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La base dati a disposizione di ISPRA ha consentitola realizzazione di prodotti informativi assai diversi;ciò al fine di rendere accessibile l’informazioneambientale a un’ampia platea di fruitori: dal deci-sore pubblico, al ricercatore, dal detentore di inte-ressi economici (stakeholder), al privato cittadino.

L’edizione 2009 è restituita, infatti, attraversocinque prodotti:• Annuario dei dati ambientali – Versione inte-

grale; racchiude le schede indicatore popolate nelcorso del 2009 organizzate per settori produttivi,condizioni ambientali e risposte.

• Tematiche in primo piano – Versione conte-nente una possibile organizzazione deglielementi informativi relativi alle questioniambientali prioritarie, oggetto di specifici inter-venti di prevenzione e risanamento;

• Vademecum – Versione di estrema sintesi(pocket) delle valutazioni contenute nel volumeprecedente;

• Database (http://annuario.isprambiente.it)– Stru-mento per la consultazione telematica delleschede indicatore e la realizzazione di report;

• Multimediale – Strumento in grado di comunicarei dati e le informazioni dell’Annuario in modosemplice e immediato grazie all’ausilio di filmati eapplicazioni Web.

I prodotti sono disponibili su CD-ROM e presso isiti www.isprambiente.gov.it ehttp://annuario.isprambiente.itLe fonti delle informazioni sono riportate nel databasee nella versione integrale dell’Annuario dei dati ambien-tali 2009.

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CONTESTO SOCIO ECONOMICO

Gli aspetti caratterizzanti il contesto territoriale esocio economico del Paese e, in particolare, le dina-miche demografiche e i comportamenti deisoggetti economici (famiglie e imprese) hannostrette connessioni con le pressioni antropiche cheminacciano l’ambiente nazionale (inquinamentodell’aria, dell’acqua, del suolo e della natura,produzione di rifiuti, consumo e degrado dellerisorse naturali).

Il territorio italiano è caratterizzato da zone colli-nari, montuose (rispettivamente il 41,6% e il 35,2%di tutto il territorio italiano) e da una lunga fasciacostiera (8.353 km in totale), tale da assicurareun’ampia diversificazione del paesaggio.L’Italia, per la sua localizzazione, è uno dei paesi amaggiore pericolosità sismica e vulcanica dell’areamediterranea. Le aree a maggiore rischio sismicosono localizzate nel settore friulano, lungo ladorsale appenninica centro-meridionale, conparticolare riferimento ai settori di bacino intrap-penninico, al margine calabro tirrenico e nellaSicilia sud-orientale. È tra i Paesi europei più ricchi di biodiversità, in virtùessenzialmente di una favorevole posizionegeografica e di una grande varietà geomorfologica,microclimatica e vegetazionale, condizionataanche da fattori storici e culturali. In particolare,possiede la metà delle specie vegetali e un terzodi quelle animali attualmente presenti nel territorioeuropeo.In genere, il clima è temperato con delle variazioniregionali. In estate, le regioni settentrionali sonocalde e occasionalmente piovose, le regionicentrali risentono dell’umidità e le regioni meridio-nali subiscono il caldo torrido. In inverno, le città

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del Nord sono caratterizzate dal freddo, dall’umi-dità e dalla nebbia, mentre al Sud le temperaturesono molto più confortevoli (10-20°C).

Gli ultimi 60 anni sono stati caratterizzati da unaforte diminuzione del tasso di natalità e da ungraduale invecchiamento della popolazioneitaliana e da un aumento dell’ immigrazione.Nel periodo 1958-1963, l’Italia ha vissuto il cosiddetto“miracolo economico italiano”, che da un lato hacaratterizzato un notevole sviluppo economico delPaese, ma dall’altro ha generato notevoli disparitàregionali, prevalentemente tra Centro-Nord e Sud.Anche in termini occupazionali, dal 1970 ad oggi,si sono verificati notevoli cambiamenti. La strutturaoccupazionale italiana è sostanzialmentecambiata, riducendo la propria vocazione agricolae industriale per il settore terziario.

La popolazione residente in Italia al 31/12/2008ammonta a 60.045.068 abitanti, con un incrementorispetto all’anno precedente, dovuto esclusiva-mente alle migrazioni dall’estero, di 425.778 unità.La popolazione italiana si distribuisce lungo unasuperficie territoriale pari a 301.336 km2.Nel contesto europeo l’Italia è uno degli stati piùdensamente popolati. La Campania e laLombardia, con valori pari rispettivamente a 428e 404 abitanti per km2, sono le regioni più densa-mente popolate. Anche il livello e la composizione dei consumirisentono dei mutamenti demografici: in modoparticolare è la variazione della dimensione fami-liare che influisce sull’allocazione del budget dispo-nibile. Nel 2008 la spesa media mensile per fami-glia, in valori correnti, è uguale a 2.485 euro (2.480euro nel 2007). La regione con il valore più alto dispesa media mensile per famiglia è il Veneto con

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2.975 euro, mentre quella con il valore più bassoè la Sicilia con 1.742 euro.

Tra il 1970 e il 2008, i principali aggregati del contoeconomico delle risorse e degli impieghi nazionalihanno registrato una notevole crescita, raddop-piando nel caso del PIL, dei consumi e degli inve-stimenti e addirittura quasi quadruplicando nelcaso delle importazioni e delle esportazioni.

In dettaglio, nel 2008, il PIL nazionale ai valoriconcatenati all’anno base 2000 è però diminuitodell’1% rispetto al 2007, e non si è ridotto il divariotra le regioni del Nord e quelle del Sud.In tutti i paesi dell’Unione Europea (UE25), oltre il60% del PIL (in Italia il 70,4%) è generato dal settoreterziario (che comprende le attività bancarie, ilturismo, i trasporti e le assicurazioni). Industria e agri-coltura, per quanto ancora rilevanti, hanno personegli ultimi anni la loro importanza economica. InItalia, nel 2008, l’incidenza del settore primario sulvalore aggiunto nazionale è di solo 2,5 puntipercentuali, mentre il settore industriale (industriain senso stretto e costruzioni) incide per il 26,9%.

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Quanto alla struttura produttiva dell’Italia, nelleregioni italiane centrali si osserva una maggiorepropensione per le imprese di servizi, nelle regionimeridionali prevalgono le micro-imprese, nelleregioni del Nord Est sono più diffuse le imprese dimedie dimensioni a carattere industriale e nel NordOvest prevale la grande industria.Nel 2007, le imprese italiane dell’industria e dei servizidi mercato sono 4,4 milioni, occupano circa 17milioni di addetti (11,4 milioni di dipendenti) e realiz-zano un valore aggiunto di circa 722 miliardi di euro.Nel confronto europeo le imprese italiane sono rela-tivamente più orientate alle attività manifatturiere eparticolarmente specializzate in quei comparti chedefiniscono il cosiddetto “made in Italy”.

Nell’ambito del settore energetico, e in particolaredal rapporto tra consumi finali e consumi totali dienergia, il valore italiano risulta essere superiore allamedia europea, evidenziando quindi una maggiorefficienza complessiva della conversione dell’e-nergia contenuta nelle fonti primarie.In questi anni è in atto una serie di cambiamentinegli approvvigionamenti, come la crescita delruolo del gas naturale rispetto ai prodotti petroli-feri, un tendenziale aumento del contributo dellefonti rinnovabili e della cogenerazione e, dal 2001,una ripresa nei consumi di combustibili solidi il cuicontributo alle fonti energetiche primarie(compresa l’energia elettrica primaria) è passatodall’8,6% del 2001 all’11,5% del 2008.Le modifiche nel mix delle fonti primarie nonhanno comunque ridotto l’elevata dipendenzaenergetica del nostro Paese, che anzi è passatadall’82,8% nel 1990 all’85,5% nel 2008. L’obiettivodi limitare la vulnerabilità del nostro sistemaeconomico conseguente a questa struttura degliapprovvigionamenti ha indotto l’attuale Governo

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a presentare provvedimenti legislativi finalizzati allalocalizzazione di nuove centrali nucleari. La domanda di energia primaria nel 2008, si attestaa 192 Mtep, subendo una flessione di circa unpunto percentuale rispetto al 2007.

I principali settori che contribuiscono al trendcomplessivo mostrano una contrazione dei consuminegli ultimi anni. In particolare, nel 2008 relativamentealla distribuzione dei consumi finali di energia (usi nonenergetici e bunkeraggi esclusi), il settore residenzialee terziario assorbe il 34,4% dei consumi, seguito dalsettore trasporti e industria, 34,2% e 29% rispettiva-mente, mentre il settore agricoltura e pesca assorbeil restante 2,4% dei consumi finali.Tra il 1994 e il 2008, il tasso di crescita della produ-zione di energia elettrica è stato notevolmentemaggiore di quello dei consumi totali di energia.Tale andamento indica un ruolo crescente dell’elet-tricità come vettore energetico nel sistema energe-tico nazionale. In particolare, la produzione di energia

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elettrica da fonti rinnovabili si è attestata, nel 2008,intorno a 59,7 TWh a fronte di una produzione elet-trica totale pari a 318,2 TWh. La produzione nazionaledi energia elettrica da fonti rinnovabili costituisce, il18,8% della produzione elettrica totale.L’attività agricola agisce come determinante di pres-sioni, ma subisce anche gli effetti dei cambiamentiintervenuti negli ecosistemi. In dettaglio, da un latole superfici agricole subiscono l’impatto direttocausato da altri settori produttivi o indiretto causatodall’alterazione della fisica e della chimica dell’atmo-sfera o dal verificarsi di eventi meteorici estremi,dall’altro l’agricoltura garantisce una buona capacitàdi produzione di beni alimentari, legname e fibre.Nel 2007 la Superficie Agricola Utilizzata a livello nazio-nale è pari a 12.744.196 ha. Le aziende agricole sonocomplessivamente 1.677.766. Anche se nel 2008 le superfici investite e in conversionead agricoltura biologica (1.002.414 ha) si sono ridotterispetto all’anno precedente di circa il 13%, il nostroPaese rimane uno dei maggiori attori europei impe-gnati in questa particolare tecnica produttiva, sia persuperfici coinvolte, sia per numero di aziende. In parti-colare il numero di operatori alla fine del 2008 è paria 49.654 unità. Tra le pratiche agricole sono rilevanti lesuccessioni colturali e le pratiche di copertura. In detta-glio, nel 2007 la monosuccessione ha interessato il16,2% della superficie nazionale a seminativi, l’avvicen-damento libero il 40,8%, infine la rotazione il 40,1%.Nel 2007 sono stati immessi in commercio circa 150mila tonnellate di prodotti fitosanitari, con un incre-mento del 3% rispetto al 2006.

Nel complesso delle modalità di trasporto in Italia, lamobilità di merci e passeggeri negli ultimi anni regi-stra una crescita costante. Anche per il 2008 iltrasporto su strada si conferma la modalità prevalentesia per le merci sia per i passeggeri, assorbendo rispet-

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tivamente il 62,3% delle tonnellate-km di mercitrasportate e il 92,2% dei passeggeri-km.Passando a un’analisi più dettagliata del traffico per lediverse modalità di trasporto, si evidenziano situazionidifferenti. Il trasporto aereo commerciale crescedell’11,8% tra il 2004 e il 2008. Il traffico veicolare, trail 1990 e il 2008, registra un incremento del 60% deikm percorsi dai veicoli sulle autostrade italiane. Tra il2004 e il 2007, sulla rete ferroviaria il trasporto deipasseggeri è aumentato del 5,6%, mentre il trasportodelle merci è diminuito dell’1,2%.Un quadro generale della superficie urbanizzata desti-nata alle infrastrutture e alla rete di comunicazione èdato dalla figura seguente che mostra la distribuzionepercentuale rispetto alla superficie totale per ciascunaregione. Si evince che la regione con la maggioredensità di infrastrutture è la Lombardia, con unapercentuale superiore al 12,3%, seguono con un rangeche oscilla tra l’8-10% il Veneto (9,7%), la Campania(8,9%), il Friuli Venezia Giulia (8,3%) e il Lazio (8,2%).

Distribuzione percentuale delle aree urbaniz-zate destinate alle infrastrutture e alla rete dicomunicazione sul totale regionale (2005)

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Esiste una relazione speciale tra turismo e ambientepoiché le attività turistiche trovano nelle risorseambientali, con l’accezione più ampia del termine, ilpatrimonio indispensabile per il proprio sviluppo; vice-versa, l’ambiente trae beneficio dalle risorse messe incampo dalle attività turistiche, quando queste sonocompatibili con l’ambiente stesso.In Italia, gli arrivi e le presenze dei turisti diminuisconorispettivamente del -0,6% e -0,8%.Il clima è uno dei principali driver della stagionalità turi-stica. Nel 2008, infatti, il 49% delle presenze si registranel terzo trimestre. Il mezzo di trasporto maggiormente impiegato dagliitaliani per compiere un viaggio è l’automobile(63,6%). Relativamente ai mezzi di trasporto utilizzatidai visitatori stranieri entrati in Italia, persiste la sceltadell’auto come mezzo di trasporto, si segnala infattiun aumento (+4,7%) tra il 2007 e il 2008. Per la primavolta dal 1996, invece, l’aereo come mezzo ditrasporto utilizzato dagli stranieri per giungere in Italia,subisce una diminuzione annuale (-8,1%) a vantaggioprevalentemente della nave che registra una consi-derevole crescita (+28,5%).I flussi turistici modificano radicalmente la densitàabitativa, come nel caso di Rimini o Firenze, che conl’apporto dei turisti raggiungono valori ragguardevoli.

Variazione della densità di popolazione delleprovince italiane con l’apporto dei flussi turistici(2007)

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CAMBIAMENTI CLIMATICI

I cambiamenti climatici non sono più solo unaquestione di mera natura scientifica, ma rappre-sentano una priorità tra le emergenze globali ehanno una rilevanza crescente nelle agendepolitiche delle istituzioni nazionali e internazio-nali.Nel corso del 2009 il tema dei cambiamenticlimatici è stato al centro dell’attenzione dell’opi-nione pubblica e delle istituzioni nazionali e inter-nazionali, con una crescente aspettativa neiconfronti dei risultati della 15ma Conferenza delleParti (COP-15 Copenhagen 2009), finalizzata adefinire gli elementi del nuovo accordo destinatoa entrare in vigore nel periodo successivo aquello (2008-2012) a cui si riferisce il Protocollodi Kyoto.

Il riscaldamento del sistema climatico globale èoggi indiscutibile, come emerge dalle osservazionidell’incremento della temperatura media globaleatmosferica e oceanica, dallo scioglimento deighiacci polari, dalla riduzione dei ghiacciai dellemedie latitudini e dall’innalzamento del livellomedio degli oceani. A livello globale, le analisi confermano che l’au-mento complessivo della temperatura mediaglobale (sistema terra-oceano) al 2008 è stato di 0,7°C rispetto al livello pre-industriale; in particolare,il tasso di riscaldamento pari a 0,1 °C per decennionegli ultimi 100 anni è aumentato a 0,16 °C perdecennio negli ultimi 50 anni.Per quanto riguarda l’Italia, le stime più recenti otte-nute dall’ISPRA evidenziano una diminuzionedella temperatura media in Italia dal 1961 al 1981,e un successivo incremento fino al 2008, per unaumento complessivo di circa 1 °C.

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Osservazioni effettuate, all’interno del quartorapporto dell’IPCC, sulla terraferma e sugli oceanimostrano che molti sistemi naturali stanno risen-tendo dei cambiamenti climatici a scala regionale, inparticolare dell’aumento della temperatura. In Europa, in base all’ultimo rapporto dell’AgenziaEuropea dell’Ambiente sugli impatti dei cambiamenticlimatici, risulta che molti sistemi naturali, così comenumerosi settori socio economici, hanno già subìtole conseguenze dei cambiamenti climatici, in terminidi perdita della biodiversità, ridotta quantità e qualitàdelle risorse idriche, rischi per la salute umana, danniad agricoltura e foreste, al turismo, ai settoridell’energia e dei trasporti. Alcuni degli effetti dei cambiamenti climatici, osservatia livello globale ed europeo, sono già visibili anche inItalia: erosione delle coste, desertificazione, fusione deighiacciai, scarsità idrica, dissesto idrogeologico erischi per la salute, sono solo alcuni esempi. Per la sua sensibilità all’innalzamento della tempera-tura e la ridotta capacità di adattamento, l’ambientealpino risulta essere anche nel nostro Paese, coeren-temente con quanto constatato a livello europeo, tragli ambienti maggiormente vulnerabili.

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Per quanto riguarda il principale gas serra, la concen-trazione atmosferica media globale di anidridecarbonica è cresciuta da 280 ppm nel periodo 1000-1750 a 385 ppm nel 2008, in corrispondenza di unacrescita delle emissioni di anidride carbonica da circazero a 31,2 miliardi di tonnellate, tenendo contoesclusivamente delle emissioni provenienti dall’uti-lizzo dei combustibili fossili nei processi di combu-stione e nella produzione del cemento. Anche peraltri gas serra, come il metano, il protossido di azotoe i fluorocarburi, si registrano andamenti analoghi,se non ancora più accentuati.L’Italia non si sottrae a questo trend di crescita delleemissioni di gas serra: i dati più recenti dell’inven-tario nazionale delle emissioni di gas serramostrano, infatti, che le emissioni sono passate da516,32 a 552,77 milioni di tonnellate di CO2 eq nelperiodo 1990-2007, mentre secondo il Protocollodi Kyoto l’Italia dovrebbe riportare le proprieemissioni nel periodo 2008-2012 a livelli del 6,5%inferiori rispetto alle emissioni del 1990, ossia a482,76 Mt CO2 eq, conseguentemente nel 2007 leemissioni di gas serra sono risultate di 70 Mt supe-riori a quelle dell’obiettivo di Kyoto (+14,5%).

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L’Italia, secondo recenti valutazioni dell’AEA, potrebberaggiungere gli obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyotosolo se, oltre a utilizzare crediti di emissione derivantidalle attività LULUCF (Land Use, Land Use Change andForestry) e ad acquistare quote derivanti dai mecca-nismi flessibili previsti dal Protocollo, attuerà ulteriorimisure di riduzione delle emissioni, in aggiunta aquelle già esistenti; tali misure devono però ancoraessere identificate e adottate. Per quanto riguarda invece l’obiettivo di una ridu-zione di almeno il 20% delle emissioni di gas serraal 2020 rispetto ai livelli del 1990, le valutazionisono ancora a uno stadio preliminare; nel suoinsieme, l’UE è a circa metà del cammino, avendoregistrato nel 2007 una riduzione delle emissionidel 9,3% rispetto al 1990.

In merito alle misure di mitigazione è importantemenzionare che, nel 2009, sono stati pubblicatisulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europeetutti i documenti legislativi del pacchetto “Energia– Cambiamenti Climatici”, oggetto dello storicoaccordo cosiddetto “20-20-20” nel ConsiglioEuropeo del 18 dicembre 2008, e cioè:• la Direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle

energie rinnovabili, che fissa per l’UE l’obiettivovincolante di un contributo del 20% delle fontirinnovabili al consumo totale di energia entro il2020, con una ripartizione degli oneri tra gli Statimembri; all’Italia spetta un obiettivo del 17%;

• la Decisione 406/2009 sulla condivisione deglisforzi, che fissa per l’UE l’obiettivo vincolante diuna riduzione delle emissioni di gas serra per isettori non regolati dalla Direttiva 2003/87/CE;

• la Direttiva 2009/29/CE relativa alla revisione eall’estensione del sistema europeo di emissionstrading, che fissa per l’UE l’obiettivo vincolante diuna riduzione delle emissioni di gas serra del 21%

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rispetto ai livelli del 2005 per i settori regolati dallaDirettiva 2003/87/CE;

• la Direttiva 2009/31/CE sulla cattura e lo stoc-caggio del carbonio.

In particolare, la Direttiva 2009/28/CE stabilisce lequote di energia da fonti rinnovabili sul consumofinale lordo al 2020 per ciascun Paese dell’UnioneEuropea; tali quote comprendono sia i consumi dienergia da fonte rinnovabile per la produzione dielettricità, sia quelli per usi termici e nei trasporti.Essa prevede, inoltre, la possibilità per gli Statimembri di concludere accordi per il trasferimentostatistico da uno Stato membro all’altro di unadeterminata quantità di energia da fonti rinnova-bili e di cooperare tra loro, o anche con Paesi terzi,per la produzione di energia da fonti rinnovabili.L’obiettivo di consumo di energia rinnovabileassegnato all’Italia è pari al 17% del consumo finalelordo, mentre nel 2007 la percentuale complessivadi energia rinnovabile rispetto al consumo finaleè stata pari al 6,9%.In Italia, la produzione di energia elettrica da fontirinnovabili si è attestata, nel 2008, intorno a 59,7TWh a fronte di una produzione elettrica totale paria 318,2 TWh. La produzione nazionale di energia elettrica dafonti rinnovabili costituisce quindi il 18,8% dellaproduzione elettrica totale.La Direttiva 2001/77/CE, poneva un obiettivo indi-cativo del 22% di produzione elettrica da fontirinnovabili rispetto al consumo interno lordo dielettricità entro il 2010 (pari a circa 75 TWh per unconsumo interno lordo di 340 TWh). Sebbene taledirettiva sia stata oggi superata dalla Direttiva2009/28/CE, tuttavia resta ancora l’unicobenchmark per valutare la produzione di energiaelettrica da fonti rinnovabili.

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Nei Paesi dell’Unione Europea, un ruolo centralenelle strategie di mitigazione è stato assegnatoall’attuazione del sistema europeo di emissionstrading, istituito in base alla Direttiva 2003/87/CE.Il primo periodo di implementazione del sistemadi emissions trading (ETS) è partito il 1° gennaio2005 e si è concluso il 31 dicembre 2007. In Italia, le quote del primo periodo sono state asse-gnate con il provvedimento DEC/RAS/74/2006 delMATTM. Recentemente, il Comitato nazionale digestione e attuazione della Direttiva 2003/87/CE, costi-tuito da rappresentanti del MATTM e del MSE, ha prov-veduto con la Decisione 20/2/2008 all’assegnazionedelle quote per il secondo periodo (2008-2012).In termini complessivi, ovvero considerando lasomma delle quote assegnate ed emesse neltriennio 2005-2007, il differenziale di emissione digas serra da parte degli impianti afferenti alsistema ETS è stato di +5,7 Mt CO2 rispetto allasoglia consentita. Per quanto riguarda invece ilprimo anno del secondo periodo (2008-2012), leemissioni complessive di CO2 hanno superato di 9Mt CO2 le quote assegnate.

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Idroelettrica Eolica Fotovoltaica Geotermica Biomasse e rifiuti

Obiettivo 2010

Produzione lorda interna di energia elettricada fonti energetiche rinnovabili

ANNUARIO DEI DATI AMBIENTALI VADEMECUM

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Per quanto riguarda il tema adattamento, laCommissione Europea ha presentato nell’aprile2009 il Libro bianco “L’adattamento ai cambiamenticlimatici: verso un quadro d’azione europeo”, conl’obiettivo di rendere l’UE meno vulnerabile agliimpatti dei cambiamenti climatici.

CAMBIAMENTI CLIMATICI

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BIODIVERSITÀ E AREE NATURALI,AGRICOLE E FORESTALI

La varietà di condizioni biogeografiche, geomor-fologiche e climatiche che caratterizza l’Europacontinentale e il bacino del Mediterraneo fadell’Italia una straordinaria area di concentrazionesia di specie, sia di habitat, sede di hot spot di biodi-versità importanti a livello planetario.

Oltre agli ambienti naturali, anche le aree agricolesvolgono un ruolo importante con circa il 21% dellaSuperficie Agricola Utilizzata (SAU) che presentacaratteri di alto valore naturalistico, in termini dibiodiversità e connessione tra gli spazi naturali.

Questa ricchezza di biodiversità è, però, seriamenteminacciata e rischia di essere irrimediabilmenteperduta. Ad esempio, la percentuale di specieminacciate di Vertebrati oscilla in media, in relazioneai diversi autori, dal 47,5% al 68,4%. Particolarmentegrave è la situazione dei Pesci d’acqua dolce, degliAnfibi e dei Rettili. Minacciate, inoltre, il 15% dellepiante superiori e il 40% delle piante inferiori.

Le maggiori minacce al patrimonio naturale sonolegate principalmente all’impatto delle attivitàumane e alla crescente richiesta di risorse naturalie di servizi ecosistemici. Ad esempio, la trasforma-zione e modificazione degli habitat naturali è causaindiretta di minaccia per circa il 50% delle specieanimali vertebrate, mentre importanti cause direttedi minaccia sono il bracconaggio e la pesca illegale.

L’introduzione di specie alloctone potenzialmente inva-sive costituisce un altro fattore di minaccia per la biodi-versità. In Italia il numero di specie alloctone, animalie vegetali, documentate è attualmente di 2.029.

ANNUARIO DEI DATI AMBIENTALI VADEMECUM

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Anche i cambiamenti climatici, segnalati da nume-rosi studi e rapporti, sono una fonte d’impatto,influendo, ad esempio, sul range geografico dimolte specie e sulla stagione vegetativa.

Tra le cause di impatto sul patrimonio naturale unruolo controverso svolgono le attività legateall’agricoltura. La specializzazione e l’intensifica-zione dell’agricoltura, nonchè la globalizzazionedell’economia agricola, hanno prodotto una graveperdita della biodiversità, anche se, con le politichedi set-aside, è stata facilitata la ricreazione dihabitat quasi scomparsi come zone umide, areeprative alternate ad arbusti e prati allagati.

Per cercare di ovviare a queste problematichel’Italia aderisce a numerose Convenzioni e accordiinternazionali volti alla tutela della biodiversità.In ambito internazionale, l’Italia aderisce, tra le altre,alla Convenzione di Rio de Janeiro del 1992 sulladiversità biologica e a quella di Ramsar del 1971sulle zone umide di importanza internazionale e,nell’aprile del 2009, ha sottoscritto la “Carta di Sira-

5,91 4,78

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Ambiente marino Acque interne Invertebrati terrestri

Vertebrati terrestri Piante Funghi

Ripartizione percentuale in gruppi ambientali/tassonomici delle 2.029 specie alloctone introdottein Italia dal 1500 (aggiornamento al 2007, per le solepiante vascolari al 2009)

Ambiente marino Acque interne Invertebrati terrestri

Vertebrati terrestri Piante Funghi

BIODIVERSITÀ E AREE NATURALI, AGRICOLE E FORESTALI

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cusa sulla biodiversità” che prevede di intrapren-dere una serie di azioni in ordine ai rapporti tra labiodiversità e il clima, l’economia, i servizi ecosiste-mici, la scienza, la ricerca e la politica. In ambitoeuropeo, l’Italia aderisce a due Direttive fondamen-tali per la conservazione della biodiversità: la Diret-tiva Uccelli (79/409/CEE) concernente la protezionedegli uccelli selvatici e la Direttiva Habitat(92/43/CEE) sulla conservazione degli habitatnaturali e seminaturali e della flora e della faunaselvatiche. Tra gli obiettivi specifici della DirettivaHabitat vi è la creazione di una rete ecologicaeuropea coerente, denominata Rete Natura 2000.A livello nazionale un riferimento base per laconservazione della biodiversità è la Legge quadrosulle aree protette n. 394 del 6 dicembre 1991.

Attualmente il 14,5% della superficie territorialeitaliana ospita Zone di Protezione Speciale (ZPS),il 15% Siti di Importanza Comunitaria (SIC) (tuttiadottati dalla Commissione Europea), il 9,7% areeprotette terrestri. Sono inoltre presenti 51 sitiRamsar, 25 Aree Marine Protette e la vasta area

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ZPS SIC Aree protetteterrestri

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NumeSuperficie ro Aree Tutelate

Distribuzione nazionale delle superfici e delnumero di aree tutelate (escluse Aree Ramsar eSantuario per i mammiferi marini)

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protetta pelagica internazionale per i mammiferimarini “Pelagos”.

La Politica Comune della Pesca (PCP) è lo stru-mento attraverso il quale l’UE, e quindi gli Statimembri, gestiscono la pesca e l’acquacoltura intutte le sue componenti: biologiche, ambientali,economiche e sociali.Per quanto riguarda le relazioni tra agricoltura eambiente, una particolare attenzione è riservataall’agricoltura biologica. In Italia le superfici inve-stite e in conversione ad agricoltura biologica nel2008 interessano l’8% della SAU nazionale.

Inoltre, dalla riforma di medio termine della PAC nel2003 e ancor più con l’Health Check del 2008, inItalia e nei Paesi UE la spesa per lo sviluppo ruralesi è spostata dalle misure di mercato verso formedi sostegno ai redditi degli agricoltori, non solo perle funzioni produttive, ma anche e soprattutto peril loro ruolo nella conservazione del paesaggio edell’ambiente.

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Numero di operatori SAU

Evoluzione del numero di operatori e dellasuperficie agricola utilizzata (SAU) condottasecondo il metodo dell’agricoltura biologica

BIODIVERSITÀ E AREE NATURALI, AGRICOLE E FORESTALI

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QUALITÀ DELL’ARIA

Lo stato della qualità dell’aria è una delle emergenzeambientali che, insieme ai cambiamenti climatici aiquali è collegato, preoccupa gli amministratori localie centrali e coinvolge quotidianamente tutti i cittadini.

La riduzione nelle emissioni di materiale particolatoprimario, di ossidi di azoto e di altre sostanze respon-sabili dell’ inquinamento registrata in Italia e inEuropa, fin dai primi anni ’90, ha portato a un indubbiomiglioramento della qualità dell’aria ma non ha risoltoil problema del particolato, del biossido di azoto edell’ozono, i cui livelli in atmosfera negli ultimi anni siassestano spesso al di sopra dei limiti normativi, chenel frattempo sono diventati più stringenti.

In Italia, nel 2008 il 52% delle stazioni di monito-raggio per il PM10 ha superato il valore limite gior-naliero; nell’estate del 2009, il 93% delle stazioni dimonitoraggio per l’ozono ha registrato supera-menti dell’obiettivo a lungo termine.

Nell’area padana e nelle grandi città sono localiz-zate le maggiori criticità.In Italia, il 36% di PM10 (limitatamente alla compo-nente primaria), il 68% di NOx e il 38% di COVNM,emessi nel 2007, sono dovuti al settore trasporti ein particolare a quello su strada. In questo settore, l’andamento delle emissioni di gasnocivi nel periodo 1990-2007 è determinato da duetendenze contrastanti: la continua crescita del parcoveicolare e delle percorrenze complessive tendereb-bero a far aumentare le emissioni, che in realtà, nelcomplesso, diminuiscono a causa dell’adozione neinuovi veicoli di standard emissivi sempre più strin-genti, che hanno inciso sull’andamento delle emis-sioni in modo quantitativamente maggiore.

ANNUARIO DEI DATI AMBIENTALI VADEMECUM

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O3 estivo - Stazioni di monitoraggio per classi digiorni di superamento dell’obiettivo a lungotermine per la protezione della salute umana(120 µg/m3) (2009)

PM10 - Stazioni di monitoraggio per classi di giornidi superamento del valore limite giornaliero (2008)

QUALITÀ DELL’ARIA

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Per quanto riguarda le azioni volte al migliora-mento della qualità dell’aria, dal 2005 al 2007 sonoaumentati in modo considerevole i provvedimentiadottati per il risanamento della qualità dell’aria, inparticolare in Emilia Romagna e in Lombardia.

Le misure in assoluto più adottate dalle regioniitaliane riguardano la mobilità alternativa (18%) ei mezzi di trasporto privato e pubblico a bassoimpatto ambientale (14% e 14% rispettivamente).

39 52

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tazi

oni

stazioni con copertura temporale maggiore del 75%

stazioni totali

PM10 - Numero di stazioni di monitoraggio concopertura temporale superiore al 75% e numerodi stazioni totali

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PIE VDA LOM BOL TRE VEN FVG LI ER TOS UMB MAR LAZ ABR CAM PUG SAR

n.

AltroAgricoltura e allevamentiAttività produttiveAttività domestiche/commercialiMobilità

Misure adottate per il risanamento della qualitàdell’aria, dettaglio regionale (2005-2007)

ANNUARIO DEI DATI AMBIENTALI VADEMECUM

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AltroAgricoltura e allevamentiAttività produttiveAttività domestiche/commercialiMobilità

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Per quanto riguarda l’azione conoscitiva, fonda-mentale per la conseguente gestione della qualitàdell’aria, si segnalano evidenti miglioramentidell’attività di monitoraggio e della comunicazionedi informazioni dal livello locale a quello nazionale.

QUALITÀ DELL’ARIA

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QUALITÀ DELLE ACQUE INTERNE

La Direttiva 2000/60/CE, recepita dal D.Lgs. 152/06,pone le basi per una maggiore cooperazione tragli Stati membri dell’Unione Europea per la tuteladegli ambienti acquatici e introduce il concetto di“stato ecologico”in relazione al quale va definita laqualità del corpo idrico, stabilendo che si debbaraggiungere un “buono stato” delle acque super-ficiali e sotterranee entro il 2015.

La qualità dei corpi idrici è valutata sia in relazionealla specifica destinazione d’uso (produzione diacqua potabile, balneazione, molluschicultura,ecc.), sia in funzione di specifici obiettivi di qualitàambientale (SECA, SEL, SCAS).

Considerando i dati del 2008, relativi allo StatoEcologico dei Corsi d’Acqua (SECA), si rileva unasituazione non particolarmente critica (999 puntimonitorati), con il 78% dei siti monitorati in classedi qualità 1, 2 e 3, cioè uno stato ecologico “ottimo”,“buono” e “sufficiente”. Il restante 22% in classi diqualità 4 (scarso) e 5 (pessimo).

4%

41%

33%

17%

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classe 1 - "Ottimo" classe 2 - "Buono" classe 3 - "Sufficiente"

classe 4 - "Scarso" classe 5 - "Pessimo"

Distribuzione percentuale delle classi di qualitàdell’indice SECA (2008)

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La qualità dei laghi (SEL - Stato Ecologico dei Laghi), rife-rita a 13 regioni per un totale di 134 stazioni, ricade perun 65% nelle classi da “sufficiente” a “ottimo”, tale inci-denza registra una diminuzione dell’8% rispetto al 2007.

La qualità delle Acque Sotterranee è rappresentatadallo Stato Chimico delle Acque Sotterranee (SCAS)attraverso 5 classi (1, 2, 3, 4 e 0), di cui le prime treesprimono una qualità da buona fino a sufficiente,mentre le rimanenti una qualità scarsa, distin-guendo se determinata da contaminanti di origineantropica (classe 4) o di origine naturale (classe 0).Nella figura sotto riportata si evince che le regioni e leprovince autonome mostrano un numero di punti diprelievo monitorati notevolmente diverso (da 29 a599). Trento, Bolzano, Liguria, Lazio, Marche, Valled’Aosta, Veneto, Piemonte, Abruzzo e Umbria presen-tano una percentuale di punti di prelievo, compresatra il 93,1% e 52,6%, ricadenti nelle classi da 1 a 3. InAbruzzo e Umbria si rilevano le percentuali più alte rica-denti in classe 4 (rispettivamente pari a 45,8% e 34,2%),mentre Emilia Romagna e Toscana hanno, rispettiva-mente, il 58,3% e il 46,7% dei punti monitorati che rica-dono nella classe 0, scadente per cause naturali.

4%

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31%

31%

4%

Classe 1 "ottimo" Classe 2 "buono" Classe 3 "sufficiente"

Classe 4 "scarso" Classe 5 "pessimo"

Distribuzione percentuale delle classi di qualitàdel SEL (2008)

QUALITÀ DELLE ACQUE INTERNE

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A livello quantitativo, nel 2008, nei 111 comuni capo-luoghi di provincia, il consumo pro capite di acqua peruso domestico è diminuito rispetto al 2007 (-2,2%),raggiungendo il valore di 61,7 m3 per abitante.

61,763,1

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m3/a

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Consumo pro capite di acqua per uso domesticoin 111 comuni capoluogo di provincia

Stato chimico dei corpi idrici sotterranei (3.229punti monitorati – 11 regioni e 2 province auto-nome) (2008)

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Il D.Lgs. 152/2006, nel dare attuazione alla direttiva,ha individuato i distretti idrografici in cui è ripar-tito l’intero territorio nazionale e disciplinato i Pianidi gestione, stabilendo che per ciascun distretto siaadottato un Piano di gestione.

Alla base del Piano di gestione vi è il Piano di Tuteladelle Acque (PTA) approvato in undici regioni(Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Provinciaautonoma di Trento e di Bolzano, Emilia Romagna,Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia, Sardegna) e adottatoin sette (Veneto, Liguria, Umbria, Marche,Campania, Basilicata, Calabria).

La massiccia antropizzazione del territorio e ledimensioni del sistema produttivo determinanoforti pressioni sulle risorse idriche nazionali.In dettaglio sia l’inquinamento diffuso dei fertilizzantie fitosanitari, sia quello puntuale degli scarichi indu-striali, sia le insufficienze del sistema depurativo civileinfluenzano l’aspetto qualitativo della risorsa idrica.

Per il sistema depurativo, la Direttiva 91/271/CEEha fissato entro il 31/12/2005 il termine per la realiz-

Distretti idrografici italiani

D.l. delle Alpi Orientlai sup.39.335 kmq

D.l. Padanosup. 74.115 kmq

D.l. Pilota dell’Appennino Settentrionalesup. 39.000 kmq

D.l. Pilota del Serchiosup. 1.600 kmq

D.l. dell’Appennino Centralesup. 35.800 kmqD.l. dell’Appennino Meridionalesup. 68.200 kmq

D.l. della Siciliasup. 26.000 kmq

D.l. della Sardegnasup. 24.000 kmq

Limiti Amministrativi Regionali

QUALITÀ DELLE ACQUE INTERNE

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zazione e l’adeguamento delle reti fognarie (nel2006, il grado di conformità è pari al 93%) e degliimpianti di trattamento delle acque reflue urbane(nel 2006 il grado di conformità è pari al 77%).

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AGENTI FISICI

Il termine “agenti fisici” indica le forme di inquinantiambientali, governate da leggi fisiche, che provo-cano una trasformazione delle condizioni ambien-tali nel contesto in cui si manifestano.Gli agenti fisici di interesse ambientale sono ilrumore in ambiente abitativo e di vita, le vibrazioni,i campi elettromagnetici, le radiazioni ionizzanti,l’inquinamento luminoso e le radiazioni ultravio-lette (UV).

L’inquinamento acustico è considerato come unadelle più rilevanti cause del peggioramento dellaqualità della vita e costituisce uno dei principaliproblemi ambientali. È caratterizzato da un’ampiadiffusione e da un elevato impatto.La riduzione progressiva del numero di personeesposte a livelli di rumore ritenuti dannosi per laqualità della vita e tali da indurre conseguenzesulle condizioni di salute è l’obiettivo prioritario, inambito europeo, per quanto riguarda l’inquina-mento acustico, ritenuto uno dei principaliproblemi ambientali.Nella Comunità Europea, circa 41 milioni dipersone risultano esposte negli agglomerati,considerando quale sorgente di rumore l’ infrastrut-tura stradale, a valori di Lden maggiori di 55 dB(A).Analizzando il numero totale di persone, nellaComunità Europea, residenti fuori dagli agglome-rati urbani, in edifici esposti a valori di Lden maggioredi 65 dB(A), e considerando quale sorgente dirumore il traffico prodotto dalle infrastrutturestradali principali, si nota che l’Italia presenta altivalori di popolazione esposta, rispetto a quelladegli altri Paesi membri.Lo stato di attuazione in Italia degli adempimentiprevisti dal D.Lgs. 194/2005, in attuazione della

AGENTI FISICI

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Direttiva END 2002/49/EC è caratterizzato danumerose inadempienze rispetto alle scadenzetemporali prescritte.In particolare su dieci agglomerati notificati, trehanno presentato la mappa acustica strategica enessun agglomerato ha redatto il Piano di azione.La situazione delle infrastrutture, invece, è migliore,su 13 notificate, 12 hanno presentato la mappaturaacustica.

Numero totale di persone, nella ComunitàEuropea, che vivono fuori dagli agglomeratiurbani, in edifici esposti a valori di Lden >65 dB(A),considerando quale sorgente di rumore lestrade principali (2009)

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Le attività di controllo svolte dal Sistema agenziale,effettuate prevalentemente su esposti presentatidai cittadini, evidenziano che le tipologie disorgenti ritenute fortemente disturbanti sono leattività commerciali e di servizio (43,2%), le attivitàproduttive (28%) e le infrastrutture stradali (22,9%).Si registrano minori percentuali rispetto al 2008 perquanto riguarda le attività di servizio e/o commer-ciali (-5%) e le attività produttive (-7,4%), mentre unmaggior numero di controlli risulta effettuato sulleinfrastrutture stradali, rispetto alla percentuale del9,7% riscontrata nel 2008 (+13,2%).Le principali sorgenti di rumore, identificabili neltraffico stradale, ferroviario e aereo, registrano, condistinzioni relative alle singole sorgenti, un gene-rale incremento dei volumi di traffico. L’aumento dei sopracitati elementi di pressione,insieme alle carenze di attuazione della normativae alla mancanza di sinergie e forme di dialogo tragli attori principali, costituiscono ostacoli a un’or-ganica e condivisa definizione delle azioni.L’analisi dei dati riguardanti gli adempimentiprescritti dalla normativa nei differenti settorimostra, al 30 settembre 2009, una situazionestazionaria rispetto agli anni precedenti perquanto riguarda gli adempimenti regionali ecomunali, e un completamento di alcuni obblighinell’ambito delle infrastrutture di trasporto.La percentuale dei comuni italiani che ha appro-vato la classificazione acustica è pari al 41% (+6%rispetto al 2007) .In particolare, le situazioni migliori si riscontranonelle Marche (94%), Toscana (91%), Liguria (85%),Piemonte (71%).

Un’esposizione prolungata a campi elettromagne-tici è considerata un potenziale pericolo per lasalute umana.

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Le sorgenti di campo elettromagnetico si dividonoin due categorie principali: sorgenti di campi a bassafrequenza (0-300 Hz), o campi ELF, (linee elettriche,cabine di trasformazione, elettrodomestici, ecc.);sorgenti di campi ad alta frequenza (100 kHz - 300GHz), o campi RF, (radio, tv, telefoni cellulari, radar).Tra il 2007 e il 2008 si è registrato un calo dei supe-ramenti dei limiti negli impianti RTV (-1%) e un incre-mento dei medesimi negli impianti SRB (+7%). Nonostante le SRB presentino una densità diimpianti circa doppia rispetto a quelli RTV e unadensità dei siti 5 volte superiore, la pressioneambientale più consistente è esercitata dagliimpianti RTV; infatti, la potenza complessiva delleSRB (1.175 kW) rappresenta circa il 18% di quelladelle RTV (6.442 kW).In questo contesto, un’altra importante pressione èesercitata dalle linee elettriche ad alta e altissimatensione, anche se, tra il 2007 e il 2008, vi è stata unariduzione delle linee a 220 kV (-15%), delle linee elet-triche con tensione compresa tra 40 kV e 150 kV (-4%), e delle linee con tensione inferiore a 40 kV (-2%).Si è verificato, invece, un lieve aumento per le lineea 380 kV (pari al +2%).Sia nel settore delle radiofrequenze (RTV e SRB), siain quello delle frequenze estremamente basse(ELF), l’azione di controllo rappresenta un’attivitàfondamentale per gli enti competenti (ARPA/APPA).Dall’elaborazione dei dati ricavati dall’Osserva-torio CEM, si osserva, tra il 2007 e il 2008, una dimi-nuzione del numero dei pareri preventivi sia perle SRB (17%), sia per gli RTV (2%), e anche una dimi-nuzione del numero dei controlli per le SRB (1%)e per le RTV (4%).Per quanto riguarda le azioni di risanamento intra-prese ad oggi, relativamente ai superamenti riscon-trati dalle attività di controllo, si evidenzia, dal 2007

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al 2008, per le regioni che hanno il dato completorelativo a questi due anni, un aumento per gli impiantiRTV dell’1,3% e per gli impianti SRB del 3,4%. È interessante notare le differenze tra le due tipo-logie di sorgenti RTV e SRB con riferimento ai risa-namenti conclusi e a quelli in corso: per gliimpianti SRB, non solo la differenza tra la percen-tuale dei risanamenti conclusi e quella dei risana-menti in corso è maggiore rispetto a quella rela-tiva agli impianti RTV, ma non ci sono più risana-menti in corso. Questa differenza è determinata dalfatto che, per gli impianti RTV, l’azione di risana-mento è tecnicamente più complessa.Le regioni, le quali hanno fornito le informazionicomplete sia per il 2007 sia per il 2008, registranoun azzeramento dei casi di “risanamenti richiestidalle Agenzie regionali e provinciali per la prote-zione dell’ambiente e nessuna azione di risana-mento”per gli impianti SRB e un aumento del 10%per gli impianti RTV. Ciò significa che questi risa-namenti non sono stati ancora programmati daiproprietari degli impianti.

La radiazione ultravioletta occupa la regione dellospettro elettromagnetico di lunghezze d’ondacomprese tra 100 e 400 nanometri (nm). I raggiultravioletti si suddividono convenzionalmente intre bande spettrali: UV-C, UV-B e UV-A.Le radiazioni ultraviolette rivestono particolareimportanza perché interagiscono con il nostrosistema terra, in particolare con la stratosfera (bucodell’ozono), con la troposfera (inquinamento foto-chimica) e, infine, con la biosfera (effetti su uomo,flora e fauna).Tali radiazioni possono essere prodotte da sorgentidi tipo naturale e sorgenti di tipo artificiale: il soleè la sorgente naturale più importante, mentre unalampada a vapori di mercurio (lampada di Wood,

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lampada germicida) è un esempio di sorgente ditipo artificiale.L’esposizione alla radiazione solare è un evento inevi-tabile che produce sia effetti positivi sia negativinell’uomo. Esporsi al sole restituisce generalmenteuna prima sensazione di benessere (psychologicalwellbeing) e, inoltre, ha un ruolo fondamentale nellaproduzione di vitamina D3, responsabile della sintesidel calcio nell’organismo umano.A fronte di questi effetti positivi, in caso di un’espo-sizione prolungata, come generalmente avviene perchi ricerca l’effetto abbronzatura della pelle, ne sonostati appurati altri negativi, anche gravi, quali adesempio problemi alla pelle come eritemi, fotoder-matosi, invecchiamento e anche tumori della pelle.Esiste un tempo di esposizione ottimo che massi-mizza gli effetti positivi e minimizza quelli negativi,ma non è uguale per tutti.Le persone con la pelle più chiara si abbronzanoe si scottano molto più facilmente di quelle con lacarnagione scura. Pertanto l’informazione sulla“dose”, legata al tempo di esposizione, va sempreintegrata e rapportata al tipo di carnagione.La popolazione può essere informata sul poten-ziale rischio all’esposizione alla radiazione UVattraverso il valore dell’indice UV.Negli ultimi due anni, ISPRA ha avviato, in accordocon il Sistema agenziale, un’attività di raccolta esistematizzazione dei dati e delle informazionidisponibili sul territorio nazionale.Considerando che, ad oggi, sono limitate le espe-rienze in materia nel nostro Paese, i pochi dati dispo-nibili sono ovviamente disomogenei ed estrema-mente variegati, ma testimoniano comunque l’im-pegno in essere su una tematica innovativa.Due ARPA (Valle d’Aosta e Piemonte) adottano criterie procedure in linea con gli standard europei e ben19 agenzie su 21 svolgono attività sugli UV.

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Il controllo della radioattività ambientale in Italiatrae la sua giustificazione dall’esigenza di prote-zione della popolazione e dei lavoratori dall’espo-sizione a radiazioni ionizzanti. Le radiazioni ionizzanti sono quasi sempre associatealla sola produzione di energia nucleare, eppure visono casi di esposizione a radiazioni ionizzanti ascopo medico, diagnostico o terapeutico. In tali casii rischi che ne derivano sono avvertiti come ampia-mente compensati dai benefici per le persone chesi sottopongono a questi trattamenti.La principale fonte di esposizione a radiazioni ioniz-zanti avviene nelle mura domestiche e negli altriambienti chiusi (indoor). In tali luoghi, infatti, èpresente nell’aria un gas naturale, il radon, il qualeè una delle principali fonti di rischio per la popo-lazione. Inoltre, in alcuni casi, può raggiungereconcentrazioni tali per cui si ritiene inaccettabileil rischio associato e si raccomandano, o addiritturasi impongono, risanamenti degli ambienti di vita.In relazione all’esposizione al radon, una rappresen-tazione del territorio nazionale viene dai risultati diun’indagine effettuata nel corso degli anni ’80 e ’90,ma ancora valida per le caratteristiche del feno-meno, con una copertura nazionale completa,dalla quale si evidenzia una notevole differenzanelle medie della concentrazione di radon (Rn-222)nelle diverse regioni italiane. In particolare nel Lazioe nella Lombardia si evidenzia un’elevata concen-trazione di radon (Rn-222), la differenza con le altreregioni è dovuta al diverso contenuto di uranionelle rocce e nei suoli e alla loro differentepermeabilità.In termini di risposta, la problematica della prote-zione dall’esposizione al radon nei luoghi di lavoroè stata introdotta nella normativa con il D.Lgs. n.241 del 2000, che modifica e integra il D.Lgs. n. 230del 1995. Il decreto prevede obblighi per gli eser-

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centi in luoghi di lavoro e per le regioni. In parti-colare, a quest’ultime è affidato il compito di indi-viduare le zone a maggiore probabilità di alteconcentrazioni di attività di radon.

In attesa della definizione dei criteri con cui defi-nire le zone e delle indicazioni sulle metodologieper la loro individuazione, alcune regioni e alcuneARPA/APPA hanno avviato studi e indagini peravere una classificazione delle aree a diversaprobabilità di alte concentrazioni di radon.Sono, infine, ancora scarse e sporadiche le informa-zioni sulle azioni di bonifica effettuate in Italia inambienti con elevate concentrazioni di radon, conriferimento sia ad ambienti di tipo residenziale siaad ambienti di lavoro.

Regioni (in verde) in cui, a partire dal 2002, sonostati sviluppati studi/iniziative mirati all’identi-ficazione delle aree soggette a rischi radon

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AMBIENTE E SALUTE

Gli effetti determinati da cambiamento e variabi-lità del clima impattano su qualità e disponibilitàdelle risorse naturali, biodiversità e stabilità del terri-torio, agendo, inoltre, come amplificatori di vulne-rabilità ambientali preesistenti.Gli impatti dei cambiamenti climatici impongonoun atteggiamento proattivo, che comporta unariorganizzazione dei sistemi di prevenzioneambientale e sanitaria, sia dal punto di vistatecnologico sia operativo e sia organizzativo.I dati osservati nelle ultime decadi permettono diconcludere che anche l’Italia è colpita da cambia-mento e variabilità meteoclimatica. In particolare, in Italia è stato osservato unaumento dei giorni estivi ( T >25°C) nelle ultimedecadi, mentre diminuiscono di circa il 20% i giornidi gelo (T≤0°C). Gli inverni e gli autunni sonoquindi più miti. Anche il numero di giornate piovose su tutto ilterritorio nazionale sembra aver subito una ridu-zione statisticamente significativa, mentrecontemporaneamente si è osservato un aumentodell’intensità delle precipitazioni nelle regionisettentrionali e meridionali.I risultati di un primo screening nazionale dei rischiper la salute in Italia dovuti ai cambiamenti clima-tici evidenzia condizioni di rischio emergenti.Le mutate condizioni di pattern di temperaturamedia e umidità favoriscono la diffusione di artro-podi, potenziali vettori di malattie virali, batterichee parassitarie.Oltre ai fattori meteoclimatici, altre vulnerabilitàinfluenzano la distribuzione vettoriale, come ladistruzione degli habitat, l’uso del suolo, l’uso diantiparassitari, la perdita di predatori naturali.La mappatura dei focolai di sviluppo degli insetti

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potenziali vettori di agenti patogeni costituisce,quindi, uno strumento di prevenzione, sia durantele fasi di emergenza, sia durante le fasi di previsionedegli eventi, nonché di pianificazione delle azionida intraprendere.I cambiamenti climatici possono, inoltre, anchecolpire la sicurezza alimentare agendo su tutte lecomponenti dei sistemi alimentari.Gli eventi estremi più frequenti e più intensi, qualila siccità, l’aumento del livello dei mari e i modelliirregolari di piovosità stagionale, stanno giàavendo impatti immediati sulla produzione di cibo,sulle infrastrutture di distribuzione alimentare,sull’incidenza delle emergenze alimentari, sullerisorse e le opportunità di sostentamento e lasalute umana.La catena causale attraverso cui la variabilitàclimatica e gli eventi estremi influenzano la nutri-zione umana è complessa e coinvolge diversifattori, quali la scarsità d’acqua del territorio, la sali-nizzazione dei terreni agricoli, la distruzione dellecolture a causa di eventi alluvionali, l’interruzionedella logistica a causa dei disastri, l’aumento delcarico di infezioni delle piante e/o delle infestazioni.Per ora è possibile formulare solo previsioni, prin-cipalmente sulla base della conoscenza di condi-zioni ambientali chiave che favoriscono la produ-zione dei principali funghi e/o tossine.L’adattamento da un lato dovrà rivedere protocollidi controllo e monitoraggio ambientale, dall’altropromuovere azioni specifiche su diversi determi-nanti quali le pratiche agricole e la performancedell’approvvigionamento idrico, del trattamentodelle acque e dei servizi fognari.Garantire il funzionamento delle strutture esistenti,eliminare le carenze di gestione di quelle ineffi-cienti, programmare l’uso in sicurezza di nuovefonti di acqua in caso di siccità o indisponibilità di

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qualità accettabile nelle emergenze alluvionali,sono le sfide tecnologiche e di management.I cambiamenti climatici, influenzano anche ladiffusione delle malattie allergiche, avendo deter-minato un anticipo della stagione pollinica prima-verile nell’emisfero Nord. È quindi ragionevole rite-nere che le malattie allergiche da pollini, come larinite allergica, vedano una concomitante varia-zione di stagionalità.Diversi studi epidemiologici, svolti anche in Italia,dimostrano che la prevalenza delle malattie aller-giche respiratorie è notevolmente aumentata intutto il mondo nei decenni passati.

L’allergia da pollini è stimata essere circa il 40%delle allergopatie, ma si differenzia da territorio aterritorio. La diversa distribuzione territoriale dellepiante che producono pollini può in parte spiegarele forti differenze di sensibilizzazione nelle diversezone di Italia.L’importanza dei disturbi allergici da polline è colle-gata, come già descritto, alla durata e all’intensitàdella stagione dei pollini, alla frequenza e allaconcentrazione raggiunta nei picchi, e alla quan-

Prevalenze di pollinosi in ItaliaPolline Nord Centro Sud, isole e

Liguria% prevalenza

Graminaceae 75 60 40Urticaceae (parietaria) 30 40 60Compositae (artemisia) 25 15 10Ambrosia 30 07 02Chenopodiaceae 01 02 14Plantaginaceae (plantago) 04 04 09Betulla 33 13 05Ontano 36 08 07Carpino 34 26 04Nocciolo 34 16 04Cupressaceae 09 28 20Olea 05 10 25Fagaceae 07 15 10

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tità degli allergeni. In quest’ottica, le variazioni ditemperatura e gli andamenti delle precipitazionipotrebbero alterare la durata e l’inizio dellastagione di crescita delle piante impollinatici.È opportuno rafforzare le conoscenze locali, imple-mentando il monitoraggio ambientale aerobiolo-gico dei pollini integrandolo con il monitoraggiodelle spore fungine.Rischi per la salute e cambiamenti climatici sonoun capitolo noto nella letteratura scientifica eampiamente riportato e documentato in varitesti governativi nazionali e internazionali. Lagestione dei rischi emergenti correlati ai nuoviscenari meteoclimatici può essere affrontata conresponsabilità specifiche dei singoli settori inci-denti sui determinanti ambientali di salute. Ma leazioni di adattamento devono essere comunqueintegrate tra loro, pena l’inefficacia delle misureadottate per contenerne i rischi e gli effetti nega-tivi incompatibili con un sano sviluppo sostenibile.

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RISCHIO AMBIENTALE

Rischio di origine naturaleI fenomeni naturali che possono divenire fonte dipotenziale rischio si dividono in due categorie prin-cipali rispetto ai meccanismi genetici scatenanti:fenomeni di origine endogena (es.: eruzioni vulca-niche, terremoti, ecc.) correlati, cioè, a dinamicheinterne alla Terra e quelli di origine esogena (es.:alluvioni, frane, valanghe, ecc.), che avvengonosulla sua superficie.

Nel periodo 2008-2009, sia il rischio sismico, sia ilrischio geologico-idraulico si sono manifestati inmodo straordinario. Per quanto riguarda la sismicità, le aree piùsoggette a rischio sismico sono localizzate nelsettore friulano, lungo la dorsale appenninicacentro-meridionale, con particolare riferimento aisettori di bacino intrappenninico, al marginecalabro tirrenico e nella Sicilia sud-orientale.

Nel 2008 solo tre eventi hanno superato la sogliadi magnitudo locale 5: quello della costa calabraha avuto una profondità ipocentrale molto elevatae non ha procurato danni; quelli avvenuti nell’areadel Frignano hanno danneggiato qualche campa-nile e alcune chiese, procurando lesioni ad alcunestrutture e la caduta di comignoli e cornicioni. Nonsono stati registrati danni a persone.

Nel 2009 gli eventi più rilevanti sono quelli avve-nuti nella zona di L’Aquila.

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L’ evento parossistico, avvenuto a L’Aquila e zonelimitrofe, del 6 aprile di magnitudo locale 5,8 emagnitudo momento 6,3, ha causato la morte dioltre 300 persone e gravi danni al patrimonio edilizioe artistico-culturale, coinvolgendo un’area di circa30 km2. Il piano di faglia lungo il quale si è generatoil terremoto ha prodotto una rottura del terreno insuperficie presso Paganica. Tale fagliazione superfi-ciale, rappresentata dalla linea rossa, è ben individua-bile per una lunghezza di 2,6 chilometri.

Oltre 50 comuni abruzzesi hanno subito danni talida rendere inagibile parte delle abitazioni e si è resanecessaria la realizzazione, da parte del Diparti-mento della Protezione Civile, di 171 campi diaccoglienza.

Principali eventi sismici registrati dal 1° gennaio2008 al 30 settembre 2009

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Lo scenario di danno agli edifici, così come raccolti dalQuick Earthquake Survey Team (QUEST), è molto irre-golare. I picchi di intensità sembrano essere staticausati da una particolare vulnerabilità sismica localeassociata, in alcuni casi, a evidenti effetti di sito (es.Onna e altri paesi della valle dell’Aterno, ubicati su sedi-menti alluvionali recenti non consolidati).L’Italia presenta anche un’esposizione al rischio dafrana particolarmente elevato, a causa delle sue carat-teristiche geologiche e morfologiche (il 75% del terri-torio nazionale è infatti montano-collinare). Le franesono tra le calamità naturali che si ripetono conmaggiore frequenza e causano, dopo i terremoti, ilmaggior numero di vittime e di danni ai centri abitati,infrastrutture, beni ambientali, storici e culturali. In Italiasono state censite dall’ISPRA e dalle regioni e provinceautonome più di 485.000 frane che interessanoun’area di oltre 20.700 km2, pari al 6,9% del territorionazionale (Progetto IFFI - Inventario dei FenomeniFranosi in Italia). Non tutte le frane sono pericolose inugual modo; quelle con elevate velocità di movi-mento e quelle che coinvolgono rilevanti volumi di

Rottura in superficie della faglia di Paganica

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roccia o terreno causano generalmente il maggiornumero di vittime e i danni più ingenti. I comuniitaliani interessati da frane sono 5.708, pari al 70,5% deltotale: 2.940 sono stati classificati con livello di atten-zione molto elevato, 1.732 comuni con livello di atten-zione elevato e 1.036 comuni con livello medio. Irestanti 2.393 comuni presentano un livello di atten-zione trascurabile (comuni nei quali non è stata censitaalcuna frana).

Nel periodo dicembre 2008 - febbraio 2009, a causadelle eccezionali precipitazioni che hanno interes-sato l’intero territorio nazionale, si sono innescatinumerosissimi fenomeni franosi, con danni ingentia centri abitati e soprattutto alle infrastrutture lineari

Livello di attenzione da rischio frana, su basecomunale

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di comunicazione (es. Autostrada A3 Salerno-ReggioCalabria, A14 Vasto-Termoli, A20 Messina-Palermo;linee ferroviarie Potenza-Battipaglia, Catania-Caltanis-setta). In particolare, il 25 gennaio 2009 una frana hainvaso circa 20 m di carreggiata dell’autostrada A3,tra gli svincoli di Rogliano e Altilia-Grimaldi,causando 2 morti e 5 feriti. Nel 2009 si sono verificati altri due eventi di parti-colare gravità: il 18 luglio nel comune di Borca diCadore (BL), una colata rapida di detrito ha invasoalcune abitazioni della frazione di Cancia,causando due vittime; il 1° ottobre, in seguito a unaviolentissima perturbazione (oltre 200 mm dipioggia in 24 h), si sono innescate diverse colaterapide di fango e detrito nei comuni di Messina(frazioni di Giampilieri, Molino, Altolia) e ScalettaZanclea (ME), causando 31 vittime e 6 dispersi.

Eventi di frana nel periodo dicembre 2008 –febbraio 2009 e principali eventi luglio-ottobre 2009

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L’instabilità dei versanti è legata all’interazione dipiù cause concomitanti: naturali (precipitazioni,terremoti) e antropiche. I fattori antropici assu-mono un ruolo sempre più determinante (es. taglistradali, scavi, sovraccarichi, mancata manuten-zione di opere di difesa del suolo).Per un’efficace azione di mitigazione del rischio èindispensabile superare l’approccio emergenziale,che prevede una risposta post-evento, attraversoun’azione congiunta di previsione e prevenzione.La previsione comprende una fase conoscitiva,finalizzata al censimento, alla raccolta e all’aggior-namento delle informazioni sui fenomeni franosi(Progetto IFFI, Inventario dei Fenomeni Franosi inItalia), il monitoraggio dei movimenti con reti stru-mentali in telemisura a terra e da satellite, l’indivi-duazione delle zone di territorio suscettibili aldissesto da frana e la simulazione di scenarid’evento. La diffusione delle informazioni sui feno-meni di dissesto (franoso, alluvionale e valanghivo)riveste inoltre grande importanza ai fini dellaprevenzione del rischio da frana (es. Cartografiaonline del Progetto IFFI:http://www.sinanet.apat.it/progettoiffi).La sensibilizzazione dei cittadini, infatti, determinauna maggior consapevolezza dei rischi che inte-ressano il proprio territorio e dei comportamentida adottare prima, durante e dopo l’evento.

Rischio di origine antropicaPer rischio antropogenico s’intende il rischio(diretto o indiretto) derivante da attività umanepotenzialmente pericolose per l’ambiente e la vitaumana. In questa ampia definizione rientra il cosìdetto “rischio industriale”, cioè il rischio derivanteda attività svolte all’interno di stabilimenti indu-striali. Si definisce “stabilimento a Rischio di Inci-dente Rilevante” (stabilimento RIR), uno stabili-

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mento che detiene (utilizzandole nel ciclo produt-tivo o semplicemente in stoccaggio) sostanzepotenzialmente pericolose, in quantità tali da supe-rare determinate soglie stabilite dalla normativa“Seveso” (Direttiva 82/501/CEE e successive modi-ficazioni). Scopo della normativa Seveso e smi èquello di ridurre la possibilità di accadimento degliincidenti e del loro conseguente impattosull’uomo e sull’ambiente. La maggior concentrazione di stabilimenti RIR sirileva in Lombardia, Piemonte, Veneto, EmiliaRomagna. Tra i comuni con 4 o più stabilimenti arischio d’incidente rilevante si segnalano Veneziae Ravenna.

L’attività praticata in un uno stabilimento permettedi conoscere preventivamente, sia pure in terminigenerali, il potenziale rischio associato. L’analisi,quindi, delle tipologie di stabilimenti, unitamentealla loro distribuzione sul territorio, consente dievidenziare l’incidenza delle diverse tipologie di atti-vità industriali maggiormente diffuse tra gli stabi-limenti a rischio di incidente. Tali informazioni,

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Art. 6 Art. 8 TOTALE

Distribuzione regionale degli stabilimentisoggetti al D.Lgs. 334/99 e smi (30/6/2009)

RISCHIO AMBIENTALE

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insieme con gli scenari incidentali ipotizzabili conassociate le aree di potenziale danno, consentonodi ottenere una mappatura dei rischi da utilizzareper la pianificazione del territorio, l’informazione allapopolazione e la gestione delle emergenze.

Si riscontra la presenza di grandi poli petrolchimici,sviluppatisi negli anni del dopoguerra, nellaPianura padana (Ravenna, Ferrara) e nella lagunadi Venezia (Marghera) e a partire dagli anni ‘60 e‘70, nel Mezzogiorno (Brindisi, Priolo, Gela, PortoTorres, ecc.). Concentrazioni di raffinerie si riscon-trano, invece, in Sicilia e Lombardia.L’Italia si caratterizza, inoltre, per un’estesa rete didepositi di GPL con funzione di approvvigiona-mento in zone non raggiunte dal metano e per lapresenza di distretti industriali, caratterizzati dallaconcentrazione di piccole e medie industrie conproduzioni similari o legate alla medesima filieraproduttiva.

0 10 20 30 40 50 60 70 80n.

90 100 110 120 130 140 150 160 170 180 190

Distillazione

Centrale termoelettrica

Produzione e/o depositodi gas tecnici

Impianti di trattamento/Recupero

Altro

Raffinazione petrolio

Acciaierie e impiantimetallurgici

Deposito di fitofarmaci

Deposito di tossici

Produzione e/odeposito di esplosivi

Galvanotecnica

Deposito di oli minerali

Deposito di Gas liquefatti

Stabilimento chimicoo petrolchimico

Art. 6 Art. 8

Distribuzione nazionale degli stabilimenti soggettial D.Lgs. 334/99 e smi per tipologia di attività(30/6/2009)

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SUOLO E TERRITORIO

Il suolo è un complesso corpo vivente, incontinua evoluzione. Esso esplica una serie difunzioni che lo pongono al centro degli equilibriambientali. Gioca, infatti, un ruolo prioritario nellasalvaguardia delle acque sotterranee dall’inquina-mento, nel controllo della quantità di CO2 atmo-sferica, nella regolazione dei flussi idrici superfi-ciali con dirette conseguenze sugli eventi alluvio-nali e franosi, nel mantenimento della biodiver-sità, nei cicli degli elementi nutritivi ecc. Dallostato di salute del suolo dipende la biomassavegetale con evidenti ripercussioni sull’interacatena alimentare. Le scorrette pratiche agricole, la concentrazionein aree localizzate della popolazione e delle atti-vità economiche, i cambiamenti climatici e levariazioni d’uso ne possono limitare o inibiretotalmente la funzionalità. La contaminazione delsuolo da parte di quantità eccessive di sostanzechimiche determina un’alterazione delle suecaratteristiche tale da compromettere non solole funzioni protettive ma anche quelle produttiveed ecologiche. Un esempio è rappresentato dai Siti contaminati,problematica comune a tutti i paesi industrializ-zati. Sul territorio nazionale sono presenti 57 Siticontaminati di Interesse Nazionale, di cui ilMATTM coordina direttamente le operazioni dibonifica, mentre i siti potenzialmente contami-nati, di competenza regionale, sono circa 15.000,di cui più di 4.000 da bonificare. Per quantoriguarda la contaminazione diffusa mancaancora un quadro omogeneo a scala nazionale,ma problemi legati al fenomeno sono presenti inquasi tutte le regioni italiane. Le emissioni indu-striali e veicolari in atmosfera determinano il rila-

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scio nel suolo di contaminanti acidificanti (SOx,NOx, NH3), metalli pesanti (Pb, Hg, Cd, As, Cr, Cu,Ni, Se, Zn) e composti organici (idrocarburi acatena lineare, IPA, diossine, furani, ecc.). Lepratiche agricole intensive che prevedono l’ab-bondante utilizzo di fitofarmaci, fertilizzantichimici e deiezioni zootecniche possono deter-minare un surplus di elementi nutritivi (N, P, K), unaccumulo di metalli pesanti e la diffusione disostanze biocide. In particolare, l’eccesso dielementi nutritivi, essendo i nitrati molto solubilinelle acque e difficilmente trattenuti dal suolo,può determinare gravi fenomeni di inquina-mento delle falde idriche sotterranee e di eutro-fizzazione degli ecosistemi acquatici. Il trend del surplus di nitrati è comunque diprogressivo decremento in quasi tutte le regioni,anche per effetto delle misure intraprese inottemperanza alla normativa vigente. Notevole rilevanza ambientale ed economicariveste anche il fenomeno dell’erosione idrica delsuolo, cioè l’asportazione della sua parte super-ficiale, maggiormente ricca in sostanza organica,per mezzo delle acque di ruscellamento superfi-ciale. Il 30% circa dei suoli italiani presenta unrischio d’erosione superiore alla soglia di tollera-bilità; la stima, realizzata tramite modelli a scalanazionale, risente però delle approssimazioni deidati utilizzati.Particolarmente diffuso, soprattutto nelle areecostiere, è il fenomeno della salinizzazione cioèl’accumulo, per cause naturali e antropiche, di salinel suolo che possono giungere a un livello taleda compromettere l’attività vegetativa e produt-tiva delle colture e determinare effetti fortementenegativi per la biodiversità del suolo e per la resi-stenza dello stesso all’erosione.

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Un’ indagine conoscitiva a scala nazionale, effet-tuata dall’Università di Palermo, ha messo inevidenza come i suoli salini risultino distribuiti inprevalenza nella bassa Pianura padana, in lunghitratti del litorale tirrenico e adriatico, nella fasciacostiera della Puglia, della Basilicata e dellaSardegna e, soprattutto, in Sicilia, dove la proble-matica interessa circa il 10% del territorio regionale. Uno dei principali fattori di degrado dei suoli èrappresentato dalla diminuzione di carbonio orga-nico che svolge un’essenziale funzione positiva sumolte proprietà del suolo. Favorisce l’aggregazionee la stabilità delle particelle del terreno con l’effettodi ridurre l’erosione e la compattazione; si lega inmodo efficace con numerose sostanze, miglio-rando la fertilità del suolo e la sua capacità tampone;migliora l’attività microbica e la disponibilità per lepiante di elementi nutritivi come azoto e fosforo.Bassi valori di carbonio organico si rilevano inbuona parte dei suoli italiani, in particolare nella areeagricole collinari e nell’Italia meridionale. Le aree interessate da agricoltura intensiva

Distribuzione dei suoli salini in Italia (aree rosse)

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possono essere soggette all’ instaurarsi di fenomenidi compattazione (compressione delle particelledel suolo in un volume minore a seguito della ridu-zione degli spazi esistenti tra le particelle stesse),dovuta principalmente all’utilizzo delle macchineagricole. Il problema è diffuso nelle aree agricoleitaliane, sia di pianura sia collinari. In ambito conti-nentale, la compattazione è ritenuta un’importanteconcausa dei grandi eventi alluvionali che hannointeressato il Nord Europa negli anni passati.Particolarmente preoccupante è, inoltre, ilconsumo del suolo che determina la perditatotale di ampi territori spesso a elevato valore agro-nomico. Il trend dell’uso del suolo evidenzia, perl’Italia, una progressiva diminuzione della superficiedestinata ad aree agricole (-1,6 %), con recuperodi suoli boscati o seminaturali (+1,0 %) e con unaumento delle superfici urbanizzate (+0,6 %) che,per quanto riguarda l’area costiera, risultanoaumentate soprattutto in Sardegna e Calabria.

Carta nazionale dell’impermeabilizzazione delsuolo (2006)

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Collegato con il consumo del suolo è il fenomenodell’impermeabilizzazione o sigillatura del suolo(copertura del territorio con materiali “impermeabili”)che limita/impedisce l’infiltrazione delle acque e lafunzione di ritenzione delle stesse da parte delsuolo/sottosuolo, aumentando le possibilità di forma-zione di repentini eventi di piena. La carta nazionaledell’ impermeabilizzazione del suolo a causa dell’ur-banizzazione, basata sui dati Corine Land Cover 2000,mostra come i valori più elevati si registrino inLombardia, Puglia, Veneto e Campania, con concen-trazioni maggiori in corrispondenza delle aree urbanee lungo i principali assi stradali. Il fenomeno assumeproporzioni preoccupanti nelle grandi aree di pianura,dove agli effetti indotti dall’urbanizzazione devonoessere sommati anche quelli derivanti dall’agricolturaintensiva. Legata ai fenomeni precedentementedescritti è la progressiva perdita di biodiversità deisuoli, che significa una progressiva perdita delle capa-cità funzionali del suolo, infatti, gli organismi che lopopolano, svolgono un insostituibile ruolo ambien-tale. Le aree soggette a perdita di biodiversità (deisuoli), in Italia, corrispondono in larga parte con le areerelative alle altre minacce per il suolo. Il sovrasfrutta-mento, la gestione non sostenibile delle risorse delsuolo e le condizioni climatiche interagiscono nell’ac-centuare la vulnerabilità ambientale alla desertifica-zione. L’Unità di Ricerca per la Climatologia e la Meteo-rologia applicate all’Agricoltura del CRA ha recente-mente pubblicato una cartografia nazionale sullavulnerabilità ambientale ai fenomeni di degrado delleterre e ai processi di desertificazione. Dalla mappanazionale dell’indice ESAI (Environmentally SensitiveAreas Index), ottenuta utilizzando la metodologiaMEDALUS, si evince che circa il 70% della superficieregionale della Sicilia presenta un grado medio-altodi vulnerabilità ambientale, segue il Molise (58%), laPuglia (57%) e la Basilicata (55%). Sei regioni

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(Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzoe Campania) presentano una percentuale, compresafra il 30% e il 50%, di territorio vulnerabile. Per altre setteregioni (Calabria, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lazio,Lombardia, Veneto e Piemonte) tale superficie terri-toriale si pone fra il 10% e il 25%, mentre in tre (Liguria,Valle d’Aosta e Trentino) le percentuali sono abba-stanza contenute e comprese fra il 2% e il 6%.

Relativamente alle georisorse del territorio nazionale,l’attività estrattiva di prima categoria (miniere), dopolo sviluppo nella metà del Novecento, è ormai un’at-tività praticamente residuale e legata sostanzial-mente alla presenza di miniere di marna dacemento, di minerali ceramici e a uso industriale.Rimangono, però, aperte le problematiche relativealle centinaia di siti minerari abbandonati. L’attivitàestrattiva di minerali di seconda categoria (cave) è,invece, ancora ampiamente diffusa su tutto il terri-torio nazionale, con circa 5.400 cave in attività. Anchein questo caso restano, in buona parte, irrisolte leproblematiche relative alle cave abbandonate o

Indice nazionale di vulnerabilità ambientale (2000)

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abusive. I più importanti giacimenti di risorse ener-getiche sono localizzati in Basilicata (che produce il75% del petrolio e il 12% del gas naturale), in Sicilia(10% petrolio e 4% gas) e nell’off-shore adriatico dovesi registra la massima produzione di gas naturale. Leriserve recuperabili sono stimate in circa 130*106t dipetrolio e 100*106 sm3 di gas naturale, ma la produ-zione è in continuo decremento. Nonostante ilgrande potenziale geotermico del territorio italianosono in sfruttamento solo due aree, entrambe loca-lizzate nella Toscana meridionale (Larderello-Travale/Radicondoli e Monte Amiata). La produzionedi energia da fonte geotermica è comunque incostante aumento.I geositi sono quei beni geologico - geomorfolo-gici di un territorio che presentano caratteri di raritàe unicità e restituiscono informazioni fondamen-tali per la conoscenza della Terra, di cui costitui-scono il patrimonio geologico. In Italia sono staticensiti, ad oggi, circa 4.000 geositi. La crescente consapevolezza, a livello europeo,dell’ importanza ambientale dei suoli e dellanecessità di contrastare il crescente degrado e laperdita di funzionalità, di limitare lo sviluppo diprocessi di desertificazione, di mitigare i fenomenidi dissesto idrogeologico e di diminuire le pressioniantropiche sul territorio ha portato a una profondarevisione dell’impianto normativo. Il VI Programmadi Azione Ambientale, la nuova Politica AgricolaComune (Reg. UE 1782/03 e 1783/03) e laproposta di direttiva per la protezione del suolo(COM (2006) 232) riconoscono la funzioneambientale dei suoli, e pongono le basi per latutela e la conservazione della risorsa. A livellonazionale la difesa del suolo e la bonifica dei siticontaminati sono regolamentate, insieme ad altrematrici ambientali, dal D.Lgs. 152/06 e smi cheabroga le precedenti norme in vigore.

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AMBITO COSTIERO

La costa è un’area in continua evoluzione e i suoicambiamenti si evidenziano soprattutto in corrispon-denza di litorali bassi e sabbiosi, con nuovi assestamentidella linea di riva e con superfici territoriali emerse esommerse dal mare. La dinamica dei litorali dipendedall’azione del mare, ma è influenzata anche da tuttequelle azioni naturali e antropiche che intervengonosull’equilibrio del territorio costiero, modificandone lecaratteristiche geomorfologiche. La costa italiana hauna lunghezza di 8.353 km, di cui 4.863 km di litoralibassi sabbiosi o deltizi che, dal punto di vista fisico,rappresentano il territorio più vulnerabile all’azione delmare e soggetto a intense dinamiche geomorfolo-giche. Le aree costiere basse, proprio per la loro acces-sibilità, sono quelle maggiormente occupate da inse-diamenti abitativi, da attività economico commerciali(anche di tipo turistico), da infrastrutture di trasportoterrestri e marittime (oltre 300 km di coste sono occu-pati da strutture portuali commerciali e da diporto). Dueterzi del territorio nazionale (oltre il 65%), compresonella fascia di ampiezza pari a 10 km dal mare, è utiliz-zato per attività antropiche ed è modellato anche coninterventi sull’ambiente invasivi e irreversibili.

32,4%

6,6%

0,8%

1,6%

58,7%

Territori agricoli

Zone umide

Territori boscati e ambienti seminaturali

Corpi idrici

Territori modellati artificialmente

Uso del suolo in Italia nella fascia di ampiezza di10 km dal mare

Territori agricoli

Zone umide

Territori boscati e ambienti seminaturali

Corpi idrici

Territori modellati artificialmente

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L’Italia rientra tra i Paesi a più alto rischio di erosionecostiera in Europa. Infatti, su circa 4.863 km di costebasse e deltizie, 1.170 km sono decisamente inerosione, ossia il 24% dei litorali sabbiosi ha subitonegli ultimi 50 anni arretramenti medi superiori ai25 metri. Le regioni più interessate sono: Sicilia, conben 313 km di coste in erosione, Calabria con 208km, Puglia (127 km), Sardegna (107 km), Lazio eToscana con, rispettivamente, 63 km e 60 km. Storicamente per proteggere i litorali in erosionesi è intervenuti realizzando, su ampi tratti di costa,opere rigide quali pennelli e barriere, che nonhanno risolto il problema dell’erosione, soprattuttonel medio e lungo termine, e in molti casi hannocontribuito al processo di artificializzazione e didegradazione degli habitat marino - costieri.

Una tecnica alternativa per il ripristino dei litoraliin erosione è il ripascimento, che consiste nel rico-

Distribuzione delle opere di difesa e portuali, perregione

AMBITO COSTIERO

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struire la spiaggia erosa mediante il refluimento dimateriale idoneo (generalmente sabbioso).Negli ultimi anni, la ricerca di nuove fonti di mate-riale da utilizzare per il ripascimento di litorali inerosione ha privilegiato lo studio dei fondi marini.Sulla piattaforma continentale si possono, infatti,trovare depositi di sabbie relitte (generalmente rife-ribili ad antiche spiagge), che possono essere utiliz-zati per il ripascimento.L’ impiego delle sabbie relitte comporta alcunivantaggi rispetto allo sfruttamento di cave a terracome: disponibilità di elevate quantità di sedimenti(milioni di m3), composizione potenzialmente moltosimile alla sabbia dei nostri litorali, limitati effetti sull’am-biente e, per ripascimenti che implicano grandi volumidi materiali, costi contenuti.Nonostante il ripascimento contribuisca a risolvere nelbreve-medio termine i problemi dell’erosione costieraa scala locale, sarebbe opportuno programmare unaserie di attività mirate alla conservazione della capa-cità di resilienza del sistema costiero, con specifico rife-rimento agli elementi naturali che assicurano la stabi-lità della dinamica litoranea quali gli ambienti dunali.Oltre a possedere un elevato valore paesaggistico, ledune costiere svolgono un ruolo essenziale anchenella difesa della fascia costiera aumentandone la resi-lienza. In particolare, sono in grado di abbattere ilrischio d’erosione, contrastare il rischio di sommer-sione dell’entroterra, ostacolare l’intrusione del cuneosalino nella falda d’acqua dolce. Inoltre, rivestono unanotevole rilevanza sia per le comunità vegetali sia perle specie animali a esse associate, per alcune delle qualirappresentano anche importantissimi corridoi ecolo-gici in ambiente costiero. Non va inoltre dimenticatoche allo stato di conservazione delle dune e dellespiagge è strettamente legato quello di altri ecosistemiugualmente importanti, quali ad esempio gliambienti umidi retrodunali, le lagune e i laghi costieri,

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le praterie di Posidonia oceanica e di altre fanerogamemarine.

In Italia, lungo la quasi totalità delle coste, sono distri-buiti 10 habitat in cui è stata accertata la presenzadi dune costiere, di cui 3 inseriti nell’elenco deglihabitat prioritari, elencati nell’Allegato I della Diret-tiva 92/43/CE, afferenti a due diverse macrocategoriedi riferimento: “Dune marittime delle coste atlantiche,del Mare del Nord e del Baltico” e “Dune marittimedelle coste mediterranee”.

Lungo la costa italiana sono presenti 4.615 siti incui è possibile praticare attività ricreative legate allabalneazione. Ciò pone l’Italia tra i Paesi europei conil più alto numero di acque marine adibite a questoscopo. In Italia, nel 2009, sono stati controllati 5.175km di costa, di cui 4.969 km (67,4%) sono risultatibalneabili. Tale valore rappresenta il 33,8% dellacosta balneabile dell’Europa e il 55,2% della costabalneabile dell’area mediterranea.

Fenomeno diffuso, e di grande attualità, che inte-ressa ampi tratti delle coste italiane è lo spiaggia-

Costainsufficientemente

campionata0,1%

Costatemporaneamente

non idonea allabalneazione per

inquinamento Art. 71,8%Costa

permanentementevietata per

inquinamento3,3%Costa

permanentementevietata per motivi

indipendentidall’inquinamento

12,1%

Costa balneabile67,4%

Costa noncontrollabile

14,5%

Costatemporaneamente

non idonea allabalneazione per

inquinamento Art. 62,7%

Percentuale di balneabilità rispetto allalunghezza della costa (2009)

AMBITO COSTIERO

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mento di vegetazione del fondo e la sua gestionecompatibile, come ad esempio avviene per la fane-rogama marina Posidonia oceanica. Le prateriecostituiscono una delle componenti fondamentalidell’equilibrio e della ricchezza dell’ambiente lito-rale costiero, riconosciute come habitat prioritario,protetto ai sensi della Direttiva Habitat (92/43/CE). I fenomeni dell’erosione costiera possono avere uneffetto significativo sulla perdita di biodiversità, dipatrimonio paesaggistico e ambientale (le pinetecostiere, le dune, le stesse spiagge, ecc.) e di aree perlo sviluppo di attività di grande valore economico.Nel Mediterraneo e in Italia, le zone costiere, rappre-sentano oggi ecosistemi naturali tra i più vulnerabilie più seriamente minacciati, nonostante siano inlarga parte interessati da specifici strumenti ditutela, sia a livello nazionale sia comunitario.La crescente attenzione rivolta alla protezionedell’ambiente litoraneo e la consapevolezza di unamigliore gestione delle zone costiere hanno deter-minato l’adozione di normative specifiche a livelloeuropeo, strategie nazionali, piani di assetto regio-nali, ecc.A livello comunitario, dal 1996 al 1999, la Commis-sione Europea ha realizzato un Programma dimo-strativo sulla Gestione Integrata delle ZoneCostiere. Successivamente, nel 2002, sulla basedelle esperienze e dei risultati del Programmadimostrativo, il Consiglio e il Parlamento europeohanno adottato la Raccomandazione ICZM(2002/413/CE). A livello internazionale, l’Italia è tra le Parti con-traenti la Convenzione di Barcellona per la Prote-zione dell’Ambiente Marino e della RegioneCostiera del Mediterraneo e relativi protocolli.Aderiscono a tale Convenzione 21 Stati del bacinodel Mediterraneo e la Comunità Europea. Inquest’ambito, conformemente a quanto previsto

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dall’art. 4 della Convezione, è stato adottato il VIIProtocollo inerente la Gestione Integrata delleZone Costiere (GIZC) del Mediterraneo. Il VII Proto-collo è il primo strumento giuridicamente vinco-lante per la definizione di una strategia nazionaleper la gestione integrata delle zone costiere e digovernance delle zone marino-costiere. La definizione di piani per la gestione delle zonecostiere si basa su una sistematica attività di moni-toraggio e di analisi delle aree vulnerabili, al fine diindividuare i provvedimenti più adeguati per latutela delle aree più sensibili o soggette a intensosfruttamento.Su 15 regioni costiere, ve ne sono 11 che dispon-gono di strumenti estesi all’intero territorio regio-nale. Di queste, 6 regioni hanno uno specificoPiano di difesa delle coste e solo l’Emilia Romagnae le Marche hanno un piano di gestione integratadella fascia costiera approvato.Le altre regioni hanno per lo più programmi diintervento di difesa della costa e Piani OperativiRegionali (POR), che si limitano a definire un elencodi opere di difesa da realizzare su brevi tratti dicosta.L’ attuale quadro della pianificazione costiera inItalia non è, infatti, ancora espressione dellaprospettiva più ampia introdotta dall’IntegratedCoastal Zone Management.Va sottolineato, tuttavia, che dalla ratifica del VIIProtocollo ICZM sono statti avviati dal MATTM studie lavori per la predisposizione della “Strategia nazio-nale” dell’Italia.

AMBITO COSTIERO

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CICLO DEI RIFIUTI

La produzione totale dei rifiuti urbani ha fatto rile-vare, tra il 2006 e il 2007, una sostanziale stabilità,con una crescita dello 0,1% circa.Con riferimento al periodo 2003-2007, la produ-zione ha, tuttavia, subito un incremento pariall’8,4% circa, con aumenti più marcati tra il 2003e il 2004 (+3,7%) e tra il 2005 e il 2006 (+2,7%) euna crescita più contenuta, oltre che nell’ultimoanno, tra il 2004 e il 2005 (+1,6%).

Per quanto riguarda i dati relativi al pro capite, la cuianalisi risulta necessaria al fine di svincolare il datodi produzione dal livello di popolazione residente,si rileva una contrazione del dato 2007 rispetto alvalore 2006. Nell’ultimo anno, infatti, il dato diproduzione pro capite nazionale si attesta a 546kg/abitante per anno a fronte di un valore pari a550 kg/abitante per anno rilevato nel 2006.Va al riguardo evidenziato che sulla riduzione delvalore di produzione pro capite incide, in manierasostanziale, l’andamento del dato ufficiale dellapopolazione residente che cresce, tra il 31dicembre 2006 e il 31 dicembre 2007, di 488.003unità (+0,8%) e, quindi, di un ordine di grandezza

32,532,531,731,130,029,629,429,028,4

26,826,6

0

5

10

15

20

25

30

35

t*1.

000

Nord 11,9 12,2 12,9 13,3 13,4 13,6 13,6 14,0 14,2 14,6 14,6Centro 5,6 5,8 6,1 6,2 6,5 6,6 6,6 6,9 7,2 7,4 7,4Sud 9,1 8,8 9,4 9,5 9,5 9,6 9,9 10,2 10,3 10,6 10,6

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Produzione dei rifiuti urbani

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in più rispetto al dato di produzione dei rifiuti urbani.A fronte della sostanziale stabilità del dato diproduzione totale dei rifiuti urbani si rileva, tra il2006 e il 2007, una crescita della raccolta differen-ziata di quasi 590 mila tonnellate a livello nazionale(+7,0%). Tale crescita porta il quantitativo di rifiutiintercettati in maniera differenziata a quasi 9milioni di tonnellate, corrispondenti al 27,5% dellaproduzione totale dei rifiuti urbani.La percentuale di raccolta risulta, tuttavia, ancorainferiore sia al target del 35% previsto dall’articolo205 del D.Lgs. 152/06 per il 31 dicembre 2006, siaal target del 40% introdotto dalla Legge 27dicembre 2006, n. 296 per il 31 dicembre 2007.L’analisi dei dati a livello di macroaree geograficheevidenzia, comunque, una situazione decisamentediversificata: infatti, mentre il Nord, con un tasso diraccolta pari al 42,4%, supera abbondantementel’obiettivo del 2007, già praticamente raggiunto nel2006 (39,9%), il Centro e il Sud, con percentualirispettivamente pari al 20,8% e all’11,6%, risultanoancora decisamente lontani da tale obiettivo.

Le regioni con le maggiori percentuali di raccolta

33

,5 35,5 38,1

42,4

17,1

18,3

19,4

20,8

6,7 8,1 8,7 11,6

21,1

22,7

24,3 27,5

39,9

20,0

10,2

25,8

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

Nord Centro Sud ITALIA

%

2003 2004 2005 2006 2007

obiettivo 2008

obiett ivo 2007

obiett ivo 2009

Percentuale dei rifiuti urbani raccolti in mododifferenziato

CICLO DEI RIFIUTI

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differenziata sono, nel 2007, il Trentino Alto Adige(53,4%) e il Veneto (51,4%). Piemonte e Lombardiaraggiungono quasi il 45% attestandosi, rispettiva-mente, al 44,8% e al 44,5%.I dati inerenti alla produzione e alla raccolta diffe-renziata dei rifiuti urbani vengono raccolti edelaborati dall’ISPRA a livello di singolo comune.L’analisi dei dati condotta a livello comunaleevidenzia che, nel 2007, il 4,1% dei comuni siattesta a percentuali di raccolta differenziata supe-riori al 70%, mentre oltre la metà (52,5% circa) sicolloca al di sotto del 30%.Ripartendo i comuni in classi, in funzione dellapopolazione residente, si rileva come oltre il 70%degli stessi abbia un numero di abitanti inferiorea 5.000 unità. L’ analisi dei dati evidenzia, inoltre,una diminuzione dell’incidenza dei comuni contassi più elevati di raccolta differenziata al cresceredelle dimensioni.Nel caso dei comuni con popolazione residenteinferiore ai 5.000 abitanti si rileva, infatti, unapercentuale di comuni, con tassi di raccolta supe-riori al 40%, pari al 34% circa e, per i centri conpopolazione residente compresa tra i 5.001 e i15.000 abitanti, un’incidenza dei comuni con lemigliori performance di raccolta differenziata parial 42% circa. Per i centri di maggiori dimensioni, lapercentuale dei comuni con valori di raccolta diffe-renziata superiori al 40% risulta, invece, più conte-nuta. Nel caso, ad esempio, dei comuni conpopolazione compresa tra i 50.001 e i 150.000abitanti, tale percentuale risulta dell’ordine del 19%.

ANNUARIO DEI DATI AMBIENTALI VADEMECUM

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STRUMENTI PER LA CONOSCENZA, LACONSAPEVOLEZZA AMBIENTALE E L’IN-TERFACCIA CON IL MERCATO

Le attività di reporting e i loro prodotti, i mezzi tele-matici di accesso ai dati/informazioni ambientali, iservizi bibliotecari, le attività di educazione e forma-zione ambientale, i regolamenti europei EMAS edEcolabel sono alcuni degli strumenti a disposizionedella società per definire una strategia di risposta alleproblematiche ambientali. Il D.Lgs. 195/05, oltre alriconoscimento del diritto d’accesso dei cittadiniall’informazione, alla partecipazione ai processi deci-sionali e alla giustizia in campo ambientale, prevedeper l’autorità pubblica l’istituzione e l’aggiorna-mento di appositi cataloghi dell’informazioneambientale e la diffusione della stessa avvalendosi,ove disponibili, delle tecnologie di telecomunica-zione informatica e delle tecnologie elettroniche.Grazie anche all’innovazione tecnologica, che ne haaccresciuto l’efficacia, negli ultimi anni la diffusionedell’informazione ambientale risulta significativa-mente potenziata.

0 5 10 15 20 25

e-mail e/omoduli on line

Forum

Registrazioneon line

Sondaggi

Rassegna stampa

News ed eventi

Altri servizi

n.

2003-siti attivi 23 2004-siti attivi 23 2005-siti attivi 222006-siti attivi 23 2007-siti attivi 23 2008-siti attivi 23

Andamento della comunicazione ambientale sulweb

STRUMENTI PER LA CONOSCENZA

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Anche l’informazione non strutturata, ossia lenotizie e i dati comunicati attraverso i mass-media,concorre alla formazione della consapevolezzaambientale. Con studio effettuato da ISPRA sulleparole utilizzate nei titoli degli articoli giornalisticiè stato evidenziato che l’argomento “rifiuti”è quellomaggiormente trattato dai principali quotidiani eperiodici italiani nei primi sei mesi del 2009. Rela-zioni sullo stato dell’ambiente, annuari, manuali,linee guida e rapporti tematici si confermanocome i prodotti di reporting più utilizzati dalSistema agenziale. Le Agenzie, tramite gli annuarie le relazioni, contribuiscono alla diffusione dei datirelativi ai territori di loro pertinenza e all’accresci-mento del sistema nazionale della conoscenzaambientale nel suo complesso. Il Sistema agen-ziale, inoltre, ha ulteriormente consolidato la pro-pria posizione su stampa, radio e televisione. L’of-ferta di informazione ambientale attraverso il webè costante: documenti scaricabili e bollettini perio-dici sono presenti ormai sui siti delle Agenzieambientali, mentre e-mail e moduli on-line sonogli strumenti di comunicazione più utilizzati. IlPortale web ISPRA fornisce informazione e servizirispondendo ai requisiti di accessibilità ed efficaciaprevisti dalla legge, e la rete delle biblioteche e deicentri di documentazione specializzati nelle tema-tiche ambientali si affianca agli altri strumenti perassicurare la diffusione delle informazioni. Labiblioteca ISPRA ha ampliato la gamma di tema-tiche e di ambiti di ricerca offerti all’utenza. In Italia, il panorama delle iniziative di sensibilizza-zione ed educazione volte alla promozione dellasostenibilità è molto vasto e il Sistema agenzialene rappresenta solo una parte, seppur significativacome valore e come numero. Nel 2008, le inizia-tive di educazione ambientale promosse dalSistema agenziale sono state 492, mentre i corsi di

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formazione in presenza, cui hanno preso partecirca 6.500 esperti ambientali, 352. Il numero distage e tirocini attivati è stato di 737, dei quali il 52%è stato svolto da neolaureate.Per quanto riguarda la penetrazione dei regola-menti europei EMAS ed Ecolabel, dal 1997 ad oggiè stata in continua crescita e con un tasso di incre-mento annuo marcato.

Soltanto nel 2009 si nota una flessione nel tasso diincremento delle registrazioni EMAS, le cui moti-vazioni, da approfondire, possono riferirsi probabil-mente alla crisi economica. A settembre 2009 icertificati di registrazione EMAS rilasciati sono stati1.152. In Europa, l’Italia, per quanto riguarda EMAS,si colloca al terzo posto dopo la Germania e laSpagna, mentre è al primo posto per l’Ecolabel,seguita da Francia e Danimarca. Le regioni piùvirtuose per numero di organizzazioni registrateEMAS, sono: l’Emilia Romagna, la Toscana, laLombardia e il Veneto, mentre al quinto posto sicolloca la Puglia. Dal 1998 al 2009 (settembre) sono

1

12

12

17

41

43

51

94

142

185

206

246

102

1

25

42

83

126

177

271

413

598

804

1.0501.152

13

0 200 400 600 800 1.000 1.200

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009 (Sett.)

n.Certificati rilasciati annualmente Totale certificati EMAS

Evoluzione del numero dei certificati di registra-zione EMAS rilasciati in Italia

STRUMENTI PER LA CONOSCENZA

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state rilasciate 310 licenze Ecolabel per un totaledi 7.695 prodotti/servizi etichettati. Il maggiornumero di licenze Ecolabel è stato registrato inTrentino Alto Adige; seguono Emilia Romagna,Toscana, Lombardia e Piemonte. La conoscenza dellogo EMAS così come del marchio Ecolabel daparte del grande pubblico continua però a essereinsufficiente e non ancora in grado di influenzarel’evoluzione del mercato verso il “mercato verde”.

2

9

63

491 657789

1.140 1.3842.474

3.822

12

6

237

7.695

12

26 3158

83 82174

250 310

1

10

100

1.000

10.000

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Sett.

n.

Prodotti Licenze

Evoluzione delle licenze e dei prodotti/serviziEcolabel in Italia

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INFORMAZIONI LEGALIL’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale(ISPRA) e le persone che agiscono per conto dell’Istituto stessonon sono responsabili per l’uso che può essere fatto delleinformazioni contenute in questo Rapporto.

La Legge 133/2008 di conversione, con modificazioni, delDecreto Legge 25 giugno 2008, n.112, pubblicata sullaGazzetta Ufficiale n.195 del 21 agosto 2008, ha istituito l’ISPRA– Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.L’ISPRA svolge funzioni che erano proprie dell’Agenzia per laProtezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (ex APAT),dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (ex INFS) e dell’Isti-tuto Centrale per la Rricerca scientifica e tecnologica Appli-cata al Mare (ex ICRAM). La presente pubblicazione fa riferi-mento ad attività svolte in un periodo antecedente l’accor-pamento delle tre Istituzioni e quindi riporta ancora, al suointerno, richiami e denominazioni relativi ai tre Enti soppressi.

ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca AmbientaleDipartimento Stato dell’Ambiente e Metrologia AmbientaleServizio progetto speciale Annuario e Statistiche ambientaliVia Vitaliano Brancati, 48 - 00144 ROMAwww.isprambiente.it

ISBN 978-88-448-0423-7

Riproduzione autorizzata citando la fonte

Elaborazione grafica: ISPRA

Grafica di copertina: Franco Iozzoli, ISPRAFoto di copertina: Paolo Orlandi, ISPRA

Coordinamento tipografico: ISPRA - Settore editoria

Amministrazione: Olimpia Girolamo, ISPRA - Settore Editoria

Distribuzione: Michelina Porcarelli, ISPRA - Servizio Comunicazione

Finito di stampare nel mese di gennaio 2010dalla Tipolitografia CSR - Via di Pietralata, 157 - 00158 RomaTel. 064182113 (r.a.) - Fax 064506671

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ISBN 978-88-448-0423-7