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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 4 In questo numero: Mario Arnaldi, Orologi solari dipinti nel chiostro di S. Domenico a Taggia Riccardo Anselmi, Le ore temporarie José C. Montes Jiménez, Martha A. Villegas, L’orologio solare di Cuencamé Renzo Righi, Una meridiana a riflessione Gianni Ferrari, Meridiana interattiva a corda Pier Giuseppe Lovotti, Gnomonica analitica in 3D: l’orologio solare orizzontale Rosa Casanova Zandomenego, Un orologio solare…per sempre Nicola Severino, Sulla successione cronologica degli orologi solari d’altezza rettilinei Alessandro Gunella, Hans Holbein e la Gnomonica Mario Arnaldi, Un particolare dittico d’avorio custodito nel Museo Nazionale di Ravenna Per la prima volta: le foto dell’eclissi di sole sulle linee meridiane Storia, Arte, Cultura e Tecniche degli Orologi Solari Bollettino della Sezione Quadranti Solari dell’ U.A.I. – Supplemento al N° N° 5 Gennaio 2000 SPED. IN A.P. 70% FILIALE DI BELLUNO TAXE PERCUE – TASSA RISCOSSA – BELLUNO CENTRO Redazione - Nicola Severino, Via Lazio, 6 - 03030 Roccasecca Stazione (FR) Italy- Phone 0776 - 56.65.08 - e-mail: [email protected] Gnomonica

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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 4

In questo numero: Mario Arnaldi, Orologi solari dipinti nel chiostro di S. Domenico a Taggia Riccardo Anselmi, Le ore temporarie José C. Montes Jiménez, Martha A. Villegas, L’orologio solare di Cuencamé Renzo Righi, Una meridiana a riflessione Gianni Ferrari, Meridiana interattiva a corda Pier Giuseppe Lovotti, Gnomonica analitica in 3D: l’orologio solare orizzontale Rosa Casanova Zandomenego, Un orologio solare…per sempre Nicola Severino, Sulla successione cronologica degli orologi solari d’altezza rettilinei Alessandro Gunella, Hans Holbein e la Gnomonica Mario Arnaldi, Un particolare dittico d’avorio custodito nel Museo Nazionale di Ravenna Per la prima volta: le foto dell’eclissi di sole sulle linee meridiane

Storia, Arte, Cultura e Tecniche degli Orologi Solari Bollettino della Sezione Quadranti Solari dell’ U.A.I. – Supplemento al N°

N° 5 Gennaio 2000 SPED. IN A.P. 70% FILIALE DI BELLUNO TAXE PERCUE – TASSA RISCOSSA – BELLUNO CENTRO

Redazione - Nicola Severino, Via Lazio, 6 - 03030 Roccasecca Stazione (FR) Italy- Phone 0776 - 56.65.08 - e-mail: [email protected]

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Sommario

English Summary pag. 3 Editoriale 4 Lettere 5 Dalle Riviste 9 Recensioni 11 Mario Arnaldi, Orologi solari dipinti nel chiostro di S. Domenico a Taggia 12 Riccardo Anselmi, Le ore temporarie 18 José C. Montes Jiménez, Martha A. Villegas, L’orologio solare du Cuencamé 24 Renzo Righi, Una meridiana a riflessione 26 Gianni Ferrari, Meridiana interattiva a corda 28 Pier Giuseppe Lovotti, Gnomonica analitica in 3D: l’orologio solare orizzontale 30 Rosa Casanova Zandomenego, Un orologio solare…per sempre 34 Nicola Severino, Sulla successione cronologica degli orologi solari d’altezza rettilinei 36 Alessandro Gunella, Hans Holbein e la Gnomonica 42 Mario Arnaldi, Un particolare dittico d’avorio custodito nel Museo Nazionale di Ravenna 44 Alberto Nicelli, Dalle mailing lists 48 AA.VV. Le prime foto di un’eclissi di sole sulle linee meridiane 51 La vignetta di Giacomo Agnelli 60 Gnomonica, organo della Sezione Quadranti Solari dell’U.A.I. fondato da Nicola Severino nel settembre 1998. Progetto editoriale, grafica di copertina, impaginazione Nicola Severino Supervisione tecnica a cura di Alberto Cintio. Hanno collaborato: Giacomo Agnelli, Riccardo Anselmi , Mario Arnaldi, Giovanni Bellina, Rosa Casanova Zandomenego, Mario Catamo, Alberto Cintio, Gianni Ferrari, Alessandro Gunella, Pier Giuseppe Lovotti, José Montes, Alberto Nicelli, Renzo Righi, Nicola Severino, Guido Tonello, Gabriele Vanin, Martha Villegas, Redazione presso cui inviare il materiale: Nicola Severino - Via Lazio, 6 - 03030 Roccasecca Staz. (FR) -Tel. 0776 - 56.65.08 e-mail [email protected] Redazione tecnica: Prof. Alberto Cintio, Via S. Alessandro, 3 – 63023 Fermo (AP) – e.mail: [email protected] Supplemento al n. , rivista dell’Unione Astrofili Italiani Vic. Osservatorio, 5 – 35122 PADOVA Registrata al Tribunale di Roma al n. 413/97 Spedizione in abbonamento postale art. 2 Legge 662/96. Autorizzazione PT filiale di Belluno. Stampa: Tipografia Editoria DBS, via E. Fermi, 5 – 32030 Rasai di Seren del Grappa (BL) Direttore responsabile: Franco Foresta Martin In copertina: L’eclissi di sole dell’11 agosto 1999 fotografata da gnomonisti italiani su alcune tra le più importanti linee meridiane delle nostre cattedrali. Foto di G. Tonello, M. Catamo, R. Righi, G. Bellina.

NORME PER GLI AUTORI Gli utenti di computer possono inviare il file di solo testo dell’articolo salvato nei formati “WORD6-7 0 97 di WIN95” o “MS-DOS”. Tali files possono essere inviati anche tramite un messaggio e-mail. Le foto devono essere nitide e chiare, possibilmente in originale, e spedite a mezzo posta ordinaria. I disegni, qualora eseguiti con computer, dovranno essere inviati in file compattati nel formato JPEG o GIF. Si raccomanda di contenere al massimo il numero delle immagini e, possibilmente, di inserirle direttamente nel testo insieme alla relativa didascalia. Anche i file testo possono essere allegati a messaggi e-mail. La lunghezza degli articoli è, in media, di 3-4 pagine. Articoli di notevole importanza possono avere una lunghezza maggiore. Si accettano articoli storici, artistici e tecnici di qualsiasi livello, purché originali ed interessanti. I lavori inviati non verranno restituiti.

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Editoriale ? Qualche anno fa scrissi un articolo per la rivista “Nuovo Orione” dal titolo “La Gnomonica: duemila anni di meridiane”. Ci siamo. Il termine “duemila” era ovviamente puramente indicativo in quanto, come è noto, la disciplina gnomonica affonda le sue radici in tempi molto più remoti. Eccoci dunque che alle soglie del terzo millennio e, spontaneamente, dal canto nostro osiamo domandarci: in quest’era scandita da “bytes”, “CD’s”, “sms”, in cui non si fa in tempo a pavoneggiarsi per l’acquisto del più potente computer commerciale che è già diventato vecchio, in cui le potenti (e dico potenti) onde elettromagnetiche dei telefonini penetrano non solo nel cervello ma addirittura nei diffusori acustici nel bel mezzo di un tango che un’orchestrina suona in una affollata piazza turistica di mezza estate...che ne sarà della nostra “gnomonica”? Probabilmente questa stessa domanda se la saranno posta i nostri predecessori gnomonisti in svariate occasioni ed in periodi di transizione degli sviluppi tecnologico-sociali più o meno simili. Più volte, negli ultimi tempi, si è ritenuto di chiudere il capitolo “gnomonica” e più volte lo si è riaperto nella piena consapevolezza di scrivere pagine tutt’altro che vetuste e superate, rubando anche alla storia, ad un angolo di storia che fino ad oggi era rimasta sconosciuta e che tuttavia ci appartiene in ogni suo momento, la quale ci insegna in che modo l’uomo si è misurato con una entità intangibile, se non fisoloficamente, e che solo l’ombra di uno gnomone riesce a farne sentire l’impercettibile fluire. La gnomonica si accinge, quindi, a navigare il suo terzo millennio con l’appoggio di tanti appassionati che costantemente la promuovono a grado di “utile materia educativa e interdisciplinare”, ma anche a vero e proprio mestiere artigianale. Gli chadraniers italiani sono ormai in numero sempre crescente e, come testimonia la recentissima comparsa della SOLARIA di L.Morra, anche le associazioni di ditte individuali. Ma non è tutto. C’è già chi guarda con vero interesse alla istituzione di una nuova facoltà universitaria: la facoltà di gnomonica! E chissà che presto molti altri non seguano il primo esempio... insomma, a quanto pare, dopo oltre duemila anni di storia, la gnomonica è più attuale che mai in molti aspetti della cultura italiana ed internazionale, soprattutto grazie alle incredibili possibilità di comunicazione offerte negli ultimi anni dagli sviluppi telematici. La creatività è l’essenza dell’attualità della gnomonica. Tutti noi possiamo benissimo conoscere l’ora esatta dal più economico degli orologi da polso, ma nessuno di noi potrà mai avvertire lo scorrere del tempo nei moderni orologi, come in un orologio solare. Far rivivere un’esperienza del genere anche ai bambini, nelle scuole, è l’altro aspetto che rende la gnomonica altrettanto attuale ed importante. Molti appassionati astrofili e professionisti, hanno vissuto con gioia il grande momento dell’ultima eclissi di sole del millennio. C’è però anche qualcuno che l’ha vissuta in modo diverso ed unico, osservandola e fotografandola durante il passaggio sulla linea meridiana in alcune delle grandi cattedrali che ospitano tali linee meridiane. Ne è scaturita un’esperienza nuova che racconteremo, per la prima volta nella storia, sulle pagine di questa rivista. Un fatto curioso, assolutamente imparagonabile allo spettacolo che offre un’attenta osservazione astronomica del fenomeno con adeguati strumenti ottici, ma pur sempre suggestiva, interessante e particolare che il lettore potrà rivivere attraverso le foto. Un complimento quindi da questa redazione per gli amici GuidoTonello, Mario Catamo, Renzo Righi e Giovanni Bellina che hanno colto con vero spirito gnomonico l’evento dell’eclissi di sole dell’11 agosto 1999. Siamo sicuri che alla prossima occasione la maggior parte degli appassionati si precipiterà nelle chiese con linee meridiane per filmare e fotografare questo simpatico e curioso evento.

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Lettere Dietro lo gnomone…Curiosità gnomoniche Lettera di Ando Gilardi a “Gnomonicaitalia” mail list in Internet. Stenopeifotocopignomonica & Sine Sole Loqueo Sono sicuro che qualcuno (!) di voi l'ha già fatta, comunque la spiego lo tesso. Dopo la meridiana sonora che ho costruito insieme a Berto Monetti e al generale in pensione musicista, Nino La Tela, abbiamo costruito una multimeridiana ricevente che funziona anche in interni per la forza della luce solare. Dalle mie parti, ma penso anche dalle vostre, i lampioni dei piccoli centri sono accesi e spenti automaticamente e progressivamente per mezzo di fotocellule. Ho insegnato ai ragazzi cattivi e agli innamorati verticali prudenti, a spegnerli fuori orario ma senza romperli con i sassi bensì per mezzo di una pila abbastanza potente come quelle subacquee: ma questo è un altro discorso. Noi ci siamo procurati i cataloghi di quelli che fabbricano fotocellule e accessori: hanno fatto enormi progressi, ce ne sono di piccolissime, grandi come un pisello. E' stato facile costruire una meridiana polare di piccole dimensioni (cm. 18x24 circa) SENZA GNOMONE con le fotocellule al posto delle ore che vanno messe in piccoli imbuti neri per "isolarle" e in modo che la luce del Sole le raggiunga progressivamente. Eccetera eccetera: non voglio toglievi il gusto di risolvere i piccoli problemi tecnici. La meridiana elettronica, perchè è tale, funziona benissimo: Berto ne ha costruito una per il bar, dietro il bancone. Al posto delle righe ha messo quei tubi al neon sottili che fanno una bella luce blu solare, che si usano per illuminare gli acquari. Sopra alla meridiana c'è scritto: ORA ASTRONOMICA LOCALE: la cosa ha fatto un effetto incredibile, la gente che corre fuori e dentro il bar per controllare se c'è davvero la piccola meridiana trasmittente. Berto che è avido, ma poi lascia perdere, vuole brevettare la cosa: dice che diventeremo ricchissimi. Ma io gli ho detto che quello che ho mi basta e gli faccio cambiare idea. Siccome la meridiana elettronica cellulare quando è nuvolo non funziona, Berto che è un grande esperto in tutte queste cose ha studiato il sistema per registrarne le trasmissioni che poi accendono la meridiana ricevente anche se piove. La cosa non mi pare onesta però è divertente e pensandoci bene tutto quello che è divertente è anche poco onesto (c'è tanta gente che soffre!...). Per conto mio ho pensato che lo stesso sistema si potrebbe usare anche come protesi per le meridiane esterne, quelle diciamo normali, sempre sostituendo alle righe i sottili tubi innocenti (il paradiso ne è pieno) che sopra un fondo scuro si vedono meglio. E SINE SOLE IMPIPEO. Se qualcuno ci prova, e non lo sapesse, ricordi che ci sono dei registratori già predisposti allo scopo: sono quelli che dalle mie parti fanno suonare le ore e l'Ave Maria nelle parrocchie (tantissime!) rimaste senza parroco. Ma una volta costruita la piccola meridiana trasmittente vi verranno moltissime idee: in fascino sta nel fatto che i programmi sono scritti dal Sole. Adesso sto cercando di convincere il Sindaco di Cavatore, dove non ebbe luogo causa il maltempo la Prima Festa Nazionale della Meridiana che mi era costata tre mesi di duro lavoro e tanta pazienza con Claudio Incaminato (chi era costruì?) di mettere una meridiana elettronica sopra il Comune, che trasmetta il segnale a quattro o cinque altre meridiane messe in posti del paese scelti per pure ragioni estetiche, senza preoccuparsi del Nord e del Sud. La trasmissione delle ore potrebbe avvenire anche via radiolina, e le meridiane segnare le ore anche di notte. L'impresa costerebbe relativamente pochissimo: meno di quello che ci ha chiesto un famoso pittore di meridiane per farne una sola, la quale per giunta funziona solo quando c'è il Sole. Ovviamente la meridiana elettronica a tubi al neon, come potete immaginare, può avere anche una colonna sonora che suoni. come gli orologi meccanici dei campanili, le ORE ASTRONOMICHE LOCALI SEMPRE ATTRAVERSO QUELLA CASSETTA CHE SOSTITUISCE I PARROCI. A mezzogiorno potrebbe suonare la tromba de "la zuppa l'è cotta": c'è un versione bellissima di Armstrong, E se già qualcuno di voi, magari di un Istituto Nautico, ne ha costruita una per favore me lo faccia sapere perchè se arrivo secondo non mi diverto. Adesso una notizia divertente e per certi aspetti entusiasmante: giovedì 13 a Cavatore ho una lezione di gnomonica da tenere a più di 70 ragazzi della scuola media che vengono apposta da Acqui con un pullman! Io avevo fatto la proposta per ridere alla preside, e lei l'ha presa sul serio. Di gnomonica, e non l'ho mai nascosto, non so niente per cui dovrò inventare qualcosa. Io sono molto vecchio, con una barba bianca enorme: penso di fare lezione vestito da Babbo Natale. Ma ancora un'altra notizia, forse un pò triste: ad Acqui c'è un formidabile stracciarolo: per dire com'è grosso, compera anche come rottami vecchi carri armati e locomotive fuori uso. Leggendo le vostre corrispondenze sulle vecchie meridiane, i restauri e le intendenze alle belle arti (ma ce ne sono di brutte?) mi sono ricordato che aveva ammucchiate in un angolo, e forse ci sono ancora, alcune massicce meridiane che lui diceva di bronzo ma io penso di ghisa: piuttosto malconce. Mi ha detto che tanti anni fa erano nei giardini pubblici, e in effetti, in fondo a Corso Bagni, se ne trova ancora una rotonda che mi pare in buono stato. A mia domanda ha risposto che il bronzo e la ghisa non si possono saldare per cui nessun restauro è possibile. Poi confesso che io non provo passione per i ruderi, forse perchè appartengo alla classe. Sempre dal ferrovecchio ho visto delle medaglie meridiane che - ripeto sempre quello che mi diceva - una volta si portavano appese alla catena dell'orologio da taschino. Anche a Ponzone dove abito ci sono due meridiane sulla facciata della chiesa, molto grandi: Tonello le ha recensite. Sono state restaurate nel senso che le hanno ricoperte di cemento nuovo poi ripassando le ore di nero. A Caldasio che è un "cortile" di Ponzone, la

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Fabbriceria ha deciso di rifare la meridiana molto vecchia che si trova sulla chiesa locale: è stata ricoperta di intonaco nuovo e uno del posto (sempre il generale La Tela) adesso la dipinge nuova nuova. Ho detto ai responsabili che forse bisognava avvertire la Soprintendenza alle Belle Arti; mi hanno risposto che 37 anni fa l'avevano interessata per il restauro di un affresco all'interno per cui, se mi fossi azzardato a chiamarla anche per la meridiana mi avrebbero tolto il saluto e poi peggio. Ho fatto adesso una meridianina per la scuola dove si legge: "Sei in preda alla demenza? Chiama la Sovrintendenza". Ne sono molto orgoglioso perchè è la prima frase di meridiana sotto forma di domanda e risposta: o almeno lo credo. ANDO GILARDI

Spett. Redazione Ho letto con vivo interesse l’articolo di Nicola Severino intitolato «Il più antico orologio solare verticale ad ore astronomiche», sul numero 4 di Gnomonica, settembre 1999. Nel mio percorso di studio degli orologi solari medievali non posso, infatti, non considerare quelli che io chiamo “di transizione”. Quelli, vale a dire, che marcano il passaggio dalle antiche ore temporarie al sistema nuovo.

Importante è fermare dei punti sulla mappa storica della gnomonica, soprattutto per venire in aiuto a coloro che, come me, fanno principalmente ricerca. Non importa se questi punti saranno fissi o meno l’importante è metterli, poi, con il tempo si può sempre aggiustare la mira. Per questo ho trovato interessante l'articolo. Tuttavia devo sostenere che il “quadrante di Aosta”, cui fa riferimento l’autore, purtroppo, con grande probabilità è un falso, almeno nella porzione superiore; quella con la data. Scrivo “pur-troppo” perché a quell’orologio ero affezionato anch’io fino a che, mio malgrado, ho dovuto arrendermi all’evidenza. Come scrive Nicola Severino, l’autore del citato articolo, «la suddivisione oraria desta qual-che perplessità». Sicuramente i numeri arabici fra le linee furono aggiunti in seguito da una seconda ed inesperta mano. La numera-zione, infatti, va da 2 a 7 in ordine sequenziale partendo dal secondo settore, ciò fa sì che i due settori di fianco la linea verticale del mezzogiorno, ov-vero dell’ora sesta, siano marcati con i numeri 4 e 5. Questo, però, non giustifica il mio intervento qui, perché le linee, così come sono possono essere attribuite ad un orologio medievale o ad un abbozzo di ora astronomica. È la data incisa nella porzione superiore, che desta i miei (e non solo) più grossi sospetti, ed in particolare modo un numero: il quattro. È sulla grafia di quella cifra che si bloccano

tutte le mie certezze. Nel secolo XV il quattro non si scriveva in quel modo, ho consultato molte fonti, e tutte mi hanno dato

un’immagine del quattro ben diversa: in sostanza questa “ 4 ”. Come è possibile costatare a pagina 425 del Cappelli, 1 la foggia del 1 A. CAPPELLI, Dizionario di Abbreviature Latine ed Italiane - Lexicon Abbreviatarum, Milano 1990.

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quattro come appare nell’orologio di Aosta è assai più moderna e nota solo attorno al secolo XVIII (fig. 1). Ma sempre il Cappelli nella pagina successiva mostra varie fogge di un secondo numero: il 5 (fig. 2). Questo appare, con sorpresa, graficamente molto somigliante al quattro del nostro orologio. Le possibilità, quindi, sono molteplici: 1) l’orologio è autentico, datato 1417, e io sto sbagliando tutto (il ché può ben essere probabile), 2) l’orologio è autentico ma datato 1517, 3) l’orologio è opera truffaldina (come credo), 3) è falsa solo la parte superiore, scolpita in un secondo momento per farne aumentare il prezzo. Spero vivamente che qualcuno possa contraddirmi e darmi maggiori speranze. Mario Arnaldi, Ravenna Nota sulla “bussola solare” di Renzo Nordio. (N° 4 di Gnomonica- Pag. 27) Il collega Nordio ha costruito una bussola solare, un piccolo gioiello, corredando la sua comunicazione con un accurato disegno - progetto. E’ un’idea brillante, che per di più offre il vantaggio di controlli plurimi, e non solo durante la stessa giornata. Ritengo che sia utile, tuttavia, segnalare ai lettori che la sua idea ha avuto almeno un predecessore. Può darsi che qualche collega, più ordinato di me nella ricerca dei “metodi”, ne trovi altri, precedenti a quello che ho trovato io (il solito Clavio? quando mai l’avrò letto tutto? È noioso, maledettamente soporifero). Ma accontentiamoci, per ora. Si tratta del Padre Gesuita Giulio Fuligatti da Cesena e del suo libro Degli Horiuoli da Sole – Ferrara MDCXVI: a pag. 16 si legge: Quarto modo di inuestigar la meridiana con vn stromento. Fatto vn horiuolo orizzontale sopra vna tavoletta, ed in esso tirati gli Archi diurni, a quali sieno applicati i segni, come si dice nel primo cap. della 4. parte: se questa tauoletta si applicarà sopra vn piano orizzontale illuminato dal sole in modo, che le parti del mondo in essa notate riguardino almeno in commune le vere parti del mondo (l’espressione equivale a dire: almeno approssimativamente i punti cardinali), e la faccia, doue è lo stile, sia posta con l’Archipendolo parallela all’orizzonte, e poi si giri tanto, che la punta dell’ombra dello stile dia nel parallelo, nel quale, in quel giorno, che si osserva l’ombra, si ritroua il sole, come per essempio nel punto O; dico che la meridiana è l’Equinottiale, ouero il vertical vero, che ad esso è parallelo stà nella sua positura: laonde notando nel piano orizzontale sopra il quale è posta la tavoletta, vna parallela alla meridiana sarà la vera meridiana, ed vna parallela all’Equinottiale sarà il vero verticale, il quale allongato finché tagli la linea orizzontale del muro, ò vna parallela ad essa, ci darà l’angolo della declinazione. Ecc.. Il tutto è illustrato con una xilografia, che non è il caso di riprodurre; si tratta di un orologio orizzontale con le curve di declinazione assai estese, ma con l’indicazione della sola linea meridiana. Nordio utilizza invece un orologio verticale, ma il principio del funzionamento è il medesimo. Qualcosa di simile, ma più elementare e grossolano, si trova anche nel testo del Richer: La gnomonique universelle ecc.. edito a Parigi nel 1701. Meriterebbe forse di trattarne in un articolo più esteso, che esamini organicamente i vari metodi escogitati nel tempo per trovare la linea meridiana. Alessandro Gunella, Biella

ERRATA CORRIGE Il testo dell’articolo ” OROLOGI SOLARI VERTICALI CON LA GEOMETRIA ANALITICA” pubblicato su Gnomonica n°4, nella parte che riguarda la lemniscata, richiede la seguente rettifica in basso a pagina 19. Grazie per l’attenzione e scusatemi. Riccardo Anselmi Errata Corrige

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Alcune note in merito all'articolo "S. Lucia : l'ombra più corta che ci sia ! " pubblicato nel n. 3 di GNOMONICA.

Gianni Ferrari, Modena Ho letto con molto piacere l'articolo di Nicola Severino e sono stato in particolar modo interessato dalle numerose citazioni di vecchi autori - che sempre rendono stimolanti gli articoli di Nicola - e le ipotesi presentate. Il fatto che i proverbi riguardanti S. Lucia siano nati e si siano diffusi nel periodo precedente la riforma gregoriana è noto già da molti anni come si può leggere non nei libri e nelle riviste di astronomia - che poco spazio hanno per parlare del calendario e dei Santi - ma nei volumi che trattano espressamente questi argomenti come, per citarne solo due fra i più recenti, il "Calendario" di Alfredo Cattabiani -1988, (oggi molto popolare) e il "Dizionario dei Proverbi" - Collana BUR - Ed. Rizzoli Per quanto riguarda l'epoca in cui si presume che siano nati i succitati proverbi, i periodi ipotizzati nell'articolo mi sembrano verosimili e corretti se si parte dall'ipotesi che "tali proverbi dovrebbero aver avuto una origine dotta anziché popolare". Vorrei però proporre una diversa ipotesi. La determinazione dell'istante esatto del Solstizio Invernale, e anche del giorno esatto in cui esso cade, richiede, senza l'utilizzo di moderni strumenti, osservazioni sistematiche molto precise e calcoli abbastanza complicati che, nel periodo a cui ci riferiamo (dal 1000 al 1500) , potevano essere fatti solo da studiosi di astronomia come quelli citati nell'articolo di Severino. Questa difficoltà si può comprendere molto bene se si confrontano i valori ottenuti dagli studiosi antichi, riportati nell'articolo, con quelli che si possono leggere in una moderna tavola dei Solstizi 2 - ovviamente corretti per la differenza in longitudine . Da questo confronto si ricava che tutti i valori antichi sono in parte errati con differenze che vanno dalle sole 3h per Tycho (1584) , alle 6-7h per Padovani (1577) , sino a giungere alle 10h di Bacone (1267) e alle 24h di Al Battani (882). È da notare che anche l'Equinozio di primavera del 325 - considerato come punto fisso per tutto il medioevo e il rinascimento per il calcolo della Pasqua - è errato per circa 12h in quanto non avvenne il 21/3 ma il 20/3 verso le ore 14h. (tempo di Nicea) Anche se la ricerca dell'istante esatto del Solstizio è difficile, lo è molto meno la determinazione del valore approssimato del giorno in cui esso cade. Attraverso l'osservazione quotidiana del Sole, del punto in cui esso sorge, dell'altezza massima e della lunghezza dell'ombra di un oggetto, anche la gente comune (culturalmente non provveduta) può trovare l'istante del Solstizio con una approssimazione che Giuliano Romano nel suo libro "Moderna Archeoastronomia" reputa compresa fra 3-5 giorni. Io propendo per il limite più alto. Si può quindi ipotizzare che la data del Solstizio possa essere stata ottenuta, nelle diverse epoche, dalla comune gente contadina attraverso l'osservazione dei fenomeni naturali, dal confronto della posizione del Sole con gli oggetti del panorama familiare e con l'aiuto della tradizione secolare di queste "osservazioni". Non è difficile immaginare un contadino che, tornato a casa al suono della campana del vespro, guarda il Sole che tramonta e ne traguarda il bordo con un albero lontano sul podere o che, a mezzogiorno, osserva l'allungarsi dell'ombra del camino di casa sull'aia di terra battuta. Non è difficile pure immaginarlo attendere l'arrivo della festa di S. Lucia cercando i giorni in cui lo spostamento del Sole al tramonto sembra cessare. In considerazione poi dell'importanza della festività di S. Lucia, ultima prima del Natale, il cui culto si diffuse nel medioevo nell'intera Italia e in Europa assumendo in alcune zone (Austria, Cecoslovacchia, Svezia) anche una funzione solstiziale - come il Bambin Gesù, S. Nicola, ecc. - si può quindi ipotizzare che i proverbi abbiano avuto una origine popolare molto antica risalente al periodo in cui le "comuni" osservazioni portarono a far "coincidere" il giorno del solstizio con la festa della Santa. Il periodo che ipotizzo e quindi quello in cui il Solstizio Invernale cadeva nell'intervallo 13 ± 3-5 giorni , cioè fra l'11 e il 16-18 Dicembre 3, periodo che ha inizio verso il 650 - 850d. C. Per quello che riguarda poi i proverbi "che denunciano un esiguo allungamento del giorno per S. Lucia" non concordo con quanto scrive Giovanni Albertini che "essi contengono un preciso riferimento alla frazione di tempo di cui aumentava la durata della illuminazione solare tra l'11-12 dicembre e il 13 ... " Infatti , come si può facilmente calcolare, questo allungamento non era in alcun modo apprezzabile e misurabile a quei tempi essendo inferiore ai 10 sec.. È più probabile che anche questi proverbi rientrino nella incertezza della determinazione del giorno dei solstizi e che le date "accertate e accettate " in alcune regioni differissero da quelle di altre.

2 Vedere "Astronomical Tables" di J. Meeus - William Bell Inc. -1983 3 Non ho ovviamente considerato il valore inferiore perché non si è mai avuto

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Diverso infine è il caso del gruppo di proverbi del tipo "Da S. Lucia a Natale il dì cresce di una spanna" - compreso il modenese "A Nadél un pas d'agnel" cióe "A Natale un passo di agnellino" - in quanto in 12-14 giorni dal Solstizio il giorno ha un allungamento di circa 7-8 minuti e lo spostamento dell'istante del tramonto di circa 14 m rispetto al giorno in cui il Sole cala prima (9 Dicembre) ------------------------------------------------------------------------------- Per evidenziare la difficoltà della determinazione del giorno del Solstizio Invernale riporto in tabella : nella prima riga i valori delle grandezze al Solstizio e nelle altre le differenze fra i valori delle grandezze nei giorni indicati e quelli al Solstizio.

Altezza Sole

Ombra di un edificio alto

10m

Azimut Sole al tramonto

Ora alba

Ora tramonto

Lunghezza del giorno

Al Solstizio 24°,597 21.845 m 58°.70 7.4158h 16.531h 9.1156h 3 giorni dopo 2'.43 4.1 cm 3'.83 1.33 min 1.69 min 22 sec 5 giorni dopo 6'.34 10.6 cm 9'.80 2.03 min 2.99 min 58 sec 14 giorni dopo 46'.33 75.6 cm 76'.37 3.31 min 10.40 min 7m 5sec Occorre ricordare che il potere separatore dell'occhio nudo è di circa 2 ' , che l'ombra di un edificio alto 10m non termina nettamente ma con una zona di penombra avente una larghezza di circa 50 cm (nel caso in esame) e che il valore della rifrazione in prossimità dell'orizzonte varia molto con le condizioni atmosferiche. ------------------------------------------------------------------------------- Nella tabella sono riportati i periodi in cui il giorno del Solstizio Invernale cadde nei diversi giorni del mese di Dicembre Solstizio Invernale Dal Al Solstizio Invernale Dal Al Sempre il 18 650 690 il 14 e il 15 1111 1200 il 17 e il 18 691 790 Sempre il 14 1201 1250 Sempre il 17 790 830 il 13 e il 14 1251 1350 il 16 e il 17 831 930 Sempre il 13 1351 1400 Sempre il 16 931 970 il 12 e il 13 1401 1490 il 15 e il 16 971 1070 Sempre il 12 1490 1530 Sempre il 15 1071 1110 l' 11 e il 12 1531 1581 ------------------------------------------------------------------------------- NOTE - Sarebbe interessante verificare quanto la pubblicazione di Calendari e Almanacchi - iniziata verso il 1500 - abbia influenzato la diffusione dei proverbi come quelli di cui ci stiamo interessando e se questi proverbi erano già riportati in questi primi Almanacchi Sarebbe pure interessante sapere se nei paesi nordici e slavi ci sono proverbi analoghi che tengono conto del fatto che la riforma del calendario fu introdotta in questi paesi molto più tardi (Inghilterra- 1752 , Svezia-1753 , Russia-1918)

Angelo Giuseppe, Milano – Nicola Severino I LEPINI Periodico mensile della XIII Comunità Montana “Monti Lepini” della Regione Lazio, Giugno 1999

Giuseppe Jannicola, Teodosio Rossi da Priverno al Quirinale “…Teodosio Rossi nasce a Priverno…Nipote di quel Luzio Rossi giureconsulto e scudiero apostolico di Sua Santità, si trasferisce in Roma, vi consegue la laurea “in utroque”, e si applica allo studio delle scienze matematiche e astronomiche sotto la guida del celebre astronomo Cristoforo Clavio di Bamberga… Al suo impegno creativo appartiene anche un altro non meno celebre orologio, conosciuto come “Horihomo di Teodosio Rossi da Piperno per il quale ogni huomo standone al sole per l’ombra sua propria, o altra puol conoscere l’hore tutto l’anno”. La notizia è apparsa su “Almanacco Perpetuo di Rutilio enincasa, stampato in Venezia nel 1681. Grazie ad una fotocopia

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dell’originale, fornita dall’ing. Riccardo D’Atino, si rileva che Teodosio aveva dato alle stampe questo lavoro nel 1590 e lo aveva dedicato a Onorato Caetani Duca di Sermoneta, sotto la data del 25 febbraio di quell’anno…” Queste interessanti notizie sembrano provenire da una rivista specializzata di Gnomonica, non certo da un semplice bollettino di una Comunità Montana. L’autore di questo articolo, Giuseppe Jannicola, è sconosciuto al pubblico gnomonico e testimonia come quanti appassionati ci siano in Italia che si prodigano alla divulgazione di questa affascinante disciplina. In ben cinque pagine, Jannicola ci regala interessanti notizie su Teodosio che è meno famoso del suo stesso orologio sopravvissuto nei giardini del Quirinale a Roma. L’autore stesso menziona che tale strumento è stato oggetto di approfondito studio da parte dell’ammiraglio Girolamo Fantoni, ma non fa una parola della Sezione Quadranti Solari, dell’UAI e dei Seminari che pure hanno 9 anni di vita! Evidentemente elgi è fuori dal giro delle nostre conoscenze; inoltre, egli cita alcune meridiane di Priverno senza fare parola del censimento nazionale della SQS e ciò conferma quanto detto poc’anzi. Interessante è la sua proposta, avanzata al sindaco di Priverno, di far fare una copia dell’originale orologio di Teodosio presente nel Quirinale e collocarlo nel parco del castello di S. Martino. (N.S.)

SPUREN DER SONNE IN OSTTIROL By Heinrich Stocker, Gnomonicae Societas Austriaca In 12 pagine viene presentato un bel resoconto, con foto a colori, dei principali orologi solari censiti nel sud-Tirolo, compresa una mappa con indicate le località in cui sono stati trovati i quadranti solari. Ringrazio Karl Schwarzinger per averci spedito questo splendido opuscolo.

AstronomiA UAI, n. 5 sett-ott 1999, pp.3-6, Come ombra la luce: orologi solari senza gnomone,

Mario Catamo e Cesare Lucarini. Da quando sono apparsi sul mercato i CD audio, avevo sempre pensato che con quei strani ed affascinanti “dischi” si potessero fare due cose: o sentire della buona musica, o giocarci al computer (poi ho scoperto che per terza cosa si potrebbero appendere al muro...). Mai e poi mai, avrei pensato (e come me forse molti altri) che un giorno qualcuno li avrebbe usati come orologi solari! Sembra però che Mario Catamo e Cesare Lucarini ci siano riusciti, e molto bene anche. Ciò mi fa particolarmente piacere per un’altro motivo. Quando nel 1994 mi occupai di gnomonica kircheriana, mi resi conto di come un gesuita del XVII secolo si prodigava nel cercare di dare un tocco di fantasia artistica all’arido panorama geometrico di cui la gnomonica era impregnata. Una voce nel deserto, un faro su un’isola in mezzo al mare la cui luce non fu avvertita da nessuno, almeno fino a pochi anni fa. Mi rallegra, quindi, l’idea che recentemente molti appassionati gnomonisti hanno riscoperto il “gusto” della “gnomonica artistica” per la quale, oltre alla normale padronanza in materia, occorre davvero una notevole vena artistica, gusto e fantasia a volontà. In questo caso, i due autori hanno dimostrato di possedere tutto ciò. Ed ecco che lo spirito kircheriano aleggia di nuovo, dopo tre secoli, sulla gnomonica moderna. Certo, i metodi ed i materiali sono cambiati un po'... ma non lo spirito, ed è questo che più mi affascina nel lavoro, davvero originale, presentato dagli autori. Un comunissimo CD rom o CD audio che, nelle opportune mani, diventa oggetto di misurazione del tempo a mezzo non dell’ombra di uno gnomone (che non c’è), ma della pura luce solare: qualcosa che ha a che fare direttamente con Newton! Si tratta, infatti, di uno speciale gnomone fantasma (i solchi del CD) che genera una riga di diffrazione colorata e bellissima. Nelle opportune posizioni gnomoniche (orizzontale, verticale o equatoriale) scelte per il CD, e collocando l’osservatore in posizione perpendicolare al centro del disco, tale riga incredibile, ma vero! indica direttamente l’azimut (e quindi l’ora) del sole... Beh, almeno quando ci capita qualche CD dalla musica noiosa, ora sappiamo cosa farne... Un bel complimento agli autori di siffatta idea dalla redazione di Gnomonica. (N.S.)

L’Astronomie , Revue mensuelle fondée par Camille Flammarion en 1882. Vol. 113, juin 1999, pp. 168-171 Denis Savoie, Le “noveau” cadran solaire de l’Observatoire de Juvisy L’autore ricostruisce in quattro pagine la storia dell’orologio solare verticale realizzato sull’Osservatorio Astronomico di Camille Flammarion a Juvisy. Questa meridiana fu costruita nel 1910 dall’architetto Daniel Roguet. Alla fine degli anni ’60, però, l’orologio versava già in un cattivo stato di conservazione, tanto che la Société Astronomique de France, decise di effettuare un primo restauro. Il compito fu affidato a Daniel Roguet, nel 1972, ma nel 1997 si è reso necessario un secondo intervento che è appunto l’oggetto dell’articolo di Savoie. Per gli interessati, a pag. 171 viene presentato un estratto dell’articolo di Daniel Roguet “Le cadran solaire dell’Observatoire Flammarion de Juvisy”, pubblicato dalla SAF nell’ottobre 1912. Nella terza e quarta di copertina di questo stesso numero viene presentata un’anteprima di un prossimo articolo sull’orologio solare monumentale di Piazza della Concordia a Parigi, dove per gnomone sarà utilizzato il gigantesco obelisco della piazza stessa. (N.S.)

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RECENSIONI Due volumi per gli appassionati del calcolo degli orologi solari FERRARI Gianni - RELAZIONI E FORMULE PER LO STUDIO DELLE MERIDIANE PIANE

250 pag. formato 21x29.7 cm - 243 fig. - 81 esempi - 1998 - L. 80000 Pubblicato in proprio e distribuito dall'autore : Ing. Ferrari Gianni - Via Valdrighi 135 41100 Modena Email : [email protected]

SAVOIE Denis - GNOMONIQUE MODERNE 256 pag. formato 15.5x24 cm - 78 fig. - 1997 - 190 FF

Pubblicato dalla Société Astronomique de France (SAF) 3, rue Beethoven 75016 Paris http://www.iap.fr/saf/

Ho riunito in questa recensione i due volumi indicati perché, nonostante appaiano molto diversi - uno in italiano pubblicato in fotocopia, l'altro in francese pubblicato in edizione rilegata dalla Société Astronomique de France - hanno molte caratteristiche in comune. Entrambi infatti sono dedicati al calcolo degli orologi solari, sviluppano i vari argomenti attraverso formule, grafici e rappresentazioni geometriche, si rivolgono agli appassionati progettisti calcolatori e contengono numerosi esempi di calcolo. Mentre il volume di Ferrari ha un carattere più "didattico" in quanto sia gli argomenti più semplici che quelli più complessi sono svolti in modo esauriente, completo e documentato da un numero molto grande di disegni e grafici originali, il libro di Savoie presenta la problematica gnomonica in modo più generale e teorico lasciando spesso al volonteroso lettore lo svolgimento dei casi particolari. Per i temi affrontati, ovviamente fatti salvi i più comuni o ovvi, si può dire che i due volumi siano quasi complementari in quanto trattano e approfondiscono un’area quanto mai estesa di argomenti diversi, molti dei quali non si possono ritrovare in nessun testo reperibile oggi nella bibliografia internazionale. Questi argomenti sono in sintesi :

nel libro di Ferrari : i legami fra le diverse ore antiche e moderne ; la raccolta di quasi tutti i metodi grafici per il tracciamento delle linee; la ricerca di elementi incogniti in meridiane incomplete o da restaurare - con diversi metodi originali ; la descrizione di molti procedimenti per la ricerca dell'orientamento di una parete; la spiegazione dell'analemma di Vitruvio; la geometria della sfera e le sue applicazioni; lo sviluppo in serie dell'equazione del tempo e della declinazione del Sole; una serie di questioni diversi come l'effetto della rifrazione, le linee orarie siderali, le ore delle preghiere islamiche, ecc. nel libro di Savoie : i limiti del funzionamento di un orologio piano; le meridiane a proiezione stereografica (l'acquisito del volume sarebbe giustificato anche da questo solo capitolo) ; le meridiane cilindriche e bifilari; la località equivalente di meridiane piane; ecc.

In conclusione a mio parere i due volumi non sono due nuovi trattati generali sugli orologi solari, da leggere completamente dall'inizio alla fine; devono essere piuttosto considerati come manuali di consultazione a cui riferirsi nell’attività dello gnomonista in genere, ma soprattutto quando si vogliono approfondire argomenti o compiere studi particolari. Essi non solo dovrebbero far parte della biblioteca di ogni gnomonista "calcolatore" ma anche essere presenti in quelle dei circoli di Astrofili e dei Planetari pubblici per invogliare i giovani appassionati del calcolo (e dei calcolatori) ad avvicinarsi allo studio e al progetto degli orologi solari. Enrico Del Favero, Milano

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OROLOGI SOLARI DIPINTI NEL CHIOSTRO DEL CONVENTO DI SAN DOMENICO A TAGGIA. Mario Arnaldi, Ravenna

Descrivendo un particolare orologio solare dipinto in un convento ligure, l’autore si propone di chiarire alcuni lati sconosciuti della misurazione del tempo durante il medioevo. Descrizione degli orologi solari. Nel medioevo e nel rinascimento, Taggia fu un importante centro urbano della Liguria di ponente, posta al crocicchio delle più importanti vie di comunicazione di allora. Oggi, con la crescente urbanizzazione delle località vicine, si è ridotto ad essere un piccolo paese posto fra i monti e il mare. I romani chiamarono la zona Tabia fluvius e nel medioevo la città accrebbe ancor più la sua importanza strategica. I monaci benedettini fondarono nella zona molte chiese e dettero il via alle note coltivazioni dell’ulivo e alla cura dei boschi di castagni sulle vicine pendici montane. I loro monasteri furono distrutti e razziati più volte dalle scorribande dei pirati africani. Alla fine, il cenobio benedettino abbandonò definitivamente Taggia, ma la città continuò a mantenere la sua importanza fino a tutto il rinascimento, e nel secolo XV un nuovo bisogno di fede mosse i frati Domenicani a fondare un nuovo edificio religioso appena fuori le mura cittadine. Nel chiostro del convento, la cui chiesa fu consacrata nel 1490, furono dipinti, fra gli inizi del ‘500 e i tre secoli successivi, sei orologi solari: uno piccolo, rivolto ad Est (ore italiche), due esposti ad Ovest sulla parete della chiesa (oggi pressoché scomparsi), e il gruppo più interessante sulla parete Sud del dormitorio (fig. 1). Quest’ultimo gruppo si compone di tre orologi solari: due, sovrapposti l’uno all’altro, nella parte superiore (ore italiche e ore planetarie con notazioni dei tempi canonici) e uno nella parte inferiore (ore oltramontane). Purtroppo circa venticinque anni fa l’intera decorazione parietale del convento subì un maldestro restauro, e molte cose furono alterate, e per riportare tutto al probabile stato originario è stato necessario svolgere un gran lavoro di ricerca. L’insieme degli orologi nel chiostro fu, in passato, di grand’utilità per il convento stesso. Negli anni in cui i quadranti della zona superiore furono dipinti, in Italia si contava il tempo in ventiquattro ore, iniziando dal tramonto; senza dubbio, però, la Chiesa si basava ancora sul computo antico, e questa è la ragione per cui i frati sovrapposero il reticolo delle ore Temporarie a un orologio Italico. Il terzo quadrante fu costruito più tardi; Napoleone impose, infatti, in tutta Italia, il modo oltramontano di contare le ore, e naturalmente anche i frati Taggesi non poterono esimersi dal sottomettersi alle nuove leggi. Non descriverò gli orologi in queste pagine, ho già affrontato quest’argomento, 4 e neppure entrerò nella disputa sulle ore Planetarie e Temporarie, al momento la cosa non interessa questo studio. Esporrò, invece, i lati sconosciuti del computo medievale delle ore Canoniche, che ci rivela uno degli orologi solari del gruppo in questione: quello che porta in alto la scritta “Hor. Planetarium vel Canonicum”. Le sue linee orarie sono numerate secondo la classica sequenza antica da zero (ipotetico) a dodici, e, quando queste coincidono con i tempi della preghiera, sono segnalate con le lettere iniziali dell’Ufficio Divino (T S V C). Osservando bene l’orologio, però, non possiamo fare a meno di notare una cosa curiosissima. Sotto la linea meridiana, dipinta come una freccia che mira verso il basso, ci sono scritte: la prima è la parola meridie (mezzogiorno), la seconda è la cifra 6, in altre parole il numero dell’ora Temporaria relativa al mezzodì, la terza è parola Nona posta subito sotto alle altre, e che si riferisce espressamente all’Ufficio di Nona. Sembrerebbero tutte incongruenze, tali da poter sviare qualcuno con estrema facilità, ma nei tre termini non c’è nulla di sbagliato – e vedremo poi perché - essi altro non sono sono sinonimi di un unico momento astronomico: il passaggio del sole al meridiano locale. Tutti sappiamo che l’Ufficio di Nona prende il suo nome dall’omonima ora del giorno, durante la quale si cantava la preghiera del pomeriggio. Effettivamente, oltre ai Vespri, la Compieta, il Notturno e le Laudi mattutine, è proprio dalle principali ore del giorno

4 Mario Arnaldi, Orologi Solari a Taggia - antiche conoscenze del tempo tra scienza e costume", Taggia, 1996.

Fig. 1: Il gruppo di orologi solari a Taggia dopo il restauro del 1996.

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antico che presero nome le varie preghiere dell’Ufficio Divino: Prima, Terza, Sesta e Nona. Perché, dunque, s’incontra sotto la linea oraria del mezzogiorno anche l’indicazione di un’ora canonica che dovrebbe celebrarsi ben tre ore dopo? In questo studio saranno presentate una serie di considerazioni, basate sulla lettura delle Cronache antiche, e che mi aiuteranno a chiarire questo apparente contrasto.

Le ore Canoniche della preghiera Mentre i primi monaci d’Egitto e del medio Oriente avevano solo due momenti di orazione collettiva, il mattino e la sera, San Benedetto da Norcia (secolo VI) ordinò ai suoi seguaci di pregare in comune sette volte al giorno (Mattutino, Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespro e Compieta) e una durante la notte (Vigilia ovvero Notturno). Tutto quel che abbiamo finora scritto potrà sembrare strano; perché nelle sette ore diurne sono inclusi anche i Vespri e Compieta che erano notoriamente ore notturne? Come ripetuto in moltissimi testi il Vespro prende nome dalla “stella” più brillante visibile all’orizzonte all’inizio del crepuscolo, quindi, per definizione si riferisce alla dodicesima ora, 5 mentre Compieta cadeva circa un’ora dopo. Benedetto, però, anticipò queste due preghiere facendole diventare diurne. Nel capitolo 46mo della Regula egli scrisse che, dalla Quaresima fino a Pasqua, i monaci avrebbero dovuto mangiare solo dopo Vespro, ma la medesima funzione si sarebbe dovuta celebrare in tempo debito per non usare le candele. E quest’anticipazione, per ordine del santo, dovevasi fare tutto l’anno, sia nei giorni di digiuno, sia in quelli normali.6 Seguendo le indicazioni di Benedetto comprendiamo anche che la Compieta dovevasi recitare quando la luce non era totalmente scomparsa. Questa prima e veloce analisi spiega perché nell’orologio di Taggia le lettere V (Vespro) e C (Compieta), come tutte le altre d’altronde, siano così anticipate rispetto a quel che dovrebbe essere la logica. Il fondatore della famosa Regola monastica scrisse molto chiaramente anche sull’Ufficio della nona ora mentre prescriveva il tempo del pranzo per ogni epoca liturgica. Nel capitolo 41mo si legge: “Che i fratelli pranzino a Sesta e cenino a sera da Pasqua fino alla Pentecoste. Dopo la Pentecoste digiunino tutta l’estate il mercoledì e il venerdì fino a Nona”, 7 e ancora: “I fratelli pranzino sempre a Nona dal 13 di settembre fino all’inizio di Quaresima”.8 Quindi, per la maggior parte dell’anno i monaci non potevano toccare cibo prima di Nona (scrivo Nona e non nona ora perché è bene distinguere sempre le ore Temporarie dai tempi delle Ore Canoniche), e nel capitolo 48mo il Santo precisò, in modo insindacabile, l’esatta ora in cui cantare quest’Ufficio: “ E si celebri Nona un poco prima, vicino alla metà dell’ottava ora”; cioè, un’ora e mezza dopo mezzogiorno. Anticipazione della Nona. Già da secolo VI la celebrazione di Nona fu, perciò, sostanzialmente anticipata,9 e lentamente la preghiera canonica giunse a sovrapporsi al mezzogiorno astronomico. Di questo fatto abbiamo evidenza in molti idiomi europei, soprattutto nell’inglese e nel tedesco dove il passaggio del sole al meridiano prende il nome di "Noon", "Noon tide", e "Nonzeit".10 Sappiamo che in Germania questo costume si consolidò nel secolo XIII, 11 e possiamo arguire che accadde lo stesso anche in altri Paesi europei.12 È credibile immaginare che in Italia questo processo iniziasse molto prima, ma non è facile trovare documenti per provarlo con certezza. Uno dei più importanti testimoni dello spostamento delle Ore nella liturgia cristiana è il sommo poeta Dante Alighieri. Fra il 1304 e il 1307, l’autore della Divina Commedia scrisse il Convivio, o Convito, nel quale si parla della filosofia e della scienza del suo tempo. Nel terzo trattato di quest’opera, egli scrisse sulle ore Canoniche comparandole con quelle equinoziali, o uguali, 13 ma il capitolo 23 del quarto trattato è quello che si presenta più interessante al nostro studio. Nei paragrafi 15mo e 16mo scrisse:

5 Venere, che porta il nome di “Lucifero” quando si vede di mattino, quando appare la sera è chiamata “Vespero” o stella Diana, per questo vespro è spesso detto anche Doduecima hora. 6 "In Quadragesima vero usque ad Pascha ad Vesperam reficiant. Ipsa tamen Vespera sic agatur, ut lumine lucerna non indigeant reficientes, sed luce adhuc diei omnia consumentur. Sed et omni tempore sive coena, sive refectionis hora sic temperetur, ut cum luce fiant omnia". 7 "A sancto Pascha usque ad Pentecostem ad Sextam reficiant Fratres, et ad seram coenent. A Pentecoste autem, tota Aestate ... quarta et sexta Feria jejunent usque ad Nonam". 8 "Ab Idibus autem Septembris usque ad caput Quadragesima ad Nonam semper reficiant". 9 Nel centro Italia un’ora e mezza Temporaria equivale in Estate a quasi due ore equinoziali, in Inverno, invece a circa un’ora equinoziale, molto vicino quindi al mezzogiorno. 10 Gustav Bilfinger, Die Mittelalterlichen Horen und die Modern Stunden, Stuttgart, 1892. 11 Karlheinz Schaldach, Vertical Dials of the 5 - 15th centuries, in BSS Bulletin, 96.3, 1996, p. 36. 12 W. Rothwell, “The hours of the day in Medieval French”, in French Studies 13, 1959, pp. 24-51. 13 Dante Alighieri, Convivio , T. 3, VI.

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DIVISIONE DEL GIORNO SECONDO DANTE ALIGHIERI, SECOLO XIV

Fig. 2

“Intorno a le parti del giorno è brievemente da sapere che, sì come detto è di sopra nel sesto del terzo trattato, la Chiesa usa, nella distinzione delle ore, [le ore] del dì temporali, che sono in ciascuno die dodici, o grandi o piccole, secondo la quantitade del sole; e però che la sesta ora, cioè lo mezzodie, è la più nobile di tutto lo die e la più virtuosa, li suoi offici appressa quivi da ogni parte, cioè da prima e di poi, quanto puote. E però l'officio de la prima parte del die, cioè la terza, si dice in fine di quella;14 e quello de la terza parte e de la quarta si dice ne li principii.15 E però si dice mezza terza, prima che suoni per quella parte; e mezza nona, poi che per quella parte è sonato; e così mezzo vespero. E però sappia ciascuno che, ne la diritta nona, sempre dee suonare nel cominciamento de la settima ora del die”.16

Da ciò sappiamo, e ne siamo certi, che nel secolo XIV (ma sicuramente già nel sec. XIII) in Italia la Chiesa recitava la Nona sempre a mezzogiorno, o molto vicino ad esso, e allo stesso tempo Vespro fu anticipato alla nona ora. Il passo dantesco che abbiamo qui riproposto è pressoché unico nella storia letteraria e scientifica medievale. Non solo testimonia l’uso ecclesiastico di dividere il giorno in quattro “parti” dette Terza, Sesta, Nona e Vespro,17 ma è un rarissimo e chiaro documento sulla divisione del giorno in ottavi: mezza Terza, Terza, Sexta (?), Nona, mezza Nona, Vespro, mezzo Vespro (fig. 2).18 Ma mentre sembra di capire dalle parole del Poeta che questa consuetudine fosse solo della Chiesa, altri autori e cronisti testimoniarono nei loro scritti una comune abitudine. Così, la gente diceva sia Nona sia “ora sesta” per riferirsi al mezzogiorno, Tertia per la terza o talvolta la seconda ora del mattino, e Vespera in riferimento al pomeriggio o alle ore serali. Si utilizzava la terminologia abituale solo quando era necessaria una maggiore precisione.

Testimonianze letterarie Non solo Dante, però, parlò della percezione del tempo; qui di seguito esporrò alcuni esempi letterari che potranno mostrarci senza dubbi qual era la posizione temporale della Nona nella liturgia ecclesiastica. Boccaccio nel suo Decameron usò spesso indicazioni temporali, per esempio, nel terzo racconto dell’ottava giornata scrisse:

“...e tutto il rimanente di quella mattina consumò (Calandrino) in cercargli (Bruno e Buffalmacco).Ultimamente, essendo già l'ora della Nona passata, ricordandosi egli che essi lavoravano nel monistero delle donne di Faenza, quantunque il caldo fosse grandissimo.../ (dopo un po’ Bruno parla con Buffalmacco e dice) ...A me pare che Calandrino dica bene. Ma non mi pare che questa sia ora da ciò (passata l‘ora della Nona), per ciò che il sole è alto...”.19

Boccaccio spiega che Calandrino, consumò tutta la mattinata in cerca dei suoi amici, trovati soltanto all’ultimo minuto (ultimamente), cioè, passata la Nona. Bruno e Buffalmacco stavano ancora lavorando nonostante il gran caldo e il sole alto in cielo. Se la Nona si fosse recitata alla metà del pomeriggio, come potevasi parlare di fine della mattina? Non v’è dubbio alcuno che il tempo in questione è vicinissimo al mezzogiorno. Molti altri passaggi possono essere chiarificatori per la nostra ricerca; vediamoli. Nel proemio della prima giornata sta scritto:

“ Non era di molto spazio sonata nona ... e quivi sentendo un soave venticello venire, sì come volle la lor reina, tutti sopra la verde erba si puosero in cerchio a sedere, a' quali ella disse così: - Come voi vedete, il sole è alto e il caldo è grande, né altro s'ode che le cicale su per gli ulivi ...”, ma ancor più chiara è la decima storia della sesta giornata, colui che viene chiamato a raccontarla dice: “Né vi dovrà esser grave [il racconto], perché io, per ben dire la novella compiuta, alquanto in parlar mi distenda, se al sole guarderete, il quale è ancora a mezzo il cielo”. In una novella di Anton Francesco Grazzini detto il Lasca (secolo XVI) si racconta: "Mona Mea e la figliola l'altra mattina a una grand'otta (cioè,

14 Quando l’ombra dello gnomone è sulla terza linea. 15 Nona, allo scadere della sesta ora e Vespro allo scadere della nona ora. 16 In altre parole Dante conferma il suono della campana di Nona esattamente a mezzodì. 17 In tempi più antichi le parti erano solo tre: mane, meridie, e suprema. Mane andava alba fino alla quarta ora, Meridie da qui fino all’ottava ora, e Suprema dall’ottava fino al tramonto. Vedi Beda il venerabile e Isidoro di Siviglia. 18 Sui significati delle mezze ore del sistema in ottavi tornerò in futuro. Vedi anche F. D’Ovidio, “Qual’è il preciso significato della dizione Mezza Terza?”, in Opere, V. XIII, Roma 1929, pp. 204-22. 19 Boccaccio, Decameron, Giornata 8, nov. III.

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di buon ora) si misero in via, e in su la nona arrivarono [...] dove uffiziava un prete, che fu già loro parrochiano, ... e dal sere (il prete) molto bene veduti furono, tanto che vi stettero a desinare".20 Come possiamo vedere la signora Mea e sua figlia arrivarono prima di Nona, ascoltarono la messa e andarono a pranzo.21

Dal tempo di San Benedetto – ma già i romani lo praticavano – i monaci dormivano un poco dopo pranzo, e quest’usanza, ancor oggi viva nei Paesi caldi,22 fu spesso associata all’ora di Nona. Ancora il Grazzini:

"Balia, io ho pensato un modo; perché la casa di Marco Cimurri è posta di là dal Carmine in una via solitaria e che non vi passa quasi persona, di condurmi là tra la nona e'l vespero, quando la maggior parte della gente è a desinare e a dormire".23 E Boccaccio, scrivendo di due suore desiderose di giacere con il giardiniere: "Tu vedi ch'egli è in su la nona; io mi credo che le suore sien tutte a dormire se non noi".24

Una delle migliori comparazioni fra l’ora sesta, il mezzogiorno e la recita di Nona fu ideata da Gustav Bilfinger. Egli studiò le antiche cronache italiane e utilizzò un eclisse di sole come oggetto di investigazione. Un’eclisse, in effetti, è un grande evento astronomico visibile da una vasta area, e facile da trovare in molte cronache. Egli scelse l’eclisse totale di sole dell’anno 1239, e comparò un certo numero di registrazioni che Antonio Ludovico Muratori mise assieme nel secolo XVIII, in una delle più note raccolte d’archivio di fine secolo: il Rerum Italicarum Scriptores. Il primo passaggio è tratto dagli Annales Cesenates:

"a. d. MCCXXXIX die Veneris intrante Junio post horam Nonae obtenebratus est sol et factus est niger totus; et stetit sic quasi per spatium horae, et sidus (lunae) erat ante eum; et fere omnes stellae videbantur in aere manifeste".25

Possiamo vedere che il cronachista usa la locuzione horam Nonae, che significa “ora di Nona”, ovvero “tempo di Nona” e questa accezione era comune a molti scrittori che la utilizzavano per non confondere le ore Temporarie da quelle Canoniche. Negli Annales veteres Mutinensium leggiamo:

"Eo anno (1239) die III Junii fuit maximus Eclipsis solis, qui duravit ab hora sexta usque ad nonam et stelle videbantur in coelo".26

Nel Chronicon Astense: "1239. Sol obscuratus est a sexta hora usque ad nonam in exaltatione Sanctae Crucis".27

Negli Annales Mediolanenses leggiamo: "Eodem anno (1239). Fuit Eclipsis solis major quam fere unquam visa fuerit. Stellae in meridie visae sunt".28

Molti altre cronache, che qui non riportiamo, 29 divulgarono la notizia dell’evento, e come abbiamo appena visto alcuni usarono il termine “ora di Nona” o “hora Nonae”, 30 mentre qualcun altro preferì scrivere “hora sexta”, 31 per indicare lo stesso momento: il mezzogiorno. Più esplicito è il Chronicon Leodiense:

“Eodem anno sol passus est eclipsim a meridie usque ad horam Vesperae”.32 Come si vede in questo passaggio l’autore preferì usare il termine inequivocabile "meridie" che è, astronomicamente parlando, più corretto. Egli scrive per l’esattezza "a meridie usque ad horam Vesperae" (da mezzogiorno fino l’ora di Vespro), e se confrontiamo questa definizione con quelle degli Annales veteres Mutinensium e del Chronocon Astense, citate in precedenza, sarà facile dedurre che "meridie" (il momento astronomico), "hora sexta" (la sesta ora del giorno) e "hora Nonae" (il tempo dell’Ufficio di Nona) sono tutti sinonimi dello stesso istante temporale. Come abbiamo scritto prima, l’ufficio liturgico del Vespro, che in origine si recitava alla dodicesima ora, fu anticipato, assieme alla Compieta, nel sec. VI da San Benedetto. Non sappiamo, però, con precisione l’esatto tempo in cui si cantava l’Ufficio serale. Il Santo, infatti, lasciò gli Abati liberi di decidere secondo la stagione, ma è molto probabile che si trattasse della decima ora, come risulta, nella stessa Regola, dal capitolo sui lavori manuali dei monaci. Dalla precedente comparazione si evince che, nel secolo XIII, “horam Vesperae” e “hora nona” indicavano anch’esse un medesimo istante: la nona ora del giorno, e la conferma che tale consuetudine durò per molti secoli ancora, l’abbiamo dalle Constitutiones sacri ordinis B. V. Mariae de Mercede: “Vesperas denique extra Quadragesimam hora secunda vel tertia post meridiem...”.

20 Anton Francesco Grazzini, Le Cene, Nov. X, par. 7, in Novellieri Italiani, v. 27, Roma 1976. 21 È importante ricordare che, al tempo del Grazzini, in Italia si contavano le ore all’Italiana, in altre parole dal tramonto del sole; Perciò, scrivendo "in su la nona", Grazzini si riferisce sicuramente all’Ufficio di Nona e non certo alla nona ora Italica. 22 Fare la Siesta, in spagnolo, significa proprio fare il riposino del mezzogiorno. 23 A. F. Grazzini, Novelle Magliabecchiane, nov. III, par. 48. 24 Boccaccio, Decameron, Giornata III, nov. 1. 25 A. L. Muratori, Annales Cesenates , in R I S, t. XIV, p. 1097. 26 Muratori, Annales veteres Mutinensium, in R I S, XI, 61. 27 Ibidem, XI, 189. 28 Muratori, XVI, p. 645. 29 Per un’analisi più approfondita sulla comparazione temporale delle antiche eclissi vedi: M. Arnaldi, “Notazioni Temporali e Canoniche nelle Cronache di eclissi di sole e di luna fra i secoli XII e XV”, in Atti del IX Seminario di Gnomonica, 1999. 30 Giovanni Villani, Storie Fiorentine. 31 Bouquet, Script. Rer. Gall. 32 Perz., mon. XVI

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Inoltre l’Abate Calmet (secolo XVIII) scrisse: "Al presente (1751) quasi da per tutto, il Vespro si canta a tre ore di Francia, eccetto però in tempo di Quaresima, nella quale è stato trasportato innanzi mezzo dì, per poter mangiare a mezzogiorno".33

Le quattro ore del giorno Dante Alighieri nel suo Convivio parlò della divisione del giorno in quattro “parti”, e alcuni autori chiamarono queste porzioni, prima, seconda, terza e quarta ora del giorno.34 L’uso di quadripartire la giornata durò sicuramente fino al secolo XVI, il Grazzini, infatti, definì i tempi dei suoi racconti in tre modi diversi: con le ore uguali del sistema Italico, con le ore Canoniche, e con le “quattro ore”. Egli distinse le “quattro ore” dalle ventiquattro Italiche utilizzando la formula seguente: “Tre ore” e “tre ore di notte”, “due ore” e “due ore di notte”. Ecco un passo dove l’autore si riferisce ad un sistema diviso in quattro tempi giornalieri:

“Venne intanto la sera, e Taddeo fece intendere a casa come cenare e dormire gli conveniva, la notte, con suo zio ...[andò] a spasso infino a tre ore ...e cenato che egli ebbe a grand'agio s'avviò verso la casa di Fiammetta; e come egli sentì le quattro ore...".35

Taddeo di mattino riceve una lettera da Fiammetta. La fanciulla chiede che egli vada a trovarla la sera stessa alla quarta ora. Dal periodo capiamo chiaramente che ci si riferisce ad un tempo diurno; effettivamente, la quarta ora del sistema italico è un tempo troppo tardo per essere considerato “sera”, come la donna espressamente chiede. Così, si può tradurre "tre ore" con “metà pomeriggio”, e "quattro ore" con “tramonto”. Per gli operai campani questi quattro tempi furono necessariamente associati alle ore dei pasti quotidiani. Ne’ Il Fuggilozio di Tomaso Costo (sec. XVI) leggiamo, infatti, che i boscaioli facevano colazione a Terza, pranzavano “al mattino” (un poco prima di mezzogiorno?), facevano una pausa per la merenda a Vespro (metà pomeriggio) e la sera cenavano.36 Mi resta ancora di parlare brevemente della Terza. Dalle parole di Dante pare che Terza sia l’unica funzione rimasta immutata, ma come ogni altra ora Canonica, anch’essa mutò il suo posto originale con un’altra. Nei secoli XVI / XVII, per esempio, quell’Ufficio si recitava principalmente alla seconda ora Temporaria come è chiaramente scritto nelle Constitutiones Monacorum Silvestrinorum ordinis s. Benedicti (an. 1688): "Ad ora debita (che potrà essere circa due ore dopo la levata del sole) si canti Terza". Tutte queste modifiche, alla lunga, crearono sicuramente una certa confusione; la liturgia monastica non combaciava con quella parrocchiale, e spesso entrambe differivano dagli orari dell’Ufficio Cattedrale. Presto furono emanati editti episcopali, trascritti negli statuti ecclesiastici delle grandi città, e ogni chiesa cittadina, dentro e fuori le mura, dovette adattare il proprio ufficio alle ore suonate dalla Cattedrale stessa. Anche per questo motivo studiosi come il Regiomontano composero tavole di conversione per le ore Temporarie computate per tutto l’anno. La conversione fatta dall’Abate Calmet nell’edizione italiana del suo commentario, per esempio, ricalca molto bene la posizione delle ore sull’orologio taggese.37 Il nostro quadrante, però, non ne aveva bisogno perché era sovrapposto a quello Italico, e la trasformazione avveniva con un semplice sguardo del sacrestano. L’orologio solare di Taggia non è l’unico quadrante ad ore canoniche che riporti i nomi delle preghiere spostati dalla loro antica sede, e neppure l’unico a segnalazione la Nona al mezzogiorno. Un esempio ben più antico di questo si trova sulla chiesa di Hameln, nella bassa Sassonia (fig. 3). In quell’orologio solare non solo la linea dell’ora sesta è marcata con una N ma Vespro è addirittura anticipato all’ottava ora.38 Il quadrante solare del convento dei frati Domenicani assume quindi, secondo me, una grande importanza, in quanto testimonianza ancora viva, trait d’union, fra gli ultimi strascichi del medioevo e i lumi dell’età moderna.

33 Agostino Calmet, Commentario letterale, istorico e morale sopra la Regola di s. Benedetto, t. I, p. 105. 34 Troviamo un esempio proprio in queste pagine. Anneles Cesenates: “ et stetit sic quasi per spatium horae”, cioè circa tre ore temporarie da sesta fino a nona. 35 A. F. Grazzini, Le Cene, nov. V, par. 21. 36 Tomaso Costo, Il Fuggilozio , Day VIII, 5. 37 A. Calmet, op. cit., p. 111. "Secondo il nostro modo di contare (italico), prendendo il giorno in Decembre, ovvero in Gennaio, si potrebbe dire, che si cantava Prima a quattordici ore, in circa, ... alle sedici si dicea Terza; a sedici e mezza, o a diciassette si andava all'opera delle mani e si lavorava sino un'ora dopo mezzo dì. Nel tempo dell'opera manuale si diceva Sesta ... Un'ora dopo mezzo dì si sonava il primo segno di Nona". 38 K. Schaldach, op cit.

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Si può scrivere molto di più sullo spostamento delle ore di preghiera, queste poche pagine non possono assolutamente essere esaurienti, talmente tanti sono i fattori che hanno prodotto questi movimenti nei secoli (speciali privilegi anche di carattere locale, nuove concezioni scientifiche, contatti con altre etnie, ecc.), che è davvero impossibile trattarne qui senza correre il rischio di annoiare qualche lettore. Mi proporrò, perciò, di continuare trattarne ancora nei prossimi articoli. Mario Arnaldi

[email protected]

La figura qui a fianco rappresentate è stata inviata da Alessandro Gunella come errata-corrige del suo precedente articolo sull’analemma, comparso sul numero 4 di Gnomonica in cui, appunto, era stata omessa tale figura.

Fig. 3 : Orologio solare medievale (sec. XIII) , Hameln, bassa Sassonia.

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ORE TEMPORARIE Riccardo Anselmi, S. Vincent, Aosta

Le ore temporarie appartengono ad un sistema orario antichissimo in uso presso i greci e i romani. Esse suddividono il giorno (chiaro) in dodici parti uguali le quali, per la diversa lunghezza dello stesso al mutare delle stagioni, raggiungono la massima durata al solstizio d’estate e la minima a quello invernale. Vogliamo ora costruire per punti, ovvero con il solo procedimento matematico, una linea oraria temporaria. La figura 1 rappresenta il quadrante verticale Π dal quale sporge lo stilo CN (st). Si consideri il piano Σ normale allo stilo. Il punto B è l’intersezione del piano orizzontale passante per N con la linea meridiana su Σ. Il cono di luce che passa per N determina la conica generica S su Π che, per la opportuna scelta di Σ, risulta, su quest’ultimo (figura 2), il cerchio R. L’arco di cerchio, al di sotto della linea dell’orizzonte, rappresenta l’arco diurno il cui calcolo è immediato. Risulta CB st tan , CR st tan 90 , cos /CB CR da cui cos tan tan , formula che fornisce

metà lunghezza del giorno e, conseguentemente, l’ora dell’alba e del tramonto. L’arco, equivalente all’angolo , è conosciuto come arco semidiurno. Si consideri ora la retta oraria CH dove l’angolo h, volutamente sproporzionato, rappresenta la sesta parte di . Si osservi la figura 3 nella quale si ha una rappresentazione del quadrante visto dall’alto. Unendo N con H si ottiene K, omologo di H su Π. Unendo ora C con K (figura 4) si ottiene la retta oraria che riferita alla linea meridiana segna un intervallo di tempo pari ad 1/12° del giorno corrispondente alla declinazione del sole. L’intersezione K’ della retta CK con la linea diurna relativa è un punto della linea oraria temporaria.

Dalle figure 3 e 4 si ha : tan sen tanhÎBHBN

. Inoltre, per il teorema dei seni si

ottiene :KL LN

dsen sen 90 da cui, assumendo P come origine e essendo, per convenzione, d < 0 , quando

indica un orientamento verso est, si ha :

KLst

dÎcos sen

cos. Si ottengono ancora le seguenti formule che nel sistema Gxy valgono :

GL LN d GL st dÎsen ; cos sen ; KG KL GL ; KGst

dst d

cos sencos

cos sen ;

LSLN

tan ; LN

gndcos

⇒ LSgn

dcos tan.

Si ha tan'R B

BN ; tan tan senÎ . GW gn d GW st d dtan ; cos cos tan .

Si osservi ancora nella figura 4 l’angolo da cui si ricava la durata dell’arco semidiurno per il solstizio d’inverno, considerazione estensibile a qualunque altra linea diurna.

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Si ha : tan tan / send ; PA st nµÞþ

÷°̧

tan tan6

dove n 01 2 3 4 5 6, , , , , , . L’equazione segmentaria della

retta oraria CA è la seguente :X

gnn

Ygn

costan

sen cosµÞþ

÷°¸

6

1 . Quella della conica S S è :

Y TX SY U2 2 0 39, dove N, S, U, T, k sono definiti nelle seguenti uguaglianze :

N k Sgn

NU

gnN

TN

ksen cos ;tan

;cos

;tan

2 22

2 2

2 1 1 e .

Facendo sistema tra le 2 equazioni si ottengono le coordinate di K’ appartenenti al sistema cartesiano equinoziale PXY che possono essere convertite nelle più comode coordinate Gxy ricorrendo alle seguenti formule di trasformazione:

x X Y Y

y X Y Y

ýÝ´

¯́

cos sen

sen cos

0

0 dove Y gn0 tan .

Sia

Y T X S Y U

Xp

Yq

2 2 0

1

Î Îý

Ý´

¯´

il sistema tra la conica di declinazione ú ú2345 2345. . e la retta oraria CA.

Sostituendo la X della equazione della conica con il valore X pYq

Î ( )1 si ottiene una equazione del tipo

A Y B Y CÎ Î2 0 dove

A q T p

B q S q T p

C q T p U

Î

Î Î Î Î

Î

ý

Ý´

¯´ Î

2 2

2

2 2

2( )

( )

e

pgn

n

qgn

µÞþ

÷°̧

ý

Ý´́

¯´´

costan

sen cos

6

39 Per la dimostrazione si veda l’articolo “Orologi solari verticali con la geometria analitica” pubblicato su Gnomonica n°4.

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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 22

da cui si ottengono le due radici : og ogB B A C

A1 2

2 42

,� Î Î

Î ordinate dei 2 punti di intersezione di

ascisse : ag p og q1 11Î( / ) e ag p og q2 21Î( / ) .

Passiamo ora alle coordinate R del sistema Gxy:

ar ag og y

ou ag og y1 1 1

1 1 1

0

0

Î Î Î

Î Î Îýݯ

cos sen sen

sen cos cos

ar ag og y

ou ag og y2 2 2

2 2

0

0

Î Î Î

Î Î Îýݯ

cos sen sen

sen cos cos

Poiché la linea temporaria si estende da declinazione -23.45 a 23.45 si dovranno utilizzare entrambe le soluzioni. A causa della lunghezza del listato non è stato possibile riportare l’algoritmo, disponibile, invece, on line. La formula cos tan tan è valida per ú ú1 1cos , i cui estremi sono verificati nel caso limite :

90 . È evidente che la linea oraria temporale appartiene ad un fascio di linee che convergono nel punto della retta dell’orizzonte in cui la linea meridiana la incrocia, punto in cui si annulla l’arco diurno determinato da un ipotetico sole che raggiunge la declinazione 90 . Esaminando però un quadrante solare ad ore temporali si nota subito che, prolungando con una retta il tratto delle linee orarie compreso tra i due solstizi, queste non convergono in un punto. In realtà le linee temporali non sono perfettamente rettilinee. Solo nel tratto che intercorre tra la linea del solstizio d’inverno e il punto succitato le linee orarie rivelano maggiormente la loro natura curvilinea. Dato che in quella zona non cade mai l’ombra della punta dello stilo, le linee orarie temporarie di un orologio piano situato tra l’equatore e le nostre latitudini possono essere ancora considerate, ai fini pratici, rettilinee.

La curvatura delle linee temporarie diventa tanto più palese quanto più il quadrante si trova a latitudini vicine al circolo polare, come si evince dalle due immagini seguenti.

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ALMICANTARAT

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Così come è già stato fatto per le ore temporarie tracciamo con un procedimento matematico la linea dell’altezza del sole, sopra ad un quadrante, fissata ad un livello determinato. Innanzi tutto calcoliamo la formula che fornisce il valore dell’altezza del sole (sull’orizzonte) in funzione della latitudine , della declinazione del sole , e dell’angolo orario . Le figure 1 e 2 rappresentano rispettivamente il quadrante verticale Π rivolto esattamente a sud nel quale sono chiaramente indicati i dati caratteristici e l’intersezione del cono di luce sopra al piano Σ, perpendicolare allo stilo. Il tratto QU rappresenta l’altezza del sole (per 0) su Σ.

Dalle figure 1 e 2 si ricava : QU ZU ZU CU CZ CZ CB CU CRcos / cos ; ; ; ;

CR st CB st ZU st ZU st

ZU st QU st QU st

QUst QU

BN

ÚÙÛ

¨¹·

ÚÙÛ

¨¹·

Ú

ÙÛ

¨

¹·

Ú

ÙÛ

¨

¹·

Ú

ÙÛ

¨

¹·

tan tan tantancos tan

tancos

;

cossen

sencos cos

coscossen

sencos cos

cos cossen

sencos

sen coscos cos cos sen sen sen cos cos cos sen sen .

90 901

; ; ;

; ; ;

;

Dalla figura 3 si ricava QU

hBN

sen. sen da cui segue sen. senh

QUBN

che ci fornisce

sen. sen sen cos cos cos ,h notissima formula, impiegata in astronomia nautica, dovuta al genio matematico svizzero Eulero (1707-1783), che abbiamo voluto ricavare soltanto per dimostrare come da un quadrante solare si possa pervenire a note formule di astronomia come quella che calcola l’arco semidiurno, citata nel capitolo che attiene le ore temporarie. Il tratto QU, per essere utilizzato, è stato spostato nel tratto BR, partendo da B( figura 2 tratto BT). Per ottenere l’angolo BUN = - bisogna portare il quadrante ad una latitudine ’ maggiore di , ricordando che le costanti comuni ai due quadranti sono : Il tratto

BN, il tratto QU e . Dal triangolo NBU si è ottenuto l’identità : sen. senhQUBN

. Detti rispettivamente Q’ e F’ i

corrispondenti su Π dei punti Q e U di Σ, risulta che il punto F, omologo di T su Π (figura 1 e 4), non può essere un punto di alcuna linea diurna, dato che si trova nella zona dove non cade mai l’ombra della punta dello stilo. Spostando, però, il quadrante più a nord si raggiunge una latitudine alla quale il punto F coincide con l’intersezione della linea diurna di declinazione - con la linea meridiana (figura 3).

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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 25

Calcoliamo ora la nuova latitudine ′. La formula di Eulero, applicata ai due quadranti, assume rispettivamente la forma : sen. sen sen cos cos cos

sen. sen sen ' cos cos ' sen.

h

h h

ýݯ oppure = cos '

da cui segue : cos ' sen sen cos cos cos relazione da cui si ricava ’. Per calcolare gli almicantarat sul quadrante non necessita la formula di Eulero dato che tali linee sono iperboli ottenute come intersezione del cono, la cui generatrice forma l’angolo h con la linea orizzontale e, quindi, con l’asse rivolto allo zenit, ed il piano del quadrante. Il vertice del cono coincide con la punta N dell’ortostilo gn. Il piede G è assunto come origine del sistema cartesiano Gxyz con l’asse delle x ortogonale al quadrante e l’asse delle y parallelo allo stesso. Il piano del quadrante verticale declinante, la cui equazione è x = 0, si trova a distanza gn dal vertice. Dal sistema che segue

x gn yz

hcono

x piano quadrante

ý

Ý´

¯́

2 22

2

0tan

;

; si ricava l’equazione dell’iperbole : z h gn ytan. 2 2 dove h è

l’altezza del sole, y è l’ascissa, utilizzata come variabile indipendente e z è l’ordinata di un punto della linea almicantarat. La forma dell’iperbole non risente della declinazione del quadrante che invece ne limita la lunghezza, in quanto tale curva è definita solo nel tratto compreso tra le linee dei solstizi.

L’

eccentricità dell’iperbole è data da : E hsen 1 . Il software relativo alle ore temporarie e agli almucantarat è disponibile sul sito http://digilander.iol.it/sundials dove ci sono anche altri programmi exe che attengono precedenti articoli firmati dallo scrivente.

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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 26

L’orologio solare di Cuencamé, Durango (Messico)

José C. Montes Jiménez, Arturo Gomez Espinoza, Martha A. Villegas, Cuencamé, Durango, Messico

Traduzione e commento di Nicola Severino

Introduzione di Martha A. Villegas – José C. Montes

L’orologio solare di Cuencamé, Durango, MESSICO Opuscolo esplicativo del funzionamento I recenti studi di archeoastronomia nelle località archeologiche delle culture messicane anteriori alla conquista spagnola, hanno permesso di concludere che un grande numero di siti archeologici e piramidi fu orientato intenzionalmente per indicare con precisione la direzione del sorgere e del tramontare del sole in specifici giorni del ciclo solare, mentre alcuni siti e piramidi si connettono bene ad altri fenomeni siderali1. I cronisti del XVI° secolo scrissero scarsamente su questi argomenti perché non capivano il significato degli orientamenti e la loro relazione con l’astronomia. Per di più, qualche attività similare alla gnomonica tra gli antichi messicani non poteva suscitare alcuna ammirazione tra i conquistatori dato che per loro la misurazione dell’ora solare era pratica comune. Per questa ragione, difficilmente si rinvengono testimonianze che facciano riferimento al modo in cui quelle culture misuravano il tempo nella maniera che noi conosciamo come ore. Dato che gli orologi solari erano una necessità della vita quotidiana in Spagna, furono introdotti in Messico poco tempo dopo la conquista 2 . In Messico esistono tuttora alcuni orologi solari costruiti durante l’epoca della colonizzazione spagnola, particolarmente nelle chiese di antiche città, però, in generale, mancano le informazioni sugli orologi solari. Nel XX° secolo sono stati costruiti pochi orologi solari in Messico, tra cui l’orologio di Cuencamé, che, secondo l’iscrizione, è probabilmente datato 1904. Cuencamé de Ceniceros, Durango, “Terra di generali”, è una piccola città nello stato di Durango nel nord del Messico. Fu fondata nel 1598 e conta circa 8400 abitanti. È situata al crocevia che congiunge il nord e il sud con le strade che, da est e ovest, conducono dall’oceano Atlantico al Pacifico, ragione per cui c’è un costante flusso di viaggiatori. Mantiene antiche tradizioni e la sua chiesa accoglie frequentemente gente di località limitrofe che visitano il Cristo miracoloso “ Il Signore di Mapimì”, la cui leggenda fa parte del fascino del luogo. L’orologio solare di Cuencamé è collocato sopra una colonna di pietra adiacente la chiesa di fronte alla piazza principale e difficilmente passa inosservata ai visitatori. Per la maggior parte degli osservatori è incomprensibile che l’ombra proiettata dallo gnomone sul quadrante segni un’ora che non coincide con quella delle funzioni religiose. L’opuscolo presentato qui di seguito ha lo scopo di esporre brevemente e concretamente le precedenti caratteristiche e il funzionamento dell’orologio solare, così come alcuni dati storici sulla misurazione del tempo. Per tramite di don Arturo Gòmez Espinoza, cittadino studioso della storia del suo paese e amministratore dell’orologio solare, abbiamo concordato con il sindaco e con il parroco della chiesa per la diffusione dell’opuscolo tra gli abitanti e i visitatori di Cuencamé, sperando di stuzzicare l’interesse per la valorizzazione e conservazione di tale magnifica opera artistica che hanno ereditato.

1 Moreno C.Marco Arturo.-“Historia de la Astronomia en México”;pag. 76 y 90;Editorial Fondo de Cultura Econòmica, México, 1986 2 Pina G.Eduardo.-“Los Relojes de Sol en México”;pag. 54;U.A.M; México,1994

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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 27

La sua maestosità lo ha trasformato in un valido simbolo di distinzione di Cuencamé. Essendo parte integrante della nostra storia, la sua forma di scudo si integra perfettamente al simbolo della città. Sulla facciata nord, si trova incisa la data del 1904 che è probabilmente l’anno in cui fu realizzato l’orologio. Se è così quest’anno (1999) si celebra il suo novantacinquesimo anniversario. Il disegno viene attribuito all’ingegnere Francisco Vàquez del Mercado e il lavoro artigianale a Silvestre Aros.

Ubicazione.

Si trova ubicato sopra una colonna di pietra locale, ad un’altezza approssimativa di 7 metri, poggiato su una base con fregi, in prossimità del campanile della chiesa di S. Antonio da Padova.

Caratteristiche E’ un orologio del tipo equatoriale poiché il suo piano è parallelo all’equatore celeste. Il tracciato orario è inciso su una lastra marmorea, su entrambe le supefici, di circa 2 metri di altezza per 1,20 di larghezza e 12 centimetri di spessore. Sono riportate le ore astronomiche sul lato nord e sud dalle 6 a.m. alle 6 p.m. con intervalli orari di 30 minuti. Le lettere greche e (alfa e omega) sulla linea delle 6 a.m. e 6 p.m. rispettivamente, sulla superficie rivolta a sud, simbolizzano il principio e la fine della vita umana. La croce incisa all’origine della linea delle ore 12, rappresenta certamente un riferimento biblico, probabilmente l’ora Nona in cui Gesù fu crocifisso che è anche l’ora di uno degli uffici religiosi più importanti nel medioevo. Funzionamento La superficie orientata al Nord geografico riceve la luce del sole dall’equinozio di primavera fino all’equinozio di autunno, cioè da circa il 20/21 marzo al 22/23 settembre. La superficie orientata al Sud, riceve la luce del sole nel resto dell’anno. Nel punto d’origine delle linee orarie vi è uno stilo (gnomone) parallelo all’asse di rotazione della Terra e quindi perpendicolare alla superficie dell’orologio che è parallela al piano equatoriale. Nel nostro caso, lo stilo forma un angolo rispetto all’orizzonte pari a 24° 52’, che è uguale alla latitudine geografica di Cuencamé. L’ombra di questo stilo sulle linee orarie dell’orologio, indica l’ora vera locale.

NOTA per i collaboratori: Per ogni articolo deve inviarsi un breve abstract in italiano, oppure in italiano ed in inglese, della lunghezza di 3-6 righe, direttamente al curatore del sommario inglese, dr. Riccardo Anselmi, all’indirizzo e-mail [email protected] oppure all’indirizzo: Fraz. Tenso, 31 – S.Vincent (AO)

Sono molto grato a Martha A. Villegas di Torréon che, appassionata da poco tempo di gnomonica, segue con molto interesse la nostra rivista e la gnomonica italiana. Insieme al suo amico e collaboratore José C. Montes, sta attuando una ricerca sistematica di eventuali altri orologi solari che potrebbero trovarsi nei piccoli pueblo messicani della sua zona. Inoltre, ha realizzato uno splendido restauro di un gigantesco orologio poliedrico a quattro facce disegnato da Miguel Bertran de Quintana negli anni ‘50. Gli orologi solari nel Messico non sono antichi come in Europa, ma il loro utilizzo, presumibilmente diffusosi a partire dall’inizio di questo secolo, nella cultura locale dei piccoli pueblo è molto interessante. Siamo sicuri che Martha presto potrà inviarci un primo resoconto degli orologi solari trovati in quei luoghi, dove già da qualche decennio ha lasciato una vistosa traccia gnomonica il grande “diallist” Achim Loske. Foto: Sopra è visibile l’orologio equatoriale di Cuencamé in quattro immagini; qui a lato è l’orologio a quattro facciate restaurato da Martha Villegas, e da lei stessa fotografato a lavoro ultimato.

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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 28

UNA MERIDIANA A RIFLESSIONE Renzo Righi, Correggio

La meridiana è di tipo catottrica di cm 500*350 dipinta secondo lo stile ormai inconfondibile del trompe-l’oeil dall’artista locale Maria Luisa Montanari su una parete della sua abitazione; casa ubicata a Cogruzzo di Castelnovo di Sotto (RE) e che, con questo quarto orologio di grandi dimensioni, può ormai ritenersi un vero laboratorio di sperimentazioni gnomoniche. La teoria degli orologi solari a riflessione non è certo sconosciuta, Fantoni sintetizza l’argomento nel suo poderoso trattato “Orologi Solari” e più volte è stata oggetto di relazioni ai Seminari Nazionali di gnomonica: Zuccalà, Cintio, G.Flora. Marianeschi ha poi dedicato in merito un’interessante appendice pubblicata in “Appunti di gnomonica pratica” volume stampato dall’Unione Astrofili Bresciani. Premesso questo, non si può non osservare come siano molto rare le meridiane di questo tipo costruite in Italia. Voglio qui di seguito elencare le maggiori difficoltà di carattere prettamente pratico che s’incontrano in fase di progetto e di realizzazione; dato per note, come da premessa, le procedure di calcolo. Il sopraluogo - in un orologio tradizionale nella maggior parte dei casi il sopralluogo è limitato ad alcuni rilievi piedi a terra, ed all’osservazione a vista del luogo circostante, o al massimo con l’aiuto di fotografie. Per uno strumento a riflessione il sopraluogo richiede quasi sempre l’allestimento di un ponteggio, il che significa costo aggiuntivo se non proprio inutile in caso di rinuncia alla realizzazione. Esposizione - spesso più attenzione si deve dedicare al rilevamento della declinazione del muro, misura che può richiedere controlli indiretti attraverso rilievi su altre pareti e quindi un maggior impegno di tempo. Il progetto - la necessità di guidare il raggio riflesso in uno spazio ben definito e risalire così ai parametri-angolo-metrici dello specchio, richiede normalmente una lunga serie di tentativi con risultati non sempre accettabili o comunque non soddisfacenti. Questo fondamentale problema è stato da me risolto con l’utilizzo di un pacchetto informatico progettato dall’ing. Ferrari di Modena, noto e stimato esperto del settore. Struttura portaspecchio - dovendo traguardare oltre l’orizzonte rialzato od evitare piani mascheranti; - le terminologie sono quelle usate dal Ferrari nel suo programma - il sostegno portaspecchio rischia di divenire un impianto improponibile per dimensioni, peso, fissaggio, estetica e creare problemi per successive manutenzioni. Personalmente sono riuscito a contenere la misura in 100 cm, distanza che mi ero prefissato all’inizio del progetto. La superficie - l’altezza ortostilare, anche nei casi più contenuti, è sempre ragguardevole rispetto a quella delle meridiane tradizionali, ciò porta alla necessità di dovere utilizzare per la tracciatura completa del quadrante una superficie non sempre disponibile. Lo specchio - la costruzione dello specchio non è cosa semplice, soprattutto se si ritiene necessario effettuare regolazioni ed eventuali aggiustamenti in opera; direi che è il problema costruttivo più delicato. Quello che ho voluto progettare è stata la costruzione di una testina ottica ovvero uno specchio con attacco universale, adattabile ad ogni struttura, con cinque gradi di libertà per soddisfare qualsiasi regolazione. Questo concetto da la possibilità di montare lo specchio ad orologio terminato - prassi opposta alle normali procedure - ma mi permette di ridurre i tempi di realizzazione: fare avanzare i lavori di tracciatura ed esecuzione pittorica in modo indipendente dalla costruzione e fissaggio del complesso struttura-specchio. La regolazione - gli angoli dello specchio vengono di norma individuati puntando il raggio riflesso all’incrocio di una linea oraria con la linea di data, non è sempre possibile fare questo con un solo puntamento che può invece richiedere un inseguimento su tutto l’arco del quadrante; situazioni contingenti rendono spesso necessarie delle verifiche anche nei giorni seguenti. Devo però sottolineare come le utility del programma dell’ing. Ferrari risolvono brillantemente questo delicato problema. Da parte mia il puntamento è avvenuto in modo tutto indipendente da quanto detto e con un’unica regolazione: indirizzando l’asse ottico su tre punti in precedenza individuati sul muro, vertici di un triangolo rettangolo che ho chiamato dima di regolazione assi ottici. Note tecniche: Lat. 44,82° N; Lon. 10,59° E; Muro: Inclinazione verticale; declinazione gnomonica 14,50° N-E; Ortospecchio: 100 cm; Specchio: diametro 2,8 cm, inclin. 2,50° allo Zenit, declin. 18° S-O.

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foto 1 - Complessivo foto 2 - Particolare trompe-l’oeil con motto foto 3 - Struttura con testina ottica

Prof. dr. Alberto Vecchi, Capitano di corvetta: in memoria

A cura di Renzo Righi Decorato con due Croci al merito di guerra fu congedato col grado di Capitano di corvetta. Ha lavorato c/o aziende farmaceutiche italiane e straniere, ebbe anche come collega e collaboratore il famoso prof. modenese Luigi di Bella. Libero docente, ha insegnato chimica farmaceutica all’Università di Pavia. Cultore di storia locale amante di poesia si dilettava nel disegno e nella pittura ad acquerello. Appassionato studioso di matematica e astronomia, si è dedicato alla costruzione di strumenti per la lettura del cielo come astrolabi. Ha costruito e restaurato meridiane, lasciando testimonianze scritte sui metodi pratici utilizzati. Alberto Vecchi era nato a Correggio (RE) il 3 Novembre 1916. Laureato in chimica a 22 anni, si era poi iscritto all’Accademia Navale di Livorno, dove nacque il suo interesse per l’astronomia.

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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 30

MERIDIANA INTERATTIVA “A CORDA” Gianni Ferrari, Modena

Nel numero di Settembre 1999 di “The Compendium” , la rivista pubblicata dalla North American Sundial Society, è riportato un articolo in cui viene descritto un orologio solare “interattivo” molto semplice ed originale. Ho pensato di fare un riassunto dell’articolo, ovviamente con il permesso degli autori, per portare a conoscenza anche degli appassionati italiani questo divertente tipo di meridiana. Mi limiterò, per semplicità e brevità, a riportare soltanto il principio di funzionamento prendendo in considerazione solo quadranti orizzontali. Un po’ di teoria Consideriamo una normale meridiana orizzontale a tempo vero e tracciamo, con uno dei soliti metodi, le linee orarie che partono dal centro C dell’orologio ove l’asta polare incontra il piano. Prolunghiamo le linee orarie oltre al punto C, dalla parte verso il Sud : chiamerò per brevità queste semirette col nome di “antilinee orarie” . In un dato istante t la linea oraria , il suo prolungamento e l’asta polare appartengono al piano orario Pt in cui si trova il Sole in quell’istante 40. Prendiamo ora una cordicella, attacchiamola a un punto qualunque dell’asta polare e tendiamola in modo che il suo estremo libero cada sull’antilinea relativa all’istante considerato - Fig. 1 – A Appartenendo gli estremi della corda al piano orario Pt, anche l’intera corda vi apparterrà e quindi la sua ombra coinciderà in parte con l’antilinea oraria e in parte con quella dell’asta polare e passerà per il centro C dell’orologio. Se ora eliminiamo l’asta polare e le linee orarie conservando soltanto il punto di attacco della corda, il centro C e le antilinee orarie avremo realizzato un nuovo tipo di meridiana. - Fig. 1 – B Per leggere l’ora basterà tendere la corda spostando il suo estremo libero lungo le antilinee orarie sino a quando la sua ombra passa per il centro C.

Ovviamente si possono eliminare anche le antilinee e lasciare al loro posto soltanto un punto orario per ciascuna di esse - Fig. 1 – C Nella Fig. 2 l’orologio è stato costruito all’interno di un campo di gioco con la corda attaccata ad un palo preesistente. Nella Fig. 3 è rappresentato un orologio orizzontale di piccole dimensioni . In questo orologio i “punti” sulle antilinee orarie sono stati presi su una circonferenza ma ovviamente essi possono essere disposti secondo l’inventiva e la fantasia del costruttore. Costruzione - Cenni La costruzione è molto semplice.

Si sceglie il punto di attacco PA della corda che può essere l’estremo di un’asta, verticale o no, un punto su una parete o su una struttura preesistente (palo, cancellata), ecc. Si trovano : il piede PV della verticale passante per PA ; l’altezza h di PA ; la linea meridiana appartenente al piano orizzontale e passante per PV, PA . Si trova il centro C portando sulla linea meridiana la distanza PVC = h / tan(Lat.) Si tracciano le antilinee orarie – prolungamento verso Sud delle linee orarie

40 Ricordo che l’angolo orario = 15 x ( t – 12) con t espresso in ore

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Conclusione Ovviamente una meridiana “a corda” – ho preferito chiamarla semplicemente così per non usare il nome attribuitole dagli autori “Plane Shadow Sundial” o Meridiana a ombra piana , a mio avviso un poco generico – può essere realizzata soltanto a tempo vero e può essere costruita anche su piani verticali o inclinati. Nei casi di grande inclinazione si ha l’inconveniente che la corda deve essere “tirata” verso l’alto e quindi l’intero quadrante deve avere dimensioni abbastanza ridotte. Nell’articolo che ho cercato di riassumere viene anche descritto un metodo pratico per tracciare un orologio del tipo descritto su un terreno irregolare e non perfettamente piano : lascio al lettore curioso la lettura dell’articolo originale. Variazioni sul tema (del traduttore) Se realizziamo una meridiana ”a corda” su un piano parallelo all’asse polare, per esempio sul classico piano polare rivolto a Sud o su un piano verticale rivolto verso Est o verso Ovest, non abbiamo più disponibile il centro C dell’orologio che va all’infinito. La meridiana è però ancora realizzabile in quanto in questo caso l’intera ombra della corda diventa parallela alle linee orarie solo se il suo estremo si sposta sulla linea oraria corrispondente all’istante di osservazione. In questo caso l’ombra coinciderà con la linea stessa. NOTA Le idee, le figure e la descrizione sono tratte dall’articolo : William S. Maddux, Mac Oglesby & Fer de Vries – “Shadow Plane Sundials” – The Compendium – Vol. 6 – n. 3 – Settembre 1999 The Compendium è la rivista pubblicata dalla North American Sundial Society La traduzione, le interpretazioni e le variazioni sul tema sono di Gianni Ferrari

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GNOMONICA ANALITICA IN 3D: L’OROLOGIO SOLARE ORIZZONTALE

Pier Giuseppe Lovotti, Fosdinovo (MS) Si assume per sistema di riferimento una terna cartesiana ortogonale destrorsa levogira; il piano del quadro è il piano orizzontale, coincidente con il piano xy con l’asse y diretto verso Nord e l’asse x diretto verso Est; l’asse z è diretto verticalmente verso l’alto. L’origine degli assi O di coordinate (0,0,0) , coincide con un estremo dello stilo polare, secondo quanto indicato nella Fig. 1. Lo stilo polare giace nel piano meridiano formando con il piano orizzontale un angolo LAT pari alla latitudine del luogo; è individuato dal segmento OG, il cui secondo estremo G è individuato dalle coordinate (0, Lg LATÎcot , Lg) , avendo assunto Lg quale lunghezza dello gnomone ortostilo. Fig.1 Definizione del sistema di coordinate e posizionamento dello stilo L’equazione del piano equatoriale che passa per l’estremo G si ottiene imponendo la perpendicolarità fra la direzione dello stilo e la generica retta passante per G e appartenente al piano equatoriale:

0 0

0Lg LAT

Lg

x

y

z

Lg LAT

Lg

Î

µ

Þ

þþþ

÷

°

¸¸̧

µ

Þ

þþþ

÷

°

¸¸̧ Î

µ

Þ

þþþ

÷

°

¸¸̧cot , cot

Si ottiene subito l’equazione del piano equatoriale che passa per G:

y LAT z Lg LATÎ Îcot cot1 02

La retta equinoziale si ha dall’intersezione del piano equatoriale con il piano orizzontale.

y LAT z Lg LAT

z

Î Îýݯ

cot cot1 0

0

2

Si ottiene l’equazione della retta equinoziale : y LgLAT LAT

ÎÎ1

sen cos

La retta equinoziale è parallela all’asse x .

O

G

Lg

y

SUD

NORD

x

z

LAT

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L’equazione della retta dello stilo polare, che passa per i 2 punti O e G, si ottiene tenendo conto che la sua direzione è individuata dai coseni direttori:

cos

cos cos

cos cos sen

0

90

LAT

LAT LAT

L’equazione parametrica è:

x

y LAT

z LAT

Î

Î

ý

Ý´

¯´

0

cos

sen

e, in termini generali , l’equazione è:

x

y LAT z LATÎ Î

ýݯ

0

0sen cos

L’equazione del piano meridiano è : x 0 L’intersezione del piano meridiano con il piano equatoriale è la retta che individua il mezzogiorno sul piano equatoriale:

x

y LAT z Lg LATÎ Î

ýݯ

0

1 02cot cot

o, in forma parametrica:

x

y LgLATLAT LAT

LATLAT

z

Î Î Î

ý

Ý´́

¯´´

0

12

sencos sen

sencos

La direzione della retta del mezzogiorno sul piano equatoriale è individuata da:

0

1

Þ

þþþ

÷

°

¸¸̧ �

µ

Þ

þþþ

÷

°

¸¸̧tan sen

cos

LAT LAT

LAT

Fig.2 Il piano equatoriale e l’angolo orario

x

C

B

A

O

NORD

y

z

SUD

L’angolo AOB è il complementare della Latitudine. AOB = 90- LAT

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Dalla Fig.2 si ricavano per ispezione diretta i coseni direttori della direzione della generica retta oraria OC sul piano equatoriale:

Î

Î

µ

Þ

þþþ

÷

°

¸¸̧

sen

cos sen

cos cos

ANGORAR

ANGORAR LAT

ANGORAR LAT

Imponendo la condizione di perpendicolarità fra la direzione della retta dello stilo polare e la retta oraria generica sul piano equatoriale , si determina la direzione del generico piano orario :

a

b

c

LAT

LAT

ANGORAR

ANGORAR LAT

ANGORAR LAT

µ

Þ

þþþ

÷

°

¸¸̧

µ

Þ

þþþ

÷

°

¸¸̧ � Î

Î

µ

Þ

þþþ

÷

°

¸¸̧

0

cos

sen

sen

cos sen

cos cos

e risolvendo:

a

b

c

ANGORAR

ANGORAR LAT

ANGORAR LAT

µ

Þ

þþþ

÷

°

¸¸̧ Î

Î

µ

Þ

þþþ

÷

°

¸¸̧

cos

sen sen

sen cos

Imponendo il passaggio per l’origine O, si ha infine l’equazione del piano orario generico facente l’angolo orario ANGORAR con il piano meridiano locale:

x ANGORAR y LAT ANGORAR z LAT ANGORARÎ Î Î Î Îcos sen sen cos sen 0 Le equazioni delle rette orarie si ottengono dall’intersezione del piano orario con il piano del quadro (piano orizzontale):

x ANGORAR y LAT ANGORAR z LAT ANGORAR

z

Î Î Î Î Îýݯ

cos sen sen cos sen 0

0

x ANGORAR y LAT ANGORAR

z

Î Î Îýݯ

cos sen sen 0

0

da cui, sul piano orizzontale: y xANGORAR LAT

ÎÎ

1tan sen

oppure, che è lo stesso: x y LAT ANGORARÎ Îsen tan equazioni delle rette orarie (ora vera solare). Le curve diurne si ricavano dall’intersezione del piano orizzontale (piano del quadro) con il cono che ha per asse la retta prolungamento dello gnomone polare, per vertice l’estremo G dello gnomone polare stesso, e per generatrici le rette che formano con l’asse un angolo pari al complemento della declinazione solare. In un sistema di assi cartesiani ortogonali x’ y’ z’ , l’equazione del cono con asse coincidente con l’asse z’, vertice nell’origine e con angolo di apertura uguale a 90°- δ è:

x y k z k' ' ' tan cot2 2 2 2 90Î Operando una traslazione che porta l’origine in G e quindi una rotazione dell’angolo LAT che porta l’asse del cono a coincidere con lo gnomone polare, e sostituendo, si ottiene l’equazione cercata del cono. Riferendosi alla Fig. 3 , la trasformazione è:

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x x

y y z LAT y LAT

z z z LAT y LAT

x x

y y LAT z LAT Lg LAT

z y LAT z LAT LgG

G

Î Î

Î Î

ý

Ý´

¯´

Î Î Î

Î Î

ý

Ý´

¯´

'

' cos ' sen

' sen ' cos

'

' sen ' cos cot

' cos ' sen

Fig. 3 Particolari per il cambiamento del sistema di riferimento e dopo alcuni passaggi:

x x

y y LAT z LAT

z y LAT z LATLgLAT

'

' sen cos

' cos sensen

Î Î

Î Î

ý

Ý

´´

¯

´´

Così, l’equazione del cono è:

x y LAT z LAT k y LAT z LAT Lg LAT2 2 2 2Î Î Î Î Îsen cos cos sen sen

e le curve diurne intersezione fra cono e quadro ( z = 0 ) :

x y LAT k LAT y k Lg LAT kLg

LAT2 2 2 2 2 2 2

2

22 0Î Î Î Î Î Î Îsen cos cotsen

E, infine, dividendo per k 2 ed esplicitando:

x y LAT LAT y Lg LATLg

LAT2 2 2 2 2 2

2

22 0Î Î Î Î Î Îtan cos sen tan cotsen

Per ciascun fissato x si ha una equazione di 2° grado in y

P

LAT

y’

z’

y O

G

z

zG

yG

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A y A y A0 1 2 02Î Î le cui soluzioni y1 e y2 , con y1 > y2, definiscono le ordinate dei punti delle iperboli diurne per declinazione solare negativa e positiva; cioè. P x y1 1�( , ) rappresenta il punto di iperbole relativo alla declinazione solare -δ P x y2 2�( , ) rappresenta il punto di iperbole relativo alla declinazione solare +δ . Riferimenti: Girolamo Fantoni, Orologi solari, Technimedia Roma 1988; Michiel Bertsch Istituzioni di matematica Bollati Boringhieri; Pier Giuseppe Lovotti, Gnomonica analitica in 3D: L’orologio verticale, Atti IX Seminario Gnomonica 1999.

UN OROLOGIO SOLARE…PER SEMPRE… Rosa Casanova Zandomenego, Belluno

Qualche anno fa, quando vidi il progetto del nuovo osservatorio astronomico di Cortina con la sua armoniosa struttura che si ergeva elegante a dominare la valle d’Ampezzo, subito pensai che la parete centrale avrebbe potuto ospitare una meridiana! Promisi di realizzarla appena la costruzione fosse terminata. Passo’ del tempo, e finalmente l’osservatorio fu ultimato. Bellissimo e tecnicamente avanzato nel suo funzionamento… Il suo scopo principale che è quello di scrutare il cielo stellato nelle ore notturne, lo induce ad animarsi e vivere intensamente solo quando lo avvolgono le ombre della notte…per addormentarsi all’alba quando impallidiscono gli astri, e finalmente le sue cupole, come grandi occhi di creatura notturna spalancati sull’universo, si chiudono per il sonno. Ma anche la meravigliosa stella che ogni mattina noi vediamo salire nel cielo per risvegliare il pianeta terra avrebbe meritato spazio ed attenzione in questo tempio destinato a riti notturni! Ecco, dunque, perché pensai alla meridiana! L’ombra del suo stilo sul quadrante avrebbe segnato per

sempre, giorno dopo giorno, l’apparente cammino del sole sul nostro cielo, indicandoci il passare delle ore, ma anche raccontandoci del moto perpetuo e incostante della terra attorno ad esso e di quella provvidenziale inclinazione del nostro pianeta sull’eclittica che determina il meraviglioso avvicendarsi delle stagioni! Un modo tangibile per sentire che anche noi, abitanti della terra, siamo un tutt'uno con quell’universo che tanto ci sgomenta quando osserviamo il cielo stellato. Un giorno di sole primaverile, percorrendo il sentiero fra arbusti di pino mugo e ramoscelli di splendida erica rosata, salii al Col Drusciè con lo scopo principale di determinare con esattezza l’orientamento della parete, ma anche per capire quali caratteristiche, non

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soltanto tecniche, avrebbe dovuto avere la futura meridiana. Un orologio solare è, infatti, qualcosa di più che uno strumento per segnare il tempo; io penso che sia un meraviglioso insieme di scienza, tecnica, arte e poesia. Una creazione che deve essere in perfetta armonia con l’edificio, con il luogo circostante, col cielo e con l’animo della persona che la realizza. Ecco perché, solo dopo la visita in quel luogo incantevole soleggiato e ventoso, la meridiana inizio’ a delinearsi nella mia mente. Scelsi la parete centrale perché la meridiana, volgendo ad oriente, avrebbe dominato Cortina e la sua splendida valle, ma soprattutto avrebbe colto i colori rosati dell’aurora e l’oro dei primi raggi vivificanti del sole. Decisi che il quadrante sarebbe stato di pietra bianca con la parte superiore ricurva, le lettere e le linee incise per resistere al tempo, al sole, alla neve e alle intemperie. Avrei colorato opportunamente i solchi delle iperboli e della lemniscata, per conferire loro uno specifico significato stagionale quando l’ombra dello stilo le avrebbe percorse o toccate. (azzurro come il ghiaccio profondo per l’inverno, verde come i germogli per la primavera, giallo come le spighe del grano maturo per l’estate e marrone come le foglie morte per l’autunno). Avrebbe segnato il tempo solare del Col Drusciè che ovviamente non coincide con quello del nostro orologio regolato sul fuso orario del meridiano Etneo. Il motto, che e rivela spesso la personalità e l’animo di colui che la realizza, era nei miei pensieri da tanto tempo. Avrei inciso queste parole: “Io ti segno le ore, tu riempile d’amore”. Ormai la meridiana aveva preso forma nella mia mente e non mi rimava che passare alla sua realizzazione. Iniziai con il progetto dell’insieme, seguito dai calcoli meticolosi, la preparazione dello stilo, il taglio della pietra eseguito dal marmista. Poi vennero i giorni passati nella bottega dello scultore a disegnare sulla pietra, con infinita pazienza e precisione, le linee e le lettere che egli incise interamente a mano con grande perizia. Impiegai un’intera mattinata a colorare le incisioni… infine, con grande trepidazione, mi accinsi a posizionare lo stilo. Operazione estremamente difficile che doveva essere fatta con assoluta precisione! Alla fine, dopo tutti i controlli possibili, lo fissai definitivamente. Ecco, era finalmente finita! Era come l’avevo pensata! Si stava avvicinandoli giorno dell’inaugurazione dell’Osservatorio e doveva essere portata lassù e fissata alla parete…trepidavo un po’…per fortuna quel giorno mi furono accanto per d'indispensabile aiuto i figli, il marito e tre impareggiabili soci dell’Associazione Astronomica di Cortina che, con forza e capacità, fissarono alla parete la meridiana coi suoi settanta chili di peso. Il febbrile lavoro di tutte queste persone per posizionarla esattamente, destreggiandosi fra scale, trapani, livelle, viti e bulloni, non m’impedì di vivere intensamente quell’attimo magico e bellissimo in cui per la prima volta si vede l’ombra dello stilo muoversi lentamente per iniziare il suo perenne cammino. Ora la meridiana è lassù a dominare la valle di Cortina, in un luogo suggestivo e incantato tra i larici, i mughi , l’erica e il profumo della resina, contornata dai monti più belli del mondo. Eterna come la roccia su cui è incisa e come l’astro che le dà la vita, di notte sarà spettatrice del muoversi delle stelle, di giorno segnerà il volgere del sole e il cammino del tempo…

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SULLA SUCCESSIONE CRONOLOGICA DEGLI OROLOGI SOLARI D’ALTEZZA RETTILINEI.

Nicola Severino, Roccasecca

Una delle tante pagine incomplete della storia della gnomonica è certamente quella relativa alla successione cronologica degli orologi solari portatili d’altezza detti “rettilinei”. Tale appellativo deriva dal fatto che le linee orarie sono rappresentate sul quadro dell’orologio da linee rette verticali tutte parallele fra loro. Questi strumenti poi sono “d’altezza” in quanto, per fornire l’ora, in luogo dell’angolo orario del Sole, sfruttano la sua altezza sull’orizzonte.

E’ noto che gli orologi solari d’altezza erano comunemente in uso nell’antichità e ciò è provato anche da alcuni stupendi esemplari che si conservano nei moderni musei. Si può qui ricordare il famoso “prosciutto di Portici”, rinvenuto ad Ercolano verso la fine del XVIII secolo e risalente ai primi anni dell’era Cristiana, come pure l’orologio fatto in una scatola rotonda in modo di anello, descritto da Padre Angelo Secchi e fatto risalire al II-III secolo d.C. Tuttavia, pare che non sia stato rinvenuto, fino ad oggi, nessun esemplare di orologio solare portatile d’altezza appartenente alla categoria dei “rettilinei”. E ciò farebbe supporre, senza alcun dubbio, che nell’antichità tali orologi “rettilinei” non siano esistiti.

Ad ogni modo, la questione che andiamo trattando ha come perno centrale la discussione sulla successione cronologica di tre orologi d’altezza rettilinei che hanno fatto epoca, soprattutto intorno al XV-XVI e XVII secolo. Questi sono:

1) Orologio solare d’altezza rettilineo denominato “Cappuccino”. 2) Orologio solare d’altezza rettilineo denominato “Regiomontanus”. 3) Orologio solare d’altezza rettilineo denominato “Navicula de Venetiis”. FIG. 1

Il primo (fig. 1) è un orologio d’altezza detto anche “particolare” o “locale” in quanto serve per una sola latitudine. Il suo nome deriva, molto probabilmente, dal fatto che la forma del quadro in cui si sviluppa il tracciato orario, è molto simile al cappuccio dei monaci. L’immagine è tratta da Encyclopaedia Britannica, fourteenth edition, Vol. 7, p. 313. Il secondo (fig. 2) è un orologio “cappuccino” modificato opportunamente per essere reso utile a diverse latitudini. Si tratta perciò di un orologio d’altezza “universale” e non più locale. In genere, la scoperta di questo orologio, o la modifica del primo in uno strumento “universale”, è attribuita al famoso Giovanni Muller detto “Regiomontano”, da cui il nome dell’orologio. L’immagine è tratta dall’incunabulo “Kalendarium Magistri” di Regiomontano, del 1476, copia conservata nella Biblioteca di Montecassino (FR). Il terzo (fig. 3) è un altro orologio d’altezza universale modificato solo nella forma la quale rassomiglia ad una nave, e fu chiamata “Navicula de Veneetis” probabilmente perchè i primi esemplari forse furono costruiti nel Delfinato, o forse perchè lì ebbe il suo maggiore successo. Immagine tratta dal libro di Oronzio Fineo “Degli orologi et quadranti a sole”, libro secondo, nell’edizione di Cosimo Bartoli in Venetia, 1670.

I principali quesiti che si pongono gli studiosi relativamente alla storia di questi orologi sono:

- dove, come e quando si sono sviluppati in generale gli orologi portatili d’altezza rettilinei;

- qual è la successione cronologica con cui si sono sviluppati e se tale successione si è avuta per caso e per vie indipendenti da vari autori, o fu dettata, come sembrerebbe più logico, da un progressivo miglioramento degli studi relativi alla

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teoria matematica di questi strumenti.

Prima di esaminare la questione bisogna premettere che pochi sono gli autori che hanno approfondito questo aspetto storico della gnomonica e, fra questi, l’Amm. Girolamo Fantoni è l’unico italiano che, da ultimo, se ne è occupato trattandone approfonditamente nel suo volume “Orologi Solari”41.

Cominciamo ad analizzare il primo punto, cioè dove e quando sono nati questi strumenti. Alcuni autori ritengono che i “rettilinei” fossero già conosciuti nell’antichità, e che precisamente essi dovevano essere in uso presso la civiltà ellenica. Probabilmente tale convinzione è scaturita dal fatto che la costruzione di questi orologi è basata sull’analemma tolemaico (il famoso Menaeus di Vitruvio) e sulle proiezioni planisferiche di Ipparco. Sebbene nulla di più si può osservare a questa ipotesi, oltre che in quei tempi la pur “ammirevole cultura dei Greci non poteva essere ancora matura per raggiungere questo livello di risultati” - come scrive Fantoni -, bisogna purtroppo tener conto, come detto, che:

nessun documento e soprattutto nessun esemplare di orologio solare rettilineo ci è giunto dall’antichità, nonostante fossero comuni gli strumenti d’altezza portatili;

anche se non si conoscono bene tutti gli orologi solari citati da Vitruvio nella sua Architettura, è quasi certo che nel suo elenco non compaiono orologi solari d’altezza assimilabili ai “rettilinei”.

inoltre, in Grecia, e nell’antichità in genere, si usavano le ore Temporarie, mentre questi orologi indicano solo le ore eguali astronomiche.

FIG.3 La mancanza, quindi, di qualsiasi indizio storico dell’antichità relativo a questi strumenti (ritrovamenti archeologici, citazioni presso i maggiori compilatori, ecc.), insieme alla consapevolezza del livello di conoscenze gnomoniche dei Greci, ritenute pur sempre insufficienti per lo sviluppo della teoria dei “rettilinei”, e non da ultimo il fatto che essi si basano sull’uso delle ore astronomiche e non temporarie, sembrano elementi sufficienti per escludere le ipotesi che attribuiscono l’origine degli orologi solari “rettilinei” ai Greci. L’esclusione però, a mio parere, dovrebbe comprende anche tutto il periodo in cui furono usate, per l’uso civile, esclusivamente le ore temporarie. Periodo che comprende i primi secoli dell’Era Cristiana, l’Alto Medioevo, fino ai primi astronomi arabi che introdussero l’uso delle ore equinoziali - ore eguali - (prima usate solo, e di tanto in tanto, nelle osservazioni astronomiche) nell’uso civile forse a cominciare dal X-XI secolo.

Altre ipotesi, invece, sono prive di qualsiasi fondamento, anche perchè non sono basate su alcun documento che possa in qualche modo testimoniarne la fondatezza. E’ il caso di Fuller secondo cui la “Navicella veneziana” sarebbe la più antica di tutti essendo nata in Grecia, successivamente ripresa dagli Arabi e, attraverso questi, trasmessa all’Occidente Cristiano, ove finalmente fiorì nel periodo rinascimentale. Lo storico J. Derek de Solla Price, ipotizza che la Navicella derivi il suo aggettivo “Veneziana” dal fatto che sarebbe stata divulgata in Europa dai naviganti arabi che mercanteggiavano nel bacino mediterraneo orientale, senza però escludere che la Navicella dall’Islam sia potuta arrivare a Venezia, o comunque in Europa, attraverso la Spagna mozarabica.

Come si può facilmente immaginare, si possono trovare tracce di gnomonica nei libri sull’astronomia che gli arabi scrissero a cominciare dal IX secolo, come per esempio i lavori di Al-Battani, Arzachele, Costa Ebn Luca, e via dicendo. Purtroppo, pochissimi sono i codici arabi esaminati dagli studiosi, e moltissimi sono quelli praticamente ancora sconosciuti alla massa degli appassionati di Astronomia. E bisogna rilevare che nella maggior parte dei casi, i capitoli di Gnomonica non vengono nemmeno presi in considerazione dai traduttori, impegnati a decifrare solo ciò che riguarda le teorie astronomiche. Di conseguenza, possiamo asserire che fino ad oggi, sono stati esaminati, forse, solo due o tre codici arabi relativi alla gnomonica, o di astronomia con capitoli sugli orologi solari. Fra questi, i più importanti, sono certamente quelli tradotti da J. J. Sédillot, nel secolo scorso, che riprendeva un’opera di Aboul Alì Hhassan Al- Marrakushi del XIII secolo (manoscritto n° 1147 e 1148 della Biblioteca Nazionale di Parigi) e una traduzione moderna dell’opera sull’astronomia di Tabhit Ibn Qurra, dello stesso periodo, a cura delle “Belle Lettres” francese, che contiene un libro intero sulla gnomonica.

In seguito alle mie ricerche bibliografiche, è emerso che i codici manoscritti arabi sugli orologi solari sono molto più numerosi di quanto finora ipotizzato ed è presumibile che essi siano più di un centinaio, mentre se si considerano i libri e capitoli dedicati alla 41 Fantoni Girolamo, Orologi Solari, trattato completo di Gnomonica, Ed. Technimedia, Roma, 1988

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gnomonica che spesso si trovano nelle opere arabe sull’astronomia, allora il numero totale di scritti sale di molto. In base a queste considerazioni possiamo dire con tutta franchezza che conosciamo molto poco la gnomonica araba, ma quel tanto che ci è dato sapere è sufficiente a darci un’idea dei risultati raggiunti nella gnomonica da quel popolo, eredi della scienza alessandrina e cultori ineguagliabili delle matematiche e delle scienze naturali. Solo per curiosità del lettore, basti dire che Tabhit Ibn Qurra, nel 1200, progettava orologi solari con metodi trigonometrici che furono noti in Europa solo nel XVIII secolo!

Orologio rettilineo universale: A. Kircher, 1646

Dall’analisi di soli due manoscritti è emerso, quindi, che sono moltissimi gli orologi solari arabi che ancora non conosciamo. E di questi strumenti sconosciuti42, la maggior parte appartengono alla categoria dei “portatili”. Il livello di conoscenze gnomoniche degli arabi, comunque, era sufficientemente maturo per produrre orologi d’altezza “rettilinei”, e tuttavia non possiamo essere sicuri che essi realmente li costruirono per la semplice mancanza di prove (esemplari non pervenutici) e di documenti scritti (manoscritti arabi che ne parlino).

Qualche “colpo di scena” si ebbe quando De Solla Price sembrava aver identificato l’origine della Navicella Veneziana in uno strumento astrolabico descritto da L.AM. Sédillot (Les instruments astronomiques des Arabes) nel secolo scorso. In effetti, questo strano strumento, chiamato “Zaourakhi”, ha davvero una straordinaria somiglianza con la “nave veneziana”, avendo la forma di uno “scafo” e con in mezzo l’”albero”, ma purtroppo non è altro che una delle tante varianti di “reti di astrolabio” inventate dagli Arabi43 Non desterebbe meraviglia, in ogni caso, se un giorno si scoprisse qualche manoscritto arabo che descriva questi orologi, ma per ora dobbiamo accontentarci di ipotizzare che i “rettilinei” siano nati in Europa, in un periodo

sconosciuto che, probabilmente, va dal XII al XIV secolo. Non è dato nemmeno sapere se essi siano il frutto del lavoro di qualche astronomo di quel tempo o il risultato di più studi eseguiti da vari esperti. Stando ai documenti, si dovrebbe pensare che la “Navicella veneziana” sia stata inventata in Inghilterra in quanto è lì che si conservano alcuni codici, i più antichi, che parlano di questo strumento.

Una delle ultime pubblicazioni sull’argomento, a firma di Margarita Archinard44, risale al 1991. Anche se nulla di nuovo e definitivo emerge dalle sue ricerche, mi sembra di qualche interesse riportare il suo pensiero che però, come vedremo, si allinea con le ipotesi che vedono la navicella conseguente al regiomontano.

Riassumo di seguito i punti salienti del lavoro di Archinard:

“Gli esemplari di orologi solari “cappuccini” sono rari e i testi antichi sono insufficienti per ricostruire la loro storia. Tuttavia, lo studio attento della sua struttura geometrica permette di pensare che esso sia antecedente al quadrante rettilineo universale. E’ allora normale considerare il quadrante rettilineo universale come una generalizzazione, valido per diverse latitudini, del quadrante “particolare”. Due modelli di quadranti universali attestano una evoluzione in questo senso. Uno fu descritto da Regiomontano nel suo “Kalendarium” pubblicato verso il 1474, e l’altro da Ozanam che lo attribuisce a un certo Père de Saint Rigaud, nelle sue “Recreations mathematique et physique” edito per la prima volta nel 1694. Il quadrante rettilineo universale di Regiomontano è perfetto e fu riprodotto di sovente per lunghi tempi in differenti paesi d’Europa. Invece, quello di Père de S. Rigaud non ebbe nessuna ripercussione e cadde nell’oblìo. Se non l’avesse descritto Ozanam, forse sarebbe rimasto addirittura sconosciuto. Ma questo orologio non è valido che per due soli giorni all’anno corrispondenti al solstizio d’estate e d’inverno. Perciò, il quadrante di Regiomontano è stato e resta tutt’ora il solo vero quadrante rettilineo universale. 42 Qui per “sconosciuti” s’intende strumenti che furono esaminati, o descritti da qualche autore del passato, magari in libri oggi introvabili, e che sono di fatto sconosciuti alla maggior parte degli studiosi ed appassionati. 43 Nicola Severino, Il Libro degli Astrolabi, Roccasecca, 1994 44 M. Archinard, Les cadrans solaires rectilignes, Nuncius, anno VI, fasc. 2, Leo S. Olschki Ed., Firenze, 1991, pp. 150-181

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Nondimeno, qualche mistero sulla sua origine resta perchè nel medioevo esisteva già uno straordinario piccolo quadrante solare in forma di nave, detto Navicula de Venetiis, che ha però tutta l’aria di essere un’applicazione un po' curiosa e fantastica del quadrante di Regiomontano. Questo apparente anacronismo è molto fuorviante e mette in discussione l’attribuzione del quadrante solare rettilineo universale a Regiomontano. Sèdillot complica ancora di più la situazione, rilevando in un manoscritto arabo dell’inizio del XIII secolo, qualche riferimento alla “shafiah” che sembra essere un antecedente arabo della “navicula”.

Seguendo un criterio cronologico basato sulle fonti storiche, si dovrebbe asserire che il quadrante di Regiomontano derivi direttamente dalla “Navicula”, la quale fu creata a partire da un “Shafiah” islamico un po' speciale. Ma sembrerebbe più logico dire, visto che i nomi dei loro inventori non sono ancora noti, che il quadrante rettilineo particolare fu il primo ad essere realizzato, seguito dal quadrante rettilineo universale che, per conseguenza e forse per influenza dell’Islam, ispirò la “Navicula de Venetiis”. Se così fosse, Regiomontano ebbe allora solo il merito di descrivere e divulgare, più tardi e in un libro, un orologio solare creato ed utilizzato molto tempo prima.

Orologio Rettilineo di Magdleine

Allo stato attuale delle nostre conoscenze, e nel frattempo che altri documenti siano ritrovati e studiati, dobbiamo restare nel dominio delle congetture in ciò che concerne certi punti della storia degli orologi solari rettilinei. La dimostrazione geometrica della costruzione del quadrante rettilineo universale è immediata a partire dal quadrante rettilineo particolare e, di conseguenza, non ci sarebbero dubbi sulla successione cronologica di questi strumenti se non fosse stata testimoniata l’esistenza della “Navicula” prima della pubblicazione del “Kalendarium Magistri” di Regiomontano. Inoltre, ciò solleva seri dubbi anche sull’attribuzione del “rettilineo universale” a Regiomontano. E’ vero che dei quattro esemplari di “navicula” conservati oggi nei musei di Oxford, Cambridge, Firenze e Milano, tre sono senza data e quello di Milano, firmato da O. Fineo, è datato 1524. Tuttavia, l’antichità della “Navicula” e la sua anteriorità in rapporto al quadrante universale di Regiomontano, sembra essere attestata senza equivoci da un manoscritto che appartiene alla Biblioteca Bodlejana di Oxford (Ms. Bodly 68) e che, secondo R.T. Gunther, è stato posseduto dal prete John Enderby di Louth, già dalla fine del XIV secolo. I disegni di questo manoscritto mostrano la “navicula” tal quale come la riprodusse O. Fineo quasi due secoli dopo. Che la “navicula” sia o no di origine araba, essa continuerà tutt’oggi a far credere a un’applicazione, nient’affatto fedele ma alquanto affascinante, del quadrante rettilineo universale detto Regiomontano”. Archinard conclude che la “Navicula” è quindi solo un’applicazione errata, ma artisticamente fantastica, del quadrante di Regiomontano e ritiene, infine, che potrebbe essere un “Regiomontano” adottato in forma di nave “che se da una parte è una scelta molto bella artisticamente, dall’altra comporta una piccola imprecisione nella posizione e la lunghezza del filo”. Ma qui c’è una contraddizione evidente in cui incappano tutti gli autori che vogliono una derivazione forzata della navicella dal Regiomontano. Infatti, se è attestato che in codici del XIV secolo vi si trova la navicella veneziana non abbozzata, ma già uguale a come descritta poi da O. Fineo, come è possibile che essa possa derivare dal “Regiomontanus”, descritto (stando ai documenti) un secolo dopo? L’unica risposta a questa domanda sarebbe che l’orologio di Regiomontano, in qualche forma primitiva, sia esistito già nel XIII secolo; che qualcuno abbia pensato nel XIV secolo di ottenere lo stesso strumento in forma di “nave”, pur sorvolando su qualche imprecisione progettuale e che, infine, Regiomontano sia stato, l’esecutore delle modifiche apportate alla “Navicula” che diventava l’orologio che porta ora il suo nome. Se si considerano attendibili queste ipotesi, la storia degli orologi solari rettilinei e la loro successione cronologica è fatta. E’ normale supporre che egli sia riuscito ad eliminare gli inconvenienti insiti nella costruzione della “Navicula”e questo spiegherebbe anche l’altro controsenso che vede la navicella come strumento difettoso, postumo del Regiomontano: come è possibile creare un orologio difettoso come la navicella da uno perfetto come il “Regiomontanus”? Lo stesso De Solla Price, in un articolo per un’enciclopedia, scrive: “Un tipo di quadrante simile (alla navicula) fu ideato da Regiomontano ed è conosciuto come il suo quadrante universale rettilineo; “l’albero” è qui sostituito da un indice articolato che porta il filo a piombo...”. Quindi, Regiomontano potrebbe aver modificato la vecchia navicella sostituendo l’albero con l’indice articolato, eliminando il difetto del vecchio strumento legato al cerchio delle latitudini e trasformando la “nave” - di cui resta però una vaga forma nella scorniciatura delle linee orarie anche in esemplari postumi - nella forma ( che è un rettangolo) del suo Universale. Si noti che la forma del rettangolo - poco artistica ma molto funzionale - sul cui lato superiore è imperneato l’indice articolato, deve essere tale proprio per avere lo spazio necessario sul quale disegnare il “trigono” per la scala delle latitudini. Per quanto concerne invece l’orologio rettilineo “particolare”, si potrebbe pensare che sia stato inventato in Europa intorno all’anno Mille, poco divulgato e, anzi, subito sostituito con il quadrante rettilineo universale, forse in qualche sua forma primitiva a noi

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sconosciuta. Ma sulla storia di questo strumento i misteri sono fittissimi: quando Ozanam ne diede una descrizione, scrisse che il “cappuccino” deriva da un certo quadrante rettilineo universale del Gesuita Padre de Saint Rigaud divulgato in un libro intitolato “Analemma Novum”. Per Ozanam quindi il “cappuccino” sarebbe posteriore al XVI secolo, ma possiamo screditare questa affermazione in quanto oggi si conserva un esemplare di “cappuccino” firmato da Oronzio Fineo e datato 1524. Quindi bisogna concludere che il rettilineo “particolare”, fu trasformato artisticamente in “cappuccino” già all’inizio del XVI secolo e forse non fu più ripreso in seguito in quanto era considerato solo una curiosità gnomonica, insufficiente però a giustificarne la continua riproduzione artigianale in esemplari commerciali. Solo così si potrebbe spiegare il mistero del “vuoto” lasciato dal “cappuccino” nella gnomonica rinascimentale. In effetti, pare che esso non compaia in nessuna opera sulla gnomonica del XIV, XV e XVI secolo e nemmeno nel libro di O. Fineo, che descrive il “regiomontano” chiamandolo orologio rettilineo universale e non riporta il “cappuccino” di cui però, stranamente, ci resta un esemplare firmato da egli stesso ed anteriore alla pubblicazione del suo libro! Possibile che personaggi tanto attenti all’arte sciografica come lo stesso Regiomontano, Purbach, Muller, Fineo, Benedetti, Schonero, Maurolico, Barbaro, Commandino, Vimercato, Clavio (che dà una bella immagine e descrizione del “Regiomontanus” senza tuttavia mai citare il suo autore), Pini, Galluccio, solo per citarne qualcuno, non abbiano mai scritto di un così curioso orologio come il “cappuccino”, nonostante sia stato, in qualche periodo, prodotto artigianalmente in diversi paesi d’Europa? Ipotesi di successione 1. all’inizio doveva esserci l’orologio rettilineo “particolare” non conosciuto come “cappuccino” e quindi senza nessun particolare riferimento artistico alla forma del tracciato orario; 2. esso però fu subito sostituito con l’orologio rettilineo universale in modelli che non ci è dato conoscere, perchè non ci sono pervenuti; 3. questi furono successivamente (XIV secolo) trasformati in forma di “nave” - attraverso una evoluzione artistica che non conosciamo -, dando luogo alla “Navicula de Venetiis”; 4. questa però presentava delle imperfezioni di costruzione che furono eliminate da Regiomontano il quale la modificò nel suo orologio Rettilineo Universale “Regiomontanus”. 5. Infine, verso l’inizio del XVI secolo, qualcuno pensò di riesumare il vecchio orologio rettilineo particolare, forse ispirato dalla curiosa forma del tracciato orario, e di trasformarlo nel caratteristico “saio” o “cappuccio”, come quello dei monaci. Da ciò tale strumento ricevette il nome di “cappuccino”, ma non ebbe lo stesso fortuna, considerato che era valido per una sola latitudine. 1° Orologio solare d’altezza rettilineo “particolare” (esemplari primitivi) sec. XI-XII 2° Orologio solare d’altezza rettilineo “universale” (esemplari primitivi) sec. XII-XIII 3° Trasformazione dell’orologio universale in “Navicula de Veneetis” sec. XIII-XIV 4° Trasformazione della “Navicula” nell’”Universale di Regiomontano” sec. XIV 5° Adozione del rettilineo “particolare” e trasformazione artistica in “cappuccino ”. sec. XVI-XVII E’ da notare che il 2° e 3° punto potrebbero rappresentare anche un solo evento storico, ipotizzando per esempio, che subito dopo il rettilineo “particolare” si sia avuto la “navicula”. Restano alcuni interrogativi secondari. Per esempio:

come mai dal disegno dell’orologio rettilineo pubblicato nel Kalendarium di Regiomontano, non si riesce a trovare alcuna particolarità artistica che possa ricondurre alla “Navicella”. E’ ovvio che si tratta di un esemplare primitivo, successivamente ridisegnato meglio artisticamente. Ma si può anche pensare che Regiomontano avesse realizzato il suo “Universale” indipendentemente dalla “Navicula”, o senza badare a mantenere la sua forma.

Non si conoscono i particolari degli eventuali orologi rettilinei universali esistiti prima della navicella e, oltretutto, ciò mette in dubbio l’attribuzione dei rettilinei universali a Regiomontano. D’altra parte, seguire altre congetture, come si è visto, lascia adito non soltanto a molti altri dubbi, ma fa cadere irrimediabilmente in contraddizioni cronologiche, come quella relativa all’ipotesi che vede la navicella come strumento derivato dal regiomontano senza tener conto dei codici sulla navicula precedenti al Kalendarium di Regiomontano.

Il fatto che il termine “cappuccino” si ritrovi solo a partire dall’opera di Ozanam, che può essere in parte spiegato ipotizzando che sia stato lo stesso Padre de S. Rigaud ad usare tale termine nel suo libro “Analemma Novum”. Conclusione Teoricamente, e seguendo una logica derivata dall’analisi tecnica di questi strumenti, la successione cronologica sarebbe: 1° Orologio rettilineo “particolare; 2° Orologio rettilineo “universale” o di Regiomontano; 3° Navicella veneziana, ma solo come una variante del Regiomontano. A mio avviso, questa successione non tiene conto dell’anteriorità della Navicella sul Regiomontano, attestata dai codici del XIV secolo e, per ovviare a tale inconveniente, alcuni autori arretrano la nascita del rettilineo universale al XII-XIII secolo, spodestando - peraltro senza alcuna prova - l’attribuzione di questo orologio a Regiomontano, tanto ben attestata

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dalla sua pubblicazione. Inoltre questa ipotesi non spiega il “silenzio” degli gnomonisti del ‘400-’500 sul “cappuccino”, e perchè gli gnomonisti avrebbero dovuto commettere un errore tanto grossolano facendo scaturire da un orologio perfetto come il Regiomontano, uno strumento impreciso e difettoso come la Navicella veneziana. Tutte queste contraddizioni possono essere eliminate se si ipotizza la successione in questo modo: 1° Orologio rettilineo “Particolare”; 2° tentativo di “universalizzare” il rettilineo “particolare” attraverso lo strumento “matematico” detto “Navicula de Veneetis”; 3° Regiomontano ovvia agli inconvenienti di quest’ultimo, inventando il suo “strumento universale” che sarà detto appunto di “Regiomontano”. In questo modo, resterebbe solo da spiegarsi come mai, teoricamente, il rettilineo “universale” può essere geometricamente dimostrato a partire direttamente dal rettilineo “particolare”, mentre nella successione proposta c’è di mezzo anche la Navicula. Il fatto che lo stesso Regiomontano, e in seguito, O. Fineo e C.Clavio si siano limitati a dare una descrizione dello strumento universale senza darne la dimostrazione matematica (operazione alla quale soprattutto Clavio teneva particolarmente) potrebbe far pensare che l’evoluzione di tali strumenti si sia basata, soprattutto all’inizio, sull’esperienza pratica e non sulla ricerca del perfetto meccanismo matematico. D’altra parte nella gnomonica si conoscono moltissimi esempi di strumenti realizzati per osservazione pratica e di cui si è successivamente dimostrata la validità geometrica e matematica. Basti pensare all’orologio a rifrazione di Oddi Muzio, ai numerosi strumenti ed orologi inventati da Kircher sulla base dell’esperienza pratica, allo stesso orologio rettilineo universale, dimostrato matematicamente solo a partire da Ozanam. Infine, non vorrei dimenticare una notizia riportata nel bel volume “L’ombra e il tempo” di G. Pavanello, A. Trinchero e L. Moglia (ed. Vanel, Torino 1988) secondo cui l’orologio cappuccino “più verosimilmente si può attribuire alla firma che compare su numerosi esemplari antichi: ‘F. Amatius Bellu. Capucinus Fecit’, cioè costruito dal Padre Cappuccino Amatius Bellunensis”. Una notizia del genere potrebbe risolvere almeno l’enigma delle origini del “cappuccino” - non dell’orologio rettilineo particolare -, cioè proverebbe che il rettilineo locale, sebbene esistesse da molti secoli prima, fu trasformato artisticamente nella forma del “cappuccino” solo a partire dal XVI secolo e probabilmente a partire dal 1525, anno in cui Clemente VII riconobbe ufficialmente l’ordine dei frati Cappuccini. Il che è quando si è ipotizzato da parte nostra in questa lunga digressione. Sfortunatamente, gli autori di questo libro - forse senza dare gran peso a questo particolare - non riportano la loro fonte e non dicono altro su questo argomento. Bisognerebbe almeno sapere quando è vissuto questo frate Amatius Bellunensis e quali sono questi “numerosi” esemplari di “cappuccino”. Sulla base di quanto detto, mi pare che la successione qui proposta sia, in definitiva, quella che offre meno spazio ad interrogativi senza risposte o a curiose e fuorvianti contraddizioni. Ciò che di certo resta è la bellezza della ricerca storica che, soprattutto in questo caso, è particolarmente affascinante dimostrando ancora una volta che il tempo non è solo un vago contorno della vita dell’uomo, ma la dimensione attraverso la quale egli ritrova il suo passato ed il suo presente.

Bibliografia:

Archinard M., A Note on Horizontal Sundials, in “Bulletin of the Scientific Instrument Society”, n. 14, 1987, p. 6 Archinard M., Les cadrans solaires rectilignes, “Nuncius”, anno VI, fasc. 2, 1991, Firenze, Olshki Ed. Bion N., Traitè de la construction et des principaux usages des instrumens de mathematique, prima ed. Paris, 1709, seguono

varie edizioni. Brusa, G., Le Navicelle orarie di Venezia, “Annali dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze”, 5, 1980, fasc. 1, pp.51-

59. Fantoni Girolamo, Orologi Solari. Trattato completo di Gnomonica., Ed. Technimedia, Roma, 1988 Fuller, A.W., Universal rectilinear dials, “The Mathematical Gazette”, febbraio, 1957, vol. 41. Gunther R.T., Early science in Oxford, Vol. 2, London 1923 Ozanam J., Récréation mathématiques et physique, prima edizione Paris, 1694, seguono varie edizioni. Regiomontanus (J. Muller de Konigsberg), Kalendarium Magistri, incunabolo, 1474. Severino N., Storia della Gnomonica, Roccasecca, 1994 Solla Price D.J de, The little ship of Venice, a Middle English instrument tract, “Journal of the History of Medicine and Allied

Sciences”, vol. 15, 1960 Stebbins F., A medieval portable sun-dials, “The Journal of the Royal Astronomical Society of Canada”, vol. 55, n° 2, Aprile 1961 Taylor E.G.R., The mathematical practioners of Tudor and Stuart England, Cambridge, 1954 Zinner E., Deutsche und niederlandische astronomische Instrumente des 11.-18. Jahrhunderts, Munchen 1956.

Codici sulla “Navicula de Veneetis”: Biblioteca Bodlejana Oxford, classe VI-VII-VIII “Codices variorum artium et dialectorum:

Anonimy: De constructione Instrumenti Astronomici, vocati Navicula de Veneetis; Wittel: De forma naviculi (instrumenti mathematici sic dicti) cum practica ejusdem A.D. 1485

I due codici suddetti sono riportati dall’opera “Historia Matheseos Universae” di C. Heilbronner del 1742.

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In un libro degli incipit a cura di E. Zinner, si ha: “In hoc instrumento duo figure zodiaci...” Materia de novo instrumento quod vocatur Navicula. Bodlejan Lib. D.248, 15c, ff. 2-5 ARUNDEL Mss Scolio: Il manoscritto di Wittel, datato A.D.1485 potrebbe essere decisivo nella risoluzione del problema della successione cronologica degli orologi “rettilinei”, essendo posteriore al Kalendarium di Regiomontano, solo però se non fosse dimostrata, o se sussistessero dei dubbi sull’anteriorità del manoscritto segnalato da Gunther e che viene fatto risalire alla fine del XIV secolo. In tal caso sarebbero opportune delle verifiche in questo senso.

Hans Holbein e la Gnomonica Alessandro Gunella, Biella

Nel N° 5/1998 di Astronomia Sergio D'Amico ha pubblicato un articolo riguardante le due celebri opere di Holbein, il Ritratto di Niklaus Kratzer e Gli Ambasciatori, ricordate in tutti i libri di Gnomonica, forse perché sono fra le poche opere di pittura ad avere, quasi a coprotagonisti, degli orologi solari. La Tavola degli Ambasciatori è ricordata anche nei trattati di prospettiva, per via del teschio in anamorfosi. Ho letto con molto piacere le divagazioni nel campo dell'arte, forse perché la mia prima passione è la pittura (la prima, perché ho cominciato ad interessarmi di pittura a 13 anni, mentre la gnomonica è arrivata molto dopo, dopo i quaranta).

Assorto nel trattare d'arte e di letteratura, però, l'autore dell'articolo si è dimenticato della Gnomonica. Vediamo di colmare la lacuna, nei limiti del possibile, perché bisognerebbe disporre di fotografie migliori che non le riproduzioni sui libri. Niklaus Kratzer ha in mano uno strumento gnomonico multiplo a doppia piramide tronca, non finito, si direbbe. Esso appare anche nel quadro degli Ambasciatori, questa volta con gli gnomoni. Gli strumenti multipli erano apprezzati nel 500 perché erano autoorientabili: bastava che due quadranti, dei 7 tracciati sulle facce, segnassero la stessa ora perché lo strumento fosse orientato correttamente. Nel caso, meriterebbe fare un'analisi degli angoli reciproci fra le facce delle due piramidi tronche: molto probabilmente l'angolo al vertice delle piramidi ha qualcosa che stride, e si combina poco con l'inclinazione necessaria alla Latitudine di Londra. Per la verità, di tutti gli strumenti disegnati nei due

quadri, questo convince poco. Il quadrante disegnato su una faccia nel ritratto di Kratzer non corrisponde con la forma che dovrebbe avere se i suoi gnomoni fossero quelli disegnati nel quadro degli Ambasciatori. E ammettendo che il decaedro di Kratzer non sia lo stesso di quello degli Ambasciatori, la direzione degli gnomoni in quest'ultimo quadro, ancorché reciprocamente corretta (sono tutti paralleli) è incoerente con la latitudine di circa 50°. Interessanti le due rappresentazioni, molto dettagliate, degli orologi del pastore, uno per quadro; si nota pure che sono due orologi diversi, perché diverso è l'anello alla sommità. Lo strumento sulla spalla dell'uomo a destra è abbastanza poco conosciuto: in realtà è un antenato del moderno teodolite, e permetteva di individuare contemporaneamente sia le coordinate altazimutali che quelle celesti di una stella: il suo nome era Triquetrum; esso è descritto dal Danti nella sua opera sull'astrolabio del 1578: lo chiama Torquetto. Ovviamente il Danti non è il primo a trattarlo: egli ricorda che lo strumento era noto e descritto già all'epoca del Regiomontanus, quindi intorno al 1460. Nello stesso quadro appare ancora un quadrante d'altezza, di tipo non chiaramente individuabile (all'epoca se ne usavano di due tipi, uno per le ore ineguali, ed uno per le ore eguali), perché seminascosto dietro lo strumento che mi sono tenuto per ultimo,

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in quanto il più "diverso". Una certa attenzione va posta per il globo: alcune caratteristiche, come la presenza del cerchio graduato intorno al polo (cerchio che serviva per indicare le ore eguali) e la presenza di un semiarco metallico che parte dall'incrocio dell'orizzonte con il meridiano locale e sale in diagonale verso la spalla dell'uomo di sinistra, lo classificano come globo astronomico o Arateo: il semiarco univa i punti Nord e Sud sull'orizzonte locale e serviva per individuare le "case " astrologiche. La presenza del Primo Verticale farebbe ritenere che queste ultime venissero individuate secondo la teoria del Campanus. anche se all'epoca era imperante quella del Regiomontanus.

E parliamo di quest'ultimo: per capirne qualcosa bisogna scoprire il nesso fra due oggetti, apparentemente privi di rapporto, nel ritratto di Kratzer: la piastra con quattro graduazioni a semicerchio che sta sul tavolo, e l'armatura con semicerchio verticale, filo a piombo e un tronchetto a sezione quadrata imperniato sul centro del semicerchio, nella nicchia in alto, davanti all'orologio del pastore. Entrambi sono ripetuti nel quadro degli Ambasciatori, ma la piastra non è ben visibile, perché ridotta al solo bordo, per via della prospettiva. In alternativa, possiamo ricorrere ad un testo inglese pubblicato nel 1993: The Art of sundial construction, di Peter Drinkwater. L'autore del libretto, notevole per la semplicità e per la vivacità, confessa che non ci sarebbe mai arrivato senza l'aiuto di Mr. Aked (che conosciamo tutti, per lo meno per il ricordo commosso che ne ha fatto Severino nel primo numero di Gnomonica). Non mi risulta che qualcuno abbia mai illustrato prima di lui questo

orologio. Lo strumento è un orologio equatoriale portatile, adattabile a qualsiasi latitudine, e perciò universale. Con esso è possibile pure individuare la data, o a rovescio, regolarne attraverso la data l'orientamento (teoricamente, per carità; io non mi ci metterei). Lo strano aggeggio che si trova sul tavolo del ritratto di Kratzer è un quadrante equatoriale (nella figura l’ho chiamato disco delle ore), suddiviso in quattro parti sfalsate, per utilizzare, quali gnomoni, gli spigoli del tronchetto a sezione quadrata del secondo “pezzo”, cui va adattato, uno spigolo per ogni quarto di cerchio. L'antennina metallica serve per tenerlo fermo nella corretta posizione (non siamo ancora ai telefonini!).. Il semicerchio verticale che si trova nella nicchia possiede due graduazioni, una per le latitudini ed una per le inclinazioni dell'equatore; quest'ultima è costituita da segmenti di rette tangenti al cerchio disegnato dal moto del centro del quadrante equatoriale. Una delle due è inutile, perché complementare all'altra, ma è molto scenografica. All'epoca si facevano gli strumenti anche per il piacere di farli, e di guardarli. Il tronchetto rotante va ovviamente orientato sull'asse polare; su di esso sono tracciati i segni di zodiaco, con una graduazione data dal maeneus. Quando lo strumento è correttamente orientato, il disco è parallelo al piano equatoriale; l'ora si legge o sulla faccia superiore o su quella inferiore a seconda delle stagioni; l'ombra del bordo del disco indica la data sul tronchetto/gnomone, dalla parte opposta della faccia su cui si legge l'ora. All'alba o al tramonto, fissata la Latitudine, si può ruotare lo strumento fino a quando indica la data, e così lo strumento dovrebbe essere perfettamente autoorientato (provare per credere! Mah..). In sostanza, oltre a illustrare con precisione strumenti noti, Holbein ci dà notizia di un quadrante completamente sconosciuto, e mai descritto dai trattatisti, rinascimentali e non. E' un tassello in più, nella storia della gnomonica.

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UN PARTICOLARE DITTICO D’AVORIO CUSTODITO NEL MUSEO NAZIONALE DI RAVENNA.

Mario Arnaldi, Lido Adriano, Ravenna

In una piccola bacheca nella sala degli avori del Museo Nazionale a Ravenna è possibile ammirare tre piccoli orologi solari d'avorio portatili. Il primo - il più antico - è composto di due tavolette ossee incernierate su un lato, e su cui sono incisi vari quadranti orari. Il secondo è un orologio solare di altezza dalla forma piuttosto insolita, il terzo esemplare esposto, invece, è un piccolo Quadrante con doppio orologio d’altezza. Tutti e tre gli oggetti sono già stati pubblicati, sotto l’egida del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, e della Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici di Ravenna, nel catalogo curato da Luciana Martini.45 I commenti, e le descrizioni degli oggetti in questione, furono affidati a Tullio Tomba, che ne espose le caratteristiche con abbondanza di particolari. Ma alcune inesattezze del testo, e il desiderio di studiare più a fondo i tre avori, mi hanno indotto ad avere con loro un incontro più ravvicinato. In queste poche pagine, però, mi limiterò a descriverne solo uno: il “dittico”, che fra l’altro è anche il più antico dei tre.46 Descrizione Il più antico dei tre orologi esposti nel Museo appartiene al genere tecnicamente detto “dittico”, è datato 1531 e fu donato alla collezione del Museo da Enrico Pazzi prima del 1895 (n. Inv. 1093). Lo strumento, di piccolissime dimensioni (h. 6,4 cm, l. 4,7 cm), è composto di due tavolette d’avorio, dello spessore medio di 6/7 mm, incernierate su uno dei due lati brevi. In questo modo, come si sa, aprendo le due tavolette a novanta gradi si poteva leggere l’ora su tutte le facce libere dello strumento, e una volta richiuso lo si poteva riporre facilmente in tasca (fig. 1). La faccia superiore mostra, inscritto in un cerchio di 4,3 cm di diametro, il tracciato di un orologio solare orizzontale ad ore oltramontane, altrimenti dette tedesche o francesi (fig. 2).47 Attraverso il centro del tondo passano due linee perpendicolari, che rappresentano le quattro direzioni cardinali . Nello stesso punto di intersezione degli assi è infisso un piccolo cardine che, assieme ad un altro posizionato 1,55 cm verso il lato nord - in direzione del foro per la bussola - tratteneva uno gnomone reclinabile, probabilmente di forma triangolare, simile a quello tuttora visibile nel piccolo orologio ligneo custodito nelle collezioni del Museo civico di Londra (ML A3891).48 La bussola, necessaria per l’orientamento dello strumento stesso, era incassata nella tavoletta ossea sottostante, e poteva essere letta attraverso il foro praticato nella tavoletta superiore (fig. 3). Con il “dittico” aperto, invece, si potevano leggere le ore all’italiana su due piccoli orologi graffiti nelle facce interne dello strumento. La tavoletta che viene a trovarsi in posizione eretta mostra un orologio solare Italico verticale e non declinante, dove le ore sono indicate dalla quattordicesima alla ventiquattresima (tramonto del sole).49 Lo gnomone è originale, perpendicolare al piano, e misura 6 mm (fig. 4). La faccia superiore della tavoletta inferiore aveva una bussola incassata (oggi non esiste più né il vetrino, né l’ago), ed un orologio solare a ore italiche, che mostra le ore dalla nona alla ventitreesima, è inciso vicino al suo foro. Lo gnomone, ancora esistente, è originale e misura 4/5 mm. In un piccolo disegno a semicerchio, adiacente uno dei lati brevi, è incisa la data della sua costruzione: il 1531. ** Il copyright delle immagini nell’articolo è dell’Archivio Fotografico della Sop. Per i Beni Amb. E Arch. Di Ravenna, la loro riproduzione è vietata. 45 Luciana Martini (a cura di), Oggetti in Avorio e Osso nel Museo Nazionale di Ravenna sec. XV - XIX, , testi di LIONELLO G.BOCCIA – E. C RISTOFERI – L. MARTINI – C. RAVANELLI GUIDOTTI, Catalogo degli avori del Museo Nazionale di Ravenna, Longo, Ravenna 1993. 46 La descrizione dei tre gli orologi solari esposti nel Museo si può leggere in: M. ARNALDI, Tre orologi solari portatili d’avorio custoditi nel Museo Nazionale di Ravenna, in «Ravenna Studi e Ricerche», VI/2, ed. Società di Studi Ravennati, Ravenna 1999. 47 La definizione di “orologio solare equinoziale” proposta dal dott. Tomba è da considerarsi errata anche se la sua forma circolare lo fa molto somigliante ad uno strumento di quel genere. A parte l’assoluta mancanza di apparati atti a regolarne l’altezza angolare in concordanza con la latitudine locale, necessaria al funzionamento di un orologio equinoziale, il disegno stesso delle linee orarie nega questa possibilità. Le aperture angolari delle linee orarie di un orologio solare equinoziale, infatti, sono sempre uguali e pari a quindici gradi ognuna. 48 PENELOPE GOUK, The Ivory sundials of Nuremberg 1500-1700, Whipple Museum of th History of Science, Cambridge 1988, p. 135, fig. 132, cat. 61. 49 Non si comprende il motivo per cui, nel suddetto catalogo, questo orologio sia stato nominato ‘ad ore vespertine’. Non si tratta, infatti, di ore prettamente pomeridiane. Quelle che vanno dalla quattordicesima alla diciottesima, per esempio, sono ore Italiche antimeridiane.

Fig. 1 – Il dittico esposto nella sala degli avori al Museo Nazionale di Ravenna (A.F.S. Neg. N. 104495.)

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Analisi dello strumento. L’orologio solare che ho qui descritto a grandi linee è sicuramente originale - la grafia dei numeri, sia romani, sia arabi lo conferma50 - ed è sicuramente un oggetto di grande interesse. L’importanza di questo piccolo osso sta principalmente nella sua datazione che si colloca ai primi albori della famosa produzione tedesca di avori simili. Nel sedicesimo secolo, infatti, Norimberga divenne la capitale europea della lavorazione di avori pregiati, fra cui spiccò per eccellenza la vasta produzione di orologi solari da tasca, soprattutto di “dittici”. Nelle botteghe di abilissimi artigiani sbocciarono vere e proprie gemme di gnomonica: orologi solari portatili di molte fogge, fra le quali si impose proprio quella del nostro esempio. Il dittico d’avorio, sicuramente proveniente da Norimberga, più antico che si conosca è datato proprio 1531 e fu costruito da un fabbricante di bussole di nome Lienhart Gresel.51 Non potrei dire con certezza che il nostro dittico sia stato costruito proprio a Norimberga, perché non porta alcun contrassegno di fabbricazione, che invece era quasi una regola per quella produzione, ma la notevole somiglianza di alcuni suoi elementi con esemplari del tardo secolo XV provenienti dalla famosa Città tedesca è veramente grande. Un identico modello grafico, per esempio, accomuna la faccia interna della tavoletta verticale del dittico “1987.340” conservato nel Metropolitan Museum of Art di New York e quella del dittico “BM, reg. No. 77 5-21 23” del British Museum di Londra, con l’orologio orizzontale inciso sulla faccia esterna della tavoletta superiore del piccolo avorio di Ravenna.52 Ma altre grosse concordanze esistono per quanto riguarda gli elementi decorativi di riempimento, come, ad esempio, i triangoli alternati nei due riquadri che affiancano il vecchio alloggiamento della bussola nell’orologio del Museo Nazionale di Ravenna. Nell’esemplare sopracitato del British Museum sono presenti elementi molto simili a quelli delle figure 2 e 3, ma motivi geometrici decorativi ancor più simili sono visibili i un

altro esemplare norimberghese che fu ritrovato nel Tamigi in data sconosciuta (dim. 67mm X 46).53 La numerazione, nei tre esemplari citati, è in caratteri romani e con gli apici raddoppiati esattamente come nel modello ravennate. L’unica differenza evidente fra il nostro e gli esempi citati sta nella presenza delle ore italiche nell’orologio del Museo di Ravenna e nella sua mancanza di gnomone a filo. D’altra parte, la presenza delle ore italiche non garantisce neppure l’origine nostrana del manufatto. Norimberga e Venezia erano, a quei tempi, partners commerciali, legati da numerosi interessi, e molti maestri artigiani della città tedesca fornivano dittici appositamente calcolati per la città lagunare e per il nord dell’Italia;54 molti, infatti, sono gli esemplari che furono espressamente calcolati per quella latitudine. Nel 1547, per esempio, Jeronimus Imholf, un ricco mercante di Norimberga che aveva in Aquileia la sua residenza, scrisse a Paul Behaim, suo concittadino, manifestando apertamente il desiderio di acquistare, proprio da Lienhart Gresel, un orologio solare d’avorio disegnato per le ore tedesche e italiche.55 È veramente una particolare coincidenza questa, perché l’orologio desiderato da Jeronimus Imholf corrisponde perfettamente a quello esposto nel museo di Ravenna. Non lasciamoci, però, trarre in inganno da questa mia considerazione, infatti non intendo dire che il nostro sia lo stesso orologio

50 A. C APPELLI, Lexicon Abbreviaturarum. Dizionario di abbreviature latine ed italiane, Ulrico Hoepli ed., Milano 19906, p. 422.; notare la caratteristica forma del numero 1 praticamente identico a un 2. 51 Se ne conosce uno ancora più antico, datato 1480, ma è fatto di legno; vd. STEVEN A. LLOYD, Ivory Diptych Sundials, 1570-1750 . Catalogue of the Collection of Historical Scientific Instruments, Harvard University, Harvard University Press, (Cambridge, Mass.) 1992, p. 35. 52 GOUK, The Ivory sundials, cit., pp. 28-9, figg. 27b e 28a. 53 Ivi, p. 135, fig. 131, cat.59. 54 Genova e Venezia erano i due porti verso cui affluiva l’avorio dalle città costiere del nord Africa: Tunisi, Tripoli e Alessandria. 55 GOUK, The Ivory sundials, cit., p. 110.

Fig. 2 – Faccia superiore con orologio orizzontale (A.F.S. N eg. N. 38018)

Fig. 3 – Orologio italico verticale inciso sulla faccia posteriore della tavoletta superiore (A.F.S. Neg. N. 38019).

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richiesto dal ricco mercante di Aquileia - le date e molti altri fattori palesemente non coinciderebbero - ma la richiesta di Jeronimus Imholf poteva essere nata dopo aver visto circolare altri orologi simili in area alto-adriatica. Le notevoli imperfezioni del dittico di Ravenna non mi fanno condividere l’enfasi del Tomba in riferimento al suo costruttore, che a conti fatti non era così “professionista” come lo si è voluto credere. I due orologi italici visibili a strumento aperto sono, infatti, completamente sbagliati. La loro costruzione non rispetta neppure le normali regole geometriche che potevano essere semplicemente seguite da un comune artigiano. Non saprei dire se si sia trattato di incapacità interpretativa dei dati o di semplice noncuranza dell’operatore, perché d’altro canto, tenendo conto delle sue piccole dimensioni, l’orologio solare sulla faccia superiore è praticamente perfetto. È difficile capire se il costruttore del piccolo dittico fosse tedesco o veneto. Le imperfezioni solo nelle ore italiche, e l’esempio di Jeronimus Imholf, potrebbero indicarci la prima strada, la preferenza per le ore italiche sulle europee, d’altro canto potrebbe indirizzarci verso la seconda ipotesi. In assenza di altri elementi è arduo stabilire con assoluta precisione l’origine del piccolo avorio ravennate. Da un lato, le somiglianze con una certa produzione tedesca della fine del secolo XV e gli inizi del secolo XVI sono enormi, dall’altro l’assenza dell’onnipresente gnomone a filo e la latitudine invariabile per cui fu costruito gli fanno acquistare un carattere più locale. Personalmente sono più propenso a credere che la sua origine sia transalpina, se non altro per il fatto che a quell’epoca l’Italia scarseggiava di elementi pratico-teorici che permettessero ad un artigiano di costruire un oggetto di simile fattura. Dopo il lungo silenzio dei testi scientifici medievali europei, il rinascimento riscoprì la scienza gnomonica come mezzo importante di studio matematico. Negli ultimi decenni del secolo XV l’interesse per la gnomonica, soprattutto intesa come scienza matematica abbinata all’insegnamento nelle Università, fu prerogativa di alcune scuole del basso impero germanico e praticata soprattutto a Vienna da John Gmunder. Ma in Italia, fino alla seconda metà del sedicesimo secolo, non abbiamo una significativa bibliografia in tal senso, anzi, essa è quasi irrilevante, e la sede principale di questo risveglio scientifico può essere sicuramente collocata nella Germania meridionale. Negli anni che andarono dal 1522 al 1529, furono stampati nel territorio tedesco vari volumi sulla strumentazione astronomica, quattro dei quali interamente dedicati agli orologi solari e alla loro costruzione; non tutti furono di grande divulgazione, e solo uno fu scritto in latino.56 Dal 1530 al 1549, invece, ben cinque nuove opere furono pubblicate, con un totale di otto edizioni, contro due sole, ed entrambe in un’unica edizione, pubblicate negli stessi anni in Italia e in Francia. Di questi ultimi sette libri, tre furono stampati in lingua tedesca fra il 1530 e il 1539, e solo due in latino.57 Uno di questi fu pubblicato a Basilea nel mese di Marzo dell’anno 1531, data del nostro orologio, e divenne uno dei più noti testi di gnomonica di tutto il rinascimento: il ponderoso volume di Sebastiano Munster.58 I due gnomoni ancora presenti nell’orologio solare del Museo Nazionale di Ravenna potevano aiutarmi con estrema facilità a risalire al luogo, o alla latitudine, per il quale si voleva fare funzionare lo strumento. La loro altezza sul piano sarebbe stata un dato sufficiente per impostare alcuni calcoli risolutori. Ma proprio grazie a questo dato mi sono potuto rendere conto dei notevoli errori di costruzione degli orologi italici, di cui s’è scritto precedentemente. L’operazione ha avuto successo solo spostando l’attenzione sull’orologio “oltramontano”, che mi ha permesso di rilevare facilmente la latitudine per cui venne costruito il “dittico”. Il confronto delle aperture angolari fra le sue linee orarie, ne fissa l’area geografica media di utilizzo fra i 45 gradi e i 45.5 gradi di latitudine.59 Tuttavia, date le ridotte dimensioni, e alcuni piccoli difetti di incisione nelle linee orarie che ne modificano in parte le angolature, si possono ampliare i limiti geografici di trenta primi in entrambe le direzioni (44.5° e 46°) senza errori rilevanti (Tav. 1).

56 Ringrazio Nicola Severino per avermi fornito la lista delle opere stampate dal 1520 al 1529; CHARLES K. AKED-N ICOLA SEVERINO , International Bibliography of Gnomonic, West Drayton (England), Roccasecca (Italy), September 1997. 57 ANTHONY J. TURNER, Dialling in the time of Giovan Battista Benedetti, in «Cultura, Scienza e tecniche nella Venezia del Cinquecento...», Istituto veneto di scienze lettere ed arti, Venezia 1987, pp. 311-20. 58 SEBASTIANO MUNSTER, Compositio Horologiorum in plano, muro, truncis, anulo concavo, cylindro, et variis quadrantibus, cum signorum zodiaci et divers. Horarum inscriptionibus, H.Petrus, Basieae 1531. 59 La latitudine di Venezia è effettivamente 45° 26’, ma praticamente tutti i dittici di Norimberga arrotondano a 45°.

Fig. 4 – Faccia superiore della tavoletta inferiore con orologio a ore italiche orizzontale (A.F.S. Neg. N. 38020).

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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 49

Comparazione dei valori angolari fra le linee orarie dell’orologio solare orizzontale alle varie latitudini del Nord Italia . OROLOGIO SOLARE DI

RAVENNA OROLOGIO SOLARE

LAT. DI 44.5° OROLOGIO SOLARE

LAT. DI 45° OROLOGIO SOLARE

LAT. DI 45.5° OROLOGIO SOLARE

LAT. DI 46°

Ore Angoli dalla

verticale (gradi)

Ore Angoli dalla

verticale (gradi) Ore Angoli dalla

verticale (gradi) Ore Angoli dalla

verticale (gradi) Ore Angoli dalla

verticale (gradi)

V 110.5

V 110.9

V 110.8

V 110.5

V 110.4

VI 90 VI 90 VI 90 VI 90 VI 90

VII 70.5 VII 69.1 VII 69.2 VII 69.4 VII 69.5 VIII 52 VIII 50.5 VIII 50.7 VIII 50.9 VIII 51.2 IX 35.5 IX 35 IX 35.2 IX 35.5 IX 35.7 X 22 X 22 X 22.2 X 22.4 X 22.6 XI 10 XI 10.6 XI 10.7 XI 10.8 XI 10.9 XII 0 XII 0 XII 0 XII 0 XII 0 I 10.5 I 10.6 I 10.7 I 10.8 I 10.9 II 21.5 II 22 II 22.2 II 22.4 II 22.6 III 33.5 III 35 III 35.2 III 35.5 III 35.7 IIII 51 IIII 50.5 IIII 50.7 IIII 50.9 IIII 51.2 V 69.5 V 69.1 V 69.2 V 69.4 V 69.5 VI 90 VI 90 VI 90 VI 90 VI 90 VII 110.5 VII 110.9 VII 110.8 VII 110.5 VII 110.4

Le aperture angolari dell’orologio solare di Ravenna sono un po’ imprecise, ma le variazioni fra le latitudini interessate sono così minime che permettono allo strumento un facile adattamento senza incorrere in grandi errori. Nei due orologi a ore italiche, invece, dati gli evidenti errori, non è possibile stabilire un rapporto esatto con la latitudine d’uso. Benché l’orologio del nostro Museo contenga molte imprecisioni, e non pareggi la bellezza e la preziosità dei suoi simili tedeschi, mi sembra comunque che debba meritare ancora un po’ di attenzione da parte degli esperti. E viste tutte le premesse fatte nella prima parte di questo articolo, non suonano affatto fuori luogo le parole usate dal dott. Tomba, in riferimento all’esistenza di questo “dittico” a Ravenna; considerato come “un’evento di singolare rilievo”. Dopo tanti anni che vivo a Ravenna, spesso mi ritrovo a scoprire aspetti nuovi dei suoi palazzi, piccole e deliziose cornici a cui non avevo mai prestato attenzione, portali e giardini nascosti. Abituato, come sono, a guardare i miei piedi, mi sfuggono soprattutto le cose che sono poste in alto, nel sotto-tetto. Con questo contributo spero di aver posto in luce un altro aspetto di Ravenna, della città dai mille tesori, della Ravenna nascosta anche quando è esposta al pubblico. Un piccolo avorio, un piccolo gioiello della scienza antica che può passare inosservato fra tante bellezze che il Museo Nazionale della nostra città offre allo sguardo dei suoi visitatori.

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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 50

Dalle Mailing Lists Alberto Nicelli ( Gruppo Astrofili Eporediesi )

Tempo di vacanze anche per le mailing lists ! Non sono molti gli argomenti discussi nei mesi estivi … ma è giusto che sia così ! Dopo tante elucubrazioni gnomoniche durante i freddi e bui mesi invernali ecco che il Sole finalmente sale alto nel cielo azzurro, maestoso e caldissimo: è tempo di costruirle per davvero le meridiane ! Poche chiacchiere e al lavoro ! Calce e scalpelli, ponteggi, squadre e compassi, filo a piombo, colori e pennelli : questi sono gli argomenti concreti dei mesi estivi ! Beh, certo, non tutti i membri delle liste sono gnomonisti “praticanti”, questo è vero : ma anche coloro che vivono l’interesse per la gnomonica come pura avventura intellettuale, o come indagine storico-artistica, o semplicemente come contemplazione estetica, non si sottraggono al richiamo prepotente del Sole estivo, che offusca i pensieri come le stelle all’alba ! SOL OMNIBUS LUCET … Ma quest’anno la mite Luna ha osato sfidarlo ad altezze meridiane e l’ha accecato per qualche minuto : grande spettacolo! E gnomonici effetti speciali ! … Gnomonicalitalia Foro gnomonico Qual è la dimensione ottimale ? Questo è il problema di Mario Margotti, che ha dato luogo a un interessante dibattito in cui sono intervenuti, anche a più riprese, Paltrinieri e Ferrari, oltre a Gunella, Bigozzi , Severino e Gilardi. L’argomento si rivela subito alquanto difficile e sicuramente meriterebbe studi teorici più approfonditi ed esperimenti più sistematici: come spesso capita in situazioni complesse si adottano delle regole empiriche che la pratica ha mostrato essere ragionevolmente valide: per meridiane all’aperto il diametro del foro dovrebbe essere compreso fra 1/150 e 1/75 della massima distanza fra punto gnomonico e piano del quadrante, ma per quelle a camera oscura le cose vanno un po’ diversamente … leggetevi questo scambio di mails, che dimostrano, se mai ce ne fosse bisogno, quanti problemi interessanti e ancora aperti offre la scienza gnomonica . L’ Eliocronometro Rosario Mosello è interessato a reperire bibliografia e notizie su questo strumento di concezione meccanica e allega tre belle immagini di un tipico esemplare : rispondono Mesturini, Cappelletti , Ferrari e Del Favero. Lo strumento permette una precisione al minuto nella lettura dell’ora e veniva usato fino al ‘900 dalle Ferrovie Francesi per regolare gli orologi meccanici . L’argomento eliocronometro è stato dibattuto poco tempo prima anche sulla Sundial Mailing List con particolare riferimento alle dimensioni del foro per una migliore risoluzione dell’ora. Del Favero cita un sito internet ( http://www.dbweb.com/gunning ) di una ditta inglese che li produce in vari esemplari , ma molto costosi ( cifre sui milioni di lire ! ) : tuttavia è interessante visitare il sito per le illustrazioni in dettaglio degli strumenti. Del Favero invia in attachment alla lista i disegni per la riproduzione di un modellino didattico di eliocronometro in cartone : decisamente più accessibile ! L’Eclissi di Sole sulle meridiane Gli gnomonisti rappresentano una categoria proprio particolare degli astrofili : mentre questi erano tutti col naso all’insù con filtri e telescopi puntati verso il Sole, essi preferivano guardare all’ingiù per osservare gli insoliti effetti di ombra e di luce, magari nella penombra di chiese e cattedrali, per cogliere gli effetti speciali dell’eclissi attraverso il foro gnomonico delle grandi meridiane a camera oscura. Così hanno fatto Guido Tonello in San Petronio a Bologna, Mario Catamo in Santa Maria degli Angeli a Roma, Giovanni Bellina nella cattedrale di San Giorgio a Modica, che hanno scattato suggestive fotografie della macchia di luce a forma di mezzaluna sulla linea meridiana : le fasi dell’eclisssi saranno state fotografate da migliaia e migliaia di astrofili in tutto il mondo, ma pochissime e preziose sono le immagini del fenomeno visto attraverso il foro gnomonico ! Emblematico è quel punto interrogativo immortalato da Tonello su una colonna all’interno di San Petronio, quasi che l’austero luogo si domandasse : che diavolo sta … (oops !)… che cosa sta accadendo ? Sundials Australia Questo è il titolo del libro di Folkard & Ward di cui abbiamo gia’ parlato in una precedente rubrica : Gianni Ferrari se l’è fatto spedire dagli autori e ne fa una breve recensione, sottolineando l’importanza del capitolo IX che descrive gli esperimenti sulla visibilita’ dell’ombra, tematica che non si trova sviluppata in nessun’altra pubblicazione. Il costo del libro è di circa 25 $ americani e si può ordinare presso gli stessi autori ( Ferrari riporta indirizzi, numeri di telefono e tutte le informazioni che servono). E’ di fondamentale importanza che la lista gnomonicaitalia, oltre che foro virtuale di discussioni tecniche, sia anche veicolo di spontanee e utilissime informazioni bibliografiche a vantaggio di tutti gli appassionati ( … e della gnomonica !) La Lemniscata più antica Franco Martinelli chiede informazioni sulla lemniscata più antica riscontrata su una meridiana, in conseguenza all’adozione del tempo medio: risponde Gianni Ferrari, che allega la foto della meridiana di Monge, un esemplare fra i più antichi, che risalgono alla metà del 1700 : infatti fu J.P.G de Fouchy a introdurre per primo, nel 1740, la curva a 8 sulla base delle tavole dell’ Equazione del Tempo calcolate dal famoso astronomo reale inglese Flamsteed . Quindi l’adozione della lemniscata su alcune meridiane precedette di parecchio l’adozione del tempo medio, che avvenne in molte nazioni europee, tra cui anche l’Italia, circa un secolo più tardi.

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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 51

Vocabolario di Gnomonica Vi interessa un vocabolario completo di tutti i termini che riguardano la Gnomonica ? E’ stato pubblicata la seconda edizione del GNOMONIC MULTILINGUAL VOCABULARY di Vallhonrat : 378 termini gnomonici descritti in tutte le lingue, 292 pagine, prezzo 35 EURO . Si può ordinare inviando uno chèque a Edicions Mainsa - Atenes 3 - 08006 Barcelona (Spain).

Sundial mail list di Daniel Roth Qual è l’orientamento migliore per una meridiana ? Per migliore Fernando Cabral intende quello che permette la più lunga esposizione al Sole durante il giorno, la più lunga esposizione al variare delle stagioni, la migliore visibilità per gli osservatori. Il problema è interessante sia dal punto di vista pratico che teorico . I suggerimenti sono stati diversi e fantasiosi : Slawomir Grzechnik propone una meridiana cilindrica con asse parallelo a quello terrestre e gnomoni multipli in modo che almeno uno possa proiettare l’ombra, Tom McHugh propone un quadrante nel piano meridiano con doppio gnomone cicloidale, uno su ogni faccia del quadrante (…?!), ma l’idea più semplice è sicuramente quella proposta da Gianni Ferrari : una meridiana a riflessione con il quadrante verticale e uno specchio inclinato in modo da essere sempre illuminato dal Sole ! Uno dei suoi programmi permette di calcolare la posizione ottimale dello specchio . Il problema della longitudine Lunga e piacevole discussione sui problemi della navigazione nel XVI secolo : gli appassionati di gnomonica non si limitano alla pura tecnica costruttiva degli orologi solari, ma di solito hanno un’apertura culturale a molte tematiche, anche se alla gnomonica sono legate solo in modo marginale ! Su questo tema vi consiglio di prendere in seria considerazione la lettura del libro “Longitudine” di Dava Sobel : bellissimo ! E se volete c’e` anche un sito dove si descrive elegantemente il metodo di Flamsteed per calcolare la longitudine basandosi sull’osservazione della Luna e dei satelliti galileiani di Giove, vi garantisco che merita una capatina: http://www.ucl.ac.uk/sts/kollrstm/flammdl.htm Le ore al crepuscolo Mac Oglesby lancia un bel problema : progettare una meridiana che segni quante ore di luce restano prima che faccia buio. Molti gli interventi per definire il significato di “buio” e per classificare precisamente i crepuscoli. Le linee orarie rispetto ai crepuscoli non sono linee rette perche’ i cerchi di altezza relativi ai crepuscoli non sono cerchi massimi, essendo paralleli all’orizzonte : questo rende il progetto niente affatto banale ! Ovviamente bisogna scriversi un programmino per computer che calcoli per punti le linee orarie oppure procurarsene uno bell’e pronto : sull’argomento interviene anche Gianni Ferrari che porta come esempio un’immagine di una meridiana orizzontale con linee orarie al crepuscolo progettata con uno dei suoi programmi. Alessandro Gunella ne ha progettata una con AUTOCAD applicando niente di meno che l’antica tecnica dell’analemma di Tolomeo! La declinazione del muro C’è una semplice formuletta per calcolare la declinazione di un muro misurando la lunghezza dell’ombra di un ortostilo e senza la necessità del filo a piombo : Jorge Ramalho la riporta come un semplice metodo usato da Yvon Massè: d = A +/- arccos (g/(cos h .sqr(g2 + s2))) Dove g è l’altezza dell’ortostilo, s la misura della sua ombra, A è l’azimut del Sole e h la sua altezza . Questi ultimi due dati possono essere ricavati, per qualsiasi ora in cui viene effettuata la misura, dal calcolo con le note formule trigonometriche, oppure ( è anche più comodo) da programmi come il Dialist’s Companion. Bisogna solo scegliere opportunamente il segno, mi permetto di completare l’informazione di Jorge: se l’ombra cade a destra dell’ortostilo (rispetto all’osservatore) allora significa che A – d e’ positivo e quindi si deve prendere il segno meno , viceversa se cade sulla sinistra. Consigli per meridiane in pietra John Carmichael, grande esperto nel lavorare la pietra, mette a disposizione la sua esperienza per rispondere alle domande fondamentali e piu` frequenti di chi comincia a fare meridiane con questo tipo di materiale : come incidere le linee ? Quali colori si possono usare sulla pietra ? Quali strumenti usare? Su questi argomenti ha scritto un articolo sul Compendium della NASS. Tutti gli interessati sono apertamente invitati a visitare il suo studio in Tucson, Arizona ! Meritatamente Tony Moss gli fa i complimenti : non e` usuale svelare i segreti professionali appresi faticosamente ! Mi piace citare testualmente le parole finali di …Master Carmichael : “Well, that's about all I can think of that's necessary to get started.Again I wish you all good luck. Let me know how your experiments in stone turn out and let me know your questions.” L’indirizzo di John Carmichael ? Voila` : http://www.azstarnet.com/~pappas Il nostro spazio e` proprio finito qui: appuntamento alla prossima rubrica ! Anche se l’estate e` ormai un ricordo l’usuale saluto e` sempre valido : SUNNY DAYS ! Nel senso piu` ampio : giorni sereni dentro di voi e buone meditazioni gnomoniche !

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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 52

E’ NATA SOLARIA…Di Lucio Maria Morra e Fabio Garnero In seguito alla crescente richiesta di prestazioni gnomoniche per opere "istituzionali" (cioè relative ad importanti impianti destinati alla pubblica fruizione, per lo più patrocinate da enti pubblici, nel rispetto di procedure esecutive assolutamente a norma di legge), ho dovuto affrontare l’occorrenza di assumere una più adeguata e consistente identità fiscale. Per questo motivo ho costituito nel maggio scorso assieme a Fabio Garnero la società SOLARIA s.n.c., specializzata appunto nel settore delle meridiane e finalizzata alla progettazione, alla costruzione e al recupero di quadranti solari, nonché alla catalogazione, alla tutela e alla diffusione del patrimonio gnomonico. "Solaria" in latino significa "orologi solari" (solarium, solarii, n.) e in lingua occitana - utilizzata in certe valli qui del cuneese - ha la stessa accezione (al singolare). Ci è sembrato inoltre una denominazione evocativa di luminosità, di vitalità, di spaziosità e bene augurale. La SOLARIA s.n.c. nasce per fornire opere e servizi professionali assolutamente qualitativi e specializzati in questo settore. Lo schema generale delle prestazioni di sua competenza si può sintetizzare in due campi di attuazione: quello delle opere gnomoniche (realizzazione di nuovi quadranti solari; manutenzione, ripristino e ricostruzione di quadranti solari; restauro di quadranti solari; realizzazione di impianti gnomonici sculturali, monumentali e architettonici; perizie e consulenze specialistiche) e quello delle iniziative gnomoniche (catalogazione di quadranti solari; ricerche storiografiche; promozione di specifici complessi gnomonici; attività di divulgazione generale; produzioni editoriali; produzione e distribuzione di accessori gnomonici). In SOLARIA confluirà man mano tutta la mia produzione artistica, assumendo, grazie alla collaborazione diretta di Garnero ed al plausibile progressivo apporto di ulteriori prestatori d'opera, un taglio più "imprenditoriale". Il suo sviluppo sarà ovviamente graduale, in parallelo con il consolidarsi della richiesta da un lato e della propria struttura produttiva dall'altro. Il punto di partenza di SOLARIA è stato comunque l'affidamento di un ingente incarico, cui siamo al momento attivamente impegnati, cioè il recupero e la rivalutazione dell'intero patrimonio gnomonico del Comune di Bellino, in alta Val Varaita, in Provincia di Cuneo, al confine con la Francia. Inizialmente si trattava di 31 quadranti, ma già durante la prima fase dei lavori ne sono stati scoperti altri 3. L'elaborazione di un nostro dettagliato piano generale ha contribuito incisivamente alla attribuzione di un finanziamento europeo per quest'opera. Oltre agli interventi diretti sui quadranti, sono già previste varie iniziative per la promozione del patrimonio recuperato: alcune di queste, a breve scadenza (come la definizione di un itinerario turistico-gnomonico corredato di appropriata cartellonistica, la produzione programmata di vario materiale informativo, ecc.) hanno già un finanziamento, mentre per altre, a media e lunga scadenza (la pubblicazione di una tesi di laurea già prodotta su questo argomento, la divulgazione sistematica del patrimonio a mezzo stampa, video, mailing e internet, l'allestimento di un piccolo museo gnomonico, l'edizione di cartoline, poster e di un libro fotografico, la realizzazione di nuovi impianti, ecc.), verranno ricercati con il tempo nuovi patrocini. Ciò che è importante, che dà spessore e attendibilità all'iniziativa, è appunto la sussistenza di una pianificazione: è uno degli aspetti di una nuova mentalità, emergente - promossa ed apprezzata dalla Comunità Europea -, cui SOLARIA intende fin dall'inizio aderire. I lavori di recupero procederanno ancora per tutta la bella stagione dell'anno prossimo (in teoria i termini contrattuali stabiliscono il 31 dicembre 2000 come data di consegna dell'opera ultimata, anche se in realtà, essendo distribuiti i quadranti tra 1400 ed 2000 metri di altitudine, già a settembre le prime nevicate imporranno la conclusione naturale dei lavori…).

Lucio Maria Morra

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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 53

LE PRIME FOTO DI UN’ECLISSI DI SOLE SULLE LINEE MERIDIANE Andrea Costamagna, Guido Tonello, Enrico Del Favero, Mario Catamo,

Giovanni Bellina, Ando Gilardi, Renzo Righi, Gianni Ferrari Adattamento dei testi di messaggi e-mail a cura di Nicola Severino

In sordina, come l’ombra di uno gnomone, come il luminoso disco di luce che silenziosamente attraversa il pavimento di una chiesa, alcuni gnomonisti si sono mossi indipendentemente con l’intento di immortalare per la prima volta nella storia della gnomonica e della fotografia, l’evento di fine secolo e di fine millennio: l’eclissi di sole dell’11 agosto 1999. Nessuno sapeva nulla, nessuno sospettava niente. Così, i “detectives” dell’ombra gnomonica hanno agito nella semioscurità di alcune cattedrali per vedere cosa accadeva sul pavimento dove giace la linea meridiana, la mattina dell’11 agosto 1999, attorno al mezzogiorno “vero”. Come è divenuta nota poi questa strana iniziativa di pochissimi singoli gnomonisti? Semplicemente dalla curiosità espressa da Andrea Costamagna nel suo messaggio alla lista italiana “Gnomonicaitalia”, il venerdì 27 agosto. Dopo aver parlato dell’eclisse in generale, Andrea chiedeva: A proposito, qualcuno ha fotografato in quell'occasione le meridiane a camera oscura, o ha fatto foto "curiose"? Al che, giunse inaspettata la replica di Guido Tonello:

Carissimi Andrea e Barbara e a tutti gli amici di Gnomonicaitalia, l'11 agosto ognuno ha visto l'eclisse a modo suo scegliendo, tra le

innumerevoli possibilità, quella che riteneva più interessante. Io ho pensato di andarla vedere a Bologna in San Petronio.

Il cielo è stato splendidamente sereno per tutto il giorno. Quei pochissimi che, come me, hanno scelto di vedere l'immagine del sole in

eclisse all'interno della Chiesa hanno dovuto accontentarsi di osservare, per buona parte della durata del fenomeno, il disco solare proiettarsi -

attraverso il foro gnomonico del Cassini - su un pilastro della navata .

Nonostante questo, credo che il gioco di luce che ne è nato mi abbia regalato alcune immagini particolarmente simpatiche e fuori dalla norma. Tra le altre ne allego una che mi è particolarmente piaciuta. Vi assicuro

che non ci sono trucchi fotografici. Chi ha visto l'eclisse in diretta, alle nostre latitudini, noterà in questa fotografia come le reciproche posizioni del sole e della luna siano

capovolte rispetto alla realtà. Spero di vedere su "gnomonicaitalia" altre fotografie dell'eclisse viste

attraverso l'occhio degli gnomonisti. Per quelle viste con gli occhi degli astrofili ne troveremo piene le pagine

delle riviste specializzate. Cordiali saluti a tutti.

Guido Tonello Noi poveri ignari, alla vista della curiosa e simpatica foto di Guido, siamo rimasti del tutto affascinati da qual punto interrogativo luminoso che il foro gnomonico di S. Petronio proiettava sul pilastro della navata. Che l’iniziativa sia piaciuta è un fatto che è stato confermato subito da Enrico Del Favero nel suo messaggio:

Vivissimi complimenti a Guido Tonello per il suo splendido enigmatico punto interrogativo solare "eclittico" di San Petronio che ci ha regalato con la

sua del 28/8. E' veramente una immagine rara e singolare ottenuta dall'interno di una camera oscura storica ( ce ne sono poche in giro e

quasi tutte concentrate nei paesi latini, e meno che meno interessate da eclissi di sole quasi totali e che avvengano, per di più, vicino al

mezzogiorno ! ). Varrebbe la pena di farla conoscere anche alla lista postale gnomonica internazionale (del Roth?) magari con l'aiuto di Diego

Bonata che so pratico di questo genere di rapporti. Nicola Severino

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Gnomonica, Bollettino della Sezione Quadranti Solari, U.A.I. – n° 5 Gennaio 2000 – pag. 54

potrebbe poi pubblicarla su Gnomonica che ha ormai molti abbonati anche all'estero.

Guido potrebbe forse avere anche l'immagine del passaggio sulla linea meridiana del sole parzialmente eclissato (circa al 60-70% ? contro il 90% del massimo bolognese delle 12,39 locali, ma si potrebbero forse fare dei

calcoli precisi confrontandoli con l'immagine fotografica reale) che dovrebbe essere avvenuto circa mezzora dopo tale massimo. Il tutto potrebbe

costituire un bell'articolo, sempre per Gnomonica. Saluti a tutti. Enrico

Come dire: “detto, fatto”. La cosa strana è che in S. Petronio ci è andato Tonello da Alessandria e non ha trovato il posto occupato dal simpatico Giovanni Paltrinieri che ha preferito il mare....!

Mi associo a Del Favero complimentandomi con l'amico Tonello per la bella immagine dell'Eclisse ritratta in San Petronio. Avevo già a suo tempo

inviato i miei complimenti privati in una precedente e.mail al medesimo, e sono ora a sollecitargli l'eventuale invio elettronico di altre "chicche"

petroniane. Il sottoscritto gnomonista bolognese si è fatto fregare dal Sole della

spiaggia di Cervia, confidando nel servizio fotografico dell'amico Italo Frizzoni. Quest'ultimo ha fatto tutto un rullino in San Petronio, ma

purtroppo con una macchina fotografica normalissima automatica, senza cavalletto e zoom. Risultato, quasi tutte nerissime salvo un paio scattate

verso mezzodì. La regola è sempre valida: Mai delegare se la cosa ti preme. Ne riparleremo dunque tra un'ottantina d'anni, alla prossima eclisse.

Scherzi a parte, Bravo Tonello!!!!!! Un pò di invidia per Lovotti che si è goduto l'Eclissi in prima fila. Io

la Meridiana me la sono improvvisata nel cortile dell'albergo al mare, facendo un forellino su una striscia di stagnola Domopack e facendo

osservare agli ospiti la bella immagine che si proiettava su un foglio di carta bianco posato al suolo.

Ho anche notato, fatto una foto (non ancora sviluppata), che nel periodo intorno alla maggiore intensità dell'eclissi, i raggi solari facendosi

strada tra le foglie degli alberi e proiettandosi al suolo, disegnavano tante "lunette" luminose, quasi si trattasse di una miriade di fori

gnomonici formati dalla diversa disposizione delle foglie: effetto assai singolare.

Saluti a tutti, Giovanni Paltrinieri, Gnomonista in Bologna.

Dopo tanti complimenti, l’amico Tonello non poteva far finta di nulla. Così, arriva la replica con qualche dettaglio sull’osservazione:

Cari amici, innanzi tutto ringrazio Del Favero, Paltrinieri e Ferrari (che mi ha scritto privatamente) per aver apprezzato la mia fotografia. Poichè me ne richiedono altre ho pensato di inviarne ancora due per tutti. I files sono abbastanza piccoli e quindi non

dovrebbero dare fastidio a chi non ha alcun interesse per queste fotografie. L'immagine "eclisse2" è stata scattata pochi minuti dopo la fase massima dell'eclisse. In quel momento la macchia luminosa del sole si proiettava all'interno di una zona transennata a causa di

restauri e quindi il mio punto di osservazione, al momento dello scatto, era laterale. Vedevo la falce del sole venire verso di me (basso dalla foto) e la luna uscire dal sole verso l'alto

della foto. Il Sud è più o meno a sinistra della foto. La linea di demarcazione tra i due tipi di pietre è longitudinale alla navata centrale. La "eclisse3" si riferisce al transito dal sole sulla

"linea meridiana" (TMEC = 13:20 ora legale pari alle 16:27:50 secondo l'Ora Italica da campanile). Il Sud è verso l'alto della foto. L'immagine del sole si sposta verso sinistra e

l'ombra della luna esce dal sole verso destra. Esattamente al contrario di ciò che si poteva vedere osservando direttamente il fenomeno in cielo. Sono visibili le numerazioni poste a

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lato della linea meridiana. Il numero 56 corrisponde alle "parti centesimali del modulo" (100 moduli equivalgono alla distanza tra il foro gnomonico ed il punto verticale al foro che

termina sul pavimento). Il numero 2 (visibile in alto a destra) è parte del 27 ed indica i minuti dell'ora italica dopo le ore 16. Mi farebbe piacere vedere qualche immagine scattata da

qualcuno di Voi sul tema "Eclisse gnomonica". Un caro saluto a tutti. Guido Tonello

Fin qui tutto bene. Nessuno immaginava nemmeno lontanamente che il lavoro di Guido, oltre che curioso sarebbe risultato anche una prima mondiale non solo nella storia della gnomonica, ma addirittura nella storia della fotografia!!! Ma per questo ci voleva l’esperto. Così, Ando Gilardi, più che noto ormai sulla lista per le sue simpatiche lettere, ci regala una piccola erudita digressione gnomonica, ma anche la notizia del primato che spetterà a Tonello (ma anche agli altri pochi fortunati gnomonisti che hanno realizzato le immagini).

L'immagine prodotta da un foro stenopeico (San Petronio) può essere considerata non solo come una figura (icona) naturale fotografica nel senso preciso della parola (fotografia:

rappresentazione della/con la luce), ma anche come il segno luminoso disponibile come indicazione di una potenziale meridiana. Se questo vale, e vale, vale per tutte le immagini

stenopeiche. La bellissima fotografia eseguita da Guido Tonello in San Petronio è la fotografia "fissata" di una fotografia effimera. Cioè, la riproduzione di una riproduzione

dell'eclisse. Tonello nella sua macchina e su un negativo l'ha raddrizzata: sulle colonne era infatti capovolta. Bravo!!! La fotografia di Tonello non può essere paragonata a quelle

eseguite direttamente: è molto, molto di più. Deve passare alla Storia della Fotografia prima che a quella delle eclissi. Si tratta (sempre nel negativo, prima dell'inversione in dia se invertibile) di un capovolgimento della luce (in nero) e insieme del raddrizzamento di

un'immagine stenopeica del reale. Ammesso però che il Sole sia oggettivamente diritto nel nostro emisfero, e visto capovolto a Città del Capo. Dove, secondo logica tolemaica, le

macchine fotografiche andrebbero usate capovolte (????). E' un tema degno della matita dell'amico Agnelli.....ANDO GILARDI

Dopo tutto questo dire, finalmente qualcun altro prese coraggio e ci confessò di essersi chiuso in una chiesa il giorno dell’eclissi di sole. Precisamente l’amico Mario Catamo che, abitando in Roma, non poteva scegliere posto migliore che la chiesa di S. Maria degli Angeli, ove c’era ad attenderlo la storica linea meridiana di Francesco Bianchini, realizzata nel XVIII secolo.

Cari amici, stimolato dalle belle immagini dell'eclisse in Chiese con meridiane a camera oscura, allego anche io, tra le tante che ho scattato,

due fotografie dell'eclisse nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli, a Roma. La meridiana è in restauro (finalmente !). Ho dunque preso le fotografie in

un vero e proprio cantiere. La prima mostra l'immagine del sole mentre attraversa la linea meridiana. Purtroppo la riga di bronzo è stata

temporaneamente asportata e al suo posto, nella foto, appare una grossa, e anche irregolare, striscia di gesso. L'effetto mi sembra ugualmente

suggestivo. La seconda contiene la stessa immagine fortemente ravvicinata con lo zoom, interessante perché sta coprendo la cifra in bronzo "50", che come ben sapete tutti, è la tangente, in centesimi, della distanza zenitale

del sole, appunto pari a 0.5 a Roma il giorno 11 agosto alle 12 locali. Mentre io non mi muovevo dalla Chiesa, per scattare le fotografie, la mia nipotina di 10 anni (e molti miei amici, da me informati, ma inizialmente increduli), hanno goduto con stupore ed entusiasmo la danza delle falci

solari tra le ombre degli alberi. Mario Catamo.

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Ed ecco che i monaci cominciano ad uscire...Niente di meglio che sentire (e vedere) una voce “nel deserto”: Giovanni Bellina dalla Sicilia, grazie al quale sarà poi anche possibile un confronto delle osservazioni a diverse latitudini.

Cari amici Dopo aver molto apprezzato le immagini regalateci dall’amico Guido

Tonello sento il bisogno di aggiungere le mie realizzate all’interno della Cattedrale di San Giorgio nella città di Modica. I dati sono

scritti direttamente sulle foto. E’ interessante confrontare l’ora italiana segnata dallo strumento di

S.Petronio e quella segnata dalla meridiana di Modica , diversa latitudine e longitudine e forse …diverso punto di riferimento iniziale

per il computo ( quanto dopo l’effettivo tramonto ?). Si conferma ancora una volta che fino alla fine del secolo scorso le comunità cittadine

vivevano secondo tempi diversi da un luogo all’altro. Al momento dello scatto la fase di massima eclisse (65%)( ore 12:32 del

tempo medio estivo) era passata da un pezzo. Entro la fine di Settembre aggiungerò al mio sito web qualche pagina con

una sequenza di foto che documentano passo-passo il procedere dell’eclisse all’interno della chiesa.

A presto Giovanni Bellina

http://www.ragusa.net/meridiane/ L’interesse delle immagini di Tonello si fa sempre più vivo. Ando Gilardi, grazie al quale abbiamo appreso appieno il valore storico delle stesse immagini, richiede alcuni dettagli dell’osservazione e sui mezzi utilizzati.

Egregio signor Tonello, come fotografo e specialmente come storico della Fotografia ho immensamente

apprezzato la sua istantanea dell'eclisse in san Petronio: come ho già detto questa fotografia ottica fissa di una fotografia stenopeica effimera penso

che sia un documento unico nella storia del mezzo. Sempre come fotografo e storico, se non è un segreto, e allo scopo di scrivere un pezzo sulla

rivista Progresso Fotografico, mi interessa conoscere: a) il tipo e nome dell'apparecchio che ha usato; b) specialmente il nome e i dati

dell'obiettivo (lunghezza focale. diaframma e tempo di esposizione; c) il nome e i dati della pellicola (sensibilità, tipo); d) l'ora esatta della

ripresa; e) se la ripresa è stata eseguita a mano libera, Penso che queste informazioni possono interessare anche gli altri amici di gnomonicaitalia.

ANDO GILARDI

Pronta la risposta di Tonello in cui sviscera tutti i segreti dell’osservazione.

Egregio Signor Gilardi, Poichè mi ha interpellato, Le rispondo.

Premetto che non sono un bravo fotografo e tantomeno lo sono stato in quell'occasione.

Prova ne è che nelle altre fotografie non si vede nulla della linea meridiana e pochissimo del pavimento.

Ho usato una Nikon F801 con obiettivo NiKon AFNikkor 35-70mm (1:3.3-4.5). Ovviamente ho utilizzato la lunghezza focale di 70mm, il massimo che mi era

consentito non avendo portato con me il teleobiettivo, stessa marca (70-210mm). La pellicola era una Kodak - Elite crome a 100 ISO per diapositive a colori.

Il campo di ripresa era molto più ampio di quello che si vede nella fotografia che ho inviato.

L'immagine è stata "scannerizzata" ad elevata risoluzione, quindi ingrandita

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e ritagliata con il computer. L'ora esatta non la ricordo, diciamo verso mezzogiorno più o meno. Ho utilizzato l'esposizione automatica, con cavalletto, e non mi sono

preoccupato di rilevare tempi e diaframmi: mi sono fidato dell'automatismo. Sono certo che i tempi di posa erano abbastanza lunghi, potrei dire di un secondo o forse più, da come percepivo lo scatto di apertura e chiusura

dell'otturatore. Mi dispiace di non essere più preciso, ma in quei momenti ero più attratto dalle strane forme che assumeva la falce solare che non dalla macchina

fotografica. Guido Tonello

Infine, arriva inaspettato anche il messaggio di Gianni Ferrari che presenta le foto eseguite da Renzo Righi (che io credevo intento su qualche soppalco a disegnare meridiane al sole, con una pausa per l’eclissi...).

Cari amici, mando allegate due fotografie dell'eclisse del l'11

Agosto fatte dal comune amico gnomonista RENZO RIGHI di Correggio. Invio io le fotografie dato che Renzo non é ancora collegato ad Internet :

in veritá Renzo mi ha portato le foto in visione e io ho insistito per poterle distribuire in giro.

La linea meridiana esisteva sino ad una trentina di anni fa nella chiesa della Collegiata a Novellara (RE) ed era realizzata ( a memoria dei vecchi)

con una striscia di marmo della larghezza di circa 10 cm. Quando si decise di rendere piú bella (sic!) la chiesa venne sostituito

l'antico pavimento in cotto - nel quale era posizionata la linea meridiana - con un pavimento in marmo , eliminando del tutto quello che si

trovava sul pavimento stesso. Il foro gnomonico (vedi foto) é ancora presente ed é posto su uno dei lati della chiesa ; la linea meridiana partiva da una cappella laterale (che si

vede nella fotografia ) e arrivava sino a metá della navata centrale superando anche un gradino.

Righi, avuta qualche tempo fa notizia dell'esistenza della linea meridiana si é subito interessato per una sua ricostruzione, almeno parziale. Ha gia provveduto a fare tutte le misure necessarie e si augura di poter portare

avanti la cosa in tempi sufficientemente brevi (burocrazia, Sovrintendenza beni culturali, fondi, ecc.)

Ora la linea é tracciata su un nastro e i segni zodiacali - correttamente posizionati - sono disegnati sul pavimento.

Dati tecnici : Altezza Foro : 520 cm, foro ellittico delle dimensioni di 12

x 10 mm (asse maggiore orizzontale), dimensione maggiore della immagine del Sole sulla linea nel giorno dell'eclisse circa 65 mm.

Un caro saluto a tutti Gianni

Beh! Non c’è che dire. Sono convinto che se l’eclissi di Sole ci regalasse un bis a breve scadenza, questa volta sarebbero davvero molto affollate le chiese con linee meridiane.

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Giacomo Agnelli presenta…