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28/10/2015 1 Storia della filosofia antica Maddalena Bonelli a.a. 2015-2016 La causalità antica: introduzione Materiale da consultare (obbligatorio) L. Perilli e D. Taormina (a cura di): La filosofia antica. Itinerario storico e testuale, UTET 2012, capitoli 1-5 Un po’ di storia della filosofia Prima di affrontare il tema di questo corso, è utile fare un po’ di storia della filosofia antica. Questo per inserire gli autori di cui parleremo nel loro contesto storico, geografico, culturale, filosofico. E anche per familiarizzarvi con il testo di storia della filosofia antica che avete in programma: La filosofia antica, a cura di L. Perilli e D. Taormina, UTET 2012 Paradigmi settecenteschi che hanno influenzato le storie della filosofia antica La concezione che ha influenzato, e che ancora influenza, le s. della f.a. (vedi per esempio Giovanni Reale, la cui storia della filosofia antica ha influenzato gli studi di filosofia antica dagli anni ‘80 fino ad oggi) è quella di una visione sostanzialmente «eurocentrica» (quindi, occidentale) della Grecia, come luogo in cui si sono create le premesse per il distacco dalla religione e dal mito, e per lo sviluppo della razionalità e del progresso. In questo modo, vengono escluse (o relegate a un ruolo trascurabile) possibili influenze delle civiltà orientali ed egizia. Responsabili di questa concezione sono le storie della filosofia pubblicate alla fine del ‘700 in Germania. Tale concezione si accentua con le Lezioni sulla storia della filosofia di Hegel, pubblicate per la prima volta nel 1833, lezioni che hanno a loro volta profondamente influenzato quasi tutte le storie della filosofia antica scritte nel XX secolo (seppur con qualche eccezione). 1) La concezione evoluzionistica del pensiero greco. La filosofia è concepita come un progresso, in cui i singoli sistemi filosofici vengono considerati in base agli stimoli che forniscono ai pensatori successivi. 2) La concezione classicistica del pensiero greco. Il mondo greco è visto come isolato geograficamente da altre aree limitrofe, e il «pensiero greco» come caratterizzato da progressiva astrazione, indipendente dalle coordinate storico-geografiche. Sulla base di questi presupposti, la cosiddetta «filosofia barbarica» (orientale e egiziana) viene bandita, poiché (a) non avrebbe fornito stimoli (o ne avrebbe forniti di irrisori, com’è il caso dell’Egitto) ai primi filosofi (successivi) (b) non si sarebbe liberata dall’ «utilitarismo» delle sue conoscenze, per giungere a quel livello di astrazione che caratterizza la filosofia «greca» (vedi la teoria di Aristotele, Libro Alpha della Metafisica). Due presupposti per la concezione «eurocentrica» della Grecia Lo scetticismo sulla possibilità di provare i contatti tra pensiero greco e «barbari» Ulteriore motivo che ha impedito il riconoscimento dei «contatti» tra Oriente e Occidente è la difficoltà di individuarli con chiarezza, e quindi il conseguente scetticismo. L’autrice che, nel volume di storia della filosofia che stiamo considerando, si occupa appunto del Primo capitolo, quello su «Oriente e Occidente» (e cioè, M. Laura Gemelli Marciano), contesta sia i due presupposti che l’atteggiamento scettico che deriva dalla difficoltà di individuare i contatti Oriente-Occidente. Contro 1) (la concezione evoluzionistica), Gemelli afferma che il fatto che civiltà come quella babilonese o egizia non abbiano considerato la riflessione filosofica come fine a se stessa (ma utile ad altro) o isolata dal contesto religioso non è di per sé indizio di inferiorità o superiorità (vedi p. 5), ma di diversità; Contro 2) (la concezione classicistica), ovviamente Gemelli ha ragione nel ritenere impossibile che la Grecia potesse essere completamente isolata dalle aree limitrofe

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Storia della filosofia antica Maddalena Bonelli

a.a. 2015-2016

La causalità antica: introduzione

Materiale da consultare (obbligatorio)

L. Perilli e D. Taormina (a cura di): La filosofia antica. Itinerario storico e testuale, UTET 2012, capitoli 1-5

Un po’ di storia della filosofia

• Prima di affrontare il tema di questo corso, è utile fare un po’ di storia della filosofia antica.

• Questo per inserire gli autori di cui parleremo nel loro contesto storico, geografico, culturale, filosofico.

• E anche per familiarizzarvi con il testo di storia della filosofia antica che avete in programma:

• La filosofia antica, a cura di L. Perilli e D. Taormina, UTET 2012

Paradigmi settecenteschi che hanno influenzato le storie della filosofia antica

• La concezione che ha influenzato, e che ancora influenza, le s. della f.a. (vedi per esempio Giovanni Reale, la cui storia della filosofia antica ha influenzato gli studi di filosofia antica dagli anni ‘80 fino ad oggi) è quella di una visione sostanzialmente «eurocentrica» (quindi, occidentale) della Grecia, come luogo in cui si sono create le premesse per il distacco dalla religione e dal mito, e per lo sviluppo della razionalità e del progresso. In questo modo, vengono escluse (o relegate a un ruolo trascurabile) possibili influenze delle civiltà orientali ed egizia.

• Responsabili di questa concezione sono le storie della filosofia pubblicate alla fine del ‘700 in Germania. Tale concezione si accentua con le Lezioni sulla storia della filosofia di Hegel, pubblicate per la prima volta nel 1833, lezioni che hanno a loro volta profondamente influenzato quasi tutte le storie della filosofia antica scritte nel XX secolo (seppur con qualche eccezione).

• 1) La concezione evoluzionistica del pensiero greco. La filosofia è concepita come un progresso, in cui i singoli sistemi filosofici vengono considerati in base agli stimoli che forniscono ai pensatori successivi.

• 2) La concezione classicistica del pensiero greco. Il mondo greco è visto come isolato geograficamente da altre aree limitrofe, e il «pensiero greco» come caratterizzato da progressiva astrazione, indipendente dalle coordinate storico-geografiche.

• Sulla base di questi presupposti, la cosiddetta «filosofia barbarica» (orientale e egiziana) viene bandita, poiché – (a) non avrebbe fornito stimoli (o ne avrebbe forniti di irrisori, com’è il

caso dell’Egitto) ai primi filosofi (successivi) – (b) non si sarebbe liberata dall’ «utilitarismo» delle sue conoscenze,

per giungere a quel livello di astrazione che caratterizza la filosofia «greca» (vedi la teoria di Aristotele, Libro Alpha della Metafisica).

Due presupposti per la concezione «eurocentrica» della Grecia

Lo scetticismo sulla possibilità di provare i contatti tra pensiero greco e

«barbari» • Ulteriore motivo che ha impedito il riconoscimento dei «contatti»

tra Oriente e Occidente è la difficoltà di individuarli con chiarezza, e quindi il conseguente scetticismo. L’autrice che, nel volume di storia della filosofia che stiamo considerando, si occupa appunto del Primo capitolo, quello su «Oriente e Occidente» (e cioè, M. Laura Gemelli Marciano), contesta sia i due presupposti che l’atteggiamento scettico che deriva dalla difficoltà di individuare i contatti Oriente-Occidente.

• Contro 1) (la concezione evoluzionistica), Gemelli afferma che il fatto che civiltà come quella babilonese o egizia non abbiano considerato la riflessione filosofica come fine a se stessa (ma utile ad altro) o isolata dal contesto religioso non è di per sé indizio di inferiorità o superiorità (vedi p. 5), ma di diversità;

• Contro 2) (la concezione classicistica), ovviamente Gemelli ha ragione nel ritenere impossibile che la Grecia potesse essere completamente isolata dalle aree limitrofe

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Scetticismo

• Contro lo scetticismo, invece, presenta un argomento a mio parere debole (p. 4). In pratica Gemelli, pur riconoscendo che non è possibile dimostrare indiscutibilmente contatti e influssi di oriente e occidente, sostiene che la stessa cosa valga per la storia della filosofia greca standard (di influenza aristotelica). Mentre infatti si cercano prove dettagliate a supporto dei contatti oriente-occidente, si accetta, pur in mancanza di riscontri concreti, la relazione di continuità tra Talete, Anassimandro, Anassimene unicamente perché tutti sono di Mileto e perché Teofrasto (discepolo e successore di Aristotele) instaura una relazione di discepolato tra loro basata su modelli esegetici aristotelici. Ma i riscontri ci sono: Gemelli curiosamente ignora la sostanziali continuità di pensiero tra i tre filosofi, impegnati tutti a rispondere alle medesime questioni con metodi simili e nuovi. Lo vedremo più avanti.

Contatti tra Oriente e Occidente

• Come che sia, il concetto di una Grecia culla isolata della filosofia è poco convincente e oggi superato. Quindi, l’impostazione di Gemelli (per altro, allieva dell’illustre Walter Burkert, studioso che, tra i primi, ha dimostrato innegabilmente influssi delle sapienze orientali sulla «filosofia greca») è convincente.

• L’impostazione è la seguente: l’analisi dei rapporti oriente-occidente non è condotta secondo il modello evoluzionistico, ma secondo una linea di discontinuità attenta alle differenze (di luoghi, tempi e temi). Si cerca quindi di evidenziare «aree di contatto» tra gruppi e tra territori, presentando il tema del contatto in tre varianti.

Temi di contatto

• 1) trasmissione di contenuti in campo matematico e astronomico. Questo tipo è il più facilmente identificabile in base al criterio dell’antichità (es. l’astronomia babilonese, più antica, ha sicuramente influenzato le altre culture limitrofe, greca, egiziana, indiana)

• 2) trasmissione di modelli culturali e ideologie. Qui iniziano i problemi, ma Gemelli si mostra fiduciosa di poter rintracciare le influenze, individuando particolari temi in un’area specifica in cui si intensificano i contatti a seguito di determinate vicende storiche…vedremo di che si tratta.

• 3) trasmissione di modelli cultuali e immagini. Questa trasmissione è facilmente individuabile quando nuovi elementi appaiono improvvisamente in concomitanza con avvenimenti specifici.

Le città dove nasce la filosofia

• La prima osservazione da fare è che le città in cui nasce la filosofia antica (le cosiddette colonie ioniche, cioè città greche che si trovano in Asia, come Mileto (Talete, Anassimandro, Anassimene), Samo (Pitagora), Efeso (Eraclito), Elea (Parmenide)) subiscono influssi importanti perché inquadrate in un contesto storico, geografico, politico e culturale che comprende a pieno titolo le civiltà orientali (impero assiro, babilonese, egizio, persiano), e in cui sia gli Ioni (cioè, i greci fondatori o rifondatori di queste città) che la madrepatria hanno un ruolo marginale. Solo dopo le guerre persiane (V sec. A.C.) questi territori verranno attratti nell’orbita della Grecia continentale, in particolare Atene.

Documentazione della presenza di greci sul suolo orientale e viceversa

• A partire dalla metà del VII secolo a.C., la presenza dei Greci sul suolo orientale diviene chiaramente documentabile attraverso fonti epigrafiche (iscrizioni su pietra) e letterarie greche (es. Erodoto)

• mercenari greci combattono per Lidi, Assiri, Egizi (troviamo iscrizioni che lo attestano). Comandanti e funzionari di origine greca che servivano nell’esercito greco riportano in patria la cultura egizia (es. dello sgabello cubico di foggia egizia con un’iscrizione greca che dichiara che è stato portato dall’Egitto), ed è plausibile che abbiano portato con loro stimoli culturali provenienti dai paesi che avevano servito. Contingenti di Ioni combattono poi per i persiani.

Documentazione della presenza di greci sul suolo orientale e viceversa 2

• Anche i mercanti si configurano come mediatori culturali, trasmettendo non solo manifatture e prodotti, ma anche usi e costumi.

• Altri mediatori culturali sono artisti, artigiani, medici, purificatori. Questi personaggi migrano in territorio greco e si fanno conoscere, introducendo pratiche orientali di vario tipo (esorcismi, guarigioni, purificazioni). In particolare, i guaritori itineranti sono variamente stigmatizzati da Eraclito e Platone, mentre Aristotele (lo troviamo in un frammento) fa predire a Socrate una morte violenta da un mago assiro. Dopo le guerre persiane i contatti con l’Oriente diventano sistematici.

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La lingua

• Uno degli ostacoli agli scambi culturali tra Grecia e Oriente è sempre stato considerato quello linguistico. Il celebre storico Alberto Momigliano, seguito da altri, ha per esempio sostenuto la teoria di una mancanza di influsso della cultura persiana su quella greca per due motivi:

• 1) il monolinguismo dei Greci, restii ad imparare le lingue barbare;

• 2) la scarsa considerazione della cultura greca da parte dei Persiani.

La lingua 2

• Gemelli ammette che questo sia vero in generale, ma non in particolare. Tuttavia, presenta esempi di orientali che conoscevano il greco e non viceversa (documenti ufficiali redatti in più lingue; popolazioni a contatto con i Greci che conoscevano il greco; interpreti), e in generale è costretta ad ammettere che i Greci in maggioranza non conoscevano ad esempio il Persiano. Insomma, la documentazione è deludente, ma non si possono negare a priori, almeno nella vita quotidiana, scambi linguistici.

Influssi delle civiltà orientali sulla filosofia greca (VII a.C. fino ad Alessandro Magno)

• Secondo le testimonianze e i testi greci giunti fino a noi, possiamo distinguere tre fasi di penetrazione di motivi esterni da culture altre nella filosofia antica:

Influssi delle civiltà orientali sulla filosofia greca (VII a.C. fino ad Alessandro Magno) 2 • 1) Prima metà del VI secolo: emergono, in particolare in Talete e

Anassimandro di Mileto metodi, misurazioni e immagini di carattere astronomico e modelli aritmetici e geometrici provenienti dalla cultura babilonese ed egizia. Ciò mette in discussione la classica dicotomia tra mito e logos, basata sulla convinzione che i Milesi per primi abbiano rotto con il mito delle civiltà e concezioni precedenti per passare al logos. Di fatto i Milesi non si confronterebbero coi miti, ma introdurrebbero per interessi loro tecniche desunte dalle civiltà mesopotamiche, iraniche ed egizie. Gemelli si impegna a trovare influenze orientali sui primi «filosofi» (Talete, Anassimandro, Anassimene) per sconfessare la testimonianza di Aristotele (forse troppo filosofico), e sottolineare la continuità con le civiltà precedenti. Inutile dire che un tale approccio, utile nello spezzare certi luoghi comuni, può a sua volta diventare di parte (Gemelli accetta i contenuti delle testimonianze di Aristotele, ma non l’interpretazione).

Influssi delle civiltà orientali sulla filosofia greca (VII a.C. fino ad Alessandro Magno)3 • 2) Una nuova penetrazione massiccia di materiale babilonese si

verifica dopo la conquista di Babilonia da parte di Ciro (539/538 a.C.) e Dario (522 a.C.).Una coagulazione di stimoli culturali di provenienza persiana e babilonese si avverte nei frammenti di Eraclito e Senofane (VI-V a.C.). Contemporaneamente, si assiste a una certa elaborazione sincretistica, in particolare nell’orfismo e nel pitagorismo, che trovano terreno fertile soprattutto in Magna Grecia, di elementi provenienti da varie culture e da quella egizia. Parmenide ed Empedocle sono manifestazioni di questo particolare contesto religioso-culturale.

• 3) Dopo le guerre persiane (490-479 a.C.) influenze babilonesi penetrano fino ad Atene, dove era già arrivata la cultura egizia. I frammenti di Democrito (V a.C.), gli aneddoti biografici di Socrate, Platone e l’Accademia, Aristotele, mostrano influenze e parlano di incontri con i Magi persiani e la teologia astrale.

La trasmissione dei testi filosofici antichi

La maggioranza dei testi filosofici antichi è andata perduta. Abbiamo però la fortuna di possedere le opere più o meno complete di filosofi illustri quali Platone, Aristotele, Sesto Empirico, Plotino, Lucrezio, Cicerone, Seneca. Non dobbiamo pensare che la sopravvivenza o meno dei testi sia un fatto casuale. I testi, come sapete, sono stati trascritti, e sicuramente le varie élites intellettuali hanno deciso cosa dovesse essere preservato e cosa no (sulla base sostanzialmente del successo dei filosofi in questione).

Come sappiamo, quasi tutti i testi ci sono stati trasmessi da manoscritti medievali (databili tra il IX e il XIII secolo d.C.).

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La trasmissione dei testi filosofici antichi 2

Pochi testi sono stati trovati trascritti su papiri (a volte molto antichi) (es. una lunga sezione del poema di Empedocle, passi di Epicuro che si sono conservati nei papiri ercolanesi, e poco altro).

Ci sono alcuni testi che addirittura sono conservati sotto forma di iscrizioni su pietra (vedi il capitolo 3, dedicato a questo). Si va dalle massime dei Sette Sapienti, (uomini politici e legislatori vissuti tra il VII e il VI secolo a.C., le cui massime sono state su pietra anche in luoghi dell’estremo oriente, al famoso portico di Diogene di Enoanda, in Turchia. Egli aveva fatto trascrivere massime e trattati di filosofia epicurea su un portico di pietra, utilizzato successivamente per costruire una fortificazione. Dal 1884 (anno dei primi ritrovamenti) a oggi, si continuano a trovare pietre con le iscrizioni, con cui via via si completano le colonne scritte).

Scomparsa dei testi filosofici antichi

Ma la maggior parte dei testi presocratici, socratici e ellenistici non sono sopravvissuti, sebbene numerosi passi siano stati citati da altri autori antichi.

Scomparsa dei testi filosofici antichi 2

• In realtà, la maggior parte dei testi filosofici scompare già prima della fine dell’Antichità (V-VI secolo d.C.) perché pochi, nell’antichità greco-romana, si sono interessati alla filosofia. Basti pensare alla differenza con i testi letterari (Omero, Esiodo, i poeti, le tragedie), che invece si sono conservati molto di più.

• Ciò è avvenuto perché la filosofia era praticata nei ginnasi, negli spazi pubblici e nelle case dei privati, e non in istituzioni dedicate all’insegnamento, salvo nel caso dell’Accademia platonica, del Liceo aristotelico, del Giardino di Epicuro. Tuttavia, ad eccezione dei dialoghi platonici (scritti espressamente per un pubblico esterno alla scuola), non sembra che i testi abbiano giocato un ruolo significativo nell’attività filosofica.

Scomparsa dei testi filosofici antichi 3

Già a partire dal II secolo a.C. troviamo testimonianze secondo le quali i testi filosofici divennero molto difficili da reperire.

Esempi:

1) lo studioso ateniese Apollodoro trovò per caso una copia del libro del filosofo Anassimandro (testimonianza di Diogene Laerzio, II 2);

2) Sempre Diogene Laerzio (III 66) sostiene che i dialoghi di Platone non fossero più facilmente accessibili cent’anni dopo la sua morte; per ciò che riguarda Aristotele, sebbene alcuni testi fossero accessibili in età ellenistica, la maggior parte del corpus aristotelico scomparve per riapparire molto dopo, nel I secolo a.C. con l’opera di Andronico di Rodi (I sec. A.C.) (Stabone e Plutarco, Vita di Silla).

Scomparsa dei testi filosofici antichi 4

• Ricordiamo anche che, nel caso ci si fosse imbattuti in testi filosofici antichi, le copie che si trovavano non erano perfette. Da qui il lavoro di Andronico di Rodi, che dovette mettere insieme vari trattati aristotelici e discutere sull’autenticità o meno di alcuni di essi; o quello del grammatico Trasillo (I secolo d.C.) sui dialoghi di Platone o i lavori di Democrito. Da allora i testi di questi autori cominciano a ricircolare, anche se non massicciamente (restano sempre interesse di pochi intellettuali).

• Invece, verso il IV d.C. l’imperatore Giuliano lamenta la scomparsa dei testi epicurei e scettici, mentre Simplicio (VI d.C.) dichiara esplicitamente di voler trascrivere lunghi passi del poema di Parmenide e di altri «Presocratici» perché i testi erano ormai difficilmente reperibili.

Insegnamento della filosofia antica

• Solo dal II-III secolo d.C. in poi, troviamo prove dirette dell’utilizzo di testi filosofici per l’insegnamento.

• Intanto ricordiamo che nel 176 d.C. l’imperatore Marco Aurelio istituisce ad Atene quattro cattedre di filosofia (platonica, aristotelica, epicurea, stoica). Uno dei primi docenti (di filosofia aristotelica) è Alessandro di Afrodisia (II-III d. C.), che ci ha lasciato commenti alle opere aristoteliche, sicuramente traccia delle sue lezioni.

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Insegnamento della filosofia antica 2

• Abbiamo poi le scuole neoplatoniche (III-VI secolo d.C.), dove vengono studiati i testi di Aristotele e di Platone, seguendo un iter curriculare che diventa sempre più preciso. Aristotele era considerato inferiore e preliminare a Platone, e di esso si leggevano soprattutto le cosiddette opere logiche (Categorie, De interpretatione, Analitici), considerate preparatorie al ‘divino’ Platone, tant’è vero che rimangono commenti neoplatonici soprattutto a queste opere. Poi si passava alla lettura della «vera» filosofia, quella appunto dei dialoghi platonici.

Insegnamento della filosofia antica 3

• Il fatto che la filosofia in quest’epoca coincidesse essenzialmente con lo studio dei testi di Aristotele e Platone è la ragione per cui tanti frammenti dei filosofi presocratici sono giunti fino a noi dai commentatori neoplatonici, in special modo Simplicio. In effetti spesso, nelle sue opere, Aristotele fa precedere le sue discussioni filosofiche da una rassegna delle opinioni dei predecessori. E, al fine di comprendere il testo di Aristotele, era necessario conoscere i nomi e le dottrine dei filosofi precedenti, cui Aristotele fa riferimento.

Storia della filosofia

• Il concetto di «storia della filosofia» nell’antichità non esisteva. I filosofi si rivolgevano alle teorie dei predecessori o per criticarle, o per trovare conferma alle loro proprie teorie. E’ importante tener conto di questo aspetto quando si considerano i cosiddetti «frammenti» dei filosofi (siano essi presocratici o stoici). E’ importante considerare sempre il contesto di questi «frammenti», tenendo anche presente che spesso è difficile stabilire con certezza se si tratta proprio di frammenti, cioè citazioni dirette dei testi, oppure di parafrasi, o di personali interpretazione dei testi.

• I filosofi manifestano molto presto la consapevolezza della presenza «filosofica» dei loro predecessori e contemporanei (si veda ad esempio Eraclito che, nel frammento 40 DK mostra un evidente disprezzo nei confronti di Esiodo, Pitagora, Senofane, dicendo che il loro sapere è vasto ma privo di intelligenza. Oppure Platone, che nel Fedone si mostra deluso nei confronti di Anassagora, colpevole di non aver dato all’Intelletto cosmico il ruolo che si merita).

Storia della filosofia 2

• Tuttavia, un reale interesse per la filosofia del passato si intreccia e si sviluppa soprattutto grazie alla concezione aristotelica della filosofia.

• Un esempio che ci interessa: Metafisica Alpha. Qui Aristotele presenta una concezione della filosofia come conoscenza delle quattro cause delle cose. Le dottrine dei predecessori vengono analizzate in quanto «adombranti» la sua teoria. In particolare, il resoconto delle dottrine dei presocratici e di Platone serve ad Aristotele per mostrare che essi hanno intravisto parzialmente e in maniera oscura l’ una o l’altra delle quattro cause aristoteliche.

La dossografia

• E’ all’allievo e continuatore del liceo di Aristotele, Teofrasto, che si fa risalire l’inizio della tradizione dossografica. Teofrasto ha scritto un’opera di 18 libri sulle Opinioni dei fisici, di cui resta un libro (Sulla sensazione) e qualche estratto in Simplicio. Questi resti dimostrano che le sezioni sui filosofi greci da Talete a Platone nelle fonti dossografiche risalgono in ultima istanza a Teofrasto.

• Il termine, «dossografia» (che significa resoconto delle opinioni (doxai) dei filosofi, fu coniato nel XIX secolo e reso famoso dal filologo tedesco H. Diels, che pubblicò nel 1879 i Doxographi Graeci, in cui raccolse una varietà di testi, ognuno dei quali riportava le opinioni dei filosofi greci da Talete al I secolo a.C. Non c’è dubbio che gli antichi venissero a conoscenza della filosofia più attraverso questi resoconti che non leggendo direttamente le opere filosofiche in questione, eccezion fatta per i dialoghi di Platone e per quelle opere aristoteliche studiate dai commentatori peripatetici (tipo Alessandro di Afrodisia) e neoplatonici in epoca imperiale romana.

Testi dossografici

• I due testi che costituiscono i principali esempi di dossografia sono - l’Epitome delle opinioni dei filosofi (chiamata anche Placita

philosophica) dello pseudo-Plutarco, risalente al II secolo d.C., in parte ricopiata da Eusebio nella sua Praeparatio Evangelica, libri 14-15, nel IV secolo, e tradotta in arabo verso il 900 d.C.;

- Gli estratti anonimi che si trovano nell’Anthologion (Ecloghe e Florilegio) di Giovanni Stobeo (I, 1-46; IV, 36-7; 50a30), nel V-VI secolo.

Questi testi sono molto simili tra loro e derivano da una fonte comune. In essi le opinioni dei filosofi (selezionati in modo arbitrario) sono presentate come semplici affermazioni prive di contesto e di argomentazioni. Stando a Diels, la fonte comune dei due testi sarebbe Aezio, che sarebbe l’autore, altrimenti ignoto, di un’opera dossografica, collocabile intorno al 100 d.C. Quest’opera sarebbe stata a sua volta basata su opere analoghe risalenti al I secolo a.C.

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Testi dossografici 2

• Un diverso genere di dossografia è quello che troviamo in Ippolito (padre della chiesa, I libro della Confutazione di tutte le eresie, in cui si dimostra che ogni eresia riprende una teoria filosofica pagana antica), in Diogene Laerzio (Vite e dottrine dei filosofi illustri), e negli Stromateis (Miscellanea) di pseudo-Plutarco. Queste dossografie differiscono da quelle del primo tipo perché presentano le opinioni di ciascun filosofo in capitoli separati (uno per filosofo), corredati anche di aneddoti e notizie biografiche (nel caso almeno di Diogene Laerzio), e anche citazioni. Resta però il fatto che anche in queste opere le opinioni vengono presentate in modo dogmatico, senza argomentazioni.

• E’ importante sottolineare che in generale queste dossografie non criticano né discutono le opinioni presentate, e sono resoconti spesso piatti. Tuttavia a volte ci restituiscono citazioni altrimenti perdute (es. Ippolito ci restituisce 17 estratti di Eraclito, di cui la maggior parte sarebbe altrimenti sconosciuta).

Le biografie

• Gli antichi greci e romani furono affascinati dalle vite dei

filosofi e personaggi illustri, e produssero una gran quantità di biografie, anche di filosofi. Queste biografie, del tutto inutili per reperire informazioni sulla vita e gli sviluppi dei personaggi in questione (data anche l’estrema difficoltà di reperire informazioni), sono basate su aneddoti e detti famosi (le famose sentenze gnomiche o apophthegmata). Purtroppo anche questi aneddoti e detti famosi spesso non sono storicamente corretti. Molti sono i casi in cui per esempio uno stesso aneddoto o sentenza vengono attribuiti a più personaggi (es dell’episodio della lingua, attribuito sia a Zenone di Elea sia a una filosofa donna, Timica).

Le biografie 2

• Uno dei problemi della biografia è quello di determinare la durata della vita del personaggio. Siccome gli antichi non disponevano di una cronologia assoluta, le date venivano stabilite tramite «coincidenze sincroniche» con eventi a tutti noti come le Olimpiadi, oppure con i nomi di chi ricopriva cariche pubbliche. Per esempio, gli ateniesi datavano gli anni facendo riferimento a uno dei nove arconti (che governavano la città).

Le biografie 3

• Altro aspetto: si stabilisce il floruit (o l’acmé, in greco) di qualcuno a quarant’anni, e da questo si risale per stabilire la data di nascita. Sempre al quarantesimo anno si ricorreva per stabilire la data di due filosofi quando si pensava che uno fosse l’allievo dell’altro. Es: Democrito parla del suo essere giovane in concomitanza con la vecchiaia di Anassagora, e poiché si supponeva che il rapporto che li legava fosse quello di maestro-allievo, la nascita di Democrito fu collocata nel 460 a.C., anno del floruit di Anassagora.

• In alcuni casi era nota l’età di un filosofo al momento della morte. Ad esempio, Socrate aveva 70 anni quando fu condannato a morte, il che avvenne nel primo anno dell’Olimpiade 95 (= 399 a.C.), e dunque egli dovette nascere nel 469 a.C. (quarto anno dell’Olimpiade 77).

Le biografie 4

• Il più importante esempio biografico (oltre che dossografico) è la raccolta delle vite e delle opinioni dei filosofi di Diogene Laerzio. L’autore non è altrimenti noto, non si sa esattamente quando visse (è collocato verso il 200 d.C.). L’opera si articola in dieci libri, la maggior parte dei quali dedicata a un singolo filosofo a libro (Platone, Aristotele, Zenone di Cizio, ecc.), e si configura come una compilazione di estratti derivanti da molte fonti, di valore diseguale. Resta un testo fondamentale, vera miniera di informazioni e a volte di dottrine filosofiche.

• Altre biografie furono scritte più tardi su Pitagora (Porfirio e Giamblico, II d.C.), Plotino (premessa da Porfirio alle Enneadi, scritti plo5tiniani da lui organizzati) e sui neoplatonici (Marino, che scrisse una vita di Proclo nel V d.C.; Damascio che scrisse una Historia philosopha che copre le ultime due generazioni di filosofi platonici ad Atene).

Contesto storico

• La fase nel corso della quale si forma la civiltà greca è l’età arcaica. Dopo il fiorire della civiltà minoica a Creta (2000-1380 a.C. circa) e della civiltà micenea nel Peloponneso e poi in altre aree del mondo greco (1700-110 a-C. circa), si assiste a una fase oscura, e poi a una ripresa a partire dal 1000 a.C., che segna l’inizio della cosiddetta fase dell’ «alto arcaismo». L’alto arcaismo è la fase in cui progressivamente si afferma l’influenza dell’aristocrazia. Infatti, in un contesto fortemente frazionato (Attica, Peloponneso e zone più arretrate), ogni realtà, autonoma, si dà una struttura sociale che vede alla base l’assemblea degli uomini in armi (uomini liberi) con scarso potere, al vertice il re (basileus) che ha funzioni militari, giudiziarie e religiose, affiancato però dal consiglio degli anziani costituito dal ceto nobiliare, riunito in casate (ghene) e fratrie (phratriai). Tale ceto trova il sostentamento economico nella lavorazione della terra dei grandi latifondi, e ha uno stile di vita basato sulla guerra e sulla vita politica.

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Contesto storico: l’età arcaica

• Nell’VIII-VII secolo a.C., questo equilibrio si rompe per una serie di fattori socio-economici, tra cui l’avvento della cosiddetta «riforma oplitica». Questa riforma, che di fatto è progressiva, si riferisce a un cambiamento nel modo di combattere: al duello eroico tra aristocratici, dipinto nei poemi omerici, si sostituisce via via il combattimento ordinato delle schiere di soldati, formate da uomini liberi. Ciascuno mantiene il proprio posto, consapevole del dovere di proteggere il compagno accanto. Si crea e si salda così un forte spirito di gruppo, un’ideale comune, che mira alla difesa del proprio territorio e della libertà. Dall’oplitismo si generò una società più coesa, non più basata sull’appartenenza al ceto, ma sul ruolo di ciascuno nella difesa dello stato.

La Polis

• In tale contesto nasce la polis, la città, che come sappiamo non è unicamente un concetto di natura urbana, sebbene l’aspetto territoriale sia importante (acropoli, destinata all’uso religioso; il centro cittadino; la campagna coltivata, la zona di confine, destinata al pascolo). Essa è un’organizzazione politica, uno stato (infatti si parla della polis come di città-stato) in cui i cittadini si riconoscono, regolata da leggi e culti comuni, e in cui il potere è esercitato secondo regole condivise e criteri di turnazione. Accanto alle formazioni cittadine (Atene, Sparta, Corinto), il mondo greco conosce anche le federazioni di stati (come ad esempio la Tessaglia), che avranno però un ruolo di secondo piano nell’età classica.

• Il mondo greco quindi è politicamente frammentato, anche se ci furono organismi sovranazionali di carattere religioso, come le leghe sacre (i cui centri furono ad esempio il santuario di Apollo a Delfi) o di carattere militare.

Movimento coloniale

• Nel periodo in cui si situa la riforma oplitica e la nascita della polis, si assiste anche al movimento coloniale (VIII-VII secolo a.C.), estremamente importante per la nascita della filosofia. Da Corinto, Megara, Atene partirono ondate di cittadini che andarono a colonizzare l’Asia Minore (attuale Turchia), la zona degli stretti, le coste del Mar nero, e, in occidente, le coste dell’Italia meridionale, le coste dell’Africa settentrionale, della Gallia, della Spagna. La colonia era politicamente del tutto svincolata dalla madrepatria.

Atene in età arcaica

• Nell’età più antica, Atene era retta da una monarchia, alla quale successe l’epoca degli arconti (suprema magistratura) (vitalizi, decennali e poi, a partire dal 682/1, annuali). Vi erano, poi, un consiglio di rango più elevato, l’Areopago, e l’assemblea dei cittadini. Qui si situa il periodo della legislazione di Dracone (621/620), di cui sono note soltanto le norme relative ai processi per omicidio, importanti perché sottraggono l’omicidio alla vendetta privata e lo assegnano allo stato.

• Dal VI secolo in poi, sono tre i momenti importanti della storia politica di Atene (che vedono anche una articolazione progressiva sociale e costituzionale): i) l’arcontato di Solone (594/3 o 592/1); ii) la tirannide di Pisistrato e dei suoi figli (561/0-511/0); iii) la riforma di Clistene (508/7), considerato il padre della democrazia (per i dettagli, vi studiate le pp. 64-65 del manuale).

Sparta

• Parliamo brevemente anche di Sparta poiché, anche se non significativa dal punto di vista della filosofia, fu organizzata in modo che piacque a Platone (tant’è vero che il modello di stato che Platone presenta nella Repubblica si ispira proprio ad essa).

• All’inizio aperta ai contatti con l’esterno, in seguito alle guerre messeniche (VIII-VII secolo a.C.) che portarono all’immissione di un altissimo numero di schiavi (secondo Erodoto in rapporto di 7 contro un cittadino), Sparta diventò una sorta di «caserma» rigida e chiusa.

Sparta 2

• Si dice che la costituzione di Sparta fu ideata da Licurgo, che però è un personaggio mitico. Tale costituzione prevedeva una diarchia (governo di due) di carattere dinastico, con due re appartenenti a due famiglie diverse, con poteri militari e religiosi, costituenti anche due dei trenta membri della gerusia, un consiglio di anziani che elaborava le proposte di legge.

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Sparta 3

• Le leggi venivano sottoposte all’apella, assemblea composta dai cittadini, che aveva solo il potere di approvarle o respingerle. Vi erano poi cinque efori, eletti annualmente, per controllare l’operato dei re.

• La società era divisa in spartiati (cittadini a pieno diritto, nerbo dell’esercito), perieci (uomini liberi ma non cittadini, dotati di diritti civili ma non politici), iloti (schiavi di guerra).

• Sparta aveva nel complesso uno stile di vita più collettivistico e militaresco. Infatti, lo stato assegnava un lotto di terra a ciascuno spartiata, che la faceva coltivare agli iloti, e di cui consegnava i proventi allo stato, ottenendo così il diritto di partecipare ai banchetti comuni.

• Malgrado la frammentazione, possiamo dire che, all’inizio del V secolo a.C., diversi elementi accomunavano la grecità (lingua, cultura, religione, stile di vita) (cf. Erodoto, VIII 144).

La storia della filosofia antica da un certo punto di vista

• Prima di iniziare a parlare dei filosofi antichi, è opportuno precisare che in questo corso non si farà semplicemente una carrellata delle teorie filosofiche, ma gli autori verranno considerati in relazione ai contributi che essi hanno apportato ad una questione filosofica di primaria importanza: la causalità.

• Ora, per introdurre la storia della filosofia antica vista attraverso la tematica della causalità, occorre innanzitutto fare una sorta di presentazione generale sulla causalità.

Perché un corso sulla causalità?

• Perché le cose accadono? • Che cosa fa sì che un particolare evento avvenga in un

particolare momento? • Quali sono i costituenti ultimi delle cose? • In che modo la struttura di un organismo determina la

propria funzione? • I costituenti dell’universo esistono in vista di uno scopo? • In che modo la gente è responsabile di quello che fa?

R.J. Hankinson Cause and explanation

In ancient greek thought Oxford 1998

Cause antiche

• Sebbene queste domande siano variamente formulate e riguardino cose diverse, sono tutte unite dal fatto che esse richiedono delle spiegazioni.

• Forse possiamo dire che i filosofi greci non abbiano inventato la spiegazione causale (tali domande, per esempio sull’origine del mondo, sono già all’opera nei testi delle civiltà orientali, o in Esiodo ed Omero). Ma possiamo certo dire che i filosofi greci sono stati i primi a sottoporre l’idea di causa e spiegazione ad analisi rigorose e dettagliate e a costruire su esse teorie importanti.

Cause antiche

• Ciò accade soprattutto con Aristotele che, come sappiamo, elabora la famosa teoria delle quattro cause, applicandola a tutti i campi del sapere (metafisico, fisico, etico, politico).

• Ma già con i cosiddetti «Presocratici», le questioni che vanno emergendo sono tutte di tipo esplicativo-causale (origine del cosmo; azione umana).

Che cos’è una causa?

• Noi moderni, sulla scia delle critiche fatte alla causalità dal celebre filosofo Hume, siamo abituati a pensare alla causa come a qualcosa (individuo- es. Socrate, o evento- es. il calore del sole) che fa, attivamente, qualcosa.

• Es. Socrate spinge Platone

• Il calore del sole scioglie il burro.

– Socrate e il calore del sole causano rispettivamente lo spostamento di Platone o lo scioglimento del burro.

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Che cos’è una causa?

• Ma questo è solo uno dei concetti di causa che emergono nell’Antichità, quello che, grosso modo, corrisponde alla causa efficiente di aristotelica invenzione, e che fu definitivamente adottato dallo stoicismo. Indubbiamente l’idea di cose responsabili della produzione di effetti non è estranea ai filosofi antichi.

Che cos’è una causa?

• Tuttavia, nella riflessione sulla «causa» ad opera degli antichi, emerge un concetto di «causa» più ampio, che ingloba, oltre al concetto di «causa» che ancor oggi utilizziamo, quello di «ragione» e «spiegazione».

Cause antiche

• Di fatto, il termine greco aitia o aition (aggettivo questo mutuato dalla tradizione giuridica, che significa «responsabile» o «autore» di qualcosa), che noi traduciamo con «causa», è un termine equivalente alle formula greche dia ti o dioti, che significano rispettivamente «perché?» e «il perché». E’ Aristotele che stabilisce chiaramente questa equivalenza, già però esplicitata e utilizzata da Platone nel Fedone.

Che cos’è una causa?

• X è causa di y se e solo se x fornisce il perché di y – Es. Socrate causa lo spostamento di Platone se e solo

se la spinta di Socrate spiega lo spostamento di Platone.

– Es. aristotelico: il bronzo è causa della statua. Per rendere questo esempio comprensibile, dobbiamo articolarlo meglio: la materia della statua (il bronzo) è (ad esempio) causa del fondersi della statua a contatto con il fuoco. Quindi: perché la statua fonde? Perché è fatta di bronzo.

Causa/spiegazione

• Già dagli esempi risulta chiaro che c’è una sorta di décalage tra il concetto di causa moderno (qualcosa che fa attivamente qualcosa) e quello di spiegazione o ragione.

Spiegazioni vs. Cause

1) Il perché viene utilizzato per introdurre una spiegazione in forma proposizionale, la causa in senso moderno no.

• Esempio bizzarro (aristotelico): il bronzo è causa della statua. Cosa significa? In che senso il bronzo è causa attiva della statua?

meglio:

• la statua fonde perché è fatta di bronzo. – La statua possiede proprietà ‘spiegabili’ con il suo essere fatta

di bronzo

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Causa/effetto

2) Tradizionalmente, il concetto di cause richiede necessariamente quello di effetto, mentre invece quello di spiegazione/ragione no.

es.

i) 22 è maggiore di 32

perché

ii) 2 è maggiore di 3.

ii) è la spiegazione di i), ma non causa direttamente e attivamente i).

Cause nel mondo antico

• Parlare di causalità nel mondo antico significa quindi parlare di quei tentativi, chiarimenti, tematizzazioni che, possiamo dire in generale, si occupano del ‘perché’ delle cose.

• Il ‘perché’ si configura come una categoria generale in cui si situano tutte le domande, anche se in forma diversa, che riguardano spiegazioni, ragioni, cause.

Cause nel mondo antico

• Risulta a questo punto evidente l’importanza dell’argomento. La ricerca delle cause, spiegazioni, ragioni, è infatti fondamentale per ogni disciplina: scienza (fisica, chimica, biologia), filosofia, etica.

• Da qui la scelta degli autori.

Autori antichi e causalità

• 1) I «presocratici», o meglio, i filosofi della natura: sono i primi a cercare spiegazioni ‘scientifiche’ (vedremo in che senso) di fenomeni fisici;

• 2) Platone: il primo a esplicitare filosoficamente la «questione della causalità» e a proporre spiegazioni alternative, in aperta polemica con i filosofi della natura (Fedone e Timeo);

• 3) Aristotele: il primo a proporre una teoria completa delle cause, e ad applicare il modello causale-esplicativo a tutte le discipline di cui si occupa: scienze ‘dure’ (quali la geometria, l’aritmetica, l’astronomia, la logica), metafisica, fisica, etica

Autori antichi e causalità

• 4) Stoici (nella testimonianza di Cicerone), che propongono una teoria assai raffinata e oramai moderna delle cause.

• 5) Plotino (se riusciremo ad arrivarci), che rielabora la teoria aristotelica delle cause in modo originale.