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Steen Jansen: Due letture di Nummer 109 Apri I 1983 VESTIRE GLI IGNUDI di Pirandello ad opera dei registi Mario Missirol i e Massimo Castri Romansk lnstitut Kebenhavns Universitet Njalsgade 78-80 2300 Kbh. S

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Steen Jansen:

Due letture di

Nummer 109 Apri I 1983

VESTIRE GLI IGNUDI di Pirandello

ad opera dei registi

Mario Missirol i e Massimo Castri

Romansk lnstitut Kebenhavns Universitet

Njalsgade 78-80 2300 Kbh. S

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ti d" presentazione

u JtJ fascicoletto vorrebbe solo essere una presentazione

r ·~oria e parziale di un materiale raccolto per evidenziare

pr lematica legata alla lettura del testo letterario .

Qu sta problematica - e quindi l'o t tica in cui ci si propone

ndurr• future indagini in proposito - nasce dal fatto che è

ralm nte ammesso che uno stesso testo lette"t'ario possa esse­

in più manie"t'e dive"t'se , ossia che si possano essergli

significati diversi , ugualmente validi e a volte

vicenda ; e tuttavia è altrettanto accettato , ed

ff rmito, che il compito della critica letteraria sia quello di

·:tar<, analizzando il testo, una lettura o interpretazione

t l al testo e al suo messaggio , che cioè ne metta in luce il

~·:·i ·ato fondamental..e, ve"t'itier•o e dunque univoco.

~ ·Jta la concezione che abbiamo , e l'uso che facciamo normal..-

nt dei testi (nel p"t'ocesso di comunicazione) c'è infatti da me ­

r·v·g ia"t'si di fronte a cib che si chiama il.. "polisenso " o " la

·ariazion e delle connotazioni" ecc . del testo letterario : come mai

~I lo stesso testo ave"t'e diversi significati a seconda delle per-

. r.e chb lo leggono? e senza perdere comunque un suo senso , una

ua ~d.ntità? e via dicendo , per aff rontare il p"t'oblema di f ondo

h qui ci inte"t'essa : è possibile proporre una analisi, una descri­

n rha ne accolga, c he non sospenda questa sua caratter istica

" 2mentale, il suo "polisenso"?

due interviste presentano le letture, diverse, di uno stes­

t . to, il Vestire gli ignudi di PirandeZlo , fatte da due re­

senz ' altro una l oro specificità (di cui più avanti) ,

i la lettura del regista ha in comun e con la lettura del critico

ambedue vengono fatte in vista di una presenta -

ne concreta e esplicita del risultato della lettura : il signi ­

r •ate att1•ibuito al t e sto verrà fuori in una messinscena o in

~ aa;gio; cib diffe renzia queste letture da altre letture dicia ­

più "private".

Per la pro1 tematic a che qui ci intere ssa questo è importante :

'! i<n lat< offrono di.n.1i. e letture esplicitate e quindi la possi ­

b "Zità di esaminarne le differenze in modo più preciso e di indi ­

viduare le relazioni che le connettono al testo ; dall 'altr o lato ,

la presentazione, in qualche modo pubblica , del risultato della

l ttu"f'a , implica una "doppia "t'esponsabilità" sia verso il testo ,

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II

nella sua forma concreta ed intersoggettivamente determinabile ,

sia verso il pubblico al quale ci si rivolge con questa lettura

esplicitata . Ne risulta che si può assumere (finché non sarà di ­

mostrato il contrario) che queste letture presentino interpreta ­

zioni , significati che siano fra quelli attribuibili al testo .

Per queste ragioni, le letture di registi e di critici si

offrono come un terreno adeguato ad un ' indagine sul "polisenso"

del testo letterario , cioè sulla diversità delle letture possibili

e valide e sul come si concretizzi e venga organizzato, nella sin­

gola lettura , l 'attribuirsi di un significato ad un dato testo .

3. L ' oggetto delle due interviste è un testo drammatico . Per cer-

tuni, questo tipo di testo costituisce un caso a parte , differen ­

ziandosi questi testi dagli altri testi letterari proprio per es ­

sere più "aleatori" (il termine che usa Castri) , più aperti a in ­

terpretazioni diverse, e i risultati d'una indagine condotta su

testi drammatici non avrebbero quindi validità per i testi lette ­

rari in generale .

A guardarci bene però (confrontando , ad esempio , le inter­

pretazioni di uno stesso testo , sia esso narrativo , lirico o

drammatico , proposte da vari critici letterari) , questa diffe ­

renza risulta piuttosto non connessa agli stessi testi , bensi a

delle tradizioni, a degli ideali , all'interno di due istituzioni

culturali diverse: la Critica (letteraria) e {l Teatro.

Nella prima viene assunto che la lettura, e l'analisi che la

fonda e la esplicita , debbano essere interessanti, senz'altro,

originali , pertinenti , ma innanzitutto debbano essere "fedeli" al

testo. Nel s econdo invece, non è accettabile, certo , che il testo

venga manomesso, ma è tuttavia importante altrettanto che venga

letto e poi presentato in modo interessante, pertinente, tale da

coinvolgere il regista e il pubblico cui egli si rivolge .

In altre parole , le letture sia del Critico che del Regista

si basano dunque sulle stesse "entità ideali ", che si possono de ­

nominare "fedeltà " e "pertinenza " , ma le accettano, queste "en ­

tità ", o criteri , secondo del le priorità divers e : il Cri tic o sub ­

ordina la "pertinenza" alla "fedeltà " (al punto che egli deve,

per far accettare una interpretazione nuova, originale , attualiz ­

zante d'un testo classico , il più delle volte dimostrare che ha

trovato lui , finalment e , quello che è il vero messaggio del testo! ,

men tre il Regista - de facto se non de iure - subordina 7 a "fedel ­

tà" alla "p e rtinenza " (è r a r o che egli riesca a portare in scena

III

un testo s e una sua lettura non abbia dimostrato la pertinenza ,

l 'attualità di ciò che ess o dice) .

E ' naturale che questa di fferenza - attinente alla lettura -

~ia poi riversata sull ' oggetto di essa , sul testo cioè sotto f or ­

~a di una differenza fr a testi meno aperti e testi più aperti al ­

la variazione delle interpretazioni . E siccome si era costituita

da tempo una specie di divisione del lavoro (si vedan o , in pro ­

pJsito , le pagine 137- 138 del volume di Leone de Castris) per cui

il ritico prendeva cura della lirica e della narrativa, mentre

il Regista si occupava dei testi drammatici (dei quali si diceva ,

si dice tutt ' oggi , che non dovrebbero essere letti , ma s olo

vi .: ti in scena , benché ci si immagini difficilmente un 'antologia

iLlla letteratura italiana , per lettori , senza i testi drammatici

d ' un Goldoni o d ' un Pirandello) , allora si potè accant ona re il

testo drammatico , e il suo peculiare carattere di "opera aperta" ,

il suo "polisenso" in somma , come un caso a parte .

Ma se tale divisione del lavoro non può essere mantenuta -

a non ci sembrano essere ragioni per farlo - risulta ugualmente

iifficile mantenere questa concezione del testo drammatico .

4 . Tuttavia , senza essere dunque un caso particolare , il testo

drammatico può bene rappresentare un caso privilegiato - e in par­

te per le stesse ragioni di cui sopr a .

In primo luogo , il "polisenso " appare già oggi , come si •

visto , più accettato , almeno di fatto , come un aspetto caratte ­

ristico del testo letterario quando si tratta di messinscene os ­

s ia di letture di testi drammatici ad opera di regist i , più di

quando si tratti di interpretazioni concrete di critica lette raria .

Se è vero che ciò dipende più da una tradizione che da un ca ­

rattere proprio del testo letterario , o della funzi one che e sso

pu~ svolgere nel contesto in cui lo si colloca , e se s i è sempre

più propensi , anche nella critica lette raria , ad accettare il po ­

~isanso del testo letterario , almeno quale nozion e astratta , all o ­

Y'<l dov2•ebbe esse re possibile cambiare la tradizione al fine d i

f are di questa nozione un concetto più pratico , ope ra tivo , adot ­

tandovi anche la lettu ra fin qui detta del Regista accanto a

qMella tradiaionale del Critico .

Riprendendo l ' idea di "doppia r e sponsabil ità" , verso il testo

e verso il pubblico , e i concetti di " f edeltd " e di "pertinen za",

intesi come dett o sopra , una proposta potrebbe essere formulata

' os i: Bisogna far si ch e ci sia alla base della crit i ca lettera -

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IV

ria , posto per due diversi tipi di letture del testo letterariv:

da un lato , una lettura che cerca di "accordarsi" con una lett~­

ra del contesto in cui è stato scritto , prodotto il testo studia

cioè con i significati (problemi , visioni, credenze , contrasti

eco . ) ohe si possono individuare , per altre vie , nell'epoca o

nella personalità dell 'autore . Dall ' altro canto , una lettura eh

aerea di "accordarsi" con una lettura del contesto in cui si tr

il pubblico - lettori o spettatori - che , per mezzo dell ' analis '

del critico, viene invitato a leggere , ad utilizzare il testo . Ar.­

lisi di un dato testo condotte secondo l ' una o l ' altra lettura ,

daranno senza dubbio risultati diversi , de s crizioni diverse di

questo testo perché si troveranno di fronte problemi diversi e

cercheranno diversi tipi di comprensione del testo in questione .

Le interviste qui presentate in seguito devono ovviamente il ­

lustrare il secondo tipo di lettura , che è quella , prevalentement ,

in cui viene fuori il problema del polisenso .

In secondo luogo , la messin scena può considerarsi una preser; ­

tazione del risultato della lettura più dettagliata e più stretta­

mente connessa al testo s tesso ohe non il saggio di critica lett -

raria , nel senso che il Critico può , formatasi una sua compren ­

sione complessiva del testo, presentare una scelta degli element '

testuali ohe corroborano la sua interpretazione; il f atto ohe eg,·

non menzioni un dettaglio , non dice se esso sia stato preso in

considerazione o no nella lettura . Il Regista invece deve deci ­

dere per ognuno degli elementi del testo come esso vada realizza•

nella messinscena in f unzione della sua interpretazione ; un ele ­

mento assente , " non menzionato" (una battuta , un personaggio -

come Emma nelle due messinscene di Missiroli e di Castri) è un

elemento cancellato dall ' interpretazione perché da essa conside­

rato secondario , non importante . Si può dire che la messinscena

è sempre una manifestazione esauriente della lettura che si è

fatta del testo ; il saggio di critica letteraria non lo è necess1-

riamente , e infatti lo è raramente .

Per una ricerca in vista della costruzion e di un modello eh

possa spiegare , rendere conto della variazione delle interpreta­

zioni possibili - senza ohe esso sia tale da spiegar e , ammettere

qualsiasi interpretazione - sarà quindi utile poter includere

anche le messinscene nel materiale ohe f orma il suo oggetto di

studio .

V

5 . La lettura di un regista ha , come detto sopra , una sua speci ­

ficità nella misura in c ui vi si pongono anche questioni, proble ­

mi di carattere strettamente teatr ale ohe non sorgono necessaria­

mente in altre letture dello stesso testo . Per molte ragioni , non

ho qui cercato di isolare, tanto meno di omettere, nelle due in ­

terviste, i passi che fanno r iferimento a tali problemi . Sarebbe

tentar. , inutilmente c erto , di ridurre il r egista ad essere solo

un tipo di l ettore, mentre in realtà la sua le tt ura costituisce

soltanto u na parte , un aspetto della sua attività, attività che

nel suo insieme appartiene all'ambito del teatro, sul quale non

si intende avviare qui una ricerca. Avendo precisato questo , ri­

tengo però che sia comunque legittimo intraprendere una ricerca

che utilizzi quest'aspetto parziale dell ' attività del regista per

cercarvi elementi che possano contribuire a chiarire come si rea ­

lizzi anche altrove la lettura dei t esti letterari .

Inoltre, ci sarebbe da chiedersi in quale misura sia possi ­

bile fissare una front iera precisa fr a le preoccupazioni "profes ­

sionali" che ques ti elementi specifici denotano, e le preoacupa ­

aioni "private" che esistono in tutti i c ontesti in cui il testo

può essere collocato e da cui qualsiasi lettura sarà infl uenzata

- esplicitamente o no ; le due interviste mi sembrano essere una

buona illustrazion e di questo pr oblema . Non ho qui una risposta

aZla questi one , ma se è difficile decidere di tale frontiera , si ­

gnifica che i problemi strettamente teatrali del regista non sa ­

ranno forse, nella pros pettiva qui assunta, da considerarsi più

specifici di quelli che portano con s é altri lettori con altre

"professioni".

Infine si noti in ogni caso che le due interviste mettono in

luce numerosi a spetti attinenti alla problematica della variazione

deZZe interpretazioni, della prior ità della "pertinenza", del

come ei attribuisca un significato a singoli elementi del testo

senza riguardo ai problemi teat ra li ; si veda ad esempio come i

due concepiscono ognuno dei personaggi de l dramma , come interpre ­

tano la didascalia "A Roma - Oggi" e camme strutturano lo svolgi ­

mento dell'azione .

6. I due r egi sti sono stati intervistati nel 198 0 - 81 , Mario Missi ­

roli in un colloquio registrato su nastro e Massimo Castri per

mezzo di un elenco di domande alle q ual i ha r i sposto per iscritto .

Nel frattempo è stato pubblicato il volume di Castri , a cura di

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VI

Ettore Capriolo , Pirandello Ottanta (al quale Castri fa cenno

più volte nell ' intervista , anche col solo termine "il libro"!

che raccoglie le note scritte da Castri dura n te le letture di ;r

testi pirandelliani , fra cui anche Vestire gli ignudi . Ciò non~

è parso tuttavia annullare l ' interesse di una presentazione qu·

deZl ' intervista con lui : innanzitutto si dà cosi la possibilitJ

di confrontare direttamente due interpretazioni diverse del tes

inoltre i due testi di Castri non sono identici , anche perché ! -mulano concezioni formatesi prima contemporaneamente alla lettur

del testo poi a sei anni di distanza di essa (e dopo , fra l 'altr ,

le letture e le messinscene di altri due testi pirandelliani) ,

per cui può risultare interessante anche un confronto di quest~

due testi.

?. I due spettacoli in cui si sono realizzati i risultati dell

letture dei due registi , sono stati allestiti quasi contempora ­

neamente : quello di Castri alla fine della stagione 19?5/?6 e

quello di Missiroli agli inizi della stagione seguente , quindi

in un momento politico - sociale identico. Lo scopo con cui si pr

senta qui questo materiale non neccessita più ampia informazia"

sull ' attività teatrale dei due registi .

8 . Per dare una idea - per forza , purtroppo , molto imperfetta -

dei due spettacoli, cioè degli stessi risultati delle letture , o

danno in seguito alle due interviste alcune recensioni degli sé

tacoli e una serie di fotografie dei medesimi ; almeno servirann

a evidenziare particolari di cui altrimenti sarebbe difficile

rendere conto .

9 . Vorrei ringraziare , oltre Mario Missiroli e Massimo Castri e

hanno voluto dare parte del loro tempo e del loro interesse a que ­

sto mio progetto , il "Lektor Knud Henders Fond" che ha reso econ -

micamente possibile un soggiorno di studio in I t alia allo scopo

di raccogliere questo ed altro materiale .

10. Testi citati (in questa nota e nell ' intervista con Castri1 :

Baratto , M.: 11 Le Thé<itre de Pirandello 11 in Réa l i sme et poésie au Thé<itre , CNRS , Paris 1965 .

Castri , M.: Per un teatro politico , Einaudi , Torino 19 ?3 .

(a cura di Ettore Capriolo) : Pirandello Ottanta , Ubulibri , Milano 1981 .

De Castris , A . L .: Storia di Pirandello , Laterza , Bari 19?5 .

Gardair , M.: Pirandello , fantasme et logique du double , Larousse , Paris 19?2 .

VII

Maur'o n, C.: Des métaphores obsédantes au mythe personnel, Co rti, Par i s 1962 .

uppa, P.: Il salotto di no tte , Multimmagini , Torino 198 0 .

z ndi , P . : Theorie des modernen Dramas , Frankfurt 1956.

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Intervista con Mario Missiroli su Vestire gli ignudi

DomRnda: Volevo chiedere se può ~armi un breve riassunto della sto ­

ria , dell'intrigo del dramma , tale lo vede?

"sposta: Sì , come l ' ho utilizzato, come l ' ho interpretato? C'è una

n tizia di cronaca che racconta del tentato suicidio di una gover­

nante . Per una curiosità letteraria , sociale e anche sicuramente rotica, uno scrittore , cioè un testimone del proprio tempo , in ogni

a o per buone e per cattive ragioni , s'incuriosisce di questo feno ­

eno, se si vuole , se ne commuove in qualche misura , si sente toc ­

ato da questo problema e va a accogliere questa donna che esce

dall'ospedale, offrendole l ' appoggio , la propria ospitalità . Questo

deno~a dunque che la condizione di Ersi lia è una condizione déracinée

completamente. Quindi è una persona della quale la cronaca ha fatto

n personaggio. Lo scrittore vuol vedere contemporaneamente qual 'è

la persona che c ' è dietro questo personaggio e anche qual è quel per -

cnaggio, vuole vedere le due cose, pirandellianamente le due cose .

Infatti la affittacamere dà una versione in un primo momento scan­

dalistica e in un secondo momento patetica del personaggio di Ersi­

l~a, che sono i due stati d'animo tipici di marca popolare . Il gior­

nalista che la insegue fin lì e la trova ospite della pensione dove

ta lo scrittore continua a darne l a versione giornalistica del fatto .

e si vuole dà un punto di vista anche abbastanza maschilista a pro ­

posito del fidanzamento interrotto e delle vicende orientali dove

accade il fattaccio. Ersilia continua a dare la propria verità che contrasta con

le verità che saprem:> , con tutte le verità, contrasta con quella del giornalista,

anmano contrasterà con que lla del tenente , dell ' ex-fidanzato che

la viene a cercare , perché anche lui ha saputo che è lì, contrasterà

con quella del console Grotti che viene addirittura a cercare di am-

utolirla, d i farla star zitta . Quindi la storia , il plot cons is te

se~plicemente in una esposizione di quattro verità: La verità della

cronaca, la verità di Ersilia , l a verità del tenente, la verità di

r.rotti; ma non sono solo quattro, queste verità , sono anche molte -

p icate perché c'è anche una verità di Ersilia a Nota , c'è una ve ­

rit\ di Ersilia a Grotti , c ' è una verità di Ersilia al tenente ,

qJindi sono quattro complicate dal fatto che le verità di Ersilia

diventano addirittura una per ognuno dei suoi interlocutori . La sto­

ria dunque , in fin dei conti ha .. , poi c ' è lo scontro tra le due ve ­

rità di secondo grado , di Gratti e del tenente , nello scontro ver ­

bale che hanno fra loro due alla presenza degli altri, è un'altra

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esposizione di verità appunto di secondo grado , e in tutto questo

c ' è un ' ipotesi di interpretazione di tutte queste verità , dello

scrittore . Quindi in sostanza questa sorta di Rashomon piccolo bor­

ghese moderno come un demiurgo che cerca di catalizzare, di dirimere

queste cose dello scrittore è l'intreccio della commedia, che con-

3iste solo in questo, in quanto che della realtà , diciamo così , og­

gettiva - fidanzamento , scandalo erotico con Grotti , morte della

creatura , tentato suicidio di Ersilia - queste sono gli unici dati

sicuri sui quali concordano tutti . E ' l'interpretazione di questi

dati che discorda. In sostanza discorda , perché viene negato impli ­

citamente a Ersilia come donna, quindi una volta sottoproletaria , e

come governante, due volte sottoproletaria, cioè minorità , cioè

' negra', viene negata l ' affermazione della propria verità come as­

soluta , ed è a credere che tutte ques t e verità siano vere tutte .

Ma non c'è dubbio che mentre lo spettatore e se si vuole persino lo

scrittore de l la commedia , Nota, possono concepirle tutte c'ome verità

coesistenti fra loro, i personaggi maschili, escluso lo scrittore ,

non possono, non vogliono ammettere la verità femmini le di Ersilia ,

la sua verità di donna , perché è una donna . In sostanza Ersilia muore

di mancanza d ' identità. Ha vissuto senza identità e si suicida per­

ché non l e viene riconosciuto il diritto della propria identità . In­

fatt i Vestire gli ignudi è questo: in fondo Ers i la si riveste , si

veste di una certa verità e gli altri vorrebbero denudarla di quella

verità . In sostanza Ersilia è un personaggio , come dire , nudo o

sempre reso nudo e non può quindi realizzare intorno a sé quell ' a ­

bito che il mondo maschile ha per definizione. L ' abito borghese di

Grotti e l ' abito , l'uniforme addirittura, del tenente , e , se si

vuole l ' abito professionale del giornalista . Ecco secondo me : la

storia è proprio solo questo , è il confronto di verità soggettive su

3 o 4 dati oggettivi; resta il fatto che Ersilia parte perdente e

finisce perdente perché le sue verità non sono mai accettate alla

fin fine da nessuno . E ' possibile pers ino che menta; ma una qual­

siasi eventuale menzogna di un personaggio che non ha il diritto alla

verità non è più nemmeno una menzogna , a rigore .

J?. : Con queste parole è una storia molto pirandell iana ...

R: Completamente.

D: ... anche del grande Pirandello che ha detto di non amare?

R: Esattamente , proprio questo è, secondo me, l ' interessante di

Vestire gli ignudi che certe forme estreme della macchina mentale

pirandelliana , o se vuole della sua convenzione drammaturgica, in

Vestire gli ignudi , vengono applicate in termini sociopolitici .

- 3 -

_Q: Molti critici scrivono che è un drammone strappalacrime. Pensa

che si possa considerarlo anche una specie di tragedia classica

nel senso francese? C' è mi pare il rispetto delle unità del tempo,

e del luogo . C'è anche una unità d ' azione?

R: C' è una unità d ' azione non assoluta . Perché c'è qualche sussulto

di modernità borghese nel corso del dramma ; ma unità del tempo as ­

solutamente sì , e del luogo assolutamente sì. Azione, direi che se

c'è qualche smagliatura, e qualche voluta smagliatura c'è p .es. fra

il secondo e il terzo atto , quando lei torna al terzo atto per essere

andata a prendere dei suoi indumenti , sì , ecco lì, la sento un poco

vacillare leggermente l ' unità di azione ; non è che è in proprio, ma

non la sento proprio così assoluta come fra il primo e il secondo

dove lei va a riposare; mi pare più .. .. prec isa . Vorrei però dire

che senza cavillare troppo , si può dire che ci sono le tre unità ,

ci sono .

.2_: Ho pensato un'attimo a Berenice di Racine dove egli dice che

l ' azione è un niente, qualcosa come un niente messo in scena .

Ji.: E' perfetto per Vestire gli ignudi , perfetto.

E_: Lei ha avuto delle idee di questo genere , cioè ha pensato ai

rapporti fra Vestire g l i ignudi di Pi randello e una certa tradizione

classica o una certa classicità?

.J_: Non c ' è dubbio che questi legami strutturali colla forma cano ­

nica del tragico io li ho accolti come programmatici addirittura .

Soltanto che ho realizzato Vestire gli i gnudi anziché come un dramma

o un drammone,come un grottesco , cioè come il decadimento del tra­

gico . Quindi date le stesse strutture, gli stessi archetipi del

tragico canonico , aristotelico e del tragico quindi raciniano an ­

che , ho usato l ' altra faccia della medaglia . Ho inserito in quel

contenitore ... ,cioè ho creduto di poter dire che Pirandell o avesse

inserito in que l contenitore anziché il tragico , l a sua smorfia, il

grottesco , la sua caricatura .

~: E ' del momento sociopolitico?

..!!_: Esattamente; a quel livello sociopolitico , a quel livello storico, a quel livello sociale e politico , quel che sarebbe tragico e che

oggettivamente per Ersilia è tragi co , diventa in quel milieu r i di­colo , tragicomico, gr ot tesco .

.2_: Dunque pensa che sia Pirandell o che abbia voluto me ttere in ri ­

lievo quest ' aspetto grottesco?

E_: Penso che Pirandello for se non avesse pensato in que s t i termi ni.

Credo che Pirandello pensasse a una dimensione borghese dei grandi

interrogativi sulla condizione individual e, sull ' ident ità . Io l'ho

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spinta invece ulteriormente la cosa verso un certo ridicolo e un

certo grottesco salvo Ersilia - che però la facevo molto povera

dal punto di vista estetico e stilistico, molto cheap , mo l to vile .

L 'ho spinto i o in quel senso perché credo che testimoniare oggi

negli anni '70 di quel mondo in cui Pirandello scriveva una trage­

dia così enorme e così piccola contemporaneamente, letta cogli occh,

nostri , con quel che noi pensiamo del mondo borghese , di quell'Ita­

lia e d i quella cultura e di quel milieu sociale , deve diventare

grottesco, cioè deve ridicolizzarsi, deve essere unito col ridicolo

che il grande scrittore che è Pirandello contiene anche involonta­

riamente, come Shakespeare contiene anche involontariamente ...

D: A un certo momento ho pensato che si potesse dare una interpre­

tazione del personaggio di Ersil ia anche come una donna che diventa

più forte in qualche modo , soprattutto se si pensa alla fine degli

att i . Ma entra anche questo nella sua concezione, perché dice di Er­

s ilia ohe ,nessuno acce tta la sua verità né all ' i nizio né alla fine?

~: Diventa soggettivamente più forte, oggettivamente più debole . Mi

spiego : è più forte perché licenzia il fidanzato, licenzia Gretti ,

licenzia anche lo scrittore (licenzia il giornal ista - ma non par­

liamone) . Qui ndi in realtà li rifiuta , questa è forza soggettiva­

mente. Oggettivamente diventa più debole perché la macchina , l ' af­

fetto sociale , per quante disperazioni att r avers i, resta fermo come

mondo ptolemaico. L ' ufficiale resta ufficiale, il console resta con­

sole , lo scrittore resta scrittore, il giornalista resta giornalista

e lei diventa soggett ivame nte qualcosa di più che però non può vi ­

vere assolutamente in quel mondo perché in quel mondo non ha udien­

za e quindi oggett iva mente si indebolisce, infatti deve suicidarsi .

Che è un gesto contemporaneamente di for za e di debolezza , di orgo­

glio e di disperazione .

D: Ha cercato nella messinscena p . es . d i mettere in rilievo le scene

finali degli atti?

~: Sì , p . es . la fine de l secondo atto , della scena con Grotti era

messa in evidenza in due termini di violenza. Tre schiaff i veri , e

il soll evamento de lle vesti e il tentativo di apertura dei panta­

loni, un tentativo , diciamo , di violenza canonica . Nell' ultimo atto,

senz'altro ho cercato di farlo , perché l'ho f atta entrare per la

scena finale cont rariamente, se si vuole, al l a l ogi ca , vest ita da

istitutrice, con que ll ' a bito che portavano le istitutrici tedesche

p.es . e che noi avevamo da ragazzini, con que ll ' abito blu quasi da

croceross i na con l e calze bianche ecc . Lei , non c ' è ne ssuno didasca-

- 5 -

lia che dica quest o . Andando alla stazione , al deposito, a riti ­

rare le sue cose , rientra colla valigietta ma vestita dell 'uniforme

della sua inferiorità , che , se si vuole, è anche l'us bergo della

ua condizione ; è contemporaneamente inferiorità ma anche orgoglio

di .ssere una minoranza , di essere 'negra'.

In un certo senso forse accetta la sua situazione?

_ Esatto ; accetta , abbraccia concettualmente il princ ipio della

Ja minorità . Quindi le ho accentuate in questo senso , queste cose

ei finali. ~ ~i ; e il primo atto dove Ersilia è molto debole e quasi sviene?

R: 'è uno svenimento; lo svenimento è previsto e quello qui è,

come direi, scritto ; mentre non è scritta la violenza di Grotti in

quel modo come l'ho fatto io , e non è s cri tto il fatto che lei torni

vestita da governante . _,; Quindi c'è comunque una vi olenza nel tes to da parte di Grotti .

uando Lei ha in un certo senso "caricata" questa violenza non è

dunque solo per dare un'espr essione adeguata ai nostri tempi, ma

sprimerebbe la stessa cosa che va vol uto dire Pirandello?

__: Si; io p .es . sono convinto che la violenza che ho applicato nel

rapp~rto fra Gratti e Ersilia è una violenza che a·Jrei applicato

anche allora , se fossi stato al mondo nel '22 . Perché è un tipo di

violenza che non serve per aggi ornarci appunto ai giorni nostri , ma

è una reale violenza duplice , sociale e sessual e , per far capire

anche che la temperatura del l oro rapporto è molto alta ed era alta

quella volta l aggiu i n Oriente quando facevano all' amore e la bam­

b"na cascò . Non scherzavano mica , e~a una cosa così forte che ha

potuto produrre la morte . Quando mi è stato - e l o dico solo per

spiegarle perché non me ne importa nulla - quando mi è stato detto

a certi critici o da certo pubblico : come? i l oro rapporti sono

es: violenti, ma non è scritto , io dico : ma che facevano su quella

terraz la laggiù? Sono stati violenti questi rapporti - anche accetta­

b~li, se si vuole , da Ersilia - sebbene lei dica : accettati - non ­

cettati, la tentaz i one ma non tentazione . Sono così veri da esse -

r forti . Negli schiaffi e nel tentativo d i Gratti , c'è ancora un

gno d'amore o perlomeno di passione , mentre sono tut ti finti i

rapporti che ha il t enénte con lei . Io li face vo assolutamente finti ,

dove lei lo guardava disprezzandolo ; continua a dire: ma non ti

p Ms o neanche sentire , tanto è stupido , e quello s i comportava , lo

f cevo comportare continuamente tenendosi le maniche , mettendosi al

post , agitatissimo , faceva l 'uomo in divisa, e quel lo tutto falso .

ntre con Gratti io intendevo un rapporto violento davvero .

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D: Sl , che in certo senso lo rende , se ho ben capito , meno .•. ?

R: meno grottesco , meno brutto , meno osceno , meno falso.

D: Di Laspiga?

R: più vero ; perché Laspiga proprio è un fesso , è un fidanzato

fra virgolette ; l ' a l tro almeno ha conosciuto la passione , l ' ha cono­

sciuta anche lei , e hanno avuto la morte fra loro, e amore e morte ,

come tutti sappiamo , è un ' adagio che lega .

--- o ---

D: Quando ha costruito questo luogo scenico , che è un luogo unico ,

ha voluto un luogo aperto?

R: S l.

D: Anche per~hé Roma è tanto i mportante?

R: Esattamente , avevo bisogno di sentire molto Roma dietro . E poi ,

come ha visto , non c ' erano nemmeno le porte , c ' era una sorta di cor­

ridoio in fondo , dal quale si entrava a destra o a sini s tra lungo

la vetrata . In questo senso è anc he un l uogo molto tragico , cioè un

l uogo dove un certo tipo di naturalismo era messo da parte , e anche

messe insieme questa assenza di porte , questa semplicità elementare

del l uogo esposto al l'aperto cosl tanto , e in t uffo , è un ' altra ele­

mento tragico di tipo aristotel ico , di tipo canonico , che ho voluto

applicare a un dramma borghese . Poi ho citato dentro a quella specie

di "teatro di Si racusa", ho citato un ' appartamento romano , ma en

plein air , tal mente c he que l li rondini grottesche , si può pensare

che addirittura si impigliano nel l e finestre , tanto c ' è il dehors .

..Q.: Quasi da non capire , da spettatore , che quando le finestre erano

chiuse non ci fossero più i r umori, t anto era aperto .

~: Esatto . Ho lavorato molto su quella cosa 11 , proprio per questa

ragione che dice Lei . Tanto dev ' essere present e l ' esterno anche a

finest r e chiuse .

--- o ---

_Q_: Una piccola domanda . Studiando la Sua messinscena, e quella di

Castri , mi pare che sia un elemento proprio nello spettacolo senza

esserlo nel tes t o o nel dramma , il fatto che gli attori o le attrici

potrebbero essere più o meno conosc i uti dagli spettatori , e citerei

come un esempio Anna Maria Guarnier i nei confronti di Anna Maria Lisa:

è ver~ no? che la Guarnieri era mol to più conosciuta dal pubblico

anche prima del Suo spettacolo? Ora Lei pensa che questo abbia in­

fluenzato il modo in cui è stato ricevuto lo spettacolo? P .es . : in

quasi tutte le critiche della Sua messinscena sono citati nei titoli,

- 7 -

Lei , la Guarnieri e Ferzetti; nelle critiche dello spet tacolo di

Castri , c ' è solo il suo nome . !,: Certo , per forza , non c'è dubbio . Ha molto importanza questo .

Perché realizzare qualsiasi tipo di spettacolo con attori che hanno

una loro storia e un loro rilievo , e una loro storia anche con di ­

verse vicende , diventa utilizzare da parte del regista, e quindi

da parte del pubblico un metadiscorso che va a completare il discor ­

SJ pur e semplice della regia . Mi spiego : quando le critiche dicono,

:n altre parole : 'povera Guarnieri, cosi brava in questa situazione

cosl sbagliata"mettiamo, recepiscono un messaggio che io come re ­

gista so , prima di.loro , che arriverà . Io mi valgo del carisma di

un ' attrice sostanzialmente amata e rispettata e verginale e roman­

tica come era stata lei prima di lavorare con me, per svolgere in

quegli anni uno straniamento dei valori riconosciu ti. Io ho profit ­

tato sempre del carisma di certi attori per inquietare la società,

dicendo : ·~ttenzione , questo è l'eroe , Ersilia , questo è l'uffician­

te di questo eroismo, Guarnieri o Ferzetti; state attenti che i

significati sono ribaltat i ", e metto in crisi, spero, tutt i voi sul

pensare a quell'opera in quel tal modo , sul pensare al teatro in

quel tal modo . Mentre invece l'altra ipotesi, quella che ha segui­

to Castri - io non ho visto lo spettacolo - non si valeva di questo

metadiscorso . Si vàleva si di un metadiscorso sull ' opera a sua

volta , ma non c ' era questo secondo grado . Lei fa benissimo a farmi

questa domanda , perché appartiene alla regia anche proprio l'uso,

e il disuso , di certi canoni d'attore. Nel mio spettacolo valeva

molto quest ' aspetto ''Ferzetti - Guarnieri" , e faceva parte della

regia . .2_: ''o l ' impressione che , sempre mettendo a confronto le due mess in­

sc• ne , leggendo le critiche, che gli spettatori hanno ricevuto la

sua messinscena mettendo al ce~tro appunto la Guarnieri e Ferzetti ,

oppure Ersilia e Nota , mentre i n quella di Castri c'è stata al

centro, certo, Ersilia , ma Nota p . es . non si differenzia per niente

d~gli altri . Nella sua c ' è una graduatorie ... ?

~: ~1 , per forza, perché c ' erano due o tre ragioni di questo . La

prima ragione è che, mettendo in opera Gùa rnieri e Ferzetti per

forza loro fanno parte de lla memoria , mentre con attori non noti,

yi vede solo Ersilia . Ferzett i si faceva vedere dal pubblico e

dalla critica , perché Ferzet ti altrimenti non lo vedono.

~ : E Lei ha pènsato a questo fatto? R: Sì , perché ho detto: chi deve essere il testimone , il demiurgo?

e~E essere un'attore capace colla sua stessa presenza di inquietare

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il pubblico, che vuol dire anche la critica che è sempre pubblico,

perché appartiene alla stor ia di certi canoni che io voglio rom­

pere, rovesciare . Se invece - come nel caso di Castri - gli attori

non sono assolutamente conosciuti, viene fuori per forza solo Er ­

silia, perché la pigrizia dello spettatore e il tempo breve che ha

a disposizione, la durata - e anche per la critica - non gli con­

sente altro.

L'ambiente dove lavoro io, è un'arena molto sanguinosa perché

rompe dei tabu. L ' arena dove lavora Castri è un'arena più limi­

tata , più acculturata , meno passionale, sociologicamente più omoge­

nea , mentre io lavoro su pubblici non omogenei perché sono più

grandi . D: Pensa che ci sia stata una differenza fra un successo di pubbli­

co ma non di critica nel suo caso , e per Castri un successo di

critica e meno di pubblico? R: Si , io penso di si, perché la critica ha sentito nello spettacolo

di Castri un interessante ragionamento saggistico, critico . Ha sen­

tito invece nella mia messinscena una provocazione d ' autore . C'è una

provocazione ,prima la provocazione del ragionamento ; ecco : della

mia messinscena hanno sentito molto più il pericolo di una forte

provocazione sulla drammaturgia pirandelliana, sui valori socio­

politici del nostro paese, del nostro teatro . Hanno sentito in pe­

ricolo , come io speravo, anche gli attori, anche il pubblico , mentre

invece il discorso di Castri era un discorso, come dire, più di la­

boratorio , più di sperimentazione pura , allora 11 il pericolo lo

sentono di meno . Il pubblico all ' inverso ha visto nel mio spetta­

colo una cosa da accettare o da rifiutare , ma sostanzialmente da

accettare perché chi conosceva Vestire gli ignudi - avendolo visto

la grande parte delle persone - ha pensato che fosse un ' interessan­

te punto di vista. Chi non lo conosceva, l'ha preso per il punto

di vista canonica, normale. Nel caso di Castri , invece , il pubbli­

co , essendo più piccol o , è stato più omogeneo, ma per forza di

meno, perché Castri non portava con sé una sua personale posizione

sociale, dic i amo : in margine , di regista ancora specializzato sì ,

rispettabilissimo si, senz'altro, ma molto meno conosciuto. Quindi

con molto meno spettacoli fatti , meno conosciuti, ecc .1 quindi è

tutto da vedere, e il pubblico a quel punto non lo conosce bene, non

sa , e allora ce ne va di meno . Inoltre non conoscevano gli attori

- 9 -

e allora per definizione diventa un discorso specialistico di un

particolare gruppo sociale che è attento a queste cose: ecco la

divaricazione .

..Q.: Pensa che ci sia stato •. anche il fatto forse che per il pub ­

blico che non conosceva il dramma era più fac ile, con la sua mes ­

sinscena , pensare che fosse una messinscena "fidele", mentre con

quella di Castri . . ?

~ Si, certo , è chiaro , perché nel caso di Castri era chiaro che

era un discorso dove era smontato strutturalisticamente la materia ,

quindi era chiaramente un discorso scientifico . Uso la parola

scientifico che va bene secondo me . Nel caso mio , come sempre nei

miei spettacoli , non smonto apparentemente la struttura e quindi

si è disposti a credere che possa anche essere cosi, perché non

metto in luce il lavoro di laboratorio , cioè non metto in luce le

didascalie mie, non smonto l'apparecchio: e questo capita anche alla

critica di non capire questo , perché se vedono il discorso di

Castr i esemplificato, capiscono l ' esemplificazione; se vedono in­

vece il risultato chiuso che faccio io , o sono d ' accordo perché

credono che sia cosi , o non sono d'accordo perché non lo trovano

esemplificato , ed è quello che sta dicendo Lei . Sono due linguaggi

e due scuole, diciamo , diversissimi .

E_: ·· ma che forse hanno anche un influsso sull a interpretazione

stessa del testo? - penso al luogo aperto che ha fatto Lei, mentre

Castri ha fatto un luogo chiuso.

R: Ho visto la fotografia infatti, chiussissimo il suo, apertissi ­

mo il mio . Io non ho visto lo spettacolo di Castri, ma mi pare che

il punto di vista sia proprio diametralmente opposto . Tanto è

sociopolitico e in fin dei conti , molto politico , il mio , e t anto

invece mi pare che sia strutturale , drammaturgico il suo .

.Q_: Penso anche , alle critiche che in certi casi hanno citato l'Eu­

ropa 1922 nel suo caso , mentre per Castri hanno citato Freud e

Kafka , che è una tutt'altra dimensione . . ?

]_: Certo , infatti diversissime; io non ho visto il suo, ma ho

letto , e ho visto le fotografie e ho capito che il suo punto di

vista e il mio, ci siamo occupati di due problematiche diversis ­

sime i ntorno alla stessa opera , e poi quell ' anno fu contemporaneo.

Certo che lui si è occupato della parte proprio di tipo tragico­

- ancestrale e del profondo . Io mi sono occupato invece della masche ­

ra pirandel liana . Io mi sono occupato dei sintomi sociopolitico­

-culturali , lui si è occupato della meccanica interna del labirin­

to freudiano, cri stiano; io l'ho legata all'Italia e al mondo,

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lui l ' ha legata al discorso interno della cultura, i o a quello

esterno. D: . . che ha fatto sì che avete letto il testo in due modi diversi?

R: Diversissimi . D: Quello che nello stesso tempo mi affascina e . . .

R: turba? D: Sì, perché in genere abbiamo una formazione, noi letterati , che

dobbiamo cercare il Senso del testo e poi in questo caso ci sono

due significati ugualmente ..

R: .. legittimi?

D: Legittimi. R: Sì, perché poi tra le altre cose , né io né lui abbiamo mica fatto

-;:;essun tipo di manomissione del testo. Lui ha replicato certe scene ,

ha ripetuto, ma questo non vuol mica dire niente . Però non abbiamo

per niente adattato il testo, manomesso, toccato, non l'abbiamo fatt

L'abbiamo fatto fedelmente, il testo , dopo tutto . --- o

D: L'altra sera Lei ha parlato di quel processo "Montesi" , cioè

di una situazione politica morale degli anni ' 50 che ha avuto un

certo influsso sulla sua lettura .

R: Ci ho pensato , sì . .Q_: Negli stessi anni '50, c'erano altre arti , soprattutto arti fi­

guratitivi fra le quali anche la corrente che si chiama neorealis­

mo , p.es. gli americani Warhol , Rauschenberg , Oldenburg , che hanno

(rap)presentato gli oggetti così come sono. Lei ha parlato molto

della bellezza delle brutte cose e del kitsch . Volevo sapere se

Lei si sente influenzato dalle altre arti degli anni ' 50? R: Non c ' è dubbio che quello, gli Oldenburg e Lichtenstein e tutti

-;li autori che Lei ha citato , io li ho sentiti molto fortemente e

me li sono portati con me fortemente come memoria culturale e dram­

matica . Perché que lle arti visive erano fortement e drammatiche, e

in fin dei conti, l'accumularsi di quell ' esperienza proprio ame­

ricana , statunitense , fino al Body - Art e fino all'iperrealismo

più recenti - di que l realismo , io li ho tenuti molto presenti in

alcune esperienze, presenti perché mi avevano molto preso . I n

fondo il telefono fuso , cioè vero ma fuso (di Oldenburg se non

vado errato) e certe esperienze iperrealistiche sono conseguen­

ziali . Io in certi spett acol i , come in Vestire gl i ignudi, ho sva­

gato fra il telefono fuso e l ' iperrealismo di qualche anno fa .

Vestire gli ignudi era questo, che è poi una dimens ione del kitsch

- 11 -

critica anziché oggettiva , soggettiva e critica come in quegli

artisti . Lei mi ha fatto una domanda più esatta: se si dovesse

dire cos ' era Vestire gli ignudi da un punto di vista della sua

domanda , era la memoria soprattutto di Oldenburg, ma era già pun­

tualmente iperrelistico, come in quel momento era iperrealistica

l ' arte figurativa degli Stati Uni t i. Era uno spettacolo iperrea­

listico , io lo definerei così .

_2: E' un'esperienza, come dire , superata adesso?

~ Completamente superata . E' durata molto , svariando anche in

epoche strane come il ' 700 , ma direi che è un ' epoca che si è c hiu ­

sa per quel che mi riguarda, io ho chiuso con quel tipo di esperi ­

enza con Vestire gli ignudi. C 'è ancora un'eco di quell' esperienza

in Zio Vanni - fra gli spettacoli che iv ho fatto - ma è un'eco ,

non è più esattamente quello . Però c'è un ' eco ancora forte , e Zio

Vanni è di quattro anni fa. Negli altri non c'è più, e non c'era

più neanche negli spettacoli precedenti a Zio Vanni . Tra Vestire

gli ignudi e Zio Vanni i o ho fatto Il bagno di Maiakovski e Natan

il saggio di Lessing, che non pescavano più in quella stessa aria .

.o ho in fondo perseguito due linee soltanto . Una quella che è

andata a compimento, direi , in quegli anni , l ' altra invece che era

una linea che tardava a venire a maturazione, e che è quella che

sto invece vivendo in questi ultimi anni , che ha degli spett acoli

precedenti molto precisi nel lontano passato anche degl i a nni 1 60 ,

ma allora erano spettacoli molto isolati , prevaleva in me quella

linea che ha portato fino a quegli spettacoli lì . Adesso invece

sta prevalendo questa seconda ; sì , quell'esperienza lì, direi che

l ' ho conclusa . Ma quest'anno prossimo farò uno spettacolo che forse

sarà conclusivo davvero di quell ' esperienza, e sarà questo Musik

di Wedekind . Questo parte ancora da quella vecchia radice . Questo ,

se Lei lo vedrà, l o ritroverà parente di quella linea .

..Q.: Dunque, Vestire gli ignudi in quel momento forse è stato una

specie di colmo di quell'esperienza?

~: E' stato il colmo . Lei ha perfettamente ragione .

_Q: Cerca ora di ricollegarsi con Wedekind?

R: Con Wedekind io voglio ... perché io Musik avevo pensato negli

stessi anni di farlo. Oggi lo voglio fare perché non posso l asc iare

dietro cose che ... e sarà molto più avanzata , per forza . Ma la

matrice è quella , cioè io legherei , per quel che mi riguarda, i miei

spettacoli , p . es . legherei Vestire gli ignudi con Musik e all' in­

dietro con La locandiera . L'unico non amato in termini cri -

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tici è stato Vestire gli ignudi ; La locandiera fu molto amata, e

L'ispettore generale di Gogol, questi sono spettacoli molto omo­

genei; e in qualche modo Zio Vanni, ma in un modo abbastanza più

delicato. Il colmo è stato proprio Vestire gli ignudi . Al secondo

posto del colmo c'era uno spettacolo di qualche anno precedente,

che era La locandiera, invece fu uno spettacolo molto capito a

tutti i livelli, anche dalla critica ; e per certi aspetti era

molto più estremo di Vestire gli i gnudi , molto più estremo; ma

riguardando un reperto letterario che aveva avuto interpretazioni

più illustri , era il mondo teatrale più preparato a r icevere questa

cosa, perché Visconti aveva fatto 15 anni prima una Locandiera

diversissima; in qualche modo, come dire , c ' era un poco di prepa­

razione a questo colmo che ho fatto io. Mentre in Pirandello, se

Lei ci guarda bene in Italia , sono poche le grandi operazioni cri­

tiche . Io credo che le grosse operazioni critiche su Pirandello

in Italia ne abbiamo fatte soltanto: Strehler, due o tre cose im­

portanti; una importante di De Lullo, che io non amo, ma bisogna

dire che I l gioco delle parti era un'operazione importante secon­

do me; Castri e io; non mi sembra che ei sia stato nient'altro. Men­

tre su Goldoni c ' è più Strehler e un po' di Visconti; è comin­

ciata prima la revisione. Allora , è vero che il colmo di quella

linea mia, l'ho toccata con Vestire gli ignudi rispetto alla

situazione come è; ma come spettacolo in sé era più osée, rispet­

to alla sua natura letteraria , La locandiera .

__Q_: Ha avuto un'imortanza anche il fatto che era una specie di

sfida mettere in scena Vestire gli ignudi perché era considerato

proprio un Pirandello minore?

Ji: Minore, uno dei minori dei minori .

D: C' è stata una sfida?

R: C'è stata una sfida , perché come Le dicevo l'altra sera e

veramente io credo che mi comporterò cosi; non farò nient'altro

di Pirandello. Io volevo fare soltanto il minore dei minori e

il maggiore dei maggiori, cioè l ' opera postuma . Perché io trovo

una grande poesia in questi due estremi di Pirandello , cioè nel

prenderlo in parola per quel che c ' è scritto; in Vestire gli ignudi

cioè io ho fatto cosi , ho detto : cosa c'è scritto? e mi fermo,

mi importa solo il comportamento, non mi importa niente di quel

che c'è sotto . Uso solo il comportamento anziché indagare sulla

sua metafisica. Questo io ho voluto fare. Oppure delle grandi ope­

re I giganti della mont agna perché non c'è scritto quasi niente;

è un'ipotesi pur e semplice . Infatto ho fatto due sfide. Una è

- 13 -

stata capita, questa è stata molto capita: I giganti della mon­

tagna; quella non è stata molto capita , ma per forza perché ,

come sempre , la sfida sull'opera minore è forse quella che ri ­

sulta più difficile da essere interpretata da chi la vede. E'

stata un poco una sfida e infatti , neanche a farlo apposta, come

mai improvvisamente in un certo anno due registi quasi coetanei

affrontavamo un'opera cosi inutile , apparentemente? Perché , se­

condo me , sia io che Castri per ragioni diversissimi abbiamo sen ­

tito o capito o creduto che in corpore vili ci fosse più materia

di discorso che non sulle opere che contengono già la propria mes ­

sinscena . I sei personaggi è inutile affrontarlo ; I sei personaggi

parla, è meraviglioso, è perfetto , ma è talmente . . . contiene la

sua interpretazione. Poi magari ci ripenseremo e verrà fuori qual ­

che cosa, _ma io oggi come oggi credo che la ragione sia quella .

Perché vuol dire prendere un sistema mentale pseudo-filosofico,

grandemente geniale e molto affascinante come quello di Piran­

dello al suo livello minimo . E io l'ho fatto per questa ragione;

ho detto: m' interessa mettere in relazione la metafisica piran­

delliana - la chiamo metafisica anche un poco ironicamente - con

l'anno 1922, in cui l'ha scritta, per un suo pubblico, perché do­

veva anche aver successo, possibilmente , e voglio capire quanta

omogeneità e quanta diversità c'è fra tre cose : quella metafisica,

quel mondo, e questo di oggi. Ecco , questa è la ragione, cosi come

per I giganti della montagna. Io dico: c'è un messaggio di Piran­

dello morente - è vero che l'ha cominciato molto prima, ma non

l'ha voluto finire; non è che non ha potuto, non ha voluto, non

è stato capace per fortuna di finirlo - mi interessa li una meta­

fora sull'arte, sulla impossibilità di rapporto fra arte e mondo

che mi pare straordinario , molto più straordinario di quanto non

sia l ' opera. L'opera però, santo cielo , ha il pregio di introdurre

questo quesito . Quindi sono proprio due punti diversissimi. Io

infatti quando pensavo di fare Vest ire gli ignudi dicevo sempre

alla Guarnieri: faccio questa bugiarda , voglio fare , mettere in

scena , queste bugie , questa metafisi ca pirandelliana ridotta a

bugie di quattro stupide creature .

D: Una bugia anche da parte di Pirandello?

R: Si, perché aveva capito che la sua macchinetta funzionava e

funzionava per tutto . Avrebbe potuto scrivere l ' elenco del tele­

fono; con quella formula era rappresentabile .

~:Ha trovato "qualcosa" con I sei personaggi e Enrico IV?

].: Esatto; sulla base di que l la invensione poteva scrivere tutto .

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].: Perché ha scelto Vestire gli ignudi e non Diana e la Tuda?

B._: Perché Vestire gli ignudi è un dramma urbano , cittadino , ministe­

riale, sottoministeriale , lo conosco , cioè . •. per la stessa ra­

gione per cui ho fatto Gogol. Ecco , per la stessa ragione per cui

ho messo in scena L'ispettore generale , per i l gusto del macabro

cittadino quando arriva a dei livelli proprio miserabili.

Q: . . è la civiltà urbana?

.B_: Esatto . La civiltà urbana ai suoi livelli più poveri .

.1?_: La mia ultima domanda sarebbe questa: c ' è stato un filmato

televisivo di Vestire gli ignudi del regista Luigi Filippo D'Amico

e con Fernando Rey , l 'ha visto?

.!!.: No. Si , lo so, perché conosco Luigi Filippo D'Amico , e l'ha

fatto 3 o 4 anni dopo che io l ' ho fatto in teatro . Ci siamo visti

al mare , mi parlava, doveva fare questo film e io però non l'ho

visto.

J?_: Perché c ' è li un problema appunto dell ' utilizzazione del kitsch

in qualche modo , perché a me pare che il suo film è molto kitsch e

molto sentimentale; è diventato proprio un feuilleton str appala­

crime ; si ha l'impressione che ques to dramma sentimentale sia preso

più sul serio nel film, non c'è l'ironia o meglio il sarcasmo che

c'era nella sua.

].: Io lo penso; non l'ho neanche visto perché sinceramente non mi

aspettavo di poter essere molto d'accordo , allora non l ' ho guardato .

So che l ui mi diceva che l'avrebbe fatto, ma non l ' ho visto in­

somma ; lui ha un temperamento estremamente dolce e poi è parente.

E i parenti di Pirandello sono terribilmente condizionati. Maria

Luisa Guirle, che è parente diretta di Pirandello , e Sandro D'Amico,

che è cugino di Luigi Filippo, sono due tutori di Pirandello , i

diritti sono loro , di quelle opere li; alcune , le hanno lor o , e

altre, le hanno altri . A loro interessò molto la mia messinscena ,

ma fra loro e Luigi Filippo c'è un altro punto di vista ancora

diverso , cioè Luigi Filippo fa parte dei parenti di Pirandello

non parenti diretti , e quindi forse è più ossequiente ; e poi lui

per temperamento è un'uomo molto dolce , un ' uomo che non mette in

discussione le cose, voglio dire .

.Q: Ho chiesto perché l'altra sera ho riletto le critiche e cercavo

una spiegazione perché la critica non abbia percepito quel sar­

casmo.

!.; Io non l ' ho mai capito . Appunto, io Le ho citato La locandiera,

perché lasciamo perdere Gogol perché di fronte a un autore russo

lo spiazzamento , del fatto che non è italiano , può già bastare

- 15 -

per non creare pr oblemi ; ma fra Goldoni e Pirandello c ' è sempre che é

materia di casa nostra. Non ho capito come mai il sarcasmo e la

ferocia, che avevo messo nella Locandiera1non sono mai arrivati

in porto nel Vestire gli ignudi . Posso provare a dare una spiega­

zione . La prima spiegazione è sostanziale , ché nella Locandiera

il personaggio della protagonista diventava nel mio spettacolo

un personaggio negativo anziché positivo, ma di un negativo real ­

mente tragico . C'è la bottegaia che crede nella metafisica della

bottega , ma non c ' è dubbio finto di dolore. Mentre Ersilia era

finta di tragico perché non ha mai inteso fare altro , ma non c ' è

dubbio che in tutta la prima parte , come l ' ho fatta fare io , as ­

somiglia più a un mitomane che a un personaggio tragico . Poi di ­

ventava tragico nel monologo finale. Ma i o ho giocato molto sul

douteux di quel personaggio che lo rendeva ai miei occhi più tra­

gico , ma forse un po' troppo complesso per un ' occhiata c ritica

superficiale . Secondo : nella Locandiera le parti comiche sono

cosi lontane da noi, la stupidità e l ' impotenza dei nobili ecc.,

che venivano accolte in accordo perché ci stava la rivoluzione

francese in mezzo oltre a quella bolcevica che non interessa mica

tanto ai nostri critici . Mentre il mondo di Pirandello è ancora

vicino : ci sono ancora i nonni vivi e ci sono ancora i personaggi

di Pirandello in giro , ci sono ancora proprio loro, quindi è

questo che credo che abbia disturbato di più .

.Q: Non c ' è stata una specie di contraddizione fra l'idea che si

aveva della Guarnieri e poi l'insieme dello spettacolo?

~: Si , però era già superata , perché era già success o , quindi

non era più il punto. Le spiego : la contraddizione fra l ' immagine

della Guarnieri di prima e l'immagine de lla Guarnieri attuale ,

che è nata con me (quella attuale) , accadde prima, accadde con

La locandiera; ma fu sostanzialmente amata e capita questa t ras ­

formazione dai più, 80 su 100 . C' era qualche vecchio critico che

soffriva a verderla in condizioni di spettacoli dissacranti, ma

normalmente fu amata e capita questa trasformazione che la Guar ­

nieri ebbe quando venne a l avorare con me . Quindi lei aveva già

fatto con me La locandiera, Signorina Giulia di Strindberg, spet ­

tacolo fra i miei migliori , che io amo moltissimo, che fu anche

amato1 L ' eroe borghese di Sternheim , due cose in televisione, gros ­

sissime : Trilogia della villeggiatur a di Goldini e un altra cosa

che adesso non ricordo . Quindi non era più un problema all'epoca

di Vestire gli ignudi . Semmai io glielo dico cosi perché lo posso

dire tranquillamente : su Vestire gli ignudi probabilmente giocava

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anche un ' altra cosa . Non più tanto la Guarnieri, ché era già sta­

to appunto risolto il problema , e devo dire che non dette luogo

a ... sl , dette luogo a stupore , ma è stato un momento in cui

lei è diventata adulta , diciamo , artisticamente, ed è stata ca­

pita, amata e siamo stati apprezzati tutt ' e due . Quell'anno io

prendevo il Teatro Stabile di Torino e ho l ' impressione che ci

fosse - quello spettacolo fatto prima di essere nominato , in quel

momento di passaggio - ho l ' impressione che giocasse molto contro ,

1) il fatto che non ero visto favorevolmente come dirigente di un

ente pubblico perché ero sempre stato considerato un regista molto

hidalgo. Quindi non mi vedevano come , non amavano l ' idea che io

fossi direttore di un teatro pubblico . 2) c ' era una grossa lotta ,

politica e culturale , intorno al fatto che io andassi al Teatro

Stabile , c ' erano quelle lotte che ci sono in genere intorno a

queste cose - quindi ho l'impressione che in buona fede qualcuno

pensava : no, Missiroli non è un regista da teatro stabile ; in

mala fede , qualcun'altro diceva: no, non ci deve andare , ci deve

andare un ' a l tro; diciamo: Vestire gli ignudi apparve come una spe ­

cie di provocazione, di eccesso , di colmo , come diceva Lei , proprio

mentre la mia immagine si andava a configurare dentro a un ente

pubblico, dove poi io mi sono comportato esattamente come prima,

perché ho fatto da Verso Damasco una cosa stranissima per un tipo

di teatro come questo , e molto osé per questo tipo di teatro .

Ma in quel momento credo che non fosse bene a fuoco la mia imma­

gine .

Intervista con Massimo Castri su Vestire gli ignudi

omanda : Perchè hai scelto proprio questo testo (che se non mi

sbaglio , è il primo testo pirandelliano sul quale hai lavorato)?

l testo (considerato fino ad oggi un testo minore) è stata, per

te, un testo "anomalo " fin dall'inizio?

Risposta : In quel momento non si trattò della scelta di un tes to

tra i testi di Pirandello . Sono arrivato a Vestire gli ignudi abba-

tanza casualmente per una serie di "ragioni" diverse:

a) ragioni generali: accostarsi al "linguaggio del quotidiano" ,

al realismo , dopo il "teatro politico", i l brechtismo , il "teatro

di metafora " ... in genere il "teatro di ideologia".

b) ragioni "specifiche": Vestire gli ignudi prese il posto di Fede ,

~peranza , Carità di Horvath (di cui non ero riusc i to ad avere i di­

ritti, bloccati da Strehl er che poi li passò ad un suo assistente;

Strenler precedentemente mi aveva già impedito di fare Baal di

Brecht) . Venivo da una esperienza brechtiana (Un uomo è un uomo) e

pensavo di uscire dall'area di scrittura brechtiana attraverso la

mediazione di Horvath, non avevo ancora intenzione di arrivare al

"dramma borghese", anzi guardavo ancora con molto sospetto a questo

tipo di teatro, anche se teoric amente era abbastanza inevitabile

che approdassi al "dramma borghese" (vedi gli ultimi capitoli del

mio libro Per un teatro politico) ; ma all'epoca di Vestire gli ignu ­

di dovevo ancora cominciare a "tradurre" in drammaturgia concreta

e in scrittura scenica tutto l 'impianto teorico- progettuale del

"realismo prospettico" ecc. ecc . Cosl l 'incontro con Vestire gli

ignudi è stato un incontro direi quasi "casuale ma mol to "fortunato'"' .

c) ragioni "culturali" d i quegli anni : i l femminismo, la donna come

"vittima" , il rapporto uomo-donna ecc.; temi che io però vivevo

molto personalmente e molto intensamente: potrei dire che con Vestire

gli ignudi ho e laborato il lutto della fine del rapporto con mia

moglie , un rapporto durissimo (sar~bbe facile dire "strindberghiano")

dal quale uscivo con un misto d i senso di colpa , di invidia per la

donna ecc.; nello spettacolo io sono "tutti gli uomini '' (o almeno

posso dire di "conoscerli " molto bene) , ma sono anche Ersilia , la

donna- bambina, con la quale mi identifico profondamente .

Con quello spettacolo ho iniziato ( ma allora non lo sapevo) una

lunga esplorazione del "femminile ", che ancora continua (Ka tchen)

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ed è passata attreverso la Madre di La vita che ti diedi, Giocasta

dell'Edipo di Seneca, Rebecca West di Rosmersholm, Hedda Gabler .

Nella scelta di Vestire gli ignudi rifluisce anche una lunga inte­

resse per Strindberg (sul quale lavoravo già da anni; ma poi stra­

namente non ho mai messo in scena un suo testo ; è anche troppo

"ideologico"): interesse per la tematica del rapporto uomo-donna

come rapporto di scontro e di lotta e per la tematica "ambigua" del

rapporto carnefice-vittima.

d) insomma, come vedi , quando ho scelto il testo non sentivo di

scegliere "un Pirandello"; era soltanto un testo che per molti mo­

tivi mi interessava. Paradossalmente, infatti, mi affascinavano la presenza d i Strind­

berg e quella di Ibsen dentro il testo di Pirandello: la struttura

crudele, il giuoco di massacro, lo schema quasi perfetto di "ritor­

no del passato nel presente" (quasi perfetto come in Spettri : altro

testo sul quale avevo già lavorato, e che l ' anno seguente a lungo

è stato in alternativa a La vita che ti diedi) .

Ragioni piu interne al mondo pirandelliano sono nate dopo la scelta

del testo e in conseguenza del lavoro fatto per mettere in scena

Vest ire gli ignudi . Di Pirandello non sapevo molto , anz i poco .

~ : Dalle tue note risulta , mi pare , che nelle tue letture e rilet­

ture del testo c ' è stata una "evoluzione " abbastanza importante

nella tua interpretazione del testo . E ' possibile indicare una -

o due linee dominanti in questa evoluzione?

~ : Credo che all'inizio fossero dominanti interessi tematici: la

condizione della donna , la aggresssività e la falsità maschile, la

lotta vittima-carnefice e le ambiguità e le convivenze interne a

questo rapporto , un "percorso di coscienza" che sfocia in un suici­

dio ecc .. Poi questi interessi tematici (e abbastanza implicanti

me personalmente) sono stati riassorbiti (non scomparsi) , hanno

trovato collocazione e "senso" dentro una lettura strutturale e em­

brionalmente "sottotestuale" del testo, (allora avrei detto lo

"svelamento" de l carattere fittizio del realismo pirandell iano) :

cioè dentro la scoperta della "doppiezza" del testo, del giuoco

di rinvio da superficie (narrativa) testuale a " strutture" (eviden­

ti o latenti) testuali : in quanto strutture "latenti" si poteva già

forse parlare di rinvio da testo a sottotesto , da superficie t estua­

le a profondità testuale ecc . ecc. : in altri termini una serie di

interessi struttural i hanno preso il sopravvento s ugli interessi

tematici , li hanno inglobati , riassor biti e "ri-prodotti" ad un li-

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vello di "maggior senso"; mi riferisco alla circolarità del testo ,

al presente del testo come "ripetizione'' (Straniata/ spiazzata) del

passato del testo (l ' antefatto) , alla tensione , al monodramma ecc ..

Cosi il lavoro su Vestire gli ignudi ha dato origine ad una ricer­

ca di "poetica" (la drammaturgia "sottotestuale" , "sovratestuale"

del "testo latente" ecc. ecc . ) e ad una ricerca di linguaggio o

scrittura scenica adeguati ad una lettura cos i complessa dei testi

,ad . es . in Vestire gli ignudi uno dei primi risultat i fu lo "scol ­

lamento", il progressivo divaricarsi de i divers i livelli di segno :

la parola dal gesto ecc . ecc . ) . D: Vedo che hai fatto delle le tture molto estese di Pirandello e

di 5aggi su di lui. Hanno influenzato o in quale modo ha nno in ­

fluenzato la tua lettura/ i nterpretazione/concezione di Vest i re gli

ignudi? ~ : Il lavoro su Vestire gli ignudi mi ha fornito l ' occasione per

esplorare o meglio cominciare ad esplorare la vastissima lettera ­

tura critica "intorno" a Pirandello . Ma direi anche che questa espl orazione, soprattutto all'inizio , mi

ha dato principalmente un contributo/stimolo di "insoddisfazione"

(a parte l 'utili tà ovvia di un inquadramento storico-cri tico ecc . ) ;

rico!"do soltanto alcune "scosse" ricevute dalla lettura del famoso

saggio di Baratto . Solo dopo aver finito lo spettacolo (l'anno successivo, in occa ­

sione della "ripresa") ho incontrato alcuni saggi (ad . es . Gardair)

che "a posteriori" mi confermavano la linea di l ettura e che mi

hanno dato la piacevole sensazione di "non essere solo") .

In particola!"e le analisi specifiche di Vestire gli ignudi mi la­

sciavano decisamente i n soddisfatto (come poi mi è successo anche

nel caso di La vita che ti diedi) : ad . es . la faci l e, troppo facile ,

omologazione di Vestire gli ignudi a testi canonicamente maggiori ,

come Enrico IV ; la analisi esc lusivamente sociologica o esclus i va ­

mente "ideologica" del testo; la sbrigativa e liminazione del III

atto come momento di scrittura fallita, teso a risolvere in qualche

modo il testo (mentre il III atto è "chiave" di compensazione di

tutto il testo, come il III atto della Vita che ti d iedi , ed è an-

che alta "stenografia" teat!"ale) ; i nfine mi davano noia e fastidio ,

in generale, i tentativi di "sistemare'' l'opera pirande l liana den-

tro un "percorso ", l'eccesivo interess e per la sua "filosof ia"; e

soprattutto il disinteresse per una collocazione di Pirandello e

della sua "scrittura" dentro l ' area di "tensioni" del dramma bor­

ghese europeo: come vertice del triangolo Ibsen- Strindberg- Pirande l lo .

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Da questo punto di vista mi sono state molto più utili e stimolan­

ti le pagine "non specifiche" di Szondi .

Direi inoltre che mi hanno stimolato ed arricchito molto di più

(delle letture critiche) le scritture direttamente pirandelliane

(anche se all'epoca di Vestire gli ignudi ho toccato solo parzial­

mente la narrativa pirandelliana): intendo dire il continuo inseri ­

mento del testo specifico nel "reticolo" complesso dell'opera pi­

randelliana (per coglierne le omologie e le diversità ecc . ); i rin­

vii da testo a testo, l'uso di un testo come "filigrana" di lettu ­

ra di un altro testo dello stesso autore; i ritorni tematici (le

"metafore- ossessive'' direbbe Mauron), l'uso incrociato e "associa ­

tivo" dei testi ; insomma l'intuizione sempre rinnovata dell'opera

come "continuum"; tutto questo mi ha influenzato molto ed in segui­

to si è precisato come metodologia più consapevole di lavoro .

All'epoca di Vestire gli ignudi però non ho lavorato nella direzione

del "famoso" rapporto narrativa/teatro; che invece è diventato cen­

trale durante il lavoro su La vita che ti diedi e più ancora, ine­

vitabilmente, durante il lavoro su Così è, se vi pare .

~ : Hai individato/enuc l eato nel testo un certo numero di "frasi ­

chiave" per i personaggi; sono, suppongo , una specie di espresioni

del "carattere" di essi. Ma il "carattere" che così viene "fuori"

è visto "in se" o in rapporto ("strutturale") con gli altri carat­

teri?

R: In un primo momento le '' frasi-chiave" rispondevano ad una volon­

tà di "epicizzare" i personaggi , fissandoli in una specie di defi­

nizione: infatti, poi, nello spettacolo questo materiale, "estrat ­

to", è servito ad una specie di "presentazione" dei personaggi.

Queste frasi - chiave riguardavano esclusivamente i personaggi maschi­

li : non tanto in quanto "caratteri" ma in quanto ''tipologie" ma­

schili che andavano emergendo all ' interno di una specie di personag­

gio maschile "collectivo" .

Direi infine che si trattava dall ' inizio (ancora inconsapevole) del

metodo , ampiamente intuitivo , della individuazione delle "spie " :

cioè brandelli, tesselli , immagini specifiche del testo, che si pro­

pongono come emersione improvvisa del "sottotesto" o "testo laten­

te" ecc. ecc . (come "l'immagine della luna" in La vita che ti diedi).

~ : Puoi dire , brevemente, come vedi (il carattere di) ciascun perso­

naggio - ''in se" e/o nei suoi rapporti con gli altri? (se questa

distinzione è da farsi). Ad. es. : Ersilia è una bugiarda? (fonda­

mentalmente?) .

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R: Mi è difficile rispondere in quanto nei personaggi ho visto,

quasi subito , soprattutto "compartamenti" e non "caratteri"; po­

trei dire "gesti parziali" di un "gesto crimplessivo": cioè non psi ­

cologia ma strutture comportamentali/culturali nel senso antropo ­

logico del termine : infatti i personaggi maschili hanno prodotto

una specie di "personaggio collettivo" (o "gesto collettivo '') con

'TIOlte facce comportamentali ("gesti parziali " ) . (Ma per questo ti

rinvio al libro . ) La menzogna di Ersilia? Non mi ha mai interessato molto risolvere

questo problema (è uno dei "trucchi" tipici di Pirandello per far

sl che "non si guardi da un 'a ltra parte" o nel profondo; Così è,

se vi pare questo "trucco": chi dice la verità? è portato alle es ­

treme conseguenze) . Mi ha sempre affascinato soprattutto, in Ersilia, la struttura di

personaggio "in progressione di (auto) - conoscenza" : Ersilia è un

personaggio che è già morto una volta , ed ora può guardare il pre ­

sente (eri-vedere il passato) con occhi diversi che "straniano" ,

con gli occhi di chi è già morto . In altri termini "l' intreccio" ben presto non mi ha più interessa­

to (se non come "s istema" di riferimento) in rapporto alle "evi­

denze" strutturali (più o meno "latenti") che andavano esplicitan­

dosi e collimando con gli interessi "tematici" di fondo.

:noltre molto presto si è precisato da una parte un personaggio

"maschile" collettivo con molte facce comportamentali ma privo di

sviluppo, dall'altr a un personaggio "feminile" (e ''infantile" : il

tema , la connessione "femminilità- infanzia" è molto ·evidente in Pi ­

randello; e non si dà molta importanza a lle bugie dei bambini: la

"menzogna" nei bambini o non è tale perchè rinvia ad un mondo fan ­

tastico "reale" o è menzogna "per difendersi " dallo strapotere

degli adulti) dicevo: dall ' altra un personaggio "femminile" indi­

viduato soprattutto da un percorso, da una "dinamica di trasfor ­

mazione" . Communque con gli attori ho lavorato molto "anche" nella direzione

della psicologia (personaggio "individuo" e attore "individuo" che

entrano in rapporto) e dello spessore "naturalistico" del personag­

gio (ricostruzione concreta del suo passato ecc . ecc . ) : ho lavorato

in questa direzione (durante la prima fase delle prove) più che in

ogni altro mio spettacolo, proprio per evitare di cadere in una fa ­

cile estrazione senza corpo , per evitare di frami trascinare dalla

"immaginazione strutturale/sottotestuale" senza sostenziarla di

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spessori "quotidiani -concreti": un doppio lavoro continuo che ho

dovuto fare io (come r egista) ed ogni singolo attore.

Sintetizzando potrei dire : ogni personaggio (maschile, soprattutto)

è stato costruito (da parte dell'attore e da me) s u diversi livel­

li :

a) livello "visivo" (costume ecc . ): tendeva a restiruire la "omoge­

neità" dei personaggi e la loro "natura" di "segni ". (A questo li­

vello si aggancia anche la ambigua "compresenza" e la ambigua "cor­

plicità" dei personaggi "carnefici": gli uomini+ Onoria) .

b) livello psicologico - naturalistico : tendeva a conservare dentro

la "omologazione visiva" (e a volte "drammaturgica": le invenzioni

della "complicità-compresenza") la diversità dei personaggi.

c) livello "sottotestuale ": di questo livello l'attore doveva tener

conto (durante la "costruzione " del personaggio) facendolo diven­

tare "materia psichica" e impastandola con il sottotesto normale,

quello, cioè , derivato dal lavoro basato sulla metodologia "alla

Stanislawski ". Naturalmente l'attore doveva anche tener conto del

"piano generale'', del sistema generale di "segni-significati",

dentro il quale si inseriva il personaggio; e tener.conto anche

delle "immagini globali" (i "titoli" in cui si era concentrato il

piano di drammaturgia: ed . es. "i l Vecchio e la Bambina", "la

Grande Bagarre" , "le Tre Violenze'', " le Zone dei Bisbigli", "la

Zona dello Scollamento Gesto-Parola" , "la Zona del Melodramma",

"la Invisibilità di Ersilia" ecc . ecc . ) dentro l e quali di volta in volta agiva.

Come vedi un lavoro abbastanza complesso: mi piacerebbe ritornare

con più calma e maggiore attenzione analitica su queste metodolo­gie di lavoro dell'attore e del regista .

D: A vedere le tue note , si capisce che hai cercato di differen­

ziare i personaggi. A vedere lo spettacolo (soprattutto se lo si

confronta a quello di Missiroli) si nota più che hai reso quasi

"uguali" i personaggi (meno Ersilia). Puoi dire come hai concepito/

elaborato questa "ugualianza/differenza" fra gli uomini

~ : Naturalmente ti rinvio a quanto detto nella risposta precedente .

Posso però aggiungere alcune cose più in generale :

a) del testo, come ho già detto , mi ha sempre interessato la spac­

catura verticale tra "mondo maschile " (al quale ho omologato la

sig.ra. Onoria ; nella Vita che ti diedi ho assorbi t o alcuni perso­

naggi maschili (il giardiniere , il prete .. . ) nella "coralità" fem­

minile che avvolge la protagonista Donna Anna, e "mondo femmilile"

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che in Pirandello è sempre anche "mondo dell 'infanzia " ); di con ­

eguenza mi interessava " segnare" visivamente e drammaturgicament e

questa "spaccatura fondamentale". b) nel testo ho sentito presente una tensione a l "monodramma" d i

rsil~a (tensione che diventa evidentissima nella Vita che ti diedi) :

·1 monodramma (come nello Strindberg di Verso Damasco) tende ad

"mologare" gli altri personaggi dentro l'ottica o meglio la "per ­

ione" del personaggio centrale (se non diventano addirittura,

mc nel caso del monodramma strindberghiano , una "produ zione" del

r.,onaggio centrale che produce "doppi fantsmatici" ecc. ecc. ) .

noltre Ersilia è l ' unico personaggio che compie un percorso di

"mutazione e conoscenza !; anche se si tratta di un percorso pendo ­

ircolare che la riporta ad un punto simile ma "diverso" a quello

d' partenza: suicidio1 -7 suicidio2 : Ersilia "si muove" e , riper­

orrendo nel presente "fittizio" del testo (la "azione presente"

osi larvale nel dramma borghese dopo Ibsen, come giustamente in ­

dica szondi) il passato che ritorna, produce un "futuro parados -

ale" : un "scarto" , anche se piccolo, dentro l'orribile appiattir­

. del presente sul passato ; invece gli altri personaggi "restano

fermi", non si muovono e producono proprio questa identità Passato­

resente . ) un altro motivo : la presenza ossessiva della "voce di Pirandel ­

lo" che attraversa tutti i personaggi (e tutti i suoi testi dramma­

tici): questa presenza della "voce di Pirandello" (dato eminente ­

mente anti - naturalistico) rende "familiari" tutti i personaggi ,

tende ad omologarli e abbatte il loro "grado di realismo" ad una

soglia molto bassa: la ''scrittura" di Pirandello trasforma il dia­

logo (tra "personaggi" realisticamente diversi e natural i stica­

mente connotati) in "flusso" e "concertato" (in altri termini in

una geometria di rifrazione di una "ola voce") .

d) infine l'omologazione dei personaggi mi serviva a restit uire

"visivamente " (come "gesto complessivo '', gesto di spiaz zamento ge­

nerale della "didascalia" del testo : analogo , anche se più primi­

tivo, alla "coralità femminile" della Vita che ti diedi , alle "fa ­

miglie moltiplicate" di Cosi è , se vi pare, ai "quattro ciechi" di

Edipo) il delicato equilibrio t ra "superficie testuale" che "rac ­

conta realismo" e testo assunto come sistema complesso di segni che

rinvia ad "altro da sè" (temi profondi, strutture latenti , ecc . ecc .

insomma il cosiddetto "sottotesto") .

Il raggiungimento di questo "equilibrio'' (sia nella fase di dramma ­

turgia sia nella fase di "scrittura scenica" ) è ciò che permette di

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evitare il rischio di ricadere (nonostante l'imponente apparato di

"analisi" del testo) in un facile ed inerte neo-espressionismo, o

"grottesco" o simili "scritture ideologiche" . e) in maniera specifica , come stimolo concreto, l ' omologazione dei

"personaggi " (ma anche i caratteri stilistici dell 'impianto sceni­

co ecc. ecc . ) deriva anche dal forte fascino che esercitava allora

su di me l'opera di Magritte : ed . es . "L'assassin menacé" è stata

un ' immagine di riferimento molto importante durante il lavoro di

preparazione di Vestire gli ignud i . D: C'è stata una "riflessione " /"discussione con te stesso" prima

~he abbia deciso di "cancellare" il personaggio di Emma? E la sce ­

netta iniziale del II atto? R: La risposta è impl i cita in quanto ti ho detto prima . Eliminare

il personaggio di Emma era soltanto un problema specifico all'in­

terno della più generale eliminazione (o meglio "dissolvimento")

della superficie "medio- realistica" del testo , con i suoi meccanis­

mi e "regole" precise , l a pièce bien faite" . Mantenere il personag­

gio di Emma (la serva , l a cameriera è una "funzione " precisa della

"commedia" ; svolge compiti "tecnici" esatti : annuncia i nomi dei

personaggi , stabilisce nessi narrativi , stabilisce l ' ora ecc.) signi­

ficava mantenere questa intelaiatura "formale". La eliminazione della scena iniziale del I I atto risponde in fondo

alle stesse esigenze di dissolvimento progressivo dei nessi realis­

t ico-narrativi. Ma la scena non· è scomparsa del tut to: molte delle

battute , brani di dialogo della scena mi sono serviti a costruire

quella ''doppia" scena dei Bisbigli (tutti i personaggi "riuniti"

ambi guamente intorno , sopra a Ersilia addormentata, prima sulla Pol­

trona, fine atto I , poi sul Letto , inizio atto II) . D: Ci sono per te i "nodi", i momenti salienti (nel percorso) dell'a­

~ione, del testo? E come procedi quando li vuoi/devi individuare?

Fermandoti a battute/dialoghi fondamentali o visualizzando situa­

zioni "centr ali"? R: Naturalmente ai diversi livelli di lettura del testo corrispon­

~ono diversi "percorsi" e d i verse "se rie di nodi " ; se i diversi li­

velli di lettura risultano alla fine "complementari ", in una tensio­

ne a "ricostituire il testo" (potrei dire, forsi, la "superficie

del test o " ) anche i "percorsi " e i "nodi" tendono poi a coincidere .

Ad . es . (in rapporto ai live ll i di l ettura già indicat i) : una prima

serie di "nodi " (o "momenti-base " ) erano gli " scontri a due" tra

Ersilia e uno degli uomini (i rounds) , che sfociano poi nella "ba-

d 1 . · · ognuno dei qual i rivendica garre" finale (compresenza eg i uomini,

- 25 -

il possesso di Ersilia , e conseguente ricomporsi visivo del Perso­

naggio Maschile Collettivo) . a un altro punto di vista (altra "lettura" più legata ad una visio­

ne "strutturale" del testo) i "nodi" fondamentali erano i "ritorni"

del Passato nel Presente dell ' azione : dentro la Struttura Circolare

d l Suicidio Ripetuto, il Presente dell'azione riper corre gli Inc on-

ri-Eventi del Passato esposto nell'Antefatto .

n altro percorso- base era costituito dai "momenti " del progredire

della capacità di Ersilia di "veder": cioè i nodi del percorso di

scienza- (Re)visione di Ersilia . Al l a fine però queste "serie di

nodi" tendevano a coincidere , proponendo di fatto una coincidenza

d : livelli di lettura del testo . Però all ' interno di una drammaturgia sottotestuale , comme quella che

andava emergendo con Vestire gli ignudi , per "nodi " del te sto a

volte intendo anche blocchi del testo scarsamente significativi sul

pianJ narrativo ma iper- significativi sul piano dei "temi di profon­

dità" o dei "temi orizzontali '': ad. es . il brano dell ' incidente stra­

dale in cui la tensione erotica dello scrittore si esplicita e in­

sieme si impasta con il gusto del sangue e della violenza (per La

vita che ti diedi potrei minori , mi sembra il giardiniere e la ve c ­

chia serva); in questi casi questi "nodi" del testo potrebbero esse ­

re chiamati "sp ie" di altri "livelli" che tendono ad emergere ecc ..

Venendo al piano della elaborazione della "scrittura scenica" (o

della "proget tazione" della scrittura) , di solito procedo in questo

modo: dentro l'immagine complessiva che tende a conglobare il testo

e le letture del testo ritaglio una serie di "titoli": sezioni del ­

l'immagine complessiva che sono connotate (sul piano progettuale) a

volte più dal punto di vista meta narrativo , e a volte quasi esclu ­

sivamente dal punto di vista ritmico- tonale ; ma il f atto importante

è che tutti questi " titoli " nascono quasi sempre dall'attrito tra

"testo" e "sottotesto" e si pongono come "problemi di linguaggio"

impostati per t r ovare nel fattore "testo " e il fat tore "sottotesto"

ecc. ecc ..

Semplificando , potrei dire che questa tecnica dei "titoli" è in fon­

do una dilatazione della vecchia tecnica dei "compiti " di Stanislaw­

ski (che si riferiva alla costruzione del personaggio da parte del -

1 'attore) al lavoro più compl esso del drammaturgo/regis t a (puoi tro­

vare un esempio di quest i "titoli " nel libro Pirandello 1 80) .

D: Puoi dare un breve riassunto della "azione" (o " intreccio" o

"conflitto") di Vestire gli ignudi - tale quale la vedi tu? E ha

una importanza per te , un t ale riassunto? Fa parte del tuo lavoro

con il testo?

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R: Non riesco "oggi" a darti un riassunto del testo, meglio che

tu torni ai materiali "caldi" che sono riportati nel Pirandello .:1.2_ . Posso però dirti questo : non so se parliamo della stessa cosa ,

ma ad un certo punto del lavoro di analisi del testo io mi fermo e "mi racconto" il testo, per vedere che cosa mi ricordo "realmente"

del testo, quale testo "realmente " opera dentro di me: insomma qua­

le immagine il testo ha depositato in me; ripeto questo "racconto"

del testo più volte durante il percorso di analisi e di prepara­

zione dello spettacolo . (Per avere un'idea più precisa di questo

"racconto" del testo vedi ad . es. pgg. 46 e sgg. nel libro : il "rac­

conto" della Vita che ti diedi) . Questo riassunto-racconto-immagine del testo mi guida durante il la­

voro di "avvicinamento" allo spettacolo: dà un ancoraggio in un "im­

maginario- concreto" al lavoro di drammaturgia . Certo devo anche con­

frontare continuamente questa "immagine" del testo con il testo

"uale è" per non perdere troppo di vista la superficie narrativa

ecc .. D: L'indicazione iniziale del testo : "ROMA OGGI " ha avuto un signi­

ficato per te? . . e quale? ~: Non mi sembra che quella indicazione abbia pesato molto : nella

prima fase di preparazione mi ha spinto soprattutto a documentarm:

sulla "politica femminile" del periodo fascista e pre- fascista, ma

questo accumulo di materiali e di "impressioni" socio- culturali e

antropologiche è sfociato poi soprattutto in La vita che ti diedi.

Comunque non mi interessava molto "storicizzare" : mi sembrava che

avrebbe diminuito lo spessore dei temi ; alcuni "resti d ' epoca" (ma

spostate di alcuni a nni rispetto al ' 21) sono rimasti nella colonna

sonora : le canzonacce da trivio del virilismo "fascista" (ma tutto­

ra permanenti) e le "canzonette" sentimentali degli anni '30 (Bam­

bina innamorata) : il sesso postribolare e il sentimentalismo bolso,

bieco e appiccicoso . !!_ : Qual' è per te, in generale, l'importanza o la funzione del "luogv

scenico" sia nella lettura che tu fai del testo che nello spettacolo

che tu presenti/fai vedere agli spet tatori (rispetto ad . es . ai per­

sonaggi e alla a zione)? ~ : Non so cosa intendi esattamente per "luogo scenico", ma :

a) in quanto "didascalia" può anche non avere nessuna importanza

alla fine : la didascalia, più ancora del dialogo, viene disintegra­

ta in "informa zioni parziali" e ricomposta poi durante il lavoro di

drammaturgia e di formulazione dell'immagine fondamentale .

b) luogo scenico dome "immagine globale" (metaforica e concreta in-

- 27 -

sieme) : la formulazione di questa "immagine-luogo" (la "stanza- cel ­

la" di Vestire gli ignudi/il "corridoio" della Vita che ti diedi

ecc . ) è un gesto primario che a volte addirittura precede il lavoro

vero e proprio di analisi drammaturgica e lo accompagna modifican ­

dolo e modificandosi. Se il lavoro di drammaturgia non si deposi ­

tasse continuamente in "immagine" non riuscirei ad andare avanti .

) luogo scenico come "definizione dello spazio" (funzioni, dina­

iche del movimento , scelta della modal i tà della percezione ecc .

c . ) : senza tale "definizione" (anche se elastica e sfumata) non

può partire la "scrittura scenica"; il definirsi dei personaggi , dei

loro rapporti, dei modi dell'azione comincia a concretarsi solo "in

r apporto" ad una definizione dello spazio (e dell ' immagine) .

Non posso immaginarmi compartamenti , azioni e rapporti "tra " i per -

onaggi se non in rapporto ad uno spazio molto connotato sia come

"immagine", sia come "funzioni" , "dinamiche" ecc. ecc . ( senza dimen­

ticare che un contributo fondamentale alla "definizione" dello spa­

zio viene dato dalla "luce " ) .

_: Qual ' è il rapporto per te/le tue regie ( in genera l e) fra parola,

immagine (visiva) e suono?

~ : Mi sembra proprio molto difficile affrontare una questione così

omplessa e così ti rimando alle pagine del libro Pirandello 1 80 .

Parola, immagine , suono termini oltretutto "imprecisi" e abbastanza

inafferabili : la parola è "senso" e "suono" , un dialogo è insieme

"senso" ed anche "struttura musicale " ecc . ecc . Nel corpo "polise ­

mico" del testo è difficile ritagliare e dividere: almeno all'in­

terno di un teatro che vuole essere "corpo intero" ed utilizzare

organicamente tutte le "linee di segno" che ha a disposizione.

Par ola , immagine , suono posso dirti che sono linee semant iche in­

sieme autonome e interdipendenti : il "senso" reale si produce solo

nell ' attrito o "dialettica concreta" delle singole linee, con una

quantità enorme di modi di questa dialettica posti tra le due possi ­

bilità estreme della "tautologia" (o rinforzo "patetico" reciproco

delle singole linee "verso" uno stesso senso : trascinamento "melos")

e dello "straniamento" reciproco.

In rapporto alla mia drammaturgia , naturalmente , mi muovo più nella

direzione dello straniamento reciproco" delle linee di segni : qual­

cosa che potrebbe essere paragonato al "politonalismo " , che solo

poche volte si appoggia su "cadenze " o "soluzioni" tonali (cioè i

momenti in cui la comunicazione si fa totalmente "sentimentale" o

"oatetico" . Questi momenti d'altra parte mi servono come "punti d'ap­

poggio" dai quali ripartire per divaricare di nuovo le linee e ri ­

proporre una loro diversa "dialettica") .

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D: E ' stato detto che la tua regi a "rappresenta " una "(scomposizicn •

ricostruzione " del testo ; accetti questa concezione del tuo lavoro?

E accetti che ci sia una differenza fra una "regia-teatro" e una "re· gia- laborator io"? E se c ' è , qual ' è?

R: Mi sembra che tale definizione, anche se un po ' rigida e forse

invecchiata , possa essere accettata in quanto sufficientemente de­

scrittiva , almeno per l a "fase" dei tre testi di Pirandello . (D'al­

tra parte non posso fare, per quanto riguarda questi temi generali,

che rimandarti sia al Pirandello 1 80 , sia all ' appendice del libro

di Puppa su Cosi è, se vi pare ed anche ai capp. finali del "vec­

chho" libro Per un teatro politico) .

Comunque: il rapporto di attrito tra "superficie" del testo e i ~al ·

t eplici "sottotesti ", " testi laterali" , "strutture latenti", "temi

profondi " ecc . ecc. sicuramente frantuma la "lettera" del testo,

tende a "scomporlo " in un primo momento (in svariati modi) e poi

"r icomporlo" in un secondo momento dentro un processo che "virtua:­

mente" si presenta come infinito (ma nel caso dei due Ibsen il lavo­

ro di drammaturgia, nella dialettica/attrito testo - sottotesti , ten­

devo già non tanto a "ricomp orre il testo", quanto a "produrre" un testo "altro " ) .

Non mi piacciono i termini di " teatro - teat r o" e "teatro- laborator·o•:

più concretamente parlerei di "illustrazione del testo" e di rappor­

to "cr itico- creativo" con il testo : un testo può essere "illustrate•,

oppure può essere "at t raversato ": nel primo caso si ha "teatro inu­

tile ", nel secondo si ha " teatro " (quel t eatro che oggi possiamo avere) .

Q: Lo spettacolo realizzato corrispondeva areree tue intenzioni? E se

no , in quali punti/moment i non corrispondeva? C'è stata una diffe­

renza (grande o piccola?) fra le due "edizioni" dello spettacolo

(soprattutto fra la Piredda e la Li si)?

R: Direi che nel caso di Vestire gli ignudi lo spettacolo corrispon­

de con forte approssimazione alle mie intenzioni (forse più di molti

altri miei spettacoli) : mi sembra che tutte l e ipotesi più radicali

di lavoro, sia di dr ammaturgia sia di linguaggio , si siano realiz­

zate con suf ficiente approssimazione (devo dire che Vestire gli ignu·

di è un caso abbastanza unico di "teoria e prassi" che procedono ve­

ramente di pari passo , producendosi a vicenda) .

A quanto mi ricordo non ci sono state differenza di rilievo tra le

due ediz i oni dello spettacolo . Forse la prima edizione era più sec­

ca ed "astratta '', mentre nella seconda edizione gli attori nuovi

- 29 -

introdotto uno maggiore "morbidezza realistica" nei personag-

non mi sbaglio , i tuoi attori erano relativamente sconosciuti

- almeno fino al successo del tuo spettacolo . L ' hai voluto cosi , o

questo fatto (che è diverso da quello dello spetta-

lo di Missiroli con la Guarnieri) .

: Non ho scelto il tipo d i compagnia con la quale ho costruito Ve ­

"re gli ignudi : era la compagnia con la quale lavoravo in quel mo ­

nto . Inoltre all ' epoca non avrei potuto lavorare con una compagnia

attori "più importanti". una compagnia senza ''grossi nomi" può essere anche la condizione

elaborare uno spettacolo inteso come "sis tema esatto

introduci una distinzione fra testo e sottotesto -

t ' ultimo essendo ciò che "il testo significa per noi" . In un'al ­

ra nc.ta distingui fra una tematica del "vampirismo quotidiano" (che

arebbe l'aspetto meno caduco, e meno "p irandelliano" , ma più "vici ­

a noi") ed una tematica della "ricerca d'una forma definitiva",

ema pirandelliano); la domanda è : c ' è un rapporto fra queste due

istinazioni : "testo versus sottotesto" e " tema pirandelliano versus

ematica più vicina a noi"? Se no : come formuleresti la differenza?

· livelli diversi? (fondamentale e secondario?) , come "dimensioni"

d"verse? o come "cerchi" ( l'uno "contenendo " l ' altro)? Se si : qual'è

uesto rapporto? una parziale i dent i t à? Pensi che il sottotesto "ap ­

partenga" al testo o alla lettura , ossia : pensi che il sottotesto

sia identico da una lettura (qualificata) all'altra? (o da un lettore

all ' altro? penso anche, ad . es . , alla critica che rivolgi alla let -

ura di De Castris che vide solo il tema pirandelliano e non quello

el vampirismo) . In fine, se c'è una specie di parallellismo "testo­

ottotesto"/"tema pirandelliano-tematica più vicina a noi" , pensi

he esso possa essere collegato in qualche maniera alla anal ogia con

"sogno manifes to -sogno latente" che proponi in un'altra nota?

_ I problemi che sollevi qui sono estremamente complessi . All 'epoca

di Vestire gli ignudi non mi erano molto chiari ma soltanto comin-

·avano a formularsi . Mi sembra più opportuno rinviarti alla globa-

1 "tà del libro Pirandello '80, in cui è possibile seguire il per­

corso e la formazion e di questa "drammaturgia sottotestuale" e soprat­

tutto il suo arricchirsi e modificarsi continuo nei personaggi da

Vestire gli ignudi a La vita che ti diedi a Cos i è, se vi pare .

La nozione di "so ttotesto" è nozione "elastica" (forse addirittura

"di comodo") e si modifica continuamente , riguarda sia "temi" sia

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"strutture" sia " figure " che il testo contiene proponendole e oc :ul­

tandole insieme (d ' altra parte certi neo-freudiani , come Orlando~ .

es ., stanno tentando di elaborare una teoria della scrittura basa·a

esclusivamente sul "meccanismo della negazione") .

Mi sembra anche che questi problemi sono presenti in tutte le ris­

poste alle tue precedenti domande; qui posso aggiungere alcuni pun­ti specifici :

La distinzione tra testo e sottotesto nasce con Vestire gli ignudi

(durante il lavoro fatto su Vest i re gli ignudi) ma è nozione che si

sviluppa soprattutto dopo Vestire gli ignudi, ed assume un rilievo

più generale estendendosi a tutto il lavoro che ho fatto sul dra~~a

borghese, mentre prima di Vestire gli ignudi trova radici nella nr ­

zione di "straniamento" (estrapolata in maniera per niente "orto­

dossa" da Brecht) e nel progetto di una poetica del "realismo pros­pettico".

La distinz i one tra "ricerca di una forma definitiva" e vampirismo

quotidiano (o "crudeltà del quotidi ano") è nozione più specifica

(molto legata a Vestire gli ignudi) e direi preliminare rispetto al

discorso "testo- sotto t esto ": è distinzione che mi è servita sopra·­

tutto ad elimi nare 1 ' ingombro de l la "ideologia" (la "filosofia" pi ­

randelliana) sia dal testo sia dalla critica del testo ; in questo

modo potevo "guardare più da vicino" il testo nella sua concretezza

di "struttura-scrittura". Da questo punto inizia

distinzione tra testo e sottotesto .

Certo ci sono analogie tra le due distinzioni ; ma la prima (distin­

zione tra ideologia del testo e "crudeltà quotidiana " ) è propedeu­

tica alla seconda : dal "filosofo" - ) allo scrittore della "crudentà

del quotidiano" -) al "senso latente" (temi , strutture, f igure che

"si agitano" sotto la superficie realistico- nar rativa), o in altri

termini: recuperare il grado di realismo del testo, al di là del

" filosofema ", e sul grado di ralismo recuperato intervenire ancora

per "straniare" il realismo . Poi : passando alla seconda parte della

tua domanda : problema fors e improponibile : l'uovo e la gallina : il

sottotesto non può non appartenere al testo in quanto viene pro­

dotto dal testo . .. e il testo "dove" esiste se non nelle "sue let­

ture"? (senza arrivare a scomodar e Borges ! ) .

Se il testo è "forte ", se il testo ha "spessore " (potrei dire : se

il testo ha molte "soffitte", molte "cantine", mol te "stanze chiuse"

e "corridoi" ecc . ecc .) naturalmente non può esistere un solo "sot ­

totesto ": sarebbe assurdo affermarlo (sarebbe una affermazione degna

di una Marta Abba che avesse letto Freud); il testo " forte " conti-

- 31 -

nua a produrre " senso" (e quindi sottotesti) nell ' attricto con le

possibili fruizioni del testo (che a loro volta mutano ecc . ecc . ) .

ra testo e fruizione (lettura) del testo si innesca una produzione

i senso che è "virtualmente"infinita . n fine: l ' analogia tra sogno manifesto/sogno latente e testo /sotto­

st: sussiste e mi è servita come momentaneo e provvisorio "titolo

orl~o" al lavoro che stavo iniziando con Vestire gli ignudi . Era

analogia più immediata (ed anche più "facile " forse) quella che

i permetteva di fissare in modo più concreto il senso del lavoro

e stavo cominciando ; direi : era la analogia che mi permetteva

glìo dì "immaginare" il senso del lavoro drammaturgico che si

dava elaborando a partire da Vestire gli ignudi .

n senso più specifico : anche tra pirandellismo/crudeltà del quoti ­

· ano e sogno manifesto/sogno latente si può stabilire almeno una

parziale analogia : l ' ideologia rende "inoffensivo" il tema profondo ,

rende "accetabile" e meno "pauroso"; lo razionalizza e ne fornisce

ubìto una lettura t r anquil lizzante ; ma su questo tema particolare

i rinvierei alle pgg . del libro dedicate a Cosi è, se vi pare in

ui questo problema del rapporto ideologia/contenuti ''minacciosi"

nel passaggio dalla novella alla commedia ecc . ) è affrontato conti -

nuamente e può illuminare anche aspetti del lavoro precedente su La

"ta che ti diedi e Vestire gli ignudi. : Pensi che ci s ia una differenza fondamenta l e , eventualmente strut ­

urale, fra testi drammatici e testi narrativi (Vestire gli ignudi

1 vecchi e i giovani)? e: tale differ enza avrebbe influsso su/con ­

dizionerebbe la le ttura del testo? e la o l e tematiche che si pos ­

ono individuare nel testo? : Anche questa è una domanda da "tesi di laurea" . All ' epoca di Ve ­

stire gli ignudi non mi sono interessato granchè al rapporto narra ­

tiva/dramma in Pirandello . Il problema comunque è enorme, sia in

enso generale sia in rapporto specifico a Pirandello .

n generale mi sembra che i l testo narrativo sia più "protetto" del

sto drammatico in quanto contiene una quantità ben maggiore di

"informazioni" e in tal senso "costr i nge" l ' arco delle letture possi­

"l ' dentro limiti più ristretti e raffredda la dialettica testo /

fruizione; il testo drammat i co è sicuramente più "aleatorio'', pre­

senta "vuoti di informa zione" che comunque devono essere riempiti

cc . ecc . quindi permette e stimola una maggiore libertà del letto -

re/fruitore . nsomma : il testo "narrativo" esiste nella pagina , il testo dramma­

tico è "proposta di un testo virtuale " che esisterà soltanto sul la

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scena. Forse è per questo motivo che in Pirandello sembra s i stabi ­

lisca un rappor t o rovesc i ato tra narrativa e dramma : cioè la "st e­

sura drammatica" di una novella sembra intervenire come razionaliz­

zazione e "protezione" dei nuclei/temi della novella : non casual ­

mente spesso in Pirandello la "stesura drammatica" di una novella

coincide con l'inserimento, con l'intervento della "ideologia" (fi­

losofia) pirandelliano; con l'insertimento di un "senso filos ofi co"

ecc. ecc. che t enta di racchiudere dentro argini precis i e raz iona­

lizzati il "nucleo " della novella . Nel caso di Cosi è, se vi pare s

vo l te sono stato tentato di considerare la novella originari a come

"sot t otesto", in ques to caso "conosciuto a pri ori", del "test o":

ma appunto ti rinvio ancora alle pagine del libro dedi cat e a Cosi è, se vi pare.

D: Un'ul t ima domanda: se hai visto o hai avuto conoscenza de l la mes­

sinscena di Missiroli, cosa ne pensi? (ad un livello teori co, non personale voglio dire) .

R: Non ho visto lo spettacolo di Missiroli e ne ho scarse i nforma­

zioni. Mi è qu i ndi difficile parlarne. Non ti nascondo però che de­

testo cordialmente il lavoro di Missiroli, che considero un

tore, spesso superficiale, di test i , la cui specifi cità non vi ene r~

levata: Pirande l lo , Cecov, Sternheim ecc . ecc. possono, sec ondo l ui,

essere tradotti tutti indifferentemente in chiave "grottesca", i l f~

cile linguaggio degli anni 1 60 ... ma lui non ha fatto neanche i l •U.

- 33 -

PIRANDELLO E LA CR ISI DELLA SOC!ETA BORGHESE

· · Roma e a M'la no , pe r "Ves tire gli i gnudi" Due registi, a k

A diec i anni da li ' edizione che di Vestire gli ignudi diede Pa ­

r ni Gr i f fi con Adriana Asti , torna ad essere rappresentata una

mm dia che è del 1922 e sta sullo spartiacque che divide i testi

"bo r ghesi" di Pirandello da quelli del "teatro nel

r • e dei grandi miti: sottovalutata da alcuni studiosi , forse

mbzra 0 zati dalla sua struttura anomala e dai suoi grovigli melo ­

rammatici (come se questi non ci fossero anche in Sei personaggi

·n Questa sera si recita a soggetto . .. ) , e sopravvalutata da qual ­

a•trice per le sue possibilità - una morte in scena! - matta ­

ria li . Dall ' uno e dall ' altro eccesso si tengono lontani sia Massimo

as • r~. che con la compagnia della Loggetta di Brescia ha ripreso

s t ire gli ignudi già sullo scorcio della passata stagione e ora

a a•a por tando in giro per la penisola (abbiamo visto il suo spet ­

acol~ pochi giorni fa a Milano , al Teatro dell ' Arte) , sia Mario

N"·o i roli , ritornato temporaneamente regista "privato", che con il

atro Oper a 2• rappresenta da una settimana la stessa commedia

Qu i r ino dopo u n periodo di " rodaggio " nel Sud. Entrambi propon ­

n~ una lettura critica che rompe la convenzione di mettere in

c ena Pirandello "cosi com ' è scritto!", il che in verità ne tradi -

r bbe lo spir ito , e privilegia un ' interpretazione che allarga l'ana ­

is i Jel testo alla società in cui esso nacque e che impietosamente

d sc r ive . Della storia di Ersilia Drei , che non essendo riuscita "a co ­

rirs i c on un abitino decente" per la vita , tenta di farselo alme-

n pe r la morte con un tessuto di bugie che dovrebbero celare , e in ­

v ce rivelano , gli sbagli e la vergogna dei suoi rapporti , torbidi

il l usori , con due "dei tanti cani che mi sono sempre saltati ad-

d s so per ogni via" , di questa storia Missiroli esplora gli aspetti

h · · · · t come se costituissero un 'alternativa o un grottesc ~ e v~ ~ns~s e a l e minore dei "fatti" che non lo convincono con il loro patetis­

mo e il loro goffo naturalismo , e dietro i quali il regista prefe ­

r ·sce vedere , e mettere in primo piano , una condizione della fem ­

mina di ingiusta subordinazione al maschio .

Certo c ' era il rischio da una parte di buttare i personaggi

in caricatura , dall ' altra di attribuire a Pirandello , proprio a

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lui che più cerca di divincolarsi dal suo puritanesimo , p~u vi

s'impliglia , un femminismo che davvero gli va stretto . E infatti

le figure dell ' amante (Luciano Virgilio che con la brillantina s'

è combinato una bellissima testa di fascista), del fidanzato 'An ­

tonio Bertor elli in divisa bianca da ufficiale di Marina , sebbe~

l ' autore lo volesse in borghese , come per sottolineare il suo va ­

nesio dannu n zianesimo) , del giornalista (Raimondo Penne ridotto a

pura macchietta) e della stessa affittacamere (Gianna Piaz) son

buffi manichini senza cuore né cervello carichi soltanto di cieca

sensualità .

Si salva in parte il personaggio dello scrittor e che accoglie

in casa sua Ersilia tentata di morire sia per l'indolente e nap~ ­

letaneggiante umanità che gli presta , un po ' distrattamente , Ga ­

briele Ferzetti , sia perché Missiroli deve essersi r icordato che

è il portavoce dell ' autore . E si salva del tutto , naturalmente ,

l ' Ersilia nevrotica e quasi schizofrenica di un 'ammirevole Anna

Maria Guarnieri che è subito abbastanza cattiva per preparare la

grande scena del secondo atto con l 'amante come se questa fosse

il culmine della commedia . E infatti le riesce più serrata , incal ­

zante , violenta di quella quasi "zacconiana" del suicidio , irta~

tic e di moti convulsi .

Se Missiroli lavora con le unghie ma non tanto , e in ogni ça­

so graffia meno di quanto ci si aspetterebbe dal suo gusto per la

deformazione e dal suo gelido pessimismo , Castri usa gli artigli

e strappa le carni alla commedia riducendola a uno scheletro che

poi , con la collaborazione dello scenografo e costumista Maurizi

Balò , smonta e rimonta in una scatola bianca angusta e soffocante

- niente mobili , se non un armadio e poi un gran letto - mentre

Missiroli concede a Giancarlo Bignardi e ffettistici cieli "roma ­

ni' di nuvole e di rondini con lo sfondo del Palazzaccio e della

torta del Vittoriano e colloca i suoi attori in un vasto ambiente

che sembra ricavato dai ruderi del Foro .

In uno spettacolo audace, intelligente e a tratti assai bell ,

Castri schianta e travolge con v iolenza e derisione meyerholdiane

tutte le impalcature della commedia borghese ma lascia in piedi

quella " struttura crudele" che Strindberg adop era nel suo teatro

quando analizza il rapporto uomo - donna nella società del suo tem­

po , rapporto che Castri traduc e tout court in oppressione dell'uo ­

mo sulla donna e vis ual izza in una ronda infernale dei quattro uo ­

mini (Salvatore Landolina , Aldo Enghebe n, Ruggero Dondi , Ermes

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caramelli e si potrebbe aggiungere benissimo Delia Bartolucci ,

l'affittacamere loro complice) intorno al letto di Ersilia e in

ripe tuti , meccanici e metodici amplessi della protagonista c on il

/'danzato e con l ' amante .

Cosi recitato , senza tuttavia che le battute siano mutate o

terate, il testo acquista un ' e fficacia straordina r ia : non so lo

s gna nitidamente l ' itinerario che Ersilia (in tensamente inter­

da Anna Maria Lisi) percorre da un tentativo di suicidio

un suicidio riuscito prendendo coscienza della propria posizione

onna oggetto , ma anche illustra il passaggio, o l 'oscillazione

m preferisce dire Castri , del teatro pirandelliano dalle forme

rghesi-ottocentesche a nuove strutture espressive indicando nel

u autore "il lucido testimone di una concreta crisi storica

lo sfaldarsi di una società e del decomporsi di una classe•.

si dicono le note di regia e una volta tanto le intenzioni del

r gista non sono rimaste sulla carta ma si sono tradotte e composte

·n uno spettacolo saldo e unitario .

(Alberto Blandi, La Stampa 8.3 . 1977)

TEATRO - "Vestire gli ignudi" di Pirande llo a l Quirino

NUDA NELL'INFE RNO DELLE BUGIE

Uno dei modi di dare oggi Pirandello è quello di darlo , si

sa "contro• Pirandello : come fanno Valli e De Lullo , per e.~empio ,

sacrificando il rovello problematico al documento d ' epoca , oppur e

come ha fatto Carl o Cecchi , se non vado errato , nell ' Uomo, l a bestia

la virtù , sventrando il meccanismo intellettuale e fa cendo sa lire

n primo piano la struttura teatrale in chiave di balletto masche ­

ra to . Un'altra via , non meno affascinante , sarebbe quella di pren ­

d re sul serio il drammone d 'appendice , le tinte for ti quando ci

no (come nel caso di Vestire gli ignudi) , sfidando apertamente

la farsa ma estraendo dal romanzaccio un sistema tecnicamente in ­

discutibi le di valori narrativi , psicologici, ecc ., come ha fatto

rowczyk nella Storia di un peccato . La lacrima , il grido, il

drammone, la trama rivisitata secondo farsa ma anche in chiave do ­

rosamente tecnica potrebbe essere il più bel Pirandello di doma ni .

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Vestire gli ignudi , che da martedi si dà al Quirino, regia

di Mario Missiroli e Annamaria Guarnieri protagonista , sembra

fatto apposta per questa scelta . E chissà per quale r agione Missi­

roli si è lasciato sfuggire un ' occasione simile . Vestire gli ignud

è un copione ricco , ricchissimo , dove i temi pirandelliani si darr.

convegno al riparo di strutture teatrali capovolgibili in farsa,

strutture da romanzo d ' appendice e da peripezia lacrimosa che ven­

gono schermate , non però messe a tacere , dal rovello intellettuale

di fondo, cioè l'impossibilità di esistere o di "essere qualcosa".

La traduzione in chiave femminista di questo tema può essere

oggi una tentazione, ma una di quelle tentazioni , tutto sòmmato, a

cui bisogna resist ere . Il tema Femminista , in Vestire gli ignudi ,

può esplodere solo come graffiante risvolto finale che permette

alla Guarnieri un esaltante capitolo di recitazione naturalistica,

"zacconiana", per cosi dire . Ma in cambio di. questa coda morale,

che coglie un po' di sorpresa, va persa la tensione metafisica di

un marchingegno dove la farsa si riscatta slittando consapevol­

mente verso il balletto dei fantasmi . E qui la nullità esistenzia­

le, la vacanza di sé funge da messaggio polemico contro il volu­

bile inferno delle bugie : non una sconfitta ma una provocazione,

non una schiavitù ma una liberazione e una scelta.

Personaggio squisitamente posticcio , fantasma che viene prima

e dopo la vita , Ersilia Drei è di quelle donne senza luce , spettra ­

li e come smonacate, che appartengono al Pirandello più metafisico.

E' una donna giovane e ormai vecchia , già morta e mai nata; emble­

ma di vuoto sociale, morale , esistenziale; emblema di piccola bor­

ghesia italiana incapace di esistere e di darsi un'identità !queZl' -

dentità che verrà col fascismo) . Esce da un tentato suicidio , e

tutta la commedia di Ersilia si svolge non senza logica fra un sui­

cidio mancato e un suicidio riuscito, a dimostrare che un suicidio

è semplicemente se stesso , un segno del niente, squallida e tetra

consapevolezza di un vuoto d ' esister e , di una mancanza d'identità.

Inutile cercare moventi vitali e passionali : essi potranno dar cor­

po solo a un imbroglio , dar vita a una finzione .

Quest ' imbroglio è Vestire gli ignudi , la scelta di una fin­

zione non tanto per vivere, ma per morire vestiti di una qualunque

maschera . Pirandello dimostra la sua tesi nel modo che gli è con­

sueto , lasciando che una logica seviziatrice e avvocat es sa, nel

linguaggio dei verbali di polizia, occupi il pos to de lla vita , e

il cavillo giuridico ribalti comicamente la realtà costringendola

- 37 -

a mosse burattinesche e inusuali. Nello stesso tempo , il dramma

d 'appendice spadroneggia non visto , sotto il tema intellettuale ,

0 i suoi antefatti da feuille ton (la bambina giù dalla terrazza ,

gl' amanti sbagliati , la perfida menzogna , il marciap iedi della

disperazione , ecc . ecc.).

!riconoscibili grazie al sofisma, elementi e personaggi del

l ' uf f icialetto impulsivo e il console assata -1ngegno romanzesco, at , la carne inquieta e la tresca assassina , lo scrittore guar -

n l'affittacamere pettegola stringono d'assedio la poverina ,

m n•re il sudicio luogo dove si gioca la storia si affaccia sui r u ­

ri di un vicolo, chiassoso contrappunto alla lucida vicenda di

Evitando la farsa, Missiroli ha scalto un registro stilistico

•h sta fra il rispetto del testo e la chiave comico -caricaturale ,

7 danno di quella concitazione febbrile, di quel contagioso allar­

m esistenziale in cui risiede la forza fascinatrice di Pirandello .

i può non amare Pirandello , ma non si può negargli la virtù della

;l dono di far vivere l'ir~ealtà . Il tono scelto da Missi ­JrJga, ~

roli è quello di una conversazione pacata , di un progetto sentimen ­

tal fra un romanziere e una pazza , sul Lungotevere , progetto che

pr nde inaspettatamente una piega isterica e tragica. Siamo nel bel

ggiorno di una Roma archeologica e dorata , da elegia dannunziana

anche da cartolina dell'Anno Santo con la veduta del Castello e

1e1 Palazzaccio, allineati secondo un'introvabile prospettiva .

Un gruppo di eccellenti attori si scambia le battute di una

·om~ dia sofisticata un po ' da vacanza romane, lei Audrey Hepburn

lui Gabriele Ferzetti (e infatti lo è). Ci si aspetta che la

s•ena s'interrompa e si ricominci a girare . Tagliato f uori dall'in -

d . t ' t d l ba•llamme , Ferzetti fuma il si -tr ccio , osservatore i.ver i. o e 0

garù , battea macchina , indossa uno splendido impermeabile e sfrutta

tutto il privilegio dello straniamento . Vicino a lui è ammirevole

Luciano Virgilio , nella felice caratterizzazione di un con s ole ita ­

liota il quale, per essere proveniente da Smirne !secondo la favo-

a) , contamina la propria fisionomia di "anonimo fascista" con

peccabili e volgari connotati turchi .

im-

Annamaria Guarnieri, nella parte che fu di Paola Borboni , me ­

ri+a una citazione a parte. Bravissima nella scelta delle distanze

fra punto e punto del palcoscenico , butta là battute quasi impro ­

n .~n~ab ili con distrazione da grande attrice : "questa vita che mi

J.ra, senza che mi sia potuta mai consistere in qualche modo" · · ·

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Come si fa a r ecitarla? La Guarnieri la dice , riesce a dirla . La

dice passeggiando avanti e indietro , sbadatamente , belluina e tre­

pida al di là del la " parte".

(Cesare Garboli, Corrie r e d e l l a Sera, 19771

"Vest i r e g li ignu di" al F la i ano

TUTTI ADDOSSO ALLA DONNA-OGGETTO

Un Pirandello inconsueto , qua s i una scoperta , quella che ci

viene incontro al Flaiano nel Vestire gli ignudi messo in scena

da Massimo Cast r i pe r il Centro teatrale bresciano . Se è vero , co~e

dice Mar io Barat to , che il teatro pirandelliano a volte sorprende

per la sua audacia e i rrita per la sua banalità , oggi la contrad­

dizione (apparente) può essere risolta da un regista solo con una

operazione molto difficile , delicata e radicale : un ' operazione che

somiglia al g ioco di destrezza c he consiste nello sfilar via di

colpo da una tavola appa r ecchiata la tovaglia senza spostare nes­

suno degli oggetti che vi s ono allineati. L ' ope razione riusci a

Carlo Cecchi con L ' uomo , la bestia e la vir t ù , e adesso riesce

f or se ancor più in pro f ondità a Castri , proprio perché Vestire gli

ignudi ha un involucro dove l'intrico f ra audacia e banalità è me­

no facile da districare , e riserva maggior ricchezza di signifi­

c ati all ' interno . Il fattaccio della governante di un diplomatico

che l ascia cadere dal terrazzo una bambina affida t a alle sue cure

e poi t e nta di suicidarsi per u na delusi one amor osa , non si sa ve­

rament e da che parte prenderlo . Ma è cosi s e si segue la strada

della verosimiglianza naturalistica , o quella del bozzetto psico­

logico . La chiav e che predispone Castri è molto lo ntana , e nello

stesso t empo più radicale , che non il s olito stravolgimento a

tutto vapore . Nello spettacolo la grez za vicenda è sottoposta a

una specie di lievita z ione medianica , espressa in immagini surre­

ali : le s eque nza del fluss o narrativo s i s pe zza per ricomporsi in

un duro di segno tragico , un gioco di massacro dove c ' è molto

Strindberg ma dove l ' e ffett o d ' incubo è continuamente ravvivato e

come concr etizzato dalle vivaci incursioni nel terreno della pa ­

rodia violenta . L 'attrezzatura stilistica dello spet tacolo è ri-

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rosa . E ' già una invenzione ben calcolata la scena p r ospettica

d " Maurizio Balò che può f ar pen sare a un disegno di Magritte con ­

per un testo di Strindberg: una stanza - scatola d'un gr igio

scoppio di luce può render accecante , con uno sportello alto

fondo che ogni tanto si apre incornic iando un assurdo bugigat -

con un piano f or te che gli attori suonano a tu rno . In que sta

la piccola governante è accerchiata dall ' affaccen ­

e oppressivo degli uomini che hanno a che fare con

:z diploma tico - amante , il fidanzato mancato , il giornalista ­

ta+n•e , lo scrittore - plagiar io . Gli uomini sono tutti vestiti

r , un nero opaco, funebre , da mafiosi o ve sp illoni ; lei , sot ­

· ~c · tuccio grigio , ha indument i bianchi . Un armadio a specchio

gl "at~ in prospettiva obl i qua , che ogni tanto si s palanca vomi ­

an libri , bambole o giornali completa lo s c enario da incubo lu ­

"d , geometrico . I movimenti degli attori (pe r i quali Castri ha

critto un fitt o sot totesto di ge s ti , movimenti , segni mimici) so -

n J verna ti o da una fluidità onirica o dagli scatti meccanici

lla parodia .

:l bello è che in questa s truttur a di linguaggio as s olutamente

' n d ' · , il testo di Pirandello (a ssunto alla l e tte r a , o quasi) ,

n n e lo non risulta sopraffatto , me si rivela incredib ilmen te

rt~nente , al pun to che s i potrebbero i ndica r e battute che sem­

rano scaturire dallo spettacolo , e non viceversa . La s toria di

r silia Drei , con questa brusca s terza ta , dive nta quello che vera ­

n• è in Pirandello, sotto il testo che siamo abituati a leggere

o vedere . Sfilata dalla tavola la to vag lia , gli oggetti sul legno

nudo ricevono una nuova l uce : e si disegna con straordinaria effi ­

a• ia il balletto stolido e protervo delle vanità , dell e rispetta ­

ilità , dell e f ierezze e c r udeltà maschili co si come s i scatena

ntorno alla donna abbandonata sulla poltr ona o sul letto . Alla

f "n , Ersilia lentamente si trucca il viso con colori da clown dan ­

dosi cosZ l ' unico abito possibile per la morte , c ioè una maschera

f at•a di nien te , mentre intor no il coro maschile si fran tuma e si

ssocia nella fr enetica ripetizione di s pez zoni di battute che

gall ggiano emblematiche .

Lo 3pe t tacolo di Castri dimostra ad abbondanza coi fatti que l

eh da più di una parte è stato già accennato : dentro alle strut­

ur di commedia borghese di molto teatro pir andelliano giacciono

~ariche esplosive e meccan i s mi di crudeltà che solo un idoneo bagno

· linguagg io scenico può rivela r e . Qualche e ffett o di ripetizione

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troppo insistito non toglie allo spettaaolo il suo ritmo martella­

to e aompatto, sul quale è perfettamente inserito il lavoro gestu ­

ale e verbale degli attori . Dovessimo saeglierne gli esempi più

aonvinaenti , insieme alla bella immagine di alown oppresso , iner­

me e ribelle a tempo , ohe ai offre Anna Maria Lisi , aiteremmo Sal ­

vatore Landolina ohe aon una faaaia alla Buster Keaton , un aappello

a aenaio e un risiaato vestituaaio nero ai dà un irresistibile ma­

niahino di bellimbusto-bene degli anni Venti . Ma anahe Delia Barto­

luaai , Ermes Saaramelli , Ruggero Dondi e Aldo Engheben stanno be­

nissimo dentro a questo penetrante quadro di un Pirandello "altro" .

(Renzo Tian , Il Messaggero, 2 0 .1 0 .1977)

PIRANDELLO: Vestire gli ignudi

nelle messinscena di

MARIO MISSIROLI MASS IMO CASTRI

( f oto : Stud io A 2, Brescia)

ERSILIA : ... Ma mi lasci andare .

LUDOVICO : Ma nient ' affatto ! Quest ' è casa mia .. .

ONORIA: Ho rifatto il l etto, per come mi ha

lasciato scritto .. .

i

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CANTAVALLE: . . . ma colossale, Mae stro mio, è stato

ERSILIA : ... Non ho potuto esser mai niente . veramente colossa l e l ' effetto del mio

LUDOVICO : Eh via ! Come niente? "pezzo" ...

ERSILIA: .. . So ffoco ! ...

ONORIA: Si slacci, si slacci . . .

ERSILIA: Sparire , sparire ! Giù per l a strada! non

lo so!

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ERSILIA : La strada . ..

LUDOVICO : Scappare?

FRANCO : E dove? Perché scappare?

ONORIA: Chi lo sa? Via !

FRANCO: .. . Ritornerai ad essere la mia Ersilia!

ERSILIA : Non mi tocchi! Non mi tocchi !

ERSILIA : E allora glielo dico io! - Sappia che

mi sono offerta per la strada . ..

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GROTTI: Ma no! Io non sono qua per questo !

ERS I LIA: E io le ho detto che la sua condotta a

mio riguardo non è stata affatto la causa

di quel mio atto disperato!

FRANCO: Non è vero !

ERSILIA: Come! Qua c ' è il signor Nota test i monio . . .

GROTTI: Piacere, p i acere , sentivi!

ERSILIA : No, odio ! Odio, quanto più mi dav i p i acere ...

ERSILIA : Che vuoi?

GROTTI : voglio che tu pianga, che t u p i anga con me .. .

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ERSILIA: E' inutile! Non c'è più rimedio. Zitti,

per carità. Lasciatemi tranquilla.

ERSILIA: ... NoJ Morire nuda ! Scoperta, avvilita, e

spregiata! - Ecco qua: siete contenti? E ora

andate , andate . Lasciatemi morire in silenzio:

nuda.