Storia Della Cina

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Storia della Cina schema I nomi contrassegnati con (mit.) indicano personaggi mitologici senza fondamenti storici. Periodo Preimperiale Tre Augusti e Cinque Imperatori (三三三三, Sānhuáng Wǔdì) (mit.) Tre Augusti (三三) Fúxī (三三) Nǚwā ( ) Shénnóng (三三) Cinque Imperatori (三三) Imperatore Giallo (三三, Huángdì) Zhuānxū (三三) Kù (三) Yáo (三) Shùn (三) Dinastia Xià ( , Xiàcháo) (mit.) 2100 – 1600 a.C. ca. Yǔ il Grande (三三, Dà Yǔ) ferma l’alluvione che suo padre Gǔn (三) non era riuscito a fermare e fonda la dinastia Xià. Subito dopo passa il trono a suo figlio (三), inaugurando la successione dinastica. L’ultimo re è Jié (三), noto per la sua dissolutezza. Le basi storiche della dinastia Xià sono probabilmente rinvenibili nella cultura di Èrlǐtóu (三三三三三, Èrlǐtóu wénhuà), nei cui scavi sono stati trovati attrezzi agricoli e prove di una civiltà già avanzata.

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Riassunto di Storia della Cina dalla preistoria alla fondazione della dinastia Qing.

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Storia della Cinaschema

I nomi contrassegnati con (mit.) indicano personaggi mitologici senza fondamenti storici.

Periodo Preimperiale

Tre Augusti e Cinque Imperatori (三皇五帝, Sānhuáng Wǔdì) (mit.)

Tre Augusti (三皇)

Fúxī (伏羲)

Nǚwā (女媧)

Shénnóng (神農)

Cinque Imperatori (五帝)

Imperatore Giallo (黃帝, Huángdì)

Zhuānxū (顓頊)

Kù (嚳)

Yáo (堯)

Shùn (舜)

Dinastia Xià (夏朝, Xiàcháo) (mit.)2100 – 1600 a.C. ca.

Yǔ il Grande (大禹, Dà Yǔ) ferma l’alluvione che suo padre Gǔn (鯀) non era riuscito a fermare e fonda la dinastia Xià. Subito dopo passa il trono a suo figlio Qǐ (啟), inaugurando la successione dinastica.

L’ultimo re è Jié (桀), noto per la sua dissolutezza.Le basi storiche della dinastia Xià sono probabilmente rinvenibili nella cultura di Èrlǐtóu (二里头文化, Èrlǐtóu wénhuà), nei cui scavi sono stati trovati attrezzi agricoli e prove di una civiltà già avanzata.

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Dinastia Shāng (商朝, Shāngcháo)1600 – 1046 a.C. ca.

Chéng Tāng (成湯) sconfigge re Jié della dinastia Xià e stabilisce la dinastia Shāng. La dinastia Shāng è la prima dinastia storicamente accertata grazie alle iscrizioni sulle ossa di tartaruga che la nominano direttamente, e grazie al ritrovamento della loro ultima capitale, Yīn (殷). Di grande importanza è stato anche il ritrovamento del sito

di Èrlǐgāng (二里岡) che indica molte cose sulla civiltà Shāng, compresa la tradizione delle ossa oracolari. Numerosi altri ritrovamenti indicano il fatto che gli Shāng fossero solo una delle numerose civiltà con il medesimo grado di sviluppo nella loro area, con cui sembravano avere costanti contatti commerciali e diplomatici. Gli Shāng cambiarono capitale otto volte. Il re più conosciuto degli Shāng è Wǔdīng (武丁), noto per la sua competenza e benevolenza. L’ultimo re degli Shāng, Dìxīn (帝辛), conosciuto anche col nome di Zhòu (紂), è ricordato come un tiranno crudele e insensato.

Dinastia Zhōu (周朝, Zhōucháo)1045 a.C. ca. – 256 a.C.

Zhōu Occidentali (西周, Xīzhōu)1045 – 770 a.C.

Dall’841 a.C. le date della storia cinese sono attendibili.Per i Zhōu le principali fonti storiografiche sono le iscrizioni su bronzo (soprattutto urne e vasi). Il fondatore della dinastia è Wǔ (武), che sconfisse Dìxīn e ne prese il posto come monarca universale. Si pensa che i Zhōu avessero legami con gli Shāng già da molto tempo prima della conquista. Queste relazioni sembrano essere state tumultuose e poco stabili. Sembra che durante i primi anni di regno dei Zhōu, le ultime fazioni leali agli Shāng si ribellarono, e furono sconfitte dal personaggio conosciuto come Zhōugōng (周公), il Duca di Zhōu, passato alla storia come consigliere saggio e leale. Lo stato Zhōu non era uno stato unitario, ma una federazione di stati uniti sotto un unico sovrano, ai cui signori erano attribuiti titoli come “duca”, “marchese” o “barone”. Nel 770 a.C., il popolo “barbarico” conosciuto con il nome di Quǎnróng (犬戎), attaccò la capitale Zhōu, e costrinse la dinastia a

spostarsi ad Est, nella città di Luòyì (洛邑), dando così inizio al periodo degli Zhōu Orientali.

Zhōu Orientali (東周, Dōngzhōu)770 – 256 (221) a.C.

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La dinastia degli Zhōu orientali è divisa in due periodi: il periodo conosciuto come Primavere e Autunni, che prende il suo nome dagli “Annali delle Primavere e degli Autunni”, secondo la tradizione redatti dallo stesso Confucio, e il periodo degli Stati Combattenti.

Primavere e Autunni (春秋時代, Chūnqiū shídài)770 – 453 a.C.

Il territorio dei Zhōu era diviso in vari regni che venivano legittimati dal sovrano dinastico. Al di fuori di questi territori c’erano popolazioni “barbariche”. Uno di questi stati, lo stato di Chǔ (楚), nato sul medio corso dello Yiangzi, divenne molto potente e influente. In questo periodo lo stato Zhōu cominciò a disgregarsi sempre più rapidamente. I Zhōu avevano perso gran parte del loro esercito per difendere la capitale dai Quǎnróng, e dovettero affidarsi totalmente alle armate degli stati vicini. Mentre gli stati centrali mantenevano una posizione di relativo equilibrio politico grazie alla mediazione dei Zhōu, gli stati periferici non avevano ostacoli nelle loro mire espansionistiche. Particolarmente importante fu lo stato di Qí (齊), situato nel

Nord-Est, e comandato dal duca Huán (桓) e dal suo consigliere Guǎn Zhòng (管仲). Nel 681 a.C., il duca Huán convocò un consiglio dei principati per decidere sulle misure di difesa dagli stati “barbari”. Nel 656 a.C. riuscì a costringere Chǔ a versare tributi ai Zhōu. Il vero punto di svolta e l’inizio dell’esautorazione dei Zhōu, però, avvenne nel 651 a.C., quando Huán, in una di queste conferenze, venne proclamato Egemone (霸, bà). I Zhōu cominciavano a perdere il loro potere politico, rimanendo di fatto solo sovrani simbolici del loro dominio. Qí perse la sua posizione privilegiata quando Huán morì nel 643 a.C.. Chǔ ne approfittò per provare a espandersi a nord. Il duca Wén (文) dello stato di Jìn (晉), tuttavia, prese le redini della situazione e sconfisse Chǔ nel 632 a.C., venendo a sua volta proclamato Egemone. Morì nel 628 a.C.. Nel 597 a.C., Chǔ riuscì ad avere la meglio su Jìn, e per un breve tempo dominò le pianure centrali. Alla fine del VI secolo, nel sud comparvero due nuove potenze: Wú (吳) e Yuè (越). Nel 506 a.C. Wú conquistò la capitale di Chǔ, e sarebbe riuscito a conquistare l’intero dominio se non fosse stato per il tempestivo intervento di Qín (秦) e l’attacco di Yuè ai domini Wú. Nel 473 a.C., Yuè riuscì ad annettere l’intero stato Wú.

Stati Combattenti (戰國時代, Zhànguó shídài)453 – 221 a.C.

Dopo una serie di conflitti interni, nel 453 a.C. il territorio del principato di Jìn si divide in tre unità territoriali, Zhào (趙), Wèi (魏) e Hán (韓). Questo avvenimento indica il punto di rottura definitivo dell’autorità Zhōu (che sarebbe stata ufficialmente esautorata nel 256 a.C.), e l’inizio del periodo degli Stati Combattenti. I sovrani dei vari stati, infatti, assunsero il titolo di wáng (王), che prima era prerogativa esclusiva del sovrano Zhōu, indicando il distacco totale dallo stato centrale. La storiografia tradizionale indica sette stati principali durante questo periodo: Qín (秦), Qí (齊),

Zhào (趙), Wèi (魏), Hán (韓), Yān (燕) e Chǔ (楚).

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Nel 354 a.C., Wèi tentò di invadere Zhào, ma fu fermato da un’attacco sulla capitale da parte di Qí. Qí attaccò Wèi un’altra volta nel 342 a.C. e nel 344 a.C. ad esso si unì Qín, costringendo Wèi ad abbandonare le sue mire espansionistiche. Nel 323 a.C. Qín si alleò con Chǔ per eliminare Qí, ma ben presto l’alleanza si rovesciò, e Chǔ passò dalla parte di Qí. Qín lanciò allora un’offensiva contro Chǔ per indebolirne le difese, e quando nel 299 a.C. il re Huái (懷) di Chǔ si recò a Qín per stabilire un alleanza, venne fatto prigioniero. Qín quindi procedette a conquistare gran parte del territorio di Chǔ. Nel 246 a.C. il re Yíng Zhèng (嬴政) ascese al trono di Qín, e dimostrò la sua genialità strategica mettendo in atto il suo piano di unificare tutta la Cina. Nel 230 a.C., Qín conquistò Hán, nel 225 a.C. conquistò Wèi, nel 223 a.C. completò la conquista di Chǔ, nel 222 a.C. caddero Zhào e Yān e, infine, nel 221 a.C. Yíng Zhèng conquistò Qí e unificò la Cina sotto un unico Impero.

Periodo Imperiale

Dinastia Qín (秦朝, Qíncháo)221 – 206 a.C.

Quando Yíng Zhèng unificò la Cina nel 221 a.C. e salì sul trono della nuova dinastia Qín, egli si proclamò huángdì (皇帝), Imperatore. Questa decisione fu importantissima: quel titolo, infatti, nelle ere passate era riservato agli antenati mitologici e agli dèi, e, assumendolo, Yíng Zhèng voleva implicare che non gli serviva la legittimazione degli antenati per regnare, e quindi staccava completamente il potere di regno dalla tradizione. Siccome era anche il primo di una serie di imperatori che, a detta sua, sarebbe dovuta durare “diecimila generazioni”, egli assunse il nome di Shǐ Huángdì (始皇帝), ossia Primo Imperatore. Il regno di Shǐ Huángdì si incentrò principalmente sulla filosofia Legista, propugnata in particolare dal suo consigliere Lǐ Sī (李斯). Le misure adottate furono drastiche e spietate: tutti gli Stati feudali vennero aboliti e i loro signori esautorati, gran parte delle famiglie nobili furono costrette a trasferirsi alla capitale, Xiányáng (咸陽), e il territorio venne diviso in province, governate da ufficiali eletti dal governo centrale. Furono unificate le misure di peso, lunghezza e capacità, fu introdotta la moneta unica e la scrittura fu riformata. Fu intrapresa inoltre la costruzione di una complessa rete stradale e furono annesse le regioni del sud che fino ad allora non facevano parte dello stato cinese, come il Vietnam. Il primo grande problema che i Qín dovettero affrontare furono le tribù nomadiche di agricoltori note come Xiōngnú (匈奴), che si erano stanziate a nord. Per difendere i propri territori, Shǐ Huángdì fece costruire la Grande Muraglia, unendo le fortificazioni precedenti. Nel 213 a.C. il generale Měng Tián (蒙恬) fu mandato contro i Xiōngnú e riuscì a scacciarli dalla regione dell’Ordos. Lo stesso anno, su proposta di Lǐ Sī, l’Imperatore ordinò che tutti i libri delle dinastie precedenti, fatta eccezione per quelli di carattere scientifico, fossero distrutti completamente a eccezione di una sola copia che sarebbe stata conservata negli archivi imperiali. Chiunque fosse stato trovato in possesso di uno di questi libri sarebbe stato messo a morte insieme a tutta la sua famiglia. La mossa era volta a evitare che potessero insorgere ribellioni che facevano perno sulla tradizione Zhōu.

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Nel 210 a.C. Shǐ Huángdì morì durante una visita di ricognizione al nord. La dinastia non sopravvisse alla sua morte. La spietatezza e la durezza delle sue leggi e del suo governo avevano infiammato il malcontento delle classi contadine, che si rifiutavano di sottomettersi al governo dei Qín. Il vero fattore fondante della caduta dei Qín, però, furono gli intrighi e le lotte di corte che si scatenarono dopo la morte del primo imperatore. Subito dopo la morte di Shǐ Huángdì il primo ministro Lǐ Sī e l’eunuco Zhào Gāo (趙高) crearono un falso editto imperiale che costringeva il generale Měng Tián e il legittimo erede al trono a suicidarsi, e posero il secondogenito di Shǐ Huángdì, Húhài (胡亥), sul trono con il nome di Èr Shì (二世), Secondo Imperatore, sperando di poterlo usare come fantoccio. Poco tempo dopo Zhào Gāo riuscì a far mettere a morte Lǐ Sī e uccidere Èr Shì, ponendo sul trono il terzogenito di Shǐ Huángdì, Zǐyīng (子嬰), che però non assunse il nome di Terzo Imperatore. Nel 209

a.C., scoppiò una violenta rivolta popolare capitaneggiata da Chén Shèng (陳勝) e

Wú Guǎng (吳廣), due contadini coscritti nell’esercito imperiale che erano stati bloccati dalla pioggia durante una marcia e rischiavano di arrivare tardi a destinazione ed essere per questo messi a morte. Nel 208 a.C. questa rivolta fu sedata dall’esercito imperiale, ma ormai la situazione era fuori controllo. La rivolta presto si riaccese, questa volta capitanata da Xiàng Yǔ (項羽), un nobile decaduto, e Liú Bāng (劉邦), un contadino. Mentre Xiàng Yǔ metteva in rotta le truppe imperiali, Liú Bāng marciò verso Xiányáng. Nel 206 a.C. Zǐyīng si arrese e Liú Bāng conquistò la città, deponendo ufficialmente la dinastia Qín.

Dinastia Hàn (漢朝, Hàncháo)206 a.C. – 220 d.C.

Hàn Occidentali (西漢, Xī Hàn)206 a.C. – 9 d.C.

Appena entrato nella capitale Qín di Xiányáng, Liú Bāng procedette ad abrogare le leggi più dure imposte dalla dinastia precedente. Poco tempo dopo, tuttavia, l’ex-alleato Xiàng Yǔ attaccò la capitale. Dotato di un esercito molto più grande e meglio organizzato, egli riuscì ad occupare la città e a metterla al sacco, uccidendo Zǐyīng e bruciando la biblioteca imperiale. Xiàng Yǔ relegò Liú Bāng al piccolo stato di Hàn e si dichiarò re. Liú Bāng però non si diede per sconfitto, riuscì a raggruppare le sue forze e, nel 202 a.C. accerchiò l’esercito di Xiàng Yǔ a Gāixià (垓下). Xiàng Yǔ, sconfitto, si suicidò. Liú Bāng si dichiarò allora Imperatore, dando inizio alla dinastia Hàn, stabilendo la capitale dapprima a Luòyáng (洛陽), poi a Cháng’ān (長安). La sua ascesa al trono codifica i grandi cambiamenti sociali avvenuti in quel periodo: un contadino era riuscito ad ascendere alla più alta carica nel mondo conosciuto, un fatto fino ad allora considerato impossibile. Liú Bāng salì al trono con il nome di Gāozǔ (高祖). La prima mossa governativa che fece fu cercare di garantire la stabilità della nuova dinastia accontentando i suoi compagni d’armi assegnandogli la sovranità su dei regni a lui sottoposti. Questo però creò instabilità politiche dovute alla quasi indipendenza di questi regni. Gāozǔ risolse il problema eliminando tre di questi sovrani ed esautorandone altrettanti nel 196 a.C., e sostituendoli con principi di sangue reale, e quindi fedeli al trono imperiale. Gāozǔ morì nel 195 a.C. e gli

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succedette il figlio con il nome di Huì (惠). Il potere in realtà fu detenuto dalla

vedova Lǚ Zhì (呂雉), una donna spietata che fece uccidere tutti i suoi avversari a corte e pose suoi parenti e alleati in posti di grande potere. Alla sua morte, però, il potere fu ristabilito velocemente e il trono fu assegnato all’ultimo dei figli di Gāozǔ, l’imperatore Wén (文) nel 180 a.C.. Il suo regno e quello del suo successore Jǐng

(景) furono caratterizzati da nuovi squilibri dovuti allo strapotere dei sovrani vassalli.

La minaccia più grande fu la Ribellione dei Sette Stati (七國之亂, Qīguó zhī làn),

nel 154 a.C., capitanata dal re Liú Pì (劉濞). Furtunatamente per gli Hàn la rivolta fu sedata, e il governo centrale ne approfittò per diminuire sensibilmente l’autonomia dei regni vassalli. Nel 140 a.C. salì sul trono Wǔ (武), che stabilì che un regno non poteva essere più passato al figlio maggiore del sovrano precedente, ma avrebbe dovuto essere diviso tra i figli. Questo risolse il problema dei regni, portandoli ben presto alla scomparsa. Prima dell’ascesa al trono di Wǔ, la politica degli Hàn fu moderata e incentrata sull’agricoltura, nel tentativo di arginare gli squilibri sociali creati dai Qín. La stessa politica fu adottata nei confronti dei Xiōngnú, che in quel periodo erano riusciti ad espandersi grandemente, spiazzando il popolo dei Yuèzhī (月支), o Tocari e vari altri popoli. I primi Hàn cercarono di mantenere relazioni pacifiche con il popolo Xiōngnú onde evitare guerre che avrebbero stremato le risorse dello stato. L’imperatore Wǔ segnò una svolta nella politica Hàn: il primo obiettivo del suo governo fu sbarazzarsi dei Xiōngnú. Nel 138 a.C. Zhāng Qiān (張騫) fu inviato dall’imperatore per stabilire un contatto con i Yuèzhī allo scopo di formare un’alleanza. Sarebbe ritornato a Cháng’ān solo nel 126 a.C. dopo una lunga serie di peripezie, senza però l’alleanza cercata. Nel 129 a.C. fu lanciata un’offensiva contro i Xiōngnú che culminò nella conquista dell’Ordos. In questi anni l’Impero si rese conto dell’importanza strategica dell’Asia Centrale, e nel 101 a.C. riuscì a sottomettere il Ferghana, assicurandosi il controllo sui loro famosi cavalli. Gli Hàn stabilirono una serie di governatorati militari volti ad assicurarsi la fedeltà dei regni sottomessi, e nel 60 a.C. fu creato il Protettorato Generale dei Territori Occidentali. Negli anni tra il 111 e il 109 a.C., gli Hàn riuscirono a sottomettere tutti i regni delle regioni meridionali e ad assicurarsi il controllo completo sulla Via della Seta. Oltre a queste campagne espansionistiche, l’imperatore Wǔ si impegnò in una politica di accentramento volta a diminuire il potere dei privati. A questo scopo istituì i molopoli della coniatura, del sale, del ferro e dell’alcool per evitare che i mercanti speculassero su questi beni di largo uso. Wǔ morì nell’87 a.C.. Durante i regni dei suoi successori si manifestarono i primi segni di crisi, con gli intellettuali di corte che esprimevano aspre critiche nei confronti della politica degli ultimi decenni, facendo notare che i monopoli avevano distolto l’attenzione del governo dall’agricoltura e che le mire espansionistiche dell’imperatore Wǔ avevano fatto più male che bene, avendo stremato le risorse dell’impero. Nel 53 a.C. i Xiōngnú meridionali (una delle due fazioni nate da una lotta di tribù) si sottomisero all’imperatore Xuān (宣), e ben presto anche i Xiōngnú settentrionali furono scacciati dalla Mongolia, ponendo fine definitivamente al problema dei nomadi. I successori di Xuān furono tutti caratterizzati dall’incompetenza. Durante i loro regni, la potenza imperiale continuò a indebolirsi e gli eunuchi cominciarono ad avere sempre più potere. In particolare, l’imperatrice Wáng Zhèngjūn (王政君) riuscì a ottenere un controllo quasi totale

sull’impero. Dopo la morte dell’Imperatore Píng (平) nel 6 d.C., un nipote

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dell’Imperatrice, Wáng Mǎng (王莽) si dichiarò reggente, ed infine usurpò il trono

nel 9 d.C., fondando la dinastia Xīn (新).

Dinastia Xīn (新朝, Xīncháo)9 – 23

Prima di fondare la nuova dinastia Xīn, Wáng Mǎng creò una intelligente campagna ideologica per legittimare la sua ascesa al trono: egli approfittò di una serie di calamità naturali e rivolte popolari avvenute durante i regni dei suoi predecessori per suggerire che la dinastia Hàn avesse perso il Mandato Celeste. Dapprima non fece capire che era sua intenzione salire al trono, ma fece la parte del consigliere saggio. Nella sua ascesa, egli fu aiutato dal filosofo Liú Xīn (劉歆) che fece circolare le sue interpretazioni dei classici e sfruttò la teoria della transitorietà delle dinastie per annunciare l’avvento degli Xīn. Wáng Mǎng tentò di reintrodurre alcune tradizioni di epoca Zhōu in campo istituzionale ed economico. Cercò di eliminare il potere delle famiglie aristocratiche, introducendo monete con un valore superiore al metallo con cui venivano coniate e abolendo la proprietà terriera. Questo però causò grandi inflazioni. Introdusse nuovi monopoli e il sistema dei “magazzini per la calmierazione dei prezzi”, che compravano i prodotti quando i prezzi erano bassi e li rivendevano quando salivano. Questa politica fallì miseramente. Le stesse persone che dovevano promuoverla erano infatti quelle che ne avevano più svantaggi. Nell’11 d.C il Fiume Giallo ruppe gli argini e cambiò corso, devastando campi e città. Nel 17 d.C. scoppiò una rivolta di un gruppo noto come l’Esercito del Bosco Verde (綠林軍, Lǜlínjūn) e

l’anno successivo un’altro gruppo si sollevò con il nome di Sopraccigli Rossi (赤眉, Chìméi). Nel 20 e nel 22 d.C. l’esercito imperiale cercò di sedare entrambe le rivolte ma fu sconfitto. Nel 23 d.C., l’esercito attaccò l’Esercito del Bosco Verde, comandato da Liú Xiù (劉秀) e Liú Xuán (劉玄), entrambi parte della famiglia imperiale Hàn. Questi non solo riuscirono a sconfiggere l’esercito imperiale, ma riuscirono anche ad arrivare alla capitale e uccisero Wáng Mǎng, ponendo ufficialmente fine alla dinastia Xīn e restaurando la dinastia Hàn.

Hàn Orientali (東漢, Dōng Hàn)25 – 220 d.C.

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Liú Xuán pose la capitale degli Hàn a Luòyáng e cercò immediatamente di stabilizzare l’Impero stabilendo un accordo con i Sopraccigli Rossi. Purtroppo questo piano non andò a buon fine, e nel 25 Liú Xuán venne ucciso. Quello stesso anno, Liú Xiù si proclamò imperatore, e ben presto riuscì a sconfiggere i Sopraccigli Rossi. Liú Xiù abbandonò la politica accentratrice dei suoi predecessori e ritornò alla politica dei primi Hàn: abolì i monopoli, i controlli sui mercanti e il dominio statale sull’agricoltura. Per stabilizzare il potere del governo, egli tentò di aumentare il prestigio delle istituzioni imperiali e introducendo un migliore controllo delle tasse. Durante il regno di Wáng Mǎng, i confini dell’impero erano tornati a destabilizzarsi, quindi Liú Xiù dovette prendere dei provvedimenti. Al contrario della politica degli Hàn Occidentali, egli non tentò di espandere i suoi domini, ma di assorbire le popolazioni ostili. Nel 39, egli permise ai Xiōngnú di stabilirsi nello Shānxī, e nel 44 permise ad altri gruppi di stabilirsi nell’ansa del Fiume Giallo. La popolazione di questi territori fu evacuata. I Xiōngnú meridionali furono ben presto assimilati dalla cultura cinese. Nel 40 scoppiò una rivolta in Vietnam, capeggiata dalle sorelle Trüng. Fu sedata nel 43. Nel 74, il successore di Liú Xiù, Míng (明), attaccò i Xiōngnú settentrionali, che provocavano fastidi. Sotto la pressione dell’esercito cinese, dei Xiōngnú meridionali e dei Xiānbēi (鮮卑), un popolo protomongolo, i Xiōngnú settentrionali furono costretti a ritirarsi, e la zona fu presa dai mongoli, che l’hanno tenuta fino ai giorni moderni. Per finalizzare il controllo dell’Impero sull’Asia Centrale, nel 73 fu mandato nella regione Bān Chāo (班超), che in trent’anni (72 – 102) riuscì a sottomettere tutti gli stati nel bacino del Tarim. Nel 97 Bān Chāo arrivò sulle sponde del Mar Caspio, e inviò uno dei suoi a cercare l’impero di Dàqín (大秦), ossia l’Impero Romano. La missione fallì a causa dell’interferenza dei Parti che si vedevano minacciati da un possibile contatto tra Roma e gli Hàn, allora le due più grandi potenze mondiali. Dopo l’uscita di scena di Bān Chāo, le relazioni con l’Asia Centrale si fecero di nuovo critiche, vennero ristabilite brevemente da Bān Yǒng (班勇), suo figlio, negli anni 123 – 127, per poi venire definitivamente interrotte nel 150.

Dopo la morte dell’Imperatore Zhāng (章), nell’88, salì al trono l’imperatore Hé (和), a soli 10 anni, primo di una serie di imperatori bambini che avrebbe annunciato il declino definitivo della dinastia. A partire dal regno di Hé, infatti, la corte imperiale si divise in due fazioni: da una parte c’erano i parenti delle imperatrici, dall’altra gli eunuchi. Dall’89 al 146, i parenti delle imperatrici detennero il potere sulla corte. Un caso importante è quello di Dòu Xiàn (窦宪), un parente di una delle imperatrici che nel 91 riuscì a impadronirsi delle leve del governo dopo una campagna vittoriosa contro gli Xiōngnú. Nel 147, i poteri si capovolsero. Con l’ascesa al trono di Huán (桓), gli eunuchi riuscirono a prendere il controllo totale della corte. Nel 159 il

reggente Liáng Jì (梁冀) fu costretto al suicidio, e cinque importanti eunuchi ottennero titoli nobiliari e terre, e gli fu permesso di adottare figli, rendendo il loro titolo ereditario. Contro lo strapotere degli eunuchi si formò una fazione all’interno dell’Università Imperiale conosciuta come il nome di Corrente Pura (清流, Qīngliú), che ben presto riuscì a costringere due dei cinque eunuchi al suicidio, e che lavorò per eliminare i sostenitori degli eunuchi a corte. Nel 166, Lǐ Yīng (李膺), riuscì a catturare e a giustiziare il fratello di uno dei cinque eunuchi. Gli eunuchi agirono presto e riuscirono ad arrestare molti esponenti della corrente. Nel 167 salì al trono Líng (靈). Il potere a corte fu dato a Dōu Wǔ (竇武), un simpatizzante della Corrente Pura, e i membri della corrente ottennero cariche importanti. Nel 168, però, gli

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eunuchi attuarono un vero colpo di stato, esautorando l’imperatrice vedova e portando la guardia imperiale dalla loro parte. La Corrente Pura fu sterminata e nel 170, gli eunuchi avevano ottenuto il potere totale a corte. Mentre a corte si svolgevano questi avvenimenti, nelle campagne imperversava la crisi sociale. Il più importante esponente del malcontento popolare era Zhāng Jiǎo (張角), fondatore della setta

taoista della Grande Pace (太平, Tàipíng), che predicava il ritorno di un’età dell’oro. Armati di un grande esercito, essi organizzarono una grande rivolta che avrebbe fatto subentrare il Cielo Giallo al Cielo Blu degli Hàn. Dal colore dei loro copricapi, la ribellione fu chiamata Rivolta dei Turbanti Gialli (黄巾, Huángjīn). La data di inizio della ribellione, il 184, fu scelta con cura, poiché era la fine di uno dei cicli sessagesimali del calendario cinese. Il generale Hé Jìn (何進) riuscì a sconfiggerli solo dopo nove mesi, e la loro sconfitta definitiva avvenne solo diversi anni dopo.Nel frattempo a nord era scoppiata un’altra rivolta, quella della setta delle Cinque Staie di Riso (五斗米, Wǔdǒumǐ), che sarebbe stata sedata definitivamente solo nel 215 a opera di Cáo Cāo. Dopo la rivolta dei Turbanti Gialli, l’Impero cadde nella completa anarchia. I comandanti militari che avevano sedato le ribellioni presto si sollevarono contro il governo stesso, tentando di deporre gli eunuchi e gli imperatori che li avevano sostenuti. Tuttavia deporre gli Hàn non era facile, dal momento che il loro nome era diventato sinonimo del concetto stesso di Impero. La fine degli Hàn arrivò con l’ascesa al trono di Shǎo (少). Il comandante Hé Jìn ordinò al generale

Dǒng Zhuō (董卓) di recarsi alla capitale e deporre gli eunuchi. Questi però vennero a conoscenza del piano, e fecero uccidere Hé Jìn. A questo punto però, il generale Yuán Shào (袁紹) riuscì a penetrare Luòyáng e sterminò tutti gli eunuchi. Nel 190,

Dǒng Zhuō giunse a palazzo e depose Shǎo, sostituendolo con Xiàn (獻). Luòyáng fu saccheggiata, e la capitale trasferita a Cháng’ān. Il regno di Dǒng Zhuō fu crudele, e ben presto venne a formarsi un’alleanza di generali contro di lui. Nel 196, Cáo Cāo (曹操), un potente generale, costrinse l’Imperatore a trasferirsi a Xǔchāng (許昌), e assunse il controllo del governo. A questo punto l’impero era diviso in tre: da una parte c’era Cáo Cāo e quello che rimaneva degli Hàn, nel Sìchuān dominava il generale Liú Bèi (劉備), un membro della famiglia imperiale, e lo Yangzi era sotto il

controllo di Sūn Quán (孫權). L’ultimo tentativo di riunificare l’impero sarebbe

avvenuto nel 208 con la battaglia di Chìbì (赤壁). La dinastia Hàn, priva di qualsiasi potere, sopravvisse fino al 220.

Tre Regni ( 三國, Sānguó)220 – 266

Nel 220, il figlio di Cáo Cāo, Cáo Pī (曹丕) esautorò formalmente la dinastia Hàn e si

proclamò imperatore, fondando la dinastia Cáo Wèi (曹魏), al tempo conosciuta solo

col nome di Wèi. Nel 221, Liú Bèi si dichiarò a sua volta imperatore a Chéngdū (成都), “restaurando” la dinastia Hàn. La sua dinastia sarebbe passata alla storia con il

nome di Shǔ Hàn (蜀漢), o semplicemente Shǔ, dal nome della regione in cui si era

stabilita. Nel 229, anche Sūn Quán si dichiarò imperatore a Jiànyè (建邺), e fondò la

dinastia degli Wú Orientali (東吳, Dōngwú), anche conosciuti come Sūn Wú (孫吳)

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o semplicemente Wú. Gli Wèi tentarono subito di consolidare il loro potere nel nord assumendo al governo uomini fidati e creando un esercito solido, costruito principalmente da “barbari”, e rendendo lo status di soldato ereditario, in modo da potersi assicurare un esercito stabile. Il regno di Shǔ era il più debole militarmente, ma poteva far leva sulla fama del suo re Liú Bèi, che faceva parte della famiglia imperiale Hàn, e del consigliere Zhūgě Liàng (諸葛亮), rinomato stratega e diplomatico. Il regno di Wú era potentissimo dal punto di vista navale, ma soffriva di carenza di uomini, che menomava l’esercito e impediva la formazione di una base fiscale solida. Nel 222, Shǔ, il cui scopo era riunificare l’Impero, ruppe l’alleanza con Wú e attacco, ma fu sconfitto pesantemente. Nel 223, Liú Bèi morì. Zhūgě Liàng tentò più volte di completare il lavoro del suo sovrano, ma non ebbe mai successo. Morì nel 234. Shǔ perse tutto il suo potere e nel 263 fu annesso da Wèi. Il regno di Wèi nel frattempo aveva conosciuto a sua volta un declino delle istituzioni: la famiglia regnante Cáo, infatti, era stata ben presto ridotta a dinastia-fantoccio dei generali della famiglia Sīmǎ (司馬). Nel 266, Sīmǎ Yán (司馬炎) depose i Wèi e

fondò la dinastia dei Jìn (晉). Nel 280 riuscì ad annettere Wú, ripristinando, sebbene, per poco, l’unità imperiale.

Dinastia Jìn (晉朝, Jìncháo)266 – 420

Jìn Occidentali (西晉, Xījìn)266 – 316

Dopo aver unificato l’impero, Sīmǎ Yán tentò di assicurarsi che non si ripetessero colpi di stato e che la sua famiglia rimanesse al potere assegnando territori a propri parenti e dandogli la potestà di riscuotere le tasse, di nominare funzionari e di creare i propri eserciti. Questo però ebbe l’effetto di privare il governo centrale di qualsiasi autorità, e ben presto la dinastia sprofondò in una serie di lotte intestine conosciute come la Guerra degli Otto Principi (八王之亂, Bā Wáng zhī luàn), che sorse dalla

discordia delle due famiglie dominanti Yáng (楊) e Jiǎ (賈) e durò dal 291 al 306,

devastando l’intera Cina del Nord. Un capo Xiōngnú di nome Liú Cōng (劉聰) si assunse il compito di porre fine a questi tumulti e nel 311 conquistò Luòyáng. I Jìn si spostarono a Cháng’ān, ma Liú Cōng conquistò anche quella nel 316, esautorando la dinastia Jìn.

Sedici Regni (十六國, Shíliùguó)304 – 439

Dopo la caduta dei Jìn Occidentali, la Cina del Nord cadde nel caos più totale, trasformandosi in un mosaico di regni effimeri governati per lo più dalle popolazioni “barbare” che si erano stanziate nell’area. La storiografia tradizionale elenca sedici regni principali che si sarebbero avvicendati durante questo periodo. I primi furono i

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regni fondati da Lǐ Xióng (李雄) e da Liú Yuān (劉淵) nel 304. Nel 319, Shí Lè (石勒) fondò gli Zhào Posteriori (後趙, Hòuzhào), che sarebbero rimasti lo stato più

potente fino all’ascesa dei Qín Anteriori (前秦, Qiánqín) nel 351 sotto il comando di

Fú Jiàn (苻健), che nel 383, dopo aver conquistato tutta la Cina del Nord organizzò un attacco contro i Jìn Orientali, che dominavano il Sud, ma fu una disfatta. Dopo la caduta dei Qín la Cina del Nord perse l’ultimo stato solido e sprofondò in una serie di continue guerre tra i regni che nascevano e scomparivano continuamente, e che si sarebbero protratte fino al 439.

Jìn Orientali (東晉, Dōngjìn)317 – 420

Nel 317, a Jiànyè, Sīmǎ Ruì (司馬睿) si dichiarò imperatore, “restaurando” la

dinastia Jìn e rinominando la città Jiànkāng (建康). Il primo problema che la dinastia dovette affrontare fu la registrazione degli immigrati che continuavano a venire dal Nord, e risolsero questo problema adottando due registri diversi per gli immigrati (registri bianchi) e per i nativi (registri gialli). I Jìn Orientali non riuscirono mai a riprendere il controllo sui contadini, e quindi si trovarono in balia dei grandi proprietari che controllavano il governo e l’esercito. La dinastia tentò più volte di riconquistare il nord. Nel 347 fu riconquistato il Sìchuān, ma questo si dimostrò essere l’unico successo che avrebbero avuto, poiché non disponevano di forze militari sufficienti a riprendersi l’intero territorio settentrionale. Nel 404, il generale Liú Yù (劉裕) sconfisse il ribelle Huán Xuán (桓玄), che si era proclamato imperatore, e pose sul trono il legittimo erede dei Jìn, solo per usurpare il trono nel 420, dichiarandosi imperatore della dinastia Liú Sòng (劉宋).

Dinastie del Sud e del Nord (南北朝, Nánběicháo)420 – 589

Sud

La dinastia Liú Sòng inaugurò un periodo di relativa stabilità. Nel 450, la dinastia fu attaccata dai Tuòbá (拓拔) del nord, ma riuscì a resistere, seppur con gravi perdite.

La stabilità dinastica era destinata a finire nel 453, quando l’imperatore Wén (文) fu assassinato dal suo erede, e scoppiò una serie di lotte di corte e intrighi. Nel 479, il comandante delle guardie Xiāo Dàochéng (蕭道成) assunse il potere e fondò la

dinastia dei Qí Meridionali (南齊, Nánqí). Le lotte di corte però non terminarono, e i tentativi del governo centrale di limitare il potere delle grandi famiglie peggiorarono solo la situazione, che fu aggravata ancora di più dalle rivolte popolari scoppiate nel 486. Nel 501, Xiāo Yǎn (蕭衍) prese il potere e fondò la dinastia Liáng (梁). Sotto i Liáng il sud conobbe di nuovo la pace, e il commercio marittimo potè espandersi. La potenza militare, tuttavia, era stata gravemente indebolita dai tumulti delle dinastie precedenti. I Liáng videro un’opportunità quando nel 547 il generale Hóu Jǐng (侯景), che prima serviva i Wèi Orientali, passò dalla loro parte. Acquistato il suo esercito, i Liáng lo mandarono subito contro il suo precedente sovrano, ma Hóu Jǐng fu sconfitto

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e in tutta risposta si rivoltò contro i Liáng. La capitale fu assediata, l’imperatore ucciso e le truppe si diedero al saccheggio. Nel 552 Hóu Jǐng fu sconfitto dal generale Chén Bàxiān (陳霸先), che nel 557 fondò la dinastia Chén (陳). L’ultima delle dinastie meridionali sarebbe sopravvissuta per poco più di un trentennio.

Nord

Nel 336 il popolo Tuòbá aveva fondato lo stato dei Wèi Settentrionali (北魏, Běiwèi). Nel 398 gli Wèi si stabilirono a Píngchéng (平城) e si dichiararono imperatori. Nel 423 occuparono Luòyáng e nel 439 unificarono la Cina del Nord. Con l’ascesa al trono di Xiàowén (孝文) nel 471, i Wèi cominciarono ad attuare una politica di completa sinizzazione dei Tuòbá. Nel 493 la capitale fu spostata a Luòyáng e questi provvedimenti si radicalizzarono: la lingua e i costumi Tuòbá furono vietati e sostituiti dalla lingua cinese, e furono incoraggiati i matrimoni misti. In questo periodo sia nel sud che nel nord si vide un’espansione immensa della religione buddista, incoraggiata dalle dinastie regnanti. Questa sinizzazione forzata ebbe però l’effetto di scatenare il malcontento nelle aristocrazie “barbariche”. Nel 523 scoppiò una rivolta tra le truppe di frontiera in Mongolia e si espanse fino a raggiungere la capitale. Nel 534, lo stato Wèi si divise in due stati separati: i Wèi Orientali (東魏),

con capitale a Yè (鄴), che portò avanti la politica sinizzatrice, e i Wèi Occidentali

(西魏), con capitale a Cháng’ān, che invece ritornarono ai costumi Tuòbá. Dopo la rivolta, il potere nella capitale dei Wèi Orientali non era più tenuto dai Tuòbá, ma dal generale cinese Gāo Huān (高歡), il cui figlio, Gāo Yáng (高洋) si proclamò

imperatore nel 550 e fondò la dinastia dei Qí Settentrionali (北齊), spodestando i

Wèi Orientali. In Occidente la situazione era la stessa. Nel 557, Yǔwén Jué (宇文覺), anch’esso figlio di un generale, si proclamò imperatore e fondò la dinastia dei Zhōu Settentrionali (北周), subentrando ai Wèi Occidentali. Nel 577, i Zhōu Settentrionali conquistariono i Qí Settentrionali, riunificando il Nord. Nel 581, Yáng Jiān spodestò i Zhōu Settentrionali, volgendo la sua attenzione al Sud e alla riunificazione dell’Impero.

Dinastia Suí (隋朝, Suícháo)581 – 618

Appena salito al trono, Yáng Jiān si dedicò subito al compito di riunificare l’Impero, ma prima decise di consolidare il suo potere a Cháng’ān e risolvere i problemi che erano nati nella frontiera settentrionale. Durante il VI secolo in Asia Centrale era sorta una nuova potenza: i Tūjué (突厥), ovvero i Turchi, che erano già riusciti a ottenere il controllo su una grossa parte del continente. Le Dinastie del Nord avevano tentato di mantenere relazioni pacifiche con i Turchi, inviando doni e principesse. Non così i Suí, che intrapresero immediatamente una campagna per rendere i Turchi inoffensivi. Approfittando di una ribellione in seno ai Turchi, Yáng Jiān riuscì a minare il potere dei Turchi Orientali senza neanche aver bisogno delle armi, e riuscì anche a sbarazzarsi dei Turchi Occidentali. Nel 587, i Suí riuscirono a conquistare lo stato dei Liáng Posteriori, e nel 588 inviarono un ultimatum allo stato dei Chén, revocando il loro mandato celeste. Nel 589, Yáng Jiān conquistò i Chén, riunificando totalmente

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l’Impero. Yáng Jiān assunse un atteggiamento “clemente” nei confronti degli ex-avversari: sebbene la capitale venne rasa al suolo e l’aristocrazia trasferita al Nord, l’ex imperatore Chén sarebbe stato trattato con deferenza, i funzionari di alto livello ottennero alte cariche nel nuovo Impero e tutti i cittadini Chén furono esentati dalle tasse per dieci anni. Nonostante questo, nel 590 scoppiarono varie rivolte nel Sud. A riportare l’ordine fu il figlio di Yáng Jiān, Yáng Guǎng (楊廣), grande ammiratore della civiltà meridionale. Egli fece ricostruire la capitale Chén e appoggiò la religione buddista, contribuendo alla rinascita culturale del Sud. Nel 604, Yáng Jiān morì, e Yáng Guǎng salì al trono. Nel 605, fece cominciare la costruzione del Grande Canale Imperiale, lungo più di 2500 km, che collegava il Fiume Giallo con lo Yangzi, e che ebbe un ruolo fondamentale nell’espansione e nell’unificazione che l’Impero conobbe nei secoli successivi. Yáng Guǎng fece costruire una seconda capitale a Luòyáng e riuscì a ottenere tributi dai regni confinanti. Negli anni dal 612 al 614, i Suí organizzarono delle grandi spedizioni militari contro il regno di Koguryo in Corea per evitare che stringesse alleanze con i Turchi, ma senza successo. Le ingenti spese affrontate da queste spedizioni, combinate con il rialzo delle tasse e dei lavori obbligatori per costruire il Canale Imperiale scatenarono rivolte nell’aristocrazia e nel popolo. Nel 615 anche i Turchi Orientali si ribellarono e per poco non uccisero l’Imperatore. Nel 616 Yáng Guǎng si recò con tutta la corte a Sud. Nel 618 fu assassinato dal figlio di uno dei suoi generali, e la dinastia Suí ebbe fine.

Dinastia Táng (唐朝, Tángcháo)618 – 907

Nel 617, un generale stanziato nello Shānxī di nome Lǐ Yuān (李淵) giunse alla conclusione che per ristabilire l’ordine nell’Impero sarebbe stato necessario fondare una nuova dinastia. Per raggiungere questo scopo, egli ottenne l’alleanza del Qaghan dei Turchi Orientali e riuscì a occupare Cháng’ān, ponendo un nipote di Yáng Guǎng

sul trono con il titolo di Supremo Imperatore in Ritiro. Nel 618, con l’assassinio di Yáng Guǎng, egli assunse il titolo imperiale e fondò la nuova dinastia Táng. A quel

tempo nell’Impero agivano più di duecento organizzazioni ribelli ed erano state dichiarate molteplici nuove dinastie. Lǐ Yuān impiegò tutte le sue forze per riconquistare l’Impero. Con i capi minori e con coloro che si arrendevano fu

clemente, dando titoli e mantenendo i funzionari nelle loro cariche, mentre con coloro che opponevano resistenza fu spietato. Nel 624 i Táng controllavano tutto il territorio dell’Impero. Nel 626, Lǐ Yuān dovette cedere il trono a suo figlio Lǐ Shìmín (李世民)

dopo che quest’ultimo aveva ucciso il principe ereditario e un suo fratello in un’imboscata e costretto suo padre ad abdicare. Nonostante il metodo con cui egli

ottenne il trono, che andava contro tutte le leggi confuciane di pietà filiale, Lǐ Shìmín, conosciuto come Tàizōng (太宗) fu considerato dalla storiografia ufficiale uno dei

migliori imperatori nella storia della Cina, e fu preso a modello per secoli, soprattutto per le sue relazioni con i ministri e per aver saputo equilibrare il governo militare con

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quello civile. Tàizōng riportò la Cina alla grandezza degli Hàn, e inaugurò un periodo di stabilità senza precedenti. Durante il suo regno, il problema dei Turchi venne risolto in maniera definitiva: le tribù turche avevano continuato a minacciare le

frontiere cinesi durante tutto il regno di Lǐ Yuān, e solo la morte del Qaghan nel 619 gli aveva impedito di invadere la cina. Il nuovo Qaghan, Illig, attaccò la Cina

all’inizio del regno di Tàizōng e per poco non conquistò la capitale. Furono necessarie ingenti somme di denaro per convincerli ad allontanarsi. Nel 627-628, però, la

potenza turca fu scossa da una serie di rivolte all’interno del loro dominio. Tàizōng ne approfittò per eliminare uno stato controllato dal Qaghan e per guidare una campagna contro quest’ultimo, che venne fatto prigioniero e nel 630 dichiarò Tàizōng Qaghan Celeste, ponendo i Turchi sotto il dominio cinese. Sistemato il problema dei Turchi

Orientali, Tàizōng volse la sua attenzione verso il bacino del Tarim, dove regnavano i Turchi Occidentali, che nel 630 avevano subito violente rivolte. Nel 640, i Táng

conquistarono il regno di Karakhoja, e lo resero la capitale del Protettorato Generale per la Pacificazione dell’Occidente. Nel 649, la sede fu spostata a Kucha. La potenza

militare Táng fu usata soprattutto per controllare le popolazioni confinanti. In particolare, nel 634 furono stabiliti i primi contatti con l’allora nascente regno del

Tibet. I Táng, diventati ormai la maggiore potenza mondiale, ricevettero ambasciate da ogni parte dell’Asia. Nel 638 il principe persiano Firuz giunse a corte chiedendo

l’appoggio dei sovrani Táng contro gli Arabi. L’appoggio gli fu negato, e fino alla sua morte, Cháng’ān sarebbe rimasta l’ultimo bastione della dinastia sasanide. L’unico

problema che Tàizōng non risolse fu quello del regno di Koguryo. Le due spedizioni inviate nel 645 e nel 647 furono entrambe fallimenti. Nel 648, Tàizōng pianificò una

grande spedizione che avrebbe dovuto porre fine al problema, ma la sua morte ne impedì l’attuazione. Nel 649 salì al trono il figlio di Tàizōng, Lǐ Zhì (李治), con il

nome di Gāozōng (高宗). Il suo regno non fu fondamentalmente diverso da quello di suo padre, ma ebbe una svolta nel 655, quando ascese al trono l’imperatrice Wǔ Zhào (武曌), meglio nota con il nome di Wǔ Zétiān (武则天), che riuscì a sollevarsi dallo status di concubina a quello di Imperatrice in pochi anni, eliminando i rivali politici, tra i quali Zhǎngsūn Wújì (長孫無忌) e Chǔ Suìliáng (褚遂良), due dei consiglieri

imperiali, ma risparmiando il terzo, Lǐ Shìjī (李世勣), che la sosteneva. Nel 660, Gāozōng fu colpito da paralisi e perse la vista, diventando inadatto al governo. Da quel momento, Wǔ Zétiān ottenne il potere effettivo a corte. In questo periodo fu

organizzata un’imponente spedizione militare contro il regno di Koguryo, con l’appoggio del regno di Silla, in Corea. Nel 668, la capitale di Koguryo, P’yongyang, venne conquistata e il regno annesso ai Táng. Tuttavia questa situazione non durò a lungo. Nel 676, una serie di rivolte costrinsero il Protettorato Generale Coreano a

spostarsi, e pochi anni dopo Silla annesse Koguryo, unificando la Corea. Le frontiere meridionali e settentrionali tornarono a dare problemi. Negli anni dal 600 al 700 i Tibetani continuarono a lanciare attacchi contro i Táng, e nel 682 Elterish Qaghan

riuscì a ristabilire la confederazione dei Turchi Orientali. Nel 683 Gāozōng morì e gli successe Zhōngzōng (中宗). Zhōngzōng però si dimostrò poco ricettivo ai

“suggermenti” della madre, quindi Wǔ Zétiān fece emanare un editto di deposizione e pose sul trono il fratello Ruìzōng (睿宗), dichiarandosi supermo arbitro dell’Impero,

spostando la capitale a Luòyáng e facendovi edificare numerosi templi ai suoi antenati. Nel 684, Lǐ Jìngyè (李敬業) organizzò una rivolta per rimettere Zhōngzōng

sul trono. La rivolta fu presto sedata, ma Wǔ Zétiān ne approfittò per instaurare un regno del terrore sull’Impero, instaurando una rete di spie e eliminando tutti gli

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avversari politici. Dopo aver preparato una serie di “presagi” e aver diffuso il Sutra della Grande Nube che annunciava la reincarnazione di Maitreya come divinità

femminile, nel 690 Wǔ Zétiān assunse il titolo imperiale e fondò la dinastia Zhōu. Sarebbe stata la prima e ultima Imperatrice Regnante della Cina.

Interregno Zhōu (周)690 – 705

Il regno Wǔ Zétiān fu aspramente criticato dalla storiografia confuciana dei secoli successivi. Tuttavia, esso ebbe i suoi lati positivi: Wǔ Zétiān consolidò definitivamente il sistema degli esami imperiali e contribuì all’indebolimento dell’aristocrazia del Nord-Ovest, che fino ad allora era stata il più grande pericolo alla continuità dinastica. Per quanto riguarda la questione della successione, l’Imperatrice si astenne a lungo dalla decisione, e nel 698 dichiarò Zhōngzōng suo erede. Nel 705 un gruppo di cospiratori entrarono a corte, costrinsero Wǔ Zétiān ad abdicare e posero Zhōngzōng sul trono, restaurando la dinastia Táng.

Restaurazione Táng

Dopo il suo ritorno al trono, Zhōngzōng si dimostrò subito un sovrano inetto, completamente in balia della sua consorte, l’Imperatrice Wéi (韋), che subito tentò di nominare sua figlia erede al trono e ricorse alla vendita illegale di titoli e status per arricchire la sua famiglia. Nel 710 Zhōngzōng morì, probabilmente avvelenato dall’imperatrice. Wéi tentò subito di rinnovare l’esperienza di Wǔ Zétiān, ma fu fermata da sua figlia e da un figlio di Ruìzōng, Lǐ Lóngjī (李隆基). Essi riuscirono ad eliminare l’Imperatrice Wéi e i suoi seguaci e posero Ruìzōng sul trono, nominando Lǐ Lóngjī erede al trono. Nel 712, Ruìzōng abdicò a favore di Lǐ Lóngjī, che salì al trono con il nome di Xuánzōng (玄宗), sotto la spinta della principessa Tàipíng, che sperava di ottenere potere attraverso il nuovo imperatore, che però se ne sbarazzò presto. Il regno di Xuánzōng è stato in assoluto il regno più lungo nella dinastia Táng, ed è possibile dividerlo in tre periodi distinti per quanto riguarda la politica. La prima fase corrisponde alla carica dei consiglieri Yáo Chóng (姚崇) e Sòng Jǐng (宋璟), entrambi ufficiali sorti grazie al sistema di esami istituiti da Wǔ Zétiān. Le riforme di questo periodo riguardarono principalmente il miglioramento dell’apparato burocratico e fiscale e l’elezione dei ministri. Vennero inoltre rivisti i codici civile e penale, e si cercò di far fronte ai problemi di approvvigionamento della capitale Cháng’ān, che si erano aggravati dopo una serie di calamità naturali. La capitale fu

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spostata diverse volte da Cháng’ān a Luòyáng. Nella prima fase del regno di Xuánzōng, anche i problemi delle frontiere sembrarono risolversi: i Tibetani furono sconfitti, i Turchi non costituivano più una minaccia da quando il Qaghan era morto, e le popolazioni dell’est tornarono a versare tributi. Questo ebbe a che fare con la riforma dell’esercito, che non era più mobilitato dalla capitale, ma era costituito da contingenti permanenti capitaneggiati da un Governatore Militare stanziati sulle frontiere. All’inizio ai Governatori Militari spettava solo il controllo delle milizie, ma ben presto anche il potere civile cadde nelle loro mani. Nel 720 Sòng Jǐng morì, dando inizio alla seconda fase del regno di Xuánzōng. In questo periodo nacquero delle contraddizioni in seno alla corte imperiale tra il gruppo di funzionari eletto tramite gli esami, il cui principale esponente era Zhāng Yuè (張說), e l’aristocrazia del Nord-Ovest, che era riuscita a riguadagnare il suo posto a corte, capitaneggiata da Yǔwén Róng (宇文融) e Lǐ Línfǔ (李林甫). La lotta durò per qualche anno fino a che, nel 726, i membri dell’aristocrazia non riuscirono a condannare Zhāng Yuè per varie accuse, ottenendo il controllo sulla burocrazia. Il nuovo governo fu quindi comandato da Yǔwén Róng e Péi Guāngtíng (裴光庭), che per prima cosa introdusse delle riforme sulla nomina dei funzionari che assicurasse un posto privilegiato basato sull’anzianità e non sulla carriera accademica. Nel 733, Péi Yàoqīng (裴耀卿) risolse

i problemi dell’approvvigionamento della capitale, e Zhāng Jiǔlíng (張九齡) abrogò le riforme di Péi Guāngtíng, permettendo anche agli studenti delle scuole locali di entrare nella burocrazia. Nel 736, Lǐ Línfǔ riuscì a sbarazzarsi dei suoi rivali e assunse il potere assoluto a corte, dominando ogni aspetto del governo. Questo segnò l’inizio della terza fase del regno di Xuánzōng, aspramente criticata dagli storiografi successivi. In questa fase i Governatori Militari erano ormai diventati un’istituzione separata dal governo centrale, e l’esercito era tutto dislocato alle frontiere. Nel 737, il sistema di nomina dei soldati eliminò le milizie introducendo il volontariato. In questo periodo, inoltre, le lotte interne della corte imperiale si inasprirono ulteriormente, indebolendo il governo centrale. Nel 751 le regioni di frontiera erano tutte comandate da generali non cinesi, il più importante dei quali era Àn Lùshān (安祿山).

Nel 745, Xuánzōng si innamorò follemente della sua concubina Yáng Yùhuán (楊玉環), meglio conosciuta con il nome di Yáng Guìfēi (楊貴妃), e tentò in ogni modo di privilegiare la sua famiglia a corte. Tra i funzionari nominati in questo periodo ci fu Yáng Guózhōng (楊國忠), che da subito intraprese una lotta senza quartiere conro Lǐ Línfǔ. Questi morì nel 752, e Yáng Guózhōng divenne Grande Consigliere, ma ben presto fu chiara la sua incompetenza in questo ruolo. Nel frattempo, una nuova minaccia si era manifestata sulle frontiere occidentali: gli Arabi. Nel 751, le truppe cinesi persero un’importante battaglia sul fiume Talas, permettendo all’Islam di penetrare in Cina e dando inizio all’inarrestabile islamizzazione dell’Asia Centrale. Nelle frontiere la situazione cominciò a farsi critica: i tibetani ricominciarono a condurre scorrerie in Cina e nel 751, lo stato di Nánzhào (南詔), stabilito proprio per far fronte ai tibetani, si ribellò, sconfiggendo le truppe di frontiera. In questo periodo si inasprirono le rivalità tra Yáng Guózhōng e Àn Lùshān. Yáng Guózhōng continuava ad insistere presso l’imperatore che Àn Lùshān venisse destituito, accusandolo di star preparando una ribellione. Nel 755, le sue predizioni si avverarono, e Àn Lùshān scatenò una terribile rivolta, conquistando Luòyáng e dichiarandosi imperatore. Il comandante delle forze armate della capitale, Gēshū Hàn (哥舒翰), riteneva che la priorità dovesse essere la difesa della capitale, ma Yáng

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Guózhōng, che non si fidava di lui, insistette per un offensiva immediata. Gēshū Hàn dovette obbedire, e il risultato fu disastroso, lasciando la capitale priva di difese e costringendo la corte ad abbandonare Cháng’ān e a dirigersi a Sud. Yáng Guózhōng fu ucciso dalla sua stessa scorta durante il viaggio, e Yáng Guìfēi, considerata responsabile, fu giustiziata. Questo episodio diede inizio all’inarrestabile decadenza dei Táng. Lasciata Cháng’ān, Xuánzōng fu dichiarato Supremo Imperatore in Ritiro, e il trono passò al principe ereditario Sùzōng (肅宗), che nel frattempo si era stabilito a Língwǔ

(靈武). Ben presto, egli riuscì a ottenere il controllo dell’esercito centrale, mentre le truppe ribelli furono colpite da una serie di lotte intestine che ne minarono il potere. Nel 757, Àn Lùshān fu assassinato da suo figlio, che si proclamò imperatore. Questo causò uno scisma tra le truppe a lui fedeli e quelle sotto il controllo del generale Shǐ Sīmíng (史思明), che lo ritenevano un usurpatore. Le forze Táng ne approfittarono e quello stesso anno riconquistarono Cháng’ān. Dopo la riconquista, sembrò che la ribellione fosse finita, e nel 758 Shǐ Sīmíng si sottomise ai Táng. La situazione però si fece di nuovo drastica nel 759, quando Shǐ Sīmíng tornò a ribellarsi, dichiarandosi imperatore e conquistando Luòyáng. La situazione di stallo continuò fino al 761, quando Shǐ Sīmíng fu assassinato da suo figlio. Nel 763 salì al trono l’imperatore Dàizōng (代宗), che riconquistò Luòyáng, ponendo fine una volta per tutte alla rivolta di Àn Lùshān. Questo periodo segnò profondamente la storia cinese, inaugurando il declino dell’aristocrazia del Nord-Ovest e la fine del potere centralizzato dei Táng, che ormai si era distribuito tra i vari Governatori Militari. La dinastia Táng riuscì a sopravvivere solo a causa dell’eccezionale boom economico che seguì la rivolta. Le frontiere, però, erano ormai perse: al nord, la Cina perse qualsiasi controllo sull’Asia Centrale, e al sud i tibetani si fecero sempre più aggressivi. Nonostante ciò, i Táng riuscirono a ristabilire un buon dominio sul territorio, soprattutto al Sud. Nel 780 salì al trono l’imperatore Dézōng (德宗), che introdusse importanti riforme fiscali. Nel 781, morì l’ultimo dei ribelli ancora a capo delle loro regioni, e Dézōng si rifiutò di nominare suo figlio erede. Questo scatenò una serie di rivolte che si protrassero fino al 784. Nell’806 salì al trono Xiànzōng (憲宗), che fu l’ultimo a tentare di riportare il potere centralizzato in mano ai Táng, tanto che alla sua morte, nell’820, tutto l’Impero era tornato sotto il controllo diretto dei Táng. Questo stato tuttavia non durò a lungo: il suo successore Mùzōng (穆宗) tentò di togliere potere ai Governatori regionali, eliminando effettivamente qualsiasi esercito di cui l’Impero potesse disporre. La situazione fu aggravata da una serie di conflitti all’interno della corte, nei quali gli eunuchi giocarono una parte importante, poiché essi avevano l’effettivo controllo sulla guardia imperiale. La politica continuò a deteriorarsi fino all’875, quando un mercante di sale di nome Huáng Cháo (黃巢) scatenò una rivoluzione e riuscì a conquistare Cháng’ān nell’881, proclamandosi imperatore. La risposta dell’Impero fu immediata e Huáng Cháo, incapace di far fronte alla situazione, si suicidò nell’884. Nell’896, il generale Zhū Wēn intraprese una campagna per eliminare gli eunuchi, che ebbe successo nel 903, con un vero e proprio massacro a corte. Nel 904, dopo aver assassinato l’allora imperatore Zhàozōng (昭宗), egli mise sul trono un imperatore fantoccio. Nel 907, Zhū Wēn pose ufficialmente fine alla dinastia Táng, dichiarandosi imperatore della dinastia dei Liáng Posteriori, con capitale Kāifēng (開封).

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Cinque Dinastie e Dieci Stati (五代十國, Wǔdài Shíguó)907 - 979

Tra la caduta dei Táng e l’ascesa dei Sòng si susseguirono in Cina diverse unità statali effimere, divise dalla storiografia tradizionale in cinque dinastie (poiché si pensava che portassero avanti la tradizione Táng) e dieci stati. Delle cinque dinastie, quella che durò di più fu quella dei Liáng Posteriori (後梁, Hòuliáng), che durò dal 907 al 923. Nonostante dipinto in cattiva luce, il fondatore dei Liáng Posteriori, Zhū Wēn contribuì a importanti riforme, soprattutto per quanto riguarda i comandanti militari, il cui potere venne ridotto. I Liáng Posteriori furono abbattuti da Lǐ Cúnxù (李存勖),

un generale turco (Shatuo) che fondò la dinastia dei Táng Posteriori (後唐, Hòutáng), considerandosi erede dei Táng, dal momento che ne condivideva il cognome. Nel 936, tuttavia, la sua dinastia fu abbattuta da Shí Jìngtáng (石敬塘),

che con l’aiuto delle tribù Qìdān (契丹) riuscì a conquistare i territori dei Táng e a

fondare i Jìn Posteriori (後晉, Hòujìn), tuttavia, in cambio dell’aiuto, i Qìdān chiesero il vassallaggio dei Jìn Posteriori, e ben presto invasero il territorio della dinastia e conquistarono la capitale, nel 947. L’intervento di un altro generale, Liú Zhiyuan (?), li fece ritirare, e la dinastia degli Hàn Posteriori (後漢, Hòuhàn) fu

fondata. Il suo regno fu eccezionalmente breve, poiché nel 951, Guō Wēi (郭威) conquistò tutta la Cina del Nord e la unificò sotto il regno della dinastia dei Zhōu Posteriori (後周, Hòuzhōu). Di tutte le Cinque Dinastie, questa fu quella che mise in atto più riforme, tra le quali riforme monetarie e fiscali, bonifiche e provvedimenti per l’agricoltura. Al Sud, la situazione era ancora più instabile. I Dieci Regni di cui la storiografia tradizionale parla sono: il regno di Wú (吳), fondato da Yáng Xíngmì

(楊行密) nel 920 e conquistato dai Táng Meridionali nel 937; il regno di Wúyuè (吳越), fondato da Qián Liú (錢鏐) nel 907 e conquistato dai Sòng nel 978; il regno

degli Hàn Meridionali (南漢), fondato da Liú Yǐn (劉隱) nel 907 e conquistato dai

Sòng nel 971; lo stato di Chǔ (楚), fondato da Mǎ Yīn (馬殷) nel 907 e conquistato

dai Táng Meridionali nel 951; il regno degli Shǔ Anteriori (前蜀, Qiánshǔ), fondato

da Wáng Jiàn (王建) nel 907 e conquistato dai Táng Posteriori nel 925; il regno di

Mǐn (閩), fondato da Wáng Shěnzhī (王審知) nel 909 e conquistato dai Táng

Meridionali nel 945; il regno di Jīngnán (荆南), fondato da Gāo Jìxìng (高季興) nel

924 e caduto nel 963; il regno degli Shǔ Posteriori (後蜀, Hòushǔ), fondato da Mèng

Zhīxiáng (孟知祥) nel 934 e caduto nel 965; il regno dei Táng Meridionali (南唐,

Nántáng), fondato da Xú Zhīgào (徐知誥) nel 937 e caduto nel 975; e il regno degli

Hàn Settentrionali (北漢, Běihàn), fondato da Liú Chóng (劉崇) nel 951 e caduto nel 979, e l’unico dei Dieci Stati che si trovava al Nord.Gli ultimi quattro Stati furono tutti conquistati dai Sòng.

Dinastia Sòng (宋朝, Sòngcháo)960 – 1279

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Sòng Settentrionali (北宋, Běisòng)960 - 1127

Nel 960, il generale Zhào Kuāngyìn (趙匡胤) dei Zhōu Posteriori riuscì a salire al

trono con il nome di Tàizǔ (太祖) e fondò la dinastia Sòng. Nei quindici anni a seguire, egli conquistò la maggior parte degli stati del Sud, e il suo successore, Tàizōng (太宗) proseguì il lavoro conquistando gli stati di Wúyuè e degli Hàn Settentrionali. Nel 979, la Cina era nuovamente unita. Tàizǒng tentò anche di conquistare le prefetture del nord sotto il controllo dei Qìdān, ma fallì ripetutamente e dovette rinunciare. In netto contrasto coi Táng, le cui mire espansionistiche miravano all’Ovest e al Nord, i Sòng mirarono invece all’Est e al Sud. In tutti i suoi tre secoli di vita, la dinastia Sòng non usò mai il pieno potenziale del suo esercito, sebbene venisse minacciata costantemente dai vari stati sino-barbarici che la circondavano: il potente impero Liáo (遼), al nord, comandato dai Qìdān, a cui succedettero i Jīn (金),

comandati dagli Jurchen e infine gli Yuán (元), comandati dai Mongoli, e il regno

degli Xià Occidentali (西夏, Xīxià) ad ovest. I rapporti migliori si ebbero tra i Sòng e

il regno di Dàlǐ (大理), che forniva cavalli. I Sòng non riuscirono mai a riconquistare il Vietnam, che nel 968 si era dichiarato un impero indipendente. I Sòng attuarono un’accorta politica volta a cancellare lo strapotere militare che aveva causato la caduta dei Táng, e ben presto l’esercito perse tutto il prestigio di cui aveva goduto durante la precedente dinastia, e fu sostituito dai letterati e dagli agricoltori del Sud.Dopo una serie di invasioni da parte dell’Impero Liáo, i Sòng riuscirono a firmare un trattato di pace coi Qìdān nel 1005, in base al quale i due imperi si riconoscevano a vicenda, e i Sòng pagavano un grosso tributo ai Liáo. Nel 1044 fu firmato un trattato di pace con gli Xià Occidentali, e i Sòng si impegnarono a pagare un tributo anche ad essi. Le schermaglie tra i due stati, tuttavia, continuarono, senza significativi avanzamenti da nessuna delle due parti. I Sòng operarono importanti riforme in campo commerciale e politico, istituendo corpi di controllo dei commerci del té, del riso e marittimo. I Sòng inoltre presero il controllo diretto delle istituzioni di beneficenza (orfanotrofi, ospedali etc.), finora controllate dalla chiesa buddista. L’aumento delle spese creò inflazione, e per farvi fronte i Sòng tentarono di aumentare la circolazione monetaria, ma senza successo. Tra il 993 e il 995 ci fu una breve rivolta che portò alla fondazione del regno dei Grandi Shǔ, ben presto riassimilato. Nel 1000, vi fu un’altra rivolta, questa volta di origine militare, e nel 1052 una ribellione di aborigeni scosse il Sud. Questa serie di rivolte non bastò tuttavia a menomare il potere dei Sòng, ma anzi contribuirono alla dinamicità sociale della dinastia. Ben presto i letterati si divisero in due fazioni: i “radicali”, favorevoli alle riforme, e i “moderati”, che ritenevano la classe governante eticamente superiore e quindi non bisognosa di riforme. Questi ultimi si divisero in diverse fazioni. Questa lotta politica si intensificò quando nel 1068 salì al potere lo statista Wáng Ānshí. Già nel 1058, egli aveva cominciato a farsi notare mandando all’imperatore una lista di riforme che secondo lui erano necessarie per il benessere dello stato, ma fu l’imperatore Shénzōng (神宗) che lo nominò capo dell’amministrazione statale. Le sue riforme coinvolsero tutti gli aspetti dello Stato, dall’economia alle istituzioni all’esercito, e mirarono soprattutto a favorire i piccoli commercianti e i piccoli proprietari, in un tentativo di rafforzare la pace e il benessere dello stato. Egli introdusse i prestiti agrari, dati in primavera e restituiti con gli interessi al momento del raccolto, per staccare i contadini dai debiti con i grandi proprietari e istituì il

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controllo statale sul commercio, sconfiggendo gli speculatori e gli usurai. Introdusse anche un nuovo sistema di milizie nel quale le armi erano fornite direttamente dallo Stato, riducendo i costi della difesa. Ci fu anche una grande riforma degli esami, nella quale non era più richiesta solamente la conoscenza dei classici, ma anche conoscenze pratiche in molti campi. Queste riforme purtroppo non ebbero lunga durata: nel 1085, l’imperatore Shénzōng morì, e gli successe Zhézōng (哲宗), che portò al potere il partito dei “moderati”, che abrogarono tutte le riforme di Wáng Ānshí. La lotta politica tra le due fazioni allora si inasprì ancor di più e paralizzò effettivamente la burocrazia imperiale. Dopo la morte di Sīmǎ Guāng (司馬光), maggior esponente dei “moderati”, nel 1086, questa fazione cadde in una serie di lotte intestine e fu allontanata da corte nel 1094. Con la salita al trono di Huīzōng (徽宗), nel 1101,

tornarono al potere i “radicali” e fu nominato primo ministro Cài Jīng (蔡京), eminente calligrafo e pittore e uomo di vasta cultura. Le sue riforme non riuscirono tuttavia a rimarginare i problemi economici della dinastia, dovuti alla concentrazione del potere fondiario e all’evasione fiscale. Nel 1120 scoppiò la famosa ribellione di Fāng Là (方臘), ispirata al manicheismo e quindi sia politica che religiosa. I Sòng riuscirono a ristabilire l’ordine, ma la crisi perdurava. Nel 1115, al nord era sorta una nuova potenza: lo stato Jurchen dei Jīn. I Sòng strinsero ben presto un’allenza in funzione anti-Qìdān, e in poco tempo l’impero Liáo cadde e fu sostituito dai Jīn. I Sòng tentarono di approfittarne per espandersi al nord, ma questo provocò la reazione dei Jīn, che nel 1127 conquistarono Kāifēng, facendo prigioniera tutta la corte, compreso l’imperatore e il suo successore Qīnzōng (欽宗). Il nono figlio di Huīzōng, che si trovava a sud, scampò la cattura e rifondò la dinastia con il nome di Gāozōng (高宗).

Sòng Meridionali (南宋, Nánsòng)1127 – 1279

La restaurazione della dinastia fu un processo disperato: nel 1129 Gāozōng fu costretto ad abdicare per alcune settimane da un colpo di stato militare, e nel 1138, a causa di continui attacchi Jurchen, la capitale dovette essere spostata da Nanchino a Hángzhōu (杭州), che prese il nome di Xíngzài (行在), o “residenza provvisoria”.La dinastia inoltre dovette far fronte a una rivolta di vaste proporzioni tra il 1130 e il 1135 e alla divisione tra le due fazioni dei militari, comandati da Yuè Fēi (岳飛), che insistevano per un’offensiva immediata contro i Jīn e degli agrari, comandati da Qín Guì (秦檜), che invece voleva terminare le ostilità. Alla fine, nonostante le continue vittorie riportate da Yuè Fēi, la carica di primo ministro fu affidata a Qín Guì, che nel 1140 richiamò Yuè Fēi alla capitale e lo fece giustiziare. Questo episodio è passato alla leggenda, che considera Yuè Fēi un eroe e Qín Guì un traditore. Nel 1142 i Sòng si riconobbero stato vassallo dei Jìn e si impegnarono a pagare un ingente tributo. La fazione militare sarebbe salita al potere brevemente per due altre volte, senza però riuscire a ottenere grandi risultati. Nel 1208, i Jīn aumentarono i tributi richiesti ai Sòng. Nel 1221, i Sòng si allearono con la nascente potenza mongola degli Yuán per sconfiggere i Jīn. Nel 1260, la carica di primo ministro fu data a Jiǎ Sìdào (賈似道), che tentò di ristabilire l’equilibrio statale con riforme volte all’espropriazione delle terre dei grandi proprietari e alla diminuzione del potere militare. Questo provocò l’ira di molti generali, che passarono dalla parte del nemico. Nel 1273, l’esercito mongolo

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conquistò la capitale, e nel 1279, i Mongoli posero ufficialmente fine al dominio Sòng.

Dinastia Liáo (遼朝, Liáocháo)

907 – 1125

I Qìdān erano un popolo mongolo stanziato sulle rive del fiume Liáo nella Cina settentrionale. La dinastia che prendeva il nome da questo fiume fu fondata da Ābǎojī (阿保機) quando nel 916 si dichiarò Augusto Imperatore Celeste. I Liáo conquistarono in breve tempo tutti i regni “barbarici” presenti nel Nord e nel 947 conquistarono Kāifēng. Restarono la potenza prevalente nel Nord fino all’arrivo dei Jīn. I Sòng tentarono più volte di riconquistare le aree che i Liáo avevano preso, ma sempre senza successo. La pace del 1005 permise ai Qìdān di avvantaggiarsi del lucroso commercio di cavalli con i Sòng. Le ostilità con i Sòng ripresero in occasione della rivolta degli Jurchen, che nel 1125 ebbero la meglio sui Qìdān, che furono costretti a fuggire.

Dinastia Xià Occidentale (西夏, Xīxià)1038 – 1227

Il popolo Dǎngxiàng (党項), o Tanguta, che durante il regno dei Táng erano stanziati nel nord, con l’avvento dei Sòng si allearono con la dinastia in funzione anti-Qìdān, e assunsero il cognome della famiglia imperiale. La situazione cambiò nel 990, quando il loro capo Lǐ Yuánhào (李元昊) si dichiarò sovrano dello Stato di Xià e nel 1038 si proclamò imperatore, fondando la dinastia degli Xià Occidentali. Egli si alleò con i Qìdān ed entrò in aperto conflitto con i Sòng. La fine del conflitto arrivò solo con la pace del 1044. Pochi anni dopo, nel 1049, dovettero riconoscere la supremazia dei Qìdān. L’avvento dei Jīn diede nuova potenza agli Xià Occidentali, che poterono sottrarsi, in un primo tempo, agli attacchi dei mongoli, dei quali comunque diventarono vassalli. Nel 1227 tentarono di sottrarsi al dominio mongolo alleandosi coi Jīn, ma fallirono, provocando la dura reazione dei mongoli che misero fine al loro impero.

Dinastia Jīn (金朝, Jīncháo)1115 – 1234

Le popolazioni Jurchen, in cinese Nǚzhēn (女眞), erano vassalle dei Liáo. Nel 1115 il loro capo Āgǔdǎ si proclamò imperatore della nuova dinastia Jīn e travolse la dinastia Liáo, catturandone l’imperatore nel 1125, e conquistando nel 1126 la capitale dei Sòng, Kāifēng. Ben presto si espansero in tutto il nord della Cina. Nel 1142, i Sòng si dovettero dichiarare vassalli dell’Impero Jīn. La segregazione della popolazione

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cinese e le gravi imposte stabilite dai Jīn scatenarono presto il malcontento nella popolazione e la dinastia dovette affrontare varie rivolte che la indebolirono fortemente. Nel 1214, i Jīn furono costretti a trasferire la loro capitale da Pechino a Kāifēng, ma ormai erano troppo deboli, e nel 1234 furono conquistati dai Mongoli.

Dinastia Yuán (元朝, Yuáncháo)1271 – 1368

La potenza dell’Impero Mongolo cominciò con la nomina, nel 1206, di Temujin a capo supremo di tutte le tribù Mongole, con il nome di Genghis Khan. Ben presto le azioni militari del Khan espansero l’Impero Mongolo su tutta l’Asia e parte dell’Europa. Nel 1211, Genghis Khan cominciò ad attaccare gli imperi di Jīn e Xīxià, ma fu ucciso nel 1227. Gli Xià Occidentali vennero comunque sconfitti, e nel 1229 fu eletto successore Ögedei Khan. Nel 1234 l’impero Jīn fu definitivamente soggiogato. A questo punto i mongoli si trovarono ad affrontare un problema: per governare i cinesi era necessario adattarsi alla loro civiltà. Fu Yēlǜ Chǔcái, un Qìdān a convincere il Khan alla politica di sinizzazione. Da questo momento i mongoli cominciarono ad applicare sulla Cina una politica di origine cinese, reintroducendo le istituzioni e le leggi cinesi. L’ascesa di Kublai Khan fu ritardata da alcune lotte di successione nell’impero Mongolo, facendo credere ai Sòng di essere superiori agli avversari. Le ostilità ripresero ben presto, e nel 1276 la capitale dei Sòng fu conquistata e la famiglia imperiale fatta prigioniera. Nel 1279 i mongoli controllavano tutta la Cina.Nel 1249 ascese a corte Liú Bǐngzhōng, consigliere cinese che contribuì fortemente alla politica di sinizzazione dei Mongoli, tanto che nel 1267 la capitale fu spostata a Pechino (Khanbaliq), e ancora prima dell’annessione dell’intera Cina, Kublai diede alla sua dinastia il nome cinese di Yuán, nel 1271. Ai cinesi fu tuttavia proibito l’uso delle armi e l’apprendimento della lingua mongola. I Mongoli ripresero una politica espansionistica, mancante durante l’epoca Sòng, senza però grossi successi. Nel 1274 e di nuovo nel 1281 fu tentata la conquista del Giappone, ma fallì entrambe le volte. I Mongoli non riuscirono mai a stabilire un dominio stabile sul sud-est asiatico. Dopo la morte di Kublai, la dinastia Yuán cominciò a disfarsi, principalmente a causa delle lotte tra i principi mongoli che desideravano ritornare alle abitudini nomadiche del loro popolo e quelli invece che volevano portare ancora avanti la sinizzazione del poplo Mongolo. La popolazione inoltre aveva sviluppato una forte insofferenza nei confronti degli Yuán, poiché questi si erano dimostrati incapaci di incentivare l’agricoltura, ma anzi abbassarono il tenore di vita dei contadini, che si videro poveri e affamati mentre i mongoli vivevano nei fasti della capitale. Inoltre le tasse gravavano pesantemente sulla popolazione cinese, mentre le popolazioni centrasiatiche avevano uno status privilegiato. Nel 1352 e nel 1351 scoppiarono terribili rivolte. Le rivolte furono organizzate dalle società secrete, in particolare da quella del Loto Bianco (白蓮). Nel 1351 scoppiò la rivolta dei Turbanti Rossi (紅巾), che diede inizio a una serie di rivolte sempre più gravi che culminarono nel 1368, quando i mongoli si ritirarono e le armate dei rivoltosi, comandate da Zhū Yuánzhāng (朱元璋), conquistarono Pechino.

Dinastia Míng (明朝, Míngcháo)1368 – 1644

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Il capo ribelle Zhū Yuánzhāng era entrato nell’organizzazione dei Turbanti Rossi nel 1352, al servizio di Guō Zǐxìng (郭子興). Alla morte di quest’ultimo, nel 1355, Zhū Yuánzhāng prese il controllo della regione dell’Ānhuī, e ben presto conquistò Nanchino e fu nominato governatore dal “governo imperiale Sòng” che i Turbanti Rossi avevano stabilito nella regione. Nel 1361, assunse il titolo di “Duca di Wú”, che nel 1364 mutò in “Re di Wú”. Nel 1363, viene annientato il primo dei suoi rivali, Chén Yǒuliàng (陳友諒), che nel 1360 aveva fondato uno stato di nome Hàn. Nel

1367 fu conquistata Sūzhōu (苏州), capitale del regno di Wú, fondato da Zhāng

Shìchéng (張士誠) nel 1363. Lo stesso anno, l’ultimo grande rivale di Zhū

Yuánzhāng, Fāng Guózhēn (方国珍) si arrese. Di lì a poco morì il sovrano dell’Impero Sòng stabilito dai Turbanti Rossi. Il 23 Gennaio 1368, Zhū Yuánzhāng si dichiarò imperatore della nuova dinastia Míng, dando all’era del suo governo il nome di Hóngwǔ (洪武). La nuova dinastia spinse le sue conquiste a nord, e nel 1388, la Cina era di nuovo unificata. Furono i Míng a stabilire i nomi delle province attuali. Zhū Yuángzhāng basò la sua filosofia di regno su quelle dei fondatori delle dinastie Hàn e Táng; tuttavia, egli viene ricordato come un sovrano spietato e dispotico, soprattutto a causa della sua diffidenza verso i letterati e il suo passato di appartenente alle società segrete. Fece eliminare tutte le sette non ortodosse, esercitò un forte controllo censorio sulla stampa e attuò diverse epurazioni tra i letterati. Egli accentrò inoltre la maggior parte del potere nelle mani del sovrano e riformò i sistemi educativi eliminando quelle dottrine considerate dannose per il potere centrale. La sua politica tese a colpire duramente le classi ricche e a favorire le classi contadine, ridistribuendo terre tra i contadini disagiati e i nullatenenti. Queste riforme risultarono in un aumento della qualità di vita, soprattutto nelle campagne, e in una vera e propria rivoluzione commerciale. Egli distribuì inoltre il governo delle provincie ai suoi figli e nipoti. Nel 1399, salì al trono il suo successore Zhū Yǔnwén (朱允炆), nominando l’epoca

Jiànwén (建文). Egli tentò di diminuire il potere dei principi che suo padre aveva nominato. Questo scatenò una guerra civile che durò fino al 1402, quando Nanchino fu conquistata dai ribelli e l’imperatore scomparve. Il principe di Yān (燕), che aveva

scatenato la rivoluzione prese il potere e dichiarò la nuova epoca Yǒnglè (永樂). Egli è generalmente considerato come una sorta di “secondo fondatore” della dinastia Míng, a causa delle numerose modifiche e riforme che apportò alle vecchie istituzioni. Una delle riforme più importanti stabilite da Yǒnglè fu lo spostamento della capitale da Nanchino a Pechino, nel 1421, dove è rimasta fino ai giorni nostri. Questo fu probabilmente dettato da ragioni di ordine politico, dal momento che l’imperatore, originario del Nord, non si fidava dei popoli del Sud. Questo però causò anche dei problemi: Pechino era più vulnerabile rispetto a Nanchino, che si trovava in posizione più centrale e quindi più protetta. Inoltre, Pechino non era autonoma dal punto di vista commerciale e l’approvvigionamento era decisamente più difficile. Yǒnglè ebbe un interesse espansionistico che non si sarebbe più visto negli imperatori successivi. Nel 1406 riuscì a riannettere per breve tempo il Vietnam, e nel 1410 inviò una spedizione contro i mongoli, seppur senza grandi successi. Particolarmente famose sono le spedizioni marittime dell’eunuco Zhèng Hé (鄭和), tra il 1405 e il 1433 che spaziarono dall’India al Medio Oriente all’Africa, e che dimostrarono la superiorità della civiltà Míng rispetto a qualsiasi altro stato allora esistente. La fine delle spedizioni navali segno l’inizio della chiusura della dinastia Míng, e diede piede

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libero alla pirateria sino-giapponese. Nel frattempo, a occidente, la situazione alle frontiere si faceva precaria, a causa della rapida ascesa di gruppi di popolazioni mongole, come gli Oirati, irritati dalle restrizioni commerciali cinesi. Durante il periodo Zhèngtǒng (正統), la relativa inesperienza dell’imperatore indebolì il potere della corte, ulteriormente menomato dai contrasti interni tra la fazione dei cosiddetti “tre Yáng” (Yáng Róng, Yáng Shìqí e Yáng Pǔ) e quella degli eunuchi, permettendo ai mongoli di fare pressione sulle frontiere, e costringendo la corte a ritirarsi a sud della Grande Muraglia, che venne ricostruita tra il 1403 e il 1435. Nel 1449, il conflitto tra mongoli e cinesi scoppiò a causa di una controversia sul prezzo dei cavalli che i mongoli Oirati comandati da Esen portavano in Cina. L’eunuco Wáng Zhèn (王振) prese il comando dell’esercito e convinse l’imperatore a soggiornare a

Huáilái (懷來), convinto della solidità della sua città natale. La campagna fu un disastro. L’esercito cinese fu travolto e l’imperatore fatto prigioniero. La disfatta di Tǔmùbǎo (土木堡) segna la fine della politica espansionistica cinese e l’inizio della politica difensiva. I mongoli non ebbero occasione di sfruttare appieno la propria vittoria, dal momento che la sproporzione tra mongoli e cinesi era ancora rilevante, e che all’interno degli Oirati erano scoppiati conflitti interni che sarebbero culminati con la morte di Esen. La sconfitta cinese provocò divisioni all’interno della Cina stessa: Wáng Zhèn fu ucciso e la corte si divise in due fazioni. che volevano rispettivamente tenere la capitale a Pechino e ritornare al sud. Dal momento che l’imperatore era ostaggio dei mongoli, nel 1450 fu posto sul trono un successore con il motto Jǐngtài (景泰). Tuttavia, i Mongoli rilasciarono il vecchio imperatore, che attese fino alla morte di Jǐngtài nel 1457 per tornare sul trono con il motto Tiānshùn (天順). Nel secolo e mezzo che seguì, la potenza statale Míng continuò a indebolirsi, soprattutto a causa dello sviluppo economico furioso che travolse l’organizzazione statale. La crescita economica delle campagne e l’industrializzazione di certe branche dell’artigianato crearono un’urbanizzazione incredibile, e ben presto la borghesia fu inondata di “nuovi ricchi”. Nel frattempo, il potere degli eunuchi a corte si faceva più grande. Il sistema fiscale divenne inadeguato a causa dei continui spostamenti della popolazione. Il grande statista Zhāng Jūzhèng (張居正) introdusse delle riforme che stabilizzarono il sistema, sapendo destreggiarsi in maniera esemplare tra le lotte interne nella corte. Il potere degli eunuchi si era fatto problematico. L’imperatore Zhèngdé (正德), era infatti caduto sotto l’influenza dell’eunuco Liú Jǐn (劉瑾), che eliminò rivali e accumulò ricchezze fino alla sua condanna a morte nel 1510. Durante il periodo Wànlì (萬曆), la situazione si fece ancora peggiore. Durante il periodo

Tiānqǐ (天啓), salì al potere Wèi Zhōngxián (魏忠賢), noto per la sua crudeltà. Questi instaurò una dittatura, eliminando i suoi rivali e assicurandosi che l’imperatore non interferisse. Nel 1604, il partito Dōnglín (東林), comandato da Gù Xiànchéng

(顧憲成) e Gāo Pānlóng (高攀龍), tentò di restaurare il potere imperiale e di ridurre lo strapotere degli eunuchi, ma Wèi Zhōngxián regì spietatamente, e le accademie coinvolte vennero chiuse. Intanto la situazione finanziaria andava aggravandosi, e le ribellioni si facevano peggiori e più frequenti. Nel 1550, il principe mongolo Anda arrivò addirittura ad assediare Pechino. Le ostilità proseguirono fino al 1570, quando venne firmato un trattato di pace, che garantiva ai mongoli libertà di commercio. Nel 1592 si ribellarono i mongoli Tatari, e nel 1594 scoppiò una rivolta nel Guìzhōu, che durò per sei anni. Fra il 1595 e il 1598, il Giappone tentò l’invasione della Corea, ma fu respinto dalla Cina, che però ne uscì distrutta finanziariamente. Dopo la chiusura

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dell’ambasceria Giapponese nel 1530, inoltre, la pirateria era peggiorata grandemente. In quel periodo, inoltre, la Cina sperimentò i primi rapporti diretti con gli occidentali. Nel 1517 i Portoghesi arrivarono a Canton. Dapprima essi ottennero il permesso di commerciare, ma furono scacciati nel 1523 a causa della loro condotta. Alla fine gli fu permesso di stanziarsi sull’isola di Macao. Ben presto arrivarono anche gli Spagnoli e gli Olandesi. Gli Europei intrapresero una lotta feroce per il dominio del commercio con la Cina. Arrivarono in questo periodo anche i primi gesuiti, il più importante dei quali fu Matteo Ricci, conosciuto in Cina con il nome sinizzato di Lì Mǎdòu (利瑪竇), che giunse a Macao nel 1582 e arrivò a Pechino nel 1588, ottenendo nel 1601 l’autorizzazione a stabilrvisi definitivamente. Il problema più grosso furono però le continue ribellioni, come quella del 1445, iniziata dai minatori scontenti della proibizione governativa dello sfruttamento delle miniere d’argento, seguita da altre rivolte dei minatori nel 1476 e ancora nel 1565. Nel 1606, i minatori riuscirono a bruciare gli uffici governativi del loro villaggio nello Yunnan. Nel 1465, Liú Tóng (刘侗) si sollevò e si proclamò “re di Hàn”. Il noto pensatore Wáng Shǒurén (王守仁) ebbe un ruolo determinante nella rivolta contadina del 1511. Le rivolte dei mercanti contro la tassazione di fecero inoltre sempre più frequenti. La rivolta più importante fu quella scoppiata nello Shaanxi dopo la siccità del 1627 e il licenziamento di una parte delle truppe delle stazioni di cambio nel 1629, comandata da Lǐ Zìchéng (李自成) e Zhāng Xiànzhōng (張獻忠). Nel 1635, essi attaccarono

Fèngyáng (鳳陽), città natale della famiglia imperiale Míng, e vandalizzarono le tombe degli antenati Míng. Nel 1641 occupò Luòyáng e nel 1644 Xī’ān, proclamando la nuova dinastia Dàshùn (大順), il 24 Aprile 1644, Pechino si arrese senza resistenza, e l’ultimo imperatore Míng si suicidò. La nuova dinastia ebbe breve durata: il generale Míng Wú Sānguì (吳三桂), stanziato nel nord si alleò con le truppe mancesi e attaccò Pechino, sconfiggendo Lǐ Zìchéng. Nel 1647, Zhāng Xiànzhōng fu ucciso, e i mancesi poterono prendere il controllo della Cina, fondando la dinastia Qīng.