Storia del pensiero economico dal Seicento al Novecento

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Una storia dell'economia che spazia dal Seicento ai giorni nostri. Una trattazione ampia e approfondita, che tratta sia del pensiero economico classico che di quello marxista, fino al fenomeno odierno della globalizzazione.

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STORIA DELLECONOMIA

back to homepageL'ECONOMIA MEDIOEVALE. IL RINASCERE DELL'ATTIVIT ECONOMICA DOPO IL MEDIOEVO. IL MERCANTILISMO. LA FISIOCRAZIA.I caratteri delleconomia medioevaleLa ripresa dell'economia dopo il medioevoLa nascita degli stati nazionaliL'epoca del mercantilismoLa fisiocraziaLETICA PROTESTANTELa Riforma protestanteIl pensiero protestanteIL CAPITALISMO E LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALELa crisi del mercantilismoLa rivoluzione industriale: la fase preparatoriaLa rivoluzione industriale: la fase iniziale (o delle grandi invenzioni)La rivoluzione industriale: la seconda fase (o delle grandi comunicazioni)La rivoluzione industriale: i caratteri del nuovo modo di produzioneLa rivoluzione industriale: le condizioni di vita dei lavoratori durante la rivoluzione industriale.La scuola economica classicaLa crescita delle rendite a seguito dell'industrializzazioneL'evoluzione della figura dell'imprenditore nel corso dei secoli fino ad oggiIL LIBERALISMO. IL LIBERISMO.Le societa' premoderne e le loro credenzeLe idee-cardine del liberalismoIl liberismoLa separazione tra stato e societa civile. La separazione dei poteriLe "leggi naturali" del sistema. La "mano invisibile"Il principio dello scambio. L'eguaglianzaIl valore della proprietIL CIRCUITO REDDITO-SPESA E LA TEORIA DEGLI SBOCCHI DI SAYIl circuito reddito-spesa e la legge degli sbocchiLE TEORIE DI MALTHUS E DI LASSALLELa popolazione nel SettecentoLe teorie di MalthusLa "legge ferrea (o bronzea) dei salari"La critica di ricardo a malthus. Il pensiero degli economisti successiviLA TEORIA DELLA RENDITA DI RICARDOLa rendita assoluta e la rendita differenzialeLA DOTTRINA SOCIALE CRISTIANALa concezione cristiana dei rapporti economiciCristianesimo e marxismoIl divieto dell'usuraLe origini del cattolicesimo sociale. Il movimento cristiano sociale di fine ottocentoIl cattolicesimo sociale del primo e del secondo dopoguerra. Il personalismoIL SOCIALISMO UTOPISTICOI "socialisti utopisti"Saint SimonFourierOwensIL PENSIERO ECONOMICO MARXISTA. LA DOTTRINA DEL VALORE-LAVORO PRESSO GLI ECONOMISTI CLASSICI.Il plusvaloreIl profitto normale e l'extraprofittoLa teoria del valore di Adam SmithLa teoria del valore di RicardoLa teoria di Marx del plusvaloreLa caduta del saggio di profittoLa crisi del capitalismo secondo MarxIL PENSIERO DI HEGELBiografia di HegelHegel scriveva in modo atroce e quasi incomprensibile. Ci favor il sorgere di molte scuole filosofiche che si rifacevano al suo pensiero, ciascuna interpretandolo a suo modoHegel un filosofo idealistaCi che reale e razionale e ci che razionale realeL'idea di Hegel (detta anche idea assoluta, assoluto, spirito, spirito del mondo, ecc.)L'unit del realeL 'evoluzione dialettica. Il progresso storicoLo storicismo hegelianoLo statalismo hegeliano. Il rapporto tra l'uomo e la societI rapporti tra gli statiIL PENSIERO DI FEUERBACHBiografia di FeuerbachMarx lesse Feuerbach con entusiasmoTrasformazione della teologia in antropologiaLa dottrina morale di FeuerbachMARX: BIOGRAFIA DI KARL MARXLa vita di Karl MarxMARX: IL PENSIERO FILOSOFICO DI KARL MARXI rovesciamenti di pensiero marxisti rispetto al pensiero borgheseL'essenza umana storicamente e socialmente determinata (carattere sociale dell'uomo)L'uomo e il lavoro. I rapporti di produzioneIl materialismo storicoLa sovrastruttura. Gli ideologi attiviLa "filosofia della prassi"I capisaldi dell'antropologia marxistaIl progresso storico. La storiaLo stato secondo MarxL'alienazione dell'uomo: lalienazione delluomo in dioLalienazione delluomo: alienazione del lavoroLalienazione delluomo: alienazione del capitalistaLalienazione delluomo: alienazione del genere umanoLalienazione delluomo; l'uomo un essere materialeDESTRA E SINISTRALa destra liberaleLa destra religioso-tradizionaleLa destra che si ispira a NietzcheLa destra "esoterica"Il darwinismo socialeIl pensiero della scrittrice Marguerite Yourcenar sulla destra e la sinistraDestra e sinistra viste... da sinistraLA CRISI DEL 1929

La crisi del 1929: descrizione generaleLa crisi del 1929: le cause della caduta della domandaLa crisi del 1929: come reagirono le autoritLa crisi del 1929: cosa fece capire ad economisti ed uomini politiciLa crisi del 1929: quali scuole economiche tramontarono e quali nacqueroIL WELFARE STATE

Il Welfare StateAssistenzialismo, crisi fiscale, aumento del debito pubblico (anni 60-80)Ridimensionamento del Welfare State, privatizzazioni, politica di austerit finanziaria e monetaria (ingresso dellItalia nellarea delleuro)GLOBALIZZAZIONE E OCCUPAZIONE NEI PAESI INDUSTRIALIZZATIIl calo delloccupazione nei paesi industrializzatiLa flessibilit del lavoroNecessit di riqualificare il lavoro nei paesi industrializzatiLe ragioni del successo delle politiche keynesiane del dopoguerraLa fine delle politiche keynesiane rigoroseLa stagflazione, la globalizzazione e la fine della possibilit pratica delle politiche keynesianeI modelli capitalistici pi efficientiLe imprese multinazionaliLa globalizzazione rende estremamente difficili politiche keynesiane basate sullaumento della spesa pubblicaGlobalizzazione e fine del protezionismoLa globalizzazione mette in pericolo le politiche sociali dei vari statiLa valutazione ottimista della globalizzazioneLa perdita degli strumenti di politica economica dei governi nazionaliLa Unione Europea come risposta ai pericoli della globalizzazioneIl declino della legislazione socialeLE SCUOLE ECONOMICHE PIU RECENTILe teorie economiche pi recentiLe posizioni della Scuola Monetarista o Scuola di ChicagoLe critiche delleconomista John Kenneth Galbraith ai monetaristiL'ECONOMIA MEDIOEVALE. IL RINASCERE DELL'ATTIVIT ECONOMICA DOPO IL MEDIOEVO. IL MERCANTILISMO. LA FISIOCRAZIA.

I CARATTERI DELLECONOMIA MEDIOEVALEback to indexIl medioevo fu caratterizzato da un assetto economico basato sulla corte feudale (sistema curtense). Nell'ambito della Corte si svolgeva un'attivit economica, sotto il comando del signore feudale. Il commercio era locale e esclusivamente relativo ai beni di lusso, prevaleva l'attivit di autoconsumo (cio di produzione finalizzata al proprio consumo personale o a quello del feudatario).

LA RIPRESA DELL'ECONOMIA DOPO IL MEDIOEVO.back to indexDopo l'anno Mille inizi un maggior dinamismo negli scambi commerciali, nelle aree dell'Europa.

Con la scoperta delle Americhe i prodotti iniziarono a distribuirsi in un mercato pi esteso.

Tre fattori determinanti per lo sviluppo dell'economia sono: a) l'ampliarsi del mercato; b) il nascere degli stati nazionali; c) la riforma protestante

Dopo l'anno Mille cominci a manifestarsi un maggior dinamismo negli scambi commerciali, specie in alcune aree dell'Europa (Inghilterra, Paesi Bassi, Italia) e crebbe in pari tempo la considerazione e l'importanza della figura del mercante, anche se essa era vista ancora con timore e sospetto da quanti consideravano l'attivit di scambio di prodotti come una forma indebita di arricchimento, in base agli insegnamenti della tradizione cattolica.

LA NASCITA DEGLI STATI NAZIONALI.back to indexA seguito dello sfaldamento dell'organizzazione feudale vennero gradualmente a costituirsi gli Stati nazionali, che affermarono il loro potere assoluto ("potere di imperio") su un dato territorio concentrandolo nelle mani di un monarca.

Lo stato moderno nasce come stato assoluto, caratterizzato da tre elementi:

Esercito permanente

Sistema fiscale

Sistema burocratico, tra cui importanti i tribunali del Re

Corpo diplomatico

A partire dal 1400 gli stati nazionali (Francia, Spagna e Inghilterra) iniziarono a creare uno "spazio comune", con un'unica moneta, identiche leggi, identica lingua, un unico sistema di unit di misura, privo di barriere doganali feudali, all'interno del quale il sovrano garantiva con i suoi tribunali l'assenza di violenza. All'interno di questo spazio i traffici poterono svilupparsi molto pi intensamente che nell'epoca precedente.

L'EPOCA DEL MERCANTILISMO.back to indexCon il termine "mercantilismo" si indicano in realt due cose diverse: un periodo storico caratterizzato dalle monarchie assolute, dallo sviluppo dei commerci e dal controllo delle attivit economiche da parte del sovrano; l'insieme delle teorie economiche che sovrani ed economici cercarono di mettere in pratica in questo periodo

Le teorie economiche mercantilistiche avevano lo scopo di rendere ricco e potente lo stato e florida la sua economia. I monarchi del Seicento e del Settecento vedevano nello sviluppo economico una base per aumentare la loro potenza militare ottenendo una maggiore popolazione per l'esercito e la possibilit di produrre pi mezzi militari.

In politica interna i consigli dei mercantilisti erano i seguenti:

Si raccomandava ai sovrani una politica di incremento demografico; pi popolazione comportava a un tempo pi soldati e pi braccia produttive, ci di cui aveva appunto bisogno lo Stato.

Si raccomandava, inoltre, un penetrante sistema di imposizione fiscale, tale da poter fornire allo Stato quanto gli necessitava per mantenere ed estendere la sua imponente struttura politico-militare. Il prelievo fiscale non doveva per gravare sui mercanti, perch era proprio questo a fare arricchire la nazione.

I mercantilisti indicavano nel commercio e non nella produzione la fonte della ricchezza di uno Stato.

Si considerava opportuna una forte regolamentazione di tutta l'economia, mediante interventi dello Stato in tutti i settori e un sistema minuzioso di controlli e di privilegi (concessioni, monopoli, esenzioni fiscali per alcune categorie ecc.)

In politica estera i consigli dei mercantilisti erano i seguenti i mercantilisti erano favorevoli all'allargamento dei traffici e a tutto quanto fosse in grado di determinarlo:Estensione delle colonie

Esse rappresentavano profittevoli mercati di sbocco dei prodotti finiti, serbatoi di rifornimento costante di materie prime e valvole di sfogo dell'eccesso di popolazione che si fosse eventualmente verificato nella terra madre

Acquisizione di tesori dalle terre conquistate.

La scoperta di grandi giacimenti di metalli preziosi nei territori di recente dominio favor ed estese la corsa all'accaparramento delle ricchezze a spese delle popolazioni indigene, che furono quasi totalmente annientate.

Protezionismo dei commerci

Si sostenne il principio secondo cui, per rendere pi fiorente lo Stato, occorreva proteggere la produzione interna rispetto a quella importata, e nel contempo bisognava favorire la produzione nazionale diretta verso l'estero.

LA FISIOCRAZIA.back to indexIl passaggio dal capitalismo prevalentemente commerciale a quello manifatturiero non avvenne uniformemente in tutti i paesi occidentali. La Gran Bretagna aveva avviato un massiccio processo di industrializzazione, sia pure con connotati ancora prevalentemente artigiani, gi dalla met del Settecento, mentre in altri paesi - tra cui l'Italia - non si era ancora affermata su larga scala la produzione di fabbrica. Anche in Francia l'economia, in questa fase storica, era ancora a livello prevalentemente pre-industriale, con una netta configurazione commerciale e agricola.

In queste condizioni si svilupp in Francia, tra il 1750 e il 1780, una scuola economica chiamata "fisiocrazia". Con la morte dell'esponente principale, Quesnay (1774) inizi il declino della scuola, che per ebbe ancora una certa influenza in Svezia,

Polonia, Germania, Inghilterra, prima della nascita del pensiero economico classico a cavallo del Settecento (Adam Smith aveva letto con interesse le opere dei fisiocratici).

GLi economisti fisiocratici attribuivano grande importanza alla natura (foreste, terreni, miniere, animali) in quanto capace di produrre ricchezza

Le attivit economiche non legate alla natura (artigianato, industria) si limitano a manipolare i beni forniti dall'agricoltura e dall'attivit estrattiva.

L'economia sarebbe regolata da leggi naturali, che vanno rispettate, sfruttate, ma non contrastate.

I fisiocratici consigliavano in particolare:

Provvedimenti e innovazioni tecniche per il settore primario (specie per l'agricoltura), perch l'aumento della ricchezza poteva venire solo dall'unico settore realmente produttivo

Eliminazione delle barriere doganali, in modo che un paese potesse esportare la propria produzione agricola.

Eliminazione delle tasse sugli agricoltori e tassazione unica dei proprietari terrieri, la cui rendita rappresentava il prodotto netto o surplus della nazione.

LETICA PROTESTANTE

LA RIFORMA PROTESTANTEback to indexNel XVI secolo in Europa linfluenza della riforma protestante, in particolare del calvinismo, sulla filosofia e sulla morale dellepoca (e, attraverso questa, sulleconomia) fu rilevante. Luomo del Medioevo era dominato da una morale ferrea, che gli impediva laccaparramento delle ricchezze, il prestito a usura, la fissazione del prezzo al disopra di un certo livello ritenuto equo. I padri della Chiesa, infatti, concordavano tutti nel sostenere la dottrina del giusto prezzo, in base alla quale nessun mercante avrebbe dovuto chiedere per i prodotti che vendeva un prezzo superiore a quello che gli avrebbe assicurato di vivere decorosamente, ma senza arricchirsi. Solo la rettitudine anche economica era in sintonia con la legge divina.

Con Calvino per la morale si fa progressivamente pi disponibile, pi malleabile nei confronti dellinteresse individuale.

Partendo dalla tolleranza verso lattivit mercantile e le sue espressioni, la morale calvinista, sotto la pressione della realt storica, diviene pi spregiudicata, fino a giungere allesaltazione del commercio e a considerare il successo economico un chiaro segno dellelevazione divina.

Alla base della nuova etica protestante sta lidea che il destino nelle mani di Dio: nel trovare la propria collocazione sociale ogni individuo si armonizza dunque con le leggi di Dio. Leventuale successo raggiunto prova che si trovata la propria vocazione e che Dio ha approvato.

Secondo Calvino, la storia interamente opera della provvidenza divina. Al centro dellazione provvidenziale di Dio luomo, predestinato alla salvezza o alla perdizione. La predestinazione divina, per Calvino, assume il significato di una scelta insindacabile di Dio per ci che riguarda ogni essere umano. Dio, infatti, non crea tutti gli uomini nella stessa condizione: alcuni li destina alla vita eterna, mentre altri alleterna dannazione. Gli eletti da Dio, pur essendo peccatori, acquisiscono consapevolezza dei loro peccati, che espiano in vita attraverso la penitenza e le opere. Tra queste ultime fondamentale il lavoro, il pi chiaro segno dellelevazione divina. Il governo della provvidenza indica, quindi, il posto che ciascun essere umano deve occupare sulla terra. Dio ha fissato per ciascuno il dovere da compiere, afferma Calvino: una maniera di vivere che egli chiama vocazione, alla quale luomo deve adeguarsi come a una regola perenne. La vocazione viene cos ad essere un elemento dinamico, che giustifica anche attivit condannate dalla Chiesa medievale (e persino da Martin Lutero, un altro grande riformatore) come lesercizio del prestito a interesse e lattivit bancaria. Se tali attivit vengono esercitate con successo dagli uomini, segno che esse piacciono a Dio, che sono iscritte nel grande piano della provvidenza. Letica calvinista basata sul concetto di vocazione contribu dunque a giustificare religiosamente e a stimolare lintraprendenza economica, che si andava affermando nel corso del XVI secolo. Il nascente capitalismo commerciale ebbe cos modo di dispiegarsi senza ostacoli, avendo Calvino operato una chiara riconciliazione fra religione e acquisizione della ricchezza.Conseguenze di questi fattori furono, da un lato, un assetto politico di nuova formazione (lo Stato nazionale), con precise esigenze di consolidamento e, dallaltro, un nuovo assetto economico caratterizzato dallo sviluppo dei commerci, che necessitava, anchesso, di una regolamentazione.

IL PENSIERO PROTESTANTEback to indexPessimismo. La salvezza per fede e non per le opere.

Luomo irrimediabilmente corrotto dal peccato originale. Non potr mai liberarsi dal peccato originale. Persino la possibilit di giungere a comprendere o giustificare con la ragione lesistenza di Dio dubbia. Lunica possibilit lintervento della grazia divina.

Non c alcuna azione che luomo possa compiere per guadagnare con sicurezza la grazia. Essa un dono che Dio fa ai predestinati.

Non sono quindi le opere delluomo che attirano su di lui la grazia, ma la sua fede che potr indurre Dio a salvarlo

La negazione dei sacramenti

I sacramenti sono delle invenzioni della Chiesa, un residuo di credenze magiche nel potere di certi atti di assicurare la salvezza.

Il libero esame delle Sacre Scritture

La Chiesa non ha il monopolio della interpretazione della parola divina. Il rapporto con Dio un rapporto individuale, e non un rapporto collettivo: Dio parla allanima ed essa intende la sua parola, senza bisogno della mediazione della Chiesa.

La predestinazione

La salvezza riservata a coloro che dio ha prescelto come destinatari della sua grazia

La prosperit materiale come segno della predilezione e approvazione di Dio.

Sebbene le opere di per s non possano guadagnare la salvezza, tuttavia la prosperit materiale il segno della approvazione di Dio, mentre la miseria e la rovina sono il segno della sua riprovazione.

Il valore del lavoro

Il lavoro un atto buono, perch mette al servizio degli altri i propri talenti attraverso la propria attivit. Rendersi utile al prossimo mediante il proprio lavoro un imperativo etico.IL CAPITALISMO E LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

LA CRISI DEL MERCANTILISMO.back to indexGli imprenditori, che in un primo momento avevano avuto bisogno dello Stato Assoluto che proteggesse e incoraggiasse i propri traffici, si trovarono, specie con lo sviluppo dell'attivit industriale accanto a quella commerciale, sempre pi ostacolati nello svolgimento delle loro attivit dal controllo statale e dalle pesanti imposte che mantenevano una classe dirigente corrotta e parassitaria.

Gli stati, con i loro interventi ispirati alla politica mercantilistica, peggioravano anzi la situazione, provocando una grande inflazione e instabilit economica.

Lo slogan delle nuove classi era: "Laissez faire, laissez passer!" ("Lasciate fare, lasciate passare!")

Le colonie, che avevano sviluppato una propria attivit economica, si sentivano sfruttate dalla madrepatria, e questo stato di cose diede origine alla rivoluzione delle colonie americane nel 1776.

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: LA FASE PREPARATORIAback to indexCon il termine "rivoluzione industriale" si fa riferimento alla rapida trasformazione economica verificatasi per effetto dell'introduzione della macchina nel processo produttivo, che ha consentito la produzione di merci su larga scala. L'espressione fu applicata per la prima volta al processo di industrializzazione menifestatosi nel Regno Unito fra la seconda met del XVIII secolo e la prima met del XVIII secolo.

La rivoluzione industriale ha attraversato varie fasi. La fase preparatoria stata caratterizzata da:

Accumulazione di ricchezza da parte degli imprenditori mediante le attivit commerciali

Questa ricchezza accumulata consent di fare i primi ingenti investimenti nella nascente attivit manifatturiera.

Eliminazione dei vincoli feudali sulle terre, specie sulle terre comuni

Le terre comuni appartenevano a tutta la collettivit. Qualunque abitante del villaggio aveva diritto di "acquatico" (attingere acqua, anche per irrigazione), "legnatico" (raccogliere legna), "pascolo" (dei propri animali), "spigolatura" (raccolta delle spighe cadute durante i raccolti), "caccia", "raccolta" (di funghi, mirtilli...), "coltivazione" (su limitate parti delle terre comuni) ecc.

Le terre comuni rappresentavano dunque una risorsa essenziale per gli abitanti pi poveri del villaggio, privi di terra o con una quantit insufficiente di terra da coltivare.

Ma il sistema delle terre comuni era basato sull'agricoltura estensiva. Gli imprenditori contestavano questo sistema perch a loro avviso nessuno sarebbe invogliato ad investire denaro ed energie per sfruttare una terra che non era esclusivamente propria.

Con le "enclosures" si ebbe la assegnazione della terra a singoli proprietari e la sua chiusura ("enclosure", appunto) all'uso comune. In passato i proprietari, anzich coltivare tali terre, le riservavano al pascolo per ottenere lana di pecora (gi nel 1500 Tommaso Moro si lamentava che "le pecore mangiano gli uomini"); ma con lo sviluppo di efficaci tecniche agricole le terre furono sempre pi sfruttate per l'agricoltura intensiva, in particolare per la coltivazione dei cereali.

Espulsione dal settore agricolo dei lavoratori in sovrannumero, che andarono a costituire riserve di manodopera nelle citt

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: LA FASE INIZIALE (O DELLE GRANDI INVENZIONI)back to indexLa fase propriamente iniziale quella definita "delle grandi invenzioni", tra cui ricordiamo:

Macchine per la filatura veloce della lana

Telai meccanici per la tessitura

Macchine a vapore per le fabbriche e i trasporti (locomotiva a vapore, nave a vapore)

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE:LA SECONDA FASE (O DELLE GRANDI COMUNICAZIONI)back to indexLa seconda fase, legata in particolare all'uso del vapore per la locomozione terrestre e marittima, quella "delle grandi comunicazioni", che contraddistinta da un ampliamento costante dei mercati di sbocco dei prodotti.

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: I CARATTERI DEL NUOVO MODO DI PRODUZIONEback to indexLa rivoluzione industriale ebbe il suo epicentro, almeno per un trentennio, in Inghilterra. Ma gi agli inizi dell'Ottocento diversi paesi, tra cui Germania, Olanda, Belgio e alcuni stati nord-europei seguirono l'esperienza di industrializzazione avviata nel Regno Unito.

Il sistema produttivo capitalistico era basato:

sull'impiego delle macchinesullimpiego del lavoro salariatosulla divisione del lavoro sulla concentrazione del lavoro in fabbrica sulla accumulazione di capitale.

Mentre i tessitori e gli agricoltori medioevali e dell'inizio dell'epoca moderna erano padroni dei loro telai e dei loro terreni, nell'Ottocento la propriet dei mezzi di produzione non era pi in mano all'artigiano che produceva, ma all'imprenditore che si limitava ad organizzare l'altrui lavoro salariato.

Ciascun lavoratore non eseguiva tutte le fasi della produzione, ma si specializzava in una determinata fase, che era in grado in tal modo di svolgere molto pi velocemente e con l'aiuto di una macchina.

Mentre nelle et precedenti prevaleva il lavoro a domicilio, con i telai e le piccole manifatture sparse nelle campagne, nell'Ottocento le manifatture si concentrarono vicino ai luoghi di estrazione del carbone o vicino ai grandi nodi ferroviari o marittimi, creando enormi agglomerati di industrie.

I capitali necessari per l'attivit produttiva divennero molto elevati, anche per l'uso di macchine, e la figura tradizionale dell'artigiano, in grado di comperarsi gli attrezzi del mestiere, a poco a poco scomparve.

Mentre l'attivit tradizionale produceva soprattutto beni di consumo, e la modesta quantit di beni strumentali necessaria a rimpiazzare quelli logorati, nel sistema capitalistico una parte notevole del valore del prodotto (i profitti) cade in mano agli imprenditori, che la reinvestono nella produzione di beni strumentali. In tal modo la crescita del sistema capitalistico risulta molto pi veloce di qualsiasi altro sistema economico sino ad allora conosciuto.

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: LE CONDIZIONI DI VITA DEI LAVORATORI DURANTE LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE.back to indexI lavoratori agli inizi dell'Ottocento abitavano nei nuovi e vecchi quartieri delle citt industriali, dove le condizioni igieniche erano pessime. I quartieri raggiunsero il culmine della sporcizia e del fetore. Nelle nuove citt industriali, soprattutto quelle popolate dai lavoratori, erano del tutto assenti anche i pi elementari e tradizionali servizi municipali. Interi quartieri non erano in grado di attingere acqua neppure nei pozzi, a causa dell'eccessivo utilizzo da parte delle industrie siderurgiche, cotoniere e chimiche. Con questa scarsit d'acqua per bere e lavarsi non faceva meraviglia l'accumularsi della sporcizia e fetore. Queste erano praticamente le condizioni di tutti gli operai nei nuovi centri industriali, una volta che il regime si fu consolidato.

LA SCUOLA ECONOMICA CLASSICA.back to indexNasce nell'ultimo scorcio del Settecento e si consolida nei primi decenni dell'Ottocento.

Nasce con l'affermarsi del sistema del capitalismo industriale e costituisce una riflessione sui meccanismi di funzionamento di tale sistema.

LA CRESCITA DELLE RENDITE A SEGUITO DELL'INDUSTRIALIZZAZIONE.back to indexUn fenomeno tipico che si accompagna sempre all'industrializzazione la crescita delle rendite. Esso non sfugg all'attenzione degli economisti classici, che lo additarono come conseguenza negativa dello sviluppo delle citt industriali e delle manifatture.

Secondo gli economisti classici, il grande aumento di popolazione del Settecento rese necessaria una sempre crescente produzione agricola e manifatturiera per provvedere ai suoi bisogni e forn al contempo la manodopera a buon mercato necessaria per questa produzione.

Ma fattori come la terra coltivabile, le aree edificabili delle citt, gli edifici e i capannoni industriali, gli alloggi per i lavoratori, le miniere, i corsi d'acqua erano disponibili in quantit scarsa, e il prezzo richiesto dai proprietari per il loro utilizzo crebbe rapidamente fino ad assorbire gran parte dei profitti degli imprenditori e dei compensi dei lavoratori oltre la pura sussistenza.

Imprenditori e lavoratori erano uniti nel denunciare il furto operato dalle classi improduttive proprietarie di risorse non riproducibili a danno delle classi produttive.

Il fenomeno era giudicato grave perch, dato che ad esempio gli imprenditori agricoli dovevano cedere la quasi totalit dei loro guadagni ai proprietari delle terre coltivabili, essi non avevano sufficienti incentivi per mettere a coltura nuove terre, e quindi si correva il serio rischio che le risorse alimentari non crescessero in misura sufficiente a sfamare la crescente popolazione.

Questo fenomeno assunse dimensioni molto preoccupanti nell'Inghilterra dell'Ottocento, ma comune nelle epoche e nei paesi in cui la produzione industriale cresce rapidamente e si concentra in determinate aree.

Ad esempio, con l'industrializzazione dell'Italia del centro-nord nel secondo dopoguerra di questo secolo, le famiglie proprietarie di terreni, specie edificabili, di edifici industriali, di alloggi da affittare ai lavoratori migranti hanno ottenuto ingenti guadagni, che hanno permesso loro un alto tenore di vita, la possibilit di mandare i figli alle universit, anche estere, ecc.

L'EVOLUZIONE DELLA FIGURA DELL'IMPRENDITORE NEL CORSO DEI SECOLI FINO AD OGGI.back to indexNel medioevo il produttore (contadino o artigiano) era proprietario dei mezzi di produzione (terre, attrezzi) e partecipava direttamente col suo lavoro alla produzione.

Nel tardo medioevo e fino alla rivoluzione industriale nacque la figura dell'imprenditore che, sebbene proprietario dei mezzi di produzione, non partecipava direttamente alla produzione, ma si limitava ad organizzarla. Ad esempio, nelle Fiandre dei secoli XV-XVII gli imprenditori tessili davano in affitto i telai ai contadini nelle campagne, fornivano le materie prime per la filatura e passavano poi a ritirare il tessuto finito.

Con il capitalismo, nacque la figura dell'imprenditore moderno, che non solo non partecipa all'attivit produttiva, ma non neanche proprietario dei mezzi di produzione, che si procura con capitali presi a prestito.

Le figure dell'imprenditore, del proprietario delle risorse naturali, del proprietario dei capitali e dal lavoratore si separano e sono rappresentate da soggetti distinti.

Il tipico imprenditore agricolo inglese dell'Ottocento possiede solo la capacit organizzativa di combinare insieme i fattori di produzione che si procura dietro compenso (il salario che va al lavoratore; la rendita che va al proprietario della terra coltivabile; l'interesse che va a chi gli ha prestato i capitali). Egli si appropria delle somme - ricavate dalla vendita dei prodotti - che avanzano dopo pagati i fattori, e che rappresentano il suo profitto.

IL LIBERALISMO. IL LIBERISMO.

LE SOCIETA' PREMODERNE E LE LORO CREDENZE.back to indexCosa si intende per "societ premoderne"?

Per "societ premoderne" intendiamo le societ della preistoria, della storia antica, della storia medioevale e (con qualche cautela che esclude alcune delle idee del Rinascimento) della storia moderna anteriore all'et illuministica.

L'idea fondamentale delle societ premoderne che tutto deve essere guidato dall'alto.

Una delle concezioni fondamentali di tali societ era che ogni aspetto della vita individuale e soprattutto sociale viene retto dall'alto: dalla divinit, o da saggi o eroi ispirati dalla divinit, o da sovrani designati dalla divinit o da antiche leggi di ispirazione divina.

Ancora nel 1500 Lutero esortava i principi tedeschi a "bruciare, uccidere, vessare la teppaglia". L'umanit comune veniva vista come preda di vizi, passioni, incapace di comprendere il bene proprio e a maggior ragione il bene comune. Lasciare che essa si governasse da s avrebbe rappresentato la catastrofe.

La vita della collettivit in una societ premoderna si basa su modelli, leggi, norme, riti che provengono da mitici eroi fondatori, o da profeti ispirati dalla divinit (vedi la legge di Mos), o da sovrani che in oriente erano considerati semidei (in oriente) o amici di dei o ninfe (Minerva, Giove, Era, la ninfa Egeria di Numa Pompilio...) che li consigliavano e assistevano e combattevano perfino al loro fianco (in occidente).

La pianta di molte citt babilonesi rispecchiava lo schema delle costellazioni. Le piramidi potrebbero essere state costruite secondo calcoli di allineamento siderale.

Immensa era l'influenza dei sacerdoti, che stabilivano le norme molte attivit individuali e sociali. Fu da queste prescrizioni religiose, chiamate nel loro insieme "fas", che nell'antica Roma nacquero le vere e proprie norme giuridiche, chiamate ius" (ordinamento giuridico): in origine la norma giuridica non era altro che una prescrizione per non sbagliare i propri atti offendendo la divinit.

Il mito della perfezione originaria.

Nelle societ premoderne sono diffusi i miti che fanno risalire tutte le arti e le conoscenze su cui si basa la societ, compresa l'invenzione della scrittura, a mitici eroi di natura semidivina, vissuti nel passato, che le avrebbero insegnate agli uomini.

Nella Bibbia si ritrova un mito analogo: vi furono degli angeli che, innamoratisi delle donne umane, scesero sulla terra e si congiunsero con loro, generando la stirpe dei giganti e insegnando alle donne le "arti proibite" della metallurgia e dell'alchimia.

Le societ premoderne diverse da quella cristiana non avevano il concetto di "progresso": per esse la vita consisteva nella ripetizione di gesti e cerimonie sempre eguali, perfino nella caccia o nella costruzione delle imbarcazioni o nei corteggiamenti, compiuti o mostrati all'inizio dei tempi da eroi o divinit. Solo cos facendo gli uomini avrebbero attirato su di s la benedizione del cielo e avrebbero vissuto come gli uomini di quei tempi felici.

In molte religioni esiste il mito del paradiso terrestre: anche la religione babilonese, come altre religioni dell'antichit, credeva che la vita dell'inizio dei tempi fosse perfetta e che gli uomini dovessero fare ogni sforzo per restaurarla ed imitarla.

Perfino nella religione cristiana, il fedele assume come "modello" Cristo; la famiglia assume come "modello" la sacra famiglia di Giuseppe e Maria; la societ assume come "modello" il popolo ebreo che cammina alla ricerca della terra promessa guidato da Mos.

La legge della decadenza.

In simili societ non esiste progresso, ma semmai corruzione, decadenza. Esiste la visione pessimistica secondo cui, quanto pi tempo trascorre, tanto pi l'umanit si allontana dai modelli ideali. I miti siberiani contengono lamenti sulla decadenza degli sciamani o stregoni, che non avrebbero pi, come un tempo, la potenza di scacciare malattie e maledizioni dai loro villaggi.

Nel Canto XIV dell'"Inferno" di Dante riportato (versi 94-114) il mito antichissimo, attestato anche nella Bibbia, delle "quattro et": la storia umana simboleggiata da una enorme statua con la testa d'oro (=l'inizio dei tempi, in cui tutto era perfetto), le braccia e il petto d'argento, le gambe di ferro e il piede destro, su cui si appoggia, di terracotta (=l'et ultima, in cui tutto vacilla e crolla).

Gli ind parlavano dei quattro "yugas" o et. Secondo loro l'umanit sarebbe attualmente nella quarta ed ultima et, il "kali-yuga" o "et di Kal la sanguinaria", et del ferro e del sangue, destinata a concludersi con la distruzione del mondo. Kal la pi terribile delle tre incarnazioni della consorte di Shiva: Parvati, la compagna e moglie; Durga, dea della guerra; e Kal, ornata da una collana di teschi e che si onorava con sacrifici umani. La donna accanto alla divinit simboleggia spesso la forza creatrice che plasma il mondo materiale secondo il modello divino.

La concezione cristiana.

Per la prima volta, col pensiero cristiano, si afferma l'idea che l'umanit non destinata a ripetere sempre gli stessi atti, ma la sua storia "aperta". Gli antichi padri della Chiesa, specie Sant'Agostino, vedevano il popolo cristiano come un popolo in cammino, che grazie all'assistenza della provvidenza pu avvicinarsi sempre pi a Dio.

Ma secondo alcuni studiosi anche questa potrebbe essere una idea che si ricollega a quelle delle altre societ premoderne: occorre ritornare al paradiso terrestre, alla perfezione delle origini.

La concezione liberale, che una societ capace di funzionare senza alcun intervento dall'alto rivoluzionaria.

I pensatori liberali sostennero che gli uomini possono reggersi da se stessi eleggendo i propri rappresentanti e creando da s le proprie leggi (contrattualismo).

Questa idea del tutto nuova e rivoluzionaria: l'uomo premoderno, anche quello della "polis" greca, trovava inconcepibile una societ che volgesse le spalle alle antiche leggi ed usanze, alle divinit, per regolarsi da s. Un simile stato di cose avrebbe violato la "dyk", legge cosmica che fissava il posto di ogni cosa nell'universo sin dall'inizio dei tempi, e avrebbe attirato una terribile punizione.

Ancora nell'et del mercantilismo i sovrani si ispiravano a questa idea e sentivano il bisogno di intervenire per regolare dall'alto l'attivit economica.

Secondo Dante la societ umana ha bisogno, accanto al Papa, di un imperatore egualmente ispirato da Dio (teoria dei "due soli") che deve garantire la giustizia e la pace contrastando gli istinti violenti e viziosi degli uomini, in modo che essi, costretti a rinunciare alla violenza, possano pi facilmente volgersi a Dio.

Machiavelli ancora considerava il popolo come una "bestia grossa e varia" che andava governata, sia pur nel suo stesso bene, con le arti "della golpe e del lione": l'inganno e la violenza.

I teorici del liberalismo affermarono che non solo il popolo poteva reggersi da s (scriveva Benjamin Franklin che, se vero che spesso le persone comuni sono ignoranti riguardo le questioni di politica ed economia, tuttavia dimostrano di saper scegliere con grande avvedutezza i loro rappresentanti tra i pi capaci), prendendo la ragione come guida, ma che la societ poteva reggersi sull'egoismo dei singoli, con poche leggi e quasi senza quasi preoccuparsi del funzionamento di tutto l'insieme. Adam Smith e gli altri economisti classici mostravano come esempio la vita delle citt dei loro tempi: all'alba, una lunga fila di mezzi di trasporto e di uomini si recava entro le mura per fornire alimenti, vestiario, lavoro, e tutti gli altri beni che venivano poi distribuiti nel corso della giornata. Il fatto sorprendente - la vera scoperta - era che NESSUNO in realt si occupava di coordinate tutto questo. Nessuno stabiliva quanti carri dovessero arrivare, e quali beni dovessero trasportare. Nessuno si occupava di stabilire chi aveva e chi non aveva il diritto a questi beni. Eppure, tutte queste decisioni venivano prese. Da qui due grandi scoperte: a) il sistema economico principalmente un sistema per prendere decisioni; b) i meccanismi del sistema economico capitalistico sono in grado di prendere automaticamente le decisioni migliori possibili, senza che alcun sovrano debba occuparsene. Esisteva una specie di provvidenza (la "mano invisibile") che permetteva di fare a meno dell'intervento del Sovrano o della Chiesa. Per un uomo premoderno (e anche per i cattolici pi tradizionali) queste idee erano non solo incomprensibili, ma mostruose: la societ doveva essere retta dai sovrani e guidata dalla Chiesa.

LE IDEE-CARDINE DEL LIBERALISMOback to indexL'individuo il punto di riferimento fondamentale.

L'idea-base del liberalismo l'individualismo, cio il valore dell'individuo, che il punto di riferimento di qualsiasi sistema economico o politico. La libert dell'individuo il valore pi alto. Non esiste altro punto di riferimento al disopra dell'interesse dell'individuo, come ad es. la volont dello stato, gli interessi della nazione ecc. La libera attivit degli individui rende possibile produrre e realizzare tutto ci di cui l'uomo e la societ hanno bisogno (imprese, scuole, ospedali, associazioni religiose, culturali ecc.)

Lindividuo in grado di procurarsi da s quasi tutto ci che gli occorre: educazione, previdenza per la vecchiaia, assistenza sanitaria, lavoro, divertimento)

Il contrattualismo.

Il "contrattualismo" la dottrina politica secondo la quale la societ stata creata dal libero patto degli individui per soddisfare i loro bisogni e nessun monarca pu violare le libert individuali e imporre agli individui imposte, sacrifici, servizi pubblici o obbiettivi che non siano nel loro proprio interesse.

Lindividuo contratta con gli altri individui per il raggiungimento degli obiettivi comuni. Lapplicazione pi interessante si ha in politica: lo stato, il potere del sovrano, nasce da un libero accordo dei cittadini, che liberamente conferiscono potere al sovrano o ai rappresentanti che eleggono.

Razionalismo

Un individuo razionale accetter tutti i culti, perch non vede delle evidenze razionali a favore di una religione piuttosto che di unaltra.

Un individuo razionale stabilir delle pene moderate, che mirano alla rieducazione del condannato e alla prevenzione di futuri reati, e non alla vendetta.

Un individuo razionale rinuncia alla violenza e si affida allaccordo politico, riconosce che presumibilmente nessuno possiede lintera verit e quindi accetta il dibattito, il confronto e il pluralismo dei partiti.

Un individuo razionale vede con favore lo sviluppo della scienza e della tecnica

Valore dato allistruzione

I liberali danno una grande importanza all'istruzione, che permette all'individuo di poter meglio competere con gli altri e di fare consapevolmente le proprie scelte politiche invece di seguire senza riflettere leader disonesti e incapaci.

Un individuo che deve competere deve sviluppare pienamente tutti i suoi talenti. Listruzione, come mezzo per sviluppare la propria personalit e le proprie abilit importantissima. Inoltre, una societ democratica deve essere una societ di uomini istruiti, in grado di scegliere e controllare loperato dei propri rappresentanti.

Valore della propriet

La propriet importante per garantire la indipendenza di un individuo, un individuo che possiede cose di sua propriet, meno influenzabile e vulnerabile di un altro individuo. Inoltre la propriet la giusta ricompensa per coloro che lavorano e si danno da fare

La giustizia sociale basata sul principio di controprestazione

Ogni individuo riceve (anche dallo stato) in base a quanto d

Libert e diritti inviolabili dellindividuoLindividuo deve godere di una sfera inviolabile di libert, al riparo dallarbitrio del sovrano assoluto. I suoi diritti inviolabili possono essere limitati solo per tutelare i diritti inviolabili di unaltra persona.Libert di iniziativa economica

Libert in economia si chiama libert di iniziativa economica. Ciascuno pu iniziare una qualsiasi attivit produttiva e scegliere cosa produrre, quanto produrre, in che modo produrre e a chi vendere.

Tutti nascono eguali e la successiva diseguaglianza un prodotto delle circostanze

Ottimismo

Fiducia nella scienza, nel progresso, nello sviluppo economico

Netta separazione tra stato e societ civile

Mentre in passato il sovrano si occupava di religione, di economia, di cultura, nella societ liberale lo stato rimane neutrale e si occupa solo di far rispettare le leggi, le regole del gioco concorrenziale

Separazione dei poteri

La grande concentrazione del potere in mano al Parlamento doveva essere controbilanciata dal principio di separazione del potere giudiziario da quello legislativo e da quello esecutivo

La libert come valore fondamentale per lo sviluppo dell'individuo.

La libert consente all'individuo di sviluppare pienamente la propria personalit e la propria intraprendenza: la libera attivit degli individui rende possibile produrre e realizzare tutto ci di cui l'uomo ha bisogno, senza necessit che lo Stato intervenga.

L'individualismo si oppone a ogni forma di tirannide e di dittatura.

L'individualismo si oppone a qualsiasi forma di oppressione da parte di dittatori che vogliano violare la libert degli individui col pretesto di farli agire per la "grandezza della nazione", per l'"interesse dello Stato" o in base alla "superiore morale cristiana", ai "veri comandi dell'Islam" ecc.

L'uomo naturalmente egoista e il suo comportamento naturale ha come scopo soddisfare esclusivamente i suoi bisogni.

L'uomo naturalmente egoista e deve accettare questo fatto senza scandalizzarsi. Egli non sopravviverebbe se non avesse degli impulsi egoistici che garantiscono la propria sopravvivenza.

L'egoismo un impulso potente che, se ben incanalato, pu produrre grandi cose. L'altruismo un impulso debole, su cui si pu fare in realt modesto affidamento.

Il modello di una societ fondata sull'altruismo la comunit di religiosi che non hanno nulla di proprio (tutto in comune) e non agiscono a scopo di acquisire ricchezza, ma di aiutare i compagni.

Il modello di una societ fondata sull'egoismo una societ in cui ciascuno sa che, sviluppando i propri talenti e lavorando sodo riuscir a fare fortuna e a trasmettere ai figli le proprie ricchezze.

Dice una famosissima frase di Adam Smith: "Non dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del panettiere noi aspettiamo il nostro pranzo, bens dal riguardo che essi hanno per il proprio interesse. Noi ci indirizziamo non al loro umanitarismo ma al loro egoismo e non parliamo con essi delle nostre necessit ma dei loro vantaggi".

L'egoismo, illuminato dalla razionalit e tenuto sotto controllo dalla competizione (concorrenza) pacifica benefico per tutta la societ (utilitarismo).

Paradossalmente, l'egoismo molto pi sollecito verso i bisogni altrui (visti come occasioni di guadagno) che non l'altruismo (che sovente si accompagna alla raccomandazione cristiana di reprimere i propri bisogni ed istinti).

La stessa cura dei figli, che una delle forme pi importanti di collaborazione tra individui, avviene per egoismo.

L'egoismo completamente sfrenato porterebbe rapidamente all'uso della violenza e dell'inganno.

Ma l'uomo un essere razionale, e non pu non vedere che in tal modo tutti risulterebbero danneggiati e il soddisfacimento dei bisogni risulterebbe incerto e precario.

La stessa razionalit ed egoismo umani creano pertanto un patto per evitare la violenza e l'inganno. Nasce un'autorit voluta da tutti che fa rispettare le regole del gioco, e cio della convivenza civile.

Legoismo temperato dalla concorrenza e da essa trasformato in una forza utile

In una condizione di convivenza civile l'egoismo temperato dalla concorrenza non violenta, e in tal modo va a vantaggio di tutti.

La concorrenza finisce per regolare ogni ambito dell'attivit umana. La concorrenza tra imprenditori fornisce ai consumatori le merci migliori ai prezzi pi bassi; la concorrenza tra studenti e lavoratori per il posto di lavoro fornisce la manodopera pi capace e qualificata per la produzione, i medici migliori, gli architetti migliori, gli scienziati migliori; la concorrenza tra gli uomini politici per ottenere i voti degli elettori fa prevalere i programmi migliori e pi vicini ai desideri della gente; la concorrenza dei filosofi e degli scienziati per far affermare le proprie idee produce un continuo avanzamento della scienza e del sapere. Si pu dire che tutto il sistema sociale si regge sulla concorrenza, che premia i migliori e procura vantaggi a tutta la collettivit.

Per concorrere gli uomini debbono incontrarsi alla pari, con eguali diritti di fronte alla legge, senza che nessuno possa far valere la forza delle corporazioni o i privilegi del proprio rango.

Lo Stato deve intervenire il meno possibile solo per garantire le regole del gioco.

Lo stato, secondo i liberali, deve assicurare la giustizia (tribunali), l'ordine pubblico (polizia) e la difesa (esercito). Deve insomma garantire la difesa dall'esterno e le regole del gioco all'interno (niente violenza, concorrenza sleale, ecc.).

Per il resto deve lasciar fare agli individui, e in particolare sconsigliabile che imponga troppe tasse e che voglia partecipare alle attivit produttive o cerchi di influenzare l'economia.

La molla dell'egoismo e della concorrenza fa sviluppare la personalit umana.

Spinto dalla competizione, potendo contare solo sulle proprie forze e non su ricchezza o rango sociale, l'individuo sar costretto a far fruttare tutti i propri talenti, ad essere accorto, frugale, parsimonioso e intraprendente.

L'egoismo risveglia l'intraprendenza umana e fa crescere i commerci, come dice Hume: "poich gli uomini si abituano ai piaceri del lusso e ai profitti del commercio, la loro sensibilit e il loro spirito attivo, cos risvegliatisi, li sospingono verso nuovi progressi in ogni ramo del commercio sia interno sia estero".

IL LIBERISMO.back to indexIl liberismo la dottrina economica del liberalismo: assegna allo stato un ruolo di semplice "arbitro" nella lotta economica e sostiene che l'attivit produttiva va lasciata alla libera iniziativa privata, perch solo in tal modo si assicura il massimo impiego delle risorse, la ricchezza e la crescita del sistema economico.

Lo Stato deve intervenire il meno possibile, per garantire il rispetto delle "regole del gioco" della concorrenza e fornire i servizi pubblici pi essenziali: difesa, ordine pubblico, giustizia.

LA SEPARAZIONE TRA STATO E SOCIETA CIVILE. LA SEPARAZIONE DEI POTERI.back to indexIl potere economico deve rimanere separato dal potere politico e dal potere culturale.

Lo Stato (il potere politico), in particolare, non deve intervenire in campo religioso, economico, scientifico.

I liberisti erano molto polemici nei confronti delle idee del mercantilismo, tipiche dello stato assoluto del Seicento e del Settecento. Secondo loro lo stato mercantilista interveniva troppo nell'attivit economica in vari modi:

Monopolizzando molte attivit economiche e concedendone il brevetto di sfruttamento a determinati soggetti o categorie di soggetti

Emanando un numero eccessivo di leggi per regolare l'attivit economica che finivano per soffocarla (ad es. le leggi sul commercio dei grani, citate anche dal Manzoni finivano per essere cos opprimenti che provocavano carestie)

Dazi doganali

Secondo i liberisti andavano tolti tutti questi ostacoli e altri ancora:

Servit della gleba, che impediva la libera circolazione dei lavoratori

Corporazioni di arti e mestieri, che impedivano il libero esercizio dell'attivit economica

Terre comuni (che impedivano di sfruttare vaste aree agricole lasciandole a pascolo o a bosco)

LE "LEGGI NATURALI" DEL SISTEMA. LA "MANO INVISIBILE".back to indexI liberisti avevano la teoria della "mano invisibile", secondo cui esistono meccanismi (come quello dei prezzi) che garantiscono che l'attivit economica si sviluppi da s e proceda nel migliore dei modi senza bisogno di leggi e controlli (tranne quelli per evitare la violenza e la concorrenza sleale)

L'egoismo una legge naturale messa da Dio nel cuore dell'uomo.

Ma l'egoismo di una singola persona, se fosse libero di sfrenarsi, rovinerebbe tutti gli altri.

Cos pure, un egoismo che volesse affermarsi con mezzi violenti condurrebbe alla catastrofe.

In realt, nel cuore dell'uomo, l'egoismo temperato dalla ragione (concezione illuminista).

E' la ragione a spingere gli uomini a limitare i loro egoismi e a stipulare un patto per creare una autorit che impedisca i conflitti violenti e tuteli la propriet che ciascuno ha guadagnato con il proprio lavoro.

In tale situazione, a causa della presenza di altri uomini, la legge distruttiva dell'egoismo viene temperata dalla concorrenza, cio dalla lotta pacifica con gli altri per ottenere il soddisfacimento dei propri interessi.

La concorrenza trasforma una forza distruttiva in una grande forza di progresso: gli imprenditori in concorrenza tra loro produrranno prodotti migliori e pi a buon mercato; i politici, facendosi concorrenza di fronte all'elettorato, proporranno i programmi politici migliori; gli studenti, stimolati dalla prospettiva di un lavoro rimunerativo, cercheranno di impiegare tutte le loro energie nello studio; ecc.

IL PRINCIPIO DELLO SCAMBIO. L'EGUAGLIANZA.back to indexMentre nell'Ancien Rgime (1600-1700) alcuni individui (nobili, clero) erano in posizione di forza rispetto ad altri, e in virt dei propri privilegi si appropriavano per legge di una parte del prodotto nazionale, i liberali rivendicarono la assoluta eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e il principio per cui, se un individuo vuole qualcosa deve scambiarlo con qualcosa di equivalente: denaro, lavoro, beni, ecc. Questo principio dello scambio o "principio della controprestazione" stato affermato anche nei confronti dello Stato: esso deve fornire servizi pubblici di valore equivalente alle imposte che i cittadini pagano, evitando gli sprechi e il mantenimento di classi parassite come la nobilt.

IL VALORE DELLA PROPRIETA.back to indexLa propriet guadagnata con il proprio lavoro una importante ricompensa che va lasciata agli individui.

La propriet anche garanzia di indipendenza e libert: chi ha dei beni non deve dipendere da altri per il proprio sostentamento e non pu essere costretto a comportarsi in modo contrario alla propria libert e coscienza.

La cosiddetta "propriet dei beni personali" (delle stanze in cui tutelare la propria privacy, libri, vestiario, strumenti per i propri hobby, auto per gli spostamenti ecc.) indispensabile per la manifestazione della personalit di un individuo, e non pu essergli espropriata n messa in comune con altri.

IL CIRCUITO REDDITO-SPESA E LA TEORIA DEGLI SBOCCHI DI SAY

IL CIRCUITO REDDITO-SPESA E LA LEGGE DEGLI SBOCCHIback to indexOsserviamo la figura 1, con lo schema dei rapporti tra famiglie e imprese in un sistema economico semplificato:

Limpresa Alfa produce automobili, utilizzando lamiere che paga lire 150 allimpresa Beta.

Limpresa Beta produce lamiere, utilizzando minerale che paga lire 50 allimpresa Gamma

Limpresa Gamma produce minerale senza utilizzare beni strumentali acquistati da altre imprese

I beni finali prodotti dal sistema economico consistono in auto per un valore di 300 lire, che costituiscono lincasso dellimpresa Alfa (freccia verticale dalle famiglie allimpresa Alfa)

Ciascuna impresa, una volta pagato il valore dei beni intermedi utilizzati, distribuisce tutto il rimanente alle famiglie che hanno preso parte alla produzione, sotto forma di flusso W+P di

salari

profitti

stipendi

interessi

royalties (compensi per i brevetti utilizzati)

rendite (compenso ai proprietari dei terreni, delle miniere e delle altre risorse naturali utilizzate)

Tra le famiglie che hanno preso parte alla produzione includiamo ovviamente anche quelle degli imprenditori.

Possiamo subito vedere che i flussi W+P dalle imprese alle famiglie sono pari a 150+100+50 = 300, e cio hanno lo stesso valore del prodotto finale, costituito da automobili (300).

In sintesi, tutto il valore dei beni finali prodotti dalle imprese nellunit di tempo (mese, anno, etc.) viene distribuito alle famiglie sotto forma di flusso W+P di salari, stipendi, profitto, royalties, rendite.

Questo fatto risulta ancor meglio da uno schema che riunisce in un unico gruppo le famiglie e in un unico gruppo le imprese:

Osservando questo schema notiamo che i salari e gli stipendi W+P distribuiti il 27 di ogni mese finanziano le spese di consumo C delle famiglie fino al 27 del mese successivo, quando i soldi sono rientrati tutti nelle casse delle imprese e il ciclo si ripete.

Possiamo dire che le famiglie acquistano i beni con gli stessi soldi che sono stati dati loro dagli imprenditori per produrli. Questo fatto colp leconomista classico Jean-Baptiste Say (la scuola classica la scuola di pensiero economico dominante tra il 1790 e il 1850 circa, e comprende economisti come Say, Smith, Ricardo, Marx), che formul la legge degli sbocchi nella sua prima forma (dovuta a Say): Lofferta (cio la produzione) crea la sua domanda; in altre parole gli imprenditori non hanno ragione di preoccuparsi che rimangano merci invendute, perch lo stesso denaro che essi distribuiscono alle famiglie che consentir ad esse di acquistarle.Gli economisti neoclassici (la scuola neoclassica la scuola di pensiero economico dominante tra il 1850 e il 1930 circa) perfezionarono lanalisi di Say considerando anche la possibilit che le famiglie potessero risparmiare. Essi misero a punto lo schema di figura 3 di un sistema economico con famiglie, banche e imprese:

In questo schema tutto il denaro risparmiato dalle famiglie (100) viene depositato nelle banche e poi preso in prestito dagli imprenditori per acquistare beni strumentali durevoli e scorte di beni strumentali non durevoli (flusso orizzontale I di investimenti tra banche e imprese). In questo modo, le 300 lire distribuite dalle imprese il 27 del mese, alla fine del mese successivo ritornano nelle loro casse sotto forma di flusso C+I, e il ciclo si ripete invariato. In questo caso si dice che il sistema in equilibrio.

Come possono essere sicuri i neoclassici che tutte le somme risparmiate dalle famiglie torneranno alle imprese sotto forma di investimenti? La risposta a questa obiezione contenuta nella legge degli sbocchi nella sua seconda forma (dovuta ai neoclassici): Se le famiglie risparmiano pi di quanto gli imprenditori intendono investire, allora linteresse offerto sui capitali risparmiati si abbasser e questo avr leffetto di far risparmiare meno le famiglie, che aumenteranno le spese di consumo e di far aumentare gli investimenti agli imprenditori. In tal modo, si raggiunge il punto in cui gli imprenditori investono esattamente quanto le famiglie risparmiano. Anche in questo caso, tutta la produzione ha trovato il suo sbocco, cio stata acquistata o dalle famiglie o dagli imprenditori.

Osserviamo la figura 4, che illustra il funzionamento del mercato dei capitali:

La domanda di capitali proviene dalle imprese, che li impiegano per fare investimenti (acquisto di beni strumentali durevoli e non durevoli), mentre l'offerta di capitali proviene dal risparmio delle famiglie. La curva di offerta di capitali ascendente: pi alto il saggio di interesse "i" pi le famiglie sono invogliate a risparmiare. La curva di domanda di capitali discendente: pi alto il saggio di interesse, pi le imprese trovano costoso imprestarsi denaro e limitano i prestiti. Il saggio di equilibrio iEQ quello al quale la domanda di capitali coincide con l'offerta: risparmiatori e imprese hanno trovato un accordo. Al disopra del saggio di interesse di equilibrio si ha eccesso di offerta di capitali da parte delle famiglie (saggio i1) ; al disotto del saggio di equilibrio si ha scarsit di capitali o eccesso di domanda da parte delle imprese (saggio di interesse i2)

Come abbiamo gi detto, il funzionamento del mercato dei capitali assicura la validit della legge degli sbocchi (tutta la produzione viene acquistata); infatti, la situazione in cui le famiglie risparmiano pi di quanto gli imprenditori investono la situazione che si ha al saggio i2, con un eccesso di offerta di moneta pari al segmento AB. Questo eccesso di offerta spinger il saggio di interesse al livello Ieq, corrispondente al punto P. Come si vede osservando landamento della curva di domanda nel tratto AP e landamento della curva di offerta nel tratto BP, mentre il saggio di interesse scende, gli investimenti degli imprenditori aumentano (gli imprenditori trovano che il costo del denaro diminuito sono pi invogliati ad investire) mentre lofferta di moneta da parte delle famiglie diminuisce (le famiglie trovano meno conveniente risparmiare e aumentano i loro consumi). Alla fine domanda ed offerta coincideranno nel punto P

LE TEORIE DI MALTHUS E DI LASSALLE

LA POPOLAZIONE NEL SETTECENTO.back to indexNel medioevo e nei secoli del mercantilismo (1500-1600) le campagne erano spopolate e foreste, paludi e terreni accidentati coprivano una gran parte delle terre coltivabili.

L'aumento di popolazione contribuiva a diffondere il disboscamento, l'agricoltura e le aree coltivate ed era considerato una fonte di potenza economica e militare della nazione.

Ancora legato fortemente ad una visione cristiana e biblica del mondo, il medioevo considerava una popolazione abbondante e una numerosa discendenza come la benedizione di Dio all'uomo.

Ma a partire dal 1700 le campagne cominciarono ad espellere manodopera in eccesso, a causa della chiusura delle terre comuni e del progresso delle tecniche agricole.

Gli economisti classici si accorsero con preoccupazione che quella che nei secoli passati era considerata una ricchezza - l'abbondanza di popolazione - ora costituiva una situazione drammatica che rischiava di togliere valore e dignit ad una vita umana di cui nessuno (n le campagne n le citt) aveva pi bisogno.

LE TEORIE DI MALTHUS.back to indexLe analisi pi pessimistiche della situazione sono quelle dell'economista classico Thomas Robert Malthus (1766-1836).

Egli ebbe il merito di attirare per primo l'attenzione degli studiosi sul rapporto tra popolazione e risorse. Da allora questo rimasto un importante tema di studio della scienza economica.

Secondo Malthus, mentre la crescita delle risorse alimentari (cio dei beni di consumo alimentare disponibili) segue un andamento "aritmetico", la crescita della popolazione segue un andamento "geometrico", che molto pi veloce.

In matematica, si dice "successione" una serie infinita di numeri.

Una successione si dice "aritmetica" quando ciascun numero successivo ottenuto sommando sempre la stessa quantit al numero precedente. Ad esempio, la successione:

3, 5, 7, 8, 11, 13,...

ottenuta sommando il valore 2 per ottenere il numero successivo

Una successione si dice "geometrica" quando ogni numero successivo ottenuto moltiplicando il numero precedente sempre per la stessa quantit, che viene detta "ragione della successione".

Ad esempio, la successione:

3, 6, 12, 24, 48, 96,...

ottenuta moltiplicando ogni termine per 2 (la "ragione" della successione) per ottenere il successivo.

Come si vede, i valori di una successione geometrica crescono molto pi rapidamente di quelli di una successione aritmetica.

Secondo Malthus, questa diversit dei ritmi di crescita provoca una sovrappopolazione cronica che mantiene per la maggior parte del tempo le masse in uno stato di miseria e di mancanza di mezzi di sussistenza.

L'istinto riproduttivo delle masse una legge naturale, e le risorse si sviluppano secondo leggi altrettanto naturali, per cui, secondo Malthus, vi ben poco da fare per rimediare a questa situazione.

Secondo lui, anzi, essa destinata ad aggravarsi dal fatto che i fattori produttivi tendono a fornire nel tempo rendimenti sempre pi bassi, man mano che il loro sfruttamento diviene pi intenso: basti pensare al fatto che per espandere la produzione agricola occorre mettere a coltivazione nuove terre via via meno fertili.

La popolazione ha ben pochi ostacoli al suo sviluppo. I freni che Malthus accuratamene addita come possibili modi per ridurre il divario fra il ritmo di incremento demografico e il ritmo di crescita delle sussistenze sono la restrizione morale, il vizio e la miseria. Questi freni agiscono preventivamente, nel senso che possono evitare il dramma di una popolazione eccessiva. Altri freni, quali le guerre, le pestilenza o le carestie sono, per Malthus, di natura repressiva, tali cio da entrare inevitabilmente in funzione quando i freni preventivi siano risultati inadeguati o inconsistenti. Malthus non mostra per di avere grande fiducia circa l'efficacia della restrizione morale (in sostanza il celibato, il ritardo dei matrimoni, la continenza e simili) e condanna, da puritano ed ecclesiastico qual era, sia il vizio sia l'eventuale ricorso a forme di controllo delle nascita diverse da quelle "naturali" sopra descritte. Dunque, rimane la misera a regolare la crescita demografica.

L'innalzamento del benessere materiale conduce a creare maggiori bocche da sfamare, col risultato di aumentare le esigenze di sostentamento pi di quanto siano in grado di crescere i mezzi stessi di sostentamento. L'equilibrio - se cos possiamo chiamarlo - viene ripristinato con la morte di una parte della popolazione che ne riduce le dimensioni. Una sorta di concorrenza applicata all'esistenza umana.

La teoria malthusiana fu salutata con grandi onori dal conservatorismo dell'epoca, che ne trasse la giustificazione per non fare nulla rispetto al problema, sempre pi grave, dell'impoverimento delle masse. L'aver tracciato una legge di natura, immutabile e inesorabile, cancellava con un colpo di spugna ogni responsabilit nei riguardi della miseria, e nello stesso tempo legittimava lo sfruttamento dei lavoratori attraverso l'erogazione di bassi salari, giacch anche in tal caso il principio di popolazione funzionava a dovere: pagare "troppo" i lavoratori avrebbe significato condizioni di vita favorevoli alla crescita demografica, con i noti effetti descritti cos autorevolmente da Malthus.

LA "LEGGE FERREA (O BRONZEA) DEI SALARI".back to indexLeggiamo le parole con cui il socialista dell'Ottocento Ferdinand de Lassalle espone tale legge. La bronzea legge economica che negli attuali rapporti sociali dominati dalla domanda e dall'offerta di lavoro determina il salario pu riassumersi in questo modo: il salario si riduce costantemente alla sussistenza necessaria abitualmente richiesta in un popolo per sopravvivere e riprodursi. Questo il punto intorno al quale oscilla sempre il salario reale senza potersi elevare ed abbassare per un tempo prolungato, proprio come un pendolo. Non pu superare in modo permanente questa media perch altrimenti, diventando pi sostenibile e migliore la condizione dei lavoratori, ne deriverebbe un aumento dei matrimoni e della riproduzione dei lavoratori, un incremento della popolazione operaia e quindi dell'offerta di braccia che riporterebbero il salario al suo precedente livello. Il salario non pu nemmeno restare per molto tempo al di sotto del minimo necessario di sussistenza perch altrimenti ne deriverebbero emigrazioni, scarsit di matrimoni, crisi di natalit e infine diminuzione di lavoratori causata dalla miseria che riduce ancora l'offerta di braccia ripordando il salario allo stadio precedente. La limitazione del salario medio alla sussistenza abitualmente richiesta in un popolo per sopravvivere e riprodursi

, torno a ripeterlo, questa legge bronzea e crudele che domina il salario nelle attuali condizioni sociali".

LA CRITICA DI RICARDO A MALTHUS. IL PENSIERO DEGLI ECONOMISTI SUCCESSIVI.back to indexRicardo non condivide il pessimismo di Malthus (perlomeno nel lungo periodo). Egli ottimista riguardo la condizione dei lavoratori, perch ha riducia nell'avvenire dell'industria che, secondo lui, capace di espandersi molto pi rapidamente dell'agricolture e di assorbire i lavoratori attualmente in eccesso.

Inoltre, non vero che la condizione salariata abbrutisce i lavoratori a livello di miseria e analfabetismo. Mano a mano che l'industria si evolver saranno necessari lavoratori sempre pi istruiti, che saranno pagati sempre meglio.

Gli economisti successivi a Malthus a poco a poco abbandoneranno l'idea che il salario sia fatalmente legato al minimo indispensabile di sussistenza e che questo sia anzi necessario per garantire agli imprenditori i profitti necessari per incentivarli e finanziarne la attivit.

Al suo posto si fanno strada le idee degli alti salari come condizione dello sviluppo industriale, e della tendenza dei profitti a decrescere per effetto di questo sviluppo, in modo tuttavia che la condizione dell'imprenditore non viene peggiorata, riprtendosi il suo guadagno sopra una pi grande massa di prodotti.

LA TEORIA DELLA RENDITA DI RICARDO

LA RENDITA ASSOLUTA E LA RENDITA DIFFERENZIALE.back to indexLa rendita assoluta il compenso che il proprietario della terra riesce ad ottenere dall'imprenditore perch esiste un numero limitato di terre coltivabili, insufficiente a permettere a tutti gli imprenditori che lo desiderano di produrre grano.

La rendita differenziale il compenso che il proprietario delle terre pi fertili riesce ad ottenere perch esistono imprenditori che desiderano coltivare le terre pi fertili piuttosto che le meno fertili.

Possiamo chiarire il tutto con un esempio:

TERRENOCOSTO DI PRODUZIONE DEL GRANOPRODUZIONE DI GRANO

A50 per quintale10 quintali

B60 per quintale10 quintali

C70 per quintale10 quintali

D80 per quintale10 quintali

Supponiamo che la domanda delle famiglie sia sufficientemente alta da consentire agli imprenditori agricoli di fissare il prezzo di vendita del grano a 100.

L'imprenditore agricolo che coltiva il terreno D ricava 20 lire in pi rispetto ai costi sostenuti.

Ma queste 20 lire non andranno all'imprenditore (come profitto), ma dovranno essere cedute al proprietario come rendita. Infatti, essendo la terra scarsa, gli altri imprenditori agricoli rimasti disoccupati sarebbero disposti ad accontentarsi di un profitto pi basso per poterla coltivare, e alla fine tutto il profitto va al proprietario della terra.

Questo tipo di compenso al proprietario della terra, dipendente dalla scarsit del fattore rispetto alla domanda da parte degli imprenditori, si dice "rendita assoluta".

Se le terre di tipo D fossero disponibili in numero illimitato, nuovi imprenditori inizierebbero la coltivazione di nuove terre, finch, per l'eccesso di offerta di grano, il prezzo del grano non scender a 80 . A quel punto il profitto dell'imprenditore sparito, e l'ingresso di ulteriori imprese non possibile, perch spingerebbe il prezzo al disotto del costo di produzione.

In questa situazione i proprietari delle terre meno fertili non ottengono alcun compenso per l'utilizzo da parte degli imprenditori. In questa situazione sparita la rendita assoluta.

Si vede subito che i terreni hanno diversa fertilit. Il terreno A il pi fertile, mentre il terreno D il meno fertile

Se le famiglie hanno bisogno di 40 quintali di grano per la sopravvivenza, quanto dovranno pagare alle imprese per ottenere una produzione di 40 quintali?

Sembrerebbe che esse debbano pagare:

(50 * 10) + (60 * 10) + (70 * 10) + (80 * 10) = 2.600 In realt Ricardo mostra che le famiglie dovranno pagare:

80 * 40 = 3.200 Questo perch il prezzo che si forma in un mercato concorrenziale unico.

Se ciascun produttore chiedesse un prezzo diverso, pari al suo costo di produzione, tutte le famiglie si rivolgerebbero al coltivatore del terreno A e nessuno ai coltivatori dei terreni B, C o D.

Poich tuttavia il prodotto del terreno A non sufficiente per i bisogni delle famiglie, ben presto l'eccesso di domanda (= domanda maggiore dell'offerta) far salire il prezzo di vendita del prodotto del terreno A al livello del costo del terreno D.

L'imprenditore che coltiva il terreno A ricava 40 in pi rispetto ai costi di coltivazione. Ma egli deve cederle al proprietario della terra, perch tutti gli imprenditori che coltivano le terre meno fertili (e anche quelli che non sono riusciti ad ottenere terre da coltivare) avrebbero interesse ai maggiori profitti realizzabili sulle terre pi fertili, e si farebbero quindi concorrenza offrendo di cedere al proprietario una parte via via crescente del maggiore profitto ottenibile: in tal modo, alla fine essi si accontenteranno di lasciare quasi tutte le 40 al proprietario. Per semplificare, gli economisti considerano che tutte le 40 diventino una rendita dei proprietari. Si tratta di una "rendita differenziale" rispetto al terreno

D, che non pu essere maggiore della differenza tra i costi di produzione del terreno A e i costi di produzione del terreno B.

LA DOTTRINA SOCIALE CRISTIANA

LA CONCEZIONE CRISTIANA DEI RAPPORTI ECONOMICI.back to indexLa Chiesa ha spesso sostenuto lo stato e le sue leggi (comprese quelle sulla propriet) perch lo Stato considerato dal pensiero cristiano come un importante mezzo per poter attuare il regno di Dio.

Gi Dante sosteneva che l'autorit civile ha un proprio ruolo moderatore degli egoismi individuali.

Deve esistere una autorit religiosa o ispirata alla religione che faccia presenti agli uomini i principi cristiani. Tale autorit non deve essere ostacolata dallo Stato.

Nella concezione cattolica tradizionale il fatto che esistessero principi, basati sul vangelo, dell'agire giusto che andavano ricordati agli uomini comportava un preciso ruolo sociale della Chiesa.

Nel pensiero della Chiesa medioevale, questo comportava una posizione di predominio della Chiesa. Al vertice, vi doveva essere il potere religioso, da cui traeva riconoscimento quello politico e, sotto si trovavano i poteri economici, dotati di maggior riconoscimento se accompagnati da un titolo di potere politico (come nei proprietari terrieri feudali) e di minor riconoscimento se puramente economici (come nei commercianti, artigiani e banchieri borghesi e nei semplici lavoratori). Questa struttura soffocava lo sviluppo economico capitalistico.

Nel moderno Stato laico, la Chiesa afferma che i suoi principi hanno un valore preminente rispetto a quelli dello Stato, e che lecito ribellarsi agli stati che vanno contro i principi di Cristo o che ostacolano il magistero della Chiesa.

L'utilitarismo liberale conduce all'egoismo e allo sfrenamento delle passioni.

La Chiesa contesta l'utilitarismo. Manzoni, fervente cattolico, scrisse un trattatello contro Bentham, famoso utilitarista inglese, per mostrarne la incompatibilit col pensiero cristiano.

Gli scambi debbono avvenire secondo giustizia: le due prestazioni debbono essere equivalenti e nessuno deve approfittare della sua posizione di forza. I contratti debbono avere il giusto prezzo, e in particolare i prestiti debbono avere il giusto interesse.

Secondo tale dottrina bisogna distinguere ricchezze guadagnate e non gudagnate e considerare equi i compensi di chi non abusa di situazioni monopolistiche, di privilegi o di posizioni di rendita, offerti da circostanze fortunate, dal possesso di beni scarsi di cui vi gran richiesta ma che non sono costati particolarmente ecc...

La propriet accettabile se diffusa e ben distribuita. Essa rappresenta in tal caso una base insostituibile per la libert e lo sviluppo della persona.

Il concetto secondo cui la propriet accettabile se ben distribuita, se diffusa - che troviamo nella dottrina cristiana - corrisponde ovviamente alla concezione della giustificazione della propriet nel lavoro, da un lato; alla preoccupazione che i beni terreni non distraggano gli uomini dai valori extraterreni; al motivo della equit nei contratti (perch essa garanzia di equilibrio sociale) e soprattutto al concetto che la propriet debba accettarsi, in questo mondo imperfetto, come strumento per un equilibrato rapporto fra uomini e natura e quindi come modo per assicurare al maggior numero di persone una giusta parte di beni materiali e una difesa della loro persona e della loro famiglia dal bisogno e dalle minacce di sfruttamento di parte degl altri, a cui si predica il dovere di carit, ma dei cui egoismi doveroso tenere conto nell'organizzazione sociale.

La dottrina cristiana ripudia la violenza nei rapporti tra gli uomini.

La Chiesa ripudia ogni tipo di violenza nei rapporti politici, e caldeggia la persuasione, le armi incruente della predicazione del dovere cristiano, dell'esempio, dell'ammonimento o della preghiera.

La preghiera era ritenuta importantissima dalla Chiesa, che per questo era bersaglio dei marxisti quando essi parlavano della religione come "oppio dei popoli": ai disgraziati si suggerisce di attenuare le proprie sofferenze terrene pregando; ai ricchi si suggerisce di aiutare i derelitti pregando per loro e di purificare il proprio animo, contaminato dal peccato, pregando; ai conventi di pregare per gli uni e gli altri e perch proseguano le donazion dei ricchi a loro favore, in vista di tale missione. In tal modo le cose possono rimanere come prima senza che la ricchezza e la diseguaglianza ostacolino lo sviluppo spirituale delle persone.

La sola propriet che si giustifica quella meritata con il lavoro e la fatica.

La dottrina medioevale afferma che la sola propriet che si giustifica quella accompagnata da fatica, non basata sullo sfruttamento delle condizioni di bisogno altrui, non fondata su pretese immoderate di arricchimento.

La propriet delle organizzazioni religiose (conventi, monasteri ecc.) che attuano la perfezione della vita evangelica tra i loro membri, le opere di carit e l'apostolato giustificata e inviolabile. Essa la base della indipendenza e libert della

Chiesa e mezzo di sviluppo spirituale.

Il lavoro, il mestiere un "ministerium", una missione, una attuazione del precetto di amore per il prossimo.

La organizzazione sociale ha dei difetti che non sono realisticamente eliminabili. L'uomo imperfetto, e il rispetto della libert degli individui impone di accettare tali imperfezioni (il profitto dell'imprenditore; l'interesse di chi presta; la propriet privata; ecc.).

La chiesa riconosce la libert delle persone di sbagliare. La libert un elemento fondamentale della condizione umana.

Bisogna eliminare per i fatti pi gravi, modificabili con un intervento dello Stato.

La dottrina economico-sociale cristiana , essenzialmente, una dottrina di conciliazione, di compromesso. Come eredit della Bibbia ha anche la concezione della imperfezione dell'uomo (peccato originale e cacciata dallo stato perfetto del paradiso nella vita imperfetta della Terra).

Da ci una valutazione pessimistica sulle possibilit dell'organizzazione sociale: la perfezione, per quanto sia un ideale cui si deve mirare, non di questa terra. Quindi la Chiesa ha un disegno di organizzazione sociale che sebbene ispirato al meglio, tuttavia riconosce le imperfezioni, in particolare l'egoismo umano e quindi tende al compromesso.

Le ricchezze materiali sono accettabili solo come un mezzo, ma giammai come un fine. In particolare vietata l'avidit.

Dio dice ad Adamo di usare della terra e sottometterla. La propriet uno strumento per realizzare la benevolenza e la benedizione di Dio.

Le ricchezze debbono per quanto possibile servire per l'elevazione dell'uomo a Dio. Il cristiano non vede con sfavore la propriet, ma il cattivo uso della propriet consistente nel riporre la propria fiducia nei beni piuttosto che in Dio.

La validit della propriet deriva dall'assegnazione che Dio fa delle cose del mondo agli uomini. La propriet permette di godere ordinatamente le cose del mondo, purch non si pervertisca: a) strumento di esclusione di altri; b) strumento di oppressione e violenza ad altri; c) strumento e occasione di peccato e corruzione; d) causa di perdita della fiducia in Dio

La Chiesa vieta il suicidio e considera peccatore l'uomo che non si preoccupa della sua esistenza e la mette a rischio. L'esistenza un bene che Dio ci ha dato e che non possiamo gettare via. La propriet assolve quindi il compito di preservare il dono dell'esistenza.

Dio vieta di accumulare la manna: non bisogna chiedere oltre le nostre necessit, perch questo spesso porta ad offendere gli esseri viventi, la natura e il prossimo, a saccheggiare, offendere, deturpare la natura, che pur sempre un dono di Dio da preservare.

Dio ammette che sacrifichiamo animali e cose per noi, ma il sacrificio accetto a Dio in quanto questi animali e queste cose col loro sacrificio ci aiutano a crescere. La distruzione della vita deve portare ad una crescita di amore e di vita.

Altrimenti distruzione di vita.

Dio ci nutre (=ci fa crescere) in molti modi misteriosi e non solo col cibo. La nostra crescita spirituale dipende dalla Provvidenza, che crea occasioni.

I nostri sforzi possono produrre effetti contrari al nostro bene e non essere sufficienti. Solo la provvidenza divina fa s che essi arrivino ad effetto.

L'accumulazione di ricchezze non deve procedere sproporzionatamente alle necessit, la propriet privata ammessa (in relazione alla fragilit umana) ma deve essere il pi possibile distribuita e i poteri nella societ debbono rispettare una gerarchia di valori, in cui quelli economici non sono al vertice, ma quelli della dignit, libert, sicurezza dell'individuo.

La propriet crea un obbligo di aiuto verso il prossimo.

La propriet privata crea in chi la possiede un obbligo di aiuto verso il prossimo bisognoso; in generale chi ha, tenuto ad aiutare chi non ha

Obbligo di dare in prestito il denaro senza pretendere, in contraccambio, in aggiunta alla restituzione della somma, anche un interesse.

Nei contratti si deve far pagare un prezzo "giusto" il quale va calcolato in modo da consentire la copertura di costi per mezzi materiali e un ragionevole compenso per il lavoro svolto senza approfittre delle condizione di bisogno in cui possa trovarsi la controparte.

Il concetto, della dottrina cristiana medioevale, che la ricchezza e la propriet in genere creino, in chi li possiedono, un obbligo di aiuto verso gli altri, contiene "in nuce" il principio della solidariet sociale, dell'assistenza sociale e quindi della garanzia a ogni uomo di un sostentamento da parte della collettivit.

CRISTANESIMO E MARXISMO.back to indexLa dottrina del giusto prezzo e dell'usura stata vista come anticipatrice della teoria del plusvalore marxista. Tuttavia vi sono significative differenze tra le due concezioni.

In generale i cristiani hanno rivendicato il merito di aver predicato molti dei principi socialisti ben prima del marxismo.

Molti cristiani dichiarano di poter essere contemporaneamente marxisti e cristiani.

Ma Marx disse chiaramente che secondo lui "La religione l'oppio dei popoli" e "Dio stato inventato allo scopo di tenere buoni gli oppressi e ingannarli con il miraggio di una vita ultraterrena affinch non si ribellassero alle ingiustizie della vita terrena".

In queste condizioni, molti cristiani ritengono impossibile essere contemporaneamente anche marxista.

Il cristianesimo non a favore del collettivismo. Per collettivismo si intende la espropriazione di tutti i beni e la attribuzione in propriet allo stato o a collettivit di lavoratori o a collettivit locali.

Esiste un comunismo tra monaci e monache, ma per la Chiesa questa una strada che pu essere percorsa con profitto solo da coloro che hanno la vocazione, e che farebbe pi male che bene a persone di virt ordinaria: non si pu elevare una persona al disopra di quanto gli consentono le sue capacit senza grave danno per la sua anima e rischio di tentazione e peccato.

Esiste invece un socialismo non collettivista che si pu derivare dalle dottrine cristiane (vedi i paragrafi sul cristianesimo sociale).

La dottrina secondo cui le ricchezze materiali sono un mezzo e non un fine simile alla dottrina marxista della mercificazione e della alienazione: della critica, cio al capitslismo per la sua strumentalizzazione della condizione umana al lucro e ai beni materiali.

Nella concezione della Chiesa vi un sospetto nei riguardi del progresso materiale, una diffidenza verso la civilt industriale, mentre in Marx vi l'opposto atteggiamento.

Nella dottrina cattolica medioevale la critica al culto della ricchezza si accompagna a una critica alla contaminazione che la ricchezza reca all'uomo. Invece per Marx, mutati i rapporti di classe, la ricchezza sar uno strumento di liberazione umana e una meravigliosa forza positiva per l'obbiettivo del comunismo.

Mentre i cristiani si dolevano poco che la mancanza di profitto comportasse minore sviluppo economico (la povert era per loro una virt), i marxisti erano sensibili a questo aspetto, e ne facevano anzi un argomento di critica al saggio di profitto, che avrebbe condotto al ristagno degli investimenti.

Per la dottrina cattolica la ricchezza ha in s qualcosa del peccato originale, rappresenta un elemento pericoloso per il vero fine dell'uomo, che quello ultraterreno.

La ricchezza assorbe l'attenzione dell'uomo, rende inquieta la sua anima.

La Chiesa, secondo i marxisti, non riconosce sufficientemente il rapporto tra ricchezza materiale e sviluppo della personalit umana: non per niente, secondo i marxisti, Cristo disse "beati i poveri"

Il concetto cristiano di carit portava alla assistenza e alla beneficenza, perch ricchezza e propriet creano, in chi li possiedono, un obbligo di aiuto verso gli altri.

Vi da dire per che la dottrina cristiana dell dovere di assistenza ai poveri si basa su un concetto quello della "carit" che, nella sua originaria versione individuale, si differenzia considerevolmente da quello del puro diritto all'assistenza.

I marxisti sostengono che l'assistenza cristiana volontaria, affidata alla "carit" della persona abbiente, non organizzata su base nazionale, non costituente un vero e proprio diritto (come dovrebbe essere) e che in ultima analisi vista principalmente come perfezionamento spirituale del ricco invece che come strumento per risollevare le condizioni materiali del povero.

Ancora pi grave , secondo i marxisti, il fatto che la carit verso il povero sia servita come giustificazione della propriet del benestante.

IL DIVIETO DELL'USURA.back to indexI dottori medievali della Chiesa ritenevano che la sete di arricchirsi e il desiderio di beni materiali non fossero un elemento degno di trovare posto, sul terreno morale e pertanto affermavano che essi sono irrilevanti per stabilire l'equivalenza nel contratto di prestito, mentre si preoccupavano di tutelate il debitore dallo sfruttamento che dei suoi bisogni poteva fare l'usuraio. Non volevano che il denaro si moltiplicasse nelle mani di chi gi ne aveva; ritenevano che egli dovesse ritenersi pago di esso e che dovesse astenersi dall'arricchirsi troppo o, almeno, accompagnare con la propria fatica un ulteriore arricchimento.

Le condizioni in cui essi elaborarono la loro teoria, in effetti erano quelle di una societ scarsa di capitali finanziari, in cui i debitori appartenenti per lo pi al mondo rurale e al piccolo artigianato, erano alla merc dei creditori, appartenenti alla classe ricca.

Gli economisti classici e neoclassici fecero una importante scoperta, che cambi completamente la impostazione del problema dell'usura.

Essi si resero conto che il denaro un bene scarso, e che normalmente, il numero delle persone disposto a chiedere un prestito superiore alla quantit di moneta disponibile.

In queste condizioni DEVE esistere un meccanismo per stabilire chi otterr il prestito e chi non lo otterr.

Lo stesso problema si pone per i beni di consumo: il meccanismo del prezzo che si forma a seguito della domanda ed offerta ha lo scopo di scegliere le persone a cui distribuire i beni prodotti. Questo meccanismo (detto "meccanismo del mercato" o meccanismo di mercato") attribuisce i beni agli individui disposti a pagare il prezzo pi alto.

Gli alti interessi sui prestiti non sono quindi altro che un meccanismo per decidere chi otterr il finanziamento, e sono dovuti alla scarsit della moneta disponibile. I moralisti possono smettere dunque di interrogarsi, secondo gli econonomisti classici e neoclassici, sulla "moralit" di alti interessi.

Naturalmente, vi sono meccanismi alternativi per distribuire i beni. Lo studente dovrebbe leggere, su tutta la questione, le pagine 170-174 del libro di R.G.Lipsey "Introduzione all'economia" (vedi fotocopie).

Nell'Ottocento si cercava ancora di giustificare l'interesse cul capitale come un premio per il sacrificio dell'astinenza. Ma evidente che un benestante non ha in questo modo un particoalre sacrificio di astinenza e che un avaro ne ha uno ancora minore. L'unica vera giustificazione del tasso di interesse , come abbiamo detto, che il denaro "scarso".

La Chiesa ammorbid in seguito la sua posizione nei confronti dell'usura. Le leggi morali potevano intralciare l'attivit economica, che portava in fin dei conti benessere alle persone, e di fronte a questo si cedette alle ragioni dell'egoismo.

Si ammise l'interesse per ritardo, per perdite subite o mancati guadagni, per prestito ipotecario riguardante la terra (fruttifera), derivante da quote di compagnie. Si ammise infine, da parte di una scuola teologica, la liceit dell'interesse tutte le volte che si potesse adoperare l'argomento che i beni presenti hanno pi valore materiale di quelli futuri.

LE ORIGINI DEL CATTOLICESIMO SOCIALE. IL MOVIMENTO CRISTIANO SOCIALE DI FINE OTTOCENTO.back to indexCi fu un "socialismo cristiano" nell'Ottocento, di cui Marx parlava sarcasticamente, legato alla vita e ai valori delle campagne, di ispirazione agricola, che giunto via a presentarsi come movimento dei piccoli proprietari, contro i grandi; e poi come movimento dei mezzadri braccianti per la redistribuzone di terre a loro favore.

Negli anni 1860 in Germania sorse un movimento cristiano sociale guidato dal vescovo cattolico von Ketteler, che scrisse un opuscolo "La questione operaia e il cristianesimo".

Von Ketteler era influenzato dagli autori socialisti che erano convinti che la legge bronzea dei salari fosse una realt, che era il lavoro contenuto nei beni ad originare il loro valore e che il sistema capitalistico avesse la tendenza a cadere in periodiche crisi economiche, e che per evitare tutto questo necessitasse l'intervento dello Stato (socialismo di stato).

Il Papa, nell'enciclica "Quod apostolici muneris" del 1878, condann il socialismo, il comunismo e l'anarchismo, perch erano movimenti atei (affermavano che la religione era un inganno).

I cristiano sociali reagirono eliminando il termine "socialismo" dai loro scritti e discorsi e attenuarono le loro posizioni riformiste, pur continuando a proporre delle leggi a favore dei lavoratori (cosiddetta "legislazione sociale").

I cristiano sociali austriaci e francesi erano antiliberali, antisemiti, antidemocratici.

Attaccavano il capitalismo per i suoi soprusi ma propugnavano un movimento sindacale basato non sul potere ai lavoratori, ma sul potere a corporazioni formate, con l'approvazione dello Stato, mediante la associazione fra datori di lavoro e lavoratori.

Nel 1891, tredici anni dopo l'enciclica "Quod apostolici muneris" fu promulgata l'enciclica "Rerum novarum" che si occupa delle condizioni delle classi lavoratrici e propone innovazioni sociali, sia pure cautamente. Il socialismo cattolico poteva ora trovare una esplicita (anche se prudente e esitante) autorevole convalida. Essa non si opponeva ai principi democratici, ma all'attivit economica senza controllo.

Il partito popolare cattolico fondato in Italia da don Sturzo fu il frutto pi notevole della "Rerum Novarum".

Mentre il movimento cristiano sociale di fine ottocento era antidemocratico, il socialismo catto