sportivissimo febbraio 10

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la rivista dello sport vicentino

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Per inviare le notizie sportive scrivere a:[email protected] inserzioni pubblicitarie telefonare allo0445 430985

Casa editrice Mediafactory srlvia Monte Ortigara, 83 - Cornedo Vicentino (VI)Sportivissimo: Pubblicazione registrata pressoil Tribunale di Vicenza il 21 dicembre 2005 n. 1124Stampa Tipografia Danzo sncVia Monte Ortigara, 83 - Cornedo Vicentino

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Stampa Tipografia Danzo srlVia Monte Ortigara, 83 - Cornedo Vicentino

Direttore responsabile Luigi BorgoRedattore capo Filippo PavanRedazione Paola Dal Bosco, Andrea CornaleWeb master Nicola Anzoni

Redazione tecnicaalpinismo Luigi Centomoarco Carlo Carliarti marziali Massimo Neresiniatletica Ivanoe Simonelliavventura Franco Spanevellobasket Filippo Pavanbenessere Alessandro Grainerboulder Nicola Anzonicaccia e pesca Dorino Stoccherocalcio Alessandro Grainercalcio a 5 Nicola Ciatti

ciclismo Guido Lanaroequitazione Michele Toldogolf Sergio Vellarhockey Cristian Ponzamaratona Gianni Garbin montainbike Marco Canistrimotocross Valeria Vianellonuoto Giuseppe Martiniorienteering Paolo Mutterlepallavolo Enzo Casarottoparapendio Luca Basso

pattinaggio artistico Giuliano Crosararally Demitri Brunellorugby Giuliano Piccininnoscherma Giuliano Piccininnosci Luigi Borgosci nordico Sergio Vellarsub Antonio Rossotennis Chiara Guiottotriathlon Martina Doganatuffi Michele Verzivela Alessandro Lotto

Direzione commerciale Laura DanzoAgente Aldo RonconiSegreteria Giuliana Lucato

Magazine mensile di sport distribuito gratuitamente

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SSIMOSPORTI

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di Luigi Borgo

Se il gatto miagola“Il gatto miagola perché vuole il latte”. Frase facile o frase difficile? Secondo gli ultimi studi sullo stato della cultura degli italiani, questa frase è: difficilissima per un 5% di connazionali che proprio non riesce a capirla; difficile per un 33% che si blocca a comprendere il senso della frase principale: “il gatto miagola”; abbastanza difficile per un altro 33% che si ferma a decifrare il rapporto causale tra il “miagolare” e il “volere il latte”; infine, e finalmente, facile per il restante 29% che non ha difficoltà a comprenderla, e dà il latte al gatto che così smette di rompere le scatole. Facciamo – alla Pascal – un po’ di conti. Siamo in 60 milioni circa, di cui solo l’1% si dichiara analfabeta. Del restate 99% c’è un 70%, pari cioè a 42.000.000 di persone, che è davvero messo male con la comprensione di un testo scritto. Dovrebbe essere chiaro, quindi, che una frase: “Facciamo – alla Pascal – un po’ di conti”, è proprio un fuori luogo in un testo d’apertura di un giornale locale e per giunta sportivo, dato che uno sportivo non è tenuto a sapere chi sia il filosofo francese Pascal e quindi nemmeno a conoscere il suo vezzo di riassumere i propri pensieri in efficaci sintesi numeriche. Ma, se si volesse essere ancora più attenti alla leggibilità, si dovrebbe evitare di scrivere anche una frase come: “l’atleta corre perché vuole vincere”, che è sintatti-camente identica alla difficilissima “il gatto miagola perché vuole il latte”. Per avere un’ampia leggibilità, allora, si dovrebbe usare lo stile con cui si scrivono gli sms. Beh, niente di più facile! Ma, domanda, è degno dello sport, cioè della sua storia millenaria e della sua pratica e del suo pensiero, avere un linguaggio da short message system, da sms cioè, con cui al massimo comunichiamo: “butta la pasta che sto arrivando?” Direi di no. Lo sci non vive di piste azzurre, che sono le più facili; il ciclismo di pedale in discesa; il sub d’immersioni nella vasca da bagno; il basket di canestri di fogli accartocciati nel cestino dell’ufficio. Lo sport è performance, e questa è per definizione alta, unica, mai mediocre e banale.

È razionale, quindi, l’obiezione che ho ricevuto da alcuni ami-ci secondo i quali i miei editoriali possono risultare difficili per molti lettori, ma, friends, questo è l’argomento sport; ma, amici, questo è l’uomo, e in specie l’uomo sportivo, che non è fatto solo di razionalità, ma di sogni, di miti, di fantasie, di profonde pul-sioni personali, d’istinti e contraddizioni, di intime necessità, di infinite passioni.Tutti quelli che scrivono hanno un loro lettore ideale. Anch’io ho il mio e il mio è una persona che vive il proprio quotidiano in modo semplice, la cui immagine percepita dagli altri può, in alcuni casi, essere di persona rude, talvolta grezza, quasi sempre illetterata; ma è solo la sua immagine, perché il mio lettore ideale ha un animo elegante e un’intima voglia di conoscere: insomma mostra i muscoli (è uno sportivo), ma ha un cervello che funziona e una volontà (sportiva) che non teme difficoltà e fatiche. E quindi è uno che legge, e rilegge, e magari rilegge ancora. Ha tempo un mese! La comprensione del testo diventa la sua sfida, malgrado la sua cultura personale non lo aiuti affatto. Di Pascal, a cui qui si è fatto riferimento, non sapeva nulla prima, non sa nulla adesso, ma di questo editoriale ha capito che io scrivo proprio per lui. Che non mi interessano i lettori sapienti, che leggeranno, e giu-stamente, cose più alte; né chi vorrebbe leggere senza un minimo di concentrazione. Totale, alla Pascal, ovvio: razionalmente noi ogni giorno siamo un po’ più vecchi; dopo i 25 anni non cresciamo più e ogni giorno dentro il nostro corpo muoiono cellule e così sarà, in un processo innarestabile, fino al giorno finale; sportivamente, invece, ci sen-tiamo di anno in anno sciatori sempre più bravi, ciclisti sempre più forti, atleti sempre più performanti. E’ una contraddizione? No. E’ la magia dello sport: la sua verità. Ecco, razionalmente uno sportivo dovrebbe leggere solo classifiche; di fatto ama leg-gere ciò che lo fa pensare. E’ una contraddizione? No. E’ il suo spirito.

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4alpinismo

Quei piediantichissimi

Da quando ha iniziato, era l’estate del 2002, Tom Perry, l’uomo che sale le montagne a piedi nudi, ha avuto un suc-cesso incredibile: ha incontrato personali-tà importanti come il Dalai Lama, è stato tedoforo delle Olimpiadi di Torino 2006, è stato ospite delle maggiori reti televisive nazionali, sia in programmi d’informa-zione come il tg1 o il tg5, sia d’intratteni-mento come il Maurizio Costanzo Show e Verissimo, in cui ha raccontato le sue stu-pefacenti imprese dalla salita sul Sinai, al Kilimangiaro, al Makalu; dai vulcani del-la Bolivia, all’Etna, al Fujiyama. Grazie alle sue imprese Tom Perry ha incontrato tutti, si è fatto conoscere da milioni e mi-lioni di telespettatori in oltre 70 presenze televisive, ma è sempre rimasto straordi-nariamente se stesso, un uomo semplice, diretto, innamorato della montagna. E questo significa che quel bizzarro salire a

di Luigi Borgo

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piedi scalzi sulle cime dei monti non era una trovata esibizionista per inseguire la via del successo e del denaro, ma era un sentire autentico, che gli apparteneva nel profondo. Salendo a piedi nudi sulle roc-ce, egli dice di provare una sensazione di benessere, di sentire l’energia antica della terra, che lo rigenera. Il talento di Tom è, credo, di aver conser-vato la memoria di quando tutti gli uomini camminavano a piedi nudi. È come se i suoi piedi fossero i nostri piedi di quando eravamo uomini della preistoria. Ritengo che venga da qui quella spontanea curio-

sità che proviamo per lui e per le sue imprese. Guardandolo, sentiamo

che migliaia e migliaia di anni fa, così camminavamo anche

noi.“Ad un tratto”, racconta, “mi sono tolto gli scar-poni; non so, forse, mi facevano male, sicura-mente non ci stavo più bene dentro. Era il 2002 ed ero sul vajo Pelegata

e ho fatto qualche passo”. Dorino Stocchero, collega

di Tom e da sempre colla-boratore per le pagine

sulla caccia di Spor-

tivissimo, ricorda quando erano sul vajo dei Contrabbandieri e Tom si è tolto per la seconda volta gli scarponi. “L’ho fotogra-fato”, dice, “era incredibile come riusciva a camminare a piedi scalzi su quei sassi così aguzzi”. Tom capisce che quei piedi lo possono portare lontano. Dal rifugio Fraccaroli sfida gli amici a chi fa più stra-da verso la croce di Cima Garega. C’era chi si fermava dopo un solo passo, chi dopo due, lui arrivava alla croce. Adesso, che è salito sulle Tofane, sul Pelmo, che ha camminato tra le rocce bollenti dell’Etna e i ghiacci del Makalu, Tom ha capito di avere una dote unica. Non si definisce uno sportivo che fa imprese, ma uno sportivo che vuole portare un messaggio di solida-rietà alle popolazioni delle montagne che dal Tibet alla Bolivia al Guatemala, per dove partirà il prossimo mese, spesso vi-vono dimenticate da tutti; ma Tom è uno sportivo che vuole anche ricordare a noi uomini dell’Occidente industrializzato quel rispetto per la terra, quell’essere parte della terra che era dei nostri antichissimi padri e che quei suoi piedi forti, a loro vol-ta antichissimi, ci testimoniano.

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Tom e Marana

Per Tom Perry Marana è “la sua” montagna, la montagna dello spirito, in cui andare a meditare, pensare, a ritrovare la giusta energia. Negli anni sono più di 500 le volte in cui ha raggiunto i 1500 metri della cima, dove vi è il capitello dedicato alla Madonna, a cui Tom è molto devoto. Il sentimento religioso è forte in Tom, che dal 2007 sta ripercorrendo “I sentieri di Papa Giovanni II”, l’ambizioso progetto di camminare a piedi nudi i sentieri della vita di Papa Wojtyla. Il viaggio si concluderà sul monte Tatra, frequentato da Papa Wojtyla in gioventù e da lui amato in modo speciale.

Tom e SergioTom ha un amico che lo aiuta nell’organizzazione delle varie iniziative di cui è protagonista. Si chiama Sergio Riello ([email protected]).È lui che predispone i programmi di viaggio, gli incontri, gli scambi culturali; che tiene la fitta agenda delle serate, circa una trentina all’anno, che Tom tiene in tutta Italia.

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l’arte della cacciaL’uomo fin dai tempi storici ha cattura-to gli animali, prima per cibarsene, poi per servirsene e in seguito per studiarli.I primi animali catturati, con ogni probabi-lità, rimanevano intrappolati in pozze fan-gose e melmose predisposte dall’uomo.Successivamente la necessità di catturare animali vivi indusse l’uomo ad escogitare varie tecniche di trappolaggio.Nel tempo dell’antica Roma per alimentare i tristi spettacoli vi era un notevole incre-mento delle catture di bestie aggressive.Lo studio della dinamica delle popolazioni selvatiche spesso richiede la cattura di al-cuni soggetti che vengono contrassegnati con marche auricolari e dotati di radiocol-lare per il monitoraggio degli spostamenti, localizzandoli nella loro identificazione.Qualche volta la cattura è necessaria per ef-fettuare dei trattamenti farmacologici e dei monitoraggi sanitari.Un’operazione importante per la gestione è rappresentata dalla traslocazione degli ani-mali selvatici da un’area all’altra, fenomeno che interessa generalmente caprioli, daini, cervi, mufloni, stambecchi e camosci; que-sti ultimi normalmente vengono catturati nei Parchi Nazionali o Naturali Regionali dove le popolazioni sono opportunamente gestite e caratterizzate da alte densità allo scopo di immetterli in aree dove queste specie erano storicamente presenti e sono oggi estinte o dove la loro densità è molto minima.Queste importanti reintroduzioni acquista-no un maggior significato quando vengono effettuate per la migliore conservazione di specie minacciate di estinzioni.Si osserva il caso del “signore delle vette”, lo stambecco alpino, la cui popolazione si era ridotta a poche decine di soggetti so-pravvissuti nel Parco Nazionale del Gran Paradiso.La sua ricolonizzazione dell’intero Arco Alpino è dovuta alle numerose operazioni di reintroduzione iniziate già nel secolo scorso e che continuano ancora oggi.Altra specie reintrodotta in territori, Riser-ve e Parchi, per fini conservazionistici è quella del cervo rosso europeo (cervus ela-phus), la quale si è rilevata fondamentale per la loro diffusione anche nelle aree li-mitrofe, dove la stessa è considerata molto importante dal mondo venatorio dal punto di vista qualitativo e quantitativo.L’evoluzione delle metodiche di catturare gli animali selvatici nel corso degli anni si sono perfezionate e sviluppate raggruppan-do le medesime in due tipologie.La prima prevede l’utilizzo di reti verticali, gabbie trappola, vari tipi di recinti e lacci a piede dette “catture meccaniche” (questo metodo ormai non più usato per la cattura

Storia, tecnica e disciplina per la cattura degli animali selvatici

caccia

di Dorino Stocchero

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degli ungulati selvatici in quanto causa gravi trau-mi negli animali quando, nel tentativo di liberarsi, si divincolano violentemente).La seconda, la teleanestesia, si basa sulla sommi-nistrazione di sostanze farmacologiche lanciate con strumenti (fucile, pistola ad aria compressa e cerbottana) a distanza, queste sostanze con-sistono normalmente in un farmaco ad azione immobilizzante iniettato nell’animale per mezzo di una siringa a rilascio automatico detta “cattura chimica”.La cattura degli animali con reti verticali avviene con la posizione di una linea di reti, di altezza compresa tra i 2,50 e i 3 metri con una maglia da cm 10x10, appoggiate a sostegni come suppor-ti di legno o alberi (in genere le reti sono dell’ordine di cento o più metri, con la lunghezza che dipende dalle abitudini del selvatico e dalla natura del terreno).L’operazione si svolge con un fronte di battitori che spingono gli animali in direzione delle reti vicino alle quali sono posizionati altri operatori.Gli animali spaventati urtano in velo-cità e con violenza le reti provocan-do la sua caduta e quindi rimangono imprigionati nella stessa.Questi interventi necessitano di personale di provata capacità, ap-postati nelle vicinanze delle reti, in grado di immobilizzare i selvatici con sicurezza senza compromet-tere l’incolumità dell’animale, la propria e quella dei compagni di cattura.Il sistema è utile in natura per operazione di monitoraggio sa-nitario, di marcatura e di traslo-cazione.

In alcuni casi per garantire l’in-columità e la sicurezza pubblica le

reti vengono usate per la cattura di esemplari entrati in sedi autostrada-

li, in centri urbani o aree recintate.I recinti trappola sono costruiti in for-

ma circolare di circa 10 metri di dia-metro con pareti in legno alte 3-4 me-tri costruite in luoghi dove gli animali

sono costantemente foraggiati.Questo metodo viene usato soprattutto

per la cattura dei cervi nel periodo di innevamento i quali, una volta entrati

nel recinto per alimentarsi, azionano un sistema di scatto automatico, o manuale,

determinando la chiusura dell’unico por-

tone “a ghigliottina” di accesso che intrappola l’animale.Le gabbie trappole sono utilizzate nelle zone di passaggio dagli animali o nelle saline frequentate dai camo-sci.Le medesime sono costruite normal-mente da materiale ferroso di robusta struttura a dimensioni variabili e la loro chiusura viene azionata dal sel-vatico mediante un sistema a scatto; questo sistema è utilizzato con effi-cacia per la cattura del cinghiale.La scelta della tipologia di intervento da utilizzare nella cattura dipende da alcuni fattori; la specie da catturare, la taglia del soggetto, le condizioni ambientali, le finalità dell’intervento e le risorse a disposizione (tecniche, finanziarie e umane).Qualsiasi sia l’intervento adottato è comunque consigliabile la presenza di un medico veterinario competen-te, infatti non tutti i veterinari sono in possesso di esperienza neces-saria per intervenire sugli animali selvatici.In tutti i sistemi di cattura bisogna sempre ricordarsi che si tratta di animali selvatici e che gli stessi su-biscono comunque sempre un forte stress e le manipolazioni devono sempre essere effettuate nel silen-zio più assoluto.Al momento della liberazione va evi-tata la presenza di molti spettatori e le cerimonie chiassose che possono terrorizzare gli animali, già partico-larmente provati dalla cattura e dal trasporto.

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cacciatrekking

Sabato 16 gennaio, di buon matti-no Mariano Storti ed Eddo Dal Lago partono, sci ai piedi, per una bella avventura sulle montagne di casa: le Piccole Dolomiti. Il programma è la traversata della Lessinia, un percorso scialpinistico inedito, un viaggio con gli sci o con le ciaspe destinato a divenire una grande classica dell’escursionismo invenale sulle montagne vicentine e veronesi. La grande traversata inizia alla Vasca Marzotto, strada per il Rifugio Cesa-re Battisti , alla Gazza., nel Comune di Recoaro. Fa freddo e le condi-zioni sono ottimali per affrontare la traversata che li porterà dalla valle

Lessinia CrossingLa grande traversata della Lessinia, un tinerario scialpinistico ineditosulle Prealpi Vicentine.

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di Mariano Storti

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dell’Agno alla Valle dell’Adige. La gita in sintesi ripercorre con gli sci il classico itinerario estivo che porta al Santuario della Madonna della Corona, il Camino de Santia-go dei vicentini. Il percorso si può dividere in due parti: la prima ,scial-pinistica, risale il Passo della Lora, il Forcellino per scendere a Malga Campobrun , al Passo Pertica. Un po’ prima del rifugio Revolto si ri-mettono le pelli e si risale al Passo Malera, la porta dell’altopiano della Lessinia. Entrati nel grande altopia-no inizia il percorso sci-escursio-nistico, la seconda parte, che porta rispettivamente a San Giorgio, a Po-desteria, al Passo Fittanze. Dal pas-so si risale sul Monte Cornetto, per poi scendere finalmente a Fosse, alla fine dell’altopiano, in vista dell’Adi-ge e del Santuario, scavato sull’alta parete rocciosa. Alla fine il dislivello in salita risul-ta di 1600 metri, mentre lo sviluppo chilometrico totale è considerevole: una quarantina di chilometri, percor-si in 8 ore, soste comprese. Un gra-zie a Simone Pozza che è venuto a recuperarci in auto, percorrendo più di 120 chilometri, solo all’andata!. La gita, il lungo viaggio con gli sci, è stata un tributo e un bel regalo di Mariano al 65 compleanno del ma-estro di sci Dott. Eddo, un esempio, per i più giovani, di tenacia sporti-va: “Superare gli altri è avere la for-za, superare se stessi è essere forti”.( Confucio )

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Lopa olimpico

Il 24-26-28 gennaio si è tenuta a Krani-ska Gora la prima edizione dei GIOCHI INVERNALI MONDIALI MASTERL’evento è il primo esperimento per veri-ficare la possibilità di effettuare giochi in-vernali mondiali master di sci alpino, sci nordico, salto, hockey, combinata nordica.Su due piste dell’area sciistica della pre-stigiosa stazione internazionale, non certo sulla pista della Coppa del mondo, per lo sci alpino, circa 600 atleti Master da tutto il mondo (Australia, Austria, CAN, RUS, SWE, FIN, USA, LIT, CZE, FRA, SLO e altre) si sono sfidati per decretare il più forte sciatore master 2010. Nella pista A hanno corso i gruppi A+C (30-35-40-45-50 anni), in quella B i gruppi B+D (55-60-65-70-75-80-85-90 anni). Questo il pro-gramma: martedì 24/02 slalom gigante: 18 podi, 3 ori ITA; giovedì 26/02 Super Gigante: 18 podi, 8 ori ITA; venerdì 28/02 Slalom Speciale: 14 podi, 7 ori ITA.Lo sci club Marzotto ha partecipato sot-to l’egida dell’Italia ed è stato un grande successo!

sci

A Kranjska Gora si sono disputati i mondiali master di sci alpino. Grandiosa prestazione degli atleti vicentini:con l’oro di Paolo Lora e con il bronzo di Mariagrazia Potepan e di Severino Sella e con gli ottimi risultatidi Loredana Zicchè, Flaviano Pelàe Fortunato Zordan.

Sella Severinobronzo in gigante,Potepan Mariucciabronzo in super-G e Paolo Lora oro in super-Gpiazzamenti di valore perZicche, Zordan e Pelà.Complimenti ai nostribravi rappresentantidello sci vicentino.

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Ore 8.30 appuntamento a Lavaro-ne. Perchè non fargli uno scherzetto? “tu...tu... tu... pronto? Guido, ascolta, non posso venire ti spiegherò poi, ci sentiamo dopo”. Gli sono alle spalle, lui non se n’è accorto e riattacca, non gli vedo il vol-to ma m’immagino la sconsolata smorfia dell’occasione persa, d’un tratto si gira e mi vede, quasi non ci crede: “ma allora ci sei, vieni?” Dentro di me penso, duro il raga, perchè sarei qui se no? Sci, scarpo-ni, bastoni e una sacca della capacità da traslocare un intero appartamento stracol-ma di roba, carichiamo tutto sulla Powder-mobile. Si parte a caccia di polvere, dico-no di averne vista parecchia dalle parti di Enego in Veneto. Sulle note di Spellbound degli AC/DC percorriamo a palla la tun-dra della Val D’Assa in direzione Asiago. Sole e temperatura abbondantemente sotto lo zero termico dovrebbero confermare le previsioni da urlo. Il rock alquanto strong della colonna sonora ci gasa ancor prima di mettere i nostri super fat ai piedi. Ogni colpo di batteria è una curva, ogni assolo a squarciagola del roker è un affogo nella magia dell’immaginaria neve. On the road scagliati verso il paradiso! Dall’offuscata visibilità del parabrezza che sembra guar-dar fuori da un autoblindo - causa un man-to stradale cosparso di sale e ghiaia - attra-versiamo gli abitati di Gallio e Foza. Stile di guida e autovelox non ci preoccupano data l’illeggibilità della targa. La sporci-zia accumulata, sommata al colore nero d’origine sembrano darci quell’alone di mistero e d’inviolabilità dei migliori eroi. La strada segue fedelmente ogni valletta

A caccia di polvereUna giornata di straordinaria follia in fuoripista

con Guido Lanaro, eclettico dello sci

di Arturo Cuel

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che incontra e noi lì a guardare e discorre-re su ogni possibile linea da tracciare. Le scoscesità degli immacolati pendii, che avidamente scrutiamo, ci distolgono dal guardare con degna e meritevole attenzio-ne il bel territorio dei Sette Comuni. Dopo Stoner, una piccola frazioncina di pochis-sime case dal nome simile al campione di moto GP, decidiamo di abbandonare la Powder-mobile. Ci è impossibile resistere al richiamo di quel bianco accecante. Par-tire da qui con le pelli e poi raggiungere gli impianti ci garantirebbe al rientro un lungo fuoripista. Optiamo per l’ascensio-ne del Monte Lisser e incolliamo in tutta fretta le pellicce sotto gli sci. Il presagio di questa non prevista sofferenza passa per gli ingranaggi delle diaboliche menti imponendoci un’ulteriore e più meditata riflessione, che subito si rivelerà astutis-sima. Conclusione, niente fatica, ma un comodo e confortevole autostop in stile hippy! Scrocchiamo un passaggio a bor-do di un mini suv condotto da due buo-ne anime velate di compassione e mu-nite di ciaspole. Poco dopo lo Star Gate ci sbarcherà direttamente alla partenza degli impianti di Val Maron (Enego). La quale, inaspettatamente splendida, si apre nell’ampiezza di sconfinate abetaie. E’ una stazioncina che ci riporta un po’ agli albori dello sci: niente mega seggiovie ad alta portata ma solo un punto ristoro e una rosa ben organizzata di skilift che pare offrirsi tutta per noi. L’occhio scappa alla generosa quantità di powder presen-te, ci saranno non meno di una trentina di centimetri. Nel posto troviamo altrettanta

genuina cortesia degli inservienti, partico-larmente interessati alla nostra attrezzatu-ra da telemark. Quasi ci rubiamo il gancio dello skilift di mano da tanta è la voglia di arrivare all’attacco delle run. Giunti in cima lasciamo inscalfita la perfetta batti-tura della pista e dirigiamo le punte fuori traccia, nella polvere. E’ iniziata la cac-cia! Fatico a rimanere nella scia di Gui-do veloce com’è nella profonda e soffice neve. I primi spazi aperti che si presentano d’innanzi poco resistono agli assalti del-le micidiali armi da oltre 180 cm di lun-ghezza di cui disponiamo, uno ad uno ce li pappiamo senza pause. Poi l’attenzione si rivolge ad un boschetto di alti faggi. Mai visto nulla di simile! Ci si può pas-sare dentro e serpeggiare a piacere come in un fantasioso tracciato per lo slalom. E’ un gioco alla roulette, guai a sbatterci la faccia contro uno di quei tronchi, ma la qualità della neve è incredibile. I meno 23 gradi della mattinata l’anno resa vellutata come lo zucchero del pandoro. Di tanto in tanto un delicato alito di vento fa cadere dalle fronde una spruzzatina di minuscoli luccicanti fiocchi, l’atmosfera d’incanto s’infrange trafitta dai raggi del controlu-ce. E’ una discesa fatta di apparizioni e sparizioni fra gli alberi che si frappongo-no come a delimitare i fotogrammi della nostra sciata. Usciamo e rientriamo nel bosco con un’assiduità tale da incuriosire l’addetto della stazione a monte. Si chia-ma Daniele, anch’egli disponibile e cor-diale. Nel minuscolo ricovero, dividerà per noi un fugace pasto a base di formag-gio e affettati. Quasi a farci una confiden-

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Hotel Villa Nevada

maestri sci

Nella vita ci sono momenti di gran-de felicità ma, come spesso accade, è dalle esperienze tristi, dove la delusione regna, che si scatena la voglia di reagire e di provare ad inseguire un sogno. Così l’avventura inizia la mattina del 7 mar-zo 2005. Partenza ore 5,30 con l’amico Mariano Danzo, mio grande sostenitore e promoter, destinazione piste della PLO-SE di Bressanone per affrontare la selezio-ne di ammissione al corso maestri di sci dell’Alto Adige. Arrivo a pelo alle 8,30, dopo essermi perso nel traffico di Bres-sanone, nel piazzale di partenza degli im-pianti. Presentazione della giornata e ap-pello dei presenti da parte dei responsabili dei corsi di formazione, logicamente più in lingua tedesca che italiana. Non avendo mai studiato il tedesco non capivo nien-te, solo sentendo il mio nome e cognome collego che mi stavano consegnando il pettorale con il numero 77. Prima rifles-sione: Cosa ci faccio io qui? Dettata so-prattutto dal fatto di non capire il tedesco e poi guardando gli altri candidati che quasi tutti non superano i vent’anni. To-tale dei candidati 450 divisi in due giorni di prove tecniche con la possibilità di un terzo giorno per i rivedibili. Tre le prove da sostenere: Slalom Gigante, Prova li-bera (interpretare un pendio liberamente dimostrando di effettuare almeno tre di-versi archi di curva), Serpentina. Finite le prove verso le 13 inizia la lunga attesa, la tensione sale, verso le 17 vengono comu-nicati i risultati. Cominciano con l’elenco dei promossi poi i rivedibili. Promossi: tra uno Stefan Ambach, Lukas Bacher, Melanie Bachman, Fabian Bernmeister, Simon Demez, Jep Erlacher, Markus Ec-cli, Berthold Gamper, Magdalena Hofer, Pirmin Karbon, Franziska Lintner, Nadine Messner, Daniel Pescollderungg c’è un certo Antonio De Toni di Valdagno Vicen-za età 46 anni. Dalla felicità abbraccio il mio vicino e lo sollevo portandolo in giro per il piazzale, è un maestro di sci di Tren-to che accompagnava un candidato, logi-camente non lo conoscevo. ERO FUORI E FELICE. Il corso in Alto Adige dura tre anni ed alcuni esami riguardano la lingua tedesca. COME FARE????? Mi imparo tutti i termini anatomici del corpo, i verbi che ritengo necessari per sciare, poi vado

Diventare maestri di sciÈ difficilissimo diventare campioni, ma è difficile anche diventare professionisti dello sport: Toni De Toni ci racconta la sua esperienza- il suo sogno diventato realtà - di aver conseguito il diploma di maestro di sci a 49 anni. Un racconto affascinante, per nulla autocelebrativo,ma essenzialmente istruttivo per ribadire che il vero talento è la tenacianel credere in se stessi.

a lezione da una insegnante di tedesco. Lei parte con la grammatica e con un sac-co di regole, al che io, spaventato, le pro-pongo un’altra strada. Io devo insegnare a sciare, mi serve dire questo, fare questo, prendere quello, andare là ecc. ecc. A casa mi preparo le frasi per me utili, le traduco alla mia maniera e poi le verifico con lei aggiungendo le corrette regole grammati-cali . Il metodo sembra funzionare. Ad un certo punto, dopo quattro o cinque lezio-ni, ho la soddisfazione da parte dell’in-segnate che ’afferma: BENE; STAI AN-DANDO BENE E POI NON MI SONO MAI DIVERTITA TANTO COSI’ AD INSEGNARE IL TEDESCO. Il corso del primo anno procede. Durante i mesi estivi teoria frequentando i corsi nella sede del-la scuola agraria di Bressanone. Materie: diritto civile e penale, teoria dell’inse-gnamento, educazione civica, nevologia e meteorologia, pronto soccorso, linguaggio tecnico e materia di insegnamento in lin-gua italiana e tedesca. In autunno corso pratico sugli sci in giro a ghiacciai poi corso di didattica con i bam-bini delle scuole elementari di Sesto in Pusteria che logicamente l’italiano lo par-lano come seconda lingua. Però quando l’acqua tocca il ……… è li che si impara a nuotare. Alla fine superato l’esame di teoria, l’esame pratico e l’esame didattico sono ASSISTENTE DI SCUOLA di SCI, ricevo il primo diploma dalla provincia di Bolzano e quindi posso cominciare ad insegnare in una scuola del SUDTIROL. Vado a fare praticantato in Alta Badia esattamente a Colfosco, paesino stupendo che conosco bene perché conosciuto ai

di Toni De Toni

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tempi delle settimane bianche con la scuo-la media e poi frequentato con la mia fami-glia. Grande emozione alla consegna del-la divisa ufficiale. Ritrovo come collega di lavoro Giovanni Schrott, che è stato mio maestro a 13 anni. E qui ripenso e ricordo i corsi del D.A.M. (dopolavoro azienda-le Marzotto) a Recoaro 1000 due volte la settimana, si partiva con il pullman carico di bimbi e mamme dalla piscina coperta, bei tempi. I miei primi maestri Gino Sol-dà, Giorgio Reniero, Lino Cornale. Dopo un inverno ad insegnare arriva a gennaio 2006 il momento della terribile seconda selezione pratica che, se superata, ti am-mette al proseguimento della formazione per diventare MAESTRO. Non riesco a passare per poco, la rifaccio e vengo pro-mosso. Su 130 candidati, ammessi 58. Ri-cominciano i corsi pratici, perfezionando sempre più la tecnica, impariamo l’uso di attrezzi alternativi come lo snowboard ed il telemark, facciamo freeride (fuori pista) nei più bei pendii delle Dolomiti, i salti nello SNOW PARK. Bellissima la settimana dedicata al corso INSEGNA-MENTO ai BAMBINI. Un corso d’alta montagna per le valanghe, il soccorso in pista con le guide alpine e l’Eli soccorso di Bolzano. Nevologia e meteorologia con il centro meteo di Bolzano. Teoria sempre a Bressanone con varie materie: Fisiologia, anatomia, preparazione atletica, alimenta-zione, storia d’Italia, storia dell’Alto Adi-ge, geografia, geologia, pronto soccorso, pedagogia, marketing , storia dello sci, gestione fiscale della professione, Flora e Fauna della montagna con gite nei boschi accompagnati da esperti della provincia. Simpaticamente abbiamo chiamato “Mer-dologia” il corso fatto con i forestali per conoscere le impronte e le feci degli ani-mali. Didattica per imparare ad organizza-re una scuola di sci, i corsi, le selezioni di inizio corso per stabilire i livelli, correzio-ni degli allievi a video. In questo corso abbiamo avuto come allievi gli alpini vo-lontari della brigata Tridentina provenienti da tutta Italia. Abbiamo simulato di essere noi corsisti una vera e propria scuola di sci ed essendo il più vecchio del corso sono stato incaricato a fare il direttore. Alla sera i miei amici di corso andavano a fare festa io in camera a organizzare il tutto distri-buendo i vari incarichi. Anche qui grande soddisfazione da parte dei nostri istruttori che ci tenevano d’occhio, ci consigliavano

e giustamente ci correggevano gli errori. Alla fine, tutte queste esperienze e materie sono state prova d’esame. Il 5 Dicembre 2008 con sede a Corvara nelle piste del-la zona di La Villa ultimo esame pratico. Dieci prove: spazzaneve, virata, cristiania di base, cristiania, esercizio proposto dalla commissione, slalom gigante, curva ago-nistica, neve fresca, corto raggio, prova libera. Tutto si è concluso bene, e non na-scondo che, al momento della comunica-zione del risultato, ho pianto dalla felicità come un bimbo. Non pensavo di com-muovermi così a 49 anni! L’ufficialità del risultato ottenuto è avvenuta il giorno 16 aprile 2009 alla fiera PRO WINTER di Bolzano con una cerimonia emozionante e la consegna del diploma (che ho subito in-corniciato), con la presenza delle autorità

della provincia, del presidente del colle-gio maestri ed i responsabili dei corsi di formazione per l’Alto Adige. SONO MAESTRO DI SCI.Questa mia avventura è stata impegnativa per molteplici motivi: il preparare le sele-zioni, la tensione, l’impegno, l’attenzione a non farsi male, l’intervallare il lavoro in fabbrica allo studio, il partire la domenica sera e stare lontano da casa e dai bimbi, i costi. Ho comunque vissuto una bellissi-ma esperienza, ho conosciuto grandissimi professionisti della montagna e soprattutto tantissimi amici. E’ stata possibile perché tante persone mi hanno aiutato e soste-nuto. Per questo devo ringraziare i miei splendidi figli Anna e Francesco, Cristina, i nonni Bruna e Gianni, i nonni Anna e Luciano, Andrea e Luisa

Vai sempre a tutta birra

FRATELLI CAMPOSILVAN SNCDISTRIBUZIONE BEVANDE

VIA BELLA VENEZIA 5236076 - RECOARO MILLE - VICENZATEL 0445 75044 - FAX 0445 75438E- MAIL: [email protected]

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hockey

Dopo la mazzata che l’am-biente aveva subito qualche gior-no prima, causa la doppia tragedia occorsa al portiere Juan Oviedo, permanevano gli interrogativi su quali sarebbero state le condizioni mentali dei giocatori al momento di scendere in pista. La risposta imme-

diata perché sia l’approccio al match che il seguito sono stati impreziositi da una concentrazione massima, da senso di calcolo, tanta lucidità e coe-sione fra i reparti. Tutti hanno giocato in un’unica direzione, per regalare la vittoria al compagno assente.

E’ stata l’ulteriore riprova che questa Isello Vernici Val-

dagno è composta da un gruppo

La tappa di Bassano, nel derby contro la Roller,ha segnato un capitolo unico e straordinario

della stagione corrente della Isello.

Vittoriacon dedica

straordinario e di altissima qualità. E a te-stimoniarlo non ci sono solo le conferme continue dalla pista, ma anche i numeri. Dopo il derby di Bassano con la Roller la Isello ha ulteriormente allungato nella po-sizione di capolista con 7 punti di vantag-gio sul Follonica e 10 sull’Amatori Lodi, terzo.Massimo Tataranni (a Bassano una so-nante cinquina) si è ripreso il comando della classifica capocannonieri della A1 (45 gol) con tre lunghezze di vantaggio su Garcia del Breganze. Un salto dal settimo al quinto posto lo ha fatto pure Nicolia, ora con un bottino di 30 gol. Primato pure fra i portieri della A1 dove Juan Oviedo è ancora il meno battuto con appena 38 gol subiti. Alle spalle c’è già un terzo del girone di ritorno, davanti ci sono ancora almeno tre scontri di altissimo livello, ma questa Isello sembra acquistare via via

sempre maggiore energia e sicurezza. Tutto fa ben sperare che sia finalmente giunto, dopo il settantesimo anno di

vi-ta del club, il momento di ag-ganciare il tricolore. Stagione del

tutto straordinaria anche perché è ancora corsa aperta (attual-

mente è primo posto nel rag-gruppamento D) alla Final

Six di Eurolega.L’exploit del Valdagno nel corrente campionato, che non ha precedenti si-mili nei quattordici lustri di storia del club, ha dello straordinario e sorpren-dente proprio perché que-sta squadra è sorta nono-

stante la più grave crisi economica generale

degli ultimi decenni.

di Giannino Danieli

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Com’è potuto succedere? Ab-biamo girato la domanda a chi, come il valdagnese Giorgio Grigolato, può definirsi un osserva-torio privilegiato ri-coprendo un ruolo di vicepresidente provinciale del Coni oltre che p r e s i d e n t e regionale Fihp.

oculata. Il segreto sta nella fidelizzazione di molti piccoli sponsor che a tutti gli ef-fetti sono una forza primaria. Nella cor-rente stagione di grave crisi generale ha saputo trovare un valido e appassionato sponsor primario e la risposta di tutte le componenti che hanno accettato una so-stanzio-sa riduzione dei compensi”.

principale riguarda le carenze economi-

che. Le società che con-tinuano l’attività lo devono alla

lungimiranza. In sostanza se alla base non ci sono dei piani finanziari rispet-tati il giocattolo si rompe”. “L’Hockey Valdagno ha da

sempre adottato una politica

“Gli sport in generale in-

contrano grosse diffi-coltà per andare avanti

–commenta Grigolato-, a partire da quelli mag-

giori fino a quelli di se-conda fascia com’è l’ho-ckey su pista. La causa

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football

I Cavaliers si aggiudicano il primo trofeo Città di Castelfranco, superando di misura gli Hurricanes Vicenza con il punteggio di 15-12. (0-0; 7-12;8-0-;0-0)Grande soddisfazione, però, nono-stante la sconfitta, in casa vicentina: la squadra ha dimostrato alla prima uscita stagionale di saper reggere il confronto con un team più esperto e rodato. Anzi, forse domenica al campo di via Redi-puglia in Castelfranco, con un po’ di fortuna in più sarebbe potuta arrivare anche una clamorosa vittoria.Ma veniamo alla cronaca del match: partita subito in salita per Vicenza

Al trofeo cittàdi Castelfrancoottimo l’esordiodegli hurricanes vicenza

Arriverannogli Hurricanes

di Alessandro Beggio

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trare in partita nell’ultimo quarto, ricon-quistano il pallone, ma c’è troppo poco tempo sul cronometro e senza nessun ti-meout rimasto il tentativo di rimonta non riesce a completarsi.Un po’ di amarezza a fine partita in side-line per gli Hurricanes, ma anche la con-sapevolezza di aver mostrato un buon livello di gioco già alla prima uscita.Da segnalare nelle fila vicentine le ottime prestazioni di Marco Villis (premiato anche col trofeo dell’ MVP, ovvero miglior giocatore della partita) e di Kevin Coin per l’attacco. Buona prestazione anche della linea difensiva costituita da Gagliardi, Occhi e Bressan, men-tre ottimo contributo in termini di placcaggi da parte di Scapin, Zocca e Guglielmi. La nota migliore della giornata rimane però il pubblico: pre-senti domenica a Castelfranco oltre 400 persone, molte delle quali provenienti da Vicenza, a segnalare il crescente inte-resse del Veneto e della cit-tà in particolare per questo sport. Gli Hurricanes hanno già ripreso gli allenamenti in vista dei prossimi im-pegni agonistici. Prima dell’esordio in Cam-pionato il prossimo 21 febbraio a Venezia, è in via di definizione nelle prossime settimane un altro test amichevole con una squadra del centro Italia.

che alla prima azione è costretta a rinunciare al runningback Federico Bortoli, fermato da uno strappo muscolare (per lui si parla di un mese di stop). Cominciano bene comunque le due difese che non concedono nulla, con il primo quarto che si conclude 0-0. Nel secon-do invece arrivano ben tre segnature. Cominciano i padroni di casa con un lancio di McCray defletta-to da Carbone che finisce fortunosamente in mano a Zambon per la prima meta dell’incontro, poi trasfor-mata: 7-0. Gli Hurricanes però non ci stanno e grazie ad un ottimo gioco di cor-sa si portano in vantaggio con due touchdown del RB Marco Villis (trasformazio-ni entrambe fallite). Il primo tempo quindi si chiude sul 7-12, avanti Vicenza.Nel secondo tempo molte penalità frenano l’attacco berico che non riesce a met-tere a segno la meta che forse avrebbe potuto dare un’altra piega alla partita. Castelfran-co ottiene una ottima posi-zione di campo grazie ad un calcio bloccato e va quindi a segnare poco dopo con una corsa personale del quarter-back americano McCray poi trasformata da 2 punti. 15-12 Cavaliers.Gli Hurricanes provano a rien-

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kitesurf

Con il ventoEra l’anno 2006; in una calda e lim-pida domenica di luglio… dopo aver vin-to l’inevitabile battaglia di nervi con la mia compagna per farmi dire di sì ad un giro in moto (l’avversione alla moto della maggior parte donne è un fattore cromo-somico, temo), riesco a sfuggire alla ca-lura scledense… meta il Lago di Garda! La strada per arrivarci è un’orgia di curve, di colori, di profumi e di panorami unici e affascinanti, la salita della Val Leogra e la discesa in Vallarsa sono un toccasana per qualsiasi appassionato di moto! (Gli ap-passionati NON sono quelli che rischiano il collo per sfide contro l’ombra di Valenti-no Rossi su strade già di per se pericolose, chiaro?)Giunti a Rovereto, arrivare a Mori è un at-timo; ed è lì che il Lago di Garda appare in tutta la sua bellezza! Chi conosce la di-scesa che da Mori arriva a Torbole sa bene di cosa sto parlando.Giunto, appunto, a Torbole, proseguo la mia strada in direzione Malcesine, un occhio alla strada e l’altro ad osservare quanto si muove dentro e fuori il lago. Ci sono gli immancabili wind surf, barche a vela, catamarani ed optimist, mountain bike, appassionati di roccia che si allenano proprio sopra le gallerie che giocano con luci ed ombre sulla Statale Gardesana tra le rocce a picco sul lago… e ad un tratto rimango folgorato! Intravedo una specie di parapendio che si muove elegante e leg-gero nell’aria a pochi metri di altezza… trascina un uomo tramite dei sottilissimi cavi, e quest’ultimo, in piedi su di una ta-vola, plana sul grande specchio d’acqua… devo fermarmi! Devo vedere! Devo capire di cosa si tratta!Trovo un posto dove parcheggiare la moto, e mentre la mia ragazza ringrazia perché finalmente può sgranchirsi le gambe, io, totalmente ipnotizzato, mi siedo a guar-dare questo spettacolo. Scopro che quello

che avevo etichettato come “una specie di parapendio, in realtà si chiama Kite o, ita-lianizzando il termine, aquilone o ala: da qui il termine che identifica questo sport: KITESURF!Mi sento come il protagonista del film Arancia Meccanica con la differenza che gli occhi li tengo sgranati da solo; vengo colpito delle immagini dei colori sgargianti dei kite, dalle acrobazie aeree dei ragazzi che lo praticano, dalla disarmante sempli-cità dello sport come concezione (si trat-ta in definitiva di una vela che traina una tavola, la pratica dello sport invece esige corsi, preparazione e molto allenamen-to). Ma quello che più mi colpisce sono il clima sereno dei ragazzi in spiaggia e i sorrisi stampati sui loro volti prima e dopo essere entrati in acqua. La mia ragazza mi fa notare che è passata un’ora e mezza dal nostro arrivo! Il tempo è volato! Mi chie-de se non è il caso di rimetterci in strada, le dico di si, ma che prima devo andare a chiedere qualche informazione… non ho cercato informazioni… mi sono diretta-mente iscritto ad un corso di kitesurf! Di li a 4 settimane, data di inizio del cor-so, la mia vita sarebbe stata stravolta da un uragano di emozioni! Mi sono follemente innamorato del kitesurf, i ragazzi che vidi quel giorno divertirsi, sono diventati col tempo miei amici, ora esco nel lago con loro, e quel sorriso si stampa ad ogni usci-ta anche sul mio viso!Se qualche lettore di sportivissimo fosse interessato a conoscere, provare o sem-plicemente togliersi qualche curiosità sul kite, non esiti a contattarmi via mail, sarò lieto di fornire informazioni su scuole, corsi e curiosità.

Nella speranza di potervi parlare anco-ra di kite su queste pagine, per il mo-mento vi saluto, ricordandovi che lo sport sano regala emozioni sane!

di Gianluca Dalle Ore

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vajo

scu

ro

la g

ugli

a so

lare

alpinismo

Prima proposta: dopo aver percorso il frequentatissimo vajo Scuro (Gruppo del Fu-mante) attrezzato con funi me-talliche, passando per l’Orec-chio del Diavolo, si esce nel Giaron della Scala, in pratica allontanandosi dal logico punto d’arrivo del sopra citato vajo e cioè Punta Lovaraste. L’itinera-rio più diretto sarebbe quello di sfruttare la breve parte alta del vajo Est “attrezzandolo”, cioè a mo’ di ferrata. In questo modo dal budello del vajo Scuro si raggiungerebbe Punta Lovara-ste con uno sviluppo lineare. Infatti il vajo Est (la cui parte bassa e alta sono oggi attrezzate per essere salite con il classico uso alpinistico della corda) si incontra proprio subito dopo l’uscita del vajo Scuro.Seconda proposta: attualmente le 3 Guglie Solari, sottostanti il rifugio di Campogrosso, sono attrezzate per essere salite con il classico uso alpinistico della corda. Ora ai lati delle suddette vie di roccia si potrebbe attrez-zare una breve ferrata “saliscen-di” anche per uso didattico.

due proposte di ferratesulle Piccole

DolomitiSchema sommario dell’ipote-tica ferrata: - salire a destra della via sulla prima guglia.- ponte per portarsi sull’adia-cente spuntone roccioso che at-tualmente non viene salito.- discesa per portarsi alla base della seconda guglia.- salita a sinistra della via sulla seconda guglia.- discesa ancora più a sinistra per portarsi alla base della terza guglia. - salita lungo l’itinerario più facile (nella terza guglia attual-mente gli itinerari alpinistici sono due).Ora, arrivati al sentiero “Grese-le”, proseguire sfruttando anco-ra alcuni tratti alpinistici e poi, per sentiero, giungere al rifugio di Campogrosso.

di F. S.foto di Riccardo Corà

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Pareti e controsoffitti in cartongessoIsolamenti termici e acustici

Tinteggiature interne ed esterne

Via Coste, 6/A - 36073 - Cornedo Vic.no (VI) - tel e fax 0445 951141 - cell 339 6943157 - 335 444035 - www.interwall.vi.it - [email protected]

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patinaggio

una pattinatricealle Nazioni Unite

Una pattinatrice alle Nazioni Unite. Elisabetta Gecchele, ventenne portacolori del Pattinaggio Artistico Trissino, ha vin-to nei mesi scorsi un importante concorso promosso dall’Università di Verona in col-laborazione con l’IDA, Italian Diplomatic Academy, e a fine marzo (dal 30 marzo al 3 aprile 2010) volerà negli Stati Uniti per partecipare in qualità di delegata italiana al NUMN. Il National Model United Nations di fatto è la più grande simulazione di pro-cessi diplomatici multilaterali ed è gestito direttamente dal Dipartimento di Cultura Generale delle Nazioni Unite (NCAA). Questo prestigioso evento si svolge ogni anno a New York presso la sede delle Na-zioni Unite e vede coinvolti oltre 3500 stu-denti provenienti da tutte le parti del mondo. NMUN rappresenta il momento più intenso ed esaltante della formazione legata ai Mo-del United Nations, meeting internazionali di studenti che hanno ad oggetto la simula-zione del meccanismo di funzionamento dei principali organi delle Nazioni Unite, quali il Consiglio di Sicurezza, l’Assemblea Ge-nerale, il Consiglio Economico e Sociale,

ed infine, la Corte Internazionale di Giusti-zia. Elisabetta è una studentessa ventenne di Cornedo, iscritta alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere all’Università di Vero-na, ed è stata l’unica ragazza vicentina del primo anno a rientrare in questo progetto avendo vinto il concorso: “Penso che quella che mi aspetta sarà un’esperienza unica nel suo genere –spiega- non è paragonabile alle altre simulazioni di questo tipo che si ten-gono sul territorio nazionale, molto teoriche, qui si tratta di rappresentare una determinata nazione in un ambito molto pratico. Assieme ad altri 16 ragazzi rappresenteremo una serie di stati in via di sviluppo (Gambia, Lesotho, Sao Tomè e Principe, Guyana, Yemen, Mali, Maldive e Swaziland): io rappresenterò il Gambia e all’interno delle Nazioni Unite mi troverò a far parte dell’Assemblea Generale Plenaria”. I temi cui sarà chiamata a trat-tare saranno l’eliminazione del terrorismo internazionale, i cambi climatici e degra-dazione ambientale come fonte di conflitto, argomenti che rientrano nel Millennium Development Goals, facendo il punto della situazione su vari obiettivi (tipo la riduzione

della mortalità infantile, e il raggiungimento di un livello mondiale di istruzione prima-ria): “Come rappresentanti del Gambia do-vremo cercare di trovare il modo migliore per affrontare questi problemi, e soprattutto portare una soluzione ad essi, rapportandoci con i rappresentanti degli altri paesi. Sarà a tutti gli effetti un lavoro di diplomazia, ne-goziazione e collaborazione tra ragazzi di culture diverse”. A New York Elisabetta sarà direttamente a contatto con personalità di spicco nel panorama diplomatico mondiale, a partire da Ban Ki Moon, attuale Segretario Generale delle Nazioni Unite. La location esclusiva di questo progetto, il Palazzo di Vetro, corona questa esperienza rendendola irrinunciabile tappa nell’iter formativo degli studenti che ambiscono ad una carriera in-ternazionale: “Penso che poter partecipare a questa simulazione, che di fatto mi porta a far parte dell’Accademia Italiana Diploma-tici, possa essere una chiave importante per aprire qualche strada in futuro: mai come in questo momento per entrare nel mondo del lavoro è utile trovare qualcosa che ti possa contraddistinguere”.

Elisabetta Gecchele, la giovane studentessa ventenne portacolori del Pattinaggio Artistico Trissino, ha vinto un importante concorso e a fine marzo sarà tra i delegati italiani al National Model United Nations di New York

due proposte di ferratesulle Piccole

Dolomiti

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Le Sezioni Vicentine del CAI da molti anni sostengono finanziaria-mente e materialmente un progetto, inizialmente denominato “Adottiamo un rifugio”, che si è infine concretizza-to nella nuova costruzione di un Cen-tro di Andinismo con sede a Marcarà, oltre 400 km a nord di Lima. Il Centro è stato dedicato a Renato Casarotto, grande alpinista vicentino, ed è stato inaugurato nel mese di luglio 2009.Il progetto del Centro di Andinismo rien-tra in una più ampia linea di promozione dello sviluppo condotta dall’Operazione Mato Grosso in Perù, dove l’associazio-ne ha creato servizi sociali, educativi e cooperative di lavoro. In particolare, oltre dieci anni fa è iniziata un’opera educati-va rivolta ai giovani che mirava a formare guide alpine nella zona, come possibilità alternativa di lavoro e di sviluppo. Giovani che fino a quel momento non erano mai sa-liti sulle cime della Cordillera né pensavano di poter trarre beneficio dalle montagne eser-citando il mestiere di guida.La loro formazione è stata effettuata presso strutture e corsi gestiti dall’OMG, condot-ti dalla Asociación de Guías de Montaña del Perù AGMP, avvalendosi anche di esperti alpi-nisti e guide alpine italiane.E’ nata così la Scuola delle Guide di Alta Monta-gna Don Bosco en los Andes, che oggi opera attra-verso l’Associazione Andinismo Don Bosco 6000.

Dedicato all’alpinista vicentino Renato Casarottoè stato inaugurato il nuovo centro di andinismo nella cordillera Blanca per avviare i giovani alla professione di guida di alta montagna.

di Sabina Bollori (Vice Presidente Sezione CAI di Recoaro Terme) - foto di Giorgio Romio e di Luciano Covolo

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nel nome di Renato

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viaggi

Il Centro di Andinismo è una strut-tura ricettiva completamente nuova, costruita con criteri moderni e ben arredata. Dispone di una cinquanti-na di posti letto, suddivisi in camere da due a sei letti, tutte con bagno, un ristorante, un ampio giardino. La struttura ospita la sede delle guide e si presta ottimamente come base di partenza per i trekking e le ascen-sioni nell’area. Marcarà è un villaggio di mille abi-tanti, a quota 2.700 m, situato nel Callejón de Huaylas e nella valle del Rio Santa, tra la Cordillera Blanca e la Cordillera Negra, che corrono parallele alla costa del Pacifico.Le guide sono attive dal 2003 e operano sulle Cordillere Peruviane - Blanca, Negra, Huayuash, Rau-ra - con vari itinerari di trekking e alpinismo. La Cordillera Blanca in particolare ha grandi potenzialita’ naturalistiche, escursionistiche e alpinistiche, unite alla presenza di una cultura andina pacifica e genuina, non ancora condiziona-ta dal turismo. La vita della gente nelle valli è molto semplice, lega-ta alle attività rurali e organizzata in villaggi e piccole comunità. Molte zone delle varie Cordillere sono poco esplorate e consentono un’infinità di traversate o di sca-late alle numerose cime.

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Il Centro di Andinismo, con lo sviluppo di attività lavorative legate al trekking, all’alpinismo e ad un turismo equilibrato e rispettoso del-la realtà ambientale, significa molto per la comunità locale, non solo per le guide, ma anche per tante altre attività economiche collaterali, come ad esempio la fornitura di alimenti e servizi. La città maggiore della zona è Huaraz, 80.000 abitanti, ma la gran parte dei centri conta poche centinaia o migliaia di abitanti. I paesaggi naturali e culturali, così come il clima, variano secondo l’altitudine. I centri abitati stanziali sono collocati tra i 2200 e i 3.800 m, oltre i quali ci sono solamente movimenti stagionali legati alla pastorizia.L’estensione longitudinale della Cordillera Blanca, la cordigliera tro-picale più alta del mondo, è di 185 km. . La diversità orografica della zona dà origine a numerosi ambienti naturali, con diverse associazioni vegetali. Una particolarità delle Cordillere peruviane sono le nume-rose lagune che si trovano al limite delle morene e dei nevai. L’area attorno al Huascarán, 6.768 m, la vetta più elevata della Cordillera Blanca e dello stesso Perù, è stata individuata come parco nazionale nel 1975 e dieci anni più tardi riconosciuta dall’UNESCO come patri-monio naturale dell’umanità. La regione offre molto non solo dal punto di vista dell’ambiente natu-rale delle Ande, ma anche dal punto di vista archeologico e culturale.Nel Callejón de Huaylas il sito archeologico di maggior interesse è quello preincaico di Chavín de Huantar, che risale al 900 a.C, centro della cultura Chavín (1200 – 200 a.C.) che ha occupato una vasta area geografica del Perù. Si tratta di un’importante zona cerimoniale col-locata a 3.150 m di quota, da cui provengono preziosi reperti archeo-logici esposti nel Museo di Antropologia e Archeologia di Lima. Dal 1985 anche il sito di Chavín è considerato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità

Chi volesse contattare le guide e conoscere le opportunità di trekking e ascensioni nell’area può rivolgersi ai seguenti recapiti:ANDINISMO DON BOSCO [email protected]

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È arrivato il tanto atteso ap-puntamento dei Campionati Italiani a Cogne nel comune più esteso della val-le d’Aosta. Cogne già importante centro minerario per l’estrazione del ferro ha ospitato con grande entusiasmo questi campionati italiani di sci di fondo per le categorie aspiranti e junior.Il grande evento, che si è svolto nei gior-ni 8,9,10 Gennaio 2010, ha visto impe-gnati nella categoria Aspiranti gli atleti dell’U.S.Asiago sci:Davide Cantele, Marco Lobbia, Andrea Rigoni, Luca Rigoni e Roberta Forte. Questa competizione, che contava al via ben 100 atleti nella categoria aspiranti maschile e quasi cinquanta in quella fem-minile, prevedeva tre titoli di Campione Italiano in tre giorni differenti, il venerdì il titolo era sui 2,5km in tecnica classica, il sabato sui 5km per le femmine e 7,5 per i maschi in skating e infine la dome-nica 7,5 km per le femmine e 10km per i maschi in tecnica classica partendo con i distacchi accumulati nei due giorni pre-cedenti; gare difficilissime e veramente impegnative, visto il quantitativo di km; complessivamente 15km per la categoria femminile e 20km per quella maschile in tre giorni. E’ stato deciso dall’organizza-zione di far correre gli atleti in tutte e tre le giornate su un anello di 2,5 km, molto tecnico e che lasciava poco tempo agli atleti di recuperare le energie.Nella prima giornata la gara a distanza breve di 2,5km i primi due migliori at-leti veneti sono stati dell’U.S.Asiago sci, Marco Lobbia venticinquesimo e Luca Rigoni ventottesimo, a seguire Andrea Rigoni quarantatresimo e Davide Cantele quarantottesimo. Mentre nella categoria femminile Roberta Forte ha chiuso di-ciannovesima.Nella seconda giornata, nell’individuale a skating sono stati ottenuti buoni risultati

da Luca R i g o n i

ventisette-simo, Andrea Rigoni trentesimo, a segui-re Marco Lobbia quarantaquattresimo e Davide Cantele sesantacinquesimo. Buo-na prova per Roberta Forte che chiude diciottesima fra le aspiranti.Nella terza giornata buono il ventiset-tesimo posto di Luca Rigoni e il trenta-quattresimo di Andrea Rigoni mentre un po’ più attardati Marco Lobbia e Davide Cantele rispettivamente quarantottesimo e cinquantasettesimo. Ancora dician-novesima Roberta Forte nella categoria femminile.In questi tre giorni, sono stati raccolti ri-sultati abbastanza positivi anche se non fra le prime posizioni, c’è quindi ancora da lavorare in vista dei prossimi impegni sperando in qualche piazzamento miglio-re.Ed eccoci in quel di Sappada, Campiona-ti Italiani Sprint abbinati ad una Nazio-nale Giovani e anche questa volta buoni risultati per l’U.S.Asiago sci. E’ stato un grande evento sportivo e proprio in questa occasione era possibile visitare nei locali del municipio “Sappada giardino di cam-pioni olimpici e non” un esposizione che omaggia i grandi atleti dello sci di fondo: da Silvio Fauner a Pietro Piller Cottrer, da Maurilio De Zolt a Giacomo Kratter. Ma tornando ai nostri ragazzi, parliamo prima di tutto del Campionato Italiano sprint svoltosi il giorno 16/01/2010; que-sta gara, cosiddetta sprint, consiste nel percorrere nel minor tempo possibile un piccolo anello di circa 1km per classifi-carsi nei migliori 30 che poi si aggiudi-

cano la gara alle batterie:

i migliori 30 vengono divisi in 5 batterie da 6 atleti, i primi due che vincono la loro batteria si qualificano per le semifinali più due ven-gono ripescati in base al tempo; nelle due semifinali si qualificano alla finale, per l’assegnazione dei primi 6 posti, i primi 3 di ognuna mentre i rimanenti saranno impegnati nella finale b dove vengono as-segnati i posti dal 7 al 12. Nella mattinata si sono qualificati per le batterie Marco Lobbia in quindicesima posizione e Luca Rigoni in ventinovesima. Nonostante ciò, risultati non da buttare, anche perchè questo tipo di gare richiedono oltre ad una prova perfetta, senza il minimo erro-re, anche una buona dose di fortuna che per esempio non hanno avuto gli altri due atleti asiaghesi Davide Cantele e Andrea Rigoni che nella qualifica sono arrivati rispettivamente trentunesimi e trentadue-simi, restando cosi esclusi dai migliori trenta per un nonnulla.Il giorno seguente si è svolta la Naziona-le Giovani, gara molto impegnativa che si svolgeva nella distanza dei 10km in skating, con una pista molto nervosa, con salite veramente ardue e faticose, come le famossisime “Camosci” e “Fauner”. Alla presenza del presidente dell’U.S.Asiago sci Sergio Vellar, giunto in quel di Sap-pada per tifare i propri ragazzi, il miglior risultato veneto che con gran soddisfa-zione è proprio un atleta asiaghese, porta il nome di Andrea Rigoni che ha chiuso ventiquattresimo, a seguire Luca Rigoni e Davide Cantele che hanno chiuso tren-taduesimi fermando il cronometro sullo stesso tempo, e infine Marco Lobbia che chiude in trentacinquesima posizione. Nella categoria femminile chiude ven-titreesima Roberta Forte nella 5km in skating. Adesso un po’ di meritato riposo anche per tirar il fiato in vista della pros-sima Nazionale Giovani che si svolgerà fra venti giorni a San Giorgio in provin-cia di Verona.

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L’Unionec’e ’

Ottima prova degli atletidell’Unione Asiago Sci ai

Campionati Italianidi Cogne (8-9-10 gennaio)

e di Sappada (16-17 gennaio)

fondo

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skiroll break dance

In una giornata cupa, dopo una gara spettacolare, Emiliano Sba-bo ha conquistato il prestigioso titolo di CAMPIONE ITA-LIANO di Skiroll “nella lun-ga distanza”. 35 km di gara straordinaria tra sensazioni “giuste”e “pericolosi”sogni di vittoria, ma sempre con la convinzione di avere tutto sotto controllo. Così, infatti, a un km dall’arrivo un improvvi-so cambio di ritmo - un’apnea di qualche minuto - e dietro ad Emilia-no non c’è più nessuno…Al traguardo il nostro fortissimo atleta arriva da solo con netto distacco su tutti. Un sogno che si realizza dopo tanto impegno ad allenarsi in estate sulle colline dove risiede e nel periodo invernale sulle piste da sci di fondo. Non dimenti-chiamo che Emiliano ha vestito la maglia Azzurra della na-zionale Italiana, una cosa quasi proibitiva, visto che l’Italia è la nazione più competitiva e titolata nel mondo dello Skiroll. Nonostante ciò, a giugno è arrivata la prima convocazio-ne per rappresentare l’Italia nelle prime gare di coppa del mondo in Croazia. Una gioia unica e immensa, che regala stimoli e grinta per affrontare tutte le gare del 2010 come fossero la prima volta. A Emiliano, auguriamo che possa affermarsi sempre più nel mondo dello Skiroll come le sue capacità danno da intendere.

Emiliano Sbabo, 32 anni originariodi Poleo (Schio) ma residenteda tre anni nel comunedi Torrebelvicino, lo scorso settembre,a Cuneo, ha conquistato il titolodi Campione Italiano

di Edo PerettoAndrea Carollo è il presidente della Federazione Italiana di Break Dance ed il primo agente in Italia per la promozio-ne di questa “danza” che sta raggiungendo sempre maggiori consensi tra i giovanissimi. Molti, infatti, sono i giovani che si cimentano nelle strabilianti acrobazie della Break Dance: una danza giovane, altamente spettacolare, che sta avendo grande successo anche all’interno dei palinsesti dei programmi tele-visivi nazionali. Infatti, dopo aver promosso una serie di eventi ed un marchio (International Bboy games, ovvero il Campionato mondiale di Break Dance), Carollo è riuscito a far conoscere i breakers al grande pubblico, attraverso una serie di ospitate nei programmi Rai e Mediaset. Carollo si avvale della collaborazione di Rober-to Blue, un breaker di fama internazionale.

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29campione d’Italia ballando in tvAndrea Carollo ha portatola Break Dance nei programmi Rai e Mediaset

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le paroledi Chiara

È bello pensare che una nostra giova-ne atleta veda la nostra e sua Associazione sotto questo aspetto. Ciò dimostra che le finalità per cui essa è nata sono state re-cepite . Questo è lo spirito che contrad-distingue il Real Recoaro, spirito che fa di questa Società un esempio di come si possa fare sport senza essere schiavi dei risultati e senza penalizzare chi non è un campione. Real Recoaro significa prima di tutto amicizia, gruppo e stimoli veri, così come Chiara ha ben evidenziato nel suo slogan. Permettetemi una mia con-siderazione. Dopo anni a contatto con lo sport nei settori giovanili, la cosa che più ho potuto constatare è l’assoluta mancanza di ipocrisia nei bambini. O gli vai bene o

li sono la testimonianza che, lavorando bene a tutti livelli e senza nessun scopo di lucro, permette ai i nostri ragazzi di provare la soddisfazione di appartenere a qualcosa di importante e di bello, cercan-do di dar loro quegli stimoli giusti per farli appassionare all’attività sportiva, a disca-pito di altre strade, magari meno sane. A questo servono questi articoli, a farli sen-tire protagonisti di qualcosa di vero e di serio, non certo ad una auto celebrazione, di cui lo scrivente può farne certamente a meno. Ho voluto chiarire quanto sopra, perché penso a quanta gente, di tante So-cietà, sacrifica tempo e anche denaro, per poi venire ingiustamente e gratuitamente criticata.Colgo l’occasione per ringraziare proprio “ Sportivissimo “ per il lavoro svolto al fine di dare spazio e visibilità a queste Associazioni, nell’interesse dello svilup-po dello sport dilettantistico. Permettete-

di Francesco Pretto

no, e quando una ragazza scrive certe pa-role vuol dire che le sente e questo ripaga sicuramente del lavoro svolto. Tra l’altro mi preme sottolineare che questo slogan è stato scelto, non senza difficoltà, tra i tanti presentati a seguito di una specie di concorso indetto tra i nostri atleti. Queste sono le cose che più fanno bene allo sport, e questo mi porta a ricordare un episodio di quando allenavo i pulcini del Cornedo. Torneo di Montecchio, dopo il gol un mio giocatore attraversava tutto il campo per venire a festeggiare e sullo slancio siamo finiti a terra abbracciati. Non dimentiche-rò mai questa immagine. Purtroppo come sempre c’è qualche voce fuori dal coro, che probabilmente non ha capito il signi-ficato del mio lavoro a favore dei ragazzi e che reputa addirittura che gli articoli, che periodicamente questo giornale ci fa la cortesia di pubblicare, siano un auto ce-lebrazione dello scrivente. Questi artico-

mi infine di ringraziare i miei ragazzi per l’impegno che stanno mettendo nei vari campionati di volley e calcio AICS, dove si stanno ben comportando e dove sicura-mente otterranno belle soddisfazioni.L’ associazione sportiva Real Recoaro ricorda nuovamente che e’ intenziona-ta a dare spazio a tutte le proposte, sia sportive che culturali che, sia a livello di associazioni o personali, possano por-tare ad un contributo che permetta di al-largare le possibilità di scelta dei nostri giovani, anche al di fuori delle attività sportive. Chiunque abbia proposte serie di collaborazione può contattare il numero 3393696315, oppure recarsi presso la no-stra sede in via Vittorio Emanuele.

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L’alimentazione corretta e i rischi del “fai da te”sala Soster Palazzo Festari

Prof. Valeria MarinUniversità di PadovaFacoltà di Medicina

Idee per un allenamento efficacePalalido

Prof. Valter DurigonUniversità di Verona

Facoltà di Scienze motorie

Il diritto di non essere campionisala Soster Palazzo Festari

Prof. Pietro TrabucchiUniversità di Verona

Facoltà di Scienze motorieSerata in collaborazione con il

Lions Club Valle Dell’Agno

Città di ValdagnoAssessorato allo sport

media partner

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Campioni d’ItaliaFederico Zurlo è al suo quarto titolo italiano nel ciclocross e Nicole Dal Santo festeggiail suo primo tricolore

Per Federico Zurlo i titoli si sprecano! Per la quarta volta è sua la maglia tricolore del ciclocross: il sedicenne tedotaro por-tacolori della Postumia 73 Dino Liviero, ha sbarazzato il campo nel campionato italiano di ciclocross riservato agli allie-vi del secondo anno come aveva già fatto lo scorso anno con gli allievi del primo anno e per due anni di fila nella categoria esordienti. Dietro di lui si sono piazzati Stefano Verdrighi (Sintesi) e Stefano De Bellis (La Bujese). Federico Zurlo nella prova dell’Idroscalo di Milano ha dovu-to faticare e lottare per risalire qualche posizione persa nel primo dei cinque giri causa una caduta e qualche contrattempo ma dal 2° km. Zurlo si è portato al coman-do attaccando decisamente costringendo gli altri a lottare per i due posti sul podio meno importanti. Zurlo nel 2009 appena concluso ha vinto 10 volte su strada e in pista si è laureato campione d’Italia nella velocità olimpica. Tra le allieve del primo anno nel campionato italiano di ciclocross ad imporsi è un’altra vicentina: Nicole Dal Santo di Zanè che corre con la Cmb Cycle Women, società che ha sede a San-torso. Per lei la vittoria è stata ottenuta in rimonta in una gara più emozionante e combattuta. Ad un km. dalla fine Nicolè, incoraggiata dai numerosi vicentini ac-corsi a tifare per lei, si è messa in caccia della battistrada Sara Romanin riuscendo rabbiosamente a raggiungerla e a staccarla giungendo in solitaria ad assaporare il suo primo titolo tricolore per la gioia di mam-ma Patrizia e papà Giuseppe presenti a Milano per festeggiare alla grande. Dopo i successi mondiali di Tatiana Guderzo e di

di Enzo Casarotto

Allieve 1° anno

1. Nicole Dal Santo (Cmb Cycle Women)

2. Sara Romanin (Libertas Scorzè)

3. Arianna Fidanza (Fiorin Despar)

Allievi 2° anno

1 Zurlo Federico (Postumia 73)

2 Valdrighi Stefano (Sintesi)

3 De Bellis Stefano (Bujese)

Dario Sonda, il terzo posto al mon-diale juniores di Susanna Zorzi, la Vicenza del pedale sale ancora sul gradino più alto del podio stavolta nel ciclocross con Nicole Dal Santo e Federico Zurlo per la soddisfazio-ne anche del presidente provinciale F.C.I. Renzo Gandini.

32ciclo cross

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Era il lontano 29 mag-gio del 1953, erano le 11.30 del mattino e due puntini colorati avevano appena concluso una delle imprese del seco-lo. Quei due puntini colorati si chiamavano Sir Edmund Hillary e Tengzing Norgay Sher-pa ed erano i primi uomini a raggiungere il cosiddetto terzo polo, chiamato Sagarmatha (dio del cielo) dai nepalesi o Chomolangma (madre dell’universo) dai tibetani, ma co-nosciuta a tutti come la cima dell’Everest, a quota 8848 metri sopra il livello del mare. In numerosi racconti ed interviste Sir Hillary raccontava di terre desolate, prive di vege-tazione, distese infinite di ghiaccio e rocce, una pace assoluta e poche, splendide persone che vivevano in quei luoghi così inospitali. A distanza di più di 50 anni Sir Edmund si ribalterebbe nella tomba se potesse vedere la trasformazione che quei luoghi hanno avuto. Anch’io, come molte altre persone, trovan-domi in Nepal per un’avventura, mi sono detto: “Perchè no, visto che ci sono, andiamo a vedere l’Everest!”Un giretto in internet ed il trekking è bello che organizzato, le agenzie spuntano come funghi ogni anno, ci sono quelle più grandi, internazionali, che offrono un servizio di tut-to rispetto, ma ad un prezzo spesso piuttosto alto. Per fortuna poi ci sono le agenzie locali, piccole e nate quasi per caso, che danno la-voro (o meglio sfruttano) il personale locale. Di queste agenzie è piena Kathmandu, la capitale nepalese, ma se ne trovano in tutto il Paese. Propongono tutti gli stessi itinerari, ma i prezzi sono ben diversi e molti turisti decidono ogni anno di affidarsi a loro per risparmiare. Può succedere di trovare guide preparate, soprattutto se sono nate nel Solo Khumbu, la regione degli sherpa e dell’Eve-rest, ma può altrettanto capitare di commet-tere un errore di superficialità e ritrovarsi con guide che provengono dalla città, troppo giovani, inesperte e mal equipaggiate per un trekking in alta quota che, anche se ormai lo fanno tutti, ha pur sempre dei rischi.Ebbene l’avventura a questo punto può avere inizio!La maggior parte dei turisti inizia il trekking da Lukla, un paesino arroccato su un dirupo a 2860 metri, dove si arriva con un emozio-nante volo interno di circa mezz’ora, sballot-tati di qua e di là dalle correnti d’aria che si infilano nelle valli del Khumbu e si atterra su una striscia di asfalto “lunga come un Vigor-

EverestBase Camp

Trekdi Giulio Centomo

Dove il turismo ha sconvolto un mondo

lì vicini, ma normalmente passerete i villaggi di Namche Bazar, poi Ten-gboche, Periche, Lobuche e Gorak Shep da cui si parte per l’ultima tappa che raggiunge l’Everest Base Camp. Emozionante! Fanta-stico! Indimenticabile! Ebbene no!Dopo più di 50 anni dalla mitica ascesa di Hillary e Norgay il trekking fino al Campo Base dell’Everest si è trasportato in una im-mensa giostra per turisti, una macchina che cerca di succhiarti più soldi possibili (ovvia-mente secondo gli standard nepalesi!) ed un ambiente a dir poco devastato direttamente o indirettamente dal turismo. Forse è mancata una preparazione mentale nelle popolazioni del Khumbu per affrontare il turismo con tut-ti i suoi pregi e difetti. Forse la colpa deve essere attribuita, almeno in parte, ai conflitti che si sono combattuti nel Nepal e che han-no portato ad aprire i confini del Paese agli stranieri appena sembrava essere ritornata in qualche modo la calma per poi richiudersi allo scoppiare di nuovi incidenti. Forse non è mai stato interesse del mondo occidentale preparare e formare i nepalesi all’invasione di frotte di turisti giapponesi e americani, carichi di macchine fotografiche e cianfru-saglie inutili che poi sarebbero toccate agli instancabili portatori, persone di una tempra incredibile che portano sulla schiena anche più di settanta chili in cambio di pochi euro, in barba alle “leggi sindacali” che prevedono carichi non superiori ai 25 chili.Ecco, camminare lungo il percorso che sale al mitico Base Camp vi porterà a vedere tutto quello che abbiamo combinato. Ve-drete portatori caricati all’impossibile, con calzature ed abiti inadeguati al clima rigido di quella regione, li vedrete portare persino trolley rigidi per i loro clienti o anche i clienti stessi, in preda a qualche attacco di mal di montagna. Vi capiterà di incrociare trekker improvvisati che probabilmente non hanno

sol” e per di più in salita. È possibile anche viaggiare in autobus fino al villaggio di Jiri e raggiungere Lukla a piedi, ma la zona è an-cora poco consigliata in quanto esiste ancora una possibilità di incontrare i guerriglieri ma-oisti che chiedono un contributo obbligatorio per la loro causa ed è meglio non provare a rifiutare se non si vuole iniziare questo trek-king con qualche ammaccatura. Per consolar-vi sappiate che almeno vi verrà rilasciata una regolare ricevuta!Il trekking classico che sale al campo base dell’Everest dura tra i 15 ed i 20 giorni, sono possibili alcune deviazioni su altri percorsi

viaggi33

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mai visto una montagna di neppure 1000 metri, completamente fuori allenamento, ma questo vi tranquillizzerà perchè vi scoprirete a ripetervi in testa la frase: “Beh, se ce la fa quello lì, vuoi che io non ci riesca?” Potre-te incontrare colonne di yak che trasportano verso i villaggi più alti casse di birra e Coca-Cola, vedrete torrenti e ruscelli di incredibile bellezza, colmi d’acqua che non potrete bere perchè inquinata dagli scarichi e dai rifiu-ti che vi vengono riversati. Sarà possibile trovare delle strane costruzioni, con quattro solide mura di granito e un tetto di lamiera più alto di qualche metro, dentro vi vengono gettati rifiuti di ogni tipo e poi, periodicamen-te, vengono dati alle fiamme. Lassù nessuno ha mai spiegato alle popolazioni di una so-stanza cancerogena che si chiama diossina e che si sprigiona dalla cattiva combustione di materiali come la plastica. A volte vengono create delle vere e proprie mini-discariche a cielo aperto con la speranza che ogni tanto, qualche ambientalista con il pallino dell’Hi-malaya organizzi una campagna di pulizia e porti a valle almeno una piccola parte di quei rifiuti, ah sempre ammesso che arrivi prima l’ambientalista delle piene dei torrenti vicino alle cui rive spesso vengono ammassati questi rifiuti! Ma non ci sarà da preoccuparsi troppo di tutto ciò, perchè comunque alla fine di una giornata di cammino potrete stendervi al sole e sorseggiare un’ottima Fanta, potrete fare uno snack con Mars, Twix e soprattutto con le patatine Pringles, ringraziando le povere anime che per il vostro piacere ogni giorno camminano dall’alba al tramonto per portare nei villaggi questi prodotti indispensabili alla sopravvivenza del turismo!Il costo medio di una giornata di trekking ruo-ta attorno ai 20 euro, comprensivi di tre pasti sostanziosi (che il più delle volte, volendo risparmiare, vuol dire daal bhat, un piatto di riso con curry di verdure e zuppa di lentic-chie, mattina, mezzogiorno e sera) ed un letto su cui dormire. Un costo irrisorio per le nostre tasche, ma enorme per lo standard del Paese. Basti considerare che in città si possono tro-vare guest house che offrono vitto e alloggio, magari con bagno privato, a meno di 10 euro al giorno.La constatazione più dolorosa per me, che venivo da una cittadina vicino Kathmandu in cui sono stato accolto come un figlio ed un amico da persone che non mi avevano mai vi-

sto, è stato percepire il distacco che le popo-lazioni sherpa hanno nei confronti dei turi-sti. Mi è stato impossibile condurre una vera conversazione con loro, e non si è trattato di difficoltà linguistiche, bensì di diffidenza. I turisti sono persone da trattare bene per-chè portano i soldi, portano il benessere, ma anche l’inquinamento dell’aria, della terra e dell’acqua, portano i loro modi di vivere che inevitabilmente si scontrano con la tradizione e la cultura sherpa e la contaminano fino a soffocarla. I villaggi si sono trasformati in ammassi di lodge, un litro di acqua bollita arriva a costare anche 4 euro, i bambini non ti accol-gono più sorridendo con la loro inno-cenza, ma vengono a chiederti qualche rupia di mancia e se ti rifiuti se ne van-no brontolando chissà cosa. Sia ben chiaro, la mia non è avidità ma solo un comportamento corretto. Assillan-do i turisti questi bambini arrivano a collezionare anche 500 rupie al gior-no, corrispondenti a poco meno di 5 euro, ma che sono una fortuna in Nepal. Ebbene, perchè dovrebbero andare a scuola quando possono arrivare a guadagnare molto di più di un genitore che si spezza la schiena tutto il giorno nei campi o in qualche piccola fabbrica?Quella che dovrebbe essere una risorsa per il Nepal intero po-trebbe ben presto trasformarsi in una catastrofe, un incubo venuto da quello che con superficialità chiamiamo “il mondo civiliz-zato”.

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Con l’ultimo evento stagionale dell’Arrampicata Sportiva, svoltosi pres-so il Palazzetto dello Sport di Valdagno, sono stati assegnati i prestigiosi titoli di Campioni Italiani di Difficolta (Lead), Velocità (Speed) e Combinata. Lady Geco si riconferma per ben undici volte Campionessa Italiana di Difficoltà vin-cendo anche, quest’anno, la Combinata. Altra conferma è quella di Canòn Luca Zardini, mentre le sorprese sono venute dal sedicenne emiliano Marcello Bom-bardi, più volte vincitore dei Campionati italiani Under che a Valdagno ha vinto il prestigioso titolo della Combinata grazie all’ottimo terzo posto nel Boulder di Tori-no. La trentina Sara Morandi, specialista del Boulder nel quale ha vinto la Coppa Italia e la Combinata 2009, si è classifi-cata come migliore nella Velocità (Spe-ed) assieme al modenese Michel Sirotti, specialista e vincitore della Coppa Italia Velocità 2009. Una bellissima gara quella organizzata dall’Xfighter che, nonostante il maltempo, ha avuto una partecipazione quasi totale degli atleti di punta. Stefan Bortoli, giudice della Federazione, sem-pre presente alle gare con competenza e passione, esprime il suo punto di vista: “Il Campionato Italiano che si e’ svolto in Valdagno il sabato appena trascorso,

com’era prevedibile, si è confermato superbo. L’organiz-

Jenny Lavarda e Marcello Bombardi vincono la Combinata dei Campionati Italiani svoltisi a Valdagno

Vertical show

zazione impeccabile dell’evento e la sa-piente gestione dello stesso da parte della società organizzatrice Xfighter team, co-adiuvata da un pool di tecnici di provata competenza, diretti magistralmente da Federico Rella (Presidente di Giuria) ha fatto in modo che il Campionato Italiano si svolgesse con la prevista spettacolarità riservata ad un evento che tutti attendono quale coronazione dell’attività’ agoni-stica di un anno. Le vie di finale, alta-mente godibili, hanno tenuto il pubblico

con il fiato sospeso fino

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Femminile

1 Jenny Lavarda (Gruppo Forestale)

2 Sara Morandi (Arco Climbing)

3 Cinzia Donati (Istrice Ravenna)

Maschile

1 Marcello Bombardi (Vertigine Sassuolo)

2 Stefano Ghisolfi (Sasp Torino)

3 Leonardo Gontero (Rivoli Arrampicata Sportiva)

Femminile

1 Jenny Lavarda (Gruppo Forestale)

2 Anna Gislimberti (Xfighter Molvena)

3 Manuela Valsecchi (Team Gamma Lecco)

Maschile

1 Luca Zardini (Caprioli San Vito di Cadore)

2 Gabriele Moroni (B-Side Torino)

3 Flavio Crespi (Fiamme Gialle)

Femminile

1 Sara Morandi (Arco Climbing)

2 Anna Gislimberti (Xfighter Molvena)

3 Chiara Limonta (Passaggio Obbligato-Milano)

Maschile

1 Michel Sirotti (Equilibrium Modena)

2 Alessandro Boulos (Venezia Verticale)

3 Leonardo Gontero (Rivoli Arrampicata Sportiva)

Classifica Combinata Campionato Italiano Campionato Italiano Difficoltà (Lead) Campionato Italiano Velocità (Speed)

all’ultimo momento e ci hanno mostrato degli atleti in piena forma. Decisamen-te un evento molto al di sopra di tutte le manifestazioni di questo 2009, e da cui molti potrebbero trarre spunto per migliorare”. I tracciati di gara sono piaciuti parecchio e lo conferma la vincitrice Jenny lavarda: “I tracciati di questo Campionato Italiano sono stati i più belli degli ultimi anni. Hanno permesso un’ottima scre-matura grazie ad uno stile innova-tivo che presentava una difficoltà progressiva, la spettacolarità poi, l’ha fatta da padrona. Zar-dini ha arrampicato benissimo nonostante la visibile emozio-ne, dimostrandosi sempre il più grande. Per il prossimo futuro niente Ghiaccio, mi prendo un lungo riposo perché ho una tendinite alla spalla, ho tenuto duro per questi di ultimi im-portanti appuntamenti ma, ora, mi devo pro-prio fermare. Ripren-derò a marzo con i Campionati Mondia-li Militari che fanno a Courmayeur. Nel 2010 mi concen-trerò nel Boulder e nella Difficoltà. Il Ghiaccio lo riprenderò in vista del mon-diale 2011”.

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Page 39: sportivissimo febbraio 10

viaggi

omaggio a Bruce LeePrima di iniziare l’avventura a Victoria in Canada dal Maestro Chen Zhonghua per il workshop di Taiji Quan stile Chen, di cui vi ho parlato nel numero di novem-bre 2009, decidiamo di fermarci a Seattle negli USA per fare visita alla tomba del leggendario Bruce Lee e rendere il giusto omaggio ad uno dei più grandi Artisti Marziali di tutti i tempi.Così il Maestro Giuseppe Bon, Daniele Maitan ed io, suoi allievi, arriviamo a Seattle, una delle città più belle e particolari degli Stati Uniti d’America. Ci fermiamo in questa città per una settimana e troviamo il tempo per rilassarci prima della pesante trasferta cana-dese, ospiti nella magnifica casa di mio zio Angelo Toppano, dalla quale si vede il tranquillo Lago di Washington e lo skyline del centro di Seattle. Le colline attorno alla metropoli del north-west sono vestite dei colori dell’autunno ed il paesaggio è fanta-stico. Poi l’ospitalità degli zii d’America è “number one super star”, e la cucina della amabile zia Margherita con Angelo è asso-lutamente grandiosa, rispecchiando “il tan-to”, noto degli USA, con “il saporito” della nostra Italia.Siamo solo un po’ preoccupati per la linea ed il sovrappeso incontrollabile, ma visto che poi ci attenderà una settimana durissima a Victoria in Canada decidiamo che fare, per un po’ di giorni, i “Cip e Ciop”, mettendo via delle risorse, potrebbe diventare assolu-tamente utile.Lasciate, però, che prima vi introduca nella storia della “Leggenda delle Arti Marziali”, cioè nelle storia del grande Bruce Lee.

Bruce Jun Fan Lee (Lǐ Xiǎolóng in cinese), nasce a San Francisco il 27 novembre 1940 e muore ad Hong Kong il 20 luglio 1973. Rimane indubbiamente il più ricordato ed ammirato divulgatore di Arti Marziali, ed in particolare di Kung Fu, nel mondo occiden-tale. I suoi film riescono ad elevare il valore, la popolarità ed il livello delle Arti Marzia-li facendo aumentare per la prima volta ed improvvisamente l’interesse per questo tipo di discipline che al momento erano quasi esclusivamente orientali o considerate non di prestigio come invece erano ad esempio la lotta o il pugilato.Bruce Lee divenne un’icona soprattutto per i cinesi, una specie di ritratto dell’orgoglio nazionale, che vedevano riformata e rivalu-tata la figura del “cinese” servo in quel mo-mento della civiltà occidentale, per alcuni

tratti fortemente nazionalistici presenti nei suoi film. Ma altri, soprattutto gli occidenta-li, videro Bruce Lee come un mo-dello per acquisire un corpo forte, agile ed efficiente, sviluppando destrezza nel combattimento cor-po a corpo; ancora oggi esiste una enorme differenza tra la visione di un corpo “forte” tra oriente ed occidente.Noi occidentali siamo più pro-pensi a vedere un fisico forte osservando una massiccia parte superiore del tronco; essere un po’ “alpini”, senza nessuna offesa per il formidabile “corpo militare”, cioè “petto in fuori e pancia in dentro” sembra essere l’obiettivo per molti di noi. In realtà per gli

orientali, soprattutto per i cinesi, questo è un po’ come essere senza le radici, ed una pian-ta, per quanto forte, senza le radici, cade al primo soffio di vento. Così per gli orientali spalle rilassate, petto in dentro e forti gambe con tronco elastico è l’immagine della perso-na “forte” fisicamente (non slegata mai dalla “forza” mentale); come osservate, questo è un po’ il contrario del nostro immaginario.Bruce Lee mostrava un fisico assolutamente scolpito nei sui dettagli, con muscoli fortissi-mi ed elastici allo stesso tempo. Ricordo così che il suo fisico ha indirizzato molti grandi del Body Building, compreso il grande Joe Weider, fondatore del “Mr. Olympia”, il più grande premio per un praticante di Body Building, che descrisse il fisico di Bruce Lee come “il più definito mai visto”.Nonostante il contenuto spesso violento dei suoi film, Bruce Lee era una persona pacifi-ca e fermamente contraria all’uso delle Arti Marziali come metodo di offesa e suprema-zia, bensì proprio la costanza nella pratica del Kung Fu o di qualsiasi altra Arte Marzia-le (ricordiamo che per un cinese fare “kung

di Massimo Neresini

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Fu” significa fondamentalmente “fare un duro lavoro” e così tutto diventa “fare Kung Fu” quando ci si impegna fortemente) ti può portare all’equilibrio ed al rilassamento.Dovete sapere che era denominato “piccolo drago-Li Xiao Long”, ma altro non poteva essere per uno nato nell’ora mattutina del drago (tra le 6 e le 8) dell’anno del drago (27 novembre 1940) ed inizia la sua vera storia marziale con il grande Maestro Yip Man (Maestro di Kung Fu stile Wing Chun) ad Hong Kong diventando un suo grande allievo ed apprendendo tecniche sempre più sofisticate ma, allo stesso tempo, studiando anche filosofia e storia del pensiero taoista, tanto da spostarsi a Seattle e tentare gli studi universitari alla Scuola di Filosofia.Sua moglie scrive di lui: “Mio marito Bru-ce si considerava prima di tutto un cultore di Arti Marziali e poi un attore. Cominciò a prendere lezioni di Kung fu, nello stile Wing Chun, a 13 anni, a scopo di difesa personale. Nei 19 anni che seguirono fece delle nozioni che acquisiva una scienza, un’arte, una filo-sofia e uno stile di vita. Coltivava il corpo per mezzo di esercizi fisici e la mente per mezzo della meditazione”.Già, sua moglie Linda Emery è americana ed è proprio a Seattle dove si era trasferi-to e dove seguiva dei corsi di filosofia alla Washington University che la incontra e poi la sposa. Nonostante tutto quello che si dirà sarà proprio lei e solo lei, Linda Lee, la sua compagna e forte presenza che lo seguirà nella sua purtroppo breve vita. Muore infatti a soli 32 anni ad Hong Kong, in una ombra di mistero che con gli anni si è completa-mente dissolta, lasciando una impronta che faticheremo a scordare.L’avventura terrena di Bruce Lee si conclu-de a Seattle il 30 luglio del 1973. Il feretro con i suoi resti mortali è scortato da James Coburn e da Steve McQueen, suoi grandi amici ed allievi.Un suo grande amico dirà: “Ho avuto la sen-sazione che Bruce abbia voluto, nel corso di tutta la sua esistenza, sfidare l’universo e che quel giorno l’universo abbia vinto”.Al contrario di altre grandi Scuole di Arti Marziali il suo percorso non era indirizzato ad una sola “via” (“Do” in giapponese da cui JuDo o AikiDo ecc. o “Tao” in cinese), ma “No way as way, no limitation as limitation” era la scritta che era apposta all’ingresso del-la sua Palestra che significa che non esiste nessuna via come unica via e nessun limite come limite.Elaborò così il suo “stile senza stile” e la

“forma senza forme” il Jeet Kune do che lui stesso non voleva chiamarlo “stile” proprio per non frenare la continua evoluzione ed in-novazione. Nessun principio di base e sche-ma prefissato, solo estrema efficacia. Così il Jeet Kune Do è assolutamente infor-male per poter adottare qualsiasi forma e non ha un suo specifico stile per poter adot-tare tutti gli stili. Il Jeet Kune Do si serve di tutti i mezzi e non è condizionato da nessuno di essi, si serve di tutte le tecniche che sono utili al suo vero scopo: “l’efficacia del com-battimento”.Siamo anche noi della Scuola Italia Poon Ze’ Team a rendere omaggio al grande Bru-ce al Lake View Cemetery di Seattle davanti alla sua tomba nel lotto 276. E’ un momento emozionante stare lì davanti al luogo dove riposa uno dei grandi delle Arti Marziali e leggere sotto voce la scritta sulla panca che sta in fronte alla tomba “Husband and Fa-ther, Son and Brother You are always with us – Linda and Shannon” immaginando la moglie Linda e la figlia Shannon che lì sa-ranno state a meditare e pregare per il gran-de Bruce chissà quante volte. Poi la scritta sulla lapide di marmo in inglese e cinese che recita:”Your inspiration continue to guide us toward our personal liberation” con, nel cen-tro, il simbolo “Tai Chi Tu” che simboleggia l’armonia degli opposti ed è anche il simbo-lo del Tai Chi Chuan. Ci fermiamo a riflet-tere e ad omaggiare ancora questo grande uomo parlando un po’ di lui tra di noi come se da sempre lo avessimo conosciuto, come se fosse stato un amico comune… e chissà che non sia anche un po’ vero!Penso che la città di Seattle, sicuramente città simbolo della libertà, e della new age negli USA, sia il posto giusto per un uomo come lui, innovatore, rinnovatore e divulga-tore di Arte e Spirito.Pensate poi dove ci porta il grande fiume della avventu-ra… ci troviamo lo stesso giorno in una Scuola di Seattle per un in-contro con bam-bini di famiglie straniere (come lo siamo noi) che imparano l’in-glese. In una scuola or-ganizzatissima, immersa nel ver-de con un grande

Mapple Tree dalle foglie rosse all’ingresso, diamo il via ad una dimostrazione di Tai Chi Chuan e di Kung Fu; il Maestro Bon in te-sta seguito da Daniele Maitan (cintura nera di Kung Fu) e dal sottoscritto (suoi allievi) ci diamo da fare per, chissà, mostrare a ra-gazzini, che si trovano in una terra straniera, come ci si può sentire tutti uniti da un unico forte abbraccio… per me le forti braccia del Kung Fu.A proposito di dare “valore aggiunto” alla preparazione dei nostri figli vi invito a man-darli a seguire un corso di Arti Marziali dal Judo al Karate, Jujitsu, Aikido, Wushu, Kung Fu e perché no anche Tai Chi Chuan ecc. tutte racchiudono dei grandi “principi”: lavoro duro, disciplina, rispetto per arrivare ad essere veramente “ricchi”: di flessibilità, forza interiore, consapevolezza di sé.Non posso dimenticare, e ringrazio enor-memente il Sig. Elio Rigotto membro del Direttivo Nazionale dell’ AICS e tutta la or-ganizzazione per il supporto che ci ha dato per l’avventura americana-canadese.Un grazie di cuore agli zii Angelo e Marghe-rita per la loro fantastica ospitalità. Ai miei cugini americani perché è grande riabbrac-ciare un “amico” lontano. Alla preside Nanci Davis, agli insegnan-ti Alberta Borden, Jim Blundred, Kristen Brenneman, Stacy Pang, Sarah Wylie, Jen-nifer Kalmbach, Sherry Rutherford, Kay Donald, Kathy Williamson e in particolare a Ines Zerbato della Sierra Hights Elemen-tary School di Renton (Seattle – Washington State – USA) per averci dato l’opportunità di coinvolgere ragazzini nel Kung Fu… e se poi da uno di questi nasce un nuovo Bruce Lee??… magari!!Che questo 2010 sia un anno di “saggezza, compassione, sincerità, coraggio e pazien-za”; le 5 virtù del Kung Fu che hanno forgia-to l’animo e il corpo del grande Bruce Lee.

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il vivaio cresce

La storia della Schio Nuoto ha inizio nel 1981 ed il percorso della società è da definirsi straordinario perché in pochi anni i dirigenti e i tecnici hanno portato l’attuale Fa-

mila Schio Nuoto da un sodalizio di buon livello regionale ad una posizio-

ne di eccellenza a livello nazionale. Il tutto frutto di una programmazione

societaria rivolta a scelte tecniche di prim’ordine che si sono avvicendate in questo ormai ventennio alla guida della so-cietà. La società utilizza la piscina comu-nale attualmente gestita dalla Schio Nuoto s.r.l. del presidente Domenico Garbin che alle sue spalle ha l’esperienza gestionale dei Sigg.i Barbiero e Cestaro gestori di analoghi impianti anche a Padova. Nella Schio Nuoto, alla guida tecnica si sono av-vicendati Sandra Carenza e l’olimpionico

Egidio Massaria, Mauro Calligaris con Teresa Oriani e dal 2001 al 2003 ha

operato Roberto Bettin assieme a Roberta Burato, Giorgio Dalla

Vecchia e a Manuel Borga che è l’attuale respon-

sabile del settore tecnico che si

avvale oggi d e l l a

c o l -

laborazione di un gruppo di allenatori cresciuti nel vivaio scledense prima come atleti e in seguito passati al settore allena-tori federali. I risultati della Famila Schio Nuoto sono rilevanti perché ottenuti gra-zie ad un bacino d’utenza ridotto rispetto ad altre società agonistiche che associate a consorzi e a collaborazioni, gareggia-no sotto un’unica denominazione. C’è da considerare inoltre che i tesserati FIN in Italia tra gli agonisti e gli amatori sono più di sei milioni. Nel gruppo scledense sono tre i ragazzi inseriti nelle graduatorie tra i primi 100 in Italia: Matteo Greselin 82° nei 50 m., 97° nei 100 m. s.l., 72° nei

50 m., 75° nei 100 m. e 83° nei 200 m. dorso; Nicola Retis 93° nei 100 m. e

58° nei 200 delfino; Giulia Tomi-ello 52^ nei 200 m., 36^ nei

400 m. e 53^ negli 800 m. a stile libero e 60^

nei 50 m., 31^ nei 100 m. e 13^ nei

200 m. a del-fino. Giulia

nel 2009 ha ot-

nuoto

Inizia la stagione 2010 per la Famila Schio Nuoto che nel corso del 2009ha confermato il suo 40° posto tra le società italiane e subito le soddisfazioninelle prime uscite stagionali indoor arrivano copiose per la società natatoriadel giovane presidente Luca Volpato soprattutto nella categoria ragazzi e junior

di Enzo Casarotto

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tenuto il 12° miglior risultato stagionale nei 200 m. delfino, il 21° nei 50 m. ed il 29° nei 100 m. sempre a delfino, in vasca corta. In evidenza tra i giovani emergenti anche l’esordiente Matteo Zampese che occupa il 55° posto nei 100 m. ed il 24° nei 200 m. a rana. Nella Famila Schio Nuoto le soddisfazioni sono venute anche in acque libere con i tre vecchietti Loren-zo e Roberto Decchino e Gianmaria Col-licelli, che si sono ben comportati nelle discipline del Mezzofondo e del Fondo. I risultati frutto dei migliori 5 punteggi na-zionali stagionali hanno visto Gianmaria Collicelli piazzarsi al 14° posto assoluto e 8° tra i senior nel mezzofondo mentre i gemelli Roberto Decchino (37° assoluto e 14° nella graduatoria Senior) e Loren-zo (33° assoluto e 18° tra i senior) hanno contribuito ad ottenere la 27esima piazza assoluta nella classifica per società che ha visto in graduatoria ben 64 gruppi (prima società vicentina e seconda nel Veneto dietro alla Veneto Banca di Montebelluna

giunta 21^). Anche i “Master” hanno ben figurato ottenendo la 57^ piazza tra le 208 società iscritte con Riccardo Furiassi (10°- M55), Alex Sassaro (12°-M25). Nicola Zenere (15°-M25) e Mirko Spanevello (16°-M30) così classificati nelle rispettive categorie. Il 2010 è appena incominciato

e il responsabile tecnico Manuel Borga ed il presidente Luca Volpato si auspicano quantomeno di eguagliare i piazzamenti fin qui ottenuti e di mantenere quelle pre-rogative e quelle priorità che la società da anni esprime anche sotto l’aspetto della crescita formativa dei suoi ragazzi.

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moto cross

Che club!

Tutti i corridori ai cancelli di parten-za. Sta per prendere il via la stagione 2010 dell’associazione sportiva Moto Club di Cornedo. Dopo un ottimo 2009 che ha raccolto importanti frutti in ambito ago-nistico, si prospetta per il 2010 un anna-ta ancora più positiva a caccia di risultati sempre più prestigiosi da parte di un team agonistico che conta addirittura 150 piloti tesserati. Punta di diamante della squadra agonistica è Andrea Tedesco, il ventitreen-ne di Thiene che del motocross ne ha fatto una vera ragione di vita: seguendo le orme del padre, ormai da più di 30 anni pilota di motocross del team di Cornedo, Andrea ha coltivato la passione per le due ruote fin da bambino e anche oggi che lavora otto ore al giorno lo spirito e la grinta giusta non gli mancano per allenarsi quotidianamen-te e guadagnare risultati ai quali solo un vero professionista come lui può aspirare. Il giovane Andrea che da anni porta in alto i colori del team cornedese, quest’anno si appresta a realizzare il famoso salto di qualità: ebbene dal 2010 l’atleta thienese apparterrà alla categoria Élite, uno scalino più in alto di tutti i motociclisti, il top. La scorsa stagione si è laureato vincitore del-la Coppa Italiana classe 125 e si è piazzato al terzo posto al Campionato Italiano fuo-ri strada MX1. “Indubbia tecnica e forte carisma contraddistinguono Andrea” - ha dichiarato Maurice Pretto, presidente del Moto Club di Cornedo. “Seguito da suo padre Gigi che è pure il suo team mana-ger, quest’anno il nostro pilota classe 1987 parteciperà alle competizioni MX2 e pun-terà a vincere il titolo italiano”.Accanto a Tedesco un altro atleta, sia pur molto più giovane, ha un futuro davanti a sé certamente interessante visto il ri-sultato ottenuto quest’anno in categoria debuttanti: si chiama Christian Bisogni, ha solo undici anni e ha partecipato per la prima volta al Campionato Triveneto Minicross Debuttanti e, senza alcun timo-re ne emozione, ha raggiunto il gradino più alto del podio davanti allo sgomento di tutti compreso il papà Lino che segue il figlio con molta passione. “Quest’anno Christian è passato alla categoria Cadetti -ha precisato Maurice- e tutti ci aspettia-mo una stagione con i fiocchi”. Sono molti gli atleti che nel 2009 si sono distinti come ad esempio Francesco Antoniazzi, catego-ria cadetti, e Andrea Verona, junior. Chi del Moto Club Cornedo potrebbe ormai scrivere un libro è invece Paride Marigo, classe 1965, campione in carica Triveneto

di Chiara Guiotto

Il Moto Club di Cornedo del presidente Maurice Pretto sta crescendo il proprio vivaio di giovani piloti e promette un’ottima

stagione con i suoi oltre 150 tesserati

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Master MX1. Accanto a lui i portacolori del Campionato Nazionale Moto d’Epo-ca Cervato Giancarlo (3° al Campionato Italiano Moto d’Epoca 2009 classe 125 U.I.S.P.), Paiusco Luigi (2° al Campiona-to Veneto Moto d’Epoca 2009 U.I.S.P.) e Scalco Livio (3° al Campionato Italiano Moto d’Epoca 2009 U.I.S.P.). Ma i risul-tati non finiscono qui perché la coppia di sidecar composta da Poscolere Pietro e Fortuna Carlo ha vinto il Campionato Ita-liano della categoria Sidecarcross d’Epoca 2009 U.I.S.P.Un’associazione sportiva quella del Moto Club attiva da oltre 50 anni e che è ormai diventata uno dei simboli del paese di Cor-nedo e un punto di riferimento per molti piloti e sportivi. Conta oggi bene 340 soci tra cui 150 sono piloti e un centinaio appar-tiene alla sezione Scooter e Moto d’Epoca presieduta con grande orgoglio dal vice presidente dell’associazione sportiva Gior-dano Vigolo. Anche quest’anno il Moto Club gestisce l’impianto sportivo all’Uomo della Roccia dove i piloti si allenano e il Club sportivo organizza corsi di Motocross per i bambini più piccoli. Inoltre da anni il Moto Club coordina la sezione dedicata alle moto d’epoca occupandosi dei tesse-ramenti e delle pratiche riguardanti questo tipo di motocicli come per esempio l’iscri-zione al registro storico FMI. Un’associazione che ha voglia di crescere, di farsi conoscere, di diventare un luogo di aggregazione sociale e, partecipando alle competizioni regionali, nazionali ed inter-nazionali, dove gareggia il nostro giovane Andrea Tedesco, diventare un team compe-titivo sempre di più. I presupposti ci sono!Per tutti coloro che volessero conosce-re meglio il Moto Club la sede si trova a Cornedo in Piazza Nicolò. (0445/953696- 333/8961436).

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supermoto

Passione sliding! Da qualche mese si è conclusa nel migliore dei modi, la stagione agonistica 2009 per il pilota scledense (originario di Cogollo del Cengio) Federico Dal Zotto. Dopo il precedente terzo posto assolu-to nel Trofeo Italia uisp 2008, nell’ap-pena trascorso 2009 Federico porta a casa il primo posto nel Trofeo Veneto uisp classe 500cc in sella alla sua Hon-da crf 4t ben preparata con l’aiuto del padre Guido e con la professionale as-sistenza in pista offerta da Censi Moto di Caldogno. Una bella soddisfazione, quindi, rafforzata anche dalle buone e sempre mi-gliori prestazioni rilevate dal cronometro anche nel corso del campionato Triveneto ed Emilia Romagna fmi. Purtroppo ben 2 gare su 6 si sono svolte in condizioni me-teo estreme, sotto la pioggia insistente, che comunque hanno permesso a Federico di aggiudicarsi a fine campionato il 10° posto assoluto nella categoria Expert.

È una vera e grande passione quella che ha coinvolto molti piloti, prima praticanti il motocross o la velocità, poi invece attratti da questa giovane disciplina, lo spliding. Le velocità raggiunte, decisamente elevate per queste moto, hanno infatti la caratteri-stica di obbligare i piloti ad affrontare le curve in derapata controllata (dal termine inglese “sliding”) generando uno spetta-colo tutto da vedere. Con le supermoto si gareggia in circuiti ricavati talvolta su piazzali, con annessa parte di sterrato con salti e cunette, o spes-so in cartodromi veri e propri che dall’av-vento del supermotard hanno accolto an-che una parte di sterrato per le gare e gli allenamenti. Non molti anni fa, quando la disciplina era all’inizio, per divertirsi con le super-motard bastava semplicemente adattare ad una moto da cross delle ruote con gomme slick; anche oggi i motocicli di questo tipo si ricavano principalmente da moto nate per il cross ma sempre maggiori sono gli accorgimenti e le modifiche tecniche che fanno la differenza in gara. Solo per citar-ne alcuni, vengono sostituite le ruote con altre adatte ad ospitare pneumatici inta-gliati o slick, le sospensioni vengono pre-ferite ad altre più rigide o semplicemente modificate, le marce vengono allungate ed adattate ad ogni pista in modo da per-mettere la giusta velocità, non ultime le modifiche al telaio, al motore ecc.. Questa “esasperazione” nel preparare i mezzi ha

Il forte pilota scledenseFederico Dal Zottovince il Trofeo Veneto cl. 500cc Supermoto 2009 uispa tutta derapata

Federico ringrazia tutti gli ami-ci che lo hanno supportato anche

in questa bella stagione 2009 ed in particolare la Pegoraro Ecocen-

tro di Schio, Censi Moto di Caldogno, Rossetto Racing Suspension di Brogliano, Due Bi Sport, Motoclub Cornedo e Spe-edmark Racing Wear di San Giuseppe di Cassola. Ora nella fase invernale, come di consueto è tempo di concentrarsi e prepa-rarsi per questa stagione 2010 oramai già alle porte e focalizzare bene i punti dove migliorare. Come sempre con la buona e sana sportività che ci auguriamo contrad-distingua tutti gli sport... e vinca

portato ad un con-seguente aumento dei costi, da 2-3 anni infatti il su-permotard di tutti i livelli, non escluso quello mondiale, sta vivendo una crisi che lo investe negativa-mente con sempre meno piloti che si affacciano a questo mondo. Per rendere il supermotard uno sport più popolare, sarebbe interessante orga-nizzare più gare in luoghi di facile acces-so agli spettatori come piazzali o circuiti cittadini, in modo da far conoscere questo spettacolare sport alla gente, inoltre sa-rebbe importante promuovere e pubbliciz-zare opportunamente gli eventi per avere il giusto risultato mediatico e visibililtà per gli sponsor.

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Il team Chimax è un’associazione spor-tiva leonicena nato dalla grande passione per le moto di Massimo Zambon (tra l’al-tro vice-campione europeo di motocross classe 250 2T), ed è da sempre impegnato nella crescita e nella divulgazione dello sport motoristico; nello specifico del Mo-tocross e dello Speedway. Il team agoni-stico nello Speedway comprende i piloti Mattia Cavicchioli, Jonatha Seren e Mas-simo Zambon che nella passata stagione hanno gareggiato nel campionato Trive-neto, italiano e agli internazionali d’Italia a squadre. Per chi volesse provare queste specialità, il team Chimax (con Massimo Zambon, promotore e coordinatore in primis di tali eventi), fornisce l’abbiglia-mento, i consigli tecnici, la sua esperien-za e grazie alla collaborazione dei mec-canici e dei piloti, la tanta adrenalina e l’emozione della derapata su moto (anche 125) è assicurata. Nell’ultima stagione il gruppo con que-

Passione motosto progetto ha accolto ben 5 “new ent-ry”. Il Team Chimax ringrazia tutti coloro che con il loro sostegno hanno reso pos-sibile la divulgazione di questo sport ed in particolare: i meccanici Valter, Rame, Enrico, Antonio; il gruppo di amici e so-stenitori del Team e delle sue iniziative e gli sponsor senza i quali il progetto non si sarebbe avverato: Bertesina Lino, Calearo Graziosa, Il Marmo, Pakelo lubrificants, Provasi Elettrauto, Ricosma e GM. Il team anche nel 2010 propone gli stessi obiettivi ed in più, da quest’anno, parte del Team Chimax è socio del Moto Club Ducati Vicenza, team che nel suo grup-po ha fatto crescere piloti affermati qua-li Luca Boscoscuro campione Europeo velocità 250 cc.,Ales Hlad campione europeo supermotard, Daniele Veghini vincitore di diverse gare del mon-diale velocità

Il team Chimax per far conoscerelo Speedwaye il motocrossEndurance, Luca Bono che oltre ad essersi laureato campione in diversi trofei italia-ni, è un ottimo collaudatore ricercato da varie case motociclistiche e in qualità di tester è un collaboratore di riviste specia-lizzate del settore. Tutti i piloti dal 2010 saranno seguiti dal personale tecnico del Moto Club Ducati Vicenza.

di Enzo Casarotto

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Le seppie, come i calamari ed i polpi ap-partengono ai molluschi cefalopodi. Sono marine, carnivore, con il corpo ben distin-to dal tronco, due grandi occhi sporgenti, la bocca con due mascelle cornee a becco, circondata da tentacoli. E’ un animale che vive nel fondale cibandosi di granchi, gam-beri e piccoli pesci. Una specie di soffione gli consente di compiere movimenti brevi ma rapidi. Caratteristica che, assieme all’espul-sione dell’inchiostro, gli permette di sfuggire ai predatori. Il famoso osso di seppia, è una struttura calcarea, che serve a dare ri-gidità al corpo, a forma di sacco, che contiene gli organi vitali. Di giorno rimane seminascosta mentre di notte si fa più attiva e va alla ricerca di cibo. In primavera dopo aver trascor-so l’inverno

di Antonio Rossofoto di Denis Zorzin

seppie al naturale

in acque profonde, risale fino ad arrivare in prossimità delle coste. Ad aprile e maggio sono i mesi in cui avviene l’accoppiamento principale e la deposizione delle uova. E’ quindi facile trovarle in gran numero per poterle fotografare. Con l’autunno la seppia riprende la sua migrazione verso acque più profonde e a temperatura costante. Una sua

caratteristica è avere nella pelle partico-

lari cellule dette cromatofori, che assumono diverse colorazioni a seconda dell’ambiente e delle condizioni esterne. E’ quindi capace di mimetizzarsi in maniera quasi perfetta e di cambiare colore anche nel giro di pochi attimi. Le sue dimensioni vanno dai 5 ai 90 centimetri ma ne può raggiungere anche 120. La seppia si presta bene alle riprese fotografi-che. Le migliori foto si ottengono a distanza ravvicinata con l’uso di sorgenti luminose mentre il soggetto si sposta nell’acqua.

sub45

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Zanè come al solito si distingue nello sport, nella solidarietà. Qualche settimana fa la città ha ospitato, con la supervisione del Sindaco Alberto Busin e dell’Asses-sore allo sport Roberto Berti, una serie di attività per dimostrare la vivacità dell’in-tero suo movimento sportivo; i pulcini del calcio si sono confrontati in un torneo a 6 squadre organizzato dalla gloriosa Fai Zanè 1931, ed il palasport ha ospitato la sesta edizione del “Galà dello sport” in cui l’azzurro dell’Atletica Leggera Matteo Galvan, medaglia d’oro nella staffetta eu-ropea 2009 nella 4x100, il presidente del CSI vicentino Enrico Mastella e quello del Coni Umberto Nicolai, hanno pre-miato i protagonisti dell’ultima stagione sportiva e tutte quelle persone che si sono contraddistinte per l’impegno profuso nei confronti dello sport e non ultimo gli al-lenatori il cui delicato compito è quello di lavorare con i ragazzi sotto l’aspetto sportivo e formativo. Tutti gli ospiti nei loro interventi (compresi quelli del Sin-daco e dell’Assessore allo sport), hanno evidenziato l’importanza dell’ attività sportiva nei giovani ed il prezioso compi-to svolto dalle innumerevoli persone che si mettono a servizio per la promozione delle varie forme di sport. Ad intrattenere il numeroso pubblico presente al Galà, tra una premiazione e l’altra, i balli e le dan-ze dell’Associazione Silicon Kafe. Tra gli atleti hanno ricevuto un riconoscimento i ciclisti Marco Gasparella - Davide Da Ca-rinti - Romeo Bonollo - Alberto Sentinelli e Nicole Dal Santo quest’ultima neo cam-pionessa italiana di ciclocross allieve, i po-disti Sabrina Roncaglia, Tiziana Scorzato, Remo Lavarda, Renzo Dal Zotto, Sabrina Castello e Davide Zigliotto. Per il lancio del giavellotto è stato premiato Maurizio Sella e per lo skiroll Vilma Bonollo. Un premio speciale è stato assegnato ai ma-estri e campioni di rock’n roll acrobatico Ilenia Grotto e Corrado Nichele. Quattro le squadre di basket premiate: la squadra femminile under 14, la squadra femminile esordienti, gli “Aquilotti” e gli “Scoiat-toli” con i rispettivi istruttori. I premiati

’Zane in prima filadello Skating Club Zanè sono Andrea Ca-naglia e Noemi Cosaro, i quartetti “Venere” e “Four Roses” e le giovanissime pattina-trici: Arianna Gasparotto, Rachele Turle, Aurora Pianegonda, Elena Saggin, Chiara Zen, Cristina Baggio e Letizia Cavedon e per il gioco delle bocce Giovanni Zordan, Loris Gilioli e Pietro Munaretto. Targhe e medaglie anche per le due squadre di calcio Pulcini e per i loro allenatori. Tra i dirigenti sono stati premiati: Liala Valente prepara-ta e competente allenatrice, coreografa e coordinatrice dal 1990 dello Skating Club Zanè, Ugo Soliman tecnico/allenatore/diri-gente della società di pallavolo ASD Olim-pia Zanè oltre che selezionatore nazionale e componente del Centro di Qualificazione Nazionale della Federazione Italiana Pal-lavolo con l’incarico di responsabile della selezione nell’ambito del progetto federale “Oltre il 2010” e Davide Giuriato Presi-dente dell’Associazione “Giuriato Vicenza Calcio a 5” società sportiva di Zanè che disputa il campionato in serie A2. Nel pro-gramma di festeggiamenti anche due serate di solidarietà; la prima proposta con il con-certo di Cheryl Porter, la cantante di Chi-cago (accompagnata dal gruppo musicale “Vox Box”), considerata una dei migliori talenti in America, che ha interpretato brani di musica Gospel, Spirituals, Folk e Jazz in cui parte del ricavato è andato a favore di “Autismo Triveneto Onlus”, l’Associazione regionale con sede a Vicenza che promuo-ve i diritti delle persone con Autismo e dei loro famigliari e l’altra serata di spettacolo per la tradizionale festa sui pattini con la partecipazione di alcuni fra i migliori grup-pi e coppie di pattinaggio artistico nazio-nale e dell’intera scuola dell’Associazione Skating Club Zanè che ha organizzato tale evento; in questo caso, le offerte libere rac-colte sono state destinate alla “Città della Speranza”, fondazione nata il 16 dicembre 1994 con lo scopo di costruire nuovi reparti di Oncoematologia Pediatrica e di sostene-re la ricerca sulle neoplasie infantili.

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Il disegnodi Laura

basket

Dopo la pausa dovuta alle festi-vità di fine anno il Famila Wuber Schio è stato impegnato nel mese di gennaio su più fronti: con le qualificazioni di Coppa Italia il cui verdetto ha sancito che saranno Taranto, Venezia, Faenza e Famila Schio a contendersi la coccarda di coppa nella final four in programma il 6 e 7 marzo prossimi, con l’inizio del girone di ritorno della serie A1 e con la sfortunata seconda fase dell’Euro-lega in cui la squadra di Orlando ha rimediato due sconfitte che fanno male. Dopo l’occasione europea gettata alle ortiche (va nei quar-ti dell’Eurolega il Kosice), ci si rituffa in campionato sperando che lo scivolone casalingo con il Bracco di Sesto San Giovan-ni che ha consentito di fatto la fuga al Taranto capolista, ser-va da monito per non ripetere più prestazioni incolori come quella. La squadra, che si sta preparando ai playoff (il 28 feb-braio big match di campionato a Schio contro Taranto), sappia reagire esprimendo un gioco che le possa permettere di confrontarsi con le squadre di vertice. E’ doveroso anche un benvenuto a Claudia Gattini (31 – 180 cm. Guardia) neo acquisto proveniente da Roma Sistemi - Po-mezia (formazione di A2) che rileva nel roster Ilaria Zannoni rientrata a Sesto. Prima di chiudere c’è da sottoline-are che il Famila basket è anche settore giovanile con la Kinder +Sport che con l’under 15 ha vinto il Memorial Mario Cestaro mentre l’under 19 rimaneggiata per la convocazione di tre sue at-lete in nazionale si è dovuta ac-contentare del 4° posto, e che la squadra maggiore oltre ad essere seguita da un pubblico esigente e competente, è osservata an-che da qualcuno che dimostra la vicinanza alle ragazze con piccoli gesti sinceri e personali altrettanto degni di nota. L’episodio si riferisce al disegno testimoniato dalla foto che ritrae la piccola Laura Bevilac-qua (8 anni compiuti il 1 febbraio), consegnare un disegno alla sua gio-catrice preferita Laura Macchi che segue da due anni grazie alla pas-sione del papà Alberto (che ha un centro propedeutico al minibasket a Brogliano e allena la pallacanestro Trissino) e della mamma Nicoletta.

La mia curiosità deriva dal fatto che parlando con l’autrice del disegno, ho colto qualche aspetto che troppo spesso sfugge: Laura è stata incuriosita da Macchi per la simpatia e il suo modo di comportarsi in campo nei confronti delle compagne e delle avversarie ed in più nel suo disegno, le particolarità con

cui ha interpretato la capigliatura di Laura (capelli più lunghi di quelli di Masciadri) e la lunghezza dei suoi calzettoni da gioco

fanno percepire con quanta attenzione i più piccoli siano attenti a dettagli che ai più sfuggono volentieri. Piccoli particolari appunto

che provengono dalla serenità di una bambina attenta osservatrice e brava interprete di un disegno che potrebbe far riflettere molti; è bello

talvolta soffermarsi su questi piccoli (ma importanti) episodi per capire che il Famila basket e che la pallacanestro in genere è anche questo e

che la presenza in tribuna di questa famiglia che parte da Brogliano, deve essere un esempio per tutti, per interpretare nel modo giusto, il valore dello sport che mai come stavolta è “una palestra di vita”!

Il Famila Wubersi prepara al finale

di stagione

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Potete scrivere al Senatore Alberto Filippiinviando le vostre e-mail a:

[email protected]

Le vostre lettere possono essere letteanche nel sito: albertofilippi.it

lettere

di Alberto Filippi

Gentile Senatore,

da alcuni anni la montagna invernale non è frequentata solo da sciatori, fondo o discesa, e da snowboarder ma anche da chi pratica lo sci alpinismo e il trekking con le ciaspole ai piedi. E’ un fenomeno, questo, rilevante e sempre più in crescita. Piuttosto di mettersi in file chilometriche agli impianti e scendere su piste sempre più affollate (e quindi pericolose), molti preferiscono salire sulle vette con le pelli di foca o camminare con le ciaspole sui sentieri innevati. Il piacere è di fare sport all’aria aperta in un ambiente incantevole e in assoluto relax. Purtroppo in questi giorni dello sci alpinismo si sono accorti anche i grandi media nazionali, quotidiani e tv, in occasione, com’è ormai nel loro stile, di alcuni incidenti mortali che sono accaduti. Dalla sera alla mattina, chi ama praticare questo sport si è visto descritto come il più sciagurato incosciente che non sa leggere un bollettino meteo; un criminale che sale le montagne per provocare apposta valanghe assassine che uccidono chi sta procedendo sotto di lui. Il governo sta varando tutta una serie di leggi per mettere in galera chi provoca una valanga, per multare (5000 euro) chi esce di pista in condizioni di possibile rischio, cioè più o meno sempre. Non le sembra tutto ciò eccessivo? In montagna, si sa, una fatalità - tragica quanto sempre involontaria - può diventare mortale. Ne sono state vittime anche gli alpinisti più esperti, perché la montagna è sempre insidiosa. Con le leggi si può pensare di cambiarla? Non credo. Con i divieti, però, si può allontanare dalla montagna chi di essa ama il suo ambiente naturale e libero.

Con stima, Patrizia Dal Fiume

Montagne off limits

Cara Patrizia,

dalla tua lettera emerge tutta la grande passione che hai per la montagna, per lo specifico del suo ambiente primordiale. E’ vero, in montagna si sono sempre verificati incidenti e sempre si verificheranno, ma di fronte a quanto è accaduto in questo inverno, ben 6 morti nel solo primo week and di febbraio e 10 feriti, è corretto che ci si interroghi su cosa stia accadendo tra gli appassionati dello sci alpinismo e del free ride. Perché è giusto conservare l’ambiente della montagna così com’è, senza gravarlo di divieti che lo priverebbero del suo fascino di luogo puro, libero, naturale, ma è altrettanto giusto che si faccia tutto il possibile affinché non accadano più sciagure come quella del dicembre scorso, quando in val di Fassa sono morti 4 soccorritori che tentavano di raggiungere due alpinisti friulani che si erano messi in pericolo. La montagna è pericolosa e può essere pericolosissima, e per chi non lo capisce da sé, ci deve essere qualcuno che gli dica cosa si può e cosa non si può fare a tutela di tutti. Con divieti chiari e circoscritti, con leggi che sappiano stabilire responsabilità e colpe, si devono fermare le imprudenze. Non si tratta di mettere sentinelle tra i boschi, certo; non si tratta di porre la montagna sotto vigilato controllo. Né tantomeno di proibire tutto. Per chi va in barca, per esempio, c’è una legislazione che prevede forti multe per chi esce dal porto con il mare mosso. Si vuole arrivare più o meno a mettere per iscritto quello che tutti gli alpinisti sanno già da sé, perché quello che è accaduto recentemente dimostra come siano troppi coloro che non hanno una chiara comprensione del rischio.

Con simpatia, Alberto Filippi.

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