala' de Henares vicino Madrid. Diventato celebre per aver tradotto la “Storia Naturale” di Plinio il Vecchio, acquisì la fama di medico valente, passpartout per le porte del Palazzo dell'Escorial dove divenne medico di Filippo II°. Francisco Hernandez, medico eminente e grande botanico, dopo la nomina ufficiale a Protomedico delle Indie, partì per le terre della Nuova Spagna, su incarico del re Filippo II che gli affidò l'onere e l'onore di redigere un trattato di storia naturale delle colonie e di tracciare la cartografia dei nuovi territori. Affiancato dal più celebre geografo dell'epoca, Francisco Dominguez, da suo figlio Juan e da altri naturalisti, nel 1570 partì per compiere la sua missione scientifica. Nonostante il re gli avesse assegnato un cospicuo finanziamento per la sua impresa del valore di 60.000 ducati, per l'importanza e l'entità del lavoro che stava compiendo ben presto si rivelano insufficienti e motivo di contrarietà per lo scienziato. Viaggiò per quasi tutte le terre della Nuova Spagna, raccogliendo, studiando e classificando piante, uccelli e animali senza tralasciare di sperimentare anche a rischio della propria vita i rimedi di cui era venuto a conoscenza. Si racconta che durante un suo viaggio a Michoacan fu sul punto di morire avvelenato a causa dell'ingestione di un lattice di Chupiri , pianta nota a noi col nome di Euphorbia. La missione durò cinque anni, durante i quali era stato duramente provato nel corpo e nello spirito, a causa della scarsità dei finanziamenti, problemi con i governanti locali e gelosie professionali, queste ultime probabilmente dovute al suo status di Protomedico, una figura del tutto particolare nella Spagna e anche nelle colonie. In qualità di Protomedico, riunì a Messico, tutti coloro che in qualche maniera esercitavano la professione medica per apprendere le nozioni della medicina indigena. Lasciò in Messico alcune copie del suo manoscritto e nel settembre del 1577 navigò verso la Spagna insieme alla sua opera enciclopedica. Portava con sé oltre ai suoi scritti, semi, alberi e arbusti da collocare nel giardino reale. Il desiderio di veder pubblicata al più presto la sua opera, unito ad uno stato di salute cagionevole, lo fece desistere da assumere un incarico analogo alla volta del Perù e delle Indie. Al suo ritorno però il libro non ebbe l'accoglienza che avrebbe meritato, infatti fu relegato nella biblioteca dell'Escorial, anche se preziosamente rilegato in cuoio azzurro, con incisioni in oro, maniglie e angoli di argento massiccio finemente cesellato da renderlo sicuramente uno dei libri più belli dell'Escorial, sia per i contenuti che per la bravura dei maestri rilegatori. Amareggiato dall'ingratitudine del re morì nel 1587, dimenticato dal re e dai suoi cittadini tanto che si ignora il luogo della sua sepoltura. Anni dopo il botanico Jussieu, per onorarne la memoria diede il nome di Hernandia a un genere di piante della famiglia dei Laurocerasi,

genere che in seguito fu elevata a famiglia da Blume con il nome di Hernandiacee.L'opera consta di 24 libri di storia naturale con la descrizione di piante, animali e minerali del Messico e di 11 volumi di disegni riferiti agli stessi argomenti. Questo inestimabile tesoro, andò perso in un incendio nel 1671, incendio che si sviluppò all'interno del Monastero Reale dell'Escorial. Delle sue opere non si salvarono che pochi fogli, che comunque resero meno gravosa la perdita. Dal manoscritto dell'Escorial, attinse a piene mani Nieremberg, per la ricchezza del materiale necessario alla compilazione del suo libro di storia naturale. Studiosi successivi hanno criticato l'opera di Hernandez accusandolo di aver scritto in una maniera molto stringata da renderla quasi inintelligibile, dimenticando costoro che il piano dell'opera era iconografico e non certo descrittivo e questo potrebbe essere il motivo della notevole sintesi nella parte espositiva. E' stato messo in dubbio l'esattezza delle riproduzioni dei disegni ad opera di disegnatori indigeni che erano al seguito di Hernandez durante la sua missione, come ad esempio le riproduzioni del Jahuiqui Tigridia eil Malpaxochitl Chareistemob e lail Torito un'orchidea identificata come Stanopea tigrina. Alcuni anni dopo la morte, il re per un tardivo senso di colpa, ordinò la pubblicazione del libro di Francisco Hernandez, affidando l'incarico ad un altro medico di corte, Nardo Antonio Recchi di Montecorvino, italiano di Napoli. Furono stabiliti i limiti da rispettare nella edizione dell'opera, estrapolando dal contesto la parte di interesse medico. Anche il compendio scritto da Recchi fu subito messo in discussione dagli studiosi i quali sicuramente non gli risparmiarono critiche feroci, fu chiamato il “ Miserabile distruttore di quei libri preziosi”.Questo perché non tutti erano concordi nel riconoscere le capacità di naturalista di Nardo Recchi. Per uno strano gioco del destino, neanche sotto forma di compendio, questa opera venne pubblicata in Spagna. Tornato in Italia, portò il manoscritto con se e morì lasciando l'opera inedita. Il principe Federico Cesi, Duca di Aqua Sparta, appassionato studioso di storia naturale e cofondatore 1603 dell' Accademia dei Lincei, una accademia per la diffusione e lo studio delle scienze, in particolare quelle naturali, venne a sapere che l'avvocato Petilio, nipote del Recchi era in possesso del manoscritto portato dalla Spagna. Senza badare a spese l'acquistò immediatamente e nel 1612 iniziarono i lavori per studiarlo, scrivere le annotazioni e i commenti e nel 1628 l'opera era pronta per essere stampata, con il titolo di “ Tavole Phytosophiche”, certo di recuperare con questa stampa tutte le spese sostenute. Il Cesi morì nel 1630 senza aver potuto pubblicare l'opera, sembrava che sul libro si fosse abbattuta una specie di maledizione. I Lincei che avevano ricevuto in donazione il manoscritto dalla principessa Olimpia Cesi, si sforzarono di pubblicare l'opera, finché Francesco Stelluti trovò la collaborazione dell'ambasciatore spagnolo in Roma Alfonso Turiano e ottenne i finanziamenti per la pubblicazione del libro. Venti anni dalla morte di Cesi un secolo dopo la morte di Hernandez, il libro fu finalmente stampato nell'anno 1651.

Popolazioni dell'Anahuac Anahuac, era il nome di una vastissima regione del gigantesco Impero Messicano conquistata e decimata dal capitano Hernan Cortez. Il nome di Anahuac, significa “ prossima all'acqua” ed è la probabile origine del nome di Nahuatlaca con il quale erano conosciute le popolazioni che occuparono le rive del lago del Messico. Nome che in principio,fu dato solo alla Valle del Messico, per essere state fondate le sue principali città su isole e margini di laghi. Si estese poi in un'area più vasta giungendo a comprendere tutto il paese chiamato secoli dopo Nuova Espaňa.

Quella terra era allora divisa nei regni di Messico, Acolhuacan, Tlacopan, Michuacan; nelle repubbliche di Tlajcallan, Cholollan e Huejitzinco. Il regno di Michuacan era il più occidentale e confinava con i possedimenti dei Messicani a Sud, e a Nord con le terre abitate da genti barbare, i Chicimechi. L'origine di queste popolazioni si presta ancora a molte ipotesi speculative, una qualche affinità linguistica limitata tuttavia a poche radici comuni, depone a favore della discendenza mongola.

Toltechi: Si crede che i Toltechi furono il popolo più antico del Messico. Cacciati dalle terre di Huehuetlapallan, città del regno di Tollan da cui presero il nome (Tolteclat in Messicano significava nativo di Tollan), iniziarono nel 596 la loro emigrazione, nel primo anno Tecpatl secondo il loro calendario;vagarono fermandosi di volta in volta secondo le necessità della semina , per riprendere le loro peregrinazioni che durarono cento quattro anni fino a giungere ad un posto che chiamarono Tollantzinco a circa cinquanta miglia dal posto dove fu edificata Messico la capitale degli Aztechi. Passati appena vent'anni si rimisero di nuovo in marcia e a quaranta miglia a Ovest fondarono la città di Tollan o Tula dal nome della loro patria di origine. Di loro si sa che erano governati da re a partire dall'anno 667, ottavo anno dell'Actal, epoca della fondazione di Tollan nella regione di Anahuac, e fino all'anno 1052 ebbero una legge che fissava la durata del regno in 52 anni, in caso di premorienza del Re, il potere passava nelle mani del Consiglio dei Nobili, per tutto il periodo di interregno. I Toltechi furono ricordati tra gli abitanti della nazione di Anahuac per la loro cultura, e per lo magnificenza stilistica della loro arte: nei secoli seguenti il titolo di Tolteca era motivo di vanto da riservare a coloro che eccellevano nelle arti. La loro società era organizzata nel pieno rispetto della legge e dominata del sovrano. Erano un popolo che amava le Arti ed erano poco inclini alla guerra. Le nazioni che seguirono, dovettero ai Toltechi, la coltivazione intensiva del mais, del cotone, del peperoncino, e altri frutti della terra. Eccellevano nell'arte orafa e nell'incisoria. In onore della divinità Quezalcoatl, la divinità Messicana rappresentata da un serpente piumato, il quale almeno in origine richiedeva una profondissima devozione che richiedeva penitenze e mortificazioni delle carni, senza arrivare ai sacrifici umani come avvenne dopo, eressero l'altissima piramide di Cholula e forse quella di Teotihuacan in onore del Sole e della Luna.

Durante i quattro secoli della monarchia Tolteca, si sviluppò considerevolmente come nazione, in molte e grandi città. Nel primo anno del regno di Topiltzin, sopravvennero una serie di calamità che minarono alla base il suo potere e la fiducia del suo popolo. La scarsità di precipitazioni piovose, causò una grande carestia, alla quale si aggiunse una grave forma epidemica che aggravata dallo stato di malnutrizione in cui versava il popolo decimò gran parte dei cittadini. Lo stesso Topiltzin morì infettato da questa grave epidemia, forse di febbre gialla, nel secondo anno di Tecpatl il ventesimo del suo regno e con lui ebbe fine la monarchia dei Toltechi. Però il re Topiltzin Acxitl Quetzalcohuatl, secondo quanto ci racconta il nobile principe Indios Fernando De Alva IxtlilXochitl ,l'Omero Messicano, scomparve per mare, dirigendosi verso le coste dello Yucatan con il nome di Kukulkan. Fondò nella penisola l'impero Maya e scomparve annunciando ai Toltechi che sarebbe ritornato sotto forma di un eroe con la barba e la tunica bianca. Per anni i racconti di questo principe sacerdote furono considerate solo fantasie, ma fu attorno al 1940 che gli studiosi messicani durante i loro scavi trovarono i resti della città di Tula, la prima città Tolteca, con le piramidi del Sole e della Luna Dispersi in vari gruppi ripresero le loro migrazioni, dirigendosi verso lo Yucatan, Tabasco, Guatemala e Nicaragua, solo qualche famiglia rimase in quello che fu il regno di Tula distribuendosi nelle valli dove fu fondata Messico, a Cholula e Tlagimaloyan. Tra costoro ci furono i figli dei Topiltzin i cui discendenti furono membri delle famiglie reali di Messico, Texzoco e Colhuacan. Probabilmente una grande epidemia, annientò parte della popolazione che fu rimpiazzata da altre tribù, tra tutte quella dei Chicimechi era la più consistente numericamente. Con la distruzione dei Toltechi, la terra di Anahuac, rimase per

un arco di tempo della durata di un secolo completamente disabitata. Fino all'arrivo dei Chichimechi.

Chichimechi: Anch'essi come i Toltechi e gli altri popoli che giunsero successivamente erano originari dei paesi delle terre Settentrionali. Il paese d'origine dei Chichimechi era Amaquemecan. La singolarità di questa popolazione sta nel fatto che in loro si fusero caratteristiche connaturate ad un alto grado di civilizzazione a tratti francamente barbari. Vivevano sotto l'autorità del sovrano che era rappresentato dai governatori e capi vari. Il popolo era suddiviso nelle classi dei nobili e in quella dei plebei; costoro erano di fatto sottomessi a coloro che erano superiori per censo, per meriti, per nascita, per attribuzione reale e via dicendo. Vivevano in condizioni miserabili in misere capanne vivendo dei frutti e radici cresciuti spontaneamente e della caccia praticata con arco e frecce, che forniva carne e pelli per coprirsi. La loro era una forma di religiosità primitiva, che contemplava l'adorazione del Sole, al cui culto offrivano i fiori e i frutti della terra. Il motivo per cui lasciarono la loro terra Amaquemecan è incerto. Il motivo forse è una lite tra due fratelli per la successione dinastica. Jolotl il fratello perdente fu esiliato con il suo seguito di fedelissimi. Vagarono diciotto mesi in quelle che furono le rovine delle terre dei Toltechi. Giunti a Tula, mandò il principe Nopaltzin in avanscoperta. Il principe percorse le sponde dei due laghi della Valle di Messico e salendo su un'altura da dove dominava la la vallata scoccò quattro frecce in direzione dei quattro punti cardinali, con quel segnale prendeva ufficialmente possesso delle terre nel nome di suo padre. Nella città di Tenayuca a sei miglia da Messico, fondò la città sede del regno e diede istruzioni per fondare altre città nelle terre attorno. Durante una ricognizione nelle terre sulle quali si erano appena insediati, incontrarono a Chapoltepec, Coyohuacan e in altre località limitrofe, alcune famiglie Tolteche. Per rispetto di dei discendenti di una nazione così civile, strinsero con loro alleanze, favorendo matrimoni tra Toltechi e Chichimechi, tra costoro il principe ereditario Nopaltzin sposò Azcajochitl , giovane donna discendente da Pochotl uno dei principi della casa reale Tolteca, sopravvissuto alla rovina della sua gente. In effetti questo comportamento benevolo e umano nei confronti di un popolo apportò dei grandi vantaggi ai Chichimechi. Dal contatto con quella che era stata la cultura Tolteca iniziarono a coltivare il mais e altro prodotti della terra, impararono ad estrarre i metalli , a fonderli, a lavorare la pietra, a filare e tessere il cotone, migliorando l'alimentazione, il vestiario, le abitazioni e i loro costumi. Otto anni dopo l'insediamento dei Chichimechi su quelle che furono le terre dei Toltechi, giunsero altre sei tribù di popoli migranti, il nome della loro patria è sconosciuto, ma si può supporre che arrivassero da Aztlan, la terra di origine dei futuri Atzechi e che queste tribù fossero quelle dei Nahuatlaques. Qualche anno dopo giunsero alla corte del re altri tre principi esuli,con un grosso seguito di sudditi, provenivano da Acolhua, erano tre principi di sangue nobile della stirpe dei Citin. Queste genti provenivano da una delle nazioni più colte e civilizzate che si erano affacciate dopo la caduta dei Toltechi. Il re lungimirante, vide la possibilità di unificare tutte quelle popolazioni sotto un unico regno e diede in sposa le due figlie a due dei principi e non avendo un altra figlia scelse per il terzo, la più nobile delle giovani, nelle cui vene scorreva il sangue reale degli antichi Toltechi e dei Chichimechi. A questo triplice matrimonio seguirono altri e ben presto nacque un unico regno che prese il nome dal re più nobile Acolhuacahua e il regno Acolhuacan. Il nome Chichimechi fu usato in seguito per designare coloro che ribelli ad ogni sorta di lavoro che non fosse la caccia e refrattari all'ordine e alla disciplina, si ritirarono

sui monti, sparpagliandosi su un'area di trecento miglia, area, già terra degli Ottomiti, da qui si abbandonarono ad ogni sorta di scorrerie. Dopo la conquista degli Spagnoli furono tra le popolazioni indigene più bellicose, le cui continue scaramucce furono motivo di preoccupazione tra le file dell'esercito di Sua Maestà. La monarchia Chichimeca fondata nella regione di Anahuac, ebbe inizio sul finire del dodicesimo secolo e durò fino al 1521, con l'ascesa definitiva del regno di Messico.

Tlascalani: vivevano a Pojauhtlan, città sulla riva del fiume Texcico, qui non disponendo di terreno coltivabile, vivevano di prodotti della caccia ben presto il loro territorio divenne insufficiente a causa dell'incremento demografico, le loro mire espansionistiche ben presto attirarono l'odio delle popolazioni limitrofe che mossero guerra. I Soquimilques, i Colhuis, i Tepaneques, fecero fronte comune per combattere i Tlascalani. La battaglia fu una delle più sanguinose della storia del Messico precolombiano, benché numericamente inferiori fecero una strage degli alleati e benché vincitori, risolvettero abbandonare il luogo. Non avendo trovato un posto sufficientemente grande per stanziarvisi, decisero di separarsi, dirigendosi a Nord e a Sud, i primi fondarono le città di Amaliuhcan mentre la maggior parte di loro si diresse verso Cholula alle falde del monte Matlalcueve. Qui annientarono le popolazioni superstiti della più antica civiltà Olmeca uccidendo il re Colopechtli. Si stabilirono su quelle terre, costruendo fortificazioni per resistere agli attacchi dei popoli vicini, attacchi che non tardarono a d arrivare, quando gli Huejotzinques e i loro alleati li scacciarono dalle terre. Costretti a ritirarsi sulle montagne si posero sotto la protezione del re Chichimeco che gli concedette un contingente militare. Sconfitti i Huejotzinques i Tlascalani fecero la pace con i vicini e ritornarono sulle loro terre. Questa fu l'origine del popolo dei Tlascalani eterni rivali degli Aztechi nonché traditori della loro stessa gente, furono loro che fecero parte dell'esercito di Cortez e quindi causa della rovina del Messico stesso. Infatti il contributo dei Tlascalani al successo militare di Cortez fu determinante, considerando che l'esercito invasore era composto solo da quattrocento soldati Spagnoli e ben seimila Tlascalani.

Gli Aztechi: gli Aztechi o Messicani, furono gli ultimi a popolare la regione dell'Anahuac. Fino all'anno 1160 abitarono le terre di Aztlan, paese situato a Nord del golfo della California. Le ragioni della loro migrazione non sono note, ma tutto lascia supporre che queste non si discostano molto da quelle delle altre popolazioni del Mesoamerica. Sull'origine del loro viaggio esiste una leggenda: C'era tra gli Aztechi un grande saggio chiamato Huitziton; la sua gente credeva fermamente in lui. Questi volle indurre i suoi compatrioti a mettersi in viaggio alla ricerca di nuove terre da abitare. Mentre era preso dal suo progetto, udì un uccellino cantare; nel suo cinguettare, sembrava pronunciare la parola Tihui, andiamo. Influenzati da quello che sembrava un auspicio favorevole si misero in viaggio. Attraversarono con molta probabilità il Colorado,e si diressero verso il Sud-Est fino al fiume Gila dove si fermarono per qualche tempo. Da li si rimisero in marcia fermandosi a duecento miglia da Chihuahua verso il Nord-Est. Questo posto è conosciuto come Casas Grandes a causa di un vasto edificio che fu costruito durante la loro peregrinazione. Questo edificio ricalca gli altri costruiti in Messico, è di tre piani, con la funzione di fortezza. Le popolazioni Azteche o Mexica, discendendo dal deserto settentrionale calarono nelle Valli del Messico, si stanziarono nelle regione dei laghi,nell'estremità meridionale dell'Alta Valle del Messico che era diventata rifugio di genti rifugiatesi li dopo la caduta dell'Impero

Tolteco nel XII e l'abbandono della capitale Tula. La regione dei laghi si organizzò in una serie di città Stato, crogiolo di etnie e culture eterogenee. Le barbare popolazioni Azteche venendo a contatto con le altre civiltà del Mesoamerica del periodo post-classico fusero le loro idee con quelle delle altri genti, portando agli estremi la passione per l'arte della guerra e quella dei sacrifici umani. Nelle loro peregrinazioni, da Aztlan, la loro patria, fino alla regione del lago Texcoco, dove fu fondata in seguito Messico, si dedicarono all'agricoltura vivendo dei frutti prodotti dalla terra. Vinti prima dai Colhuis e dai Tepaneques poi, trovarono rifugio nel XIV° sec. nella regione paludosa ad ovest del Lago Texcoco, vivendo negli inospitali isolotti del fiume. Rinunciarono a coltivare la terra perché quella a disposizione era del tutto insufficiente. Ma si sa che la necessità aguzza l'ingegno. Nonostante i frequenti attacchi delle popolazioni vicine, in due secoli riuscirono a trasformare quelle paludi in un luogo ospitale, facendosi largo tra la fitta vegetazione acquatica. Crearono campi e orti flottanti sopra le acque del lago. Con rami e radici acquatiche costruirono delle gigantesche zattere che ricoprirono di rami leggeri e fango dragato dai fondali del lago. Su queste terre flottanti piantarono mais, chile, zucche e altri vegetali necessari al loro sostentamento, ma anche al loro diletto, creando giardini di fiori e piante aromatiche destinate al culto religioso. Questi orti lacustri avevano inoltre il vantaggio di poter essere spostati in qualsiasi punto del lago in base alle necessità della famiglia, era sufficiente rimorchiare l'orto con una o due barche. Questi orti chiamati chinampas erano collegati alla terra ferma e tra loro da una serie di canali per facilitare il trasporto dei prodotti coltivati. Solo dopo essersi liberati dal giogo dei Tepaneques ripresero le loro guerre di conquista per l'acquisizione della terra, terra che lavorarono con straordinaria diligenza nonostante la mancanza di aratri, buoi e carri. Divennero grandi urbanisti e architetti, eressero grandi piramidi, in cima alle quali eressero templi (teocalli) dedicati alle divinità del loro ricchissimo pantheon,dove la loro religiosità primitiva si fuse con quella delle popolazioni che avevano abitato precedentemente la regione. Il tempo era suddiviso in una successione cronologica di ere, quattro ere si erano succedute, e ognuna di esse era terminata con un cataclisma: nella prima era gli uomini erano stati annientati dai giiaguari, nella seconda dall'uragano, alla terza era pose fine una pioggia di fuoco e la quarta terminò con il diluvio. La nostra era si colloca sotto il segno di Nahui Ollin e sarà caratterizzata dal susseguirsi di catastrofici eventi sismici. I glifi furono sostituiti con una scrittura più elaborata di pittogrammi e fonemi. Popolo di forti contrasti, dove l'animo bellicoso si placava solo con la poesia, non abbandonò mai la pratica di sacrificare alle loro divinità, esseri umani, in genere persone catturate durante le loro continue incursioni nelle città rivali, effettuate proprio come mezzo necessario per procurarsi prigionieri di guerra, da immolare sugli altari, non disdegnando forme di cannibalismo rituale durante le celebrazioni religiose agli Dei. La pratica di immolare esseri umani alle divinità, derivava dalla credenza che gli Dei non adeguatamente forniti dei cuori ancora palpitanti delle vittime sacrificate, avrebbero perso la capacità di mantenere in vita l'universo. I primi sacrifici furono fatti dagli Dei per alimentare il sole con il sangue del proprio cuore. La leggenda di Quetzalcouatl, parla dell'origine mitica di questo popolo. Egli vestito di una lunga veste bianca, bianca come la sua barba, portò al popolo la scienza,la moderazione, la giustizia, giusti costumi e una terra dove il raccolto era sempre abbondante e sconosciuta la carestia. Un giorno partì promettendo di fare ritorno. Il suo popolo lo aspettò per molto tempo, finché credettero di ritrovarlo sotto le sembianze di Cortez che di mitico non aveva proprio nulla e che di fatto distrusse questo popolo proprio quando aveva raggiunto il punto più alto

della sua civiltà. Le fonti storiche parlano invece di un vero e proprio regno degli Aztechi sorto da una coalizione di Stati tra Tenochtitklan (Messico), Tlacopan e Texcoco. Da questa triplice alleanza militare, nacque un Impero che si estendeva dal Messico centrale fino al Guatemala. Finché Tenochtitlan, la regione dominante si impadronì di tutto il potere con Acampichtli ( !366-1387 d.C.) primo imperatore degli Aztechi. Il fatto che questo popolo partito con un netto svantaggio rispetto alle altre popolazioni dell'Anuahc, e che nel arco di due secoli riuscì a consolidare un poderoso Impero,si deve in parte ad un altra leggenda, nella quale si racconta che avrebbero fondato una grande civiltà laddove c'era una palude con un grande cactus cresciuto sopra una roccia dove cadde il cuore che Huitzilopochtli aveva gettato nel lago Texcoco, e sopra la roccia c'era un'aquila incarnazione della divinità stessa che stava divorando un serpente. Attorno a quella roccia fu edificata Tenochtitlan (luogo dove ci sono cactus in abbondanza), perché i sacerdoti incaricati di trarre gli auspici, affermarono di aver visto questo appena giunti in quella zona; ancora oggi, il cactus, l'aquila e il serpente sono simboli ufficiali della Confederazione Messicana. L'isolotto dove fu edificata la città si chiamava Metzlipan (l'ombelico della Luna). La storia degli Atzechi o Mexica, come già ricordato, si interruppe drammaticamente, all'apogeo del suo splendore, duecento anni dall'inizio della loro storia, civiltà decapitata il 13 agosto del 1521 da Hernan Cortez e i Tlascalani. Le malattie epidemiche portate dagli Spagnoli, come la varicella, la difterite,le febbri tifoidee la scarlattina e l'influenza, che già avevano decimato la popolazione indigena in altre terre conquistate, unite con la malnutrizione, la sete, la demoralizzazione, portarono allo stremo delle forze la popolazione che fu letteralmente annientata dalle truppe di Cortez. Lo sterminio continuò per circa ottantasei anni e da un calcolo approssimativo, il popolo Azteco passò da circa 25.000.000 di persone a poco più di un milione di persone, evento comune peraltro anche in altri territori conquistati. Con lo sterminio etnico, fu distrutta anche la loro cultura,furono distrutte le biblioteche, con tutti i loro codici, compresi quelli di medicina, e mentre della civiltà Maya almeno tre codici sono giunti fino a noi, degli Aztechi non si è potuto salvare nulla, se non quello affidato alla memoria storica dei sopravvissuti, che hanno dato voce a illustri personaggi come il principe Ixtlilxochitl e il medico Juan De la Cruz con il suo codice di medicina della gente Nahuatl. Autore del più clamoroso Autodafè, quello di Mani,

fu il primo arcivescovo del Messico, Don Juan de Zumarraga, il quale si impegnò a fondo nel distruggere tutte le scritture di cui era venuto in possesso, ritenendole di ostacolo alla propagazione della dottrina cattolica e soprattutto scritti di stregoneria e pratiche magiche, opera del demonio,seguito con pari zelo da altri religiosi, tra questi Diego De Landa,

il quale dopo aver avuto un tardivo pentimento, dovuto al fatto che la sensibilità di studioso sicuramente non cammina a braccetto con gli obblighi di religioso, diede incarico ad alcuni scrivani nativi di recuperare tutte le storie e le tradizioni passate; queste diedero vita nel 1566 ad un manoscritto “ Relacion de las cosas de Yucatan”, corredata da strani e incomprensibili disegni. Il manoscritto giacque per molti anni abbandonato su uno scaffale degli Archivi Storici della Reale Biblioteca di Madrid, finché per una serie di

fortunate casualità, capitò tra le mani di uno studioso, non uno studioso qualsiasi, ma Charles Etienne Brasseur de Bourbourg (1814-1874) già vescovo del Guatemala, il quale ne intuì il valore e lo fece pubblicare. (Della traduzione francese del 1864 di Brasseur de Bourbourg mi sono servita per questo lavoro).

La Medicina degli AztechiI Ticitl erano gli intermediari tra il mondo superiore e l'inframondo, tramite loro le divinità intervenivano per conservare la salute, curare le infermità, proteggere il raccolto dalla malevolenza delle altre divinità malevole, e interferire con le cose terrene. I Ticitl erano medici riconducibili a sciamani-stregoni, utilizzavano la magia ed erano persone che a loro volta erano state gravemente malate, giunte alle soglie del regno dei morti erano stati ricondotti sulla terra per curare gli infermi. Dalla loro descrizione, i tratti salienti denotano persone sicuramente affette da una qualche forma di epilessia, considerata dai popoli dell'antichità il “male sacro” probabilmente affetti da gravi disturbi psichiatrici e l'uso rituale di derivati del peyote dalle proprietà stupefacenti, circondavano costoro di un alone di magia. Il rimedio più comunemente praticato da costoro era l'invocazione della “Dea del Desiderio” seguito dal bagno rituale e di purificazione nel temazcalli e la recita di misteriose orazioni. Con l'aiuto di narcotici, allucinogeni e digiuni prolungati, diagnosticava le infermità, aiutandosi con oggetti rituali che allontanavano gli spiriti maligni. Lo spargimento di sangue nella zona peniena o nel lobo delle orecchie o con tagli era ampiamente praticato anche con finalità curative, così come le danze, l'imposizione delle mani l'uso di amuleti fatti con pietre diverse, ciascuno con il potere curativo su una infermità particolare, come il diaspro per la colica renale il medico Tepatl era un aveva una grande conoscenza dell'anatomia in special modo il medico-sacerdote il quale le cui conoscenze erano frutto dell'osservazione diretta a causa dei numerosi sacrifici che praticava. Essendo un popolo di guerrieri, i Messicani svilupparono molto l'ortopedia, la pratica delle riduzioni e delle immobilizzazioni delle fratture con tavolette era molto conosciuta e applicata, ricorrendo all'impiego di erbe dalle proprietà coagulanti per le ferite da arma , i salassi venivano eseguiti con pietre di ossidiana e gli ascessi drenati. Le figure che più si avvicinavano a quella dei medici, così come la concepiamo noi è quella dei Tepati Questi ultimi si dividevano in quaranta specialisti, ricordando che la medicina l'esercizio della medicina poteva essere praticato anche dalle donne. Si dividevano in curatori, ostetriche, medici, chirurghi, fisiatri, ortopedici, infettivologhi e altri. A loro volta erano divisi in due gruppi : quelli dediti esclusivamente all'esercizio della medicina e quelli che si dividevano tra medicina e pratiche religiose, una maniera per conciliare l'esigenza del corpo con quella dello spirito. il medico Tepatl era un aveva una grande conoscenza dell'anatomia in special modo il medico-sacerdote il quale le cui conoscenze erano frutto dell'osservazione diretta a causa dei numerosi sacrifici che praticava Essendo un popolo di guerrieri, i Messicani svilupparono molto l'ortopedia, la pratica delle riduzioni e delle immobilizzazioni delle fratture con tavolette era molto conosciuta e applicata, ricorrendo all'impiego di erbe dalle proprietà coagulanti per le ferite da arma , i salassi venivano eseguiti con pietre di ossidiana e gli ascessi drenati.

Il temazcalli

Di notevole importanza tra i messicani erano i bagni temazcalli, una delle singolarità di quel paese, descritto per la prima volta da Clavigero. Il temazcalli o ipocausto messicano era una specie di forno fabbricato con mattoni crudi. La sua forma ricordava quella delle abitazioni degli eschimesi, gli igloo. La differenza era che il pavimento del temazcalli era convesso e più basso rispetto al suolo. Il suo diametro era in genere di otto piedi e la sua maggior altezza di sei. Si entrava da una imboccatura simile a quella di un forno per il pane, bisognava entrare strisciando. Sul lato opposto alla porticina d'ingresso c'era un forno di pietra o di mattoni con l'apertura per alimentazione verso l'esterno e un foro in alto per l'uscita dei fumi. La parte nel fornelletto di pietra in comune con l'ipocausto era composta di una pietra (di origine vulcanica) molto porosa di tetzontli. Nella volta dell'ipocausto c'era un camino per i fumi simile a quello del forno (come si può vedere dai disegni originali di Clavigero).Il paziente che entrava per il bagno, veniva denudato completamente e fatto sdraiare su una stuoia. Si chiudeva la porticina d'ingresso e parte del foro di uscita del fumo che era eventualmente penetrato dentro l'ipocausto dal forno. Una volta che il fumo era completamente uscito, si chiudeva anche questo. Si gettava acqua contro la parete calda del forno e immediatamente si sprigionava vapore. Con l'aiuto di ramoscelli di erbe medicinali, si percuoteva l'intero corpo, provocando una sudorazione copiosa e benefica. Ottenuto l'effetto desiderato, si apriva il foro in alto per lasciare uscire i vapori. La funzione principale era quella di far penetrare nelle carni e nel sangue circolante un calore benefico, capace di riscaldare ed espellere il vento freddo dal corpo, per restituirgli il calore vitale, condizione necessaria per il mantenimento di una lunga vita. Il significato dell'impiego dell'uso del temazcalli era riconducibile ad una norma di profilassi igienica, la sudorazione copiosa unita ai principi balsamici delle erbe impiegate, favoriva la pulizia in profondità della pelle e favorendo inoltre l'espettorazione preveniva molte malattie polmonari. L'uso del temazcalli aveva anche un significato religioso, essendo impiegato per una sorta di purificazione rituale, veniva ampiamente utilizzato per la cura di numerose malattie, specialmente per le malattie febbrili da raffreddamento, per tutte le forme reumatiche; impiegato comunemente dalle puerpere e da coloro che presentavano sintomi da avvelenamento da punture di insetti o morsi di

serpenti o da ingestione di piante velenose.

La festa della Dea Centenotl

Centenotl, è il nome che Xavier Clavigero attribuisce alla divinità madre di tutti gli Dei, cuore della Terra e progenitrice del popolo Messicano.

Era la Dea delle medicine e delle erbe medicinali; adorata dai medici, dai chirurghi e da coloro che praticavano l'arte del salasso; venerata dalle ostetriche e dalle donne che procuravano interruzioni di gravidanza con l'uso delle erbe. Era chiamata anche Temazcalteci, che significa “ la Progenitrice dei bagni” perché era adorata anche da coloro che avevano i bagni temazcalli, all'interno dei quali ponevano sempre la sua immagine. Tutti gli anni, costoro le dedicavano una grandissima festa. Compravano una donna e la vestivano e adornavano con gli ornamenti tipici della Dea, così come era raffigurata nei dipinti. Tutti i giorni della sua festa, danzavano con lei la danza areyto e la coprivano di regali, facendola divertire moltissimo, affinché non intristisse per la sua fine imminente né scoppiasse in lacrime. Si allestivano per lei grandi banchetti con i manicaretti più gustosi e i guerrieri più valorosi, ricoperti di splendide armature, si sfidavano

in gare di coraggio. Giunto il momento, veniva immolata all'altare del sacrificio insieme ad altre due vittime. Un sacerdote esperto la scuoiava e la sua pelle veniva indossata da un officiante che sfilava per la città facendone un grande sfoggio. Naturalmente oltre a questa divinità, le popolazioni Messicane e Azteche in particolare ebbero molte divinità della Salute e delle malattie . Tzapotlatena era la Dea protettrice dei rimedi farmacologici, Xipetotec patrono dei medici e protettore della pelle. Chalchiuhtlicua Da della fertilità, Tlazolteotl era la Dea della Medicina e patrona dei medici chirurghi, ostetriche, flebotomi,indovini e Dea della fertilità. Xipe Totec era la divinità della Primavera e della Natura che si risveglia. Associato a tutte le malattie primaverili, tipo le malattie che oggi definiamo allergiche, aveva il corpo ricoperto di pelle umana, forse per analogia con la muta della pelle dei serpenti a primavera, e per questo era invocato dai medici per curare tutte le malattie dermatologiche. Il Dio del Vento era noto con il nome di Ehecatl, la sua ira sera causa di brividi e di dolori reumatici, il serpente piumato Quetzalcoatl curava tutte le malattie. La lebbra, la gotta, la pazzia e le piaghe erano causate dall'ira funesta di Tezcatlipoco, Dio patrono dei negromanti e della magia nera. Cihuateteo era la Dea delle donne morte di parto.

Il Destino ultimo degli Aztechi

Dove andavano le anime dei defunti una volta abbandonato il corpo? Al pari di altre religioni credevano in un mondo ultraterreno, ma l'accesso a questo mondo di beatitudine non era legato alle opere meritorie della vita terrena, ma alla maniera in cui si moriva. Per le popolazioni Azteche, il Destino finale prevedeva quattro destinazioni. E' padre Bernardino di Sahgaun che ci racconta il succedersi degli eventi. Esistevano quattro mondi di quelli che noi chiamiamo aldilà, il primo era il regno di Tzontemoc, il Signore dell'Inframondo, l'equivalente del nostro Inferno. In questo regno oscuro, venivano relegati tutti coloro che morivano di una qualsiasi malattia. Il secondo Regno era quello di Tlalocan, dove il Signore della pioggia Tlaloc chiamava a sé coloro che erano deceduti per un fulmine, i morti per annegamento e quelli che avevano sofferto di tormenti atroci a causa di lunghe malattie. Il Tlalocan era il Regno che più si avvicinava al concetto di Eden, era infatti descritto come una bellissima foresta tropicale. Il Tonatiuh che significa Cielo del Sole, era la destinazione finale del popolo dei guerrieri. Costoro trasformati in “Guerrieri aquila”, viaggiavano uniti alle divinità solari nel viaggio da Oriente ad Occidente. Giunti a metà del loro cammino, incontravano sulla loro strada un altro gruppo di esseri eletti: le donne morte nel dare alla luce i nuovi guerrieri. La morte delle Mocihuaquetzque (donne guerriere) non era fonte di tristezza, ma la loro morte si trasformava in un momento di giubilo, perché non andavano all'Inferno ma alla Casa del Sole. Il Sole le aveva chiamate a sé perché erano valenti e coraggiose.... Alla morte di una di queste donne, l'ostetrica la ricopre con ornamenti preziosi prima della sepoltura e le parla in questo modo: Oh donna forte e bellicosa, figlia mia molto amata; valente e tenera colombella, mia Signora, avete vissuto come valorosa, avete vinto, avete fatto della Signora Cihuacoatl vostra madre. Figlia mia molto amata, preghiamo affinché possiate vegliare su di noi. Voi che sarete sempre in un luogo di gioia e di buona sorte. Quando sarete con nostro Signore e lo guarderete con i vostri occhi e gli parlerete con la vostra lingua,chiedeteGli di favorirci...Bernardino de Sahagun

Anche per i bambini nati morti esisteva un Regno chiamato Chiuchuhualcuahco. Qui dimoravano i bambini; cullati dai rami degli alberi e nutriti dai loro frutti, aspettavano l'opportunità di una nuova nascita. Era questo il regno dei puri.

Codice De La Cruz-Badiano

“Amate Cehuath Xihuith Pitli” è il nome in linguaggio Nahua di uno dei più celebri trattati di medicina indigena precolombiana giunto fino a noi. Conosciuto con il nome latino di “Libellus de Medicinalibus Indorum Herbis, fu scritto dal medico indigeno Martin De La Cruz nel suo linguaggio natale, cioè in nahuati e tradotto dal latino dal nobile indio messicano di origine Xochimilca Juan Badiano, arricchito da pregiatissimi disegni mirabilmente eseguiti dai tlacuilos (disegnatori e scrivani) messicani.La particolarità di questa opera sta nel fatto che riflette fedelmente quella che fu la medicina messicana preispanica, risentendo pochissimo delle contaminazioni greche e arabe della medicina europea importata dalla Spagna. La materia medica trattata era sicuramente frutto delle ricerche e delle applicazioni terapeutiche che De La Cruz usava abitualmente nell'esercizio della sua professione. Nel Libellus, altra particolarità, non si sofferma sulle cause delle malattie, ma si limita ad enumerarle e ad indicare per ciascuna un rimedio; rimedio a base di erbe, ma

anche di elementi provenienti dal mondo minerale e animale. Il Libellus de Medicinalibus Indorum Herbis, conosciuto anche come Codice Barberini o Codice Vaticano,dopo una serie di vicissitudini storiche è tornato sul posto d'origine, attualmente è conservato a Città del Messico presso il Museo di Antropologia Storica. Fu scritto nel 1552 da Martin De La Cruz e tradotto in latino da Juan Badiano e si riferisce alle prescrizioni che impiegava comunemente per il trattamento delle malattie. Francisco Mendoza, figlio del viceré Antonio, lo incaricò di scrivere un libro che trattasse del potenziale terapeutico delle risorse naturali delle terre d'oltremare. Lo scopo era quello di mostrare al re Carlo V° la ricchezza naturalistica. Tradotto in Latino da Juan Badiano e illustrato dai migliori tlacuilos indigeni, fu rilegato in velluto rosso con le scritte in oro. Il re fu molto colpito da quanto era riportato dal libro e concesse a Mendoza l'autorizzazione per iniziare un fiorente commercio di piante medicinali, mentre gratificò i frati del Collegio Imperiale de la Santa Cruz di Tlatelolco, collegio di provenienza degli autori del libro, di una cospicua rendita vitalizia. Il libro, composto da tredici capitoli, raggruppa partendo dalla testa, una lunga serie di malattie. Nel primo capitolo si descrive il trattamento dei vari tipi di cefalee, passa poi a trattare tutte le malattie oftalmiche, quelle del naso, dell'orecchio, della bocca e della gola. Continua descrivendo le malattie che interessano la zona toracica,scende verso il basso descrivendo le patologie addominali, per concludere con le malattie ginecologiche e la gestione della gravidanza. Gli esempi e i disegni riportati sotto sono stati tratti dal libro “ The De La Cruz -Badiano Aztec Herbal of 1552”, tradotto dal latino da William Gates e pubblicato nel 1939 dalla Maya Society di Baltimora. Si riferiscono rispettivamente all'igiene e alla cura della puerpera e alla cura delle tumefazioni della ghiandola mammaria e delle mastiti eventi comuni durante l'allattamento.

Ventris puerperae lotio

Mulieris partui propinquae venter abluendus est succo herbarum xiuh-eloquilitl,tlaco-popotl, centzon-xochitl, xiuhpahtli, lauri, que teres in fontana

aqua cum lapide eztetl et tetlahuitl. Hac etiam latice saepiuscule abluendi sunt pedes. Si iam edendus foetus in proximo est, terantur etiam yztac huitz-quahuitl, malinalli, albidus lapis, albidum nitrum, pinus, palma et ezetl in aqua decoquantur. In vulvam autem immittes tritam herbam ayonelhuatl, aquilinum fimum, herbas acetarias, radicem quauh-alahuac et lapillum eztetl, quo dolore levetur.

Mammarum tuberculum

Tumorem mammarum excrescentem, tritorum cedri foliorum et glandium, foliorum et radicis quauh-yyauhtli, herbarum elozacatl, iunci, pozahualiz -xiuhtontli et totecyxiuh, succus comprimit; si eo turgescentia ubera illinantur.

Dalla dedica che compare sul frontespizio del libro sappiamo sicuramente che l'autore è Martin de la Cruz, indio nativo di Nahua e medico del Collegio Imperiale de la Santa Cruz di Tlatelolco. La sua scienza probabilmente non derivò da una formazione accademica, ma dalla esperienza acquisita sul campo. Le sue conoscenze delle tradizioni mediche indigene erano frutto delle sue ricerche e dei suoi studi personali. Raggiunse un grado elevato di conoscenze da guadagnare la stima dei nativi ma anche della nobiltà spagnola, che tenne in gran considerazione la medicina indigena dal momento della conquista fino al XVI°sec. Nella dedica, parla del viceré Antonio Mendoza come del suo mecenate. A tale proposito possiamo solo fare delle supposizioni basate sul fatto che il De La Cruz all'interno della società coloniale godeva di una posizione invidiabile e di alcuni privilegi concessi solo agli spagnoli, ai nobili e ai cacique. Del viceré sappiamo che

si ammalò di una forma grave di emiplegia dalla quale si ristabilì perfettamente a questo punto l'intuito ci induce a pensare che il medico che l'aveva curato potesse essere De La Cruz. La gratitudine nei suoi confronti potrebbe spiegare il ruolo di medico che ricopriva all'interno del Collegio e anche l'onore di scrivere il Libellum destinato a Carlo V°. Nella postfazione del libro, Juan Badiano ci dice di essere il traduttore del libro. Originario di Xochimilco, fu affidato dai genitori ai frati del Sacro Collegio di Tlatelolco affinché curassero la sua istruzione e il suo processo di cristianizzazione. Il giovane indio erudito, conosceva sicuramente oltre al latino anche il castellano. E' rimarchevole inoltre la strana coincidenza che nello stesso collegio insegnava e probabilmente fu precettore di Badiano e De La Cruz, frate Bernardino de Sahagun,destinato anche lui a passare alla storia per un altro libro altrettanto famoso “ Historia General de las Cosas de Nueva Espaňa”. I prodotti che impiegava Martin De La Cruz nell'esercizio della sua professione, come abbiamo già ricordato, non erano esclusivamente rimedi erboristici, ma usava comunemente prodotti di derivazione animale e minerale. La opoterapia è largamente rappresentata, ma non è mai impiegata da sola, bensì in sinergia con le erbe e i minerali. Nel Libellum fa menzione di circa ottanta animali dei quali usa il pelo, le piume, le corna le unghie, il sangue e alcuni degli organi principali come il fegato e il cuore, le ossa e anche le formazione litiche ritrovate all'interno del corpo degli animali dopo l'eviscerazione. Gli animali albini erano ricercatissimi per la cura delle sindromi asteniche. La rarità di questi animali, come il iztac epatl (volpe albina) e il giaguaro bianco iztacocelotl, faceva si che l'alone di magia che gli si attribuiva si riflettesse sulla sicura efficacia della cura. Uno dei trattamenti per la cura della cefalea, prevedeva l'uso di un tendine del collo dell'aquila da indossare come amuleto, nella speranza che i poteri dell'aquila si trasferissero all'ammalato. Nel descrivere il rimedio per facilitare l'espulsione del feto al momento del parto, parla dell'uso della coda di tlacuache. Ragionando in senso analogico, l'effetto sperato è quello di assicurare un parto con un travaglio breve e senza complicazioni, così come il parto del tlacuache. Però studi recenti hanno dimostrato una efficacia reale del preparato che De La Cruz impiegava per il travaglio del parto, infatti nella coda di questi animaletti c'è una ghiandola con chiare proprietà ossitociniche. Nel libro si fa menzione di circa trenta diversi derivati minerali. Il berillio che era prescritto soprattutto a fini magici, l'acamllotetl residui della pietrificazione delle piante acquatiche. Tra gli altri minerali troviamo l'ambra, il bronzo, naturalmente l'oro, il tequexquite ( nitrato di potassio) e i diversi tipi di terre. Per il vetro e il cristallo di rocca, impiegati da Martin De La Cruz per le malattie degli occhi, possiamo facilmente individuare una influenza europea perché ambedue vengono citati con il nome castellano. Per la parte erboristica, è ancora oggetto di studio l'attribuzione del nome botanico delle erbe descritte nel Libellum. Il tlazolpahtli era una pianta a cui venivano attribuiti poteri magici in grado di ripercuotersi sulla sfera psicologica dell'individuo, purificandolo dal peccato e dalle angustie della vita quotidiana causando insonnie refrattarie a qualsiasi cura. L'erba cochizapotl

(Casimiroa edulis) era anch'essa ampiamente utilizzata per la cura dell'insonnia, studi recenti ne hanno dimostrato un effetto ipotensivo. L'impiego dei rimedi descritti nel libro fondono elementi di empirismo primordiale frutto di osservazioni e sperimentazioni con elementi ritualistici e magici in grado di agire sul tonalli (entità animica ubicata alla sommità del cranio) e sulla teyolia entità ubicata nella regione cardiaca sede delle facoltà mentali superiori. Le malattie dell'apparato respiratorio venivano distinte in tubercolosi polmonare chiamata Tzemil e Xekik in presenza di emottisi. Tra le malattie della pelle conoscevano la lebbra, Naycan; la varicella, ix Thuchkak; la scabbia, Ueez sicuramente la sifilide. Sore, regalo dei conquistatori.

Epidemie

A partire dal 1545, le popolazioni dei territori dell'Impero Azteco dopo aver subito il flagello della conquista degli Spagnoli, si trovarono di nuovo impotenti davanti ad una minaccia sconosciuta. Una forma epidemica mai apparsa prima in tutto il territorio del Messico. Questa malattia ad altissima letalità era caratterizzata da una corteo di sintomi costituiti da un'improvviso rialzo febbrile, vertigini, fortissimo mal di testa,seguito da secrezioni dal naso e dalle orecchie; era accompagnata da una grave forma itterica con dolori addominali acuti e manifestazioni neurologiche. La forma acuta durava tre quattro giorni ed era caratterizzata da un' elevatissima mortalità. Da notare, tuttavia, che erano colpite soprattutto le popolazioni native, mentre i conquistatori ne erano immuni o comunque in coloro che ne erano colpiti, la malattia si manifestava con un decorso benigno. Questa epidemia durò per circa tre secoli, e si stima che fu responsabile solo nella Valle del Messico di circa 800.00 mila decessi. Al termine dell'epidemia, circa l'80% della popolazione del Messico, su un totale di sei milioni di abitanti morì. La malattia fu chiamata in linguaggio Nahuatl cocolizitli. A partire dalla seconda metà del XVI sec., il territorio del Messico fu interessato da profondi cambiamenti apportati dai conquistatori Spagnoli. La costruzione di nuove città richiedeva l'uso di ingenti quantitativi di legname. Così fu realizzata una massiccia opera di deforestazione. Le foreste tropicali erano ricche di alberi di cedri, mogano e zapote. Su questi alberi, tra i rami più alti era ubiquitario un insetto vettore, una specie di piccola zanzara chiamata Haemagogus. Questo insetto, pungendo trasmetteva l'infezione alle scimmie della specie Alouatta e Ateles le quali vivevano tra i rami degli alberi e trasmettevano il contagio anche all'uomo, oppure quando questi alberi venivano abbattuti, sciami di questi insetti si avventavano sugli uomini trasmettendo l'infezione. Questa forma di contagio fu chiamata “forma silvestre” per distinguerla dalla forma urbana, dove l'infezione si trasmetteva per contagio interumano. Gli aspetti medici dell'epidemia vennero descritti dal Dott. Francisco Hernandez, il Proto-Medico Spagnolo di cui abbiamo già parlato, dal Dott. Alfonso de Hinojoso,medico del Reale Ospedale Del Indios e dal Dott. Augustin Farfan. I Dott. Hernandez e Hinojoso praticarono insieme le autopsie sui cadaveri delle vittime dell'epidemia e indipendentemente descrissero il loro resoconto. Il Dott. Hernandez descrisse una febbre contagiosa, altissima, senza remissione e con fasi di delirio. La lingua secca e nera. La sete incoercibile. L'aspetto delle urine era torbido e il colore variava dal giallo -verde al nero. Il polso era frequente,veloce, piccolo. Le sclere si presentavano di un colore giallo intenso, mentre il corpo era scosso da tremori. La dissenteria, dolori addominali e toracici, consumavano rapidamente ogni energia vitale, riducendo il malato in un grave stato di prostrazione da condurlo in brevissimo tempo alla morte.

All'autopsia il fegato si presentava molto ingrossato, Il cuore era nero, così come la milza e i polmoni. L'epidemia iniziò il1576 e a Dicembre quando il dott.Hernandez scrive il suo resoconto, l'epidemia si era propagata in un'area di 400 miglia. L'epidemia aveva colpito primariamente le regioni popolate dagli Indiani e solo successivamente si era estesa sui territori abitati dagli Indiani nativi e dagli Spaniardi per colpire infine le terre abitate prevalentemente dagli Spaniardi. Il fatto che almeno in origine l'epidemia attaccasse solo i nativi, può essere probabilmente dovuta al fatto che gli europei abituati ad epidemie ben più gravi, avessero sviluppato una sorta di immunità nei confronti di questo virus, mentre gli Indiani nativi erano privi di anticorpi e considerando anche le condizioni miserevoli in cui versava la maggior parte degli abitanti dopo la conquista, si comprende facilmente il motivo della rapida diffusione del virus. La presunta immunità degli Spagnoli si limitò comunque agli Spagnoli arrivati dalla madrepatria, infatti nei secoli seguenti, durante i quali la malattia divenne endemica, gli Spagnoli nati nelle colonie persero la naturale refrattarietà nei confronti del virus. Il dott. Hinojoso, adotta una descrizione simile, aggiungendo che il decorso della malattia era di tre-quattro giorni, durante i quali la permanenza a letto era fonte di sofferenze inaudite, aggiungendo che la tumefazione delle ghiandole dietro le orecchie, raggiungeva dimensioni tali da estendersi al collo e a metà viso. Enfatizzava la sete inestinguibile e commentando le osservazioni autoptiche parlava di epatosplenomegalia. Dalle osservazioni del dott.Farfan, si individuano i vari stadi della malattia che considerava talmente pericolosa da consigliare al minimo sospetto di contagio, di ricevere al più presto possibile tutti i conforti religiosi. Parlando dei pochi sopravvissuti, li descriveva estremamente magri e deboli.

Il Protomedicato Reale

Il Protomedicato nacque in origine come un istituzione sorta per salvaguardare l'esercizio della medicina e coloro che la professavano avendone pieno titolo. Nella Spagna medievale, crimini come l'infanticidio, procurato aborto, l'uso disinvolto dei veleni, la pazzia, erano diventati problemi di ordine pubblico. Questi crimini erano generalmente compiuti con il concorso di personaggi che spacciandosi per medici prestavano i loro servigi con intenti criminosi. La regolamentazione della professione medica nacque come un tentativo di arginare questo fenomeno che sfuggiva da ogni controllo partendo dal principio che potevano esercitare la professione di medico solo chi era in possesso del titolo accademico. Il primo passo fu quello di creare un vero e proprio sbarramento effettuato con una selezione durissima all'Università e il secondo fu quello di nominare il Protomedico. In Italia la Regina Giovanna II d'Angiò, nominò Protomedico del Tribunale di Napoli, Salvatore Calenda assegnandogli il compito di esaminare i candidati e conferire i titoli accademici necessari per esercitare la professione. Le competenze del Protomedico non si limitavano al giudizio di idoneità alla professione ma avevano anche ampie facoltà di giudicare coloro che si erano macchiati di atti criminosi durante l'esercizio della professione, o con finalità chiaramente criminose o per mala pratica. Durante il Regno di Alfonso X “il Saggio”, la responsabilità del medico era grande al punto tale che il millantato credito da parte di qualcuno che dichiarava competenze specifiche e conoscenze nel campo della medicina era considerata una violazione gravissima della legge. Lasciar morire un paziente a causa di una cura sbagliata era considerato un reato pari dell'omicidio, perchè far morire qualcuno avvelenato da rimedi non adatti era

equiparabile all'omicidio con il coltello. I medici erano divisi in tre categorie: i medici che potevano fregiarsi del titolo di dottore per aver completato il corso di studio; Coloro che erano in possesso del titolo valido per l'esercizio di una branca specifica della medicina, chiamati “laureati” erano divisi in romanicisti se avevano conseguito la laurea in lingua spagnola e latinisti se lo avevano fatto in latino. C'erano i medici militari specializzati soprattutto in chirurgia e in ortopedia, questi ultimi venivano chiamati algebristi e la professione era regolamentata dal Collegio Reale di chirurgia di Barcellona e Cadiz. Per circa quattrocento anni la Corona Spagnola si fece carico di esercitare dunque una sorta di controllo delle prestazioni mediche effettuate in Spagna e nelle colonie dell'America conquistata, ricorrendo appunto all'istituzione governativa del Protomedicato.Protomedicato, fu quindi, il nome che gli Spagnoli diedero all'istituzione governativa per la cura della salute ma anche per identificare l'area geografica amministrata dal funzionario governativo nominato dal Re e chiamato Protomedico (Hernandez lo fu delle Indie), funzione che nelle colonie era di importanza rilevante. Ciarlatani e personaggi privi di scrupoli attratti dal miraggio di facili guadagni si presentavano millantando poteri di guarigione che non possedevano e mettendo a rischio la salute delle popolazioni native e degli spagnoli che si erano stabiliti nelle nuove terre in qualità di colonizzatori. Inoltre era un'istituzione fondamentale che aveva anche lo scopo di tenere sotto controllo e di arginare nei limiti del possibile, le gravi forme epidemiche dilaganti, che si presentavano di volta in volta come emergenze sanitarie importanti. Le funzioni del Protomedicato e del Protomedico, variavano dunque rispetto alla Regione di influenza, ma su tutte era comune il controllo della formazione medica, dei titoli professionali per accedere all'esercizio della professione medica e dell'amministrazione delle Istituzioni mediche. Con l'amministrazione Centrale e Regionale del Protomedicato, si stabilivano delle regole severe di tutti i servizi attinenti alla salute pubblica: medici, ostetriche, curanderos, ospedali, farmacisti e farmacie, spedizioni di prodotti erboristici e la loro commercializzazione, nonché il potere di portare in giudizio davanti alla Corte e di testimoniare contro coloro accusati di malpratica, e di punire coloro che esercitavano abusivamente le professioni di cui sopra.

Riferimenti bibliografici

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