Storia del Presepe

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Vincenzo Cuomo Storia del Presepe

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L’arte di rappresentare la nascita del Cirsto in una dimensione quasi fiabesca, in equilibrio tra realtà e misticismo, non però in senso iconografico, bensì

plastico e scultoreo, affonda le radici nei primi secoli del passato millennio. L’idea nacque dal desiderio di creare una nuova forma di insegnamento religioso del Mistero della nascita del Salvatore, in grado di essere comunicato e recepito dalle masse in modo diretto, allegro e gioioso. Non raramente si sono udite voci attestanti che il Presepe e stata una creazione voluta da San Francesco d’Assisi e alimentata e continuata da altri ugualmente rilevanti Membri del suo Ordine monastico. Oggi, alla luce di nuovi studi, si tende invece ad affermare che all’epoca tali raffigurazioni già risultavano essere presenti presso molte Chiese cristiane, ovviamente in modo semplice, se non addirittura semplicistico, nell’intento di rafforzare l’immagine del grande Evento nella notte di Natale. Un merito va tuttavia doverosamente osservato che, anche se il Patrono d’Italia non fu colui il quale inventò questo genere mistico di rappresentazione cristiana, fu però senz’altro colui che più contribuì a diffonderne il culto, la devozione, e la venerazione tra la gente. In merito, ricordiamo che la sera della Vigilia del

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1223, in una grotta nei dintorni di Greccio, nel corso della celebrazione della Messa, diede vita ad un Presepe animato, che generò tra i presenti una realtà di sacralità e misticismo.

Comunque, anche i Domenicani, sorti quasi contemporaneamente ai Frati Minori, con uguale impianto spirituale di Ordine mendicante, molto concorsero anch’essi alla propagazione della liturgia del Presepe. Nel prosieguo abbiamo che, nel lungo periodo, dal tardo Medioevo, di cui dicevamo, e sino alla fine del Rinascimento, le rappresentazioni artistiche della Natività non subirono alcun allargamento. Ciò, nel senso che sempre risultarono essere limitate unicamente all’interno di sacre Strutture, quali, Chiese, Cappelle o Monasteri.

Il Presepe indubbiamente più antico, sopravvissuto alle ingiurie del tempo e pervenuto sino a noi, anche se, purtroppo, non in uno stato ottimale di conservazione, e quello custodito nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma. Autore ne fu Arnolfo di Cambio. Artista sublime il quale

seppe conciliare nel suo operato lo stile gotico con la tradizione classica e che tra i tanti capolavori realizzati ci piace ricordare lo Scriba.A questa stagione

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iniziale legata a realizzazioni scultoree, fece poi seguito un lungo periodo, destinato a concludersi subito dopo la prima metà del Quattrocento, in cui il tema della Natività riscosse invece notevole interesse, soprattutto da parte dei pittori. Decoratori i quali realizzarono un gran numero di raffigurazioni, di cui pure alcune di gran pregio e valore artistico. Per tutte ricordiamo l’Adorazione dei Magi di Benozzo Gozzoli all’interno del Palazzo Medici a Firenze.

L’uso plastico del Presepe ritornò ad imporsi nuovamente nella seconda metà di questo XV secolo, allorquando furono create delle grandi figure dei sacri personaggi fondamentali. Figure le quali venivano poi quasi sempre collocate sul davanti di uno scenario dipinto. Il luogo ove

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maggiormente questo orientamento si diffuse fu la Toscana.In molti siti della Regione è infatti ancora oggi possibile ammirare resti isolati di monumentali pastori in legno, di sicuro parte di più vasti complessi andati perduti.

Da questa località dell’Italia centrale, ad iniziare dagli ultimi lustri di tale secolo, l’uso del Presepe, così concepito e la tecnica per costruirlo, iniziarono gradatamente ad irradiarsi e diffondersi anche nel settentrione della Penisola, ma soprattutto nel Reame di Napoli. La notizia la rileviamo, non solo dagli scritti di tanti cronachisti dell’epoca, ma anche da ciò che è ancora possibile ammirare delle tante realizazzioni giunte sino ai giorni nostri. Tra esse, indubbiamente degna di nota è l’opera, con figure in legno, tra cui Profeti e Sibille, grandi quasi al naturale, presente nella Chiesa napoletana di San Giovanni a Carbonara e risalente al 1484. Unitamente

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ad altre, ugualmente collocate all’interno del perimetro urbano partenopeo, ma anche nei dintorni, tutte denotano, quale caratteristica sviluppatasi in loco, un impianto più complesso ed un maggiore numero di peronaggi.

Altri centri del Meridione ove pure si ebbe una notevole diffusione, a più ampio respiro, rispetto che altrove, di questo particolare tipo di sacra rappresentazione religiosa, legata alla nascita del Cristo, furono Matera e Altamura. In tale area, non abbiamo però un’uniformità nelle raffigurazioni, bensì il prevalere di due differenti Scuole, con proprie e ben definite caratteristiche. Mentre quella più semplice si limitava a delle realizzazioni articolate su poche e ristrette sagome in legno, così come era in uso in Toscana, quella più ricca e complessa, prevedeva invece uno scenario più articolato e con più figure, sul tipo quindi di quello napoletano.

Questo secondo tipo di Presepe, indubbiamente anche più raffinato, oltre ad una chiara ispirazione all’arte bizantina, quasi sempre si presentava immerso in un contesto campestre. Al centro risultava normalmente essere presente una grotta o una caverna, nella quale erano collocati la Vergine Maria, San Giuseppe ed il Bambino Gesù posto in una mangiatoia. La sacra rappresentazione nell’immediato veniva completata dai tradizionali bue e asinello, mentre tutt’intorno vi apparivano figure di persone che indicavano un movimento. In lontananza, nella zona più distante dalla

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montagna, ove stava l’antro in cui era nato il Salvatore, si intravedevano i Re Magi provenienti dall’Oriente.

Questo modello di composizione più accurato ed elaborato, che andava quindi al di là di una disadorna immagine della Natività, fu quello che gradatamente si impose sempre di più, subendo, nel contempo, un arricchimento di ambientazione ed un accrescimento nella elaborazione delle scene. Ciò fù possibile soprattutto in quanto, l’articolazione erta e collinosa del paesaggio, consentiva l’impianto di raffigurazioni complesse, con svariate presenze, malgrado

lo spazio ristretto. Inoltre, così concepito dava l’opportunità di impreziosire il tutto con una qualunque scena secondaria, senza che il quadro d’insieme ne venisse minimamente a soffrire. Comunque, resta che in questi Presepi, indipendentemente dalla loro importanza artistica, era sempre l’immagine del Bambino Gesù ad essere al

centro dell’ambientazione. Sacra Figura costantemente immersa in una dimensione di grande povertà ed umiltà, non disgiunta da una infinita dignità e maestà. Va anche ricordato che lo sviluppo e la diffusione del

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Presepe nei primi decenni del Cinquecento molto deve anche all’impegno di San Gaetano di Thiene.

Nel prosieguo e sino ad oltre la fine del Seicento, il concetto della raffigurazione della Natività non subì alcun mutamento sostanziale. Conservò pertanto impianto e struttura precedente, anche se con delle variazioni legate al mutare dell’orientamento artistico dei luoghi e del tempo ed a volte con una leggera riduzione delle dimensioni. Degno di nota e anello di congiunzione con la successiva figurina della seconda metà del Settecento, fu il fatto che in molte località i Pastori si iniziò anche gradatamente a rivestirli con abiti veri e cuciti proprio per loro.

Con l’inizio del XVIII secolo, che ovunque in Europa vide il diffondersi e l’affermarsi di quel pensiero illuminista, volto a modernizzare la società in ogni suo aspetto, il Presepe entrò in una felice fase ascendente e innovativa. Infatti, in tutta la Penisola, ma ancora una volta soprattutto nell’Italia meridionale, oltre ad una maggiore diffusione tra le classi popolari, si ebbero rappresentazioni sempre più ad ampio respiro.

Dopo un così favorevole inizio, nel corso dei decenni successivi, l’arte presepiale prese ad affermarsi anche in tutta l’Europa, raggiungendo, nel contempo, un altro livello di evoluzione. Divenne così possibile contemplare composizioni di gran lunga più complesse, varie e articolate, in confronto al passato. Composizioni formate non solo da ampie rappresentazioni sceniche, ma anche da figure realizzate

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con fine arte. Esse, infatti, oltre ad incutere un palpito di cristiana commozione, suscitavano anche ammirazione per la pregevole elegante fattura. Oltre al Portogallo, ove furono create delle strutture riccamente dotate e lavorate, anche la Spagna subito mostrò essere una presenza competitiva in tale settore. Fù però, oltre Genova, nel Regno di Napoli ed in quello di Sicilia che, in questo periodo, il Presepe conobbe una delle sue stagioni più felici. Tra le novità vi fù un graduale parziale abbandono del legno per queste grandi sagome. Al suo posto, soprattutto per le teste, gli animali, gli esseri umani di piccole dimensioni, i cesti di frutta e gli arredi domestici, aveva iniziato felicemente ad imporsi la terracotta. Tra i primi maestri che si cimentarono in tale particolare produzione ricordiamo Lorenzo Vaccaro.

Nel 1734, Carlo di Borbone, designato dalla diplomazia europea ad occupare il trono di Napoli, nonchè quello di Sicilia, faceva solenne ingresso nella capitale. Il Meridione

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riacquistava così nuovamente la dignità dell’autonomia politica, dopo secoli di avvilente dominio vicereale. Il sovrano, uomo pio e religioso, noto per una naturale predisposizione verso le arti, in special modo quelle a carattere artigianale, subito mostrò grande attenzione ed una particolare predilizione per le realizzazioni presepiali. La simpatia e la disponibilità del Re, che venivano a fondersi con quella predisposizione già da tanto esistente nel popolo meridionale e napoletano in particolare, per tali sacre rappresentazioni, in breve favorirono il proliferare di un gran numero di piccole botteghe ricche di maestranze specializzate.

Veri e propri laboratori, ove artigiani, ceramisti e intagliatori erano costantemente dediti alla creazione di figure e oggetti, in miniatura ed in terracotta, che potessero servire alla composizione di uno scenario presepiale, sia di vita cittadina che campestre. Ad essi sono poi da aggiungere anche coloro che si occupavano dell’aspetto sartoriale, tra cui la persona indubbiamente più rilevante fu la regina Maria Amalia di Sassonia. Loro compito era confezionare idonei vestitini, finemente decorati con trine e ricami, al fine di rivestire quelle figure, angeliche ed umane, costruite per una visiva narrazione della nascita di Gesù, mirabile intreccio tra racconto evangelico e fantasia popolare. Degno di nota fu poi il fatto che questi personaggi non

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vennero però vestiti con la foggia in uso nella Betlemme dei tempi di Augusto, bensì con quella del secolo in corso.

Nel momento in cui questi elaborati cominciarono a divenire sempre più delle vere e proprie sculture in miniatura, alla specialità vennero gradatamente ad accostarsi pure molti artisti napoletani di gran fama. Essi, oltre a modellare le terrecotte con il loro estro e le loro capacità, in aggiunta, seppero impreziosirle, vivacizzarle ed animarle con un elegante copertura di smalto. In tal modo, le singole composizioni acquisirono, oltre a vigore e vitalità, anche una particolare brillantezza. Nascevano così dei capolavori di alta Scuola, realizzati con certosina pazienza e con una tale aderenza al vero da suscitare, ieri come oggi, stupore e ammirazione.

Tra i più importanti artisti di questo periodo, solo per citarne alcuni, ricordiamo in primis Giuseppe Sammartino, nonchè gli Allievi della sua Scuola. Abbiamo poi Giuseppe De Luca, specializzato nella creazione di animali da cortile, unitamente a Francesco Gallo, Tommaso Schettino e Giuseppe Sarno. Nel settore dei personaggi spiccano invece Lorenzo Mosca, Francesco e Camillo Celentano, Battista Polidoro e Francesco Cappiello. Nel campo della realizzazione di puttini alati, animali di grandi proporzioni e oggetti vari di uso comune, annoveriamo invece Fortunato Zambini, Francesco Di Nardo, Nicola Vassallo, Gennaro Reale e Carlo Amatucci. In questi anni caratterizzati da una produzione così vivace ed una

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evoluzione costante verso l’artistico ed il bello, ebbe pure definitivamente termine la costruzione di soggetti in legno.

Il Presepe, così come s’impose nel corso del Settecento, non prevedeva, comunque, solo raffinati modellini artigianali di terracotta, a volte anche di stucco e cera, finemente smaltati e riccamente vestiti, ma anche un contesto ampio e ben delineato. Contesto, con spazi arredati, sia all’interno che all’esterno, di case, stalle, botteghe e negozi. Tale Presepe appariva poi anche composto da scene indipendenti tra loro, anche se volte a formare un unico insieme. Punto centrale era la Grotta con la sacra rappresentazione della Natività, circondata da Angeli e pastori adoranti. I non rari casi la Grotta era però sostituita dalle rovine di un antico tempio pagano, a significare il trionfo del Cristianesimo sulla precedente religione greco-romana.

Seguiva la scena dell’Angelo che dava l’annuncio agli esterefatti contadini e la presenza di una o più montagne popolate da uomini, donne e animali, singoli o raccolti in greggi. Infine, non mancava mai una qualche osteria con gli avventori dediti a banchettare o chiacchierare tra loro. I Re Magi erano sempre in lontananza sui loro focosi destrieri, circondati da servi e guerrieri. Chiudeva tale scenario un fondo dipinto con gusto e articolazione, al fine di valorizzare ed arricchire maggiormente l’insieme. Di tali grandiose cornici, purtroppo, nulla è sopravvissuto sino a noi, al di là di qualche rilevante testimonanza

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scritta. Ciò, in quanto le creazioni sceniche, terminato il periodo natalizio, venivano normalmente distrutte.

In merito a questi Presepi va anche detto che in questo secolo non venivano realizzati più unicamente in chiese e covventi, ma anche nelle comuni case. Mentre però quelli presenti nei sacri Edifici della fede cristiana apparivano composti essenzialmente da figure religiose, al fine di non distrarre l’attenzione dei fedeli dal Mistero dell’Evento, quelli costruiti nelle normali abitazioni erano invece molto più complessi ed articolati. Ovviamente, il tutto era condizionato dal censo di chi vi abitava. Di conseguenza presso le dimore della nobiltà e della ricca borghesia era pertanto possibile trovare rappresentazioni di grande estro artistico, con particolari ben curati e ricercati e, naturalmente, pastori realizzati dai più noti figurai del tempo.

In relazione a queste testimonianze presepiali, va anche doverosamente detto che tali raffigurazioni sono senz’altro

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da considerare anche la migliore produzione artistica napoletana dell’intero secolo. Ciò, in quanto, mentre la grande plastica statuaria era condizionata da correnti estranee e lontane dalla realtà partenopea. Correnti, quindi, che non stimolavano affatto gli esecutori, anzi li condizionava enormemente impedendo loro di dare il meglio del proprio talento, nel settore presepiale avvenne esattamente il contrario. In tale settore gli artisti, dimentichi di virtuosismi e tecnicismi e allontanati dettami e imposizioni di stili non sentiti, dettero libero corso al proprio estro a riprodurre così come il loro gusto ed il loro talento suggeriva.

Con la fine di questo secolo anche la felice stagione artistico - presepiale napoletana, sia nella capitale, che nell’intera Italia meridionale ed insulare, si avviò ad un lento tramonto. Nel corso dell’ Ottocento, malgrado alcuni sprazzi di vera fioritura, gli esecutori non riuscirono però mai ad uguagliare i tanti capolavori che erano stati creati in precedenza. Uno dei momenti di rinascita più degno di nota fu quello che si ebbe nel corso del Decennio francese, allorquando la Corte murattiana mostrò interesse e dedicò affettuose cure verso tale tipo di arte. Ad esso ne seguirono ancora altri, ma ciò non basto a fermare la costante fase discendente nella quale si era entrati. Ciò, però, non influì sul numero delle composizioni presepiali

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che, in occasione del natale, ovunque continuavano ad essere realizzate nel ricordo della Natività del Cristo.

Oggi, così come del resto è stato per tutto il corso del Novecento, la tradizione non si e affatto affievolita. In merito

va anche ricordato che, in molti paesi del mondo, anche in Italia, sono sorte Associazioni tese alla salvaguardia della tradizione del presepe, nonche della sua valorizazzione. Nel nostro Paese viene pure pubblicata

una rivista specializzata, edita dalla Associazione Italiana Amici del Presepe. Nel ritornare alla nostra storia diciamo subito che l’uso di realizzarne grandi, piccoli e in alcuni luoghi anche viventi, ha continuato a diffondersi presso tutti i popoli cristiani del mondo. Nella notte di Natale infatti, non vi è chiesa che non abbia il suo, così come non vi è casa, la quale, per la gioia dei componenti della famiglia, adulti e bambini, non abbia la sua Greppia. Greppia costatemente contornata dalle classiche esterne simboliche sacre Figure. Questi pastori dei tempi moderni, ben disegnati, ben realizzati, ben rifiniti e ottimamente colorati, pur restando solidi nel loro significato, non sono però più, nella stragrande maggioranza dei casi dei capolavori artistici. 13

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